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MANUALE DI PSICOLOGIA

DELL’INVECCHIAMENTO E DELLA LONGEVITA’

CAP 2: TEMI, PROBLEMI E PROSPETTIVE DELLA PSICOLOGIA


DELL’INVECCHIAMENTO E DELLA LONGEVITA’

1. LE TRACCE DELL’INVECCHIAMENTO
Ogni soggetto dipende dai propri organi di senso.

CAMBIAMENTI SENSORIALI
Nell’età adulta avanzata vi sono compromissioni nei sensi.
● Vista
Con l’avanzare dell’età si verificano cambiamenti a carico del sistema visivo (a causa di
mutamenti anatomici) che possono rendere più difficoltoso lo svolgimento di attività
quotidiane, influenzando il livello di autonomia dell’anziano.
Gli stimoli visivi vengono elaborati in modo più lento e con minor qualità.
Gli anziani, solitamente, impiegano più tempo per:
- discriminare, riconoscere o identificare gli stimoli visivi → questo influisce
sull’apprendimento, memoria, inibizione.
- discriminare gli oggetti e spostare lo sguardo rapidamente tra oggetti vicini e lontani
ed è necessaria una maggiore illuminazione dell’ambiente.

● Udito
La perdita dell’udito porta a perdita di funzionalità e quindi autonomia nella vita quotidiana.
Cause: problematiche anatomo-fisiologiche e strutture dell’orecchio
Con l’età, l’anziano diventa meno sensibile a rumori forti e acuti.
Strumenti per risolvere: apparecchi acustici

● Gusto e olfatto
La perdita della sensibilità dell’odore e del gusto inizia intorno ai 60 anni e tende ad
aumentare con l’avanzare dell’età.
La diminuzione della funzione olfattiva è molto comune nella popolazione anziana →
influenza il benessere fisico, la qualità della vita e l’alimentazione.
Schiffman sostiene che l’olfatto possa servire come segnale adattivo di avvertimento di un
eventuale pericolo e pertanto una sua perdita può diventare rischiosa (serve alla
sopravvivenza):
- Perdita di sensibilità agli odori → deriva da cambiamenti anatomo-fisiologici nel sistema
olfattivo associati al normale invecchiamento, ma potrebbe anche essere causata dal fumo,
dall’uso di farmaci…
- Perdita del gusto → è associata più alle terapie farmacologiche e alle condizioni mediche
che ai cambiamenti anatomici e biologici legati all’età.
Quando sono presenti cambiamenti nella sensibilità del gusto, questi possono influenzare
l’appetito dell’anziano, e conseguentemente, la motivazione a mangiare.
Questi cambiamenti fisici e sensoriali, che riducono la funzionalità e l’efficienza della persona
anziana, provocano una maggiore vulnerabilità a condizioni di disabilità e malattia.

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3. LE TECNOLOGIE ASSISTENZIALI
Le tecnologie assistenziali si sono sviluppate per fare fronte agli eventuali problemi che
possono causare dei limiti nella funzionalità fisica, motoria, sensoriale e cognitiva ledendo la
buona qualità di vita dell’anziano.
LIMITE: costo che essa comporta e, in alcuni casi, alla minore familiarità che l’anziano ha
nell’utilizzarla.

4. LA RETE DI SERVIZI PER GLI ANZIANI


Nascita di una ricca e articolata serie di servizi per rispondere alle domande di aiuto da parte
degli anziani e delle loro famiglie.
Oggi si fa riferimento al concetto di rete di servizi.
Il motore che fa funzionare tale rete è l’Unità centrale, unico punto di accesso, per il cittadino,
alla rete di servizi, basata sul lavoro multiprofessionale e multidisciplinare.

FUNZIONI dell’Unità centrale sono:
● recepire la domanda
● valutare in modo multidimensionale e pluriprofessionale il bisogno espresso
● elaborare un progetto assistenziale
● predisporre e controllare lo sviluppo operativo del progetto
● verificare i risultati raggiunti

Nella rete, la VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE → strumento d’elezione di un


approccio globale alle problematiche dell’invecchiamento (valutazione medica, psicologica e
sociale).
Essa permette di delineare un profilo di autonomia per ogni individuo.

Gli STRUMENTI, in cui hanno in comune 5 ASPETTI della salute:


1. cognitivi → capacità mentali, compromissione cognitiva, disorientamento…
2. sanitari → stato di salute, patologie prevalenti, aspetti sensoriali, incontinenza…
3. motori → livello di autonomia nella mobilità nel salire le scale, protesi e ausili…
4. abilità della vita quotidiana → livello di autonomia nelle attività della vita quotidiana,
domestiche ed extradomestiche…
5. sociali → valutazione della rete sociale primaria e secondaria a supporto
dell’anziano, dell’abitazione, della condizione economica…

6. LA SESSUALITA’ NELL’INVECCHIAMENTO
→ Dal punto di vista fisico: problemi attività sessuale (cause: croniche, patologie…)
→ Dal punto di vista psicosociale: ruolo importante di fattori di altra natura (es: la qualità
della relazione di coppia e l’interesse)

I PREGIUDIZI negli anziani: vittime della cosiddetta “sindrome del breakdown sessuale”
→ l’anziano interiorizza atteggiamenti sociali negativi, percepisce sé stesso come persona
non-sessuata, con il rischio di sviluppare problemi:
- di autostima e di insicurezza
- depressione e isolamento

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CAP 8: EMOZIONI, MOTIVAZIONI E PERSONALITA’
NELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO

1. EMOZIONI E INVECCHIAMENTO
Importanza affetti.

1.1 Approcci teorici allo studio dell’elaborazione emotiva dell’invecchiamento


3 APPROCCI:

● approccio delle emozioni differenziali (DET)


Sostiene che le emozioni diventano sempre più complesse in età avanzata a causa di un
maggior numero di rielaborazioni cognitive che mettono in relazione le diverse emozioni tra
loro.
C’è un numero limitato di emozioni umane di base o fondamentali, molte delle quali non
cambiano tutto l’arco della vita.
Possiamo assistere ad un miglioramento nella capacità di anticipare e gestire le risposte
emotive proprie e altrui con l’avanzare dell’età.

● approccio dell’integrazione dinamica (DIT)


Afferma che la capacità di integrare aspetti cognitivi con le esperienze affettive aumenta con
l’età.
Secondo la DIT la vita degli individui può evidenziare 2 PERCORSI DI SVILUPPO
EMOTIVO:
a. basato sull’OTTIMIZZAZIONE non richiede grandi risorse cognitive
b. incentrato sulla DIFFERENZIAZIONE è un meccanismo che prevede maggior
elaborazione consapevole delle emozioni e maggiori risorse cognitive
Lo sviluppo emotivo avviene grazie a una continua integrazione dinamica tra i due.

● teoria della selettività socio-emotiva (SST)


Rappresenta un valido approccio teorico alla spiegazione del perché nell’età adulta avanzata
assistiamo a uno spostamento verso le emozioni.
Ci sono 3 PUNTI fondamentali:
1. gli obiettivi che guidano le nostre azioni possono essere classificati in due grandi
gruppi.
a. obiettivi conoscitivi (osservazione, esplorazione, ricerca)
b. obiettivi emotivi (regolare i propri stati emotivi nel presente)

2. la percezione del tempo influenza la natura degli obiettivi che perseguiamo. Obiettivi
nel presente.

3. la percezione temporale influenza la qualità degli stati emotivi nell’invecchiamento.


Essendo più orientati al presente e meno preoccupati per il futuro, la focalizzazione
sugli aspetti emotivi rappresenta per gli anziani una certezza.

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1.2 l’effetto positività: dai dati comportamentali a quelli di neuroimmagine
Gli anziani hanno via preferenziale per gli aspetti positivi → EFFETTO POSITIVITA’: per
spiegare la tendenza degli anziani a prediligere ricordi positivi ai fini del loro benessere o a
rielaborare vicende negative del loro passato in chiave positiva.
Non tutti gli anziani palesano l’effetto positività.

