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Proprietà meccaniche dei materiali

Sono delle proprietà che un materiale manifesta quando è sottoposto all’azione di un carico o è in
uno stato tensionale. Queste sono regolate da normative, che devono essere osservate quando si è
in laboratorio. ISO per l’Italia, CEN/EN per l’Europa, UNI per l’internazionale.

Sforzo e deformazione
Il comportamento meccanico di una struttura deve essere accertato mediante una provo SFORZO-
DEFORMAZIONE. Questa comunemente in laboratorio si fa su un provino a cui è applicato un
carico di trazione e portato fino a rottura. Questa prova è una prova di trazione ed è una prova
distruttiva.

Prova di Trazione

È la maggiore delle prove meccaniche. Durante la prova, la deformazione è confinata alla zona
centrale del provino, che ha sezione costante
lungo la sua lunghezza. Il diametro standard è di
12.8 mm, mentre la lunghezza del tratto a sezione costante almeno 4
diametri standard. Viene sottoposto alla prova inserendo le sue
estremità nelle testate di afferraggio della macchina. Il provino subisce
un allungamento a velocità costante. Al fine di rendere la prova
indipendente da parametri geometrici del provino, il carico e
l’allungamento vengono normalizzati per ottenere sforzo nominale e
defomazione nominale. Rispettivamente:

𝜎 = 𝐹⁄𝐴 dove F è il carico istantaneo applicato e 𝐴0 l’area iniziale


0
𝑙 −𝑙 ∆𝑙
della sezione del provino cioè prima che venga applicato il carico. 𝜖 = 𝑖 0 = dove 𝑙0 è la lunghezza iniziale ed 𝑙 𝑖
𝑙0 𝑙0
quella istantanea. Nella prima parte della prova il materiale viene deformato elasticamente, in queste condizioni i materiali
𝜎
mostrano una relazione lineare tra sforzo e deformazione nella regione attraverso la Legge di Hooke : 𝐸 = dove 𝐸 è il
𝜀
modulo di elasticità, ed è una grandezza che misura la rigidità del materiale, oltre a rappresentare la pendenza della
curva nel diagramma sforzi-defomazioni nella parte elastica. Tanto piu è rigido il materiale tanto 𝐸 è maggiore e quindi la
deformazione elastica che risulta dall’applicazione di un carico è minore. A livello atomico la deformazione elastica si
manifesta come piccole variazioni della distanza interatomica. Quindi 𝐸 può essere visto come la misura della resistenza
opposta alla separazione di due atomi adiaceti, ovvero la misura delle forze di legame interatomiche. Queste forze
tendono a riportare gli atomi alle distanze interatomiche di equilibrio 𝑟0 e sono chiamate forze di ritrazione. Queste sono
l’espressione diretta dell’energia del legame chimico.

Prova di taglio

La stessa cosa delle prove ti trazione solo che la Forza applicata è


𝐹
Parallela dalle face superiori ed inferiori del provino: 𝜏 = . La
𝐴0
𝑎
deformazione di taglio è 𝛾 = = tan 𝜃 e per un taglio puramente

elastico ho che 𝜏 = 𝐺𝛾 dove 𝐺 è il modulo di taglio.

Poisson

Quando applico uno sforzo di trazione in direzione z ottengo un’


allungamento in questa direzione esprimibile come 𝜖𝑧 . Tuttavia non è il
solo allungamento, si verifica inoltre una strizione della sezione di
conseguenza una riduzione del diametro e una contrazione di
compressione che causa una deformazione del provino nelle direzioni x e y come il disegno. Queste sono esprimibili
rispettivamente come 𝜖𝑥 𝜖𝑦 . Se lo sforzo è uniassiale e il materiale è isotropo, cioè quando conserva le stesse proprietà
𝜖
in ogni direzione, 𝜖𝑦 = 𝜖𝑥 . Definisco modulo di Poisson 𝑣 = − 𝑥 è negativo perché così rendo Poisson sempre positivo
𝜖𝑧
dato che la deformazione lungo x è una contrazione, quindi negativa. Tipicamente 𝑣 = 0.25 ÷ 0.35 ma in un materiale
ipotetico è 𝑣 = 0.50 ossia non ri registra alcuna variazione del provino.

