Sei sulla pagina 1di 109

Lezione 1

I materiali metallici
Sono sostanze inorganiche composte da uno o più
elemen; metallici, che però possono anche contenere alcuni elemen; non
metallici. hanno una stru?ura cristallina in cui gli atomi sono
dispos; in modo regolare nello spazio. I metalli, generalmente, sono buoni condu?ori termici e
ele?rici, rela;vamente resisten; alle sollecitazioni meccaniche, ma sono anche
duCli a temperatura ambiente.
Mol; di loro mantengono una resistenza adeguata anche ad alte
temperature.

Classificazione
1. Metalli e leghe ferrose: contengono una grande percentuale di Fe
(acciai e ghise);
2. Metalli e leghe non ferrose: che non contengono Fe, o ne
contengono solo una piccola quan;tà (Al, Ni, Zn, Cu, Ti).

I metalli sono cara?erizza; dalla presenza del ;pico legame metallico.


Il legame metallico è un legame chimico delocalizzato e consiste in una a?razione ele?rosta;ca che
si instaura tra gli ele?roni di valenza mobili e ioni posi;vi metallici.
Con l'espressione materiale metallico si fa riferimento ad un materiale cos;tuito da metalli e/o loro
leghe.

Cara1eris2che
I metalli sono materiali cristallini anche se si possono trovare in forma amorfa (nel
caso di produzione con velocità di raffreddamento molto veloce).
Sono cara?erizza; da:
• Conducibilità ele5rica: dovuta alla presenza di ele?roni liberi di muoversi so?o la
sollecitazione di un campo ele?rico. All’aumentare della T, la conducibilità ele?rica
diminuisce perché il moto degli ele?roni viene ostacolato dal progressivo aumento di
oscillazioni degli atomi.
Misura della capacità di un materiale a condurre una corrente ele?rica.
La conduCvità nei metalli varia in funzione della T: un aumento di T porta ad una
diminuzione della conducibilità perché i portatori di carica (gli ele?roni) avvertono di una
diminuzione della mobilità a causa dell'aumento di vibrazioni re;colari all'interno del
materiale.

• Effe5o fotoele5rico: facilità di estrazione di ele?roni per irraggiamento con luce


appropriata. E' noto che alcuni metalli hanno la proprietà di perdere e quando vengono
espos; a radiazione ele?romagne;ca di opportuna energia e frequenza.
Questo fenomeno va so?o il nome di effe?o fotoele?rico e trova larga applicazione nella
tecnologia di u;lizzo quo;diano (ad esempio nel meccanismo che regola la chiusura delle
porte a scorrimento degli ascensori, ecc.).

• Effe5o termoionico: facilità di estrazione di ele?roni per riscaldamento.

5
Fenomeno fisico che consiste nella liberazione di e di conduzione da parte di un metallo a
cui è stato fornito calore dall’esterno.
Normalmente, gli e di conduzione di un metallo sono liberi di muoversi all’interno del corpo
solido, ma non hanno energia sufficiente per fuoriuscirne: sono tra?enu; al suo interno
dalla forza di a?razione coulombiana esercitata su di essi dagli ioni posi;vi del re;colo
cristallino. Per estrarre un ele?rone dal metallo, quindi, è necessario compiere un lavoro di
estrazione, fornendo energia dall’esterno; nel caso in cui tale energia è il calore (energia
termica), si produce l’effe?o termoionico.

• Conducibilità termica: trasporto di energia termica dovuto alla mobilità degli


ele?rone. E’ definita come il trasporto di energia – so?o forma di calore – a?raverso un
corpo come risultato di un gradiente di T.

• Du:lità e malleabilità: i piani re;colari possono sli?are con una certa


facilità gli uni sugli altri senza alterare le interazioni di legame.

• Ele5roposi<vità: facilità di «estrazione» degli ele?roni.

• Non trasparenza e Lucentezza: i metalli assorbono tu?e le radiazioni visibili


inciden; e le rieme?ono in tu?e le direzioni. Gli ele?roni possono essere eccita; a livelli
energe;ci superiori assorbendo qualsiasi quan;tà di energia, variabili pra;camente con
con;nuità.

Estrazione dei minerali


Il minerale, contenente il metallo viene prelevato dalle miniere, poi sogge?o a processi di
arricchimento e di eventuali trasformazioni chimiche per portarlo allo stato di ossido.
Questo composto successivamente viene rido?o allo stato metallico, mediante differen;
processi a seconda della natura degli ossidi in ques;one.
Da tale riduzione si o?engono delle leghe metalliche impure che successivamente sono
elaborate e raffinate per o?enere il metallo tecnicamente puro e/o sue leghe.
Da ques; materiali si può poi procedere a livello industriale alla produzione prima di
semilavora; e quindi dei prodoC finali.

Il metallo viene estra?o dal forno come metallo fuso.


I metalli fusi possono essere cola;:
• in stampi appropria; e prendere la forma data;
• oppure più comunemente cola; in lingoCere per o?enere lingoC, o in lingoCere per
colata con;nua

Da ques; prodoC si passerà alla produzione dei semilavora;, per o?enere infine i prodoC
metallici fini;, con ulteriori specifiche lavorazioni.
Possono essere so?opos; a diversi tra?amen; (termici, termochimici, galvanici) per
renderli maggiormente resisten; alla corrosione e/o oCmizzare alcune delle loro proprietà.

6
Stru1ura
Gli atomi nelle stru?ure cristalline possono assumere una configurazione
cara?erizzata dalla presenza di:
• ordine a lungo raggio: materiali cristallini
• stru5ura disordinata: materiali amorfi.

I materiali cristallini sono cara?erizza; da una distribuzione regolare e ripe;;va degli


atomi nelle tre direzioni che definisce la sua stru?ura cristallina.
L’unità stru?urale di base la cui trasposizione nello spazio dà luogo ai cristalli si chiama
cella elementare.

Materiale mono cristallino: l a cella unitaria si ripete in tu?o il materiale

Materiale policristallino: formato da un insieme di regioni cristalline de?e grani cristallini a diversa
orientazione

Il re<colo cristallino è composto da un insieme di numerose celle elementari uguali che si ripetono
in tu?e le direzioni. Defini; i parametri e gli angoli della cella è possibile conoscere la stru?ura
di un qualsiasi materiale cristallino.

Gli atomi posseggono forze di a?razione e di repulsione, dal loro equilibrio derivano le
forze di legame atomici e l’energia dei legami interatomici cos;tuisce la forza motrice per
cui gli atomi si sistemano in stru?ure ordinate.
Quando gli atomi metallici si legano tra loro mediante condivisione degli e di valenza per formare un
solido cristallino, l’energia globale dei singoli atomi diminuisce. Come nel caso dei legami ionico e
covalente, un minimo dell’energia di una coppia di atomi viene raggiunto quando si raggiunge la
distanza di separazione di equilibrio. Il valore di (E0 -Emin) è una misura dell’energia di legame tra
gli atomi di un par;colare metallo.

Re2coli
Le diverse stru?ure cristalline possono essere divise in gruppi sulla base della forma della cella
elementare, indipendentemente dalla posizione occupata dagli atomi all’interno della cella. Ques;
gruppi prendono il nome di sistemi cristallini.
I sistemi cristallini sono completamente descriC da 6 parametri, individua; su un sistema di
coordinate x, y, z la cui origine viene posta in corrispondenza di un ver;ce della cella ed i cui assi
vengono faC coincidere con tre spigoli della cella.
I sei parametri re;colari risultano così essere:
• a, b, c dimensioni re;colari lungo i tre assi;
• α, β, γ angoli tra gli assi.

Tu?e le stru?ure cristalline sono raggruppate in 7 ;pi di sistemi cristallini, re;coli cubico,
tetragonale, romboedrico, esagonale, ortorombico, monoclino e triclino, che danno origine a tuC i
possibili ;pi di re;colo, con eventuali varian; nell’unità elementare base: semplice, corpo centrato,
facce centrate, base centrato, e corrispondono ai 14 re;coli o celle elementari standard di Bravais.
Il legame atomico dei metalli è adirezionale: nella condizione di stabilità ogni ione posi;vo è
circondato da un certo numero di ioni nega;vi e viceversa.

7
Piani e direzioni re2colari
In cristallografia, un piano re;colare è un piano contenente almeno tre pun; non collineari del
re;colo di Bravais.
A causa della dimensione infinita del cristallo automa;camente ognuno di tali piani con;ene infini;
pun; del re;colo tridimensionale e cos;tuisce un re;colo di Bravais bidimensionale.
Si definisce famiglia di piani re;colari un insieme di piani re;colari paralleli ed egualmente spazia;,
che contenga quindi tuC i pun; del re;colo di Bravais tridimensionale.
Per specificare e definire i differen; piani è necessario un sistema di riferimento, questo è definito
dagli indici di Miller: un sistema di notazione u;lizzato in cristallografia per descrivere i differen;
piani re;colari e le direzioni in un re;colo di Bravais. Una famiglia di piani re;colari è determinata
da tre numeri interi h, k, e l.

Gli indici di Miller vengono u;lizza; per riferirsi a piani di atomi di uno specifico re;colo cristallino.
Sono i reciproci delle frazioni delle interce?e del piano con gli assi cristallografici x, y, z dei tre spigoli
non paralleli della cella cubica unitaria. Vengono indica; (hkl), e ciascun indice denota un piano
ortogonale a una direzione (h, k, l) nelle basi dei ve?ori del re;colo reciproco. Per convenzione, gli
interi nega;vi vengono riporta; con una barra sopra.

Le direzioni cristallografiche sono linee immaginarie che uniscono i nodi (atomi, ioni, o molecole) di
un cristallo. Similmente, i piani cristallografici sono piani apparen; che collegano i nodi.
Alcune direzioni e piani hanno una densità di nodi maggiore; ques; piani densi influenzano il
comportamento di un cristallo.

Polimorfismo o allotropia
Un composto (polimorfismo) o un elemento (allotropia) presenta stru?ure cristalline diverse in
funzione di pressione e temperatura. Anche mol; metalli di importanza industriale come il Fe, il Ti, il
Co ad elevata temperatura, e a pressione atmosferica, subiscono trasformazioni allotropiche.
• Cristallo trasparente, molto duro con gli atomi di carbonio dispos; a tetraedro. Non conduce
l’ele?ricità ma conduce il calore;
• Un solido morbido di colore nero, buon condu?ore ele?rico. Gli atomi di carbonio sono
dispos; in esagoni, in piani orizzontali con una forma a sfera.

Figura 1: Esempio di stru2ure polimorfe: C e del Fe

8
Lezione 2
Dife1ologia
Le proprietà dei materiali dipendono dalle irregolarità del re;colo cristallino.
Classificazione:

• Dife: puntuali (0D)


Vacanza: atomo mancante. Le vacanze sono presen; in tuC i materiali per ragioni
termodinamiche = aumenta l’entropia del cristallo dato il maggior disordine che si crea.
Atomo sos;tuzionale: un atomo differente ne sos;tuisce uno del materiale base.
Atomo inters;ziale: atomo si inserisce tra gli spazi del re;colo di base.

• Dife: lineari (1D):


Separano par; del re;colo che hanno subito lo sli?amento o scorrimento da
altre che non lo hanno subito. Accumulano tensione e per effe?o
dell'applicazione di sforzi tendono a mol;plicarsi.
Sono indica; con il termine di dislocazioni e generano distorsioni del re;colo
intorno ad una linea.
Classificazione di difeC di linea:

o a spigolo o lineari: nel re;colo manca o c’è in più un mezzo piano di


atomi; all'esterno del cristallo si osserva la formazione di un
gradino. Si crea una regione di sforzi di compressione ed una
regione di sforzi di trazione ⇒le dislocazioni si respingono.
Aumenta l'energia interna del sistema.

o a vite o a elica: in seguito ad applicazione verso l’alto e verso il basso di sforzi di taglio
nelle regioni di un cristallo che è stato tagliato da un piano in sezione si forma una
rampa a spirale di atomi sposta; rispe?o alla posizione del re;colo perfe?o. A?orno
alla dislocazione c'è una regione di sforzi di taglio, nella quale viene immagazzinata
energia. I piani re;colari perpendicolari alla linea di dislocazione sono leggermente
deforma; e si avvolgono a spirale lungo la linea di dislocazione

o misto: è il ;po più comune più comune, con presenza di componen; a spigolo ed a
vite.

Una dislocazione è un dife?o stechiometrico di linea presente in una stru?ura


cristallina. E’ un dife?o che, a differenza dei difeC puntuali, è un dife?o
esteso (dife?o lineare). La presenza di difeC lineari teore;camente si può immaginare
analizzando la differenza fra le tensioni reali e teoriche necessarie per indurre deformazioni
plas;che in un materiale, ovvero per indurre scorrimento fra piani re;colari adiacen; di un
cristallo.
«Una dislocazione è un dife?o di linea che separa una regione deformata del cristallo dalla
restante regione non deformata»

9
Sistema di scorrimento
Le dislocazioni si muovono su piani privilegia; (piani di scorrimento) e direzioni privilegiate
(direzioni di scorrimento).
L’insieme dei piani di scorrimento e delle direzioni di scorrimento si chiamano sistemi di
scorrimento. I piani e le direzioni coincidono con quelle rispeCve di massimo addensamento
atomico.
Lo scorrimento (dal termine glide) iden;fica il moto delle dislocazioni in assenza di ostacoli.
In presenza di ostacoli le dislocazioni aCvano altri ;pi di moto energe;camente meno
favori;, come ad esempio: mo; di climb (non conserva;vo) per le dislocazioni a spigolo e
mo; di cross-slip (conserva;vo) per quelle a vite.

La sollecitazione meccanica applicata ad un metallo o lega metallica produce inizialmente


una deformazione elas;ca, nella quale gli atomi subiscono un leggero spostamento rispe?o
alla loro posizione di equilibrio, di conseguenza si osserva una modificazione degli
angoli del re;colo che non saranno più reC.
Poiché la deformazione elas;ca è reversibile, al cessare della sollecitazione gli atomi
ritornano nella loro normale posizione di equilibrio ed il cristallo recupera la sua forma
originaria.

Tu?avia, procedendo nell’applicazione della sollecitazione si supererà il limite elas;co del


materiale ed a questo punto, alla deformazione elas;ca si sovrapporrà quella plas;ca. La
deformazione plas;ca avviene grazie allo scorrimento di piani cristallini ed è di ;po
irreversibile.
Lo scorrimento è alla base della deformazione plas;ca.
La direzione dei piani di scorrimento è evidenziata al termine della deformazione dalla
presenza delle bande di scorrimento che si formano sulla superficie del metallo.
Se la deformazione è stata importante, la presenza delle bande di scorrimento è
visibile anche quando un campione del metallo deformato viene lucidato ed
a?accato con opportuni reaCvi chimici. Le par; maggiormente sollecitate dei cristalli, che
hanno immagazzinato una notevole energia di deformazione, sono a?accate più
rapidamente dal reaCvo evidenziando quindi le differen; linee/bande di scorrimento.

Genesi delle dislocazioni


Durante la formazione dei germi (passaggio liq.-solido) si formano delle zone dife?ose.
Durante il raffreddamento si avrebbe accumulo di vacanze in certe zone che darebbero luogo
alle dislocazioni sulle superfici interne di materiali sia omogenei che polifasici.
Le dislocazioni, se sollecitate, si mol;plicano.

La presenza di dislocazioni genera deformazioni plas<che

10
Possono esistere nei cristalli come risultato di difeC durante la fase di accrescimento, ma in
generale sono prodo?e da sorgen; di dislocazioni che so?o tensione ne generano via via di
nuove. La presenza delle dislocazioni fa variare in maniera considerevole le
cara?eris;che meccaniche del materiale.
Le dislocazioni vennero postulate per spiegare la differenza tra valori teorici e sperimentali
delle tensioni durante la fase di scorrimento.
Applicando una tensione tangenziale su un piano re;colare si oCene uno spostamento: se lo
spostamento è piccolo la deformazione è elas;ca. Se lo spostamento è grande, l’atomo si
troverà in una posizione metastabile, il cristallo può subire uno scorrimento interplanare:
deformazione plas;ca.

Le dislocazioni hanno un ruolo fondamentale nella deformazione plas;ca:


o la deformazione di un cristallo perfe?o comporterebbe lo scorrimento di un piano
atomico rispe?o all’altro e quindi la ro?ura di mol; legami for;. La resistenza di un
cristallo perfe?o dovrebbe essere all’incirca da 1.000 a 10.000 volte più grande di
quella osservata.
o la deformazione di un cristallo reale richiede la ro?ura di un minore numero di
legami for; per la presenza di dislocazioni, quindi gli sforzi necessari sono
notevolmente ridoC.

Durante la deformazione le dislocazioni si muovono lungo una direzione perpendicolare alla


linea di dislocazione e generano nuove dislocazioni.
Le dislocazioni sono effeCvamente visibili a livello microstru?urale, è necessario però
operare ad ingrandimen; molto eleva;, possibili con le tecniche della microscopia
ele?ronica in trasmissione.

• Dife: superficiali (2D)


I difeC di superficie o planari sono linee di confine
che hanno due dimensioni e normalmente
separano regioni di materiali che hanno differente
stru?ura cristallina e/o differente orientazione
cristallografica.
Sono riferibili alle superfici esterne ed ai bordi de
grani. I bordi di grano si formano durante il
processo di solidificazione quando i cristalli
origina; da diversi nuclei crescono insieme e si
incontrano tra loro; la superficie dei bordi dipende
da quelli vicini, quindi presso i bordi di grano
cambia interamente l'orientamento dei piani di
re;colo da un grano all'altro. E’ una regione di caCvo ri-arrangiamento atomico.

Gli atomi lungo il bordo di grano hanno legami meno regolari, l’energia di bordo di grano,
simile all’energia superficiale, è più elevata e l’ampiezza dell’energia è funzione del grado di
disallineamento.
Gli atomi delle impurezze spesso segregano preferenzialmente lungo i bordi. L’energia
interfacciale totale è più bassa nei materiali a grana grossolana piu?osto che in quelli a grana
fine per minor estensione del bordo di grano.

11
Alcuni elemen; stru?urali sono di dimensioni macroscopiche, ma solitamente i grani
cos;tuen; i materiali sono di dimensioni microscopiche, aven; diametri che possono essere
dell’ordine dei micron e per indagare i loro par;colari occorre far uso del microscopio.
La dimensione e la forma dei grani cristallini sono 2 cara?eris;che della
microstru?ura.

Sulle superfici esterne gli atomi superficiali non hanno il massimo numero di legami con gli
atomi immediatamente adiacen; e quindi hanno uno stato energe;co più alto rispe?o a
quelli interni, pertanto la superficie esterna è quella più sogge?a a erosione e reazione con
l’ambiente.
Le superfici sono importan; nello studio dei materiali metallici per molteplici aspeC: a?rito
e abrasione, saldature, reazioni chimiche (corrosione, ossidazione ecc.), comportamento
meccanico di corpi soCli, fa;ca ecc.
La superficie è un dife?o comunque presente in un solido reale. Essa rappresenta un punto
di discon;nuità del re;colo cristallino.

• Dife: di volume(3D)
Rappresentano le irregolarità nella sequenza ordinata dei piani cristallini nel
metallo.
Si può parlare di difeC di volume anche nel caso in cui la stru?ura sia amorfa.
Mentre la maggior parte dei materiali metallici si trova in natura allo stato cristallino,
pertanto viene mantenuto un certo ordine anche a lunga distanza, è possibile produrre per
mezzo di eleva;ssime velocità di raffreddamento dei nastri di metallo amorfo. La tecnica
u;lizzata per la produzione del metallo amorfo prevede di colare una goccia di metallo su un
disco rotante in rame ad al;ssima velocità. Il raffreddamento eleva;ssimo (107 °C/s) non
perme?e agli atomi di disporsi in una stru?ura cristallina.

o Vacanze: un nodo del re;colo non è occupato da alcun atomo, quindi rimane vuoto e
perme?e il movimento degli atomi da un nodo re;colare ad un altro (diffusione).
L’origine delle vacanze si può collegare a: impurezze chimiche (ioni con carica
diversa), compos; non stechiometrici (contengono un elemento con diverso numero
di ossidazione), processi di solidificazione, vibrazioni atomiche.

o Atomi inters<ziali: Un atomo che occupa uno spazio inters;ziale (lacuna) del re;colo.
Atomo cos;tu;vo del cristallo ⇒auto- inters;ziale
Elemen; estraneo ⇒etero -inters;ziale.
Re;coli metallici: elemen; eterointers;ziali come H, C, N, O.
Ossidi: ioni metallici di piccole dimensioni.

o Atomi sos<tuzionali: Un atomo sos;tuzionale (soluto) può essere più piccolo o più grande
del solvente. L'introduzione di alcune frazioni % di atomi sos;tuzionali genera le soluzioni
solide sos;tuzionali.

12
Limite di solubilità
Il limite di solubilità fra due elemen; o fra due compos; dipende da:
• dimensioni atomiche
• ele?ronega;vità
• stru?ura cristallina dei due elemen; puri

Danno soluzioni solide coppie di metalli vicini nella tavola periodica. Anche in questo caso i re;coli
risultano localmente distor; e quindi in stato tensionale.Infine, oltre ai preceden;, esistono difeC
propri dei cristalli ionici, quali i difeC di Frenkel (uno ione posi;vo lascia la sua posizione re;colare,
creando così una vacanza ca;onica, per andare a formare uno ione inters;ziale) e di Scho?ky
(coppia di una vacanza anionica e ca;onica in un solido ionico).

Soluzioni solide inters<ziali e sos<tuzionali disordinate e ordinate


Le soluzioni solide disordinate ingenere esistono alle temperature più elevate, causa la maggiore
entropia dei sistemi.
Questa par;colarità offre la possibilità di specifiche trasformazioni disordine-ordine, che in alcuni
casi sono u;li e vengono sfru?ate per il miglioramento di alcune proprietà delle leghe.

Leghe metalliche vetrose


Da un punto di vista ingegneris;co i metalli vetrosi sono molto interessan; per le loro
cara?eris;che uniche: elevata resistenza meccanica, un alto limite elas;co ed elevata tenacità a
fra?ura.
I metalli amorfi non presentano deformazione plas;ca e dunque sono fragili oltre il campo elas;co;
tendono ad avere a ro?ura fragile senza deformazione perché le cricche si propagano nella sezione
in assenza dell’ostacolo dovuto ai piani cristallini, come avviene per i normali metalli.
Il problema è stato risolto creando sulla superficie del materiale delle stru?ure dendri;che che
vanno a bloccare il propagarsi delle cricche all’interno del pezzo.

Meccanica dei materiali (metallici)


La meccanica dei materiali è la disciplina che studia il comportamento meccanico dei materiali, al
fine della loro formatura e di una loro razionale u;lizzazione in ambito stru?urale e nella
costruzione di macchine e componen; di concezione avanzata. Essa si propone in par;colare di:
• OCmizzare la loro trasformazione in funzione della tecnologia di formatura ado?ata;
• Migliorare le prestazioni di materiali già in uso;
• Cara?erizzare le effeCve proprietà dei materiali stessi, impiega; nelle reali condizioni di
servizio.
Tale disciplina rientra tra i temi di ricerca di mol; se?ori dell’ingegneria (materiali, meccanica, civile,
aeronau;ca, ecc.).

La resistenza meccanica è una proprietà meccanica che indica sia il massimo sforzo che un generico
materiale è in grado di sopportare prima che sopraggiunga la sua ro?ura, sia il minimo sforzo
necessario per iniziare la sua deformazione permanente.
La resistenza meccanica dei materiali ai vari ;pi di sollecitazione può essere misurata con prove
specifiche di trazione, compressione, flessione, taglio/torsione, impa?o, fa;ca e creep. Pertanto si
parlerà rispeCvamente di resistenza a compressione, resistenza a trazione, ecc.

13
Comportamento meccanico
La resistenza dei materiali dipende da mol; fa?ori quali:
1. materiali, loro composizione e qualità;
2. condizione di fabbricazione tra?amento e conservazione;
3. stato di tensione (monoassiale, biassiale, triassiale);
4. rapidità di applicazione, durata ed eventuale ripe;zione del carico;
5. condizioni clima;che.

So?o carico si forma un microvuoto per l’ostacolo al moto delle dislocazioni esercitato da un
qualunque de?aglio della microstru?ura.

Trazione un campione di metallo, applicando uno sforzo crescente:


• il metallo in un primo tempo si deformerà linearmente secondo la legge dell’elas;cità di
Hooke, dunque in maniera elas;ca: cessando lo sforzo applicatogli, il metallo tornerà alla
forma originale.

• l'aumentare dello sforzo oltre un certo limite imporrà in seguito una deformazione plas;ca
irreversibile.

So?opos; a prove meccaniche oppure a sollecitazioni in opera con sforzi eccessivi, i metalli, al
termine del comportamento plas;co, arriveranno a ro?ura. A seconda della natura del metallo,
esso potrà subire fra?ure duCli o fragili:

• Fra5ura du:le: il metallo si deforma sensibilmente nel campo plas;co, si verifica uno
strizionamento a causa dei microvuo; venu;si a creare, e la superficie di fra?ura avrà una
forma cara?eris;ca a coppa e cono.

• Fra5ura fragile: la fra?ura è improvvisa non appena oltrepassato il limite elas;co, e la


superficie di fra?ura è perpendicolare alla direzione dello sforzo, con aspe?o brillante
e cristallino.

14
Esistono differen; ;pologie di prove u;li a valutare la resistenza ed il comportamento meccanico
dei metalli e delle loro leghe.
Tra le più importan; ed applicate sono da ricordare le prove di trazione, durezza, le prove di
resilienza e lo studio della tenacità a fra?ura.
Infine, per applicazioni in determina; se?ori sono importan; i fenomeni di creep e di
fa;ca.

Lo scorrimento viscoso a caldo, che avviene quando un materiale metallico è so?oposto ad


una sollecitazione costante a temperatura elevata.

La fa<ca è quel fenomeno per il quale un metallo so?oposto ad uno sforzo ciclico può pervenire a
ro?ura anche per valori dello sforzo molto al di so?o del suo limite di snervamento.

La corrosione nasce dalle interazioni di ossidoriduzione con l'ambiente e naturalmente è


par;colarmente dannosa per i metalli. Si cercano rimedi per prevenire: rives;men;, verniciature o
mediante tecniche di protezione di ;po ele?rochimico. Corrosione uniforme o localizzata, in fessura
o per aerazione differenziata, intergranulare, per 'piCng, tensocorrosione, ecc.

L'usura è un meccanismo di danneggiamento che distrugge il metallo in presenza di un ambiente


tribologico, a causa di a?rito tra il pezzo e altri componen;.
Può essere dovuta a differen; fa?ori:
• è de?a tribossidazione in un ambiente par;colarmente aggressivo;
• adesiva quando è determinata da microgiunzioni venutesi a creare tra le creste di rugosità di
due corpi in mutuo sli?amento l'uno sull'altro; erosiva quando semplicemente una
superficie è in moto rela;vo contro par;celle par;colarmente dure.

Un caso par;colare risulta la corrosione-erosione, in cui un'usura superficiale non eccessiva è però
sufficiente ad asportare lo strato superficiale passivato, ripresentando quindi metallo vivo agli agen;
corrosivi.

Lezione 3
Principali sistemi di rafforzamento
Cara?eris;che dei materiali metallici allo stato industrialmente puro:
basse cara?eris;che resistenziali: differen; meccanismi, disponibili per migliorare le proprietà di
resistenza e per rispondere alla proge?azione di leghe capaci di combinare elevate resistenze con
ancora adeguate proprietà di duClità e tenacità.
Numerosi processi possono essere sfru?a; per migliorare le proprietà meccaniche dei metalli.
Principali meccanismi (agendo singolarmente o congiuntamente):
• affinamento del grano;
• l’alligazione (soluzioni solide, sistemi con più fasi) ed il rafforzamento da par;celle
deformabili e da par;celle indeformabili;
• stru?ure di incrudimento;
• orientazione preferenziale dei grani cristallini (tessiture);
• indurimento dovuto a dispersione di par;celle ceramiche fini;
• rafforzamento dovuto a fibre.

15
Per i meccanismi di rafforzamento è importante Incremento del valore di sforzo necessario per
indurre un movimento generalizzato e la relazione tra movimento delle dislocazioni e il
comportamento meccanico dei metalli.

La deformazione plas<ca macroscopica corrisponde al movimento di un gran


numero di dislocazioni.
La capacità di un metallo di deformarsi plas;camente dipende dalla capacità
delle dislocazioni di muoversi.

Durezza e resistenza (snervamento e resistenza alla trazione) sono correlate alla facilità con cui
avviene la deformazione plas;ca: riducendo la mobilità delle dislocazioni, la resistenza meccanica
può essere migliorata.

Tu?e le tecniche di rinforzo si basano sul principio semplice di limitare o ostacolare il movimento
delle dislocazione; rende il materiale più duro e più resistente, a scapito di altre proprietà (tenacità).

Dimensione del grano cristallino


I bordi di grano hanno alta influenza sulla deformazione plas;ca.
Il rafforzamento per affinamento del grano risulta, specialmente per il metalli con stru?ura CCC,
un’oCma soluzione per limitare il moto delle dislocazioni.
A bassa temperatura i bordi di grano sono di ostacolo al moto delle dislocazioni, perché
cos;tuiscono una regione di disordine atomico e distruggono la con;nuità del cristallo; una
dislocazione può muoversi all’interno del grano in cui è stata creata, ma non può a?raversare in
modo semplice i bordi grano.
Perché ogni grano in un sistema policristallino è circondato da un bordo di grano, quanto più piccole
sono le dimensioni dei grani (aumenta il numero dei bordi di grano) tanto più difficile risulta la
deformazione plas;ca.

Tu?avia, ad alta temperatura la deformazione può aver luogo per scorrimento del bordo di grano e
questo fenomeno diventa sempre più prominente man mano che aumenta la temperatura e che si
abbassa la velocità di deformazione.

Sopra una certa temperatura i bordi di grano cos;tuiscono zone di debolezza del cristallo quindi la
resistenza del materiale aumenta al crescere della dimensione di grano. Per contro, a temperature
più basse, grani più piccoli implicano maggiore resistenza meccanica.
La restrizione della deformazione ai bordi di grano è una delle principali cause di ro?ura ad alta
temperatura.

Siccome le impurità tendono a segregare ai bordi, la fra?ura intergranulare è fortemente


influenzata dalla composizione. Le dislocazioni sono ancorate e immobili finché non si raggiunge il
carico di snervamento.

Per sfru?are al meglio il rinforzo da affinamento del grano: oCmizzazione sia del processo di
fabbricazione, sia dei parametri (tempo e temperatura) di eventuali tra?amen; termici esegui;
sulle leghe.

16
Rafforzamento per alligazione: stru1ure con più fasi metalliche
Si realizza mediante l’immissione di un soluto i cui atomi, deformando il re;colo del solvente,
interagiscono con le dislocazioni preesisten; ostacolandone il moto.
Solo poche leghe perme?ono una completa solubilità di due o più elemen;, la maggioranza delle
leghe commerciali presenta due o più fasi. I ;pi di microstru?ure, che in genere si osservano,
possono essere sostanzialmente di due ;pi:

a) le dimensioni dei grani della fase 1 e della fase 2 sono confrontabili


b) una fase è dispersa nei grani dall’altra e ha grani di dimensioni molto più
piccole.

La duClità delle fasi presen;: in alcuni casi il rafforzamento è dovuto alla presenza di par;celle non
duCli. L’origine di queste seconde fasi non duCli può essere un processo di precipitazione (carburi
negli acciai) oppure una dispersione dall’esterno (par;celle ceramiche).

Mol; fa?ori giocano un ruolo nel processo di indurimento dovuto ad una seconda fase: dimensione,
forma, numero e distribuzione delle par;celle della seconda fase, la resistenza meccanica, la
duClità ed il comportamento durante incrudimento di matrice e fase secondaria, orientamento
delle 2 fasi, energia di interfaccia e legame di interfaccia tra le diverse fasi.

La resistenza dipende da:


• L’en;tà di distorsione del re;colo provocata dal solu;;
• Il grado di solubilità degli elemen; aggiun;.

Il rafforzamento da par;celle coeren; (con parametri re;colari uguali a quelli della matrice)
consente di o?enere un incremento di resistenza alla deformazione plas;ca mediante la formazione
di precipita; coeren;.
Queste par;celle sono in grado di deformare il re;colo e di opporre al movimento delle dislocazioni
una maggiore resistenza rispe?o a quella della matrice, pur lasciandosi a?raversare da esse.

Meccanismi di formazione di precipita2 coeren2


Tipologie:
• Immissione di un elemento che presenta elevata solubilità solo ad alta
temperatura;
• Raffreddamento rapido che consente di arrivare a soluzioni metastabili sovrasature

17
• Rinvenimento, con conseguente formazione di precipita; coeren;.

Per realizzare un efficace rafforzamento è necessario che la frazione volumetrica delle par;celle
deformabili sia elevata.
Inoltre, è opportuno che le dimensioni delle par;celle stesse risul;no inferiori al 10-20 nm.
Es.: leghe di Al da deformazione plas;ca:
• AlCuMg
• AlZnMg

Il rafforzamento da par<celle semicoeren< consente di o?enere un rafforzamento limitato in


quanto le dislocazioni possono a?raversare queste par;celle che però ne rallentano notevolmente il
moto. L’effeCvo rafforzamento raggiunto dipende dalle dimensioni e dalla spaziatura delle
par;celle.
Il rafforzamento da par<celle incoeren< è dovuto alla formazione di precipita; incoeren; che non
si lasciano a?raversare dalle dislocazioni e che non alterano il re;colo della matrice. Le dislocazioni
per poter superare i precipita; incoeren;, sono costre?e a infle?ersi tra una par;cella e l’altra.

Spesso le fasi di rafforzo incoeren; vengono aggiunte alla massa liquida della lega: è il caso dei
rinforzi ceramici, che vengono aggiun; alle leghe leggere per aumentarne la resistenza allo
scorrimento delle dislocazioni.
Questo tra?amento di rafforzamento viene applicata con successo agli acciai da bonifica con
temperature di rinvenimento intorno ai 600°C. Il grado di rafforzamento indo?o si innalza nel
passare da precipita; coeren;, ai semicoeren; e infine a quello incoeren;.

