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- Asbestosi: edilizia;
- Antracosi: carbone;
ANAMNESI PATOLOGICA
Dispnea
La dispnea costituisce uno dei sintomi fondamentali conseguenti ad alterazioni dell’apparato
cardiorespiratorio e può essere definita una sensazione soggettiva di difficoltà respiratoria.
La dispnea rappresenta un sintomo abbastanza comune nei pazienti con patologie in fase avanzata ed
eziologia mista respiratoria, neoplastica, cardiaca e neuromuscolare.
Il termine è genericamente utilizzato per indicare la difficoltà vissuta dal paziente nel respirare ed il paziente
stesso spesso utilizza diverse espressioni per descriverla, quali “fame d’aria”, “sensazione di oppressione
toracica” e “sensazione di soffocamento”. Episodi di difficoltà respiratoria che risvegliano bruscamente i
pazienti in occasione di un sonno profondo, sono definiti come dispnea parossistica notturna e si osservano
generalmente nei soggetti affetti da insufficienza ventricolare sinistra o in corso di malattie polmonari
croniche. In alcuni casi la dispnea può aggravarsi in posizione supina (ortopnea) fino a costringere il
paziente, in alcuni casi di paralisi diaframmatica bilaterale, a non poter assumere la posizione supina
(ortopnea istantanea).
Quando la dispnea si verifica in posizione eretta prende il nome di platipnea, mentre quando si realizza in
decubito laterale è definita trepopnea.
Vi sono, infine, situazioni in cui il respiro appare difficoltoso, ma non si verifica dispnea. La comparsa della
dispnea, infatti, deriva dall’interazione di fattori multipli, psicologici, fisiologici, sociali e comportamentali e
può portare a risposte fisiologiche e comportamentali diverse.
La dispnea può essere accessionale o continua, nonché ingravescente o stabile.
Inoltre può essere inspiratoria, espiratoria, verificarsi solo a riposo oppure a seguito di uno sforzo o a
seconda della posizione.
Non sono ancora chiarii meccanismi patogenetici; si pensa che sia dovuta ad affaticamento della muscolatura
respiratoria, ma sono chiamati in causa altri fattori come variazioni del ph e della CO 2.
Tosse
La tosse è definita come un atto espiratorio esplosivo, volontario o riflesso.
Infatti, la tosse è un riflesso di difesa delle vie aeree costituito, cin tutti i riflessi, da una via afferente,
rappresentata dal nervo vago, da un centro di integrazione bulbo – pontino, e da una via efferente somatica.
Il riflesso della tosse origina obbligatoriamente da strutture innervate dal vago, particolarmente dalla laringe
e dell’albero tracheo – bronchiale. Recettori per la tosse sono stati individuati anche in altri siti anatomici,
dotati di innervazione vagale, quali la membrana timpanica, il canale uditivo e il tratto digerente superiore.
La tosse può essere riprodotta volontariamente e può essere, almeno in parte, soppressa volontariamente.
Alcune alterazioni dello stato di coscienza (sonno, anestesia) e alcune patologie a carico del sistema nervoso
centrale (ictus, Parkinson) possono accompagnarsi a un deterioramento del riflesso della tosse.
Sulla base di tali osservazioni è logico concludere che il riflesso della tosse è soggetto ad un elevato grado di
controllo da parte di aree cerebrali corticali e/o sottocorticali.
Lo stimolo della tosse inizia con la fase inspiratoria, in cui la glottide si apre ampiamente come risultato
della contrazione dei muscoli abduttori delle cartilagini aritenoidi. Questo fenomeno consente la rapida
inspirazione di un volume variabile di aria, da pochi ml a valori pari a circa il 50% della capacità vitale.
Nella fase compressiva la glottide si chiude rapidamente, grazie all’azione dei muscoli adduttori delle
cartilagini aritenoidi, le corde vocali si serrano con forza, mentre i muscoli addominali e i muscoli
intercostali interni (muscoli espiratori) si contraggono energicamente. Pertanto la muscolatura inspiratoria è
intensamente co – attivata; conseguentemente, la pressione intrapolmonare si eleva spesso a 200 o più
cmH2O.