Per i materiali Isotropi 𝐸 = 2𝐺(1 + 𝑣)

Snervamento
È definito come il punto della curva sforzo-deformazione oltre i quale non si segue piu un andamento lineare. Il punto P è
chiamato limite alla proporzionalità o scostamento dalla proporzionalità. Il limite di snervamento può essere trovato
graficamente disegnando una retta parallela al tratto elastico lineare scostata di una deformazione pari a 𝜖 = 0.002.
Dall’intersezione di questa retta e la curva Sforzo-deformazione traccio una perpendicolare da questo punto fino all’asse
dello sforzo e ottengo lo sforzo di snervamento.

Resistenza a rottura
È lo sforzo massimo raggiunto dalla curva sforzo deformazione.

Duttilità

Misura la deformazione plastica che il materiale può subire senza rompersi. Un materiale che presenta scarsa
deformazione plastica è un materiale fragile. Posso esprimerlo come l’allungamento percentuale della deformazione
𝑙 −𝑙0
plastica a rottura: 𝐴% = ( 𝑓 ) × 100. Il grado di duttilità si perde al diminuire della temperatura. La duttilità è un indice
𝑙0
della deformazione plastica che il materiale può sopportare fino a rottura. I materiali duttili presentano 𝐴% > 5%. Un fatto
notevole è che nonostante 𝐸 ed 𝜎𝑦 diminuiscono con la temperatura, la duttilità aumenta.

Resilienza

È la capacità di un materiale di assorbire energia se sottoposto a deformazione elastica e rilasciarla durante la fase di
scarico. La grandezza associata a questo fenomeno è l’energia di deformazione per unità di volume necessaria per
𝜖 𝜖
portare un materiale dallo stato iniziale fino a snervamento, 𝑈𝑟 = ∫0 𝑦 𝜎 𝑑𝜖 = 𝐸 ∫0 𝑦 𝜖 𝑑𝜖 = 1⁄2 𝜎𝑦 𝜖𝑦 . I materiali resilienti
sono quelli che presentano elevato 𝜎𝑦 , e basso modulo elastico 𝐸.

Tenacità

È una misura della quantità che un materiale è in grado di assorbire prima di giungere a rottura.

Nel caso di carico dinamico (alta velocità di deformazione) e intagli viene determinata la resilienza
ad intaglio con l’uso di test ad impatto. La tenacità a frattura indica anche la capacità di resistenza di
un materiale alla frattura quando la cricca si è formata al suo interno.

Nel caso di condizioni statiche (bassa velocità di deformazione), la tenacità è l area sottesa alla
curva 𝜎, 𝜖 fino al punto di rottura. L’unità di misura è sempre energia per unità di volume. I materiali
duttili sono quelli piu tenaci.

Viene misurata attraverso la prova Charpy: si posiziona un provino con intaglio a V, tra gli appoggi
paralleli della macchina. Un pendolo pesante viene fatto cadere da un altezza 𝐻0 nota, che colpisce il provino
rompendolo. Nota la massa del pendolo e la differenza di altezza tra 𝐻0 , ed 𝐻𝑓 dopo aver rotto il provino, si può calcolare
l’energia assorbita dal provino per rompersi. La presenza dell’ intaglio fa si che la prova si faccia solo in campo elastico,
cioè senza lavoro di deformazione, questo perché la prova deve rivelare la sola energia di rottura e non quest’ultima
sommata all’energia necessaria per arrivare alla deformazione plastica. Questa prova può essere utilizzata per
determinare l’intervallo di temperatura in cui avviene il passaggio da un comportamento di tipo duttile a uno di tipo fragile
(Transizione duttile-fragile) effettuando la prova stessa a temperature via via decrescenti. Nella figura si vede come il
contenuto di carbonio negli acciai ricotti modifichi la transizione duttile-fragile. Gli acciai a basso tenore di carbonio hanno
la transizione a temperature inferiori e con un intervallo di variazione piu stretto rispetto agli acciai con alto tenore di
carbonio. Inoltre questi ultimi in comportamento duttile assorbono molta meno, energia di quelli a basso tenore di
carbonio. Diminuendo le dimensioni medie del grano si ha una diminuzione della temperatura di transizione. Quindi
affinare le dimensioni del grano fa aumentare la resistenza e la tenacità dell’acciaio. Le leghe metalliche con struttura
CFC restano duttili anche a temperature molto basse, mentre i metalli a struttura EC sono sempre fragili e non hanno una
temperatura di transizione a causa del ridotto numero di piani di facile scorrimento.

