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LEZIONE N° 1

LA METODOLOGIA DELLA PROGETTAZIONE STRUTTURALE

La Tecnica delle Costruzioni è una disciplina di carattere professionalizzante che costituisce


l’applicazione dei metodi teorici sviluppati dalla Scienza delle Costruzioni e dalla Teoria delle
Strutture.
In sostanza si passa dall’impiego dei materiali ideali della Scienza delle Costruzioni, materiali che
sono omogenei, isotropi, illimitatamente elastici, a quelli effettivamente disponibili nella realtà ed
impiegati nella pratica professionale per la realizzazione delle costruzioni civili ed industriali, quali
l’acciaio da carpenteria, il cemento armato, il cemento armato precompresso, la tecnologia delle
strutture composte acciaio-calcestruzzo.
Per ragioni di tempo nell’ambito di questo Corso fisseremo l’attenzione essenzialmente sulle
costruzioni di acciaio e di cemento armato.
Sempre per ragioni di tempo, nel corso di Tecnica delle Costruzioni si sviluppa la progettazione dei
componenti strutturali (travi, pilastri, solai, balconi, scale, plinti, ecc..) e di qualche struttura
semplice di tipologia ricorrente (capannoni industriali, edifici per abitazione, ecc..).
Strutture più complesse (grandi coperture, serbatoi, silos, ponti) sono oggetto di altri Corsi nella
Laurea Magistrale. Anche per l’Ingegneria antisismica c’è un apposito corso specifico.
Compito della Tecnica delle Costruzioni è quindi quello di fornire agli Allievi Ingegneri gli
strumenti operativi per progettare e realizzare strutture sicure dal punto di vista della garanzia della
Pubblica Incolumità e che soddisfino i requisiti funzionali prefissati.
Di particolare rilevanza a questo proposito (e torneremo su questo aspetto nel seguito) è il rapporto
tra attività di progettazione e realizzazione delle strutture e la legislazione tecnica. Difatti in Italia il
settore delle costruzioni è regolato da normative cogenti.
Entrando più nel dettaglio si può osservare che la struttura è la parte staticamente efficiente di una
costruzione, quella, cioè che garantisce la resistenza e la stabilità.
Occorre peraltro sottolineare che la resistenza non è la finalità primaria di una costruzione, ma solo
il mezzo per ottenere obiettivi diversi.
Le finalità funzionali primarie delle costruzioni sono altre, tra le quali:
 Isolare un certo volume di spazio per difenderlo dal vento, dalla pioggia, dalla neve, dagli sbalzi
di temperatura, dalla vista di altre persone;
 Sostenere carichi fissi o mobili (piattaforme, pontili, ponti, ecc..);
 Contenere spinte orizzontali dei terreni;

1
 Resistere alle azioni sismiche;
 ecc..
Con questa premessa, restringendo l’attenzione alla strutture, possiamo individuare quattro requisiti
essenziali che esse debbono soddisfare:

 Resistenza
 Stabilità (sia globale che locale);
 Efficienza funzionale (intesa come capacità di manifestare un buon comportamento in servizio,
con deformazioni non eccessive, ridotto livello delle vibrazioni, fessurazione del calcestruzzo
contenuta o assente, ….);
 Durabilità (intesa come la capacità di mantenere nel tempo le proprietà favorevoli possedute al
termine della costruzione).

La chiara identificazione di questi requisiti è conquista recente, anche se, fin dai tempi più antichi, i
costruttori hanno sempre tenuto presente questi aspetti nella progettazione e durante la costruzione.

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La metodologia delle progettazione strutturale

La progettazione strutturale avviene secondo un procedimento che si articola in fasi successive


secondo lo schema sintetico rappresentato nella figura seguente.

CONCEZIONE DEL SISTEMA STRUTTURALE

PREDIMENSIONAMENTO

AZIONI STRUTTURA = COMPONENTI + NODI RISPOSTA


(N,M,T,w)

CAPACITA’ DI DOMANDA DI
PRESTAZIONE PRESTAZIONE
R S

MODIFICA
DELLE CONFRONTO S≤ R SI
SEZIONI S (>,<,=)R ?
S> R NO

Come si può vedere si tratta di un procedimento iterativo di perfezionamento progressivo, che


applica una tecnica simile a quella del controllo automatico in controreazione, proprio della
Ingegneria dei Sistemi.
Tutto inizia con la fase di concezione del sistema strutturale. Si tratta di un passo cruciale, in quanto
tutti quelli successivi possono solo affinare la struttura di tentativo.
Successivamente si effettua il predimensionamento della struttura, basandosi sia su regole
empiriche, dettate dall’esperienza, sia su valutazione speditive della resistenza dei componenti
strutturali in rapporto alle azioni agenti.
Quindi la struttura, composta in generale di componenti collegati fra loro dai nodi, viene sottoposta
alle azioni previste e risponde a queste azioni esprimendo le sollecitazioni interne. Le sollecitazioni
corrispondono ad una domanda di prestazione S.
Simultaneamente la struttura esprime anche capacità di prestazione (R), resistenza. Quindi la
capacità di prestazione viene confrontata con la corrispondente domanda.
Se il confronto è positivo (capacità non minore della domanda) il processo si conclude
positivamente.

3
In caso contrario occorre modificare le sezioni e le azioni e ripercorrere il procedimento fino a
convergenza.

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LEZIONI N° 2, 3, 4

IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA STRUTTURALE

Il problema della sicurezza è da sempre l’argomento centrale della ingegneria delle strutture.
Comunque per giungere ad una valutazione quantitativa (istituire una misura) della sicurezza
strutturale occorre arrivare al XIX secolo, segnatamente all’opera del Navier.
Prima di allora le costruzioni erano dimensionate in base a formule empiriche, desunte dalla
osservazione del comportamento di opere già realizzate. Sono noti casi di strutture collassate
subito dopo la costruzione per insufficienza di stabilità.
Tra le formule empiriche più accreditate ricordiamo quella del Séjourné dei primi anni del
XX secolo, che fornisce lo spessore della chiave dei ponti ad arco, basata sulla elaborazione
statistica dei dati di più di 3000 opere e la tabella delle sezioni ammissibili per le travi di
legno, pubblicata nel 1726 da Jakob Leupold nel suo libro sui ponti.
Tornando a Navier, l’Autore, nel suo celebre testo sulla Resistenza dei Materiali (1a edizione
1826) si propone di fornire i mezzi per valutare la sicurezza delle varie membrature di una
costruzione.
Egli distingue, con grande chiarezza, tra tensioni effettive, valutate a partire dai carichi agenti
e tensioni di rottura, determinabili sperimentalmente.
Secondo l’Autore allo scopo di garantire la sicurezza non è sufficiente mantenersi
semplicemente al di sotto della tensione pericolosa, ma occorre anche mantenersi ad una
opportuna distanza da essa.
Tale distanza può essere misurata come differenza fra due tensioni:

 = Rott - eserc

oppure, in alternativa, come rapporto

 = Rott/eserc

in cui  è il “coefficiente di sicurezza”.

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E’ evidente che è preferibile la seconda formulazione, in quanto secondo essa la distanza dalla
condizione di rottura può essere espressa da un unico numero adimensionale, mentre la prima
formula richiede necessariamente che  vari al variare dei valori delle tensioni in gioco.
L’Autore non fornisce però una motivazione convincente di questa, peraltro ragionevole,
necessità.
La motivazione oggi comunemente accettata è che il coefficiente di sicurezza è un numero
volto alla “neutralizzazione” degli effetti delle incertezze e delle fluttuazioni insite
inevitabilmente tanto in Rott che in eserc. In sostanza tutte le grandezze in gioco non hanno
carattere deterministico, ma, al contrario, aleatorio.
La loro modellazione convincente richiede l’applicazione dei metodi della teoria della
probabilità e della statistica.
Pertanto anche la sicurezza non può essere garantita in modo assoluto, deterministico,
Bisogna accontentarsi del risultato che la sicurezza sia garantita con un valore prefissato di
probabilità, al punto che la probabilità di rottura può essere considerata essa stessa una misura
della sicurezza.
Quindi la sicurezza è assicurata quando la probabilità di rottura è molto piccola, pur se
diversa da zero:

Pf = Prob evento “stato limite”  padm

Nel caso di stato limite ultimo (rottura) il valore ammissibile della probabilità di rottura è
usualmente compreso tra 10-5 e 10-6.
La scelta di tale livello di confronto non è di natura tecnica, ma di natura politica, in quanto
essa stabilisce indirettamente la quantità di risorse da impiegare nelle costruzioni: tanto
minore è padm, tanto più è elevato il grado di sicurezza, tanto più costose sono le costruzioni.
In questa filosofia generale la procedura di analisi della sicurezza si articola quindi nelle
seguenti fasi operative:

1) modellazione probabilistica della domanda di prestazione (azioni),


2) modellazione probabilistica della capacità di prestazione delle sezioni (resistenza),
3) analisi della risposta strutturale,
4) modellazione della/delle condizioni di pericolo che si vogliono evitare (stati limite),
5) calcolo della probabilità che tale/tali condizioni si verifichino,
6) controllo che la probabilità di rottura sia sufficientemente piccola.

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Modellazione delle incertezze sulla resistenza del materiale

Esaminiamo innanzitutto il problema della modellazione delle incertezze sulla resistenza del
materiale, considerando un semplicissimo esempio relativo alla resistenza a compressione R
del calcestruzzo.
Supponiamo di eseguire N prove di rottura di altrettanti provini, uguali fra di loro e prodotti
con lo stesso materiale. Per ogni prova si determini il valore Ri corrispondente alla resistenza
del generico provino i.
Si suddivida l’asse delle resistenza R in intervalli di ampiezza R.
Si calcolino quindi le frequenze relative ni/N come rapporto fra il numero ni delle volte in cui
si ottiene Ri compreso in uno specifico intervallo e si disegni quindi l’istogramma delle
frequenze relative.

0.25
n/N (Frequenza relativa)

0.20

0.15

0.10

0.05

0.00
0 100 200 300 400 500 600 700
2
R [Kg/cm ]
Questo è un istogramma delle frequenze relative di eventi accaduti (realizzati) nel passato.
Come è noto la Statistica si occupa di problemi di questo tipo.
Si può osservare che i valori più elevati delle frequenze relative si presentano nella parte
centrale del diagramma, quelli più bassi alle estremità.
Il corrispondente modello di previsione considera R come una variabile aleatoria.
Con linguaggio non del tutto rigoroso dal punto di vista matematico, ma espressivo e
sufficiente per i nostri scopi, possiamo definire una variabile aleatoria come un insieme
probabilizzato di numeri.
Dello studio dei modelli probabilistici di previsione si occupa la Probabilità.

6
Una variabile aleatoria X è caratterizzata dalla sua funzione densità di probabilità f(x),
definita come:

Pr ob x  X  x  h
f ( x)  lim , di modo che sia:
h 0 h

Pr ob  X  x   f ( x) dx
x

L’area complessiva sottesa dalla f(x) è pari ad uno, in quanto che la probabilità che si
verifichi un evento certo, e cioè che X sia minore di infinito, è pari ad 1.
Un tipo notevole di distribuzione di probabilità è quella Normale o Gaussiana, che è
caratterizzata dalla espressione seguente della densità di probabilità (vedi figura):

2
1  x m 
1   
2  
N m , ( x ) e
 2

Tra le proprietà della distribuzione Gaussiana, si osserva che essa è simmetrica intorno al
valore medio di X, m = Xmed = E[X] e che quindi valgono le:

Prob( X  Xmed) = 0.5


Prob( X > Xmed) = 0.5

Essa presenta due punti di flesso, posizionati a sinistra e a destra del valore medio, da cui
distano uno scarto standard .

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f(r)

PUNTO DI FLESSO

R med R

L’esperienza mostra che tale tipo di distribuzione ben si adatta, per il suo andamento, a
modellare i risultati della prova sperimentale che abbiamo descritto poc’anzi, come si può
vedere osservando la figura seguente.

0.25
n/N (Frequenza relativa)

0.20

0.15

0.10

0.05

0.00
0 100 200 300 400 500 600 700

R [Kg/cm2]

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Nel momento di formulare previsioni, si può quindi considerare la resistenza R del
calcestruzzo come una v.a. gaussiana.
La probabilità che la resistenza R sia minore del valore prefissato r può essere così calcolata
come:

Pr ob  R  r    f ( r ) dr
r

in cui f(r) = Nm,(r).

Si perviene così in modo molto semplice alla definizione di resistenza caratteristica di un


materiale, Rk, che è il frattìle 5% della popolazione statistica delle resistenze, come:

Prob (R < Rk) = 0.05

Nel caso del calcestruzzo la resistenza caratteristica viene espressa con il simbolo Rck,
Analogamente si può definire la resistenza caratterista dell’acciaio, fyk.

Un modello simile può essere adottato per modellare le incertezze sul carico o meglio sul suo
effetto S.

Di nuovo si trova la definizione di carico caratteristico Sk come frattile 95% della popolazione
statistica dei carichi:

Prob (S < Sk) = 0.95

La verifica di sicurezza consiste nel valutare la probabilità che si verifichi la rottura e


cioè che sia R < S (condizione di stato limite) e quindi nel controllare che essa sia
sufficientemente piccola.

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Supponiamo in una prima fase che le due variabili aleatorie R ed S siano statisticamente
indipendenti. Allora le loro funzioni di distribuzione f(r) ed f(s) possono essere rappresentate
sullo stesso piano cartesiano.

f(r)
f(s)

Smed SK RK Rmed S,R

Fissato un valore S di S, la probabilità che R sia minore di S e:

Pr obR S  
S
f (r )dr


La probabilità che S valga proprio S è:

Pr ob  S  S   f ( s ) ds

Tenuto conto dell’ipotesi di indipendenza statistica delle due v.a., la probabilità che
simultaneamente R sia minore di S ed S sia uguale ad S è:

Pr ob  R  S e che S  S   f ( s ) ds 
S
f ( r ) dr


La probabilità di rottura si ottiene allora mediante integrazione su tutto il campo dei possibili
valori di S:

Pr obR  S   f (s)   f (r )dr  ds


 s

    
Esempio numerico
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Consideriamo un prisma di calcestruzzo sottoposto a tensioni di compressione.
La resistenza del calcestruzzo R è modellato come variabile aleatoria gaussiana avente le
seguenti proprietà statistiche:

 
Valore medio: E R  60 N / mm
2

Scarto standard:  R  6 N / mm 2

La tensione applicata S è modellata come variabile aleatoria gaussiana avente le seguenti


proprietà statistiche:

 
Valore medio: E S  30 N / mm
2

Scarto standard:  S  6 N / mm 2
Per le elaborazioni si può utilizza il seguente codice in linguaggio MATLAB:
%
% Calcolo della probabilità di rottura
%
% Caso di 2 variabili aleatorie Gaussiane statisticamente indipendenti
%
npt =100;
delta_n=1;
%
% v.a. 1: Parametri statistici Resistenza R
%
mu_R=60; % N/mm2 media
sig_R=6; % N/mm2 scarto standard
%
% punti della funzione di Gauss
%
X_R=[1:delta_n:npt];
Y_R = normpdf(X_R,mu_R,sig_R);
%
% v.a. 2: Parametri statistici Tensione applicata S (carico esterno)
%
mu_S=30; % N/mm2 media
sig_S=6; % N/mm2 scarto standard
%
% punti della funzione di Gauss
%
X_S=[1:delta_n:npt];
Y_S = normpdf(X_S,mu_S,sig_S);
%
plot(X_R,Y_R,X_S,Y_S)
%
% calcolo vettore degli integrali interni
% S
Z=zeros(1,npt);
Z = normcdf(X_R,mu_R,sig_R);  
f (r ) dr
%
T=Y_S.*Z;
[pf] = intdef( X_S,T,1,npt);
%
I risultati ottenuti sono i seguenti:

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1) Andamento delle funzioni densità di probabilità delle due variabili aleatorie

0.07

0.06

0.05

0.04 S R
f(s), f(r)

0.03

0.02

0.01

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
S, R

2) Valore della probabilità di rottura: Pf = 2,0348 x 10-4

Consideriamo ora il caso, più generale, in cui le due variabili aleatorie R ed S che
governano il problema non siano statisticamente indipendenti.

Poiché le due variabili aleatorie non sono statisticamente indipendenti occorre utilizzare la
funzione densità di probabilità congiunta delle due v.a.: f(r,s).

La condizione di stato limite è esprimibile come:

R  S o analogamente G = R-S  0

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S=R
DOMINIO
R (STATO LIMITE)
DI
SICUREZZA
DOMINIO
DI
ROTTURA
R>S
R<S

S
Con riferimento alla figura il dominio D in cui è soddisfatta la R  S è il dominio di rottura e
quello D’ in cui R > S è il dominio di sicurezza.

La misura della sicurezza è data dalla probabilità che si verifichi l’evento stato limite: G  0:

Pr ob (G  0)   f (r , s ) dA
D

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Secondo la terminologia ricorrente questa procedura viene definita di Livello 3, intendendo
con tale termine una trattazione probabilistica completa del problema.
Tale procedura diviene rapidamente impraticabile al crescere del numero delle variabili
aleatorie in gioco e non di rado una soluzione in forma chiusa è impossibile, per il fatto che
spesso la condizione di stato limite non può essere espressa in forma analitica, quanto
piuttosto per mezzo di un algoritmo di controllo (caso di taluni fenomeni di danneggiamento,
quale ad esempio la fatica, la corrosione, ecc..).
In questi casi il problema deve essere affrontato mediante tecniche avanzate, per esempio
tecniche di simulazione (p.es il metodo cosiddetto Monte Carlo).

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Sorge così spontanea l’idea di affiancare a quella rigorosa metodologie di analisi semplificate:
nascono così i modelli di Livello 2 e di Livello 1.

I metodi di Livello 2 si avvalgono come parametro misuratore della sicurezza, del cosiddetto
“indice di sicurezza” , legato alla probabilità di rottura dalla relazione:


Pf         N 0,1 ( x) dx

in cui (.) è la funzione di ripartizione (integrale della funzione densità di probabilità) della
v.a. normale standard, caratterizzata da valore medio nullo e scarto standard unitario.

Ricordiamo che una variabile Normale (o gaussiana) ha l’espressione:


2
1  x m 
1   
2  
N m , ( x ) e
 2
mentre una variabile Normale standard ha valor medio nullo e scarto standard unitario ed è
quindi del tipo:

1  12 x 2
N 0,1 ( x)  e
2

Con riferimento al problema studiato in precedenza, facciamo l’ipotesi che tanto S che R
siano variabili normali ed indipendenti (n.b. l’ipotesi di distribuzione normale è necessaria per
poter utilizzare il metodo di livello 2).
Allora anche la funzione “stato limite”

G=R-S

è normale, in quanto frutto di operazioni lineari su v.a. normali, ed è caratterizzata dalle


seguenti proprietà statistiche:

E[G] = E[R] - E[S] ; var[G] = var[R] + var[S]

od anche, con notazione diversa:


2G  2R  S2

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f(G)

G

Pf = Prob(G<0)

E[G] =E[R] - E[S] G

Prima di continuare la discussione, ricordiamo, con riferimento ad una variabile aleatoria


Normale, avente valor medio E[G] e scarto standard [G], che la probabilità che sia:

Pr ob  G  G  , vale:

Pr ob  G  G    N E [ G ], [ G ] (G ) dg
G


Allo scopo di eseguire la stessa valutazione impiegando la funzione densità di probabilità
della variabile Normale standard, caratterizzata dall’avere valor medio nullo e scarto standard
unitario, dobbiamo trasformare la variabile aleatoria Normale G in Normale standard G’,
caratterizzata dall’avere anch’essa valor medio nullo e scarto standard unitario.
Ciò si può fare mediante l’operazione:

G  E[G ]
G' 
 [G ]
G  E[G ]

 
Pr ob  G  G    N E [G ], [ G ] (G ) dg  Pr ob G  G   N 0,1  G ' dg ' .
G
' '  [G ]
 

Quindi la probabilità di rottura è:

16
0 E[G]
Pr ob G0    N E[G], [G]  G dg   N0,1  G' dg' 
0
 [G]
 
 E[G]   E[R] E[S] 
            
  [G]    R2   S2 

Osservando l’equazione precedente possiamo porre:

E[ R ]  E[ S ]
 
 R2   S2 G

e quindi:

E[ R]  E[ S ]    R2   S2   G

Il prodotto   G assume allora il significato fisico notevole di distanza del punto E[G]

dall’origine del sistema di riferimento, motivo per il quale  è anche denominato “distanza di
sicurezza”.

Esempio numerico

Riprendendo l’esempio numerico precedente, si ha:

E[ R]  E[ S ] 60  30
    3,535
 R2   S2 62  62

Determiniamo, quindi, la probabilità di rottura che corrisponde a   3,535 .


Utilizziamo le seguenti righe di codice MATLAB per valutare sia  che:

Pr ob  G  0         3,535

%
% calcolo di beta
%
beta=(mu_R-mu_S)/sqrt(sig_R^2 + sig_S^2);
%
% calcolo della probabilità corrispondente a beta
%
Pbeta = normcdf(-beta,0,1);
%

Si ottiene Pf = 2,0348 x 10-4 , valore identico a quello trovato applicando il metodo rigoroso.

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Nel caso generale di problema multidimensionale, cioè con più di due variabili aleatorie,
torna utile studiare il problema anziché nello spazio delle v.a. originarie X, in quello di
variabili aleatorie normali standard Y equivalenti.
X ed Y sono vettori ad n componenti che raccolgono le variabili interessate.
L’operazione di proiezione consiste nella applicazione della relazione seguente:

X i  EX i 
Yi 
X i

Corrispondentemente la funzione di stato limite G(X) = 0 viene proiettata nel nuovo spazio
di variabili normali standard ottenendo la:

Z(Y) = 0
La nuova condizione di stato limite può essere sviluppata in serie di Taylor, arrestandosi ai
termini del 1° ordine (da cui il nome del metodo First Order Second Moment, FOSM) di
punto iniziale nell’origine:

 Z 
Z (Y)  Z(Y) 0    Y0
   Yi   0

 Z 
Ponendo  i   
 Yi  0

si giunge alla:

Z(Y) 0    i y i  0
 n

Si nota che questa è l’equazione di un iperpiano, tangente alla superficie Z(Y) nel punto di
minima distanza dall’origine.
Tale distanza è proprio il valore di , che rappresenta anche il raggio della sfera tangente alla
superficie di stato limite:

 
 Z y 
2
  min  
 
i
n

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Il punto P in cui si verifica la tangenza tra l’iperpiano e la superficie di stato limite è detto
“punto di progetto”.
La soluzione del problema di minimo connesso al calcolo di  può essere ottenuta per via
iterativa.
Nel caso, però, in cui la Z(Y) = 0 non sia espressa in forma analitica, non è possibile valutare
le derivate parziali di Z rispetto alle variabili normali standard ed il metodo di simulazione
diviene obbligatorio.
In ulteriori perfezionamenti del metodo presentato è stata rimossa la limitazione che X sia un
vettore composto di v.a. normali (metodo FOR), considerando anche la possibilità di v.a.
distribuite in modo qualsiasi, anche dipendenti, ricondotte, mediante opportune
trasformazioni, a v.a. normali e non correlate equivalenti.

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I metodi di verifica di Livello 1 sono quelli incorporati nelle normative tecniche moderne.
Essi sono metodi cosiddetti semiprobabilistici, in quanto sono basati sui valori caratteristici
delle v.a. e sui coefficienti parziali di sicurezza.
A Livello 1 il problema della sicurezza si riconduce alla seguente disuguaglianza:

RK
 S SK 
R

in cui SK ed RK sono i valori caratteristici rispettivamente degli effetti delle azioni e delle
resistenze e S e R sono i coefficienti parziali di sicurezza sulle azioni e sui materiali.

Allo scopo di comprendere meglio il ruolo dei coefficienti parziali di sicurezza, supponiamo
di voler garantire la sicurezza alla rottura semplicemente con la relazione:

SK  R K

Calcoliamo la probabilità di rottura Pf associata all’uso di tale relazione.

Dalla definizione di resistenza caratteristica si ha:

Prob (R < Rk) = 0.05

e da quella di carico caratteristico:


Prob (S < Sk) = 0.95

o anche:

Prob (S > Sk) = 0.05

Ipotizzando la indipendenza statistica di S ed R si può allora scrivere:

Pf  Pr ob R  RK e che S  S K   0.05 x 0.05  0.0025

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Tale valore della probabilità di rottura è troppo grande rispetto a quelli comunemente
considerati ammissibili (10-5-10-6).
Il ruolo dei coefficienti parziali di sicurezza è allora proprio quello di diminuire il valore della
probabilità di rottura che proviene dall’uso del calcolo semplificato sopra descritto, basato
solo sulle grandezze caratteristiche.
In sostanza i coefficienti parziali di sicurezza fanno approssimativamente passare i frattili 5%
a frattili 5 per mille ed i frattili 95 % a frattili 995 per mille:

 R 
Prob  R  k   0.005 ;
 R 

Prob S   S S k   0.995

E quindi la probabilità di rottura diventa:

 R 
Pf  Pr ob  R  K e che S   S S K   0.005 x0.005  0.000025  2.5 x105
 R 
che è un valore ragionevole di probabilità di rottura.

A tale scopo i coefficienti parziali di sicurezza vanno opportunamente “calibrati” utilizzando


metodi di analisi di livello superiore (2 o 3).

21
LEZIONI N° 5 E 6

LA NORMATIVA SULLE COSTRUZIONI

Chiarito che occorre mantenere una distanza adeguata tra le condizioni di servizio e le
condizioni ultime (di rottura), osserviamo che esistono tre possibilità per applicare i necessari
coefficienti di sicurezza:
1) Amplificare le azioni di servizio (caratteristiche) e simultaneamente ridurre le
resistenze (caratteristiche) (metodo dei coefficienti parziali di sicurezza);
2) Amplificare le azioni di servizio ed applicare coefficienti di sicurezza globali sulla
capacità di resistenza delle sezioni (M, N, T) (calcolo a rottura);
3) Ridurre le resistenze e lasciare invariate le azioni di servizio (metodo delle tensioni
ammissibili).
La prima di queste tre possibilità corrisponde al quadro teorico circa la misura della sicurezza
strutturale che abbiamo delineato nelle lezioni precedenti ed è previsto il suo uso dalla
normativa italiana.
Il secondo corrisponde ad alcune normative straniere (Norme americane, Norme sovietiche,
ecc..).
Il terzo è il cosiddetto metodo delle tensioni ammissibili, che è stato utilizzato nel passato
dalla maggior parte dei paesi del modo ed ancor oggi ne è consentito l’uso, pur se in forma
marginale, dalla normativa italiana.

Entrando nel tema delle Normative tecniche occorre subito precisare che una fondamentale
classificazione le suddivide in norme cogenti (obbligatorie) e norme “consensuali”, il cui uso
non è obbligatorio.
In Italia, a differenza della maggior parte dei paesi del mondo, la realizzazione delle strutture
è disciplinata da norme di legge e quindi cogenti.

La Normativa di base per le costruzioni è contenuta nella:


Legge 5 Novembre 1971 n. 1086 “Norme per la disciplina delle opere in conglomerato
cementizio, normale e precompresso ed a struttura metallica”.
La legge si compone di 22 articoli suddivisi in 4 Capi:
Capo 1: Disposizioni precettive
Capo 2: Vigilanza

22
Capo 3: Norme penali
Capo 4: Norme transitorie e finali
Nell’articolo 1 viene precisato il campo di applicabilità della legge (strutture di cemento
armato, c.a. precompresso ed acciaio) e gli obbiettivi da raggiungere: “perfetta stabilità e
sicurezza delle strutture”, garanzia della “pubblica incolumità”.

Vengono precisati con chiarezza i ruoli delle varie figure professionali che intervengono nella
realizzazione di una struttura:
il progettista,
il direttore dei lavori,
il collaudatore,
e viene delineata la procedura da seguire, come riassunto nella seguente tabella.

PROGETTISTA
• Ingegnere
• PROGETTO IN 2
COPIE
• Architetto DENUNCIA DEI • RELAZIONE
• Geometra LAVORI ILLUSTRATIVA IN 2
(Al Genio Civile)
• Perito edile COPIE

DIRETTORE DOCUMENTI DI
DEI LAVORI CANTIERE
REALIZZAZIONE
• Ingegnere STRUTTURA • Progetto
• Architetto • Relazione Illustrativa
• Geometra • Giornale dei lavori
• Perito edile
RELAZIONE A
DIRETTORE STRUTTURA • Certificati prove materiali
DEI LAVORI ULTIMATA • Tesatura (per C.A.P.)
(Al Genio Civile)
• Verbali prove di carico

COLLAUDATORE:
COLLAUDO
(Ingegnere o Architetto CERTIFICATO DI
STATICO
iscritto all’Albo da COLLAUDO IN 2 COPIE
(Al Genio Civile)
almeno10 anni)

23
La legge preannuncia altresì l’emanazione di norme tecniche che verranno aggiornate con
cadenza biennale.
Quelle attualmente in vigore sono contenute nel:

D.M. 14 Gennaio 2008 “Norme tecniche per le costruzioni”, che raccoglie in un quadro
organico tutte le norme precedentemente suddivise in più documenti.
Esso fornisce tutte le indicazioni necessarie e di esso parleremo in dettaglio nel seguito del
Corso.

Altra legge fondamentale è la:

Legge 2 Febbraio 1974 n. 64:


“Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”

Come la legge 1086/71 essa fornisce indicazioni di carattere generale.


Nell’art. 1 viene delineato un programma generale delle normative, individuando:

1) Norme sugli edifici in muratura


2) Norme sulle azioni
3) Indagini sui terreni, progettazione delle fondazioni
4) Norme su opere speciali ( ponti, dighe, serbatoi, prefabbricati…)
5) Protezione delle costruzioni dagli incendi

Viene quindi preannunciata la emanazione in tempi brevi di specifici D.M., uno per ciascuno
dei temi indicati.
Occorre osservare che il programma di normazione è stato tutto completato, ad eccezione
della Normativa antincendio, che, non ha ancora un testo organico.

Viene poi indicata la procedura da seguire per la realizzazione delle opere in zone sismiche,
che presenta le seguenti differenze rispetto a quella della legge 1086:

a) Denuncia dei lavori al Sindaco e al Genio Civile.

24
Alla domanda deve essere allegato il progetto, in duplice copia, che deve essere “esauriente
per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal
fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione che in elevazione e dai disegni
dei particolari costruttivi delle strutture”.
Al progetto deve inoltre essere allegata una relazione sulle fondazioni.

b) Non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio del
Genio Civile.

Periodicamente vengono emanate norme di attuazione aggiornate.


Quelle in vigore sono contenute nel:

D.M. 14 Gennaio 2008 che si occupa delle azioni sismiche nel cap. 3.2 e delle costruzioni in
zona sismica nel cap. 7.

Le azioni da utilizzare per la progettazione sono contenute, al solito, nel:

D.M. 14 Gennaio 2008, e precisamente nel cap. 3.

Nel documento vengono definiti i carichi da peso proprio ed i sovraccarichi accidentali sugli
impalcati, i carichi di neve, i carichi da vento e le variazioni termiche.

Il D.M. 14 Gennaio 2008 è stato seguito da una Circolare esplicativa (Circolare 2 febbraio
2009, n. 617), che contiene istruzioni utili per la sua applicazione.

Per quanto riguarda la sola edilizia è stato emanato il D.P.R. 6/6/2001 n° 380: “Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, che raccoglie parte della
materia della legge 1086 e della legge 64, senza varianti significative ai nostri fini.

Occorre poi ricordare che a livello Europeo è in corso uno sforzo di normazione unitario nel
settore delle costruzioni, che fa capo gli Eurocodici. Gli Eurocodici che riguardano la
progettazione strutturale sono circa 60, raccolti sotto le seguenti denominazioni:

25
Name EuroNorm reference

Eurocode: Basis of structural design EN1990

Eurocode 1: Actions on structures EN1991

Eurocode 2: Design of concrete structures EN1992

Eurocode 3: Design of steel structures EN1993

Eurocode 4: Design of composite steel and concrete structures EN1994

Eurocode 5: Design of timber structures EN1995

Eurocode 6: Design of masonry structures EN1996

Eurocode 7: Geotechnical design EN1997

Eurocode 8: Design of structures for earthquake resistance EN1998

Eurocode 9: Design of aluminium structures EN1999

Gli Eurocodici possono essere impiegati corredandoli degli Annessi Tecnici Nazionali, nei
quali sono precisati i valori numerici dei parametri che sono lasciati alla libera
determinazione dei vari Paesi Membri.
Gli Annessi Tecnici Italiani sono già stati pubblicati.

26
LEZIONI N° 7 E 8

GENERALITÀ SUL METODO AGLI STATI LIMITE

In Italia l’inizio della fase di aggiornamento della normativa tecnica secondo le metodologie
semiprobabilistiche (Livello 1) può farsi coincidere con la pubblicazione del D.M. 30.5.1972,
relativo alle norme sulle costruzioni in cemento armato, in cemento armato precompresso ed
in acciaio.
A partire da quella data la verifica della sicurezza strutturale può essere eseguita in
conformità con il “metodo semiprobabilistico agli stati limite”, in alternativa al classico
“metodo delle tensioni ammissibili”.
Ciò in linea di principio: in pratica la limitata estensione delle prescrizioni normative,
soprattutto per quanto riguarda la possibilità di impiego nelle zone dichiarate sismiche ha di
fatto operato in senso frenante.
Difatti fino al penultimo aggiornamento della normativa sulle azioni sismiche, il D.M.
16.1.1996 “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche” era proibito applicare tale
metodo di verifica in zona sismica e cioè nella maggior parte del territorio nazionale.
Le nuove Norme tecniche per le costruzioni (D.I. 14-01-2008) hanno reso, in pratica,
obbligatorio l’impiego del metodo agli stati limite.

Gli stati limite possono essere classificati in due categorie:

a) “stati limite ultimi”, associati al collasso o ad altre forme di cedimento strutturale che
possono mettere in pericolo l’incolumità delle persone;

b) “stati limite di servizio”, che corrispondono a condizioni superate le quali non risultano
più soddisfatte le esigenze di esercizio desiderate.

Gli stati limite possono essere raccolti nella lista seguente, che è una lista aperta, nel senso
che nel tempo possono essere individuati ulteriori stati limite che si aggiungono a quelli già
noti.

27
Stati limite ultimi

1) perdita di equilibrio della struttura o di una sua parte considerata come corpo rigido;
2) rottura di sezioni critiche;
3) trasformazione della struttura in un meccanismo;
4) instabilità;
5) rottura per fatica;
6) dissesto per deformazione eccessiva (elastica o di fluage);
7) degrado o corrosione che rendano necessaria la sostituzione della struttura o di sue parti
fondamentali;
8) instabilità aerodinamica flesso-torsionale (flutter dei ponti sospesi).

Stati limite di servizio

1) deformazioni o inflessioni che nuocciono all’aspetto o modificano la possibilità d’uso della


struttura (inclusi i malfunzionamenti di apparecchiature e impianti) o danneggiano le
finiture o gli elementi non strutturali;
2) vibrazioni che causano disturbo agli occupanti, danno all’edificio o ai beni in esso
contenuti o ne limitano l’idoneità all’uso;
3) fessurazione del calcestruzzo che può influire negativamente sull’aspetto, sulla durabilità o
sulla impermeabilità all’acqua;
4) danneggiamento del calcestruzzo in presenza di compressione eccessiva, che può portare a
perdita di durabilità.

La verifica della sicurezza nei confronti dei vari stati limite consiste nell’accertare che i valori
delle sollecitazioni prodotte dalle azioni di calcolo Sd = F Sk non superino le resistenze di
calcolo Rd = Rk/ R relative allo stato limite considerato, cioè:

RK
 F SK 
R

Le azioni di calcolo si ottengono applicando alle azioni di esercizio i coefficienti parziali


moltiplicatori dei carichi F ed i coefficienti di combinazione i. Questi ultimi consentono di
28
eseguire la combinazione fra più carichi simultanei, attività che costituisce un problema
teorico di grande complessità, fortunatamente risolto in modo semplificato dalla Normativa.

Nel caso delle verifiche allo stato limite ultimo (rottura) si tratta, in sostanza, di maggiorare i
carichi di esercizio di circa il 40-50%, in modo da prefigurare una situazione di crisi per le
sezioni resistenti.

Per quanto riguarda le strutture isostatiche gli effetti dei carichi, in termini di caratteristiche di
sollecitazione (N, T, M, Mtorcente), sono direttamente proporzionali ai carichi stessi, perché
le suddette caratteristiche di sollecitazione si valutano con i metodi della statica dei corpi
rigidi, cosicché si perviene alla medesima valutazione di Sd tanto applicando i coefficienti F e
i ai carichi di esercizio, quanto applicando i medesimi coefficienti agli effetti dei carichi di
esercizio.

Invece nel caso delle strutture iperstatiche l’aumento dei carichi dal livello di esercizio a
quello dello stato limite ultimo dà luogo ad una ridistribuzione dei momenti flettenti e delle
altre caratteristiche di sollecitazione rispetto ai valori forniti dalla analisi elastica della
struttura iperstatica, sottoposta alla azione dei carichi di esercizio.
Quindi si ottengono due risultati diversi applicando i coefficienti F e i ai carichi di esercizio
e risolvendo la struttura iperstatica in campo non-lineare, ovvero applicando i coefficienti
medesimi agli effetti dei carichi di esercizio. Difatti in questo secondo caso non viene attivata
la ridistribuzione dei momenti flettenti e delle altre caratteristiche di sollecitazione.

Ai fini delle verifiche di resistenza occorrerebbe dunque risolvere le strutture iperstatiche


utilizzando un procedimento di analisi non lineare, che richiede la definizione iniziale sia
della geometria delle sezioni che delle armature.
Molto più semplici sono i procedimenti di analisi lineare, che richiedono la conoscenza
iniziale della sola geometria delle sezioni considerate nel I stadio e per i quali sono disponibili
collaudati e veloci codici di calcolo automatico.
Per queste ragioni le norme tecniche consentono l’utilizzazione del calcolo elastico lineare
senza ridistribuzioni o con ridistribuzioni dei momenti ai fini delle verifiche delle sezioni agli
stati limite ultimi di resistenza.

