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Malattie Apparato Respiratorio – Semeiotica generale

Le malattie dell’apparato respiratorio rappresentano il 40% di tutte le patologie.


L’anamnesi è una tappa fondamentale per la diagnosi.
Nell’anamnesi familiare e personale bisogna chiedere al paziente l’eventuale esposizione familiare a
patologie contagiose, ricorrenti ed ereditarie. Inoltre è necessario sapere dove il paziente vive, l’eventuale
esposizione a fumo di sigaretta o a agenti patogeni (asbesto, polveri) e l’assunzione presente o passata di
farmaci.
Nell’anamnesi professionale è importante approfondire l’attività lavorativa (quale professione, da quanti
anni) poiché in ambiente lavorativo le polveri migrano sulla pleura esercitando un’azione fibrogena e
cancerogena.
Per esempio, pneumopatie professionali da polveri inorganiche sono:
- Silicosi: industria del vetro, della ceramica, della pietra;

- Asbestosi: edilizia;

- Antracosi: carbone;

- Berilliosi: nucleare, elettronica, aereospaziale.

Pneumopatie professionali da polveri organiche sono:


- Asma: isocianati, aldeidi, anidridi, cromo, nichel, tinture, cotone, lino, frumento, farina;

- Polmoniti da ipersensibilità: contadino; avicoltore, coltivatori di funghi, lavoratori del legno,


panettieri;
Nell’anamnesi patologica remota bisogna tener conto della presenza di patologie pregresse che possono
riacutizzarsi, inoltre il paziente deve portare con se tutta la documentazione di precedenti ricoveri.
Nell’anamnesi patologica prossima analizziamo la presenza di eventuali si tomi (dispnea, tosse, emottisi,
espettorato, dolore toracico, febbre).

ANAMNESI PATOLOGICA
Dispnea
La dispnea costituisce uno dei sintomi fondamentali conseguenti ad alterazioni dell’apparato
cardiorespiratorio e può essere definita una sensazione soggettiva di difficoltà respiratoria.
La dispnea rappresenta un sintomo abbastanza comune nei pazienti con patologie in fase avanzata ed
eziologia mista respiratoria, neoplastica, cardiaca e neuromuscolare.
Il termine è genericamente utilizzato per indicare la difficoltà vissuta dal paziente nel respirare ed il paziente
stesso spesso utilizza diverse espressioni per descriverla, quali “fame d’aria”, “sensazione di oppressione
toracica” e “sensazione di soffocamento”. Episodi di difficoltà respiratoria che risvegliano bruscamente i
pazienti in occasione di un sonno profondo, sono definiti come dispnea parossistica notturna e si osservano
generalmente nei soggetti affetti da insufficienza ventricolare sinistra o in corso di malattie polmonari
croniche. In alcuni casi la dispnea può aggravarsi in posizione supina (ortopnea) fino a costringere il
paziente, in alcuni casi di paralisi diaframmatica bilaterale, a non poter assumere la posizione supina
(ortopnea istantanea).
Quando la dispnea si verifica in posizione eretta prende il nome di platipnea, mentre quando si realizza in
decubito laterale è definita trepopnea.
Vi sono, infine, situazioni in cui il respiro appare difficoltoso, ma non si verifica dispnea. La comparsa della
dispnea, infatti, deriva dall’interazione di fattori multipli, psicologici, fisiologici, sociali e comportamentali e
può portare a risposte fisiologiche e comportamentali diverse.
La dispnea può essere accessionale o continua, nonché ingravescente o stabile.
Inoltre può essere inspiratoria, espiratoria, verificarsi solo a riposo oppure a seguito di uno sforzo o a
seconda della posizione.
Non sono ancora chiarii meccanismi patogenetici; si pensa che sia dovuta ad affaticamento della muscolatura
respiratoria, ma sono chiamati in causa altri fattori come variazioni del ph e della CO 2.

