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Psicologia - Logopedia - Autismi - Disabilità - Anziani - Minori

Tutela dei minori


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tua professione (test, griglie di valutazione, attività, esercizi) scaricabili gratuitamente. Tutte
le proposte sono state selezionate dalla Ricerca&Sviluppo Erickson e sono basate su evidenze
scientifiche.
QUI SOTTO PUOI TROVARE ALCUNI DEI TITOLI DA CUI SONO STATI TRATTI I MATERIALI.

FRANCESCA CORRADINI ANNALISA VICARI, LUCIA MONICCHI


L'ASSESSMENT NEL TUTELANDIA
SERVIZIO SOCIALE Schede e percorsi per l’intervento
Metodi relazionali di valutazione e psicologico con minori vittime di abuso
indagine sociale con i minori e le e di maltrattamento
famiglie
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ELENA CABIATI
LA VISITA DOMICILIARE IN
TUTELA MINORILE

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Argomenti trattati
• "Indicatori per il risk assessmentIndicazioni per coinvolgere le famiglie nella
valutazione"

• "Creare la relazione con il minore e raccogliere le sue rilevazioni sulle esperienze


traumatiche vissute"

• Visita domiciliare- Relazione conclusiva


LA MAPPA TOPOGRAFICA: APPROCCI COMPORTAMENTISTI 123

passare a «credenze razionali efficaci» (Dryden e Mytton, 1999). Un esempio


di convinzione irrazionale è «Non posso sopportare che lui…» oppure «Non
posso sopportarlo se non mi faccio» mentre un’alternativa razionale efficace
potrebbe essere «È davvero spiacevole ma posso sopportarlo». In modo ana-
logo, il pensiero irrazionale «Non posso essere felice se non ho qualcuno che
mi ama» può essere trasformato in qualcosa come «Siccome sono una persona
in gamba posso volermi bene, così mi sentirò sempre amato e diventerò più
interessante anche per gli altri». Yapko (1988) fa altri esempi di pensieri distorti
che possono portare alla depressione: «Sono fatto così»; «Sarà sempre così in
tutte le cose che farò»; «La mia vita è sempre stata orribile e lo sarà sempre»;
«Tutto è perduto». Proprio per questo, nell’assessment, sarà importante porsi
le seguenti domande:
• Quali distorsioni cognitive sono emerse nella storia dell’utente?
• Quali pensieri automatici gli vengono in mente quando le cose vanno male?
• Come si considera la persona?
• Come si possono affrontare questi pensieri irrazionali?
• Come si possono sviluppare nuove convinzioni razionali?

L’impotenza appresa

I teorici cognitivisti si sono molto interessati alla questione della cosiddetta


«impotenza appresa» (Seligman, 1992). L’esposizione di una persona a ripetuti
eventi spiacevoli che vanno al di là del suo controllo implica che qualsiasi cosa
la persona faccia non ha conseguenze prevedibili in un senso o in altro, per
esempio, una donna picchiata sia che tenga un determinato comportamento sia
che non lo adotti.
Tale mancanza di collegamento tra azione e risultato si trasforma nell’aspet-
tativa che reagire a una situazione sia inutile, che tutti gli sforzi futuri falliranno
allo stesso modo e sarà sempre così. Un’operatrice sociale si precipitò a casa di
una donna che il marito stava picchiando violentemente. Si affrettò a far salire la
donna e i suoi quattro figli nella sua auto ma rimase molto colpita dal comporta-
mento della donna. Questa, infatti, era talmente abituata all’inutilità di qualsiasi
sua azione durante le percosse che si sedette immobile nell’auto, apparentemente
tranquilla, mentre il marito colpiva l’auto con una vanga.
La sensazione di impotenza appresa non riesce a essere superata nemmeno
quando si ottenga qualche buon risultato, che di solito viene attribuito alla fortuna
o all’azione di qualcun altro e perciò non fa altro che confermare la propria im-
potenza. Un atteggiamento simile si riscontra nei casi riconducibili alla sindrome
124 L’ASSESSMENT NEI SERVIZI SOCIALI

di Stoccolma in cui la vittima di un rapimento si identifica con il rapitore e si


incolpa per i problemi che sta creando.
L’impotenza appresa di solito si manifesta con la totale mancanza di ener-
gia, uno stato d’animo pessimista, la continua condanna di sé e uno stato di
isolamento. Gli stessi elementi si riscontrano nelle persone depresse o ansiose,
che attribuiscono i loro successi alla fortuna o a obiettivi divenuti più accessibili
mentre a se stessi riconoscono solo fallimenti e incapacità (Sheldon, 1995); non
è raro, al contrario, che le persone irresponsabili pensino l’opposto. L’atteggia-
mento dimesso, per cui la persona non prova nemmeno ad agire, non deve far
pensare che essa sia «priva di motivazione» o «pazza». Si può parlare, secondo
Barber (1991), di una vera e propria psicologia dell’impotenza, che spiega la
passività di molti utenti dei servizi sociali: madri sole che dipendono dall’assistenza
pubblica, persone disabili che sono completamente dipendenti da altri, vittime di
abuso o violenza domestica.
Il concetto di impotenza appresa è importante perché ricorda agli operatori
l’intreccio tra fattori psicologici e sociali — quindi la necessità di fornire un aiuto
esterno ma soprattutto di attivare le risorse interne alla persona.
Nel breve periodo può essere molto utile che l’utente riesca a lavorare
sulle parti accessibili del suo carattere mentre ci si occupa, come strategia per
il lungo periodo, di modificare anche la situazione di contesto. Peraltro, si deve
tenere presente che la cultura gioca un ruolo fondamentale nella creazione delle
convinzioni della mente individuale: una volta che si sia lavorato sulla visione
di sé dell’utente, questi può essere aiutato a guardare all’esterno in modo più
appropriato.
Nel valutare l’impotenza appresa si potrebbero utilizzare le domande pro-
poste da Barber (1991):
• Da quanto tempo le cose vanno male?
• Quali sforzi ha fatto per cambiare la situazione?
• Ha ottenuto dei successi?
• Qual è la proporzione tra le situazioni positive e negative?
• Quali Lei considera positive?
• E quali negative?
• Se le attribuisce a cause interne, si tratta di sforzi o di abilità? (gli sforzi si
possono migliorare più facilmente).
• Se le attribuisce a cause esterne, pensa alla fortuna o alla difficoltà del compi-
to? (la fortuna di per sé è totalmente al di fuori del controllo ma si può vedere
come qualcosa su cui si può influire se si trovano le modalità per attirarla e
facilitarla).
LA MAPPA TOPOGRAFICA: APPROCCI COMPORTAMENTISTI 125

Punti di forza

Gli approcci comportamentisti hanno un certo fascino perché offrono agli


operatori sociali un approccio sistematico e scientifico per strutturare il lavoro:
«L’oggetto viene descritto nel dettaglio, il metodo è predefinito e il prodotto finale
è sempre misurabile» (Davies, 1981, p. 54). Viene attribuita parecchia rilevanza
alle fasi iniziali dell’assessment e la ricostruzione dei comportamenti fornisce
un buon sistema per la raccolta dei dati. Inoltre, un approccio strettamente
comportamentista ha il vantaggio di venire incontro ai valori degli operatori
nell’incoraggiare la partecipazione dell’utente, ridurre il peso dei pregiudizi e
rendere possibile la verifica dell’intervento. Gli assessment condotti secondo
questi approcci hanno il pregio, a differenza di altri, di non «spremere» la storia
dell’utente o modellare i fatti per farli aderire alla teoria (Sheldon, 1982); inoltre,
l’attenzione ai dettagli, che «ingrandisce» i vari aspetti che compongono la situa-
zione dell’utente, è utile per tenere presenti tutte le variabili. Infine, il concetto di
impotenza appresa può dare soluzione alla frattura tra spiegazioni psicologiche e
sociali del comportamento e aiutare a considerare l’intreccio tra fattori sociali e
individuali. O’Hagan e Dillenburger (1995) suggeriscono l’utilità di tali approcci
nel lavoro di protezione dei minori.

Punti deboli

Gli operatori sociali che sostengono questi approcci ne esaltano l’obiettività


e l’accessibilità. Nella pratica, tuttavia, essi rivelano la loro natura largamente
centrata sull’individuo singolo e la sua condizione psicologica. Anche se cercano
di migliorare le reazioni delle persone alle situazioni strutturali di disuguaglianza
in cui si trovano, gli approcci cognitivo-comportamentali non sono in grado di
occuparsi dei problemi sociali. Nel lavoro in servizi residenziali, per esempio, di
solito essi si preoccupano di esaminare soltanto l’ambiente circoscritto in cui si
trova l’utente; persino nel lavoro di gruppo, i comportamentisti quasi mai vanno
al di là di semplici sistemi di erogazione di premi simbolici come gettoni o altro
(token economy). Non si presta molta attenzione, per esempio, all’esperienza
dei bambini accolti in strutture residenziali con pochi operatori, con scarse risorse
economiche e, in certi casi, in cui essi subiscono maltrattamenti.
Dunque, questi approcci non sono poi così obiettivi come vorrebbero ap-
parire. La strategia direttiva proposta da Ellis (1962) si rivela adatta all’assertività
tipica del maschio bianco ma sarebbe molto difficile da applicare nel caso delle
convinzioni «irrazionali» di molte donne che si trovano imbrigliate nel contesto
140 L’ASSESSMENT NEI SERVIZI SOCIALI

una rottura familiare. Tuttavia, la coppia aveva almeno una vaga consapevolezza
di avere bisogno di un aiuto di qualche genere. A questo punto dell’assessment
la situazione presentava una serie di problemi, in parte riconosciuti e in parte
segnalati, alcuni obiettivi ancora non definiti e molti vincoli. L’operatore allora
mostrò ai signori K. una scala di intensità dei problemi perché la compilassero
insieme. Con il suo sostegno e alcuni suggerimenti, ne risultò la tabella della
figura 7.3.

Intensità del problema

assente scarsa media notevole grave

Interpersonale:
atteggiamento aggressivo X
nelle discussioni

Relazioni sociali:
X
pochi amici

Organizzazioni formali:
X
tribunale
Tipo di problema

Ruoli:
X
situazione economica

Decisioni X

Difficoltà emotive:
X
depressione

Risorse materiali:
debito, X
disoccupazione

Altro:
alcol,
X
problemi alla schiena X

Fig. 7.3 Scala di intensità dei problemi compilata dai signori K.


LA MAPPA TASCABILE DEL TURISTA: APPROCCIO CENTRATO SUL COMPITO 141

Tale esercizio aiuta a vedere la situazione in maniera da non colpevolizzare


l’uno o l’altro; la signora K., per esempio, convenne che il problema dell’alcol,
in quel momento, non era il più importante da affrontare. Compilare questa
scala, inoltre, aiuta a focalizzare le interconnessioni fra i diversi problemi. I litigi
acuivano la depressione? Influivano sulla capacità di affrontare il problema del
debito? Era il bere ad aumentare le discussioni o viceversa? Da dove era meglio
partire? A questo punto, i signori K. non erano ancora in grado di mettersi di
fronte al problema della loro relazione di coppia, della loro incapacità di discutere
con calma o della mancanza di legami sociali. Tuttavia, avevano molto chiaro che
dovevano fare qualcosa per migliorare le cose ed erano disposti a collaborare con
l’operatore per decidere quali azioni compiere insieme. Al termine della prima
visita a casa dei K., l’operatore lasciò due copie in bianco della scala dei bisogni,
suggerendo che entrambi la compilassero separatamente e poi ne discutessero
insieme, di sera quando i bambini erano a letto. Fissarono una visita domiciliare
per la settimana successiva.
Una volta in ufficio, l’operatore iniziò a considerare quali potevano essere
gli ostacoli che impedivano alla coppia un funzionamento ottimale:
1. Convinzioni. Dai loro racconti, sembrava che ciascuno si sentisse incolpato
dall’altro, che non si sarebbero mai liberati del debito e che non ci fosse nessuna
speranza di sollievo finanziario e di un po’ di serenità. Il signor K. pensava che
la sua schiena non sarebbe mai guarita e aveva interrotto le visite mediche.
La prossima volta l’operatore avrebbe potuto, con delicatezza, parlarne con
la coppia e mettere in dubbio queste convinzioni.
2. Emozioni. La mancanza di prospettive poteva forse essere la causa della de-
pressione. La signora K. inoltre era isolata e, a causa del dialogo difficoltoso
con il marito, si sentiva poco amata. La depressione e il senso di isolamento
si sarebbero potuti affrontare esaminando le convinzioni della donna collegate
a questi suoi stati emotivi.
3. Sistema sociale. L’impossibilità di fruire di aiuti economici, la mancanza di
lavoro e della scuola materna pesavano sulla situazione dei K. Si potrebbe
farsi carico di tali esigenze.
4. Soluzioni tentate. Come avevano reagito alla questione del debito? Il bere
era un tentativo di soluzione? Durante il colloquio non erano emersi obiettivi
utopistici. Avrebbe potuto essere utile sapere quali sforzi, se ce ne erano
stati, aveva fatto il signor K. per rispondere alla depressione della moglie.
Espressioni come «tirati su» possono far stare la persona ancora peggio!
Si sarebbero potuti esaminare questi temi durante il colloquio successivo,
definendo insieme i compiti in modo da neutralizzare i tentativi di soluzione
inefficaci.
Vicari e Monicchi
I
ncontrare, ascoltare con rispetto, cercare di comprendere, proteggere
e curare bambine e bambini vittime di maltrattamento o abuso sono
compiti di una complessità talora scoraggiante, anche per gli operatori
più esperti. Tutelare i più piccoli significa rispettare la loro individualità,
renderli consapevoli di ciò che stanno vivendo, ascoltare il loro punto di
vista e tenerne conto quando si elabora un progetto in loro aiuto.
Questo libro consente di accompagnare il bambino nella compren- AREA 3 – Schede

3.1 Gli ospit


operative

sione di ciò che ha vissuto e sta vivendo, con l’obiettivo di aiutarlo a


i invadenti!

