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IMPIANTI A VAPORE
8.1
Si definisce sostanza pura una sostanza la cui composizione chimica non cambia in tuta la massa;
esempi di sostanze pure sono lacqua (H2O), lazoto (N2), lelio (He), lanidride carbonica (CO2),
etc..
Una sostanza pura pu essere costituita da pi elementi chimici,come ad esempio il caso dellaria
che composta di tanti elementi, purch questi siano uniformante distribuiti. Una miscela di due o
pi fasi di una sostanza, come ad esempio lacqua in una miscela di stato liquido e vapore, una
sostanza pura. Non pu essere considerata sostanza pura, ad esempio, una miscela di acqua e olio,
perch lolio non essendo solubile nellacqua si raccoglie superiormente formando nella sostanza
due distinte zone chimicamente differenti.
Una sostanza pura pu trovarsi contemporaneamente in una o pi fasi, in base ai valori assunti dalle
proprie grandezze termodinamiche p e T. Esistono:
la FASE SOLIDA
la FASE LIQUIDA
la FASE AEREIFORME
Ogni fase caratterizzata da differenti strutture molecolari.
La distinzione tra gli stati della materia evidenzia le seguenti differenze qualitative:
un materiale allo stato liquido ha un volume proprio, ma acquisisce la forma del recipiente
che lo contiene;
un materiale allo stato gassoso non ha n volume n forma propria, ma si espande fino a
occupare tutto lo spazio disponibile.
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Caratteristica tipica dei solidi cristallini lanisotropia: propriet di una sostanza per cui i valori
delle sue grandezze fisiche (indice di rifrazione, conducibilit elettrica e termica, durezza, ecc.)
dipendono dalla direzione che viene considerata.
I solidi amorfi (es. vetri, polimeri organici, ecc.) sono isotropi.
I solidi cristallini hanno una temperatura di fusione molto netta (i solidi amorfi hanno un intervallo
di rammollimento, prima di fondere).
Classificazione dei solidi
Tipo
Esempi
cristallino NaCl, K2SO4 Fe, Ag, Cu, leghe, H2, O2, H2O, CO2
grafite, diamante, quarzo
amorfo vetro, polietilene, nylon
Tabella 1: classificazione dei solidi.
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unit strutturale
struttura interna ordinata detta
struttura cristallina
reticoli legati in strutture estese,
ma non regolari
Solidi cristallini
La disposizione regolare dei componenti un solido cristallino a livello microscopico produce la
forma caratteristica dei cristalli (detta morfologia) definita da facce e angoli diedri caratteristici.
I solidi cristallini mostrano piani di sfaldatura che sono in relazione con la forma delledificio
cristallino.
Una stessa sostanza talvolta ha pi forme cristalline, in dipendenza dalla temperatura e dalla
pressione a cui solidifica. Questa propriet viene detta polimorfismo quando riferita a un
composto (es. CaCO3, calcite e aragonite) e allotropia quando riferita ad un elemento (es.
diamante, grafite, fullereni).
Esistono molti casi in cui sostanze differenti, ma capaci di dare cristalli con la stessa struttura, anche
a livello molecolare, mostrano una reciproca e completa miscibilit allo stato solido (cristalli misti).
Questa propriet detta isomorfismo.
Classificazione dei solidi in base al tipo di reticolo cristallino
La posizione dei componenti di un solido cristallino sono rappresentati da un reticolo: una
disposizione tridimensionale dei punti che rappresentano i componenti (atomi, ioni o molecole) che
mostra il motivo ripetitivo dei componenti. La pi piccola unit ripetitiva del reticolo chiamata
cella unitaria o elementare: definita da tre vettori non paralleli e non necessariamente ortogonali
(a, b e c), che ripetendosi regolarmente nella direzione degli assi cristallografici danno origine a un
reticolo tridimensionale
Bravais dimostr che ci possono essere solo 14 reticoli elementari, raggruppabili in 7 sistemi
cristallografici. Il tutto rappresentato come nel seguito.
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unit strutturale
I solidi cristallini possono essere classificati in base al tipo di legame che trattiene i costituenti
nelledificio cristallino:
1. Cristalli (o solidi) molecolari
2. Cristalli (o solidi) covalenti
3. Cristalli (o solidi) ionici
4. Cristalli (o solidi) metallici
Cristalli molecolari
Sono costituiti da singole molecole mono o poliatomiche (Xe, I2, H2, O2, P4, S8, H2O e gran parte
dei composti organici) tenute assieme nel reticolo cristallino dalle forze di Van der Waals.
Le energie intermolecolari di natura attrattiva nei cristalli molecolari sono comprese fra 10-70
kJ/mol, energie molto inferiori a quella dei legami chimici (200-1000 kJ/mol).
I cristalli molecolari si caratterizzano da essere molto teneri, avere basse temperature di fusione (<
400 C o decompongono prima di fondere) ed essere molto volatili. Dal punto di vista strutturale, le
molecole tendono a dare strutture compatte.
Cristalli covalenti
In questi solidi gli atomi nel cristallo sono tutti direttamente legati tramite legami di natura
covalente, di modo che nel cristallo non sono individuabili singole molecole (il cristallo pu essere
visto come ununica macromolecola). Lenergia dei legami nei cristalli covalenti molto elevata,
simile a quella dei legami covalenti. Esempio tipico il diamante, solido perfettamente trasparente
e incolore, duro e alto fondente (4100 C), con densit 3,51 g/cm3. In questa forma allotropica, ogni
atomo di C utilizza orbitali ibridi sp3 per legarsi covalentemente ai 4 atomi di C posti ai vertici di
un tetraedro al cui centro c latomo in questione. La distanza C-C, (154,45 pm) molto vicina a
quella dei legami semplici C-C degli idrocarburi saturi (154,1 pm). Il carburo di silicio (SiC,
carborundum) ha una struttura simile a quella del diamante.
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La grafite
Esistono solidi cristallini che presentano alcuni aspetti strutturali tipici dei cristalli covalenti e altri
tipici dei cristalli molecolari: sono costituiti da strati di atomi legati tra loro covalentemente (come
nei cristalli covalenti) ma i cui singoli strati sono trattenuti tra loro solo dalle forze di van der Waals
(come tra le molecole nei cristalli molecolari).
Esempio tipico la grafite: solido opaco, nero, buon conduttore elettrico, con d = 2,22 g/cm3. Ogni
atomo di C legato covalentemente solo ad altri 3, situati ai vertici di un triangolo equilatero,
realizzando strutture planari costituite da anelli esagonali condensati.
Si pu immaginare che ogni C utilizzi orbitali ibridi sp2 per formare 3 legami con i tre atomi
adiacenti, mentre lorbitale p non ibridizzato, ortogonale allo strato planare, si combina con gli
orbitali p della stessa simmetria presenti negli altri atomi, generando una densit elettronica
delocalizzata lungo lintera struttura dello strato planare.
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I fullereni
I fullereni, oltre al diamante e alla grafite, rappresentano la terza forma allotropica del carbonio,
osservata nel nerofumo, costituta da molecole contenenti 60, 70 o pi atomi di carbonio chiamate
fullereni.
Il fullerene C60 il primo ad essere stato preparato. E una molecola a gabbia con gli atomi di
carbonio disposti nei 60 vertici risultanti dalla unione di anelli a 5 atomi (12 pentagoni) e anelli a 6
atomi (20 esagoni)
Cristalli ionici
Ledificio cristallino costituito da ioni mono o poliatomici trattenuti tra loro da intense interazioni
elettrostatiche di tipo coulombiano. Queste, per loro natura, non sono direzionali e quindi gli ioni di
carica opposta si attirano indipendentemente dalla loro collocazione spaziale: non sono quindi
riconoscibili singole unit molecolari.
I cristalli ionici presentano durezza intermedia, sono fragili e di solito hanno elevati
punti di fusione (p. es., Na+Cl- fonde a 808 C). Molti solidi ionici sono insolubili in quasi tutti i
solventi apolari o poco polari data lelevata energia reticolare. Quando lenergia liberata dalla
solvatazione degli ioni supera lenergia reticolare questi composti possono essere solubili: ci
avviene normalmente in acqua.