Tosse
La tosse è definita come un atto espiratorio esplosivo, volontario o riflesso.
Infatti, la tosse è un riflesso di difesa delle vie aeree costituito, cin tutti i riflessi, da una via afferente,
rappresentata dal nervo vago, da un centro di integrazione bulbo – pontino, e da una via efferente somatica.
Il riflesso della tosse origina obbligatoriamente da strutture innervate dal vago, particolarmente dalla laringe
e dell’albero tracheo – bronchiale. Recettori per la tosse sono stati individuati anche in altri siti anatomici,
dotati di innervazione vagale, quali la membrana timpanica, il canale uditivo e il tratto digerente superiore.
La tosse può essere riprodotta volontariamente e può essere, almeno in parte, soppressa volontariamente.
Alcune alterazioni dello stato di coscienza (sonno, anestesia) e alcune patologie a carico del sistema nervoso
centrale (ictus, Parkinson) possono accompagnarsi a un deterioramento del riflesso della tosse.
Sulla base di tali osservazioni è logico concludere che il riflesso della tosse è soggetto ad un elevato grado di
controllo da parte di aree cerebrali corticali e/o sottocorticali.
Lo stimolo della tosse inizia con la fase inspiratoria, in cui la glottide si apre ampiamente come risultato
della contrazione dei muscoli abduttori delle cartilagini aritenoidi. Questo fenomeno consente la rapida
inspirazione di un volume variabile di aria, da pochi ml a valori pari a circa il 50% della capacità vitale.
Nella fase compressiva la glottide si chiude rapidamente, grazie all’azione dei muscoli adduttori delle
cartilagini aritenoidi, le corde vocali si serrano con forza, mentre i muscoli addominali e i muscoli
intercostali interni (muscoli espiratori) si contraggono energicamente. Pertanto la muscolatura inspiratoria è
intensamente co – attivata; conseguentemente, la pressione intrapolmonare si eleva spesso a 200 o più
cmH2O.
Nella fase espiratoria le corde vocali e l’epiglottide si aprono improvvisamente favorendo l’esplosiva
fuoriuscita dell’aria dai polmoni verso l’esterno.
È importante capire se si tratta di una tosse secca, stizzosa o produttiva capire se si accompagna ad altri
sintomi (dispnea o sibili).
Riguardo la durata, è possibile classificare la tosse in acuta o persistente.
La tosse acuta si tratta di un tipico disturbo della stagione fredda, dovuto, il più delle volte, ad infezioni
virali delle alte vie respiratorie.
In circa l’85% dei casi la tosse acuta è provocata dal comune raffreddore e viene scatenata attraverso un
meccanismo di danno epiteliale. Tra le cause più frequenti di tosse acuta, oltre al comune raffreddore,
troviamo la sinusite batterica acuta, la pertosse, le riacutizzazioni di BPCO, la rinite allergica o da inalazione
di irritanti. In tutti questi casi, un corretto approccio clinico – anamnestico consente solitamente di giungere
facilmente alla diagnosi, senza bisogno di ricorrere ad ausili laboratoristico – strumentali.
La tosse secondaria ad infezione virale tende, usualmente, ad autolimitarsi in maniera spontanea,
necessitando unicamente di un trattamento sintomatico.
L’associazione di una tosse acuta con malattie più importanti, quali insufficienza cardiaca, polmonite, asma,
aspirazione di un corpo estraneo o embolia polmonare, è accompagnata dalla presenza di altri sintomi e
segni.
La tosse cronica (meglio persistente) è tale se perdura oltre le 3 settimane; da escludere da questa categoria
sono le forme di tosse post – infettiva a lenta regressione, come ad esempio la pertosse.
La tosse cronica può riconoscere molteplici cause, dalle più gravi e rare alle più comuni e banali e talora può
essere sostenuta da più fattori scatenanti contemporaneamente. Esclusa la forma legata al fumo, pressoché
costante nei forti fumatori, le cause più comuni di tosse cronica sono, nell’ordine: gocciolamento retro
nasale, asma bronchiale e GER (reflusso gastro - esofageo). Queste tre malattie, definite “triade patogenica
della tosse cronica”, provocano da sole, o in associazione, circa il 90% dei casi di tosse cronica.
Altre condizioni patologiche che, sebbene tutt’altro che poso comuni, inducono raramente il paziente a
consultare il medico per il sintomo tosse, sono: la bronchite cronica, le bronchiectasie, le forme post –
infettive, le neoplasie polmonari, le malattie interstiziali del polmone, la tosse da ACE – inibitori e la tosse
idiopatica.
L’espettorazione è l’eliminazione verso l’esterno di materiale prodotto dall’apparato mucosecernente.
Si presenta, in quantità scarsa o abbondante, con aspetto mucoso (biancastro), purulento (giallo - verde) o
con presenza di sangue.
Le principali cause sono la patologia bronchiale (asma, bronchiectasie e BPCO), neoplasie polmonari e
polmoniti e ascesso polmonare.
L’emottisi/emoftoe è l’espettorazione di sangue. Si parla di emottisi se l’escreato è composto per la maggior
parte da sangue, mentre emoftoe se l’escreato è screziato di sangue.
Le cause principali sono: bronchiectasie, neoplasie, embolia polmonare, vasculiti, tubercolosi e farmaci.

Dolore toracico
Il dolore toracico può essere di tipo somatico (derivanti da elementi somatico come scheletro, muscoli, ossa e
cute) o viscerale (proveniente dagli organo interni). Il dolore toracico può essere l’espressione di un disturbo
riguardante gli organi del torace o dell’addome.
A causa della complessità delle strutture nervose del torace, un dolore proveniente da altre localizzazioni può
essere riferito al torace e, viceversa, un interessamento di un organo intratoracico può provocare un dolore in
aree diverse. Ad esempio, il dolore da “indigestione” è spesso riferito al torace, mentre quello provocato da
un aneurisma dissecante dell’aorta toracica può partire dallo sterno e migrare alla schiena.
È importante capire:
- Se è iniziato bruscamente o gradualmente;

- Se è un dolore vivo o profondo;

- Se si accentua con gli atti del respiro o la tosse;

- Se si accompagna a febbre o a dispnea;

- Se è localizzato o irradiato (verso quale regione);

- Se si accompagna a sfregamenti apprezzabili del malato stesso con l’applicazione delle mani sul
torace e cosi via.
Il dolore toracico da cause polmonari è dovuto al coinvolgimento della parete toracica o della pleura
viscerale, poiché il parenchima polmonare e la pleura viscerale non hanno recettori per il dolore.
Il dolore pleuritico è il principale sintomo di un’infiammazione della pleura parietale; si tratta di un dolore
localizzato a un lato del torace e scatenato o accentuato dall’inspirazione, dalla tosse, dal riso.
Il dolore della parete toracica ha invece origine dai muscoli intercostali, dalle coste, dalle cartilagini
costali, nonché dei nervi e delle vertebre; è di solito ben localizzato, costante, accentuato dalla pressione o
dai movimenti degli arti superiori.
Il dolore mediastinico è un dolore molto variabile per intensità e caratteristiche; inoltre, si presenta difficile
individuarne la causa per il grande numero di organi presenti in sede.
Per esempio, il dolore toracico è il sintomo principale dei disturbi cardiaci. Il dolore da infarto miocardico,
nella sua presentazione classica, è descritto come una “morsa” al torace, che si irradia agli arti superiori, più
spesso al sinistro: questo tipo implica un’emergenza e la necessità di un intervento medico tempestivo.
Purtroppo non sempre il dolore cardiaco si manifesta in modo cosi evidente da essere subito riconosciuto: a
volte, l’intensità del dolore non è correlata alla gravità della causa che lo ha originato. Per questo motivo il
dolore toracico non deve essere mai sottovalutato.
Esame obiettivo del torace
Nonostante la validità dei tesi funzionali e radiologici, l’esame obiettivo del paziente rimane, insieme
all’anamnesi, un aspetto fondamentale della valutazione clinica. L’esame obiettivo del torace si articola nei
quattro momenti tradizionali: l’ispezione, la palpazione, la percussione e l’auscultazione.