Rafforzamento per alligazione: indurimento da soluzione


solida
L’introduzione di atomi di soluto in soluzione solida nel re;colo
del solvente
produce una lega più forte del metallo puro, perché gli atomi di
soluto deformano il re;colo del solvente, interagiscono con le
dislocazioni preesisten; e ne ostacolano il moto.
L’effe?o di rafforzamento aumenta al crescere della
concentrazione del soluto.
Gli atomi di soluto tendono a diffondere nel re;colo e a
segregare a?orno alle dislocazioni in modo da ridurre l’energia Diagramma: curve tensione
deformazione, riferite rispe6vamente
totale di deformazione, cioè in modo ‰da ridurre parte della al caso di un metallo puro (curva A),
deformazione del re;colo a?orno alla dislocazione. oppure al caso di soluzioni solide con
tenori crescen; di soluto (curve B e
C). Tale meccanismo di rafforzamento
(a) Deformazione del re;colo quando l’atomo di soluto è più è par;colarmente efficace con le
leghe a struDura CFC
piccolo del solvente, il re;colo si trova in tensione. (b)
Disposizioni preferenziali per gli atomi di soluto più piccoli in
presenza di dislocazioni a spigolo, con a?enuazione della
deformazione a?orno alla dislocazione.

18
(a) Deformazione del re;colo quando l’atomo di soluto è più grande del solvente, il re;colo si trova
in compressione. (b) Disposizioni preferenziali per gli atomi di soluto più grandi in presenza di
dislocazioni a spigolo, con a?enuazione della deformazione a?orno alla dislocazione.

Il re;colo è localmente deformato, con a?enuazione dello stato di deformazione a?orno alla
dislocazione.
La resistenza allo scorrimento nelle soluzioni solide aumenta perché la distorsione totale del re;colo
deve aumentare quando una dislocazione è sollecitata a muoversi.
Le interazioni atomo di soluto-dislocazione si mantengono anche durante i movimen; per
deformazione plas;ca, quindi si dovrà applicare uno sforzo maggiore sia per iniziare, sia per
proseguire la deformazione plas;ca.
La resistenza al moto delle dislocazioni determina quindi il rafforzamento del metallo. Tu?avia, se la
linea di una dislocazione rimanesse diri?a durante tu?o il movimento, l’effe?o complessivo delle
interazioni con atomi di soluto dispos; casualmente sarebbe nullo.

Indurimento da precipitazione
La formazione di precipita; in una lega metallica cos;tuisce un ostacolo al movimento delle
dislocazioni e quindi provoca un miglioramento delle proprietà meccaniche.
Ricordando che la tensione cri;ca per incurvare una dislocazione ancorata ai suoi estremi è
inversamente proporzionale alla distanza tra i pun; di ancoraggio, si può capire come, a parità di
volume della seconda fase, una popolazione di tan; precipita; di piccola dimensione produca
effeC superiori a quelli dovu; a pochi precipita; di taglia superiore.

Il rafforzamento può essere dovuto tanto a par;celle deformabili, quanto a


par;celle indeformabili.

• Le par<celle deformabili consentono di o?enere un incremento di resistenza alla


deformazione plas;ca mediante la formazione di precipita; coeren;. Queste par;celle sono
in grado di deformare il re;colo e di opporre al movimento delle dislocazioni una maggiore
resistenza rispe?o a quella della matrice, pur lasciandosi a?raversare da esse. Le par;celle
possono essere a?raversabili dalle dislocazioni, tu?avia con una tensione applicata molto
più alta di quella necessaria per muovere le dislocazioni nella matrice. Mol; sistemi metallici
presentano il fenomeno della precipitazione, che avviene, generalmente, a?raverso
sequenze di precipitazione in cui si arriva ad avere precipita; stabili passando per stru?ure
intermedie metastabili

• Il rafforzamento da par<celle indeformabili è dovuto alla formazione di precipita;


incoeren; che non si lasciano a?raversare dalle dislocazioni e che non alterano il re;colo

19
della matrice. Le dislocazioni per poter superare i precipita; incoeren; sono costre?e ad
infle?ersi tra una par;cella e l’altra, con brusche variazioni di curvatura. L’effeCvo
rafforzamento raggiunto dipende dalle dimensioni e dalla spaziatura delle par;celle.

Rafforzamento per incrudimento


Si oCene so?oponendo il materiale (metalli duCli) a una lavorazione plas;ca a freddo finalizzata
sia a causare uno scorrimento delle dislocazioni sia a favorire la generazione di nuovi difeC di linea
a par;re da quelli preesisten;.
In funzione del grado di deformazione i metalli induriscono e diventano più resisten;.
Il fenomeno dell’incrudimento è spiegato sulla base dell’interazione tra le regioni deformate dalla
presenza delle dislocazioni. Esso è spesso u;lizzato commercialmente per migliorare le proprietà dei
metalli durante i processi di fabbricazione ed eventualmente può essere rimosso mediante un
apposito tra?amento termico di rico?ura.
L’efficacia del processo di incrudimento dipende fondamentalmente dal ;po di stru?ura cristallina e
dall’en;tà dello scorrimento imposto alle dislocazioni.
A seguito della deformazione plas;ca a freddo i metalli incrudiscono, questo comporta un generale
rafforzamento del metallo, in par;colare un aumento della sua durezza.
Le stru?ure di deformazione, cioè le stru?ure di dislocazioni che si originano con la deformazione
plas;ca, variano da metallo a metallo. Nei metalli, come Ni e Al si osservano stru?ure a celle, le
dislocazioni si dispongono a formare i muri delle celle.

Rafforzamento microstru1urale da tessiture


I monocristalli in genere hanno proprietà (meccaniche, ele?riche, magne;che, oCche ecc.) molto
diverse nei diversi piani e direzioni cristallografiche. In altre parole, essi presentano una spiccata
anisotropia.
Nei policristalli sono presen; tan; grani e, se le loro orientazioni sono perfe?amente casuali, il
cara?ere stre?amente direzionale delle proprietà si viene a perdere. Tu?avia, è raro che un metallo
abbia i grani orienta; in modo perfe?amente casuale. Trasformazioni di fase, deformazione plas;ca
e ricristallizzazione sono i principali fenomeni, che inducono orientazioni preferenziali dei grani, cioè
tessiture.
I principali fa?ori che influenzano una tessitura sono:
• composizione della lega (impurità, presenza di seconde fasi etc.);
• grado, modalità e temperatura di deformazione plas;ca;
• eventuali differenze tra superficie e stra; più interni;
• temperatura di rinvenimento;
• velocità di riscaldamento alla temperatura di tra?amento termico.

I materiali metallici di interesse ingegneris;co presentano sempre cara?eris;che meccaniche


diverse in direzioni diverse.
Le tessiture possono avere un cara?ere più o meno marcato in dipendenza della storia termo-
meccanica del materiale e così anche le proprietà meccaniche avranno una direzionalità più o meno
spinta.

Soluzioni solide
Aggiungendo ad un metallo puro (solvente) una data quan;tà di un secondo elemento (soluto) si
oCene una soluzione solida quando i loro atomi si comportano in modo che la dispersione degli

20
uni nel re;colo degli altri sia completa, tanto da formare una miscela macroscopicamente
omogenea, e, conseguentemente, una stru?ura cristallina che coincide pra;camente con quella
del solvente, a meno di piccole modificazioni nelle costan; re;colari.
Le SS differiscono dai compos; in quanto possono esistere in un esteso intervallo di composizioni.
Differenze tra:
1. SS di sos<tuzione: si hanno quando gli atomi del soluto si collocano parzialmente e in modo
sta;s;co nelle posizioni re;colari ordinarie (nodi) del re;colo cristallino del solvente.
2. SS di natura inters<ziale: si originano quando gli atomi del soluto vanno a occupare gli
inters;zi fra gli atomi del cristallo primi;vo.

In base a considerazioni geometriche le soluzioni inters;ziali possono avere origine soltanto quando
gli atomi del soluto sono di dimensioni assai inferiori a quelle del solvente, dato l’esiguo spazio
disponibile: si tra?a quasi sempre di elemen; aven; cara?ere di metalloidi: C, N, B, H.

Se invece gli atomi del solvente e quelli del soluto (normalmente atomi di metalli) hanno dimensioni
non molto dissimili, si osservano generalmente SS per sos;tuzione; essendo per queste ul;me
meno restriCve le condizioni sulle dimensioni degli atomi, risulta evidente come il ;po di SS per
sos;tuzione sia il più importante.
Se la disposizione degli atomi è del tu?o occasionale, si avrà una SS disordinata (o casuale); in
determinate condizioni di temperatura può riscontrarsi una ridistribuzione degli atomi secondo uno
schema ordinato e regolare e in tal caso si avrà una SS ordinata: la modificazione nella distribuzione
degli atomi è generalmente nota come trasformazione ordine-disordine.

Ricristallizzazione e ingrossamento del grano


I materiali metallici che sono sta; so?opos; a operazioni di deformazione plas;ca tali da creare in
essi uno stato di incrudimento, se so?opos; a successivo riscaldamento a una temperatura
opportuna e per durate sufficientemente ampie, sono sede di fenomeni che portano alla
formazione di un nuovo asse?o cristallino, con eliminazione progressiva della stru?ura
precedentemente deformata.
Tale processo di rico?ura è abbastanza complesso, poiché è cara?erizzata da 3 stadi successivi:

• Recupero
La microstru?ura originale di un materiale lavorato a freddo è composta da
grani deforma; contenen; un gran numero di dislocazioni complicate. Quando per la prima
volta si riscalda il metallo dopo la deformazione plas;ca del materiale, l’energia termica
supplementare perme?e alle dislocazioni di muoversi e formare i bordi di una stru?ura di
subgrani poligonali. La densità delle dislocazioni, comunque, è sostanzialmente invariata.
Questo tra?amento a bassa temperatura rimuove le tensioni residue dovute alla lavorazione
a freddo senza provocare un cambiamento nella densità delle dislocazioni. Le proprietà
meccaniche del metallo sono rela;vamente invariate, in quanto il numero di dislocazioni
non si riduce durante il recupero. Per il fa?o che le tensioni residue risultano rido?e (o
eliminate) e le dislocazioni si sono riordinate, il recupero viene spesso chiamato rico?ura di
distensione.
Il recupero riporta la conducibilità ele?rica del metallo a valori eleva;
(perme?endo di produrre fili di Cu o di Al), inoltre, spesso migliora la resistenza alla
corrosione del materiale.

21
• Ricristallizazione
Comporta la nucleazione di nuovi grani cristallini a par;re dai so?ograni delimita; dalle
diverse dislocazioni che si sono allineate durante la fase precedente. I nuovi cristalli, una
volta nuclea;, crescono a spese di quelli deforma;. Lo stadio di crescita procede fino a che i
grani in espansione vengono a conta?o l’uno con l’altro, determinando la completa
scomparsa della stru?ura deformata.
La temperatura alla quale è necessario portare il materiale incrudito, perché possa iniziare la
ricristallizzazione, è tanto più elevata quanto minori sono sta; sia la deformazione che il
tasso di deformazione imposto.
Dal grado di incrudimento, come pure dal re;colo cristallino e dagli eventuali precipita;
presen; nel materiale, dipendono anche le dimensioni del grano ricristallizzato, che tra
l’altro sono funzione della temperatura alla quale si esegue il tra?amento.
Contemporaneamente all’evoluzione della stru?ura, con la formazione di nuovi grani privi di
tensioni, si ha un cambiamento delle cara?eris;che meccaniche, che si traduce
essenzialmente in un progressivo addolcimento del materiale.

• Crescita del grano


Terminato lo stadio di ricristallizzazione la stru?ura policristallina del metallo ha assunto un
nuovo asse?o, privo di tensioni associate alla precedente deformazione e con dimensioni
del grano che sono funzione del tasso di incrudimento indo?o nel materiale metallico, della
temperatura di ricristallizzazione e della composizione chimica di partenza. La permanenza
in temperatura comporta un aumento delle dimensioni del grano; durante la
ricristallizzazione la forza motrice per il processo deriva dall’energia interna associata allo
stato di deformazione del materiale, mentre nel periodo di crescita la forza motrice deriva
dall’energia di interfaccia per unità di volume esistente al bordo di grano.

Compos2 intermetallici e inters2ziali


I compos; inters;ziali si o?engono quando gli atomi di un elemento si sistemano ordinatamente
negli inters;zi di un re;colo metallico base. Si hanno compos; inters;ziali con gli atomi dei
metalloidi, le cui dimensioni sono molto piccole.
Presentano interesse applica;vo elemen; come il C, N, H, B, che formano compos; di ;po
inters;ziale con mol; metalli (Fe3C, Fe4N, ecc.).
L‘impacche?amento si può applicare anche nel caso della formazione di compos; tra metalli puri.

Quando la differenza tra i raggi atomici di 2 metalli è maggiore del 15% e la lega formata da essi
subisce un raffreddamento sufficientemente rapido, si realizzano delle soluzioni solide disordinate.
Quando invece queste condizioni non si verificano cristallizza un composto solido ordinato e dalla
composizione stechiometricamente precisa.

In una lega si possono avere casi diversi in base alle azioni reciproche fra
gli atomi:
• soluzione solida disordinata se atomi diversi si a?raggono con forze simili a quelle tra atomi
uguali, con conseguente distribuzione atomica omogenea e casuale;

• soluzione solida ordinata se atomi, tuC metallici, diversi si a?raggono con forze diverse;

22
• composto intermetallico se atomi diversi hanno ele?ronega;vità marcatamente differente e
la stru?ura acquista quindi alcune cara?eris;che proprie di un composto chimico; nel caso
limite in cui un componente sia così ele?ronega;vo da realizzare un composto ionico (per
esempio non metalli come O2, Cl2), si ha un composto chimico e non una lega;

Compos< intermetallici
Raffreddando alcune miscele liquide di metalli si formano fasi di stru?ura definita, spesso estranea
all’una o all’altra stru?ura capos;pite. Ciò accade quando gli atomi differiscono per dimensione e
per proprietà.

Il passaggio da uno stato disordinato ad uno ordinato implica DS <0. Ma, dovendo essere DG = DH -
TDS < 0, sarà DH <0.

La stru?ura ordinata è favorita energe;camente, ha una energia re;colare maggiore.

Una distribuzione ordinata di sfere di dimensioni diverse consente un migliore riempimento dello
spazio: gli atomi possono disporsi più vicini e le forze di legame agire in modo più efficace
(“Principio del riempimento più efficace dello spazio”).
Queste fasi si dicono compos; intermetallici; sono numerosi e comprendono esempi come l'o?one
(b-o?one, Cu-Zn) e compos; di stechiometria MgZn2, Cu3Au, e Na5Zn21.
Sono materiali di notevole interesse applica;vo e dal punto di vista teorico illustrano la transizione
tra legame metallico e legame ionico.

Incrudimento
E’ un fenomeno metallurgico per cui un materiale metallico risulta rafforzato in seguito ad una
deformazione plas;ca a freddo.
Spesso tale fenomeno è sfru?ato in alcuni tra?amen; per migliorare le cara?eris;che del
materiale, come la durezza e la resistenza meccanica.
Effe: sulle proprietà meccaniche:
• aumentano la tensione di snervamento Rs e della durezza;
• diminuiscono le proprietà di duClità (come allungamento e strizione) e di tenacità sta;ca e
dinamica (come la resilienza).

Effe: sulle proprietà fisiche e chimiche:


• aumentano: il coefficiente di dilatazione termica e di comprimibilità;
• diminuiscono: densità, conducibilità ele?rica, permeabilità magne;ca, resistenza alla
corrosione.

23
Lezione 4-5
Schema dei processi metallurgici

Dopo le operazioni preliminari avviene il processo metallurgico vero e proprio, che può essere:
• Per il processo Pirometallurgico servono temperature elevate per perme?ere lo svolgimento
delle varie reazioni chimiche necessarie per o?enere i metalli partendo dai loro compos;
cos;tuen; i minerali.
• L’idrometallurgia (metallurgia per via umida) impiega soluzioni liquide, generalmente
acquose, per o?enere la separazione dei metalli dal minerale.
• L’ele5rolisi in sali fusi impiega energia ele?rica per realizzare i processi
ele?roli;ci di estrazione.

24
Con queste operazioni si oCene un metallo «grezzo», più o meno inquinato da altri elemen; (che
possono essere presen; in quan;tà variabili da tracce a rela;vamente notevoli).
Il metallo di prima fusione dovrà quindi subire almeno un’altra operazione metallurgica di
raffinazione prima dell’impiego in quanto, solo in casi eccezionali può essere u;lizzato come tale.
Il materiale metallico, così elaborato, viene versato dai forni entro recipien; rives;; di refra?ari e
trasferi; nei repar; di colata dove avviene il riempimento di apposi; contenitori nei quali poi il
metallo solidifica.
Con successive operazioni di deformazione a caldo/freddo il metallo raggiunge infine le forme
necessarie per la realizzazione dei manufaC.
Eccezione: prodoC o?enu; dalla metallurgia delle polveri

Materie prime
I minerali cos;tuiscono la materia prima più importante per la produzione dei diversi metalli;
accanto ad essi, e alcune volte di importanza notevole, sono i ro?ami e i recuperi; in siderurgia ha
acquistato interesse anche la spugna di ferro, mentre in qualche metallurgia si u;lizzano alcuni
so?oprodoC di altre lavorazioni.
I minerali che oggi vengono industrialmente sfru?a; per le principali metallurgie, escludendo i
metalli na;vi, sono:
• Gli ossidi, ossidi idra;, carbona;, solfa;;
• I solfuri, arseniuri, an;moniuri;
• I silica;;
• Altri minerali.

Data la notevole affinità della maggior parte dei metalli per l’ossigeno e lo zolfo, solo pochissimi si
trovano allo stato na;vo in quan;tà sfru?abili.

Operazioni preliminari
Un tra?amento meccanico ha come scopo la semplice frantumazione e suddivisone del minerale
per pezzatura o l’arricchimento eliminando più meno completamente la ganga o altri minerali.
La frantumazione viene eseguito per due mo;vi: per facilitare l’altra operazione (l’arricchimento) e
per ridurre il minerale a una dimensione idonea per i tra?amen; successivi.

I principali mo<vi che consigliano l’arricchimento sono:


• Gli eleva; cos; per il trasporto e la manipolazione di quan;tà notevoli di materiale, i
consumi maggiori di combus;bile e di fluidifican;, nonché le perdite notevoli di metallo.

• Inconvenien; dell’arricchimento possono essere la pezzatura troppo fine, per cui può essere
necessaria l’agglomerazione, e le difficoltà dell’essiccamento per la quan;tà notevole di
umidità.

I processi di arricchimento maggiormente impiega;:

• Magne<co: L’arricchimento magne;co può essere applicato per separare dalla ganga o da
altri minerali, materiali più o meno magne;ci (magne;te, wolframite, pirro;te, ecc.) o
materiali che, mediante arros;mento, possono diventare magne;ci (è questo il caso dei

25
minerali di ferro quali l’ema;te, la limonite e la pirite) per i quali l’operazione, in genere
successiva all’arros;mento, viene an;cipata.
• Flo5azione: La flo?azione trova applicazione sopra?u?o nell’arricchimento dei solfuri, e in
qualche caso di altri minerali che, tra?a; con apposite soluzioni, possono avere
comportamento analogo dopo opportuna trasformazione. E’ una operazione abbastanza
complessa.

Tra1amen2 preliminari dei minerali


Una serie di operazioni basate su trasformazioni chimico-fisiche, il cui scopo principale è quello di
o?enere una trasformazione più o meno profonda del minerale che facili; la successiva operazione
di estrazione del metallo, realizzando molto spesso contemporaneamente l’eliminazione di materiali
pericolose (impurezza); Tra queste operazioni, oltre l’essicamento, si ricorda la calcinazione,
l’arros<mento e l’agglomerazione, operazioni che certe volte possono avvenire nello stesso tempo;

La calcinazione si propone la dissociazione di alcuni minerali per semplice riscaldamento:

FeCO3 «FeO + CO2

CuSO4ßCuO + SO3

Sono molte le condizioni che influiscono sulla calcinazione e il suo andamento (pezzatura del
minerale, porosità, la sua cos;tuzione, ecc.).
Circa la temperatura si osserva la convenienza del riscaldamento alla massima temperatura
possibile, compa;bilmente con la necessità di non avere né fusione, né agglomerazione della carica.

Operazioni metallurgiche per via termica


La maggiore o minore facilità con la quale è possibile la riduzione di un ossido metallico dipende in
primo luogo dalla minore o maggiore affinità che il metallo ha per l’ossigeno. E’ quindi di
fondamentale importanza pra;ca la misura di tale affinità, che può essere esa?amente determinata
con la funzione di Gibbs che dà la variazione di energia libera:
DG = Qp - TDS

Una reazione non può avvenire spontaneamente, a una determinata temperatura e pressione, se
non quando è accompagnata da una diminuzione di energia libera, ossia da una diminuzione della
funzione G; Tanto maggiori sono le variazioni di G, tanto maggiore è lo scostamento dall’equilibrio,
ossia tanto maggiore è l’affinità chimica tra le specie molecolari reagen;.

MeO2 « Me + O2 + Qp

Si può osservare che per ogni temperatura si ha una sola pressione di ossigeno alla quale possono
coesistere in equilibrio ossido e metallo, pressione che si interpreta come tensione di dissociazione
dell’ossido.
Quando all’innalzarsi della temperatura, la tensione di dissociazione raggiunge il valore della
pressione atmosferica, si ha la decomposizione dell’ossido, ma alle massime temperature
industrialmente realizzabili solo per pochi ossidi è possibile la dissociazione per semplice
riscaldamento.

26
Purtroppo per la grande maggioranza dei metalli, compresi i più importan;, la temperatura
d’inversione è ancora superiore e quindi essi non sono o?enibili dai loro ossidi per questa via.

Un procedimento con il quale si consegue una diminuzione della temperatura d’inversione consiste
nell’o?enere la dissociazione dell’ossido sempre operandone il riscaldamento, ma pra;candone
contemporaneamente il vuoto: in tal modo l’equilibrio, per il principio di Le Châtelier, si sposta verso
destra. Tale procedimento è raramente u;lizzato per mo;vi tecnici ed economici.

Il metodo più impiegato consiste nel ricorrere ad agen; ridu?ori che, fissando l’ossigeno, rendono
possibile il procedere della decomposizione; si può per esempio u;lizzare un metallo susceCbile di
formare un ossido più stabile di quello che deve essere tra?ato.
L’idrogeno, pur essendo l’agente ridu?ore che opera dire?amente formando acqua, ha un uso
limitato a casi par;colari, sia per il suo alto costo, sia per i pericoli che presenta il suo uso.

Il ridu?ore più usato in metallurgia è il C, che può essere impiegato sia dire?amente sia so?o forma
di CO. Si chiama riduzione indire?a la riduzione effe?uata con l’ossido di carbonio secondo la
reazione:

MeO+ CO « Me + CO2

Non avendo variazione di volume, l’equilibrio è indipendente dalla pressione e risulta determinato
solamente dalla temperatura.

Prima operazione di fusione


La prima operazione che avvia il ciclo di un processo pirometallurgico, consiste in una operazione di
fusione, a?raverso il quale si oCene metallo grezzo di prima fusione, oppure metallica (a base di
solfuri), in ogni caso con scoria più o meno abbondante.

Si possono usare diversi forni: i forni soffia<, ele5rici, rota<vi.

I forni soffia< sono usa; in molte metallurgie per la prima operazione di fusione e, pur
differenziandosi notevolmente in mol; parametri, hanno in comune alcune cara?eris;che essenziali
che li dis;nguono e ne fanno uno dei mezzi produCvi più efficien; della metallurgia.
Schema;zzazione del processo ai forni soffia;:
• Carico: minerale, carbone prevalentemente coke) e fonden;, opportunamente
proporziona;, a seconda delle materie di partenza e del ;po di operazione.
La carica avviene nella parte superiore del forno denominata bocca, mentre l’accumulo dei
prodoC di fusione avviene nella parte inferiore chiamata crogiolo.

• Durante il funzionamento si assiste ad un graduale movimento della carica solida dall’alto


verso il basso mentre, contemporaneamente, la corrente gassosa, proveniente dalla zona di
combus;one prossima alla regione occupata degli ugelli, procede in senso inverso.

• La corrente gassosa ascendente ha una duplice azione sulla carica:


1. Termica: cede alla carica il suo calore sensibile, raffreddandosi progressivamente e infine
lascia il forno a una temperatura bassa. Rappresenta una sorgente di energia notevole da

27
recuperare per migliorare il bilancio economico del processo ed è u;lizzato per la
produzione di vapore e come combus;bile;
2. Chimica: i gas contenu; nella corrente ascendente esercitano un’azione chimica sui
diversi cos;tuen; della carica, contribuendo aCvamente alla sua trasformazione. La
quasi totalità del calore necessario allo svolgersi del processo è fornita dalla combus;one
del carbone.

• La zona di combus;one è la parte del forno dove si raggiungono le massime temperature.


Un problema molto importante è quello della depurazione dei fumi, che trasportano
notevoli quan;tà di polveri.

Siderurgia
Trasformazione dei minerali che contengono ferro in ghisa, acciai, ferro.

Produzione della ghisa grezza nell’altoforno


La maggior parte del ferro è estra?o da minerali di ferro, u;lizzando grossi altoforni.
Nell’altoforno, il coke (o?enuto dal carbone) è usato come agente riducente degli ossidi di
ferro (principalmente Fe2O3) per produrre ghisa grezza, che con;ene circa il 4% di
carbonio assieme ad altre impurità, mediante la reazione:

Fe2O3 + 3COà2Fe + 3CO2

La ghisa grezza viene solitamente trasferita, allo stato liquido, dall’altoforno ad un forno
per la produzione dell’acciaio.

L’altoforno è una stru?ura ver;cale in acciaio a doppio ;no, alta


fino a 36 m e larga circa 10 m, rives;ta internamente di materiale
refra?ario per resistere alle alte temperature, che vicino ai
bruciatori, arrivano a 1800 °C.

Il calcare, CaCO3, che è stato caricato con il minerale di ferro, ad


alta temperatura si decompone in CaO e CO2
Il diossido di carbonio (CO2) e parte del monossido di carbonio
(CO) escono dall’alto come gas d’altoforno.
L’ossido di calcio, invece, si combina con la silice, che accompagna
il minerale di ferro, e forma silicato di calcio, CaSiO3, fuso:

CaO + SiO2àCaSiO3 Figura 2: Schema altoforno


ganga scoria

Alla base dell’altoforno la scoria si stra;fica sul ferro, per cui è possibile la loro separazione.

Produzione dell’acciaio e o5enimento dei principali semilavora< di acciaio


Gli acciai al carbonio sono sostanzialmente delle leghe di ferro e carbonio con un tenore di carbonio
che pra;camente è massimo 1.2%, anche se la maggior parte degli acciai contengono una quan;tà
di carbonio inferiore allo 0.5%.

28
La maggior parte degli acciai è o?enuta per ossidazione del carbonio e delle altre impurità presen;
nella ghisa grezza, finché il contenuto di carbonio nel ferro si riduce al livello richiesto.
Il processo più comunemente usato per la conversione della ghisa grezza in acciaio comporta l’uso
di un conver;tore ad ossigeno. In questo processo la ghisa grezza viene caricata, unitamente a
ro?ame di acciaio aggiunto fino a circa 30% in un conver;tore di forma cilindrica con rives;mento
refra?ario, nel cui interno è inserita una lancia che insuffla ossigeno. L’ossigeno puro della lancia
reagisce con il bagno fuso per formare ossido di ferro. Il carbonio nell’acciaio reagisce quindi con
l’ossido di ferro per formare monossido di carbonio:

FeO + C à Fe + CO

Immediatamente prima che abbia inizio la reazione con l’ossigeno, vengono aggiunte quan;tà
controllate di addensan; di scorie (sopra?u?o calce). Con questo processo il contenuto di carbonio
dell’acciaio può essere dras;camente abbassato e viene contemporaneamente rido?a la
concentrazione di impurità come lo S e il P.
L’acciaio fuso può essere colato dal conver;tore sia in lingoCere, sia mediante colata con;nua. Oggi
più del 60% dell’acciaio viene prodo?o mediante colata con;nua.

Dopo essere cola;, i lingoC vengono riscalda; in un forno a pozzo e quindi vengono lamina; a
caldo in brame, bille?e o blumi (intermedi siderurgici).
Le brame vengono in seguito laminate a caldo o a freddo in nastri e lamiere di acciaio. Le bille?e
vengono laminate a caldo o a freddo in barre, tondini e fili, mentre i blumi vengono lamina; a caldo
o a freddo in forme varie.

Figura 3: Schema produzione acciaio

Qualsiasi sia l’operazione di prima fusione, il risultato sarà quello di aver o?enuto un «metallo
grezzo» che dovrà subire almeno un’altra operazione metallurgica, prima di essere impiegato.

Conversione del metallo grezzo


Seconda operazione metallurgica, per ridurre tu?e le impurezze nocive, ecc. (for; quan;tà di zolfo,
arsenico; nelle ghise sono presen; oltre al carbonio, quan;tà più o meno elevate di silicio,
manganese, zolfo e fosforo).
E’ l’operazione a?a ad eliminare for; quan;tà di uno o più elemen;.
L’elemento(i) che deve essere eliminato sono sempre ossida; con un gas ossidante (con ossigeno
industrialmente puro).
Un altro punto fondamentale sul quale si fonda l’operazione di conversione è che nel conver;tore
non si fornisce calore dall’esterno, né in esso viene introdo?o alcun combus;bile vero e proprio.

29
Il metallo da conver;re viene sempre versato nel conver;tore allo stato liquido e la quan;tà di
calore, necessario per portare a termine l’operazione, viene tu?a fornita dalle reazioni di
ossidazione, fortemente esotermiche, degli elemen; da eliminare, che acquistano la funzione di
elemen; termogeni.

In siderurgia per esempio durante la conversione della ghisa, da una temperatura di circa 1350°C si
deve salire oltre i 1600°C per superare convenientemente l’intervallo di fusione dell’acciaio, a fine
conversione (tenore di C circa 0.05% con piccole quan;tà di Mn, Si, P e S).
Ad ogni modo è necessaria un’operazione di affinazione allo scopo di purificarlo dalla presenza di
elemen; nocivi per le proprietà meccaniche e fisiche.

Idrometallurgia
E’ uno dei metodi usa; in metallurgia per estrarre metalli dai rispeCvi minerali. È una tecnica che si
basa sulla chimica in soluzione acquosa per ricavare il metallo da minerali, da minerali arricchi; o da
materiali ricicla; o residui. Presentano elevata seleCvità, minor inquinamento atmosferico,
recupero dei so?oprodoC, minor dimensioni degli impian;, possibilità di o?enere dire?amente
polveri metalliche, notevoli vantaggi economici.

I processi idrometallurgici in genere prevedono tre fasi principali:

1. Lisciviazione dei minerali: il minerale, rido?o in pezzatura minuta, viene posto a conta?o
con il solvente, che deve essere un liquido poco costoso, in grado di essere rigenerato e di
cara?eris;che tali da dissolvere rapidamente il metallo separandolo dalla ganga. Può essere
preceduta da tra?amen; preliminari al fine di rendere solubili i metalli o i loro compos;.

2. La separazione della soluzione di lisciviazione dallo sterile: riguarda la separazione della


soluzione di lisciviazione dalla ganga residua; vengono impiega; diversi metodi che si basano
sulla decantazione o sulla filtrazione.

3. Il recupero della soluzione del metallo disciolto: estrazione del metallo dalla soluzione.
Sono possibili diverse tecniche che vanno dall’ele?rolisi, con anodo insolubile, alla riduzione
gassosa, all’estrazione con solvente a scambio ionico; sono impiegate anche tecniche come
la separazione per precipitazione o per cristallizzazione, che portano alla formazione di un
composto metallico che deve essere rido?o a metallo per via pirometallurgica.
Industrialmente i processi idrometallurgici sono usa; per la produzione del Cu, Au, Ag, U, Zn,
Ni, Co e per la purificazione dell’allumina (processo Bayer).

Tra1amento di sali fusi


Sono processi che consentono la produzione di metalli partendo dai loro sali e sfru?ando la
dissociazione ele?roli;ca.
Nei processi ele?roli;ci la corrente serve a produrre le reazioni di ossidazione all’anodo e di
riduzione al catodo.

Il tra?amento dei sali fusi è applicato per la produzione dell’Al, Mg, Be, Ce, Li, Na, K, Ca, ecc.
Una cella munita di catodo e anodo e contenente il sale fuso rappresenta l’elemento fondamentale
dell’impianto, assieme a un sistema di raccolta del metallo fuso.

30
Raffinazione
Ha lo scopo di purificare il metallo grezzo e renderlo ada?o per le applicazioni industriali.
Secondo le tecniche impiegate si avrà:
• Affinazione: quando l’operazione viene condo?a per via termica (;pico caso della
produzione dell’acciaio).

• Raffinazione ele5roli<ca: l’operazione che u;lizza in qualità di anodo il metallo grezzo


contenuto in una cella ele?roli;ca; il processo consiste nella dissoluzione anodica del
metallo grezzo e nella sua deposizione catodica. Si oCene un metallo avente grado di
purezza superiore a quello o?enibile per affinazione termica. (Cu, Ni, Pb, Zn, Co, Au, Ag, Sn.

• Dis<llazione: impiegata per i metalli sufficientemente vola;li (pto ebollizione <1000°C)


come mol; metalli alcalini e alcalino-terrosi (Hg, Zn)

• Purificazione chimica

Colata del metallo e solidificazione


L’ul;ma operazione a cui i metalli vengono so?opos;, allo stato liquido, è quella di colata. E’ di
estrema importanza e questa fase può comprome?ere tu?o il lavoro svolto precedentemente.
Il metallo viene colato entro un grosso recipiente in lamiera rives;to di refra?ario chiamato secchia
di colata o siviera; tale recipiente, può essere di varie forme, dal quale il metallo viene fa?o
fuoriuscire da un apposito foro sistemato sul fondo per riempire le lingoCere entro le quali poi il
metallo solidifica; tempo di riempimento e temperatura di colata hanno grande importanza.

Il riempimento delle lingoCere può avvenire in diversi modi a seconda delle necessità qualita;ve e
tecnologiche dei vari materiali metallici: colaggio dire?o, colaggio in sorgente, colata con;nua,
colata so?o pressione, ecc.

La solidificazione entro una lingoCera avviene progressivamente, con superfici isotermiche


pra;camente parallele alle superfici interne della lingoCera stessa.

Dato che durante la solidificazione si ha per tuC i metalli (tranne per Bi) una contrazione di volume,
i lingoC presentano nella parte alta, un cono di ri;ro più o meno profondo sul fondo del quale si
raccolgono le impurezze; il cono è aperto verso l’alto a conta?o con l’atmosfera e quindi si ossida.
Durante la lavorazione successiva del lingo?o, il metallo non può essere risaldato, quindi viene
scartato.
Un accorgimento ado?ato per eliminare questo scarto è quello di sovrapporre alla lingoCera una
materozza che consente, impedendo il raffreddamento troppo rapido della parte alta del lingo?o, di
creare un serbatoio di metallo in grado di alimentare il lingo?o che va solidificandosi e quindi di
ridurre le dimensioni del cono di ri;ro che si può formare solo nella fase finale.