Lenergia reticolare ha un ruolo fondamentale nella stabilizzazione delle strutture cristalline. E
definita come lenergia che viene ceduta quando una mole di un solido ionico si forma a partire
dagli ioni allo stato gassoso, ad es.:
Q Q2
E reticolare k 1
r
ove Q1 e Q2 sono le cariche degli ioni, r la distanza dei centri degli ioni e k una costante di
proporzionalit che dipende dalla struttura del solido. Lenergia reticolare di NaF 923 kJ/mol;
quella di MgO 3925 kJ/mol.
Le strutture dei cristalli ionici sono determinate essenzialmente dalle dimensioni relative degli ioni
che formano il composto e dalla loro formula chimica. Per un composto ionico di formula MX, si
pu immaginare la struttura cristallina costituita da ioni monoatomici o poliatomici sferici, Mn+ e
Xn-, disposti in modo da dare il massimo numero di coordinazione del catione, compatibile con la
necessit che gli anioni che lo circondano non si compenetrino.
Considerando il numero di coordinazione (N.C.) del catione, esistono tre tipi di impacchettamento
degli ioni: Per dare questo N.C. il catione deve essere situato al centro di un cubo ai cui vertici sono
disposti 8 anioni, come si osserva nel cloruro di cesio (CsCl, r+/r- = 0,92). Lo ione Cs+ si trova
nella cavit cubica compresa fra le otto sfere che idealizzano gli ioni cloruro. A sua volta, ogni ione
Cl- circondato da 8 ioni cesio Catione con numero di coordinazione 8
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Se le dimensioni relative del catione rispetto a quelle dellanione diminuiscono a sufficienza, il N.C.
8 non pu pi essere mantenuto (perch gli anioni vengono a contatto tra loro e le forze repulsive
destabilizzano il sistema). Il numero di coordinazione si riduce a 6, corrispondente alla collocazione
del catione al centro di un ottaedro i cui vertici sono occupati da 6 anioni, come avviene nel cloruro
di sodio. Lo ione Na+ si trova in una cavit ottaedrica compresa fra 6 ioni cloruro A loro volta, gli
ioni Cl- sono circondati ottaedricamente da 6 ioni Na+ In NaCl il rapporto r+/r- vale 0,54. Una
struttura simile si osserva anche in CsI in cui il rapporto r+/r- vale 0,76.
Se le dimensioni del catione diminuiscono ulteriormente, il N.C. si riduce a 4, come si osserva nella
blenda (solfuro di zinco, ZnS, rapporto r+/r- = 0,40) e nellossido di berillio (BeO, rapporto r+/r- =
0,33). Il catione Zn2+ collocato al centro di un tetraedro i cui vertici sono occupati da 4 ioni S2-.
Anche gli anioni solfuro sono circondati da 4 cationi zinco.
Quando i composti hanno formula chimica diversa da MX, per esempio MX2 o M2X, le rispettive
strutture cristalline devono dare conto anche nel rapporto stechiometrico tra catione e anione. Nella
struttura della fluorite (CaF2, r+/r- = 0,74) ogni ione Ca2+ circondato da 8 ioni F- posti ai vertici
di un cubo, mentre ogni ione fluoruro circondato tetraedricamente da 4 ioni calcio:
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CRISTALLI METALLICI
Le propriet fisiche dei metalli sono:
elevato potere riflettente della luce visibile (responsabile della lucentezza); i non metalli non
riflettono la luce;
elevata duttilit (riducibili in fili) e malleabili (riducibili in fogli sottili);
elevata conducibilit elettrica che diminuisce allaumentare della temperatura;
elevata conducibilit termica (i non metalli sono cattivi conduttori);
energie di prima ionizzazione relativamente basse (a differenza dei non metalli);
bassa tensione di vapore
a temperatura ambiente sono normalmente solidi (con t. f. molto varie: -38,9 C per Hg, 28,4
(Cs), 1538 (Fe) fino a 3380 C per W)
Le basse tensione di vapore suggeriscono che nei cristalli metallici siano operanti legami molto forti
tra gli atomi, non imputabili quindi a forze di tipo Van der Waals. Non sono neppure imputabili a
legami covalenti perch gli atomi degli elementi metallici non hanno un numero sufficiente di
elettroni nel guscio di valenza per giustificare il fatto che attorno ad ogni atomo si trovano altri 12 o
8 atomi (i legami covalenti richiederebbero 12 o 8 elettroni nei gusci di valenza di ciascun atomo).
Linsieme delle propriet dei metalli suggerisce una struttura in cui il solido cristallino sia costituito
da cationi del metallo ottenuti dalla liberazione di elettroni dal guscio di valenza, oscillanti intorno
ai nodi del reticolo cristallino, mentre gli elettroni liberati si muovono nellintero reticolo
comportandosi come una sorta di gas elettronico che permea lintero cristallo ed responsabile
della stabilit della struttura cristallina.
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processo
fusione o liquefazione
vaporizzazione
condensazione
solidificazione
sublimazione
desublimazione
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Stato 4
Stato 1
Stato 2
Stato 3
vapore
vapore
liquido
liquido
Stato 5
vapore
liquido
liquido
vapore
liquido
stato 2
liquido + vapore
stato 1
stato 3
stato 4
stato 6
stato 5
S
Figura 12: esperienza con lH2O.
Si consideri un sistema costituito da acqua (H2O), il cui contorno sia definito dalle pareti di un
cilindro e dalla superficie di un pistone mobile, il tutto come rappresentato nella figura precedente.
Il sistema si trova in equilibrio e lo stato termodinamico rappresentativo lo stato 1;
successivamente attraverso la fornitura di calore Q si rappresentano i diversi stati evolventi e
conseguentemente le transizioni di fase che lacqua subisce, mantenendo sempre la p costante.
Stato 1: p = 101325 Pa
t = 20C
H2O in fase liquida (liquido sotto raffreddato)
Lacqua lontana da iniziare ad evaporare, ovvero distante dalla curva limite inferiore
di Andrews di liquido saturo e in questo caso tipicamente chiamata liquido sotto
raffreddato.
Stato 2: p = 101325 Pa
t = 40C
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t saturazione 100 2
psaturazione
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Patmosferica
(kPa)
101,33
89,55
79,50
54,05
26,50
5,53
Tebollizione
(C)
100
96,3
93,2
83
66,2
34,5
Temperatura critica
(C)
Pressione critica
(atm)
132
-119
31,2
374,14
111,5
49,7
73
217,7
Analogamente a quanto fatto nel piano (T,s) e (h,s) si pu considerare il piano (p, v) detto anche
piano di Clapeyron.
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La curva che rappresenta la temperatura critica una curva limite per le sostanze pure suddividendo
il piano (p,v) nelle regioni evidenziate nella figura precedente.
Si evidenzia chiaramente come nel punto critico lisoterma ha un flesso orizzontale. Inoltre le
sostanze che si trovano al di sopra del loro punto critico sono allo stato gassoso e non possono
essere condensate con una compressione isoterma.
Per ogni sostanza esiste una coppia di valori (p,T) alla quale possono esistere contemporaneamente
le fasi solida, liquida e vapore: tale stato prende il nome di punto triplo.
Gas incondensabile
liquido
solido+liquido
solido
liquido+vapore
Vapore surriscaldato
condensabile
Tcritica
punto triplo
solido+vapore
V
Figura 15: diagramma qualitativo delle fasi per una sostanza pura che solidificandosi si riduce di volume.
liquido
Gas incondensabile
solido+liquido
Tcritica
liquido+vapore
..
Vapore surriscaldato
condensabile
solido
solido+vapore
punto triplo
V
Figura 16: diagramma qualitativo delle fasi per una sostanza pura che solidificandosi aumenta di volume (es.
H2O).
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Dalle due figure precedenti si rileva che tra le sostanze pure esistono due comportamenti distinti nel
passaggio liquido solido, ovvero:
sostanza pura che solidificandosi si riduce di volume;
sostanza pura che solidificandosi aumenta di volume, come il caso dellacqua (H2O).