ISPEZIONE
L’esame clinico del paziente inizia nel momento in cui egli ci compare davanti. L’osservazione generale,
assieme all’anamnesi, alla rivelazione dei parametri vitali e all’esame obiettivo del torace, fornisce la base
per poter pianificare gli ulteriori accertamenti diagnostici e le misure terapeutiche e riabilitative.
L’ispezione non dovrebbe limitarsi solo al torace, ma dovrebbe prendere in considerazione la totalità del
paziente.
Va eseguita ponendo il paziente in una buona condizione di luce e in posizione seduta, con le spalle rilassate
e le braccia abbandonate lungo i fianchi o in grembo; l’esaminatore si pone prima di fronte, poi alle spalle
del paziente.
Si deve osservare il soggetto di fronte, di lato e posteriormente, prima nel suo insieme e poi a livello
toracico.
L’ispezione consente di valutare:
- Forma e dimensioni del torace con le eventuali variazioni fisiologiche o patologiche;

- Presenza di deformazioni parziali o asimmetriche del torace;

- Stato della cute e del circolo venoso sottocutaneo;

- Pulsazioni visibili;

- Tipo di respiro e le sue modificazioni di intensità, frequenza e ritmo;

- Presenza di rientramenti inspiratori fisiologici o patologici;

Si deve valutare il decubito, il ritmo e il respiro e la cute e mucose.


Il decubito può essere:
- Attivo: il paziente è in grado di mantenere qualsiasi posizione (decubito indifferente) o alcune
posizioni (decubito obbligato);
- Passivo: il paziente giace prostrato e non è in grado di modificare autonomamente la posizione.

Il decubito obbligato si distingue in:


- Semiortopnoico (paziente supino con schienale inclinato di 90°): il paziente assume tale posizione
in caso di grave crisi d’asma e severa riacutizzazione di BPCO.
Il paziente può presentarsi anche seduto, gambe a penzoloni, mani appoggiate ai bordi del letto: ciò
permette escursioni più ampie del diaframma e messa in azione dei muscoli respiratori accessori.
- Decubito laterale obbligato: in caso di pleuriti, versamento pleurico, ascessi e bronchiectasie;

Il paziente si trova sul lato malato per ridurre le escursioni della parete toracica dal lato della lesione,
per aumentare la ventilazione del lato sano o per evitare il deflusso di pus nell’albero bronchiale.
L’esame della cute permette di rilevare la presenza di turbe del trofismo, di lesioni erpetiche o eczematose, di
edemi circoscritti, di tumefazioni o cicatrici. Si può osservare la presenza di anomalie del circolo
sottocutaneo derivanti da ostacoli alla circolazione profonda o da una sindrome mediastinica (presenza di
“edema a mantellina”); inoltre bisogna valutare se è presente cianosi.
L’osservazione di cute e mucose permette di rilevare:
- Accentuato pallore: presente in soggetti con forte emottisi;

- Colorito acceso del volto: soggetti pletorici ed enfisematosi;

- Presenza o meno di cianosi (colorito bluastro)

Si definisce cianosi la colorazione azzurro – violacea della cute e delle mucose che si verifica quando
l’emoglobina ridotta (non ossigenata) supera i 5 gr/L di sangue capillare. Questo segno induca ipossia, che
può essere di origine cardiaca (bassa perfusione) o polmonare (bassa ossigenazione) o entrambi.
La rilevazione della cianosi è soggettiva, può essere inficiata dalla colorazione della pelle e spesso nonè
osservabile chiaramente fino a quando la saturazione arteriosa dell’ossigeno non scende al di sotto dell’80%.
L’anemia rende più difficile la comparsa di cianosi.
Si distingue:
- Cianosi periferica: cianosi che si verifica alle estremità (particolare evidente a livello del letto
ungueale e delle labbra). È dovuta ad una eccessiva quantità di emoglobina ridotta a livello della
periferica capillare, a causa di un estremo rallentamento del flusso sanguigno (stasi del circolo e
conseguente aumento dell’estrazione di O 2) come conseguenza di una ridotta gittata cardiaca o per
vasocostrizione;
- Cianosi centrale: osservabile in aree più centrali del corpo, come il tronco e la mucosa della bocca
(lingua e la mucosa sublinguale sono le localizzazioni più affidabili) per insufficiente ossigenazione
del sangue (malattie cardio – polmonari di particolare gravità). È causata dalla desaturazione
arteriosa caratteristica degli shunt destro – sinistro di malattie cardiache e polmonari come
conseguenza di un’inadeguata ossigenazione del sangue a livello polmonare, o per alterazioni del
rapporto ventilazione/perfusione, e riflette un’ipossiemia severa.
Caratteristicamente le estremità sono bluastre e fredde nella cianosi periferica e bluastre e calde nella
cianosi centrale.
L’ippocratismo digitale consiste in un aumento della curvatura e dell’angolo del letto ungueale associato a
cianosi e ispessimento della falange distale. Si presenta con dita a bacchetta di tamburo e unghie a vetrino di
orologio.
È presente nelle malattie polmonari croniche (fibrosi polmonare idiopatica, bronchiectasie, fibrosi cistica,
carcinoma bronchiale, ecc.) e cardiache.
La Sindrome di Claude – Bernard – Horner si presenta con enoftalmo, miosi e ptosi palpebrale. È dovuta
alla compressione delle fibre simpatiche da parte di linfonodi laterocervicali ingrossati (da patologie come
tumore polmonare).

Ritmo e tipo di respiro


Il numero di atti del respiro in un adulto normale è di circa 14 – 18 atti/minuto (respiro eupnoico).
In condizioni patologiche possiamo osservare:
- Tachipnea: si hanno respiri frequenti e superficiali con un numero di atti >20 atti al minuto;
l’iperpnea è l’aumento della profondità del respiro. In un soggetto normale iperpnea e tachipnea
insorgono in seguito ad esercizio fisico intenso o negli ultimi mesi di gravidanza, altrimenti possono
essere associati a quadri morbosi di varia natura (dolore, febbre, gravi anemie, ipertiroidismo,
scompenso cardiaco, peritonite, affezioni polmonari).
- Bradipnea, invece, è la riduzione della frequenza degli atti respiratori (riduzione della frequenza <7
– 8 atti al minuto) che può comparire, per esempio, nelle malattie neurologiche con depressione del
centro respiratorio.
- Polipnea: presenza di respiri frequenti con normale profondità.