Durante la solidificazione avvengono dei fenomeni cara?eris;ci per tu?e le leghe che danno un
ampio intervallo di solidificazione e che portano, inevitabilmente, a eterogeneicità nei cristalli, che a
seconda di alcuni aspeC possono essere di en;tà variabile (microsegregazione o
macrosegregazione):

31
• Microsegregazione: è dovuta al depositarsi progressivo a?orno ai singoli centri di
cristallizzazione di porzioni di cristalli in accrescimento, le quali variano di composizione
secondo la linea di solidus, senza che sia possibile la loro completa omogeneizzazione.

• Macrosegregazione: è cos;tuita dalle ul;me porzioni di liquido che si solidificano al centro,


per esempio so?o al cono di ri;ro degli acciai. Queste, generalmente, hanno composizione
chimica talvolta notevolmente differente da quelle a conta?o con la lingoCera (S, P, oltre al
C hanno tendenza a presentare macrosegregazione).

Colata con2nua
Rappresenta una tecnica alterna;va alla colata in lingoCera ed è nata con lo scopo di ridurre le
dimensioni dell’intermedio siderurgico in vista di manufaC finali lunghi e di piccole dimensioni (ad
es. lamiere, tondini per calcestruzzo armato.....).

Questo sistema di produzione dell'acciaio risale agli inizi degli anni 70' e oggi rappresenta il sistema
di colata maggiormente impiegato. Con la colata con;nua si possono o?enere bramme, blumi o
slebi e bille?e dire?amente dal liquido con notevole risparmio dato che non sono più necessarie le
operazioni di colaggio in lingoCera, strippaggio, riscaldo nei forni a pozzo e sbozzatura.

La tecnica consiste nel versare l'acciaio a circa 1600°C dalla siviera in un recipiente de?o paniera che
ha lo scopo di mantenere costante il ba?ente dell'acciaio.
Sul fondo della paniera ci sono dei fori, tan; quan; sono le linee di produzione delle bille?e.

Figura 4: Schema colata con>nua

Problemi di qualità
Si possono avere difeC composizionali causa; da fenomeni di segregazione.
In un lingo?o i fenomeni di raffreddamento sono len; per cui ai fenomeni di segregazione si
sommano quelli di diffusione che tendono a uniformare la composizione della lega nelle varie zone
del ge?o.
Durante la colata con;nua invece la pelle si raffredda velocemente, per cui nella zona superficiale si
ha un forte impoverimento degli elemen; di lega. Per questo mo;vo si preferisce colare in con;nuo
acciai a basso tenore di elemen; di lega (e quindi il prodo?o finale risulta di qualità ‘bassa’); tu?avia
è possibile migliorare la qualità favorendo i fenomeni di diffusione con alte temperature e
agitazione del fluido.

32
Nelle condizioni opera;ve sicuramente le temperature sono alte e per avere agitazione dell’acciaio
liquido si u;lizza nella zona prossima all’uscita dalla lingoCera un indu?ore (condu?ore percorso da
corrente) affinché l’induzione ele?romagne;ca provochi un mescolamento del bagno e me?a in
conta?o il solido con il liquido ancora presente, più ricco di elemen; di lega, uniformando così la
composizione.
Un altro dife?o da eliminare è quello legato alla presenza di vuo; nell’intermedio, determina; o da
fenomeni di ri;ro o dalla presenza di gas disciol; nel bagno. Par;colarmente pericoloso è l’H2 che
presenta una notevole solubilità nell’acciaio liquido e una solubilità rido?a nell’acciaio solido.
Affinché il gas esca l’acciaio deve essere quindi degasato allo stato liquido. A questo fine si u;lizzano
degli impian; di degasaggio so?o vuoto (si rendono necessarie perché la presenza di gas influenza
le temperature di transizione nei prodoC metallurgici).

Il problema fondamentale è cos;tuito dal trascinamento nel bagno metallico di componen; di


scoria (CaO, SiO2, Al2O3, MgO, Fe2O3) che possono dare origine ad inclusioni (fase non metallica
inglobata in una matrice metallica), che vanno a bloccare il moto delle dislocazioni dovute alla
deformazione plas;ca del materiale, diminuendone la tenacità.
E' opportuno perciò, ridurne la quan;tà nel materiale. Nei lingoC la solidificazione è estremamente
lenta e la scoria (avente densità di circa 2 g/cm3) tende per risalita a separarsi dal bagno metallico
(avente densità di circa 7,8 g/cm3). Nel caso della colata con;nua la velocità di raffreddamento
della superficie è estremamente elevata e quindi la qualità è più modesta.

Processi di rifusione
Per aumentare il grado di pulizia di un lingo?o si u;lizzano dei processi di rifusione, ad esempio
so?o scoria ele?rocondu?rice, ESR (Electro Slag Remel;ng).
La scoria fusa è cos;tuita prevalentemente da fluoruri di Ba e Ca ( 4 g/cm3) e con un indu?ore
posto al fondo del lingo?o, si determina la fusione della zona terminale finché delle gocce di acciaio
(e delle impurezze che le accompagnano) passano nella scoria.
A causa delle diverse densità, lo “sporco” tenderà a galleggiare, mentre l’acciaio ad andare al di
so?o, cos;tuendo un lingo?o “pulito”.

Lavorazioni per deformazione plas2ca


Laminazione
A valle dei processi di colata si procede alla deformazione plas;ca del materiale per o?enere i
prodoC finali commerciali. Nel caso dei lingoC prima si procederà alla rico?ura completa, mentre
per gli intermedi da colata con;nua si effe?ua il preriscaldo in apposi; forni.
I processi di deformazione plas;ca causano la deformazione progressiva degli intermedi siderurgici
al fine di o?enere i semilavora;, dai quali si arriverà ai pezzi con la forma finale desiderata. Essi, a
differenza dei processi di fonderia, agiscono profondamente sulle microstru?ure, modificando
sostanzialmente forma, dimensione e distribuzione dei grani cristallini, favorendo la formazione di
tessiture e di bande di scorrimento con generazione delle ;piche fibrature, che se ben sfru?ate
contribuiscono a un miglioramento considerevole di proprietà e prestazioni dei pezzi fini;.

33
Per gli intermedi siderurgici e comunque, quando sono
necessarie grosse deformazioni, queste vengono
eseguite a caldo alle quali interviene un processo di
ricristallizzazione mentre per deformazioni più limitate
gli stessi processi possono operare a freddo ed in questo
caso interviene il meccanismo dell’incrudimento.
La maggior parte dei processi impone degli sforzi a
compressione, che nel caso della laminazione sono
applica; mediante rulli.
La stru?ura base di un laminatoio è formata dalle gabbie Figura 5: Processo di incrudimento
di laminazione cos;tuite da una coppia di cilindri o da
una successione di cilindri rotan; a?raverso i quali è fa?o passare l’intermedio siderurgico o?enuto
in precedenza.
Se s1 è lo spessore in ingresso, s2 è quello di uscita e v1 e v2 sono le corrisponden; velocità,
dovendo essere eguali le portate si ha che s1v1 s2v2, per cui al ridursi della sezione la velocità
aumenta. L’operazione si conduce a temperature superiori ai 1200 °C per incrementare la duClità
del materiale.

Contemporaneamente al fenomeno, in conseguenza del conta?o con l’aria, si hanno processi di


ossidazione che comportano la parziale decarburazione della superficie dell’acciaio (C + O2 ↔ CO2)
ed un parziale a?acco ossida;vo (3Fe + 2O2 → Fe3O4).
Per rimediare al decadimento delle cara?eris;che superficiali del manufa?o si esegue
successivamente un’operazione di pelatura. Pelare la parte esterna di un profilo tondo consente di
calibrare il diametro e rimuovere la zona dove si concentrano i difeC. E’ un processo di lavorazione
a freddo eseguito sui prodoC lunghi in acciaio, ghisa e altri metalli non ferrosi. L’operazione di
pelatura avviene meccanicamente, proprio come quando si sbuccia la fru?a o la verdura.
Per i metalli si u;lizzano macchine pelatrici dotate di utensili taglien;, che ruotano avanzando sulla
circonferenza del profilo ed asportano uno strato superficiale del materiale.

Negli stadi iniziali di laminazione del lingo?o si impiega un laminatoio ad una sola gabbia.
Successivamente si potrà operare con un laminatoio con;nuo, come per gli intermedi da colata
con;nua, cos;tuito da una sequenza di gabbie, o?enendo quindi prodoC lunghi, che a seconda
delle esigenze saranno avvol; in rotoli oppure taglia; alla lunghezza desiderata.
Confronto tra i meccanismi della:
• laminazione a caldo
• laminazione a freddo

Figura 6: Laminazione a caldo

34
Figura 7: Lavorazione a freddo

Stampaggio
Lo stampaggio a freddo è molto diffuso, conviene stampare a freddo materiali con elevata duClità,
ad esempio acciai inossidabili austeni;ci (basso tenore di C, stru?ura CFC ada?a a deformazioni
plas;che).
Con questa tecnologia si o?engono eleva;ssime precisioni dimensionali dei pezzi stampa; e non si
hanno i fenomeni di ossidazione superficiale che accompagnano di solito i processi di deformazione
a caldo.
Unica limitazione è quella posta dalla resistenza intrinseca dei materiali che deve essere superata in
quelle zone dove la velocità di deformazione è maggiore.
Difficilmente si u;lizza una quan;tà di lega perfe?amente calibrata per o?enere il pezzo nella forma
desiderata; è necessario avere una riserva di materiale che serve da camera di compensazione nel
processo di deformazione plas;ca (bava di stampaggio).

Con lo stampaggio (a freddo e a caldo) lo sfrido è considerevole ed ha un peso economico molto


significa;vo. In generale i vari processi di formatura si dis;nguono per la differenza tra la quan;tà di
materiale di partenza e la parte u;le o?enuta alla fine.
La combinazione dei processi di laminazione e di stampaggio può favorire la formazione di fibrature
par;colarmente resisten;. Ad esempio la laminazione di una barra porta alla formazione di fibre
longitudinali, dire?e secondo la direzione della laminazione, direzione che è chiamata “Asse
metallurgico”.

Metallurgia delle polveri


Comprende l’insieme delle tecniche e dei processi di produzione delle polveri metalliche e dei
manufaC o?enu; a par;re da de?e polveri, con l’impiego di cicli produCvi che comprendono
formatura e sinterizzazione.
• La formatura può essere eseguita con differen; modalità ed è l’operazione con cui ad una
massa di polvere sciolta vengono impar;te forma geometrica e dimensioni definite, con o
senza applicazione di pressione.

• La sinterizzazione rappresenta invece l’insieme dei


meccanismi di saldatura delle par;celle in una massa
di polvere, provocata dal riscaldamento ad una
temperatura al di so?o di quella di fusione del
cos;tuente principale.

In altri processi, quali la trafilatura, lo sforzo applicato è di Figura 8: Processo di trafilatura


trazione, successivamente sarà la matrice (stampo) a generare
sul materiale sforzi compressione. Con questa tecnologia si possono o?enere prodoC lunghi con
sezioni più o meno semplici dipenden; dalle cara?eris;che delle leghe che vengono estruse.

35
Espansione dei metalli per formare schiume metalliche
Sono una classe rela;vamente nuova di materiali che offrono un potenziale notevole per stru?ure
leggere, per l’assorbimento di energia e per l’isolamento termico.
I vantaggi della schiuma metallica risiedono nella bassa densità e nell’alta resistenza della stru?ura.
Il metallo non è sogge?o alle limitazioni sulla resistenza meccanica e sugli shock termici ai quali
deve so?ostare un materiale ceramico sia cellulare che re;colato.
La bassa inerzia termica perme?e un trasferimento del calore più veloce che nei materiali ceramici.
La grande varietà di metalli e leghe disponibili perme?e di ada?are la stru?ura allo specifico
compito da svolgere. Spesso lo stesso metallo può esercitare un ruolo aCvo come nel caso di
catalizzatori o nei tra?amen; dei liquidi.

Figura 9: Schiume metalliche

Lavorazioni meccaniche
La lavorazione per asportazione di truciolo a freddo è o?enuta mediante una serie di lavorazioni
meccaniche che richiedono l’impiego di macchine utensili. Le principali operazioni fondamentali di
officina sono:
1. Limatura/Piallatura: il moto rela;vo
utensile-pezzo e di ;po traslatorio:
l’utensile trasla ed elimina il truciolo.
2. Tornitura: il pezzo è posto in rotazione
e l’utensile è sempre dire?o verso il
centro di simmetria del pezzo.
3. Fresatura: il pezzo è messo in
traslazione e l’utensile in rotazione.
4. Trapanatura: il pezzo è fisso e
Figura 10: Principali differenze tra le operazioni fondamentali di officina
l’utensile in rotazione e traslazione.

Re:fica
Serve per portare un qualsiasi componente nello stato di forma o superficie oCmale di proge?o.
La profondità di passata dell'operazione di tornitura è dell’ordine del decimo di mm (100μm)
mentre quella di un’operazione di reCfica è dell’ordine del centesimo di mm (10μm).
A questo fine si u;lizza una macchina chiamata reCficatrice, che ha come utensile una mola a grana
fine ed estremamente dura, cos;tuita da granuli di abrasivo (corindone, diamante, SiC...) immersi in
una matrice legante (ceramica, polimerica, metallica...); nel caso di lavorazioni meccaniche viene

36
usata normalmente una matrice di ;po inorganico con granuli di corindone come abrasivo.
È un'operazione costosa, quindi va eseguita solo dove è necessario un alto grado di finitura (come
ad esempio sedi di cuscineC e profili di ingranaggi).

Fonderia
Le tecniche di fonderia sono molteplici e rappresentano pur sempre dei processi di formatura, la
loro peculiarità è di poter o?enere il pezzo desiderato dire?amente da colata nel metallo fuso in
idonee forme.
Fondamentalmente sono basate sull’impiego di forme a perdere o permanen; e consistono nel
colare il metallo fuso all’interno della forma o dello stampo, che avrà una cavità che riproduce la
forma del pezzo che si vuole o?enere.

Fanno parte della forma o dello stampo anche i canali di alimentazione del metallo fuso (canali di
colata) e le materozze, ovvero appendici idonee a compensare i ri;ri durante la solidificazione. I
pezzi o?enu; con processi di fonderia presentano le ;piche stru?ure da solidificazione, senza la
presenza di tessiture e/o bande di scorrimento, inoltre spesse volte contengono difeC ;pici quali
porosità da ri;ro e/o da gas.
Nel momento in cui si vuole realizzare un ogge?o di forma par;colarmente complessa è
consigliabile ricorrere ad un processo di fonderia.

Si ada?a a leghe metalliche a temperatura di fusione rela;vamente bassa ed a rido?a affinità con
l'O2; inizialmente infaC le prime leghe da fonderia sono state quelle di Cu e Au, successivamente si
è passa; a leghe di Fe, Al e Mg (in ques; ul;mi due metalli l’affinità con l’ossigeno è però
eleva;ssima, in par;colare con le leghe di Mg non si può operare a conta?o con l’ossigeno, quindi
saranno necessarie atmosfere iner; a conta?o con la lega fusa).

Il bagno metallico è colato in forme che possono essere permanen; o non (a


perdere).

• Forme a perdere
Tra le forme a perdere sono molto impiegate quelle cosidde?e sciolte. Una forma ‘sciolta’ è
cos;tuita da sabbia di silice o cromite legata con un’argilla (bentonite) e addizionata con
acqua, che favorisce la formatura ed assicura la resistenza meccanica.
Questa sabbia può essere riciclata per un numero finito di volte, finché i granuli che la
compongono non abbiano gli spigoli smussa;; in tal caso, infaC, aumenterebbe troppo la
porosità, intrappolando il vapore all'interno del ge?o.
Il processo: si divide l’ogge?o che deve essere colato con un opportuno piano di simmetria e
si fa un calco, cioè un modello, delle due par; (staffa superiore e staffa inferiore). In ogni
staffa si possono produrre più geC alimenta; dal medesimo canale di colata e ciascuno dei
quali è collegato ad una o più materozze.
Quando arriva la lega fusa, la forma deve avere una resistenza meccanica sufficiente a
resistere all’impa?o che provoca: l’a?acco di colata (zona in cui il canale di colata sfocia nel
ge?o) deve essere posto in una zona in cui siano minime le possibilità di erosione della
forma, l’a?acco di materozza deve essere invece posto il più lontano possibile dall’a?acco di
colata per evitare il formarsi di ostacoli nello stampo che ne impedirebbero il riempimento
completo. E' inoltre importante che la solidificazione avvenga in modo direzionale cioè che
avvenga a par;re dalla porzione di ge?o con più basso modulo termico e finisca con quella

37
ad alto modulo termico (M = volume/superficie dissipante). Maggiore è il modulo, maggiore
è il tempo di solidificazione; Due oggeC con volumi differen; ma uguale modulo M, avranno
tempi di solidificazione iden;ci.

Figura 11: Schema presa a perdere

• Forma permanente
Oltre alle forme in sabbia è possibile usare forme permanen;, contenen; già ad esempio gli
elemen; che andranno a cos;tuire le cavità (occorre però individuare un piano di
separazione che consenta di sformare l’ogge?o).
In questo caso si può operare o una colata in gravità (conchiglia), in cui il metallo è colato in
una forma secondo lo schema precedente, o una colata so?o pressione (pressocolata, talora
chiamata pressofusione dai tecnologi, anche se in modo del tu?o improprio), in cui la lega è
immessa so?o pressione nello stampo.
Essendo in generale la forma di ;po metallico si può avere il problema dell’aderenza ge?o-
forma (in par;colar modo con la pressocolata); in questo caso è opportuno spruzzare un
lubrificante a bassa tensione di vapore (per evitare che i vapori vadano a cos;tuire un dife?o
nel ge?o) nella camera dello stampo in modo che agisca da distaccante.

• Processo a schiuma persa o loast foam


Un processo di fonderia messo a punto in tempi recen; prende il nome di processo a
schiuma persa (lost foam); esso consiste nell’u;lizzo di modelli in polis;rolo espanso,
materiale facilmente stampabile ed assemblabile.
Questo modello, cui è collegato un imbuto di colata anch’esso in polis;rolo, è posto in un
recipiente riempito successivamente di sabbia. A questo punto si rovescia la ghisa fusa
nell’imbuto di colata: il polis;rolo brucia e lascia il posto al metallo fuso.
Il modello deve essere precedentemente rives;to con una vernice refra?aria per dare
resistenza meccanica alla forma evitando che la sabbia sciolta circostante entri nel ge?o.
Questa vernice deve essere comunque sufficientemente permeabile ai gas prodoC per
decomposizione termica del polis;rolo in modo da evitare soffiature nel ge?o.

• Processo a cera persa


Processo conce?ualmente simile al precedente e che sfru?a la duClità e malleabilità della
cera per la realizzazione di modelli. Più modelli sono assembla; a?orno al canale di colata,
sempre in cera, a cos;tuire un grappolo o un alberello che successivamente è rives;to con
materiale refra?ario a cos;tuire un guscio, ovvero la forma vera e propria.

38
La cera dall’interno del guscio dev’essere eliminata mediante riscaldo in apposi; forni nei
quali i gusci sono inseri; capovol;, la cera fonde ed recuperata ed i gusci vengono coC, in
tal modo acquistano adeguata resistenza meccanica.
A questo punto si può procedere alla colata e dopo solidificazione del ge?o i gusci sono
distruC.
Le applicazioni abbracciano quasi tuC i se?ori più avanza;: gioielleria, campo biomedico,
aeronau;ca... I mo;vi sono da ricercarsi negli innumerevoli vantaggi che la tecnica offre, in
par;colare: grande libertà di forma, buone finiture superficiali e ampia scelta di leghe
colabili.

Innovazioni in fonderia
Al fine di migliorare le qualità dei geC e le loro
prestazioni specialmente per le leghe di alluminio, a
par;re dagli anni ’70, sono sor; dei processi che
operano con il metallo già parzialmente solidificato,
quindi allo stato semisolido.
La loro peculiarità consiste nella possibilità di evitare la
formazione di stru?ure dendri;che a favore di
stru?ure globulari, in grado di fornire (a parità di
composizione) migliori proprietà al metallo.

Un’altra importante innovazione riguarda le leghe di


Mg, per le quali è possibile produrre piccoli par;colari,
cara?erizza; da elevate finiture superficiali e
precisione, nonché proprietà meccaniche oCmali,
sfru?ando sempre il conce?o del semisolido, ma Figura 12: Schema dei processi in semisolido:
impiegando una tecnica di iniezione di piccoli granuli Thixocas>ng e Rheocas>ng
della lega. Il processo va con il nome di Thixomolding.

Lezione 6
Cenni sul diagramma di stato Fe-C stabile e metastabile
Le stru?ure di equilibrio delle leghe ferro-carbonio quali l’acciaio e la ghisa sono rappresentate dal
diagramma di stato ferro-carbonio.

Ci sono due diagrammi di stato Fe-C:


1. uno stabile (Fe-grafite)
2. uno metastabile (Fe-cemen;te) che si realizza a un livello di energia libera lievemente
maggiore e quindi a temperature inferiori rispe?o all’equilibrio stabile.

Nei processi al raffreddamento dalla fase liquida con formazione di grafite proeuteCca si osserva
una più spiccata tendenza del sistema a seguire il diagramma di stato stabile. Poiché in condizioni
normali, ossia in assenza di riscaldamen; molto prolunga;, senza che si sia ado?ata una velocità di
raffreddamento par;colarmente lenta e in assenza di eleva; tenori di elemen; grafi;zzan;
(ad esempio il silicio) il ferro ed il carbonio si combinano per dar luogo al composto inters;ziale
Fe3C (cemen;te), il diagramma che pra;camente viene ado?ato è il diagramma ferro-cemen;te.

39
Essendo il contenuto stechiometrico del carbonio nella cemen;te pari al 6,69% in peso, la
graduazione dell’asse delle ascisse termina in corrispondenza di tale valore.

Figura 13: Grafico Fe-C

Cos;tuen; più importan;:


• α ferrite
• γ austenite
• Fe3C cemen;te
• α + Fe3C perlite (eute?oide)
• γ + Fe3C ledeburite (euteCco)
• acciaio con 0.4% di C ferrite proeute?oidica e perlite
• acciaio con 2.11% di C cemen;te proeute?oidica e perlite
• ghisa con 2.5% di C grafite euteCca, cemen;te proeute?oidica e perlite

40
Le trasformazioni allo stato solido previste dal diagramma ferro-cemen;te sono par;colarmente
importan; e su di esse si basano tra?amen; termici fondamentali nel campo sia degli acciai, sia
delle ghise a grafite sferoidale, in tal modo le leghe ferrose sono in grado di generare proprietà
uniche e di presentare cara?eris;che meccaniche veramente elevate e proge?abili in funzione delle
esigenze specifiche.

Figura 14: Trasformazioni allo stato solido nel diagramma Fe-C

Schema della variazione delle microstru1ure degli acciai in funzione della % di carbonio
Le microstru?ure ;picamente presentate dagli acciai dipendono quindi in modo specifico dal loro
tenore di carbonio. Negli acciai ipoeute?oidici, il progressivo aumento del tenore di carbonio
comporta una maggiore presenza di perlite, con una corrispondente diminuzione del contenuto in
ferrite α, mentre per gli acciai ipereute?odici si assiste al progressivo aumento della cemen;te
segregata al bordo del preesistente grano austein;co, fino a formare un vero e proprio re;colo.

41
42
43
44
45
Variazione progressiva di proprietà meccaniche e cos2tuen2 microstru1urali negli acciai al
carbonio, indicazione dei principali impieghi previs2

Si può osservare come la differente % di carbonio genera la variazione progressiva della


microstru?ure, con influenza dire?a anche sulle proprietà meccaniche. In par;colare, all’aumentare
della resistenza meccanica si avrà una corrispondente riduzione di duClità. Negli acciai
ipereute?oidici, la comparsa della cemen;te (fase dura e fragile) modifica sostanzialmente la
durezza delle leghe. In basso, sono inica; i principali impieghi degli acciai al carbonio in funzione
della % di carbonio; impieghi de?a; dalle proprietà dimostrate dagli acciai stessi.

Classificazione acciai in base al contenuto del carbonio


Gli acciai comuni sono compos; da: ferro, carbonio, tracce di altri componen;.
In base al contenuto di carbonio e alla durezza di tempra si classificano in:
• extradolci: u;lizza; per lamiere, tubi, bulloni;
• dolci: u;lizza; per chiodi, ferri da costruzione;
• semiduri: u;lizza; per componen; di macchine;
• duri: u;lizza; per rotaie, cavi metallici, tondini per c.a.;
• extraduri: u;lizza; per coltelli, seghe, molle.

Se il contenuto di carbonio è molto basso si hanno metalli teneri e plas;ci, se il contenuto di


carbonio è elevato si hanno metalli duri e fragili.

Norma2ve e designazione degli acciai


Scopo: stabilire le condizioni tecniche per lo scambio di prodoC e di servizi
tutelando il con;nuo adeguamento all’espansione tecnologico.
Norma;ve:
• ISO: livello mondiale
• CEN: livello europeo
• UNI-CEI: livello nazionale

Classificazione
Secondo la Norma UNI EN 10020 l’acciaio è “un materiale in cui il ferro è l’elemento predominante e
in cui il tenore di carbonio è di regola minore del 2 % e che con;ene altri elemen;.
Un numero limitato di acciai al cromo può avere un tenore di carbonio maggiore del 2 %, ma tale
valore del 2 % é il tenore limite corrente che separa l’acciaio dalla ghisa”.
Gli acciai possono essere classifica; secondo due criteri:
1. composizione chimica:
a. acciai non lega;: le percentuali degli
elemen; chimici presen; risultano
inferiori a quelli indica; nella tabella;
b. acciai lega;: almeno un elemento in lega
ha percentuale maggiore o uguale a quella
indicata nella tabella.
2. impiego e cara5eris<che meccaniche.
La stessa norma, specifica i valori degli elemen; aggiun;
che dis;nguono gli acciai non lega; da quelli lega;.

46
Convenzione generale
Acciaio basso-legato: nessun elemento al di sopra di 5%
Acciaio alto-legato: almeno un elemento al di sopra di 5%
In base all’impiego e delle cara?eris;che meccaniche, gli acciai si possono differenziare in:

• acciai di base: sono acciai non lega; per i quali non è prevista alcuna prescrizione per
quanto riguarda l’impiego e non è a?eso nessun tra?amento termico.
Devono essere assicurate le seguen; par;colarità:
o tenore di carbonio C ≤ 0,10 %
o resistenza a trazione R ≤ 690 N/mm2
o carico unitario di snervamento minimo ReH = 360 N/mm
o allungamento A ≤ 26 %
o resilienza (misurata con provino unificato a V) K ≤ 27 J
o durezza massima Rockwell HR ≥ 60.

• acciai di qualità: acciai non lega; per i quali non è richiesto un regolare comportamento ai
tra?amen; termici ma, in relazione all’impiego, possono essere richieste principi rispe?o la
fra?ura fragile, la stru?ura, l’aCtudine alla deformazione.
A?enzione par;colare durante il processo produCvo
Tra ques; acciai, u;li nel campo delle lavorazioni meccaniche sono gli:
o acciai idonei alla bordatura e alla profilatura
o acciai idonei alla saldatura
o acciai resisten; alla corrosione
o acciai per l’imbu;tura a freddo
o acciai per alte velocità di taglio
o acciai per vergella

• acciai speciali non lega<: sono acciai che presentano, rispe?o ai preceden;, una purezza
superiore, par;colarmente nei confron; delle inclusioni non metalliche. Nella maggior parte
dei casi essi sono des;na; al tra?amento di bonifica o a un tra?amento di tempra
superficiale e sono cara?erizza; da una risposta regolare al tra?amento ricevuto.
Sono:
o acciai che presentano garanzia di resilienza allo stato bonificato
o acciai con specificata profondità di tempra
o acciai con specificata durezza nello stato superficiale
o acciai con tenori limi; di inclusioni non metalliche
o acciai con tenore massimo specificato di zolfo o fosforo.

• acciai di qualità lega<: contengono degli elemen; aggiun; per rispondere ad alcune
condizioni di impiego. (il loro u;lizzo è simile a quella degli acciai di qualità non lega;).
Sono:
o acciai per costruzione metallica, per apparecchi a pressione o per tubi, a grano fine,
saldabili;
o acciai al silicio manganese (per molle)
o acciai per rotaie
o acciai per prodoC piani lamina;, des;na; a severa formatura a freddo
o acciai avente solo il rame come elemento di lega

47
• acciai speciali lega<: hanno diverse proprietà di formatura e di aCtudine all’impiego perché
sono sta; o?enu; con una regolazione precisa della loro composizione chimica con
par;colare cura e controllo del processo produCvo.
Sono:
o acciai resisten; alla corrosione e all’ossidazione a caldo
o acciai resisten; allo scorrimento
o acciai per cuscineC
o acciai per utensili
o acciai per costruzioni meccaniche metalliche

Una classificazione pra<ca degli acciai prevede una dis;nzione in:


• acciai comuni (o acciai semplici o acciai al carbonio) sono quegli acciai che contengono
impurezze in numero abbastanza elevato ed il tenore degli elemen; in lega non è
controllato. Eventuali altri elemen; sono presen; come residui del processo di
fabbricazione. La presenza del carbonio nell’acciaio conferisce durezza. Per questo, per gli
acciai comuni, è molto u;lizzata la seguente classificazione pra;ca d’officina:
o Extra dolci C<0,15%
o Dolci C=0,15-0,30%
o Semiduri C=0,30-0,25%
o Duri C=0,45-0,65%
o Extraduri C=0,65-0,80%

• acciai speciali: hanno una percentuale bassa e controllata delle impurezze ed anche il tenore
degli elemen; aggiun; è in quan;tà controllata. Ques; acciai sono i più richies; per le
importa; applicazioni tecnologiche e meccaniche. Secondo i se?ori tecnologici di impiego,
una classificazione può essere del ;po:
o Acciai da costruzione
o Acciai per usi par;colari
o Acciai per utensili
Quest’ul;ma classificazione, ponendo in primo piano le proprietà tecnologiche dei materiali,
è quella che in prima istanza deve guidare l’u;lizzatore nella scelta dei materiali.

Designazione degli acciai in funzione dell’impiego finale


Designazione alfanumerica (o analogica):
1. simbolo che iden;fica l’impiego
o S = acciai per impieghi stru?urali
o P= acciai per impieghi in pressione
o L= acciai per tubazione
o E= acciai per costruzioni meccaniche
o B= acciai per cemento armato
o Y= acciai per cemento armato precompresso
o R= acciai per rotaie
o H= acciai ad alta resistenza per imbu;tura a freddo
o D= acciai per formatura a freddo
o T= acciai per banda (per imballaggio)
o M= acciai magne;ci

48
2. valore della cara?eris;ca principale in funzione dell’impiego
o Carico unitario di snervamento minimo prescri?o per spessori 16 mm, in N/mm2
o Carico unitario di ro?ura minimo prescri?o in N/mm2
o Valore di proprietà magne;ca per M
o Durezza

3. altre indicazioni (obbligatorie o a discrezione)

Classificazione degli acciai da costruzione


SECONDO LE NORME EN 10027 e EN 10025
• Simbolo “S” : Acciai per impieghi stru?urali- carico unitario di snervamento minimo
(prescri?o per spessori 16 mm, in N/mm2)
• J, K, L: resilienza rispeCvamente di 27, 40, 60 Joule;
• le?era o numero indicante la temperatura della prova di resilienza: R = temperatura +23° ±
5°; 0 = temperatura 0°; 2 = temperatura -20°
• G3 e G4 = Stato di fornitura (discrezione del produ?ore)

DESIGNAZIONE NUMERICA (O SEQUENZIALE)

A•BCDE
A: ;po di lega
• 1: Acciai
• 2: Metalli pesan; escluso l’acciaio (ad es. Rame e leghe di Rame)
• 3: Metalli leggeri(ad es. Alluminio e leghe di alluminio, Titanio e leghe di Titanio,....)
• Fino a 9: altri materiali
BC: gruppo
DE: ;po

Gli acciai sono iden;fica; con il numero 1.XXYY(ZZ)


• 1= acciaio
• XX = classificazione per composizione chimica o impiego
• YY = ZZ = numerazione progressiva nella stessa classe, possibile estensione in futuro

Esempi:
• 1.0037: acciaio non legato (S235JR prec. Fe360B)
• 1.4306: acciaio inossidabile (X2CrNi19-11; AISI 304L)
• 1.4401: acciaio inossidabile (X4CrNiMo17-12-2; AISI 316 )

Designazione degli acciai in funzione della composizione chimica


Acciai non lega< (al carbonio):
1. C;
2. % di C x 100
Esempi:
C10 (acciaio da carbocementazione)
C40, (acciaio da bonifica)
C80,C120 .......etc.

49
Acciai bassolega<:
1. % di C x 100
2. Simbolo chimico degli elemen; aggiun; (in ordine di quan;tà)
3. % del primo elemento x fa?ore mol;plica;vo

Acciai altolega<
1. X;
2. % di C x 100;
3. Simboli chimici (in ordine di quan;tà decrescente);
4. % degli elemen; di lega (senza separazione o con un punto)
Esempi:
X2CrNi1911 : acciaio inossidabile (AISI 304L; 1.4306)
X4CrNiMo17.12.2 : acciaio inossidabile (AISI 316 ; 1.4401)

Acciai rapidi
1. HS
2. Numeri indican; la % di W, Mo, V, Co (in questo ordine) separa; da un traCno
Esempio
HS 18-0-1: acciaio rapido 18% W, 1% V
Vecchia equivalenza: X78WV18.1KU

Designazione AISI
Spesso sono u;lizzate, sopra?u?o nel caso degli acciai inossidabili, sigle secondo la designazione in
vigore negli USA (specialmente AISI).
La designazione americana degli acciai deriva dal lavoro congiunto dell’American Iron and Steel
Ins;tute (AISI) e della Society of Automo;ve Engineers (SAE).

La designazione si basa, per gli acciai al carbonio e per quelli basso lega;, su un numero formato da
qua?ro o cinque cifre, di cui le prime due individuano la classe di appartenenza dell’acciaio e le
ul;me due (o tre) il tenore di carbonio mol;plicato per 100.
In par;colare:
• 10 indica la classe degli acciai al solo carbonio
• 25 indica la classe degli acciai al nichel (con Ni ≈ 5%)
• 31 e 33 indicano la classe degli acciai al nichel-cromo
• 40 indica la classe degli acciai al molibdeno
• 41 indica la classe degli acciai al cromo-molibdeno
• 43, 81, 86 e 87 indicano la classe degli acciai al nichel-cromo-molibdeno
• 51 indica la classe degli acciai al cromo
• 92 indica la classe degli acciai al silicio

La designazione AISI può includere una le?era di prefisso che indica il processo di fabbricazione
dell’acciaio. Per quanto riguarda gli acciai lega; e in par;colare quelli inossidabili, essi sono indica;
con un numero formato da tre cifre, di cui la prima si riferisce alla classe.

