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Strutturale e Geotecnica
LEZIONE N. 1
ELEMENTI DI SISMOLOGIA
STRUTTURA INTERNA DELLA TERRA
La struttura interna della Terra, il cui
raggio medio è ≈ 6378km, è suddivisibile,
i prima
in i approssimazione,
i i i 4 guscii
in
concentrici:
• nucleo interno (inner core),
• nucleo esterno (core),
• mantello (mantle),
• crosta (crust). (J. Louie)
3
STRUTTURA INTERNA DELLA TERRA
La convezione nel mantello è il motore del movimento delle placche,
dell'apertura dei fondali e del moto dei continenti.
In quest'immagine del
mantello le zone in rosso
sono zone di materiale più
caldo e meno denso, che
risalgono principalmente dai
centri
t i di apertura
t medio-
di
oceanici.
(Immagine originale da
Harvard Univ.
S i
Seismology
l L
Lab)
b)
(Sulle facce superiori ed inferiori del parallelepipedo sono tracciati i limiti dei continenti
per permettere una migliore inquadramento/definizione spaziale delle strutture) 4
LA TETTONICA A ZOLLE
La teoria della Tettonica a Zolle (Plate Tectonics) spiega le cause dei
terremoti.
Secondo questa teoria la litosfera rigida è suddivisa in una dozzina di placche
maggiori (che non coincidono necessariamente con i continenti) ed in un gran
numero di p placche secondarie.
Le placche litosferiche non sono stazionarie, al contrario esse "galleggiano" in
modo complesso sullo strato di rocce "soffici" della sottostante astenosfera (si
immaginino delle zattere in un lago).lago) Tali spostamenti,
spostamenti prevalentemente
orizzontali e compresi tra 2 e 10 centimetri l’anno, fanno in modo che i margini
di ogni zolla interagiscono con quelli delle zolle vicine e che in tali interazioni si
sprigionino,
i i i conseguentemente,
t t enormii quantità
tità di energia.
i
5
LA TETTONICA A ZOLLE
Le placche litosferiche ed il loro movimento.
da “Il globo terrestre e la sua evoluzione.” B. Accordi ed E.L.Palmieri, Ed.
Z i h lli
Zanichelli
http://www.binapg.it/dove.htm 6
LA TETTONICA A ZOLLE
La mappa illustra la posizione dei terremoti nel globo. Essi non sono
distribuiti a caso: le zone di contatto tra le varie placche sono quelle in cui è
concentrato il maggior numero di scosse.
scosse
7
(da British Geological Survey)
LA TETTONICA A ZOLLE
SISMICITÀ DELL’EUROPA
http://www.binapg.it/dove.htm 8
LA TETTONICA A ZOLLE
Esistono tre tipi di margini delle zolle, caratterizzati dal modo in cui le zolle si
muovono le une rispetto alle altre. Essi sono:
1 margini
1. i i trascorrenti
t ti (transform
(t f plate d )
l t boundary)
b
2. margini divergenti (divergent plate boundary)
3. margini convergenti (convergent plate boundary)
9
LA TETTONICA A ZOLLE
Margini Sono margini che, scorrendo uno contro l’altro, originano rotture
lunghe anche molte migliaia di chilometri senza creare o
trascorrenti
distruggere crosta terrestre (come avviene invece nei casi
successivi).
La faglia di S. Andrea (California), tristemente famosa in tutto il
mondo per i forti terremoti che vi si sprigionano,
sprigionano caratterizza proprio
questo tipo di margine.
Margini Sono margini che si allontanano lentamente tra loro (sono anche
divergenti detti distensivi).
distensivi)
In questi casi si ha la produzione di nuova crosta terrestre in
seguito alla solidificazione del magma che, proveniente
dall’astenosfera
dall astenosfera, si raffredda e diventa roccia.
roccia Esempi di margini
distensivi sono rappresentati dalla grande dorsale medio atlantica e
dalla Rift Valley africana.
Margini
M i i Sono margini che entrano in collisione tra loro a causa di forze che
convergenti tendono a farli avvicinare (margini attivi).