Esistono poi tipi di respiro caratteristici ed indicativi di determinate condizioni patologiche:


- Il respiro di Biot (o respirazione atassica), caratteristico della meningite: è un respiro patologico in
cui si alternano gruppo di 4 o 5 atti respiratori rapidi, profondi e regolari a fasi di apnea di durata
variabile.
- Respiro periodico di Cheyne – Stokes: è una turba del ritmo in cui il respiro aumenta gradualmente
di ampiezza e frequenza per poi ridursi se pre gradualmente fino ad una breve apnea di 10 – 40
secondi; è dato da alterata sensibilità del centro del respiro alle concentrazioni di pO 2 e pCO2.
- Respiro di Kussmaul: è caratterizzato da una inspirazione profonda e rumorosa, una breve pausa
inspiratoria, un breve espirazione gemente, una pausa prolungata e iperpnea compensatoria; è dato
spesso da intossicazione o coma diabetico.
- Respiro dissociato o atasso – cinetico di Grocco: è caratterizzato da asincronia tra i muscoli
intercostali e il diaframma, che si ritrovano in fase opposta; è associato al respiro di Cheyne –
Stokes.

Morfologia e dimensioni del torace


In condizioni fisiologiche la forma e l’ampiezza del torace variano sensibilmente, soprattutto in rapporto
all’età e alla costituzione del soggetto; in un adulto normale il torace ha l’aspetto di un tronco di cono, in cui
il diametro longitudinale prevale su quello trasversale. Relativamente alla costituzione, nei soggetti longilinei
o ipostenici il diametro trasversale è ridotto mentre si sviluppa maggiormente quello longitudinale; nel
soggetto iperstenico il torace è ampio con prevalenza del diametro trasverso e orizzontalizzazione delle
coste.
I limiti di riferimento anatomici del torace sono:
- Limite superiore: la linea cervico – toracica, dal giugulo all’apofisi spinosa di C7;

- Limite inferiore: la linea toraco – addominale, dall’apofisi ensiforme dello sterno a T12 lungo il
margine costale.
Torace allungato, caratteristico dei longilinei, e quadrato, caratteristico dei brevilinei, sono conformazioni
nell’ambito della normalità.
Però la morfologia del torace può risultare alterata in seguito a diverse condizioni patologiche: la gabbia
toracica dovrebbe essere ispezionata per valutare la presenza di eventuali alterazioni della colonna
vertebrale, o la presenza di eventuali deformità:
- Torace rachitico o carenato, che è caratterizzato dalla prominenza dello sterno e spesso si può
associare al rosario rachitico (prominenze in corrispondenza delle giunzioni costo - cartilaginee);
- Torace a botte, che è caratterizzato da una orizzontalizzazione delle coste con allargamento degli
spazi intercostali ed atteggiamento inspiratorio;
- Torace tisico, da malnutrizione, con riduzione dei diametri sagittali e accentuazione della fossa
epigastrica e sopraclaveare,
- Pectus excavatum (“da calzolaio”) costituzionale o da ripetuta pressione con arnesi da lavoro;

- Torace imbutiforme che presenta infossamento dello sterno a partire dalla terza costa verso il
basso.
Le deformazioni del torace che ne provocano asimmetria sono le ectasie e le retrazioni; entrambe possono
essere diffuse o circoscritte.
Importante è la valutazione della simmetria e del sincronismo dei movimenti respiratori, che può essere
effettuata invitando il paziente ad aumentare al massimo la profondità degli atti respiratori, osservando il
riempimento delle aree sopraclavicolari e sottoclavicolari, i movimenti dello sterno, del diametro trasverso e
della parete addominale. I movimenti del torace, e le eventuali asimmetrie o asincronismi, possono essere
meglio valutati associando all’ispezione la palpazione, attuata ponendo entrambe le mani a piatto prima sulle
porzioni inferiori del torace per salire a quelle superiori.
Altro aspetto dell’ispezione consiste nel valutare la presenza di rientramenti inspiratori patologici quali, ad
esempio, il segno di Hoover, che compare nei soggetti affetti da BPCO (ma anche nella fibrosi e nelle
atelectasie) e che consiste nel rientramento anomalo degli spazi intercostali inferiori durante l’inspirazione.
Importanti sono anche le caratteristiche della parola e la presenza di anomalie quali raucedine, stridori e sibili
respiratori.
Utile per la valutazione del contributo alla respirazione dei muscoli diaframmatici ed intercostali è
l’osservazione del paziente in posizione supina; il rientramento della parete addominale durante
l’inspirazione, o una predominanza alternata dei movimenti addominali e toracici, suggeriscono una paralisi
o un’ipostenia del diaframma e possono essere un segno precoce di insufficienza respiratoria.

PALPAZIONE
La palpazione rappresenta la seconda tappa dell’esame obiettivo.
È possibile valutare la motilità toracica, ponendo una mano su ciascun emitorace mentre il paziente respira
profondamente cosi da osservare eventuali anomalie dell’espansione degli stessi. Inoltre, è possibile valutare
lo stato di cute, sottocute e muscolatura. Si dovrebbero palpare sia i muscoli intercostali durante
l’inspirazione, per valutarne il contributo, sia l’impulso cardiaco apicale e la trachea, in quanto un loro
spostamento dalla posizione normale indica una riduzione o un incremento relativo di volume di un
emitorace rispetto all’altro. Si deve inoltre palpare la regione parasternale sinistra per determinare se esista
una tumefazione riferibile ad ipertrofia ventricolare destra. Palpare gli spazi intercostali e le coste o
provocare dolore con la pressione può essere utile per identificare eventuali masse tumorali; si dovrebbero
inoltre esplorare le regioni ascellari, cervicali o sopraclaveari per rilevare eventuali linfonodi tumefatti.
Pertanto, tramite la palpazione è possibile riscontrare enfisema sottocutaneo nonché alterazioni del timo
muscolare e punti dolorosi.

