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FITTS E POSTER
(1967)
• Si ha all’inizio dell’apprendimento. L’atleta deve capire l’intento e gli scopi di certe azioni
motorie, vagliare la situazione ed escogitare tecniche per conseguire gli obiettivi. Deve anche
trasformare direttive verbali in comportamenti motori significativi.
Fase associativa
Fase autonoma
• A questo livello, l’esecutore è in grado di passare in rassegna le informazioni con facilità, con
un’interferenza minima da parte d’altre attività in corso.
• Il comportamento è automatico e c’è un controllo cosciente minimo sul movimento.
BERNŠTEIN (1967)
- In questa fase in soggetto riesce a sfruttare le forze esterne (gravità, inerzia, ecc.)
e quelle reattive (elasticità muscolare, ecc.) al fine di rendere più economico il movimento.
LE BOULCH (1975)
Fase esplorativa
Fase dissociativa
• È quella in cui l’apprendimento si matura nel senso di un progressivo passaggio dal controllo
esterocettivo, a quello diretto dalle informazioni propriocettive. Nel corso della fase di
dissociazione, il processo di controllo e di inibizione opererà per selezionare le contrazioni
efficaci. In questa fase, l’abitudine motoria si fissa progressivamente.
Si colloca a questo livello la problematica del rinforzo e della verbalizzazione del compito.
Fase di stabilizzazione
MEINEL E SCHNABEL
(1977)
Coordinazione grezza
Coordinazione fine
• Va dallo stadio della coordinazione grezza fino allo stadio della coordinazione nel quale
l’allievo è in grado di eseguire il nuovo movimento in modo aderente
al modello tecnico, quasi senza errori, e quindi raggiunge già buone prestazioni.
Disponibilità variabile
- Fase nella quale i processi verbali e cognitivi dominano l’attività dell’allievo. Gli allievi che si
trovano in questo stadio passano molto tempo a dire (verbale) a se stessi
quello che si accingono a provare e a pensare (cognitivo) alle strategie che potrebbero essere più
efficaci.
Stadio motorio
- Fase nella quale vengono sviluppati programmi motori e la prestazione dell’individuo diventa
sempre più costante. In questo stadio l’allievo sposta la sua attenzione verso una più efficace
organizzazione del movimento.
Stadio autonomo
- Fase nella quale gli allievi sono capaci di eseguire le loro azioni quasi autonomamente, ponendo
scarsa o nessuna attenzione nel corso dell’esecuzione.
- Apprendimento delle tecniche in forma elementare (basilare) ed in condizioni facilitate (fase della
coordinazione grezza)
- Perfezionamento del gesto in condizioni di apprendimento normali (non più facilitate), introduzione di
alcuni elementi tattici e delle prime (modeste) richieste di variazione (fase della coordinazione fine)
- Ulteriore perfezionamento della tecnica ed adeguamento alle molteplici situazioni che questi sport
presentano (flessibilità); quindi proposta di esercitazioni in condizioni di elevata variabilità e crescente
difficoltà (fase del consolidamento della coordinazione fine e sviluppo della disponibilità variabile).
Quest’ultima fase si caratterizza per l’inserimento di elementi tattici sempre più complessi e continui
cambiamenti delle condizioni ambientali, aumentando così le difficoltà.
