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Costruzioni Navali 2

Appunti del corso

2012/2013
Costruzioni Navali 2

Lezione 1
PRINCIPALI TIPI DI NAVE

• Navi Hi-Tech: sono quelle che hanno una particolare specializzazione, per esempio i
traghetti (trasporto di automobili e passeggeri), navi per ricerche oceanografiche e supply
vessels, rimorchiatori.
• Navi standard:
o General Cargo Ship (navi da carico generale)
o Portacontainer
o Bulk Carrier (trasportano carico solido alla rinfusa)
o Petroliere (trasportano carico liquido alla rinfusa)
• Navi da Crociera
• Altre navi: megayacht e navi militari.

Tra i traghetti ci sono le unità veloci che devono rispettare un codice a parte, cioè il registro specifico
delle unità veloci (HSC CODE 1995).

OBIETTIVO PRINCIPALE DEL CORSO

L’obiettivo del corso è quello di fornire all’allievo gli strumenti necessari per definire la morfologia
e la procedura di dimensionamento di una struttura di una nave e il disegno del piano dei ferri.

Il vincolo progettuale sarà quello dei “registri di classifica”. L’obiettivo principale del registro di
classifica è quello di fornire una dichiarazione di conformità della nave, attestando che la
costruzione ha una serie di requisiti (di galleggiabilità, di stabilità, di sicurezza, ecc.) conformi ad
una serie di norme di carattere nazionale ed internazionale.

Vediamo i punti principali per il dimensionamento di qualsiasi struttura già soggetta a vincoli, cioè
abbiamo già fissato la morfologia strutturale (per esempio una trave semplice appoggiata-
appoggiata):

1. Analisi dei carichi agenti sulla struttura (“modellazione dei carichi”), analisi non semplice
dato che i carichi possono essere di diversa natura spesso, purtroppo, non deterministica;
dobbiamo individuare in particolare gli schemi di massimo carico che ragionevolmente
agiranno nel corso della vita della struttura stessa;
2. Risposta strutturale (o risposte strutturali perché se ho diversi schemi di carico strutturale,
allora ho diverse risposte strutturali); per risposta strutturale si intende:
a. Stato tensionale locale generato dai carichi locali agenti sulla struttura;
b. Stato tensionale globale generato dalle caratteristiche di sollecitazione interna
della trave nave (taglio, momento flettente e torcente).
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Siccome la risposta strutturale dipende dai carichi agenti, allora anch’essa dipenderà a sua
volta da variabili aleatorie. Infatti il momento flettente d’onda regolamentare 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 , che è la
risposta globale della trave nave che dipende essenzialmente dallo stato del mare, di per sé
non è deterministico, ma obbedisce a un’opportuna legge di natura aleatoria, così come il
momento flettente statico 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆 .

Il registro mette 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 in relazione alle dimensioni generali della nave. La funzione densità
di probabilità del momento flettente d’onda, che rappresenta una possibile risposta al mare,
ha un andamento di una gaussiana.

Dal registro calcoliamo una possibile determinazione di 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 che la statistica indica come
“valore caratteristico” della variabile che è quel valore della variabile che verrà superato nel
corso della vita della struttura con una probabilità relativamente bassa (o alta)
rappresentata dall’area tratteggiata in figura.

Quindi, in sostanza, per analizzare la risposta strutturale, andiamo a definire, tramite il


registro, i valori caratteristici delle variabili aleatorie analizzate; per definire il valore
caratteristico occorre definire il periodo di vita della struttura; il tempo medio di riferimento
per la vita della nave è di 25 anni.

3. Definizione dei parametri limite (degli stati limite o degli stati di collasso della struttura)
perché dobbiamo capire quali possono essere gli stati che possono portare al collasso della
struttura; così come nell’ambito della risposta strutturale, anche qui possiamo avere degli
stati di collasso locali o globali; per lo stato di collasso globale posso definire il momento
flettente globale ultimo che mi porta al collasso della trave nave e la spezza in due parti.

Quindi avremo:

• l’analisi della domanda quando si agisce nell’ambito della risposta strutturale


• l’analisi della capacità strutturale quando si agisce nell’ambito degli stati di collasso
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Semplifichiamo il modello e prendiamo come riferimento la classica trave di scienza delle


costruzioni; se prendiamo più provini e facciamo più prove, otteniamo ogni volta un risultato
diverso, ma rispetto alla domanda l’incertezza diventa sicuramente più piccola, seppur sempre
presente; quindi possiamo dire che la capacità strutturale è meno incerta della domanda, ma sarà
comunque una variabile aleatoria.

𝑁𝑁
Infatti 𝜎𝜎𝑠𝑠 = 235 è un valore caratteristico che si troverà in un certo punto del diagramma e sarà
𝑚𝑚𝑚𝑚2
caratterizzato da un’elevata probabilità che il reale valore di 𝜎𝜎𝑠𝑠 superi quel 235 𝑁𝑁/𝑚𝑚𝑚𝑚2 durante
tutta la vita della struttura. In generale per ottenere tale valore caratteristico si procede fissando la
probabilità e ricavando dal diagramma il valore caratteristico corrispondente.

Quindi se dovessi analizzare una domanda strutturale avrei una curva a campana che si allarga e
con deviazione standard più elevata; invece nell’ambito della capacità strutturale la curva sarebbe
sicuramente più ristretta:

fare disegno.

4. Confronto tra la risposta strutturale e gli stati ultimi di collasso attraverso opportune
metodologie di verifica; un modello che adoperiamo è il coefficiente di sicurezza che tiene
conto di tutte le semplificazioni che abbiamo fatto durante il nostro modello; purtroppo
questo approccio non va molto bene per le variabili aleatorie; la metodologia più razionale
basata sulle attuali conoscenze è caratterizzata dalla valutazione della probabilità di crisi
𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙
𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 e il suo confronto con la probabilità di crisi limite 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 :

𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙
𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 ≤ 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐

𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙
• 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 è fissata in base a criteri sociali ed economici;
• 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 rappresenta una misura oggettiva della probabilità di crisi della struttura.

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Esempio di procedura iterativa per il dimensionamento strutturale della Sezione


Maestra di una nave.

Dal “Progettista generale” pervengono al “Progettista strutturale” i seguenti documenti:

• Piano di costruzione
• Piani generali della nave
• Piano delle capacità

Com’è noto, l’elevata iper-staticità di una struttura navale vincola il progettista all’utilizzo di
procedure iterative che convergono verso il dimensionamento “ottimo” della struttura. Infatti la
procedura consiste nel seguire più volte i passi identificati nella spirale di progetto:

Iniziamo a definire i passi della procedura:

(1°passo) Valutare (ipotizzare) l’intervallo di ossatura ordinario e rinforzato:

• l’intervallo di ossatura rinforzata (web frame spacing) rappresenta la distanza


longitudinale tra due ossature rinforzate della nave;
• l’intervallo di ossatura ordinaria (longitudinal spacing) rappresenta la distanza tra
due ossature ordinarie, se presenti; infatti in una struttura longitudinale non ci sono
ossature ordinarie.

Se è disponibile il piano delle capacità vuol dire che sono state posizionate le paratie trasversali; la
posizione di una paratia trasversale sostituisce un’ossatura rinforzata. Nasce, quindi, un primo

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vincolo progettuale: la distanza tra due paratie trasversali è un multiplo dell’intervallo di ossatura
rinforzata.

La scelta dell’intervallo di ossatura rinforzata incide molto sul peso scafo, che deve essere
ottimizzato al fine di:

• risparmiare sul combustibile e sul costo dello scafo


• trasportare più merce a parità di dislocamento
• aumentare la velocità di navigazione

“Ottimizzare” il peso scafo vuol dire cercare di diminuire il più possibile il suo peso tenendo conto
di tutti i vincoli di natura strutturale.

Ovviamente possiamo trarre le seguenti conclusioni:

• se aumento l’intervallo di ossatura rinforzata, diminuisce il numero delle ossature a parità


di lunghezza, ma se metto meno ossature dobbiamo aumentare le dimensioni degli
elementi longitudinali (correnti, anguille e paramezzali);
• se diminuisco l’intervallo di ossatura rinforzata aumenta il numero di ossature rinforzate a
parità di lunghezza, ma diminuiscono le dimensioni degli elementi longitudinali.

NB: In una struttura longitudinale la campata degli elementi ordinari longitudinali coincide con
l’intervallo di ossatura rinforzata, pertanto è evidente che all’aumentare di tale campata aumentino
le dimensioni del corrente.

Per tale motivo il peso scafo non è mai facilmente individuabile a priori: in teoria dovrei valutare il
peso scafo andando a fissare più valori dell’intervallo di ossatura rinforzata; in questo modo riesco
a capire più o meno l’andamento del peso scafo e a scegliere quel valore compreso nell’intorno
ottimale in cui ho i valori più bassi:

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Nel vecchio registro c’era un’indicazione per l’intervallo di ossatura che veniva messo in relazione
con la lunghezza di dimensionamento della nave stessa.

(2° passo) Adesso si definisce l’intervallo di ossatura ordinaria che è il sottomultiplo di quello
rinforzato:

𝐼𝐼𝑅𝑅 = 3~6 𝐼𝐼𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂

L’intervallo di ossatura ordinaria è un elemento di confronto necessario per definire la distanza tra
due elementi ordinari longitudinali (longitudinal spacing). Così come avevamo il vincolo per l’𝐼𝐼𝑅𝑅 ,
per la scelta dell’intervallo tra i correnti longitudinali la normativa ci dice che la distanza tra 2
correnti longitudinali non può essere superiore del 20% dell’ 𝐼𝐼𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂 .

Anche in questo caso bisogna trovare il giusto compromesso: se aumento la distanza tra due
correnti allora aumenta lo spessore del pannello di fasciame, ma riuscirò a mettere meno correnti
a parità di larghezza della nave. In genere si tende a diminuire la distanza tra i correnti e mettere
più correnti e più piccoli.

Al 3°passo della procedura iterativa vi è la definizione dei criteri di progetto (design criteria) e dei
vincoli dimensionali che, generalmente, sono imposti dal registro di classifica. Qualora si seguisse
una procedura non regolamentare occorre definire tali criteri con una procedura di calcolo diretto.

Il 4° passo consiste nel calcolare gli spessori dei pannelli di fasciame (plating thickness), il cui
modello elementare può essere sintetizzato in questo modo: “il pannello di fasciame viene
modellato per il tramite di un pannello elementare avente il lato più corto pari alla distanza tra due
correnti e il lato più lungo pari all’intervallo di ossatura rinforzato”.

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Per il calcolo dello spessore 𝒕𝒕𝑯𝑯 del generico pannello verrà utilizzata la teoria di lastra, in quanto
tale pannello sarà soggetto ad:

• un carico agente nel piano del pannello dovuto alla robustezza primaria della nave;
• un carico ortogonale al piano dovuto alle pressioni locali agenti.

La teoria di lastra prevede che lo spessore 𝒕𝒕𝑯𝑯 del pannello sarà funzione:

• dei carichi ortogonali al pannello;

• dei carichi agenti nel piano del pannello;

• delle caratteristiche del materiale;

• delle dimensioni dei lati del pannello;

• dei vincoli al contorno sui lati del pannello (incastro, appoggio, etc.).

𝒕𝒕𝑯𝑯 = 𝒇𝒇(𝒑𝒑, 𝒔𝒔, 𝝈𝝈𝒙𝒙 , 𝝈𝝈𝒚𝒚 , 𝑰𝑰𝑹𝑹 , 𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗)

• 𝒑𝒑 è la pressione agente sul pannello (sia statica che dinamica); sarà sempre il valore
caratteristico della pressione che sarà superato nel corso della vita della struttura con una
probabilità relativamente bassa;

• 𝒔𝒔 è l’intervallo tra i correnti;

• 𝝈𝝈𝒙𝒙 è la tensione media agente nel piano del pannello, tenendo conto della
morfologia globale (è un carico primario), compatibilmente con tutta la vita della struttura;

• 𝝈𝝈𝒚𝒚 è la tensione di snervamento del materiale;

• 𝑰𝑰𝑹𝑹 è la lunghezza del lato più grande del pannello;

• infine ci sono le condizioni di vincolo del pannello di fasciame che abbiamo


appoggiato su due correnti e tra due ossature rinforzate.

Pur avendo fissato la distanza tra due correnti longitudinali in ogni punto della struttura
dell’ipotetica sezione trasversale della nave, quasi tutto è noto tranne la 𝝈𝝈𝒙𝒙 che è la sollecitazione
di trave nave che dipenderà dalle caratteristiche geometriche di una sezione che ancora non

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abbiamo progettato (momento d’inerzia totale della sezione rispetto all’asse neutro). Quindi per
determinarla possiamo sfruttare la geometria di una nave simile oppure si dà un certo valore
ipotizzato che verrà successivamente verificato; una volta avute a disposizione le caratteristiche di
sollecitazione interna regolamentare, posso individuare i primi valori di 𝝈𝝈𝒙𝒙 .

(5°passo) Il passo successivo è quello di determinare le dimensioni degli elementi, ordinari e


rinforzati, longitudinali (longitudinal scantlings); quindi il modello non sarà più quello di lastra ma
quello di trave.

Le dimensioni di tali elementi dipenderanno come al solito dai carichi locali (ad esempio dovuti alla
pressione dell’acqua di mare) e quelli agenti lungo l’asse principale della trave dovuti alla
robustezza primaria della trave-nave; in tal caso, il comportamento della trave necessita di più
verifiche:

1) comportamento flessionale della sezione resistente;

2) comportamento a trazione e compressione della sezione resistente.

A differenza del pannello di fasciame dove si ragiona sullo spessore, qui si ragiona in termini di
modulo di resistenza della sezione resistente costituita dal ferro più la striscia di fasciame associata:

𝝈𝝈𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎 ≤ 𝝈𝝈𝒂𝒂𝒂𝒂𝒂𝒂

𝑾𝑾𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎 ≤ 𝑾𝑾𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆

Il modulo di resistenza effettivo 𝑾𝑾𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆 è rappresentato dal rapporto tra il momento d’inerzia della
sezione resistente rispetto all’asse neutro e la distanza massima di una qualsiasi fibra della sezione
rispetto all’asse neutro.

Il 𝑾𝑾𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆 (effettivo o efficace) sarà calcolato in funzione delle dimensioni geometriche imposte al
profilato e dalla distanza tra due correnti longitudinali, oltre che dallo spessore del pannello di
fasciame calcolato nella fase 4.

Nella procedura regolamentare il 𝑾𝑾𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎 verrà definito per il tramite:

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• delle pressioni locali agenti sulla trave;

• delle caratteristiche del materiale di cui è costituita la trave;

• dei vincoli di estremità;

• del carico (nominale) cui la trave sarà soggetta.

𝑾𝑾𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎 = 𝒇𝒇(𝒑𝒑, 𝒔𝒔, 𝑰𝑰𝑹𝑹 , 𝝈𝝈𝒚𝒚 , 𝝈𝝈𝑵𝑵 , 𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗𝒗)

• 𝒑𝒑 è la pressione agente sul rinforzo;

• 𝒔𝒔 è la larghezza della striscia di fasciame associata;

• 𝑰𝑰𝑹𝑹 è l’intervallo di ossatura rinforzata;

• 𝝈𝝈𝑵𝑵 è la tensione normale primaria;

• 𝝈𝝈𝒚𝒚 è la tensione di snervamento del materiale.

La verifica 𝑾𝑾𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎𝒎 ≤ 𝑾𝑾𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆𝒆 è solo a snervamento, mentre la verifica a instabilità verrà fatta
successivamente; la verifica da effettuare non sarà solo flessionale ma riguarderà, inoltre, quella a
taglio e quella ad instabilità su vari elementi costituenti la sezione resistente.

Il 6° passo ci dice che dopo aver dimensionato gli elementi longitudinalmente continui (ordinari e
rinforzarti) il progettista dovrà valutare le caratteristiche geometriche della sezione resistente
costituita da tutti gli elementi che concorrono alla robustezza longitudinale (includendo anime e
piattabande delle travi rinforzate longitudinalmente, pannelli di fasciame, anime e piattabande
delle travi ordinarie longitudinali) ed effettuare una verifica della robustezza primaria della trave-
nave.

Ѐ come se dopo aver verificato che i vari elementi strutturali sorreggono i carichi di natura locale, ci
preoccupiamo di verificare che l’intera sezione resistente abbia i requisiti di sicurezza strutturale
previsti dalla normativa; anche qui la trave-nave viene vista come un elemento monodimensionale
(trave) avente una dimensione, la lunghezza della nave, prevalente rispetto alle altre due (altezza
e larghezza).

Tenendo conto di una generica condizione di carico, la trave-nave verrà esaminata con un
comportamento a flessione verticale ed orizzontale, con un comportamento a taglio verticale ed
orizzontale, ed infine con un comportamento torsionale, con carichi noti essenzialmente durante
la navigazione.

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Al 7° passo, è facile capire adesso che il dimensionamento procede andando a dimensionare tutti
gli elementi trasversali (ordinari e rinforzati) della sezione maestra presa in esame. Tale
ragionamento verrà esteso a tutte le sezioni rinforzate della nave; in tal caso la morfologia scelta
della struttura rimane la stessa, quello che cambia è rappresentato dai carichi dinamici che variano
in funzione della sezione trasversale scelta. Accanto a ciò, tra gli elementi trasversali primari
vengono dimensionate anche le paratie trasversali che rappresentano degli elementi trasversali
“pieni” posti in corrispondenza delle sezioni definite durante la verifica della stabilità e
galleggiabilità della nave, in condizioni di allagamento.

All’8° passo il progettista strutturale riesce ad individuare la distribuzione del peso dello scafo,
come conseguenza delle dimensioni ottenute dalle precedenti fasi.

A tal riguardo occorre precisare che si tratterà della distribuzione longitudinale del peso scafo (hull
weight distribution) che, insieme alle altre distribuzioni dei pesi, costituenti il dislocamento ∆ della
nave, rappresentano i dati di input per individuare le caratteristiche di sollecitazione interna (ship
bending moment) agenti sulla trave nave.

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Lezione 2
L’acciaio costa:

• 1€/kg (navale)
• 5€/kg (a fine costruzione della nave)

L’alluminio costa:

• 5€/kg (grezzo)
• 15€/kg (a fine costruzione della nave)

Il gruppo di lavoro che costruisce la nave stipulano un contratto in base al peso della nave.

Nel caso dell’alluminio, la manodopera deve essere più specializzata di quella dell’acciaio. Il prezzo
dell’alluminio è più alto perché serve una certificazione per le saldature dato che sono di più difficile
applicazione nel caso dell’alluminio.

Dobbiamo distinguere tra:

• “Lamiera di fasciame”: termine tecnologico per indicare le dimensioni reali di un elemento


del fasciame)
• “Pannello di fasciame”: termine analitico per indicare le dimensioni ideali dell’elemento di
fasciame che considero per utilizzare il modello di trave o lastra caricata; il registro ci dice
“Con pannello elementare di fasciame si intende la più piccola parte non irrigidita di
fasciame”;
• “Corso di fasciame”, invece, rappresenta una fila di lamiere disposte nel senso della
lunghezza della nave.

Per definire la morfologia strutturale della nave dobbiamo conoscere quali possono essere le
dimensioni massime delle lamiere di fasciame:

• la larghezza massima oscilla tra i 2 𝑚𝑚 (per le unità piccole) e i 3,5 𝑚𝑚 (per le unità più grandi);

• la lunghezza massima oscilla tra i 5 ÷ 6 𝑚𝑚 (per le unità piccole) e i 15 𝑚𝑚 (per le unità più
grandi);

Più grande è la lamiera, infatti, minori saranno le saldature da fare, quindi per risparmiare
dobbiamo sfruttare le massime dimensioni possibili. Invece la larghezza del pannello di fasciame
serve a definire i punti di calcolo del carico al fine di poter individuare i carichi agenti sul pannello e
il suo spessore.

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Si considerano 2 modelli:

1. lastra: usato per ricavare lo spessore dei pannelli di fasciame (più grande è il pannello
minori saranno le saldature e quindi costi minori);

2. trave.

MORFOLOGIA STRUTTURALE DELLO SCAFO

Lo scafo generalmente viene suddiviso in 3 corpi:

• Corpo centrale (entro 0,4 𝐿𝐿 al mezzo);

• Corpo prodiero (a proravia di quello centrale);

• Corpo poppiero (a poppavia di quello centrale).

Quando si è passati dalla nave in legno alla nave in ferro, la rappresentazione della superficie dello
scafo è passata da quella fuori fasciame a quella entro fasciame e fuori ossatura.

Ricordiamo che la struttura della nave è simmetrica. Gli spazi interni vengono suddivisi da strutture
stagne estese in senso orizzontale e in senso verticale. Com’è noto le strutture orizzontale sono i
ponti che hanno la funzione di suddividere lo scafo (spazio interno) in senso verticale:

• Ponte di coperta: il ponte continuo più alto che si estende da prua a poppa della nave
e può anche non essere stagno.

• Ponte delle paratie: il ponte fino al quale si estendono le paratie stagne ed è, di


solito, più basso del ponte di coperta. Tale ponte è di fondamentale importanza ai fini della
galleggiabilità e della stabilità in condizioni di allagamento.

• Ponte di bordo libero: è il più alto ponte completo le cui aperture sono provviste di
mezzi di chiusura stagna (o permanenti). In una nave a più ponti, tale ponte è fondamentale
per la verifica della stabilità allo stato integro, per calcolare il momento raddrizzante e il
braccio di stabilità. Inoltre, tale elemento può non coincidere con il ponte delle paratie.

• Ponte di forza: è il più alto ponte resistente in ogni zona dello scafo (è quel ponte
con strutture che certamente contribuiscono alla robustezza longitudinale della nave). Tale
ponte è quello che viene utilizzato per il calcolo delle caratteristiche geometriche della
sezione resistente composta da tutti gli elementi strutturali che contribuiscono alla
robustezza longitudinale della nave.

La suddivisione dello spazio interno in senso verticale è importante non solo dal punto di vista
strutturale o della sicurezza della nave dei riguardi della stabilità e della galleggiabilità ma,
soprattutto nelle navi passeggeri, anche per risolvere i problemi di protezione antincendio. In altri

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termini le strutture dei ponti vengono opportunamente coibentate in modo tale da non permettere
l’estensione di un incendio da un compartimento a quello adiacente: questo rientra nella
“Protezione Passiva Antincendio”. Per i traghetti, ad esempio, il ponte della sala garage risulta
essere coibentato per isolarlo dalla zona superiore destinata ai passeggeri e agli alloggi. Nel
regolamento di sicurezza italiano c’è, tra i documenti da presentare, il piano di sicurezza passiva
antincendio previsto del progettista generale.

Le strutture interne di uno scafo che si estendono invece in senso verticale sono dette paratie e
vengono dichiarate dal Progettista generale in base a criteri di stabilità e sicurezza. Tra le paratie
trasversali, le più importanti sono:

• La paratia anti-collisione: è la prima paratia dall’estrema prora e la sua posizione dipende,


tra le altre cose, dalla quantità di acqua che possiamo inserire nel gavone di prora,
immaginando che la nostra nave sia collidente con un’altra nave; al suo dimensionamento
è legata una certa incertezza sui cimenti che dovrà subire questa paratia durante la vita della
nave.

• La paratia del pressatrecce (anche se non è detto che passi attraverso il pressatrecce): a
poppavia di questa paratia c’è il gavone di poppa che, insieme al gavone di prora, è
indispensabile per la stabilità longitudinale della nave.

• La paratia prodiera e poppiera dell’apparato motore: generalmente tutto il combustibile


contenuto a bordo è stoccato all’interno dell’apparato motore e ciò comporta che tutto ciò
che accade all’interno dell’apparato motore, zona in cui possono verificarsi facilmente
incendi, non deve essere esteso alle altre parti della nave e, per questo motivo, queste due
paratie devono essere, oltre che stagne, opportunamente coibentate per assicurare
protezione passiva antincendio.

• Le paratie di compartimentazione: sono delle paratie stagne ed hanno la funzione di


limitare eventuali allagamenti dei compartimenti interni dello scafo.

Un’altra questione importante è sul posizionamento delle paratie stagne: si prevede che queste
sostituiscano le ossature rinforzate, ma ciò non significa che l’intervallo di ossatura rinforzata sia
costante, anzi può variare in alcune zone della nave, come nel caso della zona dell’apparato motore:
il registro prevede per il fondo della zona dell’apparato motore una struttura con un intervallo di
ossatura più piccolo (la metà) per contenere le forti vibrazioni e le maggiori sollecitazioni dovute
all’utilizzo dell’impianto.

