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GUGLIOTTA
INTRODUZIONE
ALLA MECCANICA
DELLA FRATTURA LINEARE
ELASTICA
COLLANA DI PROGETTAZIONE
E COSTRUZIONE DELLE MACCHINE
LEVROTTOOBELLA
TORINO
INDICE
1 Premessa 1
2 La teoria di Griffith ...4
3 Stato di tensione all'apice del difetto 8
3.1 Lastra piana con difetto a tutto spessore 10
3.2 Lastra piana con due difetti ai lati 12
3.3 Lastra piana con difetto laterale 13
3.4 Trave inflessa con difetto laterale 14
3.5 Provino di trazione CTS 15
3.6 Difetto di tipo ellittico in piastra infinita 16
3.7 Difetto superficiale di tipo ellittico 17
4 Stato di deformazione all'apice del difetto 20
4.1 Raggio plastico 20
4.2 C.O.D - C.T.O.D 25
5 Tenacit alla frattura 27
5.1 Determinazione sperimentale della tenacit alla frattura 28
6 Caratterizzazione dei difetti 36
7 Applicazione della MFLE al progetto e verifica 39
8 Propagazione del difetto sotto carichi ciclici 49
8.1 Legge di Paris 49
8.2 Effetto della tensione media 57
8.3 Previsione della durata: carico ad ampiezza costante 59
8.4 Previsione della durata: carico ad ampiezza variabile 68
8.5 Schema di integrazione lineare nel caso di carico random 70
Appendice 1 77
Appendice 2 81
Appendice 3 84
Bibliografia 87
INTRODUZIONE ALLA
MECCANICA DELLA FRATTURA
LINEARE ELASTICA
Antonio Gugliotta
1. Premessa
La progettazione classica basata sull'ipotesi che la struttura o l'organo di
macchina siano privi di difetti; il dimensionamento viene normalmente eseguito
verificando che un modulo caratteristico sia minore o uguale di una certa fra-
zione del corrispondente modulo di confronto: la tensione di snervamento o
quella di rottura nel caso statico, il limite di resistenza a fatica nel caso di carichi
variabili, il limite di instabilit nel caso questa possa essere una delle cause del
collasso.
Questo tipo di approccio progettuale si per rivelato inadeguato nel caso di
alcune inesplicabili rotture di strutture e/o componenti assoggettati a carichi di
esercizio anche ben inferiori a quelli di progetto.
Alcuni di questi cedimenti furono probabilmente dovuti ad una progettazione
insufficiente, ma nella maggior parte dei casi i risultati delle analisi delle rotture
indicarono che il cedimento ebbe inizio in corrispondenza di saldature e che
molte di esse presentavano difetti o discontinuit. Prove di resilienza mostrarono
anche che i materiali utilizzati avevano un comportamento fragile alle tempera-
ture di esercizio.
L'interesse nei confronti del problema del cedimento per frattura fragile
crebbe soprattutto nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, quando
si ebbero numerosi cedimenti di strutture, in gran parte saldate: circa 140 delle
2500 navi di tipo Liberty costruite in quel periodo si ruppero in due e molte altre
furono soggette a rotture irreparabili; tra gli altri casi si ricordano quelli degli
aerei Comet (cedimenti a causa di cricche da fatica iniziatesi da fori per rivetti in
vicinanza dei finestrini), di serbatoi in pressione, di ponti, etc. Anche in questi
casi i cedimenti avvennero a livelli di tensione ben al di sotto di quelli di pro-
getto (alcune delle navi Liberty si ruppero in due mentre erano ormeggiate in
porto).
2 1. Premessa
2. La teoria di Griffith
(1)
con:
U : energia potenziale elastica,
U0 : energia potenziale elastica della lastra priva di difetto,
Ua : decremento di energia potenziale elastica dovuta all'introduzione del difetto
nella lastra,
U : incremento di energia superficiale elastica dovuta alla formazione delle
superficie del difetto.
La condizione di equilibrio rispetto all'estensione del difetto ottenuta ugua-
gliando a zero la derivata prima dell'energia totale rispetto alla lunghezza del
difetto:
(2)
2. La teoria di Griffith 5
(3)
(4)
(5)
(7)
(8)
6 2. La teoria di Griffith
(9)
Per avere propagazione del difetto si deve quindi avere, nel caso di stato di
tensione piano:
(10)
(11)
(12)
e, in stato di deformazione piano:
(13)
Dalle (12) e (13) si nota che, essendo le caratteristiche del materiale E e e
delle costanti, si ha la propagazione del difetto quando il prodotto raggiunge un
valore critico.