50
In par;colare:
• 2 indica la classe degli acciai inossidabili austeni;ci al cromo- manganese- nichel
• 3 indica la classe degli acciai inossidabili austeni;ci al cromo-nichel
• 4 indica la classe degli acciai inossidabili martensi;ci o ferri;ci al cromo
• 5 indica la classe degli acciai inossidabili martensi;ci a medio tenore di cromo (5-10%) In
questo caso l’acciaio inossidabile é rappresentato da tre cifre, che ripor;amo di seguito:

Tabella 1: Esempi di nomenclature

L’acciaio austeni;co 304 possiede un’oCma formatura a freddo, una buona lavorazione all’utensile,
oCma imbu;tura e oCma saldabilità.

L’acciaio martensi;co 420 ha resistenza alla corrosione minore del 410 e saldabilità mediocre.

Tra gli acciai inossidabili austeni<ci (i più diffusi nel mondo), il ;po più u;lizzato è l’AISI 304 (X8 Cr
Ni 18 8). Tra gli acciai inossidabili martensi;ci, il ;po più u;lizzato è l’AISI 410.
Essi sono u;lizza; quando si richiedono elevate cara?eris;che meccaniche di resistenza e di
tenacità unite ad una modesta resistenza alla corrosione.
Tra gli acciai inossidabili ferri<ci, il ;po più u;lizzato è l’AISI 430. Essi, rispe?o agli austeni;ci,
resistono meno alla corrosione ma sono meno soggeC a corrosione so?osforzo.

51
Ruolo degli elemen2 di lega sulle proprietà degli acciai
• FOSFORO (P)
Di norma associato al minerale di ferro
o riduce la tenacità dell’acciaio
o può essere aggiunto per migliorare la truciolabilità alle macchine utensili

• ZOLFO (S)
Di norma deriva dal coke, raramente dal minerale
o nocivo poiché riduce la tenacità dell’acciaio
o aggiunto negli acciai per impieghi meccanici per migliorare la lavorabilità alle
macchine utensili (acciai risolfora;).

• IDROGENO (H)
Viene inglobato durante la colata, o nei tra?amen; superficiali per via ele?rochimica
o nocivo in tenori maggiori di 2 ppm
o induce la formazione di fiocchi
o Eliminazione con i moderni procedimen; di fabbricazione dell’acciaio (tra?amento
fuori forno)

• OSSIGENO (O)
Inglobato durante la produzione dell’acciaio, nocivo perché:
o riduce la lavorabilità a caldo
o abbassa le cara?eris;che meccaniche
o essenziale è la disossidazione dell’acciaio

• AZOTO (N): sempre presente in tenori tra 0,003 a 0,015 %, poiché assorbito durante il
processo produCvo. Promuove il fenomeno dell’invecchiamento degli acciai al C. Aggiunto
in acciai speciali (inossidabili) per:
o Stabilizzare l’austenite (al posto di Ni negli acciai biocompa;bili)
o Aumentare le proprietà meccaniche (indurimento per precipitazione)
o Aumentare la resistenza a corrosione (piCng)

• MANGANESE (Mn): sempre presente nei minerali di ferro, agisce come dissodante e
desolforante
o In lega migliora la combinazione resistenza/tenacità degli acciai da costruzione
o In alta % aumenta molto il tasso di incrudimento
o Effe?o gammageno, sfru?ato in acciai inossidabili senza Ni

• ALLUMINIO (Al): U;lizzato nell’elaborazione dell’acciaio come dissodante ed affinante del


grano (acciai a grano fine).

52
• SILICIO (Si):
Sempre associato al minerale di ferro
o aggiunto nella fabbricazione dell’acciaio come dissodante; elemento di lega: negli
acciai per molle (incremento del modulo E), negli acciai magne;ci, negli acciai
resisten; all’ossidazione a caldo.

• TITANIO e/o NIOBIO (Ti & Nb)


u;lizza; nell’elaborazione dell’acciaio come dissodan;, denitruran; ed affinan; del grano
negli acciai inossidabili per prevenire la corrosione intergranulare (stabilizzazione) negli
acciai induren; per precipitazione per migliorare le proprietà meccaniche.

• MOLIBDENO (Mo)
Aumenta la temprabilità
o Diminuisce la sensibilità al surriscaldo
o Evita la fragilità da rinvenimento
o Aumenta la resistenza a caldo
o Aumenta la durezza e la resistenza all’usura
o Aumenta la resistenza alla corrosione degli acciai inox in determina; ambien; (acidi,
etc.)
o Aumenta la resistenza meccanica ad alta temperatura (creep resistant)

• CROMO (Cr)
o Aumenta la temprabilità
o Aumenta la resistenza e la durezza dopo bonifica
o Migliora la combinazione tenacità/resistenza
o Abbassa la sensibilità al surriscaldo
o Aumenta la stabilità al rinvenimento
o Aumenta la resistenza all’usura
o Determina la resistenza alla corrosione ed all’ossidazione a caldo
o Determina la resistenza meccanica ad alta temperatura (creep resistant)

• NICHEL (Ni)
o Aumenta di poco la temprabilità
o Aumenta la resistenza e la durezza dopo bonifica
o Migliora l’insieme tenacità/resistenza
o Diminuisce la sensibilità al surriscaldo
o In ada?a % induce matrice austeni;ca
o Contribuisce alla resistenza alla corrosione degli acciai inox
o Migliora la resistenza all’ossidazione a caldo
o Determina la tenacità a bassa temperatura

• VANADIO (V)
o elemento formatore di carburi
o negli acciai da costruzione aumenta la resistenza meccanica
o negli acciai per utensili aumenta la resistenza all’usura

53
• TUNGSTENO (W)
o elemento formatore di carburi
o Diminuisce della sensibilità al surriscaldo
o Aumenta la stabilità al rinvenimento
o Aumenta la durezza e la resistenza all’usura
o Aumenta la resistenza a caldo

• RAME (Cu)
Deriva dalla rifusione del ro?ame.
o nocivo perché nelle lavorazioni a caldo si localizza in superficie e può provocare
cricche.
o aggiunto intenzionalmente per migliorare la resistenza all’ossidazione atmosferica
(acciai ;po CORTEN).

• STAGNO (Sn):
deriva dal ro?ame
o nocivo poiché infragilisce l’acciaio nella lavorazione a caldo
o favorisce la fragilità di rinvenimento

Acciai da costruzione di uso generale


Impieghi so?o sollecitazione sta;ca o dinamica senza ro?ura o deformazione oltre valori
prestabili;. Non si richiede composizione chimica specifica ma valori minimi delle proprietà
meccaniche.
Proge?azione secondo i metodi della meccanica classica. Di solito pos; in opera senza tra?amento
termico...sono gli acciai più usa;... (~ 85 % del totale)

Acciai di base
Le cara?eris;che chimiche non sono stabilite, ma solo i requisi; meccanici minimi e massimi.
In genere acciai poveri, sono usa; nel caso in cui non interessi il metodo di produzione ma solo il
risultato finale (es. acciaio per tondini da cemento armato).
• Tondini per calcestruzzo armato. Il C25 è l’acciaio ideale per il calcestruzzo armato grazie
alla sua grande tenacità. Tu?avia c’è differenza tra applicazione meccanica e uso edile, infaC
cambiano le percentuali di S e P (che sono generatori di inclusioni): nelle applicazioni
meccaniche non possono essere superiori allo 0,035%, mentre nell’uso edile può essere
superiore perché in questo campo interessano solo le cara?eris;che tensili e duCli dei
tondini. La sigla C25 implica che %S e %P siano inferiori allo 0,035%. La sigla Fe360 (vecchia
norma;va) indica un acciaio C25 per costruzioni edili (360 GPa è il limite di snervamento).

• La scelta dell’acciaio dipende dall’applicazione per cui è des;nato il pezzo o dai tra?amen;
termici che dovrà successivamente subire il materiale, per cui si dis;nguono alcune
categorie di acciai.

Acciai da bonifica
Si è visto che valore della durezza della martensite è funzione del tenore di carbonio in lega, che è il
principale rafforzante della martensite. Si no; come un C40 al massimo della %C garan;ta dal
produ?ore sia uguale, come durezza, ad un C45 al minimo del tenore di C. Per questo gli acciai

54
vengono accompagna; da un cer;ficato di colata; per avere una corre?a classificazione del
prodo?o è possibile fare prove dire?amente sul pezzo tramite il QUANTOMETRO (analisi
spe?rografica).

In tuC gli acciai c’è 0.4% di Si e un tenore di S e P inferiore allo 0.035%.


Per i primi qua?ro acciai il disegno non deve esser cri;co. Man mano che si scende nella tabella la
resistenza a trazione aumenta. Cr, Mo e Ni sono elemen; che perme?ono un notevole aumento
della temprabilità. Il tenore di C degli acciai lega; è compreso tra 0.36 e 0.45% per sfru?are il tra?o
della martensite a più alto valore di resistenza.

Osserviamo come varia il tenore di C a seconda degli elemen; in lega: Cr e Mo sono stabilizzan; dei
carburi e quindi perché essi si formino, la % di C deve essere sufficiente; invece il Ni ha un effe?o
sulla temprabilità in quanto è fortemente austeni;zzante e quindi perme?e di diminuire il C in lega.
Inoltre a pari temprabilità il Ni ha un effe?o fortemente tenacizzante. In genere gli acciai più comuni
come il C40, il C 45, il 42CrMo4 e il 36CrNiMo4 sono disponibili a magazzino, mentre gli altri
necessitano di una colata ad hoc.

Influenza degli elemen2 in lega


• Mn: è un’impurezza del minerale ferroso, all’aumentare della % di C aumenta anche la % di
Mn: Ha l’effe?o di aumentare la temprabilità poiché è uno stabilizzante dei carburi e
austeni;zzante; se voglio però un’elevata tenacità ne limiterò il tenore, preferendo invece
l’aggiunta di Ni .

• Mo: elimina i rischi di fragilità da rinvenimento (l’unico acciaio a rischio è il 41Cr4 per il quale
è importante più che mai prevedere i tempi di raffreddamento), è presente in tuC gli acciai
lega;, ma ce n’è un po’ di più nell’ul;mo perché è necessario contrastare l’azione
austeni;zzante del Ni con quella di stabilizzante dei carburi del Mo.

• Si: garan;sce il calmaggio dell’acciaio (disossidazione).

• S e P: sono un marker importante del contenuto inclusionale e quindi della qualità


dell’acciaio poiché in tuC gli acciai le inclusioni provocano il degrado della tenacità (da
limitare in par;colare negli acciai stru?urali).

41Cr4
E’ l’unico acciaio senza Mo, l’unico stabilizzante dei carburi è il Cr. Ciò ha un effe?o posi;vo sulla
temprabilità, perché il Cr ampia nelle curve CCT l’ampiezza del campo ɤ (avendo una grande affinità
con C). La %Mn è simile a quella degli acciai al C, perciò la temprabilità è migliorata solo grazie al
contributo del Cr. Lo svantaggio è che questa lega soffre di fragilità da rinvenimento, causata dalla
formazione di carburi metastabili di Cr. Esso viene scelto quando la bonifica contempla un
rinvenimento a temperature basse o si tempra dopo il rinvenimento in modo da limitare la
permanenza nell’intervallo che dà fragilità.

42CrMo4
E’ simile al precedente ma con;ene Mo, che è un forte stabilizzante dei carburi. Perciò questa lega
non soffre di fragilità da rinvenimento. Tra 34CrMo4 e 42CrMo4 cambia solo la %C; scelgo il

55
34CrMo4 quando ho bisogno di un acciaio da bonifica ad alta tenacità, mentre opto per il
42CrMo4quanto serve alta resistenza a trazione.

36CrNiMo4
Assomiglia al 34CrMo4 tranne che per l’1%Ni. Il nichel è un alligante strategico in metallurgia ed è
inoltre costoso. Viene aggiunto nel bagno liquido come nichel metallico ed è l’unico austeni;zzante
che porta solo miglioramen;:
• aumenta significa;vamente la temprabilità
• non è stabilizzante dei carburi
Si dice perciò, che Ni è un tenacizzante, non perché migliori la tenacità, ma perché non la
danneggia.

CONFRONTO 36CrNiMo4 e 36CrNiMo16


• Ni passa da 1% a 3,8% per aumentare la temprabilità
• Per lo stesso mo;vo, Cr passa da 1% a 1,8% (l’aumento è minore perché la lega soffrirebbe di
fragilità da rinvenimento)
• Mo passa da 0,2% a 0,3% per contrastare gli effeC nega;vi del Cr (aumento contenuto
perché comunque la %C resta costante)
• Mn passa da 0,65% a 0,45% perché la temprabilità è garan;ta dagli altri elemen;, quindi
viene rido?o per non diminuire la tenacità.

Proprietà meccaniche (acciai da bonifica)


• Il 41Cr4 ha solo l’ 1%Cr in più rispe?o al C40: mantenendo la stessa tenacità sono migliorate
le cara?eris;che tensili.
• Il 42CrMo4 ha lo 0,2%Mo che non ha il 41Cr4: miglioro le cara?eris;che tensili, elimino la
fragilità da rinvenimento ma perdo un po’ di allungamento a ro?ura.
• Il 41Cr4 e il 34CrMo4 hanno lo stesso limite di snervamento, ma il secondo ha una maggiore
tenacità.
• 36CrNiMo4 è il principale acciaio da bonifica, mentre il 36CrNiMo16 rappresenta il top di
gamma con il suo al;ssimo limite di snervamento (grazie al rafforzamento da seconda fase e
da soluzione solida).

Acciai da cementazione
Il tenore di C è inferiore allo 0.2% di modo che prima della
cementazione il pezzo sia estremamente duCle e facilmente
saldabile e poi più facilmente predisposto ad una corre?a
cementazione. Con un tenore di C così basso si avrà una fase
ferri;ca prevalente so?o forma di lamina; con una stru?ura a
bande (stru?ura fibrosa) e poiché i pezzi grezzi vengono
o?enu; per laminazione ques; acciai sono più sensibili a
questa stru?ura, la cui profonda anisotropia comprome?e la
stabilità dimensionale.
Gli acciai da cementazione sono par;colarmente sensibili
all’anisotropia del grano, è opportuno so?oporli ad una
rico?ura di ricristallizzazione (ipercri;ca) e, se i pezzi sono
des;na; a deformazione plas;ca a freddo, anche a rico?ura isotermica di sferoidizzazione.

56
Lezione 7
Prove per la valutazione delle proprietà meccaniche dei materiali metallici
Proprietà meccaniche dei metalli dipendono dalla resistenza alle sollecitazioni di forze esterne.
Forze concentrate: agiscono su piccole superfici- resistenza che si oppone alla penetrazione di una
punta.
Forze distribuite: agiscono su grandi superfici

Forze agen2
• Sta<che
o TRAZIONE: forze uguali e opposte che tendono ad allungare il campione
o COMPRESSIONE: forze uguali e opposte che tendono ad accorciare il campione
o FLESSIONE: forze che agiscono perpendicolarmente per piegare il campione
o TORSIONE: forze che tendono a far ruotare il campione rispe?o all’asse
o TAGLIO: forze che agiscono perpendicolarmente e tendono a tagliare il campione

• Istantanee
Forze applicate per brevi periodi; il comportamento del materiale è chiamato RESILIENZA

• Periodiche
Forze applicate in modo discon;nuo; sollecitazioni dinamiche; il comportamento del
materiale è chiamato RESISTENZA ALLA FATICA

• A5rito
Forze tra 2 superfici in movimento; può essere a scorrimento:
1. Radente se il movimento è reciproco;
2. Volvente se il movimento è di rotazione.

Proprietà tecnologiche dei metalli


Descrivono l’aCtudine di un materiale ad essere lavorato per produrre dei manufaC o ad essere
tra?a; per acquisire determinate proprietà.
• Du:lità/Malleabilità: si riferiscono all’aCtudine di un materiale ad essere lavorato a freddo
per deformazione plas;ca. Si riferiscono rispeCvamente all’aCtudine del materiale ad
essere rido?o in fili mediante trazione e in lamine mediante compressione.

• Fusibilità: è l’aCtudine di un materiale a passare dallo stato solido allo stato liquido
mediante riscaldamento, per essere poi raffreddato in modo da assumere la forma
desiderata; la fusibilità di un materiale cresce al diminuire della temperatura di fusione.

• Saldabilità: l’aCtudine di un materiale ad essere saldato, cioè la proprietà in base alla quale
pezzi del materiale possono essere uni; ad altri pezzi dello stesso materiale o di altri
materiali, se porta; a temperature prossime (ma inferiori) al loro punto di fusione.

• Temprabilità: l’aCtudine di un materiale ad acquistare maggiore durezza e resistenza


meccanica a?raverso il processo di tempra, cos;tuito da un riscaldamento a temperatura
elevata ma minore di quella di fusione, e un successivo raffreddamento brusco.

57
Prova di trazione
La prova di trazione consiste nel so?oporre un provino, le cui
dimensioni devono rispondere a certe prescrizioni, ad una forza
di trazione lungo il suo asse, con una velocità di deformazione
controllata,
fino alla ro?ura.
Si rileva il diagramma tensione-deformazione, intendendo con
tensione il rapporto tra il carico applicato e la sezione iniziale, e
con deformazione il rapporto tra l’allungamento di un tra?o di
riferimento e la sua lunghezza iniziale.
Il diagramma presenta un primo tra?o iniziale reClineo, nel
quale la tensione è proporzionale alla deformazione, essendo il
coefficiente di proporzionalità il modulo di Young, E, del
materiale. In questa fase se il provino viene scaricato riprende la
sua lunghezza iniziale. Il comportamento è elas;co.
Figura 15: Macchina per la prova di
Proseguendo nella deformazione il diagramma abbandona trazione
l’andamento reClineo, la deformazione si compone ora di una
parte plas;ca, che non scompare eliminando la tensione, e che corrisponde circa allo scostamento
della curva dalle legge di proporzionalità.
Si assume come parametro di questa transizione la tensione che produce uno scostamento dalla
proporzionalità dello 0,2%: Rp;0,2.
La deformazione plas;ca avviene a volume costante. Proseguendo la forza cresce sempre meno,
fino ad un massimo (se non interviene prima la ro?ura). Il fenomeno per il quale la forza necessaria
a produrre la deformazione plas;ca cresce con la deformazione stessa è de?o incrudimento.
La tensione corrispondente al massimo è la resistenza a trazione del materiale, Rm.

Figura 16: Grafico prova di trazione

58
Il carico di snervamento rappresenta una grandezza importante per la proge?azione di componen;
stru?urali, in quanto rappresenta la sollecitazione al di sopra della quale nel materiale si
manifestano significa;ve deformazioni plas;che. Si definisce come la sollecitazione in
corrispondenza della quale si ha una deformazione plas;ca permanente residua dello 0.2%.

Il carico di ro5ura non è molto u;lizzato nella proge?azione che prevede l’u;lizzo di materiali
duCli, poiché prima di raggiungere tale valore di sollecitazione il materiale si deforma
plas;camente. Tu?avia il carico di ro?ura fornisce informazioni sulla presenza di difeC. InfaC la
presenza di porosità o inclusioni può causare un abbassamento del carico di ro?ura.

Fra5ura: separazione di un componente in 2 o più par; a causa di una sollecitazione meccanica o di


una interazione chimica (o entrambi i casi).
Le fra?ure possono essere classificate in base a diversi criteri:
• per la presenza di deformazione plas;ca: duCle (tenace), fragile (clivaggio), mista;
• secondo la velocità di propagazione: crepe e fra?ure, stabili o instabili;
• secondo le condizioni per processi di degradazione: fra?ure per fa;ca, per stress corrosion
cracking, cricche da idrogeno, fra?ura per creep, cricche dovute a usura;
• a seconda della fra?ura a bordo grano: intercristallina, transcristallina, mista.

Tipologie di fra?ura:
• Du:le: deformazione plas;ca estesa della testa della cricca. La cricca è stabile, resiste se
non sono applica; ulteriori carichi
• Fragile: La deformazione plas;ca non è apprezzabile. La cricca propaga molto velocemente.
La propagazione avviene perpendicolarmente con la direzione del carico applicato. La cricca
propaga per clivaggio rompendo i legami atomici lungo specifici piani cristallografici deC di
Clivaggio.
• Secondo Griffith la resistenza del componente è legata alle discon;nuità presen; nel
materiale che provocano un’amplificazione degli sforzi
applica; e quindi arrivano localmente a valori cri;ci. In un materiale fragile se è presente
una cricca si produrrà una concentrazione di tensioni localizzata in quella regione.
Se una cricca si propaga:
1. Aumento dell’energia di superficie
2. Trasformazione dell’energia elas;ca immagazzinata in energia superficiale.

L’aumento di energia superficiale è compensato dalla diminuzione


dell’energia di deformazione elas;ca. Lo sforzo necessario per la propagazione di una cricca
in un materiale fragile è funzione della dimensione della cricca.
La tensione di fra?ura è inversamente proporzionale alla radice quadrata della lunghezza
della cricca.
Riassumendo:
o Secondo Griffith la resistenza dipende dalla forza del legame (E, γ) e dalla dimensione
dei difeC.
o Ques; sono difficilmente visibili in quanto di larghezza inferiore alla lunghezza d’onda
del visibile.
o I difeC sono genera; da: disomogeneità (bolle..), porosità, impa?o con par;celle
dure, coalescenza di dislocazioni (metalli)...

59
La prova di trazione su prove?a con intaglio serve ad accertare la tendenza di un materiale alla
ro?ura fragile.
La prove?a, di dimensioni normalizzate, presenta a metà altezza una gola a V con raccordo di fondo
molto piccolo. La prova sostanzialmente consiste nel rilevare la forza di ro?ura alla temperatura
richiesta. Per effe?o della presenza dell’intaglio la forza di trazione non è uniformemente distribuita
nella sezione di gola ma è maggiore sulla circonferenza esterna. Inoltre sono presen; anche tensioni
tangenziali e radiali.
Il materiale a lato dell’intaglio, che non raggiunge lo snervamento, agisce come vincolo ed
impedisce lo scorrimento.

Figura 17: Stress-Strain Diagram

Prove dinamiche
i carichi vengono applica; in tempi dell’ordine di millisecondi durante i quali nel materiale si
destano effeC dinamici, cioè forze di inerzia dovute all’accelerazione delle masse e forze di natura
viscoelas;ca proporzionali alla velocità di deformazione.
Le prove dinamiche più ;piche sono quelle di impa?o, ma varie prove dinamiche vengono eseguite
u;lizzando procedure uguali aquelle delle prove sta;che con appropriate velocità di applicazione
del carico.
Le principali prove di impa?o sono quelle di Charpy e di Izod. In entrambi i casi sul provino viene
pra;cato un intaglio dal quale si origina la fra?ura nel corso delle prove e il carico è applicato
mediante un pendolo oscillante. Nella prova Charpy il provino è appoggiato alle estremità e viene
impa?ato nella zona centrale, mentre nella prova Izod il provino è incastrato da una parte e viene
impa?ato all’estremità libera. La resistenza alla fra?ura è valutata in abse all’energia necessaria alla
fra?ura ed è misurata dall’altezza raggiunta dal pendolo dopo la fra?ura del provino.

60
La prova del pendolo di Charpy
Test ideato da Charpy (nel 1901) per acciai stru?urali.

ObieCvo: determinazione dell'energia (impa?o lavoro) necessaria per deformare e rompere un


campione. Il lavoro consumato rompere un campione. Questo valore è dato dalla differenza di
potenziale energie del martello tra la posizione iniziale e quella finale.

La prova consiste nel colpire con un pendolo un provino di dimensioni definite nel quale è pra;cato
un intaglio. E’ generalizzato l’uso del provino con intaglio a V, profondità 2 mm pare; a 45° raggio di
raccordo 0,25. L’energia del pendolo è di 30 Kg x m e si oCene l’energia assorbita per differenza,
misurando l’energia residua dalla risalita del pendolo.
Campione per la prova d’urto: sezione di 10 x 10 mm e lunghezza 55mm con
un intaglio a V con una profondità di 2 mm o 5 mm di profondità.

Fra1ura per impa1o


Il vantaggio del test di impa?o risiede nella sua semplicità, velocità e cos; rela;vamente bassi. La
principale area di applicazione è data dal confronto di vari sta; e processi.
La prova d'urto ha le seguen; carenze:
• La prova è ada?a a un campione di laboratorio standardizzato e non è applicabile per
spessori di materiale grandi
• una superficie di fra?ura è piccola per valutazioni successive
• risulta; di questo test non sono applicabili a calcoli stru?urali.

Fra1ura per fa2ca


Il fenomeno della ro?ura per fa;ca progredisce in tre stadi: la formazione di una cricca, la sua
crescita ed infine la ro?ura.
Quindi la vita di un componente è data dal numero di cicli occorrente per produrre e propagare la
cricca sino a raggiungere le dimensioni cri;che.

"#
= &(∆))!
"$

Dove c ed n sono costan; empiriche e ∆K è la differenza Kmax – Kmin tra il massimo ed il minimo
valore del fa?ore di intensità dello sforzo. Questo significa che l’avanzamento è dovuto al campo di
tensioni ciclico al ver;ce della cricca individuato da ∆K. Cioè profilo, frequenza, valor medio del
carico sarebbero fa?ori secondari.
Il Limite di Fa<ca è presente in alcuni materiali (Fe, Ti). Si tra?a della tensione massima al di
so?o della quale il materiale non si rompe più, indipendentemente dal numero di cicli (107).
Processo che avviene durante il carico ciclico:
1. Cambiamen; nelle proprietà meccaniche
2. Nucleazione di microfissure
3. Propagazione delle microfissure e brevi cricche
4. Propagazione di macrocricche - crescita stabile
5. Fra?ura catastrofica - crescita instabile

Solitamente l'inizio avviene con il processo di sli?amento a par;re dalla superficie del materiale, a
causa di una sollecitazione di taglio che è massima a 45° rispe?o la direzione di trazione.

61
Durante il ciclico di carico, avviene lo sli?amento di una parte del materiale. Si
creano concentratori di tensioni che producono microfessure che si propagano
lungo piani di sli?amento. I bordi di grano sono un ostacolo alla loro ulteriore
propagazione.
Quando una cricca di fa;ca si propaga, una crepa si apre e si chiude
alterna;vamente, mentre sulla superficie si formano scanalature de?e
striature. Un ciclo di carico corrisponde a uno spostamento pari alla distanza
tra due scanalature adiacen;. Misurando la distanza delle striature si
determina la
velocità di propagazione della cricca in una certa zona. La velocità di
propagazione della cricca per
fa;ca dipende dalla ampiezza del fa?ore di intensificazione degli sforzi

ΔK=Δσ(πa)1/2Y

o ampiezza del fa?ore di intensificazione degli sforzi Ka (ΔK=2*Ka).


Figura 18: Geometria
delle cricche
Come migliorare la vita a fa;ca:
• Lavorazione superficiale
• Introduzione di tensioni di compressione
• Tra?amento superficiale
• OCmizzazione geometrica

Fra1ura per creep


Lo scorrimento avviene su un materiale sogge?o a carico costante a temperature elevate.
So?oponendo un campione ad elevata temperatura e carico costante nel tempo, si avrà una
deformazione progressiva e costante. Si misura l’allungamento del campione in funzione del tempo.

Figura 19: Schema fra2ura per creep

62
Durezza
E’ definita come la pressione di equilibrio che la superficie del solido riesce a sopportare a seguito di
una sollecitazione esercitata da un ogge?o più o meno appun;to de?o indentatore.
La geometria che cara?erizza l’indentatore determina il par;colare ;po di prova di indentazione.
Durante la prova l’indentatore penetra nel materiale so?o l’azione di un carico essendo la velocità
controllata. La forma e la profondità dell’impronta vengono misurate e si risale alla
valutazione della durezza:
> larga e profonda è l’impronta < durezza del materiale

Figura 20: Tecniche di misurazione della durezza

Microdurezza Vickers
L’indentatore è un diamante a base piramidale, i carichi applica; sono molto inferiori rispe?o alla
prova di durezza Vickers (vanno da 1g a 1kg).
L’impronta si osserva poi al microscopio e viene misurata.
La superficie del provino deve essere accuratamente preparata.
La prova Vickers è indipendente dalla forza, ovvero se il materiale è uniforme, i valori di durezza
Vickers sono gli stessi indipendentemente dal valore della forza impressa dall’indentatore.

Tribologia
A5rito: forza che si oppone al movimento rela;vo di due corpi in conta?o;
Strisciamento: il loro moto rela;vo.

Nel caso semplice di strisciamento tra due corpi che si scambiano una forza F perpendicolare alle
superfici di conta?o, si ha quiete finché la forza che agisce nella direzione delle superfici di conta?o
W < f×F; quando W è maggiore od uguale a f×F, i due corpi hanno un moto rela;vo di strisciamento;
f: coefficiente di a?rito

Anche nel caso semplice di rotolamento si manifestano fenomeni di a?rito, di en;tà inferiore al
caso dello strisciamento. Tribologia
L'a?rito è un fenomeno dissipa;vo che richiede una spesa di energia per effe?uare il movimento.
Quindi all'aumentare dell'a?rito i movimen; hanno bisogno di forze sempre maggiori che si

63
traducono in lavoro e calore generato localmente, che deve essere smal;to. D'altra parte non si
può dimen;care che è l'a?rito che perme?e alcuni movimen;, come il movimento che è difficile, se
non impossibile, in mancanza di a?rito, come ad esempio sul ghiaccio.
Tra due corpi reali in conta?o in movimento rela;vo si produce una perdita progressiva di materiale
a danno dell'uno o di entrambi con la modifica delle superfici reali di conta?o: è questo il fenomeno
dell'usura. Man mano che i due corpi strisciano della quan;tà x, si produce una perdita di materiale
a carico del materiale meno duro, misurabile ad esempio dal volume V, che dipende nei casi più
semplici dalla forza di conta?o F e dallo strisciamento x.
Per ogni singola coppia di materiali in strisciamento, si può valutare l'usura con delle formule che
considerano la forza di conta?o e lo strisciamento, oppure con formule più complesse dove si
considera anche la durezza de materiali e quindi si può me?ere in evidenza come all'aumentare
della durezza del materiale più tenero, l'usura diminuisca.

Usura
Il fenomeno dell’usura si verifica quando la superficie di un corpo viene danneggiata da un altro
corpo a conta?o. L’a?rito è la principale causa dell’usura.
Questo conta?o comporta la formazione di frammen; di usura, che abbandonano il sistema
tribologico. Comporta l’alterazione delle dimensioni dei pezzi, la degradazione delle cara?eris;che
superficiali.
Meccanismi dell’usura
1. Usura adesiva
Il meccanismo di usura tra due corpi in strisciamento. I fenomeni di deformazione plas;ca e
di adesione tra le asperità a conta?o svolgono un’azione predominante nella formazione del
frammento.
Le ripetute deformazioni plas;che alle asperità possono indurre fenomeni di fa;ca
oligociclica o di accumulazione della deformazione plas;ca ratcheCng (una con;nua
accumulazione di deformazione plas;ca a ogni sollecitazione, che può avvenire quando lo
sforzo applicato è superiore a un valore cri;co); ques; processi possono coinvolgere anche
estese zone sub-superficiali e contribuire all’indebolimento locale del materiale.
Raramente il frammento abbandona subito il sistema tribologico; può trasferirsi sul
materiale antagonista, o nel caso di strisciamen; prolunga;, mescolarsi con altri frammen;
provenien; dall’antagonista e formare uno strato tribologico sulla superficie dei corpi a
conta?o.

2. Usura tribossida<va
E’ un caso par;colare di usura corrosiva, usura favorita dall’interazione delle superfici di
conta?o con un ambiente aggressivo. Nella maggior parte dei casi l’aggressione ambientale
comporta un’ossidazione superficiale, e il meccanismo di usura che ne deriva è dato dalla
combinazione del processo ossida;vo e dell’azione meccanica in corrispondenza delle due
superfici a conta?o.

3. Usura abrasiva:
L’interazione abrasiva può essere:
• a due corpi: l’azione abrasiva è dovuta alle asperità di uno dei due corpi a conta?o, o
a par;celle dure, incastonate in uno dei due corpi;
• a tre corpi: le par;celle dure sono intrappolate libere da rotolare tra i due corpi a
conta?o.

64
4. Usura per fa<ca superficiale
Si può avere la formazione di frammen; di usura tra due corpi a conta?o anche in presenza
di lubrificazione, se la sollecitazione superficiale è di ;po periodico. Questo avviene
;picamente nel caso di contaC non conformi, quando almeno uno dei due corpi a conta?o
rotola sull’altro. Può indurre un’accumulazione di danneggiamento nel materiale, di solito
nelle zone sub-superficiali, con la nucleazione e la successiva propagazione di una cricca di
fa;ca, che porta alla formazione di un frammento di usura.

Principali processi di usura, elenco dei meccanismi di usura predominan2 e alcuni esempi di
sistemi tribologici
• Strisciamento: adesione tribossida<va
cuscineC a strisciamento, sistemi camma-punteria (con pia?elo), sli?e, accoppiamento
disco freno-pas;gilia, utensili per asportazione di truciolo, stampi per forgiatura, filature,
estrusione

• Sfregamento: adesione tribossida<va


Collegamento ad a?rito o flangia;, rive?ature o bullonature in presenza di vibrazioni,
contaC di interru?ori ele?rici.

• Rotolamento: fa<ca superficiale


CuscineC volven;, sistema camma-punteria (con rullo)

• Strisciamento-Rotolamento: fa<ca superficiale, adesione


Fianchi dei den; di ingranaggi, sistema ruota-rotaia, cilindri di laminazione

• Impa5o: fa<ca superficiale, adesione, tribossidazione


Sistemi di chiusure di stampi

• Abrasione da par<clelle dure: abrasione


Componen; di sistemi di macinazione e frammentazione dei minerali, componen; di sistemi
di trasporto materiali par;cellari, lavorazione con mole abrasive, stampi per metallurgia
delle polveri, estrusori.

• Erosione: erosione
Tubazioni per slurry, gran; per pompe per slurry, cicloni separatori, pale?e di turbine,
sistemi di taglio per water-jet, processi di sabbiatura

• Erosione per cavitazione: fa<ca superficiale


Pale?e di turbine, par; di pompe, cuscineC a strisciamento funzionan; ad alta velocità

Tipica evoluzione del volume di usura con la distanza di strisciamento


Dis;nzione di 3 fasi:
1. Run-in (Rodaggio): durante questa fase il tasso di usura W, dato da ΔV/ Δs, è generalmente
molto alto. InfaC, le superfici a conta?o si usurano finché la conformità del conta?o è
oCmizzata o finche le superfici vengono pulite dalla presenza di ossidi o altri contaminan;;

65
2. Stadio I: terminata la fase di rodaggio, si raggiunge lo stato stazionario cara?erizzato da un
tasso di usura inferiore rispe?o al rodaggio. E’ questo lo stadio principale del processo
tribologico, controllato da uno dei mecc.di usura;
3. Stadio II: può accadere che, dopo una certa distanza di strisciamento, si abbia una
transizione nel tasso di usura (che può aumentare, ma anche diminuire), a causa di una
transizione nel mecc. di usura.

