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Lezione 11

PROCEDURA PER IL DIMENSIONAMENTO REGOLAMENTARE DEL PIANO DEI FERRI


Gli obiettivi dell’elaborato si possono così sintetizzare:

1) Dimensionamento strutturale dello scafo (ci occuperemo dello scafo, non delle
sovrastrutture o delle appendici (timone, alette e così via));

2) Stesura del piano dei ferri;

3) Valutazione del diagramma del peso scafo.

Per conseguire tali obiettivi, la procedura, che sarà di seguito sintetizzata, verrà applicata:

a) Ad almeno 5 sezioni strutturali, così composte:

- Sezione maestra (sezione di massimo ingombro della nave, ma noi generalmente la


prendiamo a centro nave alla metà della distanza tra le perpendicolari, che potrebbe
non coincidere con la sezione di massimo ingombro);

- 𝟐𝟐 sezioni a proravia della sezione maestra;

- 𝟐𝟐 sezioni a poppavia della sezione maestra.

Ora la scelta dell’ascissa longitudinale delle sezioni è completamente arbitraria quindi uno vede il
materiale che ha a disposizione e magari cerca di utilizzare il piano di costruzione dove ha già una
sezione ben definita, perché altrimenti è costretto a definire una sezione tra due sezioni che ha a
disposizione sul piano trasversale della nave; ci dobbiamo ricordare soltanto che, siccome di queste
sezioni alla fine valuteremo il peso unitario che sarà utile ai fini del diagramma dei pesi finali, è
chiaro che non le possiamo prendere vicine tra di loro, quindi l’ascissa 𝑥𝑥 deve essere scelta in modo
tale da raggiungere l’obiettivo del diagramma dei pesi finali che approssima quanto più possibile
quello definitivo; il numero minimo di sezioni è 5 (non può essere di meno), ma nella realtà se ne
proporzionano molte di più proprio perché dobbiamo valutare un diagramma dei pesi unitari; per
poter valutare il peso unitario abbiamo bisogno del proporzionamento strutturale dell’intera
sezione (cioè comprensiva di tutti gli elementi longitudinalmente continui e di tutti gli elementi
trasversalmente continui).

b) Una paratia di compartimentazione “tipo”: accanto al dimensionamento delle 5 sezioni


occorre scegliere dal piano delle capacità una paratia “tipo”; perché abbiamo detto “tipo”?
perché questa paratia noi la utilizzeremo per il suo peso unitario anche per calcolare il peso
di tutte le altre paratie; se noi proporzioniamo una paratia “tipo” posso prendere, ai fini del
calcolo del diagramma dei pesi, il peso per unità di area di quella paratia, calcolare le aree
delle altre paratie e ottenere i pesi anche delle altre paratie. Le altre paratie potrebbero
avere una morfologia strutturale completamente diversa, potrebbero avere anche in
generale dei pesi completamente diversi, il ché dipende ovviamente anche dall’area stessa
della paratia (ci scegliamo noi una, che potrebbe essere quella di collisione, quella del
pressatrecce, quella di una stiva del carico).

c) Almeno una struttura di prora o di poppa: il gruppo dovrà costruire la morfologia


strutturale e il dimensionamento strutturale della struttura o di prora o di poppa fino ad
arrivare alla stesura del piano dei ferri.

Verranno forniti al gruppo i seguenti disegni ed elaborati:

- Piano di costruzione;

- Piani generali (rappresentazione generale della nave);

- Piano delle capacità (rappresentazione generale delle capacità interne e dei volumi
interni della nave; da tale piano è possibile anche trarre non solo la geometria di una
cisterna, ma anche la posizione del centro del volume).

Questi dati che vi verranno forniti non saranno i dati definitivi del progetto della nave, perché chi
ha fatto delle verifiche sulla compartimentazione di questa nave, chi ha fatto delle verifiche sui piani
generali, chi ha visto che questa nave con quelle dimensioni soddisfa la desiderata commessa
dell’armatore è ancora incerto sul futuro del progetto proprio perché non sa esattamente quant’è
il peso scafo, perché non ha ancora dimensionato la struttura (né tantomeno conosce il peso
dell’allestimento o dell’apparato motore).

NB. Questi piani rappresenteranno per il progettista strutturale una possibile forma dello scafo
(piano di costruzione), un’ipotesi dei piani generali, un’ipotesi di compartimentazione (piano delle
capacità) che soddisfino la desiderata commessa richiesta dall’Armatore. In un progetto reale tali
piani non saranno certamente i definitivi.

𝟏𝟏° PASSO – SCELTA DEL MATERIALE E IPOTESI SULLA MORFOLOGIA


La procedura regolamentare per il dimensionamento strutturale, necessariamente iterativa, parte
al primo passo con la scelta del materiale e l’ipotesi sulla morfologia strutturale della sezione
maestra.

Per definire la morfologia strutturale dobbiamo definire la distanza tra un corrente e l’altro (se
scegliamo la struttura longitudinale) o la distanza (sia per il fondo, sia per il fianco, sia per il ponte)
tra gli elementi ordinari trasversali (se scegliamo la struttura trasversale).
La prima cosa da fare è vedere su navi similari più o meno com’è fatta la struttura, per non ritrovarsi
nelle fasi successive del progetto a cambiare anche la morfologia strutturale iniziale, perché
vedremo che ci sono dei vincoli regolamentari abbastanza forti da parte del registro.

Osservazione: la stabilità nel nostro progetto non sarà presa in considerazione perché è stata
già fatta dal progettista generale, quindi non dobbiamo verificare anche la stabilità.

Per quanto riguarda la scelta del grado dell’acciaio vediamo navi similari che tipo di grado hanno
scelto per l’acciaio e poi decidiamo, ricordando che quando scegliamo il grado più elevato avremo
in generale spessori più piccoli ma il costo dell’acciaio stesso è più elevato.

Bisogna ricordare che al diminuire degli spessori c’è un problema sicuramente per quanto riguarda
l’instabilità dei vari elementi strutturali: appena scende il valore dello spessore, aumentano subito
le criticità nei riguardi dell’instabilità dei pannelli di fasciame; gli spessori giocano un ruolo al
quadrato e quindi hanno un’elevata influenza.

Per quanto riguarda le caratteristiche del materiale da scegliere, l’applicazione delle classi e del
grado dell’acciaio occorrerà riferirsi a Parte B, Capitolo 4, Sezione 1, Tabelle 1 ÷ 8 .

Osservazione: sui materiali abbiamo definito le classi I, II, III e poi abbiamo la possibilità di
entrare a seconda del tipo di pannello di fasciame dell’elemento strutturale preso in esame nelle
tabelle successive per definire, a seconda dello spessore, il grado minimo da utilizzare per quel tipo
di elemento strutturale. Questo grado, come sappiamo, è legato al problema della resilienza
(resistenza all’urto del pannello di fasciame stesso) e generalmente vicino ad ogni elemento
strutturale occorrerebbe scrivere oltre alle dimensioni anche il grado di riferimento, quindi se io
scrivo per il pannello di fasciame del fondo 1200x20 mm in teoria non è sufficiente perché non è
specificato il grado; allora se è un “normal”, se ha grado “A”, ci devo mettere la A, se ha un grado
“AH” (ad elevata resistenza) devo scrivere 𝐴𝐴𝐴𝐴 1200𝑥𝑥20 𝑚𝑚𝑚𝑚.

Per quanto riguarda la morfologia strutturale si partirà sempre dalla sezione maestra con contorno
esterno preso dal piano di costruzione e con contorno interno preso dai piani generali o dai piani
delle capacità.

NB. È bene precisare che in questa fase di progetto, proprio per avere un riferimento, è necessario
far riferimento a navi similari, di cui si conosce la morfologia strutturale (cioè la distanza tra i
correnti, la distanza tra le ossature, etc.).

Occorrerà definire:

a) l’intervallo di ossatura ordinario e rinforzato;


Un primo problema che il progettista strutturale dovrà affrontare è che non ha una formula per
questi intervalli; inoltre l’intervallo di ossatura influenza anche il peso scafo e a rigore bisognerebbe
dimensionare le strutture e scegliere l’intervallo come variabile indipendente in modo tale da
poterlo eventualmente ottimizzare con il minimo del peso scafo.

Il registro vecchio dava delle indicazioni (cioè dava delle formule di riferimento) sull’intervallo di
ossatura ordinario, che chiamava di “riferimento” o “regolamentare”, in funzione della lunghezza
𝐿𝐿 della nave; poi il progettista eventualmente poteva variare di poco questi intervalli; nel nuovo,
invece, non si trova più definito da nessuna parte, per cui l’unica cosa che noi sappiamo è la distanza
tra le due paratie trasversali; le paratie trasversali sostituiscono le ossature rinforzate, pertanto
l’intervallo d’ossatura rinforzato sarà un sottomultiplo della distanza tra due paratie trasversali.
Quindi quando facciamo la scelta dobbiamo stare attenti a non allontanarci troppo dalle unità
similari e nello stesso tempo dobbiamo scegliere un intervallo di ossatura rinforzato che sia un
sottomultiplo della distanza tra due paratie trasversali che abbiamo sui piani generali e sui piani
delle capacità, perché la compartimentazione è stata già fatta dal nostro progettista generale.

A tale riguardo conviene affrontare una bozza del piano verticale della nave (la prima cosa che farei
andrei nel piano di costruzione e prenderei la silhouette nel piano diametrale) in modo da
posizionare materialmente le ossature:

Nel disegno andremo a posizionare le paratie trasversali (paratie stagne Ps) che noi già sappiamo.
Una volta fatto ciò diviene più facile fissare l’intervallo d’ossatura rinforzata (si parte sempre da
quella rinforzata, sia che la struttura sia longitudinale, sia mista, sia trasversale) e andare a
posizionare nel disegno le varie ossature rinforzate.

Se io parto da poppa verso prua non è detto che l’intervallo d’ossatura rinforzata sia costante, anzi
certamente a proravia della paratia di collisione e a poppavia della paratia del pressatrecce
l’intervallo d’ossatura cambia notevolmente: in generale è molto più piccolo perché è legato ad un
vincolo di natura regolamentare.
Poi dobbiamo scegliere l’intervallo di ossatura ordinario, ricordando che l’intervallo di ossatura
rinforzato varia tra 2 ÷ 6 volte l’intervallo di ossatura ordinario (generalmente il numero medio è
3); se la struttura è longitudinale, ricordando che non abbiamo in generale ossature ordinarie ma
abbiamo solo ossature rinforzate, l’intervallo d’ossatura ordinaria ci servirà come valore di
riferimento per capire la distanza tra due correnti che invece rappresenta l’intervallo d’ossatura tra
gli elementi ordinari longitudinali. Questo ragionamento va sempre bene, sia se la struttura è
longitudinale, sia se è trasversale.

b) l’intervallo tra i rinforzi ordinari longitudinali (correnti longitudinali);

A che distanza poniamo i correnti uno dall’altro? L’unico valore di riferimento è l’intervallo di
ossatura ordinario e il registro dice che in generale la distanza tra due elementi ordinari
longitudinali non deve superare del 20% la distanza tra i due elementi ordinari trasversali (quindi
fornisce solo un limite superiore, ma non inferiore).

Osservazione: questa è una regola, però in generale ci troveremo con una nave similare che più
o meno ha le stesse dimensioni della nostra, andiamo a vedere i correnti e vediamo, ad esempio,
che sono intervallati di 700 𝑚𝑚𝑚𝑚, mentre il nostro intervallo di ossatura regolamentare ordinario è
di 900 𝑚𝑚𝑚𝑚, cioè il progettista ha scelto una distanza tra correnti molto più piccola della distanza,
perché quello è il limite superiore ma non è detto che la distanza tra i correnti non debba essere più
piccola della distanza tra due ossature ordinarie; perché il progettista ha scelto così? Perché ha visto
nella nave di riferimento che conviene mettere più correnti e diminuire la distanza tra un corrente
e l’altro, perché in questo modo le dimensione dei correnti diminuiscono (è come se il carico
gravante in termini di pressione diminuisce sulla trave) e, allo stesso tempo, questi correnti più
piccoli vanno a tagliare le anime delle ossature rinforzate di una quantità più piccola. Se, invece,
mettiamo pochi correnti, questi verranno di grandi dimensioni e quindi di conseguenza taglieranno
le anime delle ossature rinforzate trasversali di una quantità molto alta e quindi farà diminuire
notevolmente la loro resistenza, per cui sarò costretto ad aumentare l’anima della trave rinforzata
(tale soluzione in genere non conviene).

Osservazione: è bene precisare che la distanza tra i correnti longitudinali può essere diversa tra
le strutture dei ponti, del fianco, del fondo ed eventualmente del cielo del doppiofondo. Questo
significa dire che una volta che io ho scelto la distanza tra i due correnti sul fondo non è detto che
sia la stessa del ponte (dipende molto dal tipo di carico che noi andiamo a trasportare): se ad
esempio, la nave non ha carichi elevati sul ponte, come può succedere nel caso delle navi traghetto
per i ponti passeggeri, in questo caso la distanza tra i correnti presenti sul ponte dovrebbe essere in
generale più grande della distanza sul fondo tra i correnti dove agiscono carichi che vengono fuori
dal mare, in particolare la pressione statica e dinamica.

c) fissare la distanza tra gli elementi rinforzati longitudinali delle strutture dei fianchi,
dei ponti, del fondo e del cielo del doppiofondo;
Sui ponti, per esempio, gli elementi rinforzati longitudinali sono le anguille, quindi quando andiamo
a definire la distanza tra i due correnti longitudinali è chiaro che sul ponte devo definire anche la
distanza tra i due elementi rinforzati; in altri termini devo dire sostanzialmente quante anguille
voglio mettere su questo ponte. Alcune volte il numero di anguille, così come il numero dei
paramezzali, sono caratterizzati direttamente dal piano delle capacità, perché sul piano delle
capacità se mi trovo nella zona bassa di una nave bulk carrier e vado a vedere dove termina la cassa
di zavorra e li c’è sicuramente un paramezzale stagno alla fine della cassa di zavorra, per cui è come
se dal piano delle capacità potrei tirare fuori delle informazioni che riguardano in particolare gli
elementi rinforzati continui, in questo caso sul fondo. Sul fianco eventualmente possiamo mettere
dei correnti rinforzati longitudinali, ma non è detto che ci siano, anzi la maggior parte delle volte
tendiamo a mettere la costola che va dal fondo della nave fino al primo ponte, cerchiamo di evitare
completamente gli elementi rinforzati.

Osservazione: su alcune tipologie di petroliere saremo costretti a mettere 2 elementi rinforzati


che si troveranno sul fianco che addirittura rinforzano sia la cassa interna, in particolare la paratia
longitudinale interna, sia il fianco esterno della nave.

In questa fase l’ipotesi delle strutture dei fianchi, dei ponti e del fondo saranno vincolate dalle
norme generali per il progetto delle strutture sintetizzate nel Capitolo 4, Sezione 4,5,6.

Nelle norme generali del progetto delle strutture questo rappresenta un vincolo per la morfologia
strutturale perché il registro su questo capitolo ci dà delle indicazioni di carattere generale (ci
possono essere, ad esempio, dei vincoli per quanto riguarda le strutture del fondo dove, in
particolare, per quanto riguarda i paramezzali, magari ci dice che i paramezzali laterali non possono
essere distanziati l’uno dall’altro di 3,5 𝑚𝑚); quindi noi dobbiamo andare a verificare se le ipotesi
fatte sulla morfologia strutturale soddisfano oppure no la normativa regolamentare.

Teniamo conto che il registro precisa anche che ci possono essere dei casi particolari, però in linea
generale se si fa un progetto di natura regolamentare, tutto quello che è scritto sul registro è
vincolo, poi il progettista se vuole superare quel vincolo regolamentare parla direttamente con chi
approva la struttura, quindi con il progettista strutturale del registro del RINA, e gli dirà i motivi per
la quale chiede sostanzialmente una deroga a quello che è scritto nel registro.

d) fissare la posizione delle saldature di testa dei pannelli di fasciame per tutte le
strutture prese in esame.

A tale riguardo è importante sottolineare che la larghezza massima di un pannello di fasciame è


vincolata a motivi di natura commerciale e costruttivi, per cui non si deve superare una larghezza
di 3,5 𝑚𝑚; tale misura rappresenta il limite superiore della larghezza del pannello di fasciame che,
altrimenti, non può essere trasportato. Ovviamente nei cantieri più piccoli non troveremo mai il
pannello di fasciame di 3,5 𝑚𝑚, ma al massimo quello di 2 𝑚𝑚 perché non riescono proprio a gestirlo.
Con questo abbiamo definito la morfologia strutturale: anche se non abbiamo dato le dimensioni
degli elementi, sappiamo più o meno quant’è la larghezza dei pannelli, dove sono posizionati i
correnti longitudinali, dove sono posizionati gli elementi rinforzati longitudinali.

II PASSO – VALUTAZIONE DELLE CARATTERISTICHE DI SOLLECITAZIONE INTERNA

Si valutano i valori regolamentari delle caratteristiche di sollecitazione interna in acqua tranquilla,


una volta fissate le condizioni di carico coerenti con il RINA in Parte 𝐵𝐵, Capitolo 5, Sezione 2.

Se andiamo alla Sezione 2, oltre alle varie condizioni, il registro ci dice che le sollecitazioni in acqua
tranquilla devono essere calcolate per tutte le condizioni di caricazione (carico, zavorra) per la nave
alla partenza e all’arrivo e ci da almeno un numero minimo di condizioni di caricazione. Questo
numero di condizioni di caricazione standard a noi serve perché rappresenta il nostro riferimento
per utilizzare il programma Autohydro. Ci ricordiamo che i calcoli di natura regolamentare statici
sono fissati con i valori più elevati di momento flettente inarcante ed insellante e di taglio positivo
e negativo in corrispondenza, in questo caso, della sezione maestra andando a prendere le
condizioni di carico standardizzate del registro, quindi vuol dire che per arrivare alle caratteristiche
di sollecitazione interne in acqua tranquilla dobbiamo utilizzare il programma Autohydro, che ci
permette una volta nota la distribuzione dei carichi, una volta avuta la carena, di individuare i valori
massimi del taglio e del momento flettente.

Il calcolo del taglio e del momento flettente di progetto dovrà essere eseguito con il programma
LSplus o Autohydro, tenendo conto dei metodi semi-empirici per la valutazione dei diagrammi dei
pesi appartenenti alla Lightship e al Deadweight.

Osservazione: occorre ipotizzare delle distribuzioni di pesi per vedere i valori di progetto del
taglio e del momento flettente; essi saranno i valori più elevati compatibilmente con il numero di
condizioni di carico che fisseremo andando a vedere per la nostra nave quelle che ci chiede il
registro.

NB. È possibile applicare qualsiasi metodo per la stima del peso scafo, del peso allestimento e del
peso apparato motore. Le condizioni di carico saranno sempre riferite alla partenza (col 98% dei
consumabili) e all’arrivo (col 10% dei consumabili).

Osservazione: quando spostiamo del peso a bordo dalle casse, per mantenere l’assetto
dobbiamo aggiungere la zavorra: a questo servono le casse di zavorra di “compenso” di poppa e
prua (gavone di poppa e gavone di prua) della nostra nave.

III PASSO – PRIMA IPOTESI SULLE DIMENSIONI DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI


L’obiettivo è arrivare alle proprietà geometriche dell’intera sezione; sono possibili tre scelte per
completare tale fase:
1. si ottengono gli spessori minimi netti dei pannelli di fasciame, le dimensioni minime delle
anime e delle piattabande dei rinforzi ordinari e delle travi rinforzate;
2. si ipotizzano le dimensioni in base all’esperienza del Progettista;
3. si utilizzano le dimensioni quanto a navi similari.

Per la prima scelta occorre valutare gli spessori minimi regolamentari dei pannelli di fasciame e le
dimensioni minime regolamentari degli elementi ordinari e rinforzati che concorrono alla
robustezza longitudinale della nave (vogliamo ottenere gli spessori dei pannelli di fasciame del
fondo, l’altezza e lo spessore dell’anima del corrente, la larghezza e lo spessore della piattabanda).

Tali indicazioni sono fornite nel Capitolo 7:

• Sezione 1 per i pannelli di fasciame


• Sezione 2 per i rinforzi ordinari
• Sezione 3 per le travi rinforzate

1) Per gli spessori dei pannelli di fasciame si applicano le relazioni previste nel Capitolo 7,
Sezione 1,Tabella 1;

Se andiamo nella Sezione 𝟏𝟏 , il registro ci aiuta con una tabella e a seconda dell’elemento
considerato (chiglia, fondo, cielo del doppiofondo, ecc.) ci dà lo spessore minimo netto del pannello
di fasciame in funzione di due parametri noti, cioè la lunghezza di dimensionamento 𝐿𝐿 e il
coefficiente 𝑘𝑘 che dipende dal grado del materiale già scelto (acciaio ordinario 𝑘𝑘 = 1, acciaio ad
elevata resistenza 𝑘𝑘 < 1, diventa tanto più piccolo quanto più grande è il grado dell’acciaio).

Questi due parametri (𝐿𝐿 e 𝑘𝑘) sono sufficienti secondo il RINA per definire degli spessori al di sotto
dei quali non potremo andare per tutto il corso del progetto, l’unico modo per andare al di sotto di
tali valori è cambiare o il grado dell’acciaio oppure dobbiamo cambiare la lunghezza della nostra
nave.

Poi c’è il parametro “𝑠𝑠” che rappresenta la lunghezza del lato più corto del pannello di fasciame
preso in esame (quando si parla di pannello il registro si riferisce al “pannello elementare”); quindi
𝑠𝑠 è la distanza tra due correnti longitudinali nel caso di struttura longitudinale, è l’intervallo di
ossatura ordinario nel caso di struttura trasversale.

Il modello che noi utilizziamo per la struttura longitudinale vede una piastra che si va ad appoggiare
su due correnti longitudinali e che si stende longitudinalmente per l’intervallo di ossatura
rinforzato, per cui quando leggiamo il lato più corto del pannello vuol dire che 𝑠𝑠, riferendosi al
pannello elementare, è proprio la distanza tra due correnti, e quindi non è la distanza tra due
saldature di testa.
Perché il registro mette dei valori minimi non avendo definito i carichi? Perché questi minimi sono
di natura semi-empirica, tengono conto solo del grado del materiale e della lunghezza
sostanzialmente della nave, e rappresentano per il registro comunque dei valori statistici di
riferimento e siccome è lui che certifica sul fatto che la nave possa non avere problemi durante
l’esercizio, lui ci dice che al di sotto di tali valori statistici di base non possiamo scendere.

2) Le dimensioni minime nette delle anime e delle piattabande dei rinforzi ordinari potranno
essere ottenuti facendo riferimento al Capitolo 7, Sezione 2;

Il registro, in questa parte, impone dei vincoli di disuguaglianza:

Ferri piatti: Le dimensioni nette di un rinforzo ordinario costituito da un ferro piatto (vedere Fig 1)
devono soddisfare la seguente condizione:

ℎ𝑤𝑤
≤ 20√𝑘𝑘
𝑡𝑡𝑤𝑤

Ferro a T: Le dimensioni nette di un rinforzo ordinario costituito da un ferro a T (vedere Fig 2)


devono soddisfare le seguenti condizioni:

ℎ𝑤𝑤
≤ 55√𝑘𝑘
𝑡𝑡𝑤𝑤

𝑏𝑏𝑓𝑓
≤ 33√𝑘𝑘
𝑡𝑡𝑓𝑓

ℎ𝑤𝑤 𝑡𝑡𝑤𝑤
𝑏𝑏𝑓𝑓 𝑡𝑡𝑓𝑓 ≥
6
Ferro ad angolo: Le dimensioni nette di un rinforzo ordinario costituito da un ferro ad angolo
(vedere Fig 3) devono soddisfare le seguenti condizioni:

ℎ𝑤𝑤
≤ 55√𝑘𝑘
𝑡𝑡𝑤𝑤

𝑏𝑏𝑓𝑓
≤ 16.5√𝑘𝑘
𝑡𝑡𝑓𝑓

ℎ𝑤𝑤 𝑡𝑡𝑤𝑤
𝑏𝑏𝑓𝑓 𝑡𝑡𝑓𝑓 ≥
6

Questi vincoli ci aiutano a decidere quanto deve essere lo spessore minimo netto degli elementi
che appartengono all’anima dei correnti longitudinali e alla piattabanda dei correnti longitudinali.

