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I minerali
Un minerale è una sostanza naturale solida, con due caratteristiche fondamentali: una composizione
chimica ben definita (o variabile entro ambiti ristretti) e una disposizione ordinata e regolare degli atomi
che la costituiscono, fissa e costante per ogni tipo di minerale.
I minerali sono in genere di origine inorganica, ma vengono considerati minerali anche sostanze come i
carboni, gli idrocarburi e l’ambra, la cui formazione passa attraverso processi biologici.
Non tutti gli elementi chimici noti in natura hanno però la stessa importanza nella composizione dei
minerali della crosta terrestre. La tabella ►1 riassume l’ordine di abbondanza, in percentuale, dei principali
elementi chimici nella crosta di tipo continentale, cioè della parte di crosta terrestre che corrisponde alle
terre emerse e alla loro prosecuzione sotto il mare fino a comprendere gran parte della scarpata
continentale. I dati sono stati ottenuti dall’analisi di numerosi campioni raccolti in tutte le aree continentali,
sia in superficie sia fino a una certa profondità. La tabella mostra che oltre il 98% in peso della crosta è
formato da soli 8 elementi, con netta prevalenza dell’ossigeno e del silicio che, da soli, costituiscono il 75%
della crosta terrestre continentale.
Il resto della crosta terrestre, la parte più ampia, che si estende sotto gli oceani e che è detta per questo
oceanica, è composta dagli stessi elementi, ma in proporzioni diverse, e ciò ha portato a composti chimici
differenti e, quindi, a minerali diversi. Crosta continentale e crosta oceanica sono, quindi, profondamente
diverse, a partire dalla natura delle rocce che le costituiscono.
Tabella 1 Composizione media della crosta dei continenti espressa come abbondanza relativa dei principali elementi
chimici che vi compaiono.
Percentuale in
Elemento Simbolo
peso
Ossigeno (O) 46,6
Silicio (Si) 27,7
Alluminio (Al) 8,1
Ferro (Fe) 5,0
Calcio (Ca) 3,6
Sodio (Na) 2,8
Potassio (K) 2,6
Magnesio (Mg) 2,1
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Lungo queste file regolari gli atomi, della stessa natura o di natura diversa, si susseguono a distanze fisse e
sono separati da spazi vuoti (figura ►4). L’esempio riportato in figura si riferisce alla struttura cristallina del
minerale salgemma, che corrisponde al composto chimico cloruro di sodio. In questo caso le file regolari di
atomi sono orientate nello spazio secondo tre direzioni tra loro ortogonali, tanto da disegnare delle
minuscole celle di forma cubica (con un atomo in ogni vertice).
L’esistenza di atomi diversi per dimensioni e struttura elettronica dà origine a reticoli cristallini diversi.
Anche le forme degli abiti cristallini, di conseguenza, sono molteplici e spesso complesse, ma tutte
rispondono a leggi di simmetria che governano l’organizzazione reticolare estesa in modo indefinito nello
spazio. Senza entrare in dettaglio nel complesso ma affascinante campo della Cristallografia, ricordiamo
che le distribuzioni possibili di atomi nello spazio per formare un minerale non sono infinite: diversi abiti
cristallini risultano così distribuiti in 32 differenti «classi», ognuna delle quali è caratterizzata da una o più
forme cristalline semplici (cubi, prismi, piramidi). In una medesima classe, forme semplici possono risultare
combinate in numerose forme cristalline composte.
Simmetria (Simmetry)
Proprietà di sistemi formati da più parti (oggetti, insiemi di elementi), in cui sussiste un ordine tra i vari elementi nello spazio tale
per cui, rispetto a un riferimento (punto, piano, asse), vi sia corrispondenza di posizione. In pratica è una ripetizione senza
variazione dell’orientamento
Per esempio, se immaginiamo di «tagliare» un cubo lungo una superficie parallela a una delle facce e passante per il centro,
otteniamo due metà simmetriche: quella superficie ideale viene indicata come piano di simmetria.
