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Progettazione statica

Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Fonte: Petrucci, «Lezioni di Costruzione di Macchine»
La verifica di resistenza
La progettazione di un componente strutturale richiede necessariamente una fase
di verifica nel corso della quale ci si accerta che le azioni esterne cui è
presumibilmente soggetto durante il suo funzionamento non ne causino il
cedimento
cedimento
in generale non indica solo la rottura dell’elemento in questione ma comprende
tutte quelle situazioni che ne compromettono il corretto funzionamento

verifica di resistenza
verifica rispetto a varie situazioni di malfunzionamento

• inizio delle deformazioni permanenti • instabilità con improvviso cedimento sotto


(snervamento, materiali duttili) determinate condizioni di carico e vincolo
(carico di punta, collasso di tubi,…)
• rottura per effetto di un carico statico
(materiali fragili) • rottura per urto o carico crescente molto
rapidamente
• eccessive deformazioni in campo
elastico • cedimento dovuto a carichi statici applicati
per lungo tempo
• rottura per effetto di un carico
variabile nel tempo (rottura a fatica) • effetto di sovrasollecitazione dovuto a
fenomeni di risonanza del sistema
Contenuti:

• Concetto di «verifica di resistenza»


• Espressione analitica della verifica di resistenza
• Il concetto di «coefficiente di sicurezza»
• Fattori che influenzano il coefficiente di sicurezza
a) concentrazione delle tensioni (anomalie geometriche nella struttura)
b) incertezze di varia natura (carichi, vincoli, ecc.)
c) collaborazione

Operativamente....
Saper verificare/dimensionare una struttura sottoposta a sollecitazioni SEMPLICI
La verifica di resistenza

Definizione delle condizioni di prova


che dovranno riprodurre fedelmente quelle
di funzionamento (carichi, vincoli, condizioni
ambientali ….)

Approccio Sperimentale
Si sottopone il pezzo (cioè un campione preso
Aumento progressivo dei carichi
dal lotto a cui appartiene il pezzo) che si vuole mantenendo invariate le altre condizioni, fino a
verificare ad una prova di carico e se ne portare al cedimento l’elemento o la struttura
osserva il comportamento

Determinazione situazione di carico limite


per la struttura considerata
Calcolo di un margine di sicurezza
rapporto tra carichi limite e carichi che
saranno realmente applicati

In un procedimento puramente sperimentale occorre eseguire una prova per ogni elemento, per ogni
materiale, per ogni condizione di funzionamento. Il tutto è estremamente costoso e giustificabile solo per
strutture di notevole rilevanza (es. protesi)
La verifica di resistenza

Carico

Vincolo
La verifica di resistenza

Definizione delle condizioni di progetto


che dovranno riprodurre fedelmente quelle di
funzionamento (carichi, vincoli, condizioni
ambientali ….)

Approccio Teorico
Si impiegano tecniche derivate dalla scienza Determinazione delle sollecitazioni massime
delle costruzioni, o approcci numerici (ad es. Alle quali il componente può essere sottoposto sulla
base dei compiti che ad esso sono affidati
FEM)

Valutazione della condizione di collasso


Per es. applicando un opportuno criterio di
resistenza
Calcolo di un margine di sicurezza
rapporto tra sollecitazione agente sul
componente e sollecitazione massima
sopportabile
La verifica di resistenza
La verifica di resistenza
Nell’approccio teorico l’ipotesi fondamentale è che il cedimento sia legato allo stato locale
della sollecitazione e non al complesso dei carichi applicati
Secondo questa logica, il cedimento avviene quando le forze presenti sulle facce di un elemento
infinitesimo del componente, scambiate con il materiale circostante, non vengono più
sopportate dalle forze di resistenza allo scorrimento e di coesione molecolare
Quindi la verifica di resistenza si concretizza nel controllare che in nessun punto del sistema
vengano raggiunti stati di sollecitazione prossimi a quelli limite dei materiali che lo costituiscono
(che risulterebbero non sopportabili dalle forze di coesione e di resistenza allo scorrimento)
La Scienza delle Costruzioni ci aiuta a calcolare la distribuzione delle sollecitazioni applicate
(nominali) così da individuare le zone più sollecitate e tracciare una sorta di “mappa del
rischio di cedimento”

