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ANTROPOLOGIA SOCIALE – 14 DICEMBRE

Testo Erodoto

Racconta la storia dal suo punto di vista >> ai prodromi dell’antropologia, interesse vivo anche in Erodoto,
non si ferma a raccogliere le storie, ma va a interrogare le persone che secondo lui possono saperne di più.
- Intervista, raccolta di testimonianze e filosofeggia descrivendo la sua interpretazione dei fatti sulla base di
dati che possono essere considerati dati antropologici reali

Con Erodoto siamo all’inizio di un interesse che cerca di darsi una forma anche scientifica (dati) e poi si
passa ad un’interpretazione su quanto raccolto

Testo Malinowski

Kula -> nome di circuito di merci, doni, rituali che istaura anche alleanze (anche contrattazioni matrimoniali)
all’interno delle isole Trobian, uno dei fatti sociali in cui si può studiare funzionamento di società.
Già fraseggiare un pochino più tecnico, un elemento in più, non solo raccoglie testimonianze
spontanee/storie, ma cerco di capire l’atteggiamento mentale degli indigeni verso l’atteggiamento
mitologico (da visione etica/esterna, ad un emica/interna; cerco di capire perché all’interno il valore è
attribuito a questo circuito mitologico)

 Sottolinea sforzo continuo di mettersi nelle scarpe dell’altro, non era lo scopo di Erodoto

Riferimenti allo scenario non fatti per arricchire il racconto (vestiario, ambiente), ma per mostrare come la
scena delle azioni dell’indigeno appare realmente all’indigeno stesso >> da una prospettiva esterna e tutto
sommato distaccata/favolistica che sfocia in Erodoto in una visione più di tipo filosofico ad un livello
astratto, si passa a M. che non vuole tanto capire ciò che il comportamento degli indigeni fa pensare a me,
ma il loro comportamento attraverso la visione degli indigeni stessi

 Cambio paradigmatico assoluto >> svolta metodologica assoluta

Malinowski riflette moltissimo sulla questione del metodo, nel secondo brano riflette sul metodo e spiega
le sue decisioni. Sempre in riferimento al kula -> per la prima volta c’è qualcuno che si interroga su qual è il
modo corretto di raccogliere i dati quanto si fa ricerca, egli tende a cercare un metodo che possa essere
accettato e accettabile anche dagli scienziati. Vuole dare dignità a questa disciplina, dare una forma
scientifica alla disciplina (tra 700 a 800 spostamento da discipline umanistiche a scientifiche, per arrivare a
900 e oggi in cui sembra che quelle umanistiche abbiano completamente perso valore).

I risultati della ricerca scientifica (così definita da lui) devono essere imparziale e sincero, bug dell’obiettività
dell’osservatore, anche se poi ognuno di noi è frutto della propria cultura, lo sguardo è per forza di cose
non oggettivo (Gherz: posizionamento scienziato e antropologo). M. si illudeva di poter dare resoconto
assolutamente oggettivo, imparziale, descrittivo e da qui nasce corrente percorsa soprattutto da scuola
inglese e francese di questa etnografia descrittiva precisa (illusione che attraverso la descrizione uno possa
mantenersi completamente oggettivo) + cerca di giustificare questa disciplina all’interno di tutte le
discipline scientifiche.

Detto ciò, con Malinowski vi è la prima volta in cui l’antropologo stesso parla del metodo e darà luce al
filone che darà conto di quella che è la metodologia in antropologia.

Malinowski -> Perché è arrivato alla svolta metodologica? Un po’ per caso e ovviamente per motivi legati
alla sua storia personale, lui nasce nel 1884 e morto nel 1941. Nel momento in cui è scoppiata la Prima
guerra mondiale lui si trovava in Australia per fare delle ricerche, già si definiva uno studioso di
antropologia e le sue ricerche l'avevano portato in quelle lande desolate. Lì era venuto a conoscenza delle
isolette Trobian cominciato a prendere contatto con queste popolazioni, nel momento dello scoppio della
Prima guerra mondiale ha deciso di fermarsi dove stava, passando così due anni completamente immerso
per necessità e pure scelta all'interno di quella che era la comunità. Ha costruito una capanna identica a
quella degli ospiti, imparato la lingua era dunque diventato un amico. Questa sua scelta ha fatto si che lui si
interrogasse sulla vita delle persone, solo l’immersione ha permesso di capire funzionamento e valori,
quanto possa essere ricca una cultura che di tecnologico/scritto non ha nulla. Però dal punto di vista
dell’armonia della vita delle persone c’è molto da imparare, riflessione viene di fatto a posteriori di
un’esperienza metodologica avvenuta per caso e da qui si crea lo spartiacque.