Il primo centrato sull’acquisizione dello schema del gesto (che rappresenta il fine
dell’apprendimento),
Il secondo sul suo utilizzo, in quanto il medesimo diventa lo strumento per le azioni di gioco. In una
prima fase l’allievo si concentra sull’acquisizione di un gesto abbastanza elementare, anche se
strutturalmente corretto, mentre successivamente, oltre al perfezionamento dello stesso, dovrà
curare gli altri elementi dell’azione motoria. E’ indispensabile quindi, una volta apprese le tecniche
in forma grossolana (ma strutturalmente corretta), inserire abbastanza precocemente le variazioni e
soprattutto utilizzarle per la soluzione di compiti tattici. Fino a pochi anni fa si riteneva che anche le
abilità “aperte”, all’inizio del processo d’apprendimento, dovessero essere costruite con le stesse
modalità di quelle “chiuse”: offrendo cioè condizioni facilitate e semplificando i compiti fino a
proporre un gesto standardizzato, molto simile a quelli che caratterizzano le abilità “a mappa
rigida”. Si trattava solamente di individuare il momento “giusto” per introdurre variazioni ed
compiti tattici. Da un po’ di tempo, invece, si va affermando un’altra tendenza: quella di strutturare
inizialmente un gesto elementare, addirittura approssimativo, sufficiente però a consentire lo
svolgimento dell’attività di gara (o di alcune fasi selezionate della stessa) e procedere al
perfezionamento tecnico parallelamente alla medesima, che, così, viene introdotta abbastanza
precocemente. Con le metodiche tradizionali, ovvero senza una applicazione immediata della
tecnica in situazioni di gioco o molto simili, si possono incontrare, infatti, difficoltà nel trasformare
le azioni “chiuse”, apprese in condizioni standardizzate e facilitate, in abilità “aperte”, cioè
disponibili in modo variabile.
II fase: esecuzione degli stessi passaggi in movimento in condizioni semplificate (per un primo
affinamento)
III fase: analisi fine della tecnica di passaggio dal posto con cura dei dettagli (perfezionamento fine
del gesto)
Naturalmente l’attività di gara (o di gioco) continua in tutte le fasi utilizzando fondamentali sempre
più raffinati.
E’ abbastanza evidente che all’inizio vengono affrontati compiti tattici elementari e proposte
variazioni modeste; compiti e variazioni che aumentano poi di difficoltà, parallelamente
all’incremento della padronanza del gesto ottenuto con le specifiche esercitazioni analitiche.
L’autore (Hotz), quindi, invita a sperimentare in questo senso, convinto che tale metodica, che
presenta anche un impatto molto positivo sotto il profilo motivazionale, rappresenti la strada
migliore per la formazione tecnico-tattica dei giochi sportivi.
Non si deve comunque rischiare di introdurre troppo tardi gli aspetti tattici e la variabilità
nell’azione motoria, si rischierebbe infatti di costruire atleti che sanno tirare, passare, ricevere, ma
che poi non imparano a giocare.
Con la Metodologia Operativa si supera la vecchia contrapposizione tra tecnica,tattica e capacità
motorie: l’attività tattica ( decidere cosa fare ) e l’attività tecnica ( concretizzare la decisione )
vengono considerate in modo interattivo evitando la polarizzazione didattica orientata verso uno
solo di questi fattori.
Così come non si possono risolvere problemi di natura tattica se non si possiedono le soluzioni
motorie adatte.
La mancata acquisizione delle abilità per concretizzare le intenzioni tattiche costituisce un serio
ostacolo per l’apprendimento.
Però il rilievo che assume l’aspetto tattico non deve porre in secondo piano la dimensione esecutiva
legata al controllo ed alla regolazione dei movimenti.
Infatti, la costruzione del pensiero tattico passa obbligatoriamente attraverso lo sviluppo delle
potenzialità motorie individuali.
Nella metodologia operativa le abilità tecniche sono parte integrante e ben definita del progetto di
gioco, rappresentano il potenziale motorio a garanzia della realizzazione dei principi tattici.
L’ambiente variabile e difficilmente prevedibile nelle attività sportive aperte condiziona il gesto
tecnico che deve essere costantemente modificato ed adattato per conformarsi alle richieste della
situazione.
Le fonti di maggiore variabilità derivano dall’avversario, che con le sue iniziative, ad esempio
manifestando false intenzioni, può condizionare l’andamento dell’azione.
Nel calcio continuamente si deve associare all’elaborazione automatica anche un’elaborazione di
tipo controllato.
Quest’ultima può realizzarsi soltanto attraverso un controllo cosciente che è necessariamente più
lento e dispendioso ma che offre la possibilità di porre delle modifiche
All’azione e durante il suo stesso svolgimento in relazione alle variabili delle situazione ed in base
alle ipotesi revisionali dei soggetti coinvolte nell’azione stessa.