La lucentezza (figura ►6) misura il grado in cui la luce viene riflessa dalle facce di un cristallo e si di-
stingue in:
o metallica, tipica di sostanze che assorbono totalmente la luce e che risultano opache;
o non metallica, tipica dei corpi più o meno trasparenti.
Il colore è una proprietà molto evidente, ma meno diagnostica di altre.
I minerali idiocromatici sono minerali che presentano sempre lo stesso colore (ad esempio: il lapislazzulo è
sempre turchino; la malachite verde; il cinabro rosso ecc.)
I minerali allocromatici sono minerali che presentano colori diversi a seconda delle impurità chimiche rima-
ste incluse nel reticolo durante la sua formazione o per certi «difetti» in alcuni punti del reticolo (ad esem-
pio: il quarzo e molte pietre preziose; si riveda la figura 6B).
Un’altra caratteristica importante dei minerali è la densità (massa per unità di volume; nel Sistema
Internazionale si misura in kg/m3). Essa dipende dall’addensamento di atomi nel reticolo, per cui il
suo valore è significativo anche per l’identificazione dei minerali. Ma la densità dipende anche dalla
pressione: variazioni di densità provocate da variazioni di pressione influiscono per esempio sul mo-
do in cui nei minerali e nelle rocce si propagano le onde elastiche, come sono quelle associate ai ter-
remoti; vedremo più avanti come, nello studio della struttura interna della Terra, si faccia riferimen-
to anche a questa particolare proprietà.
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Talco 1
Gesso 2
Calcite 3
Fluorite 4
Apatite 5
Ortoclasio 6
Quarzo 7
Topazio 8
Corindone 9
Diamante 10
POLIMORFISMO. Il polimorfismo è la caratteristica di due o più minerali che, pur avendo la stessa
composizione chimica, presentano diversa struttura del reticolo cristallino.
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DIAMANTE GRAFITE
ISOMORFISMO. L’isomorfismo si verifica quando ioni di elementi chimici diversi (con raggio ionico e
cariche simili) possono sostituirsi a vicenda, all’interno dello stesso reticolo cristallino.
I minerali che presentano isomorfismo danno vere e proprie soluzioni allo stato solido di due minerali
distinti, dette miscele isomorfe.
Per potersi orientare tra le circa 4000 tra specie e numerosissime varietà di minerali oggi note è necessario
ricorrere a una classificazione che tenga conto delle caratteristiche fondamentali dei minerali:
o struttura del reticolo cristallino (che dà origine all’abito cristallino);
o composizione chimica.
Le unità base di questa classificazione sono le specie minerali, ognuna delle quali comprende tutti gli
individui minerali che hanno lo stesso tipo di reticolo strutturale e composizione chimica uguale (o variabile
entro limiti ben precisi).
Uno schema molto semplificato di questa classificazione è riportato nella tabella ►3, nella quale i minerali
sono distribuiti in 8 classi (alle quali si aggiunge una nona classe per le sostanze organiche). A parte la prima
classe, che comprende gli elementi nativi (che formano cristalli con un solo tipo di elemento), tutte le altre
raccolgono ossidi e sali «costruiti» intorno a una serie di anioni.
Non tutte le specie di minerali oggi note hanno la stessa importanza nella composizione della crosta
terrestre; le specie veramente abbondanti sono una ventina ed è dalla loro combinazione che prendono
origine le rocce.
Il gruppo più diffuso e numeroso di minerali è quello dei silicati. Essi sono costituiti essenzialmente da
ossigeno e silicio, i due elementi chimici più abbondanti nella crosta, che si combinano tra loro per formare
diverse strutture di base, alle quali si aggiungono vari altri elementi. I minerali che ne risultano
costituiscono da soli l’80% dei materiali della crosta terrestre. I silicati rappresentano per il mondo
inorganico l’analogo dei composti del carbonio per il mondo organico per la varietà di strutture che vi si
incontrano.
La chiave di tale varietà è nel modo in cui il silicio attrae a sé (coordina) l’ossigeno: ogni ione silicio coordina
4 ioni ossigeno e il gruppo silicatico [SiO4]4- che ne risulta ha la forma tridimensionale di un tetraedro (figura
►7).