Tenacità a frattura

Le prove di resilienza come descritte sopra non consentono di


ottenere parametri di progetto utilizzabili nel caso in cui i
componenti metallici contengano cricche e difetti. Queste
informazioni si ottengono dalla meccanica della frattura. La
frattura di un metallo, infatti, inizia la dove c’è la maggior
concentrazione degli sforzi. Se considero un provino sollecitato
a trazione che presenta una cricca al centro o ad un lato, che
interessa tutto lo spessore del provino, l’intensità dello sforzo
all’apice della cricca dipende dallo sforzo nominale e dalla
lunghezza della cricca stessa. Per tener conto di questi effetti
introduco 𝐾𝐼 , cioè il fattore intensità degli sforzi.
Sperimentalmente si trova che 𝐾𝐼 = 𝑌𝜎 √𝜋𝑎 𝑌 =
𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑔𝑒𝑜𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑎𝑑𝑖𝑚𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒, 𝑎 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑟𝑖𝑐𝑐𝑎 𝑠𝑒 𝑠𝑢 𝑢𝑛 𝑙𝑎𝑡𝑜, 𝑜 𝑙𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑖𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑠𝑒 è 𝑎𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜. Il suo
valore critico è chiamato Tenacità a frattura 𝐾𝐼𝐶 , che causa la frattura del provino. Può essere espresso come: 𝐾𝐼𝐶 =
𝑌𝜎𝑓 √𝜋𝑎 dove 𝜎𝑓 è lo sforzo di rottura.

Recupero elastico

Quando rilascio il carico durante la prova di trazione, la frazione della


deformazione elastica viene recuperata. Durante il ciclo di scarico, la
curva di scarico è una linea retta dal punto di scarico, con pendenza pari
ad 𝐸. L’entità della deformazione elastica, recuperata in fase di scarico, è
il recupero elastico. Se riapplico il carico la curva di carico coinciderà con
la curva di scarico e lo snervamento sarà raggiuto nelle condizioni in cui
era cominciato lo scarico.

Durezza

È la misura della resistenza di un metallo alla deformazione plastica permanente. In pratica dipende dalla facilità con cui
esso si deforma plasticamente. Viene misurata comprimendo il metallo con un penetratore sulla superficie. Il penetratore
è molto piu duro del metallo in test, tipicamente diamante, carburo di tungsteno o acciaio temprato. Dopo la lenta
applicazione di una forza nota, che comprime il penetratore in direzione perpendicolare alla superficie del metallo, il
penetratore viene tolto dalla superficie, e il valore della durezza viene calcolato in funzione all’area e alla profondità della
sua impronta. I vantaggi della prova di durezza sono:

 Semplici e poco costose. Nessuna preparazione preliminare e strumentazione poco costosa.



 Prova di carattere non distruttiva
 Il carico di rottura può essere dedotto dalla durezza

Esistono diverse prove di durezza riassunte nell’immagine:

Esiste una correlazione tra durezza e carico di rottura del materiale: 𝑇𝑆 = 3.45 × 𝐻𝐵, 𝐻𝐵 indica la metodologia Brinell.