2. La teoria di Griffith 7
(14)
(15)
ovvero:
(16)
8 3. Stato di tensione all'apice del difetto
(17)
(18)
dove Y un fattore di forma adimensionale dipendente dalla geometria del
sistema, dalla forma del difetto e dal tipo del carico, la tensione nominale
agente in direzione normale al difetto e a la dimensione caratteristica del
difetto.
Di seguito sono descritti i casi pi comuni di componenti strutturali soggetti al
modo I di deformazione.
(19)
(20)
si ha:
(21)
(22)
dove Y il coefficiente di forma, una prima soluzione approssimata per Y
dovuta a Westergaard, Irwin, Koiter, e ricavata dall'analisi dello stato di ten-
sione di una lastra di larghezza infinita con difetti collineari e ugualmente spa-
ziati di un passo pari a w:
(23)
12 3. Stato di tensione all'apice del difetto
(24)
figura 6: Coefficienti di forma per lastre di larghezza finita con difetto centrale
(25)
(26)
con
(27)
(28)
con
(29)
(30)
(31)
Molti difetti riscontrati in pratica sono spesso situati sulle facce laterali o
sugli spigoli del manufatto; essi tendono ad accrescersi verso l'interno ed assu-
mere forme semiellittiche o di quarto d'ellisse (surface flaws e corner cracks). A
causa di questa loro importanza il problema dei difetti di tipo ellittico stato
ampiamente trattato in letteratura. Irwin, basandosi su uno studio di Green e
Sneddon, ricav la formulazione del fattore di intensificazione degli sforzi per
un difetto ellittico all'interno di un corpo infinito soggetto a sollecitazione di tra-
zione; con le notazioni di figura 12, KI dato da:
(32)
(33)
(34)
Per c = e = /2 l'eq. (32) si riduce alla (19) per difetto a tutto spessore
in lastra piana. I valori di possono essere calcolati in modo approssimato
mediante l'espansione in serie:
(35)
Per a/c tendente a zero il terzo termine della serie pu essere trascurato:
(36)
(37)
(38)
18 3. Stato di tensione all'apice del difetto
(39)
(40)
(41)
dove Mk, fattore di correzione dovuto a Kobayashi et al., dato in forma grafica
dalla figura 14, avendo indicato con B lo spessore del componente.
3. Stato di tensione all'apice del difetto 19
(42)
(43)
4. Stato di deformazione all'apice del difetto 21
(44)
(46)
da cui, essendo 8 a:
(47)
e l'area A:
(49)
con:
(50)
Si ha quindi:
(51)
ed essendo a e = rp* :
(52)
La condizione A = B :
(53)
4. Stato di deformazione all'apice del difetto 23
(54)
(55)
(56)
(57)
(59)
(60)
(61)
(62)
(63)
E' da notare che la (63) richiede una soluzione iterativa, dal momento che Kj
dipende da rp* che a sua volta funzione di KI.
4. Stato di deformazione all'apice del difetto 25
(64)
(65)
26 4. Stato di deformazione all'apice del difetto
(66)
e, per x = a:
(67)
5. Tenacit alla frattura 27
(68)
Lo spessore del provino risulta quindi circa 50 volte il raggio della zona plastica
(in condizioni di stato di deformazione piano):
(69)
Dalle (68) si nota che bisogna stimare un valore di KIC prima della prova al fine
di ottenere le dimensioni richieste del provino. Si conduce quindi la prova e si
determina un valore candidato di KIC, indicato con KQ. Si controlla quindi che le
condizioni (68) siano soddisfatte e, in caso positivo la prova viene considerata
valida ed il valore candidato KQ il KIC ricercato.