trovare il modo migliore per superare il trauma. Dai bambini pos-


siamo apprendere che anche le situazioni più serie sono affrontabili
giocosamente, così molte attività — anche sui temi più delicati Annalisa Vicari
— sono proposte in forma ludica. Seguendo queste modalità
O
ra ti voglio spiegare
un pensiero molto uno degli imbrogli
qualcosa che brutto ci disturba più odiosi del
nostro cervello!

e Lucia Monicchi
non va dentro e
AREA 4 – Schede è pieno di brutti di noi. Ma guarda ci fa stare male, ci convinci Quando
operativeche hanno personaggi! Ciascuno bene dentro a amo che c’è
per continuare di essi è uno dei questo cervello!
a vivere tuoi brutti Come vedi
parte dentro pensieri. L’unico
4.9 Cosa sonodei pensieri
di te e che non
potrai mai liberarte di te e farti stare male è modo

operative nessuno è escluso: dallo psicologo all’assistente socia-


i avrebber
non sintodifficili,
omi?
perché sanno
più una casa
ne. Per questo, farti credere che
che, se lo facessi, ti convincono a non parlare
sono
grazie alle tue loro
dove mai uscirebb
paure e succhian stare e un pasto caldo da mangiareero dalla tua testa e
se la spassano o le tue energie ! Perché loro
, diventando vitali, così tu
T i ricordi che Non ti chiedo sempre più grossi stai sempre peggiovivono
abbiamo detto di parlare dei e ingombranti! e loro
possono venirci propong o un’altra che tuoi pensieri
dei sintomi? cosa:quando Giorgione difficili, perché so che
di risolvere un ognuno di Ma tu sai disegna su un foglioe Simone
i mostri non costa molta fatica,
problem che poiloro cosa sono si parlano

le, dall’educatore all’agente di polizia, dal medico al giudice,


un
è un sintomo: haiamolte diventa,nome.
idee,
i sintomi? Spesso
Voglio proprio
a sua volta, un vedere che sono
che abitano nel tuo cervello
ma ti
è il tentativo aiutati con i mostri problem facciail hanno
tentativo e dà a
ammaliamo, del
il corpo fa alzare nostro corpo di sconfigg che trovia.quiLa febbre, ad esempioquesti birboni! Se non
muoiono con la nostra temperat ere virus e sotto!
batteri. Quando
,
il caldo. A volte, ura, perché sa ci
per sconfiggerli però, succede che i virus e
avremmo bisogno che ci siano i batteri
aumentarla sempre di una temperat dei virus così
di più, ma superati ura altissima; aggressivi che
vero problema i 42 gradi stiamo il nostro corpo
e rischiamo di così male che prova ad
lasciarci la pelle!

ognuno è responsabilizzato a fare, secondo la propria specifica


mi sapresti dire è la febbre ora
cos’è un sintomo? Quindi, adesso il
anche il tentativo È una cosa che che ti ho fatto
di sconfiggere ci fa star male, quest’esempio,
Ma c’è di più: un ma al tempo
i sintomi possono male più grande. stesso è
coinvolgere le coinvolgere tanti
nostre sensazio aspetti della
sentire tristi, ni fisiche e farci nostra vita! Possono
agitati, sentire dolore,
dagli altri, o litigare arrabbiati, o i nostri comport le nostre emozion
per cose di poca amenti i e farci
importanza, ecc. e farci venire voglia di isolarci

competenza, ma in stretto collegamento con gli altri. © 2015, A. Vicari


e L. Monicchi, Tutelandia,
Trento, Erickson
127

Il volume è composto da una breve introduzione teorica e da


numerose schede operative, organizzate in percorsi tematici

Tutelandia
corrispondenti alle diverse fasi della tutela minorile (rilevazio-
ne, valutazione, progettazione, terapia). Ogni scheda richiede
— con l’aiuto del simpatico canguro Brownie — la partecipa-
© 2015, A. Vicari
e L. Monicchi, Tutelandia,
Trento, Erickson
181

zione attiva del bambino, a cui viene richiesto di disegnare,

tutelandia
raccontare una storia, rispondere a domande importanti, e permette di
costruire un «diario di bordo» personalizzato. Si può proporre tutto il per-
corso dall’inizio alla fine o attingere alle schede a seconda del proprio ruo-
Schede e percorsi per l’intervento
lo professionale, della fase d’intervento, del proprio modello operativo di psicologico con minori vittime di abuso
riferimento o delle esigenze del caso specifico di cui ci si sta occupando.
Tutelandia si rivelerà uno strumento prezioso di uso quotidiano, a tutela e di maltrattamento
dell’efficacia professionale degli operatori e del benessere di bambini e
famiglie, rivolto a psicologi, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali,
educatori, insegnanti, agenti di polizia giudiziaria, ma anche a genitori
affidatari e adottivi.

€ 23,00
AREA 1
la rivelazione e
l’accompagnamento giudiziario
AREA 1 – Indicazioni per l’operatore

Qui di seguito vengono presentate le istruzioni per l’operatore relative alle schede dell’Area 1.
Ogni scheda riporta, in alto a destra, la segnalazione delle figure professionali a cui è prevalentemente
rivolta. Si consiglia di leggere con attenzione le indicazioni specifiche di ogni scheda prima di utilizzarla
assieme al bambino o ragazzo.

1.1 Le presentazioni Per tutti

Il primo passo per costruire una relazione con il bambino è quello di dare informazioni chiare sul conte-
sto, sul proprio ruolo e sul lavoro che si dovrà svolgere insieme. In questo caso l’operatore non si limita a
presentare se stesso, ma introduce anche il suo alter ego, il personaggio di fantasia che accompagnerà il
bambino in tutto il percorso. La scelta di inserire tale personaggio è legata alla possibilità di muoversi nel
registro della fantasia, aiutando il piccolo paziente a stabilire una relazione con esso come oggetto transi-
zionale, che crea un ponte tra lui e il terapeuta. Il primo step sono le presentazioni. Il bambino è invitato a
rappresentarsi tramite un personaggio di fantasia che sarà il suo avatar nel percorso. Qualora il bambino
fosse così inibito da non riuscire a rappresentarsi graficamente, potrà scegliere, personalizzare, colorare
e dare un nome al personaggio che preferisce tra quattro proposti. In seguito il personaggio dovrà essere
ritagliato, inserito in una bustina di plastica e messo nella copertina interna del quaderno ad anelli che
accompagnerà i diversi incontri. Sarà questa la prima occasione per il bambino di sentirsi protagonista del
proprio percorso terapeutico e non semplice oggetto passivo degli interventi in sua tutela. Lo psicologo,
invece, avrà l’occasione di approfondire la ragione della sua scelta e raccogliere utili informazioni cliniche.

1.2 Il mondo di Tutelandia Per tutti

La scheda sonda la modalità in cui il bambino si rapporta alle difficoltà e la sua propensione a chiedere
un aiuto o meno. Attraverso la narrazione di casi reali, il canguro Brownie mostra al piccolo paziente
di conoscere le strategie di risoluzione dei problemi normalmente utilizzate dai bambini maltrattati. In
questo modo, il bambino può riconoscere che l’interlocutore è un esperto in grado di comprendere i suoi
vissuti; questo facilita la creazione di un rapporto di fiducia.

1.3 Lo scettro e il regno Per tutti

Il rapporto con il bambino maltrattato deve muovere dalla premessa che egli è il protagonista della propria
storia. Questo permette allo stesso di sentirsi attore agente nella relazione con lo specialista e di contra-
stare il sentimento d’impotenza che spesso invece sperimenta. Porre il bambino al centro del processo
significa dargli la possibilità di co-costruire il progetto in sua tutela, partecipando con competenza alle
svolte chiave dello stesso o, nel caso più ostico, venendo adeguatamente informato circa le decisioni
assunte e le ragioni che le hanno motivate. La premessa è, quindi, che il bambino sia l’unico esperto in
materia del proprio benessere; se non è lui ad accordare una reale disponibilità al cambiamento, o non è
pronto a mettere in discussione le proprie figure genitoriali e il rapporto con loro, ogni intervento attuato
per proteggerlo incontrerà resistenza e si rivelerà fallimentare.

1.4 I tuoi diritti Per tutti

È importante che il bambino sia a conoscenza dei suoi diritti e del fatto che la legge punisce gli adulti
che non li rispettano. La scheda introduce il concetto di universalità dei diritti e presenta al bambino i

36  Tutelandia
AREA 1 – Indicazioni per l’operatore

suoi, spiegati in modo semplice e comprensibile. L’operatore ha l’opportunità di discuterne con lui per
verificare che ne abbia compreso il significato e conoscere le sue opinioni a riguardo. È, infatti, possibile
che il bambino, sulla base della propria esperienza di vita o nell’intento di proteggere il genitore, ritenga
giusto o normale subire condotte maltrattanti. In questo caso è necessario non contrastare il pensiero del
bambino, ma semplicemente proporgli di proseguire nella storia per vedere cosa ne pensa a riguardo il
canguro Brownie.

1.5 E ora a te la parola! Per tutti

L’operatore offre al bambino una prima possibilità di parlare spontaneamente delle proprie eventuali
difficoltà e lo fa con una domanda aperta per evitare il rischio di risposte indotte. La scheda può essere
utilizzata in diversi ambiti (scuola, contesti educativi, ecc.) come primo generico screening su situazioni
di potenziale pregiudizio, oppure dagli operatori già incaricati di raccogliere le rivelazioni del minore
in ambito penale o civile. In base alla risposta del bambino e alla figura professionale, il percorso si
differenzierà:
1. Se il bambino racconta una storia che palesa una condizione di pregiudizio, dopo aver empatizzato
con la sua sofferenza e aver dato valore alla sua capacità di confidarsi, insegnanti e educatori potranno
avvalersi della scheda 1.16 Le macerie nel cuore, che consente una prima raccolta di informazioni;
mentre psicologi, neuropsichiatri, assistenti sociali e operatori della giustizia potranno proseguire
direttamente con la scheda 2.1 Il patto.
2. Se invece il bambino nega di avere i problemi per i quali ci è stato inviato, sarà necessario procedere
con un lavoro clinico finalizzato a costruire con lui un’alleanza. In questo caso può essere opportuno
dare spazio ad altre attività scelte dal bambino (come ad esempio il gioco spontaneo) e proporre, nel
contempo, schede più specifiche per affrontare e rimuovere i blocchi, come ad esempio: 1.9 Le tue
buone ragioni e 1.16 Le macerie nel cuore. Riteniamo, in ogni caso, importante mantenere un dialogo
sui temi introdotti dalle prime schede e assumere un atteggiamento rispettoso e non giudicante, nel
quale i punti di vista del bambino, o i suoi silenzi, possano essere accolti e approfonditi. La nostra
esperienza suggerisce che il bambino sentirà di potersi fidare di noi quando capirà che siamo lì per
aiutare sia lui che i genitori a uscire dalla situazione di difficoltà e sofferenza che stanno vivendo. Con
il passare delle sedute, sarà poi nostro compito aiutare il bambino a comprendere la differenza tra il
giudicare un genitore e il giudicarne il comportamento, cosa assolutamente necessaria per poter ri-
attribuire a ciascuno le rispettive responsabilità (non è il bambino a essere colpevole, né lui a doversi
occupare dei genitori, ma viceversa!).

1.6 Cos’è il maltrattamento? Per tutti

La scheda ha una valenza psico-educativa e illustra al bambino i diversi comportamenti o situazioni de-
finiti dalla comunità scientifica come maltrattamenti, abusi o esperienze sfavorevoli infantili (Felitti et
al., 2001; Montecchi, 2005). Questo permette al bambino di connotare eventuali esperienze da lui subite
in termini più consapevoli e/o critici e di predisporlo all’ascolto e/o alla richiesta di aiuto.

1.7 Qualcuno ha pensato a te… Per psicologi, poliziotti, assistenti sociali

In questa scheda si cerca di aiutare il bambino a parlare dei suoi problemi, informandolo del fatto che
un adulto ha notato la sua difficoltà e l’ha segnalata. In questo modo il bambino viene alleggerito dalla

La rivelazione e l’accompagnamento giudiziario   37


AREA 1 – Indicazioni per l’operatore

fatica e dalla responsabilità della prima rivelazione e si sente rinfrancato dall’atteggiamento protettivo
dell’operatore. Se il bambino racconta le proprie esperienze pregiudizievoli si può passare alla scheda
2.1 Il patto; in caso contrario, l’operatore potrà fruire:
1. Della scheda 1.8 Vuoi provare a raccontarlo anche a me?, in cui il canguro condivide con il bambino
ciò che sa della sua storia, se si è a conoscenza del fatto che il bambino si è già confidato con un adulto
che ha poi segnalato la situazione alle autorità competenti. In questo caso sappiamo che il bambino ha
già avuto la forza per parlarne con qualcuno e possiamo far riferimento a questo primo disvelamento.
2. Della scheda 1.9 Le tue buone ragioni, qualora la segnalazione provenga da terzi, in assenza di una
rivelazione del bambino (ad esempio può essere il caso di una segnalazione della scuola per lividi da
maltrattamento scoperti da un insegnante).

1.8 Vuoi provare a raccontarlo anche a me? Per psicologi, poliziotti, assistenti sociali

Basandosi sulla premessa della trasparenza, l’operatore condivide con il bambino le informazioni relative
al potenziale pregiudizio rilevato a suo danno, ma lo farà senza scendere nei dettagli. In questo modo egli
potrà aiutare il bambino a tradurre in parole un’esperienza potenzialmente fonte di vergogna, colpa e dolore.
Occorre distinguere tra una segnalazione che nasce da una rivelazione spontanea del bambino e quella che
invece deriva da un’iniziativa presa da un adulto protettivo all’insaputa del bambino vittima (ad esempio
rilevazione di segni fisici da parte di maestre, vicini di casa, ecc.): la comunicazione dell’operatore dovrà
essere differente.
Nel caso in cui il bambino abbia già parlato con qualcuno, si leggerà con lui la spiegazione relativa al
comportamento subito (maltrattamento, abuso sessuale, ecc.). Nel secondo caso, invece, sarà necessario
procedere con la scheda 1.9 Le tue buone ragioni, per evitare di indurre rivelazioni non autentiche.