ELEMENTI COSTRUTTIVI DELLE STRUTTURE NAVALI

A seconda della loro forma, gli elementi strutturali di una nave possono essere suddivisi in elementi
bidimensionali (pannelli di fasciame) che vengono irrigiditi da elementi monodimensionali (travi).

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Per quanto concerne le travi, per le costruzioni navali, si utilizzano travi composte da un’anima e
una piattabanda disposta perpendicolarmente all’anima. L’anima ha la funzione di sopportare
(principalmente) gli sforzi di taglio, mentre la piattabanda contribuisce maggiormente alla
resistenza a flessione. Il registro impone di utilizzare spessori della piattabanda maggiori o al
massimo uguali allo spessore dell’anima.

Lo schema strutturale di una nave è costituito da telai trasversali disposti da poppa a prora ad una
certa distanza l’uno dall’altro, collegati opportunamente tra loro con strutture a sviluppo
longitudinale. I telai trasversali sono essenzialmente costituiti da madieri, costole e bagli; quelli
longitudinali, invece, comprendono anguille, paramezzali, montanti e rinforzi delle paratie.

L’insieme delle strutture longitudinali e trasversali formano un grigliato tridimensionale di travi che
sostiene il fasciame che rappresenta l’involucro stagno dello scafo.

DEFINIZIONI DEI SISTEMI STRUTTURALI DEI MODELLI NAVALI

Struttura longitudinale

In una struttura longitudinale le pressioni agenti sui pannelli di fasciame (ad esempio la
pressione dell’acqua sul fondo della nave) si trasmettono agli elementi ordinari longitudinali,
quali:

• Correnti del fondo,

• Correnti del fianco,

• Correnti del ponte,

i quali trasmettono il carico agli elementi rinforzati trasversali, quali:

1. Madieri rinforzati,

2. Costole rinforzate,

3. Bagli rinforzati,

posti ad una distanza pari all’intervallo di ossatura rinforzata.

Gli elementi rinforzati trasversali supportano i carichi agenti insieme agli elementi rinforzati
longitudinali:

1. Anguille,

2. Paramezzali,

3. Eventuali correnti rinforzati del fianco.

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La funzione principale della struttura longitudinale, grazie alla disposizione degli elementi
longitudinali, è quella di resistere principalmente ai carichi longitudinali, per cui gli elementi
rinforzati trasversali sono intercostali, cioè si intestano sugli elementi rinforzati longitudinali che
sono continui.

Come si può facilmente vedere, nell’ossatura ordinaria non ci sono elementi trasversali ordinari
(madieri, costole e bagli ordinari), ma solo alcune squadre trasversali, poste in opportune zone
particolarmente sollecitate, come nel collegamento tra cinta e trincarino.

Si può dimostrare facilmente che i tempi di costruzione di una piccola imbarcazione con struttura
longitudinale sono inferiori rispetto a quella trasversale, per cui non è impossibile trovare piccole
imbarcazioni a struttura longitudinale. In teoria, essendo la velocità un fattore importante per tali
tipi di imbarcazioni, si dovrebbe andare a valutare quale tipo di struttura, longitudinale o
trasversale, comporti il peso più basso, perché sulle grandi velocità il fattore potenza varia molto
rapidamente.

Struttura trasversale

In una struttura trasversale la pressione che agisce sui pannelli di fasciame viene innanzitutto
scaricata sugli elementi ordinari trasversali quali:

1. Baglio ordinario,

2. Costola ordinaria,

3. Madiere ordinario,

posti longitudinalmente ad ogni intervallo di ossatura ordinario. Gli elementi ordinari


trasversali scaricano sugli elementi rinforzati longitudinali quali:

1. Anguille,

2. Paramezzali,

3. Eventuali correnti rinforzati del fianco.

Tali elementi reagiscono (collaborano) insieme agli elementi rinforzati trasversali quali:

1. Bagli rinforzati,

2. Costole rinforzate,

3. Madieri rinforzati,

posti ad una distanza pari all’intervallo di ossatura rinforzata.

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Costruzioni Navali 2

La struttura trasversale deve resistere principalmente ai carichi trasversali, perpendicolari al piano


longitudinale della nave, per cui gli elementi rinforzati longitudinali sono intercostali, cioè si
intestano sugli elementi rinforzati trasversali che sono continui.

Il corrente longitudinale di murata sul fianco non contribuisce molto alla robustezza longitudinale
dato che si trova relativamente vicino all’asse neutro, ma è molto utile a spezzare la campata della
costola ordinaria al fine di ridurre le dimensioni della costola stessa.

Ricordiamo che tutte le travi descritte sono unite tra di loro per mezzo di squadre di forma
triangolare, che devono essere flangiate se collegano elementi strutturali comuni, piattabandate
nel caso di collegamento di elementi strutturali rinforzati. Le squadre hanno il compito di
aumentare il grado di incastro all’estremità e di favorire il passaggio delle sollecitazioni da una trave
all’altra: ad esempio, quando agisce un carico laterale su una costola rinforzata, essa reagirà, ma
attraverso la squadra, una parte di questo carico verrà trasmesso al baglio rinforzato. Inoltre, in un
certo senso, la squadra riesce anche a ridurre la campata delle travi ad essa connesse.

Struttura mista

E’ una struttura che presenta entrambi i tipi di strutture già analizzate: generalmente la struttura
trasversale la si trova sul fianco poiché essa assorbirà prevalentemente carichi flessionali di natura
locali, mentre le strutture longitudinali dei ponti e del fondo assorbiranno i carichi flessionali di
natura globale. Tale tipo di struttura la troviamo nel caso di grandi navi (𝐿𝐿 > 80𝑚𝑚).

RAPPRESENTAZIONE DELLA STRUTTURA

Nei disegni progettuali delle navi è usato un metodo unificato di rappresentazione per tutti gli
elementi strutturali. In sintesi abbiamo:

1. Linea continua spessa: indica un elemento strutturale selezionato.

2. Linea continua sottile: indica un elemento strutturale in vista.

3. Tratteggio spesso: indica un elemento bidimensionale nascosto (cioè dietro al piano


di rappresentazione), nell’ipotesi che il piano del disegno rappresenti la superficie del
fasciame.

4. Tratteggio sottile: indica un elemento strutturale secondario nascosto.

5. Tratto-punto marcato: indica un elemento primario nascosto.

6. Tratto-punto sottile: di uno spigolo anche di natura non strutturale, posto avanti o
dietro il piano di rappresentazione.

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Costruzioni Navali 2

Lezione 3
Scafo con struttura trasversale a fondo semplice

La struttura trasversale dello scafo in acciaio è ancor oggi adottata nella costruzione di navi di
ridotte dimensioni e che, per la loro limitata lunghezza, non presentano elevati momenti flettenti
longitudinali, ma principalmente problemi di robustezza trasversale e locale.

Detta struttura risulta essenzialmente costituita da una serie di telai disposti trasversalmente a
breve distanza tra loro e reciprocamente collegati da alcuni elementi longitudinali: il tutto dà
sostegno ai fasciami, i quali provvedono non solo ad assicurare lo stagno dello scafo verso l’esterno
e a delimitare nel suo interno le stive e gli interponti, ma a trasferire sui telai, che nel tempo stesso
immobilizzano, i carichi agenti.

Di seguito si riporta una rappresentazione della struttura trasversale a fondo semplice.

In uno scafo con struttura trasversale con


fondo semplice troviamo sul fondo i
“madieri ordinari” posti in
corrispondenza delle ossature ordinarie
e i “madieri rinforzati” posti in
corrispondenza delle ossature rinforzate.

Rimanendo sempre sul fondo possiamo


dire che gli elementi longitudinali
presenti collegano strutturalmente le
ossature trasversali e nel tempo stesso
contribuiscono, almeno localmente, a
dar sostegno ai fasciami; vi è quasi
sempre presente il “paramezzale
centrale” che è una trave costituita da
una lamiera disposta nel piano
diametrale, il cui lembo superiore è
irrobustito da una larga piattabanda;
esso si estende senza interruzioni
dall’estremità di poppa a quella di prua,
privo di fori, ripristinando la continuità
dei singoli madieri (sia ordinari che
rinforzati), realizzati in due metà, che su
di esso si intestano a destra e a sinistra.

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Costruzioni Navali 2

Se la larghezza dello scafo supera certi valori stabiliti dai Registri di Classificazione sono previste
una o più coppie di “paramezzali laterali” simmetricamente disposti rispetto al piano diametrale.
Detti paramezzali, generalmente forati, non sono continui, ossia, risultano intercostali, indicando
con tale termine quelle ossature che si interrompono in corrispondenza degli elementi strutturali
trasversali.

Se facciamo riferimento al ponte, le ossature trasversali prendono il nome di “baglio”, anche qui
suddivisi in ordinari e rinforzati (presenti in corrispondenza delle aperture delle boccaporte). Come
strutture longitudinali a sostegno dei bagli troviamo le “anguille” che sono travi che si estendono
ininterrotte da poppa a prua al di sotto dei ponti, vincolando saldamente tra loro i bagli e
sostenendoli in modo da frazionare la loro campata che, se unica ed eccessiva, renderebbe
necessario un dimensionamento non tollerabile.

Nelle moderne costruzioni sono di


norma costituite da una lamiera
disposta verticalmente, avente l’orlo
superiore intagliato in corrispondenza
di ogni baglio, al fine di consentirne
l’alloggiamento, saldato al fasciame del
ponte, mentre quello inferiore ad una
robusta piattabanda. Quest’ultima può
essere disposta simmetricamente alla
lamiera che fa da anima, realizzando
così una trave a T rovesciata, oppure
tutta da una parte dando luogo cosi ad
una trave ad L. Tale soluzione si usa nel
caso in cui l’anguilla si trovi al margine
delle luci delle boccaporte con l’anima
giacente nello stesso piano verticale sul
quale si trovano le mastre longitudinali
di queste.

Per quanto riguarda invece il


dimensionamento strutturale del baglio
rinforzato e dell’anguilla si fa in modo
che le altezze di entrambe le travi siano
uguali tra loro. L’incrocio di queste due
travi primarie viene studiato con molta
cura: in genere si interrompono sia
l’anima che la piattabanda del baglio
rinforzato, mentre si lascia continua
solo l’anima dell’anguilla.

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Costruzioni Navali 2

Le piattabande interrotte delle due travi sono a loro volta collegate mediante squadra che per il suo
profilo caratteristico prende il nome di “diamante”.

Possiamo dire che le anguille presentano una campata estesa da una paratia trasversale all’altra,
quindi, di lunghezza pari a quella della stiva. In corrispondenza di queste paratie le anguille
poggiano sui loro montanti rinforzati, e, se la campata è troppo estesa, sono presenti dei “puntelli”
per frazionarle. Essi vengono posizionati all’incrocio tra l’anguilla e il baglio rinforzato, al quale si fa
corrispondere, sulla verticale per esso, analogo incrocio tra paramezzale e madiere. (vedi la figura
generale della struttura).

Passando alle murate a sostegno del fasciame dei fianchi troviamo le ossature trasversali
denominate “costole”, anche qui divise in ordinarie e rinforzate.

Gli elementi longitudinali presenti sul fianco prendono il nome di “correnti longitudinali” e sono
costituiti da una lamiera disposta longitudinalmente, avente l’orlo saldato al fasciame dei fianchi
convenientemente intagliato in corrispondenza di ogni costola di stiva onde consentirne
l’alloggiamento, e quello interno connesso ad una robusta piattabanda.

La funzione principale di dette travi è di costituire un appoggio intermedio alle costole di stiva
riducendo conseguentemente la loro campata quando troppo estesa. Per quanto riguarda le anime
dei correnti di murata, all’incrocio con quelle delle costole rinforzate di stiva, vengono interrotte,
mentre le relative piattabande risultano tra loro collegate a mezzo di diamante. (Vedi la figura
generale della struttura).

Il collegamento tra il madiere del fondo e la costola del fianco avviene attraverso delle opportune
squadre (di dimensioni diverse a seconda che gli elementi da collegare siano ordinari o rinforzati).
Invece la costola del fianco verrà collegata attraverso altre squadre ai bagli del ponte (o dei ponti).

Nasce spontanea l’idea di creare un modello per dimensionare la costola attraverso una trave, di
opportuna campata, con una striscia di carico che sarà pari all’intervallo di ossatura ordinario (in
caso di costola ordinaria) e un intervallo di ossatura rinforzata (in caso di costola rinforzata).

Occorre precisare come già detto su, che la campata della costola potrà essere “spezzata”
attraverso l’inserimento di un corrente rinforzato di murata posto ad una certa distanza (a piacere
del progettista) dal fondo della nave.

Costola ordinaria

iN-N momento d’inerzia di tutta la sezione resistente


rispetto all’asse neutro.

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Costruzioni Navali 2

Costola rinforzata

IcN-N momento d’inerzia della sezione rispetto all’asse


neutro.

Corrente rinforzato

IcrN-N momento d’inerzia della sezione


rispetto all’asse neutro.

Posso dire con ragionevole certezza che IcrN-N > 3 iN-N.

Se il corrente fa da trave portante rispetto alla costola ordinaria deve verificarsi questa relazione, e
quindi è possibile spezzare la campata della costola ordinaria.

È possibile affermare che una trave è “portante”, rispetto ad un’altra trave “portata” quando il
momento d’inerzia della sezione resistente rispetto al proprio asse neutro di tale trave è pari ad
almeno 3 volte il momento d’inerzia rispetto al proprio asse neutro della trave portata. In generale
ciò è valido nel caso delle costole ordinarie (travi portate) con i correnti rinforzati sui fianchi (travi
portanti).

Scafo con struttura trasversale con doppio fondo

È bene ricordare che, all'aumentare della lunghezza della nave, la normativa internazionale obbliga
il progettista alla progettazione di un doppio fondo. In particolare le navi fino a 50 𝑚𝑚 sono esenti
da tale obbligo. Al di sopra dei 50 𝑚𝑚, il doppiofondo deve essere esteso longitudinalmente per una
parte della lunghezza della nave. Al di sopra dei 75 𝑚𝑚 è necessario progettare il doppiofondo
avente una estensione longitudinale compresa tra la paratia del pressatrecce e la paratia anti-
collisione (compresa la zona A.M.).

La norma vuole proteggere la nave nei riguardi dell’incaglio (strisciamento su roccia sul fondo della
nave); in tal caso il cielo del doppio fondo, realizzato completamente stagno, garantirà una
limitazione dell’estensione verticale della falla.

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Costruzioni Navali 2

Gli enti di classifica fissano l’altezza minima del doppiofondo in funzione dell’altezza e della
larghezza della nave; tale altezza viene fissata per poter rendere il doppiofondo ispezionabile.
Ovviamente le dimensioni dell’altezza del doppiofondo saranno legate ad altri vincoli di natura non
strutturale (ad esempio, l’altezza del doppiofondo dovrà tener conto della quantità d’acqua di
zavorra che soddisfa i requisiti di stabilità e galleggiabilità per la condizione di carico di zavorra).

Accanto a ciò, occorre evidenziare che il doppiofondo è necessario anche per questi motivi:

1. Occorre, nella maggior parte delle navi, imbarcare una certa quantità di zavorra in
modo da permettere al comandante di mantenere la rotta, di permettere al elica un atto
pescaggio, di creare quelle condizioni particolari di stabilità per affrontare mari
fortemente increspati.

2. L'utilizzo del doppiofondo essere necessario anche per realizzare casse di


combustibile in quelle navi in cui è richiesta una elevata autonomia di navigazione (da
seguire la normativa MARPOL sul doppiofondo).

3. La presenza di un secondo fasciame esteso trasversalmente da un fianco all’altro,


costituisce un notevole apporto di azioni resistenti situate a ragguardevole distanza
dall’asse neutro della generica sezione trasversale dello scafo, con conseguente
miglioramento della robustezza longitudinale della trave nave.

Nel doppiofondo a struttura trasversale sono sempre presenti i seguenti componenti principali:

• Due piattaforme stagne: una inferiore, detta “fondo”, e l’altra superiore, detta “cielo
del doppiofondo”, costituite da più corsi di lamiere dei quali i due sistemati a cavallo del
piano diametrale prendono i nomi di “corso di chiglia” e di “corso centrale del cielo del
doppiofondo”;

• Due corsi di lamiere stagne chiamate “marginali”, che chiudono lateralmente


l’intercapedine del doppio fondo e che possono essere disposti sia nel piano stesso del cielo
del doppiofondo, prendendo il nome di “marginali orizzontali”, oppure inclinati verso il
basso rispetto ad esso, prendendo il nome di “marginali sub-orizzontali” (vedi figura
generale);

• Un corso di lamiere stagne situato nel piano diametrale ed esteso verticalmente dal
corso centrale del cielo del doppiofondo al corso di chiglia (si intesta ad entrambi con un
giunti a T), detto “paramezzale centrale”;

• Uno o più corsi di lamiere che possono essere o non essere stagne, disposti sia a
destra che a sinistra del piano diametrale, ma simmetricamente rispetto ad esso ed estesi
verticalmente dal cielo del doppiofondo al fondo (si intestano allo stesso modo di quello
centrale), denominati “paramezzali laterali”;
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Costruzioni Navali 2

• Un certo numero di ossature trasversali, ognuna divisa dal paramezzale centrale in


due metà che si estende da quest’ultimo al ginocchio se il corso marginale è orizzontale,
oppure sino al corso marginale se questo è sub-orizzontale. Dette ossature, chiamate
“madieri”, poste ad una distanza tra loro pari all’intervallo di ossatura regolamentare, sono
costituite da lamiere che possono essere o non essere stagne.

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Costruzioni Navali 2

OSSERVAZIONE

In questo caso la piattabanda viene sostituita dal cielo del doppiofondo

Nella struttura trasversale a doppiofondo i madieri possono essere di tre tipi:

• Madieri pieni, o, madieri comuni;

• Madieri a telaio, o, madieri scheletrici;

• Madieri stagni.

Madieri pieni

I madieri pieni constano di due lamiere complanari, disposte verticalmente, ciascuno in genere, di
un sol pezzo, estesa dal piano diametrale sino al corso marginale, se questo è sub-orizzontale, o
sino al ginocchio, se detto corso è orizzontale. Qualora, per motivi di robustezza longitudinale, si
renda necessario realizzare i paramezzali laterali continui, anziché intercostali, entrambe le lamiere
risulteranno conseguentemente divise in più parti.

Nei madieri pieni sono praticati i seguenti fori:

• “passo d’uomo”, praticati a mezz’altezza del madiere, sono di forma ellittica e di


dimensioni (600𝑥𝑥400 𝑚𝑚𝑚𝑚) appena sufficienti per consentire il passaggio di una persona da
una zona all’altra quando si rende necessario ispezionare il doppiofondo o eseguire
operazioni di manutenzione. Secondo la normativa l’altezza del passo d’uomo non deve
superare il 50% dell’altezza del doppiofondo.

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Costruzioni Navali 2

• Fori detti di “alleggerimento”, vengono praticati per ridurre il peso dell’ossatura e


sono di dimensioni circolari di diametri piuttosto contenuto; spesso vengono utilizzati per
un’agevole sistemazione dei cavi e dei tubi;

• Fori ellittici di modeste dimensioni sono sempre presenti nelle parti più alte e più
basse di tutti i madieri pieni onde consentirne il deflusso dell’aria durante il riempimento
delle celle del doppiofondo ed il passaggio dei liquidi durante l’esaurimento di queste, e
prendono rispettivamente i nomi di “fori di sfogo aria” e “fori di drenaggio”.

Va detto, inoltre, che al fine di evitare l’ingobbimento della lamiera sotto le azioni contrapposte
dovute al carico nella stiva, agente sul cielo del doppiofondo, e alla pressione idrostatica, agente
sul fondo, i madieri pieni sono irrobustiti con “montanti” costituiti da profilati (piatti semplici o
piatti a bulbo dissimmetrici) disposti verticalmente e rastremati ad entrambe le estremità per
risparmio di peso.

Madieri a telaio

Il madiere a telaio è composto essenzialmente da 2 travi disposte trasversalmente che si intestano


sul fondo (costa) e sul cielo del doppiofondo (rovescia). Poiché il madiere a telaio è utilizzato in una
struttura trasversale, esso va inserito soltanto sulle ossature ordinarie e quindi la costa e la rovescia
saranno travi ordinarie (ferri piatti, ferri a bulbo o ferri a L).

La lunghezza della costa e della rovescia è pari a metà della larghezza della nave nel caso in cui non
vi siano paramezzali laterali; in caso contrario, è pari alla distanza tra i paramezzali laterali.

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Costruzioni Navali 2

Detti profilati sono riuniti fra loro in corrispondenza del paramezzale centrale e del corso marginale
mediante “squadre flangiate”, nelle quali il più delle volte sono praticati dei fori di alleggerimento.

Invece, in corrispondenza dei paramezzali laterali non stagni, sia la costa che la rovescia passano
attraverso opportune feritoie praticate nella lamiera con la particolarità che, se detti paramezzali
laterali sono intercostali, un montante verticale costituito comunemente da un ferro piatto
semplice e ad essi saldato vincola tra loro i due profilati con collegamenti effettuati alle sue
estremità; se invece detti paramezzali laterali sono continui, squadre flangiate analoghe a quelle
prima dette devono essere sistemate su entrambi i lati dei paramezzali stessi; se invece si volesse
mantenere la continuità di costa e rovescia su detti paramezzali laterali stagni si utilizzano
opportune feritoie la cui integrità viene ripristinata mediante “mascherine stagne”.

Per ridurre il dimensionamento della costa e della rovescia si possono frazionare le loro campate
mediante “puntoni” costituiti da profilati a C sistemati a metà di queste. Dalla figura (Morvillo
pag.50) si osserva che il profilato a C ben si presta a tale compito in quanto risulta possibile
accostare le estremità del puntone sia alla costa che alla rovescia e a far combaciare le loro superfici.
Per risparmio di materiale e quindi di peso in corrispondenza della testa e del piede del puntone le
ali del profilato vengono convenientemente rastremate.

La costa e la rovescia hanno entrambe le


estremità un particolare profilo che per la sua
forma viene denominato a “becco di flauto”, e
tale sagomatura rende possibile il loro
accostamento alle squadre flangiate e
l’esecuzione del collegamento con queste
mediante saldatura.

Madieri stagni

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Costruzioni Navali 2

I madieri stagni sono costituiti, come quelli pieni, da due lamiere complanari, ciascuna di un solo
pezzo, estesa dal paramezzale centrale sino al marginale, se questo è sub-orizzontale, o sino al
ginocchio, se detto corso è orizzontale. Queste lamiere devono, però, essere integre, cioè non
devono presentare fori né grandi, né piccoli, persino gli intagli devono essere muniti di mascherina
stagna.

La funzione svolta da tali madieri stagni è quella di suddividere longitudinalmente il doppiofondo


in tanti compartimenti non comunicanti tra loro.

Collegamento tra gli elementi strutturali

I collegamenti tra gli elementi trasversali del fondo (madiere pieno, stagno o scheletrico) con
elementi strutturali del fianco (costole ordinarie e rinforzate) avviene mediante squadre che sono:

1. flangiate per il collegamento di elementi ordinari;

2. piattabandate per il collegamento degli elementi rinforzati.

Ad esempio in figura è riportato il collegamento tra la costola ordinaria e il madiere ordinario del
doppiofondo.

La struttura trasversale continua con il collegamento delle


costole con i bagli dei ponti. È bene ricordare che nelle
ossature ordinarie le sezioni resistenti delle travi saranno
profili a bulbo, profili piatti e profili ad L; mentre le squadre
saranno opportunamente flangiante (spessore flangia =
spessore squadra)

Per quanto riguarda le ossature rinforzate esse saranno


costituite da travi con sezione a T e le squadre di estremità
avranno un’anima e una piattabanda avente spessore ≥
spessore dell’anima della trave rinforzata.

Possiamo notare infine che diventa facile trovare il modello strutturale per ottenere le dimensioni
delle costole sia ordinarie che rinforzate. Valutando opportunamente il carico esterno, la costola
ordinaria è una trave con un'opportuna campata ed aventi le strisce di carico pari all'intervallo di
ossatura ordinario. Per la costola rinforzata valgono le stesse considerazioni, ad eccezione della
striscia di carico che in questo caso ha una larghezza pari all'intervallo di ossatura rinforzato.

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Costruzioni Navali 2

Lezione 4
STRUTTURA TRASVERSALE E STRUTTURA LONGITUDINALE

Sulle navi è possibile trovare il bottazzo che assorbe i colpi che può essere in legno o gomma ed è
messo lungo la cinta per assolvere la funzione di parabordo.