Nella fase espiratoria le corde vocali e l’epiglottide si aprono improvvisamente favorendo l’esplosiva
fuoriuscita dell’aria dai polmoni verso l’esterno.
È importante capire se si tratta di una tosse secca, stizzosa o produttiva capire se si accompagna ad altri
sintomi (dispnea o sibili).
Riguardo la durata, è possibile classificare la tosse in acuta o persistente.
La tosse acuta si tratta di un tipico disturbo della stagione fredda, dovuto, il più delle volte, ad infezioni
virali delle alte vie respiratorie.
In circa l’85% dei casi la tosse acuta è provocata dal comune raffreddore e viene scatenata attraverso un
meccanismo di danno epiteliale. Tra le cause più frequenti di tosse acuta, oltre al comune raffreddore,
troviamo la sinusite batterica acuta, la pertosse, le riacutizzazioni di BPCO, la rinite allergica o da inalazione
di irritanti. In tutti questi casi, un corretto approccio clinico – anamnestico consente solitamente di giungere
facilmente alla diagnosi, senza bisogno di ricorrere ad ausili laboratoristico – strumentali.
La tosse secondaria ad infezione virale tende, usualmente, ad autolimitarsi in maniera spontanea,
necessitando unicamente di un trattamento sintomatico.
L’associazione di una tosse acuta con malattie più importanti, quali insufficienza cardiaca, polmonite, asma,
aspirazione di un corpo estraneo o embolia polmonare, è accompagnata dalla presenza di altri sintomi e
segni.
La tosse cronica (meglio persistente) è tale se perdura oltre le 3 settimane; da escludere da questa categoria
sono le forme di tosse post – infettiva a lenta regressione, come ad esempio la pertosse.
La tosse cronica può riconoscere molteplici cause, dalle più gravi e rare alle più comuni e banali e talora può
essere sostenuta da più fattori scatenanti contemporaneamente. Esclusa la forma legata al fumo, pressoché
costante nei forti fumatori, le cause più comuni di tosse cronica sono, nell’ordine: gocciolamento retro
nasale, asma bronchiale e GER (reflusso gastro - esofageo). Queste tre malattie, definite “triade patogenica
della tosse cronica”, provocano da sole, o in associazione, circa il 90% dei casi di tosse cronica.
Altre condizioni patologiche che, sebbene tutt’altro che poso comuni, inducono raramente il paziente a
consultare il medico per il sintomo tosse, sono: la bronchite cronica, le bronchiectasie, le forme post –
infettive, le neoplasie polmonari, le malattie interstiziali del polmone, la tosse da ACE – inibitori e la tosse
idiopatica.
L’espettorazione è l’eliminazione verso l’esterno di materiale prodotto dall’apparato mucosecernente.
Si presenta, in quantità scarsa o abbondante, con aspetto mucoso (biancastro), purulento (giallo - verde) o
con presenza di sangue.
Le principali cause sono la patologia bronchiale (asma, bronchiectasie e BPCO), neoplasie polmonari e
polmoniti e ascesso polmonare.
L’emottisi/emoftoe è l’espettorazione di sangue. Si parla di emottisi se l’escreato è composto per la maggior
parte da sangue, mentre emoftoe se l’escreato è screziato di sangue.
Le cause principali sono: bronchiectasie, neoplasie, embolia polmonare, vasculiti, tubercolosi e farmaci.
Dolore toracico
Il dolore toracico può essere di tipo somatico (derivanti da elementi somatico come scheletro, muscoli, ossa e
cute) o viscerale (proveniente dagli organo interni). Il dolore toracico può essere l’espressione di un disturbo
riguardante gli organi del torace o dell’addome.
A causa della complessità delle strutture nervose del torace, un dolore proveniente da altre localizzazioni può
essere riferito al torace e, viceversa, un interessamento di un organo intratoracico può provocare un dolore in
aree diverse. Ad esempio, il dolore da “indigestione” è spesso riferito al torace, mentre quello provocato da
un aneurisma dissecante dell’aorta toracica può partire dallo sterno e migrare alla schiena.
