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LA PERSUASIONE

Nella psicologia sociale americana l’interesse per il tema della persuasione si sviluppa a
partire dallo studio degli atteggiamenti, in tre periodi differenti:
- primo periodo: anni 20-30 → mettere a punto tecniche di misurazione (scale di atteggiamento visto
come continuum da favorevole a sfavorevole) → limite: misure autoriportate→ desiderabilità sociale.
Altro tema: correlazione atteggiamenti - azione.
- secondo periodo: sviluppo mezzi di comunicazione di massa durante la guerra fredda. Atteggiamenti
in contesti comunicativi, due stili di indagine: stile convergente approccio induttivo
dall’osservazione di fenomeni si arriva al piano teorico; stile divergente approccio
deduttivo, si applica teoria su diversi fenomeni.
- terzo periodo: 65-75 crisi profonda. Costrutto atteggiamento inadeguato. Prende avvio
l’approccio social cognition per investigare strutture e processi adibiti all’elaborazione info.
Relazione tra atteggiamenti e strutture cognitive individuali.
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CAP 1 - ALLA RICERCA DI UNA TEORIA

Negli anni 80 cominciano a delinearsi proposte di quadri concettuali unitari in grado di


definire i processi attraverso i quali avvengono i cambiamenti e le condizioni necessarie per
osservarli.Si tratta dei modelli duali:
- Modello della probabilità di elaborazione → Petty e Cacioppo
- Modello euristico - sistematico → Eagly e Chaiken
Entrambi i modelli sostengono che il cambiamento degli atteggiamenti possa essere l’esito
di due processi di natura diversa.

1- MODELLO DELLA PROBABILITA’ DI ELABORAZIONE (ELM)

Studiando la persuasione hanno notato la presenza di due assunti di base contrapposti:


alcuni assumono che il cambiamento di atteggiamento avvenga solo quando il contenuto di
un messaggio persuasivo viene elaborato diligentemente dall’individuo; altri assumono che
sia dettato da fattori associati ad esso come ricompense e punizioni o semplici inferenze.
Gli autori sostengono che il cambiamento possa avvenire attraverso due percorsi
differenziati: percorso centrale e percorso periferico.
- Percorso centrale: processo di elaborazione attenta e riflessione accurata su info.
Richiede attenzione, comprensione, mettere in relazione, integrazione ecc.
- Percorso periferico: processo di elaborazione a basso sforzo cognitivo applicato magari
ad info di sfondo o segnali periferici.
I fattori chiave che determinano l’uno o l’altro processo sono: MOTIVAZIONE E
ABILITA’ COGNITIVA. Importante risulta anche la salienza personale dell’info.
Quando un ricevente è motivato e capace di elaborare il contenuto informativo di una
comunicazione, l’eventuale cambio di atteggiamento è l’esito del percorso centrale: in
questo caso assume massima importanza la qualità dell’argomentazione. Quando egli
non è invece motivato o non è in grado di investire un certo sforzo cognitivo gli eventuali
cambiamenti sono risultato del percorso periferico: in questo caso assumono importanza
segnali periferici come status della fonte.

Esperimento: Studenti college ascoltano comunicazione che riporta la necessità di istituire


un esame finale. Le condizioni sono state create incrociando tre variabili:
- conseguenze personali: metà gruppo provvedimento entro un anno. Altra metà tra 10 anni.
- qualità argomenti: metà argomenti convincenti, altra metà debolmente convincenti.
- livello di expertise della fonte: metà fonte esperta, altra metà no.
Motivano il livello di motivazione in termini di rilevanza delle conseguenze personali.
Ipotesi: quando studenti fortemente motivati (esame l’anno prossimo) sarà la qualità degli
argomenti a determinare l’eventuale cambiamento; mentre quando la motivazione è scarsa,
sarà il livello di expertise ad influenzare.
In conclusione la manipolazione della motivazione rende più o meno probabile
l’elaborazione centrale oppure l’affidamento a segnali periferici.
Gli autori concepiscono la quantità di elaborazione come un continuum con agli estremi
i due percorsi. La profondità di elaborazione dipende da motivazione e capacità
individuale di valutare. Più è rilevante più mi sforzo a valutare. Il risultato è la formulazione
di nuovi argomenti a sostegno o contrari. Motivazione e abilità cognitiva sono influenzati da
fattori personali (es. need for cognition: tendenza personale alla ricerca di info) e
situazionali.
Gli autori introducono inoltre una distinzione qualitativa tra elaborazione oggettiva
(processi cognitivi basati sulle info) ed elaborazione distorta (conferma di credenze). I
cambiamenti che derivano dal percorso centrale sono più persistenti.
Abilità cognitiva e motivazione sono contemporaneamente necessarie per avviare
l’elaborazione. Se uno dei due è assente, l’individuo compie semplici associazioni.
Punto chiave modello: mutua esclusione dei due percorsi, o uno o l’altro. Secondo le altre
due autrici non è empiricamente evidente questa esclusione ed è possibile che i due segnali
abbiano effetti congiunti. Altro limite: modello descrittivo e non esplicativo. Supporto teorico
un po debole. Infine a seconda della definizione che si da al coinvolgimento personale si
ottengono risultati diversi, portando a dire che il fattore motivazione ha un’accezione ben più
ampia e può provocare effetti imprevisti.