29
Il problema del cumulo delle azioni delle costruzioni al fine di individuare le combinazioni di
calcolo da utilizzare nelle verifiche è molto complesso, ma può essere risolto in forma
approssimata, sufficiente per le applicazioni tecniche, con l’ausilio della normativa.
Il D.I. 14.01.2008 “Norme tecniche per le costruzioni”, Cap. 2, forniscono in proposito le
seguenti indicazioni:

essendo:
G1 il valore caratteristico delle azioni del peso proprio;
G2 il valore caratteristico delle azioni dei carichi permanenti portati;
P il valore caratteristico della forza di precompressione;
Qk1 il valore caratteristico dell’azione di base di ogni combinazione;
Qki i valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti;
i i coefficienti parziali di sicurezza delle azioni;
ij = i coefficienti di combinazione delle azioni.

30
I valori dei coefficienti di combinazione sono riportati nella tabella seguente:

I valori dei coefficienti parziali di sicurezza relativi alle azioni sono:

Allo scopo di interpretare il significato delle colonne della tabella precedente occorre chiarire
che nelle verifiche agli stati limite ultimi si distinguono:
- lo stato limite di equilibrio come corpo rigido: EQU
- lo stato limite di resistenza della struttura compresi gli elementi di fondazione: STR
- lo stato limite di resistenza del terreno: GEO

Inoltre è opportuno precisare che, con riferimento alla durata percentuale relativa ai livelli di
intensità dell’azione variabile, si definiscono:
- valore quasi permanente 2j×Qkj: la media della distribuzione temporale dell’intensità;
31
- valore frequente 1j×Qkj: il valore corrispondente al frattile 95 % della distribuzione
temporale dell’intensità e cioè il valore che è superato per una limitata frazione del periodo
di riferimento;
- valore raro (o di combinazione) 0j×Qkj: il valore di durata breve ma ancora significativa
nei riguardi della possibile concomitanza con altre azioni variabili.

Allo scopo di comprendere meglio le modalità d’uso delle regole di combinazione dei carichi,
è utile fare un esempio di applicazione.

Si voglia determinare il valore di calcolo del momento flettente agente sulla sezione
d’incastro di una trave di c.a. di un edificio situato in zona sismica.

Il calcolo del telaio di cui fa parte la trave ha condotto ai seguenti valori di sollecitazione:

Peso proprio = 50 KNm


Permanente portato = 25 KNm
Carico accidentale per edifici di abitazione (2KN/m2) = 25 KNm
Vento = 20 KNm
Sisma = 15 KNm, supponendo che il sisma nella direzione ortogonale produca momento nullo

Combinazione fondamentale per gli stati limite ultimi


1) Md = 1.3x50 + 1.5x25 + 1.5x25 + 1.5x0.6x20
2) Md = 1.3x50 + 1.5x25 + 1.5x20 + 1.5x0.7x25
3) Md = 1.0x15+ 1.0x50 + 1.0x25 + 0.3x25 + 0.0x20
4) Md = -1.0x15+ 1.0x50 + 1.0x25 + 0.3x25 + 0.0x20

Nel determinare le combinazioni di carico si è fatto circolare tra i vari tipi di carico
accidentale (escluso il sisma) il ruolo di carico accidentale “di base”. Come si può vedere
dall’esempio numerico non è detto che sia immediatamente individuabile quale sia la
condizione di carico non sismica che produce il momento flettente più gravoso.

32
Nel caso di un edificio in zona sismica che sia sottoposto ai seguenti carichi elementari:

P = Peso proprio
Port = Permanente portato
Qa = Accidentale verticale per edifici di abitazione
Qv = Vento
SX = Sisma in dir X
SY = Sisma in dir Y

occorrerà considerare le seguenti combinazioni di carico:


1) Fd = 1.3xP + 1.5xPort + 1.5xQa + 1.5x0.6xQv
2) Fd = 1.3xP + 1.5xPort + 1.5xQv + 1.5x0.7xQa
3) Fd = SX + P + Port + 0.3xQa
4) Fd = -SX + P + Port + 0.3xQa
5) Fd = SY + P + Port + 0.3xQa
6) Fd = -SY + P + Port + 0.3xQa

E’ da notare che non si presenta l’equivoco che talvolta poteva trarre in inganno nell’uso della
revisione precedente della normativa circa il valore del carico accidentale da considerare
simultaneamente alle azioni sismiche: il carico Qa è sempre il valore ridotto del carico
accidentale caratteristico.

33
LEZIONI N° 9, 10, 11 E 12
COSTRUZIONI DI ACCIAIO: IPOTESI DI BASE E METODI DI VERIFICA

L’acciaio da carpenteria è una lega Fe-C a basso tenore di carbonio, dall’1 al 3 per mille circa.
Gli acciai da costruzione sono prodotti mediante laminazione a caldo e sono disponibili sotto
forma di:

Prodotti lunghi
- laminati mercantili (angolari, L, T, piatti e altri prodotti di forma);
- travi ad ali parallele del tipo HE e IPE, travi IPN;
- laminati ad U
Prodotti piani
- lamiere e piatti (lamiere in rotoli, lamiere “da treno”)
- nastri
Profilati cavi
- tubi prodotti a caldo
Prodotti derivati
- travi saldate (ricavate da lamiere o da nastri a caldo);
- profilati a freddo (ricavati da nastri a caldo);
- tubi saldati (cilindrici o di forma ricavati da nastri a caldo);
- lamiere grecate (ricavate da nastri a caldo)

Dal punto di vista meccanico gli acciai da carpenteria sono caratterizzati da quattro parametri
principali:
1) Tensione di rottura a trazione: ft
2) Tensione di snervamento: fy
3) Resilienza
4) Allungamento percentuale a rottura

A parte la resilienza, che si ricava da una prova su una barretta intagliata, con intaglio a forma
di V, eseguita mediante il pendolo di Charpy, gli altri tre parametri sono ricavati da una prova
a trazione.

34
Le Norme Italiane prevedono l’impiego dei seguenti tipi di acciaio:

Laminati a caldo con profili a sezione aperta


Norme e qualità Spessore nominale dell’elemento
degli acciai t ≤ 40 mm 40 mm < t ≤ 80 mm
fyk [N/mm2] ftk [N/mm2] fyk [N/mm2] ftk [N/mm2]
UNI EN 10025-2
S 235 235 360 215 360
S 275 275 430 255 410
S 355 355 510 335 470
S 450 440 550 420 550
UNI EN 10025-3
S 275 N/NL 275 390 255 370
S 355 N/NL 355 490 335 470
S 420 N/NL 420 520 390 520
S 460 N/NL 460 540 430 540
UNI EN 10025-4
S 275 M/ML 275 370 255 360
S 355 M/ML 355 470 335 450
S 420 M/ML 420 520 390 500
S 460 M/ML 460 540 430 530
UNI EN 10025-5
S 235 W 235 360 215 340
S 355 W 355 510 335 490

Laminati a caldo con profili a sezione cava


Norme e qualità Spessore nominale dell’elemento
degli acciai t ≤ 40 mm 40 mm < t ≤ 80 mm
fyk [N/mm2] ftk [N/mm2] fyk [N/mm2] ftk [N/mm2]
UNI EN 10210-1
S 235 H 235 360 215 340
S 275 H 275 430 255 410
S 355 H 355 510 335 490
S 275 NH/NLH 275 390 255 370
S 355 NH/NLH 355 490 335 470
S 420 NH/NLH 420 540 390 520
S 460 NH/NLH 460 560 430 550
UNI EN 10219-1
S 235 H 235 360
S 275 H 275 430
S 355 H 355 510

S 275 NH/NLH 275 370


S 355 NH/NLH 355 470

S 275 MH/MLH 275 360


S 355 MH/MLH 355 470
S 420 MH/MLH 420 500
S460 MH/MLH 460 530

In grassetto sono indicati i tipi di acciaio più frequentemente impiegati in Italia: S235, S275,
S355.
35
Comportamento sperimentale dell’acciaio nella prova di trazione.

Si considerano tre casi, in funzione del tipo di carico applicato.

1) Carico crescente monotonamente da zero fino alla rottura

1. Limite di proporzionalità
2. Limite elastico
3. Limite superiore di snervamento
4. Limite inferiore di snervamento
5. Tensione di rottura
6. Rottura effettiva per decoesione della sezione

A partire dal punto 5 si verifica il fenomeno della strizione, che comporta una sensibile
riduzione localizzata della sezione trasversale del campione. L’area della sezione passa dal
valore iniziale AINIZ al valore effettivo AEFF.
N
Per effetto della strizione la tensione effettiva agente  EFF  è più grande di quella che
AEFF
N
si può calcolare con riferimento alla sezione iniziale:   . Il ramo cadente del
AINIZ

diagramma -, che si nota tra il punto 5 e il punto 6, si manifesta solo se l’area della sezione
del provino è supposta costante fino alla rottura.

36
2) Cicli di carico e scarico senza inversione di segno

Lo scarico avviene con andamento praticamente rettilineo e parallelo al tratto iniziale elastico-
proporzionale.
Il materiale si comporta come elastico nel nuovo ciclo di carico.

3) Cicli di carico e scarico con inversione di segno

Nel tratto 2-3-4 manca il ginocchio dello snervamento ed il tratto lineare è molto meno esteso.
Tale comportamento è noto come effetto Bauschinger.
37
Modelli matematici di comportamento

Casi 1 e 2 visti in precedenza.

Legame costitutivo elastico perfettamente plastico.

  E (caso monoassiale)
   C   
 (caso pluriassiale)
    D  

Caso 3

Si osserva che manca l’incrudimento e manca l’effetto Bauschinger.

38
Criterio di snervamento

Come è noto il criterio di snervamento è la legge che definisce il limite di elasticità per
qualsiasi combinazione di tensioni.
Nel caso dell’acciaio da carpenteria il criterio di snervamento appropriato è quello di von
Mises (criterio del lavoro specifico di cambiamento di forma) che coincide con quello della 
ottaedrica.
Normalmente è sufficiente fissare l’attenzione su uno stato di tensione piano, perché è di
scarso interesse applicativo il caso di componenti strutturali metallici tridimensionali.

 id   12   22   1 2   x2   y2   x y  3 xy2

Metodi di verifica regolamentari

Secondo le Norme Italiane in sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i


seguenti valori nominali delle proprietà del materiale:
 modulo elastico E = 210.000 N/mm2
 coefficiente di Poisson ν= 0,3
 modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm2
 coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1 (per temperature fino
a circa 100 °C)
 densità ρ = 7850 kg/ m3

1) Analisi tensionale

L’analisi tensionale degli elementi monodimensionali si effettua con i metodi classici della
Scienza delle Costruzioni:

Trazione semplice

N
   max
Aeff

In cui l’area efficace è l’area dell’asta depurata degli eventuali fori per i bulloni.

39
Flessione semplice

M
   max
Weff

In cui Weff tiene conto degli eventuali fori per i bulloni.

2) Metodo agli stati limite

Nel caso di applicazione del metodo agli stati limite la verifica si esegue confrontando fra loro
caratteristiche di sollecitazione.
Gli stati limite ultimi da verificare, ove necessario, sono:
- stato limite di equilibrio, al fine di controllare l’equilibrio globale della struttura e delle sue
parti durante tutta la vita nominale comprese le fasi di costruzione e di riparazione;
- stato limite di collasso, corrispondente al raggiungimento della tensione di snervamento
oppure delle deformazioni ultime del materiale e quindi della crisi o eccessiva
deformazione di una sezione, di una membratura o di un collegamento (escludendo
fenomeni di fatica), o alla formazione di un meccanismo di collasso, o all’instaurarsi di
fenomeni di instabilità dell’equilibrio negli elementi componenti o nella struttura nel suo
insieme, considerando anche fenomeni locali d’instabilità dei quali si possa tener conto
eventualmente con riduzione delle aree delle sezioni resistenti.
- stato limite di fatica, controllando le variazioni tensionali indotte dai carichi ripetuti in
relazione alle caratteristiche dei dettagli strutturali interessati.
Per strutture o situazioni particolari, può essere necessario considerare altri stati limite ultimi.

Gli stati limite di esercizio da verificare, ove necessario, sono:


- stati limite di deformazione e/o spostamento, al fine di evitare deformazioni e spostamenti
che possano compromettere l’uso efficiente della costruzione e dei suoi contenuti, nonché
il suo aspetto estetico;
- stato limite di vibrazione, al fine di assicurare che le sensazioni percepite dagli utenti
garantiscano accettabili livelli di confort ed il cui superamento potrebbe essere indice di
scarsa robustezza e/o indicatore di possibili danni negli elementi secondari;
- stato limite di plasticizzazioni locali, al fine di scongiurare deformazioni plastiche che
generino deformazioni irreversibili ed inaccettabili;
- stato limite di scorrimento dei collegamenti ad attrito con bulloni ad alta resistenza, nel
caso che il collegamento sia stato dimensionato a collasso per taglio dei bulloni.

40
CLASSIFICAZIONE DELLE SEZIONI

Preliminarmente alla individuazione della modalità di calcolo è opportuno classificare le


sezioni sulla base della loro capacità di plasticizzarsi.
E’ possibile definire la capacità di plasticizzazione C come:

r
C  1
y
y
in cui  y è la curvatura allo snervamento (  y  nel caso di sezioni simmetriche ) e  r è
y AN

la curvatura al raggiungimento della deformazione ultima. Evidentemente C è il rapporto tra


la curvatura eccedente quella di snervamento e la curvatura allo snervamento.

La Normativa Italiana individua, sulla base del valore di C , quattro classi di sezioni.

classe 1 quando la sezione è in grado di sviluppare una cerniera plastica avente la capacità
rotazionale richiesta per l’analisi strutturale condotta con il metodo plastico di cui al
§ 4.2.3.2 senza subire riduzioni della resistenza. Possono generalmente classificarsi
come tali le sezioni con capacità rotazionale Cθ3;
classe 2 quando la sezione è in grado di sviluppare il proprio momento resistente plastico, ma
con capacità rotazionale limitata. Possono generalmente classificarsi come tali le
sezioni con capacità rotazionale Cθ1,5;
classe 3 quando nella sezione le tensioni calcolate nelle fibre estreme compresse possono
raggiungere la tensione di snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo
del momento resistente plastico;
classe 4 quando, per determinarne la resistenza flettente, tagliante o normale, è necessario
tener conto degli effetti dell’instabilità locale in fase elastica nelle parti compresse
che compongono la sezione. In tal caso nel calcolo della resistenza la sezione
geometrica effettiva può sostituirsi con una sezione efficace.

Le sezioni delle classi 1 e 2 sono le sezioni “compatte”, quelle di classe 3 “moderatamente


snelle” e quelle di classe 4 “snelle”.

La Normativa fornisce delle tabelle per individuare la classe di una sezione, tabelle che qui
appresso si riportano per comodità di studio.
41
c

42
43
Per completare l’informazione si nota che la tabella 4.2.II fa riferimento al parametro ke,
rimandando all’Eurocodice EN 1993-1-5.
Osservato preliminarmente che il documento citato indica il parametro con il nome di k, si
riportano qui appresso gli elementi necessari per determinarlo.
Secondo l’Eurocodice k è il fattore di instabilità corrispondente al rapporto di sforzo
=2/1, desumibile dai prospetti 4.1 o 4.2 a seconda dei casi.

44
45
Tornando alle esame delle tabelle della Normativa Italiana, si può vedere che la tabella 4.2.I si
riferisce alla classificazione dei profili a doppio T e dei tubi quadri, sia laminati che saldati,
sulla base della geometria delle anime.
La tabella 4.2.II classifica invece i profili laminati a doppio T e a C e i profili scatolari saldati
sulla base della geometria delle ali.
Infine la tabella 4.2.III classifica gli angolari (profili ad L) ed i tubi.

Esaminiamo ora in dettaglio la prima tabella.

Essa serve a controllare il comportamento dell’anima delle travi.


La tabella è suddivisa in righe, una per ciascuna delle prime 3 classi, più due righe esplicative
dell’andamento delle tensioni previsto per la classe considerata. In particolare per le prime
due classi è prevista una distribuzione di tensioni di tipo rigido-plastico, per la terza un
andamento elasto-plastico che termina con la tensione di snervamento fyk.
Inoltre la tabella è divisa in tre colonne a seconda dell’andamento delle tensioni sull’anima
della sezione: la prima colonna si riferisce al caso della flessione semplice, la seconda al caso
della compressione semplice oppure della pressione eccentrica con asse neutro al lembo
inferiore dell’anima, infine la terza colonna riguarda la pressione eccentrica.

I parametri utilizzati per il controllo sono i seguenti:


a) per la flessione semplice e la compressione, la lunghezza c dell’anima e/o delle ali
(depurate degli eventuali raccordi) ed il suo spessore t: al rapporto c/t sono posti dei limiti
in funzione della qualità dell’acciaio;
b) per la pressione eccentrica i parametri di controllo sono gli stessi, ma il rapporto c/t viene
confrontato con un espressione che contiene anche, in modo indiretto, la posizione
dell’asse neutro y. Difatti l’asse neutro è definito come frazione della lunghezza
dell’anima: y = c ed il coefficiente  viene utilizzato nelle formule;
c) nel caso della pressoflessione in classe 3 la posizione dell’asse neutro viene espressa in
modo indiretto mediante il coefficiente  che consente di esprimere la tensione al lembo
teso:  =  fyk.

46
Passiamo ora ad esaminare la seconda tabella.

Essa serve a controllare il comportamento delle ali delle travi.


Anch’essa è suddivisa in righe, una per ciascuna delle prime 3 classi, più due righe esplicative
dell’andamento delle tensioni previsto per la classe considerata.
Inoltre la tabella è divisa in tre colonne a seconda dell’andamento delle tensioni sull’ala della
sezione: la prima colonna si riferisce al caso della distribuzione uniforme di tensioni (al valore
di snervamento) e corrisponde ai casi della compressione centrata e della flessione semplice
con asse neutro passante per l’anima, la seconda al caso della pressione eccentrica con
estremità in compressione e, infine, la terza colonna riguarda la pressione eccentrica con
estremità in trazione.
I parametri utilizzati per il controllo sono analoghi a quelli della tabella precedente:
d) la lunghezza c della porzione di ala che fuoriesce dall’anima (diminuita del raccordo) ed il
suo spessore t: al rapporto c/t sono posti dei limiti in funzione della qualità dell’acciaio;
e) per la pressione eccentrica i parametri di controllo sono gli stessi, ma il rapporto c/t viene
confrontato con un espressione che contiene anche, in modo indiretto, la posizione
dell’asse neutro y. Difatti l’asse neutro è definito come frazione della lunghezza
dell’anima: y = c ed il coefficiente  viene utilizzato nelle formule;
f) nel caso della pressoflessione in classe 3 la situazione è più complicata, perché bisogna far
riferimento al parametro ke che può essere desunto dall’Eurocodice.
A titolo di esempio è utile sviluppare la determinazione della classe di appartenenza di una
sezione.
Consideriamo il caso di un profilo IPE 200 realizzato con acciaio tipo S275. La tensione
caratteristica di snervamento vale fyk = 275 N/mm2.

47
Il profilo sia sottoposto a flessione semplice.
Bisogna applicare tanto la tabella 4.2.I che la 4.2.II.
La geometria della sezione prevede per l’anima uno spessore t = 5,6 mm e una lunghezza c =
159 mm.
Pertanto il rapporto c/t vale 159/5,6 = 28,39.
Il valore del parametro , dipendente dalla qualità dell’acciaio è pari a 0,92.
Poiché 28,39 è minore di 72 (che vale 72 x 0,92 = 66,24) la sezione può essere attribuita alla
classe 1.

Per completare l’analisi della sezione occorre esaminare anche la tabella 4.2.II.
Occorre determinare di nuovo i parametri c e t riferiti alle ali del profilo.
La geometria della sezione prevede per le ali uno spessore t = 8,5 mm e una lunghezza c =
35,20 mm.
Pertanto il rapporto c/t vale 35,20 /8,5 = 4,14.
Con riferimento alla appropriata colonna della tabella (la prima), poiché 4,14 è minore di 9
(che vale 9 x 0,92 = 8,28) la sezione può essere attribuita alla classe 1.
La sezione quindi è di classe 1.

Consideriamo ora il caso di un profilo HEA 300 realizzato con acciaio S275, avente tensione
caratteristica di snervamento di 275 N/mm2.

48
La sezione sia sottoposta a compressione semplice.
Bisogna applicare tanto la tabella 4.2.I che la 4.2.II.
La geometria della sezione prevede per l’anima uno spessore t = 8,5 mm e una lunghezza c =
208 mm.
Pertanto il rapporto c/t vale 208/8,5 = 24,47.
Il valore del parametro , dipendente dalla qualità dell’acciaio è pari a 0,92.
Con riferimento alla appropriata colonna della tabella (quella centrale), poiché 24,47 è minore
di 33 (che vale 33 x 0,92 = 30,36) la sezione può essere attribuita alla classe 1.

Per completare l’analisi della sezione occorre esaminare anche la tabella 4.2.II.
Occorre determinare di nuovo i parametri c e t riferiti alle ali del profilo.
La geometria della sezione prevede per le ali uno spessore t = 14 mm e una lunghezza c =
118,75 mm.
Pertanto il rapporto c/t vale 118,75 /14 = 8,48.
Con riferimento alla appropriata colonna della tabella (la prima), poiché 8,48 non è minore di
9 (che vale 9 x 0,92 = 8,28) la sezione non può essere attribuita alla classe 1.
Peraltro, poiché 8,48 è minore di 10 (che vale 10 x 0,92 = 9,20) la sezione può essere
attribuita alla classe 2.
Si ricava quindi che, per quanto riguarda l’anima, la sezione è di classe 1, mentre, per quanto
riguarda le ali, la sezione è di classe 2. Nel suo complesso la sezione è di classe 2, poiché, ai
fini della valutazione del comportamento complessivo della sezione, si considera la classe di
valore più alto.

49
LEZIONE N° 13

LA VERIFICA ALLO SLU DELLE TRAVI DI ACCIAIO

Identificata la classe cui appartiene l’asta, la modalità di verifica dell’asta dipende dalla
classe del profilato.
Se il profilato appartiene alle classi 1 o 2, si può adottare il metodo plastico altrimenti, se il
profilato appartiene alle classi 3 o 4, si deve necessariamente adottare il metodo elastico.
Nel caso della classe 4 si deve tener conto anche della riduzione della sezione per effetto dei
fenomeni di instabilità locale e si deve cioè considerare una opportuna sezione efficace Aeff.
Tipicamente alla classe quattro appartengono i profili piegati a freddo, ma anche alcune
sezioni laminate possono farne parte, se di spessore sottile.

a) VERIFICA A TRAZIONE

La verifica a trazione si esegue in campo plastico per tutte le classi (in quanto l’instabilità
locale della classe 4 non si può verificare nella trazione semplice) e consiste nel controllare
che sia:

N Ed
1
Nt , Rd

in cui N Ed è la forza di trazione di calcolo


e Nt , Rd è la resistenza di calcolo a trazione, che deve essere assunta pari al minore dei
seguenti valori:

A  f yk
N pl , Rd  (resistenza plastica della sezione lorda)
M0
0.9  Anet  ftk
Nu , Rd  (resistenza a rottura della sezione netta)
M2

in cui Anet è l’area netta (depurata dai fori),  M 0  1.05 e  M 2  1.25 .

f yk è la tensione caratteristica di snervamento e ftk è la tensione caratteristica a rottura.

50
b) VERIFICA A COMPRESSIONE

La verifica a compressione si esegue anch’essa in campo plastico per tutte le classi e consiste
nel controllare che sia:
N Ed
1
N c , Rd

in cui N Ed è la forza di compressione di calcolo


e N c , Rd è la resistenza di calcolo a compressione, che vale:

A  f yk
N c, Rd  per le sezioni di classe 1, 2 e 3
M0
Aeff  f yk
N c, Rd  per le sezioni di classe 4
M0
L’andamento delle tensioni sulla sezione è il seguente:

Non è necessario dedurre l’area dei fori per i collegamenti bullonati, se i bulloni sono inseriti
nei fori, poiché si suppone che le deformazioni plastiche allo SLU siano così grandi da
chiudere il gioco tra fori e bulloni.

c) VERIFICA A FLESSIONE RETTA

La verifica a flessione retta consiste nel controllare che sia:

M Ed
1
M c, Rd

51
in cui M Ed è il momento flettente di calcolo
e M c , Rd è la resistenza di calcolo a flessione retta che si valuta tenendo anche conto della
presenza di eventuali fori in zona tesa per collegamenti bullonati, e vale:

W pl  f yk
M c , Rd  M pl , Rd  per le sezioni di classe 1 e 2
M0
Wel ,min  f yk
M c , Rd  M el , Rd  per le sezioni di classe 3
M0
Weff ,min  f yk
M c , Rd  per le sezioni di classe 4
M0

L’andamento delle tensioni nella sezione è riportato nella figura seguente, la parte di sinistra
si riferisce alle sezione di classe 1 e 2, la seconda a quelle di classe 3.

A titolo di esempio nel caso di profili IPE 200 il rapporto tra il modulo di resistenza plastico e
W pl 220, 6
quello elastico vale   1,135 e quindi di tale ordine di grandezza è il vantaggio
W pl 194,3
nell’utilizzare l’analisi rigido-plastica rispetto a quella lineare con snervamento ai lembi
estremi della sezione.
E’ evidente che la sensibile differenza incoraggia ad utilizzare la prima procedura, finché
possibile.
Negli elementi inflessi caratterizzati da giunti strutturali bullonati, la presenza dei fori nelle
piattabande dei profili può essere trascurata nel calcolo del momento resistente se è verificata
la relazione:

0.9  A f ,net  ftk A f  f yk



M2 M0

dove Af è l’area lorda della piattabanda, Af,net è l’area della piattabanda al netto dei fori.
52
d) VERIFICA A TAGLIO

La verifica a taglio non risente della classificazione delle sezioni e consiste nel controllare
che sia:

VEd
1
Vc , Rd

in cui VEd è la forza di taglio di calcolo


e Vc , Rd è la resistenza di calcolo a taglio, che, in assenza di torsione, vale:

Av  f yk
Vc, Rd 
3  M 0

A sua volta Av , l’area resistente a taglio, vale:

Tipo profilato Area a taglio

profilati ad I e ad H caricati nel piano dell’anima Av  A  2 b t f   tw  2 r  t f

profilati a C o ad U caricati nel piano dell’anima Av  A  2 b t f   tw  r  t f

profilati ad I e ad H caricati nel piano delle ali Av  A    hwtw 

profilati a T caricati nel piano dell’anima Av  0,9  A  2 b t f 


profili rettangolari cavi laminati a caldo di spessore uniforme Av  Ah  b  h  *

“ Av  Ab  b  h  **

sezioni circolari cave e tubi di spessore uniforme Av  2 A 


Note
* Carico parallelo all’altezza del profilo
** Carico parallelo alla base del profilo
dove: A è l’area lorda della sezione del profilo,
b è la larghezza delle ali per i profilati e la larghezza per le sezioni cave,
hw è l’altezza dell’anima,
h è l’altezza delle sezioni cave,
r è il raggio di raccordo tra anima ed ala,
tf è lo spessore delle ali,
tw è lo spessore dell’anima.

53
Area resistente a taglio Av di alcuni profili di tipologia ricorrente.

In presenza di torsione, la resistenza a taglio del profilo deve essere opportunamente ridotta.
Per le sezioni ad I o H la resistenza a taglio ridotta è data dalla formula

 t , Ed
Vc, Rd ,red  Vc , Rd 1 
1, 25  f yk  3  M 0 
dove  t , Ed è la tensione tangenziale massima dovuta alla torsione uniforme. Per sezioni cave,
invece, la formula è

 
1   t , Ed 
Vc , Rd ,red  Vc, Rd


f yk  3  M 0  

La verifica a taglio della sezione può anche essere condotta in termini tensionali (verifica
elastica) nel punto più sollecitato della sezione trasversale utilizzando la formula

 Ed
 1, 0
f yk  3  M 0 

dove  Ed è valutata in campo elastico lineare.

54
e) VERIFICA A FLESSIONE E TAGLIO

Se il taglio di calcolo VEd è inferiore a metà della resistenza di calcolo a taglio Vc,Rd

VEd  0,5Vc, Rd

si può trascurare l’influenza del taglio sulla resistenza a flessione, eccetto nei casi in cui
l’instabilità per taglio riduca la resistenza a flessione della sezione.
Se il taglio di calcolo VEd è superiore a metà della resistenza di calcolo a taglio Vc,Rd bisogna
tener conto dell’influenza del taglio sulla resistenza a flessione.
Posto
2
 2VEd 
  1
 Vc , Rd 
la resistenza a flessione si determina assumendo per l’area resistente a taglio Av la tensione di
snervamento ridotta (1 - ) fyk.
Per le sezioni ad I o ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetriche, soggette a flessione e
taglio nel piano dell’ anima, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a flessione
retta può essere valutata come:

   Av2 
 pl , y
W   f yk
   Av2  f yk
 
4 t w
M y ,V , Rd  W pl , y    M y ,c , Rd
M0  4 tw   M 0

f) VERIFICA A PRESSO O TENSO FLESSIONE RETTA

Per le sezioni ad I o ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso


flessione nel piano dell’ anima, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a
flessione retta può essere valutata come:

M N , y , Rd  M pl , y , Rd 1  n  1  0,5 a   M pl , y , Rd

Per le sezioni ad I o ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso


flessione nel piano delle ali, la corrispondente resistenza convenzionale di calcolo a flessione
retta può essere valutata come:

M N , z , Rd  M pl , z , Rd per n  a

55
  n  a 2 
M N , z , Rd  M pl , z , Rd 1     per n  a
  1  a  
essendo:
Mpl,y,Rd il momento resistente plastico a flessione semplice nel piano dell’anima,
M pl,z,Rd il momento resistente plastico a flessione semplice nel piano delle ali,
e posto:

n  N Ed N pl , Rd
a   A  2bt f  A  0,5

dove: A è l’area lorda della sezione,


b è la larghezza delle ali,
tf è lo spessore delle ali.
Per sezioni generiche di classe 1 e 2 la verifica si conduce controllando che il momento di
progetto sia minore del momento plastico di progetto, ridotto per effetto dello sforzo normale
di progetto, MN,y,Rd.

g) VERIFICA A PRESSO O TENSO FLESSIONE BIASSIALE

Per le sezioni ad I o ad H di classe 1 e 2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso


flessione biassiale, la condizione di resistenza può essere valutata come:

2 5n
 M y , Rd   M z , Rd 
    1
 M N , y , Rd   M N , z , Rd 

con n  0,2 essendo n = NEd / Npl,Rd. Nel caso in cui n < 0,2, e comunque per sezioni generiche
di classe 1 e 2, la verifica può essere condotta cautelativamente controllando che sia:

 M y , Rd   M z , Rd 
   1
 M N , y , Rd   M N , z , Rd 

Per le sezioni di classe 3, in assenza di azioni di taglio, la verifica a presso o tenso-flessione


retta o biassiale è condotta in termini tensionali utilizzando le verifiche elastiche; la tensione
agente è calcolata considerando la eventuale presenza dei fori.

56
Per le sezioni di classe 4, le verifiche devono essere condotte con riferimento alla resistenza
elastica (verifica tensionale); si possono utilizzare le proprietà geometriche efficaci della
sezione trasversale considerando la eventuale presenza dei fori.

57
LEZIONE N° 14

ELEMENTI STRUTTURALI COMPRESSI

Gli elementi strutturali compressi sono presenti in numerosi componenti strutturali, quali le
colonne degli edifici, le travi reticolari, le strutture di controvento, ecc …
Nelle travi reticolari i puntoni sono di regola costituiti da due
profilati paralleli (aste composte), fra i quali vengono interposte
piastre di imbottitura, unite ai profilati mediante bulloni o
saldature a cordone d’angolo.

Le colonne degli edifici per abitazione sono di solito costituite da un unico profilato HE.
Nel caso in cui sia necessario trasmettere carichi assiali rilevanti, come può accadere, ad
esempio, negli edifici industriali, le colonne possono anche essere composte, con elementi di
collegamento a calastrello oppure a traliccio.

58
Nel caso degli elementi strutturali compressi è essenziale valutare la qualità dell’equilibrio.
Come è noto dai Corsi precedenti l’equilibrio elastico può essere stabile, instabile,
indifferente. Naturalmente l’equilibrio elastico delle strutture deve essere stabile.
Per la valutazione della stabilità dell’equilibrio delle aste semplici sono disponibili due
modelli di calcolo:
1) Il primo (Asta di Eulero) prevede le seguenti ipotesi:

a) l’asta è perfettamente rettilinea;


b) la sezione trasversale è costante;
c) il carico è centrato (M = 0);
d) il materiale è perfettamente ed indefinitamente
elastico.

2) Il secondo modello prevede la presenza di un carico


eccentrico invece di quello centrato. Le altre ipotesi
di base sono le stesse.

Anche se il modello di calcolo della struttura fornisce per l’asta compressa solo la forza
normale, considerando nullo il momento flettente, occorre tener presente che nelle aste reali
(aste industriali) esistono sempre delle imperfezioni, per cui il primo modello di fatto non è
praticamente mai realizzato in modo completo, mentre il secondo risulta più realistico, anche
se non si conosce esattamente il valore dell’eccentricità e.
Imperfezioni delle aste industriali:
a) Imperfezioni geometriche: linea d’asse curva;
b) Imperfezioni strutturali:
b1) auto tensioni dovute al raffreddamento non uniforme dopo la laminazione a caldo;
b2) dispersione dei valori della tensione di snervamento fy lungo la sezione trasversale
dell’asta.

Se le imperfezioni geometriche relative alla non rettilineità dell’asse non superano il valore di
1/1000 della luce libera di inflessione e se le imperfezioni strutturali sono quelle derivanti dai
normali processi industriali a produzione controllata, si adotta comunque come modello di
calcolo dell’asta industriale, imperfetta, il modello dell’asta di Eulero (primo modello) e si
tiene conto delle imperfezioni adottando le curve d’instabilità indicate dalle Norme Tecniche.

59
L’ASTA DI EULERO

Determiniamo il valore del carico critico Ncr che separa la configurazione rettilinea stabile
dalla configurazione rettilinea instabile (carico di biforcazione).

Prendiamo in esame un’asta di lunghezza  0 ,

vincolata come in figura.


Consideriamo, oltre alla configurazione originaria
rettilinea, una configurazione perturbata curvilinea
che si trovi nella condizione di equilibrio indifferente.
Scriviamo la condizione di equilibrio, valida per ogni sezione trasversale dell’asta:

M int  M est

in cui
EJ d2y
M int     EJ 2 (considerando l’espressione linearizzata della curvatura)
r dx
M est  N  y

Si ha allora:

d2y
 EJ Ny
dx 2
d2y N
 y0
dx 2 EJ

60
E’ questa un’equazione differenziale omogenea del 2° ordine, lineare e a coefficienti costanti,,
che richiede, per la sua soluzione, la imposizione di due condizioni al contorno.
Posto, per comodità:

N
2 
EJ

Si ottiene:

d2y
 2 y  0
dx 2

Il suo integrale generale è:

y  C1 sin  x  C2 cos  x

Le condizioni al contorno corrispondono all’annullamento degli spostamenti orizzontali in


corrispondenza dei vincoli e sono:

yx 0  0 ; yx l0  0

Imponendo la prima condizione si ottiene:

C1 sin  0  C2 cos  0  0  C2  0

Tenendo conto del risultato precedente, dalla seconda condizione si ha:

C1 sin  l0  0

Affinché non si ottenga una soluzione banale occorre che sia:

k
sin  l0  0   l0  k   
l0
N
Sostituendo il valore di  nella  2  , si ha:
EJ
2
 k  N cr k 2 2 EJ
    N cr 
 l0  EJ l02

61
che rappresenta una famiglia di carichi critici, crescenti con k.
Il primo carico critico, che si ha per k=1, è il carico critico di Eulero:
 2 EJ
N cr 
l02
Dividiamo ora l’equazione precedente, membro a membro, per l’area della colonna, A:

N cr  2 E J
 2
A l0 A

N cr
Il primo membro rappresenta la tensione critica:  cr  .
A
Ricordiamo poi che il rapporto tra il momento d’inerzia e l’area di una sezione corrisponde al
J
quadrato del raggio d’inerzia i: i 2  .
A
Si ottiene quindi:

 2E
 cr  i2
l02

Definiamo ora la snellezza  come:

l0

i

e si ha:

 2E
 cr  2

che è l’equazione che lega snellezza e tensione critica.

62
Sul piano cr- la funzione cr () è rappresentata dall’iperbole cubica  cr   2   2 E  cos t ,

anche nota come “iperbole di Eulero”.


Al diminuire di  aumenta il valore di cr , finché viene raggiunto il valore della tensione di

E
snervamento fy per    y   . Tale valore non può, evidentemente, essere superato.
fy

Peraltro l’iperbole di Eulero deve essere raccordata con la linea orizzontale cr = fy.
Gli studi su questa parte del diagramma cr- sono stati numerosi e tra essi si ricordano quelli
dovuti a Tetmajer, Shanley, Von Karman, Engesser, ecc.. , che hanno proposto appropriate
curve di raccordo.
In particolare Tetmajer ha individuato come punto terminale della validità della iperbole di
Eulero il limite di proporzionalità, termine del tratto elastico lineare del legame costitutivo
dell’acciaio. Si ricorda, a questo proposito, che la tensione al limite di proporzionalità p è
inferiore alla tensione di snervamento, cioè esiste un tratto compreso tra p e y, in cui il
materiale è elastico, ma non-lineare. Di conseguenza si ha che la snellezza al limite di
proporzionalità  p è un poco maggiore di quella alla tensione di snervamento.