b) Procedimento d prova
Il procedimento di prova pu essere suddiviso nei seguenti passi:
1) Determinare le dimensioni del provino sulla base di una stima del valore di
KIC ottenuta dall'esperienza con materiali simili e/o da deduzioni basate su
altri tipi di prove di tenacit. In assenza di elementi per una stima sufficiente-
mente approssimata di KIC la scelta delle dimensioni pu essere basata sulla
Tabella 2: (UNI 7969):
30 5. Tenacit alla frattura 30
Spessore minimo
os/E
raccomandato B [mm]
0.0050 - 0.0057 75
0.0057 - 0.0062 63
0.0062 - 0.0065 50
0.0065 - 0.0068 44
0.0068 -0.0071 38
0.0071 -0.0075 32
0.0075 - 0.0080 25
0.0080 - 0.0085 20
0.0085 -0.0100 12.5
>0.0100 6.5
La lunghezza iniziale del difetto a deve essere circa 0.45w. Le espressioni per
il calcolo del fattore di intensificazione delle tensioni sono, per il provino di
flessione su tre punti:
(70)
(71)
Queste espressioni sono valide solo per 0.45 < a/w < 0.55, che copre la mag-
gior parte delle dimensioni di difetti nei provini standard. Srawley ha propo-
sto altre espressioni per il fattore di intensificazione delle tensioni: per il
provino di flessione su tre punti (valido per l'intero campo di a/w):
32 5. Tenacit alla frattura
(72)
e per il provino CTS (valido per 0.2 < a/w < 1):
(73)
(74)
Unit di conversione:
1 ksi = 6.8947 MPa = 0.7028 kg/mm 2
1 MN/m 3 / 2 = 3.22 kg/mm 3 / 2 = 3.22 N / m m 3 / 2 = 0.91 ksi in 1 / 2
1 kg/mm 3 7 2 = 0.31 MN/m 3 / 2 = 0.283 ksi in 1 / 2
1 ksi i n 1 / 2 = 1.099 MN/m 3 7 2 = 34.75 N/mm 3 / 2 = 3.54 kg/mm 3 / 2
36 6. Caratterizzazione dei difetti
E' inoltre da tener presente che qualora l'esame con tecniche non distruttive
non evidenzi alcun difetto, si deve ipotizzare esistente un difetto le cui dimen-
sioni siano pari alla sensibilit del metodo adottato.
In fase di progetto le caratteristiche del difetto ipotizzato presente nel compo-
nente o struttura sono in generale dettate da normative; in mancanza di esse si
dovr far riferimento ad informazioni relative a componenti simili.
Nel caso, ad esempio di strutture aeronautiche o aerospaziali, si richiede di
considerare diverse tipologie di difetti (figura 27) le cui dimensioni sono specifi-
cate in funzione del tipo di tecnica non distruttiva da utilizzare poi nella ispe-
zione del componente. In tal senso le prove non distruttive sono suddivise in due
grosse categorie: prove non distruttive standard (liquidi penetranti, raggi X,
ultrasuoni, etc.) e prove non distruttive speciali.
E' anche richiesto che i difetti possano essere rilevati con il 90% di probabi-
lit ed il 95% di confidenza; chiaramente le dimensioni del difetto ipotizzato
risulteranno pi grandi se verranno utilizzate tecniche standard; se, per ragioni
progettuali, si vuole o si deve ipotizzare un difetto pi piccolo, allora prove di
garanzia della qualit devono dimostrare che le tecniche non distruttive di tipo
speciale utilizzate possono rilevare i difetti ipotizzati con il 90% di probabilit
ed il 95% di confidenza.
Generalmente sono utilizzate le indicazioni derivanti dalle prove non distrut-
tive di tipo standard, data la maggior difficolt di esecuzione ed il maggior costo
38 6. Caratterizzazione dei difetti
delle prove speciali, dovuto anche al fatto che devono essere effettuate da opera-
tori specializzati e muniti di apposito patentino.
La figura 28 mostra la curva da utilizzare per determinare, con il 90% di pro-
babilit ed il 95% di confidenza, le dimensioni di un difetto ellittico superficiale
nei casi di prove standard e speciali.
(75)
(76)
>a (77)
a
figura 29: Diagramma della resistenza limite
sono causare frattura fragile di una struttura costruita con un materiale caratte-
rizzato da una tenacit alla frattura KIc
A tale scopo si consideri, ad esempio, il caso di un componente costruito in
acciaio maraging 200 (tabella 3), in cui si supponga esistere un difetto a tutto
spessore (figura 5). L'equazione che fornisce il valore del fattore di intensifica-
zione delle tensioni :
(78)
Dalla tabella 3 si legge un valore di tenacit alla frattura pari a 110 MN/m 3/2 ed
una tensione di snervamento pari a 1300 MN/m 2 ; le possibili combinazioni criti-
che di tensione e lunghezza di difetto sono ricavabili da:
(79)
La tabella 4 riporta le coppie di valori - a che conducono a frattura, oltre a
quelli relativi ad un valore KI di progetto, pari a KIc/2, usando cio un fattore di
sicurezza pari a 2 rispetto alla frattura fragile controllata dal fattore di intensifi-
cazione delle tensioni.