Sezione più sollecitata


La verifica di resistenza
La condizione di collasso è data dal confronto
della sollecitazione massima precedentemente
determinata con una sollecitazione ammissibile
che non coincide con la sollecitazione limite del
8<=:
89:: =
materiale (ossia quella determinata mediante >
una prova meccanica statica)
Il valore limite σlim varia a seconda del tipo
materiale impiegato
Nei materiali duttili il pericolo di cedimento è
rappresentato normalmente dallo snervamento, Verifica di resistenza
e quindi la σlim coincide con lo sforzo di 8<=:
snervamento Sy (uguale a trazione e a 8 ≤ 89:: =
compressione) >
Nei materiali fragili il materiale cede di schianto,
e dunque la σlim coincide con lo sforzo a rottura
Su (che in genere è diverso a trazione e
compressione)
La verifica di resistenza
Il coefficiente di sicurezza (in senso ampio) ξ si introduce per tenere conto:
• delle approssimazioni introdotte nel calcolo delle sollecitazioni
• delle incertezze sulle caratteristiche del materiale
• delle incertezze sui carichi agenti durante l’esercizio del componente
• delle incertezze sui fattori ambientali
•…
Per molti anni l’approccio alla sicurezza delle strutture ingegneristiche è stato affidato a fattori
di sicurezza di tipo deterministico, anche sulla base dell’esperienza. Ciò ha spesso causato
problemi di ottimizzazione, o errate valutazioni dei fattori potenzialmente in grado di
minacciare l’integrità strutturale. Negli ultimi anni sono state introdotte tecniche di tipo
statistico in grado di tenere in considerazione la variabilità intrinseca di alcuni fattori
importanti (resistenza dei materiali ecc.)
In generale il coefficiente di sicurezza può essere espresso da una relazione di questo tipo:

β tiene conto della concentrazione delle tensioni


AB, CD · F η è quello che comunemente viene inteso come
>= coefficiente di sicurezza in senso stretto, tiene conto di
GCD incertezze di varia origine
Cst è un parametro che tiene conto dell’eventuale
coefficiente di collaborazione
Discontinuità geometriche
Brusche variazioni di sezione, fori, intagli e altre anomalie, AB, CD · F
rappresentano punti di pericolosità per l’insorgere di
>=
GCD
sovrasollecitazioni pericolose.
Per comprendere l ’ andamento delle tensioni nella zona di
discontinuità è utile ricorrere alla cosiddetta “analogia idraulica”,
tracciando le linee di corrente dentro la sezione resistente della
barra, che viene così equiparata alla sezione di efflusso di un fluido
incomprimibile in regime stazionario.
Nel caso di sezione uniforme di area A, indicando con V la velocità
del fluido e con Q la portata, in ogni sezione del condotto si ha :
J
I=
K
e quindi, per analogia, la tensione normale (costante) nella sezione
resistente della trave equivalente vale:
L
8=
K
Se il condotto presenta una variazione di sezione, la costanza della
portata (Q = cost) porta ad affermare che il moto del fluido sarà
perturbato da tale variazione: le linee di flusso tenderanno ad
addensarsi maggiormente vicino alla parete del condotto per poi
diradarsi al centro della sezione
Il coefficiente di sicurezza
La densità delle linee di flusso della tensione è proporzionale AB, CD · F
>=
alla tensione stessa. In figura è mostrato come la presenza del GCD
foro comporti un addensamento delle linee di flusso e quindi
un aumento della tensione in prossimità del foro stesso.
La presenza della discontinutà può comportare il passaggio da
uno stato di tensione monoassiale a pluriassiale (deviazione
delle linee di flusso)
L’aumento può essere visualizzato direttamente mediante
tecniche sperimentali. Nella figura in basso un esempio
dell’effetto della geometria della discontinuità visualizzato
mediante fotoelasticità
Fattore di concentrazione delle tensioni
• Per il calcolo delle tensioni semplici nelle travi si è fatto riferimento alla teoria di De
Saint Venant, che considera solidi elastici di geometria regolare.
• La presenza di una discontinuità geometrica altera la distribuzione delle tensioni
nella sua prossimità, provocando un aumento della tensione massima.
• In genere, più brusca è la variazione di geometria, maggiore è l’aumento della
tensione
Per correlare la tensione in
corrispondenza della discontinuità
con il valore ottenuto dalle formule
elementare (nominale, in assenza di
discontinuità), si introduce il fattore di
concentrazione delle tensioni, kt