D’altra parte è evidente che l’espressione della tensione critica dedotta mediante il modello
dell’asta di Eulero sia valida solo in ambito elastico lineare, in quanto la corrispondente teoria
è basata, appunto, sull’ipotesi che il legame costitutivo sia elastico-lineare.

63
LEZIONI N° 15 E 16

INSTABILITÀ (CONTINUAZIONE)

Il metodo di verifica regolamentare prevede l’utilizzo di curve di instabilità, divise in 5


categorie. Le curve di instabilità sono espresse in termini di       , in cui il coefficiente

 cr
 è il rapporto tra la tensione critica e la tensione di snervamento,  
fy

e  è la snellezza meccanica, adimensionale, che è espressa dalle relazioni:

A  f yk
 per le sezioni di classe 1, 2 e 3
N cr
Aeff  f yk
 per le sezioni di classe 4.
N cr

Le curve di instabilità sono date dalla formula:


1
  1, 0
  2   2

dove   0,5 1      0, 2    2  ed  è il fattore di imperfezione, ricavato dalla Tab.

4.2.VI.
Nelle formule precedenti Ncr è il carico critico elastico dell’asta di Eulero.
L’andamento del coefficiente  è riportato nel diagramma seguente.
1,2

1,0 a0
a
0,8
b

0,6
c

0,4
d

0,2

0,0
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0

64
65
Affinché la verifica di stabilità sia soddisfatta, si deve controllare che la tensione di
compressione sulla sezione sia inferiore alla tensione critica  cr . La Normativa Italiana
riconduce la verifica di stabilità ad una verifica formalmente analoga a quella di resistenza
nella maniera seguente:

N Ed  cr
  con  M 1  1, 05
A  M1

Dividendo ambo i membri per f yk si ottiene:

N Ed  cr N Ed   M 1  cr N Ed
     1
A  f yk f yk   M 1 A  f yk f yk   A  f yk  M 1

Si ottiene quindi la formula di verifica regolamentare espressa dalla:

N Ed
£1
N b,Rd

dove
N Ed è l’azione di compressione di calcolo,
N b,Rd è la resistenza all’instabilità nell’asta compressa, data da

cA fyk
N b,Rd = per le sezioni di classe 1, 2 e 3,
gM 1
cAeff fyk
N b,Rd = per le sezioni di classe 4.
gM 1

La snellezza  deve essere minore di 200 per le membrature principali e di 250 per le
membrature secondarie.
Nel caso in cui lo schema statico della colonna compressa non sia quello di trave appoggiata,
la lunghezza libera di inflessione  0 deve essere valutata mediante la:  0 = b  , in cui  è la

lunghezza effettiva dell’asta. Il valore di  dipende dallo schema statico.


Valori ricorrenti di  sono:
a) Mensola:  = 2
b) Incastro – incastro:  = 0,7
c) Incastro – cerniera:  = 0,8

66
Come abbiamo anticipato, la ragione per la quale esistono più curve  cr   o cr - ,
differenziate per la forma del profilato e la qualità del materiale, è che le imperfezioni
strutturali, inevitabili, dipendono da esse. Quanto maggiori sono le imperfezioni strutturali,
tanto minore è la tensione al limite di proporzionalità nella prova di compressione globale
dell’intero profilato, rispetto a quella che si ottiene nella prova di trazione su singoli provini.

Con riferimento alla figura seguente, dal provino standard si ricava, in una prova di trazione,
il diagramma 0-1-2. Dal profilo intero, invece si ottiene la curva 0-3-4-2.

Ciò è dovuto alla presenza delle autotensioni (tensioni residue) indotte dal processo di
laminazione.
In particolare, con riferimento ad un profilo a doppio T, l’anima, di piccolo spessore, si
raffredda prima delle ali, più spesse, e tende quindi ad accorciarsi di più rispetto alle ali.
Peraltro la congruenza con le ali contrasta questo accorciamento e di conseguenza l’anima
risulta tesa, mentre le ali risultano compresse.

67
In realtà il fenomeno è più complesso, cosicché le ali risultano compresse solo verso i bordi
esterni, mentre sono tese nella zona interna, all’attacco con l’anima.

L’anima, a sua volta, è tesa solo ai bordi, dove è collegata alle ali, mentre risulta compressa
nella zona intermedia.
A causa delle tensioni residue di compressione nelle ali (che possono raggiungere il 40 % di
fy) la tensione di snervamento è raggiunta prematuramente nelle ali. Ciò comporta una
notevole riduzione del modulo elastico della colonna nel suo complesso, l’aumento della sua
deformabilità e la riduzione del carico critico.

68
ASTE SEMPLICI PRESSOINFLESSE

Quando l’asta compressa è soggetta ad una forza normale con eccentricità nota, oppure il suo
asse possiede una curvatura prestabilita, oppure l’asta, oltre ad essere compressa, è anche
soggetta ad azioni esterne trasversali, allora si deve adottare il modello di calcolo dell’asta
pressoinflessa.
Consideriamo una configurazione perturbata
curvilinea, che si trovi in condizioni di equilibrio
indifferente.
L’equilibrio tra momento esterno e momento interno
dà:
M int  M est

d2y
M int   EJ 2
dx
M est  N   e  y 

d2y
 EJ  N e  y
dx 2
d2y N N e
2
 y
dx EJ EJ
Si tratta di una equazione differenziale non omogenea
del 2° ordine

Posto, per comodità:


N
2 
EJ
Si ottiene:
d2y
2
  2 y   2  e
dx

L’integrale generale dell’omogenea associata è, naturalmente, lo stesso dell’asta di Eulero:

y  C1 sin  x  C2 cos  x

Un’integrale particolare della non omogenea è invece:


y  e

69
L’integrale generale della non omogenea è quindi:
y  C1 sin  x  C2 cos  x  e
Determiniamo ora le costanti di integrazione mediante le condizioni al contorno.
Per y = 0 si deve avere:
y x 0  0

e quindi:
0  C1 sin  0  C2 cos  0  e

Si ottiene C2  e .
Per y = l0 si deve avere:
y x   0
0

e quindi:
0  C1 sin   0  e  cos   0  e
Dopo aver raccolto a fattor comune la e si può ricavare C1:
C1 sin   0  e 1  cos   0 

1  cos   0 
C1  e   e  tg 0
sin   0 2
Sostituendo le espressioni delle due costanti C1 e C2 nell’integrale generale, si ottiene:
0   
y  e  tg sin  x  e  cos  x  e  e  tg 0 sin  x  cos  x  1
2  2 
0
La freccia massima, ymax, si ha, per ragioni di simmetria, per x  e vale:
2
    
ymax  e  tg 0 sin  0  cos  0  1 
 2 2 2 
e  2 0   
 sin  cos 2 0  cos 0  
 0  2 2 2 
cos 
2
 
e  0   1    
  1  cos   e  1  e  sec  0  1
 2   2
cos  0   cos  0   
2  2 

Il momento flettente massimo vale quindi:


    
M max  N  e  ymax   N e  e  sec  0  1   Ne  sec  0
  2  2

70
0
Il prodotto N e rappresenta il momento flettente del 1° ordine, mentre il termine sec  è un
2
fattore amplificatore.
Passiamo ora a studiare il diagramma N = N(f) in cui f = e + ymax.
N
Ricordiamo innanzitutto la posizione  2  . Moltiplicando il numeratore ed il
EJ
denominatore per  2  20 . Si ottiene:

N N  2  20
2  
EJ EJ  2  20

 2 EJ
Ricordando che il carico critico euleriano è: N cr  N E 
 20
Si può scrivere:
N  2  20  2 N  20  2 N
2   
EJ  2  20  20 EJ  2  20 N E

 0   1
Per N = 0, si ha:    0  cos  0  cos 0  1; sec  0  1
0 NE 2 2 cos 0

0
Di conseguenza per N=0 si ha: f  e  ymax  e  sec  e
2
Per N = NE, si ha invece:

 NE    0   1
   cos  0  cos  cos  0;sec  0   
0 NE 0 2 0 2 2 2 0

0
Di conseguenza per N= NE si ha che f  ymax  e  e  sec  
2
Pertanto il diagramma N(f) ha un andamento crescente con legge monotona all’aumentare di f
e questa tipologia di instabilità viene anche chiamata “instabilità per divergenza
dell’equilibrio”.

71
Nella maggior parte delle normative tecniche (anche in quella italiana) il coefficiente di
0 1
amplificazione sec viene approssimato con .
2 1
N
NE
La tensione massima al bordo della sezione vale allora:

Allo scopo di non creare una discontinuità con la formula di verifica che si utilizza nel caso di
compressione centrata (M = 0) è conveniente dividere il primo termine della somma a
secondo membro per il coefficiente  della colonna (il più piccolo tra quelli relativi alle due
direzioni principali):

N M fyk
smax = + £
cA æ N ö÷ gM 1
Wel çç 1 - ÷÷
çè N E
÷ø

eseguendo quindi una verifica al limite elastico (tensione di snervamento fattorizzata al lembo
della sezione).
La precedente relazione può essere resa adimensionale moltiplicando ambo i membri per
gM 1
. Si ottiene allora:
fyk

72
N gM 1 M gM 1
+ £1
c fyk A æ N ö÷
fykWel çç 1 - ÷÷
çè N E
÷ø

In alternativa può essere eseguita un’analisi plastica utilizzando la relazione:

N Ed ⋅ gM 1 M yeq,Ed ⋅ gM 1
+ £1
cmin ⋅ fyk ⋅ A æ N ÷ö
fyk ⋅ Wy ççç 1 - Ed ÷÷÷
èç N cr ,y ø
La formula può essere estesa al caso della pressione eccentrica deviata (2 momenti flettenti):
N Ed ⋅ gM 1 M yeq,Ed ⋅ gM 1 M zeq ,Ed ⋅ gM 1
+ + £1
cmin ⋅ fyk ⋅ A æ N ö÷ æ N ÷÷ö
fyk ⋅ Wy ççç 1 - Ed ÷÷÷ fyk ⋅ Wz ççç 1 - Ed ÷÷
èç N cr ,y ø çè N cr ,z ø
dove:
cmin è il minimo fattore χ relativo all’inflessione intorno agli assi principali di
inerzia;
Wy e Wz sono i moduli resistenti elastici per le sezioni di classe 3 e i moduli resistenti
plastici per le sezioni di classe 1 e 2,
Ncr,y e/o Ncr,z sono i carichi critici euleriani relativi all’inflessione intorno agli assi
principali di inerzia;
Myeq,Ed e Mzeq,Ed sono i valori equivalenti dei momenti flettenti da considerare nella verifica.

Se il momento flettente varia lungo l’asta, si assume, per ogni asse principale di inerzia,

Meq,Ed =1,3 Mm,Ed

essendo Mm,Ed il valor medio del momento flettente, con la limitazione

0,75 Mmax,Ed ≤ Meq,Ed ≤ Mmax,Ed

Nel caso di asta vincolata agli estremi, soggetta a momento flettente variabile linearmente tra i
valori di estremità Ma e Mb, |Ma|≥|Mb|, si può assumere per Meq,Ed il seguente valore

73
Meq,Ed = 0,6 Ma − 0,4 Mb  0,4Ma

1 
Giustificazione della espressione in luogo di sec 0
1
N 2
NE
0 1
Innanzitutto si può scrivere: sec 
2 0
cos
2
0
Quindi si sviluppa in serie il cos :
2
2 4 6
0    1  0  1  0  1
cos  1  0       ......
2  2  2!  2  4!  2  6!
In favore di sicurezza si considerano soltanto i primi due termini dello sviluppo in serie:
2
0    1  2  20 N  20
cos  1  0   1  1
2  2  2! 42 EJ 8
Ricordiamo però che:
 2 EJ  20
N cr  N E   EJ  N E
 20 2
Quindi:
0 N  20 N 2
cos  1  1
2 EJ 8 NE 8
Si può porre, poi:
2
1
8
Di conseguenza:
0 N 0 1
cos  1 e sec 
2 NE 2 1
N
NE

74
LEZIONI N° 17 E 18

INSTABILITÀ - ASTE COMPOSTE

Consideriamo l’asta composta come se il collegamento


dovuto ai calastrelli o ai tralicci fosse perfetto, cioè come se
l’asta fosse semplice ed avesse come momento d’inerzia
intorno all’asse Y:
J y  2 J 1y  2 A1  d 2
in cui J 1y ed A1 sono, rispettivamente, il momento d’inerzia
intorno all’asse Y e l’area di una delle due aste.
Il carico critico vale:
 2 EJ y
NE 
 20
In realtà, a causa della maggiore deformabilità dell’asta composta rispetto a quella di una
sezione compatta (il collegamento è comunque imperfetto), il suo carico critico vero, Ncr, è
minore di NE. Tale riduzione è dovuta alla deformabilità a taglio, che non è più trascurabile
rispetto a quella flessionale. In sostanza l’inflessione intorno all’asse y avviene senza che si
conservino piane le sezioni trasversali.
Vediamo innanzitutto, con riferimento all’asta semplice, qual è l’effetto della deformabilità a
taglio sul carico critico.

Comportamento dell’asta semplice soggetta all’azione


deteriorante del taglio.

Nella sezione generica A-A dell’asta in configurazione


perturbata si ha:
N *  N cos 
dy
T  N sin   N  tg  N
dx
Tenuto conto che M  N  y , si può ottenere T anche
come:
dM dy
T N , giungendo allo stesso risultato.
dx dx

75
Determiniamo ora il contributo del taglio alla deformazione trasversale dell’asta.
Consideriamo un elemento infinitesimo di asta compreso tra due sezioni trasversali distanti
fra di loro dx.

La distorsione  vale:

dy

dx


Per la legge di Hooke si ha:   G   
G

T
Ma  in cui  è il fattore di taglio e, quindi, si ottiene:
A

T

GA

Uguagliando la precedente equazione all’espressione cinematica di  si ottiene:

dy  T

dx GA

Determiniamo ora il contributo del taglio alla curvatura dell’asta. Per far ciò deriviamo
membro a membro l’equazione precedente:

 d2y   dT
 2  (contributo del taglio alla curvatura)
 dx T GA dx

Ricordiamo che la curvatura dovuta al momento flettente è:

 d2y  M
 2   (contributo del momento flettente alla curvatura)
 dx  M EJ

76
Quindi la curvatura totale, dovuta sia al contributo del momento flettente che a quello del
taglio, risulta:

d2y M  dT
2
 
dx EJ GA dx

Ricordando che, nel caso in esame,

dy dT d2y
TN e quindi che  N 2 , si ottiene:
dx dx dx

d2y M  d2y
  N , ma M  N  y e quindi:
dx 2 EJ GA dx 2

d2y N  d2y
  y  N
dx 2 EJ GA dx 2

Raccogliendo a fattor comune la derivata seconda dello spostamento si ottiene:

d2y    N
2 
1 N y
dx  GA  EJ

Moltiplicando ambo i membri per -EJ si ottiene:

d2y   
 EJ 2 
1 N   Ny
dx  GA 

che esprime l’uguaglianza tra il momento interno e quello prodotto dalle forze esterne: è
un’equazione di equilibrio e precisamente la condizione di equilibrio indifferente.
Manipolando ancora l’equazione si ottiene:

d2y    N
2 
1 N y0
dx  GA  EJ

Come si riconosce immediatamente si tratta di una equazione differenziale del 2° ordine,


omogenea, che ha la stessa struttura formale dell’equazione di Eulero.
E’ utile perciò risolverla richiamando parallelamente la soluzione dell’equazione di Eulero.

77
ASTA CON EFFETTO DEL TAGLIO ASTA DI EULERO

d2y    N d2y N
2 
1 N y0  y0
dx  GA  EJ dx 2 EJ

Poniamo: Poniamo:

N
2  2 
N
  
EJ 1  N EJ
 GA 

Si giunge alla: Si giunge alla:

d2y d2y
2
 2 y  0 2
 2 y  0
dx dx

Come si può vedere le due equazioni hanno effettivamente la stessa struttura.


L’integrale generale è:

y  C1 sin  x  C2 cos  x

Le condizioni al contorno sono:

y x 0  0 ; y x l  0
0

Imponendo la prima condizione si ottiene:

C1 sin  0  C2 cos  0  0  C2  0

Dalla seconda condizione al contorno si ha:

C1 sin  l0  0

Affinché non si ottenga la soluzione banale occorre che sia:

k
sin  l0  0   l0  k   
l0
Sostituendo questo valore di  nella
N
2  e ponendo k = 1, si ha:
  
EJ 1  N
 GA 

78
2 N cr  2 EJ      
  N cr  1  N cr   N E 1  N cr 
2
l0    2
l0  GA   GA 
EJ  1  N cr 
 GA 
 
N cr  N E  N cr N E  N cr  N cr N E  N E
GA GA
Raccogliendo a fattor comune Ncr, si ottiene:
  
N cr 1  N E   N E e quindi:
 GA 
NE
N cr 

1 NE
GA
Poiché il denominatore è sempre maggiore di 1, si conclude che N cr  N E e che quindi il
taglio ha l’effetto di ridurre sempre il valore del carico critico, in quanto aumenta la
deformabilità dell’asta.

Il concetto di snellezza equivalente

Determiniamo ora, per l’asta semplice con effetto deteriorante del taglio, la legge  cr   .

NE  2 EJ 1
N cr  
 2
l0   
1 NE 1  NE 
GA  GA 

J l
Dividiamo ambo i membri per l’area dell’asta e quindi, ricordando che i 2  e  0,
A i
scriviamo.

N cr  2 E 1  2E 1  2E  2E
 cr   2  2  
    2 EAi 2   1    E   2    2 E eq
2 2
A
1    
GA l 2
 G 2  G
 0 


Avendo definito la snellezza equivalente, come: eq   2   2E
G
La snellezza equivalente permette di determinare la tensione critica dell’asta che risente
dell’effetto del taglio a partire dalla curva  cr   che non tiene conto del taglio.

Il motivo dell’interesse di questa operazione risiede nel fatto che le curve  cr   delle aste
senza l’effetto del taglio vengono fornite dalle norme tecniche opportunamente formulate per
tener conto delle imperfezioni delle aste industriali.

78
La stessa cosa la norma non può fare per le aste composte che risentono del taglio, in quanto
la loro tipologia è vastissima e occorrerebbero tabellazioni di estensione amplissima,
irrealizzabili dal punto di vista pratico.
La snellezza equivalente consente di determinare la  cr leggendola sulla curva  cr  
dell’asta che non tiene conto dell’effetto deteriorante del taglio.

LA VERIFICA REGOLAMENTARE
La normativa italiana indica il carico di Eulero NE con Ncr e quindi conviene modificare il
nome del carico critico dell’asta compressa soggetta dell’azione deteriorante del taglio in
1
Ncr,T. Esso vale: N cr ,T 
1 

N cr G  A

Nel caso più generale di asta non a parete piena, ma a traliccio o calastrellata, il carico critico
può essere espresso come:
1
N cr ,T  , in cui Sv è la rigidezza a taglio del traliccio.
1 1

N cr Sv
Le Norme tecniche indicano i valori da assumere per Sv, con riferimento alla figura
sottostante.

79
Le Norme tecniche prevedono anche la possibilità che sia presente almeno
una eccentricità non intenzionale del carico assiale, dovuta alle imperfezioni,
L
espressa tramite una deformata sinusoidale avente valore massimo: e0 
500
Il corrispondente momento dovuto alla deformata del II ordine agente sull’asta
vale:
N Ed  e0 N Ed  e0 N Ed  e0
II
M Ed   
1  Ed 1  N Ed  1  1  1  Ed  Ed
N N N
N cr ,T  N cr Sv  N cr Sv

in analogia con quanto già visto nel caso della instabilità delle colonne snelle
presso inflesse.
Se l’asta composta è costituita da due correnti collegati fra di loro, come nella figura
precedente, lo sforzo normale di progetto agente sul singolo corrente vale:

80
N Ed M Ed
N c , Ed  
2 h0

M Ed
in cui h0 è la distanza tra i baricentri dei correnti ed è il carico assiale aggiuntivo
h0

prodotto nei montanti per effetto dell’eccentricità, N Ed ,ecc .

Ma:
M Ed
N Ed ,ecc   Ed ,ecc  Ac   Ac
W
J eff
in cui Ac è l’area del corrente W   2 , Jeff è il momento d’inerzia efficace della sezione
h0
composta (precisato più avanti) ed MEd comprende sia il momento effettivamente applicato,
I II
M Ed , che quello dovuto alle imperfezioni dell’asta, M Ed .
Di conseguenza:
N Ed M Ed N Ed M Ed  Ac
N c , Ed    
2 h0 2 W
Si ha quindi:

N Ed M Ed  h0  Ac
N c , Ed  
2 2  J eff

ed MEd vale:
N Ed  e0
M Ed  M Ed
I
 M Ed
II
 M Ed
I

N N
1  Ed  Ed
N cr Sv
Al posto di questa espressione, la Normativa Italiana, appoggiandosi agli Eurocodici, adotta la
formula approssimata per eccesso:
N Ed  e0  M Ed
I
M Ed  M Ed
I
 M Ed
II

N N
1  Ed  Ed
N cr Sv
Sv e Jeff assumono valori diversi in funzione della tipologia della colonna composta.

Verifiche a taglio
La verifica a taglio dei calastrelli e degli elementi di parete dei tralicci nei campi estremi può
essere eseguita considerando la forza di taglio nell’asta composta.
A tale scopo si suppone che l’andamento del momento flettente lungo la colonna composta sia
di tipo sinusoidale:

81
x
M Ed  x   M Ed ,max sin
L
Di conseguenza il taglio è:
d   x    x M Ed
VEd  max   M Ed ,max sin    max  M Ed ,max cos   
 dx  L  L L  L

Ponendo M Ed  M Ed ,max , si ha:

M Ed
VEd  
L

Verifiche a sforzo normale. Aste composte tralicciate


Naturalmente devono essere verificati nei riguardi dei fenomeni di instabilità sia i diagonali
sia i correnti. La verifica consiste nel controllare che sia
N c , Ed
 1, 0
N b , Rd

Nel caso dei correnti verticali la forza normale di progetto è la seguente:


N Ed M Ed  h0  Ac
N c , Ed  
2 2  J eff

Mentre N b , Rd è il carico massimo compatibile con l’instabilità, determinato considerando la

sezione trasversale del singolo montante, la lunghezza libera di inflessione Lch ed il


coefficiente  appropriato:
cA fyk
N b,Rd = per le sezioni di classe 1, 2 e 3,
gM 1
cAeff fyk
N b,Rd = per le sezioni di classe 4.
gM 1

Il momento d’inerzia equivalente è: J eff  0,5  h02  Ac

Lch si ricava dalla figura seguente.

82
A titolo di esempio determiniamo la rigidezza a taglio Sv  G  A  della colonna tralicciata
di tipologia (1).
Il suo schema geometrico è il seguente:

Chiamiamo  ' il reciproco della rigidezza a taglio:


1  
'   
Sv G  A T
Determiniamo, innanzitutto, l’allungamento della diagonale:

83
Fd  d

EAd
La componente di  in direzione orizzontale è:
 h0
1  , in cui cos  
cos  d
Sostituendo si ha:
 1 Fd  d 1 T d d2 T d T d3
1        
cos  cos  EAd cos  cos  EAd h02 EAd EAd h02
L’allungamento del traverso (in direzione orizzontale) è:
T  h0
2 
EAt
Lo spostamento complessivo in orizzontale del nodo del pannello è:
  1  2

e quindi l’angolo  ' è:

1  2 1 d3 h
'    2
 0
a T EAd h0 a EAt a
Di conseguenza:
1 d3 h0 At d 3  Ad h03
  
Sv EAd h02 a EAt a EAd h02 aAt
Allora la rigidezza a taglio vale:
EAd h02 aAt
Sv 
At d 3  Ad h03
La Normativa Italiana adotta per Sv una formulazione semplificata, dividendo numeratore e
denominatore per At :

EAd  a  h02
Sv 
A
d 3  d h03
At
Ad 3
trascurando poi il termine h0 .
At

Per quanto riguarda le aree Ad (diagonali) ed At (traversi) si può osservare che esse, nella
pratica sono sempre molto simili, se non uguali addirittura, e il loro rapporto vale circa 1.

Fissando poi l’attenzione sui termini sul denominatore della espressione di Sv, si può scrivere:

84
  h0 3 
d  h  d 1    
3 3
0
3

  d  
h0
Tenuto conto che nella pratica professionale il rapporto è vicino a 0.5, si ha che:
d
1   0.5 3   1  0.125
 
Ad 3
E quindi il trascurare il termine h0 comporta una sovrastima di Sv dell’ordine del 12,5 %.
At
Nella Tabella C4.2.II della Circolare di applicazione delle NTC sono riportate le formule per
determinare Sv in funzione dello schema di tralicciatura adottato. Le considerazioni precedenti
valgono per schema n° 1.

Verifiche a sforzo normale. Aste composte calastrellate


Nelle aste composte calastrellate le verifiche dei correnti e dei calastrelli possono essere
condotte utilizzando la distribuzione di forze e sollecitazioni indicata in Figura considerando
sia lo sforzo normale che il taglio di progetto.

Per il momento di inerzia effettivo della sezione composta si può considerare:

J eff  0,5  h02  Ac  2   J c

In cui Jc è il momento d’inerzia della sezione del corrente e  è un coefficiente di efficienza


che vale:
 = 0 se la snellezza dell’asta composta è   150,
 = 1 se la snellezza dell’asta composta è   75,
 = (2-/75) se la snellezza dell’asta composta è compresa tra 75 e 150,

85
L J1
con  ; i0  ; J1  0,5h02 Ac  2 J c
i0 2 Ac

La rigidezza a taglio equivalente Sv è indicata nella tabella precedente (punto 4).

Sezioni composte da elementi ravvicinati collegati con calastrelli o imbottiture


La verifica delle aste composte costituite da due o quattro profilati, vedi Figura C4.2.10, posti
ad un intervallo pari alle spessore delle piastre di attacco ai nodi e comunque ad una distanza
non superiore a 3 volte il loro spessore e collegati con calastrelli o imbottiture, può essere
condotta come per un’asta semplice, trascurando la deformabilità a taglio del collegamento, se
gli interassi dei collegamenti soddisfano le limitazioni della tabella C4.2.III.

Nel caso di angolari a lati disuguali, tipo (6) di Figura C4.2.10, l’instabilità dell’asta con
inflessione intorno all’asse y di Figura C4.2.10 può essere verificata considerando un raggio
i0
d’inerzia i y 
1,15
dove i0 è il raggio d’inerzia minimo dell’asta composta.
La spaziatura massima tra gli elementi collegati da imbottiture è molto esigua, se si vuole
trascurare l’effetto deteriorante del taglio, circa 15-20 cm. Ciò è certamente penalizzante per
le applicazioni.

86
Può essere utile tener conto della deformabilità a taglio della trave composta, utilizzando
indicazioni di bibliografia. Anche se sono state ritirate, si può comunque fare riferimento alle
Istruzioni CNR 10011, le quali prescrivono:

La snellezza equivalente così definita può essere utilizzata per eseguire la verifica ad
instabilità con la stessa procedura impiegata per le colonne sottoposte a solo carico assiale.

87
LEZIONE N° 19

INSTABILITÀ FLESSO-TORSIONALE DELLE TRAVI INFLESSE

Consideriamo una trave sollecitata a


flessione semplice nel piano y-z.
La flessione è retta, nello stesso piano,
poiché un asse principale della sezione
giace nello stesso piano.
La configurazione della trave è equilibrata:
si vuole conoscere la qualità di tale
equilibrio: stabile, indifferente, instabile.
A tale scopo perturbiamo la configurazione
iniziale, portando la trave in una
configurazione diversa, soggetta anche a
flessione laterale e torsione.
Se l’equilibrio è indifferente la configurazione perturbata è anch’essa equilibrata.
Il momento M x ,o ,cr , che corrisponde all’equilibrio indifferente (punto di biforcazione

dell’equilibrio), è il momento flettente ‘critico’.


L’instabilità flesso-torsionale si manifesta per travi caratterizzate dall’avere J x  J y .

89
90
La direzione di M x ,o non cambia passando dalla configurazione originale a quella variata.

Determinando sulla configurazione variata i momenti flettenti e torcenti che agiscono sulla
sezione generica, si trova:
Momento flettente laterale: M y  M x ,o sin   M x ,o  

du
Momento torcente: M t  M x ,o sin   M x ,o tan   M x ,o
dz
Nella situazione di equilibrio indifferente sono possibili, per lo stesso valore del momento
critico M x ,o ,cr , due configurazioni di equilibrio. Scriviamo per ciascuna di esse le 3 equazioni

di equilibrio.

CONFIGURAZIONE INIZIALE CONFIGURAZIONE VARIATA

d 2v d 2v
1) M x ,o   EJ x 2 M x ,o   EJ x 2
dz dz
d 2u
2) M y  0 M y  M x ,o     EJ y
dz 2
du d
3) M t  0 M t  M x ,o  GJ p
dz dz

Per determinare M x ,o ,cr sono sufficienti le ultime due equazioni di equilibrio della
configurazione variata, che contengono le funzioni incognite     z  ed u  u  z  .
Manipoliamo le due equazioni differenziali per ricondurci ad una sola equazione. In
particolare eliminiamo la funzione incognita u  u  z  .
Dalla equazione numero 2 si ricava:

d 2u M 
2
  x ,o
dz EJ y

Deriviamo poi la terza equazione rispetto a z:

d 2u d 2
M x ,o  GJ p 2
dz 2 dz

d 2u
Ricaviamo quindi :
dz 2

d 2u GJ p d 2

dz 2 M x ,o dz 2
d 2u
Uguagliando le due espressioni di si ha:
dz 2

91
GJ p d 2 M
2
  x ,o 
M x ,o dz EJ y

Si ottiene così:

d 2 M x2,o
  0
dz 2 EJ y GJ p

E’ questa una equazione differenziale del 2° ordine, omogenea. La sua soluzione richiede
l’imposizione di 2 condizioni al contorno.
M x2,o
Poniamo   2
.
EJ y GJ p

Sostituendo si ha:
d 2
2
  2  0
dz

Si riconosce immediatamente che l’equazione è formalmente identica a quella dell’asta di


Eulero.
La soluzione generale è:

  z   C1 sin  z  C2 cos  z

Le condizioni al contorno sono quelle di incastro torsionale in corrispondenza dei vincoli ‘a


forcella’ di estremità, vincoli che impediscono le rotazioni:

 z  0  0 ;  z l  0

Imponendo le condizioni al contorno si ottiene:

C1 sin  0  C2 cos  0  0  C2  0

Dalla seconda condizione al contorno si ha:

C1 sin  l  0

Affinché non si ottenga la soluzione banale occorre che sia:

k k 2 2
sin  l  0   l  k      2  2 con k=1.
l l

92
Ricordando che:
M x2,o
 
2
, si ottiene:
EJ y GJ p

M x2,o ,cr 2
2  
EJ y GJ p l2

E quindi il momento flettente critico, M x ,o ,cr , vale:


M x ,o ,cr  EJ y GJ p
l
Nel caso della sezione rettangolare di acciaio (per   0,3 ) si ha:
E E E
G  
2 1    2 1  0,3 2, 6

Il momenti di inerzia intorno all’asse y è:


1 3
Jy  hb
12
mentre quello polare, nella ragionevole ipotesi di rettangolo
allungato (lato h molto più grande del lato b) è:
1
J p  hb3
3
Di conseguenza si ha che:
 Ehb3 1 Ehb3
M x ,o ,cr    0,325 
l 23 2, 6 l

Esempio numerico

l = 4,00 m = 4000 mm fyk = 235 N/mm2 (Acciaio tipo S235)


h = 250 mm
b = 15 mm

bh 2 15  2502
Wel    156250 cm3
6 6
bh 2 15  2502
W pl    234375 cm3
4 4

93
Wel  f yk 156250  235
M c , Rd  M el , Rd    34,97 kNm
M0 1, 05
W pl  f yk 234375  235
M c , Rd  M pl , Rd    52, 46 kNm
M0 1, 05
Il momento ultimo nei confronti della instabilità flesso-torsionale vale:

210000  250 153


M x,o,cr  0,325   14, 40 kNm
4000
Come si può vedere la instabilità flesso-torsionale impedisce non solo la completa
plasticizzazione, ma anche lo snervamento.
La effettiva tensione massima è infatti:

M x,o,cr 14, 40 106 235


   92,16 N mm 2  N mm 2
Wel 156250 1, 05

Le considerazioni qui svolte possono essere estese al caso di momento flettente variabile
lungo la trave e di sezioni trasversali a doppio T, ma, per ragioni di tempo, non affronteremo
tali problemi.

94
LEZIONI N° 20 E 21

SISTEMI DI COLLEGAMENTO

Nelle costruzioni metalliche si pone, in generale, il problema di collegare fra di loro i profilati
e le lamiere per realizzare sistemi portanti più complessi: impalcati, telai, travi composte (a
parete piena o reticolari), colonne composte, cassoni, ecc..
Anche la realizzazione di travi superiori alla lunghezza disponibile delle travi commerciali
(circa 12 m), richiede la giunzione di due o più elementi.
Riconosciuta la necessità di collegare fra di loro i profilati e le lamiere nella quasi totalità
delle applicazioni, diventa chiara l’importanza dello studio dei metodi di unione.
Essi possono essere classificati in:
a) Unioni che richiedono la preventiva foratura degli elementi da unire, per consentire il
passaggio di connettori meccanici (chiodi, bulloni);
b) Unioni che non richiedono la foratura degli elementi (saldatura, incollaggio).

Nell’ambito del corso ci occuperemo essenzialmente delle unioni bullonate e di quelle saldate,
che sono quelle attualmente impiegate nella maggior parte delle applicazioni.

I valori dei coefficienti parziali di sicurezza per le unioni, indicati dalle Norme tecniche
vigenti sono i seguenti:

95
I ) UNIONI BULLONATE A TAGLIO
Iniziamo ad affrontare lo studio delle unioni bullonate, iniziando dalle cosiddette unioni a
taglio, quelle, cioè, nelle quali i bulloni sono sottoposti principalmente ad azioni di taglio.
Seguiamo una metodologia di studio, che fissa, inizialmente l’attenzione sul singolo bullone,
esaminando in sequenza i seguenti aspetti:
a) Morfologia;
b) Materiali
c) Modalità di collasso
d) Tipi di verifiche da eseguire.

a) Morfologia
Per quanto riguarda la morfologia, un bullone normale si compone di tre parti:
1) gambo con testa esagonale (vite);
2) dado;
3) rosetta.
Talvolta le rosette possono essere due.

I bulloni vanno serrati con una forza di serraggio:

Fp ,Cd  0, 7 f tb Ares

in cui ftb è la resistenza a rottura del bullone (non la resistenza allo snervamento) ed Ares è
l’area resistente del bullone, misurata nella zona filettata del gambo.
Indichiamo invece con A l’area della parte non filettata del gambo.

La forza di serraggio Fp ,Cd viene ottenuta mediante un’appropriata coppia di serraggio:

96
M  k  d  Fp ,Cd  k  d  0, 7 f tb Ares

in cui d è il diametro del bullone e k è un fattore che è indicato sulle confezioni dei bulloni e
delle viti e che varia, orientativamente, tra 0,10 e 0,22.
Per quanto possibile la filettatura deve rimanere all’esterno delle lamiere, risultato che si
ottiene avvalendosi anche della presenza delle rosette.

b) Materiali
La Normativa prevede le seguenti classi di bulloni: 4.6, 5.6, 6.8, 8.8, 10.9, che si distinguono
fra di loro per la resistenza del materiale.
Le prime tre classi costituiscono i bulloni normali. I bulloni di classe 8.8 e 10.9 si considerano
ad alta resistenza e per essi è ammesso di tener conto, nel calcolo della giunzione, della forza
di serraggio e di considerare quindi il funzionamento della giunzione ad attrito.

Per le resistenze delle varie classi di bulloni si veda la Tabella 11.3.XII.b delle Norme
Tecniche. Si osserva peraltro che in zona siimica è consentito solo l’uso di bulloni ad alta
resistenza. Pertanto, considerando che quasi tutto il territorio italiano è sismico, vengono
impiegati comunemente bulloni 8.8 o 10.9.

c) Modalità di collasso
Nelle unioni bullonate a taglio il ruolo fondamentale è svolto dal gambo del bullone, che
impedisce lo scorrimento relativo delle lamiere a contatto.

Le due lamiere sono soggette a pressioni localizzate, mentre il gambo è soggetto a taglio.
La rottura della unione a taglio può avvenire in 4 modi:

1) Per taglio del gambo;


2) Per rifollamento della lamiera;
3) Per trazione della lamiera in corrispondenza di una sezione indebolita da fori;
4) Per taglio della lamiera.

97
Il calcolo è convenzionale e viene eseguito in campo plastico, non tenendo conto delle
concentrazioni di tensione intorno ai fori e presupponendo, per effetto della plasticizzazione
delle viti, la distribuzione uniforme degli sforzi fra i bulloni di una stessa unione.

Il calcolo è limitato ai fenomeni 1 e 2.


I fenomeni 3 e 4 sono prevenuti con la applicazione di regole costruttive che evitano
l’indebolimento eccessivo delle lamiere.

Verifica delle unioni a taglio

1) Tranciamento del bullone

La resistenza di calcolo di ciascun bullone e per ogni piano di taglio è:

Fv , Rd  0, 6 f tb Ares  M 2 per bulloni di classe 4.6, 5.6, 8.8 ;


Fv , Rd  0,5 ftb Ares  M 2 per bulloni di classe 6.6 e 10.9

nel caso in cui il piano di taglio intersechi la parte filettata della vite.
In caso contrario la resistenza di calcolo, sempre per ogni piano di taglio, è:

Fv , Rd  0, 6 f tb A  M 2 per bulloni di qualsiasi classe.

Si fa presente che nel fenomeno del taglio interviene la resistenza a taglio del materiale ftaglio ,

che tramite il criterio di snervamento di Von Mises può essere correlata alla resistenza a
ft
trazione ft : ftaglio   0,577 f t .
3

I coefficienti 0,6 e 0,5 costituiscono due approssimazioni diverse di 1 3.