Se lacqua nel solidificarsi riducesse il volume, come avviene per la maggior parte delle sostanze
pure, il ghiaccio risultante sarebbe pi pesante dellacqua liquida e perci si depositerebbe sui
fondali dei fiumi, dei laghi o degli oceani, anzich galleggiare. I raggi del sole difficilmente
riuscirebbero a vedere il ghiaccio e scioglierlo.
Nel piano (p,T) la linea del punto triplo appare invece come un punto. Infatti:
liquefazione per sostanze pure che solidificandosi
aumentano i l volume
liquefazione per sostanze pure che solidificandosi
diminuiscono i l volume
LIQUIDO
punto critico
SOLIDO
.
punto triplo
vaporizzazione
VAPORE
sublimazione
T
Figura 17: diagramma qualitativo delle fasi nel piano (T, p).
Tutte le figure nei piani (p,V), (p,T), ecc. fin qui rappresentate sono delle proiezioni della
rappresentazione spaziale nel (p,V,T). Ricordano che per le sostanze pure bastano due grandezze
indipendenti per definire lo stato, allora si pu considerare:
Z Z X ,Y
rappresentano superfici dello spazio.
Considerando (T,v) come variabili indipendenti e p dipendente si ha, considerando la sostanza pura
che solidificandosi si riduce di volume:
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Figura 18: diagramma delle fasi per sostanze pure che riducono il volume solidificandosi.
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Figura 19: diagramma delle fasi per sostanze pure che aumentano il volume solidificandosi (es. H 2O).
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Il titolo X di vapore
Si definisce titolo di vapore X:
X
Ove con:
Mv
M tot
Lintroduzione del titolo importante per conoscere la quantit di vapore o di liquido presente nel
miscuglio; si tenga presente che presenze significative di liquido in un miscuglio bifase sono
preoccupanti per la resistenza delle ultime schiere delle pale della turbina a vapore.
Inoltre, ricordando che lungo la isotermobarica di cambiamento di stato la T e la p sono grandezze
dipendenti, per poter rappresentare univocamente lo stato termodinamico della sostanza pura pu
comodamente essere utilizzato il titolo X.
p
liquido saturo
vapor saturo
ps
Vx
Vl
bifase
X=0
Vs
B
X=1
tutto liquido
0 X 1
x
tutto vapore
Vale:
Vx Vl (Vs Vl ) X
X
Vx Vl Ax
Vs Vl AB
Il luogo dei punti con il titolo uguale viene detta linea isotitolo e rappresentata:
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Figura 22: diagramma di Mollier dellacqua nel (T,s) con evidenza delle isotitolo x.
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T
dQ
T1
S1
S2
dS
dQ
dQ T dS
T
Q il calore di cambiamento di stato e dato che il processo avviene lungo una isoterma (T = cost.),
la corrispondente variazione di entropia vale:
Q
S SV S l
T
Generalizzando ad ogni fase si ha nel piano (T,s):
dS
gas incondensabile
punto critico
Tcritica
.
6
liquido
T4
T2
solido
1
TI I
vapore
LIQUIDO+VAPORE
SOLIDO+LIQUIDO
III
II
solido+vapore
2
Ss
Ssolido
Sliquido
Sliquidosaturo
Svaporsaturo Sv
Ql v T4 (Svaporsaturo Sliquidosaturo )
calore di transizione liquido-vapore = calore latente di evaporazione
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dh du pdv vdp
Ma lungo la trasformazione di cambiamento di fase la p = costante (isotermo barica) e pertanto
vdp=0
e dal primo principio vale:
dQ du pdv
e pertanto:
dh du pdv dQ
Ovvero in generale lungo una qualsiasi trasformazione isobara il calore scambiato pari alla
variazione di entalpia: diventa pertanto rilevante lavorare nel piano entalpia, entropia (h,s).
Il diagramma di Mollier (H,S) o meglio (h,s) con lentalpia e lentropia specifiche alla massa di
impiego diffusissimo perch consente la lettura precisa dei valori di entalpia, la cui variazione
consente il calcolo del lavoro nei principali cicli termodinamici
Allinterno della curva limite vi la presenza delle linee isotermo bariche del cambiamento di stato,
che rispetto al piano (T,s) qui sono delle linee inclinate con coefficiente angolare T
Per quanto visto appena sopra, facendo riferimento a grandezze specifiche alla massa si ha:
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dh dQ (1)
Per definizione di entropia:
dQ
T
ds
(2)
ds
Quindi riprendendo:
dh
dh
T
T
ds
dh T ds (3)
dh T ds T ds
s
h2 h1 Ts (s2 s1 )
h Ts s A
ove
Ts3
Ts2
Ts1
s
Figura 24: le linee di cambiamento di fase nel piano (h,s).
Al crescere di Ts (Ts1< Ts2< Ts3) aumenta il coefficiente angolare della linea retta che rappresenta il
luogo dei punti di cambiamento di stato allinterno della curva limite e pertanto i segmenti indicati
come 1, 2, 3 sono delle spezzate di rette con coefficienti angolari sempre crescenti e quindi si
aprono sempre di pi, quindi non sono paralleli.
Nel diagramma (h,s) il punto critico non si trova sul massimo della curva, ma in corrispondenza del
punto di tangenza tra la curva limite e la retta dinclinazione Tcr.
Anche nel caso del piano (h,s) la curva limite inferiore termina nel punto rappresentativo dello stato
liquido al punto triplo.
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pcr
H
GAS INCONDENSABILI
SOLIDO+LIQUIDO
VAPORI CONDENSABILI
punto critico
LIQUIDO
Tcr
curva di Andrews
LIQUIDO+VAPORE
SOLIDO
linea di punto triplo
SOLIDO+VAPORE
S
Figura 25: il diagramma H,S.
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Si ricorda che la relazione pv = cost, valida per trasformazioni isentropiche, pu essere scritta
anche per il vapore, ma ora non pi il rapporto tra i calori specifici a pressione e volume
costante, ma varia da punto a punto, come mostrato a destra in Figura 26. Esso, nella zona 2,
assume valori tra 1.3 e 1.33. risulter essere quindi funzione della temperatura e dellentropia,
secondo la definizione seguente:
v p
p v s
Leffetto di gas reale causa una riduzione del volume specifico, rispetto allipotesi di gas perfetto.
Ricordando che il lavoro, nel caso ideale, dato da:
Ls vdp
Ne segue che il lavoro di espansione di un gas reale risulter inferiore, cos come la temperatura di
fine trasformazione, e ci a causa dellazione delle forze intermolecolari.
Quando si ha a che fare con un gas reale, lequazione costitutiva che pu essere utilizzata in
sostituzione alla classica equazione dei gas perfetti, ad esempio lequazione di Van der Waals:
a
p 2 v b RT
v
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8.2
Ciclo Rankine
Per la produzione di potenza elettrica si usano impianti basati prevalentemente sul ciclo Rankine,
Tale ciclo sfrutta il cambiamento di fase dellacqua o di altri fluidi, e trova applicazione nei seguenti
impianti:
Centrali Termoelettriche (combustibili fossili)
Centrali Nucleari
Centrali Geotermiche
Centrali Solari (termodinamico solare)
Nelle tre figure seguenti riportato un esempio di centrale termoelettrica, ovvero la centrale Enel di
Piacenza dalla potenza elettrica di 320MW: in particolare si rappresenta il lay-out generale
dellimpianto, lo schema del ciclo termico Rankine e il relativo ciclo nel piano (T,s).
Figura 27: esempio di impianto termoelettrico: Lay-out della centrale Enel di Piacenza da 320MW.
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Figura 28: schema del ciclo termico dellimpianto a vapore ENEL da 320 MW di Piacenza.
Figura 29: ciclo Rankine nel piano (T,s) dellimpianto a vapore ENEL da 320 MW di Piacenza.
Si consideri il ciclo tracciato, nei piani (T,s) e (h,s) in Figura 30. Nella stessa figura disegnato lo
schema semplificato dimpianto che realizza tale ciclo.