2. ASPETTI MOTIVAZIONALI NELL’INVECCHIAMENTO


(che inducono alla demotivazione)

2.1 E’ perchè sono vecchio


Stile attributivo → modalità stabile di attribuire i nostri risultati a cause di diverse natura.
Ciò porta a:
- pensare di non essere portati,
- di non avere le attitudini giuste ecc..
- l’evitamento
Un ruolo determinante è svolto dall’AMBIENTE: quanto più le persone significative pensano
che successi/insuccessi dell’anziano dipendano da cause controllabili (impegno) o
incontrollabili (mancanza di abilità), tanto più l’anziano sarà portato a pensare alla stessa
maniera e ad interpretare i propri risultati come ci si aspetta.
Una modalità diretta per raggiungere questo obiettivo consiste nel far svolgere i compiti
direttamente all’anziano.

2.2 Chi me lo fa fare?


Giudizi di fattibilità → Sentirci capaci, attribuire all’impegno personale i propri successi
Giudizi di opportunità → ha senso, ha valore, a che serve?
Secondo un modello motivazionale proposto da Eccles è il prodotto di due fattori:
1. le aspettative: riguardano il credere di riuscire;
2. i valori: il voler riuscire;

Possiamo credere di riuscire ma ritenere che in fondo ne valga la pena.


Vi sono quattro aspetti, tre adattivi e uno sottrattivo:
- obiettivi a lungo termine: mantenersi in forma e quindi seguire uno stile di vita attivo
- emozioni anticipate: di soddisfazione e di realizzazione nel conseguire risultati e nello
svolgere attività
- percezione di utilità: il compito specifico vale l’obiettivo
- l’elemento sottrattivo: è il costo quanto il compito e l’attività comportano fatica o
rinuncia e in che misura questa controbilancia l’utilità.

2.3 Gli ambienti demotivanti:


Tre modalità attraverso cui questo può avvenire:
a. la minaccia dello stereotipo (false credenze)
b. sostituirsi
c. feedback che stimolano una teoria entitaria e il ritiro
● feedback sulla persona: “sei bravo” “sei negato: lascia stare”
● feedback sul compito: “ci stai riuscendo, ancora un piccolo sforzo e ci siamo”

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OBBIETTIVI:
- obiettivi alla dimostrazione (le cose si fanno per dimostrarsi bravi)
- obiettivi alla padronanza (le cose si fanno per sentirsi competenti)

3. MOTIVARSI E MOTIVARE
3.1 La percezione del controllo, ovvero il sentire che si sta padroneggiando la situazione e si
è protagonisti.
- funzionale al benessere
- rende l’anziano pronto a prendersi carico di sé

3.2 L'Esercizio del controllo → tre modalità per “scegliere la propria vita”
1. sostenere auto-efficacia
2. contrastare gli stereotipi
Strategie per contrastarli:
● pensare ad almeno un membro del gruppo stereotipato che riesce bene nel compito
● distanziarsi nel sentirsi diversi dal gruppo di anziani (“io non sono come quei vecchi”)
● auto-affermarsi ovvero nel richiamare qualità positive di sè e ricordarsi della propria
competenza
3. scegliere e percepire le possibilità di scelta come opportunità

4. LA PERSONALITA’ NELL’INVECCHIAMENTO
4.1 Com’è misurata la personalità
Strumenti: interviste o gli interventi di personalità oppure misure proiettive o osservazione dei
comportamenti.

4.2 Lo studio della personalità nell’invecchiamento


Si ricerca la stabilità della personalità nel tempo.

MODELLI:

- Jung prende spunto da Freud: afferma che con il passare dell’età si osserva il passaggio
dall’estroversione, tipica dei giovani, all’introversione, tipica degli anziani.

- Erickson delinea 8 stadi psicosociali; ultimi tre:


➔ dai 20 ai 35 anni → la sfida intimità vs isolamento,
➔ dai 35 ai 65 anni → la sfida principale è generatività vs stagnazione
➔ per ultrasessantacinquenni → la sfida è quella integrità dell’io vs disperazione

- Pick ha descritto tre aggiustamenti:


→ il primo è quello tra differenziazione dell’io vs preoccupazione per il proprio ruolo
lavorativo.
→ un altro aggiustamento è quello tra trascendenza vs preoccupazione per il corpo
(imperfezioni estetiche).
→ il terzo aggiustamento è quello tra trascendenza vs preoccupazione per sè stessi..

Integrità dell’Io nell’invecchiamento può essere visto come un aspetto chiave per un
invecchiamento di successo: gli anziani che raggiungono l’integrità dell’io potrebbero

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beneficiare di un migliore benessere avendo raggiunto la consapevolezza che la vita non è
infinita e accettando la propria vita per quella che è.

Dimensioni e tratti di personalità (modello BIG5) → bassa coscienziosità (capacità di


autoregolazione e di portare a compimento i propri obiettivi) è associata ad una mortalità
precoce.

4.3 Le attuali ricerche in psicologia della personalità e invecchiamento


Prima: le ricerche si concentravano sulla stabilità della personalità nel tempo.
Ora: sulla continuità di personalità (mantenere tratti + modificarsi)

5. IL COPING NELL'INVECCHIAMENTO
Gli anziani usano strategie di coping focalizzate
- sulla regolazione delle emozioni
- sulla maggiore accettazione del proprio stato, come controllo e soluzione degli eventi
stressanti, naturale conseguenza dell’avanzare dell’età (vedi locus of control interno
ed esterno)

Le persone con locus of control interno percepiscono di avere controllo su quello che gli
accade e sentono che i loro risultati positivi o negativi dipendono dai loro sforzi.
Le persone con locus of control esterno percepiscono che i risultati siano poco dipendenti dai
loro sforzi e attribuiscono quello che gli succede al caso, a forze esterne.

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CAP 9: INVECCHIAMENTO DI SUCCESSO: VIVERE A LUNGO, VIVERE
BENE

1. LA PSICOLOGIA DELL’ARCO DELLA VITA


Lo sviluppo caratterizza tutta la vita, in ogni sua fase, e operano in esso:
- processi continui o cumulativi
- processi discontinui o innovativi

Influenze importanti:
- dovute all’età,
- quelle dovute agli eventi storici,
- riguardanti gruppi generazionali appartenenti a una cultura,
- riguardanti momento storico determinati (per esempio la guerra),
- quelle dette “Non normative” che coinvolgono solo alcuni individui attraverso le
vicende biografiche che caratterizzano ciascuno.
IMP: ruolo attivo del soggetto nella costruzione del proprio sviluppo e invecchiamento.

2. BENESSERE E INVECCHIAMENTO
Lo studio del benessere psicologico con l’emergere della psicologia positiva → non guardare
solo la patologia.
Fino ad allora il campo di indagine della psicologia era rivolto esclusivamente alla cura della
patologia, della disfunzionalità e del disagio psichico.

DEF benessere psicologico: non è più assenza di malessere MA realizzazione di sé e


ottimizzazione delle risorse personali in continuo equilibrio.
Nella psicologia positiva si distinguono:
- benessere soggettivo (edonico) → sviluppo verso l’integrazione dell’individuo con il
mondo
- benessere psicologico (eudaimonico) → implica un’interazione tra benessere
personale e benessere collettivo.

Ryff approfondisce il modello multicomponenziale, definendo 6 FATTORI che concorrono a


determinare il benessere psicologico:
1. autoaccettazione
2. crescita personale
3. relazione positiva con gli altri
4. autonomia, autodeterminazione, indipendenza
5. dominio sull’ambiente
6. scopo di vita

A partire da essi definisce anche uno strumento per valutare il benessere, la scala del
benessere psicologico.
Invecchiamento = declino nella percezione del benessere eudaimonico, influenzato dal
contesto culturale e socioeconomico.

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5 FATTORI CHE CONTRIBUISCONO AL BENESSERE SOCIALE (Keyes):
1. Integrazione → qualità del proprio rapporto con la società in cui si vive, sentimento di
appartenenza a una cerchia più grande rispetto alla sola realtà familiare.
2. coerenza → percezione della qualità dell’organizzazione sociale
3. contributo → valutazione del proprio valore sociale e del contributo apportato
4. realizzazione → valutazione del proprio potenziale e di quello della società in cui si
vive, sentimento di poter cambiare al meglio attraverso modifiche nella società di
appartenenza
5. accettazione → sentimento di fiducia nei confronti degli altri e atteggiamenti positivi.