2- MODELLO EURISTICO-SISTEMATICO

Il modello si applica in situazioni in cui una persona si trova di fronte ad un messaggio che
promuove una posizione diversa dalla propria (o se non ne possiede una) e debba quindi
giudicarne la validità. Questo giudizio può essere raggiunto attraverso due processi:
- Elaborazione sistematica: delle info, il corrispettivo del percorso centrale.
- Euristiche: info più accessibili che non riguardano il contenuto del messaggio e
consentono risparmio di energie. Queste scorciatoie derivano da esperienze ed
osservazioni. Sono regole che agevolano la presa di decisione abbreviando l’elaborazione.
In questo modello non è prevista la possibilità che le due modalità si escludano, dipende dal
bisogno di raggiungere giudizi accurati. Il bisogno aumenta in relazione all’importanza
personale dei valori, degli esiti e in termini di definizione di sè.
Esperimento: studenti esposti a messaggio a cui sono moderatamente contrari. Costruiti due
messaggi: uno con 5 argomentazioni ma fonte spiacevole, l’altro con un’argomentazione ma
fonte piacevole. Viene poi manipolata la motivazione come nell’altro.

Ipotesi: studenti alto coinvolgimento utilizzano elaborazione sistematica quindi


cambiamento in corrispondenza alle 5 ragioni, studenti basso utilizzano euristiche e quindi si
baseranno solo sulla fonte piacevole. I risultati confermano.
Affinchè una persona possa utilizzare regole euristiche sono necessarie alcune condizioni:
- la regola è stata appresa nel corso di esperienze/osservazioni (disponibilità).
- la regola può essere richiamata a memoria (accessibilità).
- la regola deve essere percepita come affidabile.
Motivazione e abilità cognitiva in questo modello non sono condizioni necessarie solo
all’elaborazione, infatti un individuo può raggiungere un giudizio simultaneamente attraverso
entrambi i percorsi (indagine attenta e poi è coerente con una mia euristica→ impatto additivo:
giudizio come risultato sommatorio delle due modalità di elaborazione). Oppure gli effetti
possono essere interdipendenti e l’elaborazione contraddice la mia euristica, qui si possono
avere due esiti: l’elaborazione attenua l’euristica (quella regola ha molte eccezioni) oppure
l’euristica provoca una distorsione nell’analisi. Questa si può verificare se messaggio
contiene info ambigue. A tal proposito esperimento: tre messaggi pubblicitari di confronto
con nuovo modello segreteria e altre due vecchie. Due messaggi a favore del nuovo, uno
con argomentazioni convincenti, l’altro no. Il terzo messaggio è bilanciato ma conclusioni
ambigue. A metà coinvolgimento forte, altra metà debole. Inoltre in un caso la fonte è
attendibile, nell’altro no. Emergono tre condizioni:
1.Info contenute nel messaggio non ambiguo contraddicono la conclusione a cui porterebbe
l’euristica.
2.Info messaggio non ambiguo confermano la conclusione euristica.
3.Messaggio ambiguo e proviene da fonte credibile o non.
La variabile dipendente cruciale è l’atteggiamento nei confronti della nuova
segreteria.
Risultati: nella condizione 1 partecipanti molto coinvolti giudizi favorevoli di fronte ad
argomenti convincenti (elaborazione attenua euristica) e partecipanti non coinvolti giudizio
favorevole a fonte credibile. Condizione 2 partecipanti poco motivati atteggiamenti favorevoli
con fonte credibile e contrario, mentre quelli motivati mostrano effetto additivo,
atteggiamento molto sfavorevole con argomenti deboli e fonte poco credibile e contrario.
Nella terza condizione appare importante anche per i motivati la credibilità della fonte. Gli
autori concludono che gli atteggiamenti dei partecipanti motivati di fronte al messaggio
ambiguo siano prodotto di due effetti: effetto diretto (affermazioni fonte credibile siano più
valide) ed effetto indiretto dell’euristica (interazione elaborazione sistematica ed
euristica). Questo per notare si può arrivare ad un giudizio valido attraverso
un’euristica e ad un giudizio distorto secondo l’elaborazione sistematica.
Le determinanti cognitive dell’uso delle euristiche, quali disponibilità, accessibilità e
affidabilità percepita possono variare in relazione a fattori situazionali, fattori individuali e due
determinanti motivazionali:
- principio del minimo sforzo: bisogno di risparmio cognitivo
- principio di sufficienza:persone attuano sforzo cognitivo fino a raggiungere la soglia
desiderata di sicurezza ritenuta sufficiente in relazione allo scopo. Ogni fattore che fa
aumentare lo sforzo di elaborazione lo fa attraverso l’aumento della soglia di sicurezza
desiderata. L’importanza del compito rende l’individuo più esigente.

