Sono delle proprietà che un materiale manifesta quando è sottoposto all’azione di un carico o è in
uno stato tensionale. Queste sono regolate da normative, che devono essere osservate quando si è
in laboratorio. ISO per l’Italia, CEN/EN per l’Europa, UNI per l’internazionale.
Sforzo e deformazione
Il comportamento meccanico di una struttura deve essere accertato mediante una provo SFORZO-
DEFORMAZIONE. Questa comunemente in laboratorio si fa su un provino a cui è applicato un
carico di trazione e portato fino a rottura. Questa prova è una prova di trazione ed è una prova
distruttiva.
Prova di Trazione
È la maggiore delle prove meccaniche. Durante la prova, la deformazione è confinata alla zona
centrale del provino, che ha sezione costante
lungo la sua lunghezza. Il diametro standard è di
12.8 mm, mentre la lunghezza del tratto a sezione costante almeno 4
diametri standard. Viene sottoposto alla prova inserendo le sue
estremità nelle testate di afferraggio della macchina. Il provino subisce
un allungamento a velocità costante. Al fine di rendere la prova
indipendente da parametri geometrici del provino, il carico e
l’allungamento vengono normalizzati per ottenere sforzo nominale e
defomazione nominale. Rispettivamente:
Prova di taglio
Poisson
Snervamento
È definito come il punto della curva sforzo-deformazione oltre i quale non si segue piu un andamento lineare. Il punto P è
chiamato limite alla proporzionalità o scostamento dalla proporzionalità. Il limite di snervamento può essere trovato
graficamente disegnando una retta parallela al tratto elastico lineare scostata di una deformazione pari a 𝜖 = 0.002.
Dall’intersezione di questa retta e la curva Sforzo-deformazione traccio una perpendicolare da questo punto fino all’asse
dello sforzo e ottengo lo sforzo di snervamento.
Resistenza a rottura
È lo sforzo massimo raggiunto dalla curva sforzo deformazione.
Duttilità
Misura la deformazione plastica che il materiale può subire senza rompersi. Un materiale che presenta scarsa
deformazione plastica è un materiale fragile. Posso esprimerlo come l’allungamento percentuale della deformazione
𝑙 −𝑙0
plastica a rottura: 𝐴% = ( 𝑓 ) × 100. Il grado di duttilità si perde al diminuire della temperatura. La duttilità è un indice
𝑙0
della deformazione plastica che il materiale può sopportare fino a rottura. I materiali duttili presentano 𝐴% > 5%. Un fatto
notevole è che nonostante 𝐸 ed 𝜎𝑦 diminuiscono con la temperatura, la duttilità aumenta.
Resilienza
È la capacità di un materiale di assorbire energia se sottoposto a deformazione elastica e rilasciarla durante la fase di
scarico. La grandezza associata a questo fenomeno è l’energia di deformazione per unità di volume necessaria per
𝜖 𝜖
portare un materiale dallo stato iniziale fino a snervamento, 𝑈𝑟 = ∫0 𝑦 𝜎 𝑑𝜖 = 𝐸 ∫0 𝑦 𝜖 𝑑𝜖 = 1⁄2 𝜎𝑦 𝜖𝑦 . I materiali resilienti
sono quelli che presentano elevato 𝜎𝑦 , e basso modulo elastico 𝐸.
Tenacità
È una misura della quantità che un materiale è in grado di assorbire prima di giungere a rottura.
Nel caso di carico dinamico (alta velocità di deformazione) e intagli viene determinata la resilienza
ad intaglio con l’uso di test ad impatto. La tenacità a frattura indica anche la capacità di resistenza di
un materiale alla frattura quando la cricca si è formata al suo interno.
Nel caso di condizioni statiche (bassa velocità di deformazione), la tenacità è l area sottesa alla
curva 𝜎, 𝜖 fino al punto di rottura. L’unità di misura è sempre energia per unità di volume. I materiali
duttili sono quelli piu tenaci.