Fremito Vocale Tattile (FVT)


Per Fremito Vocale Tattile (FVT) si intende la sensazione di vibrazione prodotta sulla parete toracica
dall’articolazione della parola. Si avverte cosi la trasmissione alla parete toracica di vibrazioni sonore
prodotte dalle corde vocali. Le vibrazioni devono attraversare diverse strutture (trachea, bronchi, alveoli,
pleura) prima di essere avvertite.
Si appoggia la mano sulla cute del paziente il palmo o il taglio delle mani duo due emitoraci mentre il
paziente pronuncia parole con diverse “r”, come per esempio “trentatre”. Si ripete la stessa manovra in
scendendo con la mano lungo entrambi gli emitoraci.
L’aumento del FVT si presenta in tutte le condizioni in cui la trasmissione del suono è aumentata, come:
- Fisiologicamente in soggetti magri;

- In caso di alveoliti;

- Infarto polmonare;

- Presenza di cavità purchè il parenchima circostante sia addensato e vi sia un bronco di drenaggio
pervio.
- Polmoniti.

Una riduzione del FVT si osserva in condizioni in cui si ha diminuzione della trasmissione del suono, come:
- Edema;

- Versamento e ispessimento pleurico o un fibrotorace;

- Enfisema polmonare (possibile rilevare crepitii sottocutanei);

- Stenosi tracheo – bronchiali.

PERCUSSIONE
La percussione valuta solamente i 5 cm più superficiali del tessuto polmonare e pertanto la porzione centrale
del polmone rimane “silente”. Si esegue in modo digito – digitale in corrispondenza degli spazi intercostali.
In condizioni normali determina il caratteristico suono chiaro polmonare. Tale suono risulta dalla massa in
vibrazione dell’aria contenuta negli alveoli ad opera della percussione.
Normalmente, il dito plessore percuote all’altezza dell’articolazione interfalangea distale del dito medio della
mano appoggiata al torace.
La percussione può essere topografica (o delimitante), per verificare l’eventuale spostamento di strutture
toraciche, o comparativa, per localizzare la presenza di processi patologici.
Nella percussione topografica è utile soprattutto la delimitazione del margine inferiore del polmone dal
momento che le basi polmonari possono avere una mobilità alterata di diverse pneumopatie.
Si percuote il polmone alle basi e si fanno compiere al paziente delle inspirazioni.
Il margine inferiore può essere ipomobile in esiti cicatriziali di pleuriti, in caso di pneumoperitoneo,
enfisema polmonare, ascite, epatosplenomegalia, paresi diaframmatica.
Può abbassarsi in caso di pneumotorace, enfisema polmonare; può essere sollevato in caso di retrazione
parenchimale, paresi diaframmatica, pneumoperitoneo, versamenti o neoplasie endoaddominali.
La percussione dovrebbe essere comparativa, in modo da localizzare la presenza di processi patologici;
dovrebbe essere effettuata comparando le stesse aree su ciascun lato procedendo dall’alto verso il basso.
Per una corretta percussione del torace, e per evidenziare il suono chiaro polmonare, è necessario che il dito
plessimetro sia interposto tra gli spazi intercostali. Poiché il suono provocato è influenzato dallo spessore
della parete toracica e dal volume del polmone sottostante l’area percossa, i reperti “normali” differiscono da
paziente a paziente e da un’area all’altra nello stesso soggetto. Il suono plessico è prodotto dalla vibrazione
del dito percosso e dalle vibrazioni della parete toracica. Il normale suono evocato alla percussione è
chiamato suono chiaro polmonare; in presenza di una patologia polmonare il suono plessico varia da
un’ipofonesi (in caso di addensamento polmonare di tipo infiammatorio o neoplastico, di edema polmonare,
versamenti pleurici, ispessimenti o neoplasie pleuriche), ad una ottusità completa (versamento pleurico
massivo), ad un’iperfonesi (enfisema, pneumotorace). Una forma particolare di risonanza timpanica è il
segno di Skoda, che è un’iperfonesi timpanica in regione sottoclaveare e si può percepire al di sopra di una
regione polmonare superiore parzialmente compressa quando la porzione inferiore è collassata da un
versamento pleurico.

AUSCULTAZIONE
L’auscultazione viene eseguita in modo mediato, cioè attraverso l’uso di strumenti quali il fonendoscopio;
viene eseguita sistematicamente in zone simmetriche del torace iniziando dall’alto.
L’auscultazione è di importanza fondamentale; bisogna effettuarla in maniera comparativa, partendo dagli
apici per scendere fino alle basi polmonari; durante l’auscultazione l’esaminatore deve valutare la qualità e
l’intensità del rumore respiratorio e verificare la presenza di rumori patologici aggiunti.
Si fanno compiere al paziente dei respiri profondi, invitandolo spesso a tossire per verificare se un reperto
abnorme si modifichi o meno con la tosse.
L’auscultazione va condotta facendo respirare il paziente a bocca aperta affinché non ci creino rumori extra –
polmonari, determinati dal passaggio dell’aria attraverso le prime vie aree.

Murmure vescicolare
Il normale rumore respiratorio viene definito murmure vescicolare (MV) e viene percepito più chiaramente
e per una durata maggiore durante l’inspirazione.
Normalmente è rilevabile sulla gran parte della superficie toracica. Si tratta di un rumore dolce, di bassa
tonalità, apprezzabile in tutta la fase respiratoria. È di origine alveolare e dipende dall’entrata e dalla
fuoriuscita dell’aria dagli alveoli.
Una diminuzione del MV si ha per eccessivo spessore della parete toracica oppure per alterazioni
intrinseche dell’apparato respiratorio, quali:
- Ostacolo alla penetrazione dell’aria nell’albero tracheobronchiale (per esempio, stenosi bronchiale);

- Ostacolo alla penetrazione dell’aria negli alveoli (processi infiltrativi, trasudativi, ecc.;

- Perdita dell’elasticità polmonare per distruzione delle pareti alveolari (per esempio, nell’enfisema);

- Ostacolata trasmissione del murmure (ispessimenti o versamenti pleurici);

- Ridotta espansibilità toracica (affezioni della parete toracica o del diaframma).