8:9N
BD =
8OP:
per le tensioni tangenziali:
R:9N
BDQ = 8OP:, ROP: = DSOC=PO= OP:=O9<=, calcolate in assenza
ROP: di discontinuità geometrica
Fattore di concentrazione delle tensioni
Il fattore di concentrazione delle tensioni, kt (detto anche coefficiente di intaglio)
dipende esclusivamente dalla geometria e non dal materiale utilizzato.
8:9N
BD =
8OP:
Nel caso di stati di tensione pluriassiali, è possibile definire un fattore di
concentrazione equivalente (es: Von Mises, Tresca, per materiali duttili)
8:9N, S
BDS =
8OP:, S
Fattore di concentrazione delle tensioni
Per la determinazione del fattore di concentrazione delle tensioni si possono seguire
tre vie:
• approccio teorico (es: teoria dell’elasticità);
• approccio numerico (es: FEM)
• approccio sperimentale (es: fotoelasticità)
Normalmente il progettista può avvalersi di ampia letteratura che riporta i valori del
fattore di concentrazione delle tensioni in forma di tabelle o formule teoriche o semi-
empiriche.

Esempio: lastra indefinita con foro ellittico. È disponibile la soluzione teorica:


9
8:9N = 80 1+2
\
Se il foro è circolare, a = b, 8:9N = 380

8:9N 9
BD = =1+2
8OP: W

\2
W= (raggio di raccordo)
9
Fonte: Petrucci, «Lezioni di Costruzione di Macchine»
Fattore di concentrazione delle tensioni
Per la maggior parte dei casi sono disponibili dei diagrammi che forniscono il fattore
della concentrazione delle tensioni. Il coefficiente è riferito ad una specifica geometria
(es: sezione circolare, rettangolare, etc) ed uno specifico stato tensionale (es: trazione,
flessione, etc) che sono riportate sul diagramma stesso. Inoltre, il diagramma fornisce
il valore di kt riferito ai parametri geometrici che caratterizzano la discontinuità.

Esempio:
provino circolare con
riduzione di diametro,
soggetto a momento
flettente

Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Fattore di concentrazione delle tensioni

Trazione
Fonte: Juvinall, «Machine component design»
Fattore di concentrazione delle tensioni

Flessione Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Fattore di concentrazione delle tensioni

Torsione
Fonte: Juvinall, «Machine component design»
Fattore di concentrazione delle tensioni

Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Fattore di concentrazione delle tensioni
Albero con foro circolare di diametro d

Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Fattore di concentrazione delle tensioni

Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Fattore di concentrazione delle tensioni

Fonte: Juvinall, «Machine component design»


Discontinuità geometriche: INTAGLI
INTAGLI: variazioni di forma
localizzate spesso realizzate per motivi
funzionali (per intaglio non si intende
un difetto, come una cricca o una
frattura, ma una variazione geometrica
realizzata appositamente per assolvere
ad una funzione specifica).