3) Le dimensioni minime nette delle anime e delle piattabande delle travi rinforzate
longitudinali potranno essere ottenute dal Capitolo 7, Sezione 3:

PRINCIPIO DI CALCOLO DELLO SPESSORE NETTO (CAPITOLO 4, SEZIONE 2)


I dimensionamenti ottenuti applicando i criteri della Parte B sono “netti”, cioè non tengono conto
di sovraspessori dovuti alla corrosione; fanno eccezione a questa regola i dimensionamenti ottenuti
dalle verifiche di snervamento della trave nave in Capitolo 6, Sezione 2, che sono spessori lordi. Ciò
significa che i sovraspessori dovuti alla corrosione saranno calcolati a parte; i sovraspessori minimi
dovuti alla corrosione sono definiti in Parte B, Capitolo 4, Sezione 2, Tabella 2 in funzione del tipo di
locale appartenente all’elemento strutturale e vanno aggiunti agli spessori netti, ottenendo così gli
spessori lordi.
Per le caratteristiche di resistenza della trave nave andrà allora definito un modulo di resistenza
netto 𝑤𝑤𝑁𝑁 (Net Scantling) e un modulo di resistenza lordo 𝑤𝑤𝐺𝐺 (Gross Scantling).

Il registro specifica che deve essere verificata la seguente condizione:

𝑍𝑍𝑁𝑁 ≥ 0.9𝑍𝑍𝐺𝐺

• 𝑍𝑍𝑁𝑁 è il modulo di resistenza netto della Sezione Maestra, in 𝑚𝑚3 , calcolato in base ai
dimensionamenti netti proposti dal Progettista;
• 𝑍𝑍𝐺𝐺 è il modulo di resistenza lordo della Sezione Maestra, in 𝑚𝑚3 , calcolato in base ai
dimensionamenti lordi proposti dal progettista.

Questo significa che il passaggio dallo spessore lordo allo spessore netto non deve far deprimere la
sezione più del 10%.

Se tale condizione non è verificata allora o aumentiamo gli spessori dovuti alla corrosione o
aggiungiamo qualche struttura all’interno della sezione stessa; possiamo, per esempio, inserire
qualche altro paramezzale in modo da aumentare il modulo di resistenza.

Il registro precisa che nel caso in cui tale condizione non sia soddisfatta, le tensioni di trave nave
(normali e tangenziali), da utilizzare per le verifiche di resistenza dei fasciami, dei rinforzi ordinari e
delle travi rinforzate, analizzate mediante modelli strutturali a travi isolate, devono essere ottenute
dividendo per 0.9 quelle ottenute considerando i dimensionamenti lordi degli elementi strutturali
costituenti la sezione (cioè considerando le sezioni trasversali della trave nave coi loro
dimensionamenti lordi). A questo punto siamo in grado di valutare i carichi primari.

IV PASSO – CALCOLO DELLE PROPRIETA’ GEOMETRICHE DELLA SEZIONE RESISTENTE


Vengono valutate tutte le caratteristiche geometriche globali della sezione resistente, cioè degli
elementi che concorrono alla robustezza longitudinale. In particolare:

1) L’area della sezione resistente, cioè di tutti gli elementi che concorrono alla
robustezza longitudinale;

2) La posizione dell’asse neutro orizzontale;

3) I momenti d’inerzia della sezione resistente valutati rispetto ai due assi verticale 𝐼𝐼𝑧𝑧 e
orizzontale 𝐼𝐼𝑦𝑦 passanti per il baricentro geometrico della sezione in esame;

4) eventualmente i moduli di resistenza al ponte (ai ponti) e al fondo.

Vengono valutati i moduli di resistenza nei punti di riferimento definiti nella fase precedente per
calcolare la tensione in tali punti; infatti siccome abbiamo le caratteristiche di sollecitazione interna,
ci occorre avere il modulo di resistenza per poter calcolare le tensioni.

Il calcolo delle caratteristiche geometriche della sezione resistente verrà eseguito con riferimento
sia agli spessori lordi sia agli spessori netti. Ciò è dovuto al fatto che alcune verifiche richiedono il
calcolo degli spessori lordi (per esempio caso snervamento) mentre altre verifiche richiedono il
calcolo degli spessori netti.

V PASSO – DIMENSIONAMENTO REGOLAMENTARE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

Vengono stimati i seguenti valori:

• gli spessori dei pannelli di fasciame che tengono conto sia dei carichi locali (pressione statica
e d’onda) sia dei carichi primari agenti sulla trave nave [Capitolo 7, Sezione 1].

Per esempio nel caso di fasciame a struttura longitudinale che contribuisce alla robustezza
longitudinale della trave nave ho che lo spessore netto dei pannelli di fasciame caricati lateralmente
e soggetti a tensioni normali agenti lungo i lati più corti deve essere non minore del valore ottenuto,
in mm, dalla seguente formula:
𝛾𝛾𝑆𝑆2 𝑝𝑝𝑆𝑆 + 𝛾𝛾𝑊𝑊2𝑝𝑝𝑊𝑊
𝑡𝑡 = 14.9𝑐𝑐𝑎𝑎 𝑐𝑐𝑟𝑟 𝑠𝑠�𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚
𝜆𝜆𝐿𝐿 𝑅𝑅𝑦𝑦
o 𝜆𝜆𝐿𝐿 tiene conto delle tensioni normali (carichi primari) che agiscono sul pannello di fasciame;
o 𝛾𝛾𝑆𝑆2 , 𝛾𝛾𝑊𝑊2 sono i fattori parziali di sicurezza che tengono conto di particolari incertezze che
entrano nel progetto;
o 𝑝𝑝𝑆𝑆 , 𝑝𝑝𝑊𝑊 devono essere opportunamente definite a seconda della posizione del pannello di
fasciame;
o 𝑅𝑅𝑦𝑦 è la sollecitazione di snervamento del fasciame.
• le dimensioni dei rinforzi ordinari: tramite il calcolo del modulo di resistenza minimo
regolamentare e dell’area minima a taglio. Anche queste dimensioni terranno conto sia dei
carichi locali (pressione statica e d’onda) sia dei carichi globali (tensione normale da trave
nave) [Capitolo 7, Sezione 2].
Il modulo di resistenza minimo regolamentare del corrente longitudinale dovrà essere
confrontato con il modulo di resistenza effettivo (minimo) della sezione del corrente con
striscia di fasciame associato (verifica a snervamento):
𝑤𝑤𝑅𝑅,𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 ≤ 𝑤𝑤𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒
L’area minima regolamentare a taglio deve essere confrontata con l’area effettiva costituita
dalla sola anima del corrente (verifica a taglio verticale):
𝐴𝐴𝑅𝑅,𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 ≤ 𝐴𝐴𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒

• le dimensioni delle travi rinforzate: si valutano le dimensioni minime nette degli elementi
strutturali tenendo conto dei vincoli della normativa; poi si valuta il modulo di resistenza
minimo regolamentare in funzione essenzialmente dei carichi locali (non vi sono i carichi
primari) e della campata dei vari elementi. Tale modulo di resistenza andrà confrontato con
quello minimo effettivo che dovrà tenere conto del fenomeno dello Shear Lag.
Oltre al modulo di resistenza, che verifica la flessione in termini di snervamento, c’è anche
l’area a taglio; per la verifica a taglio occorrerà valutare l’area minima regolamentare che
sarà funzione dei carichi locali e della campata; l’area a taglio sarà confrontata con l’area
dell’anima della trave rinforzata ipotizzata.

E’ più complesso isolare le travi rinforzate rispetto a quelle ordinarie; devo fare opportuni
ragionamenti per cercare di isolarle. Bisogna definire bene chi fa da trave portante e chi fa da trave
portata.

Bisogna utilizzare dei puntelli che definiscono una linea di puntellatura sul piano dei ferri; un
puntello lo posizionerò rispetto a un altro sempre ad un multiplo dell’intervallo di ossatura
rinforzato, così che ho una campata delle anguille multipla dell’intervallo di ossatura rinforzato e il
baglio farà da trave portata rispetto all’anguilla.

Anche nelle unità più piccole bisogna avere delle linee di puntellatura, ma se l’armatore non le vuole
allora bisogna utilizzare un modello diverso: per esempio faccio un baglio più grande con una
campata pari alla larghezza nave e le anguille non spezzano più la campata del baglio, ma vengono
utilizzate solo come elementi longitudinali che contribuiscono alla robustezza longitudinale, ma non
localmente; in questo caso le anguille saranno delle stesse dimensioni del baglio e nessuna trave
farà da trave portante o portata. Il registro comunque ci darà dei vincoli per evitare l’ingobbimento
locale.

VI PASSO – VERIFICA A PRIMARIA DELLA TRAVE NAVE


Occorre effettuare la verifica a flessione e a taglio della trave nave che è riportata nel Capitolo 6 –
Robustezza della trave nave. Pertanto dovrà essere effettuata una verifica a snervamento e, inoltre,
una verifica a resistenza ultima (momento flettente ultimo) solo per navi aventi lunghezza superiore
a 150 𝑚𝑚.

VII PASSO – VERIFICA A INSTABILITA’


Occorre precisare che gli elementi strutturali della sezione possono ingobbirsi per i carichi che
agiscono nel piano (per quanto riguarda i pannelli di fasciame) e lungo l’asse (per quanto riguarda
le travi ordinarie e rinforzate). In altri termini occorre valutare le sollecitazioni critiche di instabilità
di tutti gli elementi che costituiscono la sezione; le sollecitazioni critiche vanno confrontate con le
sollecitazioni di esercizio ottenute in base alle caratteristiche di sollecitazione interna di progetto;
tale verifica verrà effettuata con il programma Mars2000 scaricabile dal sito veristar.com.
Lezione 12
VALUTAZIONE DEL PESO SCAFO

L’obiettivo dell’elaborato è arrivare al peso scafo, il quale deve essere confrontato con il peso scafo
che abbiamo fissato all’inizio. A tal fine occorre ipotizzare una distribuzione longitudinale del peso
scafo partendo dai pesi unitari delle sezioni trasversali dimensionate.

1° Problema: per valutare il peso scafo della nave ho bisogno di tanti pesi unitari.

Vediamo come valutare il peso unitario della sezione maestra, ipotizzando che si trovi a 𝑥𝑥 = 𝐿𝐿/2
(nella realtà non si trova proprio a 𝐿𝐿/2, perché la sezione maestra viene definita come la sezione di
massimo ingombro della nave).

Per valutare questo peso unitario occorre valutare il peso degli elementi che concorrono alla
robustezza longitudinale della nave, compresi in un intervallo di ossatura rinforzata, e degli elementi
che concorrono alla robustezza trasversale in corrispondenza dell’ossatura rinforzata.

Peso unitario longitudinale:

𝑤𝑤𝑠𝑠𝐿𝐿 = 𝛾𝛾𝑀𝑀 ∙ 𝐴𝐴𝐿𝐿𝑠𝑠 (𝑥𝑥 )

• 𝑤𝑤𝑠𝑠𝐿𝐿 è il peso unitario longitudinale in corrispondenza della sezione posta all’ascissa 𝑥𝑥


di tutti gli elementi che concorrono alla robustezza longitudinale;

• 𝛾𝛾𝑀𝑀 è il peso specifico del materiale che abbiamo scelto (nel caso dell’acciaio
𝛾𝛾𝑀𝑀 ~7.8 𝑡𝑡/𝑚𝑚3 );

• 𝐴𝐴𝐿𝐿𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) è l’area della sezione resistente di tutti gli elementi che concorrono alla
robustezza longitudinale in corrispondenza della sezione considerata.
Peso Longitudinale: il peso degli elementi che concorrono alla robustezza longitudinale e che sono
compresi in un intervallo di ossatura rinforzato 𝐼𝐼𝑅𝑅 a cavallo della sezione 𝑥𝑥:

𝑊𝑊𝑠𝑠𝐿𝐿 = 𝛾𝛾𝑀𝑀 ∙ 𝐴𝐴𝐿𝐿𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) ∙ 𝐼𝐼𝑅𝑅

Peso trasversale:

𝑛𝑛𝑇𝑇

𝑊𝑊𝑠𝑠𝑇𝑇 = 𝛾𝛾𝑀𝑀 � ∇𝑇𝑇𝑖𝑖


𝑖𝑖=1

• 𝑊𝑊𝑠𝑠𝑇𝑇 è il peso (non unitario) di tutti gli elementi che concorrono alla robustezza
trasversale in corrispondenza della sezione considerata;

• 𝛾𝛾𝑀𝑀 è il peso specifico del materiale che abbiamo scelto;

• ∇𝑇𝑇𝑖𝑖 è il volume dell’𝑖𝑖 -esimo elemento che concorre alla robustezza trasversale in
corrispondenza della sezione considerata.

Il peso totale di questo tronco di nave lo indichiamo con 𝑊𝑊𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 :


𝑛𝑛𝑇𝑇

𝑊𝑊𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 (𝑥𝑥 ) = 𝛾𝛾𝑀𝑀 ∙ 𝐴𝐴𝐿𝐿𝑠𝑠 (𝑥𝑥 ) ∙ 𝐼𝐼𝑅𝑅 + 𝛾𝛾𝑀𝑀 � ∇𝑇𝑇𝑖𝑖


𝑖𝑖=1

Il peso unitario totale sarà dato da:


𝑛𝑛 𝑛𝑛
𝑤𝑤𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 𝛾𝛾𝐴𝐴 ∙ 𝐴𝐴𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 (𝑥𝑥 ) ∙ 𝐼𝐼𝑅𝑅 + 𝛾𝛾𝐴𝐴 ∑𝑖𝑖=1
𝑇𝑇
∇𝑖𝑖 𝛾𝛾𝐴𝐴 ∑𝑖𝑖=1𝑇𝑇
∇𝑖𝑖
𝑤𝑤𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 (𝑥𝑥 ) = = = 𝛾𝛾𝐴𝐴 ∙ 𝐴𝐴𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 (𝑥𝑥 ) + (1)
𝐼𝐼𝑅𝑅 𝐼𝐼𝑅𝑅 𝐼𝐼𝑅𝑅

La relazione (1) permette di individuare il peso unitario della sezione strutturale di ascissa 𝑥𝑥 = 𝐿𝐿/2
e tiene conto del peso degli elementi che concorrono alla robustezza longitudinale della nave e degli
elementi che concorrono alla robustezza trasversale. E’ bene notare che la (1) può estendersi ad
altre sezioni strutturali; in questo ragionamento non abbiamo ancora considerato le paratie.
Il peso scafo lo abbiamo già dovuto ipotizzare in una fase precedente, ora dobbiamo vedere se
quello che abbiamo ipotizzato è molto lontano rispetto a quello che è venuto fuori dopo il
dimensionamento strutturale.

Per prima cosa occorrerà definire un certo numero di sezioni a proravia e a poppavia della sezione
maestra; per l’elaborato occorre definire almeno 4 sezioni: 2 a poppavia e 2 a proravia. In queste
sezioni tutti i tipi di carico cambieranno (le caratteristiche di sollecitazione interna, i carichi locali e
i carichi interni); in particolare man mano che ci allontaniamo dalla sezione maestra variano di molto
i carichi interni “inerziali” dovuti ai moti della nave.

Potremmo trasportare quello che abbiamo trovato per la sezione maestra anche alle altre sezioni
solo nel caso di imbarcazioni piccole, poiché nelle navi più piccole si cerca di riportare le stesse
dimensioni dei rinforzi anche per le altre sezioni.

I passi fatti per la sezione maestra li dobbiamo ripetere per le altre sezioni, ma qui abbiamo un
vantaggio perché una sezione iniziale di riferimento più o meno l’abbiamo già (la sezione maestra);
è facile immaginare che il progettista scaglierà una morfologia strutturale simile a quella già
realizzata per la sezione maestra; nella nuova sezione strutturale possiamo quindi partire con le
dimensioni ottenute dalla sezione maestra e poi variare le dimensioni a seconda dei risultati venuti
fuori dai calcoli in modo tale da ottimizzare la struttura.

Per quanto riguarda il diagramma dei pesi unitari si avrà successivamente:

Mancano ancora dei punti: all’estrema prora il peso unitario è nullo, mentre all’estrema poppa, a
seconda se la poppa è a incrociatore o completamente trasversale, il peso unitario dovrà essere
supposto in questa maniera:

• poppa a incrociatore ⟹ 𝑤𝑤 = 0
• poppa di altro tipo ⟹ 𝑤𝑤 ≠ 0

Nell’ultimo caso prendo un’aliquota (in genere intorno al 40% − 50%) del peso unitario della
sezione che si trova più a poppavia. Posso unire questi punti con un andamento sia lineare che
polinomiale.
DIMENSIONAMENTO DELLE PARATIE TRASVERSALI E VALUTAZIONE DEL PESO
UNITARIO
Le paratie longitudinali sono già incluse in questi pesi unitari.

Tutte le paratie trasversali vanno dimensionate e, a seconda della posizione, su di esse agiscono
carichi diversi.

La prima cosa da fare è fissare le ascisse di riferimento delle paratie che troviamo sul piano delle
capacità della nave stessa.

Per trovare i pesi unitari occorre innanzitutto scegliere una paratia tipo ed effettuare il
dimensionamento regolamentare una volta fissata la morfologia strutturale; la scelta della
morfologia strutturale della paratia è vincolata alla scelta della morfologia strutturale della nave.

I montanti verticali sono in corrispondenza dei rinforzi ordinari (correnti longitudinali), i montanti
rinforzati o traverse sono vincolati agli elementi rinforzati longitudinali.

Il dimensionamento degli elementi strutturali porterà alla valutazione del peso della paratia
attraverso la relazione:
𝑛𝑛𝑃𝑃

𝑤𝑤𝑃𝑃 = 𝛾𝛾𝑀𝑀 � ∇𝑖𝑖


𝑖𝑖=1

• ∇𝑖𝑖 è il volume degli elementi strutturali della paratia


• 𝑛𝑛𝑃𝑃 è il numero totale degli elementi strutturali appartenenti alla paratia.

Per ottenere il peso unitario della paratia dovrò fissare entro quanto vado a distribuire questo peso
della paratia; se si tratta di paratia piana il peso viene distribuito all’interno dell’intervallo di ossatura
ordinario anche quando la struttura è longitudinale (dipende dalle dimensioni degli elementi
strutturali):
𝑤𝑤𝑃𝑃
𝑤𝑤 (𝑝𝑝) = (2)
𝑖𝑖0

DIAGRAMMA DEL PESO SCAFO


Prendo tale peso unitario e lo aggiungo nella zona dove è prevista la paratia, che sostituisce
completamente l’ossatura rinforzata, per cui prima c’era il peso dell’ossatura rinforzata, adesso
l’abbiamo sostituito con il peso della paratia.

Nel nostro elaborato, per le altre paratie possiamo ottenere un buon valore del loro peso senza fare
di nuovo tutti i calcoli; ci calcoliamo il valor medio del peso unitario per unità di area della prima
paratia dimensionata nel seguente modo:

PESO MEDIO PER UNITA’ DI AREA DELLA PARATIA


𝑤𝑤𝑃𝑃
𝑤𝑤 (𝐴𝐴) (𝑥𝑥𝑟𝑟 ) = (3)
𝐴𝐴𝑅𝑅

• 𝑥𝑥𝑟𝑟 è l’ascissa della generica paratia


• 𝑤𝑤𝑃𝑃 è peso della paratia che abbiamo proporzionato
• 𝐴𝐴𝑅𝑅 è l’area trasversale della paratia dimensionata

Il peso unitario ottenuto dalla (3) può essere esteso ai calcoli delle altre paratie dove sono noti i
valori delle aree delle stesse (che conosciamo perché abbiamo il piano di costruzione della nave, per
il contorno esterno, e il piano delle capacità, per i contorni interni) per cui sarà possibile individuare
i pesi delle altre paratie e i relativi pesi unitari; aggiungo al grafico le altre posizioni con i relativi pesi
unitari:

A questo punto si calcolerà l’area sottesa al diagramma in figura per ottenere il nuovo peso scafo;
ricordiamo pure che l’ascissa longitudinale del centro dell’area in figura coincide con l’ascissa
longitudinale del baricentro dello scafo (ipotizzato nella fase precedente). A questo punto se viene
fuori un peso scafo del 20% − 30% diverso da quello ipotizzato e un diagramma del peso scafo
completamente diverso da quello ipotizzato, bisogna reiterare il lavoro fino a quando la procedura
iterativa converge.

Nelle fasi più avanzate del progetto anche gli altri pesi della nave sono stati stimati in maniera più
accurata (peso apparato motore, peso dell’allestimento, etc.), pesi che dobbiamo mettere e
distribuire a bordo per ottenere le caratteristiche di sollecitazione interna; il peso dell’apparato
motore lo si distribuisce uniformemente all’interno delle due paratie previste dall’apparato motore;
il peso dell’allestimento lo si distribuisce generalmente uniformemente su tutta la lunghezza della
nave (se ho dati più precisi posso essere più dettagliato).

Una volta ottenuta la nuova distribuzione del peso scafo occorrerebbe rivalutare le caratteristiche
di sollecitazione interna in acqua tranquilla e il nuovo dislocamento di progetto della nave stessa. In
caso di risultati diversi rispetto a quelli della fase precedente occorre effettuare di nuovo tutto il
dimensionamento.
Lezione 13
PROCEDURA REGOLAMENTARE DI DIMENSIONAMENTO
PREMESSA: I REGISTRI DI CLASSIFICA PRIMA DEGLI ANNI 2000
Fino agli inizi degli anni 2000 i regolamenti definivano in modo implicito i carichi statici e dinamici
attraverso battenti convenzionali opportunamente maggiorati quando essi diventavano rilevanti.
Prima non si parlava di pressioni, ma si calcolavano dei battenti (la colonna di pressione) e non si
distingueva tra battenti statici o dinamici, etc.

Le caratteristiche tipiche dei regolamenti potevano così sintetizzarsi:

1) Per il dimensionamento per gli elementi strutturali trasversali occorreva definire una
larghezza di carico (striscia di fasciame), una campata e delle opportune condizioni di
vincolo. Il carico locale veniva fornito in termini di battente rispetto ad opportuni punti di
riferimento.
2) Per gli elementi strutturali longitudinalmente continui il dimensionamento era basato su
coppie di formule parametriche, alternative fra loro, una delle quali funzione dei carichi locali
e l’altra funzione principalmente della lunghezza di dimensionamento della nave.

Ovviamente veniva suggerito di utilizzare il dimensionamento maggiore; ad esempio per il calcolo


dello spessore di un pannello di fasciame del fondo il RINA suggeriva 2 formule parametriche del
tipo:

𝑡𝑡1 = 𝑓𝑓1 (𝑠𝑠, ℎ, 𝑘𝑘, … ) (1)

𝑡𝑡2 = 𝑓𝑓2 (𝑠𝑠, 𝐿𝐿, 𝑘𝑘, … ) (2)

• 𝑠𝑠 è l’intervallo fra i correnti;


• ℎ è il battente e veniva calcolato in funzione dell’immersione di progetto;
• 𝑘𝑘 dipende dalle caratteristiche del materiale;
• 𝐿𝐿 è la lunghezza di dimensionamento.

Secondo la prima relazione lo spessore 𝑡𝑡1 dipendeva dal carico locale valutato attraverso il battente
ℎ, dalla natura del materiale 𝑘𝑘 e dalla sola distanza tra i correnti 𝑠𝑠 (l’inerzia della nave non è
presente in queste relazioni). Il modello è diverso da quello che utilizziamo nelle formule nuove del
registro: oltre alla distanza 𝑠𝑠 tra due correnti (lato più corto del pannello) c’è anche il lato più lungo
𝑙𝑙 che nel nostro caso è l’intervallo di ossatura rinforzata; nelle vecchie formule il lato più lungo del
pannello non c’è e quindi non teneva conto dell’effetto della limitazione dell’estensione
longitudinale del pannello (piastra ad allungamento infinito); inoltre il nuovo registro mette in
relazione le dimensioni generali della nave con le relative accelerazioni che può subire come corpo
rigido.
Nella seconda formula parametrica (2) entrava in gioco la lunghezza di dimensionamento 𝐿𝐿 che
rappresentava un tentativo per tenere conto dei carichi primari agenti sul pannello, dato che il
momento flettente è collegato alla lunghezza della nave (qui non abbiamo bisogno dei carichi
primari a differenza della procedura nuova).

Una volta dimensionata la sezione a carico locale, essa veniva verificata con le tensioni primarie da
trave nave. Ovviamente non appena si riteneva che le tensioni complessive potessero essere
rilevanti, si suggerivano dei calcoli diretti con modelli più razionali, ad esempio con il metodo ad
elementi finiti.

Bisogna ancora rilevare che non esisteva il principio dello spessore netto (margini di corrosione)
che si applica nella nuova regolamentazione; il vecchio registro nelle sue formule teneva conto già
del margine di corrosione e al valore che si otteneva non bisognava aggiungere un altro margine
dovuto alla corrosione (quindi non si distingueva la corrosione a seconda dell’elemento
considerato).