L’individuazione di questi fattori rendono questo modello in grado di superare le critiche


mosse all’ELM. Le autrici hanno poi ampliato la teoria sostenendo che il grado di
elaborazione intrapresa dalla persona non dipenda solo dalla sua motivazione
all’accertamento di validità del messaggio, ma da altre due motivazioni:
- motivazione alla difesa: desiderio di formare e sostenere particolari opinioni e non altre;
questo porta ad una forma di elaborazione selettiva finalizzata alla conferma di validità delle
posizioni preferite e alla disconferma di quelle non desiderate.
- motivazione alla gestione dell’impressione: desiderio di esprimere atteggiamenti che
siano socialmente accettabili. Questa emerge in due situazioni: quando le relazioni sociali
vengono percepite come particolarmente importanti e le identità di altri significativi sono
salienti oppure quando le persone sanno di dover comunicare e giustificare le proprie
posizioni. L’elaborazione sistematica ed euristica possono entrambe servire al
raggiungimento di validazione, difesa e accettabilità sociale.

MODELLO DI CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI IMPLICITI - APE MODEL

Sia ELM che il modello euristico sistematico descrivono i processi di cambiamento


dell’atteggiamento inteso come valutazione consapevole di un oggetto. Dal 2000 è stato
proposto il concetto di atteggiamento implicito, ossia quella risposta spontanea, non
mediata dalla riflessione. Un tipo di risposta che può essere rilevata dai tempi di latenza.
Una delle tecniche più utilizzate è lo IAT implicit association test che misura il tempo
impiegato e il numero di errori per categorizzare insieme l’oggetto di atteggiamento e oggetti
connotati in modo decisamente positivo o negativo.
GAWRONSKY E BODENHAUSEN hanno proposto un modello duale che mette in relazione
atteggiamenti impliciti ed espliciti→ Associative Propositional Evaluation. Il cuore del modello
sostiene che atteggiamenti espliciti ed impliciti siano esito di due processi differenti:
processo proposizionale (espliciti) e processo associativo (impliciti). Le associazioni in
memoria fra un oggetto e una connotazione si formano attraverso processi di
condizionamento (quanto più vedo qualcosa in una situa positiva più quella cosa sarà
positiva). Atteggiamento implicito ed esplicito verso lo stesso oggetto non necessariamente
vanno nella stessa direzione. Il problema nasce se la traduzione proposizionale di un una
reazione di pancia (impliciti) contrasta con altre proposizioni salienti e rilevanti (a me
l’insalata mi fa cagare ma questo contrasta con la mia idea sana di dieta). L’individuo per
risolvere l’incoerenza può:
- rifiutare ciò che deriva dalla reazione di pancia (l’insalata non è poi così male. ma
le associazioni in memoria rimangono. Dissociazione tra esplicito ed implicito);
- rifiuto la proposizione o trovo una che le possa conciliare (si può avere una
dieta sana anche senza insalata).
Perciò processo associativo e proposizione interagiscono e si influenzano a vicenda. Nel
caso ad esempio delle proposizioni in forma affermativa (le donne guidano bene) e in forma
negativa (non è vero che le donne guidano male) rafforza l’associazione negativa donne-
guidano male.
Cambiamenti proposizionali che avvengono attraverso la comunicazione persuasiva
possono dare vita a nuove associazioni. (frutta fa bene, neri jazzisti o sportivi). è importante
se si desidera provocare un cambiamento che si riflette sul comportamento, occorre avere
come bersaglio entrambi i livelli.
Le valutazioni implicite sono molto sensibili al contesto quindi non sempre sono più durature
rispetto alle esplicite. A parità di contesto sono più stabili le implicite.
L’APE model quindi prevede due sistemi: uno inconscio, spontaneo, associativo, rapido e
uno proposizionale, riflessivo, razionale. I due sistemi non differenziano i tipi di informazioni
(ELM) ma si caratterizzano per i processi attraverso i quali gli individui arrivano ad
atteggiamenti impliciti vs espliciti. Anche in questo caso la motivazione gioca un ruolo
cruciale. Con alta motivazione, la correlazione tra atteggiamento esplicito ed implicito
è più bassa, perchè si prendono in considerazione molte più informazioni.
I due modelli presentano entrambi due percorsi, uno dei quali è identico. La differenza sta
nel punto mutua esclusione vs indipendenza e interdipendenza dei due percorsi. Altro punto
in comune è che i cambiamenti risultanti dall’elaborazione sistematica sono più duraturi.
KRUGLANSKY propone una concettualizzazione del processo di cambiamento degli
atteggiamenti in TERMINI UNIMODALI. Il processo è unico, varia per durata in relazione
alle condizioni in cui si trova il ricevente e si applica allo stesso modo a qualsiasi tipo di info
il ricevente giudichi rilevante. Il cambiamento degli atteggiamenti è l’esito di un processo che
risponde alle stesse regole di qualsiasi altro processo epistemico di formazione dei giudizi.
Di fronte ad un messaggio il ricevente raccoglie info (prove rilevanti: cosa è stato detto, chi,
come, quando) per farsi un giudizio. Non ci sono info periferiche o che, ogni info può essere
rilevante, dipende dal quadro in cui viene inserita dal ricevente. La durata del processo di
elaborazione (quante ipotesi il ricevente vuole testare) dipende da motivazione personale e
abilità cognitiva, distinta tra: aspetti software (disponibilità e accessibilità in memoria,
credenze che formano la premessa maggiore nel silogismo) e aspetti hardware (allerta,
energia cognitiva disponibile in relazione al carico cognitivo). Solo gli aspetti di hardware
influenzano l’estensione del processo di elaborazione.
In sintesi: i principali parametri che determinano la durata e la direzione del processo di
elaborazione delle info nel modello unimodale sono: rilevanza soggettiva delle info
disponibili nella comunicazione, la complessità del processo di elaborazione (data
dalla complessità del messaggio in relazione alle competenze del ricevente), le motivazioni
del ricevente, l’abilità cognitiva momentanea (allerta, distrazione).
Indipendentemente dalla natura specifica dell’informazione (centrale o periferica)
quando questa è complessa risulta più persuasiva fra i riceventi più motivati, mentre
quando è semplice risulta più persuasiva tra i meno motivati. Una comunicazione con
buoni argomenti e complessa, esercita impatto maggiore su riceventi dotati di forte
abilità cognitiva, mentre comunicazione semplice produce impatto maggiore su
riceventi con scarsa abilità cognitiva.