Il ciclo descritto dal fluido comprende 5 trasformazioni: una compressione in fase liquida (1-2), un
riscaldamento a pressione costante (2-3), un passaggio di stato o evaporazione (3-4), unespansione
in zona bifase (4-5) e un nuovo passaggio di stato o condensazione (5-1) per riportare il fluido alle
condizioni iniziali. Si tratta quindi di un ciclo chiuso, in cui il fluido evolvente sempre lo stesso,
qualunque sia la trasformazione considerata. Il ciclo tracciato in Figura 30 fa riferimento ad un caso
ideale, ovvero internamente reversibile. Si suppone cio di considerare le macchine ideali, assenza
di perdite di calore verso lesterno e di perdite di carico nei condotti di collegamento dei diversi
elementi dellimpianto cos come negli scambiatori di calore presenti. Si rimanda alla trattazione
dellirreversibilit in particolare a i cicli reversibili internamente ed esternamente.
.
.
.
4
SORGENTE
(TH)
Q1
L=LT-Lp
M
Q2
POZZO
(TC)
.
.
Pagina 30 di 60
Pp m l p ,id m
p2 p1
essendo lp,id il lavoro ideale specifico alla massa, assorbito dalla pompa e la portata di fluido
evolvente nel ciclo; p2 e p1 la pressione del fluido evolvente nel ciclo rispettivamente negli stati
identificati con 2 e con 1; infine la densit del fluido, nel nostro caso acqua, considerata costante
lungo la trasformazione 12.
Le trasformazioni 23 e 34 avvengono in un generatore di vapore. Sono trasformazioni a
pressione costante, in cui si ha lintroduzione di calore nel ciclo. Nel generatore di vapore lacqua
viene inizialmente riscaldata in un elemento detto Economizzatore. Raggiunta la temperatura di
saturazione corrispondente alla pressione di evaporazione (pari alla pressione in uscita dalle
pompe), lacqua inizia ad evaporare. Il processo di evaporazione avviene lungo unisotermobarica,
ed realizzata nellevaporatore. Il calore necessario perch avvengano queste trasformazioni
fornito, ad esempio negli impianti termoelettrici, dalla combustione di un combustibile fossile o
dalla fissione nucleare. Questo calore rappresenta il calore entrante nel ciclo Q1; in termini di
potenza vale:
4
Q1 m T ds m (h4 h2 )
2
essendo lt,s il lavoro specifico alla massa sviluppato dalla turbina lungo unespansione isoentropica;
h5 e h4 le entropie specifiche alla massa di acqua rispettivamente nello stato 5 e 4.
La trasformazione 5-1 avviene infine in un condensatore. Questo elemento non altro che uno
scambiatore di calore a superfici, in cui il fluido bifase viene fatto condensare. Il calore di
condensazione Q2 uscente dal ciclo viene ceduto ad un fluido secondario di raffreddamento. Esso
vale in termini di potenza:
1
Q 2 m T ds m T ds m (h5 h1 )
essendo T e s rispettivamente la temperatura e lentropia specifica alla massa evolventi durante le
trasformazioni 51; h5 e h1 le entropie specifiche alla massa di acqua, rispettivamente nello stato 5
e 1. Si evidenzia che per le convenzioni di segno il calore negativo se uscente.
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Per un ciclo chiuso, si ricorda che la definizione di rendimento di primo principio del ciclo pari al
rapporto tra effetto utile e quanto si spende per ottenerlo. Nel caso del ciclo a vapore, leffetto utile
la potenza netta uscente dal sistema, e quindi la differenza tra quella prodotta dalla turbina e
quella assorbita dalla pompa. Per produrre questa potenza netta, necessario fornire al ciclo una
potenza termica Q 1 , che quindi rappresenta la spesa. Il rendimento risulta quindi:
Pu Pt Pp
Q 1
Q 1
La portata di acqua in circolo nellimpianto ovunque la stessa, quindi al posto delle potenze si
possono utilizzare i lavori specifici (lt e lp) e i calori (q1) specifici allunit di massa:
l l
t p
q1
Si deve notare che il lavoro assorbito dalle pompe (lp) trascurabile rispetto a quello fornito dalla
turbina (lt). Ci dovuto al fatto che il volume specifico dellacqua in fase liquida molto piccolo,
2
e quindi il lavoro assorbito dalla pompa l p vdp risulta molto ridotto se confrontato con quello
1
5
della turbina lt vdp , dove il fluido evolvente vapore ad alta temperatura e quindi dotato di un
4
volume specifico decisamente maggiore. Essendo le macchine attraversate dalla stessa portata in
massa, evidente che la pompa assorbir una potenza nettamente inferiore rispetto a quella erogata
dalla turbina. Se ad esempio si pensa di far subire al liquido un incremento di pressione pari a 80
bar nella pompa, il lavoro assorbito sar pari a 8 kJ/kg. Lordine di grandezza del lavoro fornito
dalla turbina nettamente maggiore, aggirandosi intorno agli 800 kJ/kg.
Considerando trascurabile il lavoro assorbito dalle pompe, il rendimento del ciclo diventa:
L
t
Q1
Figura 31: ciclo Rankine ideale a vapore saturo nel piano (p,v).
E quindi evidente la ragione per cui il ciclo a vapore non venga normalmente rappresentato nel
piano (p,v), in quanto in questo piano le trasformazioni nella pompa e nella turbina risultano
analoghe, cos come mostrato in Figura 31, fornendo quindi una rappresentazione fuorviante
dellimportanza relativa delle trasformazioni.
Pagina 32 di 60
Sorgente Calda
Q1
Tmax
3
4
Lu = Area
Tmin
12
Q2
Sorgente Fredda
Figura 32: ciclo ideale a vapore saturo.
quindi evidente la ragione per cui il ciclo a vapore non venga normalmente rappresentato nel
piano (p,v), in quanto in questo piano le trasformazioni nella pompa e nella turbina risultano
analoghe, cos come mostrato in Figura 31, fornendo quindi una rappresentazione fuorviante
dellimportanza relativa delle trasformazioni.
Come gi approfondito nel capitolo dedicato, il rendimento di primo principio fornisce delle
informazioni d tipo quantitativo, ovvero non altro che lapplicazione di un bilancio energetico del
primo principio della termodinamica.
Interessante diventa invece, a parit di condizioni (temperature massime e minime del ciclo),
valutare quanto il ciclo in esame sia prossimo alle efficienze del miglior ciclo possibile che il ciclo
reversibile, di cui un esempio fornito dal ciclo di Carnot.
Si introduce allora il rendimento di secondo principio o rendimento energetico, definito come
rapporto tra rendimento del ciclo in esame ed il rendimento del relativo ciclo reversibile, ovvero:
1 principio
L
II exergetico
1 principioreversibile Lreversibile
Il rendimento di secondo principio esprime la qualit di un ciclo; la lontananza dellefficienza di un
ciclo qualsiasi da quello reversibile dovuto alla presenza di irreversibilit, sia esse interne che
esterne.
Per individuare le cause di riduzione di efficienza del ciclo si preferisce utilizzare unespressione
del rendimento, in cui compaiano esplicitamente le irreversibilit:
s T
1 principio Carnot i min
Q1
Questa espressione, che fornisce esattamente lo stesso valore della scrittura tipica:
1 principio
Lutile
Q
1 2
Q1
Q1
Pagina 33 di 60
fa uso del rendimento di un ciclo di Carnot di riferimento, ossia del ciclo di Carnot che evolverebbe
tra le stesse temperature minima e massima del ciclo, come mostrato in Figura 32:
T
Carnot 1 min
Tmax
In questa analisi si assume cio che la sorgente calda sia collocata ad una temperatura
corrispondente alla Tmax del ciclo che, in questo caso, coincide con la temperatura di evaporazione.
La sorgente fredda si trova invece alla Tmin del ciclo, coincidente con la temperatura di
condensazione. Il ciclo a vapore saturo pertanto quello che pi si avvicina al ciclo di Carnot. Esso
tuttavia non ne raggiunge il rendimento in quanto, pur avendo supposto ogni trasformazione ideale,
presenta una fase di introduzione di calore a temperatura variabile (23), in cui il calore viene
scambiato (tra sorgente e fluido) con differenze finite di temperatura, che quindi comporta la
presenza di irreversibilit esterne.