Sforzo e deformazione reale


Sui grafici sforzo-deformazione visti il carico arriva ad un certo punto
e poi sembra indebolirsi dato che la curva scende. Ma non è vero
perché nella realtà lo sforzo cresce e l unica cosa che varia è l’area
della sezione in prossimità della strizione. Questo crea nel provino
una riduzione della capacità di resistere agli sforzi. Lo sforzo reale è :
𝐹
𝜎𝑟 = dove 𝐴𝑖 è l’area istantanea della sezione del provino. La
𝐴𝑖
𝑙 𝑑𝑙 𝑙𝑖
deformazione reale quindi è 𝜖𝑟 = ∫𝑙 = ln dove 𝑙𝑖 è la lunghezza
0 𝑙 𝑙0
istantanea e 𝑙0 è la lunghezza iniziale del provino. Se assumo
costante il volume del tratto utile del provino posso scrivere 𝐴𝑖 𝑙𝑖 =
𝑙−𝑙0 𝑙 𝑙
𝐴0 𝑙0 . Se 𝜖 = = − 1 quindi = 𝜖 + 1 ed 𝜖𝑟 = ln(1 + 𝜖). Allo
𝑙0 𝑙0 𝑙0
𝐴0 𝑙𝑖 𝑙0 +∆𝑙
stesso modo = quindi 𝜎𝑟 = 𝜎 = 𝜎 (1 + 𝜖). Le equazioni
𝐴𝑖 𝑙0 𝑙0
sono valutabili solo fino a strizione.

Comportamento a rottura
Per i materiali ingegneristici ci sono due metodi di frattura (rottura):

 Duttile
 Fragile

Questa classificazione si basa sulla capacità del materiale di subire deformazione plastica. I duttili assorbono tanta
energia prima della rottura, questo gli permette di avere grandi deformazioni plastiche prima della frattura. La rottura
fragile, invece, è accompagnata da poca deformazione plastica e basso assorbimento di energia da parte del materiale.
Comunque in ogni processo la rottura avviene in due stadi: formazione e propagazione della cricca in risposta ad un
carico. Il metodo di rottura è strettamente collegato dal meccanismo di propagazione della cricca.
 La rottura duttile ha una grande deformazione plastica nell’intorno della cricca che avanza, è un processo
relativamente lento all aumentare della lunghezza della cricca, che viene definita cricca stabile: cioè resiste ad
ogni ulteriore avanzamento finche non si ha un aumento del carico applicato, con una marcata deformazione
delle superfici di rottura.
 La rottura fragile le cricche si propagano molto rapidamente con deformazione plastica contenuta. Queste cricche
sono definite instabili perché una volta innescate continueranno spontaneamente indipendentemente
dall’aumento del carico applicato. Avanza inoltre lungo piani caratteristici chiamati Piani di Clivaggio.

La rottura duttile è sempre preferita alla rottura fragile perché, è prevedibili dalla evidente deformazione platica e per il
fatto che per la rottura, appunto, si hanno bisogno di notevoli valori di energia, infatti i materiali duttili sono spesso quelli
piu tenaci.

Nella figura si vede una rottura duttile preceduta da una deformazione plastica, che causa una modesta strizione della
sezione utile del provino. il processo prevede:

1. Si formano micro vuoti nella sezione trasversale (b)


2. I micro vuoti hanno un processo di coalescenza e si allargano formando una cricca ellittica il cui asse maggiore
risulta perpendicolare allo sforzo (c)
3. La cricca si propaga sempre perpendicolarmente allo sforzo applicato verso la superficie (d)
4. Quando arriva alla superficie la direzione della cricca si inclina di 45° rispetto alla asse di trazione e si verifica la
rottura coppa-cono (e)

La rottura fragile presenta una direzione del


moto della cricca che è molto vicina quella
perpendicolare all’asse del carico di trazione
applicato e porta ad una superficie di frattura
relativamente piana. Ogni segni di
deformazione plastica è assente. La
propagazione della cricca corrisponde a rotture
successive e ripetute di legami atomici lungo
piani cristallografici ben precisi , questo
processo è detto clivaggio. Questo tipo di
rottura(frattura) viene detta trans-granulare
perché le cricche di rotture attraversano i grani.
In alcune leghe invece si può avere la frattura
inter-granulare, cioè la formazione e la
propagazione della cricca viene attraverso i
bordi di grano. Molti metalli con struttura EC
presentano rottura fragile a causa del limitato
numero di piani di scorrimento, ma a bassa temperatura anche metalli con struttura CCC possono rompersi in modo
fragile. Il processo prevede:

1. La deformazione plastica concentra le dislocazioni in corrispondenza di ostacoli sul piano di scorrimento.


2. Nelle zone in cui le dislocazioni sono bloccate si instaurano sforzi di taglio, che creano micro cricche.
3. Le micro cricche di propagano per azione di altre ulteriori sollecitazioni e per la liberazione dell’energia elastica
accumulata.