98
2) Rifollamento della lamiera

La resistenza di calcolo a rifollamento di ciascun foro si calcola come:

Fb , Rd  k f tk dt  M 2

in cui t è lo spessore della lamiera.


ftk è il valore caratteristico della resistenza a rottura della lamiera e
d è, come già detto, il diametro nominale del gambo del bullone.
I valori di k ed  si ricavano dalle condizioni seguenti:

α=min {e1/(3 d0) ; ftb/ft; 1} per bulloni di bordo nella direzione del carico applicato,
α=min {p1/(3 d0) – 0,25 ; ftb/ft ; 1} per bulloni interni nella direzione del carico applicato,
k=min {2,8 e2/d0 – 1,7 ; 2,5} per bulloni di bordo nella direzione perpendicolare al carico
applicato,
k=min {1,4 p2 / d0 – 1,7 , 2,5} per bulloni interni nella direzione perpendicolare al carico
applicato,

essendo e1 , e2 , p1 e p2 indicati in Figura e d0 il diametro nominale del foro di alloggiamento


del bullone.

Per quanto riguarda d0, si fa presente che la Normativa prevede che i fori devono avere
diametro uguale a quello del bullone maggiorato al massimo di 1 mm, per bulloni sino a 20
mm di diametro, e di 1,5mm per bulloni di diametro maggiore di 20 mm.

Quando necessario, è possibile adottare “accoppiamenti di precisione” in cui il gioco foro-


bullone non dovrà superare 0,3 mm per bulloni sino a 20 mm di diametro e 0,5 mm per
bulloni di diametro superiore.

99
II UNIONI BULLONATE A TRAZIONE

Nel caso di unione sottoposta a trazione i bulloni sono sottoposti a trazione. Le verifiche
devono assicurare che non si verifichi la rottura per trazione dei bulloni e il punzonamento
delle lamiere.

1) Strappo del bullone

La resistenza di calcolo di un bullone è:

Fb , Rd  0,9 f tb Ares  M 2

2) Punzonamento della lamiera

La resistenza a punzonamento si può determinare valutando la risultante delle tensioni


tangenziali, parallele alla forza di trazione, che agiscono sulla superficie laterale del cilindro
di lamiera avente spessore tp e diametro dm.
La normativa italiana, al solito, non utilizza la resistenza alla rottura per taglio della lamiera,
ma la tensione:

ft
ftaglio   0,577 f t
3

La resistenza di calcolo a punzonamento (relativa ad un bullone) è quindi:

B p , Rd  0, 6  d m t p ftk  M 2

in cui dm è il più piccolo valore tra il diametro medio della testa del bullone ed il diametro
medio del dado;
tp è lo spessore del piatto ed
ftk e la resistenza caratteristica a rottura per trazione della lamiera.

100
III UNIONI BULLONATE A TAGLIO E TRAZIONE

Nel caso di presenza sia della trazione che del taglio, si può utilizzare la formula di
interazione lineare:

Fv , Ed Ft , Ed
 1
Fv , Rd 1, 4 Ft , Rd

Ft , Ed
con la limitazione 1
Ft , Rd

Il pedice “Ed” indica le sollecitazioni di progetto (d = design).

101
LEZIONI N° 22 E 23

BULLONI AD ALTA RESISTENZA – GIUNZIONI AD ATTRITO

I) Giunzioni ad attrito soggette a forze di taglio

Si considerano ad alta resistenza i bulloni di classe 8.8 e 10.9.


Essi sono caratterizzati dai seguenti valori di resistenza:
- resistenza a rottura: 8.8 ftb = 800 N/mm2; 10.9 ftb = 1000 N/mm2;
- resistenza allo snervamento: 8.8 fyb = 640 N/mm2; 10.9 fyb = 900 N/mm2.
I numeri che compongono la sigla di ciascuna classe di bulloni consentono di determinare
molto semplicemente la resistenza allo snervamento ed alla rottura secondo la seguente
regola:

Bullone di classe I.J


Tensione di rottura ftb = i x 100 N/mm2;
Tensione di snervamento fyb = i x j x 10 N/mm2.

L’applicazione della regola può essere controllata confrontando i risultati che si ottengono
dalla sua applicazione con quelli contenuti nella tabella delle specifiche delle Norme.

640

Come abbiamo già detto, tutti i bulloni, anche quelli delle classi inferiori 4.6, 5.6 e 6.8,
devono essere serrati.
E’ consigliabile utilizzare la forza di serraggio:

Fp ,C  0, 7 ftb Ares

102
a cui corrisponde la coppia di serraggio:
M  k  d  Fp ,C  k  d  0, 7 f tb Ares

in cui d è il diametro del bullone e k è un fattore che è indicato sulle confezioni dei bulloni e
delle viti e che varia, orientativamente, tra 0,10 e 0,22.
Non è necessario però applicare un valore preciso del pre-carico.

Soltanto per i bulloni delle classi 8.8 e 10.9 è consentito di tener conto del pre-carico in sede
di verifica. In questo caso il valore del pre-carico deve essere accertato con precisione.

La forza trasmissibile per attrito da parte di ciascun bullone e per ogni piano di contatto tra gli
elementi da collegare vale:

Fs , Rd   Fp ,C  M 3   0, 7 f tb Ares  M 3

In cui  è il coefficiente di attrito tra le lamiere, che vale:


0,45 quando le lamiere sono sabbiate al metallo bianco e protette sino al serraggio dei bulloni
0,30 in tutti gli altri casi.

Poiché i bulloni delle classi 8.8 e 10.9 possono essere impiegati anche nelle giunzioni a taglio,
è interessante confrontare le forze di taglio che possono essere trasmesse in quel caso e nel
caso di collegamento ad attrito, considerando in entrambe i casi le aree della zona filettata Ares
e l’ipotesi più favorevole sul coefficiente di attrito (0,45).

a) Unione a taglio

8.8: Fv , Rd  0, 6 f tb Ares  M 2  0, 6  800  Ares 1, 25  384  Ares

10.9: Fv , Rd  0,5 f tb Ares  M 2  0,5 1000  Ares 1, 25  400  Ares

b) Unione ad attrito

8.8: Fs , Rd  0, 45  0, 7 f tb Ares  M 3  0, 45  0, 7  800  Ares 1, 25  202  Ares

10.9: Fs , Rd  0, 45  0, 7 f tb Ares  M 3  0, 45  0, 7 1000  Ares 1, 25  252  Ares

103
Confrontiamo la capacità portante delle unioni a taglio ed attrito.
Nel caso di unioni realizzate con bulloni 8.8 si ha:

Fv , Rd 384
  1,90
Fs , Rd 202

Nel caso, invece, di unioni realizzate con bulloni 10.9 si ha:

Fv , Rd 400
  1,58
Fs , Rd 252

Come si vede la capacità portante maggiore si realizza con le unioni a taglio, che sono in
grado di trasmettere un carico che vale tra il 60% ed il 90 % di più di quella delle giunzioni ad
attrito.
D’altra parte le unioni ad attrito presentano il vantaggio di una minore deformabilità, dovuta
sia all’assenza di movimenti del gambo all’interno del foro, sia all’assenza di assestamenti
plastici della zona di contatto fra gambo e foro.
Peraltro il vantaggio delle unioni ad attrito su quelle a taglio si manifesta principalmente nelle
condizioni di servizio, a causa della miniore deformabilità delle giunzioni e, quindi, della
struttura.
E’ quindi anche ragionevole progettare unioni che si comportino ad attrito nelle condizioni di
servizio ed invece possano scorrere allo stato limite ultimo, comportandosi così come unione
a taglio.
In questo caso le azioni da considerare nel progetto dell’unione ad attrito sono quelle derivanti
dalla combinazione di esercizio rara. Peraltro la sicurezza alla rottura va garantita con una
ulteriore verifica come unione a taglio.
La verifica di una giunzione ad attrito sottoposta a taglio consiste quindi nel confrontare la
forza di taglio relativa ad un bullone ed ad un piano di scorrimento prodotta dai carichi di
progetto esterni con la forza interna corrispondente dovuta all’attrito e controllare che la
prima sia minore della seconda.

104
II) Giunzioni ad attrito soggette a forze di trazione

Consideriamo ora una unione formata da bulloni ‘lenti’, bulloni cioè per i quali non si tiene
conto nel calcolo della forza di serraggio. Per semplicità supponiamo che i bulloni siano tutti
uguali. Applicando alla unione una forza di trazione centrata F, detta forza si divide in parti
uguali fra gli n bulloni e dà luogo alla tensione di trazione:

F 1
 
n Ares

Se i bulloni sono presollecitati (cioè se è consentito di tener conto della presollecitazione) e le


lamiere sono quindi compresse l’una contro l’altra, la forza esterna F si ripartisce fra i bulloni
e la lamiera in parti proporzionali alle rispettive aree.
Allo scopo di valutare quantitativamente questa ripartizione esaminiamo il comportamento
sperimentale di una giunzione tesa, sia nel caso di impiego di bulloni ‘lenti’, che di bulloni
presollecitati.
I risultati delle prove sperimentali consentono di costruire delle ‘curve caratteristiche’ delle
giunzioni sul piano F- (forza-allungamento del gambo della vite).

Nel diagramma di sinistra è riportato l’andamento del legame Forza-allungamento di un


bullone lento.

105
Evidentemente esso corrisponde esattamente a quello che si otterrebbe eseguendo
semplicemente una prova di trazione su solo bullone: la forza esterna F passa integralmente
attraverso il gambo della vite.
Nel diagramma di destra è invece riportato l’andamento del legame Forza allungamento di un
bullone serrato.
La preliminare esecuzione del serraggio del bullone ha prodotto una forza di trazione Nb nel
bullone e, di conseguenza, un allungamento del gambo dello stesso che vale O-O’.
Per l’equilibrio la stessa forza Nb, però di compressione, è stata conferita alle lamiere, che
hanno subito un accorciamento.
L’allungamento del bullone in conseguenza dell’applicazione della forza F avviene quindi a
partire dal punto O’.
La forza esterna F si ripartisce, nel tratto O’B, fra le lamiere e la vite, per poi passare
integralmente nella vite a partire la punto B, in corrispondenza del quale si verifica il distacco
delle lamiere.
La parte di diagramma tra B e C è identica a quella del bullone “lento”.
Sperimentalmente si trova che, nel tratto O’B, circa il 20 % di F viene sopportato dalla vite,
mentre il residuo 80% viene sopportato dalle lamiere.
A partire dalla decompressione delle lamiere (punto B) tutto il carico esterno passa
esclusivamente attraverso i bulloni.
Il carico di decompressione costituisce perciò il carico ultimo.

Studiamo ora il problema della ripartizione di F tra lamiere e bulloni.


Si tratta di un problema iperstatico ed è necessario quindi utilizzare condizioni di equilibrio e
di congruenza, ed inoltre il legame elastico del materiale.
Con riferimento ai simboli in figura, per
l’equilibrio delle forze si ha:

F  FLAM  FB

Per la congruenza degli spostamenti deve essere:

FLAM  H F H
  B
ELAM ALAM EB AB
Poiché il Modulo elastico della lamiera e quello
del bullone sono con buona approssimazione

106
uguali e pari ad E, si ha:

FLAM FB

ALAM AB

Ricavando la forza nel bullone si ottiene:

AB
FB  FLAM
ALAM

Sostituiamo l’espressione di FB nell’equazione di equilibrio:

 A 
F  FLAM 1  B 
 ALAM 

Possiamo quindi ricavare le forze nella lamiera e nel bullone:

ALAM
FLAM  F 
A  ALAM
AB
FB  F 
AB  ALAM

AB
Valutiamo ora il rapporto individuando il suo valore massimo compatibile con le
AB  ALAM
prescrizione della normativa, al fine di stabilire qual è il valore massimo della forza nel
bullone.
Detto d il diametro nominale del gambo della vite e d0 il diametro del foro nella lamiera, la
Normativa italiana prescrive che il minimo interasse tra i fori dei bulloni deve essere 2,2 do.

107
L’area della lamiera nella zona di influenza del bullone è:

ALAM  2, 2 d0  2, 2 d 0  AB

e quindi l’area di influenza complessiva è:

ALAM  AB  2, 2 d 0  2, 2 d 0  4,84 d 02


Poiché AB  d 2 e d0  d
4
si può scrivere:
AB  d 02 
   0,162  16, 2 %
AB  ALAM 4 4,84 d 0 19,36
2

Quindi la forza massima nel bullone è:

FB  16, 2 % di F

e la corrispondente forza nella lamiera è:

FLAM  83,8% di F

Calcoliamo ora la forza nel collegamento che produce la decompressione delle lamiere, Fdec.

Essa si realizza quando la forza nella lamiera, FLAM, è proprio pari alla forza di serraggio Fp ,C

Poiché:

ALAM
FLAM  F 
AB  ALAM

si ha:

ALAM
Fp ,C  Fdec 
AB  ALAM

e, quindi:

AB  ALAM 1
Fdec  Fp ,C   Fp ,C   1, 20  Fp ,C
AB 0,85

108
LEZIONI N° 24 E 25

UNIONI SALDATE

Le saldature si realizzano prevalentemente con il metodo dell’arco elettrico, utilizzando


elettrodi rivestiti, che forniscono il materiale di apporto.
Il collegamento è realizzato fondendo insieme, per l’alta temperatura generata dall’arco
elettrico (circa 3000 °C), sia il metallo di base che il materiale di apporto.
Le saldature si distinguono in due tipi:

- a testa a testa o a T a completa penetrazione;


- a cordone d’angolo.

Nella saldatura testa a testa a completa penetrazione gli assi dei pezzi da saldare sono
allineati, mentre in quella a T sono disposti ad angolo retto.

Saldatura testa a testa Saldatura a T

In entrambi i casi è necessaria una preparazione dei lembi della saldatura, per creare lo spazio
per accogliere il materiale d’apporto.
La completa penetrazione indica che la fusione del metallo di base è avvenuta per tutto lo
spessore dei pezzi da saldare. La sezione resistente del pezzo in corrispondenza della
saldatura è praticamente uguale a quella di un elemento monolitico di uguale forma.
Per di più questo tipo di saldatura non perturba sensibilmente il flusso delle tensioni indotte
dalle azioni esterne.
Perciò le tensioni si calcolano come se la saldatura non ci fosse, sulla base delle sollecitazioni
agenti sulla sezione.
Il criterio di resistenza che si utilizza è quello di Von Mises:

109
f yk
 id   2   2      3 2 
M0
Tuttavia il calcolo è approssimato, poiché trascura le tensioni indotte dalla contrazione dei
cordoni di saldatura durante la loro solidificazione.

Nelle saldature a cordone d’angolo i pezzi da saldare sono invece sovrapposti oppure
accostati, senza preparazione.

Il procedimento è più economico perché non è richiesta la preparazione dei lembi, ma esso
non ripristina la continuità della sezione resistente: il flusso delle tensioni è perturbato e si
verificano concentrazioni di tensione.
Per questa ragione le saldature di questo tipo sono sconsigliate in presenza di carichi ripetuti
(pericolo di rottura per fatica), se c’è rischio di rottura fragile, ove è richiesta la massima
resistenza del pezzo.
Nell’ambito delle saldature a cordone d’angolo si definisce la “sezione di gola” come la
superficie avente l’altezza BD. A sua volta BD è l’altezza “a” del triangolo rettangolo isoscele
ABC inscrivibile nella sezione del cordone.
Viceversa si denomina “sezione di gola ribaltata” (ad esempio quella che ha altezza BC’)
quella che si ottiene ribaltando la sezione di gola su uno dei due cateti.

110
Sulla sezione di gola agiscono le tensioni   ,   ,   , mentre sulla sezione di gola ribaltata

agiscono le tensioni n , t , t . Nella figura seguente sono rappresentate le tensioni

  ,   , n , t

Le tensioni tangenziali agenti parallelamente allo sviluppo longitudinale del cordone,   e t ,

sono invece quelle perpendicolari al piano del disegno.


Le tensioni agenti sulla sezione di gola ribaltata sono note. Viceversa le tensioni   ,   ,  

devono essere determinate a partire dalle tensioni n , t , t mediante semplici operazioni di

proiezione.
Nel caso della figura seguente (a) è applicata sulla sezione di gola ribaltata (orizzontale)
soltanto la tensione tangenziale t .

Sulla sezione di gola (b) ad essa corrispondono le tensioni:


t t
  ;    
2 2
Nel caso, invece, che al cordone fosse applicata la tensione normale n (c), sulla tensione di
gola agirebbero le tensioni:
n n
  ;   
2 2

111
COMPORTAMENTO SPERIMENTALE DELLE SALDATURE A CORDONE
D’ANGOLO

Le prove sperimentali condotte essenzialmente negli anni ’50 e ’60, hanno consentito di
determinare il dominio di resistenza delle saldature nello spazio delle tensioni   ,   ,  

(riferite alla sezione di gola).


E’ risultato un solido di rotazione intorno all’asse   e avente forma vagamente a pera.

Questo solido fu approssimato mediante un ellissoide di rotazione, assumendo come asse di


rotazione l’asse   .
Esperienze più recenti hanno mostrato che l’ellissoide non è in realtà un solido di rotazione,
ma ha:

- semiasse minore    0,58  

- semiasse medio    0, 70  

Per tener conto di ciò alcuni autori tedeschi hanno proposto di determinare la tensione ideale
sulla sezione di gola mediante l’espressione:
112
 id   2  3 2  2 2

1
essendo: 3   2,97
0,582
1
2  2, 04
0, 702
Secondo questa procedura, che è quella più
corretta, la verifica di sicurezza consiste nel
controllare che sia:  id  f u , w , i cui fu , w è la

resistenza a rottura della saldatura.


Operando in favore di sicurezza altri Autori
hanno trascurato la maggiore resistenza della
saldatura rispetto alle tensioni tangenziali longitudinali, ponendo anch’essa pari a 0,58 fu , w .

In tal caso la tensione ideale di confronto è:

 id   2  3 2  3 2

Tuttavia può essere più comodo operare sulla sezione di gola ribaltata, in quanto normalmente
le tensioni sono note lì e bisogna manipolarle per riportarle sulla sezione di gola.
Converrebbe piuttosto proiettare il criterio di resistenza sulla sezione di gola ribaltata, ma ciò
conduce a formule complicate e di difficile impiego nella pratica professionale.
Se si utilizzasse, anziché un ellissoide, un dominio di resistenza sferico sarebbe tutto più
facile, in quanto la sua equazione non varia a seguito di una rotazione di 45°.
In questo spirito diversi domini sferici sono stati adottati nel passato da varie norme tecniche:
- norme inglesi: sfera di raggio 0.58 fu , w (semiasse minore dell’ellissoide)

- norme americane: sfera di raggio 0.60 fu , w

- norme tedesche: sfera di raggio 0.70 fu , w (semiasse intermedio dell’ellissoide)

In sostanza un criterio sferico è del tipo:


1
 id   2   2   2  fu , w

con  = 0,58 nel caso della norma inglese, 0,60 in quello delle norme americane e 0,70 in
quello della norma tedesca.

113
VERIFICA SECONDO LE NORME ITALIANE

La procedura di verifica è convenzionale ed è eseguita in corrispondenza di una prefissata


sezione di riferimento utilizzando le tensioni che su di essa agiscono.
Le norme italiane considerano, per le saldature a cordone d’angolo, due procedimenti di
verifica.
Il primo metodo, compatibile con l’Eurocodice 3, opera sulla sezione di gola (con le tensioni
ivi agenti) ed è espresso dal criterio di resistenza:

ftk
 ^2 + 3 ( ^2 +  ||2 ) £
  M2
in cui:
ftk = resistenza a rottura del più debole materiale degli elementi collegati
 = 0,80 per acciaio S235, 0,85 per acciaio S275, 0,90 per acciaio S355, 1,00 per acciaio
S420 e S460.

Si può notare che il criterio di resistenza è espresso dall’equazione dell’ellissoide di rotazione


di cui si è discusso poc’anzi.

Il secondo metodo di verifica opera invece sulla sezione di gola ribaltata (con le tensioni
corrispondenti) ed è espresso dalle relazioni:

n^2 + t^2 + t||2 £ 1 fyk


n^ + t^ £  2 fyk

in cui fyk è la tensione caratteristica di snervamento.


I coefficienti  e  sono funzione del tipo di acciaio, come riportato nella tabella seguente.
1 2

1
2

114
CHIARIMENTI SULLE FORMULE PER LA VERIFICA DELLE SALDATURE A
CORDONE D’ANGOLO NELLA SEZIONE DI GOLA RIBALTATA

Le Norme Italiane hanno seguito la filosofia del criterio di resistenza sferico, utilizzando
come base la “sfera tedesca”, ma cercando di renderla più sicura nei confronti di   .
E’stato così sviluppato il criterio di resistenza detto “della sfera mozza”, espresso dalle
equazioni che abbiamo visto in precedenza.
Si tratta di una sfera di raggio pari alla sfera tedesca ( R  0.70 fu , w ), definita nello spazio delle

tensioni di gola.

La sfera è intersecata da un prisma a base quadrata di lato 2  0.58 fu , w e quindi tangente alla

sfera inglese. L’asse del prisma è l’asse   .

Vediamo ora di giustificare le formule delle Norme Italiane operando con le tensioni agenti
sulla superficie di gola ribaltata.
Consideriamo la sezione piana del solido riportata in figura. Poiché nel cambiamento di
coordinate si è operata una rotazione di 45° intorno all’asse   , allora t    .

115
La risultante r delle tensioni agenti sulla sezione di gola è contenuta nella sfera di raggio
R  0.70 fu , w se:

r   2   2   2  n2  t2  t2  0, 70 fu , w

Al fine di valutare se la risultante r’ giace all’interno del prisma quadrato, si considerano le


sue componenti nel piano t , n : rt' ed rn' .

Si osserva, a questo scopo, che il segmento AB è uguale a rt' , in quanto AB e rt' sono due

cateti di un triangolo rettangolo isoscele.


Allora r’ deve soddisfare la:
rn'  rt'  n  t  0,58  2 fu , w ,

in cui 0,58  2 f u , w è la semi-diagonale della sezione del prisma.

Naturalmente questa condizione deve essere verificata simultaneamente a quella di


appartenenza alla sfera.
Occorre ora stabilire il valore di fu,w.
Si pone fu ,w £ w fyk
I valori di w sono:

S235 : w = 1,20 n^2 + t^2 + t||2 £ 1 fyk


S 275, S355: w = 1,00
n^ + t^ £  2 fyk
S 420, S 460: w = 0,90

Restano infine da confrontare le espressioni trovate in precedenza con quelle indicate dalle
Norme Italiane.

Trattazione precedente Norme Italiane

n2  t2  t2  0, 70 fu , w n2  t2  t2  1 f yk

n  t  0,58  2 fu , w n  t   2 f yk

I valori di 1 e 2, differenziati per tipo di acciaio, sono quelli della tabella precedente, che
qui si riporta per comodità di lettura.

1
2

116
Sostituendo i valori di w ed fyk nella relazione fu ,w = w fyk
si ottengono le espressioni regolamentari:

ì
ï 0,85 fyk (S 235 ) (a)
ï
ï
n^2 2 2 ï
+ t^ + t|| £ í0,70 fyk (S 275 - S 355 ) ( b )
ï
ï
î0,62 fyk (S 420 - S 460 ) ( c )
ï
ï
ì
ï1,00 fyk (S 235 ) (d )
ï
ï
ï
n^ + t^ £ í0,85 fyk (S 275 - S 355 ) ( e )
ï
ï
î 0,75 fyk (S 420 - S 460 ) ( f )
ï
ï

Giustificazione dei valori dei coefficienti numerici per cui è moltiplicata la tensione
caratteristica di snervamento dell’acciaio ( fyk ) nelle eq. (a), (b), (c), (d),(e), (f):

(a) 0,85  0,70 x 1,20 = 0,84 (fu,w = 1,20 x fyk)


(b) 0,70 = 0,70 x 1,00 = 0,70 (fu,w = 1,00 x fyk) (Raggio della sfera mozza)
(c) 0,62  0,70 x 0,90 = 0,63 (fu,w = 0,90 x fyk)
(d) 1,00  0,58 x 2 x 1,20 = 0.98 (fu,w = 1,20 x fyk)

(e) 0,85  0,58 x 2 = 0,82 (fu,w = 1,00 x fyk)

(f) 0,75 0,58 x 2 x 0,90 = 0,74 (fu,w = 0,90 x fyk)

Nella figura seguente, a scopo di confronto, il criterio dell’ellissoide e quello della sfera
mozza sono sovrapposti, nell’ipotesi che la resistenza di confronto del materiale fu , w sia la

stessa nei due casi, considerando anche uguali ed unitari i coefficienti parziali di sicurezza.
Come si può vedere il criterio della sfera mozza è cautelativo rispetto all’ellissoide nelle zone
tratteggiate, mentre è a sfavore di sicurezza solo nelle limitatissime aree punteggiate.

117
Se, però, si tiene conto dei valori delle tensioni di confronto previste dalle Norme Italiane, le
cose cambiano.
Fissando, ad esempio, l’attenzione sull’acciaio S235, si ha per il criterio dell’ellissoide:

  2  3   2   ||2  
ftk 1 360
   f yk  1,53  f yk
0,80 1, 25 0,80 1, 25 235

e per quello della sfera mozza:

Trattazione teorica Norme Italiane

n2  t2  t2  0, 70 fu , w n2  t2  t2  0,85 f yk

n  t  0,58  2 fu , w  0,82 fu , w n  t  1, 00  f yk

118
Il disegno precedente diviene, pertanto:

Da esso si vede che la sfera mozza è tutta contenuta all’interno dell’ellissoide, dimodoché
essa risulta eccessivamente cautelativa. Ciò è principalmente dovuto al fatto che l’ellissoide
opera con la tensione caratteristica di rottura, mentre la sfera mozza con quella caratteristica
di snervamento.

119
LEZIONI N° 26, 27 E 28

STUDIO SISTEMATICO DELLE GIUNZIONI BULLONATE

Adottiamo un criterio di classificazione basato sulle caratteristiche di sollecitazioni trasmesse


dalle aste collegate.
Per quanto riguarda le unioni bullonate si ha:
CARATTERISTICA MORFOLOGIA DELLA GIUNZIONE SOLLECITAZIONE NEI
DI BULLONI
SOLLECITAZIONE

117
L’organizzazione strutturale delle giunzioni segue schemi largamente collaudati dalla pratica.

Nodo incastro colonna-colonna. Trasmette taglio, momento flettente e sforzo normale.

Nodo incastro colonna-colonna. Trasmette taglio, momento flettente e sforzo normale.


Realizza anche la riduzione di sezione della colonna.

118
Nodo di un tirante. Trasmette solo lo sforzo di trazione.

Nodo cerniera trave secondaria-trave principale. Trasmette solo lo sforzo di taglio.

119
Nodo cerniera trave-colonna. Trasmette solo lo sforzo di taglio.

Nodo incastro trave-colonna. Trasmette taglio e momento flettente.

Il calcolo delle giunzioni consiste nel passare dalle caratteristiche di sollecitazione valutate
per il componente strutturale considerato monolitico alle forze agenti sui singoli bulloni e,
quindi, alle tensioni medie.

120
La verifica delle giunzioni bullonate consiste nell’applicare il criterio di resistenza:

Fv , Ed Ft , Ed Ft , Ed
  1, con la limitazione 1
Fv , Rd 1, 4 Ft , Rd Ft , Rd

Nel caso di forza normale N e di forza tagliante V le forze sui singoli bulloni si ottengono
ipotizzando la ripartizione uniforme di N e di V fra i bulloni applicati ad uno dei due pezzi
dell’asta da unire.
N V
Fb  ; Fb 
nb nb

in cui nb è il numero dei bulloni.

Nodo che trasmette una forza di trazione N


Nel caso rappresentato in figura la forza di trazione N viene trasmessa tra due piastre
mediante unione bullonata.

Trovata la forza Fb si controllano due aspetti:

a) Se la linea d’azione di Fb è parallela o perpendicolare all’asse del gambo del bullone (nel
primo caso si generano nelle sezioni trasversali del bullone tensioni normali b, nel
secondo tensioni tangenziali b) ;
b) Quante sono le “facce attive” del bullone, cioè il numero di piani di scorrimento
attraversati dal bullone. Per determinare le tensioni tangenziali, Fb va diviso per tale
numero.
Prima di calcolare le tensioni si deve accertare se la sezione resistente del bullone è quella
della parte liscia del gambo, oppure quella della parte filettata.

Nel primo caso si utilizza l’area A  d 2 , nel secondo case l’area resistente Ares, che è,
4
naturalmente, più piccola di A. Il valore dell’area resistente è riportata nelle tabelle dei
bulloni.

121
Nodo che tramette una forza di taglio V
A volte la sollecitazione di taglio del componente induce anche un momento flettente nella
giunzione. E il caso, ad esempio, della seguente giunzione tra trave e colonna con squadrette
ricavate da profili ad L.

Bisogna prestare attenzione al fatto che V è la metà del taglio trasmesso dalla trave, in quanto
le squadrette sono due.

Nodo trave-trave che tramette un momento flettente M ed un taglio V


Nella figura seguente è rappresentato un nodo in grado trasmettere momento flettente e
taglio.l

122
Si osserva che il nodo è composto di due giunzioni: l’una tra le piattabande, l’altra fra le
anime. Lo studio del nodo inizia effettuando la ripartizione del momento flettente applicato,
M, tra le piattabande (Mp) e l’anima (Ma).
Tale operazione può essere eseguita sia in campo elastico che in campo plastico.

1) Ripartizione del Momento flettente in campo elastico.

Per l’equilibrio dei momenti si ha:


M  M p  Ma

Per la congruenza si deve avere l’uguaglianza delle curvature:


Mp Ma

EI p EI a

Si ricava Mp ed Ma dalla condizione di congruenza:


Ip
M p  Ma
Ia
Sostituendo infine nell’equazione di equilibrio si ottiene:
 Ip   Ia  I p 
M  M a 1    M a  
 Ia   Ia 
Ia Ip
Ma  M  ;M p  M 
 Ia  I p   Ia  I p 
E’ bene tenere presente che le aree da considerare nel calcolo dei momenti d’inerzia Ia e Ip
sono solo quelle dei coprigiunti, in quanto, in corrispondenza della sezione verticale della
trave eseguita sulla giunzione, la trave risulta interrotta e quindi non c’è, come si può vedere
nella figura a destra, che mostra solo i coprigiunti.
Peraltro una buona approssimazione dei due momenti d’inerzia, utile nel predimensionamento
della giunzione, si può ottenere considerando la trave da collegare come composta di ali ed
anima staccate tra di loro e quindi valutando il momento d’inerzia delle ali sulla base del
contributo delle sole ali e quello dell’anima come differenza tra il momento d’inerzia
complessivo, disponibile nei sagomari, e quello delle ali.

123
2) Ripartizione del Momento flettente in campo plastico.

Si ricorda che in campo plastico non si utilizzano equazioni di congruenza.


Per l’equilibrio dei momenti si ha:
M  M p  Ma

Detta Ap l’area dei coprigiunti delle ali ed Aa quella dei coprigiunti d’anima, si ha che il

momento flettente sopportato dai coprigiunti delle ali è:


M p  Ap z p  f yd

in cui zp è la distanza tra il baricentro dei coprigiunti superiori e di quelli inferiori.


In prima approssimazione si può porre: Ap  bp  s p , con bp ed sp la larghezza e lo spessore di

una delle due ali del profilato.


Allora:
Ma  M  M p

In cui, ovviamente deve essere:


M a  Wa , p  f yd

Verifiche di sicurezza
Una volta determinati i momenti flettenti agenti sulle ali e sull’anima, studiamo separatamente
la coppia di coprigiunti delle piattabande e quella dei coprigiunti dell’anima.

a) Verifica dei bulloni delle piattabande


Ci si riconduce al caso della giunzione sottoposta a solo sforzo normale:
Mp N
N  Vb 
z 2  nb
tenendo presente che, con riferimento allo schema del disegno, ci sono due superfici attive per
bullone. Naturalmente si tiene conto dei bulloni che sono disposti su una sola delle due parti
di trave da collegare.

b) Verifica dei bulloni dei coprigiunti dell’anima


Con riferimento alla figura, che rappresenta il tronco di trave di sinistra, unitamente ai soli
coprigiunti d’anima, si osserva che ai coprigiunti e alla estremità sinistra dell’anima sono
applicati i momenti Ma.

124
L’equilibrio alla rotazione intorno al baricentro della bullonatura dà:
M a   Fi  ri

Per la congruenza si ha:


Fi  C  ri
ove C è una costante che assicura che la forza Fi agente sull’i-esimo bullone sia proporzionale
alla sua distanza dal baricentro della bullonatura.
Sostituendo l’espressione di Fi nell’equazione di equilibrio si ottiene:
M a   C  r12  C  r12

La costante C vale quindi:


Ma
C
 r12
Sostituendo la costante C nella Fi  C  ri si ottiene:

Ma
Fi   ri
 r12
che dà la forza nel generico bullone.

Infine la forza di taglio da considerare nella verifica del bullone è:


Fi
Vb 
2
tenendo presente anche in questo caso che ci sono due superfici attive per bullone.

125
LEZIONE N° 29

NODI INCASTRO

Questa categoria di unioni comprende i nodi che realizzano l’ipotesi di incastro è cioè quelli
che mantengono invariato l’angolo fra le aste che in essi convergono anche dopo la
deformazione dovuta ai carichi applicati.

Prima dell’applicazione del carico Dopo l’applicazione del carico

In particolare ci occuperemo dei nodi trave-colonna, colonna-colonna e colonna fondazione.

NODO INCASTRO TRAVE-COLONNA

Nella figura seguente è rappresentata l’organizzazione di un tipico nodo incastro trave-


colonna.

Le costole di irrigidimento servono a prevenire fenomeni di instabilità locale delle ali della
colonna, fenomeni che impedirebbero la conservazione dell’angolo retto tra gli assi delle aste
convergenti nel nodo.
Il loro spessore è generalmente uguale a quello delle ali della trave.
117
Talvolta è anche necessario rinforzare il pannello d’anima ABCD per evitare che si
verifichino fenomeni di imbozzamento.

L’elemento AB (costola) è sollecitato da:


1) M2/z proveniente dalla trave
2) T proveniente dalla colonna
3)   s  hc

In condizioni di rottura del pannello d’anima si ha:


M2
 ult  s  hc  T  0
z
1  M2  fy
da cui si ricava lo spessore s necessario: s    T  , con  ult 
 ult hc  z  3
Se lo spessore dell’anima della colonna è inferiore, occorre aumentarlo, aggiungendo una
lastra saldata su ambo le facce, oppure due costole inclinate, disposte come in figura.

118
VERIFICA DEI BULLONI

Consideriamo l’unione trave-colonna rappresentata in figura. Si tratta di un nodo incastro.

L’analisi rigorosa degli sforzi nei bulloni può essere condotta (caso a) considerando la flangia
infinitamente rigida e l’interfaccia flangia-colonna non resistente a trazione. Gli sforzi di
trazione sono trasmessi esclusivamente dai bulloni.
Si opera quindi come nel caso dell’analisi elastica delle sezioni di cemento armato, ponendo
però il coefficiente di omogeneizzazione “n” uguale ad uno.
Un’analisi semplificata, ma accettabile per le applicazioni, può essere condotta ipotizzando
che la posizione dell’asse neutro sia nota e cioè che esso passi in corrispondenza dell’ala
inferiore della trave (caso b).
Con questa ipotesi l’andamento delle forze è il seguente:

Per l’equilibrio alla traslazione si deve avere evidentemente:

N i R

Supponiamo ancora che i bulloni siano tutti uguali, come accade di solito nella pratica.
Per l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse neutro si ha:

119
N y i i M

Per la congruenza (conservazione della sezione piana della flangia):


N i  C  yi
Sostituendo nell’equazione di equilibrio alla rotazione si ottiene:

 C y 2
i M

E quindi:
C  yi2  M

M
C
 yi2

Sostituendo, infine, C nella condizione di congruenza si ha:


M
Ni  yi
 yi2
Naturalmente tutti i bulloni (uguali) sono proporzionati o verificati sulla base di quello più
sollecitato.

120
NODO INCASTRO COLONNA – COLONNA

Soluzioni alternative

Soluzione (a)

Soluzione (b)

121
NODO COLONNA – FONDAZIONE

Soluzione (a) – NODO CERNIERA

Soluzione (b) – NODO INCASTRO

122
LEZIONE N° 30

STATI LIMITE DI ESERCIZIO

La verifica degli stati limite di esercizio è volta, come già preannunciato, a garantire
l’efficienza funzionale delle costruzioni.
Nel caso delle costruzioni di acciaio gli stati limite di esercizio da considerare sono i seguenti:

- stato limite di deformazione e/o spostamento, al fine di evitare deformazioni e spostamenti


che possano compromettere l’uso efficiente della costruzione e dei suoi contenuti, nonché
il suo aspetto estetico;
- stato limite di vibrazione, al fine di assicurare che le sensazioni percepite dagli utenti
garantiscano accettabili livelli di confort ed il cui superamento potrebbe essere indice di
scarsa robustezza e/o indicatore di possibili danni negli elementi secondari;
- stato limite di plasticizzazioni locali, al fine di scongiurare deformazioni plastiche che
generino deformazioni irreversibili ed inaccettabili;
- stato limite di scorrimento dei collegamenti ad attrito con bulloni ad alta resistenza, nel
caso che il collegamento sia stato dimensionato a collasso per taglio dei bulloni.

Per quanto riguarda l’ultimo punto, abbiamo già avuto modo di parlarne nello studio dei
collegamenti ad attrito, quando abbiamo evidenziato che l’efficacia delle unioni ad attrito non
necessariamente deve essere garantita fino allo stato limite ultimo.
In questo caso, interessante anche dal punto di vista economico, l’efficacia del collegamento
ad attrito deve essere garantita fino allo stato limite di servizio e lo stato limite ultimo deve
invece essere garantito considerando la giunzione come non presollecitata.

