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LE DISABILITÀ, TIPOLOGIE E

CARATTERISTICHE

Laura Barbirato
Di cosa parleremo

• Della condizione di disabilità o di “speciale normalità”

• Della diagnosi clinica e funzionale

• Del modello ICF della salute e della disabilità

• Delle principali tipologie di disabilità e delle loro caratteristiche

• Delle implicazioni didattico-educative


In ogni classe sono presenti alunni che richiedono
una speciale attenzione educativa:

1. non solo alunni e studenti con disabilità certificata ai sensi della Legge 104/92

2. ma anche altre situazioni che situiamo nell’area dei disturbi evolutivi:

• DSA: dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia (legge 170/2010).


• ADHD: sindrome da deficit di attenzione e iperattività (C.M. 4089/2010)
• funzionamenti cognitivi borderline.
• disturbi del linguaggio, della comunicazione e della motricità, disturbi dello
spettro autistico lievi…

3. e condizioni di svantaggio socio-economico-linguistico-culturale.


Disabilità

DEFINIZIONE “STORICA”: La condizione di chi, in seguito a una o più menomazioni, ha


una ridotta capacità d'interazione con l'ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata
la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in
condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale disabilità come privazione, si è
disabili quanto più si è dipendenti.
Può dipendere da fattori ambientali (incidenti, gravi deprivazioni).
O da condizioni interne alla persona (genetiche, pre-perinatali…).
Possono essere pervasive e generalizzate oppure circoscritte.

Definizione di DISABILITÀ secondo il modello ICF (BIO-PSICO-SOCIALE)

Molte condizioni di difficoltà o disturbo non si vedono ancora nei bambini piccoli,
ma si possono cogliere segnali di rischio.
Ne consegue che

• Non più norma vs anormalità, ma condizioni che vedono una particolare


interazione tra la condizione personale e il contesto di vita.
• Ogni condizione individuale situa la persona su un continuum in cui non
individuiamo più una linea di demarcazione tra normalità e anormalità.
• La scuola è un contesto: può essere di facilitazione o di ostacolo.
• Deve mirare a condurre la persona alla massima autonomia possibile.
• Con i bambini piccoli contiamo su una grande neuro-plasticità.
La sfida della classe inclusiva

• Trasformare la diversità in valore.


• Rinunciare a trasmettere conoscenze a favore della costruzione di
competenze.
• Saper diversificare percorsi, pratiche didattiche, metodologie, ambienti di
apprendimento….
• Formare le nuove generazioni ai valori della convivenza democratica.
• Passare ad un concetto di cultura “planetaria”.
Identificare la condizione dell’alunno

• La diagnosi clinica, che classifica la condizione di disabilità, non è di


competenza dei docenti, né per i docenti è necessario conoscerla.

• Ciò che conta è il profilo di funzionamento che ci offre elementi essenziali,


insieme alle OSSERVAZIONI SISTEMATICHE dei docenti e ai dati provenienti
dalla FAMIGLIA, eventualmente dalle altre SCUOLE precedenti.
Decreto Lgs. n. 66/2017

• Innova la procedura di identificazione dell’alunno con disabilità.

• Innova la documentazione richiesta per realizzare l’inclusione scolastica:


profilo di funzionamento (DF+PdF), Progetto individuale, P.E.I., Piano
per l’Inclusione.

• Innova il percorso per l’attribuzione alle scuole delle risorse orarie del
sostegno.
Modello di classificazione ICF

• La classificazione internazionale del funzionamento, approvata dall’OMS


nel 2001, fatta propria dall’Italia nel 2006, SUPERA i modelli precedenti e
ancora in uso (DSM e ICD-10).

• Non si parla più di salute e di malattia, ma di un continuum ove ciascuno


si situa.

• Ogni persona è un polo di interazione tra i fattori personali e quelli


contestuali che determinano il suo profilo di funzionamento.
ICF: modello bio-psico-sociale

• La disabilità viene definita come “la conseguenza o il risultato di una


complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori
personali e ambientali che rappresentano la circostanza in cui l’individuo
vive”:

RUOLO DEL CONTESTO, che può essere


facilitante o di ostacolo.