I CRITERI DEGLI ANNI 2000


Si è cercato di utilizzare modelli più razionali sebbene di maggiore difficoltà applicativa. Innanzitutto
i carichi agenti sulle strutture della nave sono definiti in modo più rigoroso e completo; si tiene conto
anche dell’effetto concomitante del carico locale e primario attraverso opportuni metodi statistici
e opportuni coefficienti parziali di sicurezza.

In generale è possibile dire che per il dimensionamento di un elemento strutturale si prendono in


considerazione sia i carichi agenti localmente, sia il contributo che il singolo elemento strutturale
fornisce alla robustezza della trave nave.

Vengono definiti opportunamente:

a) la campata del rinforzo misurate sia per i rinforzi ordinari sia per le travi rinforzate;
b) la lunghezza della striscia di carico gravanti sui rinforzi;
c) la larghezza della striscia di fasciame collaboranti con i rinforzi, tenendo conto dell’effetto
dello Shear Lag – Striscia di fasciame efficace associata (del fenomeno dello Shear Lag si
risente di più per le travi rinforzate che per quelle ordinarie);
d) le posizioni in cui calcolare le pressioni (punto di calcolo del carico) che per i casi di fasciame
coincidono con il lembo più basso della lamiera, mentre per le travi coincidono col baricentro
dell’area gravante sulla trave.

Particolare attenzione deve essere rivolta alle unità di misura adottate:

1) Le dimensioni principali devono essere espresse in metri.


2) Per le caratteristiche dei rinforzi si adopera il centimetro ( 𝑐𝑐𝑚𝑚2 per l’area, 𝑐𝑐𝑚𝑚4 per il
momento d’inerzia, 𝑐𝑐𝑚𝑚3 per il modulo di resistenza), invece se la sezione resistente è la
trave nave si usa invece il metro (𝑚𝑚2 , 𝑚𝑚4 , 𝑚𝑚3 ).
3) Tutti gli spessori sono dati in millimetri.
4) Le forze e le pressioni sono espresse rispettivamente in 𝑘𝑘𝑘𝑘 e 𝑘𝑘𝑘𝑘/𝑚𝑚2 ; le tensioni tuttavia
𝑁𝑁
sono espresse in = 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀.
𝑚𝑚𝑚𝑚2
5) La densità è misurata in 𝑡𝑡/𝑚𝑚3 (utilizziamo il sistema tecnico).

N.B.: oltre alle norme differenti per la zona prodiera e la zona poppiera rispetto a quella centrale,
sono previste norme differenti per navi di lunghezza 𝐿𝐿 ≥ 90 𝑚𝑚 e per navi di lunghezza inferiore.

Il nuovo regolamento tiene conto esplicitamente dei carichi inerziali generati dai moti della nave;
facendo riferimento alla solita terna è possibile definire:

• moto di avanzo (surge) come lo spostamento secondo l’asse 𝑥𝑥;


• moto di deriva (sway) come lo spostamento secondo l’asse 𝑦𝑦 positivo verso sinistra;
• moto di sussulto (heave) come lo spostamento secondo l’asse 𝑧𝑧;
• moto di rollio (roll) come la rotazione attorno all’asse 𝑥𝑥;
• moto di beccheggio (pitch) come la rotazione attorno all’asse 𝑦𝑦;
• moto di imbardata (o alambardata – yaw) rotazione intorno all’asse 𝑧𝑧.

La massima immersione di progetto tiene conto di una marca che rappresenta il bordo libero della
nave; si utilizza la convenzione internazionale che caratterizza le 2 tipologie di navi TIPO A e TIPO B:

A. Navi che trasportano carico liquido alla rinfusa


B. Tutte le altre navi

Anche nel nuovo registro risulta valida la suddivisione dei carichi in primari, secondari e terziari già
nota.

CONFRONTO TRA CAPACITA’ E DOMANDA


Il registro, per la verifica strutturale, adotta alla base un criterio di sicurezza che si basa sul confronto
tra “capacità” e “domanda”, due variabili aleatorie funzioni, a loro volta, di variabili aleatorie.

In formula:

𝐶𝐶 = 𝑓𝑓3 (𝐶𝐶1 , … , 𝐶𝐶𝑣𝑣 ) (3)

𝐷𝐷 = 𝑓𝑓4 (𝐷𝐷1 , … , 𝐷𝐷𝑙𝑙 ) (4)

Intendendo per:

• domanda qualsiasi effetto del carico in termini di tensioni normali o tangenziali


• capacità strutturale quel valore limite che porta la struttura alla crisi.

Tale criterio prevede il calcolo della capacità e della domanda in un opportuno punto chiamato “di
progetto” e la condizione di sicurezza, per ogni modo di crisi, è la seguente:

𝐶𝐶 ∗ (𝐶𝐶1∗ , … , 𝐶𝐶𝑣𝑣 ∗ ) ≥ 𝐷𝐷 ∗ (𝐷𝐷1 ∗ , … , 𝐷𝐷𝑙𝑙 ∗ ) (5)


Pertanto il punto di progetto diventa quel punto della capacità e della domanda rispetto al quale
occorre verificare le condizioni di sicurezza tramite la (5).

All’interno delle formule del registro appaiono dei coefficienti e quindi accanto al punto di progetto
bisogna dare la definizione di altri valori detti caratteristici della variabile; in particolare il RINA
definisce i seguenti fattori parziali di sicurezza della capacità strutturale:

(𝐶𝐶) 𝐶𝐶𝑗𝑗 ∗
𝛾𝛾𝑗𝑗 = (6)
𝐶𝐶𝑗𝑗𝑗𝑗
(𝑐𝑐)
• 𝛾𝛾𝑗𝑗 è il generico fattore parziale di sicurezza della capacità strutturale;

• 𝐶𝐶𝑗𝑗 è la generica variabile calcolata nel punto di progetto;
• 𝐶𝐶𝑗𝑗𝑗𝑗 è il valore caratteristico della variabile che rappresenta quella possibile determinazione
della variabile 𝐶𝐶𝑗𝑗 che verrà superato nel corso della vita della struttura con una probabilità
relativamente alta.

Un parametro capacitivo molto importante è la sollecitazione di snervamento del materiale 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 : se


la vado a calcolare in un punto caratteristico, il valore caratteristico che scelgo attraverso la
procedura regolamentare verrà superato nel corso della vita con una probabilità molto alta (area
tratteggiata in figura); quindi questa regola è valida quando ci riferiamo ai parametri capacitivi.

Analogamente è possibile definire i fattori parziali di sicurezza della domanda:

(𝐷𝐷) 𝐷𝐷𝑖𝑖 ∗
𝛾𝛾𝑖𝑖 = (7)
𝐷𝐷𝑖𝑖𝑖𝑖

• 𝐷𝐷𝑖𝑖𝑖𝑖 rappresenta il valore caratteristico della variabile 𝐷𝐷𝑖𝑖 che verrà superato nel corso della
vita della struttura con una probabilità relativamente bassa.

L’approccio razionale del registro vuole in realtà tener conto delle incertezze che si incontrano nel
percorso strutturale. Generalmente le incertezze sono di 2 tipi:
a) incertezze oggettive o reali: sono quelle note dalla genuina aleatorietà delle variabili e
vengono caratterizzate correntemente con i valori caratteristici.
b) incertezze soggettive o approssimative: sono quelle note dai limiti dei modelli utilizzati per
caratterizzare la variabile (teoria della trave) e vengono caratterizzate correntemente per il
tramite dei fattori parziali di sicurezza definiti in (6) e (7).

Le incertezze soggettive non ci sono quando le coordinate del punto di progetto coincidono con le
coordinate del punto caratteristico, cioè quando il fattore parziale di sicurezza è pari a 1; invece se
si ha un’influenza delle incertezze soggettive, un po’ dovrà variare il punto rispetto al quale fare la
verifica.

E’ evidente che l’introduzione delle incertezze soggettive comporta una riduzione del valore
(𝐶𝐶)
caratteristico della capacità strutturale �𝛾𝛾𝑗𝑗 < 1� e un aumento del valore caratteristico della
(𝐷𝐷)
domanda �𝛾𝛾𝑖𝑖 > 1� ; infine il RINA introduce anche i valori di riferimento delle variabili che
possono coincidere, a seconda dei casi, con i valori caratteristici.

CASI DI CARICO (LOAD CASE) (PARTE B, CAPITOLO 5, SEZIONE 4)

Abbiamo già dato la definizione di “condizione di carico” (loading condition) che riguarda la
distribuzione di tutti i pesi a bordo della nave; tale definizione non deve essere confusa con la
definizione di “caso di carico” (load case) che rappresenta una combinazione convenzionale di
carichi locali e globali giudicata particolarmente sfavorevole e rappresentativa, secondo il RINA,
delle molteplici combinazioni con le quali agiscono i vari carichi.

Per esempio un pannello di fasciame del fondo è soggetto contemporaneamente a:

• un carico che agisce nel piano del pannello dovuto alla flessione della trave nave;
• una pressione esterna che è quella di progetto 𝑝𝑝𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 + 𝑝𝑝𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜𝑜 .

In generale, in esame di progetto, dovrei considerare che nello stesso istante agiscono i valori più
elevati dei carichi agenti sulla struttura, il ché sarebbe eccessivamente conservativo; infatti il
registro fissa un’opportuna convenzione sui carichi che agiscono sul pannello (ci fornisce una serie
di valori convenzionali e noi andiamo a prendere il valore più elevato); lo fa attraverso più calcoli
perché abbiamo più moti della nave che ci danno pressioni diverse sulla superficie di carena.

Il moto ondoso associato alla velocità della nave genera i 6 moti di corpo rigido e in ogni punto le
conseguenti accelerazioni; le accelerazioni nei carichi imbarcati generano forze d’inerzia che vanno
esaminate assieme ai carichi statici e alle pressioni idrostatiche. Ai moti della nave vanno associati i
battenti esterni e i momenti flettenti d’onda e torcente d’onda. Sarebbe tuttavia eccessivamente
conservativo supporre che tali parametri raggiungono contemporaneamente i loro rispettivi valori
di riferimento e pertanto il regolamento prevede la serie dei 4 casi con una frazione dei valori di
riferimento valutati in precedenza.

I casi di carico del registro sono 4:


• Nei casi “𝒂𝒂” e “𝒃𝒃” agiscono i carichi di tipo trasversalmente simmetrici (una perfetta
distribuzione trasversale dei carichi rispetto al piano diametrale), ovvero che mantengono
la nave in posizione trasversalmente dritta e longitudinalmente inclinata (moti di sussulto,
beccheggio e avanzo).
• Nei casi “𝒄𝒄”, “𝒅𝒅” agiscono i carichi di tipo trasversalmente antisimmetrici, ovvero che
mantengono la nave in posizione trasversalmente inclinata e longitudinalmente dritta (moti
di rollio, deriva e imbardata).

Questa è una semplificazione perché il registro non riesce a prendere in esame la mutua interazione
dei moti.

I fattori di combinazione dei casi di carico “a”, “b”, “c”, “d” vogliono tener conto, in maniera
convenzionale, della non contemporaneità dei carichi locali e globali.

MOTI E ACCELERAZIONI (PARTE B, CAPITOLO 5, SEZIONE 3)


Per poter calcolare i carichi di natura inerziale abbiamo bisogno delle accelerazioni nei vari punti
della nave; se vediamo la nave come un corpo rigido e libero, dotato di 6 gradi di libertà, una volta
definito i moti principali, possiamo ottenere le accelerazioni in qualsiasi punto.
Questa sezione del registro consta di 2 parti:

1) Moti assoluti della nave e accelerazioni: è previsto il calcolo convenzionale delle


accelerazioni (di traslazione e di rotazione) della nave vista come un corpo rigido libero
dotato di 6 gradi di libertà.

In questa prima parte le formule parametriche proposte sono funzioni di 2 parametri di base:

• ℎ𝑤𝑤 è il parametro d’onda, in m, funzione di 𝐿𝐿


• 𝑎𝑎𝐵𝐵 è il parametro per il calcolo dei moti e delle accelerazioni, funzione di 𝐿𝐿, 𝐹𝐹, ℎ𝑤𝑤

dove:

𝐹𝐹 = 0.164 𝑉𝑉/√𝐿𝐿

• 𝑉𝑉 è la velocità massima di esercizio, in nodi.

Quindi con soli due dati, 𝐿𝐿 e 𝑉𝑉, valuta i parametri di base ℎ𝑤𝑤 e 𝑎𝑎𝐵𝐵 , con cui ci fornisce i valori delle
accelerazioni per ogni moto e i periodi della nave relativi al moto di deriva, di rollio e di
beccheggio:

𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 ⟹ 𝑇𝑇𝑆𝑆𝑆𝑆 = 𝑓𝑓 (𝐿𝐿, 𝐹𝐹 )

𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅 ⟹ 𝑇𝑇𝑅𝑅 = 𝑓𝑓 (𝛿𝛿, 𝐺𝐺𝐺𝐺)

𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃 ⟹ 𝑇𝑇𝑃𝑃 = 𝑓𝑓 (𝐿𝐿)

𝛿𝛿, 𝐺𝐺𝐺𝐺 = 𝑓𝑓 (𝐵𝐵)

• 𝛿𝛿 è il raggio di inerzia di rollio, in m, per la condizione di caricazione considerata;


• 𝐺𝐺𝐺𝐺 è la distanza, in m, dal baricentro della nave al metacentro trasversale, per la
condizione di caricazione considerata;

Per calcolare le accelerazioni di rollio e beccheggio è necessario calcolare le relative ampiezze di


rollio 𝐴𝐴𝑅𝑅 e di beccheggio 𝐴𝐴𝑃𝑃 .

Se esiste un metodo più diretto rispetto alle formule parametriche proposte, lo possiamo
attuare; tuttavia per il rollio dovremmo conoscere il momento d’inerzia della nave rispetto
all’asse longitudinale che dipende dalla distribuzione dei pesi a bordo, quindi lo possiamo fare
solo in una fase più avanzata del progetto; per ora dobbiamo accontentarci delle formule
parametriche.

2) Moti relativi della nave e accelerazioni: saranno calcolati i moti relativi della nave
(spostamenti verticali della superficie del mare oscillanti lungo i fianchi della nave; sono
misurati, coi loro segni, a partire dalla linea di galleggiamento all’immersione 𝑇𝑇1) e i valori di
riferimento delle accelerazioni longitudinale, trasversale e verticale nel punto di calcolo per
le condizioni di nave diritta e inclinata.
I valori di riferimento del moto relativo, valutati in ciascuna sezione trasversale della nave,
vengono indicati con ℎ1 , per la condizione di nave diritta, e con ℎ2 , per la condizione di nave
inclinata, e opportunamente valutati.

Le accelerazioni possono essere utilizzate per il calcolo dei carichi di natura inerziale nel punto
di calcolo tramite la seguente tabella del registro:

Esse dipendono dalla combinazione delle accelerazioni valutate nella prima parte, dalla
posizione del punto di calcolo e dalle due combinazioni dei moti solo longitudinali (casi “𝑎𝑎” e
“𝑏𝑏”) o solo trasversali (casi “c”, “d”).

CARICHI LOCALI ESTERNI - PRESSIONI DEL MARE (PARTE B, CAPITOLO 5, SEZIONE 5)


Come detto, i carichi dinamici interni sono dovuti prevalentemente alle accelerazioni di progetto,
mentre i carichi dinamici esterni sono dovuti alle variazioni di battente che si verificano per effetto
dei moti nave.

Le variazioni di battente prese dal registro riguardano o i soli moti simmetrici (avanzo, sussulto e
beccheggio) con battente ℎ1 o i soli moti antisimmetrici (rollio, deriva e imbardata) con battente ℎ2 .

E’ come se, rispetto al caso statico, si varia completamente la distribuzione di pressione; ci sono
delle formule per valutare le pressioni proprio sui pannelli di fasciame e tengono conto del fatto che
c’è comunque un’onda che impatta sullo scafo; questa distribuzione è completamente
convenzionale e non reale.

La figura dimostra essenzialmente cosa può succedere dal punto di vista dinamico quando un’onda
impatta una generica sezione (il registro tende a simulare cosa avviene nella realtà):
PRESSIONI E FORZE INTERNE (PARTE B, CAPITOLO 5, SEZIONE 6)
Vengono definite innanzitutto le pressioni in acqua tranquilla 𝑝𝑝𝑆𝑆 per cisterne piene o riempite
parzialmente. A questa pressione idrostatica va sommata una pressione inerziale 𝑝𝑝𝑤𝑤 che è funzione
dei seguenti parametri e condizioni:

1. Casi di carico “a”, “b”, “c”, “d”;


2. Densità del carico liquido 𝜌𝜌𝐿𝐿 ;
3. Coordinate del punto di calcolo della pressione (in particolare la 𝑧𝑧);
4. Dimensioni totali della cisterna;
5. Accelerazioni del baricentro della cisterna stessa;
6. Eventuali sovrappressioni del carico dovute a valvole di sfogo per le cisterne (nella formula
della pressione c’è la pressione di taratura delle valvole delle cisterne che serve per poter
dire fino a quale valore può andare la pressione, dopodiché si apre la valvola).
Lezione 14
OBIETTIVO DELL’ELABORATO (Sintesi dell’obiettivo)

Attraverso la procedura regolamentare del RINA 2005, il gruppo, partendo dai dati di progetto e dai disegni riportati in
allegato, effettui il dimensionamento strutturale della nave e realizzi il piano dei ferri e il diagramma approssimato del
peso scafo.

La procedura regolamentare per il dimensionamento dovrà essere applicata almeno alle seguenti sezioni e componenti
strutturali:

1. Sezione maestra
2. 2 sezioni a proravia della sezione maestra
3. 2 sezioni a poppavia della sezione maestra
4. Paratia trasversale di compartimentazione “tipo”
5. Struttura di prora (a proravia della paratia di collisione) o struttura di poppa (a poppavia della paratia del
pressatrecce).

I disegni del piano dei ferri dovranno comprendere almeno:

1. la sezione maestra
2. il piano strutturale delle ossature (intendendo per esso almeno il disegno delle 4 sezioni strutturali
dimensionate)
3. il piano strutturale dei ponti (intendendo per esso almeno il disegno strutturale del ponte principale e del cielo
del doppiofondo)
4. una sezione strutturale longitudinale verticale (di solito coincidente con la sezione sul piano diametrale della
nave)
5. disegno strutturale della paratia di compartimentazione “tipo” in vista e in sezione
6. una rappresentazione schematica della struttura di prora o di poppa

RELAZIONE TECNICA DI CALCOLO

La relazione deve riportare:

• le finalità del lavoro svolto;


• la procedura utilizzata per il dimensionamento con le relative fasi di calcolo;
• i dati di partenza e le ipotesi di lavoro fatte;
• i risultati ottenuti nel rispetto della procedura e delle formule regolamentari.

In generale i disegni e i dati di progetto riguarderanno:

1. il piano di costruzione della nave


2. i piani generali
3. il piano delle capacità
4. dati caratteristici della nave

N.B.: il gruppo qualora non riesca a individuare dati necessari per raggiungere gli obiettivi preposti, effettui delle ipotesi
di lavoro, che poi verranno verificate in una fase successiva, ottenute dal buon senso e di quanto a conoscenza di navi
similari.

Lezioni mancanti: 15 (02/05) – 16 (07/05) – 17 (09/05).


Lezione 18
TEORIA DETERMINISTICA DEI MOTI E DEI CARICHI D’ONDA
Si parte dalla teoria deterministica, dopodiché si ottiene il risultato come processo aleatorio con la
sovrapposizione di infinite onde.

Premessa: L’azione che il mare esplica sulla nave nasce da una complessa interazione tra le onde
che impattano sullo scafo a le perturbazione dovuta ai moti stessi della nave; in quest’ottica la
risoluzione del problema deve necessariamente contenere una razionale conoscenza dei moti della
nave; a tale scopo per lo studio dei moti è ragionevole fissare i seguenti sistemi di riferimento (alcuni
riferimenti potrebbero non coincidere con quelli che generalmente utilizziamo in tenuta al mare):

a) Un riferimento assoluto (levogiro) terrestre che riterremo inerziale 𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂, avente il piano
𝑥𝑥𝑥𝑥 coincidente con la superficie di riposo del mare e 𝑧𝑧 verticale ascendente, dopodiché in
figura è indicato l’angolo 𝜇𝜇 che rappresenta l’angolo che la direzione dell’onda regolare,
avanzante con celerità 𝑐𝑐, forma con l’asse 𝑥𝑥 (0° < 𝜇𝜇 < 360°).
Quindi se volessi scrivere l’equazione inerziale di un’onda regolare riferita a questo sistema
di riferimento assoluto (ovvero l’equazione della superficie del mare):

𝜁𝜁 (𝑥𝑥, 𝑦𝑦, 𝑡𝑡) = 𝜁𝜁𝑎𝑎 cos(𝜔𝜔𝜔𝜔 − 𝑘𝑘𝑘𝑘 cos 𝜇𝜇 + 𝑘𝑘𝑘𝑘 sin 𝜇𝜇 ) (1)

• 𝜁𝜁𝑎𝑎 è l’ampiezza dell’onda;


• 𝑘𝑘 è il numero d’onda (collegato alla lunghezza d’onda);
• 𝜔𝜔 è la frequenza circolare dell’onda (collegata al periodo d’onda).

Quindi abbiamo fissato il sistema di riferimento terrestre e rispetto a un’onda regolare


abbiamo scritto l’equazione del profilo dell’onda.
b) Un riferimento fisso 𝑂𝑂𝑂𝑂’𝑦𝑦’𝑧𝑧’ con 𝑂𝑂𝑂𝑂’𝑦𝑦’ coincidente con la superficie media del mare, ma con
l’asse 𝑥𝑥’, inclinato rispetto a 𝑥𝑥 dell’angolo 𝜉𝜉, nella direzione di avanzamento della nave.
Si assume che la nave ha una velocità media di avanzo pari a 𝑈𝑈; 𝜉𝜉 viene chiamato “angolo di
rotta” (non è l’angolo di rotta classico che è la direzione di avanzo della nave dato dall’angolo
compreso tra il piano verticale che comprende la direzione d’avanzo della nave e il piano
verticale del Nord geografico e si misura in senso orario).
𝛸𝛸 è rappresentato dalla direzione di avanzamento dell’onda regolare rispetto alla direzione
di avanzamento della nave (𝛸𝛸 = 𝜇𝜇 − 𝜉𝜉):
• se 𝛸𝛸 = 0 allora l’onda arriva da poppa
• se 𝛸𝛸 = 𝜋𝜋 allora l’onda arriva da prora.
Una cosa è la frequenza dell’onda rispetto al riferimento assoluto e un’altra cosa è la
frequenza circolare dell’onda rispetto a un osservatore posto sulla nave che si muove con
una certa velocità media di avanzo pari a 𝑈𝑈.
Sono valide le seguenti trasformazioni:

𝑥𝑥 = 𝑥𝑥 ′ cos 𝜉𝜉 − 𝑦𝑦 ′ sin 𝜉𝜉
�𝑦𝑦 = 𝑥𝑥 ′ sin 𝜉𝜉 + 𝑦𝑦 ′ cos 𝜉𝜉 (2)
𝑧𝑧 = 𝑧𝑧 ′

Le (2) sono le trasformazioni che permettono il passaggio dal riferimento 𝑂𝑂𝑂𝑂’𝑦𝑦’𝑧𝑧’ al


riferimento 𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂𝑂.

c) Un sistema mobile 𝐶𝐶 ∗ 𝑥𝑥 ∗ 𝑦𝑦 ∗ 𝑧𝑧 ∗ con 𝑥𝑥 ∗ = 𝑥𝑥 ′ e con 𝐶𝐶 ∗ coincidente con la proiezione del


baricentro della nave sul piano 𝑥𝑥’𝑦𝑦’; nell’istante iniziale 𝑡𝑡 = 0 tale punto coincide con 𝑂𝑂.
E’ possibile scrivere le seguenti implicazioni:

𝑥𝑥 ′ = 𝑈𝑈𝑈𝑈 + 𝑥𝑥 ∗
� 𝑦𝑦 ′ = 𝑦𝑦 ∗ (3)
𝑧𝑧 ′ = 𝑧𝑧 ∗

Allora possiamo ottenere l’equazione della superficie ondosa in funzione di 𝑥𝑥 ∗ 𝑦𝑦 ∗ 𝑧𝑧 ∗ (quindi


rispetto al sistema mobile).
La sostituzione delle (2) e delle (3) nella equazione della superficie (1) conduce alla
seguente equazione della superficie in funzione del sistema 𝐶𝐶 ∗ 𝑥𝑥 ∗ 𝑦𝑦 ∗𝑧𝑧 ∗ oltre al tempo:

𝜁𝜁 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑡𝑡) = 𝜁𝜁𝑎𝑎 cos(𝑘𝑘𝑥𝑥 ∗ cos Χ + 𝑘𝑘𝑦𝑦 ∗ sin Χ − 𝜔𝜔𝑒𝑒 𝑡𝑡) (4)

dove 𝜔𝜔𝑒𝑒 è la frequenza relativa dell’onda:


𝜔𝜔2
𝜔𝜔𝑒𝑒 = 𝜔𝜔 − 𝑈𝑈𝑈𝑈 cos Χ = 𝜔𝜔 − 𝑈𝑈 cos Χ (5)
𝑔𝑔
𝜔𝜔2
e 𝑘𝑘 = quando abbiamo profondità illimitata.
𝑔𝑔
Questa frequenza 𝜔𝜔𝑒𝑒 entra anche nello spettro (se consideriamo il mare irregolare al posto
del mare regolare): è riferita a un osservatore che avanza con la velocità media di avanzo
della nave; la teoria degli spettri si dovrà applicare tenendo conto di questa frequenza e non
di quella assoluta.