Figura 21: Grafico volume di usara in funzione della distanza di strisciamento

Prove tribologiche
Il coefficiente di a?rito, il tasso di usura per strisciamento o la resistenza all’usura abrasiva NON
sono proprietà di un materiale, ma dipendono dal sistema tribologico, cioè dal ;po di
accoppiamento, dalle cara?eris;che superficiali dei materiali a conta?o, ecc. Per determinare il
comportamento tribologico di un determinato accoppiamento è necessario eseguire prove sui
componen; reali.
Queste prove, tu?avia, sono costose, di lunga durata, complesse e i risulta; sono spesso di difficile
interpretazione, perché è molto difficile dis;nguere l’influenza delle singole variabili.
Per ques; mo;vi in mol; casi si preferisce effe?uare prove in configurazioni più semplici:
1. Prove di banco: prove di laboratorio sull’organo dove lavora l’accoppiamento in studio;
2. Prove su componente, dove lavora l’accoppiamento;
3. Prove di laboratorio semplificate.

Prova perno contro disco (pin on disc)


E’ u;lizzata per studiare l’usura per strisciamento dei materiali e
quindi i meccanismi di usura adesiva e tribossida;va.
Un perno a forma cilindrica (d= 5-6 mm) viene pressato contro
un disco in rotazione. Il conta?o può essere di ;po conforme o
non conforme (in questo caso il perno è sos;tuito da una sfera).
Nel caso di conta?o conforme, i bordi del conta?o devono
essere smussa;, per evitare effeC dovu; alla concentrazione di Figura 22: Schema prova perno contro
sforzo. Ogni regione superficiale del disco a conta?o con il disco
perno ritorna in conta?o con il perno stesso dopo che il disco ha

66
compiuto 1 giro. L’andamento dell’usura viene seguito misurando in con;nuo la variazione in altezza
del perno.
Il controllo della temperatura di conta?o è condo?o posizionando una o due termocoppie nel
perno, a una certa distanza della superficie di conta?o e valutando la temperatura superficiale
u;lizzando la relazione:
FT= μ FN

La variazione in altezza è influenzata anche dall’usura del disco; se l’usura del disco non è
trascurabile è necessario valutarla, determinando il profilo della traccia di usura mediante un
profilometro al termine della prova. Si oCene la curva di usura e con il riferimento allo stato
stazionario si determina il tasso di usura (W), il coeff. di usura specifico o il coeff. di usura.

Prova blocco contro anello


E’ una prova molto simile alla prova
perno contro disco; la configurazione di
prova è cos;tuita da un blocco,
solitamente a forma parallelipedo, che
viene pressato contro la superficie
esterna di un anello posto in rotazione.
La prova è spesso usata per studiare
l’usura in condizioni lubrificate. Si Figura 23: Schema prova blocco contro anello
possono raggiungere pressioni di
conta?o molto elevate. L’usura può essere quan;ficata pesando il blocco e l’anello prima e dopo
ogni prova. L’usura può essere valutata anche misurando la dimensione delle traccia di usura.
""
+=
12./

(V è il volume della traccia, R è il raggio dell’anello e L è la sua altezza)

Prova disco contro disco


In questa prova due dischi (d = 30-50 mm e altezza 10
mm) vengono pos; in conta?o lungo la generatrice,
realizzando un conta?o di linea. Si possono effe?uare
prove di rotolamento-strisciamento, con diversi
componen; di strisciamento, sia a secco sia in
condizioni lubrificate. E’ prevalentemente u;lizzato
per simulare l’usura per fa;ca superficiale.

Figura 24: Schema prova disco contro disco

67
Lezione 8
Acciai inossidabili
Sono leghe ferrose cara?erizzate, oltre alle proprietà meccaniche ;piche degli acciai al carbonio, da
una notevole resistenza alla corrosione, specie in aria umida o in acqua dolce.
Tale capacità di resistere alla corrosione è dovuta alla presenza di elemen; di lega, principalmente
Cr, in grado di passivarsi, cioè di ricoprirsi di uno strato di ossido soCle e aderente, pra;camente
invisibile, di spessore pari a pochi stra; atomici (dell'ordine dei 3-5 × 10−7 mm), che protegge il
metallo, o la lega, so?ostante dall'azione degli agen; chimici esterni; questo strato potrebbe essere
descri?o come uno spinello del ;po FeO•Cr2O3
Gli acciai inossidabili sono cara?erizza; da un tenore di carbonio molto basso, solo in alcuni casi
può arrivare fino a 1,2%.
Il contenuto minimo di cromo "libero", ossia non combinato con il carbonio, si aggira tra l'11-12%
per poter avere formazione dello strato di ossido "passivante" con;nuo, proteCvo nei confron;
dalla corrosione. Il cromo nella lega, infaC, combinandosi con il carbonio, può formare carburi di
cromo, che limitano la disponibilità di tale elemento di lega a formare ossidi e, quindi, di passivarsi.
InfaC, la condizione che perme?e al Cr di reagire con O2, passivando la lega, è che Cr sia ‘libero’,
mentre se è legato con C in carburi molto stabili non sarà più disponibile per lo strato passivante
superficiale.
All’interno di una lega inox possiamo trovare quindi, un’elevata concentrazione di Cr e spesso del Ni
(austeni;zzante) eventuali altri legan; sono aggiun; per potenziare specifiche proprietà. Gli acciai
inossidabili contengono il Cr in tenore superiore al 12% e perché si formi l’ossido proteCvo l’acciaio
inossidabile deve essere esposto ad ambien; ossidan;.
Ci sono 5 principali ;pi di acciai inossidabili:
1. Ferri<ci;
2. Martensi<ci;
3. Austeni<ci;
4. A stru5ura mista austenite-ferrite (duplex);
5. Induren< per precipitazione.

Le leghe inox possiedono un notevole interesse applica;vo per altre due fondamentali
cara?eris;che:
• Lavorabilità a freddo: essendo effe?uata su un re;colo CFC, proprio degli inox, garan;sce un
rafforzamento per incrudimento (gratuito!).
• Saldabilità: leghe inox sono notevolmente prestazionali so?o questo punto di vista dato il
loro basso tenore di carbonio.

Il minimo contenuto di elemen; legan; per avere austenite cine;camente stabile è dell’11% di Nieq
e 18% di Creq.; il tenore di Nieq che man;ene la stru?ura austeni;ca dipende chiaramente dal Creq.
L’elemento che conferisce lo stato di passività è il Cr a causa della sua estrema affinità con
l’ossigeno. Esiste chiaramente una scala di inossidabilità: più aggressivo è l’ambiente, maggiore deve
essere il tenore di elemen; di lega che conferiscono lo stato naturale di passività.
Altre formulazioni più complete per Cr e Ni equivalente sono:

Creq= %Cr + 1,5 %Mo + 2 %Si + 5 %V + 5,5 %Al + 1,75 %Nb + 1,5 %Ti + 0,75 %W
(formula molto affidabile per i duplex)
Nieq= %Ni + 30 %C + 0,5 %Mn + 25 %N + 0,3 %Cu + %Co

68
Si no; come pur essendo N più austeni;zzante di C, nella formula abbia un coefficiente più piccolo;
questo perché non si considera solo il potere austeni;zzante ma anche la tendenza a formare
compos; inters;ziali.
Diverse formulazioni dello stesso elemento equivalente (Ni, Cr, C...) sono da a?ribuire alle
interazioni tra i vari elemen; in lega, ma gli effeC finali delle formulazioni sono analoghi.

Acciai Inox austeni2ci


Sono cara?erizza; dalla presenza di al; tenori Ni che tende a stabilizzare il re;colo CFC.
Le due leghe inox austeni;che più importan;:
• X5CrNi18-10 AISI 304
• X2CrNi18-11 AISI 304L
(L sta per low carbon e ovviamente è una lega più costosa in quanto tu?ora è più difficoltoso il
processo per portare la percentuale di carbonio a livelli minimi).

La stru?ura CFC si incrudisce perché nella deformazione plas;ca ho un notevole e facile movimento
delle dislocazioni che, interagendo tra loro, determinano il rafforzamento del materiale (l’acciaio
inox ferri;co ha una possibilità di incrudimento più modesta in virtù del re;colo CCC).
Possiamo eliminare l’incrudimento con una opportuna rico?ura: nel corso del riscaldamento non si
ha alcuna trasformazione, ma solo la ricristallizzazione dovuta alla trasformazione dell’energia di
deformazione accumulata so?o forma di dislocazioni in energia di ricristallizzazione.
La rico?ura va condo?a a temperature superiori a 1000°C per evitare i fenomeni di riduzione della
resistenza alla corrosione no; come sensibilizzazione (fenomeno che rende un acciaio inossidabile
sensibile alla corrosione inter-cristallina a seguito della precipitazione di carburi di cromo a bordo
grano, dovuta ad una permanenza del materiale ad una temperatura indica;vamente compresa tra
450-850°C).

In tuC il Cr non è inferiore al 17%, per il semplice fa?o che è la percentuale cri;ca sopra la quale la
lega è più resistente alla corrosione per piCng. Inoltre si nota che tuC hanno in comune basso
tenore di C, a parte il 302 che è d’interesse storico, in quanto in passato era difficile produrre una
ferrolega Fe/Cr a basso contenuto di C.
Gli acciai inox a?uali vengono infaC prodoC a par;re da ro?ami, ai quali vengono aggiun;
correCvi so?o forma di ferroleghe, in forni chiama; Conver;tori AOD (Argon-Oxigen
Decarbura;on).

Il Mo è aggiunto per incrementare l’indicatore, definito come Indice di Pi:ng:


I.P. = %Cr + 3%Mo + 16%N

(IP)316 = 17+ (3×2) = 23 (è l’I.P. indicato per resistere all’acqua di mare)

Tale fa?ore indica l’aCtudine di una lega inox a essere sogge?a alla corrosione per piCng. Maggiore
è l’indice di piCng, maggiore sarà la sua resistenza a questo ;po di corrosione.
L’AISI 316 è stato quindi creato perché è decisamente più resistente del 304 in acqua di mare.
L’AISI 321 e 347 sono stabilizza; perché in lega hanno Ti e Nb che servono per evitare la
precipitazione di carburi di Cr, in quanto sono loro più affini al C, eliminando così i fenomeni di
sensibilizzazione alla corrosione intergranulare.
A ques; due acciai però sono ora preferi; i meno costosi AISI 304L e 316L, con bassissimo
contenuto di C, e quindi poco ‘sensibilizzabili’.

69
In generale è presente sempre Ni, che stabilizza la
stru?ura austeni;ca e ne riduce la metastabilità, in
percentuale variabile da 9-12%, ma perché dato che
ne basterebbe l’8% per una stru?ura totalmente
austeni;ca?
Semplicemente perché sono acciai da deformazione
a freddo, e con poco Ni si rischia di formare
martensite indo?a meccanicamente, con
conseguente difficoltà di lavorazione a causa della
riduzione di A% (infaC nel 302 si forma molta più
martensite che in 304, con conseguente crollo
Figura 25: Influenza della deformazione a freddo sulla
an;cipato di A%). formazione di martensite per
AISI 309 e 310 possiedono un tenore di Cr elevato (si
possono formare anche più carburi senza perdita di resistenza a corrosione), quindi per mantenere
un stru?ura austeni;ca hanno anche tenori eleva; di C (per aumentare Niequivalente) e Ni.
Ques; acciai vengono comunemente denomina; refra5ari perché adaC a lavorare ad alte
temperature; per tale u;lizzo sono cara?erizza; da una bassa sensibilità e una buona resistenza al
creep (migliorata in parte anche dalla presenza dei carburi).
Una comune applicazione per il 309 e 310 è per cestelli contenen; i pezzi des;na; ai tra?amen;
termici nei forni, neanche le atmosfere riescono infaC ad aggredirli in quanto passiva; in superficie.

Gli acciai inossidabili austeni;ci sono molto u;lizza; nella produzione di lamiere; prevalentemente
esse si lavorano mediante deformazione plas;ca a freddo. I lamina; a caldo devono subire un
decapaggio, cioè devono essere elimina; gli ossidi superficiali che si sono forma; durante la
laminazione a caldo.
Negli acciai convenzionali si formano durante la laminazione a caldo delle scaglie di magne;te; negli
inox austeni;ci si formano spinelli del ;po FeO·Cr2O3 che sono più aderen; della magne;te e che
danneggiano este;camente il materiale. Il decapaggio si realizza con miscele di HCl e HNO3 e porta
ad una superficie perfe?amente pulita.
A questo punto si procede nella laminazione; per ridurre gli effeC lega; all’incrudimento si esegue
una rico?ura, ma non in aria per evitare una nuova ossidazione superficiale. Il tra?amento viene
definito come rico5ura brillante.

Acciai Inox martensi2ci


Classifica; anche come acciai da utensile, per via dell’elevata resistenza ad usura. Sono ovviamente
anche resisten; alla corrosione, in misura minore rispe?o agli altri acciai inox.
Queste leghe possiedono un tenore di carbonio maggiore delle altre, ma perché, dato che genera
precipitazione di carburi? InfaC, l’obieCvo, in questo caso, è quello di o?enere una matrice
tenacizzante (martensite rinvenuta) e una fase resistente all’usura (carburi).
Sono acciai rela;vamente poveri di Cr e si dis;nguono fra loro per via del costante aumento di C, il
quale aumenta la resistenza all’usura, ma diminuisce la resistenza alla corrosione, il loro uso è
consigliato in ambien; poco aggressivi.
Per leghe più ricche di C, se aumento la temperatura di preriscaldamento sino a 1200°C, aumento il
tenore di C nell’austenite grazie alla progressiva dissoluzione dei carburi; in conseguenza di ciò al
maggiore tenore di C nella martensite o?enuta per tempra corrisponderà un ovvio aumento di
durezza.

70
• Carburi primari : precipitano durante i processi di produzione siderurgici e si dispongono in
prossimità dei bordi di grano austeni;ci con effeC infragilen;;
• Carburi Secondari: sono i carburi che precipitano durante i tra?amen; termici, sono
responsabili del rafforzamento della matrice disponendosi omogeneamente.

A temperature di austeni;zzazione elevate la


durezza (HRC) diminuisce in quanto le elevate
temperature tendono ad arricchire l'austenite di
C provocando un abbassamento del Mf il che si
traduce in un rischio maggiore di avere austenite
residua alla fine del ciclo termico, responsabile
del calo di durezza.
Con bassi tenori di C si ha austenite omogenea,
altrimen; austenite omogenea + carburi.
Per favorire la dispersione dei carburi ed
annullare l’effe?o d’intaglio infragilente dei
carburi primari, è possibile mescolarli tramite
deformazione plas;ca: in acciai con alte %Cr e Figura 26: Grafico HRC in funzione di T
%C è fondamentale la fucinatura dopo la colata
(per grandi fucina; si effe?ua una deformazione plas;ca tridimensionale).
Soluzioni possibili al problema:
1. Effe?uare un ciclo termico che limi; il tenore di austenite residua; il che sostanzialmente
vuol dire effe?uare il tra?amento a T minori, tu?avia si avrà poco C in soluzione che porterà
ad avere durezze superficiali minori.
2. Decomporre l'austenite residua successivamente tramite tra?amento criogenico, ma
essendo gli acciai inox martensi;ci di scarsa conducibilità termica si provocheranno notevoli
tensioni interne dovute allo shock termico.

In questa ;pologia di acciai dunque è fondamentale effe?uare gli step di preriscaldamento, anche
dai 1050 ai 1150°C, in modo da diminuire la differenza di temperatura tra superficie e cuore poiché
tali acciai presentano una scarsa conducibilità termica. Il processo di rinvenimento, essendo leghe
ternarie (Fe-C-Cr) e quindi sensibili a fragilità da rinvenimento, può essere effe?uato con due
metodi:
1. Rinvenirli nell’intorno di 200°C, quando si deve mantenere la resistenza all’usura. Es. coltelli
taglien; in inox martensi;co con manico in legno, rinvenu; a questa T per perme?ere il
mantenimento di un filo eccezionale della lama (a differenza dei coltelli da design prodoC in
inox austeni;co facile da lavorare);
2. Per mantenere, invece, equilibrio tra durezza e tenacità si rinviene a 500÷550°C,
successivamente, per evitare di passare molto tempo nella zona di fragilità da rinvenimento,
si effe?ua ancora una tempra dopo rinvenimento.

Applicazioni tradizionali
Innanzitu?o essi presentano una notevole resistenza all’usura per la presenza nella matrice di
quan;tà significa;va di carburi: essi sono immersi in una stru?ura rinvenuta (la durezza dei carburi
è notevolmente superiore a quella della matrice); la resistenza all’usura non ha alcun legame con la
durezza superficiale.

71
Per l’AISI 440 la resistenza all’usura aumenta nel passare dal ;po A al B ed al C: si aumenta infaC la
% di C e quindi la % dei carburi nell matrice.

U;lizzo ;pico di ques; acciai lo si ha negli stampi per materie plas<che. In conseguenza dei
cos;tuen; delle materie plas;che si possono avere emissioni di sostanze clorurate, fortemente
aggressive sullo stampo; questa aggressività può essere ostacolata dalla presenza in lega di Cr.
Al polimero vengono solitamente aggiun; degli iner; per rafforzarlo; essi rendono la miscela
fortemente abrasiva per cui lo stampo deve avere contemporaneamente una buona resistenza
all’usura. Essendo lo stampo sogge?o a pressioni interne elevate esso dovrà presentare una certa
tenacità.

Gli acciai inossidabili martensi;ci devono essere anche cara?erizza; dalla lucidabilità, che li rende
adaC, ad esempio, a cos;tuire stampi per len<, dove anche un minimo dife?o superficiale si
ripercuoterebbe sulla lente. L’acciaio deve essere di elevata durezza, cosicché nella lucidatura
l’abrasivo tagli le creste senza incidere la superficie, e deve avere un modesto livello inclusionale,
poiché, nella lucidatura, l’abrasivo potrebbe allontanare le inclusioni, trascinandole sulla superficie e
lasciando una traccia.

Importante campo di applicazione sono gli strumen< da taglio, prestando a?enzione al


rinvenimento (si fa a 200°C) e al %C; il contenuto di carbonio infaC è proporzionale alla capacità
della lama di restare affilata per molto tempo (~durezza). Se il rinvenimento si facesse ad alta
temperatura si incorrerebbe in problemi di fragilità da rinvenimento (perché in lega c’è solo Cr), per
questo mo;vo è possibile fare un rinvenimento ad alta temperatura solo se seguito da un rapido
raffreddamento, che evita la permanenza nella zona di fragilità, o?enendo così maggiore tenacità.
AISI 440C è molto simile al X105 Cr Mo 17, che è un acciaio da cuscineC, molto duro, ovviamente
non facile da lavorare.

Acciai inox ferri2ci


L’acciaio inossidabile ferri;co è l’unica lega ferrosa che a qualsiasi temperatura presenta una
stru?ura ferri;ca; ciò fa sì che essi non siano assogge?abili ai convenzionali tra?amen; termici, ad
esempio alla bonifica.
Il tenore di Cr negli acciai inossidabili ferri;ci è variabile, a par;re dal 12% di Creq.
Con una bassa quan;tà di C si ha l’AISI 405 (0.06% C, 13% Cr), acciaio di modeste qualità; ma
l’acciaio più importante è l’AISI 430 (0.08% max C, 17% Cr) in cui il maggiore tenore di Cr conferisce
una buona resistenza alla corrosione rispe?o all’AISI 405.

Ques; due acciai sono extradolci; per lavorazioni alle macchine utensili danno un truciolo molto
tenace. Si può modificare questo comportamento aggiungendo dello S: si oCene così l’AISI 430 F
(17% Cr, 0.1% C, 0.2%S, 0.6% Mo).
Il Mo innalza la temperatura di fusione dei solfuri quindi consente di evitare la formazione di paglie
di solfuri: essi rimangono tondeggian; ed il pezzo è meccanicamente isotropo; il Mo è inoltre un
elemento ferri;zzante e stabilizzante dei carburi.
Il tenore di C può arrivare allo 0.1% perché ho un tenore maggiore di Cr. L’AISI 446 (0.16% C, 26% Cr)
ha un’eleva;ssima resistenza alla corrosione ed una maggiore resistenza meccanica a trazione.

72
Poiché la ferrite è stabile a tu?e le temperature dato l’elevato numero di elemen; alfageni, comuni
tra?amen; termici quali la bonifica non sono applicabili, anche tuC i tra?amen; termici che
richiedono una bonifica preven;va non sono applicabili.

L’altra classe di leghe che presentavano l’Al (fortemente alfageno) nella propria composizione erano
gli acciai da nitrurazione, ma è possibile una nitrurazione su degli inox? No, un’oCmale nitrurazione
è impedita dallo strato passivato di ossido il quale impedisce l’adsorbimento superficiale dell’azoto,
sarebbe applicabile con qualche riserva una nitrurazione ionica.
I carichi di snervamento sono molto bassi; la resistenza a trazione finale varia tra 450- 500 MPa.
La bassa resistenza meccanica e l’elevato allungamento è del resto inevitabile in un acciaio dolce.

Gli inox ferri;ci sono indica; per processi di deformazione plas;ca a freddo anche se i migliori sono
gli inox austeni;ci in virtù della cella elementare di ;po CFC, e non CCC come in questo caso. Se
prendo un pezzo e lo riscaldo a 1000°C per un tempo lungo, ho un forte ingrossamento del grano (i
bordi di grano sono molto mobili); se si affredda il pezzo non succede più nulla. Nel successivo
processo di deformazione plas;ca a freddo i cristalli si deformano nella direzione di deformazione,
determinando un incrudimento del materiale ed un aumento delle sue cara?eris;che meccaniche.
Se si riscalda, i cristalli si rigenerano con una dimensione più rido?a.
Ad un grano ingrossato si associa una minore tenacità: ciò ha fortemente limitato l’uso degli acciai
ferri;ci; il problema è comunque inessenziale quando l’acciaio inox viene u;lizzato ad alta
temperatura, dove l’unica cosa che interessa è la resistenza all’ossidazione.

Il problema che qui si incontra se non u;lizzo un acciaio inox ferri;co è la scagliatura: si forma uno
strato di ossido che al raffreddamento tende a frantumarsi per il diverso coefficiente di conducibilità
termica rispe?o alla matrice.
L’acciaio inox ferri;co è duCle ad alte temperature e la resilienza decade in modo significa;vo
a?orno a 0°C portando ad un comportamento fragile; la temperatura di questa transizione du:le-
fragile è convenzionalmente associata al flesso della curva.
L’inox martensi;co ha una temperatura di transizione inferiore a quella dell’inox ferri;co, mentre
l’inox austeni;co ha sempre comportamento duCle.

Acciai inox duplex


In genere se si aumenta la resistenza meccanica diminuisce la deformabilità plas;ca a freddo; la
presenza di una stru?ura austeni;ca compensa questo effe?o. Negli acciai duplex o bifasici si cerca
a questo proposito di avere austenite e ferrite in un rapporto di circa 1:1.
La resistenza meccanica, rispe?o agli inox ferri;ci od austeni;ci, viene pra;camente raddoppiata ed
anche l’indice di piCng è molto elevato.
Tipica microstru?ura degli acciai inossidabili duplex:
• AUSTENITE: fase tenacizzante, la sua presenza nella
stru?ura è influenzata dalle quan;tà di N e Ni, i quali
saranno disciol; in essa.
• FERRITE: fase rinforzante e maggiormente resistente alla
corrosione, è influenzata dalle concentrazioni di Cr e Mo,
i quali saranno disciol; in essa.

Figura 27: Tipica stru2ura acciai


inossidabili duolex

73
Gli acciai duplex non sono normalizza;: si segnano con una sigla all’interno della quale ogni
produ?ore agisce con un certo margine di libertà. Essi sono cos;tui; da un gran numero di elemen;
di lega; a questo proposito si usano le espressioni più complete del Creq, del Nieq e dell’indice di
piCng, ora denominato PREW (PiCng Resistence Equivalent Tungsten):

Creq = %Cr + 1.5%Mo + 2%Si + 5%V + 5.5%Al + 1.75%Nb + 1.5%Ti + 0.75%W


Nieq = %Ni +30%C + 0.5%Mn + 25%N + 0.3%Cu + 1%Co
PREW = %Cr + 3.3(%Mo + 0.5%W) + 16%N

Cara?eris;ca principale è l’equipar;zione nella stru?ura di austenite e ferrite. Cr e Mo in quan;tà


decisamente più elevate portano ad un incremento di resistenza alla corrosione. Si nota inoltre che
il tenore di N, come legante principale, sia par;colarmente elevato; ciò è gius;ficato dal fa?o che si
vuole o?enere una certa percentuale di austenite stabile, ed essendo l’azoto un forte
austeni;zzante esso fa al caso, aumenta anche il PREW.

Acciai inossidabili induri2 per precipitazione


In ques; materiali si u;lizza un meccanismo di rafforzamento generale secondo il quale il pezzo
viene assogge?ato ad una tempra di solubilizzazione seguita da un invecchiamento che conduce alla
precipitazione di seconde fasi, le quali conferiscono un notevole rafforzamento al materiale.
Sono ques; acciai ibridi che derivano dall’AISI 304 per parziale sos;tuzione di alcuni elemen; di lega
con altri in grado di provocare il rafforzamento descri?o.
Il più famoso è il 17-4PH (Precipita;on Hardening) prodo?o dalla ARMCO; La sua composizione è
all’incirca la seguente:

C= 0.07%, Mn = 1%, Cr = 17%, Ni = 4%, Cu = 4%, Nb = 0.1%.

Questo acciaio appar;ene alla categoria degli inossidabili in quanto elevato è il tenore di Cr; la
quan;tà di elemen; austeni;zzan; è comunque inferiore a quella che si riscontra nell’AISI 304, è
inoltre presente una certa quan;tà di Nb.
E’ tra?ato termicamente mediante un riscaldamento a temperature di circa 1100°C, in modo tale
che tuC i compos; intermetallici ed i carburi passino in soluzione nell’austenite. A causa della
tempra l’austenite si trasforma in martensite, la quale presenta però un bassissimo tenore di C (e
durezze corrispondentemente modeste: 25-30 HRC, 280 HB). Il rafforzamento del materiale è qui
realizzato da un lato mediante l’o?enimento di una stru?ura estremamente fine (con una notevole
estensione dei bordi di grano), dall’altro mediante la
creazione di una soluzione solida (con il conseguente
effe?o di distorsione re;colare). Come è evidente
non si tra?a di una tempra di durezza: dopo la
tempra il materiale è perfe?amente lavorabile.

Susseguente alle lavorazioni meccaniche è il


tra?amento di invecchiamento.
Esso consiste in un riscaldamento a temperature di
circa 450-550°C: non si tra?a di un rinvenimento
poiché con questa operazione si oCene un
rafforzamento del materiale. Figura 28: Diagramma indurimento per precipitazione

74
Si consegue questa finalità a?raverso la precipitazione di compos; intermetallici Cu-Ni-Nb; si tra?a
di fasi nelle quali gli appor; stechiometrici tra i vari elemen; sono variabili in un ristre?o campo di
composizioni. I compos; intermetallici hanno un effe?o posi;vo sulla resistenza a
trazione.

Il principio che sta alla base di ques; materiali è simile a quello che sta dietro ai materiali composi;:
si realizza una matrice martensi;ca duCle nella quale si inseriscono dei compos; intermetallici
precipita; che sono un ostacolo al moto delle dislocazioni: è come se nel loro moto, le dislocazioni
andassero ad impa?are su un ostacolo, sormontabile solo se la tensione supera il livello di
snervamento.
Si conseguono in questo modo un carico di snervamento di circa 1050 Mpa ed un carico di ro?ura di
circa 1100 MPa, quindi dei valori in linea con quelli o?enibili con un acciaio da bonifica.
Le cara?eris;che di inossidabilità e di resistenza meccanica sono vicine a quelle di un acciaio inox
martensi;co; la resistenza all’usura è comunque bassissima.

Acciai di questo ;po vengono u;lizza; dove si vogliono evitare dei enomeni di corrosione ed in
contemporanea si richiede un materiale con buona resistenza meccanica (industria aerospaziale ad
esempio). Un composto intermetallico lo si è già preso in considerazione nel sistema Fe- Cr: la fase
σ. Questa fase precipita a temperature poco inferiori agli 800°C ed agisce secondo un meccanismo
analogo a quello descri?o in precedenza.
Questa precipitazione può però determinare dei problemi quando permango per tempi
rela;vamente lunghi alle temperature di stabilità della fase σ; è ciò che accade ad esempio in un
processo di saldatura nella ZTA.
In questo caso la precipitazione di fase σ può avere due conseguenze gravi: il rafforzamento locale
(che comporta un infragilimento della zona interessata dalla precipitazione) ed il depauperamento
di Cr (in conseguenza del fa?o che la precipitazione della fase σ so?rae molto Cr dalla lega);
quest’ul;mo è il fa?ore scatenante la corrosione intergranulare dovuta a fenomeni di
sensibilizzazione.
La probabilità maggiore di avere la precipitazione della fase σ la si ha in corrispondenza di eleva;
tenori di Cr e di percentuali di elemen; austeni;zzan; tali da favorire il fenomeno (nella fase σ può
entrare il Ni), quindi ad esempio nei super duplex.
Non posso evitare la precipitazione, in ques; casi, di fase σ: posso solamente operare in un secondo
tempo un riscaldamento della zona del cordone di saldatura per risolubilizzare la fase σ (ad esempio
un riscaldamento ad induzione seguito da una tempra per oltrepassare rapidamente l’intervallo di
temperatura cri;co).

Lezione 9
Ghise
Sono leghe Fe-C con un tenore di C superiore a circa il 2%, che trovano fondamentalmente
applicazioni come leghe da fonderia.

Cara5eris<che indispensabili
• T di fusione più bassa possibile: per facilitarne la fusione nel forno di seconda fusione
(cubilo?o e/o forno ele?rico ad arco);

75
• Intervallo di solidificazione più ristre?o possibile: altrimen; si genera il fenomeno di
solidificazione dendri;ca il quale porta ad una microstru?ura che peggiora le cara?eris;che
della ghisa;
• Basso coefficiente di ri;ro;
• Scarsa affinità con l’ossigeno per evitare fenomeni ossida;vi eccessivi, se ciò non è possibile
si dovrà agire sul bagno di fusione per evitarne l’ossidazione;
• Scarsa reaCvità con la forma.

Fenomeni stru?urali durante solidificazione: Dal diagramma di stato si osserva come dal liquido
solidifichi inizialmente austenite.
Se la ghisa è colata in uno stampo e si assume che il flusso di calore sia monodimensionale ed
ortogonale alla parete della forma, il profilo di temperatura nel liquido assume l’andamento:

Sulla parete dello stampo inizia a formarsi una certa quan;tà di solido; la trasformazione liquido-
solido comporta una trasformazione di ;po entalpico: deve essere asportata dal sistema una
quan;tà di calore pari al calore latente di solidificazione. Questo calore è prodo?o all’interfaccia
solido-liquido.
Avendo il solido ed il liquido diverse conducibilità termiche si instaura nel bagno un certo gradiente
di temperatura:

Al procedere della solidificazione, l’interfaccia si sposta verso l’interno del bagno; si ha un


incremento locale di temperatura dove si ha l’effe?o riscaldante dovuto alla cessione di calore.
L’interfaccia può trovare, nel suo avanzamento, un liquido a temperatura più elevata: in questo caso
il moto subisce un rallentamento poiché il so?oraffreddamento è minore. Se si realizza invece uno
spostamento localizzato dell’interfaccia allora essa può trovare un liquido a temperatura inferiore,
ed essendo il so?oraffreddamento maggiore, la solidificazione può avanzare.

76
Se quanto accaduto in un unico punto ha luogo in più zone dell’interfaccia, il fenomeno può
diventare bidirezionale: nelle zone del solido in cui la temperatura è maggiore di quella del bagno
metallico si formeranno dei rami secondari e così via (è la temperatura a determinare il profilo
dell’interfaccia).
Il fenomeno può chiaramente avvenire in tu?e e tre le dimensioni dello spazio e porta ad una
stru?ura par;colare, de?a stru?ura dendri;ca. In conseguenza del fenomeno descri?o potranno
esserci delle frazioni di liquido intrappolate nelle zone vicine alla parete. Durante solidificazione
esse portano a solidi di composizione differente da quella del primo solido segregato
(microsegregazione).

Al fenomeno della solidificazione nei geC si accoppia quello del ri;ro volumetrico, il quale origina
tensioni e instabilità dimensionale del ge?o stesso. Nella ghisa tu?avia è presente la grafite che
contrasta tale fenomeno espandendosi e limitando il ri;ro complessivo dras;camente.
Una soluzione possibile è l’u;lizzo, come lega da fonderia, di una ghisa con composizione euteCca
(4,3%C) che ha la minima temperatura di fusione. Si oCene tu?avia un 20% in volume di grafite,
che peggiora notevolmente le proprietà meccaniche del materiale.
È possibile u;lizzare come elemento di lega il Si che dà origine al carbonio equivalente. Il silicio
fornisce un contributo che è paragonabile a quello del carbonio (1 parte di Si ≈ 0.33 par; di C). Si
oCene un 4.3% di C (e quindi il minore intervallo di solidificazione possibile), riducendo l’effeCva
percentuale di C, a?raverso l’aggiunta di un’opportuna quan;tà di Si. Il silicio è grafi;zzante, in
quanto entra in soluzione solida nella ferrite, provocando “l’espulsione” del C.
Il tenore di grafite a cui si tende è circa pari al 10% in volume, quindi il contenuto di grafite si riduce
in modo da non ridurre eccessivamente le cara?eris;che meccaniche del ge?o.

Stru1ura della grafite


La grafite nella ghisa, influenza enormemente le cara?eris;che principali della ghisa stessa. È
possibile effe?uare una classificazione della ghisa in base alla sua morfologia e distribuzione
all’interno della matrice.
Classificazione morfologica della grafite:
1. Lamelle soCli con punte aguzze
2. Noduli con accentuate ramificazioni di lamelle
3. Lamelle spesse con punte arrotondate
4. Flocculi frastaglia;
5. Flocculi compaC
6. Noduli a contorno regolare pressoché circolare (sferoidi)

77
Classificazione della grafite in base alla sua distribuzione:
1. Lamelle soCli distribuite uniformemente senza orientamento preferenziale;
2. Lamelle raggruppate in rose?e senza orientamento preferenziale, risultato di una
inoculazione insufficiente;
3. Lamelle spesse e diri?e senza orientamento preferenziale, raggruppate nelle zone
interdendri;che, ;pica di una ghisa ipereuteCca autoinoculante;
4. Lamelle molto piccole senza orientamento preferenziale, raggruppate nelle zone
interdendri;che, causata da basse velocità di raffreddamento;
5. Lamelle piccole con orientamento preferenziale, raggruppate nelle zone interdendri;che,
;pica di alte velocità di raffreddamento.