Dalla relazione:
(80)
si nota che tende a infinito per a tendente a zero. Il valore della tensione per
limitato dalla tensione di snervamento per cui ci sar sempre una regione al di
sotto di un determinato valore di a dove il cedimento sar per collasso plastico
anzich per frattura fragile, qualsiasi sia il valore della tenacit alla frattura.
In questa parte del diagramma il valore letto sulla curva caratteristica di KIC
pi alto di quello reale risultando quindi in errore per eccesso; si pu ragionevol-
mente approssimare il diagramma con il metodo della tangente, tracciando cio
una retta passante per il punto s o R e tangente alla curva caratteristica.
La figura 32 illustra il caso di una lastra, larga w e contenente un difetto di lun-
ghezza 2a, quando siano utilizzati due materiali diversi aventi tenacit alla frat-
tura ( K I C ) 1 e (KIC)2.
Si inoltre gi detto che una verifica contro la frattura fragile deve essere
sempre accompagnata da una verifica a collasso plastico; nel caso della figura
32 questa condizione rappresentata da una retta che si ottiene congiungendo il
44 7. Applicazione della MFLE al progetto e verifica
Esempio 1
In una lastra rettangolare in acciaio maraging (classe 200), in seguito ad una
ispezione, stato scoperto un difetto passante lungo la = 10 mm. Analizzare
le condizioni di frattura fragile e/o di collasso plastico sapendo che lo stato
di tensione nominale pari a n = 500 [MPa].
w= 100 [mm]
2a= 10 [mm]
n =500 [MPa]
con:
Essendo c < p l'analisi fin qui svolta porta a concludere che il cedimento
del componente avverr per frattura fragile; si avr quindi:
con un margine di sicurezza, pari a quello relativo alla tenacit alla frattura:
Il coefficiente Y dipende dalla lunghezza del difetto, per cui necessaria una
soluzione iterativa; assumendo si ha un primo valore di tentativo
della lunghezza critica:
La resistenza limite l coincide in tal caso con la tensione critica alla frattura
c. Si ha un margine di sicurezza:
Una variazione della tenacit alla frattura del 15% porta quindi, per una ten-
sione nominale di 500 [MPa], ad una variazione percentuale di circa il 23%
per la lunghezza critica del difetto.
8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici 49
un progetto a fatica a meno che non si verifichino le stesse esatte condizioni uti-
lizzate nella prova. Si rende quindi necessario applicare i concetti della MFLE al
fine di ridurre i dati sperimentali in una forma direttamente applicabile in un
progetto a fatica.
Dall'analisi dei diagrammi delle figure 35 e 36 si pu dedurre che l'incre-
mento a di lunghezza del difetto per ogni ciclo funzione dei livelli di tensione
massimo e minimo, della sua lunghezza corrente oltre che della geometria del
sistema:
(81)
(82)
Lo stato di tensione all'apice del difetto descritto dal fattore di intensifica-
zione delle tensioni KI. se lo stato di tensione e/o la lunghezza del difetto
variano nel tempo anche il K I varier nel tempo secondo la legge:
(83)
(84)
(85)
In termini generali la velocit di propagazione del difetto sar quindi data da:
(86)
Nota la curva sperimentale di propagazione si pu ricavare il diagramma
da/dN-K nel seguente modo: dato un punto p sulla curva a - N (figura 37) il
punto P corrispondente nel diagramma da/dN-K avr una ascissa pari a:
52 8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici
(87)
dove il valore di quello al quale stata condotta la prova e a la lunghezza
del difetto letta in corrispondenza di p. L'ordinata del punto P data dalla pen-
denza da/dN della curva nel punto p.
Ripetendo l'operazione per tutti i punti della curva sperimentale si ottiene il
diagramma, normalmente in scala doppio logaritmica, illustrato nella figura 38.
(88)
L'intera curva da/dN ha una caratteristica forma ad S (figura 39) in cui si pos-
sono individuare tre regioni caratteristiche:
a) la regione I, corrispondente al periodo di nucleazione del difetto, caratteriz-
zata da un valore di soglia K0 (indicato anche con K t h (th: threshold =
soglia), al di sotto del quale non si osserva una apprezzabile propagazione del
difetto. Questa soglia si osserva ad una velocit di propagazione del difetto
dell'ordine di 2.5 10-10 m/ciclo o inferiore. Al di sotto di K0 il difetto si
comporta come stazionario. I valori di K 0 , sostanzialmente qualche per-
cento di KIc, sono talvolta considerati analoghi al limite di fatica di provette
non intagliate, dal momento che una variazione del fattore di intensificazione
delle tensioni minore di non causa propagazione del difetto.