La (5) ci permette di fare alcune considerazioni:

1) la frequenza relativa 𝜔𝜔𝑒𝑒 è funzione della velocità della nave 𝑈𝑈 (𝑈𝑈 ⇈ ⟹ 𝜔𝜔𝑒𝑒 ⇊);
2) per Χ = 0 (onda in “following sea”, di poppa) si ha:
𝜔𝜔2
𝜔𝜔𝑒𝑒 = 𝜔𝜔 − 𝑈𝑈
𝑔𝑔
in tal caso la frequenza d’incontro dell’onda è la minima possibile;
3) per Χ = 𝜋𝜋 (onda in “head sea”, di prora) si ha:
𝜔𝜔2
𝜔𝜔𝑒𝑒 = 𝜔𝜔 + 𝑈𝑈
𝑔𝑔
che rappresenta la massima frequenza dell’onda.

d) Generalmente nella teoria dei moti si aggiunge un ulteriore sistema di riferimento levogiro
solidale con la nave 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 con il punto 𝑎𝑎 preso in una posizione opportunamente
conveniente.

Il moto generale della nave a questo punto può essere visto composto da un moto traslatorio
uniforme con velocità 𝑈𝑈 e un moto parassita rispetto al sistema di riferimento mobile decomposto
a sua volta da un moto del baricentro (abbrivio, scarroccio, sussulto) col moto attorno al baricentro
(rollio, beccheggio e imbardata); i moti parassiti vengono inseriti in un unico vettore:

𝑥𝑥 (𝑡𝑡) → 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎
⎡ ⎤
𝑦𝑦(𝑡𝑡) → 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠
⎢ ⎥
⎢ 𝑧𝑧(𝑡𝑡) → 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 ⎥
𝑞𝑞(𝑡𝑡) =
⎢ 𝜑𝜑(𝑡𝑡) → 𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟 ⎥
⎢𝜗𝜗(𝑡𝑡) → 𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏ℎ𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒⎥
⎣ 𝜓𝜓(𝑡𝑡) → 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖 ⎦

L’impostazione generale del problema dal punto di vista strutturale interessa i moti parassiti che,
ipotizzando la nave come un corpo rigido libero, possono essere studiati attraverso le equazioni
cardinali della meccanica scritte nella seguente forma:

𝑀𝑀 ∙ 𝐺𝐺⃗̈ = 𝑅𝑅�⃗(𝑒𝑒)
� 𝑑𝑑𝑘𝑘
����⃗ (6)
𝐺𝐺
��⃗(𝑒𝑒)
= 𝑀𝑀
𝑑𝑑𝑡𝑡

• 𝑀𝑀 è la massa della nave;


• 𝐺𝐺⃗̈ è l’accelerazione del baricentro;
• ����⃗
𝑘𝑘𝐺𝐺 è il momento della quantità di moto rispetto al baricentro;
• 𝑅𝑅�⃗(𝑒𝑒) è la risultante di tutte le forze esterne agenti sulla nave;
• ��⃗(𝑒𝑒) è il momento risultante rispetto al baricentro di tutte le forze esterne agenti sulla nave.
𝑀𝑀

N.B.: è bene precisare che vengono in generale trascurate le forze di natura aereodinamica e le
forze che il propulsore esplica sulla carena; vengono invece incluse le forze gravitazionali e le forze
esercitate dal mare sulla superficie di carena.

In genere si trascura la viscosità del mare, mentre in realtà il fluido è rotazionale, dovuto proprio
all’effetto della viscosità del fluido; la teoria dal punto di vista sperimentale dà comunque dei
risultati affidabili (dal punto di vista strutturale e non fluidodinamico).

L’ipotesi di base per lo studio proposto considera il mare come un fluido irrotazionale e
incomprimibile e quindi pure con il campo di velocità del moto del fluido 𝑣𝑣⃗ (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑧𝑧 ∗ , 𝑡𝑡) che deriva
da un potenziale 𝝓𝝓(𝒙𝒙∗ , 𝒚𝒚∗ , 𝒛𝒛∗ , 𝒕𝒕); le leggi che caratterizzano il campo del fluido possono sintetizzarsi
(le utilizziamo per arrivare a definire le forze esterne dell’equazione (6)):

1. Equazione di Laplace (valida per ogni punto appartenente al campo di moto del mare)

∇2 𝜙𝜙 = 0 (7)

2. Equazione di Bernoulli

1 𝜕𝜕𝜕𝜕
𝑝𝑝(𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑧𝑧 ∗ , 𝑡𝑡) + 𝜌𝜌𝜌𝜌𝑧𝑧 ∗ + 𝜌𝜌𝑣𝑣 2 + 𝜌𝜌 = 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐. (8)
2 𝜕𝜕𝜕𝜕

• 𝑝𝑝 è la pressione variabile nel punto e nel tempo


• 𝜌𝜌 è la densità dell’acqua di mare
• 𝑣𝑣 è la velocità in qualsiasi punto del fluido
1
Questa equazione ci dice che è di tipo “nominale” a causa di 𝜌𝜌𝑣𝑣 2 (energia cinetica) che crea
2
problemi.

A queste equazioni (6), (7), (8), per lo studio in esame, occorrerà aggiungere un certo numero di
condizioni al contorno che possiamo così sintetizzare:

a) condizione dinamica sulla superficie libera (fa riferimento alla pressione di Bernoulli sulla
superficie di separazione dell’aria con l’acqua dove c’è pressione atmosferica):

1 𝜕𝜕𝜕𝜕
𝜌𝜌𝜌𝜌𝑧𝑧 ∗ + 𝜌𝜌𝑣𝑣 2 − 𝜌𝜌 =0 (9)
2 𝜕𝜕𝜕𝜕

∀𝑧𝑧 ∗ ∈ 𝜁𝜁 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑡𝑡)

b) condizione cinematica sul pelo libero (condizione di natura geometrica):


𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝜕𝜕
∗ ∗
+ ∗ ∗− − =0 (10)
𝜕𝜕𝑥𝑥 𝜕𝜕𝑥𝑥 𝜕𝜕𝑥𝑥 𝜕𝜕𝑦𝑦 𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝑧𝑧 ∗

∀𝑧𝑧 ∈ 𝜁𝜁 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑡𝑡)

c) condizione di impermeabilità sulla superficie di carena 𝑆𝑆(𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑧𝑧 ∗ , 𝑡𝑡):


𝜕𝜕𝜕𝜕
= 𝑣𝑣⃗ (𝑝𝑝) ∙ 𝑛𝑛�⃗ (11)
𝜕𝜕𝑛𝑛�⃗

∀𝑝𝑝 ∈ 𝑆𝑆

dove 𝑛𝑛�⃗ è la normale alla superficie di carena nel punto 𝑝𝑝.

d) condizione di radiazione all’infinito: il potenziale 𝜙𝜙 a una certa distanza dalla nave (dal
punto di vista teorico infinita) deve coincidere con il potenziale dell’onda senza considerare
la perturbazione dovuta alla presenza della nave.

Dall’impostazione precedente la risoluzione esatta del problema del moto richiederebbe la


determinazione del potenziale 𝜙𝜙 che soddisfa la (7) e le condizioni al contorno (9), (10), (11) e la
condizione di radiazione; tramite l’equazione di Bernoulli (8) si determinerebbe successivamente il
campo delle pressioni che agiscono sulla carena e, quindi, la risultante e il momento risultante delle
azioni idrodinamiche. Successivamente la risoluzione del sistema di equazioni differenziali (6)
permetterebbe di individuare le componenti del moto.

Il problema così impostato è, sulla base della attuali conoscenze, impossibile da risolvere; per la sua
risoluzione occorre procedere ad una linearizzazione ottenuta per il tramite dell’ipotesi di piccole
perturbazioni, che rende trascurabili tutti i termini caratteristici del moto di ordine superiore al
primo e che porta al rispetto delle condizioni ai limiti sulla superficie libera di equazione 𝑧𝑧 ∗ = 0; se
pongo 𝑧𝑧 ∗ = 0 non mi riferisco più alla superficie ondosa, ma al piano di riposo ed è più facile
individuare la superficie bagnata di carena 𝑆𝑆 che coinciderà con la superficie in condizioni di
equilibrio statico 𝑆𝑆0 ; piccole perturbazioni dal punto di vista pratico significa che l’ampiezza
dell’onda incidente la nave in generale è molto più piccola della sua lunghezza (queste ipotesi
portano a una possibile determinazione sia deterministica e poi anche di natura probabilistica; se
consideriamo l’onda armonica, quando passiamo dal deterministico al mare aleatorio possiamo
utilizzare la teoria di Sallensen sovrapponendo le infinite onde di natura armonica e otteniamo il
mare di natura aleatoria).

Queste ipotesi ci portano a una semplificazione sia delle equazioni differenziali di base che
caratterizzano i moti, sia delle loro condizioni al contorno; partiamo dalle equazioni cardinali della
meccanica nelle ipotesi di piccole perturbazioni.

Sotto tali premesse è possibile semplificare innanzitutto le equazioni cardinali della meccanica dei
corpi rigidi con la seguente:
�𝑀𝑀 + 𝐴𝐴� 𝑞𝑞̈ ( ) + 𝐵𝐵𝑞𝑞̇ ( ) + 𝐶𝐶𝑞𝑞( ) = 𝐹𝐹 ( ) (12)

Avendo indicato con:

• 𝑀𝑀 la matrice di massa 6𝑥𝑥6;


• 𝐴𝐴 la matrice dei coefficienti di massa aggiunta 6𝑥𝑥6;
• 𝐵𝐵 la matrice dei coefficienti di damping 6𝑥𝑥6 (forze proporzionali alla velocità);
• 𝐶𝐶 la matrice dei coefficienti di restoring (di richiamo) 6𝑥𝑥6;
• 𝐹𝐹 il vettore delle forze esterne comprensive delle forze nate dall’onda incidente e le forze
diffratte dovute alla presenza dello scafo.

Le condizioni ai limiti si semplificano notevolmente:

a) condizione dinamica sulla superficie libera 𝑧𝑧 = 0 (linearizzata):

1 𝜕𝜕𝜕𝜕
𝜁𝜁 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑡𝑡) = (13)
𝑔𝑔 𝜕𝜕𝜕𝜕

b) condizione cinematica sul pelo libero (condizione di natura geometrica):

𝜕𝜕𝜕𝜕 ∗ ∗ ∗ ∗ ) )
𝜕𝜕𝜕𝜕
( 𝑥𝑥 , 𝑦𝑦 , 𝜁𝜁 ( 𝑥𝑥 , 𝑦𝑦 , 𝑡𝑡 , 𝑡𝑡 = − (14)
𝜕𝜕𝑧𝑧 ∗ 𝜕𝜕𝜕𝜕

c) condizione di impermeabilità sulla superficie di carena 𝑆𝑆(𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑧𝑧 ∗ , 𝑡𝑡) : la superficie di


carena coinciderà con la superficie di carena nota dalle condizioni di equilibrio statico.

d) condizione di radiazione all’infinito: in questo caso la perturbazione ondosa all’infinito


coincide con la perturbazione dell’onda regolare (onda di Airy).

Con l’obiettivo di risolvere il problema delle forze esterne dovute all’onda che impatta sullo scafo e
quelle dovute alla presenza dello scafo stesso (forze diffratte), la teoria effettua un ulteriore
semplificazione dal punto di vista analitico che riguarda il potenziale 𝜙𝜙: poiché dobbiamo ottenere
la forza esterna 𝐹𝐹 con i relativi componenti, la teoria caratterizza la perturbazione totale per il
tramite del potenziale 𝜙𝜙 sovrapponendo il potenziale dell’onda incidente 𝜙𝜙𝑤𝑤 al potenziale dell’onda
diffratta 𝜙𝜙𝐷𝐷 :

𝜙𝜙 = 𝜙𝜙𝑤𝑤 ( ) + 𝜙𝜙𝐷𝐷 ( ) (15)

• 𝜙𝜙𝑤𝑤 è il potenziale dell’onda incidente


• 𝜙𝜙𝐷𝐷 è il potenziale dell’onda diffratta

La (15) viene da un’ipotesi semplificativa, ma in generale non è verificata.


𝜙𝜙 ci serve per determinare le pressioni, la risultante e il momento risultante delle forze esterne
dell’equazione (12).

In particolare la teoria impone le condizioni ai limiti ai singoli potenziali in modo tale che soddisfano
in ogni caso all’equazione di Laplace; ad esempio per il potenziale dell’onda incidente è possibile
scrivere:

∇2 𝜙𝜙𝑤𝑤 ( ) = 0 𝑒𝑒𝑒𝑒. 𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿𝐿



⎪ 1 𝜕𝜕𝜕𝜕
𝜁𝜁 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑡𝑡) = 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐. 𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 (16)
𝑔𝑔 𝜕𝜕𝜕𝜕

⎪𝜕𝜕𝜙𝜙𝑤𝑤 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 0, 𝑡𝑡) = 𝜕𝜕𝜁𝜁𝑤𝑤 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑡𝑡) 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐. 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐
⎩ 𝜕𝜕𝑧𝑧 ∗ 𝜕𝜕𝜕𝜕

• 𝜁𝜁𝑤𝑤 è relativa alla superficie dovuta soltanto all’onda incidente

La condizione di radiazione all’infinito non dobbiamo scriverla perché stiamo ipotizzando che la nave
non ci sia.

Il sistema (16) è stato risolto, ha una soluzione analitica che è la famosa onda regolare o anche il
famoso potenziale di Airy:

𝑔𝑔𝜁𝜁𝑎𝑎 −𝑘𝑘𝑧𝑧 ∗
𝜙𝜙𝑤𝑤 (𝑥𝑥 ∗ , 𝑦𝑦 ∗ , 𝑧𝑧 ∗ , 𝑡𝑡) = 𝑒𝑒 sin(𝜔𝜔𝑒𝑒 𝑡𝑡 − 𝑘𝑘𝑥𝑥 ∗ cos Χ + 𝑘𝑘𝑦𝑦 ∗ sin Χ) (17)
𝜔𝜔𝑒𝑒

Il potenziale 𝜙𝜙𝑤𝑤 , di natura armonica, può essere utilizzato nell’equazione di Bernoulli linearizzata
per ottenere la pressione dell’onda incidente sulla superficie. Esisterà una soluzione analoga per il
potenziale 𝜙𝜙𝐷𝐷 che dovrà soddisfare a delle equazioni analoghe alla (16) , per cui sarà facile
determinare la pressione agente sullo scafo.

Il calcolo è affidato ai software (Hydro effettua questi tipi di calcolo); ottenuti questi tipi di
potenziale, ottenute le forze esterne, per individuare i moti della nave devo determinare le matrici
𝐴𝐴, 𝐵𝐵, 𝐶𝐶 ; dopodiché vado nel sistema (12) (siccome 𝐹𝐹 è di tipo armonico, i moti saranno di tipo
armonico) e riesco a risolvere il sistema di 6 equazioni in 6 incognite; ottenendo le ampiezze dei
moti posso finalmente andare a determinare i valori delle caratteristiche di sollecitazione interna
d’onda.

Per la risoluzione del problema è usuale il ricorso alla Strip Theory (Teoria a striscie) che facilita la
risoluzione ipotizzando che il flusso tridimensionale attorno alla carena può essere ridotto a un
flusso bidimensionale attorno a un numero finito di sezioni trasversali (generalmente si considerano
20 sezioni), trascurando quindi la componente longitudinale della velocità delle particelle
costituenti il mare.

I metodi più utilizzati sono quelli di Frank e Lewis:

• il metodo di Lewis utilizza le trasformazioni conformi per tramutare la forma di una sezione
in un cilindro indefinito di raggio unitario; in tal caso le sezioni della nave dipendono
𝐴𝐴
unicamente dal rapporto 𝐵𝐵/𝑇𝑇 e dal coefficiente adimensionale 𝐶𝐶𝑀𝑀 = 𝐵𝐵∙𝑇𝑇
𝑤𝑤
(coefficiente
adimensionale della sezione), parametri noti in fase di progetto e di conseguenza trasforma
il potenziale attorno a un cilindro di raggio unitario in un potenziale attorno alla sezione di
Lewis.
• il metodo di Frank consiste nell’assumere il potenziale incognito quale potenziale di una
distribuzione continua di sorgenti su tutto il contorno della sezione.

In conclusione di quanto riferito sulla Strip Theory è possibile affermare che:

• il metodo di Frank richiede un costo computazionale più elevato rispetto al metodo di Lewis;
• il metodo di Lewis ha una relativa affidabilità a causa della difficile coincidenza della sezione
trasformata di Lewis con la sezione tipica navale, soprattutto per navi di tipo non
convenzionali.

E’ possibile pertanto affermare che il metodo di Lewis può essere utilizzato in fase iniziale di
progetto, mentre il metodo di Frank conviene utilizzarlo solo dopo un successivo “affinamento” in
modo da poter ridurre il costo computazionale.

CONCLUSIONI SULLA TEORIA LINEARIZZATA DEL MOTO:


Da quanto svolto nella trattazione della teoria linearizzata possiamo concludere:

a) come conseguenza dell’eccitazione ondosa, la nave si muove nei 6 gradi di libertà con leggi
di tipo armoniche (questa considerazione è valida qualunque sia la risposta che abbiamo
esaminato); nel nostro sistema entra un input di tipo armonico 𝑥𝑥(𝑡𝑡) ed esce un output
sempre di tipo armonico 𝑦𝑦(𝑡𝑡):

𝑥𝑥(𝑡𝑡) = 𝜁𝜁𝑎𝑎 cos(𝜔𝜔𝑒𝑒 𝑡𝑡) ⟹ 𝑦𝑦(𝑡𝑡) = 𝜁𝜁𝑎𝑎′ cos�𝜔𝜔𝑒𝑒 𝑡𝑡 − Χ𝑦𝑦 �

• Χ𝑦𝑦 è lo sfasamento
• 𝜁𝜁𝑎𝑎′ dipende da 𝜁𝜁𝑎𝑎

E’ possibile estendere questo concetto anche nel caso dello studio della pressione d’onda su
di un punto dello scafo, del momento flettente d’onda, etc.
b) le ampiezze dei moti sono proporzionali alle ampiezze delle forze eccitanti, le quali a loro
volta sono proporzionali all’ampiezza d’onda.
c) per poter caratterizzare le ampiezze e le fasi delle componenti del moto bisogna conoscere
i coefficienti dell’equazione (linearizzata) del moto, le ampiezze e le fasi delle componenti
delle forze eccitanti.
d) la Strip Theory è la teoria che si applica a corpi sottili (con larghezza ed immersione molto
minori della lunghezza e con sezioni che variano gradualmente nella sezione longitudinale);
la Strip Theory è la teoria più diffusa nell’ambito del settore delle navi militari e mercantili.
Lezione 19
OPERATORE DI RISPOSTA (RAO)

Abbiamo sviluppato una teoria di rappresentazione dell’input del mare sia in ambito deterministico
sia (con le ipotesi di Sallensen di “sovrapposizione di infinite onde armoniche”) in ambito
probabilistico; nell’ambito deterministico ragioniamo in termini di armoniche, nell’ambito
probabilistico ragioniamo in termini di spettri d’onda (è un modo per rappresentare l’aleatorietà del
mare).

Consideriamo un’equazione differenziale lineare del 2° ordine:

𝑚𝑚𝑧𝑧̈ + 𝜎𝜎𝑧𝑧̇ + 𝑘𝑘𝑘𝑘 = 𝐹𝐹� (1)

e mettiamo come input una forza eccitante armonica:

𝐹𝐹� = 𝐹𝐹𝑎𝑎 𝑒𝑒 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖

La risposta può essere un generico valore di 𝑧𝑧; supponiamo che 𝑚𝑚, 𝜎𝜎, 𝑘𝑘 e 𝐹𝐹𝑎𝑎 siano noti.

Se indico con 𝑧𝑧(𝑡𝑡) il generico output che mi risolve l’equazione (1), essa sarà sempre di tipo
armonico con un’ampiezza diversa 𝑍𝑍𝑎𝑎 e con uno sfasamento 𝜀𝜀:

𝑧𝑧(𝑡𝑡) = 𝑍𝑍𝑎𝑎 𝑒𝑒 𝑖𝑖(𝜔𝜔𝜔𝜔+𝜀𝜀) (2)

• 𝜔𝜔 è la frequenza d’ingresso della forza eccitante (le due frequenze di input-output


coincidono)

Si può dimostrare che, imposto il segnale di uscita, c’è un legame funzionale:


𝑍𝑍𝑎𝑎
= 𝑓𝑓 (𝑚𝑚, 𝜎𝜎, 𝑘𝑘, 𝜔𝜔) = |𝐻𝐻 (𝜔𝜔)| (3)
𝐹𝐹𝑎𝑎

• 𝐻𝐻(𝜔𝜔) è l’operatore di risposta (è un numero complesso)

La (3) rappresenta l’operatore di risposta (in particolare il suo modulo) e dimostra che, una volta
fissata la frequenza 𝜔𝜔 , esiste un legame lineare tra l’ampiezza 𝒁𝒁𝒂𝒂 della risposta del sistema
(output) e l’ampiezza 𝑭𝑭𝒂𝒂 della forza eccitante (input). Pertanto, se è noto l’operatore di risposta,
in generale è nota anche l’ampiezza della risposta 𝑍𝑍𝑎𝑎 .

Poiché occorrerà individuare una legge armonica di tipo (2) che è definita, oltre che dall’ampiezza
𝑍𝑍𝑎𝑎 , anche dallo sfasamento 𝜀𝜀, allora l’operatore di risposta sarà di natura complessa e caratterizzato
dalla seguente relazione:

𝐻𝐻 (𝜔𝜔) = 𝐴𝐴(𝜔𝜔) + 𝑖𝑖𝑖𝑖(𝜔𝜔) (4)


𝑍𝑍𝑎𝑎
• |𝐻𝐻(𝜔𝜔)| = √𝐴𝐴2 + 𝐵𝐵2 =
𝐹𝐹𝑎𝑎
𝐵𝐵(𝜔𝜔)
• arctan 𝜀𝜀 = 𝐴𝐴(𝜔𝜔)

E’ possibile definire l’operatore di risposta 𝐻𝐻(𝜔𝜔) per tutti i moti parassiti attraverso i metodi di
Frank e Lewis, trovando i coefficienti dell’equazione del moto 𝑚𝑚, 𝜎𝜎, 𝑘𝑘 e di conseguenza risolvere il
sistema di 6 equazioni in 6 incognite, in modo da trovare gli sfasamenti e le ampiezze dei singoli
moti di output della nave. E’ sempre possibile definire 𝐻𝐻 (𝜔𝜔) (almeno con metodi approssimativi).

Χ = 𝜇𝜇 − 𝛼𝛼
� 𝜔𝜔2
𝜔𝜔𝑒𝑒 = 𝜔𝜔 − 𝑈𝑈 cos Χ
𝑔𝑔

Quando vado a valutare 𝐻𝐻 nel riferimento assoluto e relativo:

𝐻𝐻 (𝜔𝜔, 𝜇𝜇 ) 𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅 𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴

𝐻𝐻(𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) 𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅 𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅

è sempre possibile il passaggio tra i due riferimenti:

𝜔𝜔 ⟺ 𝜔𝜔𝑒𝑒

𝜇𝜇 ⟺ Χ

quindi se conosco 𝐻𝐻 (𝜔𝜔, 𝜇𝜇 ), conosco anche 𝐻𝐻(𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ):

𝐻𝐻 (𝜔𝜔, 𝜇𝜇 ) ⟺ 𝐻𝐻(𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ)

Ci sono programmi (ad esempio KCS e Hydro) che sono in grado di valutare questi 𝐻𝐻.