Il MV è rinforzato quando è aumentata la frequenza e la profondità degli atti respiratori, come nella dispnea,
oppure quando un polmone iperventila in via compensatoria, come nel caso di un versamento pleurico, di un
addensamento polmonare del lato opposto o processo infiltrativo importante.
Da punto di vista della qualità del MV, si distingue:
- MV aspro: il MV perde la sua caratteristica dolcezza per diventare più rude. Si associa di solito ad
un prolungamento dell’espirazione.
Si riscontra di solito in presenza di stenosi bronchiale, generalmente secondaria a tumefazione della
mucosa e all’eventuale presenza di essudato aderente alle pareti.
- Espirazione prolungata: aumenta la durata del MV nella fase espiratoria. Si verifica per la difficoltà
dell’aria d uscire dagli alveoli. È tipico belle broncopatie croniche ostruttive.
Un esempio di espirazione prolungata si presenta nel soffio bronchiale: ha una fase inspiratoria breve e una
fase espiratoria lunga, talora separati da una pausa. Gli alveoli normalmente smorzano le vibrazioni ad alta
frequenza provenienti dalla trachea e dai bronchi. È normalmente rilevabile solo a livello del laringe e della
trachea per i fenomeni di turbolenza provocati dal passaggio dell’aria attraverso la rima glottidea.
Quando gli alveoli solo occupati da trasudati o da essudati o sono collassati vengono trasmesse anche le
frequenze più alte.
Si presenta con un rumore aspro a carattere soffiante.

RUMORI RESPIRATORI ACCESSORI


Oltre alle modificazioni del MV si possono apprezzare dei rumori respiratori aggiunti che possono
mescolarsi o sostituirsi al normale MV.
In condizioni patologiche si può rilevare con l’auscultazione la presenza di rumori respiratori accessori che
possono essere di origine bronco – polmonare oppure pleurica.

Rumori bronchiali secchi e umidi


I rumori patologici broncopolmonari vengono abitualmente distinti in secchi ed umidi.
Si possono rilevare in entrambe le fasi della respirazione ma sono generalmente più evidenti nella fase
espiratoria.
I rumori bronchiali secchi sono generati dal passaggio dell’aria attraverso lumi bronchiali stenosati, per cui
il moto dell’aria diventa vorticoso. Tali rumori sono provocati dalla presenza di secreti densi, turgore della
mucosa bronchiale, spasmo o compressione dall’esterno. I rumori secchi sono continui, prevalgono in fase
espiratoria e sono scarsamente modificabili dagli atti della tosse; sono rappresentati dai ronchi, dai gemiti,
dai fischi e dai sibili. I ronchi sono dei suoni profondi, di bassa tonalità, prevalentemente espiratori, che si
producono se vi è interessamento dei bronchi di calibro maggiore; quando il fenomeno si verifica in bronchi
di calibro inferiore si originano in ordine decrescente gemiti, fischi e sibili, che sono comuni ad alta tonalità.
I rumori bronchiali secchi si hanno in tutte quelle condizioni patologiche che determinano una stenosi
bronchiale (essudato, edema della mucosa, spasmo della muscolatura liscia bronchiale, compressione
estrinseca).
Si possono rilevare in corso di bronchiti acute e croniche e di asma bronchiale.
I rumori bronchiali umidi i secondi sono dovuti alla presenza di liquido (secrezione mucosa o sierosa)
nell’albero bronchiale o in una cavità polmonare patologica in comunicazione con un bronco.
I rumori umidi sono discontinui e si apprezzano con maggiore intensità nella fase inspiratoria; sono
rappresentati dai rantoli e dai crepitii: l’aria che attraversa il fluido si divide in bolle che, venute in
superficie, scoppiano dando origine a vibrazioni sonore dette rantoli. I caratteri dei rantoli variano in
rapporto alla grandezza del lume interessato: vengono definiti a grandi, medie e piccole bolle a seconda che
provengano da bronchi di diametro maggiore o minore. Caratteristica dei rantoli è la modificabilità con la
tosse.
I rantoli provenienti da grossi e medi bronchi possono essere inspiratori e espiratori, quelli provenienti da
piccoli bronchi sono invece espiratori.
I rantoli a bolle molto piccole sono caratteristici delle ultime diramazioni bronchiali. Detti anche rantoli sub
crepitanti si modificano con la tosse e sono suggestivi di broncopolmonite ed edema polmonare.
Rantoli prodotti in corrispondenza di cavità (caverne o bronchiectasie) si possono avvertire sotto forma di
gorgoglio: tali sono detti rantoli gorgoglianti.
Diversi dai rantoli bronchiali sono i rantoli crepitanti o crepitii che si possono apprezzare in presenza di
interstiziopatie. I crepitii sono l’espressione del distacco improvviso delle pareti alveolari accollate;
acusticamente si percepisce come il rumore di sfregamento dei capelli davanti all’orecchio.
Tipicamente si presentano nella fase iniziale dell’inspirazione; non sono modificabili con la tosse.
Rumori pleurici
I rumori accessori di origine pleurica sono essenzialmente gli sfregamenti, che sono in relazione con
un’infiammazione della pleura e conseguente formazione di essudato fibrinoso e spesso sono associati a
dolore: tali rumori, infatti, si originano durante lo scorrimento respiratorio delle lamine pleuriche divenute
ruvide e irregolari per deposizione di essudati fibrinosi. Gli sfregamenti possono essere uditi sia in
inspirazione che in espirazione, particolarmente nelle aree nelle quali l’escursione della gabbia toracica è
maggiore; esso scompare quando si forma liquido nella cavità pleurica che separa le due membrane.
Tali rumori sono visibili in corso di pleuriti di natura infettiva, traumatica o neoplastica.
Sono evidenti ne campi latero – inferiori dove è più ampio lo scorrimento delle lamine pleuriche.

