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INDICE
Introduzione
- Ringraziamenti
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Introduzione
Nella scelta dell’argomento di questo approfondimento ho spesso considerato di trattare la
tematica che segue, per poi scartarla altrettante volte. Ciò che non mi convinceva era
infatti l’idea di trattare un tema già discusso in passato nella medesima sede in cui sarò
chiamata a farlo io. Ciò che però mi ha convinto è stato considerare il tempo in cui
viviamo, una società trasformata dalla globalizzazione e dal predominio dell’economia,
una società altamente industrializzata che può portare allo svuotamento dell’autenticità
della realtà a causa di un processo di alienazione, ovvero di estraneazione dell’uomo da se
stesso, un processo intrinseco alla società contemporanea che ha assunto un rilievo
problematico dal punto di vista socio-economico, un movimento quindi che porta ciò che
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ha in sé una propria identità, a diventare “altro” e a “trasferire ad altri ciò che è proprio”
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N. Abbagnano, G, Fornero, Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1998
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Capitolo 1
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Alienazione in Hegel – Edizione dell’Ateneo (1970) pag 95
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K.Marx, Manoscritti Economico-Filosofici (1844) Enaudi Torino 1969
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quantità della sua produzione, che il risultato necessario della concorrenza è l’accumulazione del
capitale in poche mani”. In altro suo scritto, “Il Manifesto del partito Comunista” (1848)
scritto insieme al collega Engels, analizza la storia come lotta di classe tra oppressori e
oppressi, signori borghesi e operai senza proprietà o ancora, liberi e schiavi; questi sono
stati continuamente in contrasto tra loro e hanno sostenuto una lotta ininterrotta sempre
conclusa o con una trasformazione rivoluzionaria o con la totale rovina delle classi in lotta.
Gli operai non svolgono un lavoro gratificante con cui possono sentire realizzata la loro
essenza, quindi si alleano estraniandosi cioè da se stessi per incarnarsi nella forma di
“macchine da lavoro” impiegate nella produzione forzata di oggetti che non gli
appartengono in quanto sono del capitalista. Tutto ciò produce un senso di frustrazione.
Marx ci dice che l’operaio diventa tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che
produce, diventa tanto più vile tanto più grande è la quantità di merce che produce. Nel
Marxismo più maturo, l’alienazione dell’operaio è espressa attraverso la divisione del
lavoro nelle sue quattro forme: alienazione rispetto al prodotto della sua attività, rispetto
alla sua stessa attività, rispetto alla propria essenza o al proprio genere e rispetto al
prossimo. In primo luogo, l’operaio è alienato dal prodotto della sua attività in quanto
l’uomo è strumento di fini esterni e in virtù della propria forza lavoro, egli produce un
“oggetto” (il capitale) che non gli appartiene e che si costruisce come una “potenza
dominatrice” nei suoi confronti. L’operaio è dunque alienato dall’oggetto del suo lavoro
anche se non gli appartiene e diventa “potenza indipendente poichè si fissa come
“oggettivizzazione del lavoro” e si realizza nello stadio dell’economia privata come
processo di annullamento dell’operaio in quanto asservito all’oggetto. La seconda forma di
alienazione dell’operaio è rispetto alla sua stessa attività, in quanto l’uomo è strumento di
fini esterni, nel suo lavoro l’operaio non si afferma ma si nega, si sente insoddisfatto,
infelice, non sviluppa una libera energia spirituale e fisica ma sfinisce il suo corpo e
distrugge lo spirito; il suo lavoro non è quindi volontario, non finalizzato al
soddisfacimento di un bisogno ma solo un mezzo per soddisfare bisogni esterni. La terza
forma di alienazione, rispetto alla propria essenza, è conseguente alla precedente, perchè se il
lavoratore non si sente realizzato rispetto al suo stesso impiego, ciò vuol dire che in esso
non esprime la propria essenza naturale. Marx sottolinea a questo punto ciò che
differenzia l’uomo dall’essere animale è la sua propria attività cosciente, libera, il lavoro
ripetitivo e unilaterale porta invece il soggetto a estraniarsi dalla natura, dall’uomo stesso
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e dalla propria funzione attiva all’interno di una società; questo tipo di lavoro fa della sua
attività vitale e della sua essenza solo un mezzo per la sua esistenza. L’ultima forma è
rispetto al prossimo ovvero l’estraneazione dell’uomo operaio dall’ uomo capitalista; tra i
due si verrà a creare un rapporto conflittuale che confluirà necessariamente in una lotta
contro l’intera umanità e porterà ad un processo di autoestraneazione dell’operaio rispetto
alla società. La causa dell’alienazione è la proprietà privata dei mezzi di produzione grazie
alla quale il capitalista puo espropriare l’operaio dal suo lavoro e dalla sua umanità. Per la
riconquista dell’uomo e della propria identità, secondo Marx, dovrà avvenire il
superamento del regime della proprietà privata e l’avvento del comunismo inteso come
“la soluzione dell’enigma della storia”.