4 PILASTRI DELLA PSICOLOGIA POSITIVA:


- resilienza
- virtù
- gli scopi di vita
- benessere psicologico

Costrutto multidimensionale di benessere


Studi contrastanti:
- 1° idea → l’età era associata con un incremento dell’affettività positiva e una
riduzione di quella negativa.
- 2° idea → relazione negativa tra invecchiamento ed emozioni positive.
- 3° idea→ il benessere nelle avversità resta stabile nell’arco del tempo.
- 4° idea → “paradosso del benessere nell’invecchiamento” (situazione vissuta dagli
anziani stessi che si percepiscono soddisfatti della loro vita nonostante le difficoltà
che l’età porta sia a livello cognitivo sia di salute)

⤷ dalla 4° si usano le “strategie di coping” rivolte alla soluzione di problemi, usando strategie
focalizzate sulle emozioni; così facendo riescono a gestirle meglio, privilegiando emozioni
positive ed evitando i conflitti.
Si passa quindi:
dal controllo primario (interpersonale) → a quello secondario (intrapersonale)
In sintesi, è possibile che nell’invecchiamento è presente una certa stabilità nei livelli di
benessere psicologico.

Il fatto che l’anziano si senta soddisfatto anche in situazioni di disagio e sofferenza è


esplicato all’interno del modello SAVI (strength and vulnerability integration).
Esso spiega come i processi regolativi delle emozioni si affinino nell’invecchiamento grazie a
mutamenti che interessano sia processi di elaborazione immediati sia di elaborazione più
profonda.
Questo modello è stato formulato a partire dalla teoria della selettività socio-emotiva.

3. UNA MISURA DEL BENESSERE NELL’INVECCHIAMENTO → BEN-SSC


Questionario del benessere percepito (Ben-ssc) → strumento di valutazione-comprensione
del benessere psicologico percepito.
Esamina:
1. soddisfazione personale (rispetto alla vita passata)
2. strategie di coping
3. competenze emotive (riconoscere e comprendere emozioni proprie ed altrui)

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4. INTERVENTI DI POTENZIAMENTO DEL BENESSERE PSICOLOGICO
NELL’INVECCHIAMENTO: EMPOWERMENT EMOTIVO - MOTIVAZIONALE
Gli interventi di potenziamento positivo si focalizzano sulle:
- competenze emotive,
- soddisfazione di vita flourishing (espansione scopi di vita),
- resilienza e pratica del pensiero ottimista
- percezione di sé, l’autoefficacia, la fiducia nelle proprie capacità e competenze,
- utilizzo di strategie nella risoluzione di problemi quotidiani

⤷ Essi sono efficaci nell’agire sull'affettività negativa incrementando gli atteggiamenti positivi
che innescano a loro volta comportamenti positivi.

OBB: promuovere risorse personali per affrontare sfide individuali in modo flessibile e
ottimistico.

Esso propone un percorso di potenziamento del benessere psicologico.


Si è visto che potenziare aspetti emotivi ha un'importante influenza anche sugli aspetti
cognitivi.
Infine tra gli interventi per la promozione del benessere psicologico è da prendere in
considerazione la mindfulness.

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CAP 12: TRAINING DI MEMORIA NELL’INVECCHIAMENTO

1. POTENZIARE LA MEMORIA NELL’INVECCHIAMENTO


Plasticità cognitiva: permette nuovi apprendimenti nell’anziano.

Il concetto di plasticità cognitiva nasce all’interno dell’approccio dell’arco della vita,


proposto da BATLES secondo cui:
INVECCHIAMENTO = processo multifattoriale e multidirezionale che si caratterizza per
perdite ma anche guadagni.
Accanto alla plasticità cognitiva, esiste la plasticità cerebrale.

“Scaffolding theory of aging cognition”


DEF: teoria che suggerisce la metafora dell’IMPALCATURA per spiegare la potenziale abilità
del cervello di riorganizzarsi.

TIPOLOGIE DI TRAINING:

1. Training di potenziare o riattivare le abilità carenti:


➢ training strategici: utilizzare delle strategie (uso delle immagini mentali,
organizzazione) oppure specifiche tecniche di memoria (metodo dei Loci).

➢ training centrati sul problema: risolvere la specifica difficoltà lamentata


dall’anziano, proponendo soluzioni pratiche per dimenticanze

➢ training process-based: migliorare il sistema di elaborazione delle informazioni,


generalizzazione.

➢ training metacognitivi: focalizzano il percorso di promozione sulle conoscenze e


sull’atteggiamento verso i compiti di memoria → METAMEMORIA.

➢ training multifattoriali prendono in considerazione i 4 FATTORI che influenzano


la prestazione di memoria:
■ attività di codifica: organizzazione, ripetizione, uso di mnemotecniche
■ caratteristiche del soggetto:
- dal punto di vista cognitivo, ovvero abilità verbali, attenzione
- dal punto di vista non cognitivo, ovvero convinzioni, stato emozionale, livelli
di ansia
■ fattori legati al recupero: quindi il compito di memoria
■ natura del materiale: verbale, visivo ecc.

2. APPROCCIO COMPENSATIVO
strategie giovani diverse dalle strategie anziani
(coll. int fluida/cristallizzata)

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2. EFFICACIA DEI TRAINING DI MEMORIA: ALCUNI RISULTATI CLASSICI ED EFFETTI
DI GENERALIZZAZIONE
Scarsi effetti di generalizzazione suggeriscono la necessità di includere attività che mostrino
esplicitamente come trasferire quanto appreso ad altre attività cognitive, soprattutto della vita
quotidiana. (lista di parole → lista di oggetti)

I risultati della meta-analisi suggeriscono che nel predisporre attività è importante favorire un
cambiamento nelle conoscenze dei partecipanti circa la propria memoria come dimostrato
dalla maggior efficacia data dai pre-training.
EFFETTO DEL TRAINING → miglioramento non solo nell’abilità direttamente trattata ma
anche in abilità che implicano quella potenziata (Far transfer effect).
Collegamento: effetto alone

2.1 Ruolo delle convinzioni degli anziani


Riguarda le CONVINZIONI che gli anziani hanno circa le proprie abilità cognitive e in
particolare quelle relative al funzionamento della propria memoria.
Il percepirsi non efficaci ha come conseguenza una forte demotivazione.

⤷ Quindi.. gli anziani tendono a non riconoscere l’importanza dello sforzo e dell’impegno
come fattori che determinano l’esito della prestazione.

Tendenza degli anziani a compiere autosvalutazioni sulla loro memoria, che li porta a farsi
sostituire anche nei compiti per loro favorevoli.

2.2 Effetti a lungo termine del training di memoria


- uso della strategia appresa nella vita quotidiana
- il mantenimento dei benefici dovuti al training non è sempre riscontrabile nei mesi
successivi.
Capita che gli anziani non continuino a utilizzare nella quotidianità le abilità apprese
durante il training.

3. RECENTI SVILUPPI NELLA LETTERATURA SUI TRAINING DI MEMORIA: I TRAINING


DI MEMORIA DI LAVORO
I primi studi sulla plasticità cognitiva nell’invecchiamento negli anni ‘70, erano finalizzati a
verificare se la diminuzione della prestazione in prove di:
- intelligenza fluida (capacità di ragionamento: ASTRAZIONE, PERCEZIONE,
DEDUZIONE di relazioni in situazioni non familiari)
- memoria episodica fosse in parte reversibile.

Gli anziani possono apprendere o ri-apprendere conoscenze procedurali e dichiarative con


conseguente potenziamento cognitivo.

RISULTATI:
- sia i giovani che gli anziani incrementarono la loro prestazione → conferma plasticità
cognitiva degli anziani
- la maggior parte degli anziani non raggiungeva il livello che giovani ottenevano in
poche sessioni
- nessun anziano otteneva alla fine del training il livello dei giovani.

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In conclusione il beneficio legato alla pratica estensiva è superiore nei giovani.
(Generalizzazione)

OBB: migliorare il sistema di elaborazione delle informazioni, limitando le strategie


compito-specifiche favorendo effetti di generalizzazione a lungo termine e superando limiti di
training mnemonici.

4. FLESSIBILITA’ COGNITIVA E TRAINING


A COSA È DOVUTO INCREMENTO DEGLI ANZIANI DOPO IL TRAINING?
Batles ha cercato di dare risposta con approccio chiamato life-span psychology.