Basse temperature ed alte velocita di deformazione favoriscono rottura fragile.

Fatica

Quando si hanno materiali sollecitati da carichi ciclici, dinamici, questi si possono


rompere anche se sono sollecitati istantaneamente da un carico che al di sotto della
propria resistenza, che sia a rottura o a snervamento. Questo fenomeno è chiamato
Fatica e copre il 90% dei danni strutturali. La fatica sissimile a una rottura fragile, in
quanto non da preavviso ed è molto pericolosa. La rottura per fatica si innesca in un
punto di massima concentrazione degli sforzi, come un intaglio o un difetto metallurgico.
Una volta nucleata, la cricca, si propaga nel componente attraverso la sollecitazione
ripetuta. Si creano sulla superficie di rottura le linee di spiaggia che sono linee di
propagazione della cricca. Alla fine al sezione rimanente non è abbastanza resistente per sopportare il carico e si ha la
rottura. Si possono individuare due tipo di parti nella sezione analizzata del provino. Una prima parte levigata adiacente al
punto di innesco e contenente le linee di spiaggia; e un’altra piu rugosa o fibrosa contenente la parte finale tipica di una
rottura fragile. La macchina di prova è la macchina di Moore, la prova è chiamata di flessione rotante. Il provino viene
fatto ruotare attraverso un motore elettrico, e nel mentre è soggetto al carico di un peso, creando una zona di flessione
pura e mettendo in trazione o in compressione alternativamente la parte superiore e inferiore del provino, creando quindi
un carico ciclico che varia nel tempo con una legge tipicamente sinusoidale. I risultati delle varie prove vengono riportanti
in un diagramma 𝜎, 𝑁 in cui lo sforzo applicato al provino è in funzione del numero di cicli 𝑁. Nel diagramma riportato nel
disegno ci sono 2 curve: una legata ad un’ acciaio al carbonio e uno legata ad un alluminio. Come si può notare
all’aumentare del numero di cicli, si ha una diminuzione dello sforzo che provoca la rottura per fatica, mentre per la curva
dell’acciaio al carbonio si può notare che inizialmente la resistenza a fatica diminuisce all’aumentare del numero di cicli
ma intorno a 106 cicli questa non diminuisce piu all’aumentare del numero di cicli. Il valore dello sforzo corrispondente a
questa situazione è chiamato Limite a fatica e non lo posseggono tutti i materiali. L’andamento dello sforzo in funzione del
tempo è di tipo sinusoidale e può presentare diversi cicli diversi:

 Alterno simmetrico dove lo sforzo medio è nullo e lo sforzo alterno è pari allo sforzo massimo
 Pulsato dello zero, dove lo sforzo minimo è nullo e lo sforzo medio è pari allo sforzo alternato che a sua volta è la
metà dello sforzo massimo
 Pulsato misto
𝜎𝑚𝑎𝑥 −𝜎𝑚𝑖𝑛 𝜎𝑚𝑎𝑥 +𝜎𝑚𝑖𝑛 𝜎𝑚𝑖𝑛
Lo sforzo medio è: 𝜎𝑚 = ; Lo sforzo alternato è: 𝜎𝑚 = ; il rapporto tra gli sforzi è: 𝑅 =
2 2 𝜎𝑚𝑎𝑥

Le cricche di fatica si innescano quasi sempre in corrispondenza di un punto di concentrazione degli sforzi. In piu il carico
ciclico può produrre microscopiche discontinuità superficiali risultanti dallo scorrimento delle dislocazioni, che quindi
agiscono da intensificatore dello sforzo. Per un provino duttile omogeneo:

1. Innesco della cricca. Se la superficie è completamente levigata allora la nucleazione avviene a causa del
movimento delle dislocazione nei piani di scorrimento inclinati a 45°
2. Crescita della stessa lungo bande di scorrimento. Le deformazioni plastiche si ripetono in senso opposto creando
gole e creste. In un metallo cristallino la cricca si propaga lungo piani dove lo sforzo di taglio è piu alto. Questo
stadio è detto di I stadio di propagazione. In questo stadio la superficie che si crea è levigato
3. La velocità di propagazione della cricca aumenta molto e entriamo nello II stadio di propagazione, inoltre la
direzione di propagazione diventa perpendicolare alla direzione di applicazione dello sforzo. In questo stadio la
crescita della cricca procede attraverso stadi di affinamento plastico e di arrotondamento della stessa. La regione
che si mostra durante questo stadio è caratterizzata dalle linee di spiaggia, queste a volte sono macroscopiche.
4. Il provino si rompe duttilmente

Fattore che influenzano la resistenza a fatica

 Concentrazione degli sforzi: quindi intagli, fori e


discontinuità brusche.
 Rugosità superficiale: migliore è la rugosità superficiale e
migliore è la resistenza a fatica
 Condizione superficiale: la cementazione e la nitrurazione
aumentano la resistenza a fatica. Anche l’introduzione di
qualsiasi tipo di tensioni residue di compressione possono
aumentare la vita a fatica.
 Ambiente corrosivo: diminuisce la resistenza a fatica per
l’effetto della corrosione superficiale, ma anche a causa
del meccanismo di infragilimento.
 Dimensione del provino perché maggiore è il suo
diametro maggiore è a probabilità di trovare una cricca.

Velocità di propagazione delle cricche

I dati riguardanti alla fatica ad un alto numero di cicli si rifà ad un


rapporto sforzo-numero di cicli che resiste il provino prima di
rompersi. Tuttavia però i provini della prova sono perfettamente
lucidati e tecnicamente privi di difetti li che rende difficile la
osservazione tra la nucleazione e propagazione della cricca.
Difetti o cricche già esistenti, riducono la fase di innesco della
cricca, con conseguente diminuzione della vita a fatica. Quest’
ultima è in stretta relazione con la velocità di avanzamento della
cricca. Applico i concetti della meccanica della frattura. Quindi si
conducono delle prove con dei provini intagliati e si monitorano le
cricche di continuo, riportando poi i dati sperimentali in un
diagramma 𝑎, 𝑁 con 𝑎 lunghezza della cricca. In ogni momento si
𝑑𝑎
può valutare la velocità della cricca per ogni coppia di 𝑎, 𝑁 𝑑𝑁
rispetto ad una precedente coppia di dati. È possibile anche essendo noti ∆𝜎, 𝑎 calcolare la variazione del fattore di
intensità degli sforzi ∆𝐾𝐼 :
∆𝐾𝐼 = 𝑌∆𝜎√𝜋𝑎
𝑑𝑎
Se si crea un diagramma in scala bilogaritmica in funzione di ∆𝐾𝐼 ottengo un grafico come in figura. Questo è diviso in
𝑑𝑁
3 regioni:

1. La prima regione in cui la velocità di crescita della cricca a fatica è molto bassa
2. La seconda in cui il grafico ha andamento rettilineo
3. La terza in cui avviene la crescita instabile della cricca, che porta alla rottura quando raggiungo il valore 𝐾𝐼𝐶

Il valore limite di ∆𝐾𝐼 al di sotto del quale non è possibile misurare crescita della cricca è chiamato valore di soglia del
fattore di intensità degli sforzi ∆𝐾𝐼𝑡ℎ . Nella regione 2 si ha una relazione lineare tra velocità di propagazione della cricca e
la variazione del fattore di intensità degli sforzi, di conseguenza posso esprimere questo rapporto in termini matematici
con la legge di Paris:

𝑑𝑎
= 𝐴∆𝐾 𝑚
𝑑𝑁

Dove ∆𝐾 = 𝐾𝑚𝑎𝑥 − 𝐾𝑚𝑖𝑛 = 𝑌∆√𝜋𝑎 misurata in 𝑀𝑃𝑎 √𝑚; e 𝐴, 𝑚 sono costanti che dipendono dal materiale, dall’ambiente,
dalla temperatura e dal rapporto 𝑅, in cui 𝑚 varia tra 2.5 − 6.