Sono state inserite, nell’esempio mostrato in aula, le caratteristiche della nave; se definiamo il
raggio di girazione, valutato rispetto alla larghezza, di rollio, di beccheggio e imbardata (rispetto alle
dimensioni generali della nave 120𝑚𝑚 𝑥𝑥 15𝑚𝑚) e definiamo la tabella delle semi-larghezze o la nuvola
di punti (gli input sono il piano di costruzione e una condizione di carico della nave, comprensiva di
una velocità fissata di 15 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛);

• HEADING ANGLE è il valore dell’angolo Χ rispetto al sistema di riferimento relativo


• SURGE AMPLITUDE è l’ampiezza del moto di abbrivio
• WAVE AMPLITUDE è l’ampiezza dell’onda
• HEAVE AMPLITUDE è l’ampiezza del moto di sussulto
• ω è la frequenza assoluta
• 𝜔𝜔𝑒𝑒 è la frequenza relativa

Per un angolo 𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻 𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 = 0° , 𝑤𝑤 = 0.70 𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟/𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 , 𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻𝐻 𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴𝐴 = 0.1631 ,


significa che se ci metto un’onda di 1𝑚𝑚 ottengo un’ampiezza di risposta di 0.16𝑚𝑚 . Questo
ragionamento si può estendere a qualsiasi tipo di variabile di natura armonica (es. pressione su un
punto della carena).

Il ragionamento fatto per l’operatore di risposta ricavato attraverso la relazione (1) può essere
esteso (nell’ambito della teoria lineare) a qualsiasi tipo di variabile che si voglia esaminare (i 6 moti
della nave), pressione d’onda su un punto dello scafo, velocità e accelerazione in un punto qualsiasi
della nave, momento flettente d’onda, etc.

Siccome il mare non è regolare, ma è aleatorio, allora occorrerà adesso estendere il concetto
prendendo in esame un qualsiasi mare di natura aleatoria; a tale riguardo ricordiamo che la teoria
di Sallensen considera il mare aleatorio ottenuto dalla sovrapposizione di infinite onde regolari e
con fasi aleatorie; tale teoria conduce a considerare il mare attraverso la funzione di densità
spettrale 𝑆𝑆 (𝑥𝑥𝑥𝑥 sta per input, 𝑦𝑦𝑦𝑦 sta per output):

SPETTRO DI INPUT (nel riferimento assoluto):

𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔, 𝜇𝜇 )

𝜇𝜇 assume un nuovo significato e rappresenta la direzione prevalente dell’onda che in generale


coincide con la direzione del vento.

C’è un legame funzionale tra 𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔, 𝜇𝜇 ) e 𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ):

𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔, 𝜇𝜇 )
𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) = (5)
2𝜔𝜔
�1 −
𝑔𝑔 𝑈𝑈 cos Χ�

• 𝑔𝑔 è l’accelerazione di gravità
• 𝑈𝑈 è la velocità media di avanzo

La (5) ci dimostra che è sempre possibile passare dallo spettro nel riferimento assoluto allo spettro
nel riferimento relativo.

Supponiamo di aver definito in qualche modo 𝑆𝑆(𝜔𝜔) ; nel momento in cui fisso alcuni angoli
d’incontro, posso definire degli spettri nel riferimento relativo; nella teoria deterministica, oltre a
quello, ho valutato il generico operatore di risposta 𝐻𝐻 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) della variabile che ci interessa
studiare.

Esiste un legame tra lo spettro d’ingresso 𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) e lo spettro di uscita 𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) della generica
variabile:

𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) = |𝐻𝐻 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ)|2 𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) (6)

La (6) è dimostrabile nell’ambito della teoria lineare e permette, una volta noto l’operatore di
risposta, di individuare lo spettro di output della generica variabile d’onda 𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 attraverso la
conoscenza dello spettro d’ingresso 𝑆𝑆𝑥𝑥𝑥𝑥 caratterizzante il mare.

Ricordiamo che 𝑆𝑆(𝜔𝜔) ha una serie di parametri caratteristici: l’area dello spettro, per esempio,
coincide con la varianza del processo aleatorio; quindi una volta nota 𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 , è possibile calcolare,
attraverso i parametri caratteristici, l’area sottesa allo spettro, il momento statico sotteso allo
spettro, etc.

Quello che abbiamo visto per il mare è valido per qualsiasi tipo di output (momento flettente,
pressione d’onda, moto della nave, etc.)

METODO DEL MARE DI PROGETTO


E’ bene sottolineare che quanto diremo è valido per qualsiasi variabile di progetto; in questa nota
ci riferiremo al valore del momento flettente caratteristico relativo al tempo di vita della nave (20
anni); le fasi da realizzare sono le seguenti:

1. Relativamente al tempo di vita della nave, occorre individuare il valore dell’altezza


significativa estrema più probabile per la zona di mare d’interesse (nella statistica di Ochi
coincide con il mare del Nord Atlantico).
ricordiamo:

1
𝑛𝑛 =
1 − 𝐹𝐹𝑥𝑥� �𝑥𝑥�𝑝𝑝 �

1
ln 𝑛𝑛 = ln
1 − 𝐹𝐹𝑥𝑥� �𝑥𝑥�𝑝𝑝 �
1
quindi fissato 𝑛𝑛 ⟹ ln ⟹ 𝐻𝐻𝑠𝑠𝑠𝑠
1−𝐹𝐹𝑥𝑥� �𝑥𝑥�𝑝𝑝 �

2. Ochi, una volta fissata 𝐻𝐻𝑠𝑠 , fissa 9 periodi modali, ottenuti variando i coefficienti di
confidenza della legge di distribuzione statistica del periodo modale condizionato all’altezza
significativa 𝐻𝐻𝑠𝑠 (quindi abbiamo 9 spettri da caratterizzare).
3. Fissiamo 𝒎𝒎 angoli di incontro da prendere in considerazione ai fini progettuali; un ordine di
grandezza può essere almeno 5.
4. Dobbiamo fissare i modelli degli spettri (in particolare lo spettro del riferimento assoluto
deve passare allo spettro del riferimento relativo); occorrerà caratterizzare 9 ∙ 𝑚𝑚 spettri
riferiti al sistema nave; essi rappresenteranno gli enti d’ingresso al sistema nave.
5. Determinare l’operatore di risposta: riferendosi al sistema nave, determinare l’operatore di
risposta in funzione della frequenza relativa, dell’angolo d’incontro Χ, la velocità della nave,
la distribuzione dei pesi a bordo, la carena, etc.; le condizioni di carico sono fissate
(quest’ultima ci dà l’immersione di progetto che ci serve; i 9 ∙ 5 = 45 spettri sono riferiti a
una condizione di carico, per le altre devo rifare i calcoli).

N.B.: la velocità della nave è generalmente quella di progetto e la condizione di carico di riferimento
è quella di pieno carico. Ovviamente nelle ipotesi di verifica di più condizioni di carico (ad esempio
la zavorra) occorrerà effettuare di nuovo i calcoli, soprattutto dell’operatore di risposta (RAO).
Per il tramite della funzione di trasferimento 𝐻𝐻(𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ) è possibile finalmente determinare i 9 ∙ 𝑚𝑚
spettri di risposta per il tramite della (6).

Per ogni spettro abbiamo fissato la tempesta, ne ho scelto 9 ∙ 𝑚𝑚 e devo andare a calcolare,
nell’ambito della durata della tempesta, tutte le risposte dei momenti flettenti estremi caratteristici.
Non andrebbe bene andare a valutare il valore estremo più probabile, ma quello caratteristico, una
volta fissato 𝛼𝛼1 (~5% può essere un buon valore), cioè la probabilità che il valore estremo del
momento flettente d’onda superi il valore caratteristico.

Da Ochi:

√1 − 𝜀𝜀 2 2𝑛𝑛1
𝑥𝑥�𝑐𝑐 = �2𝑚𝑚0 ln � � (7)
1 + √1 + 𝜀𝜀 2 𝛼𝛼1

∀𝜀𝜀 < 0.9

Avendo indicato con:

• 𝜀𝜀 l’indice di banda
• 𝑛𝑛1 il numero medio di picchi nel breve termine
• 𝑚𝑚0 l’area dello spettro

Da 𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 (𝜔𝜔𝑒𝑒 ) mi ricavo 𝑚𝑚0 con le seguenti relazioni:


360°

𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 (𝜔𝜔𝑒𝑒 ) = � 𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 (𝜔𝜔𝑒𝑒 , Χ)𝑑𝑑Χ


+∞

𝑚𝑚0 = � 𝑆𝑆𝑦𝑦𝑦𝑦 (𝜔𝜔𝑒𝑒 )𝑑𝑑𝜔𝜔𝑒𝑒


0

Otteniamo 9 ∙ 5 = 45 valori e scegliamo il massimo dei 45 risultati.

Il valore caratteristico del momento flettente d’onda in una procedura razionale sarà ottenuto
prendendo in esame il valore più elevato dai risultati ottenuti con la (7).

Per determinare 𝑛𝑛1 devo fissare il periodo medio di picco. Ovviamente il momento flettente d’onda
caratteristico così ottenuto tiene conto di un modello di natura lineare.

L’ente di classifica, per tener conto dei limiti del modello, introduce, come è noto, i fattori parziali
di sicurezza in modo tale che il valore di progetto sia superiore al valore caratteristico di circa il 15%.
Lezione 20
LA CAPACITA’ STRUTTURALE: QUANTO E’ CAPACE DI RESISTERE UNA STRUTTURA
La capacità strutturale è una variabile aleatoria perché dipende da variabili aleatorie (𝜎𝜎, 𝐸𝐸, etc.).

DOMANDA
𝐷𝐷 = 𝑓𝑓1 (𝐷𝐷1 , … , 𝐷𝐷𝜈𝜈 )

dove 𝜈𝜈 è il numero di variabili aleatorie collegate al valore della domanda.

CAPACITA’ STRUTTURALE
𝐶𝐶 = 𝑓𝑓2 (𝐶𝐶1 , … , 𝐶𝐶𝑙𝑙 )

dove 𝑙𝑙 è il numero di variabili aleatorie collegate al valore della capacità.

I criteri affidabilistici di verifica di strutture navali tendono a confrontare queste due variabili per
capire se siamo in sicurezza oppure no.

APPROCCIO PROPABILISTICO PIENO (o di 1° livello)


Siccome le variabili 𝐶𝐶 e 𝐷𝐷 sono aleatorie, si possono confrontare in un modello attraverso il quale è
possibile definire un’altra variabile detta:

MARGINE DI SICUREZZA

𝑀𝑀 = 𝐶𝐶 − 𝐷𝐷 = 𝑓𝑓2 (𝐶𝐶1 , … , 𝐶𝐶𝑙𝑙 ) − 𝑓𝑓1 (𝐷𝐷1 , … , 𝐷𝐷𝜈𝜈 ) = 𝑔𝑔(𝑥𝑥1 , … , 𝑥𝑥𝑁𝑁 )

dove 𝑔𝑔 è una funzione di stato e 𝑁𝑁 = 𝑙𝑙 + 𝜈𝜈.

Questo modello ci dice inoltre che:

𝑀𝑀 ≤ 0 ⟹ 𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶

𝑀𝑀 > 0 ⟹ 𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆

Il problema è in che modo valutare la crisi e la sicurezza: essi si misurano attraverso la probabilità
che rappresenta la misura oggettiva della sicurezza o della crisi; si parte dall’evento aleatorio di
crisi:

𝑀𝑀 ≤ 0 ⟹ 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 = 𝑃𝑃(𝑀𝑀 ≤ 0) (1)

ovviamente:

𝑃𝑃𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 = 1 − 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 (2)


La (1) rappresenta la relazione generale che misura la crisi di una struttura; quanto più elevata è la
probabilità di crisi tanto più elevata è la possibilità che la struttura subisce una crisi.

Ora vogliamo sapere di quali informazioni abbiamo bisogno per valutare la probabilità di crisi;
esistono molte relazioni a seconda del numero di variabili che entrano in gioco.

In generale detta 𝐹𝐹𝑀𝑀 la funzione cumulativa del margine di sicurezza possiamo scrivere:

𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 = 𝑃𝑃(𝑀𝑀 ≤ 0) = 𝐹𝐹𝑀𝑀 (0) = � 𝑓𝑓𝐶𝐶,𝐷𝐷 (𝑐𝑐, 𝑑𝑑 ) 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝑑𝑑𝑑𝑑 (3)


𝐶𝐶−𝐷𝐷≤0

e nel caso le due variabili sono statisticamente indipendenti:

𝑓𝑓𝐶𝐶,𝐷𝐷 (𝑐𝑐, 𝑑𝑑 ) ≅ 𝑓𝑓𝐶𝐶 (𝑐𝑐 ) ∙ 𝑓𝑓𝐷𝐷 (𝑑𝑑 ) (4)

la (3) e la (4) dimostrano che per valutare la probabilità di crisi bisogna conoscere le leggi di
distribuzione statistica o del margine 𝑀𝑀 o della capacità e della domanda.

La (3) diventa ancora più complicata quando si ha a che fare con 𝑁𝑁 variabili aleatorie; infatti in tal
caso si ha:

𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 = � 𝑓𝑓𝑥𝑥1 ,…,𝑥𝑥𝑁𝑁 (𝑥𝑥1 , … , 𝑥𝑥𝑁𝑁 ) 𝑑𝑑𝑥𝑥1 … 𝑑𝑑𝑥𝑥𝑁𝑁 (5)


𝑔𝑔≤0

dove l’integrale è a 𝑁𝑁 dimensioni e 𝑓𝑓𝑥𝑥1 ,…,𝑥𝑥𝑁𝑁 è la funzione di densità di probabilità congiunta;


ovviamente l’integrale è di difficile calcolo anche se fosse nota la funzione 𝑓𝑓𝑥𝑥1 ,…,𝑥𝑥𝑁𝑁 .

Una volta individuata la probabilità di crisi per il tramite della (3) o della (5), un possibile criterio
di verifica è il seguente:
(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙)
𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 ≤ 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 (6)

(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙)
Avendo indicato con 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 quel valore della probabilità di crisi che garantisce la sicurezza
secondo l’ente di classifica. Tale valore viene fissato generalmente in base a:

• l’esperienza acquisita sulle navi della stessa tipologia che hanno garantito negli anni una
ragionevole sicurezza;
• criteri di natura socio-economica, cioè conseguenze di un’eventuale crisi della struttura.
(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙)
Ovviamente la 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 ≠ 0 perché altrimenti le dimensioni della struttura sarebbero così grandi
da essere irrealizzabili.

APPROCCIO SEMI-PROPABILISTICO PIENO (o di 2° livello)


Dopo aver definito il margine come:

𝑀𝑀 = 𝐶𝐶 − 𝐷𝐷
ora definiamo il margine standardizzato:

𝑀𝑀 − 𝜇𝜇𝑀𝑀
𝑚𝑚𝑠𝑠 =
𝜎𝜎𝑀𝑀

si può dimostrare che 𝑚𝑚𝑠𝑠 è una variabile aleatoria avente media nulla e varianza unitaria.

Se considero l’evento:
𝜇𝜇𝑀𝑀
𝑀𝑀 ≤ 0 ⟹ 𝑚𝑚𝑠𝑠 ≤ −
𝜎𝜎𝑀𝑀
quindi:
𝜇𝜇𝑀𝑀
𝐹𝐹𝑀𝑀 (0) ≝ 𝐹𝐹𝑚𝑚𝑠𝑠 �− � (7)
𝜎𝜎𝑀𝑀

dove 𝐹𝐹𝑚𝑚𝑠𝑠 è la funzione di distribuzione cumulativa di 𝑚𝑚𝑠𝑠 .

Siccome la funzione di distribuzione cumulativa gode della proprietà di essere monotona crescente
e quindi, in generale, anche invertibili, allora possiamo scrivere:
𝜇𝜇𝑀𝑀
𝛽𝛽 = = −𝐹𝐹𝑚𝑚𝑠𝑠 −1 (𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 ) (8)
𝜎𝜎𝑀𝑀

la (8) dimostra che esiste un legame funzionale tra la probabilità di crisi ed il nuovo parametro 𝛽𝛽
chiamato “indice di sicurezza”: in particolare, tenendo conto della proprietà della 𝐹𝐹𝑚𝑚𝑠𝑠 , si nota che
quando aumenta la probabilità di crisi, diminuisce l’indice di sicurezza 𝛽𝛽.

Nasce allora la possibilità di valutare la sicurezza attraverso l’indice 𝛽𝛽 e verificare la crisi attraverso
la disequazione:

𝛽𝛽 ≥ 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙) (9)
(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙)
In particolare 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙) assume un significato analogo a 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 .

Adesso non abbiamo a che fare con una legge di distribuzione statistica, ma con due parametri
caratteristici del margine 𝜇𝜇𝑀𝑀 e 𝜎𝜎𝑀𝑀 .

1° METODO PER LA VERIFICA DELLA SICUREZZA STRUTTURALE TRAMITE 𝜷𝜷


Si può dimostrare che:

• 𝜇𝜇𝑀𝑀 = 𝜇𝜇𝐶𝐶 − 𝜇𝜇𝐷𝐷


• 𝜎𝜎𝑀𝑀 = �𝜎𝜎𝐶𝐶 2 + 𝜎𝜎𝐷𝐷 2

e quindi:
𝜇𝜇𝑀𝑀 𝜇𝜇𝐶𝐶 − 𝜇𝜇𝐷𝐷
𝛽𝛽 = = (10)
𝜎𝜎𝑀𝑀 �𝜎𝜎𝐶𝐶 2 + 𝜎𝜎𝐷𝐷 2
La (10) dimostra che dal punto di vista operativo per la valutazione di 𝛽𝛽, nelle ipotesi di variabili
statisticamente indipendenti, occorre conoscere 4 parametri:
𝜇𝜇𝐶𝐶 , 𝜇𝜇𝐷𝐷 , 𝜎𝜎𝐶𝐶 , 𝜎𝜎𝐷𝐷

Il metodo è ancora più operativo quando andiamo a definire un altro fattore:

FATTORE CENTRALE DI SICUREZZA


𝜇𝜇𝐶𝐶
𝛾𝛾𝑐𝑐 =
𝜇𝜇𝐷𝐷

COEFFICIENTE VARIAZIONALE
𝜎𝜎
𝛿𝛿 =
𝜇𝜇
allora:
𝜇𝜇𝐶𝐶
−1 𝛾𝛾𝑐𝑐 − 1
𝜇𝜇𝐷𝐷
𝛽𝛽 = = (11)
2 2 2 2
�𝛿𝛿𝐶𝐶 𝛾𝛾𝑐𝑐 + 𝛿𝛿𝐷𝐷
2 �𝛿𝛿𝐶𝐶 𝛾𝛾𝑐𝑐 + 𝛿𝛿𝐷𝐷
2

La (11) permette di verificare le condizioni di sicurezza della struttura una volta che sono noti i
valori di 𝛽𝛽 = 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚) e 𝛿𝛿𝐶𝐶 , 𝛿𝛿𝐷𝐷 noti dal registro; quindi dalla (11) mi ricavo 𝛾𝛾𝑐𝑐 .

La (9) diventerà:
𝜇𝜇𝐷𝐷 𝛾𝛾𝑐𝑐 ≤ 𝜇𝜇𝐶𝐶 (12)

che generalmente viene utilizzata per le strutture off-shore, mentre per le navi bisogna fare qualche
altro passo.

Quindi se è verificata la (12) è verificata anche la (9); il registro ci dà 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙) ; quindi quando
𝜇𝜇𝐷𝐷 𝛾𝛾𝑐𝑐 = 𝜇𝜇𝐶𝐶 , allora vuol dire che 𝛽𝛽 = 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙) ; se invece 𝜇𝜇𝐷𝐷 𝛾𝛾𝑐𝑐 < 𝜇𝜇𝐶𝐶 allora 𝛽𝛽 > 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙) .

METODO DEI FATTORI PARZIALI DI SICUREZZA


Il primo metodo è quello utilizzato dalla nuova normativa e che verifica le condizioni di sicurezza
attraverso il confronto tra capacità e domanda calcolate in un opportuno punto detto di progetto.
La condizione di verifica è la seguente:

𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗ (13)

dove si è indicato con 𝐶𝐶 ∗ e 𝐷𝐷 ∗ la capacità e la domanda calcolate nel punto di progetto.

Si può pure dire che il punto di progetto rappresenta quel punto di verifica della sicurezza o della
crisi della struttura.

𝑓𝑓2 (𝐶𝐶1 ∗ , … , 𝐶𝐶𝑙𝑙 ∗ ) ≥ 𝑓𝑓1 (𝐷𝐷1 ∗ , … , 𝐷𝐷𝜈𝜈 ∗ ) (14)


Un primo modo per definire i fattori parziali di sicurezza, riferendosi alla generica variabile (sia per
la capacità, sia per la domanda) è il seguente:

(𝐶𝐶) 𝐶𝐶𝑗𝑗∗
𝛾𝛾𝑗𝑗 =
𝐶𝐶𝑗𝑗𝑗𝑗

(𝐷𝐷) 𝐷𝐷𝑖𝑖∗
𝛾𝛾𝑖𝑖 =
𝐷𝐷𝑖𝑖𝑖𝑖

dove:
(𝐶𝐶)
• 𝛾𝛾𝑗𝑗 è il 𝑗𝑗-esimo fattore parziale di sicurezza riferito alla capacità strutturale;
• 𝐶𝐶𝑗𝑗∗ è il valore della generica variabile calcolata nel punto di progetto;
• 𝐶𝐶𝑗𝑗𝑗𝑗 è il valore caratteristico della capacità della generica variabile di base;
(𝐷𝐷)
• 𝛾𝛾𝑖𝑖 è l’𝑖𝑖-esimo fattore parziale di sicurezza riferito alla domanda;
• 𝐷𝐷𝑖𝑖∗ è il valore della generica variabile calcolata nel punto di progetto;
• 𝐷𝐷𝑖𝑖𝑖𝑖 è il valore caratteristico della domanda della generica variabile di base.

Di conseguenza la (14), con l’introduzione dei fattori parziali di sicurezza diventa:


(𝐶𝐶) (𝐶𝐶) (𝐷𝐷) (𝐷𝐷)
𝑓𝑓2 �𝛾𝛾1 𝐶𝐶1𝑘𝑘 , … , 𝛾𝛾𝑙𝑙 𝐶𝐶𝑙𝑙𝑙𝑙 � ≥ 𝑓𝑓1 �𝛾𝛾1 𝐷𝐷1𝑘𝑘 , … , 𝛾𝛾𝜈𝜈 𝐷𝐷𝜈𝜈𝜈𝜈 � (15)

La (15) rappresenta il criterio di verifica operativo in termini di fattori parziali di sicurezza e di valori
caratteristici delle variabili.

In particolare il registro:

• con i valori caratteristici vuole tener conto delle incertezze “oggettive” che dipendono dalla
genuina aleatorietà delle variabili;
• con i fattori parziali di sicurezza vuole tener conto delle incertezze “soggettive”, cioè quelle
nate dai limiti e dalle approssimazioni dei modelli utilizzati.

Un altro modo per definire i fattori parziali di sicurezza tiene conto delle seguenti definizioni:

(𝐶𝐶) 𝐶𝐶𝑗𝑗∗
𝛿𝛿𝑗𝑗 =
𝜇𝜇𝐶𝐶𝐶𝐶

(𝐷𝐷) 𝐷𝐷𝑖𝑖∗
𝛿𝛿𝑖𝑖 =
𝜇𝜇𝐷𝐷𝐷𝐷

dove, invece di agire sui valori caratteristici, agiamo sul valor medio; quindi ricalibriamo di nuovo
tutta la verifica in modo tale da definire degli opportuni valori medi.

Grazie all’introduzione dei nuovi fattori parziali di sicurezza la (14) si riduce alla seguente:

(𝐶𝐶) (𝐶𝐶) (𝐷𝐷) (𝐷𝐷)


𝑓𝑓2 �𝛿𝛿1 𝜇𝜇𝐶𝐶1 , … , 𝛿𝛿𝑙𝑙 𝜇𝜇𝐶𝐶𝐶𝐶 � ≥ 𝑓𝑓1 �𝛿𝛿1 𝜇𝜇𝐷𝐷1 , … , 𝛿𝛿𝜈𝜈 𝜇𝜇𝐷𝐷𝐷𝐷 � (16)
E’ bene precisare che con i fattori parziali 𝛾𝛾 è possibile separare le incertezze in oggettive e
soggettive, con i fattori 𝛿𝛿 ciò non è possibile; le incertezze vengono inglobate all’interno dei fattori
parziali di sicurezza senza nessuna separazione.