Nel definire la plasticità cognitiva Batles distingue fra 3 LIVELLI DI PRESTAZIONE che
insieme contribuiscono al profilo di plasticità individuale:

❖ prestazione di base (baseline performance), che indica livello iniziale della


prestazione dell’individuo senza alcun intervento o tipo di supporto

❖ capacità di riserva di base o plasticità di base, che fa riferimento alle risorse che
possono essere attivate dopo aver fornito un supporto

❖ capacità di riserva evolutiva o plasticità evolutiva fa riferimento all’incremento


ulteriore di prestazione ottenibile con attività specifiche che hanno lo scopo di attivare
le risorse cognitive dell’individuo relativamente ad un compito

CONCLUSIONI
Il dato che emerge è la possibilità di potenziare la memoria degli anziani grazie a:
- una latente capacità di apprendimento (riserva di base),
- una plasticità.

Il grado di plasticità è differente da quello mostrato dai giovani ed evidenzia anche delle
variazioni all’interno del gruppo stesso degli anziani.
L’incremento dipende da:
- l’età dei partecipanti,
- le differenze individuali cognitive e motivazionali.

L’efficacia di un training è data però non solo da variabili che riguardano i partecipanti ma
anche dalla sua struttura quindi da variabili che dipendono dal ricercatore o dal clinico.
OBB training: generalizzazione dei benefici anche ad abilità non allenate.
Il coniugare training strategici + training metacognitivi = porta miglioramento nelle prove di
memoria, abilità.

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CAP 13: RAPPRESENTAZIONI DELL’AMBIENTE, ABILITA’ E
PREFERENZE VISUO-SPAZIALI NELL’INVECCHIAMENTO

1. MODELLO DI STUDIO DELLA RELAZIONE INDIVIDUO-AMBIENTE


❖ Nell’ambito della psicologia ambientale: precisa quali fattori interni ed esterni
interagendo tra loro permettano all’individuo di mantenere un buon livello di
autonomia e buona qualità di vita.
❖ Altri modelli pongono l’accento sulle caratteristiche affettivo-emotive e sociali della
relazione individuo-ambiente.
❖ Nell'ambito della cognizione spaziale: il ruolo delle abilità cognitive e delle differenze
individuali in relazione alle caratteristiche ambientali.

1.1 Modelli classici

A. MODELLO ECOLOGICO
è un modello che cerca di individuare quali fattori influiscono sulla capacità della persona di
adattarsi all’ambiente e assicurarsi un buon livello di autonomia e di benessere.
Adattamento = competenza ambientale (fattore interno) + pressione ambientale (fattore
esterno)
● competenza ambientale → capacità sensoriali motorie e cognitive che ciascun
individuo possiede e come le utilizza per creare un ambiente in grado di soddisfare i
propri bisogni primari e affettivi
● pressione ambientale → variabili contestuali e ambientali che influiscono sul processo
a tutte quelle dell’individuo creando situazioni problematiche

B. MODELLO DELLA COMPLEMENTARIETA’ - CONGRUENZA


Spiega come cambia la relazione individuo-ambiente nell’invecchiamento.
I predittori sono bisogni dell'individuo e caratteristiche ambientali che promuovono o
ostacolano il soddisfacimento di tali bisogni.
2 ORDINI DI BISOGNI: primari e secondari

Esiti → risultati in termini di soddisfazione, benessere, autonomia, indipendenza.


Modificatori → variabili delle competenze dell’individuo, soddisfacimento dei bisogni.

1.2 Modelli di attaccamento all’ambiente


Relazione individuo-ambiente in termini di attaccamento della persona a un luogo.
L'ATTACCAMENTO AD UN LUOGO è il legame che si crea tra individuo e un ambiente per
lui significativo.
(collegamento al luogo “casa” → lutto/perdita durante istituzionalizzazione)
Ci sono tre tipi di fattori che intervengono a definire il legame di attaccamento:
➔ FATTORI PERSONALI: place identity
➔ PROCESSI PSICOLOGICI - AFFETTIVI/COGNITIVI/COMPORTAMENTALI
➔ FATTORI AMBIENTALI: significati e simboli personali e collettivi

1.3 Modelli cognitivi spaziali


Relazione individuo-ambiente in termini di interazione tra fattori interni ed esterni alla
persona.

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MODELLO DI CARLSON: la capacità di una buona esplorazione in un ambiente dipende:
- ambiente/edificio: struttura dell’ambiente
- strategie di orientamento e preferenze nella rappresentazione dell’ambiente
- differenze individuali
- mappa cognitiva: rappresentazione mentale dello spazio

2. LA RAPPRESENTAZIONE DELL’AMBIENTE NELL’INVECCHIAMENTO


2.1 Le mappe cognitive
MAPPA COGNITIVA: rappresentazione dell’ambiente (Tolman - apprendimento latente)
TAPPE PER COSTRUZIONE mappa cognitiva:
1. formazione di una rappresentazione basata su elementi salienti dell’ambiente
2. formazione di una rappresentazione dei processi che collegano questi elementi
salienti
3. costruzione della mappa

2.2 Apprendimento dell’ambiente attraverso modalità cinestetica


Nell'invecchiamento, la capacità di apprendere un percorso navigando in un ambiente nuovo
declina, anche se è preservata la capacità di riconoscere gli elementi salienti.

La familiarità con l’ambiente sembra una variabile rilevante nell’influenzare l’accuratezza


delle prestazioni a compiti spaziali nell’invecchiamento.

QUINDI…Complessivamente i risultati di questa ricerca evidenziano:


- una simile prestazione tra i giovani e anziani in compiti riferiti a un ambiente familiare
- una prestazione peggiore degli anziani rispetto ai giovani in compiti riferiti ad un
ambiente nuovo.

2.3 Apprendimento dell’ambiente attraverso modalità verbale e visiva


Un percorso in un ambiente:
- utilizzo di input verbali (gli anziani sono favoriti da questi)
- input visivi

Quello che si evince da questi studi è che sia quando l’ambiente viene appreso tramite
descrizione (verbalmente) che tramite mappa (visivo), gli anziani incontrano la difficoltà a
ricordare le informazioni.

3. DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLA RAPPRESENTAZIONE DELL’AMBIENTE


3.1 Abilità visuo-spaziali
“capacità di rappresentare, trasformare, generare e recuperare informazioni simboliche di
tipo non linguistico.”
Distinta in tre sottoabilità:

● percezione spaziale → determinare relazioni spaziali rispetto alla posizione del


proprio corpo in presenza di informazioni distraenti

● visualizzazione spaziale → manipolare attivamente info di tipo spaziale

● rotazione mentale → ruotare mentalmente oggetti in modo rapido. Possono essere:


rotazione basata sull’oggetto e rotazione basata sul soggetto.

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Gli anziani hanno prestazioni inferiori nei compiti visuo-spaziali.

3.2 Senso dell’orientamento e stili di rappresentazione dell’ambiente


Generalmente, le strategie che si possono adottare nella formazione di una
rappresentazione mentale dell’ambiente sono di tipo di:
- survey (strategia sensorio-motoria ad egocentrica)
- visivo (basata su landmarks dell’ambiente).

3.3 Relazione tra competenza ambientale, autovalutazioni e rappresentazione dell’ambiente


nell’invecchiamento
In che modo?
Nonostante le abilità visuo-spaziali declinino con l’età, queste insieme, anche a positive
autovalutazioni sul proprio senso dell’orientamento e sull’atteggiamento esplorativo,
permettano all’anziano di continuare a ottenere una buona prestazione in compiti ambientali.

3.4 Differenze di genere


A partire dai 70 anni non si riscontrano più differenze di genere.

4. INTERVENTI SULLE ABILITA’ SPAZIALI, SUL SENSO DELL’ORIENTAMENTO E


SULL’AMBIENTE
4.1 Interventi di potenziamento cognitivo
E’ possibile
- potenziare le abilità spaziali attraverso interventi di potenziamento cognitivo
- approfondire lo studio dell’efficacia di interventi di potenziamento di queste abilità.
Entrambi in termini di trasferimento dei benefici specifici ad altre competenze direttamente
allenate.