La razionalità ecologica di una regola di ragionamento fa riferimento alla percezione di


validità in quel dato contesto, cioè quale regola porterà all’esito più accurato in un dato
contesto. La regola appropriata viene scelta in due fasi: prima fase si ha un insieme di
regole (più costa più è buono, se conosciuto più buono); seconda fase scelta della regola da
applicare in base al criterio facilità/difficoltà nell’applicazione al contesto specifico. Quindi
alla fine il potenziale di elaborazione (capacità attentiva e motivazione all’elaborazione) e la
percezione di razionalità ecologica definiscono quale regola applicare.
Secondo Kruglansky non ci sono regole facili o difficili la difficoltà è relativa al contesto.
In condizione di alto potenziale di elaborazione, le persone scelgono la regola più
ecologicamente razionale, quando è basso, la regola più semplice.

CAP 2 - IL MESSAGGIO

Il messaggio finalizzato a persuadere può essere organizzato in modo tale da potenziarne


l’efficacia. Per mera esposizione si intende una condizione in cui viene semplicemente reso
accessibile uno stimolo alla percezione di un individuo. Siamo fuori dall’ambito comunicativo. Non si
tratta di ripetizione delle info contenute ma ripetizione dell’esposizione all’oggetto stesso.
Esperimenti→ atteggiamenti più positivi verso stimolo all’aumentare della frequenza di esposizione.
Prima interpretazione: reazione di paura, evitamento provocato da nuovi stimoli. Attraverso lo studio
di diverse situazioni emergono caratteristiche:
- caratteristiche dello stimolo: (parole, foto, oggetti reali, disegni) l’effetto emerge in tutti
tranne che per i disegni. Effetto più forte in stimoli complessi.
- presentazione degli stimoli: dopo un certo numero di esposizioni l’atteggiamento positivo
aumenta in modo moderato. Effetto più forte in sequenze eterogenee. Esposizioni inferiori
ad un secondo hanno effetto più forte.
- misurazione delle variabili: l’influenza della frequenza di esposizione è più forte se la
rilevazione viene effettuata non immediatamente.
- variabili relative ai partecipanti: partecipanti con alti punteggi in bisogno di approvazione,
sensation seeking, tolleranza per l’ambiguità e ansia manifesta sono più sensibili all’effetto.
Per i bambini più si aumenta l’esposizione più il giudizio diventa negativo.
La noia limita la portata dell’effetto.
Questo effetto è un meccanismo caldo, cioè completamente estraneo a processi di tipo
cognitivo.