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Ma i tetraedri possono anche legarsi direttamente tra di loro, originando catene di tetraedri oppure lamine
e reticoli tridimensionali, secondo un processo detto polimerizzazione (ben noto nel campo dei composti
organici del carbonio).
I cationi che più frequentemente si legano alle strutture silicatiche sono il sodio, il potassio, il calcio, il
magnesio, il ferro (ferroso e ferrico). Diverso, invece, è il comportamento dell’alluminio, che può sostituire
parte del silicio nei tetraedri, originando così gli alluminosilicati, molto importanti perché comprendono, tra
gli altri, i feldspati, il gruppo più numeroso dei minerali della crosta terrestre.
In base al diverso modo di legarsi tra loro dei tetraedri, i silicati si suddividono in quattro gruppi, la cui
struttura è schematizzata nella figura ►8, nella quale sono riportati anche i nomi dei minerali più
rappresentativi e più diffusi in ogni gruppo.
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Figura 8. Strutture cristalline dei principali silicati, rappresentate attraverso i diversi modi in cui i
tetraedri [SiO4]4- possono legarsi tra loro per mezzo di ossigeni-ponte. I tetraedri si ripetono in modo regolare, in
una o più direzioni nello spazio, spesso con estensione indefinita (un processo noto come polimerizzazione), mentre vari tipi di
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cationi possono entrare a far parte di queste strutture unendosi agli ossigeni. Le diverse forme dei polimeri influiscono sulla
forma dei cristalli che ne derivano: gli inosilicati, per esempio, sono in genere allungati, i fillosilicati sono lamellari e così via.
I minerali non silicatici sono invece molto meno abbondanti, ma tutt’altro che trascurabili, se non altro
perché comprendono molti minerali di rilevante importanza economica.
Nella costituzione di rocce, i soli di una certa importanza sono i minerali carbonatici, formati dall’anione
(CO3)2- legato a uno o più cationi. I minerali più comuni sono la calcite, CaCO3, e la dolomite, CaMg(CO3)2,
che sono i componenti essenziali delle rocce sedimentarie carbonatiche (calcàri e dolòmie). Abbastanza
frequenti sono anche minerali come il salgemma, NaCl, e il gesso, CaSO4 · 2H2O (solfato di calcio idrato) che
si formano per precipitazione chimica a seguito dell’evaporazione di acqua salata, come quella del mare.
Ogni specie minerale dipende, perciò, dalle caratteristiche dell’ambiente naturale in cui si forma:
temperatura, pressione e concentrazione dei diversi elementi chimici presenti. La presenza di un minerale,
quindi, fornisce informazioni sull’ambiente di formazione della porzione di crosta terrestre che lo contiene.
Vediamo quali sono i principali processi di formazione di un minerale.
Cristallizzazione per raffreddamento di un materiale fuso (per esempio la lava eruttata da un
vulcano). Gli atomi o i gruppi di atomi si aggregano per formare i reticoli cristallini tipici dei
composti chimici che possono formarsi a seconda della natura del fuso.
Precipitazione da soluzioni acquose calde in via di raffreddamento. Al diminuire della temperatura,
si formano via via cristalli di specie mineralogiche diverse, a seconda della composizione chimica
della soluzione.
Figura 9. Cristalli di zolfo formatisi per sublimazione. La fuoriuscita di vapori forma delle cristallizzazioni in una
solfatara nell’isola di New Britain, in Papua-Nuova Guinea. (R. Dirscherl/Corbis).
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LE ROCCE
I minerali sono il modo in cui in genere si presentano le sostanze naturali allo stato solido.
In realtà, se ci guardiamo intorno, ben difficilmente riusciamo a distinguere i singoli minerali, come quelli
che capita di vedere, p.e., nelle vetrine delle collezioni mineralogiche; tra l’altro, le dimensioni dei minerali
sono di regola piuttosto piccole, da frazioni di millimetro a qualche millimetro, mentre dimensioni di
qualche centimetro sono più rare e dimensioni maggiori sono eccezionali (le massime dimensioni accertate
sono quelle di un cristallo di berillo, un silicato, trovato in Madagascar,: un unico cristallo, alto 18 m e
pesante 380000 kg).