4.2 Interventi ambientali

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CAP 16: IL “CAREGIVING” NELL’INVECCHIAMENTO E NELLA MALATTIA
DI ALZHEIMER

CAREGIVING, STRESS E SALUTE: MODELLI TEORICI


Gli stressori del caregiver possono essere suddivisi in due insiemi:

● STRESSOR PRIMARI (vedi stress ogg.) → deterioramento cognitivo del malato, la


frequenza dei comportamenti problematici, il numero di ore settimanali spese per
l’assistenza fisica, il porsi come intermediario tra malato e strutture sanitarie

● STRESSOR SECONDARI (vedi stress sogg.) → legati ai cambiamenti nella


relazione tra malato e caregiver, costituiti dal peggioramento della qualità della
relazione e dai conflitti interpersonali che sorgono tra i caregivers familiari principali
ed altri membri della famiglia.

PERSONALITA’
Koerner e Kenyon hanno analizzato il ruolo del nevroticismo, dell’estroversione e della
coscienziosità.

CAREGIVER CON ALTO NEVROTICISMO → sono reattivi al cambiamento giornaliero:
- livelli di stress più alti
- meno stabili
- più sensibili a fluttuazioni del benessere
- meno flessibili al cambiamento

CAREGIVER CON ALTA ESTROVERSIONE


- benessere generale
- più flessibili e più capaci di adattarsi alle richieste
- fattore di protezione
- capaci di richiedere sostegno sociale quando ne hanno bisogno

CAREGIVER CON ALTA COSCIENZIONSITA’


- funzione protettiva
- essere organizzati

SELF-EFFICACY, RESILIENCE E MASTERY


1. SELF EFFICACY
Percezione di riuscire ad agire efficacemente nei diversi compiti a cui sono chiamati i
caregivers per poter aiutare i propri familiari. Competenza specifica.
Gli interventi sui caregivers:
- ridurre il burden
- incrementare il livello di self-efficacy (tecniche per la gestione delle emozioni, di
rilassamento)
- diminuire la sintomatologia depressiva (interventi farmacologici e psicosociali).

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2. RESILIENZA
Alti livelli di resilienza → migliori capacità di gestione e di adattamento
→ maggiore sicurezza e fiducia sulle proprie competenze
→ evitare o a ritardare il momento dell’istituzionalizzazione

Bassi livelli di resilienza → accettano più facilmente la perdita perché sollevati per il fatto che
il loro ruolo sia concluso.

3. SENSE OF MASTERY, “senso di padronanza”: percezione globale di competenza


Funge da moderatore nella relazione tra stress e benessere.

STILI DI COPING
DEF COPING: risposta alle situazioni specifiche e stressanti.

DEF STRATEGIE DI COPING (Lazarus e Folkman): pensieri ed azioni reali e flessibili che
risolvono problemi, riducendo lo stress.

TIPOLOGIE DI COPING MESSE IN ATTO:


➔ centrate sull’emozione hanno lo scopo di affrontare le situazioni attraverso i
sentimenti. Sono basate sull’impiego di specifici pensieri volti a ridurre l’impatto
emotivo delle situazioni stressanti.
Strategie usate:
◆ speranza: il caregiver si augura che la situazione migliori
◆ stoicismo: il caregiver persevera nel volersi occupare da solo del malato
tenendo per sé problemi e sentimenti
◆ afflizione: il caregiver esperisce un’eccessiva tristezza e tormento interiore
◆ preoccupazione: sia verso il malato sia verso il proprio ruolo o autoaccusa
◆ accettazione

➔ centrate sul problema, basate su modi di agire che cambino la situazione in modo
attivo e costruttivo
(es: affrontare il problema, pensare ad una potenziale soluzione, procurarsi supporto
sociale)

➔ strategie miste: centrate sull’emozione + centrate sul problema.

3 TIPOLOGIE DI FONTI SU CUI IL CAREGIVER FA PIU’ FATICA


- difficoltà di memoria: privazione della comunicazione verbale col proprio familiare
- cambiamenti comportamentali situazione critica da gestire (es. rabbia, pianto..)
- esperienza stessa del nuovo ruolo protettivo e di sostegno.

COLLEGAMENTO CON BURDEN


- coping centrato sull’emozione → i caregiver tengono dentro di sé le emozioni e
riportano esperienze di depressione e burnout.
- coping centrato sul problema → i caregiver hanno bassi livelli di burden, non soffrono
di burnout e di depressione e hanno un più alto livello di soddisfazione di vita.

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Gli stili di coping sembrano avere un impatto anche sulla salute fisica, soprattutto sulla
reazione allo stress acuto.

SOSTEGNO SOCIALE E SOSTEGNO SOCIALE PERCEPITO

● SOSTEGNO SOCIALE
E’ la possibilità che l’individuo ha di accedere a diverse risorse attraverso gli altri individui e
la comunità di cui fa parte.
Può essere:
- sostegno emotivo
- strumentale
- informativo
È un fattore di protezione per lo stress

● SUPPORTO SOCIALE PERCEPITO


E’ una risorsa importante per fronteggiare gli stressor derivanti dall’attività di caregiving.
Il costrutto di supporto sociale include 3 DIMENSIONI:
- gli indicatori dell’integrazione sociale (es. frequenza di contatti, estensione del
network sociale)
- gli aspetti funzionali
- la soddisfazione del supporto ricevuto
L’influenza sulla qualità della vita dei caregivers è data non tanto dalla dimensione della rete
sociale, ma dal livello soggettivo di soddisfazione per tale rete.

INTERVENTI PER RIDURRE IL CAREGIVER BURDEN


➢ Ricordare al caregiver che è inserito in un gruppo di cura, quindi non è solo
➢ Incoraggiare il caregiver a prendersi cura di sé stesso e della propria salute.
➢ Fornire adeguate informazioni e competenze
➢ Facilitare l’accesso alle tecnologie
➢ Incoraggiare l’accesso ai programmi di sostegno e strutture sul territorio

CONCLUSIONI
E’ necessario un approccio globale ed è indispensabile partire da una prospettiva
biopsicosociale.

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CAP 17: IL DOLORE NELL’ANZIANO

PRIMO PASSO: RICONOSCERE IL DOLORE NELL’ANZIANO


Il mancato riconoscimento e la gestione inadeguata del dolore nella persona anziana
comporta una riduzione della qualità della vita.
IMP: consapevolezza dell’importanza:
- di saper rilevare il dolore,
- valutare le cause,
- scegliere il tipo di trattamento.

Tutelare maggiormente anziani che non possono/riescono ad esprimere il loro dolore


(Es. pazienti con demenza - collegamento BPSD cioè sintomi non cognitivi che manifestano
malessere sottostante)

VERSO UN CAMBIAMENTO: LEGGE 38/2010


“Il dolore è uno dei fattori che condiziona maggiormente la qualità di vita ed è considerato
una priorità di salute”

Dolore = sottovalutato
DEF SALUTE = “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non solo assenza
di malattia” ha portato allo sviluppo di un approccio biopsicosociale ed è poi stato integrato
dalla definizione di promozione della salute
PROMOZIONE DELLA SALUTE = “processo che mette in grado le persone di aumentare il
controllo sulla propria salute e di migliorarla”.

Con la realizzazione delle reti HPH, l’OMS si è proposta di diffondere i concetti che in un
ospedale vi sia:
- promozione della salute (promuovere la dignità umana),
- l’equità,
- la solidarietà,
- l’etica professionale (riconoscendo bisogni, valori, culture),
- orientato verso il miglioramento della qualità,
- il benessere dei pazienti, dei familiari e dello staff,
- la protezione dell’ambiente e la realizzazione del potenziale per diventare una
learning organization.

Carta europea dei diritti del malato (2002) che all’art 11 recita:
“diritto ad evitare le sofferenze inutili e il dolore non necessario”

Carta dei diritti del dolore inutile (2005) che specifica il diritto:
- A non soffrire inutilmente
- Al riconoscimento del dolore
- Di accesso alla terapia del dolore
- Un’assistenza qualificata
- Un’assistenza continua
- Una scelta libera e informata
- Del bambino, dell’anziano e dei soggetti che non hanno voce

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- A non provare dolore durante gli esami diagnostici invasivi e non

LA TUTELA DEL DIRITTO A NON SOFFRIRE INUTILMENTE: L’APPROCCIO CENTRATO


SULLA PERSONA E IL SUPERAMENTO DEI PREGIUDIZI
Legge 38/2010:
“Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”

Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapie del dolore assicurano un
programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei seguenti
principi fondamentali:
a) Tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza discriminazioni
b) Tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine
c) Adeguato sostegno sanitario e socio assistenziale della persona malata e della
famiglia

I servizi sanitari dovrebbero:


- ispirarsi al rispetto dei diritti e della dignità umana,
- adottare un approccio centrato sulla persona,
- essere disponibili, accessibili e sostenibili,
- garantire la continuità delle cure,
- utilizzare trattamenti efficaci.