1.9 Le tue buone ragioni Per psicologi, poliziotti, assistenti sociali

La scheda consente all’operatore di esplicitare al bambino le ragioni del loro incontro e disambiguare così
il rapporto che si verrà a creare tra di loro. Il parlare con franchezza delle difficoltà che potrebbe trovarsi
a vivere aiuta il bambino a comprendere che il setting non è ludico e che l’interlocutore ha un compito
preciso da svolgere: capire se si trovi realmente in difficoltà e, nel caso, cercare di aiutarlo. Soprattutto
nelle situazioni in cui il pregiudizio viene rilevato e segnalato da altri, senza che il bimbo lo abbia con-
fidato, è necessario procedere con estrema cautela per evitare di contaminare con informazioni, indotte
o presupposte, l’eventuale rivelazione.
Sarebbe auspicabile che l’adulto segnalante comunicasse sempre al bambino l’iniziativa assunta in sua
tutela, per evitare il destabilizzante effetto sorpresa, che potrebbe tradursi anche in un vissuto di tradi-
mento. Questo, ovviamente, non vale per i casi di abuso sessuale e grave maltrattamento, che richiedono
segretezza per consentire lo svolgimento delle indagini penali.

1.10 Le mie paure Per tutti

La scheda aiuta l’operatore ad affrontare insieme al bambino le sue paure, anche quelle di cui è meno
consapevole. Essa può essere utilizzata in diverse occasioni, sia all’inizio della conoscenza con il bam-
bino, sia in occasione di diverse tipologie di riattivatori traumatici (ad esempio audizione protetta, primo
incontro con la famiglia in Spazio Neutro, comportamenti problematici messi in atto dal bambino nella
quotidianità, come: «Ho picchiato un bambino perché mi ha detto che non ho la famiglia», ecc.).

38  Tutelandia
AREA 1 – Indicazioni per l’operatore

Questa scheda, quindi, può essere utilizzata in qualunque momento di impasse o in cui sia necessario
approfondire le paure sottostanti del minore rispetto a una determinata fase del progetto.
Per il bambino è difficile rispondere a una domanda teorica e astratta («Quali sono le tue paure?»), mentre
è più facile farlo quando si trova di fronte a un evento specifico, ancor di più nel caso di un passaggio
rilevante nel progetto in sua tutela. La scheda consiste in una rappresentazione del volto del minore con
accanto diversi fumetti nei quali potrà scrivere le paure rispetto all’evento che dovrà affrontare.
L’operatore cercherà inizialmente di sollecitare il minore a esprimersi autonomamente; se non dovesse
riuscirci, potrà aiutarlo chiedendogli di compilare la checklist presente nella scheda.
1. Se il bambino ha scritto almeno una paura, riferirsi alle indicazioni riportate nella scheda.
2. Se il bambino ha scritto solo emozioni positive e irrealistiche, rimandarlo alla scheda 4.21 Gli occhiali
a cuoricino.
3. Se il bambino non ha scritto niente, indagare se si tratti di un blocco o di un atteggiamento oppositivo.
Nel primo caso, conviene utilizzare le schede psico-educative sul trauma dell’Area 3; nel secondo
caso, occorre lavorare sulla rottura dell’alleanza per ripristinarla.
In base alle risposte date dal bambino alla prima checklist, leggergli queste spiegazioni e approfondire,
eventualmente, con le schede suggerite nel testo.

Paure espresse dal bambino Soluzioni/Spiegazioni


G Che il Giudice non mi crederà/ Che non riuscirò I Giudici sono saggi e hanno ascoltato tantissimi bambini
a parlare/ Che mi diranno che sono bugiardo/ Che il come te a cui sono successe delle brutte cose, quindi
Giudice sia razzista e non mi creda/ Che mi dicano sanno come ti senti e quanto è difficile parlarne. Hanno
che è colpa mia e mi sono meritato quel che mi è incontrato bambini che si sentivano cattivi, sporchi o che
accaduto, ecc. temevano di essere accusati di essere bugiardi, ma loro
non si sono fatti imbrogliare da queste paure e li hanno
ascoltati con attenzione. Tu dì semplicemente quello che
ricordi e il Giudice capirà. Ricordati che il Giudice non è
come la maestra che ti deve dare un voto! Lui è lì solo per
capire se ti è successo qualcosa di brutto e per fare tutto
il possibile per poterti aiutare. (Eventualmente si possono
rileggere le schede iniziali in cui si spiega il contesto della
tutela e le figure che vi operano).
A Che la mamma non mi voglia più bene. Approfondi- Questa è una paura che molti bambini hanno, ma volerti
re con il bambino il significato di questa affermazione; bene significa starti vicino soprattutto nei momenti difficili,
ad esempio: quando tu hai più bisogno e più paura. Qualche volta le
1. che mi abbandoni; mamme fanno fatica ad ascoltare delle cose così brutte e
2. che mi ritenga un bugiardo; possono inizialmente accusare il figlio di essere cattivo,
bugiardo o di essersi meritato quel che gli è successo. In
3. che mi ritenga cattivo perché dico cose brutte sul
realtà, molto spesso le mamme fanno così perché vogliono
papà;
bene al loro bambino e stanno male al pensiero che possano
4. che mi ritenga sporco perché ho fatto le coccole dei essere successe delle cose così brutte proprio a lui. Io sono
grandi; qui apposta per aiutare la tua mamma a capire, accettare
5. che è colpa mia che ho rovinato la famiglia. e superare questo momento difficile insieme a te.
P Che papà vada in prigione. La prigione è una punizione che il Giudice potrebbe dare al
papà se si accorgesse che ti ha fatto davvero tanto male.
Come ti ho già spiegato, i grandi sanno quello che possono
e non possono fare, e se lo fanno lo stesso sanno anche che
potrebbero ricevere una punizione (rimandare alla scheda
1.4 I tuoi diritti).

La rivelazione e l’accompagnamento giudiziario   39


AREA 1 – Indicazioni per l’operatore

A Che la mamma sarà triste/sola o dovrà affrontare Capisco che questo pensiero possa farti tanto soffrire, ma
altre difficoltà a causa delle rivelazioni del bambino. voglio spiegarti una cosa: la mamma è grande e non sei tu
Tutte queste paure sottendono generalmente due senti- a doverti occupare di lei, ma lei di te (utilizzare la scheda
menti del bambino: colpa e iper-responsabilizzazione; le 2.9 Il mondo dell’incontrario).
risposte dovranno quindi affrontarli entrambi, eventual- A volte alcune mamme hanno bisogno di un aiuto, ma
mente avvalendosi anche di altre schede. È comunque devono ricercarlo nei grandi. Se la mamma avrà bisogno,
importante approfondire bene queste paure per capire potrà chiedere aiuto ai suoi amici, parenti e anche a me
cosa teme esattamente il bambino. Ad esempio, se il e ai miei colleghi (utilizzare scheda 2.11 La coperta della
bambino risponde che teme che la mamma resti sola, nonna Lilli e 2.8 Ti danno uno stipendio?).
potrebbe voler esprimere che: Comunque, prova a spiegarmi bene cosa temi possa acca-
1. la mamma, non avendo un lavoro, senza il papà non derle se tu parli.
possa mangiare;
2. la mamma soffra di solitudine (il caso dei bambini
che percepiscono la fragilità emotiva della madre e
la dipendenza dal partner);
3. la mamma beva o si droghi;
4. la mamma si suicidi/muoia;
5. nel caso di mamme straniere, perda il lavoro, perda
i documenti, abbia problemi con la giustizia, venga
rimpatriata, ecc.
O Che mi manderanno in orfanotrofio. Gli orfanotrofi non esistono più! Se il Giudice dovesse pen-
sare che a casa non sei al sicuro, potrebbe eventualmente
chiederci di trovare per te una casa protetta dove vivresti
per un periodo insieme ad altri bambini e degli adulti in
grado di occuparsi di te. (Eventualmente utilizzare anche
la scheda 1.11 Ma chi ci crede? ).
V Che papà faccia del male alla mamma. Stai tranquillo, mamma non sarà da sola; noi siamo qui,
sia per aiutare te, sia per aiutare la tua mamma. Se lei lo
vorrà potrebbe anche venire a vivere con te, per un po’, in
un luogo sicuro.
M Che mi picchino. Noi siamo qui per proteggerti e nessuno potrà farti del
male; se temi possa accadere, il Giudice potrà dirci di
portarti in un luogo sicuro per un po’ di tempo, fino a
che potremo parlare con i tuoi genitori, far loro capire la
situazione e assicurarci che non ti accada nulla di male.
T Di perdere i miei amici e le maestre perché verrò Anche se dovessi andare a vivere per un periodo lontano
trasferito. da casa, potrai scrivere delle lettere ai tuoi amici e alla tua
maestra e magari loro potranno venire a trovarti.

Di Che sono diverso dagli altri: approfondire se il Questa paura è molto importante, ma ho bisogno di capirla
bambino si riferisce a una diversità in termini sociali bene: Cosa intendi esattamente? Che sei diverso dagli altri
(ho una storia diversa, sono in comunità, non ho una perché nella tua famiglia sono successe delle cose brutte?
famiglia, sono strano, problematico, ecc.) o se, invece, Perché sei andato in comunità? Perché vieni qui da me a
si riferisce a una diversità in termini fisici o d’identità parlare? (ecc.) Oppure perché pensi che quel che ti è suc-
profonda (sono stato danneggiato, il mio corpo non cesso ti abbia rovinato in qualche modo il corpo o il cuore
sarà più come prima, ecc.). In base a questo far riferi- e non ti senti più come gli altri bambini?
mento alle spiegazioni sottostanti.

S Che gli altri bambini non vorranno più stare con Confermare al bambino che effettivamente è diverso dagli
me. altri: i bambini a cui sono successe queste cose brutte
possono essere solo o migliori o peggiori, ma non uguali
agli altri. Ci sono bambini che, avendo subito il male, hanno

40  Tutelandia
AREA 1 – Indicazioni per l’operatore

deciso di vendicarsi e di farlo anche agli altri e quindi sono


diventati peggiori. Ma quelli che, invece, hanno deciso di
affrontare tutto il male che hanno, subito sono diventati
più forti, più sensibili e più ricchi dentro, trasformando
questo male in qualcosa di positivo per la loro vita. (Ri-
correre alle schede 3.19 Come nasce una perla; 3.20 La
storia di Pompei).
Da Che il mio corpo è stato rovinato e non sarà più Nel caso in cui il bambino sia stato abusato, è importante
come prima. In questo caso occorre riferirsi alla speci- anzitutto approfondire le paure del bambino e capire
fica esperienza traumatica subita dal bambino (Abuso cosa teme sia stato rovinato o modificato a seguito della
sessuale? Maltrattamento fisico?) e aiutare il bambino violenza. Ad esempio, è possibile che i bambini ritengano
ad affrontarli con le schede più appropriate al tema. che i loro organi genitali siano più grossi o più aperti di
quelli degli altri, che non capiscano più a cosa servano i
diversi orifizi (ano/feci; vagina/urina…), che temano siano
stati danneggiati e non possano più avere figli o rapporti
sessuali, sposarsi, che possano cambiare sesso (i bimbi
abusati possono sentirsi femmine, ecc.). Ciascuno di questi
timori necessita di uno specifico lavoro terapeutico che
può essere supportato da alcune schede proposte nel testo.
Brownie: «Quello che mi dici è molto importante e capisco
che questa paura possa farti stare tanto male; puoi spiegar-
mi meglio che cosa temi? Cosa pensi che sia successo al tuo
corpo e che lo renda diverso da quello degli altri bambini?».
Se invece il bambino lamenta una modificazione fisica pro-
dotta da maltrattamenti (cicatrici, bruciature di sigaretta,
tagli, ecc.), può essere utile la scheda 3.18 La cicatrice,
che spiega al bambino che ogni segno lasciato sulla pelle
è il simbolo della battaglia che ha compiuto il suo corpo
per proteggersi.
Brownie: «Quello che mi dici è molto importante e capisco
che questa paura possa farti stare tanto male. Lascia che ti
spieghi cosa accade al nostro corpo quando veniamo feriti».
Legenda:
G = Giustizia M = Maltrattamento
A = Attaccamento S = Solitudine
P = Prigione Di = Diversità
O = Orfanotrofio Da = Danneggiamento
V = Violenza
T = Trasferimento

Nel caso di bambini piccoli, che fanno più fatica a seguire le spiegazioni teoriche, è possibile invece
ricorrere a soluzioni magiche per le loro paure, soprattutto per aiutarli ad affrontare eventi specifici, come
ad esempio l’audizione protetta, o per contrastare alcuni sintomi (incubi, scoppi aggressivi, tendenza a
mangiare in modo compensatorio, distrazione, ecc.). Per questo si rimanda alle schede specifiche (ad
esempio 4.26 Costruisci i tuoi aiutanti magici).
Ad esempio, se il bimbo dovesse esprimere il timore di non riuscire a parlare durante l’audizione, si
potranno consegnare delle vere caramelle e dire: «Se vuoi, puoi portare con te queste caramelle magiche
che aiutano i bambini a parlare in modo chiaro e forte. Quando sentirai che la voce viene meno, mangiane
una e la voce tornerà».

La rivelazione e l’accompagnamento giudiziario   41


area 1 – schede operative

1.1 le presentazioni

Ciao! Io sono Brownie e sono nato nel mondo di Tutelandia, dove tutti si aiutano e si
vogliono bene. Le mie passioni sono le ciambelle e lo zucchero filato, mi diverto a fare
bolle di sapone giganti che faccio volare in alto e amo molto viaggiare.
Tu invece chi sei? Fai il tuo autoritratto!

A desso che ti sei disegnato, parlami un po’ di te:


Quando sei nato? E dove? Hai dei fratelli?
Che scuola frequenti? Le maestre sono simpatiche? E i compagni? Qual è la tua materia
preferita?
Quali sono i tuoi interessi? Che giochi ti piace fare? Fai qualche sport? Ti piacciono gli
animali?

Se non riesci o non hai voglia di disegnare, perché non scegli tra questi personaggi
quello che ti assomiglia di più? Coloralo, ritaglialo, dagli un nome e poi seguimi in questa
avventura!