Molto importante è lo stato limite di deformazione e spostamento, in conseguenza dell’elevato


rapporto resistenza/rigidezza che è caratteristico degli elementi strutturali di acciaio (in
particolar modo delle travi). Questo rapporto elevato può condurre a strutture sicure dal punto
di vista dello stato limite ultimo, ma troppo deformabili.
La eccessiva deformabilità può danneggiare i componenti portati (tramezzature, ecc.), può
costituire pregiudizio per il confort degli occupanti ed anche per le attività che vengono svolte
nella costruzione (lavorazioni meccaniche di precisione, attività medico-chirurgiche, ecc…)

123
Un primo provvedimento che si può prendere per ridurre lo spostamento verticale delle travi,
è quello di realizzare le travi stesse già pre-deformate verso l’alto, conferendo ad esse prima
del montaggio un contro freccia (o monta). Naturalmente ciò può solo neutralizzare gli effetti
del peso proprio e dei carichi permanenti.
Inoltre bisogna controllare per via numerica che la deformabilità/spostamento non superi
valori limite che sono indicati dalle norme tecniche come frazione della lunghezza
dell’elemento inflesso.
Le norme definiscono lo spostamento totale della linea d’asse della trave come:

 tot = 1 +  2

in cui  è lo spostamento elastico dovuto ai carichi permanenti e  2 è quello dovuto ai


1
sovraccarichi accidentali.
D’altra parte lo spostamento totale è anche somma della contro freccia  ce di  max.
Nel caso di coperture, solai e travi di edifici ordinari, i valori limite di δmax e δ2, riferiti alle
combinazioni caratteristiche delle azioni, sono espressi dalle norme tecniche nella tabella
seguente. Nel caso di mensole la lunghezza L è pari al doppio della luce.

La combinazione di carico da considerare è quella caratteristica (rara).

124
Negli caso degli edifici gli spostamenti laterali alla sommità delle colonne devono essere
limitati ad una opportuna frazione dell’altezza della colonna () e dell’altezza complessiva
dell’edificio (), utilizzando, anche in questo caso, la combinazione caratteristica (rara).

Una ulteriore motivazione del controllo dello spostamento nel caso degli edifici è quello di
limitare gli effetti del secondo ordine, che comportano la traslazione in orizzontale del punto
di applicazione dei carichi verticali, con evidente aggravio delle sollecitazioni nelle
membrature (effetto P-).
Le limitazioni sugli spostamenti laterali sono assegnate in funzione dell’altezza totale
dell’edificio (H) e dell’altezza di interpiano (h).
Vengono limitati, a seconda dei casi, lo spostamento complessivo () o lo spostamento di
interpiano ().

125
Per quanto riguarda lo stato limite di vibrazioni, le verifiche devono essere eseguite con
riferimento alla combinazione frequente.
Nel caso di solai caricati regolarmente da persone, la frequenza naturale più bassa della
struttura del solaio non deve in generale essere minore di 3 Hz.
A questo proposito si ricorda che la frequenza prevalente delle azioni prodotte dai passi delle
persone è intorno a 2 Hz. Il criterio della verifica è quindi quello che le strutture siano
caratterizzate da frequenze naturali più elevate della eccitazione dovuta al movimento delle
persone, in modo da evitare fenomeni di amplificazione della risposta dinamica.
Nel caso di solai soggetti a eccitazioni cicliche il controllo sulla frequenza naturale deve
essere più stringente ed è opportuno che essa non sia inferiore a 5 Hz.
In alternativa a tali limitazioni potrà condursi un controllo di accettabilità della percezione
delle vibrazioni.

126
LEZIONE N° 31

INTRODUZIONE AL CEMENTO ARMATO

Il cemento armato, o, meglio, il conglomerato cementizio armato, è un materiale composito


costituito di calcestruzzo e di barre di acciaio incorporate in esso e disposte in posizione
opportuna.
A sua volta il calcestruzzo è anch’esso un materiale composito costituito di aggregati (sabbia
e ghiaia) dispersi in una matrice cementizia (pasta indurita frutto del processo di idratazione
del cemento).
Dal punto di vista dell’ingegneria delle strutture, la caratteristica più rilevante del calcestruzzo
è che esso presenta una ottima resistenza a compressione e una resistenza a trazione
sensibilmente inferiore rispetto a quella a compressione, tipicamente compresa tra il 10 ed il
15 % di quest’ultima.
Per questo motivo il calcestruzzo viene impiegato in associazione con barre metalliche
(cemento armato). Le barre metalliche forniscono al composito la resistenza a trazione
necessaria.
Si realizza così una sorta di simbiosi tra i due materiali, che conduce ad un composito dotato
di buone caratteristiche di resistenza a flessione ed a trazione.
L’andamento tipico del legame costitutivo - del calcestruzzo, così come risulta dalle prove
sperimentali, è rappresentato nella figura seguente.

127
Esaminando la figura osserviamo una ulteriore importante caratteristica del calcestruzzo, e
cioè che l’andamento del legame - in compressione è non lineare e che quindi il modulo
elastico E varia con il livello tensionale.
Invece in trazione il legame - è, con ottima approssimazione, lineare.
La non-linearità in compressione rivela che la rottura è preceduta da fenomeni di
danneggiamento progressivo: micro fessurazione, che trova innesco all’interfaccia tra pasta di
cemento ed aggregati, ove si verificano concentrazioni di tensione La microfessurazione si
propaga, conducendo infine alla fessurazione.
Se la prova a compressione prosegue dopo che è stato raggiunto il valore massimo della
resistenza a compressione – approssimativamente in corrispondenza di una deformazione
unitaria del 2 ‰ – si nota la presenza di un ramo cadente che, effettivamente, può essere
percorso solo se la prova viene condotta a velocità di deformazione costante mediante una
macchina di prova che opera in controllo di spostamento. Per raggiungere tale obiettivo
occorre che la macchina, dopo che è stato raggiunto il carico massimo che il provino di
calcestruzzo è in grado di sopportare, sia in grado di regolare automaticamente (ridurre
opportunamente) il carico applicato in modo che si realizzi la desiderata velocità di
deformazione .
La resistenza a compressione del calcestruzzo è influenzata dallo stato di tensione che agisce
secondo direzioni ortogonali a quello conferito dalla macchina di prova.
Per meglio chiarire il concetto, immaginiamo di eseguire delle prove sperimentali, portando a
rottura tre cubetti di calcestruzzo della stessa qualità.
Durante la prova il primo campione sia sottoposto alla tensione verticale di compressione v
ed a tensioni orizzontali h nulle. Il secondo, invece sia sottoposto alla tensione verticale di
compressione v ed a tensioni orizzontali di compressione h=v. Il terzo, infine, sia
sottoposto alla tensione verticale di compressione v ed a tensioni orizzontali di compressione
h=v/2. Se facciamo crescere le tensioni applicate in modo proporzionale, per primo si
rompe il campione n°1, poi il n°3. Infine il secondo non si rompe mai.
La presenza di tensioni di compressione orizzontali ha l’effetto di innalzare il valore del
carico di rottura e di diminuire la pendenza del ramo cadente oltre il picco della resistenza
(fenomeno del confinamento).
Questa osservazione suggerisce l’uso di elementi trasversali al carico (staffe) con funzione
cerchiante.

128
Nella figura seguente è rappresentata la curva limite (luogo delle condizioni di rottura) per lo
stato di tensione biassiale (che è quello che ricorre più di frequente nella pratica), ricavata da
H. Ruesch sulla base di una estesa sperimentazione.

Si nota l’incremento della resistenza a compressione nella sollecitazione biassiale di


compressione con tensioni principali uguali (circa +15%).
Si tratta peraltro di un incremento modesto, perché nella terza direzione la tensione è nulla
(stato di tensione biassiale) e la dilatazione del calcestruzzo microfessurato si può sviluppare
senza impedimenti.
Durante l’esecuzione di una prova a compressione i piatti della macchina di prova esercitano,
mediante l’attrito, un’azione di confinamento sul conglomerato, che “falsa” il valore della
resistenza a compressione, incrementandola. Tale azione dipende dalla forma (rapporto
base/altezza) del provino stesso.
Per questo motivo la resistenza misurata su cubetti (per esempio di 15 cm di lato) – resistenza
cubica – è maggiore di quella misurata su provini cilindrici (d = 15 cm, h = 30 cm) –
resistenza cilindrica.

129
A questo proposito le Norme Italiane suggeriscono di valutare la resistenza cilindrica fc come
l’83% della resistenza cubica Rc: fc = 0,83 Rc.
Per quanto riguarda il legame costitutivo in compressione del calcestruzzo, le Norme Italiane,
così come la maggior parte di quelle Internazionali, suggeriscono di utilizzare un modello
semplificato del tipo “parabola-rettangolo”, che ignora la presenza del ramo cadente oltre il
picco in compressione.

Il ramo in trazione viene prudenzialmente ignorato dalle normative tecniche, anche se il suo
ruolo è fondamentale nel comportamento a fessurazione.
La sua modellazione è rilevante nel comportamento degli elementi poco o per nulla armati,
che richiedono l’applicazione di concetti della meccanica della frattura non-lineare.

130
LEZIONI N° 32 E 33

COMPORTAMENTO SPERIMENTALE DI TRAVI DI C.A. E RELATIVI


METODI DI ANALISI

Prima di addentrarci nei dettagli della teoria tecnica delle costruzioni di cemento armato, è
utile richiamare alcune nozioni sul comportamento sperimentale di componenti di c.a.
Consideriamo una trave appoggiata di c.a., caricata in mezzeria con un carico concentrato P.
Supponiamo di eseguire una prova di carico, facendo aumentare il valore di P dallo zero, fino
al valore cui corrisponde la rottura per flessione della trave.
Diagrammando sul piano P-f, il valore della forza contro la freccia in mezzeria si ottiene un
diagramma che ha un andamento approssimativamente costituito da tre tratti rettilinei, che
corrispondono a tre “stadi” di comportamento del componente considerato.
Nel I stadio il calcestruzzo teso è reagente tanto a compressione che a trazione, poiché le
tensioni di trazione risultano inferiori a quelle di rottura.
Trattandosi di sezioni non omogenee, si può operare sulla sezione ideale omogeneizzata,
pensata, cioè, trasformata interamente in calcestruzzo.
A tale scopo basta moltiplicare le aree metalliche per il rapporto dei moduli elastici n = Es/Ec.

P III stadio

II stadio

II stadio convenzionale

I stadio

f
Fig. 32-1 - Andamento della freccia in mezzeria in funzione del carico.

131
Il momento d’inerzia di una sezione di cemento armato calcolato nel I stadio viene utilizzato
per la interpretazione dei risultati delle prove di carico eseguite nel corso del collaudo statico,
allo scopo di calcolare la freccia teorica da confrontare con la freccia misurata, ed in genere
per valutare le frecce degli elementi prevalentemente inflessi sotto l’azione del carico di
servizio.
Il I stadio termina con la fessurazione del calcestruzzo teso ed inizia il II stadio.
Naturalmente la prova di carico può continuare dopo la fessurazione se è presente armatura in
zona tesa in quantità sufficiente a sopportare il Momento flettente che ha prodotto la
fessurazione.

In tutto il II stadio il calcestruzzo teso è fessurato. Ciò vuol dire che il calcestruzzo è non
reagente a trazione in corrispondenza delle sezioni fessurate. Tra due sezioni fessurate invece,
a causa dell’aderenza con le barre di acciaio tese che lo attraversano, parte del conglomerato
continua ad essere teso e collabora con l’acciaio fornendo un contributo irrigidente (tension
stiffening). Il contributo irrigidente del conglomerato teso, è normalmente trascurato nella
valutazione della capacità portante, mentre è preso in considerazione nella valutazione
dell’ampiezza delle lesioni e nel calcolo degli spostamenti delle travi, quando interessa,
appunto, prevederne il comportamento in fase fessurata. Per effetto della fessurazione il
momento d’inerzia della sezione diminuisce e di conseguenza diminuisce la pendenza del
diagramma.

Il III stadio corrisponde alla rottura della trave.

Nel metodo di analisi alle Tensioni Ammissibili, ormai non più utilizzato per la progettazione,
si adotta l’ipotesi che il calcestruzzo teso sia non reagente, fin dal carico P=0, come cioè se
esso fosse prefessurato già prima della messa in carico. In sostanza l’ipotesi di calcestruzzo
teso non reagente prefigura un II stadio convenzionale, che non è preceduto dal I stadio
(calcestruzzo teso reagente), come avviene per il II stadio effettivo.
In tal modo il II stadio convenzionale corrisponde alla parallela al II stadio effettivo passante
per l’origine.
Questa semplice regola di costruzione rende lineare il legame carico-effetto del carico.
La teoria basata sul II stadio convenzionale è stata adottata per le verifiche di resistenza
nell’ambito del metodo delle Tensioni Ammissibili.

132
Il metodo agli Stati Limite, invece, utilizza le analisi condotte nel I e nel II stadio per le
verifiche agli stati limite di esercizio (deformazione, fessurazione, tensioni in esercizio) ed
allo stato limite ultimo di fatica, che, pur essendo uno stato limite ultimo, è dovuto alla
ripetizione, per un numero molto elevato di volte, dei carichi di esercizio.
Le analisi nel III stadio vengono utilizzate per le verifiche agli stati limite ultimi di resistenza.

Nel caso di calcolo agli stati limite (III stadio), la normativa (DM.14/01/2008 “Norme
tecniche per le costruzioni” e la Circolare 02/02/2009) fornisce le seguenti indicazioni:

133
134
135
136
137
LEZIONE N° 34

ADERENZA FRA ACCIAIO E CALCESTRUZZO

L’esperienza mostra che tra una barra di acciaio ed il calcestruzzo in cui essa è immersa si
sviluppa un legame di aderenza. Se la lunghezza della parte di barra incorporata nel getto è
sufficiente, una prova di estrazione della barra stessa si conclude con lo snervamento della
barra, senza che si verifichi il suo sfilamento.
Questa caratteristica, unitamente alla somiglianza, del tutto casuale, dei coefficienti di
dilatazione termica dell’acciaio e del calcestruzzo ( 10-5), ha reso di fatto possibile lo
sviluppo della tecnologia del cemento armato.
Il problema della valutazione della lunghezza di ancoraggio di una barra tesa può essere
affrontato mediante il semplice modello rappresentato nella figura seguente.

Detta  ad la tensione di aderenza, supposta uniforme per semplicità, ma anche in

considerazione del fatto che essa viene valutata con una prova a rottura, si ha per l’equilibrio
alla traslazione:
d2
F  s   d lanc ad
4
La lunghezza di ancoraggio vale quindi:
s 1
lanc   d
 ad 4
I valori di  s e di  ad dipendono dai materiali utilizzati e sono forniti dalla normativa.

Sviluppiamo un esempio numerico


Utilizzando il Metodo agli Stati Limite (secondo il D.M. 14/01/2008) impieghiamo
calcestruzzo avente resistenza caratteristica cubica Rck = 30 N/mm2 ed acciaio ad aderenza
migliorata tipo B450C, che ha resistenza caratteristica di snervamento f yk  450 N / mm 2 .

138
Si ha quindi:
 s  f yk  450 N / mm 2 in cui va applicato il coefficiente parziale di sicurezza

dell’acciaio pari ad 1, perché si otterrebbe altrimenti un risultato


non cautelativo
f ctk
 ad  fbd  2, 25  in cui  c  1, 5 è specificato al punto 4.1.2.1.1.2
c
f ctk  0, 70  f ctm (vedi punto 11.2.10.2)

f ctm  0,30  3 f ck2 , con f ck  0,83  Rck

Quindi:
f ck  0,83  30  24,90 N / mm 2

f ctm  0,30  3 24,9 2  2,56 N / mm 2

f ctk  0, 70  2,56  1, 79 N / mm 2

1, 79
 ad  2, 25   2, 68 N / mm 2
1,5
Quindi la lunghezza di ancoraggio vale:
s 1 450
lanc   d d  41,9 diametri
 ad 4 2, 68  4

Inoltre ai punti 4.1.2.1.1.4 e 4.1.2.1.8 vengono riportate alcune ulteriori indicazioni e cioè che
nel caso di armature molto addensate o ancoraggi in zona di calcestruzzo teso, la resistenza di
aderenza va ridotta, diminuendola di almeno 1,5 volte.
Ciò comporta che viene di conseguenza aumentata la lunghezza di ancoraggio.
In ogni caso la lunghezza di ancoraggio deve essere di almeno 20 diametri e superiore a 150
mm.

L’aderenza tra acciaio e calcestruzzo viene anche impiegata per realizzare il collegamento tra
due barre tese mediante sovrapposizione. Tale modalità di collegamento costituisce la base
della tecnologia del cemento armato.
La lunghezza della zona di sovrapposizione è proprio pari alla lunghezza di ancoraggio.

139
LEZIONI N° 35 E 36

ANALISI ALLO STATO LIMITE ULTIMO DELLA SEZIONE INFLESSA

Nel caso delle sezioni inflesse di cemento armato, la verifica di sicurezza allo stato
limite ultimo di resistenza consiste nel controllare che sia soddisfatta la relazione:

M Ed  M Rd

Il momento esterno di calcolo MEd viene valutato utilizzando le regole di


combinazione dei carichi di cui abbiamo già parlato ed MRd è la capacità di
prestazione della sezione allo stato limite ultimo, valutata tenendo conto dei
coefficienti parziali di sicurezza dei materiali.
Nel calcolo a rottura l’accertamento delle modalità di crisi è preliminare alla
valutazione del momento ultimo: la crisi può avere come causa primaria o lo
schiacciamento del calcestruzzo, mentre l’acciaio è ancora in campo elastico (rottura
fragile) oppure lo snervamento dell’acciaio, a cui fa seguito lo schiacciamento del
calcestruzzo (rottura duttile).
Esiste anche la possibilità che la crisi della sezione si manifesti con la simultanea
realizzazione di entrambi i fenomeni, lo schiacciamento del calcestruzzo e lo
snervamento dell’acciaio (rottura bilanciata).
La modalità di rottura (fragile, duttile, bilanciata) per una data sezione di carpenteria,
dipende dalla percentuale di armatura tesa.
Più precisamente al di sotto di una percentuale molto bassa di armatura (armatura
minima) si verifica la rottura fragile perché al momento della fessurazione la capacità
resistente della sezione fessurata è più piccola del momento flettente che produce la
fessurazione: in sostanza la sezione collassa al termine del I stadio.
Il comportamento della sezione è duttile quando l’armatura è compresa tra il valore
minimo e quello corrispondente alla rottura bilanciata. La sezione è fragile quando
l’armatura è superiore a quella corrispondente alla rottura bilanciata.

140
Scopo della corretta progettazione di una sezione inflessa è quello di garantire la
realizzazione della rottura di tipo duttile, per le seguenti ragioni:

a) la rottura fragile avviene in modo improvviso, senza segni premonitori, dati dalla
apparizione di ampie fessure, che consentono di prendere immediati
provvedimenti di salvaguardia;

b) nelle strutture iperstatiche, che nelle costruzioni di c.a. sono molto frequenti per
la facilità con cui si realizza la continuità fra solette e travi e fra travi e pilastri, il
comportamento duttile delle sezioni inflesse consente la ridistribuzione dei
momenti flettenti rispetto alla distribuzione elastica iniziale, come abbiamo già
avuto modo di osservare;

c) nelle zone sismiche la duttilità delle sezioni favorisce la dissipazione di una parte
della energia cinetica trasmessa alla costruzione dalle accelerazioni impresse
alla fondazione dal terremoto.

LE IPOTESI DI BASE

Il modello di calcolo utilizzato per il calcolo del momento flettente ultimo è definito
dalle quattro ipotesi seguenti:

1) vale la conservazione delle sezioni piane, cioè la variazione delle deformazioni


unitarie (y) sulla sezione è lineare;
2) l’aderenza fra l’acciaio ed il calcestruzzo è perfetta (c=s), così da escludere
qualsiasi scorrimento relativo fra le armature e la matrice lapidea che le avvolge
(questa ipotesi è necessaria perché valga l’ipotesi 1);
3) il calcestruzzo teso viene considerato non reagente;
4) i legami costitutivi dei materiali sono non-lineari con le seguenti caratteristiche:

a) calcestruzzo compresso: diagramma - non lineare fissato dalla normativa.


In Italia si adotta il legame parabola rettangolo, che sostituisce convenzionalmente il
legame effettivo.
Il valore massimo della tensione nel calcestruzzo da assumere nei calcoli (fcd) è
stabilito dalla normativa, partendo dalla resistenza caratteristica del calcestruzzo,
determinata su provini normalizzati a 28 giorni di stagionatura.

141
Il valore della tensione ultima di compressione è:

f ck Rck 0.83
f cd   cc   0.85 
c 1.5

In cui il coefficiente cc=0.85 tiene conto della lunga durata di applicazione dei
carichi, f ck è la resistenza caratteristica cilindrica, che si ottiene da quella cubica

tramite il coefficiente di passaggio 0.83 ed il coefficiente 1.5 è il coefficiente parziale


di sicurezza per il calcestruzzo.
Il tratto parabolico del diagramma - si estende nell’intervallo di deformazioni
compreso fra lo 0 ed il 2 ‰, in corrispondenza del quale si raggiunge il valore di
picco. Il tratto orizzontale si estende tra il 2 ‰ ed il 3.5 ‰;

b) acciaio teso: diagramma bilineare elastico perfettamente plastico.

Il diagramma di calcolo dell’acciaio è di tipo elasto-plastico e si ricava da quello


caratteristico effettuando un’affinità parallelamente alla tangente all’origine nel
rapporto 1/s : si ottiene fyd = fyk/s. Il coefficiente parziale di sicurezza dell’acciaio vale
1.15.
Il diagramma si estende convenzionalmente in modo indefinito secondo l’asse .

142
DETERMINAZIONE DELLA PERCENTUALE DI ARMATURA CORRISPONDENTE
ALLA ROTTURA BILANCIATA.

Consideriamo una sezione rettangolare (b x H), a semplice armatura, di cui sia nota
la modalità di crisi per rottura bilanciata, nella quale si verificano simultaneamente la
deformazione massima del calcestruzzo compresso e l’incipiente snervamento
dell’acciaio teso.
Proponiamoci di determinare la quantità di armatura associata alla rottura bilanciata.
Le deformazioni marginali della sezione sono note, dalla definizione di rottura
bilanciata:

c = cu = 3.5 ‰ (rottura del calcestruzzo)


s = sy = fy,d/Es (inizio snervamento)

La conoscenza delle deformazioni marginali determina automaticamente la posizione


dell’asse neutro sulla base della similitudine dei triangoli individuati dal diagramma
lineare delle deformazioni:

ybil = kbil d, in cui

 cu
kbil  con Es = 200000 N/mm2
 cu  f yd / Es

143
Per determinare l’area dell’acciaio scriviamo l’equazione di equilibrio alla traslazione
delle forze interne secondo l’asse della trave:

C-T=0

C è la risultante delle tensioni di compressione e vale:

C = fcd  b ybil = fcd kbilbd

in cui  è il “coefficiente di riempimento” del diagramma parabola-rettangolo, che vale


0.81.

T è la risultante delle tensioni di trazione, pari a:

T = As fyd.

Si ricava pertanto:

C  f cd kbil bd
As  
f yd f yd

La percentuale di armatura rispetto alla sezione di calcestruzzo vale:

As  f cd kbil
bil  
bd f yd

Per acquisire l’ordine di grandezza della percentuale di armatura corrispondente alla


rottura bilanciata, facciamo un esempio numerico.

Consideriamo una sezione di c.a. realizzata con un calcestruzzo di classe Rck = 30


N/mm2 ed un acciaio tipo B450C, avente tensione caratteristica di snervamento fyk =
450 N/mm2.

144
30 x 0.83
f cd  0.85  14.11 N / mm 2
1.5

0.0035
kbil   0.641
0.0035  450 / (1.15 x 200000)

 f cd kbil 0.81 x 14.11 x 0.641


bil    0.0187  1.87 %
f yd 450 /1.15

Noto il diagramma delle tensioni interne è anche possibile calcolare il momento


interno corrispondente:

Mult = C x z = T x z

in cui z è il braccio di leva delle forze interne.

Per le proprietà geometriche del diagramma parabola rettangolo, la risultante di


compressione dista dal lembo superiore della sezione di 0.416 ybil.
Pertanto il braccio delle forze interne, z, vale:

z= d - 0.416 y = d – 0.416 kbil d = d (1 – 0.416 kbil)

Si ottiene perciò:
  cu 
M ult  T  z  f yd  As  d  1  0, 416 
  cu  f yd / Es
 

145
DETERMINAZIONE DELLA PERCENTUALE MINIMA DI ARMATURA.

Consideriamo una sezione rettangolare (b x H), con armatura disposta solo in zona
tesa (armatura semplice).
Ci proponiamo di determinare la quantità di armatura necessaria ad impedire la
rottura immediata della sezione subito dopo la fessurazione.
Valutiamo innanzitutto il momento flettente che produce la fessurazione della sezione
inflessa dotata di semplice armatura.
Prima della fessurazione la sezione di cemento armato è integra (reagisce anche il
calcestruzzo teso) e, per effetto del momento esterno applicato, MEst, si determina
all’interno della sezione lo stato di tensione nel calcestruzzo rappresentato in figura.
Esso non è simmetrico rispetto all’asse neutro (che dista y dal lembo compresso)
solo perché l’acciaio di armatura, As, “attrae” l’asse neutro verso il lembo teso.

La posizione dell’asse neutro è, naturalmente, baricentrica e può essere determinata


con i metodi classici della Scienza delle Costruzioni. L’unica avvertenza da tener
presente è che è utile “omogeneizzare” l’armatura metallica a calcestruzzo,
utilizzando un apposito coefficiente n pari al rapporto tra il modulo elastico
dell’acciaio e quello del calcestruzzo, che amplifica l’area dell’acciaio.
Il momento statico Sc rispetto al lembo compresso vale:

1
Sc  bH 2  nAs d
2
146
L’area Ac, è, invece:

Ac  bH  nAs

La posizione dell’asse neutro è:

1
bH 2  nAs d
y 2
bH  nAs

Es
Per n  si può assumere, in prima approssimazione, il valore di n = 7.
Ec
Una volta nota la posizione dell’asse neutro è possibile determinare il momento
d’inerzia della sezione interamente reagente omogeneizzata Jc e quindi il valore
della tensione nel calcestruzzo teso, che vale:

M Est
t  H  y
Jc
La fessurazione si verifica quando la tensione nel calcestruzzo raggiunge il valore
della resistenza a trazione media per flessione, pari a 1,20 fctm. Consideriamo il
valore medio della resistenza a trazione e non quello caratteristico corrispondente
(frattìle 5 %) perché il primo conduce ad un momento di fessurazione più elevato e
quindi ad una percentuale minima di armatura più alta. Per lo stesso motivo
consideriamo unitario il coefficiente parziale di sicurezza.
Il fattore moltiplicativo 1,20 trasforma la resistenza a trazione per trazione semplice in
resistenza a trazione per flessione.
Il momento di fessurazione è quindi pari a:

Jc
M fess  1, 20 f ctm
H  y

L’armatura minima è quella che è in grado di garantire alla sezione una resistenza a
rottura pari al momento di fessurazione.
La determinazione della armatura necessaria verrà trattata più avanti, quando
avremo sviluppato gli elementi teorici per farlo. Rimandiamo ad allora la
prosecuzione dello studio del problema.
147
LEZIONI N° 37 E 38

LA VERIFICA E IL PROGETTO CONDIZIONATO DELLA SEZIONE INFLESSA CON


ARMATURA SEMPLICE

VERIFICA DELLA SEZIONE INFLESSA DUTTILE


Dopo il caso particolare della rottura bilanciata, consideriamo il caso generale in cui
la percentuale di armatura effettiva sia minore di quella critica, corrispondente alla
rottura bilanciata e maggiore di quella minima, cosicché la rottura della sezione sia
di tipo duttile.
Il calcolo di verifica ha come dati di ingresso:

o la geometria della sezione,


o la quantità e la posizione dell’armatura,
o le caratteristiche dei materiali,
o il valore del momento esterno di calcolo Md.

Il problema consiste nel determinare il valore del momento interno ultimo Mult e quindi
nel controllare che esso non sia inferiore ad Md.

La procedura si articola in tre fasi consecutive:

1) determinazione della posizione dell’asse neutro mediante la condizione di


equilibrio alla traslazione:

C=T

2) calcolo del momento ultimo mediante la condizione di equilibrio alla rotazione:

Mult = C x z = T x z

3) Controllare che il momento flettente applicato sia inferiore a al momento


resistente ultimo:

MEd  Mult

148
La causa primaria della crisi è lo snervamento dell’acciaio teso, che si allunga a
tensione costante e che induce crescenti accorciamenti unitari nel calcestruzzo
compresso, fino al 3.5 ‰, che corrisponde alla rottura del calcestruzzo e dell’intera
sezione.
Sappiamo dunque che nella situazione di collasso della sezione duttile la
deformazione massima del calcestruzzo è pari al 3.5 ‰ e che la tensione nell’acciaio
è pari a quella di snervamento, ma non conosciamo il valore della deformazione
dell’acciaio, a causa della perfetta plasticità del legame costitutivo.
Non conosciamo quindi la posizione dell’asse neutro, ma sappiamo che il diagramma
delle tensioni nel calcestruzzo ha la forma di una parabola-rettangolo completa,
perché le deformazioni corrispondenti variano tra lo 0 ed il 3.5 ‰.

Queste informazioni sono sufficienti per determinare la posizione dell’asse neutro


y = kd tramite l’equazione di equilibrio alla traslazione delle forze interne, C = T.

Difatti la risultante delle forze di trazione nell’acciaio, T, è nota e vale:

T = fyd As

La risultante delle forze di compressione nel calcestruzzo, C, può essere scritta in


funzione dell’incognita y:

C = 0.81 fcd by

Si ricava quindi immediatamente l’incognita posizione dell’asse neutro:

0.81 fcd by - fyd As = 0


149
y = fyd As/(0.81 fcd b)

Nota la posizione dell’asse neutro, risulta nota in modo completo la sezione


resistente e si conosce anche il valore della deformazione dell’armatura tesa,
mediante la proporzione:

s : (d - y) = cu : y

s = cu (d - y)/y

La valutazione di s non è indispensabile, in quanto il DM 14/01/2008 consente, al


punto 4.1.2.1.2.3, di utilizzare per l’acciaio un legame costitutivo elastico-
indefinitamente plastico. Peraltro esso precisa che la deformazione ultima
dell’acciaio, ud, non deve superare il valore di 0,9 uk., con uk = (Agt)k.
Nel caso dell’acciaio B450C si ha (Agt)k  75 ‰ e quindi uk = 67,5 ‰.
L’esperienza mostra che questo valore non viene praticamente mai raggiunto nel
caso della flessione semplice.

La conoscenza dell’asse neutro permette dunque di valutare il braccio delle forze


interne:

z= (d -0.416 y)

e quindi il momento ultimo, con una delle due espressioni:

Mult = Cz = Tz

Quindi si ha che:

Mult = 0.81 fcd by (d -0.416 y)

oppure che:

Mult = fyd As (d -0.416 y)

Infine si controlla che sia:

MEd  Mult

150
VERIFICA DELLA SEZIONE INFLESSA FRAGILE
Consideriamo ora il caso della crisi di tipo fragile, che si verifica in presenza di
sezioni inflesse in cui la percentuale di armatura tesa è superiore a quella bilanciata.

Tutte le informazioni che servono a riconoscere il comportamento fragile della


sezione sono contenute nel diagramma delle deformazioni unitarie: il valore c = 3.5
‰ al bordo compresso indica la crisi per schiacciamento del calcestruzzo, mentre la
limitazione relativa alla deformazione dell’acciaio teso (  s   s ,bil ) precisa che, al

momento della rottura del calcestruzzo, esso è ancora in campo elastico.

Sono incognite tanto la distanza y = kd dell’asse neutro dal bordo compresso che il
valore della deformazione dell’acciaio teso.

Possiamo però scrivere, come nel caso della rottura duttile:

s : (d - y) = cu : y

da cui si ricava:

s = cu (d - y)/y

L’incognita y può essere determinata scrivendo come al solito l’equazione di


equilibrio alla traslazione C - T =0.
L’espressione della risultante di compressione vale, anche in questo caso:

C = 0.81 fcd by
151
Invece la risultante di trazione, T, dipende dalla deformazione unitaria dell’acciaio
teso, s, in quanto l’acciaio stesso, non snervato, si trova in campo elastico lineare:

T = s As = Es s As = Es As cu (d - y)/y

Introducendo queste espressioni nella equazione di equilibrio si trova:

0.81 fcd b y - Es As cu (d - y)/y = 0

e semplificando si ha:

0.81 fcd by2 + Es As cu y - Es As cu d = 0

Come si può osservare, si tratta di un’equazione di 2° grado.

Pertanto la posizione dell’asse neutro è:

 Es As cu   Es As cu   4  0,81 f cd b  Es As cu d


2

y
2  0,81 f cd b

Determinata la posizione dell’asse neutro si calcola il momento interno ultimo con


una delle due consuete espressioni M = Cz = Tz.
Conviene naturalmente utilizzare la prima, perché essa non richiede la valutazione
preliminare della deformazione dell’acciaio teso, s = cu (d - y)/y.

Quindi si ha che:

Mult = 0.81 fcd by (d -0.416 y)

Infine si controlla che sia:

MEd  Mult

152
PROGETTO CONDIZIONATO DELLE ARMATURE NEL CASO DELLE SEZIONI
DUTTILI

Consideriamo la sezione in figura.

Il progetto condizionato ha come dati di ingresso:

 la geometria della sezione,


 la posizione dell’armatura
 le caratteristiche dei materiali,
 il valore del momento esterno di calcolo MEd.

Il problema consiste nel determinare l’area dell’acciaio.

Determiniamo preliminarmente il momento flettente ultimo massimo Mmax che la


sezione può sopportare in condizioni di rottura duttile, valore che corrisponde al
momento ultimo in condizioni di rottura bilanciata.

  cu 
M max  T  z  f yd  As  d   1  0, 416 
  cu  f yd / Es
 

153
Se Mmax < MEd la sezione non è in grado di sopportare il momento di progetto in
condizioni di rottura duttile ed occorre far ricorso alla doppia armatura.

In caso contrario (MEd < Mmax ) il problema si risolve imponendo l’equilibrio alla
rotazione:

MEd = Tz.

La risultante delle tensioni di compressione nel calcestruzzo è:

C = 0.81 fcd by

La forza di trazione nell’acciaio è:

T = fyd As

Poiché l’equilibrio secondo l’asse della trave deve essere rispettato (C = T),
possiamo scrivere:

0.81 fcd by = fyd As

e ricavare:

f yd As
y
0,81 f cd b

Nell’espressione del braccio delle forze interne:

z = d - 0.416 y

possiamo sostituire il valore dell’asse neutro ed ottenere:

f yd As
z  d  0, 416 
0,81 f cd b
Possiamo ora utilizzare l’equazione di equilibrio alla rotazione e scrivere:

 f yd As 
M Ed  f yd As  d  0, 416  
 0,81 f cd b 

154
Sviluppiamo l’espressione e quindi ricaviamo il valore dell’area dell’acciaio:
f yd2 0, 416
M Ed  f yd As d  As2 
f cd 0,81 b

f yd2 0, 416 2
  As  f yd d  As  M d  0
f cd 0,81 b

Si tratta di un’equazione di 2° grado in As, la cui soluzione è:

f yd2 0, 416
 f yd d   4  M Ed
2
f yd d  
f cd 0,81 b
As 
f yd2 0, 416
2 
f cd 0,81 b

Semplificando si ottiene:

0, 416 M Ed
d  d2  4 
0,81 f cd  b
As 
0, 416 f yd
2 
0,81 f cd  b

155
COMPLETAMENTO DEL CALCOLO DELL’ARMATURA MINIMA DELLA
SEZIONE INFLESSA

Le nozioni che ora sono disponibili sul calcolo dell’armatura della sezione inflessa
consentono di completare la valutazione della armatura minima della sezione
rettangolare.
Come si ricorderà il Momento esterno che produce la fessurazione vale:
Jc
M fess  1, 20  f ctm
H  y
Esso deve essere uguale al Momento ultimo che può essere sopportato dalla
sezione quando è armata con l’armatura minima As,min.
Occorre quindi eseguire il progetto condizionato dell’armatura risolvendo l’equazione
di secondo grado:

0, 416 M fess
d  d2  4 
0,81 f cd  b
As ,min 
0, 416 f yd
2 
0,81 f cd  b

Risulta interessante confrontare questo risultato con quanto prescritto al punto


4.1.6.1.1 dallla Normativa italiana. Essa prevede che l’area dell’armatura
f ctm
longitudinale in zona tesa non deve essere inferiore a As ,min  0, 26  bt  d e
f yk

comunque non minore di 0, 0013  bt  d .


L’interpretazione di questa formulazione può essere eseguita apportando alcune
semplificazioni alla procedura che dà il valore esatto dell’area minima.
Detto z il braccio delle forze interne ed y la posizione dell’asse neutro al momento
della fessurazione, si può scrivere:
Jc
1, 20  f ctm  f A z
 H  y  yd s ,min
f ctm Jc
As ,min  1, 20
f yd  H  y  z
Si ottiene quindi:

156
Si può porre, in via approssimata:

Jc bt  H 2
W  ed inoltre d  0,95  H e z  0,9  d .
H  y c 6

Sostituendo si ottiene:

f ctm Jc f ctm bt H 2
As ,min  1, 20  1, 20 
f yd  H  y  z f yd 6  0.9 d
2
f b  d  1 f
 1, 20 1,15 ctm  t      0, 28 ctm bt  d
f yk 6  0,95  0,9  d f yk

valore che è molto vicino a quello indicato dalla Normativa.