Il pensiero di Marx influenzò profondamente anche gli studiosi della Scuola di
Francoforte, ed uno dei massimi esponenti fu Herbert Marcuse. Egli applica una polemica
contro la società repressiva, altamente autoritaria e classista, e tracciando un lungimirante
e accurato profilo della condizione dell’uomo del XX sec., presuppone, quale più quale
meno, l’alienazione come stato di fondo dell’essere umano. In “L’uomo a una sola
dimensione” (1964) descrive l’individuo alienato e omologato dalla società industriale
avanzata [...] che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi
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precostituiti e affronta il tema dell’alienazione considerandolo come un processo
inesorabile messo in atto da un ordine totalitario creato dalla società dei consumi. Il
problema di Marcuse diviene quello della liberazione dall’iniquità dei vincoli,
dall’alienazione della società industriale avanzata in cui domina il capitalistico e
consumistico way of life. Secondo il filosofo della scuola di Francoforte, l’asservimento al
dominio nella società assume la forma di una sottomissione al principio di prestazione che
subordina ogni tipo di energia vitale alla produzione, facendo dell’uomo “un mezzo per
produrre”. Ciò comporta un sacrificio del “principio del piacere” in vista della sola
realizzazione di scopi puramente lavorativi e produttivi. Questa dipendenza è una specie
di repressione aggiuntiva o addizionale (surplus di rimozione), una sorta di richiesta dalla
civiltà, come definita da Freud, ma a differenza del padre della psicoanalisi, Marcuse
distingue le condizioni che regolano i desideri individuali consentendo quindi la vita in
una società, dalle condizioni che invece rendono questa vita alienante, fatta di privazioni
che espropriano totalmente l’individuo non solo dal raggiungimento da propri piaceri e
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N. Abbagnano, G. Fornero, L’ideale e il reale. Corso di storia della filosofia, Pearson Italia, Torino, 2013, p. 610
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desideri, ma soprattutto lo emarginano dalla storia, dal modello di società in cui vive, da
quella “dimensione culturale” in cui dovrebbe essere inserito. La nostra è una “società
unidimensionale” in cui le varie esigenze individuali sono schiacciate o appiattite su
quelle del sistema produttivo. Questa condizione di repressione della libertà individuale
viene enunciata molto chiaramente nel suo manifesto ideologico, incipit solenne e
perentorio in cui scrive: “Ci troviamo dinnanzi a uno degli aspetti più inquietanti della civiltà
industriale avanzata: il carattere irrazionale della sua razionalità. La sua produttività ed efficienza,
la sua capacità di accrescere e diffondere le comodità, di trasformare lo spreco in bisogno, e la
distruzione in costruzione [...] le persone si riconoscono nelle loro merci, trovano la loro anima nelle
loro automobili. Per comprendere meglio questa analisi della condizione dell’uomo
contemporaneo, in uno stato alienato ed etero-diretto, è bene ricordare in breve la
concezione freudiana del rapporto tra individuo e società. La civiltà, minacciata
dall’interno dalle forze pulsionali individuali, secondo Freud, dà origine ad un Super-Io
collettivo e fa in modo che l’adulto, una volta distaccatosi dalle sue pulsioni sessuali della
libido, sia in grado di interiorizzare le norme, i divieti, il senso dell’autorità sociale a cui
l’individuo deve sottomettersi. In questo senso si possono evidenziare forme di restrizione
e dominio gerarchico che producono disagio originantosi dall’impossibilità di alimentare
le pulsioni immediate della libido. Nasce quindi quello che il Padre della psicoanalisi
chiama il “Disagio della Civiltà”, che àncora le sue radici, non in determinati assetti
socio-economici (Marx), ma nella struttura della psiche. Freud analizza però il “prezzo”
che l’uomo deve pagare per vivere in società, questo caro prezzo comporta una riduzione
della felicità soggettiva a favore di una maggiore sicurezza e potere collettivo che reprime
le pulsioni orientando le energie verso attività di ordine sociale. Questo fenomeno
rimanda a un “senso di colpa” generato da impulsi libidici ed aggressivi. Se l’uomo
potesse infatti dar libero sfogo a tutte le sue pulsioni ed istinti di natura dispotica, sarebbe
probabilmente impossibile vivere in un mondo di “masse anonime”. Freud giunge a
considerare che la massa può essere impulsiva, mutevole ed irritabile ed è controllata
quasi esclusivamente dall’inconscio. La conclusione a cui giunge Freud è che la civiltà è il
male minore a cui l’uomo deve sottoporsi, scontando il prezzo che consiste in un
irrudicibile margine di sofferenza che può essere “sublimato”: ciò è possibile attraverso la
sublimazione e deviazione della libido verso una meta non più sessuale ma di natura
artistica intellettuale e sociale. Questo concetto di sublimazione lega Freud alla scuola di
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Francoforte ed in particolare al pensiero di Marcuse. Il filosofo tedesco, nello specifico,
parla di “desublimazione repressiva”. Con questa espressione, egli indica e denuncia la falsa
libertà esistente nella società industriale avanzata, in cui solo apparentemente non vi sono
tabù nè repressioni, ma è repressiva poichè limita la sublimazione della civiltà; in realtà, la
sessualità è semplicemente “propagandata come stimolo commerciale” ovvero viene
istituzionalizzato e pubblicizzato.