Calcolo della vita a fatica

La progettazione in presenza di difetti è resa possibile dalla combinazione dei dati riguardanti la tenacità a frattura 𝐾𝐼𝐶 e
quelli della velocità di propagazione della cricca a fatica, per stimare quindi la vita a fatica rimanente di un componente
contente un difetto. Si può integrale l’equazione della legge di Paris.
1 1 𝑚 𝑚
Sapendo che: ∆𝐾 = 𝑌𝜎√𝜋𝑎 = 𝑌𝜎𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2, posso scrivere che: ∆𝐾 𝑚 = 𝑌 𝑚 𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2 . Sostituendo l’ultima equazione alla
𝑑𝑎 𝑚 𝑚
legge di Paris ottengo: = 𝐴(𝑌𝜎√𝜋𝑎)𝑚 = 𝐴(𝑌 𝑚 𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2 ). Ora integro la dimensione della cricca da quella iniziale 𝑎0
𝑑𝑁
a quella finale che determina rottura pari a 𝑎𝑓 e il numero di cicli a fatica dal valore nullo a quello che porta rottura per
fatica 𝑁𝑓 :
𝑎𝑓 𝑁𝑓
𝑚 𝑚
∫ 𝑑𝑎 = 𝐴𝑌 𝑚 𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 ∙ 𝑎 ⁄2 ∫ 𝑑𝑁
𝑎𝑣 0

𝑁 𝑎 𝑑𝑎 1 𝑎𝑓 𝑑𝑎 𝑎𝑛+1
Da cui: ∫0 𝑓 𝑑𝑁 = ∫𝑎 𝑓 𝑚 𝑚 = 𝑚 ∫ 𝑚 utilizzo poi la relazione: ∫ 𝑎𝑛 𝑑𝑎 = +𝑐
0 𝐴𝜎 𝑚 𝑌 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2 𝐴𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑌 𝑚 𝑎0 𝑎 ⁄2 𝑛+1

Il primo membro del penultimo integrale è: 𝑁𝑓 , sostituendo 𝑛 = − 𝑚⁄2, il secondo membro del penultimo integrale diventa:
𝑚
1 𝑎 −( ⁄2)+1
𝑚 ( −𝑚 ) |𝑐𝑎𝑙𝑐𝑜𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑎0 𝑎𝑓 quindi:
𝐴𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑌 𝑚 ⁄2 +1

𝑚 𝑚
𝑎𝑓 −( ⁄2)+1 −𝑎0 −( ⁄2)+1
𝑁𝑓 = 𝑚
𝐴𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑌 𝑚 [−(𝑚⁄2)+1]

questa è equazione è valida a patto che 𝑚 ≠ 2 e 𝑌 indipendente dalla lunghezza della cricca, anche se nella maggior
parte dei casi "𝑌 = 𝑓(𝑎)” .

Creep o scorrimento viscoso nei metalli


Quando un materiale metallico è sottoposto ad una sollecitazione
costante ad una temperatura superiore a metà della temperatura
assoluta di fusione, può subire una deformazione plastica
progressiva nel tempo. Questa deformazione dipendente dal tempo
è chiamato Scorrimento viscoso o Creep. In parole povere il Creep è
il fenomeno che imita la massima temperatura alla quale un
materiale può operare. Per esempio per progettare una paletta di
una turbina devo utilizzare una lega con una velocità di creep molto
bassa, così da poter lasciare le palette attive per un lungo periodo.