È importante capire:
- Se è iniziato bruscamente o gradualmente;
- Se si accompagna a sfregamenti apprezzabili del malato stesso con l’applicazione delle mani sul
torace e cosi via.
Il dolore toracico da cause polmonari è dovuto al coinvolgimento della parete toracica o della pleura
viscerale, poiché il parenchima polmonare e la pleura viscerale non hanno recettori per il dolore.
Il dolore pleuritico è il principale sintomo di un’infiammazione della pleura parietale; si tratta di un dolore
localizzato a un lato del torace e scatenato o accentuato dall’inspirazione, dalla tosse, dal riso.
Il dolore della parete toracica ha invece origine dai muscoli intercostali, dalle coste, dalle cartilagini
costali, nonché dei nervi e delle vertebre; è di solito ben localizzato, costante, accentuato dalla pressione o
dai movimenti degli arti superiori.
Il dolore mediastinico è un dolore molto variabile per intensità e caratteristiche; inoltre, si presenta difficile
individuarne la causa per il grande numero di organi presenti in sede.
Per esempio, il dolore toracico è il sintomo principale dei disturbi cardiaci. Il dolore da infarto miocardico,
nella sua presentazione classica, è descritto come una “morsa” al torace, che si irradia agli arti superiori, più
spesso al sinistro: questo tipo implica un’emergenza e la necessità di un intervento medico tempestivo.
Purtroppo non sempre il dolore cardiaco si manifesta in modo cosi evidente da essere subito riconosciuto: a
volte, l’intensità del dolore non è correlata alla gravità della causa che lo ha originato. Per questo motivo il
dolore toracico non deve essere mai sottovalutato.
Esame obiettivo del torace
Nonostante la validità dei tesi funzionali e radiologici, l’esame obiettivo del paziente rimane, insieme
all’anamnesi, un aspetto fondamentale della valutazione clinica. L’esame obiettivo del torace si articola nei
quattro momenti tradizionali: l’ispezione, la palpazione, la percussione e l’auscultazione.
ISPEZIONE
L’esame clinico del paziente inizia nel momento in cui egli ci compare davanti. L’osservazione generale,
assieme all’anamnesi, alla rivelazione dei parametri vitali e all’esame obiettivo del torace, fornisce la base
per poter pianificare gli ulteriori accertamenti diagnostici e le misure terapeutiche e riabilitative.
L’ispezione non dovrebbe limitarsi solo al torace, ma dovrebbe prendere in considerazione la totalità del
paziente.
Va eseguita ponendo il paziente in una buona condizione di luce e in posizione seduta, con le spalle rilassate
e le braccia abbandonate lungo i fianchi o in grembo; l’esaminatore si pone prima di fronte, poi alle spalle
del paziente.
Si deve osservare il soggetto di fronte, di lato e posteriormente, prima nel suo insieme e poi a livello
toracico.
L’ispezione consente di valutare:
- Forma e dimensioni del torace con le eventuali variazioni fisiologiche o patologiche;
- Pulsazioni visibili;
Il paziente si trova sul lato malato per ridurre le escursioni della parete toracica dal lato della lesione,
per aumentare la ventilazione del lato sano o per evitare il deflusso di pus nell’albero bronchiale.
L’esame della cute permette di rilevare la presenza di turbe del trofismo, di lesioni erpetiche o eczematose, di
edemi circoscritti, di tumefazioni o cicatrici. Si può osservare la presenza di anomalie del circolo
sottocutaneo derivanti da ostacoli alla circolazione profonda o da una sindrome mediastinica (presenza di
“edema a mantellina”); inoltre bisogna valutare se è presente cianosi.
L’osservazione di cute e mucose permette di rilevare:
- Accentuato pallore: presente in soggetti con forte emottisi;
Si definisce cianosi la colorazione azzurro – violacea della cute e delle mucose che si verifica quando
l’emoglobina ridotta (non ossigenata) supera i 5 gr/L di sangue capillare. Questo segno induca ipossia, che
può essere di origine cardiaca (bassa perfusione) o polmonare (bassa ossigenazione) o entrambi.