Esempio (negli alberi di trasmissione):


variazioni di diametro, cave per
chiavette, spallamenti/sedi per
cuscinetti, alleggerimenti, filettature,
etc.

Nel riduttore in figura è possibile


identificare alcune discontinuità
tipiche della progettazione degli alberi
di trasmissione.
Strategie per la riduzione dell’effetto di intaglio
Discontinuità geometriche: INTAGLI
Comportamento del materiale
Il valore del kt dipende solamente dalla geometria e non dal materiale.
Tuttavia, l’effetto della presenza della discontinuità varia a seconda del materiale,
ed in particolare dipende dal fatto che il materiale abbia comportamento duttile o
fragile.

Materiale duttile
Si ipotizzi di sottoporre a trazione un provino realizzato con un materiale duttile
con comportamento ideale elastico-perfettamente plastico. Se il provino presenta
un intaglio, la distribuzione delle tensioni sarà del tipo rappresentato in figura.

8:9N = BD80
Comportamento del materiale
Se la forza applicata F cresce, il diagramma delle tensioni cresce proporzionalmente
fino a quando il valore di σmax non raggiunge il limite si snervamento Sy.
Se F cresce ulteriormente il diagramma delle tensioni si modifica, la zona vicina
all’intaglio entra in campo plastico e σ = Sy; La zona lontana resta in campo elastico,
ma si riduce al crescere del carico applicato.

La zona in campo plastico


contribuisce alla resistenza
del componente, il quale
resiste fino a quando tutta la
sezione non sarà snervata.
Praticamente, il cedimento
avviene per valore di carico
pari a quello che porterebbe
a rottura il provino non
intagliato.

Per materiali duttili caricati staticamente, non è strettamente necessario considerare


l’effetto di intaglio. Tuttavia, occorre assicurarsi che la zona deformata plasticamente
sia ridotta per evitare malfunzionamenti.
Comportamento del materiale
Il valore del kt dipende solamente dalla geometria e non dal materiale.
Tuttavia, l’effetto della presenza della discontinuità varia a seconda del materiale,
ed in particolare dipende dal fatto che il materiale abbia comportamento duttile o
fragile.
Materiale fragile
Un materiale fragile ideale ha comportamento rettilineo fino a rottura, non presenta
grandi deformazioni prima del cedimento. Se si immagina di sottoporre a trazione
un provino intagliato realizzato con un materiale fragile, non appena viene raggiunta
la tensione di rottura il materiale cede e non partecipa resistenza del componente.
Tuttavia, alcuni materiali fragili (es: ghisa) presentano
una struttura interna non omogenea, caratterizzata
dalla presenza di inclusioni o cavità. Tali «difetti
intrinseci», presenti anche durante la prova di trazione,
sarebbero causa di un effetto di intaglio localizzato tale
da causarne la limitata resistenza. Il conseguente
incremento localizzata delle tensioni sarebbe maggiore
dell’incremento dovuto ad una discontinuità geometrica
«macroscopica». Pertanto, alcuni autori ritengono che in
condizioni statiche, si possa trascurare l’effetto di
intaglio nei materiali fragili.
Accorgimenti per limitare l’effetto di intaglio
• Porre le discontinuità distanti dei punti più sollecitati.
• Evitare brusche variazioni di diametro
• Utilizzare ampi raggi di raccordo negli intagli
• Introdurre ulteriori discontinuità che riducano l’effetto di una sola (effetto
ombra)
• Evitare l’uso di materiali ad alta resistenza (più sensibili all’intaglio)
• Introdurre tensioni residue di compressione

Fonte: http://www2.ing.unipi.it/~a008077/Materiale_didattico/CM_LMEN/CM_3b_Fattori%20di%20concentrazione%20delle%20tensioni_2019.pdf
Sovrapposizione di intagli