La sovrastruttura si fa in alluminio perché fa abbassare il baricentro dell’intera nave e aumentare la


stabilità, e poi perché diminuisce il peso di 1/3 rispetto all’utilizzo dell’acciaio.

Per saldare le due parti, essendo di materiale diverso usiamo dei


“giunti” che sono metà in alluminio e metà d’acciaio.

Nonostante ci siano due differenti materiali si deve garantire la


stessa resistenza che si ha nel caso di struttura costruita con un
unico materiale.

È possibile affermare che per come è fatta una struttura trasversale (con ossature ordinarie e
rinforzate) essa assolve prevalentemente carichi di natura trasversale.

Struttura longitudinale

Intorno agli inizi del 1900, man mano che aumentavano le dimensioni delle navi, si è avuta una
rivoluzione nel campo della morfologia strutturale. Gli ingegneri dell’epoca avevano capito che
all’aumentare delle dimensioni della nave, aumentavano i carichi di natura longitudinale.

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Costruzioni Navali 2

In Parte 𝐵𝐵, Capitolo 4, Sezione 4, [1.2.1], il registro impone: “Nelle navi di lunghezza maggiore di
120 m, il fondo deve in generale essere a struttura longitudinale.”

NB: Per carichi di natura longitudinale intendiamo i carichi di sollecitazione interna (taglio verticale
ed orizzontale, momento flettente orizzontale e verticale e momento torcente) che agiscono sulla
trave-nave quando si troverà a navigare con una fissata condizione di carico.

Nel sistema a struttura trasversale gli elementi strutturali che resistono a tale sollecitazioni sono:

1) pannelli di fasciame del ponte, del fondo e dei fianchi;

2) elementi rinforzati longitudinali del fondo (paramezzale centrale e laterali);

3) elementi rinforzati longitudinali dei ponti (anguilla centrale e laterali);

4) elementi rinforzati longitudinali dei fianchi (correnti rinforzati dei fianchi).

Di questi elementi strutturali, in particolare, i pannelli di fasciame possono subire ingobbimenti


dovuti agli elevati carichi di compressione quando la nave naviga in un mare ondoso.

Come già evidenziato, per eliminare i “difetti” della struttura trasversale all’aumentare delle
dimensioni della nave (scarsa robustezza longitudinale ed eccessiva robustezza trasversale) è stato
realizzato il sistema a struttura longitudinale, che vede essenzialmente diminuire il numero di
ossature in modo tale da avere solo quelle rinforzate e sostituire agli elementi ordinari trasversali
gli elementi ordinari longitudinali (correnti longitudinali) che hanno una triplice funzione:

1) trasmettere le azioni locali agenti sui pannelli di fasciame alle ossature rinforzate trasversali;

2) contribuire alla robustezza longitudinale della trave-nave attraverso la propria inerzia;

3) favorire la mancanza di ingobbimento dei pannelli di fasciame irrigidendo la zona locale del
pannello.

Di seguito riportiamo una vista prospettica della sezione di uno scafo a struttura longitudinale a
fondo semplice.

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Costruzioni Navali 2

CONTINUITÀ LONGITUDINALE DEI CORRENTI: TIPI DI FERITOIE NAVALI

Nella struttura longitudinale occorre precisare che si dà maggiore importanza alla continuità
longitudinale degli elementi strutturali, cioè dei correnti longitudinali; quindi essi dovranno essere
continui attraverso gli elementi trasversali.

Per risolvere ciò si realizzano delle “feritoie” all’interno delle anime degli elementi rinforzati
trasversali. Esistono diversi tipi di feritoie, e di seguito riportiamo 2 esempi per i profilati ad L.

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Costruzioni Navali 2

Precisiamo che esse non devono avere spigoli vivi in quanto comportano elevate concentrazioni di
tensioni; inoltre la rigidità del corrente con l’anima dell’elemento rinforzato dipenderà dalla
lunghezza del cordone di saldatura (tratto 𝐴𝐴 − 𝐵𝐵 in figura) che si riuscirà a realizzare tra il corrente
e l’anima dell’elemento rinforzato. Il collegamento tra elemento ordinario e rinforzato è tanto più
rigido quanto più grande è il tratto 𝐴𝐴𝐴𝐴.

Nelle zone ove si verificano concentrazioni di sforzi o possono insistere forti carichi dinamici, si
rende necessaria la sistemazione delle cosiddette “mascherine” (si può così aumentare la
lunghezza del tratto 𝐴𝐴𝐴𝐴), le quali non sono altro che delle piastre di ridotte dimensioni, aventi la
funzione di rafforzare ulteriormente il vincolo realizzato tramite il collegamento dell’appendice con
il profilato.

In corrispondenza dei diaframmi stagni trasversali (paratie stagne o elementi rinforzati stagni),
volendo conservare la continuità dei correnti longitudinali, dette feritoie devono essere
necessariamente munite di opportuni mezzi di tenuta stagna.

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Costruzioni Navali 2

Si fa allora ricorso alle cosiddette “mascherine stagne”, le quali a causa delle diverse forme assunte
dalle sezioni rette dei profilati, sono di varia configurazione, così come mostrano le figure di fianco
riportate.

NB: Come si può notare il progettista dovrà ipotizzare la morfologia della struttura longitudinale
partendo dal contorno esterno della sezione, ottenuto dal piano di costruzione, e dal contorno
interno della sezione ottenuto dal piano delle capacità.

La posizione dei pannelli di fasciame dovrà tener conto delle possibili sovrapposizioni delle
saldature e della massima larghezza (generalmente non superiore ai 3,5 𝑚𝑚) dei pannelli di fasciame
trasportabili tramite autocarri. Ovviamente all’aumentare della larghezza dei pannelli di fasciame
si avrà un duplice effetto:

1) diminuirà la lunghezza delle saldature;

2) saranno minori le concentrazioni di tensione dovute alle stesse saldature (tensioni


residue di saldatura)

In generale, si tende ad uniformare la distanza tra i correnti in modo tale che non superi del 20%
l’intervallo di ossatura ordinario e che sia un sottomultiplo della distanza degli elementi rinforzati
longitudinali.

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Costruzioni Navali 2

Struttura longitudinale con doppiofondo

Nella struttura longitudinale con doppiofondo sono presenti i seguenti elementi:

• il fondo e cielo del doppiofondo;

• i marginali;

• il paramezzale centrale;

• un certo numero di profilati, generalmente ferri piatti con bulbo dissimmetrico, ma


alcune volte anche ferri ad L oppure a T, disposti parallelamente al piano diametrale e
collegati sia con il cielo del doppiofondo che con il fondo, i cui nomi sono rispettivamente
“correnti longitudinali del cielo del doppiofondo” e “correnti longitudinali del fondo”.
Detti correnti, situati a destra e a sinistra del paramezzale centrale e simmetricamente
rispetto al piano diametrale, sono posti ad una distanza tra loro pari all’intervallo di ossatura
comune.

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Costruzioni Navali 2

• i madieri sono distanti tra loro 3 o 4 intervalli di ossatura comune, solo


eccezionalmente di 2 nel caso del locale apparato motore. Esse sono costituite da lamiere
che possono essere o non essere stagne, estese verticalmente per tutta l’altezza del
doppiofondo, aventi l’orlo superiore e l’orlo inferiore corredati di apposite feritoie per
l’attraversamento dei correnti longitudinali rispettivamente del cielo del doppiofondo e del
fondo. A differenza del doppiofondo a struttura trasversale nel quale sono presenti 3 tipi
diversi di madieri, nel doppiofondo a struttura longitudinale ne sono presenti soltanto due,
e precisamente:

1) il madiere pieno o comune;

2) il madiere stagno.

Tali madieri presentano sempre i passi d’uomo (praticati sempre secondo le norme del
registro) e i fori di alleggerimento; i fori di sfogo dell’aria e i fori di drenaggio,
contrariamente ai madieri pieni del doppiofondo della struttura trasversale, non sono
presenti essendo le loro funzioni svolte dalle luci comprese tra i profili delle feritoie e i
correnti longitudinali.

Onde evitare l’ingobbimento della lamiera sotto le azioni contrapposte dovute al carico nella stiva,
agente sul cielo del doppiofondo, e alla pressione idrostatica, agente sul fondo, i madieri pieni
vengono irrobustiti mediante montanti costituiti da piatti semplici o a bulbo dissimmetrico,
disposti ad ogni coppia di correnti longitudinali.

Nei piani delle ordinate comuni sono presenti una coppia di squadre rettangolari ai lati del
paramezzale centrale, di larghezza pari ad un intervallo dei correnti longitudinali, con il compito di
irrigidirne la lamiera ed una coppia di squadre in corrispondenza dei ginocchi, estese quanto
necessario per irrobustirne la struttura.

I paramezzali centrali sono muniti di passi d’uomo, di fori di sfogo dell’aria e di fori di drenaggio.
Onde evitare che si ingobbino sotto l’azione di carichi verticali contrapposti, essi vanno irrigiditi
mediante montanti costituiti da ferri piatti semplici, oppure a bulbo dissimmetrici.

Per quanto riguarda i correnti longitudinali, se le campate di quest’ultimi, ossia le distanze tra i
madieri pieni, sono pari a due o tre intervalli di ossatura, detti profilati non richiedono sostegni
intermedi, mentre, se sono pari a quattro intervalli di ossatura e, a maggior ragione, se il carico
gravante è costituito da materiale di elevato peso specifico, al fine di ridurre il dimensionamento,
si fa ricorso ai puntoni costituiti dai ferri a 𝐶𝐶.

In corrispondenza dei madieri stagni, per i correnti longitudinali, sia del cielo del doppiofondo che
del fondo, possono attuarsi le seguenti soluzioni alternative:

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Costruzioni Navali 2

• se nel diaframma vengono praticate le opportune feritoie, essi l’attraversano


mantenendo inalterata la loro continuità. Per mantenere lo stagno si fa ricorso alle
mascherine stagne;

• se, invece, nel diaframma non si vogliono praticare le feritoie, si interrompono in


corrispondenza di essi i correnti longitudinali sia del fondo, che del cielo del doppiofondo,
provvedendo al ripristino della loro continuità mediante squadre passanti.

STRUTTURA DI UNA CHIGLIA-CONDOTTO

La chiglia rappresenta la “spina dorsale” dello scafo in quanto ha dimensioni molto più elevate
rispetto agli altri rinforzi in quanto:

• deve resistere alle reazioni delle taccate in bacino;

• fornisce un contributo molto elevato al momento d’inerzia per la distanza dall’asse neutro;

• deve sopportare dei carichi locali molto elevati.

Come nel doppiofondo a struttura trasversale, così pure in quello a struttura longitudinale può
essere realizzata nel doppiofondo una “chiglia-condotto”, composta longitudinalmente da corsi di
fasciame, quali:

1) corso di chiglia sul fondo della nave;

2) corso di lamiere sul cielo del doppiofondo;

3) 2 paramezzali laterali stagni (vanno a sostituire il paramezzale centrale).

I due paramezzali suddetti, disposti simmetricamente rispetto al piano diametrale, continui e


stagni, unitamente al corso di chiglia e a quello centrale del cielo del doppiofondo, realizzano
all’interno di quest’ultimo un vero e proprio tunnel che si estende, di solito dalla paratia prodiera
del locale apparato motore a quello di collisione.

Di norma la struttura di tale chiglia non è né longitudinale ne trasversale, perché sarà costituita sia
da ossature ordinarie che da ossature rinforzate (sia da correnti longitudinali). L’intervallo di
ossatura ordinaria è pari alla metà di quello rinforzato; la struttura è particolarmente irrobustita
soprattutto a causa delle reazioni delle taccate centrali durante l’immissione della nave in bacino.

L’utilizzazione di detti tunnel varia in dipendenza del particolare servizio al quale la nave è adibita:
generalmente in essi trovano pratico alloggio le tubazioni del doppiofondo ed i cavi elettrici.

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Costruzioni Navali 2

Le figure qui sotto mostrano la chiglia condotto in entrambe le strutture.

NB: In generale tutti i paramezzali stagni, quando hanno un’altezza superiore alla distanza tra 2
rinforzi ordinari (correnti), devono essere dotati di rinforzi ordinari continui longitudinalmente. Tali
rinforzi, che hanno la funzione identica a quella dei correnti longitudinali, trasmettono i carichi
agenti sul paramezzale ai madieri rinforzati posti ad ogni intervallo di ossatura rinforzato.

È bene evidenziare che quanto detto per i paramezzali si può estendere alle anime degli elementi
rinforzati (anguille del ponte); ad esempio nelle navi petroliere, a causa delle grandi dimensioni
delle campate delle anguille e, di conseguenza, delle altezze delle anime delle travi, troviamo un
certo numero di correnti longitudinali che si intestano sulle anime delle stesse travi. Tali correnti
hanno una duplice funzione:

1. Irrigidire localmente l’anima dell’anguilla;

2. Contribuire al momento d’inerzia, valutato rispetto l’asse neutro, di tutti gli elementi che
concorrono alla robustezza longitudinale della nave.

NB: Occorre ricordare che nella zona dell’apparato motore diminuisce l’intervallo di ossatura
rinforzato soprattutto per gli elementi strutturali rinforzati del fondo (in generale è pari alla metà
dell’intervallo d’ossatura calcolato al di fuori della zona dell’apparato motore). L’aumento
soprattutto dei madieri rinforzati è dovuto all’interazione tra il motore e le strutture del fondo.
Generalmente al di sotto dei motori aumentano anche le dimensioni delle piattabande dei
paramezzali.

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Costruzioni Navali 2

Lezione 5
Nella precedente lezione abbiamo esaminato i vantaggi di quando passiamo da una struttura
trasversale ad una longitudinale; in particolare analizzando la struttura del doppio fondo abbiamo
evidenziato che l’introduzione degli elementi ordinari longitudinali (correnti) sul fondo della nave
ha più vantaggi:

• A parità di pressioni sul fondo sarà minore lo spessore dei pannelli di fasciame in
quanto questi ultimi saranno sorretti da elementi ordinari (correnti) che si possono trovare
ad una distanza minore dell’intervallo di ossatura ordinaria.

• I correnti longitudinali contribuiscono particolarmente a sopportare i carichi primari


relativi alla robustezza longitudinale della nave; essendo elementi strutturali posti sul fondo
(e quindi ad una elevata distanza dall’asse neutro), essi contribuiranno notevolmente ad
aumentare il momento d’inerzia geometrico della sezione resistente della trave nave
rispetto all’asse neutro.

• Questo riguarda l’instabilità dei pannelli elementari di fasciame; l’introduzione dei


correnti aumenta le sollecitazioni critiche per instabilità dei pannelli di fasciame soprattutto
quando la nave si inarca (compressione sul fondo) o s’insella (compressione sul ponte).

ELEMENTI LONGITUDINALMENTE CONTINUI SUL FIANCO

Il collegamento dei pannelli di fasciame sul fianco avverrà in maniera identica al collegamento sulla
struttura trasversale, ma i pannelli saranno irrigiditi localmente da correnti che si estenderanno per
tutta la lunghezza della nave. In tal caso la pressione agente sul pannello si scaricherà su tali correnti
che a loro volta scaricheranno i carichi sulle costole rinforzate del fianco, poste, com’è noto, sui
piani di ossatura rinforzata.

Da quanto detto, nell’ossatura ordinaria del fianco non troveremo una costola ordinaria; sarà
possibile in ogni caso inserire delle squadre di collegamento tra il fondo e il fianco e tra il fianco e il
ponte.

NB: Quando sul pannello di fasciame agiscono 2 tipologie di strutture, quelle longitudinali e quelle
trasversali, occorrerà valutare entrambi gli spessori prendendo in esame la struttura longitudinale
di un pannello che avrà un lato più corto pari alla distanza tra 2 correnti e il lato più lungo pari
all’intervallo di ossatura rinforzato.

37
Costruzioni Navali 2

Struttura mista con doppiofondo

I due tipi di struttura trattati in precedenza presentano entrambi vantaggi e svantaggi che si
possono sinteticamente riassumere cosi:

• la struttura trasversale presenta essenzialmente un inconveniente che fa sentire


tanto più la sua influenza negativa quanto più grandi sono le dimensioni dello scafo: il
materiale costituente i telai trasversali, atto ad assorbire i carichi agenti secondo la
direzione normale al piano diametrale, non collabora alla robustezza longitudinale non
facendo parte della sezione resistente al momento flettente longitudinale.

Inoltre è necessario mantenere le ossature sufficientemente ravvicinate tra di loro


altrimenti, con il fasciame del ponte e del fondo sottoposto a compressione, si va incontro
a fenomeni di collasso data la scarsa rigidezza flessionale del fasciame, a meno di non
incrementare proibitivamente il suo spessore.

• la struttura longitudinale presenta invece il vantaggio di utilizzare nella sezione


resistente anche i correnti longitudinali, permettendo una riduzione di spessore dei fasciami
specie nelle zone del ponte e del fondo; infatti i profilati ivi sistemati nella direzione poppa-
prua conferiscono all’insieme fasciame-corrente longitudinale, compreso tra i due telai
rinforzati, una rigidezza flessionale notevolmente più elevata, e quindi, maggior capacità di
garantirsi dai pericoli di fiaccamento.

Quindi è facile intuire che il principale pregio della struttura longitudinale è quello della
riduzione del peso, sia in rapporto alla robustezza longitudinale, sia in rapporto al carico
critico.

• alla distribuzione dei ferri in uno scafo a struttura longitudinale può muoversi la
seguente critica: i correnti longitudinali situati in prossimità dell’asse neutro contribuiscono
scarsamente alla grandezza In , a differenza di quelli situati a ridosso del ponte e del fondo,
ne peraltro sono sottoposti a rilevanti sforzi di trazione o di compressione.

• una conseguenza non certo positiva dell’adozione della struttura longitudinale sta
nel fatto che le costole e i bagli, a causa delle dimensioni delle loro anime, limita la capacità
di carico quando trattasi di merce ingombrante.

Pertanto, ai due sistemi di costruzione (trasversale e longitudinale), si affiancò un terzo sistema che
venne ideato allo scopo di realizzare le diverse parti dello scafo con il tipo di struttura che meglio si
presta a resistere agli sforzi cui esse sono sottoposte.

38
Costruzioni Navali 2

Questo terzo sistema di costruzione prende il nome di “struttura mista” che attinge da ognuno dei
due sistemi i lati positivi, al fine di sfruttare il materiale in maniera più razionale rispetto agli altri
due sistemi.

In esso le zone dello scafo più lontane dall’asse neutro, e cioè il ponte ed il fondo o doppiofondo,
che sono quelle più sollecitate alla flessione longitudinale, sono a struttura longitudinale, mentre
quelle delle murate, nelle quali le sollecitazioni di flessione sono relativamente più basse, sono a
struttura trasversale per meglio assorbire le sollecitazioni di taglio e quelle inerenti alla robustezza
trasversale.

La struttura del fianco, di tipo trasversale, verrà collegata opportunamente alla struttura del ponte,
di tipo longitudinale. Le costole rinforzate verranno collegate ai bagli rinforzati posti in
corrispondenza delle ossature rinforzate.

I bagli rinforzati sono generalmente di due tipi:

1) Baglio rinforzato continuo da destra a sinistra della nave nel caso in cui non sono
previste aperture sul ponte;

39
Costruzioni Navali 2

2) Baglio rinforzato discontinuo (mezzo baglio) che si intesta sulle mastre delle
boccaporte e quindi con aperture sul ponte.

Ovviamente se sono poste travi rinforzate sui ponti (anguille), tali travi saranno continue da poppa
a prua e i bagli si intesteranno su di essi.

NB: Quando le anime degli elementi rinforzati trasversali hanno altezza molto grande sarà
possibile inserire dei ferri piatti in modo tale da evitare fenomeni di ingobbimento locale.

OSSERVAZIONE

Come si può facilmente intuire, diversi rinforzi locali provvedono a irrobustire i collegamenti fra i
diversi sistemi strutturali, onde evitare che nel passaggio da un tipo di struttura all’altro si
determinino localmente delle pericolose e brusche discontinuità nella robustezza dello scafo

PARATIE STRUTTURALI DI COMPARTIMENTAZIONE

La morfologia strutturale di una paratia di compartimentazione trasversale piana è vincolata alla


morfologia strutturale scelta per le strutture del ponte, del fondo ed, eventualmente, del fianco.

Ricordiamo che le paratie trasversali di compartimentazione dipendono anche da vincoli di natura


non strutturale. Il progettista strutturale leggerà il numero e la posizione delle paratie sul piano
delle capacità della nave; il piano delle capacità è stato redatto soprattutto in base ai vincoli di
galleggiabilità e stabilità in condizione di allagamento. Pertanto il progetto strutturale delle paratie
consiste nello scegliere le nervature che sorreggono i pannelli di fasciame in caso di allagamento;
la scelta delle nervature in una paratia composta da montanti ordinari e rinforzati e sarà legata alla
morfologia strutturale scelta dal progettista nella sezione maestra. E’ ovvio dire che la paratia
trasversale sostituisce l’ordinata rinforzata.

L’esempio classico di una paratia piana prevede montanti ordinari (elementi verticali) posti alla
stessa distanza, rispetto al piano diametrale, dei correnti longitudinali; prevede inoltre dei
montanti rinforzati posti ad una stessa distanza, rispetto al piano diametrale, dei paramezzali e
delle anguille. Infine per tale morfologia prevede la disposizione di traverse (elementi rinforzati
trasversali) che hanno la funzione principale di spezzare le campate dei montanti e saranno poste
in corrispondenza dei correnti rinforzati del fianco.

Il meccanismo di trasmissione del carico è il seguente:

1. La pressione agente sui pannelli di fasciame viene trasmessa ai montanti ordinari;

2. I montati ordinari scaricano i carichi generati su di essi sugli elementi rinforzati di


supporto (principalmente sulle traverse);
40
Costruzioni Navali 2

3. Gli elementi rinforzati (traverse e montanti rinforzati) collaborano insieme reagendo


all’intero carico.

Per quanto riguarda i modelli da considerare per il dimensionamento strutturale, essi sono di 2 tipi:

1. Modello di piastra per gli spessori dei pannelli del fasciame;

2. Modello di trave per i montanti e le traverse.

NB: La scelta delle campate diventa semplice nel caso dei montanti ordinari, in quanto, con
ragionevole certezza, sono travi “portate” dalle travi rinforzate. Diventa più complicato isolare le
travi rinforzate in quanto occorre stabilire chi fa da “trave portante” e chi fa da “trave portata”: in
alcune tipologie di navi la scelta delle travi portanti ricade sui montanti rinforzati, in altre navi la
scelta ricade sulle traverse; altre volte è il progettista a fare la scelta. Anche per le paratie l’altezza
delle anime dei rinforzi ordinari non possono superare il 50% dell’altezza delle travi rinforzate
attraverso cui passano.

Alcune considerazioni possono essere fatte nel caso in cui si scelga di avere, al posto dei montanti
ordinari, dei correnti orizzontali. In tal caso non abbiamo traverse e le campate dei correnti
orizzontali vengono spezzate dai montanti rinforzati che saranno posti sempre in corrispondenza
degli elementi rinforzati longitudinalmente, quali anguille e paramezzali. È facile capire in questo
caso che la campata dei montanti rinforzati sarà pari alla distanza verticale tra il cielo del
doppiofondo e il ponte, mentre la campata dei correnti orizzontali sarà pari alla distanza tra 2
montanti rinforzati.

Ricordiamo, infine, che la struttura di una paratia può essere diversa da quella piana: è il caso
classico delle nuove Bulk Carrier, in cui le corrugazioni possono avere andamento verticale oppure
orizzontale. La parte corrugata della paratia è sempre collegata a 2 strutture di rinforzo, nella parte
inferiore, vicino al cielo del doppiofondo e, nella parte superiore, vicino al ponte di coperta con
strutture di rinforzo, chiamate CASSONETTI, che oltre a irrobustire la nave scorrono per dare la
possibilità di autostimare il carico che tende a raccogliersi, scivolando sul cielo del cassonetto, nella
parte bassa.

Mettiamo infine in evidenza che in generale le paratie corrugate, quando vengono dimensionate
per carichi locali molto elevati come nelle Bulk Carrier, hanno una struttura più leggera rispetto a
quelle di una paratia piana progettata per sopportare lo stesso carico.