Tabella 6: Costanti della legge di Paris e valori del fattore di soglia per alcuni
materiali
(89)
Barsom ha valutato l'equazione di Paris per una grande variet di acciai con
tensioni di snervamento variabili tra 250 a 2070 MPa e ha mostrato che per
acciai ferritici - perlitici e martensitici i dati sperimentali si addensano in una
fascia abbastanza ristretta. Egli ha quindi suggerito, per stimare in modo conser-
vativo la velocit di propagazione dei difetti in mancanza di dati certi, di utiliz-
zare le seguenti relazioni che rappresentano i valori limiti superiori dei dati
sperimentali (figura 40):
a) acciai martensitici (s > 480 [MPa], R > 620 [MPa]):
(90)
(91)
(92)
con a in [m] e AK in
(93)
(94)
dove Kj il valore della tenacit alla frattura per il dato materiale e per lo spes-
sore in esame.
Una successiva modifica di questa espressione per tener conto del valore di
soglia K0 conduce alla seguente legge:
(95)
Le differenze tra queste espressioni non sono molto grandi e nessuna di esse
ha una validit generale; la legge di Paris, grazie alla sua semplicit, general-
mente una delle pi utilizzate.
8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici 59
(96)
zione di a/w o solo in forma tabellare per cui l'integrazione analitica diventa
complicata anche se costante).
a) soluzione analitica
L'integrazione della (96) fornisce:
(97)
e, utilizzando la legge di Paris (88):
(98)
nel caso di carico ad ampiezza costante e supponendo Scostante:
(99)
(100)
dove Ao il campo di variazione della tensione nel ciclo di fatica, con l'avver-
tenza di trascurare la parte di compressione del ciclo. E' inoltre da osservare che
le espressioni su ricavate sono valide per K > K0 e KImax < Kl.
b) soluzione numerica
Un possibile modo di procedere illustrato nella tabella 7: nota la dimen-
sione iniziale a0 del difetto, si assume un passo di integrazione a, che in questa
fase potr essere considerato costante.
8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici 61
Esempio 2
Calcolare la durata di un componente, assimilabile ad una lastra rettangolare,
sottoposto ad un carico assiale variabile ciclicamente tra 0 e 300 kN ed in cui
si riscontrata la presenza di un difetto centrale passante di lunghezza 2a = 2
mm (figura 43).
62 8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici
cio:
8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici 63
La lunghezza critica del difetto per cedimento a frattura fragile, per la tipo-
logia di difetto ipotizzata, si ricava dalla (ex16):
e:
figura 44. Curve limiti per collasso plastico e per frattura fragile
iniziali si ha infatti:
(101)
(102)
(103)
(104)
con:
(105)
Per la generazione della stress history lo spettro cos definito viene quindi
approssimato suddividendolo in un certo numero di livelli di sollecitazioni,
generalmente compreso tra 5 e 10. Le suddivisioni possono essere eseguite ad
intervalli di sollecitazione costanti oppure ad intervalli uguali (nella opportuna
8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici 73
Nella terza colonna della tabella 10 sono riportati i numeri di cicli relativi a
ciascun livello di sollecitazione ed al periodo di tempo cui il diagramma della
stress history si riferisce; essi sono ottenuti sottraendo, a coppie, le eccedenze
riportate nella seconda colonna. Il blocco di sollecitazione cos ottenuto
potrebbe risultare troppo grande e non rappresentare adeguatamente la stress
history reale; si pu a questo punto considerare il numero di cicli relativo ad una
frazione N-esima del periodo definito dallo spettro, anzich quello relativo
all'intero periodo (quarta colonna della tabella 10). In tal modo la stress history
sar rappresentata da una sequenza di blocchi di sollecitazione, naturalmente
tutti uguali fra loro. Si pu considerare, come dimensione ottimale del blocco di
sollecitazione quello che provoca una propagazione del difetto pari circa al 5%
della dimensione corrente del difetto.