In corrispondenza di queste zone possono nascere alte catene
montuose (come le Alpi e gli Appennini) e zone chiamate di
"subduzione" cioè rotture profonde in cui la litosfera si immerge
nell’astenosfera. 10
LE FAGLIE
LE FAGLIE
Il movimento locale tra due porzioni di
crosta si verifica in nuove o preesistenti
rotture della struttura geologica della
crosta, note come faglie.
Le faglie possono variare in lunghezza (da
diversi metri a centinaia di chilometri) ed in
profondità ((da superficiali
p p fino a p
profonde
decine di chilometri). Possono essere
facilmente riconoscibili (da spaccature
superficiali del terreno) o difficilmente
individuabili.
Messico del Nord (www.pitt.edu)
La presenza di una faglia
L f li non comporta t necessariamente
i t che
h cii saranno terremoti:
t ti il
movimento può essere lento e continuo (aseismic deformation) oppure la faglia potrebbe
non essere attiva.
La mancanza di una faglia superficiale, d’altra parte, non implica che un terremoto non
si possa verificare: infatti in diversi terremoti la rottura della faglia non raggiunge la
superficie terrestre. 11
LE FAGLIE
La superficie di una grande faglia è generalmente approssimabile con un piano,
sebbene nella realtà essa possa presentarsi in forma molto più irregolare.
L’orientazione del piano di una faglia (fault plane) è descritta dalla sua direzione
(strike) e dalla sua inclinazione (dip).
Strike slip
Laterale
destra
MOVIMENTO
DELLA FAGLIA Faglia diretta o
distensiva (Normal fault)
Dip slip
13
I TERREMOTI
QUANTO DETTO SI PUÒ COSÌ SINTETIZZARE:
I terremoti si originano
g solo in zone ristrette della superficie
p terrestre, le
zone sismogenetiche.
Queste zone si localizzano in corrispondenza delle faglie che separano
tra loro le diverse “zolle” nelle quali è articolata la litosfera.
litosfera
All’interno delle zolle l’ attività sismica è scarsa, almeno da quando
ll’uomo
uomo ne conserva memoria.
Ciò spinge a ritenere che vi sia un rapporto di causalità diretto tra faglie
e terremoti, ma tale rapporto non è stato chiaro fino alla comparsa
della teoria di Reid
Harry Fielding Reid (1859-1944) è stato il primo a intuire il
meccanismo di generazione dei terremoti.
terremoti
14
ELASTIC REBOUND
Dopo il sisma di S.Francisco del 1906 Reid nota che elementi prima del sisma
sicuramente rettilinei e continui (strade, recinzioni), se tagliano la faglia di
San Andreas,
sono dopo il sisma deformati e interrotti con
spostamenti massimi paralleli alla faglia ≥ 6 m
decrescenti al crescere della distanza dalla
faglia.
Da qui l’idea
l idea di un accumulo di tensione nelle
rocce (dovuto a forze tettoniche) e successiva
rottura lungo le faglie con spostamento
differen iale
differenziale
Terremoto
T t Turchia
T hi 17/08/1999:
17/08/1999 LiLinea fferroviaria
i i
(http://gndt.ingv.it/Terremoti/Turchia_17081999/CD_
Martinelli/home_frame.htm) 15
ELASTIC REBOUND
È la teoria del “rimbalzo elastico” (“elastic rebound theory” - 1910).
In rosso la
linea di faglia
Quanto
Q t più
iù lungo
l è il periodo
i d intercorrente
i t t tra
t uno scarico i ( i
(sisma) ) e l’altro,
l’ lt
tanto maggiore è l’energia accumulata e poi rilasciata (più “severo” è il sisma).
17
LE ONDE SISMICHE
L’energia accumulata e rilasciata a seguito di un terremoto si trasmette
attraverso onde sismiche. Le onde sismiche sono classificate in:
ONDE di RAYLEIGH
ONDE di
SUPERFICIE
ONDE di LOVE
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LE ONDE SISMICHE
ONDE DI VOLUME
ONDE P ONDE S
vp G Piccole
Pi l di
distanze
t con R2
vs = = ≅ 3 ÷ 3.5 km / s
IPOCENTRO 3 d Grandi distanze con R
E modulo
d l di iincompressibilità
ibilità volumetrica
l ti
G modulo di taglio
d densità di massa 19
LE ONDE SISMICHE
LA LEGGE DI SNELL
EPICENTRO
Strato 1
φ1 φ1
φ2 φ2
Strato 2
φ2 φ2
φ3 φ3
Strato 3
φ3 φ3
φ4 φ4
Strato 4
IPOCENTRO
Perché vi sia una zona d'ombra deve esistere un gradiente di velocità negativo (cioè
la velocità deve diminuire all'aumentare della p profondità):
) le onde sismiche alla
discontinuità mantello-nucleo "curvano" verso il basso, allontanandosi dalla verticale (si
pensi alla legge di Snell).