La superficie solida del pianeta ci appare invece formata da ammassi di sostanze diverse tra loro per colore,
consistenza e aspetto esterno.
Questi ammassi di sostanze, se osservati da vicino e indagati con metodi e tecniche specifiche, si rivelano
costituite a loro volta da minerali: sono le rocce.
I processi litogenetici
Le masse rocciose di cui è costituita la crosta si originano ed evolvono in condizioni molto varie. È possibile
individuare tre principali processi litogenetici, cioè «generatori di rocce»
— il processo magmatico,
— il processo sedimentario,
— il processo metamorfico.
Essi sono tra loro chiaramente distinti, anche se non mancano passaggi e sovrapposizioni.
Si giunge così alla formazione delle rocce sedimentarle. Il processo sedimentario si svolge sulla superficie
terrestre o a modesta profondità, per cui è caratterizzato da basse temperature (all'incirca tra 0 e 150°C e
da bassa pressione.
3. Il processo metamorfico ha come caratteristica fondamentale la trasformazione di rocce preesistenti
(magmatiche, sedimentarie) che vengono a trovarsi in condizioni ambientali diverse da quelle di origine.
Tale trasformazione avviene all'interno della terra allo stato solidi: senza l'intervento di soluzioni o fusi.,
come negli altri processi. I minerali preesistenti, non più stabili, sono distrutti e se ne formano altri, in
equilibrio con le nuove condizioni; si originano così le rocce metamorfiche, Le temperature sono comprese
tra 300 e 800 °C, quindi tra quelle tipiche del processo sedimentario e del processo magmatico, mentre le
pressioni sono quasi sempre elevate.
Figura 15 (a sx). Il processo magmatico. Lave basaltiche colonnari. La fessurazione che isola
le «colonne» è dovuta al processo di raffreddamento.
Figura 16 (a dx). Il processo sedimentario La guglia del Daint de Mesdì, nelle Dolomiti
(Gruppo del Sella). (R. Ghedina)
Se fosse «ripulita» dalla copertura vegetale e dal suolo (che rappresenta l'alterazione delle rocce a contatto
con l’atmosfera) la superficie delle terre emerse risulterebbe formata per il 50-60% da rocce metamorfiche,
le più abbondanti, per il 35-40% da rocce ignee e fino al 5%, o poco più, da rocce sedimentarie.
Se si scende in profondità entro la crosta, le rocce sedimentarie scompaiono e sono sostitute da rocce
magmatiche intrusive e, soprattutto, metamorfiche: queste ultime, in pratica, sono le sole presenti nella
parte più profonda della crosta.
Cosa significano la presenza di tre gruppi così diversi di rocce e la loro distribuzione nella crosta? Che
legame c'è tra i vari processi litogenetici? Per comprenderlo, esaminiamo separatamente i tre gruppi di
rocce, cercando in ogni gruppo un «filo conduttore» per dare un qualche ordine ai numerosi tipi e varietà di
rocce che sono stati scoperti. Ma attenzione: non stiamo cercando di mettere insieme una classificazione
per ordinare le rocce in una vetrina, ognuna con il suo cartellino; stiamo invece cercando di imparare a
ricavare dal riconoscimento di una roccia dati e informazioni sulla natura, l'origine e le trasformazioni
della crosta terrestre.
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Nel caso delle rocce intrusive il magma si trova fermo entro la crosta e il raffreddamento avviene in tempi
assai lunghi. In tali condizioni tutto il fuso arriva a cristallizzare e la roccia ignea intrusiva derivante è in
genere formata da cristalli visibili ad occhio nudo. Le rocce intrusive presentano una struttura granulare
olocristallina (figura ►18). Gli ammassi rocciosi intrusivi, anche giganteschi, sono detti batoliti.