Fonte: http://www2.ing.unipi.it/~a008077/Materiale_didattico/CM_LMEN/CM_3b_Fattori%20di%20concentrazione%20delle%20tensioni_2019.pdf
Sovrapposizione di intagli

Fonte: http://www2.ing.unipi.it/~a008077/Materiale_didattico/CM_LMEN/CM_3b_Fattori%20di%20concentrazione%20delle%20tensioni_2019.pdf
Il coefficiente di sicurezza

η= fattore di incertezza
F = F1 · F 2 · F3 · F4

η1 fattore che tiene conto della presenza di eventuali difetti del materiale e di valori
non precisi delle sue caratteristiche (assume valori compresi tra 1 e 1.15)

η2 considera le incertezze nella determinazione dei carichi agenti, con particolare


riferimento ai carichi impulsivi e agli urti. Assume valori diversi per i materiali fragili
(tra 1.5 e 2) e i materiali duttili (tra 1.1 e 1.3)

η3 comprende gli errori dovuti alle semplificazioni di calcolo degli sforzi, per
esempio nella schematizzazione ideale dei vincoli (assenza di attrito) può variare tra
1 e 1.5 (materiali fragili) e 1-1.1 (materiali duttili)

η4 rappresenta il margine di sicurezza effettivo introdotto per mantenere il sistema


sufficientemente lontano dalle condizioni di cedimento. Il suo valore dipende
dall’importanza che ha il componente in esame: sarà tanto più elevato quanto più è
vitale evitare il suo cedimento (per esempio attacchi di funivie, ponti, ascensori,
protesi biomeccaniche,…). Normalmente il valore varia tra 1.1 e 1.5.
Il coefficiente di sicurezza
A titolo orientativo si può ritenere che η assuma globalmente i seguenti valori :
per materiali duttili: η = 1.3 ÷ 2
per materiali fragili: η = 2 ÷ 4
La differenza è giustificata dal fatto che nei materiali fragili il collasso avviene
direttamente con la rottura del pezzo (cedimento di schianto) e ciò rende necessaria
l’adozione di coefficienti di sicurezza più elevati
I materiali duttili esibiscono una sorta di “fase di rinforzo” a seguito dell’esistenza
dello snervamento. Questo fenomeno, che sostanzialmente si configura come un
avvisaglia di pericolo permette, teoricamente, interventi precoci prima che la
struttura ceda. Dunque possono essere impiegati coefficienti di sicurezza più bassi
Dimensionamento e verifica
In pratica il processo di dimensionamento si concretizza nella ricerca delle
dimensioni MINIME della sezione che soddisfino la verifica di resistenza

Qe
8<=: >
8:9N = =
> Qf
>
Lo sforzo limite è rappresentato (nel caso dei materiali duttili) dal limite di
snervamento, mentre il valore del coefficiente di sicurezza è generalmente imposto
dalla normativa tecnica in funzione del campo di impiego del componente
Da un punto di vista più strettamente operativo:
1. Si impone l’equilibrio della struttura e si ricavano le reazioni vincolari
2. Si tracciano i diagrammi delle azioni interne
3. Si calcolano le sollecitazioni (se è nota la sezione, verifica) oppure si risale alla
sezione per procedimento inverso (dimensionamento)
4. Si esegue la verifica di resistenza: calcolo del coefficiente di sicurezza
Esempio
Si deve dimensionare una barra a sezione circolare sapendo che questa deve
sopportare un momento flettente pari a 50 Nm e che il materiale con cui deve essere
realizzato è una acciaio C40 avente le seguenti caratteristiche:
Su = 700 MPa Sy = 490 MPa
Il nostro vincolo di progetto è che in tutti i punti del componente la sollecitazione di
lavoro sia INFERIORE a quella massima ammissibile per il materiale (opportunamente
scalata mediante il coefficiente di sicurezza che assumeremo pari a 2)
8<=: = Qp materiale duttile