41
Costruzioni Navali 2

ESTENSIONE DELLE STRUTTURE NELLA ZONA CENTRALE DELLA NAVE ALLE


ZONE DI PRORA E POPPA

Nelle precedenti lezioni abbiamo studiato le tre morfologie strutturali classiche delle costruzioni
navali: la struttura trasversale, la struttura longitudinale e la struttura mista. È possibile affermare
che partendo dalla sezione maestra della nave, una volta scelta la morfologia strutturale, è possibile
estendere tali tipi di strutture in altre parti della nave. In particolare nella zona compresa tra la
paratia del pressatrecce e la paratia di collisione, una simile estensione dovrà tener conto della
possibilità di cambiare l’intervallo di ossatura in particolari zone, come ad esempio nell’apparato
motore. Infatti abbiamo più volte evidenziato che nella zona dell’apparato motore, soprattutto per
1 1
i madieri, cambierà l’intervallo di ossatura che spesso è ridotto ad 2 o ad 3 dell’intervallo di ossatura
rinforzato scelto per le altre zone. Dal punto di vista del dimensionamento strutturale, man mano
che ci si allontana dalla sezione maestra cambieranno le dimensioni dei ferri di tutti gli elementi
strutturali (quelli che concorrono alla robustezza strutturale longitudinale e quelli che concorrono
alla robustezza strutturale trasversale) a causa dei diversi carichi agenti sulle rispettive sezioni di
riferimento.

STRUTTURA DI PRUA E DI POPPA

Abbiamo individuato la morfologia strutturale nella zona della nave entro 0.4𝐿𝐿 al mezzo e al di fuori
di tale zona; tutte le considerazioni fatte, in generale, valgono per le strutture che si estendono
dalla paratia del pressatrecce fino alla paratia anticollisione.

Il RINA indica i dimensionamenti nella zona di prora e nella zona di poppa intendendo per tali zone
rispettivamente quelle a proravia della paratia di collisione e quella a poppavia della paratia del
pressatrecce. Tali strutture dipendono molto anche dal tipo di nave in questione.

Generalmente in tali zone cambia il sistema strutturale da utilizzare.

Struttura di prua

42
Costruzioni Navali 2

Per la struttura di prua è bene evidenziare che essa è costruita immaginando che in caso di collisione
con altre navi la rottura degli elementi strutturali (assorbimento dell’energia dovuta all’urto con la
nave collisa per il tramite della deformazione plastica delle strutture, cioè permanente) avvenga a
proravia della paratia anticollisione, per far ciò aumenterà la densità delle ossature e la struttura
avrà una morfologia che sarà diversa da quella trasversale o longitudinale.

Sarà previsto un sistema a struttura trasversale perché è quello più idoneo a sopportare i carichi
locali (le caratteristiche di sollecitazione interna sono quasi nulle in questa zona, quindi sono i
carichi locali a essere preponderanti); vista l’elevata altezza della zona di prua verranno inserite un
certo numero di ossature rinforzate orizzontali, quali copertini e correnti, che assorbiranno energia
quando, per esempio, c’è una collisione con un’altra nave.

Generalmente la paratia anticollisione è piana; pertanto un esempio di struttura orizzontale,


opportunamente nervata, a proravia della paratia anticollisione può essere quello riportato nella
figura a pag. 125 del Morvillo.

Sul fianco ci sono costole ordinarie che generalmente non sono ortogonali al pannello di fasciame
sul fianco, ma ortogonali al piano diametrale della nave; ogni due ossature ci sono degli elementi
di collegamento tra le costole sul fianco. Il copertino serve per realizzare lo stagno o altro. Il
paramezzale centrale passa attraverso la paratia anticollisione e continua fino al ponte dove
l’anguilla si intesta al paramezzale stesso (eventualmente si può mettere una squadra
piattabandata). Se c’è il copertino dovrò realizzare una feritoia su di esso in modo da far passare il
paramezzale.

Struttura di poppa

Per le navi con poppa a specchio, essa si chiude come una specie di paratia piana che sarà rinforzata
da montanti ordinari e rinforzati ed eventuali traverse (quindi la stessa morfologia di una paratia).
In generale nella zona a poppavia della paratia del pressatrecce si avrà una continuità degli elementi
longitudinali del fondo e del ponte in modo da intestarle sugli elementi strutturali della poppa a
specchio, quali montanti verticali rinforzati e montanti verticali ordinari. La struttura di tale poppa
sarà simile a quella di una paratia trasversale con carichi locali, statici e dinamici, che dipenderanno
dalla pressione esterna agente nella zona di poppa. Ovviamente gli spessori dei pannelli di fasciame
potranno essere diversi da quelli della paratia trasversale di compartimentazione poiché, in
generale, il carico sarà diverso.

SCHEMA DI BASE PER IL PROBLEMA STRUTTURALE DELLA NAVE

Nella prima parte abbiamo studiato la morfologia di una struttura navale valida per tutti gli
elementi strutturali che costituiscono lo scafo e l’eventuale sovrastruttura. Il passo successivo sarà
la scelta del materiale e le sue caratteristiche meccaniche. A tale riguardo occorre precisare che la
morfologia strutturale e la scelta del materiale ricadono in ogni caso sul proporzionamento
strutturale definitivo; risulta pertanto necessario sintetizzare i passi da effettuare a valle della
43
Costruzioni Navali 2

morfologia strutturale e la scelta del materiale. Come più volte evidenziato, il proporzionamento
strutturale “diretto” di una nave non può che risolversi in maniera iterativa. Si parte da una struttura
iniziale basata su quel che l’ufficio di progettazione e la personale esperienza che il progettista offre
quanto a navi similari. Successivamente si procederà ad un graduale affinamento della struttura.

Lo schema base della procedura iterativa è il seguente:

1) determinazione dei carichi agenti che ragionevolmente agiranno nel corso della vita
della struttura;

2) determinazione della risposta strutturale ovvero gli effetti del carico quali stati
tensionali e stato di deformazione;

3) determinazione degli stati di collasso o di valori limiti degli effetti del carico;

4) procedura di verifica che tiene conto del confronto degli effetti del carico e i loro
valori limite.

NB: tale procedura, se viene fatta a valle di una trattazione razionale degli effetti del carico e dei
valori limiti, dovrà essere basata sui criteri di natura affidabilistica.

COSE DA RICORDARE DAL MORVILLO

Il fasciame ha due funzioni:

• assicurare lo stagno
• trasferire i carichi sui telai

Nella struttura trasversale i correnti rinforzati di murata servono per spezzare la campata delle
costole ordinarie, ma trovandosi in prossimità dell’asse neutro non contribuiscono molto a
robustezza longitudinale, per cui si interrompono in prossimità delle costole rinforzate.

Il fasciame del ginocchio risulta maggiorato per realizzare un solido collegamento fra:

• le ossature del fondo e del fianco


• l’aletta di rollio e la struttura della scafo

Ogni discontinuità negli elementi strutturali genera:

• un indebolimento della sezione resistente dell’elemento


• sollecitazioni supplementari dovute alla concentrazione delle linee di tensione intorno agli
spigoli della discontinuità

Le lamiere sono individuate tramite:

44
Costruzioni Navali 2

• una lettera che specifica il corso di fasciame di appartenenza


• un numero che specifica la posizione longitudinale della lamiera di quel corso

La SOLAS impone l’applicazione del doppiofondo per navi con 𝐿𝐿 ≥ 50 𝑚𝑚. Il registro ci dice:

“L’altezza del doppio fondo deve essere sufficiente a permettere l’accesso a tutte le sue parti e, in
corrispondenza del paramezzale centrale, deve essere non minore del più grande tra i valori
ottenuti, in m, dalle seguenti formule”:

3(𝐵𝐵 + 𝑇𝑇 + 10)
ℎ𝐷𝐷𝐷𝐷 =
100

ℎ𝐷𝐷𝐷𝐷 = 0.7

I vantaggi del doppiofondo sono:

• la presenza di un secondo fasciame costituisce un notevole apporto di aree resistenti situate


a ragguardevole distanza dall’asse neutro della generica sezione trasversale dello scafo, con
conseguente miglioramento della robustezza longitudinale della trave nave.

• la presenza di un secondo fasciame evita chiaramente l’allagamento delle stive e del locale
apparato motore in caso di lacerazioni nel fasciame del fondo oppure nei ginocchi causate
da urti contro corpi estranei.

• il doppiofondo costituisce una capiente cisterna che, opportunamente frazionata in un


conveniente numero di “celle” mediante paramezzali e madieri stagni, può essere utilizzata:

o come deposito di combustibile, olio lubrificante, acqua dolce o zavorra liquida;

o per frazionare i peli liberi delle superfici dei liquidi contenuti nelle celle;

o come sistema di bilanciamento sia trasversale che longitudinale.

45
Costruzioni Navali 2

Lezione 6
I MATERIALI DA SCAFO - PROPRIETÁ MECCANICHE (RINA PARTE D)

E’ molto importante per il progettista effettuare un’oculata scelta del materiale per la costruzione
dello scafo ed eventualmente della sovrastruttura. La scelta sarà vincolata alle proprietà
meccaniche dei materiali: infatti sulla base di queste proprietà è possibile calcolare le deformazioni
e le tensioni della struttura in modo da confrontarle con gli stati tensionali e di deformazioni che
possono portare alla crisi.

Come è noto, le strutture di una nave sono soggette a diversi tipi di carichi e di deformazioni
collegate alle condizioni di vita operativa (generalmente di 20 anni). Il progettista strutturale dovrà
assicurarsi che la struttura resista ai carichi agenti mantenendo le sue caratteristiche nel tempo. In
particolare, come è noto, si dovranno evitare eccessive deformazioni che potrebbero creare rotture
del materiale in zone dove i carichi e, in particolare, l’effetto della corrosione sono molto più
“probabili”. Pertanto le proprietà meccaniche dei materiali costituiscono il punto di partenza per il
progettista: è sulla base delle caratteristiche del materiale che il progettista calcola le deformazioni
in modo da verificare se esse sono limitate; è sulla base delle caratteristiche del materiale che il
progettista può verificare eventuali rotture in alcune parti delle strutture. In altre parole si può pure
dire che conoscere meglio le caratteristiche del materiale permette di sfruttare meglio lo stesso
materiale. Bisogna precisare che nella costruzione navale esistono 4 gruppi di acciai con
caratteristiche progressivamente crescenti:

• acciai al carbonio (Fe-C) (normal steel);

• acciai legati ad elevata resistenza (high strenght steel);

• acciai al carbonio con trattamenti termici;

• acciai legati con trattamenti termici.

Osservazione: “legati” vuol dire che ci sono anche altri materiali come nichel, cromo, ecc.

Gli acciai 1 e 2 sono acciai da scafo, mentre gli acciai 3 e 4 sono utilizzati per la realizzazione di
elementi come la linea d’assi, astuccio, ecc.

Osservazione: l’acciaio è una lega di ferro e carbonio, orientativamente le percentuali sono del
97 ÷ 98 % di ferro e la quantità di carbonio è piccolissima.

46
Costruzioni Navali 2

Nella costruzione navale vengono usati anche altri tipi di materiali quali “leghe leggere”,
specialmente nelle applicazioni delle unità veloci e per le sovrastrutture delle navi passeggeri. Ci
sono 3 motivi che ci impongono tale utilizzo:

• L’alluminio ha un peso specifico che è circa 1/3 di quello dell’acciaio; perciò nelle unità
veloci, dove il peso dello scafo influenza notevolmente la resistenza al moto, una lega
leggera come l’alluminio è di più facile applicazione.

• L’utilizzo delle leghe leggere per le sovrastrutture permette di mantenere, soprattutto nelle
unità passeggeri, quanto più bassa possibile la posizione del baricentro della nave,
comprensiva di scafo più sovrastrutture.

• L’alluminio conferisce alla lega leggera un’elevata resistenza alla corrosione.

PROPRIETÁ MECCANICHE

Le principali a cui saremo interessati riguardano:

1. Resistenza: la resistenza è una misura della capacità del materiale di sopportare i


carichi di esercizio: le sollecitazioni (statiche e dinamiche) di trazione o compressione,
flessione, di torsione e di taglio;

2. Elasticità: rappresenta l’abilità che un materiale ha di riprendere la sua forma


originaria dopo che il carico è stato rimosso;

3. Plasticità: capacità che ha il materiale di sostenere deformazioni permanenti senza


che si verifichi la rottura;

4. Duttilità: è l’abilità del materiale di deformarsi in maniera considerevole prima che


sopravvenga la rottura;

5. Fragilità: è la caratteristica del materiale per cui esso giunge a rottura senza che si
abbia un’apprezzabile deformazione plastica; può essere vista come il contrario della
duttilità;

6. Tenacità: è la capacità del materiale di assorbire una considerevole quantità di


energia attraverso la deformazione plastica e l’elevato stato tensionale;

7. Durezza: è la proprietà del materiale di resistere a intaccature, incisioni e abrasioni.

Quasi tutte le caratteristiche del materiale si possono vedere nella prova di trazione.

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Costruzioni Navali 2

LA PROVA A TRAZIONE (da Wikipedia)

In scienza dei materiali, la prova di trazione (o prova di trazione uniassiale) è una prova
di caratterizzazione dei materiali che consiste nel sottoporre un provino di un materiale in esame
ad un carico 𝐹𝐹 inizialmente nullo che viene incrementato fino a un valore massimo che determina
la rottura del materiale. La prova di trazione serve a determinare alcune caratteristiche del
materiale in esame, tra cui la resistenza meccanica 𝑅𝑅𝑚𝑚 e il modulo di Young o modulo di elasticità
𝐸𝐸; la si usa soprattutto per materiali metallici e polimerici.

La macchina utilizzata per la prova di trazione fornisce direttamente un diagramma, detto


diagramma sforzo-deformazione, che mette in relazione i "carichi unitari" o "sforzi" (𝜎𝜎) in funzione
degli "allungamenti unitari" o "deformazioni" (𝜀𝜀). Il carico unitario σ è pari a:

𝐹𝐹 𝑁𝑁
𝜎𝜎 = � �
𝐴𝐴0 𝑚𝑚𝑚𝑚2

• 𝐹𝐹 è il carico applicato;

• 𝐴𝐴0 è l'area iniziale della sezione del provino.

L'allungamento unitario 𝜀𝜀 è invece adimensionale ed è pari a:

𝛥𝛥𝛥𝛥 𝐿𝐿𝑓𝑓 − 𝐿𝐿𝑖𝑖


𝜀𝜀 = =
𝐿𝐿𝑖𝑖 𝐿𝐿𝑖𝑖

in cui:

• 𝐿𝐿𝑓𝑓 è la lunghezza finale del provino (variabile) ottenuta dall'allungamento del


provino;

• 𝐿𝐿𝑖𝑖 è la lunghezza iniziale del provino.

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Costruzioni Navali 2

In quasi tutto il tratto iniziale elastico si ha una deformazione molto piccola, mentre dopo lo
snervamento, man mano che aumenta il carico, la deformazione cresce velocemente.

Durante la prova di trazione il provino passa attraverso le seguenti fasi:

1. comportamento elastico: corrisponde alla prima fase di deformazione del


materiale; le deformazioni che avvengono durante questa fase sono reversibili, per cui se in
questa fase si riporta a zero il carico non si hanno deformazioni residue del provino, cioè
viene ripristinata la sua lunghezza iniziale; in questa fase gli allungamenti sono
direttamente proporzionali ai carichi (per cui nel diagramma sforzo-deformazione è
rappresentata da un tratto rettilineo) e il rapporto è pari ad una costante che viene detta
modulo di Young; in questo tratto è valida la legge di Hooke;

2. continuando la prova di trazione, si ha un comportamento non più lineare; questa


fase è detta "snervamento" e corrisponde ad una caduta della resistenza del materiale
dovuta alla formazione di "micro-cricche" all'interno del materiale; lo snervamento
corrisponde alla parte iniziale del tratto plastico;

3. comportamento plastico: in questa fase le deformazioni sono sia elastiche


(reversibili) che plastiche (permanenti); ciò significa che azzerando il carico durante questa
fase si hanno deformazioni residue associate al contributo di deformazione plastica, per cui
il provino avrà una lunghezza maggiore rispetto all'inizio della prova;

4. continuando la prova, si assiste ad una deformazione localizzata del provino, per cui
una piccola parte del provino diminuisce velocemente l'area della sua sezione; questa fase
è detta "strizione" e caratterizza la parte discendente del diagramma sforzo-deformazione;

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Costruzioni Navali 2

5. in seguito alla strizione si ha la rottura del provino, che avviene in corrispondenza


del cosiddetto "carico di rottura", che corrisponde alla massima sollecitazione che il provino
può sopportare.

Modulo di Young (o di elasticità) (E)

Ricordiamo che la relazione iniziale tra tensione e deformazione, nel caso dell’acciaio, è
perfettamente lineare ed elastica.

Il rapporto tra la tensione (carico unitario) e la deformazione nella zona elastica è costante e
rappresenta il modulo di Young o di elasticità:

𝜎𝜎 𝑁𝑁
𝐸𝐸 = � = 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀�
𝜀𝜀 𝑚𝑚𝑚𝑚2

Per l’acciaio al carbonio:

𝐸𝐸𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 2,06 ∙ 105 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀

Per le leghe d’alluminio:

1
𝐸𝐸𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 𝐸𝐸
3 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎

Per il rame e per il titanio:

1
𝐸𝐸𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟,𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡 = 𝐸𝐸
2 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎

NB: man mano che il modulo di Young aumenta, aumenta la rigidezza del materiale e di
conseguenza 𝜎𝜎; infatti l’alluminio è molto meno rigido dell’acciaio.

Coefficiente di Poisson (ν)

Rappresenta, in termini quantitativi, il fenomeno della strizione; si verifica, infatti, durante la


trazione, una restrizione della sezione resistente e il rapporto tra la deformazione trasversale e
quella longitudinale viene detto appunto Coefficiente di Poisson:

𝜀𝜀𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡
𝜈𝜈 =
𝜀𝜀𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙

𝜈𝜈𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 0,3 , 𝜈𝜈𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 0,33


50
Costruzioni Navali 2

In generale 𝜈𝜈~0.3 per tutte le leghe ed è adimensionale.

Modulo di elasticità a taglio (G)

In analogia al modulo di Young, la resistenza del materiale alla sollecitazione da taglio si misura,
per i materiali isotropi e omogenei, attraverso il modulo di elasticità a taglio 𝐺𝐺 che è possibile legare
ai precedenti per il tramite della seguente relazione:

𝐸𝐸
𝐺𝐺 =
2(1 + 𝜈𝜈)

Vediamo ora i parametri che dobbiamo andare a leggere nel diagramma 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀.

LIMITI DI PROPORZIONALITA’

1. Tensione di snervamento superiore 𝑹𝑹𝒆𝒆𝒆𝒆 [ 𝝈𝝈𝒆𝒆𝒆𝒆 ] (Higher) : corrisponde al primo


massimo della curva 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 e rappresenta il valore critico dello sforzo (carico unitario) che
segna l’inizio delle deformazioni plastiche.

2. Tensione di snervamento inferiore 𝑹𝑹𝒆𝒆𝒆𝒆 [𝝈𝝈𝒆𝒆𝒆𝒆] (Lower): corrisponde al valore della


tensione alla fine della fase di snervamento. È possibile dire che essa rappresenta il valore
più basso della tensione nel corso dello snervamento.

3. Tensione massima a trazione 𝑹𝑹𝒎𝒎 [𝝈𝝈𝒎𝒎 ] (Maximum): è il valore massimo della curva
𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 ; si tratta del carico massimo nominale che viene anche assunto come “carico di
rottura”.

4. Tensione ultima 𝑹𝑹𝒖𝒖 [𝝈𝝈𝒖𝒖 ] (Ultimate): rappresenta la tensione nominale che si ha


nell’istante in cui il provino si rompe.

NB: generalmente la 𝑹𝑹𝒆𝒆𝒆𝒆 e la 𝑹𝑹𝒎𝒎 rappresentano per il progettista le tensioni di riferimento


rispettivamente per lo snervamento e per la rottura del materiale.

Un altro indice molto importante, che viene preso in esame come caratteristica del materiale, è
l’allungamento a trazione 𝑨𝑨 che si ottiene graficamente tracciando per il punto di rottura una linea
parallela al tratto iniziale.

A volte diventa difficile capire quando inizia la deformazione; infatti per alcuni tipi di acciai, soggetti
alla prova a trazione, non si evidenzia il fenomeno dello snervamento rappresentato nella curva
𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 precedente, ma si presenta in questo modo:

51
Costruzioni Navali 2

In questo caso il carico unitario di snervamento è di difficile determinazione. Pertanto la normativa


fa riferimento ad un punto con fissata percentuale di riferimento pari a 0,2%, ma potrebbe essere
preso anche un valore leggermente diverso.

Esistono due tipi di curve 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 riferiti alla prova di trazione: quando il provino è soggetto a
trazione, la sezione del provino a un certo punto inizia a restringersi, per cui i valori della curva
saranno quelli nominali quando la forza è riferita in ogni istante alla sezione iniziale 𝐴𝐴0 del provino,
saranno quelli reali quando la forza è riferita ai valori istantanei 𝐴𝐴(𝑡𝑡) dell’area della sezione:

𝐿𝐿𝐹𝐹
𝐹𝐹 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝐿𝐿𝐹𝐹
𝜎𝜎� = 𝜀𝜀̅ = � = ln
𝐴𝐴(𝑡𝑡) 𝐿𝐿0 𝐿𝐿 𝐿𝐿0

Riportiamo di seguito un diagramma che fa un confronto tra la curva 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 standard e reale, dove
la curva standard è quella indicata dalla lettera A, mentre la curva reale è indicata dalla lettera B
(si può notare che la zona iniziale è la stessa per le due curve):

52
Costruzioni Navali 2

LA PROVA DI RESILIENZA (da Wikipedia)

La resilienza è la capacità del materiale di assorbire energia durante l’urto e di resistere a


sollecitazioni impulsive; infatti diversi materiali che resistono bene a carichi statici (materiali tenaci)
possono offrire scarsa resistenza a carichi improvvisi (causati ad esempio da urti).

La prova di resilienza utilizza dei provini intagliati opportunamente (a U o a V) di piccole dimensioni


a sezione rettangolare o quadrata:

La prova viene eseguita con il pendolo di Charpy, dotato di grande massa, che si lascia cadere
fissando un certo angolo e appoggiando il provino secondo una posizione opportuna…; la
differenza di altezza è collegata all’energia persa dal provino stesso.

La resilienza è l'energia necessaria a portare a rottura un provino mediante l'impiego del pendolo
di Charpy e dipende, oltre che dalla natura del materiale, dalla temperatura, dalla rapidità di
applicazione del carico, dalla presenza e dalla forma di intagli.

Un materiale con bassa resilienza presenta un comportamento fragile. L'area sottesa al tratto di
curva 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀, ottenuta da una prova di trazione del materiale, è l'energia per unità di volume 𝑈𝑈
(espressa in 𝐽𝐽/𝑚𝑚3 ) richiesta per deformare a trazione un campione di materiale fino a un valore di
deformazione 𝜀𝜀:

𝜀𝜀𝑦𝑦

𝑈𝑈 = � 𝜎𝜎𝜎𝜎𝜎𝜎
0

Poiché fino alla tensione di snervamento 𝜎𝜎𝑦𝑦 l'andamento è elastico-lineare, la relazione diventa:

53
Costruzioni Navali 2

𝜎𝜎𝑦𝑦2
𝑈𝑈 =
2𝐸𝐸

Tale valore prende il nome di indice di resilienza. Dalla suddetta relazione risulta che un materiale
è più resiliente al crescere della tensione di snervamento e al decrescere del modulo di Young 𝐸𝐸.

Il reciproco dell'indice di resilienza è l'indice di fragilità: i materiali che presentano bassa resilienza
sono detti "fragili". Le rotture duttili sono rotture che avvengono per deformazione del materiale;
nei metalli le superfici in corrispondenza di tali rotture hanno un aspetto fibroso e una lucentezza
setacea. Le rotture fragili sono rotture che avvengono per de-coesione del materiale senza essere
precedute da deformazioni; nei metalli le superfici in corrispondenza di tali rotture hanno un
aspetto granulare e una lucentezza cristallina.

La resilienza è importante nello studio dei materiali a bassa temperatura: in genere un materiale
diventa più fragile al diminuire della temperatura, cioè l'energia necessaria a romperlo diminuisce
con la temperatura; in particolare esiste un intervallo di temperatura, detto zona di transizione, in
cui si ha un abbassamento improvviso della resilienza di un materiale.

La resilienza è usata anche per stabilire l'intervallo di temperatura in cui avviene il passaggio da
comportamento duttile a comportamento fragile (transizione duttile-fragile) e pertanto il valore
minimo della temperatura (temperatura di transizione) per la quale il materiale può essere
utilizzato restando duttile.