Figura 19. Questi rilievi (Yosemite National Park) sono una piccola parte del gigantesco batolite di granito
che costituisce quasi per intero la Sierra Nevada, in California (U.S.A.). Dopo la sua messa in posto (fra i 100 e gli
80 milioni di anni fa), il batolite si sollevò lentamente; in milioni di anni l’erosione ha smantellato le rocce che lo coprivano. Il
rilievo sulla destra è l’Half Dome («mezza cupola»); la metà cupola «mancante» è franata dopo il ritiro di un ghiacciaio che
colmava la valle. (M. Parotto, Roma)
Nel caso delle rocce effusive, invece, la temperatura e la pressione scendono in brevissimo tempo,
provocando la dispersione nell'aria dei gas. Solo una piccola parte della massa magmatica originaria si
trasforma in cristalli di dimensioni apprezzabili; il resto consolida invece rapidamente e i cristalli non hanno
tempo di accrescersi. Si forma così un mosaico di cristalli minuscoli visibili solo al microscopio, oppure una
massa omogenea, almeno in parte vetrosa, poiché gli atomi e i gruppi di atomi non hanno avuto tempo di
organizzarsi in reticoli cristallini (il vetro, infatti, è una sostanza amorfa, cioè non cristallizzata, che si forma
per rapido raffreddamento di un fuso silicatico).
Le rocce effusive presentano struttura porfirica (dal nome di una delle più tipiche rocce effusive, il porfido),
in cui alcuni cristalli della grandezza di almeno qualche mm, detti fenocristalli, si presentano in una pasta di
fondo, formata di cristalli piccolissimi o in parte amorfa (figura ►20). In casi particolari, tutta la massa è
vetrosa: sono le ossidiane o «vetri vulcanici».
A B
GRANITO
PERIDOTITE
30%
10% quarzo
plagioclasi
50%
5% feldspato
pirosseni potassico
10% olivina
85% plagioclasi
5% muscovite
5% anfiboli
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LE ROCCE SEDIMENTARIE
Le rocce sedimentarie sono il segno delle continue trasformazioni in atto da tempi lunghissimi sulla
superficie della Terra. Sono rocce molto diffuse, anche se con modesti spessori — arrivano appena al 5%
della composizione della crosta superiore — e sono estremamente eterogenee. Questa eterogeneità
riflette i numerosi medi in cui tali rocce possono formarsi, pur essendo tutte esogene, cioè prodotte da
processi attivi in superficie. Le rocce sedimentarie vengono suddivise in tre grandi gruppi, che riuniscono
ciascuno quelle che si formano in modi simili: le rocce clastiche (o detritiche), le rocce organogene (o
biogene) e le rocce chimiche.
Le rocce costituite da clasti con dimensioni maggiori di 2 mm sono dette conglomerati, e derivano dalla
lenta cementazione delle ghiaie. I conglomerati formati da ciottoli spigolosi sono chiamati brecce;
quelli formati da ciottoli arrotondati sono chiamati puddinghe.
Le rocce costituite da clasti più piccoli (tra 2 mm e 1/16 di mm) sono chiamate arenarie, sabbie
cementate che possono essere ricche di granuli di quarzo o di altra natura.
Le rocce formate da clasti finissimi (meno di 1/16 di mm) sono dette argille. Esse si depositano in
prevalenza sul fondo dei grandi laghi, o al largo dei delta, o, ancora, in mare aperto e in pieno oceano
Le rocce clastiche comprendono anche le marne, rocce che derivano da una mescolanza di argille
e di calcare, secondo varie proporzioni.
Sono ritenute rocce clastiche anche le piroclastiti, depositi di materiali di varie dimensioni (da
ceneri a lapilli) emessi da esplosioni vulcaniche.
Rocce organogene
È un gruppo di rocce formate quasi soltanto dall'accumulo di sostanze legate ad attività biologica .
Sulla base del modo in cui si è formato l'accumulo si distinguono in tre categorie, che riflettono diversi
ambienti di origine (anche grazie alla presenza di resti fossili).
Le rocce bioclastiche sorto formate da semplici accumuli di gusci e apparati scheletrici.