La grafite tende spontaneamente a segregare in lamelle grafi;che nelle zone interdendri;che


durante il raffreddamento del liquido.
Tale microstru?ura è da evitare, poiché le lamelle così distribuite causano effeC di intaglio nella
stru?ura cristallina della ghisa che sono dannosi, portando ad un crollo delle prestazioni del
materiale. Si preferisce una distribuzione casuale delle lamelle grafi;che, possibilmente omogenea,
al fine di limitare gli effeC di intaglio.
Solitamente si preferisce pertanto della grafite lamellare con una distribuzione di ;po a), anche se la
microstru?ura più ambita è quella contenente grafite sferoidale (morfologia f), la quale presenta
sferoidi grafi;ci distribui; omogeneamente (annullando gli effeC di intaglio delle altre forme
grafi;che). Si può variare la microstru?ura della grafite tramite il processo di inoculazione, in cui si
introduce, durante il processo di colata, una lega di Fe-Si-C che produce germi grafi;zzan; che
aumen;no l’aCvità del carbonio e favoriscano la formazione di lamelle disperse senza
allineamento preferenziale.

L’inoculazione può essere effe?uata tramite due metodi dis;n;:


1. Aggiungendo l’inoculante prima della colata in siviera, mentre questa viene trasportata fino
allo stampo.
2. Facendo fluire il bagno fuso in un preforma contenente l’inoculante, dove a seconda della
velocità del flusso del bagno fusorio, la corre?a percentuale di Si viene adsorbita dal bagno.

La ghisa tu?avia presenta dopo colata dei quan;ta;vi di S e P in quan;tà elevate:

S = 0,1%; P = 0,1÷0,5%

Sopra?u?o lo S è dannoso per il processo di sferoidizzazione perché reagisce con il Mg generando


solfuri di magnesio. Se a causa della reazione si consuma tu?o il Mg, non sarà più sufficiente il
quan;ta;vo restante per la produzione di MgO.
Il contributo maggiore e più dannoso, di inquinamento del bagno da S è portato dalla combus;one
del coke nel cubilo?o. Tu?avia non si può evitare questo passaggio (a meno di passare al forno
ele?rico ad arco) in quanto è necessario per portare i ro?ami alla T di fusione.

Bisogna quindi effe?uare una desolforazione spinta; per portare il tenore di S ad almeno un ordine
di grandezza inferiore ≈ 0,01%, eseguendo un pretra?amento del bagno di ghisa, mediante il
conta?o del bagno con CaO all’interno della siviera oscillante:

Ca + O → CaS + O

78
Finita la desolforazione è possibile aggiungere il Mg (in una siviera con coperchio a tenuta).
• Il Mg viene diluito con il Ni (75%Ni - 25%Mg), perché essendo estremamente reaCvo si
rischia di dar vita ad una esplosione.
• Il Ni rallenta la velocità di reazione ed ha anche un’azione favorevole sulla matrice.

Quando si aggiunge il Mg nella siviera questo tende a galleggiare, per via della minore densità;
rovesciando la siviera di 180°C il Mg a?raversa la siviera e il bagno, andando a reagire.
L’ossido MgO torna a galla ed è possibile eliminarlo come scoria, mentre il nichel rimane nel bagno,
modificando la matrice grazie alle sue cara?eris;che austeni;zzan;.
Tu?o ciò deve avvenire con dei germi di grafite preesisten; e stabili, quindi dopo un’opportuna
inoculazione.
Gli sferoidi di grafite sono da considerarsi come delle inclusioni, u;li anche per le operazioni di
asportazione di truciolo.

Elemen2 di lega adaX alla ghisa


La ghisa sopporta molto male gli elemen; di lega (sono da evitare tuC gli stabilizzan; dei carburi),
perché ostacolano una importante fase opera;va, ovvero la segregazione della grafite. Gli elemen;
di lega sono normalmente: C, Cu, Sn, Si, Mn, S, P, Mg. Le ghise sono quindi leghe semplici, che
assomigliano ad un normalissimo acciaio al carbonio.

Tu?avia vi sono delle sostanziali differenze tra acciai e ghise: le inclusioni di S e P.


Negli acciai le quan;tà di S e P sono indice della qualità dell’acciaio stesso, in quanto modificano
nega;vamente la tenacità; ma nel caso delle ghise la tenacità è già di per se modesta, dunque un
ulteriore diminuzione non è così allarmante, portandoci ad avere nelle ghise percentuali di S e P fino
a 10 volte maggiori rispe?o agli acciai tradizionali.
Tu?avia ciò genera un limite: mol; ro?ami (ad esempio pezzi meccanici) non possono essere
riu;lizza; per produrre ghisa, e non si possono fondere nel cubilo?o per creazione di leghe di
seconda fusione.
Per migliorare la colabilità della ghisa fusa è u;le aggiungere del Cu o del P; quest’ul;mo però ha
una certa tendenza a legarsi con i carburi (si aggiunge P si forma un euteCco, la Steadite (Fe3P),
molto simile alla cemen;te (Fe3C)). Il P favorisce l’abbassamento della T di fusione e di conseguenza
migliora la colabilità.

Ovviamente la ghisa al 4,3% di C avrebbe una colabilità decisamente migliore in quanto la sua T di
fusione è la più bassa. Ma il C influenza, le cara?eris;che meccaniche di una ghisa e la ghisa che
meglio sopporta elevate concentrazioni di C è quella sferoidale, dato che lo sferoide minimizza
l’effe?o di intaglio.
Contemporaneamente si migliora pertanto la colabilità e si risparmia in u;lizzo di inoculante.
L’aumento del tenore di C in una lega con grafite lamellare diminuisce notevolmente le
cara?eris;che meccaniche e annulla pra;camente la tenacità: le ghise vengono classificate secondo
la loro resistenza a trazione.
La loro designazione è basata sulle proprietà meccaniche e prevede una sigla cos;tuita dalla le?era
G seguita dal valore del carico di ro?ura espresso in MPa; quindi una ghisa G150 e una G350,
possiedono rispeCvamente resistenza di 150 e 350 MPa (tra le due quella a maggior contenuto di
carbonio è ovviamente la prima).

79
Le ghise in generale non sono mai lavorabili per deformazione plas<ca a caldo o a freddo da; i
bassissimi livelli di tenacità, ma sono comunque lavorabili tramite utensile, grazie all’effe?o
lubrificante della grafite.

Classificazione delle ghise


• Ghise Nere: ipereuteCche con al; valori di C;

• Ghise Grigie: lamellari con contenu; medi di C.


Si formano quando, il contenuto di carbonio nella lega è superiore alla quan;tà che può
essere disciolta nell’austenite e quindi precipita come lamelle di grafite.
La superficie di fra?ura di una ghisa grigia appare grigia a causa della presenza sulla
superfcie di molte piccole par;celle di grafite, che è nera.
E’ un importante materiale grazie al suo basso costo e alle sue u;li proprietà: l’eccellente
lavorabilità alle macchine utensili, sebbene abbia una durezza che porta ad una resistenza
all’usura comunque buona anche in condizioni di lubrificazione limitata, e una eccellente
capacità di smorzamento delle vibrazioni.
Le ghise grigie non legate generalmente contengono 2.5-4% C e 1-3% Si. Poiché il Si è un
elemento stabilizzante della grafite nelle ghise, esso viene aggiunto in tenori rela;vamente
al; per favorire la formazione di grafite.
Altro importante fa?ore che determina l’en;tà della formazione di grafite è la velocità di
solidificazione: velocità di raffreddamento moderate o basse favoriscono la formazione di
grafite. La velocità di solidificazione influenza il ;po di matrice che si forma nelle ghise grigie:
velocità di raffreddamento moderate favoriscono la formazione di una matrice perli;ca,
mentre basse velocità favoriscono la formazione di una matrice ferri;ca.
Per o?enere una matrice interamente ferri;ca in una ghisa grigia, la ghisa viene solitamente
rico?a per perme?ere al carbonio residuo nella matrice di precipitare sulle lamelle di grafite,
lasciando la matrice completamente ferri;ca.

• Ghise Bianche: o?enute con raffreddamen; veloci ed elemen; stabilizzan; dei carburi. Si
formano quando, durante la solidificazione, la maggior parte del carbonio presente nella
ghisa forma carburi di ferro invece che grafite; la microstru?ura di fusione della ghisa bianca
non legata con;ene quindi grandi quan;tà di carburo di ferro in una matrice perli;ca.
Si chiamano così, in quanto quando si rompono danno origine ad una superficie di fra?ura
«bianca» o cristallina lucente. I fa?ori che favoriscono la formazione di ghise bianche sono:
tenori di C e Si rela;vamente bassi, elevate velocità di raffreddamento, sezioni soCli.
Presentano eccezionale resistenza all’usura e all’abrasione, alla corrosione e all’ossidazione.
Durezza molto elevata (>50HRC) ma bassa tenacità. La presenza di cemen;te (dura e fragile)
dà luogo a superfici di fra?ura rifle?en;, da cui il nome stesso dato a questo ;po di ghise.
Si suddividono in tre classi:
1. Ghise Bianche non legate cos;tuite da cemen;te e perlite; poco tenaci.
2. Ghise Bianche legate al Ni e Cr (es. Ni-Hard, 4%Ni-1.5%Cr), hanno una stru?ura di
martensite e carburi con maggior resistenza all’usura.
3. Ghise Bianche ad alto tenore di Cr fino al 30%, solidificano in austenite e carburi di
cromo; la matrice può poi variare da perlite ad una miscela di austenite e martensite,
in funzione sia della composizione che della velocità di raffreddamento.

80
Impieghi più comuni: cilindri di laminatoi, sfere di macinazione, piastre di rives;mento di
frantoi per rocce e minerali, matrici per trafilatura, ugelli per estrusione, punte per vomeri e
aratri. Inoltre servono per produrre le ghise malleabili.

• Ghise sferoidali: o?enute tramite i già cita; processi di inoculazione e sferoidizzazione, sono
le ghise di maggior interesse per quanto riguarda le cara?eris;che meccaniche;
Combina i vantaggi di facile o?enimento di geC della ghisa grigia con i vantaggi tecnologici
dell’acciaio.
Ha una buona fluidità e colabilità, una eccellente lavorabilità e una buona resistenza
all’usura. Inoltre, ha una serie di proprietà simili a quelle dell’acciaio: elevata
resistenza meccanica, tenacità, duClità, lavorabilità a caldo e temprabilità.
Le proprietà meccaniche della ghisa sferoidale sono dovute agli sferoidi di grafite all’interno
della sua stru?ura. Le regioni rela;vamente duCli della matrice tra gli sferoidi consentono
una elevata deformazione senza che avvenga ro?ura.
Per il contenuto di C e Si, la composizione della ghisa sferoidale non legata è simile a quella
della ghisa grigia. I tenori di S e P, tu?avia devono essere tenu; molto bassi nelle ghise
sferoidali di alta qualità (pari ad un massimo di 0.03% di S e di 0.1% di P), limite dieci volte
inferiore rispe?o a quelli della ghisa grigia. Anche altre impurezze devono essere controllate
in quanto interferiscono con la formazione degli sferoidi di grafite della ghisa sferoidale.
I noduli sferici si formano nella grafite sferoidale dire?amente durante la solidificazione della
ghisa. Ciò grazie al fa?o che i tenori di S e O, elemen; che possono interferire con la
formazione dei noduli sferoidali, sono ridoC a livello molto bassi grazie all’aggiunta alla
ghisa fusa, appena prima del ge?o, di Mg, elemento che lega a sé lo S e l’O.
La microstru?ura è composta di grafite circonda; da ferrite in una matrice di perlite.

• Ghise legate: tale classe include le ghise al silicio, al cromo e al nichel, e qualsiasi altra ghisa
prodo?a per soddisfare par;colari esigenze;

• Ghise vermiculari: la grafite in questo caso non è sferoidale, ma neanche lamellare,


piu?osto la forma assunta dalla grafite in questo caso si presenta come un ibrido tra le due
forme già viste.

• Ghise al Si hanno proprietà meccaniche e termiche scarse, con elevata fragilità, scarsa
colabilità e lavorabilità. Tu?avia quando il Si è presente in lega in quan;ta;vi eleva; (sopra il
3%), favorisce la formazione di una pa;na di ossido, garantendo una discreta resistenza alla
corrosione. Tra i suoi u;lizzi principali si riscontra la fabbricazione di tubi di scarico per
impian; chimici e/o laboratori.

• Ghisa malleabile
Si o?engono dalle ghise bianche a?raverso un tra?amento termico che perme?e la
trasformazione della cemen;te in noduli di grafite.
Buona combinazione di resistenza e duClità a freddo.
Esistono due specie:
o Ghisa malleabile a cuore bianco o europea
o Ghisa malleabile a cuore nero o americana
Il tra?amento termico di malleabilizione si compone di due fasi:

81
1. riscaldamento nel campo austenite- cemen;te (T~950 °C) e permanenza in T. La
cemen;te si decompone in grafite. First Stage graphi;za;on (FSG).
2. Raffreddamemto
a. Raffreddamento lento per avere ferrite (ghise malleabili ferri;che).
b. Raffreddamento in aria o olio per avere ghise malleabili perli;che. La ghisa è
quindi portata ad una temperatura > T eute?oide (per rinvenire la martensite
o sferoidizzare la perlite).

EffeX degli elemen2 di lega nelle Ghise


• Si: Essendo un forte ferri;zzante, scaccia il carbonio dalla matrice, favorendo la
grafi;zzazione; è l’agente inoculante che modifica la stru?ura della ghisa. Le ghise al Si
perme?ono di diminuire la %C, andando ad aumentare il valore del %Cequivalente.

• Mg: E’ l’elemento sferoidizzante, che insieme all’inoculazione porta ad avere una ghisa
sferoidale, modificando la tensione superficiale della grafite. Occorre effe?uare una
desolforazione spinta.

• Ce: E’ l’elemento vermicularizzante insieme ad una carica inoculante; la carica complessiva


affinché possa agire corre?amente questo elemento, è composta da for; elemen;
disossidan; quali Ti, Al, Si, Mg, Ca e Si.

• Cr: Presente nelle ghise bianche al cromo, aumenta la resistenza alla corrosione.

• Ni: Aumenta la resistenza alla corrosione in ambien; basici.

• Cu: Inibisce termodinamicamente la diffusione del carbonio dall’austenite alla grafite,


assumendo un comportamento perli;zzante.

• Sn: Ha un effe?o analogo al Cu ma fisicamente, essendo basso fondente, va a foderare la


grafite, inibendo la diffusione di carbonio tra grafite e austenite, dando un effe?o
perli;zzante.

• Mo: Di norma evitato nelle ghise poiché stabilizza i carburi.

• S e P: Negli acciai la loro percentuale era molto limitata poiché degradavano fortemente la
tenacità dell’acciaio; nelle ghise tale parametro è meno rilevante tanto che le percentuali di
S e P sono 10 volte superiori.

Lezione 10
Effe1o della corrosione sugli inox austeni2ci
Il problema principale deriva dal fa?o che la forte tendenza alla passivazione di queste leghe le
rende sensibili alla CORROSIONE LOCALIZZATA, la quale è molto più severa e distruCva di quella
uniforme in quanto è un processo perforante; ciò è dovuto alla presenza del carbonio che so?rae
cromo u;le alla zona passivante con formazione di carburi stabili.

82
Il fenomeno si riscontra nella sensibilizzazione ovvero una corrosione intergranulare dove gli atomi
possiedono più energia e sono quindi più favori; a entrare in soluzione. Se ad esempio durante i
tra?amen; termici a T ≈ 700°C di un AISI 304 non si è sta; accura;, può verificarsi la seguente
catena di even; che portano alla corrosione:
1. ACvazione della diffusione
2. Nucleazione dei carburi di Cr nelle zone limitrofe ai bordi di grano
3. A?acco corrosivo preferenziale.

Questo porta ad un profilo di concentrazione del Cr irregolare con conseguente sensibilità


maggiorata agli agen; chimici corrosivi perché:
1. Ci sono due ;pi di Cr quello nell’austenite e quello nei carburi na; per nucleazione, quindi
l’ul;mo profilo dell’immagine rappresenta una media di queste specie.
2. La corrosione che si presenta è di ;po galvanico (due zone a conta?o e si corrode quella
meno nobile), perciò, essendo che nel nostro caso abbiamo i carburi ina?accabili, perché
con eleva;ssima concentrazione di Cr e γ ricca che è nobile, si corroderà di conseguenza γ
povera.

Intui;vo pensare che se si corrode il bordo di grano, i carburi non avranno più una matrice, che li
lega. La de-coesione intergranulare sembra una fra?ura fragile perché si spinge in profondità tra
un grano ed un altro.
I due fa?ori che più la influenzano sono temperatura e tempo, perché diffusione e nucleazione
sono termicamente aCva; e tempo dipenden;, per cui possiamo dire che aumentando il tempo di
permanenza in temperatura, aumenta la precipitazione di carburi e conseguentemente aumenta la
sensibilizzazione (ovvero quel fenomeno di creazione di carburi a bordo grano con implicita
diminuzione di passivabilità).
L’aumento di temperatura però ha un secondo effe?o una volta che tuC i carburi sono precipita;,
ovvero tende a riportare la concentrazione di Cr uniforme perché con;nua a favorire la diffusione,
generando così un fenomeno di desensibilizzazione.
Gli effeC della temperatura sono molteplici, a T minima abbiamo una certa velocità di diffusione e
nucleazione, aumentando la T, la velocità di diffusione aumenta e di conseguenza si accentua la
sensibilizzazione, il fenomeno però si inverte quando l’incremento di T diventa così significa;vo
tanto che la diffusione fa prevalere il suo effe?o desensibilizzante.
C’è anche la possibilità di ridisciogliere i carburi tramite un TT; si porta il pezzo a temperature
sufficientemente elevate (superiori al ΔT di sensibilizzazione) e poi lo si raffredda facendolo passare
velocemente a?raverso il ΔT di sensibilizzazione.
In alterna;va a un tra?amento di desensibilizzazione può essere ancora meglio u;lizzare un inox
con contenuto di C bassissimo ad esempio L’AISI 304L.
Si può inoltre, per non creare carburi di Cr inserire un legante che si unisca meglio con il C, ad
esempio il ;tanio (Ti) o il niobio (Nb).

Vaiolatura (piXng)
Altro esempio di corrosione localizzata è la Vaiolatura o PiCng.
Un acciaio inossidabile, in condizioni corre?e, è prote?o sulla superficie da un film passivante.
L’acciaio può però presentare dei difeC che determinano un’interruzione dello strato passivo:
inclusioni superficiali (che cos;tuiscono una naturale interruzione del film passivante), presenza di

83
bordi di grano (in conseguenza dei quali il film tende a crescere in modo interro?o), bande di
sli?amento determinate da processi di deformazione plas;ca (creano anch’esse condizioni di
interruzione del film passivante).
L’a?acco corrosivo da parte di una soluzione bagnante inizia proprio nelle zone in cui sono presen;
ques; difeC e comporta la classica anodizzazione locale; le condizioni sono par;colarmente cri;che
in quanto la superficie anodica è molto limitata: ciò comporta una eleva;ssima densità di corrente
anodica.

Fasi del piXng


1. Primo stadio
a. presenza di un dife?o nello strato passivante

Anodo Fe →Fe++ + 2e-


Catodo H2O + 1⁄2O2 + 2e- →2OH-

inizio reazione di corrosione a par;re da un dife?o.

b. il piCng diviene come una sacca nella quale si concentrano gli ioni cloruri che
con;nuano a corrodere incessantemente il metallo, è una situazione tragica perché il
fenomeno diviene autocatali;co; non si possono nemmeno portar via i prodoC di
corrosione perché si velocizza ulteriormente il processo.

2. Secondo stadio
la seconda fase del processo può essere definita “aCvazione catali;ca”: il processo viene
catalizzato dai clorurioni della soluzione bagnante; gli ioni Cl- vanno infaC a neutralizzare gli
ioni Fe++ che si sono forma; nel cratere. Nella zona catodica l’O2 viene rido?o a ioni OH-
(un ambiente proteCvo sarà dunque cara?erizzato da pH notevolmente basico).

3. Terza fase
nell’ul;ma fase il “cratere” si propaga a velocità eleva;ssima: la presenza dei prodoC di
corrosione ostacola la diffusione di Cl- cosicché nella zona in cui si formano gli ioni Fe++ la
concentrazione di Cl- è superiore a quella presente nelle altre zone del materiale. Gli ioni
Fe++ tendono a diffondere verso le zone a comportamento catodico: fuoriescono dalla
soluzione ed incontrano gli ioni OH- dando vita ad una zona cos;tuita essenzialmente da
idrossidi di Fe insolubili (Fe2O3 x nH2O): ruggine. La ruggine si forma nella zona in cui è
presente il cratere e ciò determina un ulteriore ostacolo alla migrazione del’ O2 disciolto che
quindi non riuscirà a ripris;nare le condizioni di passività nel cratere.

La parete può quindi essere perforata con la conseguente messa fuori uso del pezzo. Da quello che
si è visto il piCng interessa materiali allo stato passivo: in assenza di passività ha chiaramente luogo
una corrosione uniforme. Si definisce come velocità di corrosione il rapporto
Vcorrosione= Δp / (t*s)
ovvero la perdita di peso per unità di superficie esposta all’ambiente corrosivo nell’unità di tempo.
La Vcorrosione è elevata nei processi di corrosione uniforme, mentre è modesta nella corrosione
localizzata (es. piCng); ciò non deve trarre in inganno poiché, come si è visto, la corrosione
localizzata può determinare il cedimento di un’intera apparecchiatura.

84
Contromisure da ado1are per fronteggiare il piXng
Si può innanzitu?o agire sulla composizione della lega. La resistenza al piCng viene definita
dall’Indice di PiCng:

P I = %Cr + 3%Mo + 16%N

Un acciaio AISI 304 presenta PI=19, dato che può essere interpretato sapendo che il minimo
necessario per resistere all’a?acco dell’acqua di mare è un PI=25. Per aumentare la resistenza al
piCng si può pensare di intervenire sulla percentuale di Mo o di N. L’N è sempre stato visto come
un nemico (incen;vava i fenomeni di sensibilizzazione), ma è estremamente efficace nell’aumentare
il PI. Un’operazione di questo ;po ha portato all’elaborazione degli acciai duplex.
Il piCng procede nella direzione della gravità: la soluzione concentrata è come contenuta in
un’ampolla con la bocca verso l’alto.
Il fenomeno è dunque di en;tà trascurabile se questa ampolla ha la bocca rivolta non verso l’alto (in
un serbatoio le pare; laterali sono meno sensibili al piCng del fondo).
Mantenendo il fluido in condizioni di forte agitazione si può contrastare il piCng impedendo agli
ioni Cl- di concentrarsi nel cratere.
La vaiolatura è una forma di corrosione par;colarmente insidiosa: inizialmente è mascherata dai
prodoC di corrosione e si rivela unicamente quando ques; hanno raggiunto quan;tà consisten;.

Fenomeno accoppiato corrosione-stress meccanico (SCC: stress corrosion cracking)


Una forma di corrosione par;colarmente interessante è la corrosione so?o sforzo, un fenomeno
determinato dall’azione contemporanea di tensioni meccaniche e di un ambiente aggressivo.
l processo si intende iniziato dall’azione meccanica: le tensioni indo?e creano le condizioni per la
formazione di una cricca.
La zona più sollecitata meccanicamente è l’apice della cricca, dove avviene la plas;cizzazione,
ovvero un forte incremento della concentrazione delle dislocazioni.
Come si è già fa?o rilevare in precedenza una zona ad elevato tenore di dislocazioni è zona a
comportamento preferenzialmente anodico.
Le pare; della cricca di trovano in condizioni di protezione anodica mentre l’apice è in condizioni di
aCvità; questa aCvità è esaltata dall’afflusso nella cricca degli ioni Cl- che tendono a neutralizzare
gli ioni Fe++ na; dalla dissoluzione dell’apice.

Lezione 11
Alluminio e le sue leghe
L'alluminio è il più abbondante cos;tuente metallico delle rocce terrestri.
Si ritrova generalmente come silicato, mescolato con altri metalli come il: Na, K, Fe, Ca, Mg, ma mai
allo stato libero.
Il processo di estrazione dai silica; è tu?avia complesso ed estremamente costoso, pertanto la
bauxite, un ossido di alluminio (Al2O3), rappresenta la più importante fonte commerciale del
metallo e dei suoi compos;.

Proprietà chimiche
• E’ un metallo leggero e argenteo; fonde a ~660°C, bolle a ~2467°C.

85
• Dal punto di vista chimico è estremamente reaCvo, possiede elevata ele?roposi;vità
(quindi un forte agente riducente).
• A conta?o con l'aria, si ricopre rapidamente di un velo di ossido trasparente e molto
resistente, che protegge la superficie dall'effe?o di agen; corrosivi.

Svantaggi
• Rigidezza modesta, 1/3 rispe?o ad un acciaio, il modulo di Young di queste leghe è
decisamente basso (E=70 GPa).
• Scarsa resistenza meccanica.
• Elevata reaCvità con l’ossigeno che rende difficoltosa la saldatura, effe?uabile solo in
atmosfera proteCva.
• Eleva; cos; di produzione del materiale: è notevole la quan;tà di energia da spendere per
passare dall’ossido di alluminio presente in natura all’alluminio metallico.

Usi generali
E’ un metallo par;colarmente leggero, di costo modesto, duCle e malleabile, e con buone
cara?eris;che di resistenza alla corrosione. Per questo mo;vo è u;lizzato nell'industria meccanica,
aeronau;ca, e automobilis;ca, per la fabbricazione di par; di aerei, di vagoni ferroviari e di veicoli a
motore.
Presenta notevole resistenza alla corrosione per effe?o dell'acqua salata e trova quindi impiego
anche nell'industria navale.
L'elevata conducibilità termica rende l’Al un materiale ada?o alla fabbricazione di utensili da cucina,
e ne perme?e l'impiego nei motori a combus;one interna.
Cara?erizzato da buona conducibilità ele?rica, viene spesso u;lizzato in sos;tuzione del Cu nella
trasmissione di eleva; voltaggi a lunghe distanze.
L’Al sta diventando sempre più importante anche dal punto di vista archite?onico, sia per scopi
industriali sia ornamentali.
Fogli di Al spessi ~ 0,018 cm vengono u;lizza; per conservare cibo e altre sostanze.
Grazie alla leggerezza e alla compa;bilità con cibi e bevande, l’Al viene largamente impiegato nella
fabbricazione di contenitori, imballaggi e laCne.

Leghe di Al
Vantaggi
• Densità: 2,7 g/cm3: ciò comporta una notevole riduzione di peso rispe?o alle leghe ferrose
che presentano una densità pari a 7,7 g/cm3 circa;
• OCma conducibilità termica ed ele?rica;
• Buona resistenza alla corrosione: la stru?ura tende a passivarsi, mediante l’ossidazione
dell’alluminio, molto affine all’ossigeno;
• Il re;colo CFC conferisce elevata duClità, garantendo un processo di deformazione plas;ca
facilitato.

Leghe da fonderia: des;nate alla realizzazione di geC per colata: in terra ("in sabbia"), in forma
metallica ("inconchiglia") o so?o pressione ("pressofusione").

Leghe da lavorazione plas<ca: des;nate a lavorazioni per deformazione plas;ca (a caldo, a


freddo): laminazione, estrusione, fucinatura, imbu;tura, trafilatura, ecc.

86
Figura 29: Vari processi per leghe di Al

Leghe da fonderia
Le cara?eris;che fondamentali per una lega da fonderia sono:
• Una bassa temperatura di fusione;
• Un intervallo di solidificazione contenuto, per evitare fenomeni di disequilibrio nella matrice
metallica.

Diagramma di stato Al-Si


All’↑ della T la resistenza meccanica ↓: si
aCvano fenomeni di scorrimento (a caldo), cioè
le dislocazioni hanno una maggiore facilità ad
a?raversare le par;celle indeformabili.
Per migliorare queste cara?eris;che del materiale
è possibile aggiungere un secondo elemento di
lega, il Cu. L’importanza del Cu in queste leghe è
notevole:
• Essendo un metallo, è molto più solubile
(tre volte) rispe?o al Si;
• È un metallo nobile: è inferiore la sua
reaCvità nei confron; dell’ossigeno;
• Aumenta sensibilmente la colabilità;
• Migliora le cara?eris;che di resistenza
meccanica al creep, in quanto ostacola il Figura 30: Diagrsmms di equilibrio Al-Si
fenomeno di climb delle dislocazioni

Per quanto riguarda la lavorazione per asportazione di truciolo, le leghe Al-Si hanno una
truciolabilità buona, grazie al fa?o che la matrice è duCle con interruzioni, dovute alle inclusioni di
Si, che rendono fragile il truciolo.
Il problema risiede nel fa?o che il Si tende a segregare in forma aciculare (aghiforme). Questo
cristallo e’ par;colarmente pericoloso per l’utensile da taglio: usura notevole.
Si ricorre ad un tra?amento di modifica per evitare questa forma par;colare del cristallo di Si,
affinché la forma delle inclusioni passi da aciculare a nodulare (forma simile a una sfera).
Così facendo, durante la lavorazione meccanica, è come se l’utensile di lavorazione andasse a
impa?are su una biglia di diamante (in quanto la stru?ura cristallina del silicio è come quella del
carbonio in forma di diamante), o?enendo un deciso miglioramento della lavorabilità all’utensile.

87
Per evitare la crescita secondo una direzione preferenziale del Si si u;lizzano Na o Sr, disossidan;
che agiscono sui meccanismi di nucleazione e crescita del Si. Lo Sr presenta un effe?o piu?osto
leggerissimo e meno efficacie del Na come modificante. Tu?avia il problema nell’u;lizzo del Na
metallico, è che risulta difficile da manipolare in quanto estremamente reaCvo ed esplosivo. È stato
necessario cercare tra gli alcalino-terrosi degli stabilizzan; del Na, optando per miscele saline a base
di fluoruri che aiutano la scorificazione di Al2O3.

L’azione di fluidificante, ad esempio da parte del Cu, migliora infine le cara?eris;che di colabilità.
Altro effe?o rilevante del Si è lo spostamento dell’euteCco a temperature più basse, in
corrispondenza del 13% Si in lega.

Tecniche u2lizzate in fonderia


Per pezzi di forma par;colare si usa la colata in conchiglia, mentre per pezzi in piccola serie la colata
in sabbia. Sicuramente la più applicata è quella per pressocolata (90% dei casi). In ques; casi gli
stampi da pressocolata sono so?opos; a fa;ca termica.
Le colate si effe?uano in forma metallica e tra due metalli a conta?o, uno caldo e uno freddo, si
generano flussi di calore notevoli, quindi la velocità di raffreddamento è elevata, tanto da
influenzare la stru?ura solida finale.
Tali fenomeni sono più marca; se è presente molto Si in lega, quindi per equilibrare ques;
fenomeni si tende a u;lizzare leghe moderatamente ipoeuteCche: stru?ure prima della
solidificazione con dendri; di fase α e liquido interdendri;co α+ Si euteCco.
In assoluto le leghe as cast hanno stru?ure dendri;che, più grossolane se la velocità di
raffreddamento è bassa, con liquido interdendri;co α + Si.
Comunque le dendri; hanno maggiore finezza rispe?o alle leghe formate per colata in gravità o in
sabbia.
Al-Si-Cu da pressocolata: è la lega ternaria più comune. Possiede una temperatura di fusione,
all’euteCco, molto bassa (540°C). In tu?e le leghe Al-
Cu, il tenore di Cu è tale da non superare il campo della soluzione solida. La più importante di
queste leghe da ge?o è la lega AlSiCu 13-2 (13% Si e 2% Cu). L’effe?o dell’aggiunta di Cu è
estremamente posi;vo, perché tende a segregare so?o forma di intermetallico.
Questo intermetallico è par;colarmente duro e rafforzante. Il Cu è elemento principale che rende le
leghe di Al so?oponibili alla bonifica. Tu?avia lavorare con concentrazioni di Cu troppo basse porta
a spiacevoli fenomeni durante la fase di lavorazione, quali la bruciatura. Essa consiste nella parziale
liquefazione del Cu presente in lega; per evitare il problema si cerca di monitorare costantemente la
temperatura con termocoppie sulla superficie e internamente alla carica, u;lizzando forni ven;la;.

Bonifica delle leghe di Al


È un tra?amento che viene effe?uato su leghe di Al con un tenore di Cu <4,5%, quindi lontane dalla
solubilità massima (si evitano i rischi della formazione di liquido durante il tra?amento).
1. La lega viene portata in T con l’unica fase termodinamicamente stabile (fase α).
2. Dopo il riscaldamento segue la tempra: una tempra di soluzione per evitare la
trasformazione in α+ Al2Cu. Si arriva così in condizioni metastabili con αAl sovrassatura. Ciò
induce, a temperatura ambiente, il massimo grado di tenacità.
3. Infine si effe?ua l’invecchiamento, che ha un effe?o opposto al rinvenimento, cioè si fa
precipitare il rafforzante. Questa fase del processo viene condo?a a T di circa 150- 200°C. È
l’opposto del rinvenimento perché induce il rafforzamento, grazie alla precipitazione della
fase Al2Cu (chiamata θ).

88
Durante l’invecchiamento avvengono fenomeni suddivisibili in 3 stadi sequenziali:
1. Inizialmente il Cu tende a uscire dalla soluzione solida ed a passare a?raverso vari stadi di
;po metastabile. Diffondendo va a posizionarsi in minu; raggruppamen; ad eleva;ssima
concentrazione di Cu, simili a degli isoloC. Queste vengono chiamate ‘zone di Guinier-
Preston’ e generano un effe?o rafforzante dovuto alla distorsione re;colare. Dato che
possiedono la stessa stru?ura cristallina del metallo, l’interfaccia con la matrice è
assolutamente coerente (i piani cristallini di α con;nuano in zone GP con solo una leggera
inflessione). La distorsione re;colare che generano (inflessione) è rafforzante in quanto
ostacola la mobilità delle dislocazioni.

2. Successivamente si crea un precipitato a interfaccia coerente con dimensione molto più


rido?a. Questa fase di non equilibrio si forma dopo che la concentrazione di Cu è diventata
massima, ed è chiamata ‘precipitato θ’. Esso ha formula e stru?ura molto simile a Al2Cu. Le
ipotesi più accreditate sostengono che le zone GP siano il germe di nucleazione e che
scompaiano per lasciare il posto al precipitato θ’’.