Un ulteriore parametro fondamentale per descrivere le prestazioni di un ciclo a vapore il lavoro
utile. Nel caso ideale (si ricorda che un ciclo ideale un ciclo reversibile internamente), larea
racchiusa dalle trasformazioni rappresenta il lavoro utile specifico alla massa (lu):
4
lu q1 q2 Tds Tds
essendo q1 e q2 le quantit di calore specifiche alla massa scambiate; T e s rispettivamente la
temperatura e lentropia specifica alla massa evolventi durante le trasformazioni in esame.
E quindi evidente che, per aumentare il lavoro fornito dalla turbina sar necessario aumentare il pi
possibile larea racchiusa dal ciclo. Questo pu essere ottenuto diminuendo la temperatura di
condensazione e aumentando quella di evaporazione.
Laumento della temperatura di evaporazione significa aumentare la temperatura della sorgente:
aspetto questo fattibile fino ad un certo punto in quanto poi esistono problemi strutturali dei
materiali ad avere in gioco temperature troppo elevate.
La diminuzione della temperatura di condensazione significa conseguentemente diminuire la
temperatura del pozzo: ma la temperatura del pozzo , il pi delle volte, la temperatura dellaria
ambiente o dellacqua di un fiume o di un mare e pertanto fisicamente fissata e non pu scendere
sotto certi valori.
I cicli a vapore saturo vengono usati solamente nelle centrali nucleari e in impianti geotermici, dove
la sorgente termica si trova a bassa temperatura. Essi possono raggiungere rendimenti, nel caso
ideale, dellordine del 30-35%. Per superare questi inconvenienti e ottenere cicli termodinamici
caratterizzati da rendimenti maggiori si introduce il ciclo a vapore surriscaldato.
Pagina 34 di 60
8.2.1.2
Con riferimento alla Figura 33, il ciclo a vapore surriscaldato si differenzia da quello a vapore
saturo per la presenza, nel generatore di vapore, di una terza zona, detta surriscaldatore. Il vapore
in uscita dallevaporatore entra in un ulteriore scambiatore di calore in cui si riscalda fino alla
temperatura TSH (dallinglese super heat). Il fluido che entra in turbina quindi un vapore
surriscaldato, che ha tutte le caratteristiche di un gas perfetto.
3
4
2
6is
.
4
6rev
..
s
Figura 33: ciclo Rankine ideale a vapore surriscaldato.
.
Pagina 35 di 60
.5
.4
Q23
L56is
L12
..1
.3
.4
is
is
.6
is
Q6is1
s1
s3
s4
s6
Laumento del lavoro utile non comporta necessariamente laumento dellefficienza (rendimento)
del ciclo. Infatti laumento di lavoro utile riscontrato (effetto utile) conseguenza di una maggiore
spesa dovuta al maggior calore introdotto Q1 per effettuare il surriscaldamento, ovvero ricordando il
rendimento di primo principio si ha:
L
1 principio utile
Q1
E evidente che nel caso del surriscaldamento cresciuto il numeratore (e la crescita pari allarea
(4-5-6is-4is)), ma contestualmente aumentato il calore introdotto del valore Q45 (area 4-5-S6-S4).
In realt aumenta anche il rendimento del ciclo, avendo aumentato la temperatura media di
introduzione del calore e quindi ridotto il peso delle irreversibilit introdotte per scambio di calore
con salto finito di temperatura.
Infatti laumento di rendimento conseguente allintroduzione del surriscaldamento pu essere
qualitativamente dimostrato se si immagina di suddividere il ciclo in tre cicli elementari, cos come
schematizzato nella seguente Figura 35.
Pagina 36 di 60
T
Q1III
Q1II
.4
Q1
III
II
I
2
4is
Q2III
3is
Q2II
1 Q2I
6is
s
Figura 35: suddivisione del Ciclo ideale in tre cicli elementari (I, II, III).
Ricordando che il rendimento di un ciclo tanto maggiore quanto pi grande la differenza tra le
temperature medie di introduzione e cessione del calore, evidente che il rendimento del ciclo I
sicuramente inferiore rispetto a quello del ciclo II il quale , a sua volta, inferiore rispetto a quello
del ciclo III:
I II III
Il rendimento complessivo del ciclo surriscaldato pu essere facilmente calcolato come la media
pesata sui calori entranti dei rendimenti dei singoli cicli.
Basta infatti ricordare che la relazione pu essere scritta per ogni ciclo, cos come per il ciclo
complessivo, per cui si ricava:
(Q1 Q2 ) I
II
III
(Q1 Q2 ) II
Q1
II
(Q1 Q2 ) III
Q1
III
Q1 Q2 Q1 Q2 Q1 Q2 Q1 Q2
I Q1I II Q1II III Q1III
Q1
Q1I Q1II Q1III
Q1I Q1II Q1III
I
Q1
II
III
Se il rendimento del terzo ciclo, quello introdotto con il surriscaldamento, maggiore del
rendimento del ciclo saturo di partenza, il rendimento finale del ciclo a vapore surriscaldato sar
una via di mezzo tra i due, e quindi sicuramente maggiore del rendimento del ciclo saturo di
partenza.
Pagina 37 di 60
.5
3
.4
..
2is. 2reale
1
6is
.6
reale
s
Figura 36: ciclo Rankine reale nel piano (T,s).
Le trasformazioni (1-2reale) e (5-6reale) sono trasformazioni non ideali( non irreversibili internamente)
e pertanto non se ne conosce univocamente tutti gli stati , ma solo lo stato iniziale e finale, ovvero
solo 1 e 2reale e solo 5 e 6reale e : come si avuto gi modo di approfondire nel capitolo dedicato alle
irreversibilit, per convenzione, si suole rappresentare con un segmento tratteggiato tali
trasformazioni ad indicare che i punti intermedi ai punti iniziale e finale non sono rappresentativi
degli stati termodinamici del sistema.
Si evidenzia, come atteso, che le due trasformazioni portano ad una crescita dellentropia del
sistema.
Il punto di fine espansione reale (6reale) cade sulla isobara: quindi se allinterno della campana sar
sulla isotermo barica, se fosse esterno cadrebbe sullisobara, ovvero:
T
isotermobarica
espansione reale
isotermobarica
espansione reale
isotermobarica
. .6
isotermobarica
..
6is
6is 6real
isotermobarica
Pagina 38 di 60
reale
s
.
isobara
Lespansione reale determina un punto di fine espansione pi a destra e quindi nel caso in cui si sia
ancora allinterno della campana uno stato con titolo maggiore e quindi sicuramente preferibile
dalle ultime schiere di palette della turbina a vapore.
Lo spostamento verso destra per determina maggiore entropia e quindi minor lavoro sviluppato
durante lespansione. Analizzando il ciclo Rankine reale nel diagramma (h,s) (Figura 38) ben
evidente questa riduzione delleffetto utile, ovvero diminuzione del salto entalpico di espansione.
Lo scostamento dellespansione reale da quella isoentropica dovuto ad una serie di cause, che si
possono limitare in fase di costruzione della macchina turbina, ma che non si possono mai eliminare
completamente. Queste cause possono essere cos riepilogate:
-
hreale = (h5-h6reale)
.
4
..
hideale = (h5-h6id)
6reale
2
6id
..
s
Figura 38: punto di caduta dellespansione reale nel piano (h,s).
Pagina 39 di 60
Ora si analizzano le diverse trasformazioni che costituiscono il ciclo Rankine reale, assumendo, in
tutte le macchine e componenti di impianto, trascurabile sia la variazione di quota, che la variazione
di energia cinetica tra ingresso e uscita.
Con queste ipotesi, le scritture delle due forme dellequazione dellenergia per sistemi aperti al
flusso di massa sono:
out
l e lirr vdp
in
le qe hout hin
Ogni elemento costitutivo dellimpianto verr analizzato inizialmente come se fosse una scatola
nera. Si vedr quindi cosa succede tra ingresso e uscita, tenendo conto delle perdite nelle macchine
attraverso la definizione di opportuni rendimenti. Si ricorda inoltre che le trasformazioni nelle
macchine a fluido, pompe e turbine, sono comunque adiabatiche.
Il ciclo pu essere considerato costituito da un certo numero di macchine e quindi schematizzato
come nella Figura 39 seguente.