Le rocce biocostruite sono formate da ammassi di organismi «costruttori», i cui apparati scheletrici
esterni possono saldarsi l'uno all'altro (come negli atolli).
I depositi organici sono formati da accumuli di sostanza vegetale o animale, dalla cui trasformazione
nel tempo prendono origine i carboni e gli idrocarburi.
Sulla base della loro natura chimica prevalente, le rocce organogene sono classificate in gruppi.
1. Le rocce carbonatiche comprendono i calcari organogeni, che derivano dall'accumulo di gusci calcarei,
costituiti da carbonato di calcio (CaCO 3). I calcari organogeni si formano anche dall'attività di organismi
costruttori che impiegano la calcite per rivestirsi di parti scheletriche, come i coralli. Associate ai calcari,
ma meno abbondanti, si trovano le dolomie, formate dal minerale dolomite, carbonato doppio di calcio
e magnesio (CaMg(CO3 )2 ).
2. Le rocce organogene silicee derivano da accumulo di gusci di organismi che utilizzano la silice invece
della calcite. Tra queste la più diffusa è la selce, una roccia dura, formata da SiO 2 (silice, in forma di
quarzo o di altre varietà).
3. I depositi organici comprendono carboni fossili e idrocarburi. I carboni fossili derivano dalla
fossilizzazione di grandi masse di vegetali per arricchimento progressivo di carbonio e perdita degli altri
elementi. Gli idrocarburi sono miscele di composti del carbonio e dell'idrogeno cui si aggiungono
piccole quantità di composti ossigenati, azotati e fosforati; derivano dalla decomposizione di
microrganismi vegetali e animali accumulati su fondali marini poco ossigenati.
ha conferito alla durissima sostanza minerale una gamma di vivaci colori: rosso, giallo e bruno per il ferro, blu e verde per il
cobalto e il cromo, e così via.
2. Si definiscono rocce residuali le rocce che derivano dall'accumulo senza trasporto dei materiali che
restano dopo l'alterazione meteorica di una roccia e dopo il dilavamento, ad opera delle acque piovane,
delle sostanze solubili che si formano da tale alterazione.
Tipiche rocce residuali si formano quando l'alterazione meteorica attacca rocce ignee o metamorfiche in
climi tropicali caldo-umidi, formando accumuli di lateriti (idrossidi e ossidi di ferro) e bauxiti (idrossidi di
alluminio).
LE ROCCE METAMORFICHE
Le rocce metamorfiche si formano in seguito alla trasformazione di altre rocce, provocata da aumenti di
pressione e temperatura.
Il metamorfismo è quindi un processo che avviene in profondità, all'interno della crosta terrestre, senza
che si arrivi alla fusione del materiale coinvolto (se ciò avviene, si origina un magma). Le trasformazioni
riguardano sia i minerali, i cui atomi si riordinano secondo un diverso reticolo cristallino, sia la struttura
della roccia, cioè il modo in cui i minerali sono disposti.
Le rocce metamorfiche sono una traccia vistosa delle trasformazioni che coinvolgono l'intera crosta
terrestre: rocce affioranti possono scendere a profondità di decine di chilometri, mentre via via si
trasformano; rocce profonde possono essere spinte in superficie, portando con sé le prove delle vicende
subite.
Esistono due tipi fondamentali di metamorfismo:
metamorfismo di contatto, che interessa le rocce venute a contatto con un magma;
metamorfismo regionale, che interessa invece grandi aree in profondità nella crosta.
pressioni sono dovute sia al peso delle rocce sovrastanti (pressione di carico), sia a spinte tra masse
rocciose contigue (pressione orientata).
Quando prevale l'azione di forti pressioni si formano di preferenza minerali appiattiti o lamellari (come le
miche), orientati tutti perpendicolarmente alla direzione della pressione. In tal caso Ie rocce che ne
derivano presentano una tipica scistosità, la proprietà di suddividersi facilmente in lastre secondo piani
paralleli.
Man mano che sprofondano, i minerali continuano a modificarsi. Le trasformazioni metamorfiche risultano,
perciò, più o meno forti a seconda della profondità raggiunta.