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Capitolo 2
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volontà personale. Dire che un comportamento è deviante, non significa affermare che
esso sia errato, ma solo che è diverso rispetto a ciò che la maggioranza sociale considera
come corretto. Il termine devianza, legato ai due studiosi Durkheim e Merton, non esprime
un concetto valutativo, nè un giudizio di valore ma è un concetto osservativo poichè si
limita a riflettere e ispezionare quel dato comportamento che non segue le inclinazioni
previste. Durkheim introdusse il concetto di alienazione nel suo libro “La divisione del
lavoro sociale”: egli descrive la “deregolamentazione” che avviene all’interno di una
società. Il sociologo francese sostiene che bisogna tener conto del fatto che ogni riscontro
da parte di una collettività, varia relativamente allo spazio e al tempo ed è il prodotto di
determinati eventi storici. Per questo motivo, si parla di “relatività dell’atto deviante” o
“concezione relativistica della devianza”. Con questi termini ci spiega che della devianza, se
ne dà un’interpretazione relativa ed interrazionalistica poichè non è inerente a un atto in
sè, ma è un’attribuzione soggettiva da parte della massa. Dunque, non esistono in sè atti
devianti che portano a processi di alienazioni o estraneamento ma è la stessa collettività
che li emargina. Un gesto per essere considerato deviante deve essere riferito al contesto
storico e politico, socio-culturale, e rispetto all’ambito geografico in cui ha luogo. Al
contrario, il comportamento considerato deviante in un paese o in un’altra società, sarà
accettato o considerato molto positivamente. In questo contesto, i due sociologi,
analizzano tre caratteristiche di questo modello: la variabilità, l’ambiguità, e il distacco
dalle norme. La prima indica che la devianza non è assoluta e varia in base alle aspettative
sociali, la norma stessa che vige in un dato territorio è mutevole sul piano temporale e
spaziale come lo sono anche i processi di vigilanza sociale che la impongono. L’ambiguità
è nei confronti delle aspettative dei comportamenti “conformi” o “non conformi” a
seconda se rispondano a norme più o meno definite. Inoltre, può esistere disaccordo tra
diverse realtà sociali rispetto alle leggi, ovvero, data la società pluralistica in cui viviamo,
la devianza di un soggetto può essere definita norma per un individuo e non per altri,
creando così disaccordi e contrasti all’interno di una collettività. L’individuo si trova così
in uno stato di non adeguatezza e portato all’etichettamento o all’allontanamento dal
proprio territorio di origine: Egli viene quindi alienato dalla sua stessa realtà. In merito a
questo fenomeno, sono state formulate diverse teorie: la devianza può derivare sia da
conflitti di personalità causati da una mancanza di divieti necessari per tenere a freno gli
impulsi aggressivi (teoria psicoanalitica della trasgressione del Sé – Freud 1916) ma può
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dipendere anche dalla mancanza del controllo tra i vari membri della società. Senza
regolamentazioni chiare gli individui non possono trovare il loro “porto sicuro” all’interno
della realtà. Questi processi producono grande insoddisfazione, portano l’uomo ad
alienarsi, scappare dalla stessa società in cui vivono, distaccarsi completamente dalla
propria essenza e rifugiarsi in altri bisogni passivi. La società, i fatti sociali, condizionano i
comportamenti individuali fin dal più intimo e profondo labirinto della coscienza; le
istituzioni sono presenti nella coscienza e nella quotidianità di una persona molto più
prepotentemente che non la sua storia personale. Ad esempio, il tasso di fenomeni
devianti quali il suicidio, aumentano o diminuiscono in rapporto al verificarsi di
determinati eventi sociali. Il suicidio per D. è il fattore più importante per valutare il grado
di non integrazione dell’individuo nella società; è una condizione moralmente degenerata
per la quale le persone hanno uno scarso autocontrollo e finiscono per esser portati a gesti
estremi poichè hanno ormai perso l’acquisizione delle norme sociali. Questa condizione
viene definita con il termine “anomia” e D. vede nella crisi economica e
nell’industrializzazione coercitiva le cause di quest’anomia e conseguente alienazione dal
mondo che ci circonda.