.5
3
..
2is. 2reale
1
.4
6is
.6
reale
s
Figura 39: schematizzazione del ciclo Rankine.
Pagina 40 di 60
Pompa (12)
h
h2reale
h2id
h1
isobara
2reale
2id
reale
pompaggio reale
pompaggio ideale
s1
s
Figura 40: la trasformazione 12.
Se viceversa la macchina reale, il punto di fine compressione si trover allo stesso livello di
pressione del caso ideale, ma ad unentropia maggiore (punto 2reale). Detto p il rendimento della
pompa, definito come il rapporto tra lavoro ideale e lavoro reale, il lavoro reale specifico alla massa
assorbito dalla pompa sar:
l p , reale
l p ,id
h2 reale h1
E inoltre possibile valutare anche la temperatura del fluido alluscita della macchina. Trattandosi
sempre di liquido, la variazione di entalpia dovuta alle irreversibilit esprimibile in termini di
variazione di temperatura:
h2, reale h2,id c T2, reale T2,id
Pagina 41 di 60
h
h5
isobara
h4
2
h3
h2
isotermobarica
isobara
s2 s3
s4
s5
ECO
N
q45
q34
q23
EVA
SH
Le trasformazione 2345 avvengono nel generatore di vapore. Nella particolare sezione del
generatore di vapore detta ECONOMIZZATORE (anche ECO) si ha un riscaldamento isobaro in
fase liquida fino al raggiungimento delle condizioni di saturazione (trasformazione 23); nella
sezione detta EVAPORATORE o VAPORIZZATORE (anche EVA) si ha il passaggio di fase a
pressione e temperatura costanti (trasformazione 34). Infine nel SURRISCALDATORE (anche
SH) si ha lulteriore riscaldamento del vapore ancora a pressione costante fino alla temperatura di
surriscaldamento (trasformazione 45).
Il calore specifico allunit di massa introdotto nel ciclo lungo le trasformazioni 2345 vale
quindi:
Pagina 42 di 60
Turbina (56)
h
h5
hreale
hideale
h6reale
h6id
..
6id
6reale
s6id s6reale
Se la macchina ideale, il punto di fine espansione (6id) si trova alla temperatura e pressione
minime del ciclo, e con unentropia uguale a quella del punto dinizio espansione (s6id ).
Il lavoro ideale sempre specifico alla massa (lt,id) fornito dalla turbina vale quindi:
lt ,id h5 h6id
Considerando la macchina reale, il fluido in uscita dalla turbina avr la stessa pressione e
temperatura del caso ideale, ma unentropia maggiore, e quindi un titolo del vapore maggiore.
Introducendo un rendimento isoentropico della turbina t,isoentropico, anchesso definito come il
rapporto tra lavoro reale e lavoro ideale:
t ,isoentropico
h5 h6,reale hreale
h5 h6,id
hideale
(a)
possibile calcolare il lavoro specifico alla massa realmente erogato dalla turbina (lt,reale):
Condensatore (61)
h
h6
h1
6reale
isotermobarica
s1
s6
5
CONDENSATORE
da scarico turbina
6reale
q61
Figura 43: la trasformazione 61.
Il fluido bifase uscente dalla turbina viene fatto condensare a pressione e temperatura costanti. Il
calore specifico alla massa sottratto al fluido vale:
q61 h6,reale h1
Il condensatore un grande scambiatore di calore caratterizzato da:
- un modesto salto termico trai due fluidi (generalmente nelle centrali di produzione il vapore
scaricato dalla turbina a 3040C a 0,05 kg/cm2 e lacqua refrigerante a 525C;
- una grande quantit di calore da scambiare ( ad esempio per un gruppo da 320MW si ha una
portata di vapore scaricato dalla turbina di circa 600 t/h, che a circa 560 kcal/kg comporta una
quantit di potenza termica in gioco di poco meno di 400 MW da smaltire;
- una grande dimensione della superficie di scambio termico. Considerando sempre un gruppo da
320 MW si ha una superficie dellordine di 16.000 m2;
- una grande portata di acqua di raffreddamento necessaria per condensare il vapore (nel caso di
condensatore ad acqua). Considerando un salto medio dellacqua di raffreddamento t = 89C
per asportare le 560 kcal dal chilogrammo di vapore occorrono 80100 litri di acqua di
raffreddamento.
Il corretto dimensionamento ed impiego del condensatore soddisfa le seguenti priorit:
- accrescere larea racchiusa dal ciclo per aumentare la massimo lefficienza;
- chiudere il ciclo recuperando il vapore in forma di liquido condensato per iniziare
nuovamente il ciclo;
- costituire assieme al degasatore e al corpo cilindrico una riserva di acqua utile a fronteggiare
riduzioni di portata nel ciclo, ad esempio a causa di apertura di scarichi e valvole di
sicurezza.
Pagina 44 di 60
Ora possibile esprimere il rendimento di primo principio del ciclo Rankine reale ad un
surriscaldamento in funzione dei salti entalpici che il fluido subisce nelle diverse trasformazioni:
I ,reale
lt ,reale l p ,reale
h h h2,reale h1
lutile
5 6,reale
spesa q23 q34 q45
h5 h2
Bisogna precisare che, quanto detto fino ad ora, in realt si riferisce al caso quasi reale in cui
vengono considerate le perdite nelle trasformazioni che hanno luogo nelle pompe e nella turbina;
tutte le altre ipotesi, e cio le assunzioni di assenza di perdite di calore verso lesterno, di perdite di
carico nel condensatore e nel generatore di vapore nulle, cos come nei condotti di collegamento tra
i diversi componenti, sono state mantenute. Queste ipotesi fanno s che nella realt le
trasformazioni che il fluido subisce nel compiere il ciclo di lavoro siano diverse, e che il rendimento
dellimpianto reale sia inferiore, cos come la potenza erogata dalla turbina.
Le prestazioni di un impianto a vapore vengono spesso fornite in termini di Consumo specifico
(Heat Rate), ovvero linverso del rendimento. Il consumo specifico, pur essendo concettualmente
un parametro a-dimensionale, viene solitamente calcolato in kcal/kWh, ed esprime quindi quanta
energia termica viene utilizzata per produrre un chilowattora:
Q
860
Heat Rate
860 1
Lt
essendo 860 kcal = 1 kWh.
Un altro parametro utile nella definizione della taglia dellimpianto il consumo di vapore:
1
Consumo di vapore qv
lu
ed normalmente espresso in kg/kcal. Esso quindi indica quanti chilogrammi di vapore vengono
prodotti dallunit di energia.
Pagina 45 di 60
8.3
Come mostrato in Figura 44, al crescere della pressione di evaporazione (restando sempre
comunque inferiore al valore critico), fissati gli altri parametri, il rendimento subito aumenta molto,
ma questo aumento si riduce di entit al crescere della pressione. Ci dovuto al fatto che, pi
aumenta la pressione di evaporazione, maggiore risulta la quota di calore introdotto a bassa
temperatura, e ci va in parte a bilanciare laumento del rendimento dei tre cicli in cui possibile
scomporre il ciclo surriscaldato, aumento legato al fatto che, in tutti e tre i cicli, aumenta la
temperatura media di introduzione del calore.
Inoltre, al crescere della pressione di evaporazione, la linea di espansione in turbina si sposta
sempre pi a sinistra, comportando una parte sempre pi estesa di espansione in zona bifase, con
quindi un peggioramento del rendimento della turbina. Infatti la presenza, nellespansione, di gocce
di liquido circondate dal vapore, porti ad una diminuzione del rendimento della macchina,
esercitando le gocce unazione frenante sul vapore che le circonda. Inoltre, limpatto delle gocce
sulle superfici palari della turbina pu portare a fenomeni di erosione delle palettature con
conseguente deterioramento del funzionamento della macchina. Negli impianti di piccola taglia si
possono tollerare titoli del vapore allo scarico della turbina non inferiori a 0.85, valore che sale a
0.92 per gli impianti di grossa taglia.
Linfluenza della pressione di evaporazione sul rendimento di diverse tipologie di cicli a vapore
ben evidenziata nella figura seguente Figura 45.