>>Da lui in avanti, un antropologo doveva passare almeno due anni tra la popolazione che voleva
descrivere, in maniera tale di poter descrivere tutti i più fini meccanismi => si apre epoca di grandi trattati
etnografici (pubblicati da anni 30 a 60 del 900).

Narrazione che vuole essere specchio della realtà, etnografia si riferisce solo al processo di descrizioni
minuziosa del funzionamento di una società in tutte le sue componenti, si distanzia da quella che è
effettivamente e verrà successivamente chiamata antropologia. Ci sono poi 2 correnti:

1. Funzionalista: descrizione del contesto avendo come punto di riferimento la funzione delle varie
parti di ogni singolo elemento (inglese) -> fenomeno basato prospettiva su funzione
2. Strutturalista: società costituita di costruzione a mattoncini per cui ogni mattoncino crea struttura
più o meno complesse (prospettiva basata su struttura e collegamenti) (francese)

Momento in cui disciplina diventa applicata (necessità di lunghi periodi sul campo) e da qui prende il via
quella che è antropologia di oggi. Primi lavori svolti sul metodo malinowskiano:

- Evas-Pritchard “la stregoneria tra dli Azande e il sistema segreto dei Nuer”
- Radliffe-Brown “The Andaman Islanders, a study in social anthropology”
et al.

LA SVOLTA METODOLOGICA

1. Osservazione partecipante e interpretazione scientifica di quello che è frutto della partecipazione


e osservazione => avvengono nello stesso momento e fatto delle stesse persone (=/ antropologia
da tavolino)
2. Immersione >> più facile se non ho rapporti con persone provenienti dalla mia cultura
3. Afferrare punto di vista endogeno (dell’indigeno)
4. In questo periodo “gara” perché ognuno vuole avere il suo popolo (successivamente antropologia
di ritorno, qui che il velo di Maya cade, secondo antropologo che viene da cultura e momento
storico diversi, va e osserva gi stessi fenomeni, il risultato parzialmente disconosce il risultato del
predecessore)
+ questione di bug culturale: non detto/non rilevanza nel periodo storico: inizialmente mai descritta
la violenza (solo se rituale), anche descrizioni della vita intima delle persone (molto poco e se c’è
solo quello che rivela dimensione culturale/ritualizzata del rapporto sessuale e del matrimonio),
inizialmente cose non nominabili in un’Europa cristiana di quel tempo
>>oggi forse di fronte alla terza caduta del velo di Maya con la questione dell’attenzione a cose che
erano tabù negli anni 60/70 (=> cose umane e non culturali, ma non riportate per pudore/tabù,
ancora una volta cade illusione di potersi definire osservatori obiettivi)
5. La dimensione comparativa riemerge poco dopo, non più comparazione su singoli tratti, ma si
tende a provare a paragonare intere società / interi sistemi culturali. (file di Yale)
Marcel Mauss -> si occupa del “dono”

Diversamente da Malinowski, proviene dalla scuola strutturalista francese e studia di fatto come il dono
possa essere considerato un fatto determinante per la strutturazione di ogni società > il dono è un fatto
sociale totale, studiando come fungina all’interno della società si capisce la struttura.

1. Dono in entrambe direzioni > egualitaria


2. Dono in un’unica direzione > feudale, faccio dono materiale a persona di rango superiore affinché
me lo restituisca in termini non visibili di protezione

Seguire il meccanismo del dono dà idea anche delle reti di sussistenza all’interno della società, questa
questione resta anche come dato fondamentale anche nelle società liquide/globali come le nostre, anche
studiando evolversi delle abitudini al dono si capisce evolversi di quella che è la società.

Es. scambio doni a Natale >> passaggio delle generazioni rete ribaltato, una volta avvenivano solo
all’interno della parentela (famiglia), con l’avanzare delle generazioni si mantiene ancora un certo grado di
adesione al modello precedente, ma allo stesso tempo anche regali agli amici, nella nostra generazione si
fanno doni solamente in reti di elezione -> dono sottolinea reti esistenti e reali, sempre attive, di scambio
(sono reti non stabili nel corso della vita, ma sentono il sentimento del momento).