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Capitolo 3
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scandito appunto dalle macchine e dalla catena di montaggio. Nei suoi quaderni scriverà:
<<La macchina è fatta per agire, per muoversi, ha bisogno di ingoiarsi la nostra anima,
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divorare la nostra vita [...] viva che la macchina che meccanizza la vita>> . In questi testi,
l’autore affronta la questione delle macchine e della moderna civiltà industriale. In altri
suoi scritti, per illustrare i vari aspetti dell’alienazione, sottolineati di volta in volta dalla
lettura dei diversi volti, ci presenta anche Belluca, uno dei tanti impiegati alienati dal
lavoro. Mattia Pascal e Belluca, due uomini soli imprigionati nelle loro forme e schemi,
indossano sul volto una maschera, recitano una parte per nascondere le paure, ma quando
le menzogne vengono meno, esce fuori la drammaticità della vita secondo due diversi
punti di vista. Il primo, un cittadino comune, il secondo uno scrupolosissimo ragioniere,
entrambi subiranno l’estraneazione dal lavoro, dalla coscienza, dalla classe sociale, nonché
dall’alienazione.
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Quaderni di Serafino Giubbo operatore, quaderno primo cap 2, a cura di M.A.Grignani Garzanti Milano 1993
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Ringraziamenti
Si ringraziano tutte le persone che mi hanno aiutato nella elaborazione di questa tesina:
tutti i miei professori per gli insegnamenti acquisiti ma in particolar modo il Prof.
Francesco Apriceno per i frequenti consigli e spunti dalle riflessioni ed approfondimenti
qui riportate e la Professoressa Mastellaro per le preziose correzioni.
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Bibliografia:
- Intimità e alienazione-Il Sé e le memorie traumatiche in psicoterapia di Russel
Meares (Cortina Raffaello Editore)
- Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello (Arnoldo Mondadori Editore)
Sitografia:
- Il pensiero di Pirandello: https://www.homolaicus.com
- Erich Fromm: https://www.filosofico.net
- La Filosofia dello Spirito: https://tesionline.it
- Alienazione in vocabolario Treccani: https://www.treccani.it
- Marcuse e l’uomo ridotto ad una sola dimensione: https://www.intellettuale
dissidente.it
- Teorie sociologiche: https://www.sociologicamente.it
- Dizionario filosofico: https://www.filosofico.net
- Manifesto del Partito Comunista – Karl Marx e Friedrich Engels: testo integrale a
cura della redazione del Giardino dei Pensieri (Giugno 2012)
http://www.ilgiardinodeipensieri.eu/testi/manifesto_testo.pdf
- Le “maschere del potere”: tavola rotonda –Italia in N. Abbagnano, G. Fornero,
L’ideale e il reale – Corso di storia della filosofia, Pearsons, Torino, 2013
- H. Marcuse:
▪ L’uomo a una sola dimensione: https://www.filosofico.net
▪ Lavoro e civiltà: https://www.filosofico.net
▪ I meriti di Freud: https://www.filosofico.net
- Manuale di testo di letteratura: La scrittura e l’interpretazione. Storia della
letteratura italiana nel quadro della civiltà europea. G.B Palumbo editore.
- Manuale di testo di sociologia: Sociologia per il Liceo delle Scienze Umane, Paolo
Volontè, Mauro Magatti, Carla Lungi Emanuela Mora. Mondadori Education S.p.A,
Milano 2015.
- Manuale di testo di filosofia: N. Abbagnano, G. Fornero, L’ideale e il reale. Corso di
storia della filosofia, Pearson Italia, Torino, 2013.
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