Pagina 46 di 60
Figura 45: effetto della pressione di evaporazione sul rendimento del ciclo saturo, surriscaldato e a scarico
atmosferico.
Oltre al ciclo di Carnot, vengono considerati un ciclo a vapore saturo con pressione al condensatore
pari a 0.05 kg/mm2, un ciclo Rankine semplice con uguale pressione al condensatore e temperatura
di surriscaldamento pari a 500C, e un ciclo a vapore in cui nel condensatore regna la pressione
atmosferica. Dalle curve riportate in Figura 45 si vede come il passaggio dal ciclo a vapore saturo a
quello surriscaldato comporti tutto sommato un guadagno piuttosto limitato (il guadagno maggiore
dellintroduzione del surriscaldamento riguarda lespansione in turbina), mentre risulti significativa
la caduta di rendimento conseguente allinstaurarsi della pressione atmosferica allo scarico della
Pagina 47 di 60
turbina. Ovviamente, qualunque sia il ciclo considerato, esso ben lontano dal raggiungere il
rendimento del ciclo di Carnot equivalente (con tmax = 500C).
Aumentare la pressione di evaporazione quindi conviene fino ad un certo punto, a meno che questo
aumento non sia accompagnato da altri accorgimenti, come ad esempio un incremento della
temperatura di surriscaldamento.
In Figura 46 e Figura 47 illustrata linfluenza combinata di questi due parametri.
Figura 46: effetto della pressione di evaporazione sul rendimento del ciclo surriscaldato.
Pagina 48 di 60
Figura 47: effetto della temperatura di surriscaldamento sul rendimento del ciclo.
dove Tml la differenza di temperatura media logaritmica. Per poter abbassare la temperatura di
condensazione allora necessario, fissata la temperatura dellacqua di raffreddamento, o
aumentarne la portata, riducendo quindi TR, o aumentare le superfici di scambio termico,
riducendo Tmin, o entrambe le cose.
Se si hanno a disposizione grandi quantitativi dacqua, possibile ottenere temperature di
condensazione dellordine dei 20C. Se infatti si suppone di avere acqua a 6C, che subisca nel
condensatore un incremento di 8C, e che le superfici di scambio termico siano tali da garantire una
minima differenza di temperatura di 7C, la temperatura di condensazione risulta pari a 21C. E
necessario valutare se lo sforzo richiesto per ottenere tale abbassamento di temperatura sia
economicamente vantaggioso.
E possibile dimostrare che labbassamento della temperatura di condensazione comporta un
aumento del rendimento del ciclo. Abbiamo gi detto che aumenta il lavoro utile, aumento che pu
essere approssimativamente cos quantificato:
r X
L Tk s Tk Tk k
Tk
essendo rk il calore di condensazione alla temperatura Tk e X il titolo del vapore a fine espansione.
Anche il calore entrante nel ciclo aumenta:
Q1 cTk
Ne segue che la variazione di rendimento del ciclo conseguente ad un abbassamento di temperatura
di condensazione vale:
r X
k
cTk
Se si suppone ad esempio di avere una temperatura iniziale di condensazione di 32C, con un titolo
del vapore pari a 0.9, si ottiene un aumento di rendimento di 1.71%. Ne segue quindi che il
rendimento termodinamico del ciclo aumenta, mentre diminuisce il titolo del vapore allo scarico
della turbina. Bisogna per valutare quali possono essere gli svantaggi, che portano a definire
unottima temperatura di condensazione.
Pagina 50 di 60
Innanzi tutto, si rende necessario aumentare le superfici di scambio termico, con conseguente
aumento del costo del condensatore. Aumenta inoltre la potenza assorbita dalle pompe di
circolazione, sia lato impianto, sia lato acqua di raffreddamento, aumentando il salto di pressione
che queste devono fornire. Un altro aspetto importante riguarda le dimensioni della corona di
scarico della turbina, aspetto che pu spesso essere quello dominante. Supponiamo di avere un
condensatore progettato per lavorare a circa 33C, a cui corrispondono 0.05 bar. Se si vuole
scendere a 21C (a cui competono 0.025 bar), il volume specifico varia, come ordine di grandezza,
da 28.19 m3/kg a 54.3 m3/kg, e quindi aumenta di circa l80-90%. Laumento richiesto di sezione di
passaggio quindi notevole, e potrebbe richiedere il passaggio ad una configurazione della turbina a
pi flussi. Infatti la massima portata smaltibile da un singolo corpo di turbina limitato dal
raggiungimento della massima sezione di passaggio consentita dalla resistenza meccanica delle pale
del rotore alla forza centrifuga. Quando questo limite viene raggiunto, il flusso di vapore viene
ripartito su pi corpi di turbina, disposti in una classica configurazione in parallelo.
Pagina 51 di 60
8.4
Dallanalisi precedente risulta chiaro come il modo pi efficace di aumentare il rendimento del ciclo
a vapore consista nellaumentare la pressione di evaporazione. Si per sottolineato come tale
aumento comporti anche una diminuzione del titolo di vapore alluscita della turbina, con un
conseguente decadimento del rendimento della macchina. Negli impianti di grande potenza,
allaumento di pressione di evaporazione viene accoppiata una configurazione dimpianto che
prevede un doppio surriscaldamento del vapore o, in casi particolari, addirittura un triplo
surriscaldamento, in maniera da garantire un valore adeguato del titolo del vapore allo scarico della
turbina.
Con riferimento alla Figura 49 il vapore surriscaldato in uscita dal generatore di vapore (punto 5)
viene inviato in un primo corpo di turbina, di alta pressione, dove espande parzialmente fino al
livello di pressione indicato con 6. A questo punto, il vapore di media pressione viene rimandato al
generatore di vapore, dove subisce un secondo surriscaldamento, in generale fino ad una
temperatura prossima, se non uguale, a quella del primo surriscaldamento (punto 7). Questo vapore
viene quindi rinviato in turbina, questa volta di media e bassa pressione, dove espande fino alle
condizioni imposte dal condensatore (punto 8).
E evidente che il rendimento del ciclo migliora, avendo aggiunto un ulteriore ciclo (8678)
caratterizzato da un rendimento maggiore rispetto a quello originario, in quanto il calore viene
introdotto ad una temperatura mediamente superiore.
Esiste un ottimo livello di pressione a cui effettuare il ri-surriscaldamento. Questo ottimo livello
indicato nella seguente Figura 50 dove viene diagrammato laumento di rendimento conseguente
allintroduzione di un surriscaldamento ripetuto, in funzione del rapporto tra la pressione di risurriscaldamento e quella in ingresso in turbina. Sono inoltre tracciati gli andamenti della
temperatura di ri-surriscaldamento e del titolo del vapore alluscita della turbina.
Pagina 52 di 60
Fino ad ora si sono analizzati solo impianti in cui la pressione di evaporazione fosse inferiore al
valore critico. Lulteriore aumento della pressione al di sopra della pressione critica porta a quelli
che vanno sotto il nome di impianti iper-critici. La Figura 51 ne riporta un esempio.
In questi impianti, in cui il passaggio di stato da liquido a vapore surriscaldato avviene in maniera
diretta, senza la presenza di una fase intermedia, si pu arrivare fino ad un massimo di 3
surriscaldamenti. Va comunque notato che, anche in presenza di surriscaldamenti ripetuti,
lespansione in turbina deve terminare allinterno della campana, e quindi in zona di vapore umido.
Questo per garantire un buon funzionamento del condensatore. Un conto infatti sottrarre calore ad
un vapore bifase condensante, un altro conto farlo con un vapore surriscaldato, che quindi presenta
un minor coefficiente di scambio termico.