 Resta vero che osservare la dinamica del dono significa dare chiave di interpretazione di quella che
è la solidarietà di reti che saltano nel momento in cui si ha bisogno
 Se consideriamo banalmente ciò che vediamo, il passaggio va da una rete istituzionalizzata (famiglia
che c’è e deve essere rispettata); dà la garanzia al singolo di un gruppo che un po’ lo soffoca, nel
secondo passaggio questa rete istituzionalizzata di soccorso si riduce e si aprono nel senso di reti di
elezione (scorsa generazione: amici pochi per tutta la vita, nella nostra si vedrà)
>>ancora una volta non oggettività, non esiste il modo migliore per, tutti modi approssimativi,
anche l’auto descrizione viene vista molto spesso come processo di elaborazione della propria
esperienza, a quello sguardo interno però forse sfuggono piccoli aspetti che uno dall’esterno può
vedere (e viceversa)

Periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale, c’è di fatto una comprensione dei valori di fondo che si
nascondono dietro o dentro alle culture primitive e molti tratti delle produzioni etnografiche vengono presi
e reinterpretati nella produzione artistica (arte grafica soprattutto: Picasso, prendono molto di ciòc he viene
dall’Africa e lo prendono per sottolineare rapporto diretto con universali dell’esistenza (natura, universali in
maniera diretta e non mediata es. clero in occidente). Finalmente si abbandona termina “primitivo” e
“selvaggio”. A questo punto, in questa svolta, capiamo esistenza di valori importanti portati anche da
culture lontane e diverse da quelle occidentale, da lì nasce curiosità di andare a rivedere quali sono i portati
dalle culture popolari che si nascondono/continuano ad esistere come sostrato delle culture occidentali.

Solo scoperta dei valori importanti delle culture lontane, fa dare dignità a questi sostarti culturali >>
demologia: folklore (accezione negativa, perché ci sono emergenze di cose che avevano valore nei tempi
passati, che teniamo per darci un aspetto)

- Basso profilo teorico, incentrata su testi e oggetto, approccio più storico – filologico
- Pochissimi di questi folkloristi diventano personaggi importanti della bibliografia antropologia
internazionale, uno di questi: Ernesto De Martino che si occupa moltissimo delle culture subalterne
soprattutto nel mezzogiorno >>si occupa molto fortemente dei problemi sociali, antropologia
implicata e di denuncia sociale di ciò che è il trattamento delle classi subalterne
+Van Gennep: riti di passaggi, si rivede anche di nuovo in una società liquida (non più celebrato da
sacerdote), si celebrano in maniera differente anche fuori dal contesto religioso, ma significativi
+Propp: fiaba come strumento di fondazione di miti, riti e continuità culturali

Lévi-Strauss -> scuola francese

Fondatore della sociologia moderna, il suo concetto principale (ancora oggi utili nel confronto tra persone)
quello bricolage >> uomo è bricoleur, fa cose servendosi di tutti gli strumenti che ha a portata di mano in
quel momento, non curandosi esattamente di quello che sta utilizzando per fare ciò che gli serve (costruisce
con pezzettini presi da una sola cultura o da tante, mette insieme i pezzi con funzionalità di funzionare al
meglio all’interno della sua società)

POST-STRUTTURALISMO (dopo Lévi-Strauss)

Tanto più grosse le società, tanto più grossa la struttura (e viceversa)

1. Suddivisione potere: temporale e religioso


2. Suddivisione lavori: maestri, fabbri, contadini, …

>>come si sviluppano i vari ruoli

Pierre Bourdieu (tra antropologia e sociologia, sempre scuola francese)

Vagamente sociologo, attore di concetto di habitus: riprende il concetto di consuetudine; ci sono valori
culturali/pratiche culturali che vivono più a lungo rispetto a quanto viva il concetto stesso di quell’habitus: il
fatto che la società degli anni 60 in Italia vedesse donna con gonna come unico modello possibile, nel
momento in cui stilisti proponevano pantaloni facevano vedere due cose:

1. Cultura donna-gonna cade


2. Pantaloni portati a Milano, Zurigo, ma sicuramente non in Val Brembana, Palermo, Lucania

>>continuare a dare valore a cose passate senza rendersi conto del cambiamento del mondo. (mondo è
andato avanti).

Descrive questa teoria nella sua teoria della pratica: “Esquisse d’une théorie de la pratique”.

+ altro concetto importante violenza simbolica: praticata in società che vede ruoli precisi per maschi e
femmine (riflessione su donne marocchine, ma vale su moltissimi tipi di società)

FINISCI SLIDE DA SOLO

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