Motivi della discriminazione dell’anziano nell’accesso alle terapie del dolore a causa di 3 TIPI
DI BARRIERE:

1. BARRIERE DELL’ANZIANO: l’anziano crede che il dolore non possa essere evitato e
che vada quindi sopportato.

2. BARRIERE DEI CURANTI: hanno una formazione insufficiente riguardo allo


screening del dolore e alla sua valutazione.

3. BARRIERE DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO:


a. elevato turnover che limita l’esperienza nell’uso delle tecniche di valutazione
del dolore,
b. mancanza di un approccio sistematico di rilevazione e prevenzione del dolore,
c. mancanza di personale affidabile e efficace,
d. mancanza di leadership e adesione alla gestione del dolore.

APPROCCIO SULLA PERSONA nei centri per anziani → superare i pregiudizi relativi alla
vecchiaia e al dolore.

In “Bioetica e diritti degli anziani “si invitano i cittadini ad avere rispetto nell’anziano.
Tutti gli individui devono essere ascoltati e creduti quando parlano del loro dolore.

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DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE DEL DOLORE
DEF terapia del dolore (art 2 della legge 38/2010):

“l’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti ad individuare ed applicare, alle forme morbose
croniche, idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e
riabilitative tra loro variamente integrate, per elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la
soppressione e il controllo del dolore.“

DEF DOLORE (clinica) → il risultato di una serie di interazioni complesse (sistema nervoso,
metabolico, ecc) modulato da diversi fattori (ambientali, culturali, fisici, affettivi) in grado di
generare caratteristiche specifiche per ogni individuo.
Caratteristiche dolore:
- Ha natura soggettiva: quindi è importante l’autovalutazione del dolore → fonte di
informazione più attendibile.
- Quinto segnale vitale, deve essere controllato come tutti gli altri parametri.

CLASSIFICAZIONE:
- sulla durata, può essere distinto in:
→ acuto
→ cronico (diventa un dolore globale)

- sull’intensità
→ lieve
→ moderato
→ severo
→ grave

- sulla patogenesi
→ dolore nocicettivo (causato da una lesione o da un danno imminente)
→ neuropatico

Scopo dolore:
- nei non malati → meccanismo di difesa,
- nelle persone malate → è inutile e negativo.

Secondo l’AGS, il dolore persistente o il suo inadeguato trattamento causa negli anziani:
★ Deficit funzionale
★ Cadute, instabilità posturale
★ Recupero funzionale ridotto, più lenta risposta alla terapia riabilitativa
★ Cambiamenti d’umore
★ Isolamento sociale o ridotta partecipazione
★ Disturbi del sonno e dell’alimentazione
★ Poli Trattamento farmacologico, iatrogenesi
★ Elevato utilizzo di servizi sanitari e costi sociali elevati
★ Distress del caregiver e del paziente

Dolore procedurale: è legato alle manovre diagnostiche, terapeutiche e di nursing.

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Dato che la popolazione anziana residente in struttura è quella più a rischio di ricevere un
inadeguato trattamento del dolore, è importante che il personale che assiste l’anziano
riconosca che:
- Il dolore è ogni tipo di discomfort in ogni parte del corpo: in un’area o generalizzato,
acuto o cronico, continuo o intermittente;
- Il dolore è ciò che il paziente dice che esso sia;
- Bisogna assumere un atteggiamento non giudicante;
- Bisogna fare attenzione al fatto che il dolore può essere sotto rilevato dallo staff.

IL MIGLIORAMENTO DELLA GESTIONE DEL DOLORE DELL’ANZIANO NELLE


ORGANIZZAZIONI
Principi guida per la gestione e la valutazione del dolore (JAHO):
- La persona malata ha diritto ad appropriato accertamento e gestione del dolore
- E’ soggettivo
- L’accertamento e gli strumenti dovrebbero essere appropriati per la popolazione in
studio
- Il dolore può esistere anche in assenza di causa fisica
- Dipende da fattori come l’ereditarietà, il livello di energia, le abilità di coping, le
pregresse esperienze di dolore
- Le persone con dolore cronico possono essere più sensibili al dolore
- Il dolore non alleviato presenta conseguenze avverse
- Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva sgradevole

LE FASI DELLA GESTIONE DEL DOLORE NEI CENTRI DI SERVIZI PER ANZIANI
1. RILEVAZIONE: screening, identificazione della presenza di dolore
2. VALUTAZIONE: assessment, accertamento multidisciplinare delle caratteristiche e
cause del dolore
3. TRATTAMENTO: scelta del piano di trattamento farmacologico o non
4. MONITORAGGIO: controllo dell’efficacia del trattamento e degli affetti avversi
(vedi scopi psicologo nelle rsa)

STRUMENTI DI MISURAZIONE DEL DOLORE


- La VALUTAZIONE dell’esperienza soggettiva del dolore riguarda l’analisi integrata di fattori
fisici, psicologici e sociali che la influenzano (esame obiettivo, gli accertamenti diagnostici, il
colloquio clinico…)

- La MISURAZIONE del dolore si riferisce all’applicazione di uno strumento metrico per la


quantificazione di un certo parametro (es: intensità)

È difficile stabilire una soglia cognitiva ma con l’aumentare del decadimento cognitivo, è
sempre meno probabile che gli anziani siano in grado di auto riferire in modo attendibile la
presenza e l’intensità del dolore al personale di cura. Imp osservazione.

LA SCALA NUMERICA → strumento di misurazione dell’intensità del dolore da 0 a 10.


Limite max 5 → poi intervento.

IL DOLORE NELLA PERSONA CON DEMENZA E LE SCALE OSSERVAZIONALI


Principale ostacolo → difficoltà di espressione verbale

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Non potendo usare le scale normali, si pone attenzione sui comportamenti:
- espressione facciale,
- verbalizzazioni,
- vocalizzazioni,
- movimenti del corpo,
- cambiamenti nelle interazioni interpersonali, nello stato mentale.

Gli strumenti per la rilevazione del dolore devono considerare 3 AREE:


- Reazioni somatiche: posture del corpo protettive, espressioni inusuali al contatto e
disturbi del sonno
- Reazioni psicomotorie: difficoltà nel lavarsi e vestirsi, difficile o ridotta mobilità
- Reazioni psicosociali: assenza o rifiuto comunicativo, rifiuto a partecipare alla vita
sociale e problemi comportamentali con o senza stimoli esterni

La scala NOPPAIN è lo strumento scelto dalla Regione Veneto per indagare la presenza di
dolore negli ospiti non comunicanti e con decadimento cognitivo nella fase iniziale. Fatta
dagli operatori.
È composta da tre parti:
1. Scheda di controllo delle attività: un elenco di nove attività assistenziali, solitamente
svolte dagli operatori addetti all’assistenza dell’ospite
2. Comportamento da dolore: valuta la presenza e l’intensità di alcuni comportamenti da
dolore
3. Intensità del dolore: viene chiesto all’operatore di valutare su scala numerica da 0 a
10, l’intensità massima del dolore osservato nell’ospite durante le cure assistenziali.

LA DOCUMENTAZIONE DEL DOLORE NELLA CARTELLA CLINICA


L’art 7 della legge 38/2010 afferma che:

“all’interno della cartella clinica, nelle sezioni medica e infermieristica, in uso presso tutte le strutture
sanitarie, devono essere riportati le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso
del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico
conseguito”.

Il problema: formulazione del piano di assistenza individualizzato, risorse.

APPROCCI PSICOLOGICI ED EDUCAZIONALI NEL TRATTAMENTO DEL DOLORE


Sono indicati nel caso di dolore cronico e persistente
- a causa della fragilità e comorbilità
- perché il dolore comporta fattori psicologici

La terapia cognitivo-comportamentale è la più utilizzata, perché:


- consente di sviluppare modi di pensare e di agire più adattivi,
- consente una migliore comprensione del dolore e delle tecniche per controllarlo
- consente un aumento del senso di padronanza personale.