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson 47


area 1 – schede operative

1.2 il mondo di Tutelandia

Devi sapere che nel mondo di Tutelandia tutti


i cuccioli sono protetti e rispettati dai più grandi
e questo li aiuta a crescere felici e sereni. Saltellando,
saltellando, ho visitato molti mondi e quando sono
arrivato sulla Terra ho avuto una brutta sorpresa: ho
scoperto che qui non tutti i bambini vengono protetti
e ad alcuni capitano cose molto brutte!
Ho quindi deciso di fermarmi per aiutarli a capire che
hanno il diritto a essere felici. Ma c’è una cosa che
mi ha colpito ancora di più… ero convinto che tutti
i bambini desiderassero essere aiutati nel momento
del bisogno, ma non è così!
Ho conosciuto bambini che rifiutavano ostinatamente l’aiuto dei grandi e non c’è stato
nulla da fare! Ho dovuto prendere la mia coda e saltellare via con la tristezza nel cuore.
Alcuni pensavano di potersela cavare da soli, altri si chiedevano perché avrebbero dovuto
fidarsi di un estraneo, altri, addirittura, erano convinti che per loro nulla sarebbe mai
realmente cambiato e che non ci sarebbero state speranze.
• Tu di solito cosa fai quando sei in difficoltà?
• Ricordati di una volta in cui ti sei sentito in difficoltà. Cosa hai fatto?
• Raccontalo o disegnalo qui sotto.

Ah, ora capisco meglio, questo mi conferma che ogni bambino ha un modo diverso per
uscire dai propri guai! Vai alla pagina seguente e ascolta quello che ho da dirti!

48 © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


area 1 – schede operative

1.3 lo scettro e il regno

Sai, c’è una cosa che accomuna tutti i bambini: solo loro hanno il potere di
decidere se essere felici o no. Ogni bambino è come il Re del proprio Regno;
tuttavia i Regni che funzionano sono solo quelli dove il Re non solo ha lo scettro del
potere, ma ha anche l’aiuto dei suoi consiglieri. Invece, in quelli dove i Re vogliono fare
tutto da soli, tutto va in rovina!

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson 49


area 1 – schede operative

(continua) 1.3 lo scettro e il regno

Osserva bene i due riquadri qui sotto: cosa vedi di diverso? Provo a spiegarti un po’
meglio: come vedi sono sempre due castelli e in entrambi è il Re-bambino che comanda!
Ma in uno il Re-bambino è aiutato da tante persone a prendersi cura del suo castello,
mentre nell’altro c’è solo il Re-bambino che comanda tutto, senza chiedere l’aiuto di
nessuno. Ecco perché il primo castello è così bello, mentre il secondo è un po’ trascurato
e rovinato. Ciò che conta, infatti, non è avere lo scettro del potere, perché quello da solo
non basta! Per far crescere florido un regno serve anche l’aiuto degli altri!
Ecco perché anche tu sei qui con me e anche io non sono da solo per aiutarti, ma sono
assieme a una squadra che poi ti presenterò!

50 © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


area 1 – schede operative

1.4 i tuoi diritti

Parlando con dei gufi molto saggi ho scoperto che


anche qui, sulla terra, i bambini dovrebbero essere
sempre protetti e rispettati, maschi e femmine, di tutti i colori
e di tutte le età. Ho anche trovato un libro molto alto, pieno
di pagine, dove sono stati scritti i diritti dei bambini. Tu sai
cosa sono i diritti? Sono delle regole molto importanti, scritte
da persone molto sagge, che dicono ai grandi cosa devono
fare per rendere felici i bambini e permettere loro di crescere
sani e sereni. Chi non rispetta questi diritti è punito! E ti dirò
di più: i grandi queste cose le sanno molto bene e sono a conoscenza di quello che
possono e non possono fare!
Leggiamoli insieme, poi prova a dare un ordine di importanza e spiegami il perché.

i Tuoi diriTTi

• I genitori devono fare quello che è meglio per far star bene il loro bambino.
• Tu hai il diritto di vivere.
• Hai il diritto di avere un nome, una nazionalità, di conoscere i tuoi genitori e di venire
accudito da loro.
• Nessuno dovrebbe separarti dai tuoi genitori, a meno che non sia per il tuo bene.
Se i tuoi genitori decidono di vivere separati, dovrai vivere con uno solo di essi, ma hai il
diritto di vedere e di trascorrere del tempo anche con l’altro.
• Se tu e i tuoi genitori vivete in due luoghi del mondo diversi, avete il diritto di riunirvi e
vivere nello stesso posto.
• Nessuno ha il diritto di rapirti e se vieni rapito il governo dovrebbe fare di tutto per liberarti.
• Hai il diritto di imparare e di esprimerti per mezzo delle parole, della scrittura, dell’arte e
così via, a meno che queste attività non danneggino i diritti degli altri.
• Hai il diritto di pensare quello che vuoi e di appartenere alla religione che preferisci. I tuoi
genitori hanno il diritto di insegnarti quello che, secondo loro, è giusto e sbagliato.
• Hai il diritto di incontrare altre persone, fare amicizia con loro e unirti a loro per fare delle
cose insieme, a meno che ciò non danneggi i diritti degli altri.
• Hai il diritto alla privacy; ad esempio, puoi tenere un diario che gli altri non hanno il diritto
di leggere.
• Hai il diritto di informarti su quello che accade nel mondo attraverso radio, giornali, televisioni,
libri, ecc. I grandi dovrebbero assicurarsi che tu riceva delle informazioni che puoi capire.
• I tuoi genitori dovrebbero collaborare tra loro per farti crescere al meglio.
• Nessuno dovrebbe farti del male in alcun modo. I grandi dovrebbero assicurarsi che tu sia
protetto da abusi, violenze o gravi mancanze. Nemmeno i tuoi genitori hanno il diritto di
farti del male, per nessuna ragione.

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson 51


AREA 1 – Schede operative

(continua) 1.4 I tuoi diritti

• Se non hai i genitori, o se vivere con i tuoi genitori è pericoloso per te, hai il diritto di essere
protetto e aiutato in modo speciale.
• Se vieni adottato da un’altra famiglia, i grandi devono assicurarsi che tutto venga fatto per
il tuo bene.
• Se sei un rifugiato (cioè se devi lasciare la tua nazione perché viverci sarebbe pericoloso
per te), hai il diritto di essere protetto e aiutato in modo speciale.
• Se sei un bambino con problemi nel tuo corpo o nella tua mente molto importanti, hai
diritto a cure speciali e a un’istruzione speciale, che ti permettano di crescere come tutti
gli altri bambini.
• Hai il diritto di stare in buona salute. Ciò significa che dovresti ricevere cure mediche e
farmaci quando sei malato. I grandi devono fare di tutto per evitare che i bambini si ammalino,
prendendosi cura di essi.
• Hai il diritto di vivere nel modo migliore possibile. Ciò significa che i tuoi genitori hanno
l’obbligo di darti cibo, vestiti, una casa, ecc. Se i tuoi genitori non possono permettersi queste
cose, il Governo dovrebbe aiutarli.
• Hai il diritto di andare a scuola, almeno fino a 16 anni.
• Quello che impari a scuola ti serve per permetterti di diventare un bambino con tante
qualità. Lo studio dovrebbe anche prepararti a vivere in maniera responsabile e pacifica, in
un mondo libero, nel rispetto dei diritti degli altri e della natura.
• Anche i bambini che hanno abitudini e tradizioni diverse da quelle in cui vivono hanno il
diritto di mantenerle.
• Hai il diritto di giocare.
• Se sei già abbastanza grande per lavorare, hai il diritto di essere pagato e protetto da situazioni
che possano danneggiare la tua salute o impedire la tua istruzione. Se il tuo lavoro produce
un guadagno dovresti essere pagato in modo adeguato.
• Hai il diritto a non essere coinvolto nelle brutte situazioni che riguardano le droghe, ciò
significa che ti fa male prenderle, che non puoi venderle, né vedere altri che le usano.
• Hai il diritto di essere protetto dagli abusi sessuali. Ciò significa che nessuno può fare nulla
di brutto al tuo corpo contro la tua volontà; ad esempio, nessuno può toccarti nelle parti
intime, scattarti foto nudo o farti fare altre cose di sesso che non vuoi fare.
• Nessuno può rapirti o venderti.
• Anche se fai qualcosa di sbagliato, a nessuno è permesso di punirti in una maniera che ti
umili o ti ferisca gravemente. Non dovresti mai essere rinchiuso in prigione, se non come
rimedio estremo; e se vieni messo in prigione hai diritto ad attenzioni speciali e a visite
regolari della tua famiglia.
• Hai il diritto di difenderti se sei stato accusato di aver commesso una cosa sbagliata.
La polizia, gli avvocati e i giudici nel processo dovrebbero trattarti con rispetto e assicurarsi
che tu capisca quello che sta succedendo.

52  © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


area 1 – schede operative

1.5 e ora a te la parola!

A vevi mai sentito parlare dei diritti dei


bambini? Credi che i tuoi diritti siano sempre
stati rispettati? Scrivi o disegna qui sotto una volta in
cui credi che qualcuno non abbia avuto rispetto di te
e dei tuoi diritti.

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson 53


area 1 – schede operative

1.6 Cos’è il maltrattamento?

Bene, ora che hai capito cosa sono


i diritti dei bambini, proviamo a
capire meglio quali sono i comportamenti
che non rispettano questi diritti. Qui di
seguito ti farò un elenco di quelle situazioni
che un famoso dottore americano, che si
chiama Vincent Felitti, ha chiamato
«esperienze sfavorevoli infantili».

Proviamo a leggerle insieme; ovviamente,


se qualcosa di quel che ti dirò non ti è
chiaro, fammi tutte le domande che vuoi
e io cercherò di risponderti.

Maltrattamento fisico Quando un genitore o un altro adulto che si prende cura di te ti


picchia o permette a qualcun altro di picchiarti.
Maltrattamento psicologico Quando un bambino viene così tanto preso in giro, sgridato e
umiliato da chi gli è vicino che si convince di non valere nulla.
incuria fisica Quando un bambino non riceve le cure fisiche (cibo, igiene, cure
mediche necessarie, abbigliamento adatto alla stagione, ecc.) di
cui avrebbe bisogno per crescere sano.
incuria psicologica Quando un bambino non riceve mai attenzioni o aiuto per af-
frontare i momenti difficili e le sfide di ogni giorno.
discuria • Quando un genitore si aspetta da suo figlio che sappia fare
delle cose che i bambini della sua età di solito non sanno fare
(ad esempio: che scriva a 4 anni, che non usi più il pannolino
già a un anno).
• Oppure, al contrario, quando un genitore tratta suo figlio come
un bambino più piccolo della sua età (ad esempio: gli dà il
biberon o le pappe frullate a 8 anni, ecc.).
• O quando un genitore è sempre preoccupato o agitato per suo
figlio e queste sue preoccupazioni gli impediscono di fare delle
cose belle che gli altri suoi amici possono fare (ad esempio:
uscire insieme, giocare, fare esperienze, ecc.).
ipercura Quando un genitore crede o teme che il suo bambino sia sempre
malato (anche se sta bene) e lo fa visitare da tanti dottori o gli dà
cure inutili o che possono farlo ammalare davvero (ad esempio:
fare un’operazione che non serve, dare medicine nocive, ecc.).

54 © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


AREA 1 – Schede operative

(continua) 1.6 Cos’è il maltrattamento?

Abuso sessuale Quando qualcuno disturba un bambino facendo o richiedendo


comportamenti sessuali non adatti alla sua età, oppure lo obbliga
a guardare persone che fanno sesso (nella realtà o in televisione),
oppure gli fa delle fotografie o dei film quando è nudo, minac-
ciandolo o facendogli credere che sia una cosa bella.
Violenza assistita Quando i grandi litigano spesso e in modo molto brutto, arrivando
a spingersi, dirsi le parolacce o picchiarsi davanti ai loro bambini.
Triangolazione Quando un bambino, davanti ai genitori che litigano, prende
le parti di uno (che crede essere buono, debole o bisognoso di
protezione) contro l’altro (che vede come una persona cattiva).
Altre esperienze sfavorevoli • Avere un genitore che beve alcolici o fa uso di droghe.
• Avere un genitore che soffre di malattie della mente.
• Avere un genitore che ha gravi malattie fisiche che gli impe-
discono una vita normale.
• Perdere d’improvviso tanti soldi e ritrovarsi in condizioni di
vita molto più difficili di prima.
Aspettative di riscatto sociale • Avere genitori che vorrebbero vederti famoso e ti portano
sempre a fare provini anziché lasciarti giocare, studiare o stare
con i tuoi amici.
• Avere genitori che vorrebbero che tu diventassi un campione
in qualche sport e quindi ti richiedono continui allenamenti
che ti tolgono il tempo di giocare, studiare o divertirsi come
invece vorresti.

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson  55


area 1 – schede operative

1.7 Qualcuno ha pensato a te…

Voglio essere sincero con te… Devi sapere


che se sono qui è perché qualcuno si è
preoccupato per te e ha pensato che possa esserti
successo qualcosa che ti ha fatto dispiacere. Tu sei
contento che qualcuno si sia preoccupato per te?
Credi che abbia avuto delle ragioni per preoccuparsi?

Prova a rispondere molto liberamente e solo se vuoi.


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56 © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


area 1 – schede operative

1.8 vuoi provare a raccontarlo anche a me?

Come ti ho detto, ho conosciuto


molti bambini che, pur trovandosi
in difficoltà, facevano tanta fatica a parlare
di quello che era capitato loro e ciascuno
di loro aveva sicuramente delle ottime
ragioni per non parlare; però voglio essere
sincero con te: i saggi gufi, quando mi
hanno chiesto di venire a incontrarti, mi
hanno detto che….

S cegli l’esperienza che corrisponde


a quanto hai raccontato e leggi con
attenzione i consigli di Brownie.

1 Maltrattamento. Hai raccontato a una


persona di tua fiducia che qualcuno ti ha fatto del male;
non devi pensare di essere l’unico a cui succedono queste cose.

ho conosciuto tanti altri BamBini che hanno avuto Queste


stesse esPerienZe e so che PuÒ essere difficile Parlarne,
ma farlo è l’unica strada Per Poter camBiare le cose.
Puoi aiutarmi a caPire meglio cosa è successo? ti va di
raccontarlo anche a me?