Comportamento macroscopico
Si verifica un allungamento istantaneo del provino 𝜖0 , successivamente si entra in fase di creep primario, in cui la velocità
𝑑𝜖
di deformazione decresce con il tempo. La pendenza della curva di creep o 𝜖̇, è definita come velocità di creep, quindi
𝑑𝑡
nel creep primario sia ha una diminuzione di questa velocità con il tempo. Nella seconda fase, creep secondario, la
velocità di deformazione è costante. Infine nel creep terziario, la velocità di deformazione aumenta di molto fino a rottura.
Sollecitazioni maggiori e temperature maggiori aumentano la velocità di creep.

Comportamento microscopico

Nel creep primario, il metallo si incrudisce per sostenere la sollecitazione applicata, e la velocitò di creep diminuisce dal
momento che un incrudimento ulteriore diventa difficile. Durante il creep secondario, si verificano fenomeni di recupero,
che eguagliano l’incrudimento, quindi c’è una tendenza ad allungarsi ma con una velocità stazionaria. La pendenza della
curva di creep nello stadio secondario è chiamata velocità minima di creep, conseguentemente durante questa fase
secondaria la resistenza allo scorrimento viscoso del materiale è massima. Infine per un provino soggetto a sollecitazione
costante, la velocità di creep aumenta nello stadio terziario, a causa della formazione di micro vuoti ai bordi di grano e allo
scorrimento relativo di tali bordi.

A temperature 0.4𝑇𝑚 quindi relativamente basse, dopo una deformazione iniziale, l’allungamento è virtualmente
indipendente dal tempo. Inoltre alle stesse temperature di prima e basse sollecitazioni il fenomeno di creep non appare
mai nella fase secondaria dato che le temperature non sono così alte da consentire un recupero. All’aumentare dello
sforzo o della temperatura si nota che:

 La deformazione istantanea al momento dell’applicazione dello sforzo aumenta


 La velocità di scorrimento stazionario (o velocità minima di creep) aumenta
 Il tempo di vita a rottura diminuisce

Caratteristiche che influenzano lo scorrimento a caldo dei materiali

 Modulo elastico
 Dimensione del grano
 Temperatura di fusione

In generale maggiore è la temperatura di fusione, maggiore è il modulo elastico e piu grande è la dimensione del grano,
maggiore è la resistenza allo scorrimento a caldo del materiale. Grani piccoli permettono un maggiore scorrimento al
bordo di grano che significa maggiore velocità di creep. Questo effetto è esattamente opposto all’influenza delle
dimensioni del grano sul comportamento meccanico a basse temperature ( garni piccoli aumentano resistenza e tenacità
a basse temperature).

Prove di creep

Vengono fatte mantenendo la temperatura costante con diverse sollecitazioni o mantenendo la sollecitazione costante a
diverse temperature. Per ogni curva plottata si misura la velocità minima di creep (al secondo stadio quindi). Ogni curva
avrà al sua pendenza da cui deriva la velocità minima di creep. Una valore comunemente usato per definire la resistenza
a creep è lo sforzo nominale che causa uan velocità di creep pari a 10−5 %/ℎ.

Prove di creep-rottura

Sono delle prove di creep dove si utilizzano sollecitazioni


maggiori e il provino è portato alla rottura. Il tempo
cperchè avvenga la rottura per creep diminuisce man
mano che aumentano lo sforzo applicato e la temperatura.

Parametro Larsen Miller

I dati sperimentali di ogni particolare lega sono


diagrammati su un grafico con ordinata lo sforzo di creep
rottura, e come ascissa una combinazione tra la
temperatura e il 𝑙𝑜𝑔 tempo di creep rottura, definita come
parametro Larsen-Miller:

𝑃(𝐿𝑎𝑟𝑠𝑒𝑛 − 𝑚𝑖𝑙𝑙𝑒𝑟) = [𝑇(𝐶 + 𝑙𝑜𝑔𝑡𝑟 )]

𝑡𝑟 = tempo creep-rottura in ℎ

𝐶=Costante, di solito di ordine di grandezza di 20 𝑃(𝑙𝑎𝑟𝑠𝑒𝑛 − 𝑀𝑖𝑙𝑙𝑒𝑟) = [𝑇(℃) + 273(20 + 𝑙𝑜𝑔𝑡𝑟 )]

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