Il programma di ricerca di Yale ha offerto numerosi risultati sugli effetti dei messaggi
persuasivi. Esso parte da alcuni assunti fondamentali: quando un individuo viene esposto ad
una comunicazione ed ad accettare una nuova opinione egli compie una esperienza di
apprendimento. Gli autori differenziano opinioni (interpretazioni, aspettative risposte
verbali situazione-stimolo) e atteggiamenti (consentono di avvicinare o evitare un oggetto).
Gli atteggiamenti sono mediati da credenze e giudizi verbali, perciò per provocare un
cambiamento in questi, bisogna agire su queste risposte verbali. Le opinioni invece
persistono fino a che l’individuo non farà nuove esperienze di apprendimento. Altro assunto
è che per accettare una nuova risposta servono sempre incentivi o punizioni.
Organizzazione contenuto di un messaggio affinchè esso sia persuasivo:
- Conclusione: la conclusione esplicita può essere meno efficace quando i riceventi sono
molto intelligenti. Un esempio è l’uso di uno slogan.
- Argomentazione (unilaterale,solo una tesi, o bilaterale): esperimento militari, durata
guerra→ tra coloro che partivano da un’opinione molto diversa da quella sostenuta nel messaggio, la
versione bilaterale provoca maggiori cambiamenti di opinione. Tra i militari che prevedevano
la lunga durata, il messaggio unilaterale provoca opinioni più rafforzate. Il livello di scolarità
conta. Teoria della vaccinazione: se l’individuo ha già affrontato argomenti contro
persuasivi sarà maggiormente in grado di sviluppare resistenza e conservare i cambiamenti
di atteggiamento sviluppati in precedenza.
- Ordine di presentazione: effetti primacy (funziona di più se i messaggi vengono ascoltati
uno dopo l’altro, funge da schema) e recency (funziona se la registrazione avviene subito
oppure dopo un lungo intervallo). Quindi argomenti più convincenti all’inizio e alla fine.
- La vividezza: definita in termini di concretezza, capacità di interessare sul piano emotivo,
di provocare immagini e di essere percepita vicina in senso spaziale, temporale e
sensoriale. Legame debole tra il grado di vividezza dell’info ed il suo impatto sul
giudizio. Il messaggio pallido risulta più persuasivo, quando l’attenzione è libera
l’impatto è superiore. Quando le immagini provocate dal messaggio vivido sono molto
congruenti con la posizione in esso sostenuta si osserva un effetto facilitatore
dell’elaborazione.
Effetti del canale di comunicazione:
L’effetto del canale di comunicazione sulla persuasione sia mediato dalla facilitazione o
interferenza che la presentazione provoca sulla comprensione dei contenuti che questo
veicola. Comprensione e piacevolezza mediano l’effetto canale di comunicazione.
esperimento: messaggio facile più accordo se in forma video. Audio più accordi rispetto a
scritto. Messaggio tecnico più accordo se scritto.
Modalità video e audio con la comunicazione non verbale rendono la fonte più saliente.
Fonte con caratteristiche poco piacevoli è invece più persuasiva se scritta.
Il ricorso alla paura: (NON C’è NELLA VERSIONE TERZA)
quando la persuasione ha come obiettivo quello di indurre pratiche di vita sane una strategia
è quella dell’attivazione di paura. L’inclusione di istruzioni esplicite sui comportamenti
alternativi rende queste comunicazioni più efficaci.
Esperimento info denti: i riceventi della comunicazione con debole richiamo alla paura
sono quelli che riportano di avere maggiormente cambiato il proprio comportamento
nel senso raccomandato. In ogni caso è la tensione emotiva provocata ad avere un
ruolo di drive nel cambiamento del comportamento.
L’appello alla paura crea tensione→ la raccomandazione rassicurante la riduce→ si rafforza la
risposta adattiva. Quindi se è troppa paura non va bene perchè subentrano tutti schemi
difensivi. Perciò la relazione induzione di paura ed effetto persuasivo è curvilineare:
aumento la tensione aumenta il cambiamento provocato ma fino ad un punto ottimale, oltre
al quale avviene l’inverso. Limiti: assunzione della paura come mediatore dell’accettazione;
paura come concetto unitario; non descrive bene; relazioni inaccurate; ignora problemi
misurazione paura;
Modello risposte parallele: la paura non causa l’effetto persuasivo, ma è semplicemente associata
ad esso in forma parallela. La comunicazione persuasiva provoca l’avviarsi di due processi paralleli→
controllo del pericolo (processo di tipo problem solving dove avviene l’analisi dei costi e
benefici, guidato dalle info) e controllo della paura (processo guidato da emozioni). I due
processi sono indipendenti. L’individuo mette in atto comportamenti adattivi perchè
riconosce il pericolo come qualcosa da evitare. Il pericolo è una caratteristica intrinseca
all’oggetto non alla paura. I comportamenti adattivi possono essere attivati anche senza la
paura. La paura e il processo comportamentale interagiscono in quanto la prima varia
in associazione con l’intensità percepita del pericolo. è la conoscenza che media
l’emozione e non viceversa.
ROGERS: Teoria della motivazione alla protezione: una persona è motivata ad attuare
comportamenti di protezione quando percepisce il problema come grave, si sente
vulnerabile rispetto ad esso, percepisce i comportamenti raccomandati come efficaci e si
percepisce in grado di attuarli. La stessa motivazione diminuisce in relazione ai costi legati
alle risposte adattive e alle ricompense di quelle non adattive.