STRUMENTO: ristrutturazione dei pensieri negativi, insegnando agli anziani come


identificare i pensieri disfunzionali rispetto al dolore e le loro conseguenze.
Efficaci interventi basati sulla mindfulness

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INTERVENTO EDUCAZIONALE (vedi ruolo psicologo in rsa e comparalo al dolore)

SVILUPPARE UN IMPEGNO ISTITUZIONALE PER LA GESTIONE DEL DOLORE


Impegno delle organizzazioni → riconoscere il bisogno di:
● Approcci collaborativi e interdisciplinari
● Piani individualizzati di controllo del dolore
● Valutazione e frequente rivalutazione/monitoraggio
● Strategie farmacologiche e non per alleviare il dolore
● Istituzione di un approccio formalizzato alla gestione del dolore

Aree critiche per la gestione efficace del dolore:


- Comunicazione: assicurarsi che le informazioni sul dolore del residente siano
trasmesse di routine e vengano trattate da uno staff adeguato
- Formazione: tutto il personale sanitario e di assistenza ha bisogno di formazione sulla
gestione del dolore.

L’APPROCCIO CENTRATO SULLA FAMIGLIA DELL’ANZIANO: LE RISORSE E IL


DOLORE DEI FAMILIARI
In base alla legge 38/2010:
“Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”
La famiglia e la persona devono essere messe al centro dei servizi.

Adottare l’approccio centrato sulla persona significa dare importanza ai seguenti aspetti:

1. Rispetto e dignità: per i bisogni e le aspettative del paziente e famiglia


2. Condivisione delle informazioni: in modo completo, imparziale, positivo e utile
3. Partecipazione: a livello di cura e decisioni
4. Collaborazione

E’ importante lavorare a contatto con la famiglia dell’anziano tramite i colloqui e il


coinvolgimento nelle routine assistenziali
Competenze da avere per coinvolgere la fam:
- la capacità di instaurare rapporti di fiducia,
- capacità di rimanere neutrali
- di comprendere la struttura familiare

LA FORMAZIONE DEL PERSONALE PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE


EMOTIVE E RELAZIONALI NEL PRENDERSI CURA DELLA SOFFERENZA
DELL’ANZIANO
L’art 8 della legge 38/2010 riguarda la formazione e l’aggiornamento del personale medico e
sanitario in materia di cure palliative e di terapie del dolore.
La formazione dei curanti, implica conoscenze e competenze tecniche per:
- rilevare,
- valutare,
- trattare,
- monitorare il dolore.

OBB (professionisti): stare con la sofferenza in modo autentico.

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Approccio in linea con questo ob. sono:
- mindfulness: capacità di prestare attenzione con intenzione, al momento presente e
in modo non giudicante.
Essa serve anche per essere consapevoli anche del proprio stato interiore e quindi
svolge un ruolo fondamentale sullo stress.
Lo stress non gestito indebolisce il benessere del personale (disturbi fisici, psichici,
qualità minore di cure)

Di grande aiuto: consapevolezza + compassione (intesa come sensibilità verso la sofferenza


degli altri e propria, unita al desiderio di vedere alleviata la sofferenza).

L’ESPERIENZA DELL’ISRAA: IL PROGETTO DOLO-MITE PER IL MIGLIORAMENTO


DELLA GESTIONE DEL DOLORE
L’ISRAA (istituto per servizi di ricovero e assistenza agli anziani) di Treviso, dal 2012 ha
sviluppato un progetto a partire dal dolore come un problema prioritario. Si ispira ad un
modello di cura centrato sulla persona
Obiettivo: garantire il diritto dell’anziano ad accedere alle terapie del dolore

Il gruppo Dolo-Mite ha le seguenti FINALITA’:


● Promuovere la formazione del personale in materia di gestione del dolore
● Promuovere la stesura di linee guida interne per la gestione del dolore
● Promuovere protocolli di trattamento per il dolore
● Assicurare un osservatorio specifico per il dolore all’interno dell’ISRAA
● Stimolare l’ente al miglioramento nella gestione del dolore e la promozione di una
cultura attenta al dolore
● Assicurare il monitoraggio dei livelli di applicazione delle linee guida e la valutazione
d’efficacia
● Promuovere l’elaborazione e la distribuzione di materiale informativo agli utenti
relativo alla cura del dolore
● Promuovere azioni di prevenzione, informazione e coinvolgimento rivolte agli
stakeholders

La valorizzazione del ruolo infermieristico e il personale dovrà indagare la presenza del


dolore nelle seguenti circostanze:
- Ogni giorno il personale osserverà la presenza o assenza del dolore nell’anziano.
- In caso di assenza non verrà riportata la rilevazione del dolore a meno che non si
tratti di una delle seguenti indicazioni:
● Anamnesi medica e raccolta dati infermieristica all’ingresso
● Avvio e revisione piano di assistenza individuale
● Visita programmata
● Presenza di eventi critici
● Segnalazione di dolore da utente, familiari o operatori
● Osservazione dei cambiamenti comportamentali
● Invio/rientro da ricovero ospedaliero
● Su indicazione clinica

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Dolore e paziente con demenza grave:
Il gridare, l’aggressione fisica e verbale sono una sfida per gli operatori, e spesso questi
comportamenti sono associati alla presenza di dolore nei pazienti con demenza.
La prima risposta a questo tipo di comportamento è → il trattamento con farmaci
antipsicotici.

CONCLUSIONI
La sofferenza esiste e una parte di essa non può essere eliminata.
È possibile evitare la sofferenza non necessaria attraverso:
- la sensibilizzazione
- la formazione del personale che si occupa delle persone anziane
- prestando attenzione al dolore
- superando i pregiudizi sugli anziani

“Community Care”:
→ occorre potenziare la rete dei servizi sociosanitari.
→ potenziare la partecipazione da parte dei cittadini.
→ forma di sostegno fornito alle persone fragili della comunità.

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CAP 18: LA FINE DELLA VITA E IL MORIRE

LA MORTE E IL MORIRE
La paura della morte è connessa ad altre paure:
- soffrire fisicamente,
- non avere controllo sul proprio corpo,
- la solitudine e l’isolamento,
- di non esistere più,
- dell’impatto della propria morte su chi resta vivo, ecc

Le cause di morte risultano essere le patologie cardiovascolari, seguite da quelle infettive e


quelle oncologiche.

AVVIO ALLA TERMINALITA’


Gli sviluppi della medicina hanno consentito la possibilità di prolungare la vita anche in
situazioni di grave compromissione delle funzioni fisiologiche dell’organismo → questioni
bioetiche sui temi di accanimento terapeutico, eutanasia, suicidio assistito.

RIFLESSIONE
Morte:
- biologica: esito di un processo di perdita delle funzioni vitali
- come interruzione della vita di relazione
(sono interdipendenti)
Il morire non è un processo che si declina solo a livello individuale, ma è un processo
complesso che coinvolge fattori esterni (sanitari, sociali, parenti..)

ACCANIMENTO TERAPEUTICO E EUTANASIA


● Rinuncia/desistenza all’accanimento terapeutico → sospensione dell’intervento
terapeutico intensivo sul paziente morente, se sproporzionate rispetto al beneficio
● Suicidio assistito → è la messa a disposizione del pz terminale dei mezzi per
facilitargli un’eventuale condotta autosoppressiva
● Eutanasia passiva → è l’omissione di trattamenti che potrebbero prolungare la vita
● Eutanasia attiva → attiva somministrazione di farmaci che mettono fine alla vita

DECISIONE E DECISORI
Di fronte alla persona morente si possono seguire:
→ parametri decisionali biologici, facilmente misurabili
→ criteri bioetici (considerano qualità e la dignità della persona)

La decisione riguarda due aspetti:


- l’individuazione del titolare di diritto-dovere di decidere (spetta alla persona stessa.
Nei casi in cui il sogg non è in grado di decidere → testamento biologico o delega)
- la valutazione degli esiti prevedibili

Importanza del contesto:


- Il quadro normativo in vigore
- Il quadro clinico riguardante la persona morente e il piano terapeutico in atto

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- L’esistenza di servizi che accompagnano il processo del morire (cure palliative)
- L’esistenza di un ambiente esterno (famiglia, reti amicali, casa) che garantiscano
dignità al morire

CURE PALLIATIVE E HOSPICE


Questo approccio si muove nell’ottica di una presa in carico globale del malato, del suo
benessere:
● fisico
● emotivo-relazionale.