La rilevazione della cianosi è soggettiva, può essere inficiata dalla colorazione della pelle e spesso nonè
osservabile chiaramente fino a quando la saturazione arteriosa dell’ossigeno non scende al di sotto dell’80%.
L’anemia rende più difficile la comparsa di cianosi.
Si distingue:
- Cianosi periferica: cianosi che si verifica alle estremità (particolare evidente a livello del letto
ungueale e delle labbra). È dovuta ad una eccessiva quantità di emoglobina ridotta a livello della
periferica capillare, a causa di un estremo rallentamento del flusso sanguigno (stasi del circolo e
conseguente aumento dell’estrazione di O 2) come conseguenza di una ridotta gittata cardiaca o per
vasocostrizione;
- Cianosi centrale: osservabile in aree più centrali del corpo, come il tronco e la mucosa della bocca
(lingua e la mucosa sublinguale sono le localizzazioni più affidabili) per insufficiente ossigenazione
del sangue (malattie cardio – polmonari di particolare gravità). È causata dalla desaturazione
arteriosa caratteristica degli shunt destro – sinistro di malattie cardiache e polmonari come
conseguenza di un’inadeguata ossigenazione del sangue a livello polmonare, o per alterazioni del
rapporto ventilazione/perfusione, e riflette un’ipossiemia severa.
Caratteristicamente le estremità sono bluastre e fredde nella cianosi periferica e bluastre e calde nella
cianosi centrale.
L’ippocratismo digitale consiste in un aumento della curvatura e dell’angolo del letto ungueale associato a
cianosi e ispessimento della falange distale. Si presenta con dita a bacchetta di tamburo e unghie a vetrino di
orologio.
È presente nelle malattie polmonari croniche (fibrosi polmonare idiopatica, bronchiectasie, fibrosi cistica,
carcinoma bronchiale, ecc.) e cardiache.
La Sindrome di Claude – Bernard – Horner si presenta con enoftalmo, miosi e ptosi palpebrale. È dovuta
alla compressione delle fibre simpatiche da parte di linfonodi laterocervicali ingrossati (da patologie come
tumore polmonare).
- Limite inferiore: la linea toraco – addominale, dall’apofisi ensiforme dello sterno a T12 lungo il
margine costale.
Torace allungato, caratteristico dei longilinei, e quadrato, caratteristico dei brevilinei, sono conformazioni
nell’ambito della normalità.
Però la morfologia del torace può risultare alterata in seguito a diverse condizioni patologiche: la gabbia
toracica dovrebbe essere ispezionata per valutare la presenza di eventuali alterazioni della colonna
vertebrale, o la presenza di eventuali deformità:
- Torace rachitico o carenato, che è caratterizzato dalla prominenza dello sterno e spesso si può
associare al rosario rachitico (prominenze in corrispondenza delle giunzioni costo - cartilaginee);
- Torace a botte, che è caratterizzato da una orizzontalizzazione delle coste con allargamento degli
spazi intercostali ed atteggiamento inspiratorio;
- Torace tisico, da malnutrizione, con riduzione dei diametri sagittali e accentuazione della fossa
epigastrica e sopraclaveare,
- Pectus excavatum (“da calzolaio”) costituzionale o da ripetuta pressione con arnesi da lavoro;
- Torace imbutiforme che presenta infossamento dello sterno a partire dalla terza costa verso il
basso.
Le deformazioni del torace che ne provocano asimmetria sono le ectasie e le retrazioni; entrambe possono
essere diffuse o circoscritte.
Importante è la valutazione della simmetria e del sincronismo dei movimenti respiratori, che può essere
effettuata invitando il paziente ad aumentare al massimo la profondità degli atti respiratori, osservando il
riempimento delle aree sopraclavicolari e sottoclavicolari, i movimenti dello sterno, del diametro trasverso e
della parete addominale. I movimenti del torace, e le eventuali asimmetrie o asincronismi, possono essere
meglio valutati associando all’ispezione la palpazione, attuata ponendo entrambe le mani a piatto prima sulle
porzioni inferiori del torace per salire a quelle superiori.