Gli effetti del frame:


Le scelte di frame, o di inquadramento della posizione che si intende sostenere perchè
risalti nella luce migliore e più convincente, sono quelle operazioni come sottolineare
vantaggi, fare appello alla paura ecc. Le varie forme di manipolazione del frame arrivano a
produrre delle differenze significative nell’impatto che la comunicazione esercita sul
ricevente. Gli effetti sono stati analizzati in ambito di prevenzione e in politica.
Teoria del prospetto: perdite e guadagni non sono facce simmetriche della stessa
medaglia, una data perdita induce maggior dispiacere di quanto un pari guadagno procuri
piacere e ciò influenza ciò che siamo disposti a fare per evitare potenziali perdite.Il
messaggio con frame di perdita induce un atteggiamento più favorevole e una
maggior intenzione di metterlo in atto, rispetto ad un frame di guadagno. In politica
l’effetto frame è più forte in quelli più politicamente competenti. Quando un ricevente si pone
a favore di un candidato usa un frame positivo mentre quando è oppositore usa un frame
negativo, il frame negativo lo rende più resistente alla persuasione rispetto ad uno
negativo.
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CAP 3 - LA FONTE
I fattori studiati sulla fonte sono stati categorizzati in tre classi: credibilità, attrazione, potere.
Una fonte credibile provoca un cambiamento in termini di internalizzazione
(integrazione nuova opinione nel sistema di credenze). Una fonte attraente porta ad un
processo di identificazione (cambiamento motivato dal desiderio di stabilire una relazione
gratificante con la fonte o comunque sentirsi psicologicamente vicino). Una fonte dotata di
potere raggiunge effetti di condiscendenza (cambiamento superficiale è ricondotto ad un
riconoscimento di ricompense e punizioni di cui la fonte ha il controllo).
Credibilità→ caratteristica attribuita alla fonte quando si suppone abbia una conoscenza
approfondita di un dato tema e sia affidabile in quanto dice la verità sul tema in questione.
La caratteristica credibilità della fonte influisce sulla motivazione all’accettazione dei
contenuti nell’immediato. Se passa il tempo non ricordano bene fonte e argomenti e si
focalizzano solo su questi ultimi (sleeper effect)
Se la fonte sostiene una posizione diversa da quella attesa e contro i propri interessi essa
acquisirà un forte potere persuasivo. (un libero professionista tra amic che auspica maggiori
controlli fiscali sarà visto di buon occhio rispetto allo stesso che fa uno spot in televisione
sull’importanza di fare la dichiarazione dei redditi).
Il potere dell’aspetto→ la bellezza è una caratteristica molto saliente. Alcune caratteristiche
fisiche influiscono maggiormente: adulti con viso caratteristico di bambini sono percepite più
oneste, ingenue e gentili. Non solo caratteristiche fisiche ma anche di stile, quanto seguono
la moda in relazione ai modelli culturali.
Lo stile di comunicazione non verbale→ la fonte di una comunicazione persuasiva può aumentare il
suo effetto attraverso lo stile, tutto il non verbale. Ad esempio la rapidità e fluidità con cui viene dato
un messaggio. Volume moderato, postura rilassata, volto sorridente. Breve contatto tattile→ buona
impressione.
La somiglianza e la condivisione sociale: somiglianza e appartenenza sociale giocano
ruoli importanti. Il messaggio è più persuasivo quando il ricevente percepisce la fonte più
vicina e simile a sè. Questo è dovuto a due processi: La somiglianza si traduce in attrazione,
la somiglianza la sposto anche su altre credenze e diventi più accettabile. Ricerche in group
out group: messaggi in group sono più persuasivi.
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CAP 4 - IL RICEVENTE

Si sono sviluppate due teorie fondamentali riguardanti il processo di elaborazione che può
sfociare nel cambiamento atteso:

1. Paradigma dell’elaborazione dell’informazione (McGuire)


Prima interpretazione della persuasione in termini di processo cognitivo di elaborazione
delle informazioni. Secondo l’autore c’è un processo a sei fasi: presentazione del
messaggio, attenzione, comprensione dei contenuti, accettazione della posizione sostenuta
da questo, memorizzazione della nuova opinione, comportamento. Secondo questo
paradigma, la comunicazione persuasiva esercita un impatto sul ricevente se ciascuna
delle sei fasi si svolge senza interruzioni.
L’idea è stata tradotta in termini matematici, in modo da poter prevedere il cambiamento di
atteggiamento a partire dalla probabilità che si verifichi ogni passaggio. La probabilità di
attuazione di ogni passaggio è proporzionale alla probabilità congiunta che si
verifichino tutti i passaggi precedenti.
A livello laboratoriale è molto difficile scindere le diverse fasi, perciò il modello è stato testato
nella forma semplificata a due fasi ricezione (attenzione e comprensione) e accettazione.
Pi = Pr x Pa → la probabilità di essere influenzati dal messaggio persuasivo Pi è uguale al prodotto
delle probabilità di ricevere adegatamente il messaggio Pr per le probabilità di accettarne le
conclusioni Pa.
Anche in questo caso il contesto gioca ruolo chiave.