La scomparsa delle onde S giustifica lo stato fluido del nucleo esterno. 21
LE ONDE SISMICHE
ONDE DI SUPERFICIE
ONDE DI RAYLEIGH ONDE DI LOVE
Velocità Attenuazione
ONDE R
Piccole distanze con lnR
v R = 0.9vs = 2.7 ÷ 3.0 km / s
Grandi distanze con (R)0.5
ONDE L
O
Piccole
Pi l di
distanze
t con llnR
R
vs1 ≤ v L ≤ v s2
EPICENTRO Grandi distanze con (R)0.5
vs velocità
l ità d
delle
ll onde
d S nella
ll roccia
i
vs1, vs2 velocità delle onde S nello strato
superficiale e in quello immediatamente inferiore22
LE ONDE SISMICHE
PROPAGAZIONE DELLE ONDE Dai sismogrammi registrati a differenti
distanze dall’epicentro è possibile
i di id
individuare di
diverse situazioni,
it i i
schematizzate come nel disegno.
Le onde sismiche impiegano più
tempo per arrivare alle stazioni situate
più lontano. La velocità media delle
onde è rappresentata
pp dalla ppendenza
della retta che unisce gli arrivi della
∆tS stessa fase, ovvero dal rapporto tra la
variazione della distanza e la
∆x variazione del tempo di arrivo. Le
∆tP
∆x variazioni di pendenza rivelano
variazioni nella velocità di trasmissione
delle onde sismiche da parte delle
rocce attraversate. In genere per
VP= ∆x / ∆tP eventi superficiali,
superficiali le onde S hanno
VS = ∆x / ∆tS ampiezze molto maggiori rispetto alle
onde P. 23
LE ONDE SISMICHE
LOCALIZZAZIONE DEL TERREMOTO
Uno dei principali scopi di una rete sismica è definire la posizione dell
dell‘epicentro
epicentro
e dell’ipocentro del terremoto ed il suo "tempo origine" cioè quando è partita la
fratturazione; queste operazioni vanno sotto il termine: “localizzare un
t
terremoto”.
t ”
Oltre che per poter meglio definire la zona in cui possono essersi verificati i
maggiori danni, è importante localizzare la sorgente di un terremoto per poter
mettere in relazione i danni subiti con, ad esempio, la situazione geologica dei
differenti siti (effetti di amplificazione o attenuazione del movimento del suolo
dovuti a particolari percorsi delle onde sismiche o a particolari caratteristiche
dei terreni attraversati).
attraversati)
24
LE ONDE SISMICHE
Data una singola stazione sismica, il sismogramma fornirà una misura dei
tempi di arrivo delle P e delle S e quindi la distanza tra la stazione e l'evento.
La differenza dei tempi di arrivo delle P e delle S, moltiplicata per un fattore
opportuno che fornisce la stima della differenza di velocità tra onde P ed onde
S, fornisce la distanza in chilometri tra la stazione e l'evento. A questo punto si
disegna un cerchio con centro coincidente con la posizione della stazione e
raggio uguale alla distanza calcolata. L'evento può essere localizzato in uno
qualsiasi dei punti sulla circonferenza.
Utilizzando lo stesso procedimento per almeno
altre due stazioni si ottengono altri due cerchi.
L'intersezione dei tre cerchi,, se le letture che
abbiamo effettuato dei tempi P ed S sono
corrette e se la nostra semplificazione del
modello crostale attraversato dalle onde
sismiche non si allontana troppo dalla
situazione reale, identificherà un solo punto
che rappresenta la posizione dell dell'evento
evento
(Metodo di Wadati).
25
FINE