Altro aspetto dell’ispezione consiste nel valutare la presenza di rientramenti inspiratori patologici quali, ad
esempio, il segno di Hoover, che compare nei soggetti affetti da BPCO (ma anche nella fibrosi e nelle
atelectasie) e che consiste nel rientramento anomalo degli spazi intercostali inferiori durante l’inspirazione.
Importanti sono anche le caratteristiche della parola e la presenza di anomalie quali raucedine, stridori e sibili
respiratori.
Utile per la valutazione del contributo alla respirazione dei muscoli diaframmatici ed intercostali è
l’osservazione del paziente in posizione supina; il rientramento della parete addominale durante
l’inspirazione, o una predominanza alternata dei movimenti addominali e toracici, suggeriscono una paralisi
o un’ipostenia del diaframma e possono essere un segno precoce di insufficienza respiratoria.
PALPAZIONE
La palpazione rappresenta la seconda tappa dell’esame obiettivo.
È possibile valutare la motilità toracica, ponendo una mano su ciascun emitorace mentre il paziente respira
profondamente cosi da osservare eventuali anomalie dell’espansione degli stessi. Inoltre, è possibile valutare
lo stato di cute, sottocute e muscolatura. Si dovrebbero palpare sia i muscoli intercostali durante
l’inspirazione, per valutarne il contributo, sia l’impulso cardiaco apicale e la trachea, in quanto un loro
spostamento dalla posizione normale indica una riduzione o un incremento relativo di volume di un
emitorace rispetto all’altro. Si deve inoltre palpare la regione parasternale sinistra per determinare se esista
una tumefazione riferibile ad ipertrofia ventricolare destra. Palpare gli spazi intercostali e le coste o
provocare dolore con la pressione può essere utile per identificare eventuali masse tumorali; si dovrebbero
inoltre esplorare le regioni ascellari, cervicali o sopraclaveari per rilevare eventuali linfonodi tumefatti.
Pertanto, tramite la palpazione è possibile riscontrare enfisema sottocutaneo nonché alterazioni del timo
muscolare e punti dolorosi.
- In caso di alveoliti;
- Infarto polmonare;
- Presenza di cavità purchè il parenchima circostante sia addensato e vi sia un bronco di drenaggio
pervio.
- Polmoniti.
Una riduzione del FVT si osserva in condizioni in cui si ha diminuzione della trasmissione del suono, come:
- Edema;
PERCUSSIONE
La percussione valuta solamente i 5 cm più superficiali del tessuto polmonare e pertanto la porzione centrale
del polmone rimane “silente”. Si esegue in modo digito – digitale in corrispondenza degli spazi intercostali.
In condizioni normali determina il caratteristico suono chiaro polmonare. Tale suono risulta dalla massa in
vibrazione dell’aria contenuta negli alveoli ad opera della percussione.
Normalmente, il dito plessore percuote all’altezza dell’articolazione interfalangea distale del dito medio della
mano appoggiata al torace.
La percussione può essere topografica (o delimitante), per verificare l’eventuale spostamento di strutture
toraciche, o comparativa, per localizzare la presenza di processi patologici.
Nella percussione topografica è utile soprattutto la delimitazione del margine inferiore del polmone dal
momento che le basi polmonari possono avere una mobilità alterata di diverse pneumopatie.
Si percuote il polmone alle basi e si fanno compiere al paziente delle inspirazioni.
Il margine inferiore può essere ipomobile in esiti cicatriziali di pleuriti, in caso di pneumoperitoneo,
enfisema polmonare, ascite, epatosplenomegalia, paresi diaframmatica.
Può abbassarsi in caso di pneumotorace, enfisema polmonare; può essere sollevato in caso di retrazione
parenchimale, paresi diaframmatica, pneumoperitoneo, versamenti o neoplasie endoaddominali.
La percussione dovrebbe essere comparativa, in modo da localizzare la presenza di processi patologici;
dovrebbe essere effettuata comparando le stesse aree su ciascun lato procedendo dall’alto verso il basso.