APPLICAZIONE DELLA PROCEDURA REGOLAMENTARE PER LA VERIFICA A


MOMENTO ULTIMO DELLA TRAVE NAVE.
Innanzitutto va rilevato che il registro chiede la verifica a momento ultimo quando la lunghezza di
dimensionamento della trave nave 𝑳𝑳 ≥ 𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏 metri; si tratta di una verifica globale che si aggiunge a
quella di snervamento e viene seguita considerando i dimensionamenti netti degli elementi
strutturali.

La relazione di verifica è la seguente:

𝑀𝑀𝑈𝑈𝑈𝑈
≥ 𝛾𝛾𝑆𝑆1 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 + 𝛾𝛾𝑊𝑊1 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 (1)
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚

• 𝑀𝑀𝑈𝑈𝑈𝑈 è il valore caratteristico del momento flettente verticale resistente calcolato in una
opportuna sezione della trave nave;
• 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 è il valore caratteristico del momento flettente verticale in acqua tranquilla;
• 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 è il valore caratteristico del momento flettente verticale d’onda;
• 𝛾𝛾𝑆𝑆1 = 1.00 è il fattore parziale di sicurezza relativo al momento statico;
• 𝛾𝛾𝑊𝑊1 = 1.15 è il fattore parziale di sicurezza relativo al momento d’onda;
1
• il fattore parziale di sicurezza relativo al momento ultimo;
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚
• 𝛾𝛾𝑅𝑅 = 1.08 è il fattore parziale di sicurezza relativo alla resistenza;
• 𝛾𝛾𝑚𝑚 = 1.02 è il fattore parziale di sicurezza relativo al materiale.

N.B.: le variabili sono già calcolate in una possibile determinazione del valore caratteristico, non
sono variabili aleatorie.

La (1) si applica a nave insellata e inarcata; la capacità strutturale calcolata nel punto di progetto è
la seguente:

𝑀𝑀𝑈𝑈𝑈𝑈
𝐶𝐶 ∗ = 𝛾𝛾𝑅𝑅 , 𝛾𝛾𝑚𝑚 > 1
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚

N.B.: le incertezze soggettive fanno diminuire il valore della capacità strutturale.


Il valore della domanda 𝐷𝐷1∗ calcolata nel punto di progetto:

𝐷𝐷1∗ = 𝛾𝛾𝑆𝑆1 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆

Il valore della domanda 𝐷𝐷2∗ calcolata nel punto di progetto:

𝐷𝐷2∗ = 𝛾𝛾𝑊𝑊1 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊

quindi:
𝐷𝐷 ∗ = 𝐷𝐷1∗ + 𝐷𝐷2∗ ⟹ 𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗

Parliamo ora della capacità e del momento flettente ultimo.

Una domanda frequente d’esame è la seguente: definizione del momento flettente statico
caratteristico; bisogna sapere come si calcola tale momento e come si calcolano i valori della
domanda 𝐷𝐷1∗, 𝐷𝐷2∗.

La (1) tiene conto della definizione già data ai fattori parziali di sicurezza γ e la sua verifica è
collegata alle verifiche di livello superiore riguardo l’approccio probabilistico pieno o
semiprobabilistico, cioè ci sarà sicuramente un legame tra le condizioni:

𝑀𝑀𝑈𝑈𝑈𝑈 (𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙)
≥ 𝛾𝛾𝑆𝑆1 𝑀𝑀𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆𝑆 + 𝛾𝛾𝑊𝑊1 𝑀𝑀𝑊𝑊𝑊𝑊 ⟺ 𝛽𝛽 ≥ 𝛽𝛽(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙) ⟺ 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶 ≤ 𝑃𝑃𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚

Si tratta di definire opportunamente i coefficienti parziali di sicurezza e i valori caratteristici in modo


tale che siano verificate anche le condizioni del livello superiore. Il registro definisce
opportunamente il valore della capacità 𝐶𝐶 ∗ e delle 𝐷𝐷1∗ , 𝐷𝐷2∗ in modo tale che se è verificata la
condizione, si è verificata anche quella dei livelli superiori.

Si può pure dire che il progettista utilizza un metodo razionale per la verifica delle condizioni di
sicurezza; la razionalità è stata sviluppata dall’ente di classifica che ha collegato la definizione dei
parametri capacitivi e dei parametri di domanda con i livelli superiori precedentemente studiati. E’
bene anche precisare che il valore di 𝑀𝑀𝑈𝑈𝑈𝑈 verrà superato nel corso della vita nave con una
probabilità molto elevata (~95%).

IPOTESI SEMPLIFICATIVE PER IL CALCOLO DI 𝑴𝑴𝑼𝑼𝑼𝑼 (CAPITOLO 6, APPENDICE 1, 1.2.2)


Come vedremo la procedura di calcolo prevede un metodo di tipo “incrementale” che si basa sulle
seguenti ipotesi semplificative:

a) la resistenza ultima della trave nave è calcolata in sezioni trasversali comprese tra due
ossature rinforzate (siccome abbiamo a che fare con navi di 150𝑚𝑚 o più, abbiamo un sistema
a struttura longitudinale o a struttura mista, quindi abbiamo le ossature trasversali
rinforzate); è come se evitassimo l’influenza delle ossature rinforzate sulla robustezza
longitudinale.
b) le sezioni trasversali per ogni incremento della curvatura rimangono piane.

Immaginiamo di avere un concio elementare della nave di lunghezza pari a 𝑑𝑑𝑑𝑑; immaginiamo di
definire la nostra curvatura nelle ipotesi che la nave sia inarcata, quindi il momento flettente è
positivo:

1
χ= ; 𝑀𝑀 = 𝐸𝐸𝐸𝐸χ
𝑅𝑅

• 𝑅𝑅 è il raggio di curvatura;
• 𝑑𝑑𝑑𝑑 è la variazione di angolo che ha subito quel tronco;
• χ è la curvatura della sezione;
• 𝑀𝑀 è il momento flettente.

Sicuramente χ > 0 perché il momento è inarcante (𝑀𝑀 > 0) e a esso corrispondono momenti
flettenti positivi; la χ corrisponde alla derivata seconda della freccia:

𝑑𝑑 2 𝑧𝑧
χ=
𝑑𝑑𝑥𝑥 2
Inoltre 𝑀𝑀 è lineare con χ perché 𝐸𝐸,𝐼𝐼 sono costanti al variare della curvatura:
Quando la sezione ruota ci sono alcune fibre che sono soggette a trazione, altre che sono
soggette a compressione, il che significa che ci sono dei carichi di instabilità che tendono a
ingobbire i vari elementi strutturali che costituiscono la sezione, per cui se volessi tener conto
di un andamento più razionale del momento dovrei avere un grafico del tipo:

Il registro definisce il valore caratteristico del momento flettente ultimo come il valore massimo
(in condizione di nave inarcata) e il valore minimo (in condizione di nave insellata) del
diagramma 𝑀𝑀𝑈𝑈 − χ.

La teoria della trave nave non le considera perché effettua delle semplificazioni che invece il
registro non utilizza.

c) il materiale di cui è costituito la trave nave ha un comportamento del tipo elasto-plastico


ideale, cioè obbedisce al seguente diagramma ottenuto dalla prova a trazione-
compressione:

𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 è la sollecitazione di snervamento del materiale.


d) ogni sezione trasversale di cui è costituita la trave nave è considerata come un insieme di
elementi strutturali, ciascuno dei quali ha un comportamento indipendente dagli altri.
Questi elementi sono suddivisi in:
1) pannelli di fasciame a struttura trasversale e/o rinforzi ordinari a struttura
longitudinale.
2) angoli rigidi costituiti da incroci di pannelli di fasciame come ad esempio il pannello
della cinta che si incrocia con il trincarino.

e) in accordo con una procedura iterativa, il momento flettente 𝑀𝑀(𝑖𝑖) agente al passo 𝑖𝑖-esimo è
ottenuto sommando i contributi delle tensioni normali 𝜎𝜎 agenti su ogni elemento. Il legame
𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 corrispondente alla deformazione dell’elemento è di tipo non lineare e deve essere
ottenuto considerando incrementi di curvatura 𝛥𝛥𝛥𝛥 attraverso formule sperimentali dettate
dal registro.
f) la procedura deve essere ripetuta per ogni passo fino a quando il valore della curvatura
imposta raggiunge il valore di χ𝐹𝐹 valutato per nave inarcata e insellata con le formule
regolamentari.
Lezione 21
CARICO DI PUNTA

L’instabilità è legata a vari modi di crisi di una struttura (all’interno della procedura regolamentare
non sono indicati tutti):

1. Ingobbimento del pannello di fasciame compreso tra 2 correnti longitudinali (buckling del
pannello): quando abbiamo un pannello di fasciame soggetto ad una tensione 𝜎𝜎𝑥𝑥 che agisce
nel piano medio del pannello stesso, abbiamo due tipi di comportamento del pannello di
fasciame: pre-buckling in cui c’è una distribuzione delle tensioni all’interno del pannello
stesso che in realtà è uniforme; una volta avviato l’ingobbimento abbiamo un post-buckling
con una distribuzione delle tensioni che non è uniforme; arrivato quindi al valore della
capacità critica di ingobbimento, il pannello di fasciame ha ancora la capacità di resistere
dopo l’ingobbimento che dipende dalla nuova distribuzione delle tensioni nel pannello.

Per la presenza dei rinforzi sul pannello esistono altri comportamenti:

2. Ingobbimento flessionale del generico corrente collegato alla striscia di fasciame associato
(la striscia potrebbe essere diversa dalla distanza tra due correnti).
3. Ingobbimento torsionale del generico corrente collegato alla striscia di fasciame associato:

I tre modi rispondono in maniera differente l’uno dall’altro; per calcolare la sollecitazione ad una
deformazione imposta bisogna andare a vedere tutti e 3 questi comportamenti e prendere il valore
della tensione più bassa di riferimento preso in esame.

4. Collasso completo del pannello nervato (collasso a buckling del pannello di fasciame visto
come un grigliato di travi).

5. Ingobbimento della sola anima o della sola piattabanda della trave (in genere quando gli
spessori sono abbastanza piccoli).

Valutare questi comportamenti significa valutare 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 che è completamente differente a seconda


del modo di crisi e, inoltre, è di tipo non lineare.

IL COLLASSO PER IL CARICO DI PUNTA


Con l’obiettivo di analizzare i diagrammi 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 imposti dal RINA per la valutazione del momento
ultimo della trave nave, ci occuperemo del collasso per carico di punta di trave e di lastra.
Innanzitutto è bene precisare che il collasso per carico di punta chiamato comunemente buckling è
quel fenomeno per cui, raggiunta la tensione critica, la struttura cede per instabilità senza alcun
segnale di preavviso.

PRESSO-FLESSIONI DELLE TRAVI SNELLE

Studiamo il collasso per carico di punta di una trave di questo tipo:

Su di essa insiste una forza che agisce con un’eccentricità 𝑒𝑒; affianco vi è una possibile deformazione
dove:

• 𝑥𝑥 − 𝜂𝜂 è il sistema locale per studiare la freccia 𝜂𝜂 che subisce l’asse della trave all’aumentare
del carico;
• 𝑓𝑓 è la distanza del punto 𝐴𝐴 dall’asse 𝑥𝑥.

Il momento interno sarà dato da:

𝑀𝑀𝑖𝑖 = −𝐸𝐸𝐼𝐼𝐼𝐼"

• η" è la curvatura;
• E è il modulo di Young;
• 𝐼𝐼 è il momento d’inerzia della sezione resistente della trave valutato rispetto ad un asse
perpendicolare al piano di sollecitazione.

Il momento esterno, calcolato rispetto a un punto che coincide con l’asse della trave, sarà invece
dato da:

𝑀𝑀𝑒𝑒 = −𝑃𝑃(𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 − 𝜂𝜂)

(è negativo perché mette in trazione le fibre superiori)

Per l’equilibrio:

𝑀𝑀𝑖𝑖 = 𝑀𝑀𝑒𝑒
𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸" = 𝑃𝑃(𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 − 𝜂𝜂) (1)

Ponendo:

𝑃𝑃
𝛼𝛼 2 =
𝐸𝐸𝐸𝐸
e dividendo per 𝐸𝐸𝐸𝐸 otteniamo:

𝜂𝜂" = 𝛼𝛼 2 (𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 − 𝜂𝜂)

𝜂𝜂" + 𝛼𝛼 2 𝜂𝜂 = 𝛼𝛼 2 (𝑒𝑒 + 𝑓𝑓) (2)

La (2) rappresenta l’equazione differenziale il cui integrale generale può essere scritto in questo
modo:

𝜂𝜂 (𝑥𝑥 ) = 𝐶𝐶1 sin 𝛼𝛼𝛼𝛼 + 𝐶𝐶2 cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 + 𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 (3)

𝜂𝜂(0) = 0 ⟹ 𝐶𝐶2 = −(𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 )



𝜂𝜂′ (0) = 0 ⟹ 𝐶𝐶1 = 0

𝜂𝜂 (𝑥𝑥 ) = −(𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 ) cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 + 𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 = (𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 )(1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼) (4)

La (4) è definita a meno di una costante che è rappresentata dall’incognita 𝑓𝑓 (freccia); infatti la
freccia all’estremità impone la seguente condizione:

𝜂𝜂 (𝑙𝑙 ) = 𝑓𝑓 ⟹ (𝑒𝑒 + 𝑓𝑓 )(1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 ) = 𝑓𝑓

𝑒𝑒(1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 ) + 𝑓𝑓 (1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 ) = 𝑓𝑓

𝑓𝑓 (1 + cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 − 1) = 𝑒𝑒(1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 )

𝑒𝑒(1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 )


𝑓𝑓 = (5)
cos 𝛼𝛼𝛼𝛼
Dalla (5) sostituendo il valore della freccia nella soluzione generale si ottiene successivamente:
𝑒𝑒
𝜂𝜂(𝑥𝑥 ) = (1 − cos 𝛼𝛼𝛼𝛼) (6)
cos 𝛼𝛼𝛼𝛼

La (6) rappresenta lo spostamento 𝜂𝜂 al variare della posizione della sezione resistente tramite
l’ascissa 𝑥𝑥.

Cerchiamo di trovare una condizione per cui le 𝜂𝜂 diventano molto grandi:


𝜋𝜋 𝜋𝜋
𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝛼𝛼𝛼𝛼 = ⟹ cos = 0 ⟹ 𝜂𝜂 ⟶ ∞ ⟹ 𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃 𝐷𝐷𝐷𝐷 𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅
2 2
Quindi il carico critico più basso della trave si ottiene imponendo:
𝜋𝜋
𝛼𝛼𝛼𝛼 =
2
cioè:

𝜋𝜋 2
𝛼𝛼 2 =
4𝑙𝑙 2

quindi:

𝑃𝑃 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 𝜋𝜋 2 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝛼𝛼 2 = ⟹ = ⟹ 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 = (7)
𝐸𝐸𝐸𝐸 𝐸𝐸𝐸𝐸 4𝑙𝑙 2 4𝑙𝑙 2
Nell’ambito dei limiti della teoria della trave, la (7) rappresenta il carico critico di collasso della trave
e viene anche detto “carico critico di Eulero”.

Se invece di avere un’eccentricità 𝑒𝑒 ≠ 0, ho che 𝑒𝑒 = 0, allora continua a valere l’equazione (7) (𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐
non cambia), ma devo dare un significato diverso al momento d’inerzia 𝐼𝐼 che assume il significato di
momento d’inerzia della sezione resistente della trave rispetto ad un asse per cui esso è minimo,
perché si deforma più facilmente nel piano ortogonale a quell’asse.

Le travi, quando sono caricate di punta, cerchiamo di farle di sezione circolare perché così 𝐼𝐼 non
varia al variare dell’asse di riferimento; invece le travi navali sono di forma a 𝑇𝑇 per cui da questo
punto di vista non reagirebbero bene a carico di punta.

Un’altra differenza rispetto al carico con eccentricità è che:

• se 𝑒𝑒 = 0 la trave rimane rettilinea fino a che 𝑃𝑃 < 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 e all’improvviso per 𝑃𝑃 = 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 si hanno
frecce di valore molto elevato e quindi spostamenti 𝜂𝜂 molto elevati;
• se 𝑒𝑒 ≠ 0 gli spostamenti 𝜂𝜂 insorgono non appena viene applicato il carico.

GENERALIZZAZIONE DEL CARICO CRITICO DI EULERO:


CALCOLO DIRETTO DEL CARICO DI PUNTA PER QUALSIASI TRAVE

Trave appoggiata-appoggiata soggetta a carico di punta:

Il momento esterno, calcolato rispetto a un punto che coincide con l’asse della trave, sarà dato da:

𝑀𝑀𝑒𝑒 = 𝑃𝑃𝑃𝑃
Il momento interno sarà dato da:

𝑀𝑀𝑖𝑖 = −𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸"

Per l’equilibrio:

𝑀𝑀𝑖𝑖 = 𝑀𝑀𝑒𝑒

L’equazione differenziale sarà:

𝜂𝜂" + 𝛼𝛼 2 𝜂𝜂 = 0

che, essendo omogenea, non prevedrà alcun integrale particolare; l’integrale generale può essere
scritto in questo modo:

𝜂𝜂 (𝑥𝑥 ) = 𝐶𝐶1 sin 𝛼𝛼𝛼𝛼 + 𝐶𝐶2 cos 𝛼𝛼𝛼𝛼 (8)

Le costanti della (8) si ottengono imponendo le due condizioni ai limiti:

𝜂𝜂(0) = 0 ⟹ 𝐶𝐶2 = 0

𝜂𝜂 𝑙𝑙 ) = 0 ⟹ 𝐶𝐶1 sin 𝛼𝛼𝛼𝛼 = 0
(

𝐶𝐶1 = 0 ⟹ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏


𝐶𝐶1 sin 𝛼𝛼𝛼𝛼 = 0 ⟹ � 𝑛𝑛=1 𝜋𝜋 2
𝛼𝛼𝛼𝛼 = 𝑛𝑛𝑛𝑛 ��� 𝛼𝛼𝛼𝛼 = 𝜋𝜋 ⟹ 𝛼𝛼 2 = 2
𝑙𝑙

dove si è posto 𝑛𝑛 = 1 perché ci interessa la soluzione con 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 più basso; quindi:

2
𝑃𝑃 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 𝜋𝜋 2 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝛼𝛼 = ⟹ = 2 ⟹ 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 = 2 (9)
𝐸𝐸𝐸𝐸 𝐸𝐸𝐸𝐸 𝑙𝑙 𝑙𝑙
La (9) dimostra che, nel caso di trave appoggiata-appoggiata con carico di punta, è possibile ricavare
il carico critico attraverso l’equazione di Eulero. Il momento d’inerzia assume lo stesso significato
dato in precedenza (rappresenta sempre il momento d’inerzia rispetto ad un asse che ci dà il
minimo).

Si può dimostrare che sono valide le seguenti relazioni:

2𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑟𝑟𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 − 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 ⟹ 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 =
𝑙𝑙 2
4𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖 − 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖 ⟹ 𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 =
𝑙𝑙 2
La relazione generale sul carico critico può essere scritta, nel caso di vincoli perfetti, in questo modo:

𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 =
𝑙𝑙0 2

dove 𝑙𝑙0 è detta “lunghezza libera di inflessione” ed è pari a:


• 𝑙𝑙0 = 2𝑙𝑙 per trave a mensola
• 𝑙𝑙0 = 𝑙𝑙 per trave appoggiata-appoggiata
• 𝑙𝑙0 = 𝑙𝑙/√2 per trave incastrata-appoggiata
• 𝑙𝑙0 = 𝑙𝑙/2 per trave incastrata-incastrata

Abbiamo fatto le ipotesi di vincoli perfetti, ma cosa succederebbe se avessimo dei vincoli cedevoli?

Dal punto di vista operativo la cedevolezza dei vincoli comporta una variazione della lunghezza
libera di inflessione 𝑙𝑙0 introducendo dei coefficienti correttivi che fanno aumentare 𝑙𝑙0 e quindi
diminuire il carico critico (il ragionamento è valido per l’incastro e non per l’appoggio).

LIMITI DEL CARICO CRITICO DI EULERO


Indichiamo con:

• 𝐴𝐴 l’area della sezione resistente della nave;


• 𝜌𝜌 il raggio di girazione;
• 𝐼𝐼 = 𝐴𝐴ρ2 il momento d’inerzia;
𝑙𝑙0
• 𝜆𝜆 = il coefficiente di snellezza della trave.
𝜌𝜌

La sollecitazione critica 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 sarà:

𝑃𝑃𝑐𝑐𝑐𝑐 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸ρ2 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸


𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = = 2 = = 2 (10)
𝐴𝐴 𝑙𝑙0 𝐴𝐴 𝑙𝑙0 2 𝐴𝐴 𝜆𝜆

Andando a diagrammarla in funzione di 𝜆𝜆:

Si osserva che 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 |𝜆𝜆⟶0 = ∞; nella realtà ciò non può accadere perché 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 avrà un certo limite
rappresentato dal limite di proporzionalità.

La (10) rappresenta la sollecitazione critica di Eulero in funzione della snellezza della trave 𝜆𝜆; essa
è valida nel caso di sollecitazione critica al di sotto di quella limite di proporzionalità. Infatti occorre
osservare che la sollecitazione critica di Eulero è ottenuta considerando le ipotesi della teoria della
trave e quindi pure il legame lineare tra le tensioni e le deformazioni. In caso contrario la rottura
della trave non avviene per instabilità ma per schiacciamento.

La teoria cerca di calcolare un valore di 𝜆𝜆 di riferimento per capire se è valida la teoria di Eulero
oppure deve utilizzare come sollecitazione quella di schiacciamento (snervamento).

Se poniamo:

• 𝜎𝜎𝑙𝑙 = 𝜎𝜎𝑠𝑠 = 2400 𝑘𝑘𝑘𝑘/𝑐𝑐𝑚𝑚2 (il limite di proporzionalità 𝜎𝜎𝑙𝑙 nel caso di acciai ordinari coincide
con la sollecitazione di snervamento 𝜎𝜎𝑠𝑠 del materiale);
• 𝐸𝐸 = 2.1 ∙ 106 𝑘𝑘𝑘𝑘/𝑐𝑐𝑚𝑚2 (Modulo di Young).

otteniamo:

𝜋𝜋 2 𝐸𝐸 𝜋𝜋 2 ∙ 2.1 ∙ 106
𝜆𝜆 = � ⟹ 𝜆𝜆𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 = � ≅ 92.88~100 (𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎)
𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 2400

per cui se 𝜆𝜆 < 𝜆𝜆𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 non è più valida la teoria di Eulero; addirittura il registro tende ad applicare la
𝜎𝜎
teoria di Eulero quando 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 > 2𝑠𝑠.

se 𝜆𝜆 < 𝜆𝜆𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙 vengono prese in considerazione altre teorie per il calcolo di 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 :
𝑘𝑘𝑘𝑘
• 𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 per acciai a elevata resistenza ⟹ 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = 3100 − 11.4𝜆𝜆 � �
𝑐𝑐𝑚𝑚2
𝑘𝑘𝑘𝑘
• 𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽 per acciai ordinari ⟹ 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = 2400 − 0.0327𝜆𝜆2 � �
𝑐𝑐𝑚𝑚2

Si può osservare che le due relazioni per 𝜆𝜆 = 0 danno valori diversi.

ALCUNI ESEMPI DI CARICO CRITICO PER NAVI A STRUTTURA LONG. E TRASVERSALE


Si consideri il ponte di una nave a struttura trasversale e si indichi con 𝑑𝑑 la distanza tra due bagli
ordinari; la struttura resistente a carico di punta sarà costituita dal fasciame del ponte compreso tra
2 bagli consecutivi; si consideri una striscia di ponte di larghezza pari a 𝑏𝑏 e di spessore 𝑡𝑡.

In teoria dovremmo applicare la teoria della lastra, invece possiamo semplificare la procedura e
applicare la teoria della trave immaginando che questa trave è di sezione 𝑏𝑏 ∙ 𝑡𝑡 ed è estesa
longitudinalmente pari a 𝑑𝑑.
• 𝐴𝐴 = (𝑏𝑏 ∙ 𝑡𝑡) è l’area della sezione trasversale resistente;
𝑏𝑏𝑡𝑡 3
• 𝐼𝐼 = valutato rispetto all’asse per cui è minimo;
12
𝐼𝐼 𝑡𝑡
• si può dimostrare che 𝜌𝜌 = � =
𝐴𝐴 3.464

Possiamo scrivere:

𝑙𝑙0 𝑑𝑑 𝑑𝑑
𝜆𝜆 = = = 𝜆𝜆𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙 = 100 ⟹ � � = 28.868 (11)
𝜌𝜌 𝜌𝜌 𝑡𝑡 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙

La (11) dimostra che per utilizzare la teoria di Eulero occorrerà avere:

𝑑𝑑
> 28.868 = ~29
𝑡𝑡
e la tensione critica assumerà la seguente forma:

𝜋𝜋 2 𝐸𝐸 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸 𝐸𝐸
𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = 2 = 2 = 0.822 (12)
𝜆𝜆 𝑑𝑑 𝑑𝑑 2
𝑡𝑡 �
� 3.664 𝑡𝑡

𝑑𝑑
Nel caso in cui < 28.868 si dovrà utilizzare una delle relazioni viste in precedenza di Tetmajer o
𝑡𝑡
Johnson.