2 Abuso sessuale. Ti è successa una cosa che ai bambini non dovrebbe succedere.
A tutti i bambini piace essere coccolati, ma ci sono alcuni tipi di coccole che possono
non piacere, perché sono strane, ci fanno vergognare o ci mettono a disagio, oppure
che ci piacciono ma che non sono adatte alla nostra età. È come se un bimbo appena
nato mangiasse una bella torta al cioccolato: a noi sembra buonissima, ma per lui, che
non può digerirla, sarebbe come mangiare veleno e lo farebbe stare male. Ogni cosa,
infatti, va fatta alla giusta età e solo se desideriamo davvero farla. Qualche volta, invece,
i grandi ci chiedono di fare delle cose che a noi non piacciono, non capiamo e ci creano
vergogna. Io so che tu hai raccontato a una persona di tua fiducia che qualcuno ha fatto
qualcosa con te che non avrebbe dovuto fare. Non devi pensare di essere l’unico a cui
succedono queste cose.

ho conosciuto tanti altri BamBini che hanno avuto Queste


stesse esPerienZe e so che PuÒ essere difficile Parlarne,
ma farlo è l’unica strada Per Poter camBiare le cose.
Puoi aiutarmi a caPire meglio cosa è successo? ti va di
raccontarlo anche a me?

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson 57


AREA 1 – Schede operative

(continua) 1.8 Vuoi provare a raccontarlo anche a me?

3 Trascuratezza. Hai raccontato a una persona di tua fiducia che (papà/mamma/genitori)


non ti hanno (aiutato, curato, accudito…) come invece avrebbero dovuto! Ti ricordi i
diritti dei bambini che abbiamo letto insieme? Dicevano che i bambini devono ricevere
cure quando stanno male, devono essere accuditi dai genitori, devono poter studiare,
ecc. Quello che hai raccontato, invece, mi ha fatto pensare che questo, forse, non sempre
avviene nella tua famiglia… Sai, può succedere che a volte i genitori, pur volendoci bene,
abbiano troppe cose a cui pensare e non riescano a prendersi cura di noi come invece
dovrebbero! Tante volte sono riuscito ad aiutare dei genitori a occuparsi meglio dei loro
bimbi, ma per farlo devo capire bene cosa non va.

Puoi aiutarmi a capire meglio cosa è successo? Ti va di


raccontarlo anche a me?

4 Grave conflittualità. Qualche volta vedi mamma e papà litigare e questo ti fa stare molto
male perché non sai come aiutarli. Sai che ho conosciuto tanti bambini che pensavano di
essere la causa dei litigi di mamma e papà? Non c’è inganno più grande! Tu non c’entri
nulla! Altri bambini invece credono che, comportandosi meglio, le cose possano risolversi;
altri addirittura pensano di poter essere loro ad aiutare i propri genitori. Voglio spiegarti
una cosa importante: a volte i grandi sono capaci di creare dei pasticci più grandi di loro
e fare pace può essere molto difficile. Sappi che non puoi essere tu ad aiutarli, o a farli
andare d’accordo, anche se lo vorresti tanto! I grandi possono essere aiutati solo da altri
grandi e io sono qua per questo, perché so che nessun bambino potrà mai essere felice
fino a che non vedrà sereni i suoi genitori.

Puoi aiutarmi a capire meglio cosa succede nella tua


famiglia? Ti va di raccontarlo anche a me?

58  © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


area 1 – schede operative

1.9 le tue buone ragioni

Ormai ci vediamo da un po’ e voglio farti capire che se sono qui è perché
qualcuno si è preoccupato per te, perché si è accorto, senza che nessuno gli
dicesse niente, che ti è successo qualcosa che non ti fa stare bene e che, se non riesci a
raccontarlo, hai sicuramente le tue buone ragioni. Per questo io sono qui, per aiutarti a
esprimere le tue buone ragioni!
Sai, mi è già accaduto tante altre volte di ascoltare bambini che non volevano raccontare
delle cose che erano successe loro per paura che potesse capitare qualcosa di ancora più
brutto. Ma dopo averli ascoltati e rassicurati rispetto a questi brutti pensieri si sono sentiti
molto meglio e sono riusciti anche a parlare di quello che più li ha spaventati.
Perché non mi segui e proviamo a capire insieme cosa ti preoccupa e ti rende così difficile
parlare?

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson 59


area 1 – schede operative

1.10 le mie paure

Ecco, vedi, qui c’è un bambino con intorno tanti fumetti vuoti: prova a riempirli,
scrivendo le tue paure, quello che ti preoccupa o ti spaventa rispetto a… (specificare
l’evento).

Vedo che hai scritto tante cose/che non ti è venuto in mente niente. Avendo conosciuto
tanti bambini prima di te posso dirti che molti erano preoccupati, facevano fatica a parlare;
capisco che sia difficile raccontare queste cose, per questo mi sono scritto alcune delle
paure che mi hanno riferito altri bambini nella tua situazione; prova a leggerle e dimmi se
le hai mai pensate anche tu! Se ti ritrovi in qualcuna di queste, metti una crocetta sotto il
«Sì», altrimenti metti la crocetta sotto il «No». Se ti viene in mente qualcos’altro, scrivilo
negli spazi bianchi in fondo. Forza, iniziamo!

60 © 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson


AREA 1 – Schede operative

(continua) 1.10 Le mie paure

Checklist delle paure SÌ NO


Che il Giudice (o poliziotto o operatore o adulto significativo) non mi crederà. G
Che la mamma (o altro adulto significativo) non mi voglia più bene. A
Che papà (o altro adulto maltrattante/abusante) vada in prigione. P
Che la mamma sarà triste. A
Che la mamma resterà sola. A
Che mi manderanno in orfanotrofio. O
Che non riuscirò a parlare (in caso di audizione o convocazione in tribunale). G
Che papà faccia del male alla mamma. V
Che mi picchino. M
Di perdere i miei amici e le maestre perché verrò trasferito. T
Che mi diranno che sono bugiardo. G
Che mi diranno che sono cattivo perché ho rovinato la famiglia. A
Che manderanno via dall’Italia la mia famiglia (per bimbi stranieri). A
Che i miei genitori perderanno il lavoro. A
Che la mamma muoia. A
Che il Giudice sia razzista e non mi creda (per bimbi stranieri). G
Che mi dicano che è colpa mia e mi sono meritato quel che mi è accaduto (abuso,
maltrattamento, incuria, o altro). G
Che la mamma non mi voglia più. A
Che gli altri bambini non vorranno più stare con me. S
Che sono diverso dagli altri. Di
Che il mio corpo è stato rovinato e non sarà più come prima. Da

Altro: _____________________________________________________________________________________________
____________________________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________________________

____________________________________________________________________________________________________

Benissimo! Vedi che con un po’ di aiuto sei riuscito anche tu a scoprire le tue paure? Tutti
noi abbiamo delle paure ed è molto importante fermarsi ad ascoltarle, perché ogni paura
è come un campanello d’allarme che vuole dirci qualcosa di importante su di noi, che
dobbiamo ascoltare molto bene. Ora proviamo a riguardarle una per una e cerchiamo
di capirle meglio.

© 2015, A. Vicari e L. Monicchi, Tutelandia, Trento, Erickson  61


136

Cabiati
Nel lavoro di tutti i giorni di un assistente sociale, può sembrare
che manchi il tempo per prepararsi adeguatamente a una vi-
sita domiciliare. Ma in particolare nella tutela minorile occorre
mostrare competenza, cura dei dettagli e flessibilità. Su cosa
bisogna concentrare l’attenzione? Come svolgere in maniera
efficace una visita nei tempi a disposizione? Come rapportarsi
Elena Cabiati

LA VISITA DOMICILIARE IN TUTELA MINORILE


con i familiari e con i minori? La guida offre indicazioni e molti
suggerimenti pratici per affrontare e concludere la visita do-
miciliare nella maniera più produttiva possibile e con maggiore
serenità. Il volume si rivolge agli operatori ai primi impieghi, ma
si rivela uno strumento prezioso anche per gli assistenti sociali
con più esperienza che devono occuparsi per le prime volte
dell’ambito specifico della tutela minorile.
LA VISITA DOMICILIARE
Contenuti:
• Preparazione e gestione della visita domiciliare
IN TUTELA MINORILE
• A cosa prestare attenzione
• I rapporti con il minore
• Elementi di disturbo e situazioni inaspettate
• Come concludere la visita
• Come compilare la relazione scritta sulla visita

€ 9,00

LAVORO SOCIALE IN TASCA


COLLANA DIRETTA DA M.L. RAINERI
4
Conclusione della visita
domiciliare, restituzione
alla famiglia e relazione
scritta
Quest’ultimo capitolo è dedicato alla fase finale della visita
domiciliare e alla registrazione e stesura del relativo report.
Queste azioni rappresentano passaggi rilevanti affinché gli
sforzi effettuati con competenza dagli operatori non vengano
vanificati e si riesca a lasciare la famiglia con una sensazione
positiva.

Come concludere la visita domiciliare

La conclusione della visita rappresenta un passaggio de-


licato che richiede all’operatore di saper gestire i tempi e di
congedarsi dalla famiglia con delle modalità che rinforzino
la collaborazione e facilitino il proseguimento del percorso
d’aiuto.
In alcune circostanze la conclusione della domiciliare av-
viene in maniera semplice e fluida, in altre può rappresentare

101
La visita domiciliare in tutela minorile

un momento difficile che richiede di prolungare la propria


presenza.
Come avviene per i colloqui in ufficio, anche nelle visite
domiciliari, talvolta, gli ultimi cinque minuti rappresentano una
parte sostanziale. In ogni caso, prima di congedarsi, l’operato-
re dovrà essere certo di aver raggiunto gli obiettivi che si era
prefissato (aver raccolto tutte le informazioni, aver osservato
quanto doveva, aver esaurito gli argomenti e le azioni che si
era proposto), salvo impedimenti o imprevisti al di fuori della
sua responsabilità.
Identifichiamo ora le variabili più rilevanti che influiscono
sul momento della chiusura.
1. Il tempo. L’operatore deve sempre essere custode del
tempo della visita domiciliare, programmandolo in base alla
quantità a sua disposizione e agli scopi da raggiungere. Dunque,
l’operatore sa quando l’intervento deve avviarsi alla conclu-
sione (perché il tempo a disposizione è finito o perché si sono
raggiunti obiettivi prefissati), evitando di trattenersi troppo a
lungo senza una particolare ragione. Occorre tenere presente
che la percezione che l’operatore ha del tempo a disposizio-
ne può non essere la stessa della famiglia, la quale potrebbe
protestare al momento del commiato, o al contrario cercare di
chiudere in anticipo. Escludendo le situazioni in cui la famiglia
cerca di congedare velocemente l’operatore con una scusa, o
quelle in cui il professionista si trova costretto a interrompere
l’intervento per una situazione di pericolo (si veda il capitolo
3), in merito alla gestione del tempo della chiusura possiamo
tenere a mente di:
– Evitare «chiusure brusche». Controllando il tempo a dispo-
sizione, dovremmo evitare di interrompere bruscamente una
conversazione alzandoci rapidamente dalla sedia, salutando
frettolosamente la famiglia e catapultandoci fuori dall’abita-
zione. Ciò non solo è poco rispettoso agli occhi della famiglia,
ma può anche portare l’operatore a commettere dimenticanze
(ad esempio, non dare un successivo appuntamento o non
chiedere un’informazione importante).

102
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

– Informare prima la famiglia del tempo a disposizione. Può


capitare che l’operatore lavori con familiari particolarmente
loquaci e desiderosi di raccontare un gran numero di eventi
o con una gran quantità di particolari. In queste circostanze
conviene specificare alla famiglia la quantità di tempo a di-
sposizione (l’operatore potrebbe ad esempio dire: «Signora,
ora mi racconterà tutto e la ascolterò attentamente, ma le
dico che purtroppo ho solo quaranta minuti a disposizione,
poi devo rientrare in ufficio per una riunione»). In questo
modo la signora, informata del tempo a disposizione e
delle motivazioni, sarà maggiormente preparata e all’atto
della chiusura non protesterà. Se ciò non è sufficiente,
al termine dei quaranta minuti, l’operatore, certo di aver
dato le comunicazioni necessarie, potrà più serenamente
mostrarsi fermo e concludere l’intervento congedandosi
dalla famiglia.
– Comprendere le motivazioni della difficoltà della famiglia
a concludere l’intervento domiciliare. Perché la famiglia
protesta quando l’operatore vuole accomiatarsi e si alza per
uscire o lo trattiene a lungo sulla porta? Quale messaggio
gli sta comunicando? Generalmente si può ricondurre
questo tipo di atteggiamento al bisogno di avere più spazio
per raccontare alcuni eventi, spazio che il familiare non
ha o non trova in altri contesti; oppure a una situazione
di solitudine relazionale, in cui le persone individuano
nell’operatore un confidente, un buon ascoltatore; o,
ancora, al desiderio di prolungare l’intervento perché
considerato di sollievo rispetto alla situazione familiare.
Provando a comprendere i motivi, l’operatore deve anche
interrogarsi sul tempo che sta dedicando a quella situa-
zione: può forse scoprire di aver offerto poco spazio a un
familiare per raccontare la propria storia o esprimere il
proprio punto di vista, o può ricordarsi che nel colloquio
precedente lo aveva congedato in modo frettoloso a causa
di un’urgenza.
– Offrire un tempo e uno spazio successivi che, per quanto
possibile, non siano a distanza di troppo tempo.

103
La visita domiciliare in tutela minorile

Suggerimento
Gli operatori sociali lavorano sempre con la sensa-
zione di avere poco tempo a disposizione e in effetti
questo rappresenta una risorsa preziosa per i servizi
di tutela minori. Tuttavia, dal punto di vista etico,
dobbiamo ricordarci che il tempo che ci dedica la
famiglia nella visita domiciliare non ha meno valore
del nostro.