Per una corretta percussione del torace, e per evidenziare il suono chiaro polmonare, è necessario che il dito
plessimetro sia interposto tra gli spazi intercostali. Poiché il suono provocato è influenzato dallo spessore
della parete toracica e dal volume del polmone sottostante l’area percossa, i reperti “normali” differiscono da
paziente a paziente e da un’area all’altra nello stesso soggetto. Il suono plessico è prodotto dalla vibrazione
del dito percosso e dalle vibrazioni della parete toracica. Il normale suono evocato alla percussione è
chiamato suono chiaro polmonare; in presenza di una patologia polmonare il suono plessico varia da
un’ipofonesi (in caso di addensamento polmonare di tipo infiammatorio o neoplastico, di edema polmonare,
versamenti pleurici, ispessimenti o neoplasie pleuriche), ad una ottusità completa (versamento pleurico
massivo), ad un’iperfonesi (enfisema, pneumotorace). Una forma particolare di risonanza timpanica è il
segno di Skoda, che è un’iperfonesi timpanica in regione sottoclaveare e si può percepire al di sopra di una
regione polmonare superiore parzialmente compressa quando la porzione inferiore è collassata da un
versamento pleurico.
AUSCULTAZIONE
L’auscultazione viene eseguita in modo mediato, cioè attraverso l’uso di strumenti quali il fonendoscopio;
viene eseguita sistematicamente in zone simmetriche del torace iniziando dall’alto.
L’auscultazione è di importanza fondamentale; bisogna effettuarla in maniera comparativa, partendo dagli
apici per scendere fino alle basi polmonari; durante l’auscultazione l’esaminatore deve valutare la qualità e
l’intensità del rumore respiratorio e verificare la presenza di rumori patologici aggiunti.
Si fanno compiere al paziente dei respiri profondi, invitandolo spesso a tossire per verificare se un reperto
abnorme si modifichi o meno con la tosse.
L’auscultazione va condotta facendo respirare il paziente a bocca aperta affinché non ci creino rumori extra –
polmonari, determinati dal passaggio dell’aria attraverso le prime vie aree.
Murmure vescicolare
Il normale rumore respiratorio viene definito murmure vescicolare (MV) e viene percepito più chiaramente
e per una durata maggiore durante l’inspirazione.
Normalmente è rilevabile sulla gran parte della superficie toracica. Si tratta di un rumore dolce, di bassa
tonalità, apprezzabile in tutta la fase respiratoria. È di origine alveolare e dipende dall’entrata e dalla
fuoriuscita dell’aria dagli alveoli.
Una diminuzione del MV si ha per eccessivo spessore della parete toracica oppure per alterazioni
intrinseche dell’apparato respiratorio, quali:
- Ostacolo alla penetrazione dell’aria nell’albero tracheobronchiale (per esempio, stenosi bronchiale);
- Ostacolo alla penetrazione dell’aria negli alveoli (processi infiltrativi, trasudativi, ecc.;
- Perdita dell’elasticità polmonare per distruzione delle pareti alveolari (per esempio, nell’enfisema);
Il MV è rinforzato quando è aumentata la frequenza e la profondità degli atti respiratori, come nella dispnea,
oppure quando un polmone iperventila in via compensatoria, come nel caso di un versamento pleurico, di un
addensamento polmonare del lato opposto o processo infiltrativo importante.
Da punto di vista della qualità del MV, si distingue:
- MV aspro: il MV perde la sua caratteristica dolcezza per diventare più rude. Si associa di solito ad
un prolungamento dell’espirazione.
Si riscontra di solito in presenza di stenosi bronchiale, generalmente secondaria a tumefazione della
mucosa e all’eventuale presenza di essudato aderente alle pareti.
- Espirazione prolungata: aumenta la durata del MV nella fase espiratoria. Si verifica per la difficoltà
dell’aria d uscire dagli alveoli. È tipico belle broncopatie croniche ostruttive.