Occorre precisare che un pannello di fasciame compreso tra due bagli in una struttura trasversale
avrà un comportamento leggermente diverso da quello considerato nella teoria della trave. Dal
punto di vista operativo ciò si traduce nel considerare il modulo di Young convenzionale:

𝐸𝐸
𝐸𝐸𝑐𝑐 = = 1.1𝐸𝐸 (13)
1 − 𝜈𝜈 2
La (13) permette anche di affermare che il passaggio dalla teoria della trave alla teoria della lastra,
per una struttura trasversale, comporta un aumento di circa il 10% della sollecitazione critica.

VERIFICA A INSTABILITA’ DEI RINFORZI ORDINARI (CAPITOLO 7, SEZIONE 2, 4)


Si inizi col considerare un rinforzo ordinario con relativa striscia di fasciame associato; per prima
cosa, quando si effettua una verifica a instabilità del rinforzo, occorrerà definire una opportuna
larghezza di fasciame associato 𝑏𝑏𝑒𝑒 .

Detta 𝑠𝑠 la distanza tra 2 correnti longitudinali, il registro precisa:

1. se la verifica a instabilità del fasciame associato è soddisfatta:

𝑏𝑏𝑒𝑒 = 𝑠𝑠

2. se la verifica a instabilità del fasciame associato non è soddisfatta:


2.25 1.25
𝑏𝑏𝑒𝑒 = 𝑠𝑠 � − 2�
𝛽𝛽𝑒𝑒 𝛽𝛽𝑒𝑒
da assumere non maggiore di 𝑠𝑠.

La 𝛽𝛽𝑒𝑒 viene chiamata “rigidezza netta” ed è data dalla relazione:

𝑠𝑠 𝜎𝜎𝑏𝑏 3
𝛽𝛽𝑒𝑒 = � 10
𝑡𝑡𝑝𝑝 𝐸𝐸

• 𝑡𝑡𝑝𝑝 è lo spessore netto del fasciame associato in millimetri;


• 𝜎𝜎𝑏𝑏 è la tensione di compressione sul fasciame espressa in 𝑁𝑁/𝑚𝑚𝑚𝑚2 .

La verifica a instabilità va sempre fatta sugli spessori netti (a nave invecchiata).

Per la condizione di verifica il registro impone la stessa condizione che abbiamo visto nel caso
generale, cioè impone un criterio affidabilistico; lo fa per due relazioni: c’è la tensione di
compressione indicata con 𝜎𝜎𝑥𝑥1 e poi c’è la 𝜎𝜎𝑐𝑐 (tensione critica) data da più condizioni a seconda se
è applicabile la teoria di Eulero.

La 𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗ per il corrente è scritto in questo modo:


𝜎𝜎𝑐𝑐
≥ |𝜎𝜎𝑏𝑏 | (14)
𝛾𝛾𝑟𝑟 𝛾𝛾𝑚𝑚

dove 𝜎𝜎𝑏𝑏 è in valore assoluto perché in generale si considera negativa; i fattori parziali di sicurezza
𝛾𝛾𝑟𝑟 , 𝛾𝛾𝑚𝑚 assumono lo stesso valore pari a 1,02.

In generale utilizziamo lo spessore netto quando ci occupiamo soprattutto dell’instabilità, mentre


utilizziamo lo spessore lordo quando ci occupiamo della verifica a snervamento; quando
effettuiamo la verifica a momento flettente ultimo andiamo a verificare tutti gli spessori netti
perché la maggior parte della verifica viene fatta con l’instabilità degli elementi; quando invece
verifichiamo la trave nave a snervamento utilizziamo gli spessori lordi.

Vediamo la sollecitazione critica 𝜎𝜎𝑐𝑐 della (14) che va calcolata sulle dimensioni nette degli elementi
strutturali costituenti il corrente (anima, piattabanda e striscia di fasciame associato):

𝜎𝜎𝑠𝑠 𝑅𝑅𝐸𝐸𝐸𝐸
𝜎𝜎𝑐𝑐 = 𝜎𝜎𝐸𝐸 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝜎𝜎𝐸𝐸 ≤ = ⟹ 𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸𝐸
2 2
𝜎𝜎𝑠𝑠 𝜎𝜎𝑠𝑠
𝜎𝜎𝑐𝑐 = 𝜎𝜎𝑠𝑠 �1 − � 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝜎𝜎𝐸𝐸 > ⟹ 𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇𝑇 − 𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽𝐽
4𝜎𝜎𝐸𝐸 2

Questa 𝜎𝜎𝑐𝑐 è un valore caratteristico della variabile perché anche 𝜎𝜎𝑐𝑐 è aleatoria, dato che dipende da
variabili aleatorie.

E’ bene precisare che la sollecitazione di Eulero 𝜎𝜎𝐸𝐸 sarà ottenuta andando a considerare il minimo
valore di 3 sollecitazioni 𝜎𝜎𝐸𝐸1 , 𝜎𝜎𝐸𝐸2 , 𝜎𝜎𝐸𝐸3 in cui si è indicato con:
• 𝜎𝜎𝐸𝐸1 la tensione di Eulero per instabilità flessionale dell’intera sezione resistente del corrente
(2° modo di crisi);
• 𝜎𝜎𝐸𝐸2 la tensione di Eulero di instabilità torsionale (3° modo di crisi);
• 𝜎𝜎𝐸𝐸3 la tensione di Eulero di instabilità dell’anima o della piattabanda del rinforzo considerato
(5° modo di crisi).
Lezione 22
CARICO CRITICO DI INSTABILITA’ DELLE NAVI
I principali risultati che ci interessano dal punto di vista pratico è che nelle navi esiste più di un carico
critico (vari modi di crisi).

Nella precedente lezione abbiamo esaminato l’instabilità di una trave. In sintesi è possibile
affermare che:

1) esiste un carico critico di instabilità flessionale della trave che dipende dalle dimensioni
“globali” della trave stessa (quali momenti d’inerzia, area della sezione resistente e
lunghezza libera di inflessione)
2) esiste una instabilità torsionale che ci porta a definire un carico critico globale che tiene
conto del modo di crisi torsionale dell’intera sezione (fenomeno di “stripping”)
3) esiste un modo di crisi locale che riguarda la sola anima della sezione composta e che viene
caratterizzato attraverso un carico critico locale di ingobbimento della sola anima.
4) esiste un modo di crisi locale che riguarda la sola piattabanda della trave composta e che
viene caratterizzato attraverso un carico critico locale definito per il tramite delle dimensioni
della piattabanda.

Queste considerazioni valgono anche nei riguardi del puntello (che può essere non solo a sezione
circolare, ma anche a sezione composta da anima e piattabanda). Estendiamo quindi questo
concetto al caso della verifica dei puntelli con la procedura regolamentare; vedremo che valgono le
stesse considerazioni fatte nel caso della trave.

VERIFICA A INSTABILITA’ DEI PUNTELLI (PARTE B, CAPITOLO 7, SEZIONE 3, 6.2)


Ricordiamo innanzitutto che per tale verifica il RINA utilizza il metodo dei fattori parziali di sicurezza
per il tramite della seguente condizione:

𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗ (1)

Per la verifica dei puntelli occorre innanzitutto calcolare la forza di compressione 𝐹𝐹𝐴𝐴 [𝑘𝑘𝑘𝑘] che
dipende dall’area del ponte sostenuta dal puntello e dalle forze trasmesse ad esso dai puntelli
immediatamente superiori.

Sul ponte abbiamo, per dimensionare i puntelli, una pressione convenzionale definita per calcolare
gli spessori dei pannelli di fasciame; se questa pressione la moltiplichiamo per l’area di riferimento
che si trova sopra il puntello, possiamo ricavarci la forza (valore caratteristico della forza, aleatoria)
di compressione che agisce sul generico punto.
L’area di ponte sostenuta dal puntello dovrà tenere conto della morfologia generale ipotizzata per
la struttura che sorregge il ponte e dalla linea di puntellatura ipotizzata (generalmente i puntelli
vengono sistemati ogni 3 intervalli di ossatura rinforzata per spezzare la campata delle anguille,
soprattutto in quelle parti dove non vi sono le paratie trasversali come nelle navi traghetto, ma a
volte si è costretti a cambiare la distanza tra un puntello e un altro).

[6.2.2] Tensione critica di instabilità flessionale:


𝑁𝑁
La tensione critica di instabilità flessionale dei puntelli deve essere ottenuta, in , dalle seguenti
𝑚𝑚𝑚𝑚2
formule:

𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒
𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = 𝜎𝜎𝐸𝐸1 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝜎𝜎𝐸𝐸1 ≤
2
𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒
𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 �1 − � 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝜎𝜎𝐸𝐸1 >
4𝜎𝜎𝐸𝐸1 2

• 𝑐𝑐𝑐𝑐= “Critic Buckling”;


𝑁𝑁
• 𝜎𝜎𝐸𝐸1 è la tensione di Eulero di instabilità flessionale, da ottenersi, in , dalla seguente
𝑚𝑚𝑚𝑚2
formula:

𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝜎𝜎𝐸𝐸1 = ∙ 10−4
𝐴𝐴(𝑓𝑓𝑓𝑓 )2

• 10−4 serve per rispettare le dimensioni finali;


• 𝐼𝐼 è il minimo momento d’inerzia netto, in 𝑐𝑐𝑚𝑚4 , del puntello;
• 𝐴𝐴 è l’area netta, in 𝑐𝑐𝑚𝑚2 , del puntello;
• (𝑓𝑓 ∙ 𝑙𝑙 ) è la lunghezza libera di inflessione;
• 𝑓𝑓 tiene conto del grado di incastro all’estremità del puntello;
• 𝑙𝑙 è la lunghezza del puntello.

Successivamente il RINA suggerisce una formula per calcolare la tensione critica per instabilità
torsionale 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 [6.2.3] che tiene conto delle dimensioni generali della sezione composta del puntello.

Infine fornisce la tensione critica per instabilità locale 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 [6.2.4] che dipende dalle dimensioni
geometriche dell’anima e della piattabanda del puntello; infatti tale tensione deve essere la minore
tra:
⎧ 𝑡𝑡𝑊𝑊 2
⎪ 𝜎𝜎𝐸𝐸3 = 78 � � ∙ 104 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝑙𝑙′𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎
ℎ𝑊𝑊
⎨ 𝑡𝑡𝐹𝐹 2
⎪𝜎𝜎𝐸𝐸3 = 32 � � ∙ 104 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝑙𝑙𝑙𝑙 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝
⎩ 𝑏𝑏𝐹𝐹

• 𝑡𝑡𝑊𝑊 e ℎ𝑊𝑊 sono spessore e altezza dell’anima


• 𝑡𝑡𝐹𝐹 e 𝑏𝑏𝐹𝐹 sono lo spessore e la larghezza della piattabanda

Prendendo la minore teniamo conto di entrambi i modi di crisi; alla fine considereremo, tra i 4 modi
di crisi principali, il carico critico minore 𝜎𝜎𝐸𝐸 per fare la verifica.

N.B.: Se il puntello è di sezione circolare la verifica a instabilità torsionale e locale non è richiesta.
La verifica regolamentare con il metodo dei fattori parziali di sicurezza è la seguente:

𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝐹𝐹𝐴𝐴
𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗ ⟹ ≥ 10 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖à 𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓𝑓 (2)
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚 𝐴𝐴

𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝐹𝐹𝐴𝐴
𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗ ⟹ ≥ 10 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖à 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙 (3)
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚 𝐴𝐴

𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 𝐹𝐹𝐴𝐴
𝐶𝐶 ∗ ≥ 𝐷𝐷 ∗ ⟹ ≥ 10 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖à 𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡𝑡 (4)
𝛾𝛾𝑅𝑅 𝛾𝛾𝑚𝑚 𝐴𝐴

• 𝐿𝐿 =“Local”, 𝑇𝑇 =“Torsion”;
• 10 tiene conto dell’unità di misura;
• 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 è la sollecitazione minore tra le due 𝜎𝜎𝐸𝐸3 che tiene conto dell’instabilità locale della
piattabanda e dell’anima.

CARICO CRITICO DI INSTABILITA’ DELLE LASTRE

Definiamo i carichi unitari come:

• 𝑁𝑁𝑥𝑥 = 𝜎𝜎𝑥𝑥 ∙ 𝑡𝑡 ⟹ carico normale agente lungo 𝑥𝑥;


• 𝑁𝑁𝑦𝑦 = 𝜎𝜎𝑦𝑦 ∙ 𝑡𝑡 ⟹ carico normale agente lungo 𝑦𝑦;
• 𝑁𝑁𝑥𝑥𝑥𝑥 = 𝜏𝜏𝑥𝑥𝑥𝑥 ∙ 𝑡𝑡 ⟹ carico tangenziale agente sul piano 𝑥𝑥𝑥𝑥;
• 𝑝𝑝 ⟹ pressione ortogonale alla lastra.

L’equazione generale differenziale della lastra tiene conto anche di una pressione che agisce
ortogonalmente al piano della lastra stessa.

La teoria prevede l’imposizione delle condizioni di equilibrio e le condizioni di congruenza in modo


tale da scrivere delle equazioni differenziali che tengono conto del legame tra carichi e spostamenti
in qualsiasi punto della lastra. La teoria prevede le seguenti ipotesi:

• il piano medio della lastra si riduce al solo spostamento lungo l’asse 𝑧𝑧 con:

𝑤𝑤 = 𝑤𝑤(𝑥𝑥, 𝑦𝑦)

• la lastra è appoggiata sui suoi lati;


• gli spostamenti e le deformazioni si mantengono sufficientemente piccoli;
• il materiale della lastra ha un comportamento di tipo elastico (linearità tra 𝜎𝜎 e 𝜀𝜀).

L’equazione generale della lastra tiene conto del legame tra 𝑤𝑤 e i carichi esterni (𝑝𝑝, 𝑁𝑁𝑥𝑥 , 𝑁𝑁𝑦𝑦 , 𝑁𝑁𝑥𝑥𝑥𝑥 ):

𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 1 𝜕𝜕 2 𝑤𝑤 𝜕𝜕 2 𝑤𝑤 𝜕𝜕 2 𝑤𝑤
+ 2 + = − �𝑝𝑝 + 𝑁𝑁𝑥𝑥 + 𝑁𝑁𝑦𝑦 + 2𝑁𝑁𝑥𝑥𝑥𝑥 � (1)
𝜕𝜕𝑥𝑥 4 𝜕𝜕𝑥𝑥 2 𝜕𝜕𝑦𝑦 2 𝜕𝜕𝑦𝑦 4 𝐵𝐵 𝜕𝜕𝑥𝑥 2 𝜕𝜕𝑦𝑦 2 𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕𝜕

dove 𝐵𝐵 è la “Rigidezza Flessionale della Lastra”:

𝐸𝐸𝑡𝑡 3
𝐵𝐵 =
12(1 − 𝜈𝜈 2 )

e 𝑡𝑡 è lo spessore della lastra.

Questa equazione ci serve per risolvere il primo modo di crisi (ingobbimento tra due correnti di
fasciame); è il cosiddetto pre-buckling dove c’è una tensione media uniforme ��� 𝜎𝜎𝑥𝑥 , dopo
l’ingobbimento si ha una ridistribuzione delle tensioni (post-buckling) in cui il legame tra 𝜎𝜎– 𝜀𝜀 non è
lineare e pertanto la teoria non va bene; dalla (1) possiamo ottenere solo il carico critico di
ingobbimento iniziale del pannello di fasciame; se vogliamo ottenere un carico critico di rottura
dell’intero pannello (instabilità a rottura), con questa limitazione non ce la facciamo, ma dovremmo
esaminare il comportamento post-buckling e la nuova distribuzione delle tensioni che fa aumentare
la capacità strutturale del pannello stesso.

Vediamo cosa succede in un caso particolare:

𝑁𝑁𝑥𝑥 ≠ 0; 𝑁𝑁𝑦𝑦 = 𝑁𝑁𝑥𝑥𝑥𝑥 = 𝑝𝑝 = 0

la (1) si riduce alla seguente:

𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 1 𝜕𝜕 2 𝑤𝑤
+ 2 + = − 𝑁𝑁
𝜕𝜕𝑥𝑥 4 𝜕𝜕𝑥𝑥 2 𝜕𝜕𝑦𝑦 2 𝜕𝜕𝑦𝑦 4 𝐵𝐵 𝑥𝑥 𝜕𝜕𝑥𝑥 2
e imponiamo uno spostamento 𝑤𝑤(𝑥𝑥, 𝑦𝑦) del seguente tipo:
𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛
𝑤𝑤(𝑥𝑥, 𝑦𝑦) = 𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 ∙ sin ∙ sin (2)
𝑎𝑎 𝑏𝑏
dove:

• 𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 è costante;
• 𝑚𝑚 è il numero di semi-onde nel pannello incurvato lungo l’asse 𝑥𝑥 ad ingobbimento avvenuto;
• 𝑛𝑛 è il numero di semi-onde nel pannello incurvato lungo l’asse 𝑦𝑦 ad ingobbimento avvenuto.

Andiamo a calcolarci la relazione finale:

𝜕𝜕𝜕𝜕 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛 𝑚𝑚𝑚𝑚 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚


= 𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 sin � cos �
𝜕𝜕𝜕𝜕 𝑏𝑏 𝑎𝑎 𝑎𝑎
𝜕𝜕 2 𝑤𝑤 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛 𝑚𝑚2 𝜋𝜋 2 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚
= −𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 sin � sin � (3)
𝜕𝜕𝑥𝑥 2 𝑏𝑏 𝑎𝑎2 𝑎𝑎

𝜕𝜕 3 𝑤𝑤 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛 𝑚𝑚3 𝜋𝜋 3 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚


= −𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 sin � cos �
𝜕𝜕𝑥𝑥 3 𝑏𝑏 𝑎𝑎3 𝑎𝑎

𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛 𝑚𝑚4 𝜋𝜋 4 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚


4
= 𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 sin � 4 sin � (4)
𝜕𝜕𝑥𝑥 𝑏𝑏 𝑎𝑎 𝑎𝑎

𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 𝑛𝑛4 𝜋𝜋 4 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛


4
= 𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 sin � 4 sin � (5)
𝜕𝜕𝑦𝑦 𝑎𝑎 𝑏𝑏 𝑏𝑏

𝜕𝜕 3 𝑤𝑤 𝑚𝑚2 𝜋𝜋 2 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 𝑛𝑛𝑛𝑛 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛


2
= −𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 � 2
sin � � cos �
𝜕𝜕𝑥𝑥 𝜕𝜕𝜕𝜕 𝑎𝑎 𝑎𝑎 𝑏𝑏 𝑏𝑏

𝜕𝜕 4 𝑤𝑤 𝑚𝑚2 𝜋𝜋 2 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 𝑛𝑛2 𝜋𝜋 2 𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛


2 2
= 𝐶𝐶𝑚𝑚𝑚𝑚 � 2
sin � � 2 sin � (6)
𝜕𝜕𝑥𝑥 𝜕𝜕𝑦𝑦 𝑎𝑎 𝑎𝑎 𝑏𝑏 𝑏𝑏

La (3), (4), (5), (6) vengono sostituite nella (1) in modo tale da ottenere il valore del carico
unitario critico che comporta l’ingobbimento della lastra.

Si ottiene successivamente:

𝑚𝑚4 𝑚𝑚2 𝑛𝑛2 𝑛𝑛4 1 𝑚𝑚2


𝜋𝜋 2 � + 2 + � = 𝑁𝑁 (7)
𝑎𝑎4 𝑎𝑎2 𝑏𝑏2 𝑏𝑏4 𝐵𝐵 𝑥𝑥 𝑎𝑎2
dalla (7) è possibile ricavare 𝑁𝑁𝑥𝑥 ottenendo:
2
𝑎𝑎2 2
𝑚𝑚2 𝑛𝑛2
𝑁𝑁𝑥𝑥 = 2 𝐵𝐵𝜋𝜋 � 2 + 2 � (8)
𝑚𝑚 𝑎𝑎 𝑏𝑏

La (8) costituisce il legame tra il carico esterno 𝑁𝑁𝑥𝑥 e il numero di semionde lungo 𝑥𝑥 e lungo 𝑦𝑦 (per il
tramite dei parametri 𝑚𝑚 e 𝑛𝑛) e le caratteristiche geometriche della lastra (per il tramite della 𝐵𝐵, 𝑎𝑎,
𝑏𝑏).

E’ chiaro che dovendo trovare il più piccolo carico che comporta l’ingobbimento della lastra, occorre
subito imporre 𝑛𝑛 = 1 e ricavare di conseguenza il valore minimo del carico unitario prendendo in
esame la variabile 𝑚𝑚. La condizione per trovare tale minimo sarà:

𝜕𝜕𝑁𝑁𝑥𝑥
=0
𝜕𝜕𝜕𝜕

ponendo 𝑛𝑛 = 1, la (8) diventa:

𝜋𝜋 2 𝐵𝐵 𝑏𝑏 1 𝑎𝑎 2
𝑁𝑁𝑥𝑥 = 2 � 𝑚𝑚 + � (9)
𝑏𝑏 𝑎𝑎 𝑚𝑚 𝑏𝑏
𝑏𝑏 1 𝑎𝑎 2
da cui, imponendo 𝑘𝑘 = � 𝑚𝑚 + � , si ottiene:
𝑎𝑎 𝑚𝑚 𝑏𝑏

𝜕𝜕𝑁𝑁𝑥𝑥 𝜕𝜕𝜕𝜕
=0⟹ = 0 (10)
𝜕𝜕𝜕𝜕 𝜕𝜕𝜕𝜕
Imporre la (10) significa trovare il valore più basso di 𝑘𝑘 al variare di 𝑚𝑚; si può facilmente dimostrare
che la (10) equivale alla seguente:
𝑎𝑎
𝑚𝑚 = (11)
𝑏𝑏

I valori di minimo del parametro 𝑘𝑘 si ottengono quando 𝑎𝑎 = 𝑏𝑏. Nel diagramma è stata estesa la
teoria a tutti i tipi di vincolo:
• 𝑆𝑆𝑆𝑆 = simply supported = appoggio libero
• 𝐶𝐶 = incastro
• 𝐹𝐹 = free = libero estremo

In questa figura stiamo esaminando il caso 𝐶𝐶 di lastra appoggiata-appoggiata:

Il caso 𝐴𝐴 (incastrata-incastrata) fa aumentare il valore della sollecitazione critica, quindi fa


aumentare il valore di 𝑘𝑘.

Innanzitutto è bene evidenziare che dal grafico in figura il valore più basso di 𝑘𝑘 è pari a 4; inoltre
quando 𝑎𝑎 ≠ 𝑏𝑏 il valore di 𝑘𝑘 > 4; la soluzione così ottenuta può essere estesa al caso di lastra
incastrata sui lembi, al caso di lastra incastrata-appoggiata o al caso di lastra incastrata tipo mensola;
in tal caso il valore di 𝑘𝑘 varierà e la soluzione di lastra appoggiata-appoggiata appare quella più
conservativa.