2. Gli argomenti. Un’altra variabile che incide significativa-


mente sulle modalità di chiusura è relativa alle tematiche che si
stanno trattando nel corso della visita domiciliare. In proposito
è bene che l’operatore tenga a mente di:
– Evitare di aprire argomenti ampi o questioni delicate nell’ul-
tima parte della visita. Ciò potrebbe ostacolare la chiusura e
rendere molto probabile il rischio di non dedicare al tema la
giusta importanza, nonché le attenzioni e le energie necessa-
rie. L’impossibilità di offrire ad alcune tematiche l’attenzione
dovuta espone al rischio che la famiglia fraintenda alcune
informazioni; l’operatore può non avere il tempo di accer-
tarsi che la famiglia abbia effettivamente compreso, oppure
rischia di raccogliere informazioni parziali, trascurando
l’esplorazione dei contenuti.
– Contenere la famiglia circa richieste che non si possono
soddisfare nel tempo della chiusura. Se sul finire dell’inter-
vento le persone chiedono di parlare di una data questione
(ad esempio, sulla porta: «Le vorrei parlare delle denunce
che ho fatto al mio ex marito») o di iniziare una successiva
azione (ad esempio: «Se mi aspetta un attimo vado a pren-
dere i quaderni di Michael», oppure: «Faccio un salto nella
palazzina a fianco per chiamare mia zia e presentargliela»), è
bene fermarle con fermezza e gentilezza, spiegando l’oppor-

104
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

tunità di rimandare a un appuntamento successivo. In questa


operazione si deve trasmettere alla famiglia il messaggio che
si è colta la loro richiesta e che si è d’accordo, offrendo un
successivo spazio, magari se possibile già concordandolo.
Ad esempio, l’operatore potrebbe dire: «Signora, sono d’ac-
cordo di conoscere sua zia, mi sembra una cosa importante
e la ringrazio per averci pensato… Se lo facciamo ora, però,
non riuscirei a dedicarle il tempo necessario, perché devo
rientrare in ufficio. Aspetti che guardo in agenda quando
posso venire un’altra volta per conoscere con calma sua zia».
3. Gli eventi inaspettati. L’innescarsi di una dinamica partico-
lare tra i familiari o l’arrivo inatteso di una terza persona possono
influenzare profondamente il momento della chiusura. In questa
circostanza l’operatore, con una buona dose di riflessività critica,
deve valutare sul momento quale sia la strategia migliore da adot-
tare: facendo sempre riferimento al tempo a sua disposizione e
agli obiettivi prefissati, potrà decidere di prolungare la visita per
approfondire l’elemento inaspettato oppure congedarsi ripren-
dendo in un successivo momento quanto accaduto. È improdut-
tivo decidere di prolungare la visita domiciliare pur sapendo di
non avere a disposizione il tempo necessario. Se invece l’evento
inatteso è di natura pericolosa, lo scenario potrebbe richiedere
all’operatore di trattenersi maggiormente per una giusta causa
(ad esempio per aspettare l’arrivo del medico o dei carabinieri).
In queste circostanze, se appena possibile, bisogna informare
telefonicamente i propri colleghi ed eventualmente chiedere
l’annullamento dei successivi impegni professionali, in modo
da potersi dedicare interamente all’emergenza.

a me È successo che
Mi trovavo presso la famiglia di Luca, Jonathan
e Jennifer e dei loro genitori per vedere dove
vivevano e conoscere la terzogenita. La visita

105
La visita domiciliare in tutela minorile

domiciliare si era svolta positivamente e dopo


circa cinquanta minuti mi stavo congedando
da loro, quando improvvisamente suonarono
alla porta e comparve la nonna materna dei
bambini, che abitava al piano superiore. I ge-
nitori la fecero entrare e la nonna mi disse che
aveva bisogno di parlare con me. Tentennai un
attimo (erano le 11.50 circa e alle 12.00 avevo
programmato un colloquio in ufficio con un al-
tro genitore), ma vedendo che anche i genitori
mi invitavano a trattenermi decisi di accon-
sentire, esplicitando che mi sarei fermata solo
qualche minuto. Non volevo far stare l’anziana
signora in piedi e così accettai di sedermi
nuovamente. La conversazione con la nonna
non fu per nulla produttiva: la signora deside-
rava riferirmi un gran numero di informazioni
sui nipoti; io a mia volta le rivolgevo alcune
domande, poiché mi sembravano interessanti
gli elementi portati, ma poi, di fronte alle sue
risposte, cercavo di chiudere rapidamente
l’argomento, senza riuscire ad approfondire
e ascoltando superficialmente. La nonna,
forse accorgendosi di questo, continuava
ad aggiungere particolari richiamando la mia
attenzione, ma il mio ascolto era distratto dal
pensiero dell’altro genitore che probabilmente
mi stava già aspettando nella sala d’attesa.
A un certo punto mi congedai bruscamente,
consapevole che avevo lavorato male e che
comunque sarei arrivata in ufficio affannata e
in ritardo. Avrei potuto ponderare meglio il da
farsi. (Silvia, assistente sociale)

Dopo aver esplorato le principali variabili che potrebbero


influenzare il momento della chiusura, elenchiamo in sintesi
cosa invece facilita l’operatore:

106
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

– mantenere un atteggiamento cortese ma fermo circa la ne-


cessità di congedarsi;
– esplicitare la motivazione della chiusura, assicurandosi che
la famiglia l’abbia compresa;
– consegnare un bigliettino con il promemoria del successivo
appuntamento;
– utilizzare delle semplici strategie di congedo o dei piccoli
rituali.
Le strategie di congedo, che in alcuni casi possono trasformarsi
in piccoli rituali, possono essere diverse a seconda delle abitudini,
preferenze o attività dei membri del nucleo familiare. Vengono
messe in atto soprattutto con famiglie con le quali si ha una buona
relazione e che si conosce da un discreto periodo di tempo, ma il
loro utilizzo non è da escludere anche in situazioni nuove.
Con gli adulti può essere efficace utilizzarle in situazioni in
cui i familiari manifestano un bisogno significativo e irruente
di dialogare con l’operatore su un dato argomento o di riferire
un gran numero di informazioni. Proponendo il rituale ed espli-
citando che dopo si sarà costretti a congedarsi, può facilitare
molto la persona nel contenersi, selezionare gli argomenti di cui
parlare e accettare il congedo. In altri termini, riproporre un gesto
di chiusura può preparare l’altro a soddisfare il suo bisogno nel
tempo a disposizione, sapendo che l’operatore non potrà fermarsi
più a lungo. Affinché il gesto di chiusura possa generare l’effetto
desiderato, deve essere accompagnato dall’esplicitazione che di
lì a breve la visita volgerà al termine. Esempi di rituali utilizzabili
con gli adulti in vista della chiusura potrebbero essere:
– Accettare o richiedere gentilmente un caffè, se di solito ci
viene offerto o se ci era stato proposto in precedenza: «Si-
gnora, beviamo assieme il caffè che mi voleva preparare
così finisce di raccontarmi del suo ex marito, ma poi quando
abbiamo terminato la devo salutare per rientrare in ufficio.
Possiamo comunque programmare di vederci tra un paio di
settimane, se restano questioni importanti di cui parlare».
– Sintetizzare gli argomenti trattati ed elencare quelli di cui
si parlerà nell’appuntamento successivo: «Allora, signora,

107
La visita domiciliare in tutela minorile

tra cinque minuti purtroppo la devo salutare perché ho una


riunione con i miei colleghi, ma prima proviamo a fare un
riassunto di ciò che mi ha detto, così mi assicuro di aver
compreso bene. Poi se ci sono altre questioni importanti me
le può elencare, così mi anticipa di cosa mi vuole parlare la
prossima settimana. Mi faccia solo un elenco, perché abbia-
mo poco tempo, ma poi ne parleremo bene». Ciò richiede
all’operatore una buona capacità di gestire la situazione per-
ché, se non guidato, l’invito a elencare altri bisogni potrebbe
rischiare di aprire di nuovo la conversazione.
Con i bambini sono utili i seguenti gesti di chiusura:
– Negoziare l’ultima attività da fare assieme: «Michael, colo-
riamo l’ultimo disegno e poi ci salutiamo!».
– Proporre un’attività gradita: «Sofia, tra poco devo andare,
ma se vuoi prima mi fai vedere il tuo gioco preferito. Però
ci giochiamo la prossima volta che ci vediamo: puoi portarlo
tu nel mio ufficio!».
Con gli adolescenti:
– Rilanciare un’attività per il prossimo incontro: «Nazar, per
adesso non ho tempo di ascoltare con te tutto il tuo CD prefe-
rito. Facciamo così: scegli una canzone da sentire adesso e la
prossima volta che ci vediamo da me in ufficio ne scegliamo
altre due».
– Farsi accompagnare all’uscita: «Jessica, ora devo andare
perché è tardi. Mi accompagni come l’altra volta fino alla
macchina?».

Congedarsi dalla famiglia e programmare un successivo


incontro

Al momento del congedo, è importante ringraziare la fa-


miglia per il tempo dedicato e per aver permesso l’accesso ai
propri spazi. È bene fare questo passaggio anche con famiglie
che si sono mostrate poco accoglienti, poiché l’intento dell’ope-

108
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

ratore dovrebbe sempre essere teso a costruire o migliorare la


relazione con la famiglia.
Se il mandato dell’operatore non è terminato, occorre
congedarsi dalla famiglia programmando un successivo ap-
puntamento. Ciò non significa necessariamente che l’operatore
debba già dare in quella circostanza un appuntamento preciso,
ma di sicuro deve far riferimento all’importanza di rivedersi
per prendere accordi con la famiglia. In altre parole, l’ope-
ratore prospetta un successivo appuntamento esplicitandone
le ragioni e indicando le persone che intende incontrare. La
presenza o meno di un successivo appuntamento può influire
sulle dinamiche di chiusura della visita domiciliare, renden-
dole più semplici o al contrario maggiormente complesse, in
quanto la famiglia, di fronte alla proposta di vedersi ancora,
potrà mostrarsi favorevole o avanzare resistenze.
In entrambe le circostanze bisogna ricordarsi di:
– esplicitare sempre le motivazioni del successivo appuntamento;
– concordare con la famiglia il giorno e l’ora, tenendo in con-
siderazione le loro eventuali richieste;
– valutare, in base agli obiettivi prefissati, dove è meglio pro-
grammare il prossimo incontro;
– in caso di famiglie resistenti, evitare un «braccio di ferro»
che potrebbe essere poco produttivo ed esporci a situazioni
di tensione. Piuttosto, dire alla famiglia che li contatterete
telefonicamente per riparlare dell’incontro successivo;
– non anticipare in fase di congedo argomenti che potrebbero
generare ansie o tensioni tra i membri del nucleo;
– comprendere le motivazioni di eventuali resistenze;
– invitare caldamente la famiglia a partecipare all’incontro
successivo, sottolineando l’importanza del lavoro che si sta
facendo assieme.

Al rientro in ufficio
Una volta rientrati in ufficio bisogna registrare la visita
nella cartella sociale, annotando appunti o considerazioni che

109
La visita domiciliare in tutela minorile

risulteranno preziosi ai fini di una valutazione completa, in


fase di restituzione alla famiglia, nonché per la stesura della
relazione per il Tribunale committente. È importante che
l’operatore faccia lo sforzo di aggiornare la cartella sociale il
giorno stesso della visita, riservandosi comunque la possibilità
di ampliare le considerazioni e le valutazioni in un momento
successivo: le impressioni «a caldo» e la descrizione dettagliata
dei fatti possono aver maggior valore se registrati a distanza
di poco tempo. In alcune situazioni l’operatore, al rientro in
ufficio, può essere sopraffatto da una sensazione di confusione
rispetto a quanto osservato, probabilmente dettata dalla grande
quantità di informazioni raccolte, dalle energie che la gestione
della visita ha richiesto o più in generale da una sensazione
di stanchezza: anche in questo caso è utile fare comunque lo
sforzo di riportare nella cartella sociale il contenuto della vi-
sita (seppur confuso e connotato da sensazioni contrastanti),
riservandosi poi in un tempo successivo di rivedere quanto
raccolto a mente più riposata o con l’ausilio di un collega.
Il rischio è che tutto ciò che non viene registrato vada perso,
oppure soggetto a interpretazioni diverse da quelle rilevate in
quel momento specifico.
Se ad esempio l’operatore, per descrivere le dinamiche tra
i membri della famiglia, vuole citare precise espressioni utiliz-
zate dai familiari, deve riportarle fedelmente e non a distanza
di tempo, quindi al rientro in ufficio o addirittura in auto fuori
dall’abitazione (se è certo che non sarà osservato dalla fami-
glia, che potrebbe irrigidirsi o nutrire ansia in merito a quanto
l’operatore, con molta fretta, scrive su di loro appena fuori di
casa o addirittura ancora nel corso della visita).
Anche nei casi in cui, al rientro in ufficio, si avesse la
sensazione di avere bene in mente le espressioni importanti
utilizzate dai familiari, a distanza di qualche giorno — a
maggior ragione se si è impegnati in un gran numero di al-
tri casi — il ricordo può non essere più nitido e non si sarà
pienamente convinti di come si stanno riportando le parole
utilizzate. Questo assume una rilevanza decisiva nel momento
in cui, magari a distanza di qualche mese, si dovrà riportare

110
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

nella relazione per il Tribunale la descrizione della visita


domiciliare.
Se l’operatore nel corso della domiciliare ha assistito a una
dinamica che gli ha destato particolare preoccupazione (ad
esempio, si è innescata tra i genitori una discussione molto
accesa in presenza dei figli), è bene che al rientro in ufficio ne
parli con un collega o con il proprio responsabile. Ciò aiuta a
condividere il peso emotivo delle preoccupazioni e consente
di ricevere un feedback.
Può anche verificarsi che l’operatore, pur cogliendo nell’abi-
tazione segnali preoccupanti, abbia valutato di concludere la
visita domiciliare congedandosi dalla famiglia e rientrando in
ufficio. Tuttavia, se il grado di preoccupazione è particolarmente
alto e si teme per l’incolumità dei minori o per un’escalation
negativa della situazione (come nell’esempio successivo), dopo
averne possibilmente parlato con un collega o con il responsa-
bile di servizio, si può valutare di:
– telefonare alla famiglia con una scusa o esplicitando la
propria preoccupazione (questo varierà in base alle caratte-
ristiche dei familiari, al tipo di problema rilevato, al grado
di collaborazione);
– tornare presso l’abitazione per verificare personalmente un
eventuale stato di pericolo (se possibile con l’ausilio di un
collega);
– ritornare presso l’abitazione della famiglia richiedendo prima
l’intervento dei carabinieri, della polizia locale o di altri attori
necessari.
Esempio di caso
Mi trovavo in visita domiciliare presso la famiglia Said
alla presenza dei genitori e dei tre figli Mohamed, Ahmed
e Fady di 16, 12 e 6 anni, per effettuare un intervento di
monitoraggio. Si trattava di una situazione multiproble-
matica per la quale si era attivato un progetto di aiuto
che comprendeva diversi interventi: l’inserimento del
secondogenito disabile presso un Centro diurno, la presa
in carico della madre da parte del Centro di salute mentale,
l’attivazione di un educatore domiciliare per il figlio più
piccolo. La visita domiciliare era stata concordata e pro-