Un esempio di espirazione prolungata si presenta nel soffio bronchiale: ha una fase inspiratoria breve e una
fase espiratoria lunga, talora separati da una pausa. Gli alveoli normalmente smorzano le vibrazioni ad alta
frequenza provenienti dalla trachea e dai bronchi. È normalmente rilevabile solo a livello del laringe e della
trachea per i fenomeni di turbolenza provocati dal passaggio dell’aria attraverso la rima glottidea.
Quando gli alveoli solo occupati da trasudati o da essudati o sono collassati vengono trasmesse anche le
frequenze più alte.
Si presenta con un rumore aspro a carattere soffiante.
Rumori laringei
Il soffio laringeo, o cornage, si tratta di un rumore stridulo, prolungato, prevalentemente inspiratorio, udibile
anche a distanza.
Spesso associato a rientramenti inspiratori del giugulo (tirage).
Può essere causato da spasmo o edema della glottide o da corpo estraneo.
Diagnostica funzionale dello studio dell’apparato respiratorio
I test di funzionalità respiratoria sono utilizzati per monitorare persone a rischio di patologie a carico
dell’apparato respiratorio, valutare patologie che compromettono la funzione cardiopolmonare, formulare la
prognosi e il rischio preoperatorio, nonché monitorare l’efficacia della terapia, il decorso della malattia e gli
effetti collaterali di farmaci con tossicità polmonare.
L’esame spirometrico rappresenta il classico test funzionale respiratorio utilizzato per misurare il volume di
aria inspirata o espirata in funzione del tempo. Si può in tal modo registrare il respiro tranquillo (volume
corrente) nonché inspirazioni ed espirazioni profonde per ottenere informazioni sulla capacità vitale e sulle
frazioni e volumi dell’espirazione forzata.
L’esame spirometrico, misurando esclusivamente la quantità di aria che entra ed esce dai polmoni, pur
rappresentando il gold standard, non fornisce informazioni complete sui volumi assoluti polmonari. Sono
pertanto necessarie altre metodiche, quali la pletismografia corporea e le tecniche di diluizione dei gas, come
il wash out dell’azoto, per poter misurare il volume residuo, la capacità funzionale residua e la capacità
polmonare totale.
Si parla di manovra lenta e manovra forzata.
Con la manovra lenta è possibile ricavare i seguenti volumi:
- VC: volume corrente – quantità di aria che può essere espulsa dai polmoni dopo un’inspirazione
massima;
- TV: Volume Corrente – volume di gas inspirato ed espirato durante ciascun atto respiratorio;
- IRV: Volume di Riserva Inspiratoria – Massima quantità di gas che può essere inspirata al termine di
un’inspirazione normale;
- ERV: Volume di Riserva Espiratoria – Massima quantità di gas che può essere inspirata al termine di
un’espirazione normale.
Nella manovra lenta, dopo aver fatto compiere al paziente un inspirazione lenta, ma massimale, si fa espirare
tutta l’aria con una manovra lenta.
Con la manovra di espirazione forzata è possibile determinare:
- FVC: Capacità Vitale Forzata – Volume totale di aria espulsa in un’espirazione forzata partendo da
un’inspirazione completa;
- FEV1: Volume espiratorio massimo 1 secondo – Volume di aria espirata nel primo secondo di
un’espirazione forzata, partendo da una inspirazione completa;
- FEV1/VC (Indice di Tiffeneau): questo rapporto è fondamentale per determinare un deficit
ostruttivo.
Dopo aver fatto compiere al paziente una inspirazione massimale, lo si invita ad espirare con la massima
forza il massimo volume di aria possibile.
- BPCO;
- Bronchiectasie
- Malattie neuromuscolari;
È possibile anche rappresentare la manovra di espirazione forzata con una curva flusso – volume, in cui in
ogni momento si riportano il flusso istantaneo e il volume espirato.
EMOGASANALISI
L’emogasanalisi si esegue prelevando un campione di sangue arterioso che viene immediatamente
analizzato con apposito strumento.