Esempio 3
Calcolare la propagazione di un difetto in una lastra indefinita, o quanto
meno considerata tale, soggetta allo spettro di sollecitazione riportato in
figura 51, e relativo ad un periodo di un anno; non si consideri l'effetto del
ritardo (integrazione lineare) e si assumano i seguenti dati:
74 8. Propagazione del difetto sotto carichi ciclici
con:
Appendice 1
% E s e m p i o n. 2
% programma p e r c a l c o l o d e l l a c r e s c i t a d i u n d i f e t t o s o t t o c a r i c o
% c o s t a n t e secondo l a f o r m u l a d i P a r i s .
% i n t e g r a z i o n e n u m e r i c a con i n c r e m e n t o f i s s o d e l l a l u n g h e z z a d e l
% difetto.
% A . i n : lunghezza i n i z i a l e d i f e t t o
% A . f : lunghezza f i n a l e d i f e t t o
% Ds : D e l t a sigma
clear
eie
% d a t i di input
Kic=57 ; % [MPa+m] .
S i g m a . s = 1 8 0 0 ; % [MPa]
C=2.33E-11;
n=3;
W=.l; % [m] .
Ds=3 0 0 ; % [MPa]
A.in=.001; % [m]
A.f=.01083; % [m]
temp=sprintf ('Lunghezza f i n a l e d i f e t t o Af = % 8 . 4 f ' , A . f ) ;
disp(temp);
78 Appendice 1
d A = i n p u t ( ' I n c r e m e n t o da c o n s i d e r a r e ? ') ;
% stampa i d a t i di i n p u t
t e m p l = s p r i n t f (1 \n \n Esempio n. 1 \n \n D a t i di I n p u t \n
C o e f f i c i e n t i legge d i P a r i s : \ n ' ) ;
temp2=sprintf (' C = %11.3E \n n = %6.3f',C,n);
temp3=sprintf (' C i c l o c o s t a n t e : \n D e l t a sigma : %6.3f \ f ' , D s ) ;
temp4=sprintf ( ' lunghezza i n i z i a l e d i f e t t o : % 8 . 4 f ' , A . i n ) ;
temp5=sprintf lunghezza f i n a l e d i f e t t o : % 8 . 4 f ' , A . f ) ;
temp6=sprintf (' passo di i n t e g r a z i o n e : %8.4f \n \n',dA);
disp (tempi);
d i s p (temp2);
d i s p (temp3);
d i s p (temp4);
d i s p (temp5);
disp (temp6);
% c a l c o l o d e l numero d e i p a s s i d i i n t e g r a z i o n e
Nstampe=12;
d A _ s t a m p a = ( A . f - A . i n ) / Nstampe;
dA_contr=dA_stampa;
d i s p (' a (i) a (i + 1) a (m) Y DK da/dN
dN N');
% calcolo durata
Aip = A . i n ;
Afp=Ap+dA;
N c i c l i = 0;
dN_stampa=0;
f o r i = 1 : N s t a m p e + 1;
while A f p < A . f ;
Am = ( A i p + A f p ) / 2 ;
Y=FattoreY(Am,W);
dK=DeltaK(Y,Ds,Am);
d a . d N = C * dK A n;
dN = dA / d a . d N ;
dN_stampa=dN_stampa+dN ;
N c i c l i = N c i c l i + dN;
d A _ c o n t r = d A _ c o n t r + dA;
if d A _ c o n t r >= dA_stampa -
dA_contr = 0 ;
temp= s p r i n t i ( ' %09.3E %09.3E %09.3E %06.4f %06.3f
Appendice 1 79
function [Y]=FattoreY(Am,W);
%
% Scopo:
% la funzione subroutine FattoreY.m c a l c o l a il f a t t o r e geometrico Y
% n e l l ' e s p r e s s i o n e del f a t t o r e di intensificazione delle tensioni Ki
% [Y]=FattoreY(Am,Y)
% Descrizione delle v a r i a b i l i :
% Input Am - A m p i e z z a media d e l d i f e t t o
% W spessore d e l l a l a s t r a
% Output Y - f a t t o r e geometrico
%
Y = sqrt(pi) * s q r t ( 1 / c o s ( p i * Am / W ) ) ;
function [dK]=deltaK(Y,Ds,Am);
%
% Scopo :
% la funzione subroutine deltaK.m c a l c o l a il Delta K,
% incremento d e l f a t t o r e d i i n t e n s i f i c a z i o n e d e l l e t e n s i o n i K i
% [dK]=deltaK(Y,Ds,Am)
% Descrizione delle v a r i a b i l i :
% Input Y - f a t t o r e geometrico
% Ds - A m p i e z z a d e l l a s o l l e c i t a z i o n e
% Am - A m p i e z z a d e l d i f e t t o
% Output dK - D e l t a K
%
%
dK = Y * Ds * s q r t ( A m ) ;
Appendice 2 81
Appendice 2
% E s e m p i o n. 2
% programma p e r c a l c o l o d e l l a c r e s c i t a d i u n d i f e t t o s o t t o c a r i c o
% c o s t a n t e , secondo l a f o r m u l a d i P a r i s
% i n t e g r a z i o n e n u m e r i c a con i n c r e m e n t o p e r c e n t u a l e d e l l a l u n g h e z z a
% difetto.