157
PROGETTO LIBERO E PROGETTO CONDIZIONATO CON L’AUSILIO DI
TABELLE

E’ possibile sviluppare delle tabelle che facilitano il progetto di sezioni rettangolari


con armatura semplice soggette a flessione retta.

Poniamo:

d   M Ed / b
As   M Ed b

Fissiamo l’attenzione sulle rotture duttili, caratterizzate da una deformazione


massima del calcestruzzo pari al 3,5 ‰ e da una deformazione dell’acciaio  s

f yd
maggiore di quella di snervamento  yd  .
Es
Fissando i valori delle deformazioni marginali, il coefficiente di posizione dell’asse
neutro è:

 cu
k
 cu   s

Scriviamo quindi le risultanti delle tensioni interne di compressione e di trazione ed il


braccio delle forze interne:

C = 0.81 fcd b kd
T = As fyd = fyd  bd
z= d(1 - 0.416 k)

in cui  è la percentuale di armatura.


Imponiamo poi l’uguaglianza tra il momento esterno di calcolo MEd ed il momento
interno ultimo:

MEd = Cz = Tz

Dalla prima uguaglianza si ha:

MEd = 0.81 fcd b kd2(1 - 0.416 k)


158
da cui si ricava:
M Ed
d
0.81 f cd kb 1  0.416 k 

Confrontando questa relazione con la

d   M Ed / b

si ottiene:

1

0.81 f cd k (1  0.416k )

Dalla seconda relazione si ha:

MEd = fyd Asd(1 - 0.416 k)

da cui si ricava:

M Ed M Ed
As     M Ed b
f yd (1  0.416 k ) d f yd (1  0.416 k ) M Ed / b

In cui β vale:

1

f yd (1  0.416k ) 

Scrivendo infine C=T:

fcd 0.81 b kd = fyd  bd

si ricava la espressione della percentuale d’armatura:

0.81 f cd k

f yd

Le formule precedenti permettono di costruire le tabelle dei coefficienti  ,  ,  in


funzione delle coppie di valori prefissati di c ed s, scelti col criterio di rappresentare
lo stato limite ultimo di sezioni duttili.

159
Esempio
Si voglia determinare, con l’uso delle apposite tabelle, l’armatura tesa della trave di
cemento armato, dotata di semplice armatura, rappresentata in figura.
I dati sono:
H = 600 mm; b = 300 mm; c = 40 mm; d =H – c = 560 mm;
Rck = 30 N/mm2; fyk = 450 N/mm2;
MEd = 150,00 kNm.
d
Si calcola innanzitutto il parametro   :
M Ed / b

560
   0, 792
150, 00 106 / 300

Dalla tabella appropriata alle unità di misura utilizzate e relativa al valore desiderato
della resistenza caratteristica del calcestruzzo si legge il valore di  corrispondente
ad .

Si ottiene   0, 003442 .

Si applica quindi la formula As   M Ed b e si ottiene:

As  0, 003442 150, 00 106  300  730 mm 2

Consultando le tabelle dei tondini di armatura si vede che tale area di acciaio
corrisponde a 4  16 (As = 804 mm2).
Dalla tabella si legge anche che il valore della deformazione dell’acciaio è il 20 per
mille e la posizione dell’asse neutro è y = 0,149 x 560 = 83 mm.

160
LEZIONI N° 39 E 40

FLESSIONE SEMPLICE: LA DOPPIA ARMATURA E LA SEZIONE A T

LA VERIFICA DELLA SEZIONE INFLESSA CON DOPPIA ARMATURA

a) Caso di rottura duttile con armatura compressa minore di quella tesa

Si può procedere in perfetta analogia con quanto già fatto per la semplice armatura.
Si ipotizza, in prima istanza, che l’armatura compressa sia snervata.

La procedura si articola in due fasi consecutive:

1) determinazione della posizione dell’asse neutro mediante la condizione:

C+C’ = T

2) calcolo del momento ultimo mediante la relazione (equilibrio alla rotazione intorno
all’asse neutro):

MRd = C (1-0.416) y + C’ (y-d’) + T (d-y)

Per imporre l’equilibrio alla traslazione delle forze interne esplicitiamo:

C = 0.81 fcd by

161
C’ = fyd A’s
T = fyd As

0,81 f cd by  f yd As'  f yd As  0

Quindi si ricava immediatamente l’incognita posizione dell’asse neutro:

y = fyd (As-A’s) /(0.81 b fcd)

Nota la posizione dell’asse neutro, risulta nota in modo completo la sezione


resistente.
Resta da controllare se l’ipotesi fatta circa l’acciaio compresso, e cioè che esso sia
snervato, risulti confermata.
Occorre quindi valutare la deformazione dell’armatura compressa, mediante la
proporzione:

 cu : y   s' :  y  d '
yd'
 s'   cu
y

L’armatura compressa è snervata se:

f yk
 s' 
 s Es

Se l’ipotesi sull’armatura compressa è confermata si può procedere con la


valutazione del momento flettente ultimo, in caso contrario, occorre utilizzare la
procedura del punto successivo.

Nel caso di armatura compressa snervata, si valuta il momento ultimo:

MRd = C (1-0.416) y + C’ (y-d’) + T (d-y)

Ed infine si controlla che sia:

MEd  MRd

162
b) Caso di rottura duttile con armatura doppia simmetrica

Anche in questo caso occorre valutare la posizione dell’asse neutro y = kd tramite


l’equazione di equilibrio delle forze interne C + C’= T.

L’acciaio compresso non può essere snervato, poiché, in tal caso, si avrebbe C’=T e
quindi sarebbe C = 0.
Poiché l’acciaio teso è snervato, T è nota e vale:

T = fyd As

La risultante di compressione nel calcestruzzo è:

C = 0,81 fcd by

Per quanto riguarda C’, la tensione di compressione nell’acciaio dipende dalla


deformazione unitaria dell’acciaio compresso, che non è snervato:

C '   s' As'  Es s' As'

Il valore della deformazione unitaria dell’acciaio compresso si ricava facilmente


mediante la similitudine di triangoli:

yd'
 's   cu
y

in cui cu =3,5 ‰

163
L’equazione di equilibrio diviene pertanto:

3 y  d' '
0,81 f cd by  Es 3,5 10 As  f yd As
y
Sviluppando si ottiene l’equazione di secondo grado determinatrice della posizione
dell’asse neutro, tenendo conto che le armature tesa e compressa sono uguali:


0,81 f cd by 2  Es 3,5 10 3  f yd A y
s  Es 3,5 10 3 As d '  0

che vale quindi:

  A   E 3,5 10 
2
 Es 3,5 10 3  f yd s s
3
 f yd As2  4  0,81 f cd b  Es 3,5 103 As d '
y
2  0,81 f cd b

La conoscenza dell’asse neutro permette infine di valutare la deformazione unitaria


dell’acciaio teso:

dy
 s   cu
y

e di controllare la deformazione dell’acciaio compresso:

yd'
 's   cu
y
Infine si può valutare il momento ultimo della sezione:

MRd = C (1-0.416) y + C’ (y-d’) + T (d-y)

e controllare che sia:

MEd  MRd

164
IL PROGETTO DELLA DOPPIA ARMATURA

Consideriamo una sezione rettangolare con semplice armatura, di dimensioni


assegnate (b, d). Siano anche assegnate le caratteristiche dei materiali (Rck; fyk).
Ipotizzando una rottura di tipo duttile (cu = 3,5 ‰, s > s,bil) determiniamo il momento
flettente massimo di progetto che la sezione può sopportare e l’armatura tesa As
corrispondente.
Utilizzando le tabelle per il progetto condizionato relative ai materiali considerati (Rck;
fyk), individuiamo il più piccolo valore di , che possiamo chiamare *, associato alla
più bassa deformazione dell’acciaio che riteniamo di poter accettare, naturalmente
non minore di s,bil . In corrispondenza di * ricaviamo la percentuale di armatura *.
Utilizzando la relazione:

d   M Ed / b

Valutiamo il massimo momento flettente che la sezione può sopportare, che è:

bd 2
M* 
 *2

La corrispondente armatura è:

As*   *bd

Se il momento flettente di progetto, MEd è maggiore di M* occorre rinforzare la


sezione, affinché essa possa sopportare anche la differenza di momento flettente:

M  M Ed  M *

Se non vogliamo modificare la carpenteria, occorre disporre dell’armatura aggiuntiva,


sia in zona tesa, che in zona compressa, tali da assorbire le forze:

M
C'T '
d d'

165
Aggiungiamo armatura senza modificare il diagramma delle deformazioni unitarie che
abbiamo prescelto, in modo di non alterare le caratteristiche di duttilità della sezione,
fissate inizialmente con la scelta dei valori marginali delle deformazioni unitarie.
Entrambe le armature che andiamo ad aggiungere sono snervate: quella tesa (As)
perché si trova in corrispondenza della armatura As, che è snervata, quella
compressa ( As' ) perché la sua distanza dal lembo compresso del calcestruzzo è tale

che le deformazioni unitarie non possono scendere molto al di sotto del 3.5 ‰ e
comunque sono superiori al valore di snervamento.
Pertanto le due armature sono uguali e la loro determinazione è molto semplice:

M
As'  As 
 d  d '  f yd

Nel complesso, quindi, la sezione risulta armata con l’area tesa: As  As e con l’area

compressa As' .

Occorre osservare che, naturalmente, la procedura descritta certamente non fornisce


un’area d’acciaio compressa uguale all’area d’acciaio tesa complessiva (armatura
doppia simmetrica), né conduce alla determinazione di un’armatura compressa che
si trova in un rapporto prefissato rispetto all’area tesa totale, come invece è pratica
ricorrente nella pratica professionale.

166
CONSIDERAZIONI SULLE SEZIONI INFLESSE CON DOPPIA ARMATURA

Le sezioni inflesse con armatura doppia simmetrica non possono andare incontro alla
rottura con acciaio compresso snervato, perchè questo comporterebbe che la forza
di compressione nell’acciaio compresso C’ sia uguale in valore assoluto a quella di
trazione T nell’acciaio teso:

C’ = T

e che, di conseguenza, sarebbe impossibile soddisfare l’equazione di equilibrio alla


traslazione:

C + C’ = T

Pertanto l’acciaio compresso deve restare in campo elastico, in modo che possa
essere:

C = T - C’

Tenuto conto del fatto che la deformazione unitaria allo snervamento dell’acciaio è
un poco minore del 2 ‰, che l’acciaio compresso si trova a pochi centimetri di
distanza dal lembo compresso del calcestruzzo e che la deformazione unitaria del
calcestruzzo è pari al 3,5 ‰, si raggiungono valori elevati della deformazione
dell’acciaio teso.

Ciò comporta che nel caso di una sezione rettangolare armata con armatura doppia
simmetrica non si può verificare mai la condizione di rottura bilanciata ed essa va
sempre incontro ad una rottura di tipo duttile.

167
L’IMPIEGO DELLA DOPPIA ARMATURA NON SIMMETRICA PER LA RIDUZIONE
DELLA FRAGILITÀ

Altra interessante osservazione che si può formulare è la seguente.


Consideriamo una sezione inflessa dotata di armatura doppia non simmetrica ed
esaminiamo la condizione di rottura bilanciata in questo caso.

Per determinare l’area dell’acciaio scriviamo l’equazione di equilibrio delle forze


orizzontali interne:

C + C’ - T = 0

La risultante delle tensioni di compressione nel calcestruzzo, C, vale:

C = 0,81 fcd b y

In cui y è noto, naturalmente:

 cu
y d
 cu   s

La risultante delle tensioni di compressione nell’acciaio A’s, che è snervato, vale:

C’ = A’s fyd.

La risultante delle tensioni di trazione nell’acciaio As:

168
T = As fyd.

L’equilibrio alla traslazione è espresso dalla:

0,81 fcd b y + A’s fyd - As fyd = 0

Si ricava pertanto:

0,81 f cd by
As  As ,bil   As'
f yd

Pertanto il quantitativo di armatura tesa che corrisponde alla rottura bilanciata


aumenta all’aumentare dell’armatura compressa, sempre, naturalmente, con il
vincolo che l’armatura compressa sia minore di quella tesa.

Allora si può osservare che una soluzione per ridurre la fragilità delle sezioni inflesse
è quella di aggiungere armatura in zona compressa.

169
LA VERIFICA DELLA SEZIONE A “T”

Nella verifica a flessione della sezione a “T” possono verificarsi 2 casi:

a) l’asse neutro taglia la soletta (y ≤ s);


b) l’asse neutro taglia l’anima della trave (y > s).

Il caso a) è in realtà un caso di flessione semplice di una sezione rettangolare di


larghezza b’, in virtù della ipotesi di calcolo di calcestruzzo teso non reagente, ed è
quindi un caso già studiato.

Il caso b) può essere trattato in modo analogo a quello di una sezione rettangolare
con doppia armatura.
Quindi il diagramma delle deformazioni unitarie prevede il calcestruzzo al 3,5 ‰ e
l’acciaio teso con una deformazione superiore a quella di snervamento.
Peraltro è facile osservare che una modalità di rottura di questo tipo comporta
un’armatura tesa molto elevata, per bilanciare il contributo del calcestruzzo
compresso che ha una superficie molto grande per la presenza dell’ala della “T”.
Non ha quindi senso ipotizzare anche la presenza di acciaio compresso.

Consideriamo una sezione rettangolare di larghezza b’.


Per essa si ha:

C = 0.81 fcd b’y


T = fyd As

170
Per determinare la risultante di compressione nel calcestruzzo della sezione a “T”, al
termine C bisogna sottrarre il termine C’ che corrisponde alla parte mancante di
calcestruzzo di larghezza b’-b ed altezza y-s, indicata in figura con la lettera S:

C’ =  fcd (b’ – b)(y –s)

In cui  è il coefficiente di riempimento del diagramma parabola rettangolo


 y  s 
incompleto compreso tra le deformazioni  = 0 ed   cu , con cu = 3,5 ‰.
y
Il coefficiente , necessario a determinare l’area di un diagramma parabola-
rettangolo incompleto (che non si estende fino al 3,5 ‰) ed il coefficiente , che
individua la distanza tra il baricentro della figura ed il lembo compresso della sezione
(distanza = y), sono riportati nella tabella seguente.

Quindi si può ricavare l’incognita posizione dell’asse neutro imponendo l’equilibrio


alla traslazione:

C – C’ – T = 0

Sostituendo i valori di C, C’ e T si ottiene:

0,81 f cd b' y   f cd  b ' b  y  s   f yd As  0

0,81 f cd b' y   f d  b ' b  y   f cd  b ' b  s  f yd As  0

0,81 f cd b'   f d  b ' b   y   f cd  b ' b  s  f yd As  0

Infine si ricava:

f yd As   f cd  b ' b  s
y
 
 0,81b '   b '  b  f cd
 

171
Tabella per la determinazione dei parametri del diagramma parabola rettangolo

cmax   cmax  
3.5000 0.8095 0.4160 1.7500 0.6198 0.3676
3.4500 0.8068 0.4150 1.7000 0.6092 0.3663
3.4000 0.8039 0.4139 1.6500 0.5981 0.3649
3.3500 0.8010 0.4129 1.6000 0.5867 0.3636
3.3000 0.7980 0.4118 1.5500 0.5748 0.3624
3.2500 0.7949 0.4107 1.5000 0.5625 0.3611
3.2000 0.7917 0.4095 1.4500 0.5498 0.3599
3.1500 0.7884 0.4084 1.4000 0.5367 0.3587
3.1000 0.7849 0.4072 1.3500 0.5231 0.3575
3.0500 0.7814 0.4060 1.3000 0.5092 0.3564
3.0000 0.7778 0.4048 1.2500 0.4948 0.3553
2.9500 0.7740 0.4035 1.2000 0.4800 0.3542
2.9000 0.7701 0.4022 1.1500 0.4648 0.3531
2.8500 0.7661 0.4009 1.1000 0.4492 0.3520
2.8000 0.7619 0.3996 1.0500 0.4331 0.3510
2.7500 0.7576 0.3982 1.0000 0.4167 0.3500
2.7000 0.7531 0.3968 0.9500 0.3998 0.3490
2.6500 0.7484 0.3954 0.9000 0.3825 0.3480
2.6000 0.7436 0.3939 0.8500 0.3648 0.3471
2.5500 0.7386 0.3924 0.8000 0.3467 0.3462
2.5000 0.7333 0.3909 0.7500 0.3281 0.3452
2.4500 0.7279 0.3894 0.7000 0.3092 0.3443
2.4000 0.7222 0.3878 0.6500 0.2898 0.3435
2.3500 0.7163 0.3862 0.6000 0.2700 0.3426
2.3000 0.7101 0.3846 0.5500 0.2498 0.3417
2.2500 0.7037 0.3830 0.5000 0.2292 0.3409
2.2000 0.6970 0.3814 0.4500 0.2081 0.3401
2.1500 0.6899 0.3798 0.4000 0.1867 0.3393
2.1000 0.6825 0.3782 0.3500 0.1648 0.3385
2.0500 0.6748 0.3766 0.3000 0.1425 0.3377
2.0000 0.6667 0.3750 0.2500 0.1198 0.3370
1.9500 0.6581 0.3735 0.2000 0.0967 0.3362
1.9000 0.6492 0.3720 0.1500 0.0731 0.3355
1.8500 0.6398 0.3705 0.1000 0.0492 0.3347
1.8000 0.6300 0.3690 0.0500 0.0248 0.3340
0.0000 0.0000 0.3333

172
La soluzione y può essere determinata utilizzando una procedura iterativa secondo
lo schema seguente:

a) assegnazione di un valore di tentativo della posizione dell’asse neutro y0, tale da


realizzare una deformazione dell’acciaio teso s > s,bil;
b) valutazione iniziale della deformazione unitaria all’intradosso dell’ala compressa
 y  s 
mediante la  0  cu ;
y0

c) individuazione del valore di i nella tabella;


d) calcolo della posizione aggiornata dell’asse neutro con la relazione precedente;
e) controllo di convergenza: yi  yi 1  toll

f) se è stata raggiunta la convergenza la procedura termina, altrimenti si determina


un valore aggiornato della deformazione unitaria all’intradosso dell’ala
 yi  s  
compressa mediante la  i  cu e si ritorna al punto c).
yi

Una soluzione di prima approssimazione del problema della determinazione dell’asse


neutro può essere ottenuta ponendo   0,50 , supponendo cioè che nelle due zone
di area S il legame costitutivo del calcestruzzo possa essere approssimato con una
legge triangolare.
Si ha allora che:
f yd As   f cd  b ' b  s f yd As  0,50 f cd  b ' b  s
y 
  
 0,81b   b  b  f cd
' '
 0,81 f cd b '  0,50 f cd b '  b  

175
LEZIONI N° 41, 42 E 43

FLESSIONE E TAGLIO ALLO STATO LIMITE ULTIMO

COMPORTAMENTO SPERIMENTALE DI UNA TRAVE DI C.A. SOTTOPOSTA A


FLESSIONE E TAGLIO

Consideriamo il comportamento sperimentale di una trave appoggiata di cemento


armato sottoposta ad un carico verticale uniformemente ripartito, all’aumentare
dell’intensità del carico applicato. Come abbiamo già avuto modo di osservare si
possono individuare tre fasi successive di comportamento.

I STADIO
Finché non si verifica la fessurazione del calcestruzzo teso la trave inflessa è integra
e si comporta, con buona approssimazione, come un solido elastico lineare.
Al suo interno è presente uno stato di tensione rappresentabile mediante il flusso
delle linee isostatiche di compressione e di trazione.
L’intensità e le direzioni delle tensioni principali in ciascun punto della trave possono
essere determinati costruendo il corrispondente cerchio di Mohr.
A titolo di esempio in un punto che si trova in corrispondenza dell’asse neutro ed in
prossimità dell’appoggio di sinistra si ha che le tensioni normali sono nulle e sono
presenti solo tensioni tangenziali.

Con riferimento all’elemento materiale rappresentato in figura, la tensione sul piano


verticale V vale [ = 0;  = +] e quella sul piano orizzontale O è: [ = 0;  = -].

176
Il cerchio di Mohr corrispondente (che passa per i punti O e V) ha centro nell’origine
e raggio . Si individua quindi il polo dei piani K tracciando la verticale per V e
l’orizzontale per O.
La costruzione mostra che la tensione principale di trazione è inclinata di 45° rispetto
alla linea d’asse della trave.
L’andamento delle linee isostatiche, alle quali le direzioni principali delle tensioni
sono tangenti, ha l’andamento di figura:

( da E. Mörsch, Der Eisenbetonbau,1909)

Il primo stadio termina con la comparsa delle prime fessure, che si producono
quando le tensioni di trazione superano la resistenza a trazione del calcestruzzo.
Esse si verificano ortogonalmente alle isostatiche di trazione e quindi parallelamente
alle isostatiche di compressione.
Pertanto le fessure sono verticali (anche per la simmetria) in mezzeria e poi tendono
ad assumere andamenti curvilinei, paralleli a quelli delle isostatiche di compressione
all’avvicinarsi degli appoggi.
Le prime lesioni si verificano, naturalmente, nella sezione di mezzeria della trave
dove la tensione di trazione al lembo inferiore è più grande.

II STADIO
Per tutto il II stadio la trave è fessurata. Le lesioni aumentano di numero e di
ampiezza finché la fessurazione non si stabilizza, nel senso che il loro numero non
aumenta più, ma aumenta la loro apertura.
Le lesioni sono, naturalmente, ortogonali alle isostatiche di trazione e, di
conseguenza sono verticali in mezzeria e sono oblique in prossimità degli appoggi.
L’equilibrio è possibile solo per la presenza dell’armatura metallica, costituita da
barre longitudinali, staffe ed, eventualmente, barre piegate.

177
( da E. Mörsch, Der Eisenbetonbau,1909)
178
III STADIO
Nel terzo stadio la trave raggiunge lo stato limite ultimo.

( da E. Mörsch, Der Eisenbetonbau,1909)

Dal punto di vista qualitativo la rottura può avvenire per uno o più dei seguenti
fenomeni di rottura (stati limite) che possono verificarsi:

A) lo snervamento delle armature tese;


B) lo per schiacciamento del calcestruzzo compresso.

E’ da osservare che lo snervamento delle armature non riguarda solo quelle


longitudinali, ma anche quelle trasversali: staffe e ferri piegati.
Analogamente lo schiacciamento del calcestruzzo può avvenire tanto in direzione
orizzontale, che anche secondo direzioni inclinate nelle zone compresse dell’anima
della trave (le zone compresse sono quelle comprese tra una fessura e l’altra).

179
CASO DELLE STRUTTURE ARMATE A TAGLIO

La prima teoria moderna della sollecitazione di flessione e taglio del c.a. è dovuta ad
E. Mörsch, che, nel 1902, ebbe l’incarico dalla Ditta Wayss & Freytag di svilupparne
la teoria.
Egli utilizzò come modello di calcolo della trave fessurata una trave reticolare
composta, parte di calcestruzzo e parte di acciaio. Tale modello di calcolo è
isostatico e pertanto è applicabile tanto nel II stadio che nel III stadio.
Il corrente inferiore e le aste inclinate di  sono di acciaio, il corrente superiore e le
aste inclinate di  sono di calcestruzzo.

L’altezza del traliccio è z=0,9 d (braccio delle forze interne) e la distanza fra due nodi
successivi è pari a:

z (cotg  + cotg ).

Poiché il traliccio è isostatico, le forze nelle aste possono essere determinate


mediante sezioni di Ritter.
La sezione di Ritter “a-a” conduce alla determinazione delle forza Fc nelle bielle
inclinate di calcestruzzo. Detto V il valore del taglio, si ha:

Fc sin  = V ----------> Fc = V/sin 

Una seconda sezione “b-b” conduce alla forza Fs nelle aste di acciaio inclinate:

Fs sin  = V ----------> Fs = V/sin 

180
Peraltro la pratica tecnica prevede che le armature trasversali siano disposte ad un
interasse s inferiore rispetto a quello che deriva dall’applicazione del modello di
traliccio.
Per realizzare un interasse tra i nodi (e le staffe) minore, si può utilizzare un traliccio
“multiplo”, prevedendo di accostare fra di loro n tralicci semplici e sfalsandoli in
direzione longitudinale della quantità s.
E’ immediato verificare che il numero di tralicci necessari a realizzare l’interasse s è
dato da:

n = z (cotg  + cotg )/s

Supponendo poi che i tralicci multipli siano uguali fra di loro è ragionevole stabilire
che il taglio totale esterno si ripartisca in n parti uguali fra i vari tralicci semplici.

Il taglio che agisce su un traliccio semplice, Vtr, è pari a:

Vtr = V/n = Vs/ z(cotg  + cotg )

e le due relazioni di equilibrio precedenti si trasformano nelle:

Fc = Vs/ [z(cotg  + cotg )sin ]


Fs = Vs/ [z(cotg  + cotg )sin ]

Per quanto riguarda i carichi applicati, nel III stadio (stato limite ultimo di resistenza)
occorre considerare i carichi di esercizio moltiplicati per i corrispondenti coefficienti
parziali di sicurezza e opportunamente combinati fra di loro.

Per quanto riguarda le tensioni nei materiali, nel III stadio occorre considerare le
tensioni di crisi: ai fini della progettazione strutturale si utilizzano le tensioni
caratteristiche divise per i coefficienti parziali di sicurezza.

La verifica al taglio nel III stadio consiste nel confrontare fra loro il taglio di calcolo
esterno VEd, dovuto ai carichi applicati “di calcolo”, comprensivi cioè dei coefficienti
parziali di sicurezza, ed il taglio di calcolo interno VRd, corrispondente alla più piccola
tra la capacità portante dell’acciaio teso e quella del calcestruzzo compresso delle
bielle.
La verifica consiste quindi nel controllare che sia:
181
VEd  VRd

Per quanto detto i tagli di calcolo interni VRd sono dunque due:

a) quello dovuto alla resistenza dell’armatura trasversale tesa che ha raggiunto lo


snervamento, VRsd;
b) quello dovuto alle resistenza delle bielle compresse oblique di calcestruzzo,
considerata alla soglia dello stato limite ultimo, VRcd.
Il taglio di calcolo esterno VEd deve essere confrontato separatamente con ognuno
dei due tagli di calcolo interni VRsd e VRcd, rispettivamente corrispondenti all’armatura
trasversale ed al calcestruzzo delle bielle:

VEd  VRsd (armatura trasversale)


VEd  VRcd (calcestruzzo delle bielle)

Nel caso della verifica dell’armatura trasversale, Asw, evidentemente si ha:

Fs = fyd Asw

ed utilizzando la:

Fs = V s/ [z(cotg  + cotg )sin ]

è possibile ricavare il taglio ultimo compatibile con la resistenza delle armature


trasversali:

Asw
VRsd  0,9  d   f yd   cotg  cotg   sin 
s

Nel caso di staffe verticali:  = 90° (cotg  = 0, sin  = 1.), ponendo (caso più
frequente)  = 45° (cotg 45° = 1.) si ottiene:

Asw
VRsd  0,9  d   f yd
s
Nel caso di barre piegate (45° è l’angolo di piegatura maggiormente ricorrente) si ha
che:  = 45° (cotg  = 1, sin  = 2 / 2 = 0.707),  = 45° (cotg 45° = 1.), si ottiene:

182
Asw  2 Asw
VRsd  0,9  d   f yd  1  1     0,9  d   f yd  2
s  2  s

Occorre però tener conto del fatto che numerosi meccanismi resistenti collaborano a
sopportare il taglio esterno di calcolo in aggiunta alla resistenza delle armature
trasversali:

a) le azioni tangenziali che si sviluppano nella zona di calcestruzzo compresso dei


correnti superiori;
b) l’incastro flessionale delle bielle di calcestruzzo inclinate dell’angolo  nel
corrente superiore;
c) l’ingranamento degli inerti che attraversano le fessure oblique;
d) l’”effetto spinotto” che si instaura tra le barre del corrente inferiore ed il
calcestruzzo delle bielle inclinate dell’angolo .

Per questi motivi è ragionevole pensare che non tutto il taglio di calcolo debba
essere affidato alle armature metalliche, per lo meno se non sono presenti fenomeni
dinamici rilevanti, che possano diminuire il contributo di alcuni dei meccanismi
resistenti sopra detti.

Esamineremo questi aspetti con particolare riferimento alle indicazioni della


Normativa italiana.

Verifica delle armature a taglio

La Normativa italiana consente di tener conto in modo indiretto dei contributi di


resistenza a taglio ulteriori rispetto a quello dovuto alle armature metalliche variando
l’inclinazione  delle bielle di calcestruzzo, nei limiti:

1 cotg   2,5

che corrisponde ad imporre i seguenti limiti su :

45   21,8

183
Queste limitazioni derivano dalla applicazione al taglio del cemento armato della
teoria della plasticità dovuta a B. Thürlimann.

Considerando di nuovo la formula generale per il calcolo del taglio portato dalle
armature metalliche
Asw
VRsd  0,9  d   f yd   cotg  cotg   sin 
s
nel caso di presenza di sole staffe, ma con inclinazione variabile  delle bielle di
calcestruzzo di ha:
Asw
VRsd  0,9  d   f yd  cotg
s
L’area di acciaio necessaria è quindi:
VRsd
Asw  s
0,9  d  f yd  cotg

Si può vedere che l’area delle staffe diminuisce al diminuire di  (che fa aumentare
cotg).
Simultaneamente si verifica un aumento delle forze nelle bielle compresse di
calcestruzzo, che però non costituisce di solito un problema, in quanto la resistenza
delle bielle compresse è esuberante ed un aumento delle forze nel corrente inferiore
teso.
Con riferimento al caso di presenza di sole staffe si può valutare la forza nelle barre
di acciaio inferiori, T, in prossimità degli appoggi con la sezione di Ritter “c-c”.

Imponendo l’equilibrio alla rotazione intorno al punto A si ottiene:


R x zcotg  = Tz
184
La forza di trazione T nelle barre longitudinali inferiori vale:

T = R x cotg 

Si osserva, quindi, che, a parità di reazione vincolare, la forza di trazione nelle barre
longitudinali aumenta al diminuire di .
Lo sforzo di trazione nelle staffe si può determinare imponendo l’equilibrio alla
traslazione verticale in corrispondenza della sezione c-c.
Si ottiene:

P
 Fs  R0
2

Detto p il carico uniformemente ripartito sulla trave, il carico P vale:

P p  z  cotg

2 2

Sostituendo si ottiene:

p  z  cotg
 Fs  R0
2
p  z  cotg
Fs  R 
2

Si osserva, quindi, che, a parità di reazione vincolare, la forza di trazione nelle staffe
diminuisce al diminuire di .

Verifica del calcestruzzo delle bielle compresse

Nel caso della verifica del calcestruzzo delle bielle compresse non ha interesse la
divisione del taglio esterno fra gli n tralicci semplici, perché, ai fini del calcolo della
tensione media di compressione, basta dividere la forza obliqua totale per l’area della
sezione normale della biella, pari al rettangolo avente area:

185
Abiella = bw z (cotg  + cotg ) sin 

in cui bw è la larghezza della sezione della trave o l’anima della sezione (se è a T).
La biella di calcestruzzo si rompe quando

Fc = c,u Abiella = c,u bw z (cotg  + cotg )sin 

Poiché abbiamo trovato che la forza nelle bielle è:

Fc = V/sin 

si ottiene:

VRcd = c,u bw z (cotg  + cotg ) sin2

La normativa scrive questa espressione nel modo equivalente:

VRcd = 0,9 d bw c f’cd (cotg  + cotg)/(1+ cotg 2)

in cui f’cd = 0.5 fcd


ed c è un coefficiente maggiorativo che vale:

Il coefficiente riduttivo 0.5 applicato ad fcd tiene conto della riduzione di resistenza
delle bielle compresse dovuta alla presenza di fessure parallele alle bielle stesse.
Questa riduzione si trova anche nell’Eurocodice 2, dove è espressa, in modo più
articolato dalla formula:
186
 f 
0, 6  1  ck 
 250 

Considerando, a titolo di esempio, un calcestruzzo avente fck = 30 N/mm2, si ottiene:

 30 
0, 6  1    0, 6  1  0,12   0,528
 250 
valore assai vicino a quello previsto dalle Norme Italiane.

Nel caso di staffe verticali:  = 90° (cotg  = 0) si ottiene:

VRcd = 0,9 d bw c f’cd cotg  sin2 = 0,9 d bw c f’cd sin cos

Nel caso, invece, di piegati:  = 45° (cotg  = 1) si ottiene:

VRcd = 0,9 d bw c f’cd (1 + cotg ) sin2

187
IL CASO DELLE TRAVI NON ARMATE A TAGLIO

La normativa italiana consente l’impiego di elementi sprovvisti di armature trasversali


resistenti a taglio per solette, piastre e membrature a comportamento analogo, a
condizione che detti elementi abbiano sufficiente capacità di ripartire i carichi
trasversalmente.
Il meccanismo resistente a taglio è in questo caso quello di un arco a spinta eliminata
(arco di calcestruzzo – tirante orizzontale inferiore di acciaio).

Verifica delle armature longitudinali

La resistenza a taglio vale:


VRd  0,18  k 100  1  f ck 
13

 c  0,15   cp bw  d

con la limitazione: VRd   vmin  0,15   cp  bw  d ,

che equivale a dire che deve essere:

0,18  k 100    f1 ck 
13

 c bw  d  vmin

Il significato dei simboli è il seguente:

k  1   200 / d 
12
2
vmin  0, 035  k 3 2 f ck1 2

in cui:

d è l’altezza utile espressa in mm;


1  Asl  bw  d  è il rapporto geometrico di armatura longitudinale ( 0,02);
 cp  N Ed Ac è la tensione media di compressione nella sezione ( 0,2 fcd);
bw è la larghezza minima della sezione espressa in mm.

188
LA REGOLA DELLA TRASLAZIONE DEL DIAGRAMMA DEL MOMENTO
FLETTENTE

Dal punto di vista operativo, la verifica di sicurezza di una trave di cemento armato si
svolge in due fasi (progetto condizionato):

1) determinazione delle armature longitudinali, eseguita utilizzando la teoria della


flessione semplice;
2) determinazione dell’armatura trasversale (staffe e ferri piegati), svolta
utilizzando il modello del traliccio di Mörsch.

Vengono impiegati, quindi due modelli diversi: il primo è quello della trave a parete
piena (si studiano solo sezioni piane), il secondo è quello della trave reticolare.
Vediamo, innanzitutto qual è l’andamento delle forze nei ferri inferiori nei due casi.
Con riferimento ad un traliccio avente le bielle compresse inclinate a 45° e le aste
tese trasversali inclinate a 90° (ma non è una restrizione significativa), si vede che
l’andamento delle forze di trazione nel corrente inferiore varia a gradini,
mantenendosi costante tra un nodo e l’altro.
Viceversa nella trave a parete piena tale andamento è parabolico e tocca il
diagramma a gradini in corrispondenza dei nodi della trave reticolare, mantenendosi
altrove sempre al suo interno.

189
Se ne deduce che la verifica delle armature longitudinali con la procedura della trave
a parete piena è, quasi sempre, a sfavore di sicurezza.
Volendo continuare ad utilizzare i due modelli sopra detti in modo indipendente,
occorre armonizzarli fra di loro.
Ciò si può fare traslando verso gli appoggi il diagramma del momento flettente,
affinché si abbia che le forze di trazione corrispondenti sono sempre maggiori o
uguali a quelle del traliccio. Si effettua, cioè la traslazione di z del diagramma del
momento.
Poiché il traliccio è normalmente multiplo si può fare una traslazione pari a z/n, in cui
n è il numero dei tralicci. Nella pratica si adotta n=2 e quindi si trasla di z/2.

Vediamo ora lo stesso problema in forma analitica.

Consideriamo la figura seguente, relativa ad una trave realizzata con sole staffe e
proponiamoci di determinare la forza di trazione T nell’acciaio teso inferiore.

Con riferimento alla sezione di Ritter “a”, scriviamo la condizione di equilibrio alla
rotazione rispetto al polo A.
Si ottiene:
P
T  z  R  3  z cotg    2  z cotg   P  z cotg   0
2
P
T  z  R  3  z cotg    2  z cotg   P  z cotg 
2
Osserviamo che il valore del taglio V nella sezione “a-a” è:
P
V  R P
2

190
Sostituendo nell’equazione di equilibrio alla rotazione l’espressione del taglio V si
ottiene:
P
T  z  V  z cotg   R  2  z cotg    z cotg 
2
Si nota che il momento flettente nel punto B si può scrivere come:
P
M B  R  2  z cotg    z cotg 
2
Considerato che il taglio nella sezione “a-a” è e uguale a quello nel punto B, a destra
del nodo, si ha allora:
T  z  M B  VB ,dx  z cotg 
1
T  M B  VB ,dx  z cotg  
z
La seconda relazione individua il valore dello sforzo di trazione T.
La prima indica che il valore del momento da utilizzare per determinare T si ottiene
aggiungendo al valore del momento flettente determinato sulla trave a parete piena,
il termine aggiuntivo:

M B  VB ,dx  z cotg 

Questa relazione esprime la regola della traslazione del momento flettente, che va
traslato di L  z cotg  . Nel caso il cui sia  = 45°, si ha: L  z .
In presenza di n tralicci multipli si può scrivere:

z
T  z  M B  VB ,dx  cotg  .
n

Nel caso ricorrente in cui i tralicci siano almeno due, si può porre: n = 2 e si ottiene,
z
per  = 45°, che la traslazione va effettuata di .
2

191
LEZIONI N° 44 E 45

CALCOLO A ROTTURA DELLA SEZIONE PRESSOINFLESSA

PROBLEMI DI VERIFICA
La procedura di verifica dei pilastri di c.a., sottoposti a sforzo normale e momento
flettente, è basata sulla costruzione della curva di interazione M,N della sezione
assegnata.
La curva di interazione è la frontiera dello stato limite ultimo di resistenza per la
sollecitazione composta di forza normale e flessione retta, cioè il luogo dei punti Mult,
Nult, corrispondenti alle condizioni di rottura della sezione.
La verifica consiste nell’accertare che il punto rappresentativo delle sollecitazioni di
progetto (Md,Nd) sia all’interno della frontiera suddetta.