La temperatura di transizione oltre la quale la frattura da fragile diventa duttile non è una
caratteristica intrinseca del materiale. Per convenzione si definisce temperatura di transizione
duttile-fragile quel valore di temperatura in corrispondenza della quale la superficie di frattura si
presenta per il 50% fragile.

I metalli con reticolo cubico a corpo centrato diventano fragili alle basse temperature, mentre quelli
con reticolo cubico a facce centrate rimangono duttili anche alle basse temperature.
54
Costruzioni Navali 2

CLASSIFICAZIONE DEGLI ACCIAI DA SCAFO SECONDO IL RINA


PARTE D, CAPITOLO 𝟐𝟐, SEZIONE 𝟏𝟏

Il RINA suddivide i tipi di acciaio in:

1. Acciai normali da scafo (NSS) con 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 = 235 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀

2. Acciai ad elevata resistenza (HSS) con 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 = 315, 355, 390 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀

3. Acciai ad elevata resistenza bonificati con 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 = 420, 460, 500, 550, 620, 690 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀

Essi si caratterizzano innanzitutto per la differente sollecitazione a snervamento e a rottura. Come


è noto i vantaggi di un acciaio ad elevata resistenza possono così sintetizzarsi:

• Minor peso della struttura

• Minor volume del metallo di apporto

• Minor tempo per la realizzazione delle saldature

• Minor rischio di deformazioni permanenti per effetto dei collegamenti saldati

• Migliore possibilità di sagomatura delle lamiere

• Minor numero di blocchi prefabbricati da manovrare a parità di capacità di


sollevamento delle gru.

Il principale svantaggio è il costo, notevolmente più elevato.

Per quanto riguarda il grado di resilienza:

 Gli acciai ordinari sono divisi in 4 gradi (A, B, D, E) che designano le minime temperature
pari rispettivamente a +20°𝐶𝐶, 0°𝐶𝐶, −20°𝐶𝐶, −40°𝐶𝐶 a cui sono soddisfatti i requisiti di
resilienza.

55
Costruzioni Navali 2

 Gli acciai ad elevata resistenza sono divisi in 4 gradi (AH, DH, EH, FH) che designano le
minime temperature pari rispettivamente a 0°𝐶𝐶, −20°𝐶𝐶, −40°𝐶𝐶, −60°𝐶𝐶 a cui sono
soddisfatti i requisiti di resilienza.

 Gli acciai ad elevata resistenza bonificati sono divisi in 4 gradi (A, D, E, F) che designano le
minime temperature pari rispettivamente a 0°𝐶𝐶, −20°𝐶𝐶, −40°𝐶𝐶, −60°𝐶𝐶 a cui sono
soddisfatti i requisiti di resilienza.

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Costruzioni Navali 2

Esempi:

• la sigla 𝑩𝑩𝑩𝑩𝑩𝑩𝑩𝑩 indica un acciaio ordinario con sollecitazione di snervamento 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 =


235 𝑁𝑁/𝑚𝑚𝑚𝑚2 con requisiti di resilienza (capacità del materiale di assorbire energia in caso di
urto) garantiti fino a 0°𝐶𝐶.
• la sigla 𝑫𝑫𝑫𝑫𝑫𝑫𝑫𝑫 indica un acciaio ad elevata resistenza con sollecitazione di snervamento
𝑘𝑘𝑘𝑘 𝑘𝑘𝑘𝑘 𝑚𝑚
𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 = 36 𝑚𝑚𝑚𝑚2 = 36 𝑚𝑚𝑚𝑚2 ∙ 9,81 𝑠𝑠 2 = 355 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀 con requisiti di resilienza garantiti fino a
−20°𝐶𝐶.
• la sigla 𝑬𝑬𝑬𝑬𝑬𝑬𝑬𝑬 indica un acciaio ad elevata resistenza bonificato con sollecitazione di
snervamento 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 = 550 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀 con requisiti di resilienza garantiti fino alla temperatura di
−40°𝐶𝐶.

PARTE B, CAPITOLO 𝟒𝟒, SEZIONE 𝟏𝟏, 𝟐𝟐 TABELLE 𝟑𝟑 ÷ 𝟖𝟖

Ai fini della determinazione dei gradi di acciaio da utilizzare per i vari elementi strutturali, questi
ultimi sono suddivisi in categorie (SECONDARIA, PRIMARIA e SPECIALE), come specificato in
𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 3. La 𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 3 specifica anche le classi (𝐼𝐼, 𝐼𝐼𝐼𝐼, 𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼) del materiale che devono essere utilizzate per le
diverse categorie degli elementi strutturali:

57
Costruzioni Navali 2

Gli elementi strutturali non menzionati in 𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 3 possono essere di grado A/AH. Per ogni elemento
strutturale, il grado dell’acciaio da utilizzare non può essere inferiore a quello specificato in 𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 4
in funzione della classe del materiale e dell’effettivo spessore lordo dell’elemento stesso:

I laminati usati per accessori saldati sui fasciami, come le alette di rollio, devono essere dello stesso
grado di quello dei fasciami ai quali sono saldati.

Il grado dell’acciaio, così ottenuto, andrà riportato con la relativa sigla accanto alle dimensioni
dell’elemento strutturale considerato.

LEGHE LEGGERE E ALTRI METALLI

Nella costruzione navale si usano anche altri tipi di leghe metalliche, come le leghe leggere,
specialmente in applicazioni di navi veloci e per sovrastrutture di navi passeggeri.

Esistono dei giunti costituiti da barre di materiale bifasico (acciaio-alluminio) usate per il
collegamento della sovrastruttura in alluminio con lo scafo in acciaio. La barra bifasica viene
ottenuta non saldando i due pezzi ma tramite un sorta di esplosione tra i due pezzi. In questo modo
posso saldare lo scafo all’acciaio della barra con elettrodi di acciaio, la sovrastruttura all’alluminio
della barra con elettrodi di alluminio. Ovviamente queste barre devono essere opportunamente
dimensionate:

58
Costruzioni Navali 2

Nota: il peso specifico dell’acciaio è di 𝛾𝛾𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = ~8 𝑚𝑚𝑡𝑡3, mentre il peso specifico dell’alluminio risulta
𝑡𝑡
di 𝛾𝛾𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 2,7 , cioè:
𝑚𝑚3

𝛾𝛾𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = ~3 ∙ 𝛾𝛾𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎

Nota: la sollecitazione di snervamento per l’acciaio è 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒,𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 235 𝑁𝑁/𝑚𝑚𝑚𝑚2 , mentre la


sollecitazione di snervamento dell’alluminio ordinario (lega 5083) è 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒,𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = 80 ÷ 110 𝑁𝑁/𝑚𝑚𝑚𝑚2 ,
cioè:

𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒,𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 = ~2 ÷ 3 ∙ 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒,𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎

Tra le varie leghe ricordiamo il titanio in genere utilizzato nelle piattaforme petrolifere (Off-shore).

L’alluminio, oltre che per la sua leggerezza, viene utilizzato anche per l’elevata resistenza alla
corrosione; sulla superficie del laminato, infatti, si forma uno strato sottile di ossido (ossido di
alluminio) che non reagisce con gli altri elementi.

Sia le leghe leggere che il titanio possono essere laminati come l’acciaio, mentre i profilati in lega
leggera sono ricavati per estrusione, cosa non possibile per l’acciaio.

Non è un caso che negli ultimi tempi sono stati costruiti estrusi in lega leggera che comprendono
sia la lamiera che il profilato di rinforzo in maniera tale da evitare la saldatura tra lamiera e profilato.

La lamiera con profilato farà diminuire i tempi di


costruzione e garantirà minori tensioni residue
causate dalle saldature.

CORROSIONE (CAPITOLO 𝟒𝟒, SEZIONE 𝟐𝟐)

È bene evidenziare che il fenomeno della corrosione è importante per il dimensionamento delle
strutture navali; infatti è ben noto che l’ambiente marino attacca i metalli in modo tale da ridurre il
loro spessore nel tempo.

Per tener conto di tale fenomeno, il registro impone al progettista la verifica del dimensionamento
strutturale sugli spessori netti o sugli spessori lordi. In particolare il registro definisce lo spessore
lordo di un pannello di fasciame come quello ottenuto dallo spessore netto includendo un margine
di corrosione; tale margine viene definito dal registro nella Tabella 2 che fornisce i valori ottenuti
dalla corrosione in funzione del tipo di locale che delimita la struttura presa in esame.

59
Costruzioni Navali 2

Gli spessori della corrosione che si ottengono da tale tabella non possono tener conto del tempo di
vita della nave, per cui l’ente di classificazione si riserva di verificare lo spessore delle strutture
durante le visite di rinnovo per i certificati di classe (mediamente ogni 5 anni).

Durante l’esercizio lo spessore delle lamiere diminuirà e una volta che si riscontrano degli spessori
al di sotto del dovuto si rinnoveranno. Generalmente lo spessore di rinnovo è una percentuale di
quello di progetto ottenuto dalle formule di rinnovo.

FENOMENO DELLA RESISTENZA A FATICA

La resistenza a fatica è la capacità del materiale di assorbire sollecitazioni cicliche caratterizzate


da una certa ampiezza e da un certo periodo. È bene evidenziare che, per le caratteristiche a
flessione e a taglio del materiale, anche l’ampiezza di sollecitazione di rottura a fatica obbedisce ad
una legge di distribuzione statistica. Si può pure dire che la sollecitazione di vita a fatica è una
variabile aleatoria.

Il concetto è semplice e prevede un danno cumulativo come modello di predizione della vita a
fatica; si suppone infatti che se la struttura viene sottoposta ad un carico anche inferiore a quello di
snervamento, quando quest’ultimo viene rimosso, la struttura rimane in ogni caso danneggiata e
la sua capacità di resistere a sollecitazioni esterne sarà diminuita. Quindi dopo l’applicazione di un
certo numero di sollecitazioni, la struttura non possiede più alcuna capacità di resistenza.

Si utilizza un diagramma in cui sull’asse delle ascisse


c’è il numero di cicli, mentre sull’asse delle ordinate
c’è l’ampiezza della sollecitazione. Su tale
diagramma si nota che al di sotto di una certa
ampiezza di oscillazione generalmente il numero di
cicli per la vita a fatica non avrà più influenza, cioè il
danno può essere portato addirittura all’infinito;
quando l’ampiezza è più grande, dopo un certo
numero di cicli si entra in una zona “statistica” in cui la
struttura si rompe.

60
Costruzioni Navali 2

Lezione 7
I CARICHI

Il termine “carico” viene utilizzato per indicare in generale una pressione o una forza.

Classificazione

I carichi agenti sulla nave possono essere suddivisi in vario modo a seconda del parametro assunto
come riferimento; i carichi vengono in genere classificati in base:

1. alla natura stessa del carico;

2. all’estensione della superficie di azione;

3. alla rapidità di azione.

Carichi definiti in base alla natura del carico

Essi sono:

1. Carichi di natura gravitazionale (dipendono dall’accelerazione gravitazionale)

a. Peso scafo;
b. Peso dei macchinari;
c. Peso dell’allestimento;
d. etc.
2. Carichi di natura idrostatica e idrodinamica, generati dall’azione del mare sulla
superficie bagnata di carena (carichi esterni) e dai liquidi imbarcati (carichi interni) sulle
pareti di depositi e cisterne;

3. Carichi di natura aerodinamica agenti sulle superfici esposte delle sovrastrutture e


dello scafo;

4. Carichi di natura inerziale dovuti essenzialmente al moto della nave o


eventualmente da strutture mobili all’interno.

5. Carichi di natura vincolare generati, cioè, dal contatto della nave con altri corpi
come ad esempio le reazioni delle taccate sullo scalo o nel bacino, la reazione dello scalo o
dell’avanti scalo (nel brione dei vasi) durante la fase di varo;

61
Costruzioni Navali 2

6. Carichi termici o generati da distorsioni termiche dovuti a variazioni di temperatura;

7. Carichi dovuti alla spinta del propulsore sullo scafo.

N.B.: il vecchio registro faceva una leggera distinzione tra deposito e cisterne:

 il deposito è un locale, destinato a contenere un carico, con struttura superiore coincidente


con il ponte di coperta della nave;

 la cisterna è un locale, destinato a contenere un carico liquido, con la struttura superiore


che si trova al di sotto del ponte di coperta.

Carichi dovuti all’estensione della superficie d’azione

Essi sono:

1. Carichi ripartiti: quando la superficie d’azione del carico è sufficientemente estesa;


esempi di tale categoria sono il peso scafo, l’azione del liquido nelle cisterne, etc.;

2. Carichi concentrati: quando è sufficientemente ridotta la superficie d’azione su cui


agiscono i carichi. Vi sono vari esempi come: il peso dei macchinari presenti a bordo, il peso
di una gru sul ponte, le reazioni delle taccate sullo scafo, le reazioni dell’avanti scalo sul
brione dei vasi.

Carichi definiti in base alla rapidità d’azione

Come vedremo, risulta conveniente dal punto di vista operativo legare il carico alla variabile
temporale. Tali carichi si dividono in:

A. Carichi statici (“Carichi in acqua tranquilla”): sono quelli che agiscono sulla nave ferma in
mare privo di onde, cioè:

1) i pesi;

2) le azioni esercitate dal mare e dai liquidi in condizioni di equilibrio statico;

3) le reazioni delle taccate in bacino di carenaggio o sullo scalo di costruzione;

4) i carichi generati da variazioni termiche.

B. Carichi dinamici lentamente variabili (“Carichi d’onda”): i carichi d’onda sono quelli dovuti
alle pressioni d’onda e ai moti della nave e che hanno, con accettabile approssimazione, lo
stesso periodo delle onde che li inducono. Si caratterizzano dal fatto che la loro variabilità è
“relativamente lenta”, cioè la loro frequenza è sufficientemente bassa rispetto a quella delle
vibrazioni naturali della struttura da non eccitarne la risposta elastica o, in altri termini, da
non indurre moti vibratori significativi. Tale frequenza si misura in 𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻 che rappresenta il
numero di cicli al secondo; in tal caso essa si aggira intorno a 0.1 ÷ 1 𝐻𝐻𝐻𝐻.

62
Costruzioni Navali 2

Dal punto di vista operativo, per tali carichi possiamo utilizzare lo stesso metodo dei carichi
statici.

Tra i carichi dinamici lentamente variabili troviamo:

a. Carichi dinamici indotti dall’onda sullo scafo; un esempio classico sono gli
sforzi che il mare esplica sulla superficie di carena, sforzi che ritroviamo nella teoria
della risposta strutturale per la valutazione del momento flettente d’onda; in
particolare tale caratteristica di sollecitazione avrà un periodo molto più grande di
quello delle vibrazioni naturali dello scafo e pertanto la risposta strutturale potrà
essere ottenuta considerando la trave nave come un corpo rigido;

b. Carichi dinamici generati dai liquidi nelle cisterne (Sloshing);

c. Carichi dinamici dovuti all’imbarco d’acqua sul ponte (Deck Wetness o


Shipping of Water o Green Water Loading); il periodo di tali carichi è confrontabile
con il periodo di oscillazione della nave stessa, ma non sono tali da eccitarne la
risposta elastica.

d. Colpi d’acqua sulle murate (Wave Slap) e soprattutto sulle strutture prodiere
del ponte di coperta;

e. Carichi inerziali dovuti al moto della nave;

C. Carichi dinamici rapidamente variabili (“Carichi Dinamici”): i carichi dinamici sono quelli
che agiscono per un periodo di tempo molto più breve del periodo delle onde che li
inducono; sono quelli caratterizzati da frequenze sufficientemente alte da poter essere
confrontate con quelle naturali della struttura e perciò tali da innescare vibrazioni elastiche.
Tra tali carichi troviamo i due seguenti fenomeni:

Slamming

Un fenomeno molto conosciuto che appartiene a tale sottocategoria è lo Slamming che deriva
dalla sovrapposizione di carichi rapidamente variabili sul fondo della prua e/o sui masconi di prua.

I carichi in tale zona possono generare fenomeni vibratori locali (soprattutto nelle lamiere del
fasciame di prua) e fenomeni vibratori globali aumentando considerevolmente i valori dei momenti
flettenti che agiscono sulla trave nave (fenomeno di stress da Whipping).

Sugli scafi veloci di alluminio, essendo più elastico, lo slamming genera dei fenomeni vibratori che
sono più evidenti e avvertibili dai passeggeri.

Springing (Molleggio)

Un altro fenomeno legato ai carichi dinamici rapidamente variabili si chiama Springing che
rappresenta un fenomeno vibratorio che riguarda la trave-nave.

63
Costruzioni Navali 2

Infatti, per la maggior parte delle navi, il periodo d’incontro dell’onda è più lungo del periodo delle
vibrazioni naturali della trave nave, per cui non si pone il problema di indagare sulla risposta elastica
della trave nave alle azioni dinamiche delle onde. Tuttavia vi sono delle navi particolarmente
flessibili e quindi caratterizzate da valori notevoli del periodo naturale di vibrazione. In tal caso
occorre investigare sul confronto tra il periodo d’incontro dell’onda e il periodo delle vibrazioni
naturali della trave nave.

TABELLA SUI CARICHI – SCHEMA TOTALE DEGLI EFFETTI DEL CARICO


CARICHI GLOBALI CARICHI LOCALI CARICHI LOCALI TERZIARI
PRIMARI SECONDARI
SCHEMA STRUTTURALE TRAVE NAVE TRAVE: PANNELLO DI FASCIAME
CON RINFORZO
Rinforzi ordinari più striscia
di fasciame associata
Pannello rinforzato
Rinforzo ordinario
CARICHI STATICI Taglio, momento flettente, Pressione idrostatica Pressione idrostatica interna
momento torcente in acqua interna, esterna e pesi ed esterna, forze localizzate
tranquilla. trasmesse da ruote,
rizzaggi.

CARICHI D’ONDA Taglio, momento flettente, Pressione idrodinamica Pressione idrodinamica


momento torcente dovuti interna (liquidi in cisterna) interna (liquidi in cisterna)
all’azione delle onde. ed esterna, carichi inerziali ed esterna, carichi inerziali
(0,1 ÷ 1 HZ)
dovuti ai moti nave. dovuti ai moti nave.

CARICHI DINAMICI Sollecitazioni periodiche, Vibrazioni flessionali di travi _____________


Springing, sollecitazioni e pannelli, vibrazioni
impulsive, Slamming- flessionali e torsionali
(1÷20 HZ)
Whipping, sollecitazioni dell’asse portaelica.
meccaniche (motore-elica)

CARICHI DINAMICI ALTA _________ Rumore strutturale. _____________


FREQUENZA (≥20 HZ)

ALTRO Sollecitazioni dovute al Sollecitazioni d’ormeggio e Effetti termici e ritiro di


varo/incaglio d’ancoraggio (vento, mare), saldatura.
nave al varo, nave in bacino.

Tra i carichi rapidamente variabili annoveriamo anche:

• Carichi meccanici dovuti essenzialmente alle azioni del motore e del propulsore
(dovuti al fatto che è immerso in una scia di onde a differente pressione);

• Carichi dinamici occasionali ed eccezionali, quali ad esempio quelli generati in caso


di collisione.
64
CARICHI LOCALI

I carichi locali sono le pressioni e le forze direttamente applicate ai singoli elementi strutturali:
pannelli di fasciame, rinforzi ordinari e travi rinforzate.

• I carichi locali in acqua tranquilla sono costituiti dalle pressioni esterne idrostatiche e dalle
pressioni e forze statiche indotte dalle masse trasportate nei locali della nave.

• I carichi locali d’onda sono costituiti dalle pressioni esterne dovute al moto ondoso e dalle
pressioni e forze d’inerzia indotte dalle accelerazioni della nave applicate alle masse trasportate
nei locali della nave.

• I carichi locali dinamici sono costituiti dalle pressioni d’impatto e di sbattimento dei liquidi.

Sulle strutture che costituiscono contorno di locali non destinati a contenere liquidi e che non
appartengono al guscio esterno della nave, devono essere considerati agenti anche i carichi in
acqua tranquilla e d’onda in condizioni di allagamento dei suddetti locali.

SOLLECITAZIONI DI TRAVE NAVE

Le sollecitazioni di trave nave sono le forze e i momenti (in acqua tranquilla, d’onda e dinamici)
che risultano come effetto dei carichi locali agenti sulla nave intera considerata come una
struttura mono-direzionale (trave nave).

Il modello riferito alla tipologia di carico è suddiviso in:

• Modello A  Carico globale;

• Modello B  Carico locale;

• Modello C  Carico terziario;

Lo stato tensionale è ottenuto dalla


sovrapposizione dei tre stati tensionali:
primario, secondario e terziario.

Il modello (A) vuole schematizzare la trave


nave sotto l’azione dei pesi e delle spinte;
generalmente la nave si inflette assumendo
l’aspetto di nave inarcata o insellata. Gli
effetti del carico sono raggruppati nella
prima colonna dello schema precedente.

In (B) viene rappresentato il pannello


nervato sul fondo di una nave tra due paratie trasversali, con carico di pressione agente sul pannello
Costruzioni Navali 2

stesso. Le tensioni che nascono sono dette secondarie e sono raggruppate nella seconda colonna
dello schema precedente.

In (C) è rappresentato il pannello semplice (elementare) di fasciame compreso tra 2 ossature


ordinarie e soggetto alla pressione dell’acqua sul fondo. Le tensioni che nascono da questo schema
vengono chiamate terziarie e sono raggruppate nella terza colonna della precedente tabella.

Appare evidente che gli schemi (A), (B) e (C) si riferiscono ad una struttura trasversale, ma valgono
le stesse considerazioni nel caso di struttura longitudinale.

Quando analizziamo le tensioni primarie nello schema dobbiamo vedere tutti gli elementi che
concorrono alla robustezza longitudinale; gli elementi trasversali vengono eliminati.

Quando analizziamo le tensioni secondarie dobbiamo considerare gli elementi che concorrono alla
robustezza trasversale e quindi si eliminano gli elementi che concorrono alla robustezza
longitudinale.

66
Costruzioni Navali 2

Lezione 8
ELEMENTI DI TEORIA STATISTICA

Definiamo lo spazio di prova Ω come l’insieme di tutti i possibili risultati di un esperimento


aleatorio.

Si definisce una variabile aleatoria monodimensionale (la si indica con una lettera maiuscola) e si
dice che è una variabile suscettibile di variare in maniera aleatoria (significa che non obbedisce ad
una legge di distribuzione deterministica) nel campo dei numeri reali (o in un suo sottoinsieme).

Invece indichiamo come evento aleatorio E un sottoinsieme dello spazio di prova, il quale può
coincidere o no con lo spazio di prova.

Definiamo due eventi aleatori A e B e definiamo:

1) C≡A∪B l’evento unione, che è un terzo evento C, che si verifica se e solo se almeno
uno dei due eventi si verifica;

2) C≡A∩B l’evento intersezione, che è un terzo evento C, che si verifica se e solo se


entrambi gli eventi si verificano;

3) Φ l’evento assurdo, esso certamente non si verificherà;

4) F l’evento certo, esso certamente si verificherà;

5) C≡A-B l’evento differenza, che è un terzo evento C, in cui compaiono degli elementi
di A che non appartengono a B;

6) 𝐵𝐵� l’evento complementare che rappresenta tutti gli elementi che non
appartengono a B;

C≡A∩ 𝐵𝐵� l’evento differenza scritto considerando la definizione di evento complementare.

Definizione di probabilità

Esistono tre teorie che definiscono la probabilità:

• Teoria classica;

67
Costruzioni Navali 2

• Teoria frequentistica;

• Teoria assiomatica.

Teoria classica

Per la teoria classica la probabilità è definita come:

𝑁𝑁𝐸𝐸
𝑃𝑃(𝐸𝐸) =
𝑁𝑁

dove:

• NE è il numero di casi favorevoli;

• N è il numero di casi possibili.

Dalla seguente definizione possiamo dedurre che la probabilità assume valori da zero ad uno infatti:

0<NE<N → 0≤P(E)≤1

Esempio: altezza d’onda


H=[1;2] P(H(1,2))= è una probabilità indeterminata;

quindi la teoria classica non si può applicare nel continuo, ma solo nel discreto.

Seguono quindi due critiche principali a tale teoria:

1) Non è possibile applicarla al caso del continuo;

2) Si rivolge alla definizione di probabilità, infatti la teoria nel definire la probabilità


utilizza la stessa definizione di probabilità.