% C a s o d i una l a s t r a d i l a r g h e z z a f i n i t a con d i f e t t o a t u t t o s p e s s o r e
% A.in:lunghezza i n i z i a l e difetto
% A . f : lunghezza f i n a l e d i f e t t o
% D s : D e l t a sigma
clear
eie
% d a t i di i n p u t esempio 2
%
Kic=57; % [MPa+m]
Sigma.s=1800; % [MPa]
C=2.33E-11;
n=3 ;
W= . 1 ; % [m]
Ds = 3 0 0 ; % [MPa]
A . i n = . 0 0 1 ; % [m]
A . f = . 0 1 0 8 3 ; % [m]
temp=sprintf ("Lunghezza f i n a l e d i f e t t o Af = %8.4f',A.f);
disp(temp) ;
82 Appendice 2
dA_fact = i n p u t ( 1 F a t t o r e di incremento da c o n s i d e r a r e ?
% stampa i d a t i di i n p u t
t e m p l = s p r i n t f (1 \n \n Esempio n. 2 \n \n D a t i di I n p u t \n
C o e f f i c i e n t i legge d i P a r i s : \ n ' ) ;
temp2=sprinti ( v C = %11.3E \n n = % 6 . 3 f ' , C , n ) ;
temp3=sprintf (( C i c l o c o s t a n t e : \n D e l t a sigma : %6.3f \ f ' , D s ) ;
temp4=sprintf (v lunghezza i n i z i a l e d i f e t t o : % 8 . 4 f ' , A . i n ) ;
temp5=sprintf ( l lunghezza f i n a l e d i f e t t o : % 8 . 4 f ' , A . f ) ;
temp6=sprintf (' passo di i n t e g r a z i o n e : %8.4f \f \n \ n ' , d A _ f a c t ) ;
disp (tempi);
d i s p (temp2);
d i s p (temp3);
d i s p (temp4);
d i s p (temp5);
disp (temp6);
% c a l c o l o d e l numero d e i p a s s i d i i n t e g r a z i o n e
Nstampe=12;
dA_stampa=(A.f - A . i n ) / Nstampe;
dA_contr=dA_stampa;
disp C a (i) a (i + 1) a (m) Y DK da/dN
dN N') ;
% calcolo durata
Aip = A . i n ;
dA=dA_fact*Aip;
Afp=Ap+dA;
N c i c l i = 0;
dN_stampa=0;
f o r i = 1 : N s t a m p e + 1;
while A f p < A . f ;
Am = ( A i p + A f p ) / 2 ;
Y=FattoreY(Am,W);
dK=DeltaK(Y,Ds,Am);
d a . d N = C * dK A n;
dN = dA / d a . d N ;
dN_stampa=dN_stampa+dN;
N c i c l i = N c i c l i + dN;
d A _ c o n t r = d A _ c o n t r + dA;
i f d A _ c o n t r > = dA_stampa
d A _ c o n t r = 0;
Appendice 1 83
Appendice 3
% programma p e r c a l c o l o d e l l a c r e s c i t a d i u n d i f e t t o
% secondo l a f o r m u l a d i P a r i s
% i n t e g r a z i o n e numerica senza i t e r a z i o n e
% Caso d i una l a s t r a d i l a r g h e z z a i n f i n i t a c o n d i f e t t o a t u t t o s p e s s o r e
% Caso d i una l a s t r a d i l a r g h e z z a f i n i t a con d i f e t t o a t u t t o s p e s s o r e
% A_in: lunghezza i n i z i a l e d i f e t t o
% n l i v : N o l i v e l l i di tensione in un blocco
% s p e t t r o ( 1 0 , 2) ( i , l ) : s t r e s s , ( i , 2 ) occurences
clear
% d a t i di input
C=2. 3 3 E - 1 1 ;
n=3 ;
n l i v = 5; % No l i v e l l i di tensione in un blocco
% numero d i c i c l i a c i a s c u n l i v e l l o d i t e n s i o n e
s p e t t r o ( 1 , 2) = 1;
s p e t t r o ( 2 , 2) = 9;
Appendice 3 85
spettro(3, 2) = 90;
spettro(4, 2) = 900;
spettro(5, 2) = 1740;
% lunghezza i n i z i a l e del d i f e t t o
A _ i n = 5 / 1 0 0 0 ; % [m]
1