Il registro, per la verifica, non agisce sul carico unitario, ma sulla tensione; dalla (9) è anche possibile
ricavare la tensione critica di instabilità dividendo entrambi i membri per lo spessore:

𝑁𝑁𝑥𝑥 𝜋𝜋 2 𝐵𝐵
𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = = 2 𝑘𝑘 (12)
𝑡𝑡 𝑏𝑏 𝑡𝑡

𝑏𝑏 1 𝑎𝑎 2
𝑘𝑘 = � 𝑚𝑚 + �
𝑎𝑎 𝑚𝑚 𝑏𝑏
𝐸𝐸𝑡𝑡 3
Sostituendo la 𝐵𝐵 = 12(1−𝜈𝜈2 ) nella (12) si ottiene:

𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝑡𝑡 3 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 = 𝑘𝑘 = (13)
12(1 − 𝜈𝜈 2 )𝑏𝑏2 𝑡𝑡 𝑏𝑏 2
12(1 − 𝜈𝜈 2 ) � 𝑡𝑡 �

La (13) è simile all’equazione ottenuta per il calcolo del carico o sollecitazione critica di Eulero; in
particolare il rapporto 𝑏𝑏/𝑡𝑡 assume il significato di snellezza della lastra (analogamente al
coefficiente 𝜆𝜆 della trave). Se la sollecitazione critica è vicina a quella di snervamento del materiale,
vuol dire che siamo nel campo in cui non è più valido il legame 𝜎𝜎– 𝜀𝜀 lineare, per cui la teoria supposta
non è più valida.
𝑏𝑏
Vediamo quanto vale � � : il valore limite per la validità della teoria si ottiene dalla (13)
𝑡𝑡 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙
imponendo:

𝑘𝑘𝑘𝑘
⎧ 𝜎𝜎𝐶𝐶 = 2400 2
⎪ 𝑐𝑐𝑐𝑐
𝑘𝑘𝑘𝑘 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝑢𝑢𝑢𝑢 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 𝑜𝑜𝑜𝑜𝑑𝑑𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖
⎨𝐸𝐸 = 2.1 ∙ 106
⎪ 𝑐𝑐𝑐𝑐2
⎩ 𝜈𝜈 = 0.3
quindi vale:

𝑏𝑏 𝜋𝜋 2 𝐸𝐸𝐸𝐸
� � ≅ 57 = � (14)
𝑡𝑡 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙 12(1 − 𝜈𝜈 2 )𝜎𝜎𝑠𝑠

Significa che al di sopra di tale valore è possibile applicare la relazione (13), mentre al di sotto di
tale valore occorrerà trovare un modello diverso per il calcolo della sollecitazione critica oppure
imporre che la crisi si verifichi per schiacciamento della lastra e quindi la sollecitazione critica è pari
a quello di snervamento del materiale.

Vediamo cosa succede nel caso particolare:

𝑁𝑁𝑥𝑥 , 𝑁𝑁𝑦𝑦 ≠ 0; 𝑁𝑁𝑥𝑥𝑥𝑥 = 𝑝𝑝 = 0

In questo caso bisogna trovare il legame funzionale tra il carico unitario 𝑁𝑁𝑥𝑥 e il carico unitario 𝑁𝑁𝑦𝑦 ;
l’equazione generale della lastra si riduce alla seguente:
2
𝑚𝑚2 𝑛𝑛2 𝑚𝑚2 𝑛𝑛2
𝑁𝑁𝑥𝑥 2 + 𝑁𝑁𝑦𝑦 2 = 𝜋𝜋 2 𝐵𝐵 � 2 + 2 � (15)
𝑎𝑎 𝑏𝑏 𝑎𝑎 𝑏𝑏

Non è possibile in questo caso imporre 𝑛𝑛 = 1 e bisognerà considerare tutte le possibili combinazioni
di 𝑛𝑛 e di 𝑚𝑚 per calcolare il più piccolo valore del carico critico di 𝑁𝑁𝑥𝑥 e/o 𝑁𝑁𝑦𝑦 .

E’ il caso pure di accennare quando è previsto il solo carico tangenziale unitario:

𝑁𝑁𝑥𝑥𝑥𝑥 ≠ 0; 𝑁𝑁𝑥𝑥 = 𝑁𝑁𝑦𝑦 = 𝑝𝑝 = 0

In questo caso esisterà una tensione tangenziale critica ottenuta per il tramite della seguente
relazione:

𝜋𝜋 2 𝐵𝐵
𝜏𝜏𝑐𝑐𝑐𝑐 = 𝑘𝑘 2 (16)
𝑏𝑏 𝑡𝑡
con:
𝑏𝑏 2
• 𝑘𝑘 = 5.34 + 4 � � per lastra appoggiata-appoggiata;
𝑎𝑎
𝑏𝑏 2
• 𝑘𝑘 = 8.98 + 5.6 � � per lastra incastrata-incastrata;
𝑎𝑎
• 𝑏𝑏 il lato più corto del pannello.

Questo è il caso di un pannello di fasciame in corrispondenza dell’asse neutro.

VERIFICA AD INSTABILITA’ DEL FASCIAME (PARTE B, CAPITOLO 7, SEZIONE 1, 5)


I pannelli di fasciame vengono considerati appoggiati sul contorno in modo tale da porsi in
condizioni di sicurezza; tuttavia il registro può accettare condizioni vincolari diverse che comportano
un proporzionamento meno gravoso.

Il RINA considera anche il caso in cui le tensioni variano linearmente sui lati e ricorre a 3 schemi:

𝜎𝜎2
Ψ=
𝜎𝜎1
Una volta individuato lo schema di carico che agisce sul pannello di fasciame, la verifica consiste nel
calcolare le tensioni critiche e nell’applicare il metodo dei fattori parziali di sicurezza. Nel caso in
figura, dove si considera la compressione e la flessione, si ha:
𝜎𝜎𝑠𝑠
⎧ 𝜎𝜎𝐶𝐶 = 𝜎𝜎𝐸𝐸 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝜎𝜎𝐸𝐸 ≤
2
⎪� 𝜎𝜎𝑠𝑠 𝜎𝜎𝑠𝑠
𝜎𝜎𝐶𝐶 = 𝜎𝜎𝑠𝑠 �1 − � 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝜎𝜎𝐸𝐸 >
4𝜎𝜎𝐸𝐸 2
⎨ 2 2
⎪ 𝜎𝜎 = 𝜋𝜋 𝐸𝐸 𝑡𝑡𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛𝑛
𝐸𝐸 � � 𝑘𝑘1 𝜀𝜀
⎩ 12(1 − 𝜈𝜈 ) 2 𝑏𝑏

• 𝜀𝜀 è un coefficiente che dipende dal tipo di rinforzo lungo il lato 𝑏𝑏 del pannello;
𝑎𝑎
• 𝑘𝑘1 è il fattore di instabilità che è funzione di Ψ e di
𝑏𝑏

Ad esempio nel caso in cui:


𝑎𝑎
Ψ = 1; ≥ 1 ⟹ 𝑘𝑘1 = 4
𝑏𝑏

La condizione di verifica è la seguente:


𝜎𝜎𝐶𝐶
≥ |𝜎𝜎𝑏𝑏 | (17)
𝛾𝛾𝑟𝑟 𝛾𝛾𝑚𝑚

La 𝜎𝜎𝑏𝑏 è la sollecitazione di compressione che tiene conto sempre dei fattori parziali di sicurezza
(tiene conto di una componente statica e di una componente dinamica).

Analogamente esisteranno delle condizioni di verifica nel caso in cui sia previsto il solo taglio al posto
della flessione e della compressione e una condizione di verifica che terrà conto della compressione,
flessione e taglio attraverso la valutazione di una tensione ideale che tiene conto di tutti i
componenti della lastra; i fattori parziali di sicurezza sono tabellati e valgono rispettivamente:

𝛾𝛾𝑅𝑅 = 1.10 ; 𝛾𝛾𝑚𝑚 = 1.02


anche se, come è noto, tali fattori dipendono anche dal registro che si utilizza per la verifica.
Lezione 23
PROCEDURA REGOLAMENTARE PER LA VALUTAZIONE DEL MOMENTO ULTIMO
CARATTERISTICO
Abbiamo già visto le ipotesi di lavoro iniziali fatte dal registro per poter valutare il momento flettente
ultimo caratteristico sia inarcante che insellante per una determinata sezione strutturale della nave;
quello che ci interessa dal punto di vista operativo è cercare di caratterizzare questo momento
flettente ultimo caratteristico e per farlo dobbiamo costruire il diagramma 𝑀𝑀 − 𝜒𝜒.

• 𝜒𝜒 è la generica curvatura della sezione


• 𝑀𝑀 è il momento resistente garantito dalla sezione strutturale una volta fissata la curvatura.

Più in particolare per comprendere la procedura dobbiamo soffermarci innanzitutto sulle ipotesi su
cui si basa il diagramma 𝑀𝑀 − 𝜒𝜒; sicuramente il momento 𝑴𝑴 sarà legato alle tensioni normali 𝝈𝝈
(perché stiamo parlando di momento flettente verticale), le tensioni saranno collegate alle
deformazioni 𝜺𝜺 su ogni punto della struttura, le deformazioni saranno collegate alla curvatura stessa
𝝌𝝌; inoltre siamo abituati a vedere, nella teoria di trave, che questi legami costitutivi sono tutti di
natura lineare.

𝑀𝑀 ⟺ 𝜎𝜎 ⟺ 𝜀𝜀 ⟺ 𝜒𝜒

La procedura incrementale che viene utilizzata dal registro mantiene alcune linearità, altre non le
riesce a mantenere perché la valutazione è appunto di collasso della sezione resistente, per cui
quando entrano in gioco grandi deformazioni vi è un legame non lineare. Vediamo le ipotesi:
• Innanzitutto una delle ipotesi fondamentali per il calcolo della curva 𝑀𝑀 − 𝜒𝜒 è la linearità tra
le deformazioni 𝜺𝜺 e la curvatura 𝝌𝝌; in altri termini la sezione resistente ruota al variare della
curvatura mantenendosi comunque piana.
• Viceversa, invece, il legame tra le tensioni 𝝈𝝈 e le deformazioni 𝜺𝜺 per ogni elemento
costituente la sezione resistente è di tipo non-lineare ed avrà un andamento tipico
rappresentato qualitativamente in figura:

Con |𝜀𝜀| considero anche le deformazioni di compressione e la curva non cambia.

Abbiamo calcolato, in precedenza, le tensioni critiche per instabilità flessionale di un corrente e


abbiamo visto che, raggiunto il carico critico 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 , l’elemento strutturale cede istantaneamente per
instabilità (il carico di collasso della trave è rappresentato da quel carico che all’improvviso
comporta il completo collasso della trave), per cui il diagramma assumerà un andamento ideale
come quello in figura:

Il registro, per considerare un andamento reale tra 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀, parte da un valore di deformazione iniziale
𝜀𝜀0 dovuto alle saldature e ne tiene conto tramite dei coefficienti di sicurezza. Il carico critico di
𝜎𝜎
Eulero è valido solo per la condizione 𝜎𝜎𝐸𝐸 ≤ 2𝑠𝑠 evidenziata dalla zona tratteggiata.
Quindi le formule viste finora, sia per la trave che per la lastra, non contengono la deformazione 𝜀𝜀,
perché la 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 è quel carico che porta all’ingobbimento o al collasso istantaneo; nel caso reale
𝜎𝜎𝑠𝑠
l’andamento è diverso e il registro ne tiene conto utilizzando le formule di Eulero fino a 2
.

Inoltre abbiamo visto che, fissato 𝜀𝜀, occorre prendere come carico critico 𝜎𝜎𝑐𝑐𝑐𝑐 sempre il minore tra
tutti i modi di crisi.

Per il calcolo del momento flettente ultimo occorre fare un ulteriore passo: legare 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 secondo
dei modelli (ne trovo almeno un certo numero legati all’elemento stesso: instabilità flessionale,
locale, torsionale, etc.).

Innanzitutto è bene evidenziare che, poiché il legame tra 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 è di tipo non lineare, in generale
varia la posizione dell’asse neutro della sezione al variare della curvatura. Nella teoria della trave
esiste un unico asse neutro che passa per il baricentro della sezione strutturale; quindi per fare la
procedura di tipo incrementale dobbiamo partire dalla posizione dell’asse neutro; la procedura
prevede di ragionare in termini di passi: parte dalla curvatura 𝜒𝜒 (𝑖𝑖) al passo 𝑖𝑖-esimo per arrivare al
momento flettente 𝑀𝑀 (𝑖𝑖) corrispondente alla curvatura 𝜒𝜒 (𝑖𝑖):

𝜒𝜒 (𝑖𝑖) ⟹ 𝑀𝑀�𝜒𝜒 (𝑖𝑖) �

Siccome la procedura è di tipo incrementale, vuol dire che ad ogni passo la curvatura verrà
incrementata di una quantità Δ𝜒𝜒 (i) che viene fissata dal progettista del software:

𝜒𝜒 (𝑖𝑖) = 𝜒𝜒 (𝑖𝑖−1) + Δ𝜒𝜒 (i) (1)

In 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀2000 questo incremento di curvatura Δ𝜒𝜒 (i) non può essere modificata.

Ovviamente quanto più piccolo è l’incremento di curvatura Δ𝜒𝜒 (i), tanto più affidabile sarà il risultato
del diagramma 𝑀𝑀 − 𝜒𝜒 ; inoltre un punto del diagramma è già noto in quanto al primo passo
occorrerà imporre 𝜒𝜒 (1) = 0, per cui 𝑀𝑀�𝜒𝜒 (1)� = 0.

Al passo 𝑖𝑖-esimo dovrà essere fissata la posizione dell’asse neutro 𝑁𝑁 (𝑖𝑖) che potrà essere ottenuta
prendendo in esame la posizione dell’asse neutro del passo precedente 𝑁𝑁 (𝑖𝑖−1).

Ricordiamo allora che la sezione resistente è costituita (in generale) da 𝑁𝑁 elementi il cui
comportamento strutturale è indipendente tra di loro; per individuare l’elemento lo indicheremo
con “𝑗𝑗-esimo” elemento. Per l’elemento d’angolo il registro considera un comportamento elasto-
plastico ideale, cioè l’elemento d’angolo cede per schiacciamento e non per instabilità
(comportamento unico).
Di questo 𝑗𝑗-esimo elemento strutturale al passo 𝑖𝑖-esimo dobbiamo valutare, nota la variazione di
curvatura Δ𝜒𝜒, la deformazione ε indicata in questo modo:
(𝑖𝑖)
𝜀𝜀𝑗𝑗 ⟹ 𝜀𝜀 𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 𝑗𝑗 𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒 𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒 𝑎𝑎𝑎𝑎 𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝𝑝 𝑖𝑖 𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒𝑒

Anche nell’elemento strutturale abbiamo una 𝜀𝜀 in ogni punto dell’elemento e, poiché vogliamo
realizzare una procedura e renderla pratica e operativa, dobbiamo prendere una 𝜀𝜀 media
dell’elemento (più o meno non c’è una grossa variazione delle 𝜀𝜀 al variare del momento flettente,
per cui ci sarà un valore medio che di solito, per chi progetta il programma, lo va a concentrare nella
posizione del centro dell’elemento stesso).

Quindi 𝜀𝜀 è il valore medio della deformazione longitudinale dell’elemento stesso; ovviamente vale
la seguente relazione:

ε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) = ε𝑗𝑗 (𝑖𝑖−1) + Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) (2)

dove Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) è la variazione di deformazione dovuta alla variazione di curvatura Δ𝜒𝜒 (i) :
(𝑖𝑖)
Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) = Δ𝜒𝜒 (𝑖𝑖) ∙ 𝑍𝑍𝑗𝑗 (3)

(𝑖𝑖)
𝑍𝑍𝑗𝑗 è la distanza del centro del 𝑗𝑗-esimo elemento dall’asse neutro.

A questo punto per ogni elemento strutturale della sezione resistente e per ogni modo di crisi
(collasso elasto-plastico, instabilità flessionale e torsionale, instabilità dell’anima del profilo
flangiato o piatto, instabilità del pannello di fasciame) si costruiscono i legami 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 con le relazioni
semi-empiriche fornite dell’ente di classifica e si prende il valore della tensione minima
corrispondente al valore della 𝜀𝜀 per ogni elemento strutturale ottenuto dalla (2):

σ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) = σ𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 (𝑖𝑖)

Questi legami 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 sono di difficile calcolo perché non sono molto razionali ma un po’ più
sperimentali.
Il risultato di tale operazione sarà una distribuzione di tensioni medie σ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) , funzioni di ε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) e quindi
della curvatura 𝜒𝜒 (𝑖𝑖) , che agiscono su ogni elemento strutturale della sezione resistente. Per
comodità di calcolo viene introdotta la variazione di tensione normale Δσ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) ottenuta per il tramite
della relazione:

Δσ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) = σ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) − σ𝑗𝑗 (𝑖𝑖−1) (4)

Generalmente il modulo di Young 𝐸𝐸 è costante, ma siccome il legame 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 in questo caso non è


lineare, allora 𝐸𝐸 varia da punto a punto. Per comodità di calcolo si definisce un modulo di elasticità
normale medio E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) per il tramite del seguente rapporto:

Δσ𝑗𝑗 (𝑖𝑖)
E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) = (5)
Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖)

Siccome il legame 𝜎𝜎 − 𝜀𝜀 non è lineare, la ridistribuzione delle tensioni modificherà la posizione


dell’asse neutro; quindi, prima di calcolare il momento ultimo in quel punto della curvatura, occorre
verificare la posizione dell’asse neutro 𝑁𝑁 (𝑖𝑖) , imponendo la seguente condizione di equilibrio:

𝐹𝐹 (𝑖𝑖) = � σ(i) (𝑥𝑥, 𝑦𝑦, 𝑧𝑧)𝑑𝑑𝑑𝑑 = 0


𝐴𝐴(𝑥𝑥)

La forza risultante 𝐹𝐹 (𝑖𝑖) delle tensioni lungo l’asse longitudinale della nave deve essere nullo.

L’integrale si può dividere nella somma:

� σ(𝑖𝑖−1) (𝑥𝑥, 𝑦𝑦, 𝑧𝑧)𝑑𝑑𝑑𝑑 + � Δσ(𝑖𝑖) (𝑥𝑥, 𝑦𝑦, 𝑧𝑧)𝑑𝑑𝑑𝑑 = 0 (6)


𝐴𝐴(𝑥𝑥) 𝐴𝐴(𝑥𝑥)

• σ(𝑖𝑖−1) è la tensione normale che agiva in ogni punto della struttura al passo precedente;
• Δσ(𝑖𝑖) è la variazione di tensione in ogni punto corrispondente a Δ𝜒𝜒 (𝑖𝑖) .

E’ facile dimostrare che:


� σ(𝑖𝑖−1) (𝑥𝑥, 𝑦𝑦, 𝑧𝑧)𝑑𝑑𝑑𝑑 = 0
𝐴𝐴(𝑥𝑥)

perché riferito alla distribuzione di tensione che si aveva al passo precedente che corrisponde
all’imposizione della posizione dell’asse neutro. La (6) in termini discreti si potrà scrivere:
𝑁𝑁

� Δσ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) 𝐴𝐴𝑗𝑗 = 0 (7)


𝑗𝑗=1

• 𝐴𝐴𝑗𝑗 è l’area del 𝑗𝑗-esimo elemento strutturale.

Al posto dell’integrale dobbiamo mettere la sommatoria perché dobbiamo sommare tutti gli
elementi costituenti la sezione resistente.

Sostituendo
(5)
Δσ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) �� E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖)

(3) (𝑖𝑖)
Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) �� Δ𝜒𝜒 ∙ 𝑍𝑍𝑗𝑗

abbiamo:
𝑁𝑁 𝑁𝑁
(𝑖𝑖)
� E𝑗𝑗 Δε𝑗𝑗 (𝑖𝑖) 𝐴𝐴𝑗𝑗 = � E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) Δ𝜒𝜒 (𝑖𝑖) ∙ 𝑍𝑍𝑗𝑗 𝐴𝐴𝑗𝑗 = 0
(𝑖𝑖)

𝑗𝑗=1 𝑗𝑗=1

ovviamente essendo:
(𝑖𝑖) (𝑖𝑖) (𝑖𝑖)
𝑍𝑍𝑗𝑗 = 𝜁𝜁𝑗𝑗 − 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴

(𝑖𝑖)
• 𝜁𝜁𝑗𝑗 è la distanza del centro dell’elemento 𝑗𝑗-esimo dalla linea di base;
(𝑖𝑖)
• 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴 è la distanza dell’asse neutro dalla linea di base.

abbiamo che:
𝑁𝑁
(𝑖𝑖) (𝑖𝑖)
� E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) Δ𝜒𝜒 (i) �𝜁𝜁𝑗𝑗 − 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴 �𝐴𝐴𝑗𝑗 = 0 (8)
𝑗𝑗=1

La posizione dell’asse neutro può essere ricavata dalla (8) e confrontata con quella imposta agli inizi
del passo. Avremo due possibilità:

1) La nuova posizione dell’asse neutro rientra nei limiti di tolleranza fissato (𝛿𝛿1 ). In tal caso la
distribuzione delle tensioni ottenute corrisponde a quella reale ed è possibile valutare il
momento flettente.
2) La nuova posizione dell’asse neutro non rientra nei limiti prefissati; in tal caso non è possibile
valutare il momento flettente ed occorre fissare la nuova posizione dell’asse neutro
(coincidente con quella appena calcolata), rivalutare le deformazioni indotte 𝜀𝜀 e la nuova
distribuzione delle tensioni 𝜎𝜎.

Ripeteremo la procedura fino a quando non rientriamo nei limiti di tolleranza 𝛿𝛿1 , 𝛿𝛿2 (in genere il
software non permette di modificarli).

Se è vera la 1) , il calcolo del momento ultimo si ottiene imponendo la seguente condizione:

𝑀𝑀 (𝑖𝑖) = � σ(i) (𝑥𝑥, 𝑦𝑦, 𝑧𝑧)𝑧𝑧 𝑑𝑑𝑑𝑑 = 0 (9)


𝐴𝐴(𝑥𝑥)

dove 𝑧𝑧 è la distanza del generico elemento dalla posizione dell’asse neutro della sezione.

La (9) messa in termini discretizzati diventa:

M (𝑖𝑖) = M (𝑖𝑖−1) + Δ𝑀𝑀(𝑖𝑖) (10)

La procedura incrementale prevede il calcolo di 𝑀𝑀 attraverso la (10) e quindi attraverso la


valutazione della variazione Δ𝑀𝑀; in termini discreti è possibile scrivere:
𝑁𝑁
(𝑖𝑖) (𝑖𝑖)
Δ𝑀𝑀 = � Δσ𝑗𝑗 (𝑖𝑖) 𝑍𝑍𝑗𝑗 𝐴𝐴𝑗𝑗 = 0 (11)
𝑗𝑗=1

di conseguenza andando a sostituire la (11) si trasforma in:


𝑁𝑁 𝑁𝑁
(𝑖𝑖) (𝑖𝑖) 2
Δ𝑀𝑀 (𝑖𝑖)
= � E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) 𝑍𝑍𝑗𝑗(𝑖𝑖) Δ𝜒𝜒 (i) ∙ 𝑍𝑍𝑗𝑗 𝐴𝐴𝑗𝑗 = � E𝑗𝑗 (𝑖𝑖) 𝑍𝑍𝑗𝑗 Δ𝜒𝜒 (i) ∙ 𝐴𝐴𝑗𝑗 = 0 (12)
𝑗𝑗=1 𝑗𝑗=1

La (12) permette di valutare la variazione del momento Δ𝑀𝑀 (𝑖𝑖), che corrisponde alla variazione di
curvatura Δ𝜒𝜒 (i) fissata, e quindi anche al momento M (𝑖𝑖) calcolato tramite la (10) (il momento che
dà il 𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀𝑀2000 è anche funzione del carico locale che agisce sui singoli elementi strutturali).
Questo calcolo non lo possiamo fare fino a una curvatura infinita; il registro ci dice: siccome
dobbiamo trovare il massimo e il minimo relativo di questa curva 𝑀𝑀 − 𝜒𝜒 , ci dà un valore di
riferimento che indica con 𝜒𝜒𝐹𝐹 .

La procedura deve essere ripetuta a ogni passo, fino a quando il valore della curvatura imposta
raggiunge il valore 𝜒𝜒𝐹𝐹 , in 𝑚𝑚−1 , per nave inarcata o insellata, ottenuta dalla seguente formula:

𝑀𝑀𝑌𝑌
𝜒𝜒𝐹𝐹 = ±0.003
𝐸𝐸𝐼𝐼𝑌𝑌

𝑀𝑀𝑌𝑌 è il minore tra:

𝑀𝑀𝑌𝑌1 = 10−3 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴

𝑀𝑀𝑌𝑌2 = 10−3 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴

• 𝐸𝐸 è il modulo di elasticità lineare;


• 𝐼𝐼𝑌𝑌 è il momento d’inerzia della sezione trasversale della trave nave intorno al suo asse neutro
orizzontale;
• 𝑅𝑅𝑒𝑒𝑒𝑒 è la sollecitazione di snervamento del materiale;
• 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴 è il modulo di resistenza della sezione al fondo;
• 𝑍𝑍𝐴𝐴𝐴𝐴 è il modulo di resistenza della sezione al ponte.

Se il valore 𝜒𝜒𝐹𝐹 non è sufficiente a permettere il calcolo dei picchi della curva 𝑀𝑀 − 𝜒𝜒, la procedura
deve essere ripetuta fino a quando il valore della curvatura imposta sia sufficiente a calcolare i
massimi momenti flettenti sulla curva.

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