Facies metamorfiche
Le rocce soggette a metamorfismo subiscono una serie di trasformazioni . chimiche e fisiche
(cristallizzazione metamorfica) che portano alla comparsa di nuove associazioni mineralogiche, per cui si
può parlare di una roccia nuova che sostituisce quella preesistente. Al termine di tali reazioni la roccia avrà
raggiunto nuove condizioni di equilibrio con l’ambiente e una nuova stabilità.
In ogni caso la composizione chimica globale si conserva, mentre a volte qualcosa della roccia originaria si
preserva: perciò è possibile risalire alla roccia sedimentaria, magmatica o già metamorfica che ha subito il
metamorfismo. Poiché le rocce che si sono ricristallizzate in un certo intervallo di temperatura e pressione
provengono da una medesima profondità della crosta, esse sono raggruppate — al di là della loro com-
posizione chimica — in una stessa facies metamorfica.
La facies rappresenta l'insieme di caratteri Iitologici (e paleontologici, se ci sono fossili) di una roccia e
dipende dall'ambiente in cui la roccia si è formata: riconoscere una determinata facies significa, quindi,
identificare l'ambiente fisico in cui una roccia si è formata.
A seconda dello stadio raggiunto, il metamorfismo è definito di grado basso, medio o alto. Attraverso le
facies metamorfiche il grado di metamorfismo è definito in modo più specifico. Va ricordato che si formano
differenti tipi di rocce metamorfiche:
-in uno stesso stadio di metamorfismo, da rocce di partenza di composizione diversa;
-in stadi di metamorfismo diversi, da rocce di partenza della stessa composizione.
IL CICLO LITOGENETICO
I processi magmatico, sedimentario e metamorfico fanno parte di un unico ciclo litogenetico di cui
rappresentano diversi stadi successivi (figura ►41). Un primo stadio comprende l’intero processo
magmatico, con l’intrusione e l’effusione di materiali fusi in risalita nella crosta. Uno stadio successivo si
individua nel processo sedimentario, che porta all’accumulo di sedimenti. Il trasferimento di rocce dalla
superficie in profondità e il loro coinvolgimento nei movimenti della crosta porta a un terzo stadio, quello
del processo metamorfico, che, attraverso i fenomeni di fusione (anatessi), ci riporta al processo
magmatico.
Nella realtà intervengono però numerosi elementi di complicazione. Ad esempio, una roccia intrusiva o
effusiva può venire metamorfosata senza prima essere demolita dal processo sedimentario; una roccia
sedimentaria può venire esposta in superficie subito dopo la sua formazione; una roccia metamorfica può
venire sollevata ed esposta in superficie, senza prima subire fenomeni di rifusione.
Inoltre il ciclo non è perfettamente chiuso, come è messo in evidenza da quanto accade al magma basaltico
primario che risale dal mantello ed entra nel ciclo. Sebbene gran parte delle rocce originate da tale magma
ritorni per fusione al mantello (come conseguenza di movimenti della parte più esterna della Terra) una
parte resta all’interno della crosta continentale.
Il ciclo non è chiuso nemmeno nei confronti di perdite verso l’esterno: l’idrosfera e l’atmosfera, infatti, si
sono accumulate e continuano a farlo grazie ai processi vulcanici, anche se, nei processi di alterazione in
superficie, l’idrosfera e l’atmosfera «cedono» alla litosfera acqua e anidride carbonica.
Il ciclo litogenetico rappresenta solo un aspetto dei meccanismi attraverso cui il nostro pianeta si è
trasformato e si trasforma: incontreremo cicli di portata ancora maggiore, nei quali il ciclo litogenetico è
solo una delle componenti.
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Figura 41. Schema del ciclo litogenetico. Le frecce di diverso colore mettono in evidenza i processi; i riquadri indicano i
prodotti dei vari stadi del ciclo.
Con queste chiavi in grado di farci penetrare nell’«archivio» della crosta terrestre, possiamo ricostruire la
storia della Terra e cominciare a scoprire «come funziona».
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