Viene misurata attraverso la prova Charpy: si posiziona un provino con intaglio a V, tra gli appoggi
paralleli della macchina. Un pendolo pesante viene fatto cadere da un altezza 𝐻0 nota, che colpisce il provino
rompendolo. Nota la massa del pendolo e la differenza di altezza tra 𝐻0 , ed 𝐻𝑓 dopo aver rotto il provino, si può calcolare
l’energia assorbita dal provino per rompersi. La presenza dell’ intaglio fa si che la prova si faccia solo in campo elastico,
cioè senza lavoro di deformazione, questo perché la prova deve rivelare la sola energia di rottura e non quest’ultima
sommata all’energia necessaria per arrivare alla deformazione plastica. Questa prova può essere utilizzata per
determinare l’intervallo di temperatura in cui avviene il passaggio da un comportamento di tipo duttile a uno di tipo fragile
(Transizione duttile-fragile) effettuando la prova stessa a temperature via via decrescenti. Nella figura si vede come il
contenuto di carbonio negli acciai ricotti modifichi la transizione duttile-fragile. Gli acciai a basso tenore di carbonio hanno
la transizione a temperature inferiori e con un intervallo di variazione piu stretto rispetto agli acciai con alto tenore di
carbonio. Inoltre questi ultimi in comportamento duttile assorbono molta meno, energia di quelli a basso tenore di
carbonio. Diminuendo le dimensioni medie del grano si ha una diminuzione della temperatura di transizione. Quindi
affinare le dimensioni del grano fa aumentare la resistenza e la tenacità dell’acciaio. Le leghe metalliche con struttura
CFC restano duttili anche a temperature molto basse, mentre i metalli a struttura EC sono sempre fragili e non hanno una
temperatura di transizione a causa del ridotto numero di piani di facile scorrimento.
Tenacità a frattura
Recupero elastico
Durezza
È la misura della resistenza di un metallo alla deformazione plastica permanente. In pratica dipende dalla facilità con cui
esso si deforma plasticamente. Viene misurata comprimendo il metallo con un penetratore sulla superficie. Il penetratore
è molto piu duro del metallo in test, tipicamente diamante, carburo di tungsteno o acciaio temprato. Dopo la lenta
applicazione di una forza nota, che comprime il penetratore in direzione perpendicolare alla superficie del metallo, il
penetratore viene tolto dalla superficie, e il valore della durezza viene calcolato in funzione all’area e alla profondità della
sua impronta. I vantaggi della prova di durezza sono:
Esiste una correlazione tra durezza e carico di rottura del materiale: 𝑇𝑆 = 3.45 × 𝐻𝐵, 𝐻𝐵 indica la metodologia Brinell.
Comportamento a rottura
Per i materiali ingegneristici ci sono due metodi di frattura (rottura):
Duttile
Fragile
Questa classificazione si basa sulla capacità del materiale di subire deformazione plastica. I duttili assorbono tanta
energia prima della rottura, questo gli permette di avere grandi deformazioni plastiche prima della frattura. La rottura
fragile, invece, è accompagnata da poca deformazione plastica e basso assorbimento di energia da parte del materiale.
Comunque in ogni processo la rottura avviene in due stadi: formazione e propagazione della cricca in risposta ad un
carico. Il metodo di rottura è strettamente collegato dal meccanismo di propagazione della cricca.
La rottura duttile ha una grande deformazione plastica nell’intorno della cricca che avanza, è un processo
relativamente lento all aumentare della lunghezza della cricca, che viene definita cricca stabile: cioè resiste ad
ogni ulteriore avanzamento finche non si ha un aumento del carico applicato, con una marcata deformazione
delle superfici di rottura.
La rottura fragile le cricche si propagano molto rapidamente con deformazione plastica contenuta. Queste cricche
sono definite instabili perché una volta innescate continueranno spontaneamente indipendentemente
dall’aumento del carico applicato. Avanza inoltre lungo piani caratteristici chiamati Piani di Clivaggio.
La rottura duttile è sempre preferita alla rottura fragile perché, è prevedibili dalla evidente deformazione platica e per il
fatto che per la rottura, appunto, si hanno bisogno di notevoli valori di energia, infatti i materiali duttili sono spesso quelli
piu tenaci.