8<=: dipende dal grado di sicurezza richiesto


89:: = per la specifica applicazione
>
8e per soddisfare le condizioni di sicurezza deve
8:9N ≤ verificarsi che la sollecitazione massima presente
>
nel componente sia inferiore (al più uguale) a
quella massima ammissibile
La sollecitazione MASSIMA dovuta al momento flettente si trova dalle relazioni:

j·e m · n4 n
8jk = l= e=
l 64 2
Esempio
E dunque:

32 · j Qe
8jk = 3

m·n >

Da questa relazione è possibile quindi ricavare il diametro

r 32 · jk · > r 32 · 50 · 2
n≥ = = 12.8::
m · 8e m · 490 · 106

Questo tipo di procedura è valido per casi di sollecitazioni semplici, ma nella


stragrande maggioranza dei casi tale ipotesi non è realistica e dunque per la verifica
occorre ricorrere all’impiego dei Criteri di Resistenza
Tensioni residue da snervamento: sollecitazione assiale
Tensioni residue da snervamento: flessione e torsione
Coefficiente di collaborazione a flessione

Momento di inizio plasticizzazione, Me: è il momento che porta a snervamento la


fibra più sollecitata.
Qe · vN
jS =
e:9N

Momento plasticizzazione totale Mpt: è il momento per il quale tutta la sezione


risulta plasticizzata (cerniera plastica).
ℎ2
jtD = Qe · \ · sezione rettangolare
4
Si definisce il Coefficiente di Collaborazione a snervamento a Flessione CCF
rapporto: che quantifica l’ulteriore capacità della sezione di sopportare carico
dopo che è stato raggiunto lo snervamento nella fibra più esterna

jtD
GGL =
jS
Il Coefficiente di Collaborazione a Flessione dipende unicamente dalla geometria della
sezione. È una misura della capacità residua della sezione di resistere ad incrementi di
carico rispetto alle condizioni di prima plasticizzazione
In maniera analoga si definisce il Coefficiente di Collaborazione a Torsione CCT
Coefficiente di collaborazione a flessione

j = 2 L1 · \1 U L2 · \2

u 1 u 1 2
j;2 Qe · \ · w et · et U w et U · Qe · \ · et · et
2 2 2 2 3

1 u u 1
j;2 Qe · \ · w et · U et U · Qe · \ · exy
2 2 2 3

1 u2 1
j ; 2 Qe · \ · w exy U · Qe · \ · exy
2 4 3

u2 exy
j ; 2 Qe · \ w
8 6

u2 exy u2
j ; Qe · \ w jtD ; Qe \
4 3 4

u 1 u
L1 ; Qe · \ · w et \1 ; et U w et
2 2 2

1 2
L2 ; · Qe · \ · et \2 ; et
2 3
Coefficiente di collaborazione a flessione
Riassumendo…
Qe · vN \u3 2 \u2 u2
jS ; ; Qe · ; Qe · jtD ; Qe · \ ·
e:9N 12 u 6 4

u2
jtD Qe · \ · 4
GGL ; GGL ;
jS Qe · vN
e:9N

u2
Qe · \ · 4 3
GGL ; ;
u2 2
Qe · \ · 6

u 1 u
L1 ; Qe · \ · w et \1 ; et U w et
2 2 2

1 2
L2 ; · Qe · \ · et \2 ; et
2 3
Coefficiente di collaborazione a flessione
CCF: coefficiente di collaborazione a snervamento plastico totale per flessione

Tipo di
sezione

CCF 1.1 1.5 1.7 2

CCT: coefficiente di collaborazione a snervamento plastico totale per torsione

Cava a Profilati Circolare cava,


Tipo di sezione scomponibili ellittica cava
sezione sottile in rettangoli
k; rapporto tra
diametro (o
semiasse) interno
ed esterno
1 − B3
CCT 1 1.5 1.5 1.33 1.33 1.33 ·
1 − B4

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