Esaminiamo ora il procedimento da utilizzare per la costruzione per punti della curva
di interazione M,N di una assegnata sezione rettangolare sottoposta a pressione
eccentrica retta.

Le ipotesi di base che si utilizzano sono le stesse quattro già viste con riferimento al
caso della flessione semplice e cioè:

1) vale la conservazione delle sezioni piane, cioè la variazione delle deformazioni


unitarie (y) sulla sezione è lineare;
2) l’aderenza fra l’acciaio ed il calcestruzzo è perfetta (c=s), così da escludere
qualsiasi scorrimento relativo fra le armature e la matrice lapidea che le avvolge
(questa ipotesi è necessaria perché valga l’ipotesi 1);
3) il calcestruzzo teso viene considerato non reagente;
4) i legami costitutivi dei materiali sono non-lineari.

Se la sezione è simmetrica ed è armata in modo simmetrico, la curva di interazione è


anch’essa simmetrica rispetto all’asse N. Non lo è, però, rispetto all’asse M, perché il
calcestruzzo reagisce diversamente a trazione ed a compressione.

191
Allo scopo di procedere alla costruzione della curva è opportuno individuare quali
siano i diagrammi delle deformazioni unitarie  sulla sezione che la portano a rottura.
Ad ognuno dei diagrammi di rottura corrisponde un unico punto del dominio di
rottura, di coordinate Mult,Nult.
Affinché un diagramma di  sia un diagramma di rottura occorre che in esso si
verifichi almeno una della seguenti condizioni:
 il calcestruzzo sia deformato al 3,5 ‰ (tra il 2 ‰ ed il 3,5 ‰ nel caso della
pressione eccentrica con centro di pressione interno al nocciolo centrale d’inerzia
– sezione interamente reagente);
 l’acciaio teso sia snervato

E possibile raccogliere tutti i diagrammi di deformazione rappresentativi di una


condizione di rottura nello schema seguente:

In esso è possibile individuare cinque zone:


Zona 1: Trazione con piccola eccentricità.
Zona 2: Flessione semplice o composta con sfruttamento parziale della
resistenza dei materiali (solo l’acciaio teso è snervato).
Zona 3: Flessione semplice o composta con sfruttamento completo della
resistenza dei materiali (sia l’acciaio teso che quello compresso sono
snervati).
Zona 4: Flessione composta con tensione dell’acciaio minore di quella di
snervamento.
Zona 4a: Flessione composta: l’armatura inferiore comincia ad essere compressa.
Zona 5: Compressione con piccola eccentricità.

192
Una volta selezionato un diagramma di rottura, che ha la caratteristica di passare per
uno dei punti A, B o C, è automaticamente definita la posizione dell’asse neutro e,
quindi, i diagrammi delle tensioni nei due materiali costitutivi: sono quindi note le
tensioni nel calcestruzzo e nell’acciaio.

E’ utile precisare che la retta che separa i campi 2 e 3 è individuata dal fatto che ad
essa corrisponde il primo snervamento delle armature compresse.
Ad essa corrisponde la posizione dell’asse neutro:

0, 0035 0, 0035 0, 0035


y1  d' d' d '  2, 27 d '
0, 0035   syd f yk
0, 0035 
450
0, 0035 
 s Es 1,15  200000

La deformazione corrispondente dell’acciaio teso vale:

d  y1
 sF  0, 0035 
y1

Possiamo allora determinare la risultante delle tensioni Nult ed il momento risultante


Mult con semplici considerazioni di equilibrio.

La coppia di valori (Nult,Mult) fornisce le coordinate di un punto della curva di


interazione. Ripetendo il procedimento a partire da altri diagrammi di  si ottengono
altri punti e si può disegnare la curva.
La costruzione dell’intero dominio di interazione può essere eseguita facendo variare
in modo sistematico il diagramma delle deformazioni unitarie.

Ad esempio si può partire dalla trazione pura (diagramma A-D) e, ruotando intorno al
punto A, che funge da perno, si possono considerare tutti i diagrammi di
deformazione fino a quello A-B.
Quindi si può continuare facendo perno sul punto B ed arrivare fino al diagramma
B-E, che corrisponde alla condizione in cui il calcestruzzo diventa tutto reagente.
Infine ruotando intorno al punto C si giunge alla condizione di compressione pura
(centrata).

193
Il dominio di interazione M-N di una sezione rettangolare avente armatura doppia
simmetrica ha l’aspetto seguente:

Una versione semplificata della curva può essere costruita a mano determinando le
coordinate dei punti più significativi:

- la compressione centrata, A;
- la rottura bilanciata, B;
- la flessione semplice, C;
- la trazione centrata, D (che ha, però, importanza ridotta nelle applicazioni).

ed approssimando la curva con una spezzata. Il risultato che si ottiene è in favore di


sicurezza, in quanto la spezzata si trova sempre all’interno della curva continua.

194
Determiniamo ora i punti A, B, C e D nel caso della sezione rettangolare dotata di
armatura doppia simmetrica As = A’s.

Le coordinate del punto A (compressione centrata) si trovano immediatamente:

MA = 0

NA = C + C’ + T = fcdbH + 2 As fyd

così come quelle del punto D (trazione centrata):

MD = 0

ND = - 2 As fyd

Il punto B è rappresentativo del simultaneo collasso del conglomerato e dell’acciaio


(rottura bilanciata) e corrisponde al massimo valore possibile del Momento ultimo.
Il diagramma di deformazioni corrispondenti è rappresentato dal segmento che
separa le zone 3 e 4 del “serbatoio” dei diagrammi di rottura e che è definito,
superiormente da c = 3.5 ‰ ed, inferiormente, da s = fyd/Es.

Questa modalità di collasso simultaneo è possibile nella pressione eccentrica


qualsiasi sia la percentuale di armatura, al contrario del caso della flessione
semplice, dove essa non può verificarsi mai nel caso di armatura doppia simmetrica

195
ed è biunivocamente legata ad una particolare percentuale di armatura, detta
appunto “critica”, nel caso di armatura semplice.

Nella pressione eccentrica l’elemento critico non è la percentuale di armatura, ma la


coppia (Mult, Nult) che determina il contemporaneo collasso dei due materiali, ovvero
la eccentricità:

ecrit = (Mult/Nult)crit = Mbil/Nbil

Valutiamo Mbil ed Nbil.

La risultante delle tensioni di compressione C nel calcestruzzo vale:

C = 0,81 fcd b y

0,83  Rck
La tensione ultima nel calcestruzzo è: f cd  0,85 
1,5
La posizione dell’asse neutro è nota e vale:

 cu
y d
 cu   sy

Nel caso, in cui venga utilizzato acciaio tipo B450C si ha:

0.0035
y d  0.641 d
0.0035  450 / (1.15 x 200000)

C’, risultante delle tensioni di compressione nell’acciaio A’s, vale:

f yk
C’ = A’s fyd , in cui f yd 
1,15

e T, risultante delle tensioni di trazione, vale:

T = As fyd.

Poiché le armature tesa e compressa sono uguali ed entrambe snervate, esse


forniscono forze uguali e di segno opposto e quindi si ha C’ = T.

196
Pertanto lo sforzo normale ultimo Nbil si determina immediatamente imponendo
l’equilibrio alla traslazione:

C+C’-T=Nbil

da cui si ricava:

Nbil = C = 0,81 fcd b y

Il momento ultimo va calcolato rispetto al baricentro della sezione non fessurata.


Il contributo delle armature al momento ultimo è As fyd (d-d’) e quindi si ha che:

Mbil = Nbil x (H/2 - 0.416 y) + As fyd (d-d’)

L’eccentricità critica vale allora:

ecrit 
M bil

 2 
N bil  H  0, 416 y  As f yd ( d  d ' )
N bil 0,81 f cd by

L’angolo corrispondente, sul diagramma che contiene la curva di interazione è,


naturalmente:

crit = arctg (ecrit)

Quando l’angolo  è minore di crit, oppure l’eccentricità e è minore di ecrit si ha


rottura fragile, altrimenti si ha rottura duttile.
I punti del ramo superiore AB della curva di interazione corrispondono a condizioni di
rottura fragile, dovuta allo schiacciamento del calcestruzzo, mentre i punti del ramo
inferiore BCD si riferiscono a crisi la cui causa primaria è lo snervamento dell’acciaio
teso.

197
Nel caso del punto C (flessione semplice) l’acciaio compresso non può essere
snervato, la deformazione ultima del calcestruzzo è pari al 3,5‰ e quella dell’acciaio
teso è molto maggiore della deformazione allo snervamento.

Per essa naturalmente si ha: NC = 0.

Per valutare MC occorre determinare la posizione dell’asse neutro, y, tramite


l’equazione di equilibrio delle forze interne C + C’= T.

Poiché l’acciaio teso è snervato, T è nota e vale:

T = fyd As

La risultante di compressione nel calcestruzzo è:

C = 0,81 fcd by

Per quanto riguarda C’, la tensione di compressione nell’acciaio dipende dalla


deformazione unitaria dell’acciaio compresso, che non è snervato:

C '   s' As'  E s  s' As'

Il valore della deformazione unitaria dell’acciaio compresso si ricava facilmente


mediante la similitudine di triangoli:

yd'
 's   cu
y

in cui cu =3,5 ‰

198
L’equazione di equilibrio diviene pertanto:

3 y  d'
0,81 f cd by  Es 3,5 10 As  f yd As
y
Sviluppando si ottiene l’equazione di secondo grado determinatrice della posizione
dell’asse neutro:


0,81 f cd by 2  Es 3,5 103  f yd A y
s  Es 3,5 103 As d '  0

che vale quindi:

  A   E 3,5 10 
2
 Es 3,5 103  f yd s s
3
 f yd As2  4  0,81 f cd b  Es 3,5 103 As d '
y
2  0,81 fcd b

La conoscenza dell’asse neutro permette infine di valutare la deformazione unitaria


dell’acciaio teso:

dy
 s   cu
y

e di controllare la deformazione dell’acciaio compresso:

yd'
 's   cu
y
Infine si può valutare il momento ultimo della sezione:

MC = C (1-0.416) y + C’ (y-d’) + T (d-y)

199
PROBLEMI DI PROGETTO CONDIZIONATO
I problemi di progetto condizionato dei pilastri si affrontano utilizzando una delle
seguenti procedure.

a) Prima procedura (costruzione manuale del dominio di interazione M-N)


- Si assegna, in via di tentativo, il valore dell’area di acciaio As ed A’s, nella maggior
parte dei casi simmetrica;
- si costruisce per punti il corrispondente dominio di interazione M-N (può accadere
che non sia necessario determinare tutti i punti significativi del dominio, in funzione
dei valori dello sforzo normale e del momento di progetto);
- si controlla che il punto Md,Nd sia interno alla sezione;
- in caso contrario si modifica opportunamente l’area di acciaio e si ripete la
procedura.

b) Seconda procedura (utilizzo di tabellazioni o grafici)


Sono disponibili in letteratura tabellazioni e grafici che forniscono le coordinate dei
domini di interazione M-N di pilastri rettangolari, espressi in forma adimensionale, del
tipo di quello riportati nella pagina seguente.
Il grafico della pagina seguente è relativo ad un valore prefissato del rapporto tra
copriferro ed altezza totale della sezione: c/H = 0,10. L’armatura è doppia
simmetrica: As=A’s

Si definiscono le seguenti grandezze:

Momento flettente adimensionale:

Md
d 
b  H 2  fcd

Sforzo normale adimensionale:

Nd
d 
b  H  f cd

Percentuale meccanica d’armatura:


As f yd
d  
b  H fcd
200
3
2.8
2.6
2.4
2.2
2
1.8
1.6
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0 0
0 0.
-0.2 25
0.
-0.4
50
0.
-0.6
75
-0.8 0.
0
.0
-1 =1
 d

-1.2
-1.4
-1.6
-1.8
-2
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

d

Dominio N-M normalizzato per c/H = c’/H = 0,10.

Si entra nel grafico con il momento flettente e lo sforzo normale adimensionale e si


legge il valore corrispondente della percentuale meccanica di armatura d.
Si ricava quindi l’armatura invertendo la relazione che definisce d.
f cd
As  As'   d b  H
f yd
201
LEZIONE N° 46

LA TORSIONE ALLO S.L.U.

Supponiamo di sottoporre a prova di carico una trave di cemento armato avente


sezione rettangolare b x H soggetta a momento torcente uniforme.
All’interno di ogni sua sezione trasversale si sviluppano delle tensioni tangenziali che
sono nulle in corrispondenza dell’asse longitudinale ed assumono il valore massimo:

 2, 6  T
 max   3   con  b  H 
 0, 45  H b  Hb 2

sul lato più corto del rettangolo (I stadio).


Quando la tensione tangenziale raggiunge il valore massimo compatibile con la
resistenza a trazione del calcestruzzo la trave si fessura, sviluppando lesioni ad elica
che si avvolgono intorno alla trave stessa (II stadio).
Il modello di calcolo adottato per studiare il comportamento a torsione allo stato limite
ultimo (III stadio) è costituito da una trave reticolare tubolare.
Si tratta, in sostanza, di un traliccio di Mörsch spaziale formato da correnti
longitudinali di acciaio, da montanti di acciaio (staffe) e da puntoni di calcestruzzo.
A differenza del taglio tutti i correnti longitudinali risultano tesi, mentre le staffe
continuano ad essere tese e le bielle di calcestruzzo compresse.
Questo comportamento verrà meglio chiarito nel seguito
In favore di sicurezza si suppone reagente esclusivamente la “crosta” di calcestruzzo
disposta all’esterno della sezione, di
spessore t.
Difatti il contributo alla capacità resistente
a torsione della parte più interna non
fessurata è trascurabile, in virtù del valore
esiguo dei bracci delle tensioni tangenziali.
Consideriamo una sezione trasversale
della trave cava (poiché tubolare) che così
si viene a determinare.

202
Il valore delle tensioni tangenziali che agiscono su di essa può essere determinato
applicando la formula di Bredt:

T

2 At

in cui T è il momento torcente e A è l’area del poligono tratteggiato in figura, avente


perimetro um (non necessariamente passante per le armature longitudinali).
La Norma Italiana suggerisce di calcolare lo spessore della sezione cava come:
t = Ac/u, in cui Ac è l’area della sezione di carpenteria ed u è il perimetro esterno della
sezione . Noto t è evidentemente possibile determinare A ed um.

A = (b-t)(H-t)
um=[(b-t)+(H-t)]x 2

Sulla generica lastra che compone la sezione cava agisce pertanto la forza
tangenziale:
T
F  t z  z
2A
in cui z è la altezza della lastra.

La diagonale di calcestruzzo è sottoposta, per soddisfare l’equilibrio alla traslazione,


alla forza di compressione:

F T
Fd   z
sin  2 A sin 

203
Per l’equilibrio del nodo A la forza F nella barra superiore è di trazione:

T cos  T cot g 
F  Fd cos   z z
2 A sin  2A

così come quella Fs nella staffa:


T
Fs  Fd sin   z
2A

Con riferimento alla figura a lato la forza nella


barra inferiore è anch’essa di trazione e vale
anch’essa:
T cos  T cot g 
Fl  Fd cos   z z
2 A sin  2A
La forza complessiva in tutte le barre
longitudinali si ottiene facilmente considerando
al posto dell’altezza z della lastra, il perimetro medio um:

T cot g 
F  l
2A
um

Nel caso in cui il passo delle staffe sia inferiore a z cot g  , è possibile considerare la
presenza di n tralicci multipli sfalsati fra di loro del passo s, con:
z cot g 
n
s
e determinare quindi:

T z T
Fs   s
2 A n 2 A cot g 

La verifica a torsione nel III stadio consiste nel confrontare fra loro il valore della
torsione di calcolo esterna TEd, dovuta ai carichi “di calcolo” applicati, e la torsione di
calcolo interna TRd, dovuta al contributo resistente dell’acciaio, sia quello delle staffe,
che quello delle barre longitudinali.
Dovrà inoltre essere accertato che le bielle di calcestruzzo compresse non si
rompano per schiacciamento.

204
I valori della torsione di calcolo interna TRd sono dunque tre:

a) quella dovuta all’armatura longitudinale tesa che ha raggiunto lo snervamento;


b) quella dovuta all’armatura trasversale tesa che ha raggiunto lo snervamento;
c) quella dovuta alle bielle oblique di calcestruzzo compresso, considerato alla
soglia dello stato limite ultimo.

Utilizzando la simbologia della Normativa Italiana, la torsione di calcolo esterna TEd


deve essere confrontata separatamente con ognuno dei valori di calcolo interni TRsd,
TRld e TRcd, rispettivamente corrispondenti all’armatura trasversale, all’armatura
longitudinale ed alle bielle di calcestruzzo:

TEd  TRsd (armatura trasversale)


TEd  TRld (armatura longitudinale)
TEd  TRcd (calcestruzzo delle bielle)

Nel caso della verifica dell’armatura longitudinale evidentemente si ha:

F  f A
l yd l ,

in cui A l è il simbolo adottato dalla Normativa italiana per indicare l’area

complessiva delle barre longitudinali.

Utilizzando l’espressione:

T cot g 
F  l
2A
um  f yd  Al

si ricava il momento torcente ultimo per le barre longitudinali:

TRld  2 A  l  f yd cot g 
A
um

Nel caso della verifica dell’armatura trasversale (staffe) si ha:

Fs  As f yd

ed utilizzando la:
205
T
Fs  s
2 A cot g 
si ricava il momento torcente ultimo per le staffe:

As
TRsd  2  A f yd  cot g 
s

Per quanto riguarda la verifica del calcestruzzo delle bielle si osserva che una biella
di calcestruzzo si rompe quando

Fd   cu Abiella   cu t hbiella

Come si può vedere dall’esame della


figura, l’altezza della biella è:

hbiella  z cot g   sin 


e quindi:
Fd   cu Abiella   cu t z cot g   sin 

Poiché la forza nelle bielle è pari a:

F T
Fd   z,
sin  2 A sin 

si ottiene:

TRcd  2  A  t   cu  cot g   sin 2 

Si può poi scrivere:

sin 2  1 1 1
sin 2     
sin   cos  sin   cos 
2 2 2 2
cos  1  cot g 2
2
1 
sin 2  sin 2 
e quindi si ottiene:


TRcd  2  A  t   cu  cot g  1  cot g 2 
206
Le Norme Tecniche Italiane assumono:

 cu  f cd'  0,5 f cd

Si giunge quindi alla espressione:


TRcd  A  t  f cd  cot g  1  cot g 2 
E’ opportuno precisare che la Norma Italiana pone:

t = Ac/u

e consente di variare l’inclinazione  delle bielle di calcestruzzo nei limiti:

0, 4  cotg   2,5

che corrisponde ad imporre i seguenti limiti su :

68, 2   21,8

Si osserva che 68,2° = 90° - 21,8° e che quindi il campo di variazione dell’angolo  è
simmetrico rispetto al valore medio 45°.
Nel caso, peraltro frequente nelle applicazioni, di presenza di sollecitazioni
composte, la Norma Italiana fornisce le seguenti indicazioni:

a) Torsione, flessione e sforzo normale.


Le armature longitudinali di torsione calcolate come sopra indicato si sommano a
quelle di flessione.

Si applicano inoltre le seguenti regole:


- nella zona tesa all’armatura longitudinale richiesta dalla sollecitazione di flessione e
sforzo normale, deve essere aggiunta l’armatura richiesta dalla torsione;
- nella zona compressa, se la tensione di trazione dovuta alla torsione è minore della
tensione di compressione nel calcestruzzo dovuta alla flessione e allo sforzo
normale, non è necessaria armatura longitudinale aggiuntiva per torsione.
207
b) Torsione e taglio.
Per la verifica delle bielle compresse deve risultare:

TEd VEd
 1
TRcd VRcd

Il calcolo delle staffe può effettuarsi separatamente per la torsione e per il taglio,
cumulando quindi le aree delle sezioni.
Per l’angolo  delle bielle compresse deve essere naturalmente utilizzato lo stesso
valore sia per la torsione che per il taglio.

208
LEZIONE N° 47

ELEMENTI SNELLI

Ci occuperemo, nell’ambito del Corso di Tecnica delle Costruzioni, soltanto degli


effetti indotti nei pilastri dalle deformazioni del secondo ordine dovute alla curvatura
della linea d’asse per pressoflessione.
Non tratteremo quindi degli effetti dovuti alle deformazioni indotte dal taglio e dalla
torsione e dei fenomeni di instabilità locale delle pareti sottili.
La normativa italiana sul c.a. esclude per i pilastri il caso della compressione
centrata, imponendo di considerare sempre, nei calcoli, almeno una eccentricità
minima non intenzionale. E’ quindi sempre presente un momento del I ordine.

La normativa prescrive di considerare un difetto di rettilineità dei pilastri e quindi una


1
eccentricità non intenzionale della forza assiale pari ad della loro lunghezza.
300

Nel caso di pilastri singoli la normativa consente di trascurare gli effetti del II ordine
0
se la snellezza ,   , calcolata come rapporto tra la lunghezza libera di inflessione
i
ed il raggio d’inerzia della sezione di calcestruzzo non fessurato, non supera il valore
limite:

C
lim  15, 4

dove:

  N Ed  Ac  fcd  è l’azione assiale adimensionale;

C  1, 7  rm dipende dalla distribuzione dei momenti flettenti del I ordine

(0,7 C2,7);
rm  M 01 M 02 è il rapporto fra i momenti flettenti del I ordine alle due estremità

del pilastro, positivo se i due momenti sono discordi (con


M 02  M 01 ).

208
Naturalmente  0 va definita sulla base dei vincoli di estremità e dell’interazione con

eventuali elementi contigui.

E’ opportuno ricordare che nel caso delle colonne di acciaio sottoposte a sforzo
normale ed al momento flettente dovuto alla presenza della eccentricità del carico,
l’analisi della stabilità è stata eseguita considerando una configurazione perturbata
dell’asta ed imponendo l’equilibrio tra momento esterno e momento interno:

M int  M est

d2y
M int   EJ
dx 2
M est  N   e  y 

Nel caso dei pilastri di cemento armato la


valutazione del momento interno è molto più
complicata, in quanto il momento d’inerzia della
sezione, cosi come il modulo elastico, dipende
dall’ascissa x:
d2y
M int   EJ  x 
dx 2
Difatti le varie sezioni disposte lungo lo sviluppo
della colonna presentano un momento d’inerzia
variabile in funzione della posizione dell’asse neutro, che risente degli effetti della
fessurazione del calcestruzzo teso. Inoltre anche il modulo elastico è variabile con lo
stato di sollecitazione.
Di conseguenza la soluzione dell’equazione differenziale dell’equilibrio

d2y N N e
 y
dx 2
EJ  x  EJ  x 

non può essere trovata in forma chiusa, ma occorre fare riferimento a tecniche
numeriche.

209
In ogni caso la crisi di un pilastro snello di c.a. può manifestarsi in uno dei due modi
seguenti:

a) rottura della sezione per raggiungimento della cu (2 ‰ < cu ≤ 3.5 ‰) (punto B);
b) instabilità dell’asta per divergenza dell’equilibrio (punto C).

Naturalmente si verifica la modalità di rottura cui corrisponde il carico assiale N


minore.
Consideriamo il dominio di interazione della sezione più sollecitata, quella situata a
metà altezza della colonna ed alla quale corrisponde la deformata ymax.

La crisi del primo tipo differisce da quella dei pilastri tozzi (punto A) per il fatto che il
momento MB è fornito dalla somma N B  e  N B  yB , in cui yB è il valore massimo della

deformata dell’asta.

La curva OB può essere costruita per punti dal basso (N = 0), facendo crescere lo
sforzo normale fino ad NB e determinando per ogni valore di N la configurazione
equilibrata corrispondente dell’intera asta.
Una volta nota la deformata si valuta il suo valore massimo ymax ( a metà della
lunghezza libera di inflessione) e quindi il momento flettente corrispondente:
MB = NB (e + ymax).
I valori M,N individuano un punto sulla curva OB.

210
Quando nella fibra più compressa (al bordo) della sezione più sollecitata il
calcestruzzo raggiunge la deformazione di rottura cu, il punto rappresentativo dello
stato di sollecitazione (M, N) tocca la frontiera del dominio di interazione nel punto B.
Il punto B’, che corrisponde alla rottura per divergenza dell’equilibrio, non può essere
raggiunto perché si verifica prima la rottura della sezione per superamento della
resistenza del materiale.
La crisi del secondo tipo (punto C) è segnalata dall’esistenza di un valore di picco
della forza N, cui fa seguito un ramo cadente.
Il punto C’, che corrisponde alla rottura della sezione per superamento della
resistenza del materiale, non può essere raggiunto perché si verifica prima la rottura
per divergenza dell’equilibrio.
Per descrivere più in dettaglio il fenomeno può essere utilizzato il diagramma
“momento - spostamento massimo”.

Nel diagramma lo sforzo normale Nd è costante. Il momento esterno è rappresentato


dalla linea retta tratteggiata Md = Nd(e + ymax); il momento interno MRd dal diagramma
curvilineo.
Se la retta del momento esterno interseca la curva del momento interno nei punti 1 e
2, il punto 1 rappresenta una condizione di equilibrio stabile, poiché aumentando ymax

211
risulta ∆Md < ∆MRd, mentre il punto 2 rappresenta una condizione di equilibrio
instabile, perché aumentando ymax risulta ∆Md > ∆MRd.
Aumentando l’eccentricità e i punti 1 e 2 si avvicinano tra loro, fino ad incontrarsi nel
punto 3, in cui si verifica sempre una condizione di equilibrio instabile, in quanto una
qualsiasi variazione di ymax conduce a Md > MRd.

IL METODO DELLA COLONNA MODELLO

Un metodo di analisi semplificato per la valutazione della stabilità dell’equilibrio di


pilastri snelli in c.a. è quello detto “della colonna modello”.
Consideriamo un pilastro singolo incastrato al
piede in A e libero in sommità in B.
Con riferimento alla figura si adotta l’ipotesi
semplificata di descrivere la sua deformata
mediante la funzione:

 x 
y   sin   
 0 

Le condizioni al contorno sono rispettate.


Difatti:

0 
per x  si ha y   sin    
2  2
per x  0 si ha y   sin  0   0

Calcoliamo quindi la curvatura:

  x 
y'   cos   
0  0 

2
   x 
y     sin   
''

 0   0 

1
  y ''
r
212
2 2
 1     
Per x  0 si ha     sin       , da cui si ricava:
2 r  0   2  0 

 20 1  20 1
 
 2 r 10 r

Il pilastro AB, la cui deformata è espressa in modo esatto dalla relazione:

 20 1

10 r
si definisce “colonna-modello”.

Il momento flettente totale alla sua base è:

M = MI + MII

in cui MI è il momento del primo ordine ed MII è il momento aggiuntivo, del secondo
ordine, MII = N .

Note le caratteristiche geometriche e meccaniche della sezione di base e nota la


1
relazione M  N  correlativa, il momento massimo del I ordine che il pilastro può
r
sopportare è:

 1 2 
M 1Rd  max  M Rd  N d   0 
 r 10 

in cui M 1Rd è il momento resistente del I ordine disponibile per l’assorbimento della

sollecitazione di calcolo M d ;

M Rd è il momento resistente di calcolo della sezione critica, che è quella di base.

1
Il momento M Rd si individua là dove la differenza tra l’ordinata della curva M Rd  ,
r
tracciata per lo sforzo normale di calcolo Nd e quella rappresentativa dell’effetto del II
ordine raggiunge il suo massimo valore (vedi figura alla pagina seguente).

213
1
Questa procedura richiede quindi la conoscenza del diagramma M Rd  della
r
sezione di base per N = Nd.
E’ da notare, comunque, la semplificazione rispetto al caso generale, in cui la
1
conoscenza del legame M Rd  è richiesta in ogni sezione, al fine di procedere, per
r
integrazione, alla determinazione della linea elastica.

1
Programmi per la costruzione delle curve M Rd  sono disponibili gratuitamente in
r
rete.

214
LEZIONE N° 48

I PLINTI

Scopo delle strutture di fondazione è quello di trasmettere al terreno i carichi che


provengono dalla sovrastrutture, operando nel contempo una riduzione delle tensioni.
Difatti la resistenza alla compressione del terreno è molto più bassa di quella dei
pilastri di cemento armato, tipicamente 25-50 volte più piccola e quindi l’area di
appoggio sul terreno della struttura di fondazione deve essere 25-50 volte più grande
del pilastro che da esso spicca.
Come è noto le fondazioni possono essere di tipo diretto (plinti, travi rovesce, platee,
ecc..) oppure di tipo indiretto (pali).
Per ragioni di tempo in questa sede noi fisseremo l’attenzione sui plinti.
La configurazione tradizionale del plinto di cemento armato è quella a tronco di
piramide, come si può vedere nella figura sottostante.

( da E. F. Radogna, Appunti di Tecnica delle Costruzioni I, 1975)

214
La geometria del componente strutturale nasce naturalmente dal fatto che le
isostatiche di compressione che provengono dal pilastro tendono ad allargarsi nel
corpo del plinto, operando una diffusione del carico approssimativamente a 45°.
E’ consuetudine definire “alti” i plinti in cui l’angolo di diffusione β è maggiore o
uguale a 45° e bassi quelli in cui l’angolo β è minore di 45°.

( da E. F. Radogna, Appunti di Tecnica delle Costruzioni I, 1975)

Naturalmente i plinti alti sono più rigidi di quelli bassi, ed in questo senso sono
preferibili, ma ragioni di carattere pratico, quali l’ingombro in altezza ed il quantitativo
di materiale necessario alla loro costruzione, ne hanno limitato l’impiego.
Il modello di calcolo che si utilizza per il dimensionamento delle armature dei plinti alti
è quello a “tirante-puntone”. I puntoni sono bielle di calcestruzzo rappresentative
delle isostatiche di compressione che agiscono all’interno del plinto, mentre il tirante
è costituito dalle armature metalliche disposte sul fondo del plinto.

215
( da E. F. Radogna, Appunti di Tecnica delle Costruzioni I, 1975)

La forza di trazione Ta agente nell’armatura può essere determinata mediante


semplici considerazioni di equilibrio:

Ta ba

P4 3a
e quindi l’armatura metallica è:
P ba
Ta    f yd As
12 h
P ba
As   
12 f yd h

216
L’armatura viene uniformemente distribuita sul fondo del plinto.

( da E. F. Radogna, Appunti di Tecnica delle Costruzioni I, 1975)

217
Nel caso dei plinti bassi il modello di calcolo che si utilizza è invece quello di piastra
incastrata in corrispondenza del pilastro.

( da E. F. Radogna, Appunti di Tecnica delle Costruzioni I, 1975)

Una volta determinata l’armatura in una direzione mediante un calcolo approssimato


a mensola, la si dispone distribuendola in pianta secondo lo schema seguente:

218
Si suddivide l’impronta del plinto in tre strisce A, B e C, con AB =AA + AC.
Quindi alla striscia B si attribuisce il 75% di As ( e non il 50 % di competenza
proporzionale alla superficie della striscia B) ed il 12,5 % di As alle strisce A e C.
Si avranno pertanto barre “a staffone” (pos. 1), accoppiate con ferri sagomati (pos.
3), nella parte centrale del plinto, mentre il resto dell’armatura è realizzato con barre
diritte (pos.1). Ferri anulari (pos. 4) completano la gabbia tridimensionale di armatura.

219
Mentre nei plinti alti non è necessario, normalmente controllare la resistenza al
punzonamento, ciò va fatto nel caso dei plinti bassi.

Peraltro la tendenza attuale è quella di realizzare i plinti con una lastra di spessore
costante. Se lo spessore è pari all’incirca alla dimensione del massimo sbalzo si
realizza un plinto altro, in caso contrario (spessore inferiore) un plinto basso.

220
ELEMENTI TOZZI

Nelle strutture tozze, quali ad esempio le mensole, le seggiole di appoggio di travi, i


plinti alti, ecc.., lo stato tensionale all’interno dell’elemento si discosta
considerevolmente da quello delle travi e la teoria che abbiamo sviluppato
relativamente a queste ultime non è più applicabile.
Per il dimensionamento della carpenteria e delle armature si utilizzano invece modelli
composti di puntoni di calcestruzzo e tiranti di acciaio (“strut-and-tie models”) che
presentano una evidente analogia con il modello a traliccio utilizzato per la flessione
e taglio.
Nella figura sottostante, tratta da F. Leohnardt, è rappresentato l’andamento delle
linee isostatiche in due mensole di cemento armato non fessurate.

Osservando la mensola b) si nota che l’angolo in basso a destra nel disegno è


praticamente scarico, a conferma del fatto che il meccanismo resistente è ben
rappresentato da un tirante di acciaio e da un puntone di calcestruzzo.

221
Gli studi sperimentali hanno evidenziato che nella progettazione delle mensole di
cemento armato è opportuno prevedere l’altezza d maggiore della lunghezza a dello
sbalzo.
I tiranti ed i puntoni del modello di calcolo sono disposti seguendo tali linee, secondo
a
lo schema seguente, nel quale è opportuno che sia 0,5   1.
d

0,1h

d
h
d

Le barre tese corrispondenti al tirante, che costituiscono l’armatura principale, è bene


siano distribuite nell’ambito di un’altezza pari a d/4 misurata a partire dalla superficie
superiore.
Ulteriori armature orizzontali od, eventualmente inclinate verso l’angolo in alto a
sinistra del disegno vengono inserite per prevenire l’instabilità del puntone
compresso di calcestruzzo.
Naturalmente le forze nel tirante e nel puntone possono
essere ricavate da semplici considerazioni di equilibrio.
Nella figura si ha:
0,9h
tg 
a  0, 2  h
P
C
sin 
cos  P a  0, 2h
T  C cos   P  P
sin  tg 0,9h
Un esempio di corretta disposizione di armature, tratto da F.
222
Leohnardt, è rappresentato nella figura seguente.

Analogo problema si presenta nelle seggiole di appoggio delle travi.

223
Anche in questo caso è possibile adottare per il calcolo un modello a traliccio, con la
possibilità di scegliere fra i due schemi seguenti.

Con riferimento al caso a), si scrive l’equilibrio alla rotazione rispetto al punto P:

Ae
ZA  H
zk

Nel caso di traliccio semplice:

ZV  A

Nella realtà saranno presenti più tralicci e quindi Zv si ridurrà di conseguenza.


Con riferimento al caso b), si ha, invece:

ZA  H

A
ZS 
sin 
Una possibile disposizione delle armature è rappresentata nella figura seguente.

224
Le Norme Italiane precisano che le verifiche di sicurezza devono essere condotte nei
riguardi di:
- resistenza dei tiranti costituiti dalle sole armature (Rs);
- resistenza dei puntoni di calcestruzzo compresso (Rc);
- ancoraggio delle armature (Rb).
- resistenza dei nodi (Rn).

E che deve risultare la seguente gerarchia delle resistenze Rs < (Rn , Rb , Rc).
Con riferimento alla mensola di c.a. si ha:
a  0, 2d
Rs  As f yd  P
0,9d
c P a  0, 2d
Rc  0, 4  b  d  f cd  (avendo posto:    cot g   )
1  2
sin  0,9d

con c=1 per sbalzi di piastre non provvisti di staffatura e c=1,5 per sbalzi di travi
provvisti di staffatura.

Si osserva che il coefficiente 0,4 riduce la resistenza del calcestruzzo, come nel caso
del taglio, nel qual caso, però, esso vale 0,5. Siamo quindi in presenza di un ulteriore
coefficiente di sicurezza pari a 0,5/0,4 = 1,25.
Viceversa il termine 1   2 è equivalente a quello 1+ cotg 2 del taglio e serve a
valutare l’altezza della sezione del puntone di calcestruzzo.

225
PUNZONAMENTO

Il punzonamento è un fenomeno di rottura caratteristico delle piastre e dei plinti


bassi, che consiste nello sfondamento della piastra sotto l’azione di forti carichi
localizzati su aree ristrette.
Nelle piastre di c.a. le esperienze hanno chiarito che la rottura avviene secondo
superfici inclinate sull’orizzontale meno di 45° (circa 26°), predisposte dalla
fessurazione obliqua.
Quest’ultima parte dall’intradosso, alla distanza 2d dal pilastro e si propaga verso
l’alto. La zona in cui può avvenire il trasferimento del taglio si riduce alla sola zona
compressa di calcestruzzo vicina al pilastro.
In questa zona si instaura uno stato di tensione triassiale e si verifica la rottura del
calcestruzzo compresso.
La verifica viene eseguita con riferimento alla capacità di trasmettere il taglio, come
se si trattasse di una trave non dotata di armature per il taglio.
Secondo la Normativa Italiana la verifica è eseguita su una superficie di calcolo
avente come altezza d lo spessore della piastra (fino alle armature) e come sviluppo
longitudinale il perimetro u del contorno ottenuto a partire dal contorno effettivo della
zona in cui il carico è applicato mediante una traslazione verso l’esterno di 2d.

226
Ad esempio se il carico N è applicato tramite un pilastro quadrato di lato a, il
perimetro di calcolo risulta:

u = 4(a + 4d)

La Forza resistente al punzonamento FR si può quindi calcolare applicando la


relazione:


FR  VRd  0,18  k 100  l  f ck 
13

 c  0,15   cp bw  d

con la limitazione: FR  VRd   vmin  0,15   cp  bw  d ,

in cui bw = u.

Per quanto riguarda la percentuale di armatura l , si può considerare la media

geometrica delle percentuali di armatura nelle due direzioni ortogonali:

l  lx  ly

227
LEZIONI N° 49 E 50

ANALISI ELASTICA DELLA SEZIONE INFLESSA

Per quanto riguarda la sicurezza in condizioni di servizio è necessario valutare la


grandezza delle tensioni nei materiali (sia il calcestruzzo, che l’acciaio teso, che
l’eventuale acciaio compresso) e verificare che esse non siano superiori ai valori
ammissibili indicati dalla normativa.
A questo proposito le norme specificano:

Tenuto conto che le sollecitazioni agenti in condizioni di esercizio non sono tali da
produrre fenomeni non-lineari nei materiali, l’analisi viene condotta applicando la
tecnica della omogeneizzazione operando in campo elastico lineare.