111
La visita domiciliare in tutela minorile

grammata con la famiglia per verificare l’andamento degli


interventi attivati qualche mese prima. Mi ero prefissata
di fare una prima parte della visita alla presenza di tutti
i membri del nucleo e nella seconda parte un colloquio
con i genitori.
Giunta in casa percepii subito uno stato di tensione.
Avendo una buona relazione con la famiglia, decisi di
esplicitare loro questa sensazione chiedendo se fosse
successo qualcosa: nessuno mi rispose, ma osservai che
il bambino più piccolo guardava insistentemente il padre
con uno sguardo impaurito. La prima parte della visita fu
poco proficua, le interazioni furono scarse nei contenuti
e i genitori mi parevano poco concentrati su ciò di cui
stavamo parlando. Decisi così di chiedere ai minori se
potevo parlare da sola con i genitori, proponendo a Mo-
hamed, il più grande, di accompagnare i fratelli nell’altra
stanza. Rimasta sola con i genitori, fu inevitabile chiedere
nuovamente spiegazioni in merito a quanto successo. A
quel punto la signora scoppiò in lacrime, mentre il marito
la aggredì verbalmente dicendole di stare zitta perché
erano questioni personali. La reazione aggressiva del
signor Said aumentò il pianto della signora, che iniziò
a manifestare ansia e agitazione. A nulla valsero i miei
inviti a entrambi di calmarsi. La signora singhiozzando
mi disse che il marito voleva lasciarla, ma non capii altro,
perché lui si alterò ancora di più sovrapponendosi a lei
nella comunicazione.
A un certo punto comparvero sulla porta i figli: espli-
citai ai genitori l’importanza di non aggravare il loro stato
di preoccupazione e timore. Moglie e marito smisero
di parlare e parvero calmarsi. Proposi loro di prendere
una pausa, mentre io avrei parlato in camera con i figli.
Mohamed mi spiegò che da due giorni i genitori stavano
litigando, ma non ne aveva capito il motivo: «Io preferisco
uscire in questi casi». Fady disse: «La mamma è triste
come l’anno scorso, piange sempre». Non mi sembra-
va opportuno trattenermi a lungo con i ragazzi, quindi
tornammo tutti in salotto. Invitai i genitori alla calma,
esplicitando che i ragazzi erano preoccupati e spaventati,
e poco dopo mi congedai, dando loro appuntamento in
ufficio per la settimana seguente.
Uscii dall’abitazione turbata e mentre mi trovavo nel
cortile sentii nuovamente la voce alta e arrabbiata del
padre. Non sapendo cosa fare salii in auto per tornare

112
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

in ufficio. Man mano che percorrevo la strada la mia


preoccupazione cresceva e mi chiedevo se non avrei
potuto agire diversamente. Le mie preoccupazioni erano
aggravate dal fatto che sapevo dello stato di fragilità
della signora, che soffriva di depressione e che due anni
prima aveva tentato il suicidio. Giunta in ufficio ne parlai
con una collega psicologa, ma ciò non bastò a tranquil-
lizzarmi: decisi che dovevo fare qualcosa. Telefonai alla
famiglia con una scusa, pensando di dire loro che avevo
bisogno di modificare la data del nostro appuntamento
per la settimana seguente. Mi rispose Mohamed, sentii
subito il pianto disperato della madre e chiesi cosa stesse
accadendo. Il ragazzo mi disse che i genitori avevano
nuovamente litigato e che il padre molto arrabbiato era
appena uscito di casa. Gli chiesi di passarmi la mamma
al telefono ma il ragazzo mi disse che non poteva, che la
mamma si era chiusa in bagno e non voleva aprire. Imma-
ginai la scena e pensai alla signora che stava così male,
al ragazzo adolescente rimasto a gestire Ahmed e Fady,
che aveva solo sei anni: decisi che si doveva far qualcosa.
Chiamai lo psichiatra del Centro di salute mentale, gli
spiegai la questione e gli chiesi se poteva accompagnarmi
in visita domiciliare, ma mi rispose che in quel momento
non erano disponibili né lui né l’infermiera. Sentendomi
così preoccupata mi disse che nel caso avrei potuto
chiamare l’ambulanza. Decisi però di fare un tentativo
con il medico curante (conosceva già la signora e prima
della presa in carico dello psichiatra le aveva prescritto
dei farmaci): accettò di venire con me e mi diede appun-
tamento fuori dall’abitazione della famiglia. Mi precipitai
dai Said accompagnata dalla collega psicologa e poco
dopo giunse anche il medico. Non avendo preavvisato
la famiglia, concordai con lui che sarei entrata prima io in
casa, in modo da avvisare la signora della sua presenza.
Mi aprì la porta Mohamed e mi si prospettò di fronte la
situazione descritta al telefono. Mentre la mia collega
spiegava ai bambini che eravamo lì per aiutare loro e
la mamma, mi misi fuori dal bagno per parlare con la
signora: le esplicitai la mia preoccupazione e le dissi che
era venuto anche il medico per vedere come stava, ma
che aspettava fuori in cortile e che se lei voleva sarebbe
entrato per visitarla. La signora aprì la porta, era in stato
confusionale e di forte agitazione: l’eloquio era confuso
e dopo pochi passi si accasciò a terra. Chiesi alla collega

113
La visita domiciliare in tutela minorile

di chiamare il medico, il quale entrò in casa, visitò per


quanto possibile la signora e chiamò l’ambulanza. In se-
guito telefonammo al marito e ci occupammo dei minori.
(Elena, assistente sociale)

LEGGI E DOCUMENTI
UFFICIALI
Il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) prevede
dei presupposti e una procedura specifica. Si tratta
di un intervento invasivo legittimato dal secondo
comma dell’art. 32 della Costituzione e disciplinato
dalla L. 180/78 (poi inglobata nella riforma sanitaria
realizzata con la L. 833/78).

La restituzione alla famiglia delle osservazioni fatte du-


rante la visita domiciliare

Conclusa la visita domiciliare, all’operatore resta ancora da


realizzare una parte importante dell’intervento: la restituzione
alla famiglia di quanto ha rilevato. Questo passaggio è impor-
tante per diverse ragioni:
– la famiglia ha diritto di sapere ciò che l’operatore ha os-
servato, valutato e successivamente riportato all’autorità
giudiziaria;
– la restituzione rappresenta un momento cruciale in cui l’ope-
ratore ha modo di cogliere le reazioni e valutare il grado
di consapevolezza o di negazione della famiglia circa le
difficoltà individuate dall’operatore;

114
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

– una volta esplicitate le proprie osservazioni, l’operatore ha


modo di parlare con la famiglia circa il progetto di aiuto da
attivare, verificando il grado di motivazione al cambiamento,
le risorse che si possono attivare, il grado di collaborazione;
– soprattutto nella fase iniziale del percorso, la restituzione
può rafforzare la comprensione da parte della famiglia degli
obiettivi e del mandato del servizio;
– la restituzione con la famiglia, grazie al coinvolgimento attivo
dei diretti interessati, può andare a completare le valutazioni
dell’operatore, confermandole, ampliandole o correggendole.
Può anche verificarsi che in sede di restituzione si generino
effetti negativi, che potrebbero innescare dinamiche indesi-
derate.
Di seguito si elencano alcune indicazioni che l’operatore
dovrebbe avere chiare in mente per condurre un proficuo inter-
vento di restituzione. Si tratta di semplici modalità che facilitano
una buona restituzione da parte dell’operatore:
– prepararsi all’intervento di restituzione riservandosi un
tempo per rileggere gli appunti, ripensare a quanto osservato
e organizzare l’incontro avendo ben chiari gli obiettivi del
colloquio;
– riservarsi il tempo necessario all’incontro, evitando restitu-
zioni incomplete o sommarie;
– valutare attentamente con quali membri della famiglia fare la
restituzione (si può prendere in considerazione la possibilità
di effettuarla in più momenti e con persone differenti, se
questo può risultare confacente agli obiettivi che desideria-
mo raggiungere oppure se vogliamo evitare il generarsi di
situazioni spiacevoli o che potrebbero innescare dinamiche
di conflitto);
– valutare in quale luogo effettuare la restituzione (in ordine
a due ragioni: la sicurezza per l’operatore, nel caso in cui
dovesse restituire elementi di importante gravità; il con-
tenuto della comunicazione, dato che contesti della visita
domiciliare o dell’ufficio consentono di affrontare argomenti
differenti);

115
La visita domiciliare in tutela minorile

– contribuire alla creazione di un clima democratico e il più


possibile rilassato, che faciliti la comunicazione, il ragio-
namento congiunto, la cooperazione e inviti a esplorare in
profondità gli argomenti;
– nel dialogo con la famiglia utilizzare un linguaggio semplice
e comprensibile, assicurandosi che le persone colgano il
significato di quanto diciamo;
– utilizzare esempi concreti direttamente rilevati; ad esempio,
parlando dell’inadeguatezza della casa, l’operatore dovrà
portare descrizioni reali nelle quali la famiglia si possa
riconoscere, piuttosto che riportare valutazioni generiche
(quindi dire: «Il pavimento era appiccicoso e pieno di
macchie, sotto il tavolo della sala erano visibili avanzi di
cibo, capelli, polvere», piuttosto che: «La casa non era
adeguata, le condizioni igieniche non erano sufficienti»; o,
ancora: «Mentre eravamo in cucina vostro figlio Mirko è
caduto dalla sedia e si è messo a piangere, ma non l’avete
notato perché eravate occupati a discutere tra di voi con
toni accesi», piuttosto che: «Ho rilevato delle dinamiche
conflittuali che vi hanno distolto dall’attenzione verso
vostro figlio»);
– nel caso in cui sia necessario riferire alla famiglia elementi
negativi, mantenere un atteggiamento non giudicante e orien-
tato all’aiuto, mettendo in luce gli aspetti di preoccupazione
e le prospettive di aiuto;
– restituire ed evidenziare gli aspetti positivi e i punti di forza
rilevati, evitando di focalizzarsi solo sulle carenze o le ina-
deguatezze;
– man mano che si procede con la restituzione, cogliere i
feedback che la famiglia sta comunicando, lasciando tempo
e spazio per interagire ed evitando di fare una mera lista di
considerazioni;
– osservare come ciascun membro reagisce alle osservazioni
fatte e con quale modalità relazionali (Tutti intervengono?
Su quali temi? Tutti hanno possibilità di parola?);
– ricordare che non è sufficiente riportare gli elementi os-
servati, ma è indispensabile spiegare alla famiglia perché

116
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

sono stati rilevati e ritenuti importanti e perché alcuni


atteggiamenti andrebbero modificati, facendo presente il
vantaggio ottenibile: è più probabile che comprendendo la
questione e prospettando loro una situazione di maggior
benessere le persone siano più motivate e disponibili al
ragionamento;
– nel corso della restituzione mantenere un atteggiamento
critico-riflessivo: questo può permettere all’operatore di
arricchire le proprie valutazioni con elementi e prospettive
nuove che prima, del dialogo con la famiglia, non erano stati
presi in considerazione;
– parlare con la famiglia di ciò che non è stato possibile osserva-
re e degli elementi di disturbo che hanno interferito nel corso
della visita domiciliare, esplicitando l’importanza di questi
elementi e cogliendo se e come i familiari li hanno vissuti.
Li riconoscono come elementi di disturbo? Spiegano perché
hanno negato l’accesso ad alcune stanze? Sono disponibili a
parlare delle persone non previste e giunte improvvisamente
in casa, interrompendo il corso della visita?

LEGGI E DOCUMENTI
UFFICIALI
Se nel corso della visita domiciliare abbiamo osser-
vato fatti o eventi che potrebbero costituire un reato
perseguibile d’ufficio, dopo aver assolto l’obbligo di
denuncia (art. 331 C.C.P.) è opportuno non parlare
alla famiglia di questi fatti salvo autorizzazione da
parte dell’autorità giudiziaria competente. In caso
contrario si potrebbe correre il rischio di inficiare le
indagini della Procura.

117
La visita domiciliare in tutela minorile

La relazione scritta sulla visita domiciliare

Probabilmente l’operatore, fino a questo momento, avrà


cercato di svolgere un ottimo lavoro, avendo curato la prepara-
zione della visita, la gestione dell’intervento, la conclusione e la
restituzione alla famiglia. Resta un’ultima azione da realizzare:
la scrittura della relazione (o report).
Una parte fondamentale del lavoro con le famiglie e i mi-
nori nei contesti di tutela si realizza attraverso la scrittura di
relazioni e comunicazioni. Come per gli altri interventi, anche
la visita domiciliare deve essere trascritta e riportata. L’azione
della scrittura è finalizzata alla trasmissione delle valutazioni
all’autorità committente per rispondere al mandato conferito,
ma al contempo costituisce un’importante occasione per il
professionista per mettere ordine nelle informazioni raccolte
ed esplorare ancor più in profondità alcuni elementi. Spesso
capita di comprendere alcuni elementi o sfumature solo nella
fase della scrittura.
Questo passaggio, infatti, induce l’operatore a dedicare
tempo e attenzione alla riflessione sulla visita e alla descrizione
ed esplicitazione di fatti che ha raccolto e probabilmente anche
già restituito ai diretti interessati. Il report della domiciliare
deve essere costruito in base al destinatario della relazione,
valutando quali informazioni è opportuno condividere e a quale
livello di profondità.

Suggerimento
La scrittura di una relazione è un atto che richiama una
grande responsabilità per l’operatore. Se si hanno dei
dubbi circa l’esattezza di alcuni elementi è bene non
riportarli e premurarsi di approfondire la valutazione.

