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Hegel
Esempio:
<<Lo stesso caso si produce con l'altra forma del Questo, cioè con il Qui. Il Qui è, per esempio,
l'albero. Quando mi volto, questa verità è dileguata e si è convertita in quella opposta: il Qui non è
un albero, ma piuttosto una casa. Non è perciò lo stesso Qui a sparire, ma esso è ciò che permane
nel dileguare della casa, dell'albero, ecc., e gli è indifferente essere casa o albero. Anche in questo
caso, dunque, il Questo si mostra come semplicità mediata, cioè come universalità.>>
La coscienza deve comprendere che l’oggetto - altro-da-sé è, in realtà qualcosa che gli
appartiene.
La coscienza vive la negazione come un momento tragico (pantragismo) perché vede
opporsi continuamente qualcosa.
Quando la coscienza prende consapevolezza che l’oggetto NON è altro-da-sé, allora diventa
spirito.
Percorso dell’autocoscienza:
1) L’autocoscienza vede se stessa come essenza semplice ed ha come oggetto questo Io
puro
L’autocoscienza è tale solo in quanto essenza negativa dei momenti strutturati autonomi.
È essenza negativa per tutto il movimento avvenuto prima.
Quindi l’autocoscienza è certa di se stessa solo in quanto “fa suo” l’oggetto fuori di sé,
rimuovendolo come entità esterna e rendendolo parte di sé.
L’autocoscienza è desiderio, perché si spinge verso l’altro-da-sé, per renderlo parte di sé.
Il desiderio viene appagato solamente se l’oggetto (l’altro-da-sé) viene annullato.
5) «Nessuna di queste due coscienze si è ancora presentata all'altra come puro essere-per-sé, cioè
come auto- coscienza»
«Ciascuna autocoscienza è certa di se stessa, ma non dell'altra. Questo significa allora che la
propria certezza di sé non ha ancora alcuna verità.»
7) «Il rapporto tra le due autocoscienze, dunque, si determina come un dar prova di sé, a se stesso e
all'altro, mediante la lotta per la vita e la morte»
«La necessità di questa lotta risiede nel fatto che ciascuna autocoscienza deve
elevare a verità, nell'altra e in se stessa, la propria certezza di essere per sé. Ed è
soltanto rischiando la vita che si mette alla prova la libertà; […] così si dimostra
[…] che essa è soltanto puro essere-per-sé. »
«Parallelamente, quando mette a rischio la propria vita, ogni individuo deve
tendere alla morte dell'altro proprio perché ritiene di non valere meno
dell'altro.»
Se si muore, si afferma di non tenere alla vita, ma non si è più, quindi non si è più
nemmeno autocoscienza.
Se si uccide l’altro, si elimina l’essere-altro-da-me, ma non si ha più il riconoscimento
dell’altro.
Conclusione:
«la quale giunge cosi alla consapevolezza di essere in sé e per sé.»
«Di conseguenza, agli occhi della coscienza, la forma posta nell'esteriorità non
diviene affatto un altro da essa; questa forma, infatti, è appunto il puro essere-per-
sé in cui la coscienza vede divenire la propria verità. Nel lavoro, dunque, in cui
essa sembrava essere solo un senso estraneo, la coscienza ritrova sé mediante se
stessa e diviene senso proprio.»