Consideriamo la probabilità dell’unione di due eventi A e B:

𝑁𝑁𝐴𝐴 + 𝑁𝑁𝐵𝐵 − 𝑁𝑁𝐴𝐴∩𝐵𝐵


𝑃𝑃(𝐴𝐴 ∪ 𝐵𝐵) =
𝑁𝑁

da cui

68
Costruzioni Navali 2

teorema delle probabilità totali P(A∪B) = P(A)+P(B)-P(A∩B)

dimostra che la probabilità di un evento unione di due eventi è la somma delle singole probabilità
e la differenza della probabilità dell’evento intersezione. Se gli eventi A e B non hanno elementi in
comune la probabilità dell’evento unione è pari alla somma delle singole probabilità:

P(A∪B)=P(A)+P(B) con P(A∩B)=Φ

Definiamo la probabilità condizionata:

𝑃𝑃(𝐴𝐴 ∩ 𝐵𝐵)
𝑃𝑃 (𝐴𝐴|𝐵𝐵) =
𝑃𝑃(𝐵𝐵)

È la probabilità dell’elemento A, nell’ipotesi che B si verifichi.

Nel caso in cui A e B sono stocasticamente indipendenti è possibile scrivere la probabilità


dell’evento intersezione come il prodotto delle singole probabilità e quindi la probabilità
condizionata coincide con la probabilità dell’evento A.

Teorema delle P(A∩B)=P(A)∙P(B)

probabilità composte P(A|B)=P(A)

Teoria frequentistica

Consideriamo diversi valori della resistenza al moto ottenuti durante una prova in vasca:

𝑅𝑅1 = 100 𝑘𝑘𝑘𝑘


𝑅𝑅 = 102 𝑘𝑘𝑘𝑘
� 2 non ho un unico valore della resistenza al moto
𝑅𝑅3 = 104 𝑘𝑘𝑘𝑘
𝑅𝑅4 = 98 𝑘𝑘𝑘𝑘

Voglio vedere quanto vale l’evento E≡[100,104]

Definiamo la frequenza dell’evento aleatorio:

𝑛𝑛𝐸𝐸
𝑓𝑓𝐸𝐸 =
𝑛𝑛

dove:

• nE è il numero di risultati in cui si verifica l’evento;


69
Costruzioni Navali 2

• n è il numero totale di osservazioni.

Definiamo la probabilità come:

𝑃𝑃(𝐸𝐸) = lim 𝑓𝑓𝐸𝐸


𝑛𝑛→∞

Occorre osservare che dal punto di vista matematico nessuno è riuscito a dimostrare che tale limite
esiste ed è finito. La P(E) è stata dimostrata in termini sperimentali partendo dalla teoria classica:

P(E)≅ 𝑓𝑓𝐸𝐸 quando n è sufficientemente elevato

NB: la teoria frequentistica permette di superare le critiche che sono state rivolte alla teoria
classica, infatti come si può notare la sua applicazione può riguardare anche l’evento aleatorio
continuo. Inoltre dal punto di vista ingegneristico permette di valutare la probabilità attraverso la
frequenza prendendo in esame un numero di osservazioni sufficientemente elevato. Si può pure
dimostrare che sono valide tutte le implicazioni dimostrate per la teoria classica.

Teoria assiomatica

Introduciamo la variabile aleatoria x, è una variabile suscettibile di variare in maniera aleatoria nel
campo dei numeri reali o in un sottoinsieme del campo dei numeri reali. Definiamo l’evento
aleatorio:

𝐸𝐸{𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥 }

Per valutare la probabilità introduco la “cdf” che indico con Fx(x) che è la probabilità secondo la
teoria assiomatica che X≤x:

𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥 ) = 𝑃𝑃(𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥) ∀𝑥𝑥 ∈ ]−∞; +∞[

Definiamo:

lim 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥 ) = 𝑃𝑃 {𝑋𝑋 ≤ −∞} = 0


𝑥𝑥→−∞

lim 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥 ) = 𝑃𝑃 {𝑋𝑋 ≤ +∞} = 1


𝑥𝑥→+∞

Se consideriamo due valori x1 e x2 con x2≥x1 si ha:

70
Costruzioni Navali 2

{x≤x2}={x≤x1}∩{x1<X≤x2}

P{x≤x2}=P{x≤x1}+P{ x1<X≤x2}

Fx(x2)=Fx(x1)+P{ x1<X≤x2}

Proprietà cdf:

in sintesi è possibile dire che la funzione cdf Fx(x) è una funzione monotona crescente, che ha valori
positivi e che all’infinito è pari ad uno e che a meno infinito è pari a zero. Inoltre dall’ultima relazione
è possibile valutare la probabilità che la variabile cada in un intervallo compreso tra x1 e x2 per il
tramite della seguente relazione:

P{ x1<X≤x2}= Fx(x2)−Fx(x1)

Se conosco la legge di distribuzione posso calcolare la precedente relazione.

Definiamo la funzione densità di probabilità che indichiamo con fx(x):

(il fatto che la cdf sia monotona crescente è anche derivabile):

𝑑𝑑𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥) 𝐹𝐹𝑥𝑥 (∆𝑥𝑥 + 𝑥𝑥 ) − 𝐹𝐹𝑥𝑥 𝑃𝑃{𝑥𝑥 < 𝑋𝑋 ≤ (𝑥𝑥 + ∆𝑥𝑥 }


𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥 ) = = lim ≅ lim
𝑑𝑑𝑑𝑑 ∆𝑥𝑥 →∞ ∆𝑥𝑥 ∆𝑥𝑥 →∞ ∆𝑥𝑥

Permette di individuare la fx(x) attraverso la probabilità, e quindi attraverso la teoria assiomatica.


Si evince che la fx(x) è definita positiva poiché essa è la derivata di una funzione monotona
crescente:

𝑥𝑥2 𝑥𝑥2
𝑑𝑑𝑑𝑑𝑥𝑥 (𝑥𝑥) 𝑥𝑥2
� 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥 )𝑑𝑑𝑑𝑑 = � 𝑑𝑑𝑑𝑑 = [𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥)]𝑥𝑥 = 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥2 ) − 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥1 ) = 𝑃𝑃{𝑥𝑥1 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥2 }
𝑥𝑥1 𝑥𝑥1 𝑑𝑑𝑥𝑥 1

tale espressione dimostra che è possibile ottenere la probabilità che la x sia compresa in un
intervallo attraverso l’intervallo della fx(x). Si può anche dimostrare che se volessimo calcolare la
probabilità che la x sia compresa tra meno infinito e più infinito sarebbero uguali:

𝑃𝑃 {−∞ < 𝑥𝑥 < +∞} = 𝐹𝐹𝑥𝑥 (+∞) − 𝐹𝐹𝑥𝑥 (−∞) = 1 − 0 = 1

e quindi:

+∞
� 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥 )𝑑𝑑𝑑𝑑 = 1
−∞

71
Costruzioni Navali 2

Dimostra che tra le proprietà della pdf fx(x) c’è anche la sommabilità, cioè ha un integrale finito
con l’estensione al campo dei numeri reali:

l’area sottesa alla curva deve essere pari all’unità

In sintesi si può dire che la fx(x) è definita positiva qualunque sia il valore x; inoltre poiché è
sommabile (la probabilità che la x sia compresa in tutto il campo dei numeri reali è pari ad 1) dovrà
necessariamente annullarsi a ±∞.

Le precedenti relazioni implicano che:

𝑥𝑥
𝑃𝑃{𝑥𝑥1 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥2 } = ∫𝑥𝑥 2 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥 )𝑑𝑑𝑑𝑑
1

Assume quindi anche un significato geometrico.

𝑃𝑃{𝑥𝑥1 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥2 } ≅ 𝑓𝑓𝐸𝐸

L’istogramma delle frequenze che sostituisce la


curva delle funzioni di densità di probabilità.

Valore caratteristico

Definiamo il valore caratteristico della variabile aleatoria e lo indichiamo con xc , il quale


rappresenta quel valore della variabile che verrà superato con una certa probabilità fissata.

72
Costruzioni Navali 2

+∞
𝑥𝑥𝑐𝑐 = ∫𝑥𝑥 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑 = 𝛼𝛼
𝑐𝑐

Si può pure dire che fissata la legge di


distribuzione statistica e fissato il valore di α
esiste un unico valore caratteristico che può
essere ottenuto per il tramite dell’equazione
integrale precedentemente definita:

𝑃𝑃(𝑥𝑥 > 𝑥𝑥𝑐𝑐 ) = 𝛼𝛼

𝑃𝑃(𝑥𝑥 ≤ 𝑥𝑥𝑐𝑐 ) = 1 − 𝛼𝛼

Valore medio o speranza matematica

Il valore medio o speranza matematica si indica con 𝝁𝝁𝒙𝒙 ed è definita come:

+∞
𝜇𝜇𝑥𝑥 = � 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑
−∞

ha anche un significato geometrico, cioè rappresenta il valore dell’ascissa del centro della figura
sottesa alla curva delle funzione di densità di probabilità.

Varianza e deviazione standard

La varianza si indica con σx2 ed è definita cosi:

+∞
𝜎𝜎𝑥𝑥2 =� (𝑥𝑥 − 𝜇𝜇𝑥𝑥 )2 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑 = 𝐸𝐸 [(𝑥𝑥 − 𝜇𝜇𝑥𝑥 )2 ]
−∞

La deviazione standard si indica con σx ed è definita come:

73
Costruzioni Navali 2

𝜎𝜎𝑥𝑥 = �𝜎𝜎𝑥𝑥2
NB: la speranza matematica o valore
medio e la varianza sono numeri che
possono essere ottenuti per le relazioni
scritte precedentemente anche senza la
conoscenza della funzione densità di
probabilità. Infatti come già evidenziato il
modello che approssima la funzione di
densità di probabilità può essere anche
quello numerico:

𝜇𝜇
𝜇𝜇𝑥𝑥 ≅ ∑𝑛𝑛𝑖𝑖=1 𝑥𝑥𝑖𝑖 𝑓𝑓𝑖𝑖 𝜎𝜎𝑥𝑥2 ≅ ∑𝑖𝑖=1(𝑥𝑥𝑖𝑖 − 𝜇𝜇𝑥𝑥 )2 𝑓𝑓𝑖𝑖

Consideriamo tre valori di varianza σxI ; σxII ; σxIII ; con la condizione che σxIII> σxII > σxI e osserviamo
le differenti distribuzioni:

aumentano le incertezze, aumenta la


varianza.

Legge di distribuzione normale o Gaussiana

Data una variabile aleatoria x si dice che obbedisce ad una distribuzione normale se la sua funzione
di densità di probabilità è:

( ) 1 −(
𝑥𝑥−𝜇𝜇𝑥𝑥 2
)
𝑓𝑓𝑥𝑥 𝑁𝑁 (𝑥𝑥) = ∙ 𝑒𝑒 𝜎𝜎𝑥𝑥 ∀𝑥𝑥 ∈ 𝑅𝑅
𝜎𝜎𝑥𝑥 √2𝜋𝜋

ed è anche detta “biparametrica” (perché abbiamo bisogno di 2 parametri per caratterizzarla cioè
la varianza e la media).

Ad esempio nel settore navale la legge di Gauss può essere applicata al calcolo della sollecitazione
di snervamento per l’acciaio ordinario.

α è alto poiché rappresenta la resistenza della struttura.


74
Costruzioni Navali 2

σy = 235 N/mm2 è un valore minimo

Definiamo la cdf della variabile aleatoria x con distribuzione normale:

𝑥𝑥 𝑥𝑥
(𝑁𝑁) 1 −(
𝑥𝑥−𝜇𝜇𝑥𝑥 2
)
𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥) = � 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑡𝑡 )𝑑𝑑𝑑𝑑 = � ∙ 𝑒𝑒 𝜎𝜎𝑥𝑥 𝑑𝑑𝑑𝑑 =
−∞ −∞ 𝜎𝜎𝑥𝑥 √2𝜋𝜋

𝑥𝑥
1 −(
𝑥𝑥−𝜇𝜇𝑥𝑥 2
) 1 𝑥𝑥 − 𝜇𝜇𝑥𝑥
= � 𝑒𝑒 𝜎𝜎𝑥𝑥 𝑑𝑑𝑑𝑑 = + erf( )
𝜎𝜎𝑥𝑥 √2𝜋𝜋 −∞ 2 𝜎𝜎𝑥𝑥

dove:

𝑧𝑧
1 −2
𝑡𝑡2
(1) erf(𝑧𝑧) = � ∙ 𝑒𝑒 𝑑𝑑𝑑𝑑
0 √2𝜋𝜋

Per ottenere la funzione di distribuzione normale si può utilizzare la funzione precedentemente


definita una volta noti μx e σx. La funzione degli errori (erf (∙) ) può essere ottenuta attraverso la
relazione (1) che è tabellata in tutti i libri di statistica. La funzione di distribuzione normale mi serve
per conoscere la probabilità di un certo intervallo:

𝑏𝑏 − 𝜇𝜇𝑥𝑥 𝑎𝑎 − 𝜇𝜇𝑥𝑥
𝑃𝑃 {𝑎𝑎 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑏𝑏 } = 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑏𝑏 ) − 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑎𝑎) = erf � � − erf( )
𝜎𝜎𝑥𝑥 𝜎𝜎𝑥𝑥

• 𝑃𝑃{𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥𝑐𝑐 } = 0,9

𝑥𝑥 1 𝑥𝑥𝑐𝑐 −𝜇𝜇𝑥𝑥
(2) 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥𝑐𝑐 ) = ∫−∞
𝑐𝑐
𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑 = + erf( ) = 0,9
2 𝜎𝜎𝑥𝑥

La relazione (2) permette di determinare xc della variabile che non sarà superato con una probabilità
del 90% attraverso i seguenti passi:

𝑥𝑥𝑐𝑐 −𝜇𝜇𝑥𝑥
• Dalla relazione (2) si valuta “erf” calcolata in ;
𝜎𝜎𝑥𝑥

• Dalla tabella della “erf” sarà possibile ottenere l’argomento della funzione e cioè:

𝑥𝑥𝑐𝑐 − 𝜇𝜇𝑥𝑥
= 𝐴𝐴 → 𝑥𝑥𝑐𝑐 = 𝜎𝜎𝑥𝑥 𝐴𝐴 + 𝜇𝜇𝑥𝑥
𝜎𝜎𝑥𝑥

che sarà superato con una probabilità del 10%.

75
Costruzioni Navali 2

Legge di distribuzione log-normale

Data una variabile aleatoria si dice che obbedisce ad una distribuzione log-normale quando il suo
logaritmo naturale obbedisce ad una legge di variazione normale:

(log) 1 −(
𝑦𝑦−𝜇𝜇𝑥𝑥 2
)
𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥) = ∙ 𝑒𝑒 2𝜎𝜎𝑦𝑦
∀𝑥𝑥 ≥ 0
√2𝜋𝜋 𝜎𝜎𝑦𝑦 𝑥𝑥

con y=lnx ; μx media di y ; σy2 varianza di y .

Oss: quando si definisce tale funzione si limita anche il campo a valori di x positivi.

Legge di distribuzione Rayleigh

Una variabile aleatoria è distribuita alla Reyleigh o monoparametrica se:

2𝑥𝑥 −𝑥𝑥2
𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥) = ∙ 𝑒𝑒 𝑅𝑅 ∀𝑥𝑥 ≥ 0
𝑅𝑅

R è il parametro della legge di distribuzione.

Legge di distribuzione di Weibull

Una variabile aleatoria è distribuita alla Weibull o ha una legge di distribuzione biparametrica se:

𝑙𝑙 𝑥𝑥 𝑙𝑙−1 −(𝑥𝑥)𝑙𝑙
𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥) = ( ) ∙ 𝑒𝑒 𝑘𝑘 ∀𝑥𝑥 ≥ 0
𝑘𝑘 𝑘𝑘

si usa per determinare il momento flettente d’onda relativo alla vita della nave (circa 20 anni).

Variabile aleatoria bidimensionale

Consideriamo due variabili aleatorie X e Y e le loro possibili


determinazioni le indichiamo con x e y.

Consideriamo un evento aleatorio:

{𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥 ∩ 𝑌𝑌 ≤ 𝑦𝑦} ∀𝑥𝑥, 𝑦𝑦 ∈ 𝑅𝑅 2

76
Costruzioni Navali 2

Funzione di distribuzione congiunta

𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 𝑃𝑃{𝑥𝑥1 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥2 ∩ 𝑦𝑦1 < 𝑌𝑌 ≤ 𝑦𝑦2 }

Se conosco la legge di distribuzione posso dire che:

𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥2 , 𝑦𝑦2 ) + 𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥1 , 𝑦𝑦1 ) − 𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥1 , 𝑦𝑦2 ) − 𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥2 , 𝑦𝑦1 )

Questa relazione dimostra che è sempre possibile valutare la


probabilità dell’evento:

{𝑥𝑥1 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥2 ∩ 𝑦𝑦1 < 𝑌𝑌 ≤ 𝑦𝑦2 }

una volta nota la funzione di distribuzione congiunta delle due variabili.

Ammessa la derivabilità di Fxy(x,y) almeno due volte, posso definire la funzione di densità di
probabilità fxy(x,y) congiunta:

𝛿𝛿 2 𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)


𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) =
𝛿𝛿𝛿𝛿 𝛿𝛿𝛿𝛿

Si puo dimostrare che essa gode delle stesse proprietà della funzione di densità di probabilità
monodimensionale:

+∞ +∞
lim 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 0 � � 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 = 1
𝑥𝑥,𝑦𝑦→±∞ −∞ −∞

Se conosco la fxy(x,y) congiunta e voglio determinare la Fxy(x,y) congiunta avrò che:

𝑥𝑥 𝑦𝑦
𝐹𝐹𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = � � 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑢𝑢, 𝑣𝑣)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑
−∞ −∞

𝑥𝑥2 𝑦𝑦2
𝑃𝑃{𝑥𝑥1 < 𝑋𝑋 ≤ 𝑥𝑥2 ∩ 𝑦𝑦1 < 𝑌𝑌 ≤ 𝑦𝑦2 } = � � 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑢𝑢, 𝑣𝑣)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑
𝑥𝑥1 𝑦𝑦1

Legge di distribuzione normale per una variabile aleatoria bidimensionale

Una variabile aleatoria bidimensionale si dice normalmente distribuita se obbedisce alla seguente
legge valida per la funzione di densità di probabilità congiunta:

77
Costruzioni Navali 2

(𝑥𝑥−𝜇𝜇𝑥𝑥)(𝑦𝑦−𝜇𝜇
1 𝑥𝑥−𝜇𝜇𝑥𝑥 2 𝑦𝑦−𝜇𝜇𝑦𝑦 2 𝑦𝑦)
( ) 1 �− �( ) +( ) −2𝑝𝑝 ��
𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥𝑁𝑁 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = ∙ 𝑒𝑒 2(1−𝑝𝑝2 ) 𝜎𝜎𝑦𝑦 𝜎𝜎𝑦𝑦 𝜎𝜎𝑥𝑥 𝜎𝜎𝑦𝑦

2𝜋𝜋𝜎𝜎𝑥𝑥 𝜎𝜎𝑦𝑦 �1 − 𝑝𝑝2

𝑐𝑐𝑥𝑥𝑥𝑥
con 𝑝𝑝 = 𝜎𝜎𝜎𝜎 𝜎𝜎𝜎𝜎 dove cxy è il coefficiente di covarianza o di correlazione tra la variabile x e y.

La fxy(N)(x,y) permette di individuare la legge di distribuzione stocastica per una variabile aleatoria
bidimensionale nel caso in cui sia normalmente distribuita.

La conoscenza della legge di distribuzione richiede la conoscenza di cinque parametri che sono:

+∞ +∞ +∞
1) 𝜇𝜇𝑥𝑥 = ∫−∞ ∫−∞ 𝑥𝑥𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 = ∫−∞ 𝑥𝑥𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑

+∞ +∞ +∞
2) 𝜇𝜇𝑦𝑦 = ∫−∞ ∫−∞ 𝑦𝑦𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 = ∫−∞ 𝑦𝑦𝑓𝑓𝑦𝑦 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑

+∞ +∞ +∞
3) 𝜎𝜎𝑥𝑥 2 = ∫−∞ ∫−∞ (𝑥𝑥 − 𝜇𝜇𝑥𝑥 )2 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 = ∫−∞ (𝑥𝑥 −
𝜇𝜇𝑥𝑥 )2 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑

+∞ +∞ +∞
4) 𝜎𝜎𝑦𝑦 2 = ∫−∞ ∫−∞ (𝑦𝑦 − 𝜇𝜇𝑦𝑦 )2 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 = ∫−∞ (𝑦𝑦 −
𝜇𝜇𝑦𝑦 )2 𝑓𝑓𝑦𝑦 (𝑥𝑥)𝑑𝑑𝑑𝑑

+∞ +∞
5) 𝑒𝑒𝑥𝑥𝑥𝑥 = ∫−∞ ∫−∞ (𝑥𝑥 − 𝜇𝜇𝑥𝑥 )(𝑦𝑦 − 𝜇𝜇𝑦𝑦 )𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑

Indipendenza statistica di due variabili aleatorie X e Y

Il problema che ci si pone è il seguente, si vuole determinare la funzione di densità di probabilità


congiunta di due variabili aleatorie X e Y, una volta nota la funzione di densità di probabilità
congiunta. A tal proposito definiamo la funzione di densità di probabilità condizionata:

𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)


𝑓𝑓𝑥𝑥|𝑦𝑦 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) =
𝑓𝑓𝑦𝑦 (𝑦𝑦)

𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦)


𝑓𝑓𝑦𝑦|𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) =
𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)
Se le due variabili aleatorie X e Y sono stocasticamente indipendenti:

(1) 𝑓𝑓𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥) ∙ 𝑓𝑓𝑦𝑦 (𝑦𝑦)

78
Costruzioni Navali 2

𝑓𝑓𝑥𝑥|𝑦𝑦 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥)

𝑓𝑓𝑦𝑦|𝑥𝑥 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 𝑓𝑓𝑦𝑦 (𝑦𝑦)

NB. La (1) dimostra chiaramente che è possibile valutare la funzione di densità di probabilità
congiunta di (x,y) partendo dalla funzione di densità di probabilità della singola variabile se e solo
se la variabili sono s-indipendenti. Se non è soddisfatta tale ipotesi la valutazione della funzione di
densità di probabilità condizionata diventa di difficile determinazione.

Variabile aleatoria multidimensionale

L’ipotesi di s-indipendenza viene molto utilizzata nel campo dell’ingegneria navale, in modo da
semplificare il modello.

Vettore di variabili aleatorie:

x=(x1 ,…… ,xn)

moti nave n=6 ( 3 verticali e 3 orizzontali) sollecitazioni trave nave n≥5

Funzione di distribuzione congiunta di una variabile aleatoria multidimensionale:

Fx(x1 ,…..,xn)=P(X1≤x1 ∩…..∩Xn≤xn)

Funzione di densità di probabilità di una variabile aleatoria multidimensionale:

𝛿𝛿 𝑛𝑛 𝐹𝐹→ (𝑥𝑥1 , … , 𝑥𝑥𝑛𝑛 )


𝑓𝑓→ (𝑥𝑥1 , … , 𝑥𝑥𝑛𝑛 ) = 𝑥𝑥
𝑥𝑥 𝛿𝛿𝑥𝑥1 , … , 𝑥𝑥𝑛𝑛

Legge di distribuzione normale di una variabile multidimensionale:

1 1 𝑇𝑇 ∙ 𝜀𝜀
� −1 (𝑥𝑥̅ −𝜇𝜇
∙ 𝑒𝑒 −�2(𝑥𝑥̅ −𝜇𝜇�) �)�
𝑓𝑓→ (𝑥𝑥1 , … , 𝑥𝑥𝑛𝑛 ) = 𝑛𝑛
𝑥𝑥
(2𝜋𝜋) |𝜀𝜀̿|2
2

dove:

𝜎𝜎 2 ⋯ 𝜎𝜎1𝑛𝑛
𝜀𝜀̿ = � 1
matrice di covarianza ⋮ ⋱ ⋮ �
𝑛𝑛 × 𝑛𝑛
𝜎𝜎𝑛𝑛1 ⋯ 𝜎𝜎𝑛𝑛2

𝜎𝜎𝑖𝑖𝑖𝑖 = 𝜎𝜎𝑗𝑗𝑗𝑗 ∀ 𝑖𝑖 ≠ 𝑗𝑗

𝑢𝑢1
𝑢𝑢� 𝑢𝑢2
=� �
𝑛𝑛 ∙ 1 ⋮
𝑢𝑢𝑛𝑛

79
Costruzioni Navali 2

Lezione 9
CARICHI STATICI AGENTI SULLA TRAVE NAVE IN ACQUA TRANQUILLA:
CARATTERISTICHE DI SOLLECITAZIONE INTERNA IN ACQUA TRANQUILLA
È ben noto che le caratteristiche di sollecitazione interna in acqua tranquilla in corrispondenza di
una generica sezione all’ascissa 𝑥𝑥 rappresentano delle variabili di progetto fondamentali in ambito
strutturale. Siamo interessati al taglio, al momento flettente ed, eventualmente, al momento
torcente in acqua tranquilla.