nblocchi=input("numero di b l o c c h i da c o n s i d e r a r e ? );
% stampa i d a t i di i n p u t
t e m p l = s p r i n t f (1 \n \n Esempio n. 3 \n \n D a t i di I n p u t \n
C o e f f i c i e n t i legge d i P a r i s : \ n ' ) ;
temp2=sprintf (' C = %11.3E \n n = %6.3f',C,n);
temp3=sprintf(1 1
);
temp4 = s p r i n t f (' lunghezza i n i z i a l e d i f e t t o : %8 . 4 f ' , A _ i n ) ;
%temp5=sprintf ( v Numero d i b l o c c h i : % 8 . O f ' , n b l o c c h i ) ;
temp5=sprintf ( ' s p e t t r o d i c a r i c o \ n Numero d i b l o c c h i : % 8 . 0 f \ n
Numero d i l i v e l l i : %2.0f \n \n sigma c i c l i 1 , nblocchi,nliv)
disp (tempi);
d i s p (temp2);
d i s p (temp3);
d i s p (temp4);
d i s p (temp5);
for i=l:nliv;
temp6=sprintf (' %8.0f %8.0f ' , s p e t t r o ( i ,,1) , s p e t t r o ( i , 2 ) ) ;
disp(temp6);
end
d i s p (temp3);
% calcolo durata
Aip = A_in;
Afin=Aip;
n c i c l i = 0;.
Y = s q r t ( p i ) ; % l a s t r a con r a p p o r t o w/a i n f i n i t o
for ib=l:nblocchi;
t e m p = s p r i n t f ( ' blocco n. % 3 . 0 f ' , i b ) ;
d i s p (temp);
d i s p (v sigma cicli a DK da/dN da
af N');
for i l i v = l : n l i v ;
A0 = A f i n ;
sigma= s p e t t r o ( i l i v , 1) ;
c i c l i = s p e t t r o ( i l i v , 2);
86 Appendice 1
Bibliografia
Si riporta qui l'indicazione di alcuni testi e lavori ritenuti utili per un appro-
fondimento degli argomenti trattati.
ANDERSEN T. L., Fracture Mechanics: Fundamentals and Applications,
C.R.C. Press, 1991.
BROEK D., Elementary Engineering Fracture Mechanics, 4th revised edition
Sjthoff&Noordhoff, 1986.
BROEK D., The Practical use of Fracture Mechanics, Kluwer Academic
Publishers, 1991.
COLLINS J. A., Failure of Materials in Mechanical Design, John Wiley & Sons,
1981.
HERTZBERG R. W., Deformation and Fracture Mechanics of Engineering
Materials, John Wiley & Sons, 1976.
KANNINEN M. F., POPELAR C. H., Advanced Fracture Mechanics, Oxford
Unievrsity Press, 1985.
KNOTT J. F., Foundamentals of Fracture Mechanics, Butterworths, London,
1973.
ROLFE S. T., BARSOM J. M., Fracture and Fatigue Control in Structures:
Applications of Fracture Mechanics, Prentice-Hall, 1977.
SIH G.C., FARIA L. ed., Fracture Mechanics Methodology, Martinus Nijhoff
Publishers, 1984.
A general introduction to Fracture Mechanics, A Journal of Strain Analysis
Monograph, Vol. 10, N. 4, 1975.
SIH G. C., Handbook of stress intensity factors, Lehig Univ., Bethlehem, 1973.
POOK L. P., "Analysis and application of fatigue crack growth data", Journal of
Strain Analysis, Vol. 10, N. 4, 1975, 242-250.
NISHIOKA K HIRAKAWA K, KITAURA I., "Fatigue crack propagation
behacviours of various steels", The Sumimoto search, N. 17, 1977, 39-55.
FORMAN R. G., KEARNEY V. E. ENGLE R.M., "Numerical analysis of crack
propagation in cyclic loaded structures", Journal of Basic Engineering, 1967,
459-464.
88 Bibliografia 88