NB: la scuola è un contesto!


Le dimensioni della persona secondo il modello ICF

condizioni fisiche

funzioni corporee

strutture corporee

fattori contestuali (personali e ambientali)

È un modello transculturale, condiviso


a livello mondiale
Schema ICF
Tipologia di disabilità o di «speciale normalità»

• Disabilità INTELLETTIVE (ritardo mentale e simili)


• Disabilità SENSORIALI (della vista, dell’udito)
• Disabilità MOTORIE (paresi e plegie, disturbi della coordinazione…)
• Disabilità PSICHICHE (disturbi generalizzati dello sviluppo, come autismo
e psicosi, disturbi emozionali….)
• Frequenti le PLURI-DISABILITÀ
• Alcuni disturbi, come l’ADHD e i DSA, se plurimi o associati ad altre
condizioni, possono condurre ad un riconoscimento di disabilità.
Il ritardo mentale

• Il concetto di ritardo mentale a lungo si è sovrapposta a quella di


“handicap”.
• Il ritardo mentale è una condizione a sé ma anche e spesso
trasversale ad altre condizioni.
• Gli interventi sono estensibili ad altre condizioni.
Il ritardo mentale

Il concetto di ritardo mentale è andato di pari passo a


quello di intelligenza.

• Che cos’è l’intelligenza?


• Molte diverse definizioni si sono succedute.
• La più efficace considera l’intelligenza come:
la capacità di adattarsi flessibilmente all’ambiente, risolvere problemi,
applicare funzioni sempre più complesse ed astratte
La svolta dei test di intelligenza

• 1910: Invenzione della scala di Intelligenza “Binet-Simon” per la misura


dell’intelligenza
• La scala venne modificata varie volte, ma sostanzialmente consiste in un
confronto tra le prestazioni medie attese e quelle reali di un soggetto ad
una certa età. Il tutto moltiplicato 100. Se le prestazioni attese e quelle
reali si equivalgono, la divisione dà come risultato 1, quindi il soggetto ha
come Quoziente Intellettivo (Q.I) 100.
• Se il soggetto supera le prove previste solo per un livello di età inferiore al
suo, il rapporto tra età mentale ed età cronologica sarà inferiore al 100.
Nel caso inverso sarà superiore a 100.
C’è un unico tipo di intelligenza?

• Gardner ci dice che ci sono diverse intelligenze (7 o addirittura 9),


non necessariamente di pari livello tra loro.
• L’intelligenza è quello che viene misurato dai test di intelligenza?
• … ma i test di intelligenza di fatto cosa misurano? Le prestazioni
attese da quella società in quel periodo storico, con particolare
riguardo alle abilità scolastiche.
Il ritardo cognitivo

• Insieme ad altri deficit biologici è presente all’interno di molte


condizioni di disabilità.
• Analogo ritardo può essere constatato anche in molte situazioni di
svantaggio socio-culturale, dove le potenzialità erano inizialmente
normali.
• Una persona con “età mentale” inferiore a quella cronologica, non
funziona certo come una persona di quell’età (un adulto con età
mentale 6 anni, non funziona come un bambino di 6 anni!).
Il ritardo è un «sintomo» (cioè una manifestazione)

• Ma può corrispondere a deficit globali, oppure, più


frequentemente riferirsi a deficit circoscritti a particolari abilità o
performances (analogia con il tracciato dell’elettrocardiogramma)
• Non si può quindi elaborare una classificazione clinica unitaria:
sarebbe come pretendere di farlo per il sintomo “febbre”!
Le disabilità motorie

Possono interessare il tono muscolare, la postura, la coordinazione, le


prassie motorie;
Possono discendere da un danno al SNC (es. Paralisi cerebrale infantile,
spina bifida, encefalopatie) o da un danno periferico (es. Duchenne);
Possono interessare anche le abilità cognitive, oppure no; hanno ricadute
sullo sviluppo dell’intelligenza a partire dalla fase senso-motoria.
Plegie (mono, di, tetra, emi –plegie)
Paresi (come sopra)
Disturbi della coordinazione
Le disabilità sensoriali

Sono ora meno frequenti di un tempo in ragione dei progressi della


medicina; cause varie: pre, peri, postnatali.