3. L’interfaccia coerente ha un effe?o rafforzante poiché all’interfaccia la velocità di


propagazione delle dislocazioni diminuisce notevolmente (si possono immaginare tali
interfacce come una trappola formata da sabbie mobili → le dislocazioni vi entrano ma
hanno difficoltà ad uscirne).

Per tempi più lunghi si forma il precipitato θ’: il suo effe?o distorcente è minore nonostante le sue
maggiori dimensioni rispe?o a θ’’. È una fase ancora precedente a quella θ di equilibrio e la sua
interfaccia è semicoerente. Lo scopo principale dell’invecchiamento è giungere a questo precipitato
perché è quello che meglio rafforza la lega. L’interfaccia incoerente o semicoerente invece ha una
bassa tendenza a consen;re il moto delle dislocazioni perché è un rafforzamento indo?o dalla
presenza di una seconda fase indeformabile ed è dunque un meccanismo diverso da quello
dell’interfaccia coerente con il re;colo cristallino.

Figura 31: Diagramma di invecchiamento

89
Effe5o di tempo e temperatura sull’invecchiamento
Al tempo zero il valore di durezza è minimo, ma con il procedere dell’invecchiamento la durezza
aumenta perché iniziano a formarsi le zone di GP (dove si ha poca distorsione re;colare), poi
aumenta di più con la formazione di θ’’, e successivamente θ’. Quando si forma θ, il trend si inverte
facendo diminuire la durezza.

Corrosione delle leghe di alluminio


Le leghe di alluminio sono par;colarmente resisten; alla corrosione, grazie al meccanismo di
passivazione, per il quale c’è la tendenza di un elemento, a passivarsi, creando uno strato di ossido
‘impenetrabile’. L’Al a conta?o con l’ossigeno genera uno strato di Al2O3. Questa propensione può
inoltre essere aumentata con processi di anodizzazione (tra?amento specifico delle leghe di Al).
Le reazioni che governano tale processo sono:

anodo Al →Al3+ + 3e-


catodo 2H+ + 2e- →H2
reazione di passivazione 2Al3+ + 6OH- →Al2O3 + 3H2O

Il vero strato passivato isolante alla fine è Al2O3 idrato, dellospessore di alcuni μm.
L’inconveniente di una lega di Al anodizzata è la resistenza a fa;ca; dato che in superficie si crea a
tuC gli effeC uno strato ceramico, una cricca trova l’ambiente ideale per propagarsi in una zona
sollecitata.
In compenso, l’alluminio anodizzato possiede una spiccata resistenza all’usura, ed in ogni caso una
lega di Al bonificata avrà comunque una resistenza a fa;ca maggiore. Si può pertanto o?enere una
lega molto prestazionale, bonificando e anodizzando successivamente una lega Al-Si-Cu.
Le leghe di alluminio si devono dis;nguere in funzione della loro propensione alla anodizzazione.
Quelle con molto Si ad esempio sono difficili da anodizzare, in quanto il Si è inerte da questo punto
di vista; di conseguenza in prossimità di un’inclusione di Si superficiale, lo strato anodizzato sarà più
fine. È facile intuire che la superficie a causa del Si rimarrà rugosa e irregolare, aumentando la
sensibilità al piCng.
Per proteggere lo strato passivato dai cloruri (agen; spassivan;), è u;le inserire un terzo elemento
di lega, fondamentale, il Mg. È molto interessante questo elemento: non modifica le cara?eris;che
di leggerezza del materiale e presenta una eleva;ssima solubilità nell’Al (>15%) a temperature
elevate. Grazie all’u;lizzo del Mg si sono realizzate le leghe An;corodal 3%Mg e Peraluman 10%Mg,
le quali hanno apportato estremi benefici dpdv della resistenza a corrosione, sopra?u?o in ambien;
clorura;.

Leghe primarie e leghe secondarie


Quando si ha come materiale di partenza un minerale, per o?enere l’elemento metallico è
necessario effe?uare una riduzione. Nel caso del ferro il suo riducente è il carbonio, ma nel caso
dell’Al non è presente un elemento riducente. L’unico processo economico per l’o?enimento di Al è
per via ele?roli;ca.

Al3+ + 3e- →Alcatodico

Per produrre 1Kg di Al ci vogliono circa 13 KWh/Kg. Questo Al è de?o di ;po “primario”, ed è
parecchio costoso per via dell’elevato dispendio energe;co. Tu?avia l’Al è estremamente ada?o al
riciclo (per il 100%) e, grazie anche alla sua bassa temperatura di fusione, si realizzano così leghe

90
secondarie. Le leghe secondarie si producono miscelando ro?ami con un agente scorificante (a
base di NaCl) che ingloba i componen; indesidera; (in questo caso Al2O3).
Le leghe secondarie però sono meno pregiate, perché sono spesso inquinate da acciaio, molto
difficile da eliminare poiché non è possibile effe?uare processi di ;po ossida;vo sul bagno da
ro?ame vista la elevata affinità dell’Al con l’ossigeno.

La differenza tra leghe secondarie e primarie è quindi dovuta alle impurità, in par;colare al tenore
di Fe in lega (elemento nega;vo in questa situazione). Nelle leghe primarie si ha un tenore di ferro
dello 0,1%, mentre nelle secondarie dello 0,8%.
Per pressocolata è bene u;lizzare le leghe secondarie in quanto la presenza di ferro riduce l’a?acco
sugli stampi, mentre le leghe primarie sono molto indicate per la deformazione plas;ca.

Un vantaggio delle leghe primarie è il possibile rafforzamento nello stesso processo di formatura,
tramite incrudimento (metodo u;lizzato per le ali degli aerei). Nell’ambito automobilis;co e non
solo, un’importante applicazione delle leghe di Al si ha nei pistoni, per la loro leggerezza. Le leghe
u;lizzate sono essenzialmente Al-Si in forma ipereuteCca (fino a Si = 22÷24%). Il vero problema nel
pistone, che gius;fica l’u;lizzo di leghe Al-Si, è la dilatazione dello stesso durante il cambio di
regime del motore, per via dell’aumento di temperatura. Il Si diminuisce questo effe?o, dato il suo
coefficiente di dilatazione basso.
Inoltre, grazie alla sua elevata durezza, garan;sce una buona resistenza all’usura.
È necessario in queste applicazioni avere leghe pregiate in quanto il pezzo non deve essere mai
sos;tuito. Il pistone può anche essere prodo?o per forgiatura, la sua qualità è migliore, e di
conseguenza il suo prezzo cresce rispe?o a quello prodo?o per fonderia (di tre volte superiore).
Quello per fonderia inoltre rischia di avere molte porosità, che lo indeboliscono sensibilmente.
È possibile evitare il fenomeno u;lizzando leghe a base Cu, che però aumentano la densità della
lega.

La saldatura
Dinamica che interessa il cordone e la zona termicamente alterata (ZTA): nel cordone di saldatura di
una lega di Al, il problema maggiore è l’alta reaCvità dell’Al con l’ossigeno. È necessario pertanto
ricorrere a tecniche di protezione con gas inerte per effe?uare una buona saldatura.
Nella ZTA si può avere un fas;dioso effe?o di ricristallizzazione non controllata, con una
diminuzione della durezza (che può essere bloccata aggiungendo piccole quan;tà di Cr).
Possono avvenire anche fenomeni di liquefazione non desiderata poiché l’Al presenta un’alta
conduzione ele?rica e termica.
Un ulteriore problema può derivare dai fenomeni di ri;ro del cordone di saldatura, rendendo quasi
obbligatorio un de-tensionamento per limitare le tensioni residue.

La saldature delle leghe di Al necessitano una serie di accorgimen; per o?enere dei buoni risulta;.

Classificazione delle Leghe di Alluminio


Tipi di leghe e loro contrassegni tradizionali (norma<ve EN)
Il raggruppamento delle leghe di Al viene fa?o per ;po, ovvero secondo l’elemento predominante;
le più importan; sono: Al-Cu, Al-Si, Al-Mg, Al-Mn, Al-Zn.
Le sigle vengono precedute da una le?era:
• P per le leghe da lavorazione plas;ca
• G per le leghe da fonderia primaria

91
• SG per le leghe da fonderia
• GD per le leghe da pressofusione.

Inoltre l’Al e l’elemento preponderante verrà contraddis;nto da una le?era convenzionale, nel
seguente modo:
• Al → A;
• Cu → C;
• Si → S;
• Mg → G;
• Mn → M;
• Zn → Z.
Si avranno quindi le rispeCve sigle, ad esempio per le leghe da lavorazione plas;ca: P-AC, P-AS, P-
AG, P-AM, P-AZ.
Nel caso in cui nella lega oltre all’elemento preponderante ve ne fosse un altro, può non essere
necessario indicarlo nella sigla, in quanto esistono tabelle di unificazione che definiscono tuC gli
elemen; presen; e il loro tenore.

Nuovo sistema di designazione delle leghe di alluminio


Il sistema è basato su una designazione numerica delle leghe e viene u;lizzato assieme a quello
tradizionale.
L’alluminio e le sue leghe vengono contraddis;nte in base alla loro composizione chimica, con
numeri di qua?ro cifre in cui:
1. la 1° indica la famiglia di appartenenza,
2. la 3° e la 4° contraddis;nguono la composizione di leghe originali,
3. la 2° indica eventuali varian; alla composizione base.

Le famiglie di leghe di Al
• 1000: alluminio nei vari ;toli di purezza commerciale (per questa sola famiglia la 3° e la 4°
cifra indicano il ;tolo di purezza; ad es.: 1050=99,5%; 1070=99.7%...). Le applicazioni
principali sono: foil di alluminio per uso domes;co, pentolame, ecc...;

• 2000: leghe Al-Cu, la loro cara?eris;ca è l’elevata bonificabilità;

• 3000: leghe Al-Mn, leghe da deformazione plas;ca con mantenimento dell’incrudimento;

• 4000: leghe Al-Si, miglioramento resistenza meccanica (la percentuale di Si è contenuta);

• 5000: leghe Al-Mg, miglioramento della resistenza alla corrosione;

• 6000: leghe Al-Mg-Si, miglioramento della resistenza alla corrosione e meccanica;

• 7000: leghe Al-Zn, come le leghe 3000 Al-Mn, sono u;lizzate sopra?u?o per le stru?ure di
velivoli aerei, in quanto possiedono una resistenza a fa;ca maggiore;

• 8000: leghe Al-Li, a bassissima densità.

92
Stato di fornitura
Come per tu?e le leghe, le proprietà di quelle dell’Al, e quindi le loro possibilità di impiego, possono
dipendere mol;ssimo dallo stato di fornitura, ossia dalle ul;me operazioni di tra?amento termico e
di lavorazione, con deformazione plas;ca, pra;cata a caldo o a freddo.
Per queste leghe, la varietà degli sta; di fornitura è par;colarmente notevole.
Circa il ;po di lavorazione plas;ca che le leghe di alluminio possono
subire, i contrassegni sono:
• P: semilavorato allo stato grezzo;
• Pl: semilavorato laminato;
• Pe: semilavorato estruso;
• Pf: semilavorato fucinato (in stampo aperto);
• Ps: semilavorato stampato (in stampo chiuso);
• Pt: semilavorato trafilato.

Per i tra?amen; termici, invece, sia hanno le seguen; sigle riassun;ve:


• 0: nessun tra?amento termico;
• T: tempra di soluzione, con raffreddamento in acqua fredda (10-30°C);
• Tb: tempra di soluzione con raffreddamento in acqua bollente (60- 100°C);
• To: tempra di soluzione con raffreddamento in olio;
• Ta: tempra di soluzione con raffreddamento in aria;
• N: invecchiamento naturale, dopo tempra di soluzione (qualsiasi);
• A: invecchiamento ar;ficiale, a temperatura superiore a 50°C, dopo tempra di soluzione
comunque o?enuta;
• S: tra?amento di stabilizzazione (sui geC);
• R: rico?ura (di addolcimento);
• B: bonifica generica che comprende una tempra ed un invecchiamento.

Una notevole parte dei semilavora; di queste leghe subiscono come ul;ma operazione una
deformazione plas;ca a freddo che produce incrudimento e perme?e di innalzare i valori di
durezza, resistenza a trazione, limite di snervamento e limi; elas;ci.
È evidente l’importanza di questa operazione finale, in par;colare per alcune leghe che non
possiedono valori molto eleva; di resistenza meccanica. In tal caso l’unificazione prevede l’aggiunta
del simbolo H, dopo le altre sigle, accompagnato da un numero che fornisce una misura di tale
incrudimento.

Per le leghe da fonderia gli sta; di fornitura dipendono innanzitu?o dalle


condizioni dei geC:
• Gs: ge?o colato in sabbia, allo stato grezzo;
• Gc: ge?o colato in conchiglia, allo stato grezzo;
• Gp: ge?o colato so?o pressione, allo stato grezzo.

93
Nuovo sistema di designazione per gli sta< di fornitura
Il nuovo sistema di designazione per gli sta; di fornitura si basa sull’impiego di una sola le?era per
indicare il ;po di lavorazione cui è stato so?oposto il prodo?o, seguito da uno o più numeri che
indicano le proprietà impar;te al prodo?o stesso:
• F = grezzo di lavorazione, cioè come esce dalla linea di produzione senza par;colari controlli
delle proprietà finali, non necessita di ulteriori condizionamen;;
• O = rico?o, cioè portato al massimo grado di addolcimento mediante tra?amento termico;
• H = incrudito, cioè so?oposto a indurimento controllato mediante deformazione plas;ca a
freddo;
• T = tra?ato termicamente, per elevarne le proprietà meccaniche, cioè portato alla
temperatura di solubilizzazione, temprato e invecchiato fino all’o?enimento di uno stato
stabile.

Effe1o degli elemen2 nelle leghe d’Alluminio


• Si: Forte rafforzamento della seconda fase non metallica; richiede una sferoidizzazione
tramite Na o Sr per evitare l’usura eccessiva degli utensili.

• Cu: Migliora le cara?eris;che da fonderia, aumentando la colabilità e diminuendo l’affinità


con l’ossigeno; provoca un rafforzamento tramite composto intermetallico.

• Mg: Aggiunto in lega non modifica la bassa densità del materiale ma aumenta la resistenza
alla corrosione in ambien; clorura;; amplia la fase α dell’alluminio. Abbassa la Tf ma
aumenta l’affinità con l’ossigeno, già elevata.

• Mn e Zn: causano un elevato rafforzamento per incrudimento post deformazione plas;ca a


freddo.

Cara1eris2che delle leghe in funzione del processo di colata


• Cara?eris;che richieste alle leghe per ciascun processo di colata
• Cara?eris;che o?enibili dalle leghe colate con i differen; processi

Le cara?eris;che delle leghe per colata sono influenzate da:


• Composizione chimica di base, intesa come famiglia di leghe considerata e campo di
composizione all’interno della stessa famiglia
• Aggiunta di elemen; di lega
• Tra?amento metallurgico
• Tra?amento termico

La famiglia Al-Si
Il campo di interesse industriale delle leghe Al-Si va da 0 a 20 % di contenuto di Si.
All’interno di questo campo di variabilità si possono iden;ficare 4 famiglie di
leghe con differen; comportamen; in solidificazione.
La solidificazione influenza sia l’aCtudine delle leghe ad essere impiegate nei differen; processi che
le cara?eris;che finali delle leghe.

94
Cara5eris<che generali delle leghe per deformazione plas<ca
• Formazione dal liquido di un solido monofasico duCle
• Temperatura di fusione alta rispe?o alle altre composizioni
• La linea di variazione della solubilità del silicio nell’alluminio allo stato solido rende questa
leghe sensibili al tra?amento termico

Meccanismo di rafforzamento per tra1amento termico delle leghe di alluminio


Le tre fasi del tra5amento termico
1. Solubilizzazione: messa in soluzione della massima quan;tà di Si prevista dal diagramma di
stato nella matrice di Al. Con la permanenza a temperatura di solubilizzazione si porta in
soluzione fino all’1,65% di Si nell’Al α. Migrazione degli atomi di silicio all’interno del re;colo
cristallino dell’alluminio
2. Tempra: congelamento a temperatura ambiente della
stru?ura di alta temperatura, o?enimento di una stru?ura
metastabile. Con un raffreddamento brusco si porta a
temperatura la stru?ura monofasica di alta temperatura.
Congelamento della stru?ura “metastabile” a temperatura
ambiente
STRUTTURA DOPO TEMPRA:
• gli atomi di alluminio e di silicio sono dispos; in maniera casuale
• il re;colo cristallino è con;nuo (una sola fase)
3. Invecchiamento: espulsione del Si in eccesso dalla matrice di Al
e conferimento delle cara?eris;che meccaniche.
STRUTURA DOPO INVECCHIAMENTO:
• gli atomi di silicio si raggruppano in piccoli gruppi di
forma regolare
• il re;colo cristallino è con;nuo ma distorto (precipita; coeren;)
STRUTTURA DOPO IPERINVECCHIAMENTO:
• gli atomi di silicio si dispongono in gruppi di grandi dimensioni
• il re;colo cristallino non è più con;nuo (precipita; non più non coeren;)
Le varabili che cara?erizzano l’invecchiamento sono tempo e temperatura: a temperature
più alte si arriva all’iper-invecchiamento in tempi più brevi.

leghe ipoeuteXche
Cara5eris<che generali delle leghe ipoeute:che
Rispe?o alle leghe per lavorazione plas;ca queste presentano:
• Migliore colabilità: la temperatura di solidificazione diminuisce
• Stru?ura bifasica: la presenza della fase di Si dura e fragile le rende complessivamente più
fragili delle leghe per dp
• Sono meno sensibili al tra?amento termico
• Il ri;ro di solidificazione

Le leghe ipoeuteCche sono impiegate per la colata in gravità e bassa pressione.

95
Solidificazione delle leghe ipoeute:che
Il solido che si forma non è monofasico

Il tra5amento metallurgico delle leghe ipoeute:che


• Modifica: l’aggiunta nel bagno metallico di elemen; come Na e Sr determina la
solidificazione di Si euteCco fibroso anziché lamellare.
• Affinazione: l’aggiunta nel bagno metallico di Ti determina la formazione di mol; nuclei di
solidificazione stabili, determinando la formazione di un solido a grano molto fine.

Il tra5amento termico delle leghe ipoeute:che


Il tra?amento termico di queste leghe ha effeC diversi sulle due fasi:
• La frazione di alluminio a si rafforza secondo lo stesso meccanismo già illustrato per leghe
per deformazione plas;ca.
• Durante la fase di solubilizzazione la morfologia del silicio euteCco evolve da lamellare a
globulare.

Il ri<ro di solidificazione
Nel passaggio di fase da liquido a solido si ha una riduzione di volume (ri;ro).

96
Il liquido euteCco non ha riempito le cavità inter-dendri;che. Aumentando la % di Si nelle leghe
ipoeuteCche aumenta la % di euteCco, aumenta l’ampiezza delle cavità interdendri;che e
diminuisce la tendenza al microri;ro.

Influenza della velocità di solidificazione sulle cara5eris<che delle leghe ipoeute:che colate in
gravità e bassa pressione
Aumentando la velocità di solidificazione si o?engono microstru?ure
più fini. Microstru?ure più fini hanno proprietà meccaniche più
elevate.
Il parametro microstru?urale significa;vo di queste leghe è il
Dendrite Arm Spacing (DAS).

Ge?o “a scalini”: i differen; spessori consentono di o?enere velocità


di solidificazione differenziate e quindi differen; valori di DAS.
Relazione tra carico di ro?ura a trazione e DAS di prove?e ricavate
dai differen; spessori del ge?o “a scalini”.

leghe euteXche
Solidificazione delle leghe eute:che

Cara1eris2che generali delle leghe euteXche


• Tra le leghe della famiglia Al-si sono quelle che hanno temperatura di fusione più bassa
• La solidificazione avviene a temperatura costante
• Sono leghe fragili poiché contengono una elevata percentuale di fase fragile
• Non sono sensibili al tra?amento termico

97
Sono ada?e alla pressocolata perché:
• Trasferiscono la minore quan;tà di calore agli stampi
• Non c’è la fase di solidificazione dendri;ca, che solidificando impedirebbe al metallo di
“correre” nello stampo
• Il materiale pressocolato non è tra?abile con il ciclo T6
• Colabilità conferita dall’elevato tenore di Si

Solidificazione di una lega per pressocolata


Osservando la microstru?ura di una lega pressocolata a 100x non è immediato dis;nguere le
dendri; che non hanno avuto la possibilità di accrescere a causa della rapidità della solidificazione.
Il de?aglio a 500x evidenzia la microstru?ura zone di Al molto fini e insieme a cristalli di Si

Leghe ipereuteXche
Solidificazione delle leghe ipereute:che

Cara5eris<che delle leghe ipereute:che


• La presenza della fase di solidificazione primaria di Si, estremamente dura e fragile,
conferisce a queste leghe notevoli cara?eris;che di resistenza all’usura
• La temperatura di fusione, e quindi la temperatura di colata, cresce con la percentuale di Si
• Non sono sensibili al microri;ro ma a fenomeni di fragilita’ ad alta temperatura
• Gli sfridi sono difficilmente rifondibili

Queste leghe sono ada?e per la colata in bassa pressione

Tra5amento metallurgico delle leghe ipereute:che


La aggiunta nel bagno metallico di circa 100 ppm di P determina la nucleazione di una gran quan;tà
di nuclei stabili di Si primario, determinando la formazione a temperatura ambiente di una stru?ura
a cristalli molto fini.

Gli elemen2 di lega


Alligan<: elemen; che si aggiungono alla lega per conferire determinate proprietà.
Impurezze: elemen; che si trovano in lega a causa del processo di produzione.

98
• Lo stesso elemento può essere considerato alligante o impurezza a seconda
• Dalla percentuale di elemento aggiunto: elemen; che sono auspicabili per certe quan;tà
sono indesidera; in quan;tà maggiori
• Del processo di colata considerato: elemen; deleteri per cer; processi sono considera; u;li
per altri
• Dal grado di purezza della lega: alcuni elemen; che sono comunque dannosi vengono
aggiun; per contrastare effeC più nega;vi determina; dalla presenza di altre impurezze

Effe5o del Cu
Il Cu aumenta la resistenza a caldo delle leghe Al-Si, rendendo però la lega fragile
Il Cu forma dei compos; intermetallici che solidificano negli spazi interdendri;ci. In leghe con alto
tenore di rame ed in tecnologie di colata a solidificazione lenta ques; compos; si raggruppano
formando delle segregazioni. I compos; di Cu favoriscono la tendenza alla criccatura a caldo

Il diagramma di stato Al-Cu presenta una curva di variazione di solubilità allo stato
solido.
Le leghe della famiglia Al-Cu sono sensibili al tra?amento termico secondo lo stesso meccanismo di
indurimento descri?o per la famiglia Al-Si, consentendo di o?enere valori di cara?eris;che
meccaniche più elevate rispe?o alle leghe della famiglia Al -Si
Le leghe Al-Cu presentano fenomeni di corrosione inter cristallina: a causa del differente potenziale
ele?rochimico dei due cos;tuen; si creano delle pile a livello microstru?urale.

Effe5o del Mg
Anche il Mg partecipa ai meccanismi di indurimento per precipitazione del composto Mg2Si.
Per % di Mg elevate (0,5%) e velocità di solidificazione basse Mg2Si si trova come composto
intermetallico nelle zone del solido eueteCco, determinando fragilità della lega.

Effe5o del Fe
Il Fe forma con l’Al differen; compos; intermetallici che solidificando ad alta temperatura in forma
di aghi interrompono la con;nuita’ della fase duCle a rendendo la lega molto fragile
Anche per percentuali di Fe inferioriallo 0,5%, i compos; di Fe, impedendo localmente
l’alimentazione del ge?o (solidificano infaC ad alta temperatura) possono determinare l’insorgere
di porosità da microri;ro diffusa anche in geC con un sistema di alimentazione ben proge?ato.

Una certa percentuale di Fe è desiderata nelle leghe perpressocolata per rendere meno aggressivo
l’Al liquido nei confron; dell’acciaio dello stampo e per limitare i fenomeni di corrosione.

Effe5o del Mn
Il Mn forma dei compos; intermetallici con l’Al di morfologia cara?eris;ca denomina; scri?ure
cinesi.
Se aggiunto insieme al Fe con un rapporto Fe:Mn di 2:1, il Mn modifica la morfologia dei compos;
di Fe da aciculare a scri?ura cinese, meno deleteria per le proprietà di resistenza a fa;ca del
materiale.
I compos; Fe-Mn formano segregazioni in zone interdendri;che, concentrandosi sopra?u?o in
zone a solidificazione lenta. E’ frequente osservare zone con forte presenza di compos; di
questo ;po sulle superfici di fra?ura di prove?e di trazione o di fa;ca.

99
Lezione 12
Leghe di Cu
Il Cu si trova in natura so?o forma di Cu elementare ed è stato estra?o con successo dai minerali
molto prima del Fe (le T rela;vamente più basse richieste per l’estrazione potevano essere
raggiunte più facilmente). Il Cu è stato il primo metallo conosciuto e u;lizzato dall’uomo. Per cinque
mila anni è stato l’unico metallo che ha trovato applicazioni nella storia umana. Solo
successivamente hanno iniziato ad essere impiega; elemen; come l’oro e il bronzo.
Il Cu viene ;picamente o?enuto mediante un processo di pirometallurgia. Il minerale di Cu che
presenta al; contenu; di S è concentrato, conver;to in un liquido immiscibile contenente solfuro di
Cu-solfuro di Fe (metallina di rame). Per tale processo si richiede un forno fusorio. In un rea?ore
separato (conver;tore di rame) l’O2 introdo?o nella metallina converte il solfuro di ferro in ossido
di ferro e il solfuro di rame in rame impuro (Cu grezzo) che viene poi purificato ele?roli;camente.

Altri metodi per l’estrazione del Cu includono la rimozione del Cu da minerali a basso tenore di S
tramite l’uso di un acido debole, con successiva estrazione ele?rochimica del Cu dalla soluzione.
Le leghe a base di Cu hanno densità più elevate rispe?o agli acciai. Il carico di snervamento di
alcune leghe è più alto, ma la loro resistenza specifica è di solito inferiore alle leghe di Al e di Mg.
Queste leghe hanno una migliore resistenza alla fa;ca, allo scorrimento viscoso e all’usura rispe?o
alle leghe Al/Mg. Molte di queste leghe hanno eccellen; duClità, resistenza alla corrosione,
conducibilità ele?rica e termica e la maggior parte di esse può essere facilmente prodo?a in forme
u;li o essere saldata.

Le applicazioni più importan; sono per componen; ele?rici (come fili metallici), pompe, valvole e
componen; per impian; idraulici. Per le applicazioni ele?rotecniche deve essere moderatamente
alligato con P che ha, rispe?o al Cu, un’enorme affinità con l’ossigeno, per cui tende a segregare
so?o forma di inclusioni fosforiche alto-fonden;.

Le leghe a base di Cu possono essere selezionate per o?enere un appropriato colore decora;vo. Il
rame puro è rosso, aggiunte di zinco danno luogo ad un colore giallo, il nickel genera un colore
argento. Può corrodersi facilmente, formando un solfato basico di Cu (CuSO4.3Cu(OH)2), che è un
composto verde insolubile in acqua (solubile in acidi). Tale layer verde fornisce una finitura
a?raente per molte realizzazioni.
C’è una ampia varietà di leghe a base di Cu che si avvale di tuC i meccanismi di rafforzamento sulle
proprietà meccaniche. Diverse leghe a base di Cu contengono grandi quan;tà di alligan;, ma
rappresentano una unica fase.

Le leghe Cu-Zn con meno del 40% di Zn (OTTONI) formano ss monofase di zinco nel rame. Le
proprietà meccaniche aumentano all’aumentare del contenuto di Zn. Possono essere formate a
freddo in componen; complessi e resisten; alla corrosione.

I bronzi vengono generalmente considera; delle leghe di Cu contenen; Sn e possono certamente


includere anche altri elemen;. Il bronzo al Mn è una lega con una resistenza par;colarmente alta e
contenente Mn in aggiunta allo Zn, per il rafforzamento per ss.
I bronzi allo Sn, spesso chiama; bronzi al P, possono contenere fino al 10% di Sn e restare singola
fase. Il diagramma di fase prevede che la lega conterrà il composto Cu3Sn, ma le cine;che della
reazione sono così lente che il precipitato può non formarsi.

100
Alcune leghe a base di rame (Zr-Cu, Cr-Cu, Be-Cu) presentano indurimento per invecchiamento.

l Cu è un metallo nobile (poco aCvo) in quanto è l’unico (tra quelli presi in analisi) di impiego
applica;vo che, nella serie ele?rochimica degli elemen;, sia dal lato opposto dell’idrogeno rispe?o
agli altri metalli. Ciò che rende il Cu par;colarmente interessante dal punto di vista applica;vo è la
resistenza alla corrosione anche in ambien; par;colarmente aggressivi.
Il Cu presenta re;colo cristallino cubico a facce centrate (CFC), pertanto è cara?erizzato da una
spiccata tendenza all’incrudimento. La sua temperatura di fusione, rela;vamente bassa, è di 1080°C
che lo rende par;colarmente ada?o alla produzione di pezzi tramite tecniche di fonderia. La sua
densità è di 8,9 kg/dm3.

Il Cu trova interessan; applicazioni in virtù della sua conducibilità termica e allungamento


percentuale: ad esempio sono realizzate in rame le tubazioni des;nate ad applicazioni
termo-sanitarie.
l Cu allo stato rico?o presenta allungamen; percentuali dell’ordine del 50% (come per l’alluminio o
per gli inox austeni;ci). Inoltre è rafforzabile per incrudimento, pur presentando di per sé delle
cara?eris;che meccaniche abbastanza buone. Il Cu rico?o ha resistenze meccaniche di circa 250
MPa, un valore che può crescere fino a 350 MPa a causa dei fenomeni di incrudimento
(conseguentemente l’allungamento scende al 2-3%).
Nel caso dei tubi, il materiale è venduto allo stato leggermente incrudito: interessa infaC che il
materiale abbia buone cara?eris;che di duClità.
Nel caso delle coperture dei teC si vuole invece un Cu con una maggiore rigidità.

Dal punto di vista della saldabilità il Cu è un metallo con una modesta affinità per l’ossigeno, quindi
facilmente saldabile. Nel processo di saldatura si deve operare con potenze rela;vamente elevate,
per le significa;ve dispersioni di calore comportate dall’elevata conducibilità termica.
La saldatura di par;colari stru?urali si esegue mediante la brasatura: si effe?ua la giunzione di due
elemen; tramite l’u;lizzazione di un metallo basso fondente. Si u;lizza in questo caso lo Sn che è
basso-fondente e con un’elevata affinità per il Cu, per cui l’unione tra i pezzi da saldare sarà anche di
;po chimico.

Il Cu tende a passivarsi spontaneamente, con la formazione di stra; ossida; anche di un certo


pregio este;co. Problema;ca è la presenza del Cu in ambien; ammoniacali, dove tende a
solubilizzarsi a?raverso la formazione di complessi cuproammoniacali.

Il Cu, come le sue leghe, è usato sia in geC che so?o forma di semilavora;. Nel caso di tra?amen;
di rico?ura, si ha una riduzione della resistenza meccanica, ma si aumenta l’allungamento % del
materiale.
Le principali leghe del Cu sono:
• O5oni (Cu-Zn)
Sono leghe di Cu-Zn, che possiedono un esteso campo di ss, in quanto Cu e Zn si trovano
nella posizione 29 e 30 della tavola periodica, pertanto risultano essere molto affini. Inoltre il
campo di ss è poco variabile con la T. All’aumentare della concentrazione di Zn diminuisce la
T di fusione della lega, di conseguenza le leghe da fonderia sono quelle che presentano un
tenore di Zn più elevato (arrivando ad un massimo del 50%). Le applicazioni degli o?oni sono
vaste, anche grazie ad un’oCma resistenza alla corrosione e ad un notevole effe?o
an;ba?erico dovuto alla presenza del rame.

101
Gli o?oni di suddividono in monofasici e bifasici: nei primi è presente una sola fase allo stato
solido, mentre nei secondi se ne presenta anche una seconda.
o O5oni monofasici: Sono leghe che presentano tenori di Zn variabili, 10% - 39% circa
(si abbassa notevolmente la Tf del Cu e si riducono i prezzi della lega), eccezionali sia
da fonderia che da deformazione plas;ca a caldo e a
freddo.
La matrice è totalmente formata dalla fase α, che presenta un re;colo CFC, dunque è
la fase tenacizzante che perme?e la deformazione a freddo cara?eris;ca degli
o?oni.
A seconda della percentuale di Zn presente in lega, l’o?one presenterà proprietà
termiche ele?riche e meccaniche differen;
Gli o?oni possono essere induri; tramite lavorazioni meccaniche (incrudimento) per
poi essere ammorbidi; a?raverso riscaldamento, o rico?ura.
Durante la rico?ura di una lega a fase singola (ad esempio Cu-30%Zn), i cristalli
deforma; sono trasforma; in cristalli privi di tensioni a?raverso la ricristallizzazione e
la crescita dei grani.
Nei metalli più pesantemente deforma;, la ricristallizzazione avviene a più basse T
rispe?o a quelli meno deforma;. Per cui, i grani risultano più piccoli e più uniformi
quando il metallo da ricristallizzare risulta molto deformato.
La grandezza del grano si controlla a?raverso lavorazioni a freddo e rico?ura. Una
grana fine è favorita da grandi incrudimen; e rico?ure veloci e brevi; mentre una
grana grossa si oCene normalmente con modes; incrudimen; e lunghi tempi di
rico?ura.
Commercialmente, le dimensioni dei grani ricoC sono contenu; tra 0,01 e 0,10 mm.
Le variazioni nella grandezza dei grani producono differenze di durezza e di altre
proprietà meccaniche. Spesso sono richies; grani fini per incrementare le proprietà
meccaniche del prodo?o finito, quali: capacità di carico, resistenza a fa;ca, e qualità
superficiali.
o O5oni bifasici
Sono cara?erizza; dal contenuto di Zn superiore al 39%.
Presentano una stru?ura bifasica, quindi un’oCma resistenza meccanica accoppiata
ad una certa fragilità del truciolo indo?a dalla presenza della seconda fase (adaC alla
lavorazione per asportazione di truciolo e stampaggio a caldo).
Per migliorarne la lavorabilità si aggiunge 1,5-2% di Pb, insolubile nella lega, che
forma segregazioni che facilitano la ro?ura del truciolo, esa?amente come negli
acciai. Concentrazioni superiori non sono di interesse tecnologico poiché si avrebbe
un infragilimento troppo elevato ed una perdita eccessiva della deformazione a caldo
o a freddo. Il campo d’esistenza della ss α il quale termina al 39% circa di Zn in lega è
molto ampio, quindi le leghe monofasiche presentano al massimo tale
concentrazione di Zn per conservare le cara?eris;che di deformabilità e lavorabilità.