La misura dei gas ematici arteriosi è un test di grande utilità clinica per lo studio delle cause di:
- Anormalità degli scambi gassosi a livello polmonare;
Deficit ventilatorio
Parametro
ostruttivo
PaO2 80 – 100 mmHg
PaCO2 35 – 45 mmHg
PH 7,35 – 7,45
HCO3- 16 – 30 mEq/L
SaO2% >95%
L’ipossiemia è una condizione in cui il sangue arterioso contiene una quantità di ossigeno più bassa (o meno
disponibile all’uso) rispetto al normale. Spesso, ma non sempre, tale condizione si associa a ipossia, cioè a
una ridotta quantità di ossigeno disponibile nei tessuti.
L’ipossiemia insorge a seguito di un’alterazione degli scambi gassosi, tra sangue e atmosfera, che avvengono
a livello dei alveoli polmonari. Ad alterare tali scambi possono essere cause diverse, tra cui: enfisema
polmonare, mal di montagna, edema polmonare, ecc.
C’è una riduzione fisiologica con l’età, ma valori di PaO2 < 60 mmHg sono da considerarsi patologici.
L’ipercapnia, invece, è un incremento del contenuto di CO2 nel sangue arterioso.
Valori di PaCO2 > 45 mmHg sono da considerarsi patologici.
Alterazioni dell’emogasanalisi si possono riscontrare in presenza di insufficienza respiratoria, definita
come l’incapacità dei polmoni a soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo.
Si realizza quando l’apparato respiratorio non è più in grado di mantenere l’omeostasi degli scambi gassosi.
È caratterizzata dalla presenza nel sangue arterioso di una PaO 2 < 60 mmHg e/o una PaCO2 > 50 mmHg.
Può essere classificata in:
- Tipo 1: ipossiemica e normo/ipocapnica;
- Cronica; la meno grave per il compenso, ha una durata compresa fra le settimane e il/i mese/i;
- Cronica riacutizzata.
Diagnostica per immagini nello studio dell’apparato respiratorio
L’esame radiologico tradizionale rimane l’indagine fondamentale per identificare ogni situazione
patologica. Rappresenta ormai spesso il primo step e non lo si nega a nessuno.
Comprende due modalità:
- Esame radiografico;
- Esame radioscopico.
L’aria presente negli alveoli e nelle vie aeree crea un contrasto naturale ottimale. I raggi X attraversano
facilmente gli spazi aerei determinando sulla pellicola radiografica zone di maggiore annerimento che
contrastano con i tessuti più densi, che per l’attenuazione del fascio radiante appaiono come strutture opache.
Il radiogramma del torace riproduce l’anatomia macroscopica del polmone con un dettaglio non
raggiungibile negli altri apparati.
I vantaggi della radiografia sono:
- È una tecnica ubiquitaria, facilmente disponibile;
- È poco costosa.
- Di prima istanza nella ricerca di lesioni non documentabili con la radiologia tradizionale;
- Urgenza – emergenza: tutte le patologie acute che richiedono diagnosi e trattamenti tempestivi
(traumi, embolia);
- Oncologia riconoscere neoplasie allo stadio iniziale, stadiazione locale e a distanza, follow – up,
come guida per le biopsie.
La PET è una tecnica di medicina nucleare che produce immagini tridimensionali o mappe dei processi
funzionali all’interno dell’organismo.
Si ha l’iniezione e.v. di un isotopo tracciante legato ad una molecola attiva a livello metabolico; la molecola
metabolicamente attiva (zucchero) si distribuisce nell’organismo e l’isotopo decade.
La scintigrafia polmonare si basa sull’uso di radiofarmaci che consentono di visualizzare forma e
dimensioni dei polmoni e di lesioni in essi localizzate.
I radiofarmaci possono essere:
- Semplici: radionuclidi che emettono raggi γ;
- Capacità di aspirazione;
- Paziente ricoverato.
- Guaina avvolgente;
Vantaggi:
- Estensione del campo di esplorazione;
- Anestesia locale;
Svantaggi:
- Nessun controllo delle vie aeree;
- Brushing;
- Biopsia endobronchiale;
- Lavaggio bronchiale;