Consideriamo una terna levogira con:

• 𝒙𝒙 coincidente con la linea di base e diretta da poppa verso prora


• 𝒛𝒛 verticale passante per la radente poppiera o l’asse di rotazione del timone
• 𝒚𝒚 determinata di conseguenza

Si possono definire anche delle terne analoghe in altri punti di origine (per esempio con l’origine nel
baricentro strutturale della sezione), ma devono comunque mantenersi parallele ed equiverse tra
loro.

PREMESSA
Abbiamo già notato che le strutture di una nave sono soggette a un regime complesso di carichi; in
sostanza ogni elemento strutturale reagisce in modo differente e può essere soggetto
contemporaneamente a sollecitazioni di diversa origine.

Abbiamo visto che il pannello di fasciame del fondo in generale è soggetto a una tensione primaria,
perché la nave si inarca o si insella, e a una tensione terziaria dovuta alla pressione locale agente
direttamente sul pannello di fasciame stesso.

Le tensioni primarie sono quelle originate dall’insieme dei carichi che complessivamente agiscono
sullo scafo resistente; lo scafo si comporta come una vera e propria trave chiamata comunemente
“trave-scafo” o “hull-girder”; a tale proposito ricordiamo che, poiché si esamina la robustezza
80
Costruzioni Navali 2

longitudinale, la struttura in esame sarà composta da tutti gli elementi strutturali che concorrono
alla robustezza longitudinale della nave. Ad esempio: i pannelli di fasciame del fondo, del ponte e
del fianco, i correnti longitudinali, i paramezzali, le anguille dei ponti, le travi rinforzate sui fianchi
ed eventualmente i pannelli del cielo del doppiofondo e delle paratie longitudinali dei fianchi
interni.

IPOTESI DI CALCOLO

• Stiamo in acqua tranquilla, quindi non ci sono effetti relativi all’onda, cioè carichi d’onda,
dinamici e sollecitazioni locali;
• La nave è un corpo rigido, cioè stiamo trascurando i fenomeni elastici;
• Ipotesi di trave-nave, cioè la nave viene considerata alla stregua di una trave con una
dimensione prevalente sulle altre due;
• Si ritiene valido il principio di sovrapposizione degli effetti per poter disaccoppiare le
sollecitazioni che agiscono contemporaneamente;
• Gli unici carichi agenti sulla nave sono:
o il peso proprio
o le spinte idrostatiche
o i carichi trasportati

EFFETTI DEL CARICO IN ACQUA TRANQUILLA

Sulla generica sezione strutturale all’ascissa 𝑥𝑥, nel caso di carichi in acqua tranquilla, agiranno:

• la risultante dei pesi presenti a bordo, ovviamente verticale e diretta verso il basso (d’ora in
poi indicato con il peso 𝒘𝒘(𝒙𝒙)ripartito per unità di lunghezza);
• la risultante delle spinte idrostatiche che è applicata nel centro di spinta situata sul piano
di simmetria (d’ora in poi la spinta unitaria sarà indicata con 𝒃𝒃(𝒙𝒙));
• oltre alle risultanti precedenti occorrerà definire, anche in condizioni statiche, una coppia
ripartita torcente, d’ora in poi indicata con 𝒎𝒎𝑻𝑻 (𝒙𝒙), dovuta essenzialmente alla dissimetria
del carico all’ascissa 𝑥𝑥.

In base al ragionamento fatto possiamo introdurre la risultante dei carichi verticali ripartiti
all’ascissa 𝒙𝒙 (carico per unità di lunghezza):

𝑞𝑞𝑠𝑠𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) = 𝑤𝑤(𝑥𝑥 ) − 𝑏𝑏(𝑥𝑥 ) = 𝑤𝑤(𝑥𝑥 ) − 𝜌𝜌𝜌𝜌𝐴𝐴𝐼𝐼 (𝑥𝑥 ) (1)

che rappresenta il carico ripartito totale verticale in acqua tranquilla agente all’ascissa 𝑥𝑥.

• 𝜌𝜌𝜌𝜌 è il peso specifico dell’acqua di mare


• 𝐴𝐴𝐼𝐼 (𝑥𝑥 ) è l’area della sezione immersa all’ascissa 𝑥𝑥

Fissata una certa condizione di carico, in condizioni di equilibrio statico dovute a una buona
caricazione della nave, le uniche caratteristiche di sollecitazione interna in corrispondenza di una
generica sezione strutturale all’ascissa 𝑥𝑥 sono:

81
Costruzioni Navali 2

• il taglio verticale 𝑻𝑻(𝒙𝒙) (positivo o negativo);


• il momento flettente verticale 𝑴𝑴(𝒙𝒙) (inarcante se positivo, insellante se negativo);
• il momento torcente 𝑴𝑴𝑻𝑻 (𝒙𝒙) rispetto all’asse 𝑥𝑥.
𝑥𝑥 𝑥𝑥

𝑇𝑇(𝑥𝑥 ) = � 𝑞𝑞𝑠𝑠𝑠𝑠 (𝑡𝑡) 𝑑𝑑𝑑𝑑 = �[𝑤𝑤(𝑡𝑡) − 𝜌𝜌𝜌𝜌𝐴𝐴𝐼𝐼 (𝑡𝑡)] 𝑑𝑑𝑑𝑑 (2)


0 0

𝑥𝑥 𝑥𝑥 𝑡𝑡

𝑀𝑀(𝑥𝑥 ) = � 𝑇𝑇(𝑡𝑡) 𝑑𝑑𝑑𝑑 = � �[𝑤𝑤(𝜏𝜏) − 𝜌𝜌𝜌𝜌𝐴𝐴𝐼𝐼 (𝜏𝜏)] 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝑑𝑑𝑑𝑑 (3)


0 0 0

A noi interessa una nave globalmente e trasversalmente dritta, ma sezione per sezione posso avere
una dissimmetria del carico che mi porta a una coppia torcente anche in condizioni statiche. La
coppia torcente 𝑀𝑀𝑇𝑇 (𝑥𝑥 ) in condizioni statiche sarà ottenuta dalla seguente relazione:
𝑥𝑥 𝑥𝑥

𝑀𝑀𝑇𝑇 (𝑥𝑥 ) = � 𝑚𝑚𝑇𝑇 (𝑡𝑡) 𝑑𝑑𝑑𝑑 = � 𝑤𝑤(𝑡𝑡) ∙ 𝑦𝑦𝐺𝐺 (𝑡𝑡) 𝑑𝑑𝑑𝑑 (4)
0 0

𝑦𝑦𝐺𝐺 è l’ordinata trasversale per cui passa la risultante della forza peso.

CONVENZIONE SUI SEGNI: REGISTRO ITALIANO NAVALE

• Il momento flettente è positivo quando la nave è inarcata, cioè su di una sezione all’ascissa
𝑥𝑥 di normale positiva il momento è antiorario rispetto ad un osservatore posto su 𝑦𝑦.
• Il taglio è positivo quando su una sezione di normale positiva è diretto secondo il verso
dell’asse 𝑧𝑧.
• Considerazioni analoghe si possono fare per il momento torcente.

Il massimo del momento flettente è a metà, il massimo del taglio è a 1/3 e a 2/3 della lunghezza
della nave.

Vediamo un esempio delle distribuzioni per una fissata condizione di carico.

82
Costruzioni Navali 2

C’è un errore: se faccio la differenza tra il diagramma dei pesi e il diagramma delle spinte otterrei
un diagramma dei carichi con dei salti (discontinuità); quando poi faccio l’integrazione, queste
discontinuità si riflettono anche sul taglio sotto forma di cuspidi, mentre in figura tali discontinuità
sono state trascurate.

La (2) e (3) dimostrano che, fissata la condizione di carico, per ottenere il diagramma del taglio e
del momento per una fissata condizione di carico, occorre:

I. Ottenere la distribuzione longitudinale dei pesi unitari 𝒘𝒘(𝒙𝒙) e la posizione del


baricentro 𝐺𝐺 {𝑥𝑥𝐺𝐺 ; 𝑦𝑦𝐺𝐺 ; 𝑧𝑧𝐺𝐺 } (𝑖𝑖𝑖𝑖 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖 → 𝐺𝐺 {𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺; 𝑇𝑇. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺; 𝑉𝑉. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺 }) ; a tale riguardo
precisiamo che nella fase preliminare del progetto tale esatta distribuzione non è nota
perché non abbiamo ancora dimensionato la struttura, per cui si utilizzano delle relazioni
empiriche.
N.B.: sono inclusi nel calcolo tutti i pesi, nessuno escluso, per cui è più complicato farlo
nella fase iniziale di progetto.
Si hanno inoltre le due seguenti condizioni ai limiti:
𝑇𝑇(0) = 𝑇𝑇(𝐿𝐿) = 0
𝑀𝑀 (0) = 𝑀𝑀 (𝐿𝐿) = 0
Inoltre i calcoli non devono essere verificati per una sola condizione di carico, ma per più
condizioni di carico previste dalla normativa.
II. Individuare un galleggiamento di equilibrio per la carena data con la condizione di carico
fissata.
III. Individuare il diagramma della spinta unitaria attraverso la relazione 𝑏𝑏(𝑥𝑥 ) = 𝜌𝜌𝜌𝜌𝐴𝐴𝐼𝐼 (𝑥𝑥 ).
IV. Valutare per ogni sezione il diagramma dei carichi 𝒒𝒒𝒔𝒔𝒔𝒔 .
V. Prima integrazione (grafica o numerica) del carico verticale ripartito 𝒒𝒒𝒔𝒔𝒔𝒔 per ottenere il
diagramma del taglio.
VI. Seconda integrazione del carico verticale ripartito 𝒒𝒒𝒔𝒔𝒔𝒔 per ottenere il diagramma dei
momenti.

Per fare questi tipi di calcolo serve:

• un software adeguato (Autohydro o KCS),


• la carena (cioè il piano di costruzione),
• l’ipotesi sulla distribuzione dei pesi che dobbiamo fare con dei metodi ad hoc (attraverso
Matlab).

A seconda della fase di progetto esiste un’opportuna metodologia per il calcolo delle caratteristiche
di sollecitazione interna in acqua tranquilla:

I) Metodi empirici o semi-empirici (basati più o meno sull’esperienza);

II) Metodi regolamentari (definiti dai registri di classifica);

III) Metodi razionali (basati sulla teoria probabilistica).


83
Costruzioni Navali 2

Infatti, come abbiamo più volte detto, la teoria probabilistica rappresenta il modello più razionale
per trattare le leggi di distribuzione statistica delle variabili aleatorie.

Queste metodologie definiscono i momenti flettenti di progetto o caratteristici relativi a tutte le


possibili condizioni di carico che si verificano (ragionevolmente) durante la vita della nave.

I) Metodo empirico o semi-empirico

Il metodo empirico o semi-empirico consiste nel valutare nella fase iniziale di progetto le
caratteristiche di sollecitazione interna per il tramite di formule approssimate legate a parametri
noti nella fase iniziale del progetto (parametri globali della nave):

𝑇𝑇𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) = 𝑓𝑓1 (𝑥𝑥, 𝐶𝐶𝐵𝐵 , 𝐿𝐿, 𝐵𝐵, 𝑛𝑛1 , 𝐶𝐶 … ) (4)

𝑀𝑀𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) = 𝑓𝑓2 (𝑥𝑥, 𝐶𝐶𝐵𝐵 , 𝐿𝐿, 𝐵𝐵, 𝑛𝑛1 , 𝐶𝐶 … ) (5)

• 𝑥𝑥 è l’ascissa della sezione considerata;

• 𝐶𝐶 è il parametro d’onda che dipende solo da 𝐿𝐿;

• 𝐶𝐶𝐵𝐵 è il coefficiente di blocco;

• 𝑛𝑛1 è il coefficiente di navigazione che varia in funzione della Notazione di


Navigazione assegnata alla nave;

• 𝐿𝐿 è la lunghezza di dimensionamento della nave;

• 𝐵𝐵 è la larghezza della nave.

Tale relazione cerca di mettere in relazione i dati iniziali di progetto con le caratteristiche di
sollecitazione interna.

NB: i valori ottenuti dalla (4) e (5) rappresentano delle stime iniziali delle caratteristiche di
sollecitazione interna da rivalutare nei successivi passi.

II) Procedura regolamentare

Le considerazioni che faremo sui momenti flettenti sono valide anche per i tagli.

Il registro li definisce così:

“I momenti flettenti di progetto in acqua tranquilla 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆,𝐻𝐻 e 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆,𝑆𝑆 ( 𝑠𝑠𝑠𝑠 = 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 𝑤𝑤𝑤𝑤𝑤𝑤𝑤𝑤𝑤𝑤 , 𝑠𝑠 =
𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 , ℎ = ℎ𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜 ) in ciascuna sezione trasversale della nave sono i massimi momenti
flettenti in acqua tranquilla, rispettivamente inarcante e insellante, tra quelli calcolati a quella
84
Costruzioni Navali 2

sezione, per tutte le condizioni di caricazione” dettate dalla normativa: carico e zavorra, suddivise
in condizioni di nave alla partenza e all’arrivo.

NB: Il riferimento ai massimi valori nasce dal fatto che i valori del taglio e del momento possono
essere positivi o negativi.

E’ bene precisare che le condizioni di caricazione standard dettate dal RINA dipendono dal tipo di
nave ed eventualmente dalla particolare classe richiesta dall’armatore: il registro, dopo aver
definito le condizioni di carico standard valide per tutte le navi, definisce delle condizioni addizionali
valide per ogni tipo di nave, che dobbiamo cercare nella parte 𝐸𝐸 del registro dove ci sono le varie
classi delle navi.

Sempre nella procedura regolamentare ci sono indicazioni su come valutare la distribuzione del
momento flettente in acqua tranquilla nel caso in cui abbiamo solo i valori riferiti alla sezione
maestra oppure nel caso in cui non è disponibile la distribuzione.

Il registro, nel caso delle navi Bulk Carrier e Petroliere, fissa una distribuzione che è uniforme dal
15% al 85% della lunghezza ed è pari al valore di progetto, mentre nella parte estrema varia
linearmente; nel caso di altri navi la distribuzione è diversa, infatti si nota che la zona centrale si
restringe.

Il momento statico è ottenuto dal momento totale sottraendo il momento flettente d’onda 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊
che è funzione degli stessi parametri e, in aggiunta, di un altro parametro 𝐹𝐹𝑀𝑀 che è una
distribuzione del momento flettente d’onda. 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 possiamo ottenerlo solo dal registro perché è
difficile calcolarlo in altri modi.

Se abbiamo un metodo diretto che ci fa calcolare tali momenti ed è più razionale, possiamo usarlo
al posto di quello regolamentare e sottoporlo ad approvazione.

Ipotesi sulla distribuzione dei pesi o metodi semi-empirici della distribuzione dei
pesi

Innanzitutto, fissata una condizione di carico caratterizzata da un certo dislocamento ∆, per le navi
mercantili è possibile suddividere ∆ nel seguente modo:

85
Costruzioni Navali 2

∆= ∆𝐿𝐿𝐿𝐿 + 𝑄𝑄𝐿𝐿

• ∆𝐿𝐿𝐿𝐿 è il dislocamento di Nave Vacante (LightShip);

• 𝑄𝑄𝐿𝐿 è la portata lorda.

Il dislocamento di nave vacante può essere suddiviso in:

∆𝐿𝐿𝐿𝐿 = 𝑃𝑃𝑆𝑆 + 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 + 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴

• 𝑃𝑃𝑆𝑆 è il peso scafo, cioè il peso dell’intera nave (scafo + sovrastrutture);

• 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 è il peso allestimento (complesso dei complementi dello scafo);

• 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴 è il peso dell’apparato motore (liquidi, linea d’asse, motore, olio, etc.).

La portata lorda 𝑄𝑄𝐿𝐿 è costituita da:

• i carichi mobili, cioè tutti i liquidi contenuti all’interno delle casse;


• equipaggio ed effetti personali;
• la portata netta 𝑄𝑄𝑁𝑁 che costituisce il carico pagante (per la nave passeggeri è data dai
passeggeri con gli effetti personali, per una petroliera è data dal greggio).

Tutti questi pesi inizialmente non si conoscono.

Nella fase iniziale di progettazione è possibile utilizzare dei metodi approssimati per la
distribuzione di tutti i pesi in modo da costruire il castello dei pesi comprensivo di tutti i pesi
appartenenti al dislocamento della nave.

Innanzitutto è bene precisare che, per quanto riguarda la distribuzione dei pesi, usualmente
nell’ambito delle costruzioni navali un generico peso appartenente alla LightShip o al DeadWeight
viene distribuito in maniera trapezoidale o uniforme come in figura:

• 𝑤𝑤𝑎𝑎 è il peso per unità di lunghezza all’ascissa 𝑥𝑥𝑎𝑎 ;

• 𝑤𝑤𝑓𝑓 è il peso per unità di lunghezza all’ascissa 𝑥𝑥𝑓𝑓 ;

• 𝑥𝑥𝑎𝑎 è l’ascissa longitudinale rispetto all’inizio;

• 𝑥𝑥𝑓𝑓 è l’ascissa longitudinale rispetto alla fine;

• 𝑥𝑥̅ è l’ascissa longitudinale del baricentro dell’area.

Avendo a disposizione i parametri {𝑥𝑥𝑎𝑎 , 𝑥𝑥𝑓𝑓 , 𝑤𝑤𝑎𝑎 , 𝑤𝑤𝑓𝑓 } sarà possibile sempre individuare:

PESO TOTALE
86
Costruzioni Navali 2

𝑤𝑤𝑎𝑎 + 𝑤𝑤𝑓𝑓
𝑤𝑤 = �𝑥𝑥𝑓𝑓 − 𝑥𝑥𝑎𝑎 � (5)
2

ASCISSA LONGITUDINALE DEL BARICENTRO

2𝑤𝑤𝑓𝑓 + 𝑤𝑤𝑎𝑎 �𝑥𝑥𝑓𝑓 − 𝑥𝑥𝑎𝑎 �


𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺 = 𝑥𝑥̅ = 𝑥𝑥𝑎𝑎 + (6)
𝑤𝑤𝑓𝑓 + 𝑤𝑤𝑎𝑎 3

ESTENSIONE LONGITUDINALE DEL PESO


𝑙𝑙 = 𝑥𝑥𝑓𝑓 − 𝑥𝑥𝑎𝑎 (7)

Note 𝑚𝑚𝑓𝑓 , 𝑚𝑚𝑎𝑎 , 𝑥𝑥𝑓𝑓 e 𝑥𝑥𝑎𝑎 sarà sempre possibile determinare 𝑤𝑤, 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙, 𝑙𝑙 (è anche vero il contrario, di
solito si utilizza il KCS):

{𝑥𝑥𝑎𝑎 , 𝑥𝑥𝑓𝑓 , 𝑤𝑤𝑎𝑎 , 𝑤𝑤𝑓𝑓 } ⟺ {𝑤𝑤, 𝑥𝑥̅ , 𝑙𝑙}

È bene precisare che alcuni software per poter aggiungere l’i-esimo peso (sia appartenente alla
Lightship o al Deadweight) vi chiedono i valori di {𝑥𝑥𝑎𝑎 , 𝑥𝑥𝑓𝑓 , 𝑤𝑤𝑎𝑎 , 𝑤𝑤𝑓𝑓 }, mentre altri software chiedono i
parametri di {𝑤𝑤, 𝑥𝑥̅ , 𝑙𝑙}.

Per quanto riguarda i metodi approssimati per la Lightship abbiamo:

1) Metodo di Dalman;

2) Metodo di Arnott;

3) Metodo di Hughes.

È bene precisare che, per quanto riguarda il DeadWeight:

• Una volta noto il piano delle capacità della nave, è possibile ottenere la distribuzione dei vari
pesi che fanno parte del DeadWeight per il tramite delle (6) andando a leggere i valori dei
volumi, delle estensioni longitudinali e delle coordinate baricentriche del generico volume
a cui siamo interessati.

Per quanto riguarda invece la Lightship:

• 𝑃𝑃𝑆𝑆 in prima approssimazione può essere distribuito secondo i metodi di Arnott e Dalman.

• 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 viene distribuito in maniera uniforme o trapezoidale su tutta la lunghezza della nave.

• 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴 viene distribuito uniformemente nella zona dell’apparato motore.

Metodo di Dalman

87
Costruzioni Navali 2

Utilizza una distribuzione trapezoidale del peso scafo che ben si adatta a navi che hanno un
significativo corpo cilindrico, quindi con una significativa lunghezza. Come dato iniziale dovremmo
avere il ∆𝐿𝐿𝐿𝐿 comunicatoci nella prova di stabilità oppure ricavato sottraendo la portata lorda dal
dislocamento.

∆𝐿𝐿𝐿𝐿 = 𝑃𝑃𝑆𝑆 + 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 + 𝑃𝑃𝐴𝐴𝐴𝐴 = 𝑝𝑝𝑆𝑆 ∆𝐿𝐿𝐿𝐿 + 𝑝𝑝𝐴𝐴𝐿𝐿𝐿𝐿 ∆𝐿𝐿𝐿𝐿 + 𝑝𝑝𝐴𝐴𝐴𝐴 ∆𝐿𝐿𝐿𝐿

• 𝑝𝑝𝑆𝑆 è il coefficiente unitario riferito al peso scafo e vale [0,4 ÷ 0,6];

• 𝑝𝑝𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 è il coefficiente unitario riferito al peso allestimento e vale [1 − (𝑝𝑝𝑆𝑆 − 𝑝𝑝𝐴𝐴𝐴𝐴 )];

• 𝑝𝑝𝐴𝐴𝐴𝐴 è il coefficiente unitario riferito al peso dell’apparato motore e vale [0,2 ÷ 0,3].
𝐿𝐿𝑃𝑃𝑃𝑃
• 𝑙𝑙 = 3

𝑃𝑃
• 𝛼𝛼 = 𝑐𝑐 𝐿𝐿 𝑠𝑠
𝑃𝑃𝑃𝑃

𝑃𝑃
• ℎ = 𝑏𝑏 𝐿𝐿 𝑠𝑠
𝑃𝑃𝑃𝑃

𝑃𝑃
• 𝛽𝛽 = 𝑎𝑎 𝐿𝐿 𝑠𝑠
𝑃𝑃𝑃𝑃

𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁𝑁 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠

𝑎𝑎 0,566 0,596

𝑏𝑏 1,195 1,174

𝑐𝑐 0,653 0,706

Esistono anche altre formule per il metodo di Dalman che consentono di cambiare la forma del
trapezio in modo da ottenere il LCG voluto; queste sono molto utili soprattutto quando il baricentro
risulta essere appruato.

Metodo di Arnott

Tale metodo viene utilizzato per navi di piccola lunghezza e prive di corpo cilindrico centrale.

Tale metodo assume il peso scafo per metà ripartito uniformemente e per l’altra metà ripartito con
legge parabolica. Il valore dell’ordinata ripartita uniformante è uguale a:

𝑃𝑃𝑠𝑠
𝑎𝑎 = 0,5
𝐿𝐿𝑃𝑃𝑃𝑃

88
Costruzioni Navali 2

Per l’altra metà ripartita con legge parabolica avrà un’ordinata al centro pari a:

𝑃𝑃𝑠𝑠
𝑏𝑏 = 0,75
𝐿𝐿𝑃𝑃𝑃𝑃

equazione parabola:

4𝑏𝑏 2 4𝑏𝑏
𝑦𝑦 = − 𝑥𝑥 + 𝑥𝑥 + 𝑎𝑎
𝐿𝐿 𝐿𝐿

La relazione che fornisce il peso scafo è:

3𝑥𝑥 1 𝑃𝑃
𝑊𝑊𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) = � (𝐿𝐿 − 𝑥𝑥 ) + � 𝑠𝑠 (7)
𝐿𝐿 2 𝐿𝐿

Anche in questo caso esistono delle formule alternative che presuppongono per la prima parte una
distribuzione di tipo trapezoidale anziché rettangolare.