221
VERIFICA DELLA SEZIONE RETTANGOLARE INFLESSA (SEMPLICE
ARMATURA)

Iniziamo ad esaminare il caso della sezione rettangolare inflessa con semplice


armatura.
Trattandosi di un problema di verifica sono note in modo completo la geometria
(carpenteria) della sezione, l’area e la posizione dell’armatura metallica, il momento
flettente applicato (MEd) e le caratteristiche meccaniche dei materiali, specificate
mediante le rispettive tensioni ammissibili (  cper il calcestruzzo e  s per l’acciaio).

LE IPOTESI DI BASE

Le ipotesi di base che si utilizzano nell’analisi lineare della flessione sono quattro:

1) vale la conservazione delle sezioni piane, cioè la variazione delle deformazioni


unitarie (y) sulla sezione è lineare;
2) l’aderenza fra l’acciaio ed il calcestruzzo è perfetta (c=s), così da escludere
qualsiasi scorrimento relativo fra le armature e la matrice lapidea che le avvolge
(questa ipotesi è necessaria perché valga l’ipotesi 1);
3) il calcestruzzo teso viene considerato non reagente;
4) legami costitutivi lineari sia per il calcestruzzo che per l’acciaio.

Come si può vedere l’unica differenza rispetto alla verifica allo stato limite ultimo è
rappresentata dai legami costitutivi utilizzati per i materiali.

222
Determiniamo, innanzitutto, le risultanti delle tensioni di trazione (T) e di
compressione (C):

1
C   c' b y
2
T   s As

Ricerchiamo quindi la posizione dell’asse neutro y imponendo l’equilibrio alla


traslazione lungo l’asse della trave:

C-T=0

Sostituendo si ha:

1 '
 c b y   s As  0
2

Utilizzando l’ipotesi di legame elastico lineare possiamo scrivere:

 s  Es  s
e
 c'  Ec c'

E’ utile esprimere anche  s in funzione della deformazione unitaria del calcestruzzo

al lembo compresso  c' .

Per l’ipotesi di perfetta aderenza tra acciaio e calcestruzzo si ha l’uguaglianza delle


deformazioni unitarie tra acciaio e calcestruzzo:  s   c e quindi si può scrivere:

 s  Es  s  Es  c

Utilizzando l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane possiamo scrivere, con


riferimento alla deformazione unitaria massima del calcestruzzo (  c' ):

dy
 s   c   c'
y

Si ha allora:

223
dy
 s  Es s  Es c  Es c'
y
Poiché:
 c'  Ec c' si ha che:

 c'
 c' 
Ec
Sostituendo si ottiene:
d  y Es ' d  y
 s  Es c'  c
y Ec y
Possiamo quindi definire il rapporto n fra i moduli elastici dell’acciaio e del
calcestruzzo (coefficiente di omogeneizzazione):

Es
n
Ec
Questo rapporto, che vale circa 7 considerando i valori effettivi dei moduli elastici dei
materiali, viene assegnato dalla normativa (in Circolare esplicativa) pari a 15 per
tener conto in modo forfetario delle ridistribuzioni di tensione fra acciaio e
calcestruzzo per effetto dello scorrimento viscoso del calcestruzzo.
Utilizzando questi nuovi elementi possiamo riscrivere la condizione di equilibrio alla
traslazione come:

1 ' 1 ' dy


 c b y   s As  0   c b y  n  c' As  0
2 2 y

Dividendo per  c' e moltiplicando per y otteniamo:

1 2
b y  n y As  n d As  0
2

Come si può osservare si tratta di una equazione algebrica di secondo grado, la cui
unica soluzione corrispondente ad un valore positivo di y è:

1
n As  n 2 As2  4  b  n dAs
2 nA 1 2 2
y  s  n As  2 b n dAs
1 b b
2 b
2

224
Si può quindi calcolare il momento di inerzia “ideale” della sezione di cemento armato
omogeneizzata a calcestruzzo:

1
J id  b y 3  n As  d  y 
2

Scrivendo poi l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse neutro, si ottiene:

2
C y  T  d  y   M Ed
3
Sostituendo le espressioni per C e T:

1 ' 2
 c b y  y   s As  d  y   M Ed
2 3

d  y  M
2
1 '
 c b y 2  n As c' Ed
3 y

Moltiplicando ambo i membri per y si ottiene:

1 
 c'  b y 3  n As  d  y    M Ed  y
2

3 

Si riconosce facilmente che il termine in parentesi quadre è il momento d’inerzia


ideale della sezione omogeneizzata e quindi la tensione massima di compressione
nel calcestruzzo vale:

M Ed
 c'  y
J id

La verifica è soddisfatta se  c'   c

dy
Analogamente per l’acciaio teso si ha (utilizzando la relazione  s  n  c' ):
y
M Ed
s  n d  y (verifica:  s   s )
J id

225
VERIFICA DELLA SEZIONE RETTANGOLARE INFLESSA (DOPPIA ARMATURA)

Continuiamo lo studio della sezione rettangolare inflessa esaminando il caso della


sezione con armatura doppia.
Trattandosi di un problema di verifica sono note in modo completo la geometria
(carpenteria) della sezione, l’area e la posizione dell’armatura metallica (sia quella
tesa che quella compressa), il momento flettente applicato (MEd) e le caratteristiche
meccaniche dei materiali, specificate mediante le rispettive tensioni ammissibili (  c
per il calcestruzzo e  s per l’acciaio).

Determiniamo, innanzitutto, le risultanti delle tensioni di trazione (T) e di


compressione (C e C’):

1
C   c' b y
2
C '   s'' As'

T   s As

Ricerchiamo quindi la posizione dell’asse neutro y imponendo l’equilibrio alla


traslazione lungo l’asse della trave:

C + C’ - T = 0

Sostituendo si ha:

1 '
 c b y   s'' As'   s As  0
2
226
Possiamo procedere in modo simile al caso della flessione semplice.
Utilizzando l’ipotesi di legame elastico lineare possiamo scrivere:

 s  Es  s ;

 s''  Es s''


e
 c'  Ec c'

E’ utile esprimere anche  s e  s'' in funzione della deformazione unitaria del

calcestruzzo al lembo compresso  c' .

Per l’ipotesi di perfetta aderenza tra acciaio e calcestruzzo si ha l’uguaglianza delle


deformazioni unitarie tra acciaio e calcestruzzo:  s   c e quindi si può scrivere:

 s  Es s  Ec c ;  s''  Es s''  Ec c''

Utilizzando l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane possiamo scrivere, con


riferimento alla deformazione unitaria massima del calcestruzzo (  c' ):

dy
 s   c   c'
y

y  d'
 s''   c''   c'
y

Si ha allora:
dy
 s  Es s  Es c  Es c'
y
e
y  d'
 s''  Es s''  Es c''  Es c'
y
Poiché:
 c'  Ec c' si ha che:

227
 c'
 c' 
Ec
Sostituendo si ottiene:
d  y Es ' d  y
 s  Es c'  c
y Ec y

y  d ' Es ' y  d '


 E
'
s  c
'
s c
y Ec y
Possiamo quindi definire il rapporto n fra i moduli elastici dell’acciaio e del
calcestruzzo (coefficiente di omogeneizzazione):

Es
n
Ec
Questo rapporto, che vale circa 7 considerando i valori effettivi dei moduli elastici dei
materiali, viene assegnato dalla normativa (in Circolare esplicativa) pari a 15 per
tener conto in modo forfetario delle ridistribuzioni di tensione fra acciaio e
calcestruzzo per effetto dello scorrimento viscoso del calcestruzzo.
Utilizzando questi nuovi elementi possiamo riscrivere la condizione di equilibrio alla
traslazione come:

' yd dy


'
1 ' 1 '
 c b y   s'' As'   s As  0   c b y  n c As'  n  c' As  0
2 2 y y

Dividendo per  c' e moltiplicando per y otteniamo:

2
   
b y  n y  d ' As'  n c'  d  y As  0  b y2  n As  As' y  n As' d '  Asd  0
1 2 1
2
 
Come si può osservare si tratta anche in questo caso di una equazione algebrica di
secondo grado, la cui unica soluzione corrispondente ad un valore positivo di y è:

y

n As  As' 1  
2

n2 As  As'  2 nb As' d '  Asd 
b b

Si può quindi calcolare il momento di inerzia “ideale” della sezione di cemento armato
omogeneizzata a calcestruzzo:

228
1
   
2 2
Jid  b y3  nAs' y  d '  n As d  y
3

Scrivendo poi l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse neutro, si ottiene:

C
2
3
  
y  C ' y  d '  T d  y  M Ed 
Sostituendo le espressioni per C, C’ e T:

1 '
2
2
 
 c b y y   s' As' y  d '   s As d  y  M Ed
3
 
   d  y
2 2
1 ' 2 y  d'
 b y  n As c
' '
 n As c'  M Ed
3 c y y

Moltiplicando ambo i membri per y si ottiene:

1 
 
 c'  b y3  n As' y  d '  n As  d  y   M Ed  y
2 2

3 

Si riconosce facilmente che il termine in parentesi quadre è il momento d’inerzia


ideale della sezione omogeneizzata e quindi la tensione massima di compressione
nel calcestruzzo vale:

M Ed
 c'  y
J id

La verifica è soddisfatta se  c'   c

dy
Analogamente per l’acciaio teso si ha (utilizzando la relazione  s  n  c' ):
y
M Ed
s  n d  y (verifica:  s   s )
J id
La verifica dell’acciaio compresso:

 s'  n
M Ed
Jid

 y  d' 
è automaticamente soddisfatta, tenendo conto del fatto che il rapporto tra la tensione
ammissibile dell’acciaio e quella del calcestruzzo è maggiore di n = 15.

229
ANALISI DELLA SEZIONE INFLESSA A “T” (SEMPLICE ARMATURA)

Nella verifica a flessione della sezione a T con semplice armatura possono verificarsi
due casi. Detto s lo spessore dell’ala della trave:

a) L’asse neutro taglia la soletta (y s);


b) L’asse neutro taglia l’anima della trave (y>s).

Il caso a) è, in realtà, un caso di flessione semplice di sezione rettangolare di


larghezza b’, in virtù dell’ipotesi di calcolo di calcestruzzo teso non reagente. Quindi è
un caso già studiato.
Il caso b) può essere trattato in modo analogo a quello di una sezione rettangolare
con doppia armatura.

1
C   c' b y
2
dy
T   s As  n As c'
y

La parte di calcestruzzo di larghezza b’-b e spessore s fornisce una forza di


compressione C’ che si può valutare nel modo seguente.

ys 1  ys
C '  C A'  CB'   c'  b ' b  s   c' 1    b ' b  s
y 2  y 

I punti di applicazione di C A' e di CB' distano dall’estradosso della trave:

230
s
per C A' :
2
s
per CB' :
3

Ricerchiamo quindi la posizione dell’asse neutro y imponendo l’equilibrio alla


traslazione lungo l’asse della trave:

C  C A'  CB'  T  0

1 ' ys 1  ys ' d  y


 c b y   c'  b ' b  s   c' 1    b ' b  s  nAs  c 0
2 y 2  y  y
1 2 1 1
b y   b ' b  y  s  s   b ' b  sy   b ' b  y  s  s  n As  d  y   0
2 2 2
1 2 1
b y   b ' b  sy   b ' b  s 2   b ' b  s 2  n As d  n As y  0
2 2
1 2 1
b y   b ' b  s  n As  y   b ' b  s 2  n As d  0
2 2

Si può quindi trovare la posizione dell’asse neutro y risolvendo l’equazione di


secondo grado precedente, calcolare quindi il momento d’inerzia della sezione ideale
omogeneizzata e le tensioni nei materiali.

    1
2
  b'  b s n As    b'  b s n As   4  b n Asd
    2
y 
1
2 b
2
 
 b  b s n A 
'


s 1  '
 
2
 b  b s n As   2b n Asd
b b  

Si può quindi calcolare il momento di inerzia “ideale” della sezione di cemento armato
omogeneizzata a calcestruzzo:

1
J id  b y 3  n As  d  y 
2

Scrivendo poi l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse neutro, si ottiene:

231
2  s  s
C y  C A'  y    CB'  y    T  d  y   M Ed
3  2  3

Sostituendo le espressioni per C , C A' , CB' e T si ha:

1 ' 2 ys  s  1  ys  s


 c b y  y   c'  b ' b  s  y     c' 1    b ' b   y   s   s As  d  y   M Ed
2 3 y  2 2  y   3

d  y  M
2
1 '
 c b y 2  n As c' Ed
3 y

Moltiplicando ambo i membri per y si ottiene:

1 
 c'  b y 3  n As  d  y    M Ed  y
2

3 

Si riconosce facilmente che il termine in parentesi quadre è il momento d’inerzia


ideale della sezione omogeneizzata e quindi la tensione massima di compressione
nel calcestruzzo vale:

M Ed
 c'  y
J id

La verifica è soddisfatta se  c'   c

dy
Analogamente per l’acciaio teso si ha (utilizzando la relazione  s  n  c' ):
y
M Ed
s  n d  y (verifica:  s   s )
J id

232
LEZIONE N° 51

ANALISI ELASTICA DELLA SEZIONE PRESSOINFLESSA

Come è stato nella lezione precedente per la flessione, anche in questo caso
affrontiamo un problema di verifica, con opportuna individuazione dei dati del
problema e correlative incognite.
Tenuto conto che le sollecitazioni agenti in condizioni di esercizio non sono tali da
produrre fenomeni non-lineari nei materiali, l’analisi viene condotta applicando la
tecnica della omogeneizzazione operando in campo elastico lineare.

LE IPOTESI DI BASE

Le ipotesi di base che si utilizzano nell’analisi lineare della pressoflessione sono


quattro:

1) vale la conservazione delle sezioni piane, cioè la variazione delle deformazioni


unitarie (y) sulla sezione è lineare;
2) l’aderenza fra l’acciaio ed il calcestruzzo è perfetta (c=s), così da escludere
qualsiasi scorrimento relativo fra le armature e la matrice lapidea che le avvolge
(questa ipotesi è necessaria perché valga l’ipotesi 1);
3) il calcestruzzo teso viene considerato non reagente;
4) i legami costitutivi sono lineari sia per il calcestruzzo che per l’acciaio.

Come si può vedere l’unica differenza rispetto alla verifica allo stato limite ultimo è
rappresentata dai legami costitutivi utilizzati per i materiali.

232
VERIFICA DELLA SEZIONE RETTANGOLARE PRESSOINFLESSA

Trattandosi di un problema di verifica sono note in modo completo la geometria


(carpenteria) della sezione, l’area e la posizione dell’armatura metallica tesa e
compressa, il momento flettente e lo sforzo normale applicati (MEd; NEd) e le
caratteristiche meccaniche dei materiali, specificate mediante le rispettive tensioni
ammissibili (  c per il calcestruzzo e  s per l’acciaio).

Per la linearità dei diagrammi tensioni-deformazioni si ha che la tensione nell’acciaio


teso è:
dy
 s  n  c'
y
e quella nell’acciaio compresso è:
y  d'
 s''  n  c'
y
Le risultanti delle forze interne sono:

1
C   c' b y
2
y  d'
C '  nAs'  c'
y
dy
T  nAs  c'
y

233
Ricerchiamo innanzitutto la posizione dell’asse neutro y imponendo l’equilibrio dei
momenti intorno al centro di pressione Cp.
Rispetto a tale polo svanisce il termine contenente NEd, in quanto lo sforzo normale è
proprio applicato nel centro di pressione.
Il centro di pressione dista dal baricentro del 1° stadio della sezione della quantità:
M
e (eccentricità)
N
che, a sua volta, è uguale a:
H
e u
2
E quindi:
H M H
u  e   
2 N 2

Imponiamo l’equilibrio alla rotazione intorno al centro di pressione.

M  0
 y
 
C ' u  d '  C  u    T u  d  
 3
y  d'  y dy
 c' nAs'
y
  1
u  d '   c' b y  u     c' nAs
2  3 y
u  d   0

Dividendo per  c' e sviluppando si ha:

y  d' y  d' 1 1 dy dy


nAs' u  nAs' d '  b uy  b y 2  nAs u  nAs d 0
y y 2 6 y y
Moltiplicando poi ambo i membri per y si ottiene:
1 1
nAs' uy  nAs' ud '  nAs' d ' y  nAs' d '2  b uy 2  b y 3  nAs ud  nAs uy  nAs d 2  nAs dy  0
2 6
1 3 1
b y  b uy 2  n  As uy  As dy  As' uy  As' d ' y   n  As ud  As d 2  As' ud '  As' d '2   0
6 2
1 3 1
6
   
b y  b uy 2  n  As  u  d   As' u  d '  y  n  As d  u  d   As' d ' u  d '   0
2

Questa è un’equazione di 3° grado, che determina la posizione dell’asse neutro.

234
Per determinare le tensioni massime nei materiali possiamo imporre l’equilibrio alla
traslazione secondo l’asse del pilastro:

C  C '  T  N Ed

Si ottiene:

1 ' y  d' d y
 c b y  nAs'  c'  nAs  c'  N Ed
2 y y
Raccogliendo a fattor comune il rapporto
 c'
y
si ha:

 c'  1 

y 2
 
b y 2  nAs' y  d '  nAs  d  y    N Ed

Si riconosce facilmente che il temine a primo membro racchiuso tra le parentesi


quadre è il momento statico rispetto all’asse neutro della sezione ideale
omogeneizzata, Sx.

Si ottiene quindi:

N Ed
 c'  y (formula monomia)
Sx

ed analogamente:

N Ed
s  n d  y (acciaio teso)
Sx

 s''  n
N Ed
Sx
 y  d' (acciaio compresso)

La verifica consiste nel controllare che i materiali non superino i corrispondenti valori
della tensione ammissibile.

235
LEZIONI N° 52, 53 E 54

STATI LIMITE DI ESERCIZIO

La normativa italiana sul c.a. prevede cinque tipi di verifiche in condizioni di esercizio:

a) verifiche di deformabilità,
b) verifiche di vibrazione,
c) verifiche di fessurazione,
d) verifiche delle tensioni di esercizio,
e) verifiche a fatica per quanto riguarda eventuali danni che possano compromettere
la durabilità.

Non ci occuperemo delle verifiche di vibrazione e a fatica.

VERIFICHE DI DEFORMABILITÀ

La verifica allo stato limite di deformazione consiste nel controllare che la


deformazione sia:

a) compatibile con la funzionalità dell’opera per tutte le condizioni d’impiego


previste;
b) convenientemente limitata in modo da evitare danni alle sovrastrutture adiacenti.

La deformazione istantanea deve essere verificata per le combinazioni di carico rare.

La deformazione a lungo termine deve essere verificata in presenza dei carichi


permanenti e quasi permanenti.

236
VERIFICHE A FESSURAZIONE

In ordine di severità decrescente si distinguono i seguenti stati limite:

 stato limite di decompressione, nel quale, per la combinazione di carico prescelta,


la tensione normale è ovunque di compressione (riguarda il c.a.p.);

 stato limite di formazione delle fessure, nel quale, per la combinazione di carico
prescelta, la tensione normale di trazione nella fibra più sollecitata è:
f ctm
t 
1, 2
con
f ctm  0,30  f ck2 3 per classi di calcestruzzo  C50/60

f ctm  2,12  ln 1  f cm 10 per classi di calcestruzzo > C50/60


(fcm = fck + 8 N/mm2)

 stato limite di apertura delle fessure nel quale, per la combinazione di carico
prescelta il valore limite di apertura delle fessure è pari ad uno dei seguenti valori
nominali:
w1=0,2 mm
w2=0,3 mm
w3=0,4 mm

La scelta del tipo di stato limite da prendere in considerazione può essere fatta in
funzione dei seguenti parametri:

 condizioni ambientali
 sensibilità alla corrosione dell’armatura

avvalendosi della tabella seguente, che indica anche il tipo di combinazione di carico
da utilizzare ed il valore nominale dell’ampiezza delle fessure da usare come
confronto.

237
Gruppi di Condizioni Combinazione di Armatura
esigenze ambientali azioni Sensibile Poco sensibile
Stato limite wd Stato limite wd
a Ordinarie Frequente Ap. Fessure  w2 Ap. Fessure  w3

Quasi permanente Ap. fessure  w1 Ap. Fessure  w2


b Aggressive Frequente Ap. Fessure  w1 Ap. Fessure  w2

Quasi permanente Decompressione - Ap. Fessure  w1


c Molto Frequente Formaz. fessure - Ap. Fessure  w1
aggressive Quasi permanente Decompressione - Ap. Fessure  w1

Stato limite di decompressione/Stato limite di formazione delle fessure


Le verifiche alla decompressione ed alla formazione delle fessure si eseguono molto
semplicemente utilizzando le sezioni omogeneizzate in fase non fessurata (I stadio).

Stato limite di apertura delle fessure


Più delicato è il caso dello stato limite di apertura delle fessure ed a questo proposito
è bene studiare preliminarmente il fenomeno dello sviluppo della fessurazione nel
cemento armato.

IL FENOMENO DELLA FESSURAZIONE DEL CALCESTRUZZO TESO

238
Consideriamo un’asta di cemento armato di lunghezza L contenente una sola barra
di acciaio.

Sia Ac l’area della sezione trasversale del calcestruzzo ed As l’area della barra di
acciaio.
Applichiamo alla barra una forza di trazione F.
Per effetto delle tensioni tangenziali di aderenza la forza di trazione nell’acciaio Fs si
trasferisce in parte nel calcestruzzo (Fc). Il trasferimento è in equilibrio ad una
distanza dall’inizio dell’asta detta lunghezza di trasferimento,  trasf .

Determiniamo ora la tensione nel calcestruzzo e nell’acciaio al termine della zona di


trasferimento.
Preliminarmente vediamo come la forza di trazione F si ripartisce tra acciaio e
calcestruzzo.
Per l’equilibrio possiamo scrivere:

F  Fs  Fc

Per la congruenza degli spostamenti, garantita dal fenomeno dell’aderenza si avrà:

239
s  c

Esprimiamo poi le deformazioni unitarie per mezzo della legge di Hooke:

s Fs
s  
Es As Es
c Fc
c  
Ec Ac Ec

Sostituendo nella equazione di congruenza  s   c  si ottiene:

Fs F
 c
As Es Ac Ec

Ricaviamo Fs

As Es
Fs  Fc
Ac Ec

e sostituiamoli nell’equazione di equilibrio F  Fs  Fc . Si ha:

 AE  A  nAs E
F  Fc  1  s s   Fc c in cui si è posto nc  s
 Ac Ec  Ac Ec

Si ottiene quindi:
Ac Ac As Es nAs
Fc  F ; Fs  F F
Ac  nAs Ac  nAs Ac Ec Ac  nAs

Le cercate tensioni valgono quindi:

F F
c  ; s  n
Ac  nAs Ac  nAs

Quando, in conseguenza dell’aumento della forza F, la tensione nel calcestruzzo


teso raggiunge il valore della resistenza a trazione f ct si verifica la fessurazione. La

forza corrispondente è:

240
Ffess  f ct  Ac  nAs 

La formazione della prima fessura provoca la comparsa di due nuove zone di


trasferimento di tensioni per aderenza.

La lunghezza della zona di trasferimento  trasf si determina scrivendo l’equilibrio tra la

forza di trazione nel calcestruzzo e la risultante delle tensioni di aderenza  ad tra

acciaio e calcestruzzo. Possiamo scrivere:

Fc   c Ac   ad  trasf 

in cui  è il diametro della barra di acciaio. Si ottiene:

 c Ac  c Ac 
 trasf  
 ad   ad As 4

E’ da notare che la lunghezza di trasferimento è diversa della lunghezza di


ancoraggio, anzi è certamente minore, in quanto al termine di essa continua a
permanere una tensione di trazione nell’acciaio, tensione determinata dalla
ripartizione delle tensioni tra acciaio e calcestruzzo. Viceversa al termine della
lunghezza di ancoraggio la tensione nell’acciaio è nulla perché la barra si interrompe.

Aumentando ancora la forza di trazione F le tensioni di trazione nel calcestruzzo nei


tratti a , b aumentano. In uno dei due si forma una nuova fessura con ulteriori due
zone di trasferimento.
Quando con aumenti progressivi di F si sono formate tante fessure al punto che non
vi è più spazio per la formazione di ulteriori zone di trasferimento la fessurazione si
dice “stabilizzata” in quanto non si possono formare più nuove fessure.

241
Ulteriori aumenti di F comportano solo un aumento dell’apertura delle fessure già
esistenti.

Valutiamo ora l’ampiezza di una fessura.


L’ampiezza di una fessura w è praticamente uguale all’allungamento  s dell’acciaio

tra due fessure consecutive.


Possiamo scrivere:

 sm
w   s   sm  im   im
Es

in cui
 sm è la deformazione unitaria media dell’acciaio tra due lesioni;
im è l’interasse medio tra due lesioni consecutive;
 sm è la tensione media dell’acciaio.

Occorre dunque valutare  sm e im .

Se supponiamo costanti le tensioni di aderenza, la forza di trazione nell’acciaio varia


linearmente tra F ed Fs e quindi:

F  Fs F  F  Fc F
Fsm   F c
2 2 2

242
im
Ma : Fc   ad  (la lunghezza di trasferimento è la metà dell’interasse tra due
2
Fc i
fessure) e quindi: Fsm  F   F   ad  m
2 4

La tensione media nell’acciaio si ottiene dividendo la forza media per l’area della
barra:

Fsm i 4 i
 sm    s   ad  m   s   ad m
As 4  2

Possiamo porre im     trasf con  compreso tra 1 e 2, nel senso che la lunghezza di

trasferimento non ha spazio per estendersi completamente per due volte (si
formerebbe una nuova fessura)

Possiamo calcolare la deformazione unitaria media dell’acciaio:

1  im  1     trasf 
 sm    s   ad    s   ad 
Es    Es   

Ricordando poi che la lunghezza di trasferimento è:

 c Ac  c Ac 
 trasf  
 ad   ad As 4

Si scrive:

1     trasf  1     c Ac 
 sm    s   ad    s  
Es    Es  4 As 

As
Definendo la percentuale di armatura   si può scrivere:
Ac

1  c 
 sm   s   
Es  4 

L’ampiezza della lesione è, quindi:


243
1  c  1  c  c 
 s   sm  im   s        trasf    s    
Es  4  Es  4    ad  4

Semplificando si ottiene:

  c   c 
w  s  
4 Es   ad  4  

Esaminando l’equazione si osserva che w diminuisce:


- al diminuire della tensione nell’acciaio, s;
- all’aumentare della percentuale di armatura, ;
- al diminuire del diametro della barra,  ;
- all’aumentare della tensione di aderenza, ad.

Stato limite di apertura delle fessure


Possiamo ora tornare allo studio dello stato limite di apertura delle fessure.
Il controllo dell’ampiezza delle lesioni consiste nell’accertare che wd non superi i
valori w1, w2 o w3 a seconda del caso.
Il valore di calcolo wd è dato da:
wd = 1.7 wm = 1.7 sm sm

in cui wm è l’ampiezza media delle fessure;


sm è l’interasse medio delle fessure;
ed sm è la deformazione media della barra di acciaio nella combinazione di
carico prescritta.
La Normativa italiana consente due formulazioni per la verifica. La prima è la
seguente.

244
245
246
247
248
249
250
In alternativa è possibile controllare la fessurazione senza eseguire un calcolo diretto, ma
con sole prescrizioni sulle armature:

251
Confrontiamo ora l’espressione ottenuta nello studio teorico della fessurazione
con la prima formulazione indicata dalle Norme italiane.

Per quanto riguarda la deformazione media dell’acciaio di ha:

s    sr  
2

(N.I)  sm   1  1 2   
Es   s  
 

La trattazione teorica ha condotto invece a:

1  c  s   c 
 sm   s    1  
Es  4   Es  4   s 


Si osserva che 1 2  , ma che il termine sottrattivo tra parentesi è diverso, in
4
quanto a numeratore compare la tensione nell’acciaio dovuta al momento di
fessurazione ed inoltre esso è di secondo grado. Il nostro termine di 1° grado deriva
dalla semplificazione assunta in merito alla costanza delle tensioni di aderenza.

Per quanto riguarda l’interasse medio delle lesioni si ha:

 2 
(N.I.) srm  2  c    k1k2
 10  r

La nostra trattazione ha invece condotto alla espressione:

c 
im  
 ad  4


Si nota in entrambe le formulazioni la dipendenza dal rapporto .

c
Il rapporto è tenuto in conto dal coefficiente k1.
 ad
1
Il termine corrisponde a k2 = 0,25 valido per la trazione pura, che corrisponde al
4
caso che noi abbiamo studiato.

Confrontiamo ora l’espressione ottenuta nello studio teorico della fessurazione

252
con la seconda formulazione indicata dalle Norme italiane.

Per quanto riguarda la deformazione media dell’acciaio di ha:

 s  kt
f ctm
eff
1    
r eff

(N.I)  sm 
Es

La trattazione teorica ha condotto invece a:

1  c 
 sm   s   
Es  4 

Scriviamo il risultato teorico nello stile della Norma Italiana.


f ctm
s 
1  c  4  eff
 sm   s   
Es  4  Es
Si assume   1 e si ha:
f ctm
s 
4  eff
 sm 
Es

Per quanto riguarda l’interasse delle lesioni si ha:


(N.I.)  s max m  k3c  k1k2 k4
 eff
c 
im  
 ad  4


Si nota in entrambe le formulazioni la dipendenza dal rapporto .

c
Il rapporto è tenuto in conto dal prodotto coefficiente k3k4 (=3,4 x 0,425).
 ad
1
Il termine corrisponde a k2 = 1,0 valido per la trazione pura, che corrisponde al
4
caso che noi abbiamo studiato.

253
STATO LIMITE DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO

Si tratta di calcolare le tensioni in servizio nel calcestruzzo e nell’acciaio nel II stadio


e di confrontarla con appropriati valori ammissibili.

La massima tensione di compressione nel calcestruzzo deve rispettare la limitazione


seguente:

- per combinazioni di carico rara: 0,60 fck;

- per combinazioni di carico quasi permanente: 0,45 fck.

Nel caso di elementi piani (solette, pareti, ecc..) gettati in opera con calcestruzzi
ordinari e con spessori di calcestruzzo minori di 50 mm i valori limite vanno ridotti del
20%.

Per le armature ordinarie la massima tensione di trazione sotto la combinazione di


carichi rara non deve superare 0,80 fsk.

Come si vede la verifica allo stato limite delle tensioni di esercizio comporta la
valutazione delle sollecitazioni in due condizioni di carico specifiche, quella rara e
quella quasi permanente.

254
LEZIONE N° 55

LO SCORRIMENTO VISCOSO DEL CALCESTRUZZO

Lo scorrimento viscoso (detto anche creep o fluage) è quel fenomeno che produce
l’aumento nel tempo delle deformazioni del calcestruzzo, anche se il carico applicato
rimane costante.
In sostanza, cioè, un provino di calcestruzzo, sottoposto ad un carico applicato
staticamente e mantenuto costante nel tempo, manifesta, oltre alla deformazione
elastica istantanea, anche una ulteriore deformazione che si evolve nel tempo e che
tende ad un valore asintotico.
L’ordine di grandezza della deformazione differita massima è di 2 o 3 volte la
deformazione elastica istantanea. Di conseguenza la deformazione totale può essere
pari a 3 o 4 volte quella iniziale.

Lo scorrimento viscoso è un elemento importante di cui tener conto nelle verifiche


allo stato limite di deformazione, allo scopo di evitare inconvenienti nelle condizioni di
servizio, quali ad esempio rottura di tamponature, frecce eccessive, ecc..

In alcuni casi le deformazioni dovute allo scorrimento viscoso possono anche


modificare la distribuzione degli sforzi interni delle strutture, determinati mediante
l’analisi elastica.
Tra i casi in questo accade ricordiamo:

a) i sistemi strutturali non omogenei, quali ad esempio i pilastri di cemento armato,


nei quali si verifica la diminuzione progressiva dello sforzo nel calcestruzzo ed il
corrispondente aumento dello sforzo nelle armature;
b) nei sistemi omogenei nei quali si verifichino modificazioni dei vincoli esterni nel
tempo. Ciò accade per esempio nelle strutture iperstatiche costruite in modo da
essere provvisoriamente isostatiche in fase di costruzione, per la presenza di
vincoli provvisori che vengono successivamente bloccati (come cerniere,
seggiole Gerber, ecc..).
c) nei sistemi omogenei ai quali siano impresse coazioni, sia naturali (variazioni
termiche, cedimenti vincolari) che artificiali (precompressione), nei quali l’effetto
255
dello scorrimento viscoso è quello di ridurre le sollecitazioni prodotte dalla
coazione. Dal punto di vista della sicurezza questo effetto è favorevole nei casi
dannosi di coazioni naturali, mentre è sfavorevole nel caso delle coazioni
artificiali, alle quali il progettista fa ricorso proprio per migliorare la sicurezza
strutturale contrapponendo ai carichi “naturali” dei carichi “artificiali” diretti in
senso opposto ai primi.

Esaminiamo più in dettaglio il comportamento di un provino di calcestruzzo


sottoposto ad una compressione costante di valore moderato, non superiore a circa
0,40 fcm. Il provino è, naturalmente, mantenuto in un ambiente in cui la temperatura e
l’umidità siano anch’esse costanti.

La prova consiste nel misurare periodicamente l’accorciamento  del provino tra



due basi fisse, distanti fra loro inizialmente  0 . Valutiamo quindi  
0
Iniziamo la prova al termine della stagionatura standard di 28 giorni.
Supponiamo di protrarre la prova per un anno e poi di togliere immediatamente il
carico. Al momento dell’applicazione del carico si verifica l’ accorciamento unitario
istantaneo  elast . L’accorciamento continua ad aumentare durante l’anno della

quantità  visc . Allo scarico si osserva che il provino recupera immediatamente una

parte della deformazione acquisita in precedenza. La deformazione allo scarico,


però, è un po’ minore di quella iniziale, poiché il modulo elastico del calcestruzzo è
nel frattempo aumentato con la resistenza.
256
L’aumento di resistenza ad 1 anno è mediamente del 39% per il cemento normale e
del 18% per quello ad alta resistenza, cui corrispondono incrementi del modulo
elastico istantaneo rispettivamente del 18% e del 9%.
Alla deformazione istantanea (scarico) fa seguito un ulteriore limitato recupero
dovuto allo scorrimento viscoso allo scarico.
Dopo un ulteriore anno si riapplica il carico, portandolo al valore di quello iniziale.
Di nuovo si presentano delle deformazioni iniziali e delle deformazioni differite.
Entrambi sono tali da raggiungere deformazioni complessive minori di quelle che si
sarebbero ottenute mantenendo il carico costante senza lo scarico intermedio, per
effetto dell’invecchiamento del calcestruzzo che fa aumentare ancora il modulo
elastico.

Per descrivere questo tipo di comportamento si fanno usualmente due ipotesi, che
sono valide finché il carico applicato non superi 0,40 fcm:

1) La deformazione viscosa è proporzionale alla tensione applicata (viscosità


lineare);
2) Vale il principio di sovrapposizione degli effetti per le deformazioni dovute allo
scorrimento viscoso.

Come è noto, nel caso di elasticità lineare la deformazione unitaria si valuta con la
legge di Hooke:

c
c 
Ec
1
Per un materiale viscoelastico il termine è sostituito dalla funzione di viscosità o
Ec

funzione di creep J  t , t0  .

Pertanto la deformazione totale, quella istantanea più quella viscosa è data da:

 c  t , t0    c  t0  J  t , t0 

in cui
t0 è tempo a cui è applicata la tensione,
t è tempo a cui si misura la deformazione.

257
La funzione J  t , t0  rappresenta la variazione nel tempo della deformazione specifica

dovuta alla tensione unitaria e può essere considerata somma di due termini, uno
dipendente dal modulo elastico del calcestruzzo al momento dell’applicazione del
carico e l’altro dal solo scorrimento viscoso:
1   t , t0 
J  t , t0   
Ec  t0  Ec

Nella formula
  t , t0  è il coefficiente di creep,

Ec è il modulo di elasticità “standard” a 28 giorni di stagionatura.

Utilizzando l’ipotesi di sovrapponibilità degli effetti è anche possibile trattare il caso


della tensione variabile, sommando fra loro i vari contributi alla deformazione dati
dagli incrementi di tensione:

t
 c  t , t0    c  t0  J  t , t0    J  t ,  d c   
t0

 1   t , t0   t  1   t ,    c  
  c  t0       d
 Ec  t0  Ec  t0  Ec   Ec  

In modo del tutto analogo si può valutare la tensione partendo dalla legge di Hooke:

 c   c Ec

introducendo la funzione di rilassamento R  t , t0  che sostituisce Ec .

Pertanto la tensione è data da:

 c  t , t0    c  t0  R  t , t0 

Applicando la sovrapposizione degli effetti nel caso di deformazioni unitarie variabili


nel tempo si ottiene:

t
 c  t , t0    c  t0  R  t , t0    R  t ,  d  c  
t0

Le normative tecniche esplicitano formulazioni analitiche del coefficiente di creep.


258
La funzione di creep adimensionalizzata:
Ec
J  t , t0  Ec     t , t0 
Ec  t0 

ha comunque l’andamento del tipo della figura seguente.

Funzione di creep dimensionale valida per :

umidità relativa 50%;


fck = 20 N/mm2;
rapporto fra area della sezione Ac e perimetro u: 2AC/u = 200 mm.

Si osserva che la linea suborizzontale di ordinata approssimativamente unitaria


rappresenta il luogo del termine dei tratti elastici istantanei.

Naturalmente sono disponibili metodi numerici per la soluzione degli integrali che
compaiono nelle relazioni precedenti, ma questo tema, molto specialistico, va oltre i
limiti del corso.

259
La Normativa Italiana fornisce i seguenti dati:

260

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