Rumori laringei
Il soffio laringeo, o cornage, si tratta di un rumore stridulo, prolungato, prevalentemente inspiratorio, udibile
anche a distanza.
Spesso associato a rientramenti inspiratori del giugulo (tirage).
Può essere causato da spasmo o edema della glottide o da corpo estraneo.
Diagnostica funzionale dello studio dell’apparato respiratorio
I test di funzionalità respiratoria sono utilizzati per monitorare persone a rischio di patologie a carico
dell’apparato respiratorio, valutare patologie che compromettono la funzione cardiopolmonare, formulare la
prognosi e il rischio preoperatorio, nonché monitorare l’efficacia della terapia, il decorso della malattia e gli
effetti collaterali di farmaci con tossicità polmonare.
L’esame spirometrico rappresenta il classico test funzionale respiratorio utilizzato per misurare il volume di
aria inspirata o espirata in funzione del tempo. Si può in tal modo registrare il respiro tranquillo (volume
corrente) nonché inspirazioni ed espirazioni profonde per ottenere informazioni sulla capacità vitale e sulle
frazioni e volumi dell’espirazione forzata.
L’esame spirometrico, misurando esclusivamente la quantità di aria che entra ed esce dai polmoni, pur
rappresentando il gold standard, non fornisce informazioni complete sui volumi assoluti polmonari. Sono
pertanto necessarie altre metodiche, quali la pletismografia corporea e le tecniche di diluizione dei gas, come
il wash out dell’azoto, per poter misurare il volume residuo, la capacità funzionale residua e la capacità
polmonare totale.
Si parla di manovra lenta e manovra forzata.
Con la manovra lenta è possibile ricavare i seguenti volumi:
- VC: volume corrente – quantità di aria che può essere espulsa dai polmoni dopo un’inspirazione
massima;
- TV: Volume Corrente – volume di gas inspirato ed espirato durante ciascun atto respiratorio;

- IRV: Volume di Riserva Inspiratoria – Massima quantità di gas che può essere inspirata al termine di
un’inspirazione normale;
- ERV: Volume di Riserva Espiratoria – Massima quantità di gas che può essere inspirata al termine di
un’espirazione normale.
Nella manovra lenta, dopo aver fatto compiere al paziente un inspirazione lenta, ma massimale, si fa espirare
tutta l’aria con una manovra lenta.
Con la manovra di espirazione forzata è possibile determinare:
- FVC: Capacità Vitale Forzata – Volume totale di aria espulsa in un’espirazione forzata partendo da
un’inspirazione completa;
- FEV1: Volume espiratorio massimo 1 secondo – Volume di aria espirata nel primo secondo di
un’espirazione forzata, partendo da una inspirazione completa;
- FEV1/VC (Indice di Tiffeneau): questo rapporto è fondamentale per determinare un deficit
ostruttivo.
Dopo aver fatto compiere al paziente una inspirazione massimale, lo si invita ad espirare con la massima
forza il massimo volume di aria possibile.

Indici funzionali Deficit ventilatorio Deficit ventilatorio


ostruttivo restrittivo
FVC Normale o diminuita Diminuita
Diminuito più della Diminuito in modo proporzionale a
FEV1
FVC FVC
FEV1/FVC Diminuito Conservato

Cause principali di deficit ostruttivo sono:


- Asma bronchiale;

- BPCO;

- Bronchiectasie

Cause principali di deficit restrittivo sono:


- Interstiziopatie;

- Malattie neuromuscolari;

- Malattie della gabbia toracica;

- Lesioni occupanti spazio.

È possibile anche rappresentare la manovra di espirazione forzata con una curva flusso – volume, in cui in
ogni momento si riportano il flusso istantaneo e il volume espirato.

EMOGASANALISI
L’emogasanalisi si esegue prelevando un campione di sangue arterioso che viene immediatamente
analizzato con apposito strumento.
La misura dei gas ematici arteriosi è un test di grande utilità clinica per lo studio delle cause di:
- Anormalità degli scambi gassosi a livello polmonare;

- Disturbi dell’equilibrio acido – base.

Deficit ventilatorio
Parametro
ostruttivo
PaO2 80 – 100 mmHg
PaCO2 35 – 45 mmHg
PH 7,35 – 7,45
HCO3- 16 – 30 mEq/L
SaO2% >95%

L’ipossiemia è una condizione in cui il sangue arterioso contiene una quantità di ossigeno più bassa (o meno
disponibile all’uso) rispetto al normale. Spesso, ma non sempre, tale condizione si associa a ipossia, cioè a
una ridotta quantità di ossigeno disponibile nei tessuti.
L’ipossiemia insorge a seguito di un’alterazione degli scambi gassosi, tra sangue e atmosfera, che avvengono
a livello dei alveoli polmonari. Ad alterare tali scambi possono essere cause diverse, tra cui: enfisema
polmonare, mal di montagna, edema polmonare, ecc.
C’è una riduzione fisiologica con l’età, ma valori di PaO2 < 60 mmHg sono da considerarsi patologici.
L’ipercapnia, invece, è un incremento del contenuto di CO2 nel sangue arterioso.
Valori di PaCO2 > 45 mmHg sono da considerarsi patologici.
Alterazioni dell’emogasanalisi si possono riscontrare in presenza di insufficienza respiratoria, definita
come l’incapacità dei polmoni a soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo.
Si realizza quando l’apparato respiratorio non è più in grado di mantenere l’omeostasi degli scambi gassosi.
È caratterizzata dalla presenza nel sangue arterioso di una PaO 2 < 60 mmHg e/o una PaCO2 > 50 mmHg.
Può essere classificata in:
- Tipo 1: ipossiemica e normo/ipocapnica;

- Tipo 2: ipossiemica e ipercapnica;

- Acuta: in genere la più grave, ha una durata di ore/giorni;

- Cronica; la meno grave per il compenso, ha una durata compresa fra le settimane e il/i mese/i;

- Cronica riacutizzata.
Diagnostica per immagini nello studio dell’apparato respiratorio

L’esame radiologico tradizionale rimane l’indagine fondamentale per identificare ogni situazione
patologica. Rappresenta ormai spesso il primo step e non lo si nega a nessuno.
Comprende due modalità:
- Esame radiografico;

- Esame radioscopico.

L’aria presente negli alveoli e nelle vie aeree crea un contrasto naturale ottimale. I raggi X attraversano
facilmente gli spazi aerei determinando sulla pellicola radiografica zone di maggiore annerimento che
contrastano con i tessuti più densi, che per l’attenuazione del fascio radiante appaiono come strutture opache.
Il radiogramma del torace riproduce l’anatomia macroscopica del polmone con un dettaglio non
raggiungibile negli altri apparati.
I vantaggi della radiografia sono:
- È una tecnica ubiquitaria, facilmente disponibile;

- È una tecnica di semplice e rapida esecuzione;

- È poco costosa.