Pagina 53 di 60
8.5
Rigenerazione
Q2
RT1 lnp1 p4
T
1
1
1 1
RT3 lnp2 p3
T3
Q1
T
Q1
Q1
Q2
1
Q2
4
s
Se si applica quanto visto al ciclo a vapore, lideale sarebbe realizzare una espansione come quella
riportata in Figura 53, in cui cio il vapore scambia calore con lacqua di alimento in maniera
reversibile durante lespansione. La fattibilit pratica di un tale ciclo tuttavia impraticabile. Esso
infatti presuppone la possibilit di scambiare calore durante lespansione, come schematizzato in
Figura 53. Tuttavia, le superfici palari allinterno della turbina lambite dal vapore non sono
sufficientemente estese perch lo scambio termico con il liquido risulti possibile. Ma anche nel caso
in cui queste fossero sufficienti, le portate in gioco e i tempi di attraversamento della macchina da
parte del vapore sono tali da rendere il processo di scambio termico inefficiente. Inoltre, il vapore
negli ultimi stadi della turbine presenterebbe un titolo eccessivamente basso (punto 2), con
conseguenti problemi per il corretto funzionamento ed efficienza della turbina stessa.
Pagina 54 di 60
Figura 55. Con questo sistema si usa tutto il calore contenuto in una porzione limitata di vapore
invece di usare parte del calore contenuto in tutto il vapore evolvente in turbina.
Vediamo dapprima come si modifica lespressione del rendimento del ciclo in presenza di
rigenerazione.
Consideriamo ad esempio il caso di Figura 54. In presenza di rigenerazione ideale, lespressione del
rendimento diventa:
PT PP
PT
m h8 h11 m2 h9 h11 m3 h10 h11
v
mv Q1 mv Q1
mv h8 h6
A questo punto necessario entrare nel merito di come questo rigeneratore funziona ed,
eventualmente, introdurre delle semplificazioni. Esistono due tipi di rigeneratori: a miscela e a
superficie.
Nel caso dei rigeneratori a miscela (Figura 54), il vapore spillato dalla turbina entra nello
scambiatore, dove si miscela con lacqua di alimento proveniente o dal condensatore, o dallo
scambiatore precedente. Lo scambiatore lavora quindi a pressione costante, e tutti i flussi di massa
che entrano, o escono, si trovano alla stessa pressione. Il vapore spillato cede il proprio calore
latente di condensazione per portare lacqua di alimento in condizioni sature. Il fluido che ne esce
pu, in prima approssimazione, essere considerato come un liquido saturo alla pressione che regna
nello scambiatore a miscela.
Il principio di conservazione dellenergia applicato ad esempio al primo scambiatore di Figura 54
porta alla seguente relazione:
mv m2 m3 h2 m3 h10 mv m2 h3
da cui si ricava la quantit di vapore che necessario spillare per portare lacqua di alimento dal
punto 2 al punto 3:
Pagina 56 di 60
m3 mv m2
h3 h2
h10 h2
Si vede quindi che i due fluidi escono dallo scambiatore alla stessa temperatura. I rigeneratori a
miscela hanno quindi rendimenti elevati, perch Tmin=0C, ma richiedono pi pompe, con
conseguente pericolo di cavitazione. Si ricorda infatti che ogni pompa lavora con un fluido saturo in
ingresso, che quindi pu cavitare se la pressione scende.
Nella realt, in ogni impianto esiste un unico rigeneratore a miscela che ha anche la funzione di
degasare il liquido. Per questa ragione prende il nome di degasatore, di cui un esempio riportato
in Figura 56: detto degasatore termo fisico ed costituito da un serbatoio sormontato da una
torretta. Il vapore spillato dalla turbina viene fatto gorgogliare nellacqua di alimento, la quale
alimenta dallalto il degasatore. Lacqua viene fatta cadere dallalto in cascata su una successione di
piatti, in maniera tale da aumentare la superficie di contatto tra i due fluidi. Lacqua allinterno del
degasatore, che ha anche una funzione di accumulo, viene mantenuta alla temperatura di
saturazione, dove la solubilit dei gas (O2 e CO2) praticamente nulla, facilitandone quindi la
separazione. Ogni scambiatore dotato di sfiatatoi nella parte sommitale della torretta per eliminare
i gas.
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Figura 55). Qui i due fluidi sono separati: il vapore spillato dalla turbina ad un certo livello di
pressione percorre lo scambiatore in controcorrente rispetto allacqua di alimento, che si trova ad
una pressione diversa, ed in generale maggiore. Il vapore condensa e cede il proprio calore di
condensazione allacqua. In Figura 57 sono riportate le distribuzioni di temperatura lungo uno
scambiatore a superfici. Nella prima figura sulla sinistra riportato il caso, tipico dello spillamento
di bassa pressione, in cui il vapore spillato dalla turbina nella zona dentro alla campana, e quindi
saturo. Lacqua di alimento esce dallo scambiatore ad una temperatura che minore rispetto a
quella di condensazione del vapore di un T imposto dalle superfici di scambio termico.
Figura 57: diagrammi temperatura potenza termica scambiata nei rigeneratori a superficie.
Si vuole ora valutare se esiste una linea guida nella scelta del numero di rigeneratori e nel come
ripartire il carico termico tra i diversi rigeneratori.
Per far ci, si consideri il caso semplice di un ciclo a vapore saturo, cio senza surriscaldamento, in
cui venga inserito un rigeneratore a superfici in cui il condensato viene reintrodotto, previo
pompaggio, a valle dello scambiatore stesso, cos come schematizzato in Figura 58.
Supponiamo che siano nulle le perdite di calore verso lesterno, che il vapore esca dallo scambiatore
in condizioni di liquido saturo alla pressione di spillamento, e che lacqua di alimento esca dallo
scambiatore alla stessa temperatura a cui esce il vapore condensato. Supponiamo inoltre che sia
trascurabile il lavoro assorbito dalle pompe. Si vuole verificare cosa accada al ciclo in conseguenza
dellintroduzione del rigeneratore, quindi si concentra lattenzione sulla fase di pre-riscaldo
dellacqua di alimento, di cui si calcola la produzione entropica. Questa deriva da due contributi:
uno relativo alla trasformazione nel rigeneratore (s1) e uno relativo alla trasformazione nella parte
restante delleconomizzatore (s2). Ognuno di questi due termini risulta poi a sua volta dalla
somma di due contributi: la variazione di entropia dellacqua (s2R s1) e la variazione di entropia
della sorgente. Per quanto riguarda la sorgente, assimiliamo il vapore condensante nel rigeneratore
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ad una sorgente a temperatura costante pari alla temperatura T2R, mentre nelleconomizzatore
supponiamo che lo scambio termico avvenga con una sorgente alla temperatura T2, anchessa
costante. In questo modo si ricava:
h h1
h2 h2R
s s1 s 2 s 2R s1 2R
s 2 s 2R
T
T
2R
2
h h1 h2 h2R
s 2 s1 2 R
T2
T2 R
T
3
4is
T2
2
T2R
2R
2
1
4is
5is
T1
5is
s
s1
5is
2R
s2
Figura 58: ciclo a vapore saturo rigenerativo ottima temperatura di rigenerazione.
T
T
s s 2 s1 c 1 1 1 2R f T2R
T2
T2R
Si tratta quindi di valutare lesistenza di un minimo di tale funzione rispetto alla temperatura di
rigenerazione:
s
0
T2R
Svolgendo i calcoli si ricava:
T2R T1T2
Per quanto ottenuta per un caso ideale e semplificato, la relazione risulta di applicabilit generale,
fornendo quindi un utile strumento in fase di definizione dei livelli ottimi di spillamento. Nella
realt tali prelievi di vapore andranno fatti tra i diversi stadi della turbina, la cui architettura quindi
imporr lesatto punto di prelievo.
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Infine, i punti di prelievo reali vengono fatti a livelli di pressione maggiori rispetto a quelli che
regnano effettivamente nei rigeneratori, ci per compensare le perdite di carico nei condotti, ma
anche per ragioni di regolazione. La presenza di una valvola di regolazione permette infatti il
controllo del corretto valore di pressione.
Vediamo ora di individuare il numero di spillamenti ottimale dal punto di vista del rendimento
dellimpianto. La Figura 59 riporta landamento dellincremento di rendimento percentuale / in
funzione del numero di spillamenti z.. Da tale grafico si nota innanzi tutto come il rendimento
continui ad aumentare al crescere del numero di spillamenti, ma come lincremento si riduca sempre
pi diventando in pratica trascurabile gi per z = 10, per cui la complicazione impiantistica diventa
ingiustificata.
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