Quindi le azioni tattiche rappresentano un agire interattivo e comportamentale dei contendenti
mirato ad influenzarsi reciprocamente, con lo scopo di creare delle difficoltà all’avversario
concedendogli un tempo d’azione il più possibile ridotto e restringendo il suo spazio di manovra.
Quanto più un giocatore riesce ad acquisire dei vantaggi temporali e spaziali all’avversario tanto più
riesce a gestire efficacemente la situazione di gioco e ad avere l’iniziativa sull’avversario.
Questi concetti sono validi anche per i difensori che non vanno considerati come soggetti passivi in
grado di adattarsi semplicemente alle situazioni determinate dagli attaccanti, ma come elementi
attivi,che provocano le azioni piuttosto che subirle.
L’atteggiamento tattico è chiaramente comune ad entrambi i contendenti; durante una competizione
tutti i giocatori adottano comportamenti tattici, sia che si trovino in situazione di attacco che di
difesa.
Le esigenze da rispettare
1. “tematizzare” convenientemente il sapere da insegnare, il che vuol dire non solo scegliere la
conoscenza da impartire e da far imparare, ma anche delimitarla in modo né frammentario né troppo
ampio e confuso;
2. suddividere la conoscenza in porzioni (categorie di spazio e tempo di gioco) che corrispondono a
sottotematizzazioni ciascuna delle quali prepara e fonda le condizioni di comprensione e
apprendimento delle porzioni seguenti. Per questa loro idoneità a promuovere risultati conoscitivi
già sufficientemente significativi, le porzioni di conoscenza insieme con le operazioni di
apprendimento possono essere pensate come moduli, componibili in diversi modi.
I moduli non sono considerati come contenuti da aggiungere, essi interagiscono tra di loro
costituendo delle unità multiple realizzando il principio della: Unità nella Molteplicità.
Questa metodologia fa riferimento alle nuove scoperte delle neuroscienze che hanno arrecato un
notevole contributo circa il funzionamento della mente nei suoi processi cognitivi di
apprendimento, memorizzazione ed elaborazione dei concetti.
Con questa metodologia si fa compiere un notevole passo in avanti al concetto di apprendimento,
inteso non più come capacità meccanica di assimilazione, memorizzazione e ripetizione ma come
un processo personale di costruzione delle conoscenze, che si sviluppa attraverso quattro tappe:
- percezione: fase della decodificazione dei concetti ;
- elaborazione: fase della discriminazione (individuazione delle caratteristiche)classificazione,
( estrapolazione di alcune caratteristiche ) aggregazione ( unione delle caratteristiche con
quelle già archiviate ), generalizzazione ( trasferibilità );
- inferenza: fase della previsione;
- decisione: attuazione, fare comprendere agli altri la scelta compiuta.
Considerato che i principi di gioco non sono compartimenti stagni, ma relazionati tra di loro in
maniera dinamica, gli apprendimenti vanno promossi in maniera tale da trasferirli ai diversi contesti
chi si verificano nel corso della gara.
Quindi situazioni reali con un approccio complesso, sistemico, attraverso l’utilizzo della pedagogia
dell’indagine per educare la creatività del calciatore a trovare risposte adatte al variare delle
situazioni particolari.
Ancore metodologiche
Spazio e tempo
di situazione
imprevista
Spazio e tempo
Spazio e tempo
di sistema
di reparto
Spazio e Tempo
di base
Spazio e Tempo
di
ruolo
- perché i tempi di gioco sono ritenuti premessa ed al tempo stesso essenza del gioco e quindi
secondo noi vanno educati sempre anche quando è prevalente nella esercitazione l’obiettivo
fisico;
- perché secondo la filosofia della metodologia operativa la prestazione calcistica è
un’interazione continua tra aspetti organici, funzionali,coordinativi, tecnico-strategici ed
emozionali;
- perché realizza una maggiore efficacia dell’allenamento in virtù di una sollecitazione
motivazionale superiore;
- perché così l’obiettivo tattico è sempre perseguito;
- perché si coniuga la combinazione di abilità specifiche e di capacità motorie;
- per la possibilità di poter gestire l’intensità del lavoro a seconda delle dimensioni del campo,
il numero dei partecipanti, le regole di gioco;
- per la sua specificità.