Nella figura si vede una rottura duttile preceduta da una deformazione plastica, che causa una modesta strizione della
sezione utile del provino. il processo prevede:
Fatica
Alterno simmetrico dove lo sforzo medio è nullo e lo sforzo alterno è pari allo sforzo massimo
Pulsato dello zero, dove lo sforzo minimo è nullo e lo sforzo medio è pari allo sforzo alternato che a sua volta è la
metà dello sforzo massimo
Pulsato misto
𝜎𝑚𝑎𝑥 −𝜎𝑚𝑖𝑛 𝜎𝑚𝑎𝑥 +𝜎𝑚𝑖𝑛 𝜎𝑚𝑖𝑛
Lo sforzo medio è: 𝜎𝑚 = ; Lo sforzo alternato è: 𝜎𝑚 = ; il rapporto tra gli sforzi è: 𝑅 =
2 2 𝜎𝑚𝑎𝑥
Le cricche di fatica si innescano quasi sempre in corrispondenza di un punto di concentrazione degli sforzi. In piu il carico
ciclico può produrre microscopiche discontinuità superficiali risultanti dallo scorrimento delle dislocazioni, che quindi
agiscono da intensificatore dello sforzo. Per un provino duttile omogeneo:
1. Innesco della cricca. Se la superficie è completamente levigata allora la nucleazione avviene a causa del
movimento delle dislocazione nei piani di scorrimento inclinati a 45°
2. Crescita della stessa lungo bande di scorrimento. Le deformazioni plastiche si ripetono in senso opposto creando
gole e creste. In un metallo cristallino la cricca si propaga lungo piani dove lo sforzo di taglio è piu alto. Questo
stadio è detto di I stadio di propagazione. In questo stadio la superficie che si crea è levigato
3. La velocità di propagazione della cricca aumenta molto e entriamo nello II stadio di propagazione, inoltre la
direzione di propagazione diventa perpendicolare alla direzione di applicazione dello sforzo. In questo stadio la
crescita della cricca procede attraverso stadi di affinamento plastico e di arrotondamento della stessa. La regione
che si mostra durante questo stadio è caratterizzata dalle linee di spiaggia, queste a volte sono macroscopiche.
4. Il provino si rompe duttilmente
1. La prima regione in cui la velocità di crescita della cricca a fatica è molto bassa
2. La seconda in cui il grafico ha andamento rettilineo
3. La terza in cui avviene la crescita instabile della cricca, che porta alla rottura quando raggiungo il valore 𝐾𝐼𝐶
Il valore limite di ∆𝐾𝐼 al di sotto del quale non è possibile misurare crescita della cricca è chiamato valore di soglia del
fattore di intensità degli sforzi ∆𝐾𝐼𝑡ℎ . Nella regione 2 si ha una relazione lineare tra velocità di propagazione della cricca e
la variazione del fattore di intensità degli sforzi, di conseguenza posso esprimere questo rapporto in termini matematici
con la legge di Paris:
𝑑𝑎
= 𝐴∆𝐾 𝑚
𝑑𝑁
Dove ∆𝐾 = 𝐾𝑚𝑎𝑥 − 𝐾𝑚𝑖𝑛 = 𝑌∆√𝜋𝑎 misurata in 𝑀𝑃𝑎 √𝑚; e 𝐴, 𝑚 sono costanti che dipendono dal materiale, dall’ambiente,
dalla temperatura e dal rapporto 𝑅, in cui 𝑚 varia tra 2.5 − 6.
La progettazione in presenza di difetti è resa possibile dalla combinazione dei dati riguardanti la tenacità a frattura 𝐾𝐼𝐶 e
quelli della velocità di propagazione della cricca a fatica, per stimare quindi la vita a fatica rimanente di un componente
contente un difetto. Si può integrale l’equazione della legge di Paris.