Gli svantaggi sono:


- Insufficiente risposta diagnostica per la scarsa risoluzione anatomica nello studio delle vie aeree
superiori;
- Bidimensionalità con incompleta visualizzazione di tutte le strutture;

- Frequente aspecificità dei reperti a livello del parenchima polmonare;

- Facilità di errore tecnico.

La TC consente di ottenere informazioni e valutazioni panoramiche dell’apparato respiratorio sul piano


assiale, con immagini di alta risoluzione spaziale tali da riprodurre in maniera accurata l’anatomia normale e
quella patologica.
La disponibilità di programmi ad alta risoluzione spaziale (HRTC) consente anche una valutazione accurata
del parenchima polmonare e fornisce uno strumento ottimale per lo studio dell’interstizio.
La TC è indicata in caso:
- Approfondimento diagnostico di alterazioni evidenziate con la radiologia tradizionale;

- Di prima istanza nella ricerca di lesioni non documentabili con la radiologia tradizionale;
- Urgenza – emergenza: tutte le patologie acute che richiedono diagnosi e trattamenti tempestivi
(traumi, embolia);
- Oncologia riconoscere neoplasie allo stadio iniziale, stadiazione locale e a distanza, follow – up,
come guida per le biopsie.
La PET è una tecnica di medicina nucleare che produce immagini tridimensionali o mappe dei processi
funzionali all’interno dell’organismo.
Si ha l’iniezione e.v. di un isotopo tracciante legato ad una molecola attiva a livello metabolico; la molecola
metabolicamente attiva (zucchero) si distribuisce nell’organismo e l’isotopo decade.
La scintigrafia polmonare si basa sull’uso di radiofarmaci che consentono di visualizzare forma e
dimensioni dei polmoni e di lesioni in essi localizzate.
I radiofarmaci possono essere:
- Semplici: radionuclidi che emettono raggi γ;

- Complessi: coniugati a molecole con specifico tropismo polmonare.

Inoltre possono essere classificati in:


- Indicatori negativi: la lesione non capta;

- Indicatori positivi: la lesione è iperfissante, ossia il radiofarmaco si lega prevalentemente alla


lesione. Utilizzata sia per la diagnosi di processi flogistici (per esempio, 67Ga nella diagnosi di
sarcoidosi) che neoplastici (99mTc nel caso di metastasi ossee.)
La scintigrafia polmonare perfusionale è un esame rapido, facile da eseguire e senza controindicazioni. Le
microparticelle di albumina umana marcate con 99mTc vengono iniettate in vena periferica e si distribuiscono
al microcircolo polmonare. In base a criteri di anatomia topografica, consente di evidenziare deficit di
perfusione (embolia).
La scintigrafia perfusionale a volte viene integrata dalla scintigrafia ventilatoria.
L’ecografia è utilizzata solamente per lo studio del diaframma e di patologie adese alla parete toracica.
Infatti, il contenuto aereo del polmone ed il tessuto osseo della parete toracica ostacolano la progressione
degli ultrasuoni e limitano l’impiego dell’ecografia nello studio dell’apparato respiratorio.
Le principali indicazioni all’esame ecografico sono:
- Lo studio della patologia diaframmatica o iuxtadiaframmatica, specie a destra, dove la presenza del
fegato facilita l’esecuzione dell’esame;
- Analisi strutturale di patologia adesa alla parete o pleurica, se di dimensioni tali da essere identificata
con ultrasuoni;
- Guida alle indagini bioptiche di processi espansivi adesi alla parete;

- Drenaggio ecoguidato di versamenti pleurici, soprattutto se saccati.

DIAGNOSI BRONCOLOGICA NELLE MALATTIE


DELL’APPARATO RESPIRATORIO
Il broncoscopio rigido è un tubo metallico, cilindrico di calibro uniforme e disponibile in misure variabili
sia nella lunghezza, fini a un massimo di 43 cm, che nel diametro, fino ad un massimo di 14 – 15 cm.
Ad una estremità sono presenti l’attacco per la fonte di luce, l’attacco per la ventilazione, adattatori per
aspiratori o sonde laser.
I vantaggi del broncoscopio rigido sono:
- Il paziente può respirare attraverso il tubo;

- Campo operatorio ampio più strumenti;

- Adatto alle manovre operatorie;

- Capacità di aspirazione;

- Dimensioni dei prelievi;

- Durata degli strumenti.

Fra gli svantaggi:


- Anestesia generale;

- Tollerabilità per il paziente;

- Sala operatoria o sala endoscopica attrezzata;

- Paziente ricoverato.

Le indicazioni all’uso del broncoscopio rigido sono:


- Laserterapia: tumori tracheobronchiali benigni (risolutiva) e maligni (palliativa), stenosi tracheali
iatrogene (successive a intubazione, tracheotomia, radioterapia), patologia varia (granulomi).
- Rimozione di corpi estranei inalati nel bambino;

- Posizionamento di protesi tracheo – bronchiali: patologia neoplastica, stenosi tracheobronchiali,


tracheobronco – malacia, compressioni estrinseche, fistola.
- Trattamento dell’emottisi massiva.

Il broncoscopio flessibile (o fibrobroncoscopio) è formato da:


- Fasci di fibre ottiche che trasmettono luci e immagini;

- Canale operativo (liquidi, pinze, spazzole, aghi);

- Sistema di trasmissione del movimento al puntale;

- Guaina avvolgente;

- Innesto per il collegamento ad una telecamera.

Vantaggi:
- Estensione del campo di esplorazione;

- Tollerabilità per il paziente;

- Anestesia locale;

- Procedura eseguita in sala endoscopica, al letto, paziente ambulatoriale.

Svantaggi:
- Nessun controllo delle vie aeree;

- Limitata capacità di aspirazione;

- Ridotte dimensioni dei prelievi;

- Minor durata degli strumenti.

Con il FBS è possibile eseguire:


- Broncoaspirato;

- Brushing;

- Biopsia endobronchiale;

- Lavaggio bronchiale;

- Lavaggio broncoalveolare (BAL);

- Biopsia transbronchiale (TBB);

- Agoaspirato transbronchiale (TBNA).

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