2. Approccio della risposta cognitiva (Petty, Ostron, Brock)


gli autori propongono che l’impatto persuasivo sia determinato dalla natura delle risposte
cognitive che il ricevente formula quando anticipa, riceve o riflette su una comunicazione.
Vedono il ricevente come attivo. Il fattore cruciale diviene l’interpretazione dei contenuti.
Subentra quindi la variabile soggettiva. Il ricevente mette in relazione l’informazione
contenuta nel messaggio con le credenze che egli possiede relativamente alla questione.
Non è una semplice ripetizione interiore dei contenuti ma una rielaborazione, il cui risultato
sarà il fattore che media l’effetto persuasivo. In sintesi, le cognizioni generate in risposta al
messaggio persuasivo determinerebbero sia la direzione sia l’ampiezza del cambiamento di
opinione. In questo ambito quindi la ricerca si impegna ad individuare i fattori che
favoriscono o inibiscono, dal punto di vista quantitativo, l’attività cognitiva di risposta e i
fattori che ne influenzano la direzione rispetto alla posizione sostenuta nel messaggio. Per
fare ciò hanno sviluppato la tecnica della lista dei pensieri: ti presento un messaggio,
rilevo l’atteggiamento e poi ti chiedo di farmi na lista di pensieri che ti son venuti in mente.
Questa lista viene poi divisa in favorevole sfavorevole al contenuto del messaggio.
Fattori di distrazione presenti nella situazione persuasiva possono facilitare
l’accettazione di una comunicazione controattitudinale. Per McGuire sarebbe
impossibile. Gli autori sostengono invece che è perchè viene impedita una
controargomentazione.
Le differenze individuali:
Intelligenza e autostima→ Secondo il primo modello teorico, McGuire sostiene che
intelligenza e autostima agiscono in modo opposto sulla ricezione e sull’accettazione. Infatti,
una persona intelligente è maggiormente in grado di capire il messaggio rispetto ad una
meno (relazione positiva tra intelligenza e ricezione), ma sarà anche meno propensa ad
accettarne le conclusioni acriticamente rispetto a quest’ultima (relazione negativa tra
intelligenza e accettazione). Se però il messaggio è semplice, l’importanza del fattore
ricezione diminuisce e abbiamo solo l’intelligenza correlata negativamente con
l’accettazione.
Allo stesso modo una persona con alta stima si sè è più disposta a prestare attenzione al
messaggio rispetto ad una con bassa autostima, ma sarà meno influenzata perchè salda
sulle sue posizioni. Questa ipotesi è traducibile sul piano come una curva a forma di U
rovesciata. Ad alti gradi di autostima e intelligenza si otterranno effetti persuasivi modesti,
ma anche a bassi livelli (proprio perchè manco lo capisco il messaggio). Buoni livelli
persuasivi si avranno a livelli intermedi di intelligenza e autostima.
Secondo l’ottica della risposta cognitiva, l’effetto intelligenza e autostima prevede che una
persona intelligente e con alta autostima sia più in grado di controargomentare, ciò si
traduce quindi sul piano in forma di relazione lineare negativa.
Il genere→ Le donne sono considerate più facilmente influenzabili degli uomini. Da una
rassegna di ricerche emerge invece che non ci sono differenze di genere nella persuasione
ma solo negli studi sulla conformità. Alcune teorie sociologiche si rifanno a concetti di ruolo
di genere, laddove la donna è vista come dipendente e arrendevole (ma che cazzo di merda
sto leggendo). Gli uomini spesso esercitano influenza normativa, ovvero l’influenza dovuta
al riconoscimento da parte dei subordinati dell’autorità detenuta dal superiore in una
gerarchia. Una teoria sostiene che il potere di indurre condiscendenza è un prodotto dello
status.
Personalità e persuasione→ i riceventi possono reagire in modo diverso alla persuasione in
relazione alle loro propensioni individuali. Per classificare i possibili riceventi è stata
utilizzata la teoria dei Big Five, (coscienziosità, amichevolezza, apertura all’esperienza,
nevroticismo, estroversione/introversione). Dai risultati non emerge nessuna tendenza
sistematica di influenza. Ma cosa succede se vengono confezionati appelli persuasivi su
misura? Cioè lo stesso messaggio può risultare più o meno interessante a seconda che si
enfatizzano aspetti salienti per la personalità dell’individuo? Esperimento: cinque versioni
messaggio pubblicitario telefono, ogni messaggio era declinato in modo da poter rispondere
agli orientamenti di personalità. Si tratta dunque di una variazione di frame del messaggio.
I risultati mostrano corrispondenza tra frame e personalità