1 1 𝑚 𝑚
Sapendo che: ∆𝐾 = 𝑌𝜎√𝜋𝑎 = 𝑌𝜎𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2, posso scrivere che: ∆𝐾 𝑚 = 𝑌 𝑚 𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2 . Sostituendo l’ultima equazione alla
𝑑𝑎 𝑚 𝑚
legge di Paris ottengo: = 𝐴(𝑌𝜎√𝜋𝑎)𝑚 = 𝐴(𝑌 𝑚 𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2 ). Ora integro la dimensione della cricca da quella iniziale 𝑎0
𝑑𝑁
a quella finale che determina rottura pari a 𝑎𝑓 e il numero di cicli a fatica dal valore nullo a quello che porta rottura per
fatica 𝑁𝑓 :
𝑎𝑓 𝑁𝑓
𝑚 𝑚
∫ 𝑑𝑎 = 𝐴𝑌 𝑚 𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 ∙ 𝑎 ⁄2 ∫ 𝑑𝑁
𝑎𝑣 0
𝑁 𝑎 𝑑𝑎 1 𝑎𝑓 𝑑𝑎 𝑎𝑛+1
Da cui: ∫0 𝑓 𝑑𝑁 = ∫𝑎 𝑓 𝑚 𝑚 = 𝑚 ∫ 𝑚 utilizzo poi la relazione: ∫ 𝑎𝑛 𝑑𝑎 = +𝑐
0 𝐴𝜎 𝑚 𝑌 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑎 ⁄2 𝐴𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑌 𝑚 𝑎0 𝑎 ⁄2 𝑛+1
Il primo membro del penultimo integrale è: 𝑁𝑓 , sostituendo 𝑛 = − 𝑚⁄2, il secondo membro del penultimo integrale diventa:
𝑚
1 𝑎 −( ⁄2)+1
𝑚 ( −𝑚 ) |𝑐𝑎𝑙𝑐𝑜𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑎0 𝑎𝑓 quindi:
𝐴𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑌 𝑚 ⁄2 +1
𝑚 𝑚
𝑎𝑓 −( ⁄2)+1 −𝑎0 −( ⁄2)+1
𝑁𝑓 = 𝑚
𝐴𝜎 𝑚 𝜋 ⁄2 𝑌 𝑚 [−(𝑚⁄2)+1]
questa è equazione è valida a patto che 𝑚 ≠ 2 e 𝑌 indipendente dalla lunghezza della cricca, anche se nella maggior
parte dei casi "𝑌 = 𝑓(𝑎)” .
Comportamento macroscopico
Si verifica un allungamento istantaneo del provino 𝜖0 , successivamente si entra in fase di creep primario, in cui la velocità
𝑑𝜖
di deformazione decresce con il tempo. La pendenza della curva di creep o 𝜖̇, è definita come velocità di creep, quindi
𝑑𝑡
nel creep primario sia ha una diminuzione di questa velocità con il tempo. Nella seconda fase, creep secondario, la
velocità di deformazione è costante. Infine nel creep terziario, la velocità di deformazione aumenta di molto fino a rottura.
Sollecitazioni maggiori e temperature maggiori aumentano la velocità di creep.
Comportamento microscopico
Nel creep primario, il metallo si incrudisce per sostenere la sollecitazione applicata, e la velocitò di creep diminuisce dal
momento che un incrudimento ulteriore diventa difficile. Durante il creep secondario, si verificano fenomeni di recupero,
che eguagliano l’incrudimento, quindi c’è una tendenza ad allungarsi ma con una velocità stazionaria. La pendenza della
curva di creep nello stadio secondario è chiamata velocità minima di creep, conseguentemente durante questa fase
secondaria la resistenza allo scorrimento viscoso del materiale è massima. Infine per un provino soggetto a sollecitazione
costante, la velocità di creep aumenta nello stadio terziario, a causa della formazione di micro vuoti ai bordi di grano e allo
scorrimento relativo di tali bordi.
A temperature 0.4𝑇𝑚 quindi relativamente basse, dopo una deformazione iniziale, l’allungamento è virtualmente
indipendente dal tempo. Inoltre alle stesse temperature di prima e basse sollecitazioni il fenomeno di creep non appare
mai nella fase secondaria dato che le temperature non sono così alte da consentire un recupero. All’aumentare dello
sforzo o della temperatura si nota che:
Modulo elastico
Dimensione del grano
Temperatura di fusione
In generale maggiore è la temperatura di fusione, maggiore è il modulo elastico e piu grande è la dimensione del grano,
maggiore è la resistenza allo scorrimento a caldo del materiale. Grani piccoli permettono un maggiore scorrimento al
bordo di grano che significa maggiore velocità di creep. Questo effetto è esattamente opposto all’influenza delle
dimensioni del grano sul comportamento meccanico a basse temperature ( garni piccoli aumentano resistenza e tenacità
a basse temperature).
Prove di creep
Vengono fatte mantenendo la temperatura costante con diverse sollecitazioni o mantenendo la sollecitazione costante a
diverse temperature. Per ogni curva plottata si misura la velocità minima di creep (al secondo stadio quindi). Ogni curva
avrà al sua pendenza da cui deriva la velocità minima di creep. Una valore comunemente usato per definire la resistenza
a creep è lo sforzo nominale che causa uan velocità di creep pari a 10−5 %/ℎ.
Prove di creep-rottura
𝑡𝑟 = tempo creep-rottura in ℎ