Metodo di Hughes

Tale metodo considera la distribuzione del peso scafo come somma di una distribuzione lineare e
di una distribuzione parabolica. Ed è rappresentato dalla seguente relazione:

2 𝐿𝐿 1 𝑃𝑃𝑠𝑠
𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠: 𝑆𝑆(𝑥𝑥 ) + �𝑎𝑎 �𝑥𝑥 − � + � (8)
3 2 3 𝐿𝐿

dove 𝑆𝑆(𝑥𝑥) è ottenibile dalle spinte idrostatiche corrispondenti al peso scafo considerato:

𝑆𝑆(𝑥𝑥 ) = 𝜌𝜌𝜌𝜌𝜌𝜌(𝑥𝑥 ) (9)

• 𝜌𝜌𝜌𝜌 è il peso specifico dell’acqua di mare e si indica con 𝛾𝛾;

• 𝐴𝐴(𝑥𝑥) è l’area della sezione immersa all’ascissa 𝑥𝑥, considerando come condizione di
carico il solo peso scafo della nave;

• 𝐴𝐴 è un coefficiente che è funzione della posizione del baricentro dello scafo e della
lunghezza 𝐿𝐿 presa in esame.

Come abbiamo evidenziato il secondo passo è la valutazione del galleggiamento di equilibrio per la
condizione di carico fissata attraverso la sua distribuzione dei pesi:

89
Costruzioni Navali 2



𝐺𝐺 {𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺; 𝑂𝑂; 𝑉𝑉. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺 }

Si dice che 𝑉𝑉. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺(𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠) è una funzione dell’altezza di costruzione della nave:

𝑉𝑉. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺(𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠) = 𝐷𝐷 ∙ 𝑐𝑐𝑉𝑉.𝐶𝐶.𝐺𝐺

• 𝑐𝑐𝑉𝑉.𝐶𝐶.𝐺𝐺 è un coefficiente che vale [0,3 ÷ 0,4];

• 𝐷𝐷 è l’altezza di costruzione della nave.

Galleggiamento d’equilibrio

Fissata la condizione di carico posso individuare il galleggiamento d’equilibrio con le equazioni


cardinali della statica applicate al corpo rigido (nave) allo stato integro:

�⃗ + 𝑆𝑆⃗ = 0
∆ (10)

(𝐺𝐺 − 𝐵𝐵) × ∆�⃗= 0 (11)

Con la (10) e (11) garantiamo l’equilibrio della nave e per il loro tramite possiamo individuare i
parametri che individuano un generico galleggiamento di equilibrio:

∆; 𝐺𝐺 ∆𝑇𝑇 differenza di immersione tra poppa e prora

Forma 𝑇𝑇𝑀𝑀 immersione media


carena

Per individuare il galleggiamento d’equilibrio occorre risolvere una procedura di natura iterativa
che tiene conto delle equazioni (10) e (11).

Per l’applicazione della procedura regolamentare è anche possibile individuare un metodo


approssimato basato sui seguenti passi:

1) Dal dislocamento ∆ è possibile individuare, tramite tabella sulle carene dritte, per la
carena isocarenica:

90
Costruzioni Navali 2

• l’immersione isocarenica di una carena che ha lo stesso volume della carena


d’equilibrio.

• 𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐵𝐵 (ascissa longitudinale del centro di spinta di una carena isocarenica con quella
d’equilibrio);

• il momento unitario d’assetto 𝑀𝑀𝑢𝑢 :

∆ ∙ 𝑅𝑅
𝑀𝑀𝑢𝑢 =
100 ∙ 𝐿𝐿𝑃𝑃𝑃𝑃

 ∆ è il dislocamento;

 𝑅𝑅 è il raggio metacentrico longitudinale della carena isocarenica rispetto alla


carena d’equilibrio;

 𝐿𝐿𝑝𝑝𝑝𝑝 lunghezza tra le perpendicolari;

𝑡𝑡∙𝑚𝑚
 100 perché di solito l’unità di misura è
𝑐𝑐𝑐𝑐

2) Valutazione della differenza d’immersione tra poppa e prua tra la carena dritta e la
carena d’equilibrio. La differenza d’immersione si potrà ottenere per il tramite della
seguente relazione:

(𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐵𝐵) − (𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺)


∆𝑇𝑇 = (12)
100 ∙ 𝑀𝑀𝑢𝑢

La (12) , che fornisce valori positivi per nave appoppata, è una relazione capace di
individuare la differenza di immersione tra la perpendicolare addietro e quella avanti della
nave. Quindi per essere positiva 𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐵𝐵 > 𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐺𝐺.

3) L’immersione media 𝑇𝑇𝑀𝑀 potrà essere ottenuta per il tramite della seguente
relazione:

𝐿𝐿𝑃𝑃𝑃𝑃 ∆𝑇𝑇
𝑇𝑇𝑀𝑀 = 𝑇𝑇 ∗ − � − 𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐹𝐹. � (13)
2 𝐿𝐿𝑃𝑃𝑃𝑃

dove 𝐿𝐿. 𝐶𝐶. 𝐹𝐹 è l’ascissa longitudinale del centro della figura di galleggiamento riferita alla
carena dritta isocarenica con quella d’equilibrio; parametro individuabile dal calcolo delle
carene dritte.

Mentre 𝑇𝑇 ∗ è l’immersione isocarenica ottenuta dalla scala di solidità.

91
Costruzioni Navali 2

NB: i parametri presi in esame per individuare il galleggiamento sono individuati dall’immersione
media 𝑇𝑇𝑀𝑀 e dalla differenza d’immersione tra poppa e prua ∆𝑇𝑇.

Ovviamente potrò valutare i valori dell’immersione sulla perpendicolare avanti 𝑇𝑇𝐴𝐴𝐴𝐴 e sulla
perpendicolare addietro 𝑇𝑇𝐹𝐹𝐹𝐹 per il tramite delle seguenti relazioni:

∆𝑇𝑇
𝑇𝑇𝐴𝐴𝐴𝐴 = 𝑇𝑇𝑀𝑀 + (14)
� 2
∆𝑇𝑇
𝑇𝑇𝐹𝐹𝐹𝐹 = 𝑇𝑇𝑀𝑀 − (15)
2

NB: il metodo iterativo per l’individuazione del galleggiamento d’equilibrio impone come ipotesi
di lavoro le seguenti:

• La rotazione che permette il passaggio dalla carena iniziale (longitudinalmente


dritta) alla carena d’equilibrio deve essere isocarenica (non varia il volume);

• Durante la rotazione predetta, la curva dei centri di carena è approssimabile con un


arco di circonferenza di raggio pari al raggio metacentrico longitudinale 𝑅𝑅.

A questo punto il diagramma dei carichi potrà essere ottenuto conoscendo il diagramma delle aree
delle sezioni immerse 𝐴𝐴(𝑥𝑥) che permette di individuare il diagramma delle spinte unitarie 𝑠𝑠(𝑥𝑥) per
il tramite della seguente relazione:

𝑠𝑠(𝑥𝑥 ) = 𝜌𝜌𝜌𝜌𝐴𝐴𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) (16)

dove 𝐴𝐴𝑠𝑠 (𝑥𝑥) è l’area immersa alla sezione 𝑥𝑥.

III) METODO RAZIONALE

92
Costruzioni Navali 2

Le considerazioni che faremo sono valide sia per il momento che per il taglio e valgono in
condizione di nave inarcata o insellata, con tagli positivi o negativi.

La procedura razionale consiste nel considerare le caratteristiche di sollecitazione interna come


variabili aleatorie normalmente distribuite. Riferendoci al momento flettente statico inarcante, per
fissare le idee, è valida la seguente legge di distribuzione statistica:

FUNZIONE DENSITA’ DI PROBABILITA’ DEL MOMENTO FLETTENTE VALUTATA IN 𝑥𝑥𝑀𝑀


2
1 1 𝑥𝑥 −𝜇𝜇
− � 𝑀𝑀 𝑀𝑀 �
𝑓𝑓𝑀𝑀 (𝑥𝑥𝑀𝑀 ) = 𝑒𝑒 2 𝜎𝜎𝑀𝑀 (9)
√2𝜋𝜋𝜎𝜎𝑀𝑀

Se è nota la legge di distribuzione statistica, è anche possibile valutare il valore caratteristico della
+
variabile indicato con 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 , inteso come quel valore della variabile che sarà superato nel corso
della vita della nave con una probabilità sufficientemente bassa:

+∞
+
𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 : � 𝑓𝑓𝑀𝑀 (𝑥𝑥𝑀𝑀 ) 𝑑𝑑𝑥𝑥𝑀𝑀 = 𝛼𝛼 (10)
+
𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆

dove 𝛼𝛼 è una probabilità fissata sufficientemente piccola.

I valori della media e della varianza possono essere così ottenuti:


𝑛𝑛

𝜇𝜇𝑀𝑀 = � 𝑚𝑚𝑖𝑖 𝑃𝑃𝑖𝑖 (11)


𝑖𝑖=1

𝑛𝑛

𝜎𝜎𝑀𝑀 2 = �(𝑚𝑚𝑖𝑖 − 𝜇𝜇𝑀𝑀 )2 𝑃𝑃𝑖𝑖 (12)


𝑖𝑖=1

Avendo indicato con:

• 𝑖𝑖 l’𝑖𝑖-esima condizione di carico;

93
Costruzioni Navali 2

• 𝑚𝑚𝑖𝑖 il valore del momento flettente ottenuto in corrispondenza della sezione 𝑥𝑥 per l’𝑖𝑖-esima
condizione di carico;
• 𝑃𝑃𝑖𝑖 la frequenza dell’𝑖𝑖-esima condizione di carico;
• 𝑛𝑛 il numero totale di condizioni di carico presi in esame;

Il valore di 𝑚𝑚𝑖𝑖 lo otteniamo, una volta fissata la condizione di carico, attraverso il diagramma del
peso e delle spinte o un software; invece il valore di 𝑃𝑃𝑖𝑖 sarà stimato assumendo le condizioni di
carico di navi similari. Infatti la frequenza 𝑃𝑃𝑖𝑖 viene definita come:

𝑛𝑛° 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑐𝑐ℎ𝑒𝑒 𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣 𝑙𝑙′𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒


𝑃𝑃𝑖𝑖 =
𝑛𝑛° 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡 𝑖𝑖 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝

Quindi queste frequenze possono essere facilmente calcolate, basta avere un po’ di esperienza.

Per esempio:

• per una condizione di pieno carico vale una frequenza 𝑃𝑃𝑖𝑖 = 60%
• per una condizione di zavorra vale una frequenza 𝑃𝑃𝑖𝑖 = 20% − 30%

N.B.: il modello statistico si può applicare perché, fissato il numero di condizioni di carico, è
sempre possibile ottenere 𝜇𝜇𝑀𝑀 e 𝜎𝜎𝑀𝑀 e quindi, fissata la legge di distribuzione statistica, è sempre
+
possibile ottenere 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 .

LIMITI DELLA TEORIA DELLA TRAVE


La teoria della trave presuppone una serie di ipotesi che possono così sintetizzarsi:

1) il comportamento del materiale è elastico e il materiale è omogeneo;


2) la trave viene considerata prismatica (non varia da sezione a sezione e non vi sono
discontinuità);
3) durante la flessione le sezioni trasversali restano piane ruotando attorno all’asse neutro;
4) le sollecitazioni flessionali non vengono influenzate dalle altre caratteristiche di
sollecitazione (taglio e momento flettente).

In figura vediamo un concio elementare di un tratto 𝑑𝑑𝑑𝑑 soggetto a flessione:

94
Costruzioni Navali 2

• 𝑅𝑅 è il raggio di curvatura
• 𝑧𝑧 è la distanza della fibra dall’asse neutro
• Χ è la curvatura

Come conseguenza delle ipotesi della teoria (in particolare la 3𝑎𝑎 ) abbiamo:
𝑧𝑧
𝜀𝜀𝑥𝑥 = = 𝑧𝑧 ∙ Χ
𝑅𝑅
𝑀𝑀
𝜎𝜎𝑥𝑥 = 𝑧𝑧
𝐼𝐼

• 𝑀𝑀 è il momento flettente
• 𝐼𝐼 è il momento d’inerzia totale della sezione rispetto all’asse neutro

Nelle navi a grandi aperture non è più valida l’espressione della 𝜎𝜎𝑥𝑥 perché quando la sezione ruota
si creano degli ingobbimenti locali: in questo caso bisogna studiare la torsione e l’influenza del
taglio sulla flessione in maniera più accurata.

FENOMENO DELLO SHEAR LEG


Tale fenomeno è dovuto sostanzialmente al fatto che le distribuzioni di tensione dovute alla
flessione locale 𝜎𝜎𝑥𝑥 non sono uniformi; quindi dobbiamo trovare un metodo equivalente che
consiste nel trovare una nuova striscia di fasciame di larghezza diversa a quella reale che può essere
utilizzata per applicare la stessa teoria di trave.

95
Costruzioni Navali 2

Si introduce 𝑏𝑏𝑒𝑒 : la larghezza della striscia di fasciame la riduco a una larghezza che chiamo
“efficace” (sarà più piccola di quella reale), in cui la distribuzione delle tensioni è costante:

La figura dimostra chiaramente che, durante la flessione della trave, le sollecitazioni normali non
sono uniformi sulla striscia di fasciame associato; in particolare nel punto di attacco dell’anima con
la striscia di fasciame si ha il massimo della sollecitazione. Quindi per poter applicare la teoria della
trave occorre considerare, ai fini del calcolo del modulo di resistenza efficace della sezione, una
larghezza di striscia di fasciame più piccola 𝑏𝑏𝑒𝑒 della larghezza reale 𝑏𝑏.

Il registro ci dà delle indicazioni:

𝑏𝑏𝑒𝑒 𝑠𝑠 𝑠𝑠 𝑠𝑠
= 0.25 � � − 0.016 � � 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 < 8
� 𝑏𝑏 𝑏𝑏 𝑏𝑏 𝑏𝑏
𝑏𝑏𝑒𝑒 𝑠𝑠
=1 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 ≥ 8 (𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟)
𝑏𝑏 𝑏𝑏
𝑏𝑏𝑒𝑒 = min(0.2𝑠𝑠 ; 𝑏𝑏)

• 𝑠𝑠 è la campata
• 𝑏𝑏 è la larghezza della striscia di fasciame reale

Vari autori hanno studiato il problema ed è possibile scrivere le seguenti conclusioni:


𝑏𝑏𝑒𝑒
1) il rapporto dipende dalla campata della trave, in particolare cresce al crescere della
𝑏𝑏
campata.
96
Costruzioni Navali 2

𝑏𝑏𝑒𝑒
2) il rapporto dipende dal tipo di carico che agisce sulla trave nave; in particolare se esso è
𝑏𝑏
ripartito o concentrato.

Queste considerazioni sono valide sia per le travi ordinarie che rinforzate, infatti si applicano anche
ai correnti longitudinali; in tal caso:

• 𝑏𝑏 è la distanza tra due correnti longitudinali


• 𝑠𝑠 è l’intervallo di ossatura rinforzata.

𝑏𝑏
Diminuendo 𝑙𝑙0 vado in un range dove diminuisce molto 𝑏𝑏𝑒𝑒 , quindi è sbagliato non tenerne conto,
𝑏𝑏𝑒𝑒
soprattutto per le travi rinforzate dove abbiamo sempre 𝑏𝑏
< 1.

97
Costruzioni Navali 2

Lezione 10
TEORIA DEI PICCHI D’ONDA (momento flettente d’onda)

Se osservo la sovraelevazione andare nel tempo ottengo un processo stocastico; infatti nello stesso
lasso di tempo posso avere un processo differente.

In altri termini osservando il profilo ondoso ci sono più variabili aleatorie che entrano in gioco:

• X(t) generica sovraelevazione del profilo ondoso;

• 𝑥𝑥 + generico picco d’onda positivo;

• 𝑥𝑥 − generico picco d’onda negativo;

• 𝑥𝑥̅ + valore estremo in un determinato tempo (positivo);

• 𝑥𝑥̅ − valore estremo in un determinato tempo (negativo);

la legge di distribuzione dei picchi positivi è la stessa dei picchi negativi:

98
Costruzioni Navali 2

La teoria dei picchi d’onda viene studiata nel campo delle strutture navali poiché è applicabile a
qualsiasi variabile aleatoria di tipo dinamico (taglio d’onda, momento flettente d’onda, pressione
d’onda, ecc.). Essa dimostra che dal punto di vista operativo occorre studiare la statistica degli
estremi in quanto caratterizzano la scelta del valore caratteristico.

Immaginiamo infatti di conoscere la legge di distribuzione degli estremi 𝑓𝑓𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ ) ; allora l’equazione
integrale che ci permette di valutare il valore caratteristico è:

+∞
𝑥𝑥̅𝑐𝑐 ∶ � 𝑓𝑓𝑥𝑥̅ + (𝑥𝑥̅ + ) 𝑑𝑑𝑑𝑑 = 𝛼𝛼 (5)
𝑥𝑥̅ 𝑐𝑐

L’equazione (5) richiede per la sua risoluzione la conoscenza di 𝑓𝑓𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ ) che dal punto di vista
statistico è di difficile determinazione.

La teoria dei picchi d’onda permette la sua conoscenza una volta nota la legge di distribuzione
statistica del generico picco 𝑓𝑓𝑥𝑥+ (𝑥𝑥 + ) .

In altri termini si può dire che esiste un legame analitico tra la legge di distribuzione dei picchi e la
legge di distribuzione dei valori estremi.

Per ottenerlo si fa riferimento ad una possibile determinazione della variabile aleatoria.

99
Costruzioni Navali 2

n è il numero medio dei picchi, che è uguale al


numero medio dei picchi positivi e negativi:
𝑛𝑛 ≅ 𝑛𝑛+ ≅ 𝑛𝑛−

𝐹𝐹𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ ) = 𝑃𝑃(𝑋𝑋� ≤ 𝑥𝑥̅ )


= 𝑃𝑃 [(𝑥𝑥1 ≤ 𝑥𝑥̅ ) ∩ …
∩ (𝑥𝑥𝑛𝑛 ≤ 𝑥𝑥̅𝑛𝑛 )] (6)

La (6) viene letta come condizione necessaria e sufficiente affinchè la variabile estrema 𝑥𝑥̅ sia
minore o uguale al massimo di una sua possibile determinazione e in contemporanea ogni picco
minore o uguale alla determinazione del valore estremo.

Per il teorema delle probabilità composte si ha che la (6) si può scrivere:

𝐹𝐹𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ ) = 𝑃𝑃(𝑋𝑋� ≤ 𝑥𝑥̅ ) = 𝑃𝑃(𝑥𝑥1 ≤ 𝑥𝑥̅ ) ∙ … ∙ 𝑃𝑃(𝑥𝑥𝑛𝑛 ≤ 𝑥𝑥̅𝑛𝑛 ) (7)

La (7) è valida solo nel caso di indipendenza stocastica dei picchi. Si può dimostrare che la funzione
di distribuzione del picco 1 è uguale a quella del picco 2 e del’i-esimo picco, di conseguenza la (6)
diventa:

𝐹𝐹𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ ) = 𝐹𝐹𝑥𝑥1 (𝑥𝑥̅ ) ∙ … ∙ 𝐹𝐹𝑥𝑥𝑛𝑛 (𝑥𝑥̅ ) = [𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅ )]𝑛𝑛 (8)

La (8), ottenuta nel caso di indipendenza stocastica dei picchi d’onda, è il legame principale che
esiste tra la legge di distribuzione statistica del generico picco e la legge di distribuzione statistica
degli estremi. Essa permette il calcolo della legge di distribuzione degli estremi quando sono noti il
numero medio di picchi d’onda riferiti ad un periodo di osservazione e la legge di distribuzione
statistica del generico picco d’onda.

+∞
� 𝑓𝑓𝑥𝑥̅ + (𝑥𝑥̅ +) 𝑑𝑑𝑑𝑑 = 𝛼𝛼 = 𝑃𝑃(𝑋𝑋� > 𝑥𝑥̅𝑐𝑐 ) = 1 − 𝑃𝑃(𝑋𝑋� ≤ 𝑥𝑥̅𝑐𝑐 ) (9)
𝑥𝑥̅𝑐𝑐

Scriviamo la (9) come la legge di distribuzione: 1 − 𝐹𝐹𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅𝑐𝑐 ) (10) e applicando la (8)

1 − [𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅𝑐𝑐 )]𝑛𝑛 = 𝛼𝛼 (11)

La funzione di distribuzione del generico picco calcolata nell’estremo di picco risulta:

1
[𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅𝑐𝑐 )] = (1 − 𝛼𝛼)𝑛𝑛 (12)

come si può notare la conoscenza di α, di n e della legge di distribuzione dei picchi permette il
calcolo del valore caratteristico dei valori estremi.

100
Costruzioni Navali 2

Per quanto riguarda il calcolo analitico della distribuzione dei picchi d’onda, un esempio per il
processo a banda stretta (come quello in figura sotto) è quello di Rayleigh, pertanto il valore
caratteristico 𝑥𝑥̅𝑐𝑐 sarà legato al parametro che caratterizza tale legge di distribuzione.

Dove 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 è il valore max estremo più probabile ed è caratterizzato dal massimo della funzione di
densità di probabilità.

Il problema che ci si pone è la valutazione di un valore estremo più probabile una volta nota la legge
di distribuzione del generico picco 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥) (ad esempio quella di Rayleight).

𝑓𝑓𝑥𝑥̅′�𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � = 0 (13)

Si impone che la derivata della pdf sia nulla


per 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 .

In base alla definizione data di valore estremo


più probabile 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 (rappresenta la
determinazione della variabile estremo in
corrispondenza del massimo della funzione di
densità di probabilità) è possibile la sua
determinazione per il tramite della (13).

𝑑𝑑𝐹𝐹𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ )
𝑓𝑓𝑥𝑥̅ (𝑥𝑥̅ ) = = 𝑛𝑛[𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅ )]𝑛𝑛−1 ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅ ) (14)
𝑑𝑑𝑑𝑑

𝑓𝑓𝑥𝑥̅′ (𝑥𝑥̅ ) = 𝑛𝑛(𝑛𝑛 − 1)[𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅ )]𝑛𝑛−2 ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥2 (𝑥𝑥̅ ) + 𝑛𝑛[𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅ )]𝑛𝑛−1 ∙ 𝑓𝑓 ′𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅ ) (15)

Applichiamo la (13) e la (15) diviene:

𝑛𝑛(𝑛𝑛 − 1)[𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 �](𝑛𝑛−2) ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥2 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � + 𝑛𝑛[𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 �](𝑛𝑛−1) ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥′�𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � = 0

Semplifichiamo n, poi dividiamo a dx e sx per [𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅𝑝𝑝 )]𝑛𝑛−2 quindi:

(𝑛𝑛 − 1)𝑓𝑓𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � + �𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 �� ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥′�𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � = 0 (16)

𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥′�𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � = −(𝑛𝑛 − 1)𝑓𝑓𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 �

−(𝑛𝑛 − 1) ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅𝑝𝑝 ) ∙ 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥̅𝑝𝑝 )


𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � =
𝑓𝑓𝑥𝑥′(𝑥𝑥̅𝑝𝑝 )

Applichiamo il teorema dell’Hopital:

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Costruzioni Navali 2

1 − 𝐹𝐹𝑥𝑥 (𝑥𝑥) 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥 )


lim = lim �− ′ � (17)
𝑥𝑥→∞ 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥) 𝑥𝑥→∞ 𝑓𝑓𝑥𝑥 (𝑥𝑥 )

Sostituendo la (17) sarà possibile scrivere:

𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � = (𝑛𝑛 − 1)�1 − 𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 ��

1
1 − 𝐹𝐹𝑥𝑥 �𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � = (18)
𝑛𝑛

Il termine a sx è la probabilità che il generico picco supera il valore estremo più probabile, cioè:
1
𝑃𝑃(𝑥𝑥 ≥ 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 ) ≅ 𝑛𝑛

La probabilità coincide con la frequenza quando il numero d’osservazione è elevato:

1 𝑛𝑛𝑐𝑐
𝑃𝑃�𝑥𝑥 ≥ 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 � ≅ = (19)
𝑛𝑛 𝑛𝑛𝑡𝑡

È bene osservare che nota la legge di distribuzione statistica dei picchi d’onda è sempre possibile
per il tramite della (18) determinare il valore estremo più probabile 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 quando è noto il numero
medio dei picchi d’onde n.

Inoltre la (19) permette di dare un significato statistico al valore estremo più probabile 𝑥𝑥̅𝑝𝑝 . Infatti
esso rappresenta quella possibile determinazione della variabile che sarà superata dal generico
picco d’onda mediamente una sola volta.

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