DEF PALLIAZIONE → scelta di mettere al centro la persona malata con tutti i complessi
bisogni non solo clinici, che sono presenti nella fase avanzata e terminale della malattia.
Possono avvenire sia in a domicilio sia in luoghi specifici (es: hospice)
Passaggio da healing (curare la malattia) a caring (curarsi della persona).

DEF PSICOTANATOLOGIA: studio di tutte le processualità relative al morire dal punto di


vista psicologico. Studia le modalità di sostegno psicologico nei contesti di terminalità, rivolti
sia ai pazienti terminali (accompagnamento alla morte) sia ai caregivers.

PAURA DELLA MORTE (DEATH ANXIETY)


Scale per valutarla: Death Anxiety Scale (di Templer) o Revised Death Anxiety Scale.
L’ansia di morte aumenta negli anziani:
→ con più difficoltà fisiche e vulnerabilità psicologica pregressa,
→ con minori credenze religiose
→ con bassa soddisfazione esistenziale
→ caratteristiche di resilienza
→ è espressa maggiormente nelle femmine.

MODELLO MULTICOMPONENZIALE DELL’ANSIA DI MORTE (Tomer ed Eliason, 1996)


Costituito da 3 fattori:
- rimpianti legati al passato (fallimenti e obiettivi mancati),
- rimpianti legati al futuro (impossibilità di raggiungere obiettivi significativi),
- significato della morte.

LA TERMINALITA’ E L’AVVIARSI ALLA MORTE: LE FASI DEL MORIRE


MODELLO DEL PROCESSO DI ELABORAZIONE DELLA TERMINALITA’ (Kubler-Ross)

1. NEGAZIONE della realtà. È una fisiologica esigenza intrapsichica del malato e un


meccanismo di difesa per proteggersi da un’eccessiva e improvvisa angoscia.
2. RABBIA, aggressività e etero-autocolpevolizzazione (verso se o altri)
3. PATTEGGIAMENTO: negoziare psicologicamente prospettive di miglioramento
tramite forme di controllo simbolico (es: preghiera)
4. DEPRESSIONE, due tipi:
● Aspetto reattivo = conseguente all’impatto delle crescenti limitazioni, del dolore
cronico, delle autonomie perse, delle conseguenze delle terapie in corso.
● Aspetto depressivo preparatorio = è più profondo, legato al lavoro intrapsichico e di
elaborazione della propria mortalità.
5. ACCETTAZIONE (fase non sempre raggiunta)

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TIPI DI DECESSO E DIFFERENTI IMPLICAZIONI EMOTIVE
1. Decessi improvvisi e imprevisti (incidente, violenza, malattia a decorso fulminante)
2. Decessi improvvisi e prevedibili (aneurisma conosciuto ma inoperabile)
3. Decessi attesi (malattia oncologica)
4. Decessi interminabili (agonia prolungata, accanimento terapeutico)
Se il decesso non era anticipato può insorgere un lutto traumatico.

L’ANZIANO E LA MORTE
PARLARE DI MORTE NEI CONTESTI ISTITUZIONALI
Nei contesti di cura gerontologici il tema della morte è spesso implicito, non detto (crea
angoscia). In alcuni casi rari l’anziano evita di focalizzare il tema della morte → questa
“rimozione” aumenta l’ansia.

LA PERDITA DELLE PERSONE CARE


La perdita del partner è classicamente considerata una delle perdite relazionali più gravi
della vita. La morte del partner è associata a vissuti di consapevolezza della propria futura
mortalità e al vissuto di non saper proseguire il proprio percorso biografico in solitudine.
Rischio di aumentata istituzionalizzazione di vedovi dopo il decesso del partner.

COMUNICAZIONE DI BAD NEWS


❖ COMUNICAZIONE DI PROGNOSI INFAUSTA
Ci sono diversi modelli di comunicazione clinica per veicolare le notizie

❖ COMUNICAZIONE DI DECESSO
- Non ci sono parole giuste per dirlo ma si devono gestire le emozioni, fornire supporto.
- Gli operatori dovrebbero valutare 4 assi di operatività del paziente/familiare:
→ Cognizioni: che idea hai della situazione? Ha un quadro chiaro degli eventi?
→ Emozioni: che vissuti ha?
→ Azioni: cosa può fare?
→ Relazioni: con chi è in contatto?

CASI PARTICOLARI:
- necessità di autopsie → crea disagio e fantasie di danneggiamento dell’oggetto
relazionale
- assenza del cadavere (scomparse) → impedisce l’avvio del processo di separazione
psicologica e accettazione/elaborazione della morte
- eventi in cui si sospetti una possibile malpractice sanitaria (ragionevole o infondata)
- comunicazione in situazioni speciali (es: quando l’altro non vuole comprendere)

CURARSI DEI CURANTI


Lavorare in contesti di cura ad alta prevalenza di cronicità e terminalità è emotivamente
faticoso, richiede una buona capacità di resilienza e implementazione di adeguate forme di
auto protezione emotiva e richiede di riconoscere che è normale sentirsi a disagio.
Spesso tra gli operatori sono presenti dei meccanismi di difesa che possono sfociare in
strategie di coping disfunzionale, inefficace o dannoso.

COINVOLGIMENTO E DISTACCO DEGLI OPERATORI


Il caregiver si trova spesso in ambivalenza:

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- è emotivamente “così vicino”, si prende cura
- si distanzia dagli eccessi di sofferenze
Ci deve essere un’equilibrio tra i due → riflettere sulle proprie motivazioni del lavoro di cura,
mentalizzare le implicazioni emotive e i processi controtransferali ed elaborarli all’interno del
proprio gruppo di curanti.

SITUAZIONI DI INVALIDAZIONE E CRISI PROFESSIONALE


INVALIDAZIONE DI RUOLO PROFESSIONALE: quanto avvenuto ha invalidato la
rappresentazione di sé (es: “sono un buon operatore e non riesco ad aiutare sempre gli altri”)

IDENTIFICAZIONE PERSONALE: alcune dinamiche riattivano ricordi del passato personale


o paure per il futuro.

È fondamentale che la cultura organizzativa consenta e validi le difficoltà emotive legate al


lavoro e veicoli sia un senso di sostegno che di normalizzazione. Il rischio è quello di
traumatizzazione vicaria.

Tra i principali meccanismi di coping che possono essere utilizzati:


- Rispetto e rinforzo dei meccanismi adattivi personali più funzionali
- Attivazione intensiva della rete sociale di supporto
- Formazione preventiva (psicoeducazione)
- Umorismo nero

IL SUPPORTO A CHI RIMANE


LUTTO: processo di accettazione della perdita dell’oggetto.
L’elaborazione del lutto ha tempi e modalità differenti, è individuale e sistemico (famiglia).
OBB: non è quindi quello di chiudere l’evento, ma di costruirvi una prospettiva di senso.

CORDOGLIO: intensi e profondi vissuti emotivi negativi che accompagnano il lutto.


Le reazioni post lutto possono comprendere:
- sintomatologie somatiche (insonnia, perdita di appetito e desiderio sessuale),
- cognitive (difficoltà di concentrazione e memoria),
- emotive (flessione del tono dell’umore, ansia)
- relazionali (ritiro sociale, irritabilità)

LUTTO E NARRAZIONE
L’elaborazione familiare del lutto prevede una progressiva rinarrazione collettiva
(condivisione delle conseguenze e della modifica degli equilibri e dei ruoli familiari)

FUNERALE: rito di passaggio simbolico che sancisce la separazione definitiva dal defunto e
avvia la rielaborazione individuale e familiare. Ruolo psicologico notevole.

LUTTO COMPLICATO
Molte forme pseudo depressive post lutto possono essere fisiologiche. Se dopo 6 mesi non
c’è un avvio di rielaborazione, può essere opportuno un supporto psicologico. L’evento di
perdita diventa inelaborabile.
Fattori di rischio: - legati all’evento
- legati a caratteristiche psicologiche dei sopravviventi

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