Comportano la compromissione o la limitazione di un canale sensoriale


di accesso degli stimoli.

Per “nutrire” il cognitivo occorre che gli stimoli arrivino e vengano


elaborati: dobbiamo trovare canali alternativi e potenziare i residui
presenti.

Disabilità uditiva e visiva comportano un diverso modo di strutturare la


conoscenza.
Effetti della disabilità sensoriale

• Modifica dell’organizzazione spazio-temporale


• Modifica delle modalità di esplorazione e di interiorizzazione delle
conoscenze
• Alterazioni psicopatologiche (dall’insicurezza, alle distorsioni di
personalità)
• Impaccio motorio / stereotipie / inibizione
• Riduzione delle capacità immaginative
• Problemi comportamentali

NB: è importante sapere se la famiglia condivide la stessa disabilità


oppure no.
La cecità e l’ipovisione

• Visus ridotto fino alla totale assenza, campo visivo più o meno esteso.
• Nell’ipovisione è possibile una correzione con lenti, terapie o intervento
chirurgico.
• Buona capacità complessiva di compenso, anche in caso di deprivazione
sensoriale precoce.
• Possibili difficoltà di organizzazione (legate anche al ridotto movimento,
compromissione della fase senso-motoria).
• Effetti diversi se la condizione è congenita o acquisita successivamente alla
nascita.
La sordità

• Si parla di sordità (lieve, media, grave) anche se è presente un residuo


uditivo, ma che non permette al bambino di partecipare appieno alle
normali attività e interazioni della sua età.

• Sordità trasmissiva (orecchio esterno) o neurosensoriale (dalla coclea alla


corteccia uditiva).

• Più frequente la sordità per alcune frequenze (v. audiometria).

• Importanti gli screening neonatali.

• La sordità ostacola/impedisce l’acquisizione del linguaggio parlato.


La comunicazione

• La comunicazione ha aspetti verbali e non verbali.


• Il ritardo del linguaggio è una costante nel RM, è presente nelle disabilità
sensoriali, nell’autismo è addirittura uno dei criteri diagnostici!
• Infatti in questi soggetti vi sono specifiche difficoltà che interessano
particolarmente il linguaggio proprio per le sue caratteristiche.
Importanza di lavorare sulla comunicazione

Quanto più alte sono le abilità comunicative, tanto più bassi sono i
comportamenti disadattivi come stereotipie, autolesionismo, collera.

Molti comportamenti disfunzionali, aggressivi ecc. sono reazioni che


non trovano migliore espressione o tentativi di comunicazione che
non riescono a trovare altri canali.
Il disturbo autistico
Prototipo dei disturbi generalizzati dello sviluppo

Legge 5 agosto 2015, N. 134 è la prima legge nazionale italiana sull’Autismo,


attesa da anni.
Parliamo ora di Disturbo Autistico, cioè di una gamma di condizioni che vanno
dall’Autismo “classico” alle condizioni autistiche limite in cui i tratti del disturbo
sono presenti in parte o sono attenuati.
I tratti di queste condizioni investono la difficoltà fino all’incapacità di instaurare
relazioni sociali, ritardo/assenza/bizzarria del linguaggio (inversioni di pronomi,
ecolalia immediata e differita, uso non comunicativo delle parole), presenza di
giochi meccanici e stereotipati, avversione ai cambiamenti, mancanza di
immaginazione, rigidità del pensiero, rituali…
POSSIBILI CONDIZIONI “AD ALTO FUNZIONAMENTO”
Definizione ufficiale attuale: “Triade di Lorna Wing”

DEFICIT NEL RICONOSCIMENTO SOCIALE (altri come oggetti, non


riconosciuti come aventi stati d’animo).
DEFICIT NELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (com. solo strumentale ai
propri bisogni, non motivazione comunicativa, imitazione meccanica, no
empatia, no scambio).
DEFICIT COMPORTAMENTO, INTERESSI, ATTIVITÀ (routine rigide e
immutabili, attrazione per oggetti bizzarri, stereotipie, iperselettività
dell’attenzione….).
Sono i diversi colori che fanno la luce…

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