• Bronzi (Cu-Sn)
Tu?e le leghe composte da Cu ed un altro elemento (che non sia Zn) vengono denominate
bronzi. I bronzi sono simili agli o?oni per cara?eris;che metallurgiche, perché possiedono
un campo α poco variabile rispe?o alla T. Non si usano solo bronzi all’Al, in quanto l’Al è
fortemento ossidabile (molto più difficile da lavorare in fonderia: costo maggiore), ma
anche altri elemen;, tra cui il più u;lizzato è il bronzo Cu-Sn.

102
Lo stagno è un metallo basso fondente, per cui abbassa fortemente la T di fusione del Cu ed
è un sos;tuente migliora;vo nella formazione di geC (aumenta la colabilità della lega). Le
due classi fondamentali di bronzi allo Sn sono:
o Sn = 10%
o Sn = 20-25% (per geC complessi)
Diagramma di stato Cu-Sn: l’intervallo di solidificazione è molto ampio. Dal punto di vista
della fonderia si dovrebbero u;lizzare leghe con un tenore di stagno superiore al 25%,
altrimen; si incorrerebbe nella possibilità di avere la formazione di liquidi interdendri;ci ad
eleva;ssimo contenuto di Sn. Di solito tu?avia, per mo;vi economici, si usano tenori più
bassi di Sn.
L’u;lizzo più frequente del bronzo nell’industria meccanica è dovuto al fa?o che la lega
appar;ene alla categoria dei materiali an;frizione. Per questo il bronzo è il cos;tuente
principale delle bronzine, organi con tre cara?eris;che fondamentali:
a. basso coefficiente di a?rito
b. buona resistenza ad usura
c. bassa temperatura di fusione
È fondamentale che la bronzina sia cos;tuita da un materiale con un basso coefficiente di
a?rito: la bronzina interviene quando il motore funziona in assenza di lubrificante o a regimi
troppo eleva; (la bronzina deve resistere ad eleva; a?ri; volven; per tempi
sufficientemente lunghi).
Il basso coefficiente di a?rito viene indo?o dalla matrice di Cu; la resistenza all’usura è
migliorata dal fa?o che nella matrice tenera segreghi una certa quan;tà di compos;
intermetallici di ;po δ ed ε (sono compos; a ristre?o campo di esistenza, quindi danno vita
a par;celle con par;colari cara?eris;che di indeformabilità).

• Cuprallumini (Cu-Al no< come bronzi d'alluminio)


Il diagramma di stato Cu-Al ha un campo monofasico alfa molto simile al diagramma Cu-Zn,
con l’unica differenza rappresentata dal limite di solubilità (circa 8.5%). Gli o?oni vengono
sos;tui; con queste leghe denomina; “bronzi di alluminio” anche in ambien; clorura;,
come ad esempio in mare, nelle eliche delle navi. In par;colare le leghe Cu-Al appartengono
alla categoria dei bronzi, anche se i bronzi di Al sono più simili agli o?oni che ai bronzi. Il
sistema Cu-Al presenta una fase β di alta temperatura analoga a quella del sistema Cu-Zn.
I bronzi all’Al sono rafforzabili per tempra martensi;ca (seguita ovviamente da un
rinvenimento).
Limite: è la facile tendenza dell’Al ad ossidarsi, rispe?o allo Zn.

• Cupronichel (Cu-Ni)
Sono monofasici e cristallizzano nel sistema CFC; sono adaC per gli scambiatori di calore.
La presenza del Ni è u;le, rafforza la ss e migliora la passivabilità della lega in ambien;
aggressivi per il Cu.

• Bronzi al berillio (Cu-Be)


L’ul;ma classe di bronzi sono quelli al berillio che trovano par;colare applicazionE
nell’industria meccanica. E’ una lega rafforzabile per precipitazione.
Con queste leghe si raggiungono le cara?eris;che meccaniche più elevate tra le leghe
industriali del Cu. La lega infaC è invecchiabile o induribile per precipitazione. Precipita una
fase ricca in Be da una soluzione sovrassatura di Cu pra;camente puro. La precipitazione

103
avviene durante il lento raffreddamento perchè la solubilità del Be nella fase α decresce
molto con la T. Tu?o ciò è possibile con una tempra di soluzione seguita da un
invecchiamento ar;ficiale che produce la precipitazione della fase γ in forma finissima (200 –
460°C, 1h). I benefici più eviden; si o?engono con Be> 1.3%.
Esistono due ;pi principali di leghe Cu - Be:
1. Cu Be 1.7 Co Ni (Be=1.6-1.9% Ni+Co+Fe=0.2-0.6%);
2. Cu Be2 Co Ni (Be=1.9-2.1% Ni+Co+Fe=0.2-0.6%).
3.
• Alpacche (Cu-Ni-Zn de: anche argentoni)

Leghe di Ti e Mg
Cristallizzano nel sistema esagonale compa?o (EC). Dalla ;pologia della cella elementare dipendono
le cara?eris;che principali del materiale: in questo caso la cella EC conferisce a queste leghe elevate
resistenze meccaniche data la scarsità di piani cristallini a scorrimento facilitato.
Idealmente ad una cella EC viene a?ribuito un rapporto tra l’altezza “c” e il parametro di cella “a”
dei la; dell’esagono di base, pari a 1,633 = c/a. Tale rapporto è importante per la previsione delle
cara?eris;che che avrà il materiale.

Leghe di Ti
Sono delle leghe rela;vamente recen; (30-40 anni) ed è problema;ca la loro elevata affinità con
l’ossigeno.
La produzione del Ti implica un dispendio energe;co notevole ed è possibile solo mediante la
riduzione del TiO2.

Le cara5eris<che generali:
• Rapporto c/a < 1,633: determina una vicinanza maggiore dei piani basali, aumentando così
la resistenza meccanica. L’aumento della resistenza è dovuto al fa?o che durante una
sollecitazione si aCvano i piani di scorrimento secondari non compaC;
• T di fusione = 1671°C: si tra?a di una T elevata che induce dei limi;: l’impossibilità di
u;lizzare il Ti come lega da fonderia e la scarsa tendenza alla saldabilità.
• Elevata affinità per l’ossigeno: il Ti è estremamente aCvo, però la sua forte passivabilità lo
rende altre?anto resistente alla corrosione, tanto da essere compe;;vo con i metalli nobili
(il Ti è ad esempio u;lizzato negli anodi delle celle Cl-soda, un ambiente così aggressivo che,
prima dell’u;lizzazione di questo metallo, poteva essere tollerato unicamente dalla grafite);
• Modesta densità circa 4,5 g/cm3 (valore intermedio tra acciaio e alluminio);
• Il modulo elas;co è di 105 GPa (a fronte di quello dell’Al pari a 70 GPa e di quello degli acciai,
pari a 207 GPa). Alcune leghe (Ti-8Al-1Mo-1V) arrivano a 130 GPa;
• Rapporto E/γ lievemente maggiore di quello degli acciai: stess e prestazioni tensili con metà
sezione;
• Biocompa;bilità.

Elevato costo del Ti: lo rende ada?o ad applicazioni sopra?u?o nell’industria aerospaziale,
ortopedica e nell’industria chimica.
Il Ti puro si presenta sostanzialmente in due forme:
• α: stabile sino a 882°C, è cara?erizzata da un re;colo EC ed è la fase rafforzante dato il basso
numero di piani di scorrimento basali;

104
• β: stabile da 882°C a 1671°C, cara?erizzata invece da un re;colo CCC, è la fase tenacizzante
dato il maggior numero di piani di scorrimento.

Elemen< di lega
Legando il Ti con par;colari elemen; che favoriscono l’esistenza dell’una o dell’altra fase e
so?oponendolo a specifici TTsi riescono a produrre leghe con diverse quan;tà delle 2 fasi e di
conseguenza proprietà differenziate.
• I legan; α stabilizzan; sono: Al, Ga, Ge come sos;tuzionali ed O, N, C come inters;ziali.
• I legan; β stabilizzan; sono: Cr, Fe, Nb, Cu, Si, Ni, Mn, Pd, Mo, Ta, W, V come sos;tuzionali.

È evidente l’espansione, seppur limitata, del campo di esistenza della fase α. Dalla temperatura di
883°C, la temperatura di trasformazione α→β tende ad aumentare in corrispondenza di tenori
crescen; di alluminio (l’Al tende ad ampliare il campo di stabilità della fase α). Compaiono in questo
sistema vari ;pi di compos; intermetallici, i più importan; dei quali sono la fase β (cui corrisponde
una ‘formula’ TiAl3) e la fase γ (di formula TiAl).

La fase β si trasforma a 1342°C, quindi è un composto intermetallico interessante per il


miglioramento della resistenza al creep della lega. Queste leghe sono cara?erizzate da buon
comportamento meccanico ad alte temperature (elevata resistenza al creep), pertanto un’oCma
resistenza alla deformazione plas;ca, anche in virtù degli eleva; contenu; di alluminio (5÷8%).

Il principale limite è quello di non poter subire nessun ;po di tra?amento termico finalizzato ad un
ulteriore miglioramento delle cara?eris;che meccaniche ed una difficoltosa lavorabilità a causa
dell’elevata resistenza a deformazione. Tali cara?eris;che ne pregiudicano un largo impiego in
applicazioni stru?urali.

105
Leghe di Ti α – β
Con un appropriato bilanciamento degli α – β stabilizzan;, a t amb. viene prodo?a una miscela di Ti
(α – β). Ti-6%Al-4%V è l’esempio più comune. Con;ene due fasi, quindipossono essere effe?ua; i TT
che servono per il controllo della microstru?ura e le proprietà.
La rico?ura fornisce una combinazione di alta duClità, proprietà uniformi e buona resistenza.
La lega viene riscaldata appena al di so?o della T di transizione β, perme?endo ad una piccola
quan;tà di α di permanere, prevenendo così la crescita del grano.
Un raffreddamento lento provoca la formazione di grani α equiassici: la str equiassica dà buone
duClità e lavorabilità mentre rende difficile la nucleazione delle cricche di fa;ca.
Un raffreddamento più veloce, genera una fase α aciculare. Sebbene in tale stru?ura le cricche di
fa;ca possono nucleare più facilmente, devono cmq seguire un cammino tortuoso lungo tra le α e
β. Significa basso tasso di crescita della cricca di fa;ca, buona tenacità a fra?ura e resistenza allo
scorrimento plas;co.

Leghe di Mg
Fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale il Mg fu usato per applicazioni di nicchia nell’industria
nucleare e nella produzione di aerei militari. Dopo la guerra la Volkswagen, nata sulle macerie
dell’industria metallurgica bellica, ha impiegato, per esempio nell’autove?ura Maggiolino molte
componen; costruite in Mg.
La sempre maggiore richiesta di ridurre il peso dei componen; dei veicoli in accordo con la
legislazione che limita le emissioni ha portato ad un nuovo interesse nei confron; del Mg. Il
consumo di questo metallo nel 1944 era approssima;vamente di 228.000 t ed è crollato, alla fine
della Seconda Guerra mondiale, a 10.000 t.
Negli anni ’70 l’impiego del Mg segnò un forte calo nell’industria automobilis;ca, tanto da far
pensare che ques; non era il materiale del futuro; le ragioni di questa conclusione erano l’elevato e
flu?uante costo della materia prima, i cos; di trasformazione ed i grossi problemi di resistenza alla
corrosione. La crisi energe;ca della fine degli anni ’70, spinse le case automobilis;che a concentrare
le ricerche e gli inves;men; verso i metalli leggeri. Oggigiorno l’impiego del Mg è in crescita.

Il Mg è un elemento che presenta una T di fusione piu?osto bassa Tf= 650°C, facile da fondere, ma
che non può essere u;lizzato per applicazioni ad alta T. La densità è bassa ρ= 1,74 gcm3
(se confrontata con l’acciaio). La stru?ura cristallina è EC e non può essere indurito per
deformazione plas;ca (sono nel caso in cui siano presen; leghe Mg-Al-Zr).

Si tra?a di un materiale eccellente per lo smorzamento delle vibrazioni, presenta al; coefficien; di
conducibilità e dilatazione termica e bassa resis;vità ele?rica. È il sesto elemento in natura come
ordine di abbondanza e si estrae tramite ele?rolisi dalla Dolomite (MgCO3 x CaCO3) e Magnesite
(MgCO3).
Il Mg è un metallo unico a causa della sua bassa densità unita ad un buon modulo elas;co specifico
e ad una elevata resistenza specifica.

Le leghe di Mg possiedono una buona lavorabilità sia alla alle macchine utensili ed oCma colabilità;
inoltre la buona stabilità dimensionale conferisce una velocità di ri;ro costante durante la
solidificazione e la quasi assenza di stress dovu; al ri;ro. Queste cara?eris;che, fanno del Mg e
delle sue leghe, materiali a?raen; per l’industria dei traspor;.
La possibilità del suo impiego come materiale stru?urale perme?e di ridurre il peso dei veicoli, e
conseguentemente di ridurre il consumo di carburante.

106
Cara5eris<che generali delle leghe di Mg
• Il rapporto c/a > 1,633: le cara?eris;che meccaniche sono basse (molto rido?e nel caso di
Mg puro, migliorano nel caso siano presen; elemen; di lega);
• Tf= 650°C: è possibile effe?uare lavorazioni con tecniche di fonderia.
• Densità = 1,8 g/cm3: sono la risposta della metallurgia ai polimeri, un’oCma alterna;va
perché possiedono comunque resistenze maggiori;
• Resistenza meccanica bassa, circa 150 MPa, simile a quella delle leghe di Al, con la differenza
del costo maggiore;
• Estrema reaCvità con l’ossigeno e rischio di esplosioni se non vengono prese le dovute
precauzioni.

Le leghe di Mg sono rafforzabili per soluzione solida, con effe?o modificante del soluto ed
affinamento del grano.
I principali elemen; di lega u;lizza; sono Al, Zn, Ca, Li, Mn, Ag, Th, Zr. Si formano inoltre compos;
intermetallici che rafforzano il materiale.
Le stru?ure possibili sono:
• AB: MgTi, MgAg, SnMg;
• AB2: MgCu2, MgZn2, MgNi2
• CaF2: Mg2Si, Mg2Sn.

Leghe da colata
Leghe Mg-Al con un tenore di alluminio compreso tra il 5% e il 9%.
È possibile l’introduzione di piccole quan;tà di Zn per migliorare le proprietà a trazione e uno 0,3%
di Mn per migliorare le proprietà a corrosione.
In queste leghe si rimane in campo α, che presenta un campo di stabilità che varia notevolmente
con la temperatura, poiché con oltre il 13% di Al in lega si ha la precipitazione di compos;
intermetallici a bordo di grano, molto infragilen;; si tra?a di leghe che possono soffrire di
microporosità, sono facilmente colabili, resistono abbastanza a corrosione e possono lavorare fino a
temperature di 110-120°C. per migliorare la colabilità della lega è possibile aggiungere quan;tà
contenute di Ca o Si.
La tempra di soluzione fa passare in soluzione i compos; intermetallici che possono essere presen;
per poter o?enere il più possibile una lega monofasica, tu?avia non si ha un miglioramento
notevole delle cara?eris;che meccaniche.
L’invecchiamento non è vantaggioso, in quanto non conduce ad una precipitazione di fasi
metastabili.
Il metodo di rafforzamento della lega preferito rimane l’affinazione del grano, che si oCene
aggiungendo alla composizione della lega modeste quan;tà di Mn che migliora la dispersione di
eventuali compos; intermetallici, diminuendo la fragilità causata dalla loro presenza a bordo di
grano.
Le leghe Mg/Al non sono rafforzabili per incrudimento, per via dello scorrimento sul piano basale
che non produce dislocazioni.
Tu?avia esiste un metodo per o?enere lamiere incrudite per deformazione plas;ca che consiste nel
far avanzare la lamiera so?o dei rulli paralleli ma con un percorso a zig-zag, che produce un
“incrocio” di dislocazioni. Queste leghe sono formate per colata in forma metallica, ma sopra?u?o
per pressocolata.

107
I vantaggi della pressocolata delle leghe di Mg
• Elevata produCvità
• Alta precisione
• Elevata qualità e finitura superficiale
• Possibilità di o?enere una microstru?ura fine
• Si o?engono pare; soCli e si ha la possibilità di o?enere stru?ure a geometria complessa
• Elevata fluidità della fusione
• Incremen; di velocità del processo fusorio del 50%
• Si u;lizzano stampi in acciaio, con conseguente aumento della vita degli stessi
• Bassa dispersione termica, risparmio energe;co durante il processo
• Buona lavorabilità alle macchine utensili
• Riduzione di circa il 50% del costo utensili

Svantaggi nell’u<lizzo della pressocolata delle leghe di Mg


• Porosità dovuta al gas intrappolato durante il processo
• Pare; spesse o?enibili solo con piccoli gradi di inclinazione
• Proprietà meccaniche limitate nel caso di presso-fusione di leghe poco costose
• Intervallo limitato delle leghe u;lizzabili
• Bassa resistenza a creep, dovuta alla grana fine o?enibile dal processo
• Colabilità limitata (eleva; cos;) delle leghe resisten; a creep : Mg-Al- Re
• Non si possono effe?uare tra?amen; termici successivi
• Non è conveniente effe?uare la saldatura post-processo

Si deve proteggere il Mg dal conta?o con l’aria, in quanto tende a bruciare; La forma deve essere
esente dalla presenza di acqua perché a conta?o con il Mg esplode.
Con il processo di colata in forma metallica si oCene l’affinamento del grano, dovuto all’elevato
scambio termico tra i due metalli che aumenta normemente la velocità di raffreddamento.
In generale le leghe di Mg (e Al) vengono u;lizzate in campo automobilis;co (anima del volante,
telaio dei sedili, ecc.).
Le leghe Mg-Al-Zr possono sopportare deformazioni comprese tra il 15- 30%, mentre le altre leghe
un massimo del 10%. Se la deformazione è molto lenta è possibile o?enere allungamen; superiori.
Si tra?a di leghe che possono subire una corrosione importante quando si è in conta?o con
atmosfera umida (si limita il problema aggiungendo uno 0,2% di Mn).
Il Mg presenta interessan; proprietà di resistenza alla corrosione, sopra?u?o perché i suoi stra;
passivan; sono notevolmente stabili, ma è molto sensibile all’azione dei ioni cloruro (che hanno un
forte effe?o spassivante); inoltre, essendo un metallo molto aCvo nella serie ele?rochimica,
pa;sce la corrosione da accoppiamento galvanico. A questo proposito agiscono in modo nega;vo le
impurezze che causano la segregazione di fasi nobili, come Fe, Cu... La presenza delle impurità di
metallo più nobile rappresenta il fa?ore più nocivo che influenza le proprietà di corrosione delle
leghe commerciali di Mg.
Di ques;, il Fe è il maggior responsabile, perché viene introdo?o dalle
lingoCere d'acciaio ed è presente come impurità nei legan;. L'effe?o deleterio del Fe è stato
a?ribuito all'accoppiamento galvanico fra la matrice del Mg e la dispersione delle par;celle di Fe,
quest’ul;mo è molto efficace nella catalisi della reazione di riduzione, e sviluppa H2, che è
responsabile del processo di corrosione.

108
La soluzione a questo problema è il processo di anodizzazione, il quale consiste nel modificare la
porosità dello strato passivato, rendendolo meno susceCbile agli a?acchi corrosivi in ambien;
aggressivi. Il processo u;lizza di norma sali di fosfato o di ammonio, i quali, rispe?o ai vecchi
processi di anodizzazione superficiale risultano più efficaci e più convenien; dpdv ambientale.

Un altro ;po di lega al Mg è cara?erizzato dallo Zn come elemento principale di lega, molto affine
con il Mg in quanto anch’esso cristallizza nel sistema EC, quindi possiede un’elevata solubilità nel
Mg. Queste leghe vengono indurite tramite elemen; alligan;, con l’aggiunta in lega di Zr il quale è
un affinante del grano, oppure mediante soluzione solida con il Mg. Quest’ul;ma ;pologia di leghe
al Mg viene sfru?ata per creare cerchioni di auto spor;ve; ques; pezzi vengono forma; per colata
in sabbia e sono u;lizzate in questa applicazione poiché non si rompono se so?opos; ad ur;, anche
violen;.

Applicazioni delle leghe di Mg


Il principale u;lizzo del Mg è quello di elemento in lega nelle leghe di Al; Altri importan; impieghi
sono per la desolforazione degli acciai e per la produzione di ghise nodulari. Il Mg per impieghi
stru?urali viene lavorato per fusione (presso-fusione, in sabbia, in lingoCera), estrusione ed
estrusione ad alta velocità, forgiatura e laminazione. Per presso-fusione (Die-cast) si o?engono circa
il 70% dei prodoC fusori e nell’industria automobilis;ca questa percentuale arriva fino all’85%.
Questo metallo inoltre può essere giuntato per saldatura mediante l’applicazione di gas iner;, o
mediante rive?atura. Nella costruzione di anodi sacrificali per la protezione di stru?ure in
acciaio e come celle a secco (ba?erie).

Ulteriori impieghi :
• Industria aeronau;ca: le qualità che fanno preferire il magnesio rispe?o ad altre leghe nella
produzione di componen; aeronau;ci sono la bassa densità e la resistenza specifica, a causa
della sempre maggiore richiesta di riduzione di peso e migliore affidabilità. Il magnesio è
u;lizzato molto nella parte del compressore nei motori aeronau;ci, come pure nella
stru?ura portante del velivolo stesso e nei cerchioni del carrello. I principali fa?ori che
hanno portato all’impiego del magnesio sono sta; il buon rapporto resistenza/densità nei
prodoC o?enu; per colata, ed un rapporto, altre?anto buono, tra rigidezza e densità nei
prodoC o?enu; per deformazione plas;ca, uni; alle cara?eris;che di resistenza a
temperature elevate, ad impa?o ed a fa;ca. Solitamente vengono impiegate le seguen;
leghe, che inoltre posseggono oCma resistenza alla corrosione e a creep:
o ZE41 (Mg-4.2Zn-0.7Zr-1.3MM)
o QE22 (Mg-0.7Zr-2.5Nd-2.5Ag)
o WE43 (Mg-4Y-3.25Nd-0.5Zr)
I prodoC cola; in sabbia trovano impiego nei velivoli corazza;, mentre per presso-fusione si
o?engono componen; di radar.

• Industria automobilis;ca: i principali componen; nelle autove?ure compos; in leghe di Mg:


Mol; di queste componen; vengono impiegate ad elevata temperatura, quindi l’aumento
della resistenza a creep e alla corrosione risultano essere degli aspeC cri;ci. Le leghe con
scarsa resistenza a creep vengono impiegate per costruire alloggiamen;, collegamen;
bullona; e oggeC che sono so?opos; a vibrazioni (e che costrui; con altri materiali
solitamente riducono il comfort della ve?ura). Per i componen; che devono sopportare
condizione cri;che, solitamente si lavora con elemen; alligan; come le terre rare.

109
• Apparecchi ed oggeCs;ca per il tempo libero: alloggiamen; di personal computer sia fissi
che notebook, telai di telefoni cellulari, dove la leggerezza, la possibilità di o?enere oggeC
fusi in parete soCle e la cara?eris;ca di protezione ele?romagne;ca sono cara?eris;che
molto richieste; oggeC per lo sport, come occhiali, pedali ,a?acchi e serie sterzo di manubri
per bicicle?e, telai per bicicle?e da corsa, snodi e cavalleC per macchine fotografiche, telai
per coltelli mul;-funzione, mulinelli per canne da pesca, caddy per le sacche da golf e
racche?e da tennis.

Leghe di Zinco
Il gruppo più importante di leghe di Zn sono quelle commercializzate so?o il nome di leghe ZAMA o
ZAMAK contenen; Al e Cu; si prestano bene per processi di fonderia (sopra?u?o pressofusione)
data la bassissima temperatura di fusione nell’intorno dei 400°C, l’acce?abile resistenza alla
corrosione ed una colabilità migliorata.
L’Al in lega con tenori dal 5% al 23% circa, si presta principalmente come rafforzante ed indurente,
mentre il Cu aumenta la colabilità della lega. Ciò rende tali leghe ada?e anche per la colata di forme
molto complesse, difficili da realizzare con normali processi di fonderia.
La densità tu?avia maggiore di 7 g/cm3 non le rende delle leghe par;colarmente leggere, oltre al
fa?o che la tenacità non è delle migliori.
Per tuC i ;pi di lega Zama le impurezze ammesse sono:
1. Fe = max 0,03% ;
2. Pb = max 0,0015% ;
3. Cd = max 0,0015% ;
4. Sn assente (non sono ammesse impurezze di stagno in quanto tale elemento induce
fenomeni di corrosione intercristallina molto accentuata).

Le proprietà generali delle tre leghe sono simili; tu?avia:


• la lega Zama 12 presenta una migliore durezza e resistenza a trazione;
• la lega Zama 13 è, invece, più resistente all'urto e alla corrosione e consente di mantenere
meglio la precisione dimensionale.
• La lega Zama 15 presenta resistenza a trazione pari alla lega Zama 12 e una resistenza alla
corrosione pari alla lega Zama 13 ed è par;colarmente resistente all'urto. Sono tu?avia poco
resisten; al calore e all'intacco.

La presenza di Al nella composizione di tali leghe comporta dei vantaggi e degli svantaggi:
• Vantaggi: aumenta la scorrevolezza del metallo nello stampo e migliora le proprietà
meccaniche di resistenza. Inoltre inibisce l'a?acco ele?rochimico al conta?o con metalli
ferrosi.
• Svantaggi: induce fenomeni di invecchiamento e di corrosione intercristallina in presenza di
impurezze quali Sn, Pb, Cd in determinate condizioni ambientali.

La presenza di Mg, anche se in minime quan;tà, induce


• aumento di durezza;
• affinamento del grano;
• miglior resistenza alla corrosione intercristallina.

110
Da so?olineare inoltre l'effe?o della temperatura sulle proprietà di tali leghe. In par;colare si
osserva una diminuzione della resistenza a trazione con la temperatura e un aumento della
resilienza. Da precisare, tu?avia, che tali proprietà vengono recuperate diminuendo la temperatura.

Leghe a memoria di forma


Le leghe a memoria di forma, note come SMA (Shape Memory Alloy), sono leghe recen;, che
hanno la capacità di recuperare la loro configurazione iniziale dopo che hanno subito una
deformazione plas;ca e successivo riscaldamento.
La lega viene deformata facilmente al di so?o della sua temperatura di trasformazione a causa del
basso limite di snervamento. Riscaldando al di sopra della temperatura di trasformazione si ha un
cambio nella stru?ura cristallina, che la fa tornare alla sua forma originaria. Questa proprietà può
essere sfru?ata in numerosi campi: medico, meccanico, micro-ele?rico/ele?ronico.
Storicamente si notò questo fenomeno nel 1932 nelle leghe Au-Cd e nel 1938 nell’o?one Cu-Zn.
Nel 1962 si prepararono le leghe Ni;ol a base Ni e Ti (Dr.Büler), mentre nel 1971 vennero infine
effe?uate le prime applicazioni in campo tecnologico (U.S.Navy FA-14).

Il meccanismo delle SMA si basa sulla trasformazione martensi;ca


termoelas;ca:
• l’austenite viene raffreddata e si trasforma in martensite;
• avviene la deformazione plas;ca;
• effe?uando un riscaldamento si ritorna alla stru?ura austeni;ca che
• recupera la forma iniziale.

La proprietà u;lizzata da queste leghe viene de?a Superelas<cità e si sviluppa allorché la lega venga
deformata, applicando un'appropriata forza, sopra la sua temperatura di trasformazione. Si genera
in tal modo una martensite indo?a da sforzo (SIM) che si trova a temperatura maggiore del suo
campo di esistenza: non appena lo sforzo viene rimosso essa si riconverte in austenite non
deformata. Questo fenomeno conferisce al materiale un'oCma elas;cità.

Le principali leghe a memoria di forma sono:


• Leghe Ni-Ti: presentano elevate prestazioni (massima deformazione recuperabile: 9 %);

• Leghe a base Cu: sono più economiche, tu?avia presentano dei limi;, come l’instabilità delle
proprietà di memoria di forma, la pseudo elas;cità e l’instabilità termica. Per questo mo;vo
sono state sviluppate le leghe Cu-Al-Be che invece mostrano una deformazione residua
contenuta, un annullamento del suo incremento dopo 10 cicli.

• Leghe Cu-Zn-Al: massima deformazione recuperabile = 5 %; possibili temperature di


trasformazione: - 100 < Ms < 100 °C; ➢ La stabilità termica è ne?amente superiore a quella
delle leghe Cu-Zn-Al: la degradazione delle proprietà di memoria di forma e lo spostamento
delle temperature di trasformazione martensi;ca importan; si ha solo dopo 120 h di
permanenza a 200 °C.

• Leghe Cu-Al-Ni: massima deformazione recuperabile = 6 %; possibili temperature di


trasformazione: -150 < Ms < 250 °C.

111
Applicazioni
• Ingegneria civile: inserimento di pare; e staffe di supporto rimovibili, disposi;vi di
smorzamento;
• Agenzie pubblicitarie, prodoC promozionali: molle, nastri, modelli in scala rido?a di prodoC
con elevata elas;cità (superelas;cità);
• Contenitori: chiusure automa;che;
• Industria alimentare, farmaceu;ca: elemen; SME per indicatori di temperatura;
• Sicurezza: elemen; SME quali rivelatori di :incendio, perdite di prodoC criogenici,
surriscaldamento di freni, regolazione termica per atmosfere pericolose;
• Industria automobilis;ca: elemen; vari per ridurre vibrazione e/o rumore, regolazione
termica di aria in entrata, acqua nel radiatore, ven;lazione, aerazione, lubrificazione,
silenziatori per motocicle?e.
• Regolatori meccanici, idraulici, ele?rici: interru?ori e commutatori di circui;, relè termici,
temporizzatori, valvole termosta;che, collegamen; ele?rici (alta e bassa tensione),
regolazione riscaldamento di serre;
• Elemen; di fissaggio: per pare; rimovibili, tubazioni per acqua, connessioni ele?riche;
• Lavori idraulici: valvole an;vibrazione, giun; autocentran; per tubi ;
• Abitazioni: elemen; di smorzamento per riscaldamento centrale, regolazione termica di
persiane alla veneziana, serre;
• Gas tecnici ed altri: valvole di sicurezza per gas domes;co e ad espansione termica, limitatori
di riempimento, camice per bombole di gas tecnico.
• Energia nucleare: protezione contro surriscaldamento di barre, cavi;
• Industria spaziale: apertura di antenne regolata termicamente, sensori, basamen; ad
azionamento termico per applicazioni solari.
• Militare: ridu?ori di rumore e vibrazione, sicurezza per armi da fuoco, fabbricazione di
munizioni;
• Apparecchiatura medica: filtri an; coagulo per circolazione sanguigna, perni per fra?ure
ossee, raddrizzatori delle ossa, a?rezzi di allenamento per le ar;colazioni.
• Apparecchi speciali: motori solari, pompe per acqua, sensori solari, forme e matrici per
colata (per facilitare l'estrazione dei pezzi).

Superleghe
Sono una categoria di leghe metalliche molto ampia, proge?ate per conservare una buona
resistenza meccanica ed alla corrosione anche a temperature intorno ai 1200 gradi °C, molto u;li in
campo aeronau;co e/o aerospaziale.
Sono delle leghe a base Ni o Co. Sono il ver;ce prestazionale in quanto possiedono una resistenza
meccanica e a corrosione eccezionale a temperature elevate; vengono u;lizzate per turbine a gas
nei motori di aerei, generatori e par; meccaniche di motori ad alte prestazioni.

LEGHE DI Ni
Quelle più u;lizzate a?ualmente sono le superleghe base Ni indurite da una fase secondaria di
formula Ni3Al o Ni3Ti (presente so?o forma di precipita; coeren; con stru?ura cristallina CCC) e
a?raverso soluzione solida di metalli pesan; e refra?ari (W e Mo in par;colare, ma anche Ta e Nb).
La matrice di queste leghe è sostanzialmente una soluzione solida basata sul Ni (ed eventualmente
% rido?e di Co e Fe) contenente grandi quan;tà di agen; legan; aggiun; allo scopo di apportare un

112
indurimento o migliorare altre cara?eris;che (comportamento al creep, resistenza alla corrosione)
ritenute non del tu?o adeguate in una lega più semplice.
Un altro problema che preoccupa il Ni non legato è la scarsa resistenza a corrosione e ossidazione,
specialmente in presenza di S e gas ad alte temperature.
Per questo una superlega richiede sempre l'aggiunta di ingen; quan;tà di Cr al fine di formare uno
strato di ossido (Cr2O3) proteCvo sulla superficie della stessa prevenendo l'infiltrazione di ossigeno
o altri agen; corrosivi degli spazi intergranulari.
La tendenza di questo elemento a destabilizzare la matrice e perdere le capacità proteCve se
iperossidato (divenendo CrO3) risultano talvolta un incen;vo a sos;tuire almeno una parte di esso
con l'alluminio.
La resistenza a corrosione di queste leghe può anche essere garan;ta da opportuni rives;men; di
formula NiAl o MCrAlY dove M sta per nichel, cobalto o un mix di ques; ul;mi.
Ulteriori addi;vi risultano essere Y e Hf (in piccole dosi aumentano la resistenza all'ossidazione ed
alla ro?ura so?o sforzo), C e B (che formano carburi e boruri molto duri aC a migliorare la
resistenza della lega).

Un importante fa?ore da considerare nella formulazione di superleghe è la dimensione della sua


grana cristallina. È infaC noto che un incremento eccessivo delle loro dimensioni ha effeC deleteri
sulla durezza, ma anche dimensioni insufficien; degli stessi inducono conseguenze altre?anto
indesiderabili.
Per controllare la creazione di ques; cristalli essenziale è l'aggiunta di piccolissime quan;tà di Zr,
metallo con atomi di una certa grandezza (maggiori, rispe?o a quelli di Ni, del 27%) che tendono,
perciò, a depositarsi a bordo dei grani regolandone così la crescita.
Altre?anto u;li risultano i TT per alterare la forma degli stessi, mentre la ricerca più recente si è
dire?a alla creazione di leghe "monocristalline", in cui cioè non vi sia alcun ;po di divisione in grani,
ma uniforme per tu?a la sua grandezza.

Alle superleghe è richiesta:


• una elevata tendenza alla passivazione;
• una grande resistenza al creep (la deformazione di un materiale so?oposto a sforzo costante
che si verifica nei materiali mantenu; per lunghi periodi ad alta temperatura);
• una matrice (CFC) con tendenza a incrudirsi a caldo nel secondo periodo di creep.

113

Potrebbero piacerti anche