118
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

In questo paragrafo vediamo come l’operatore nell’ambito


della tutela dei minori può organizzare al meglio la scrittura di
un report destinato a una relazione per il Tribunale.
Il report può essere destinato a una comunicazione per il
responsabile, per colleghi di un altro servizio o per la stesura
di una relazione per il Tribunale competente. In ogni caso è
importante utilizzare una scrittura comprensibile, dando un
ordine alla descrizione degli elementi.
Di seguito viene suggerita una traccia per la scrittura:
1. Contestualizzare la visita domiciliare:
– riferire il giorno e il momento della giornata in cui si è
effettuato l’intervento e gli operatori (nominativo e inca-
rico nella situazione) che si sono recati presso il domicilio
della famiglia;
– riferire informazioni sullo scopo per cui si è effettuata
la visita domiciliare (si veda il capitolo 1) e sullo stato
attuale del percorso con la famiglia;
– riferire in merito alle persone convocate per la visita do-
miciliare e alla modalità con cui si è concordata la visita.
2. Fornire dati di contesto:
– indicare l’indirizzo dell’abitazione in cui si è effettuata
la visita domiciliare;
– descrivere il contesto abitativo come appare dall’esterno
(tipo di quartiere, di immobile, ecc.);
– descrivere la composizione dell’abitazione, il numero
di persone che ci vivono effettivamente e la condizione
contrattuale dell’abitazione (di proprietà, in locazione, di
edilizia residenziale pubblica).
3. Descrivere l’abitazione:
– riferire gli elementi osservati in merito al contesto abitativo;
– descrivere il numero di stanze e il loro utilizzo;
– riferire in merito all’adeguatezza degli spazi (si veda il
capitolo 2).
4. Descrivere gli elementi e le dinamiche osservate:
– riferire circa le persone effettivamente presenti all’atto
della visita;

119
La visita domiciliare in tutela minorile

– descrivere il clima relazionale prevalente che ha contrad-


distinto la visita;
– riferire sugli elementi osservati in merito alle dinamiche
relazionali generatesi;
– descrivere lo stile di partecipazione dei vari familiari alla
visita, con riferimento al grado di collaborazione;
– riportare situazioni inattese o elementi di disturbo (vedi
il capitolo 3);
– indicare in maniera dettagliata fatti accaduti nel corso
della visita e che hanno coinvolto i membri del nucleo.
La descrizione dei fatti deve essere minuziosa e dettaglia-
ta: ad esempio, non è sufficiente scrivere quante persone
erano presenti, ma occorre specificare che ruolo hanno
avuto, quali spazi hanno occupato, in quali modalità hanno
interagito tra loro.
5. Descrivere il momento di chiusura della visita domiciliare:
– riferire circa la durata dell’intervento;
– riferire circa le modalità di congedo;
– riferire circa gli accordi per i successivi interventi;
– riferire circa il momento di restituzione alla famiglia

Esempio di una relazione scritta

La visita domiciliare
Nell’ambito del mandato ricevuto dal
vostro Tribunale, in data 15.11.2012 l’as- Dati di contesto
sistente sociale scrivente e la psicologa
incaricata sulla situazione del nucleo fa-
miliare (dott.ssa Giuliani) hanno effettuato
una visita domiciliare presso l’abitazione
della famiglia De Luchi, sita a … in via Garibaldi.
La visita domiciliare è stata concordata e programmata con i genitori
nel corso di un precedente colloquio congiunto effettuato presso lo
scrivente Servizio; per l’occasione è stata richiesta la presenza di
tutto il nucleo familiare e in ragione di ciò la visita domiciliare è stata
svolta nel pomeriggio, al termine dell’orario scolastico.
L’abitazione del nucleo si compone di un appartamento situato
all’interno di una palazzina in un quartiere periferico della città, ca-

120
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

ratterizzato da un’alta densità di cittadini immigrati e da un crescente


numero di complessi industriali. L’appartamento si trova al terzo e
ultimo piano della palazzina, circondata all’esterno da una piccola
porzione di giardino comune.
Nell’abitazione risiedono, oltre ai genitori, i due figli di 6 e 7 anni e i nonni
materni (questi ultimi sono i proprietari dell’immobile da diversi anni).
Al suo interno l’appartamento si compone di quattro stanze: una
piccola cucina abitabile, un soggiorno, due camere e un bagno;
all’esterno del soggiorno è presente anche un piccolo balcone.
All’ingresso delle scriventi nell’abitazione,
i genitori dei minori si sono dimostrati
accoglienti e disponibili, invitando gli Le persone
operatori a entrare in casa e a osservare presenti
gli spazi domestici. Come concordato in
precedenza, i bambini erano stati infor-
mati adeguatamente dai genitori circa la
visita delle scriventi; ciò è stato confermato dalle interazioni iniziali
con entrambi i minori. I nonni materni, dopo aver risposto al saluto
delle scriventi, in una fase iniziale della visita sono rimasti seduti sul
divano in salotto a guardare la televisione.
Entrambi i bambini sono parsi puliti, ade-
guatamente vestiti e curati. Il minore di 6
anni ha fin da subito interagito con le Descrizione
scriventi, richiamando la loro attenzione e dei minori
mostrando una buona capacità di entrare
in relazione con l’adulto, mentre il primo-
genito è parso più ritirato e non è riuscito
a rispondere alle domande poste, limitandosi a un’interazione eco-
lalica. In una prima fase della visita entrambi i bambini si sono mos-
si tra le stanze della casa in maniera spontanea e disinvolta, seguen-
do i genitori; questi hanno mostrato spontaneamente gli ambienti
della casa, verbalizzando di abitarvi provvisoriamente in attesa di
una nuova abitazione. Da quanto raccolto, di fatto il nucleo vi risiede
da più di due anni. Per ciò che concerne gli spazi abitativi, dalle
osservazioni effettuate tutte le stanze
dell’appartamento sono parse pulite e
ordinate, seppur poco illuminate e povere Descrizione
dell’abitazione e
nell’arredamento.
relative considerazioni
Nello specifico, la cucina è parsa uno emerse
spazio pulito e adeguato alle funzioni

121
La visita domiciliare in tutela minorile

domestiche: sul tavolo erano presenti dei fogli con pennarelli e su


una sedia uno zainetto colorato. Nel soggiorno sono posti un grande
armadio e un divano letto sul quale dormono i minori. Nonostante
sia uno spazio a loro dedicato per il riposo, in questa stanza non è
stato rilevato alcun oggetto personale dei bambini. Il resto della casa
della famiglia si compone di due stanze matrimoniali, destinate ri-
spettivamente ai nonni e i genitori. Esplorando la casa si sono invi-
tati i genitori a riferire circa la sistemazione notturna dei figli, accom-
pagnandoli nell’esplorazione della questione.
Il signor De Luchi ha riferito in maniera un
po’ polemica e sulla difensiva: «Perché ce
lo chiedete? Dormono di là sul divano, Descrizione
sono ancora piccoli e non è necessario delle relazioni
che abbiano una propria cameretta. Loro
dormono volentieri sul divano». Sollecita-
ti a riferire in merito all’organizzazione
degli spazi familiari, lo stesso ha poi rispo-
sto: «Se la sera i miei genitori vogliono Le dinamiche tra
guardare la televisione, li facciamo addor- gli adulti
mentare nel nostro letto e poi li spostia-
mo». La signora De Luchi non è interve-
nuta nella discussione: pur avendole rivol-
to direttamente la domanda non ha risposto ed è stato il marito nel
dialogo a intervenire al suo posto. Proseguendo nell’osservazione
degli ambienti domestici, le due camere da letto sono divise da un
piccolo bagno: anche questa stanza è apparsa pulita, anche se
nella doccia era stato posto un secchio per raccogliere la fuoriusci-
ta di acqua causata da una perdita dal rubinetto.
A riguardo il signor De Luchi, in presen-
za dei bambini, si è rivolto alla moglie
in termini di squalifica, gesticolando e Osservazione
della comunicazione
utilizzando la seguente espressione: «È
e del linguaggio
un’incapace! Sono due settimane che le non verbale
dico di chiamare l’idraulico ma non lo fa,
devo pensare a tutto io!». La signora ha
abbassato lo testa non ribattendo nulla.
I due bambini sono rimasti per tutto il tempo della visita alla casa
fisicamente molto vicini alla madre.
Sebbene gli spazi siano parsi puliti, in tutta l’abitazione sono stati
riscontrati pochi oggetti che facessero pensare ai bambini, nessuno

122
Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

spazio particolare dedicato loro, solo qualche giocattolo sparso per


la casa. Sulle pareti delle stanze sono state rilevate vecchie fotogra-
fie di famiglia appartenenti ai nonni; nel complesso l’abitazione è
parsa poco personalizzata e vissuta dal nucleo.
Mentre l’assistente sociale scrivente pro-
seguiva nell’interazione con i genitori
osservando gli spazi domestici, la psico- Ricerca
di uno spazio
loga ha proposto ai minori di recarsi in
per interagire
cucina per mostrarle i loro quaderni di con i minori
scuola. I minori hanno risposto positiva-
mente avviandosi verso la cucina, ma la
signora è intervenuta offrendosi di andare
con loro. Non è stato possibile in quella circostanza interagire con i
minori senza la presenza degli adulti, ma si è quindi potuta osserva-
re la relazione tra la signora e i figli. Per circa una decina di minuti, si
sono potute raccogliere alcune osservazioni in merito alle dinamiche
relazionali: la signora si è seduta in mezzo ai due figli, tenendoli vi-
cini a sé, è apparsa molto attenta, a tratti eccessivamente, antici-
pandoli e sostituendosi a loro in compiti che potevano svolgere
anche autonomamente (ad esempio, si è prontamente sostituita loro
nel togliere il tappo dal pennarello o nell’avvicinare il bicchiere per
bere). Nell’interazione con i figli la signora ha mantenuto su di loro
uno sguardo attento e un contatto oculare costante, al quale i mino-
ri hanno risposto in maniera affettuosa dandole baci e dedicandole
i disegni fatti.
All’ingresso del marito nella cucina si è
potuto rilevare un cambio di clima tra i fa-
Il clima relazionale
miliari: nonostante i minori continuassero a
rivolgere alla signora le stesse richieste di
vicinanza e di approvazione per i disegni
avanzate precedentemente, la signora è
parsa meno disponibile e maggiormente centrata sull’osservare i
movimenti del marito e sull’interagire con lui. In quella circostanza
il figlio minore è scivolato dalla sedia nell’intento di raccogliere un
pennarello. A riguardo le reazioni dei familiari sono state differenti: il
piccolo è scoppiato in un pianto molto accentuato, il fratello maggiore
non ha manifestato alcuna reazione, non distogliendo lo sguardo
dal foglio e proseguendo nella sua attività, la signora è corsa verso
il figlio prendendolo in braccio e ispezionandolo per verificare che
non si fosse fatto nulla; il padre ha manifestato aggressività contro

123
La visita domiciliare in tutela minorile

la signora verbalizzando ad alta voce: «È caduto di nuovo! Non sei


capace di guardare tuo figlio?».
A questa affermazione il bambino ha smesso improvvisamente di
piangere, mostrando una reazione di freezing, mentre la signora è
parsa in posizione remissiva.
Subito dopo il signor De Luchi si è spostato in salotto e la signora,
rimasta sola con i figli in cucina, si è rivolta agli operatori e ha giusti-
ficato il nervosismo del marito spiegando che è molto preoccupato
a causa del recente licenziamento dalla ditta nella quale lavorava. In
quella circostanza si è ritenuto opportuno comunicare alla signora
che se ne sarebbe discusso in un tempo successivo e senza la
presenza dei bambini.
Solo nell’ultima parte della visita domiciliare è stato possibile intera-
gire con i nonni materni, il signor Giulio e la signora Marcella Capaci,
rispettivamente di anni 70 e 73, entrambi originari della Calabria e
trasferiti in Lombardia subito dopo la nascita della figlia. Dalle prime
impressioni raccolte, entrambi sono apparsi disponibili all’interazio-
ne, nonostante la limitata conoscenza della lingua italiana. Data
l’impossibilità di parlare con loro da soli e per il poco tempo a dispo-
sizione si è concordato un successivo appuntamento.
In fase di chiusura della visita domiciliare,
oltre al colloquio con i nonni materni pres-
Conclusione
so il domicilio, si sono proposti un appun-
dell’intervento
tamento per i minori e un altro per i geni-
tori, entrambi presso il Servizio. A questa
comunicazione il signor De Luchi si è
mostrato resistente, dicendo di non voler perdere tempo che potreb-
be impiegare invece nella ricerca di una nuova occupazione. Restan-
do fermi sull’importanza del colloquio e sulla necessità di espletare
l’indagine richiesta, si sono invitati i genitori a presenziare.
È stato valutato di effettuare la restituzio-
ne ai genitori di quanto osservato nella
visita domiciliare in forma disgiunta: in La restituzione
questa sede il signor De Luchi è parso
negante rispetto alle difficoltà riscontrate,
banalizzando i comportamenti aggressivi
a danno della moglie e apparendo poco
sintonico rispetto ai bisogni dei bambini fatti presenti dalle scriventi.
Al contempo è stato disponibile a proseguire nel percorso di inda-
gine e a effettuare colloqui di osservazione della relazione con i figli.

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Conclusione della visita domiciliare, restituzione alla famiglia e relazione scritta

La signora è parsa in una posizione di sofferenza e fragilità: l’intero


colloquio è stato accompagnato dal pianto e centrato sui problemi
di relazione con il marito. In quella sede si è valutata con la signora
la possibilità di ragionare sulle considerazioni emerse nel corso di
un successivo colloquio congiunto con il marito e le si è offerto uno
spazio di sostegno psicologico.

PROMEMORIA
• Prepararsi adeguatamente alla restituzione alla fa-
miglia delle osservazioni fatte nel corso della visita
domiciliare valutando con chi e come effettuarla.
• Nella scrittura della relazione evitare di includere
interpretazioni o elementi di cui non si ha certezza
della rilevazione.
• Al momento della chiusura della visita domiciliare,
esplicitare la motivazione e mantenere un atteg-
giamento cortese ma fermo circa la necessità di
congedarsi.

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