Caratteristiche strutturali degli atteggiamenti bersaglio:


La vulnerabilità del singolo atteggiamento agli appelli persuasivi dipende dalle caratteristiche
che assume la relativa struttura cognitiva nella memoria dell’individuo, in particolare dalla
forza dell’atteggiamento. La forza dell’atteggiamento è una caratteristica strutturale
generale che include diversi aspetti: un atteggiamento si può definire forte quando è
durevole e provoca un impatto. La durevolezza riguarda sia la persistenza nel tempo e la
resistenza (nell’eventualità ci siano tentativi di cambiamento); l’impatto è l’influenza che
l’atteggiamento esercita sui processi di elaborazione delle informazioni e sul
comportamento.
Gli atteggiamenti più deboli sono dunque i più influenzabili. Ne deriva che ogni attributo
attitudinale che contribuisce a rafforzare l’atteggiamento, contribuisce a rendere meno
probabile il successo della comunicazione persuasiva. Tali attributi possono essere:
1. aspetti intrinseci all’atteggiamento (es. estremismo, ambivalenza);
2. aspetti che riguardano la struttura cognitiva nella memoria (es. accessibilità);
3. credenze soggettive (es. importanza personale attribuita);
4. modalità attraverso le quali l’atteggiamento si è formato (es. esperienza diretta o non);
Gli atteggiamenti estremi risultano più forti, sono più predittivi del comportamento e più
resistenti a tentativi di influenza.
L’ambivalenza attitudinale è definita come la coesistenza fra valutazioni positive e negative
nell’atteggiamento che una persona ha nei confronti di un oggetto. Si sostiene una grande
resistenza di questi poichè insiti in loro ci sono già le posizioni che vengono veicolate dal
messaggio. Alcuni studi portano elementi di sostegno all’ipotesi della flessibilità adattiva
assicurata dall’ambivalenza: di fronte ad un messaggio persuasivo di tipo normativo (da un
sondaggio emerge che la maggioranza…) le persone ambivalenti cambiano il proprio
atteggiamento sulle dimensioni esplicitamente citate nel messaggio, mentre non le
modificano su aspetti a esse associate ma non esplicitate. Le persone poco ambivalenti si
comportano all’opposto. L’ambivalenza consentirebbe di esprimere diverse connotazioni
senza avviare un vero e proprio cambiamento.
L’accessibilità, facilità di richiamo alla memoria della valutazione dell’oggetto, il fatto di
possedere atteggiamenti accessibili rende le persone più impermeabili alle nuove
informazioni e soprattutto a quelle non congruenti con la propria struttura cognitiva.
Teoria del giudizio sociale: l’atteggiamento può essere concepito come la posizione che
una data persona detiene su un continuum di valutazione che va da estremamente
favorevole a estremamente sfavorevole rispetto ad un oggetto. Il continuum è costituito da
tre zone: zona di accettazione, zona di rifiuto e zona di non impegno, parte occupata da
opinioni con le quali l’individuo non si trova ne in accordo ne in disaccordo. L’ampiezza delle
zone varia dall’interesse personale nei confronti dell’oggetto. L’ampiezza della zona di
accettazione non è correlata al grado di coinvolgimento (o motivazione) personale.
L’individuo colloca il proprio atteggiamento in un punto preciso del continuum a mò di
ancora, per situare le info rilevanti incontrate successivamente. Opinioni vicine al proprio
atteggiamento vengono assimilate (se su confine della zona accettazione e non impegno) e
invece contrastate (se su confine zona rifiuta e non impegno). L’effetto assimilazione ha un
cambiamento nella direzione attesa, l’effetto contrasto ha l’effetto boomerang. Il
cambiamento avviene solo quando subentra l’effetto assimilazione. Inoltre la rilevanza
personale attribuita all’oggetto di atteggiamento rende più forti gli effetti
assimilazione/contrasto.
Il ruolo dell’umore→ lo stato contingente del ricevente può predisporlo a essere più o meno
vulnerabile ai richiami persuasivi.
1.Diverse ricerche sono state condotte nel quadro dell’ELM e hanno considerato lo stato
d’animo come fattore in grado di influenzare la profondità di elaborazione che il
ricevente è disposto ad affrontare.
Esperimento: i partecipanti di umore neutro cambiano atteggiamento con messaggio con
argormento convincente, quelli con umore positivo cambiano in entrambe le condizioni, ciò
fa supporre che l’umore positivo porti ad una minor elaborazione dei contenuti. Altri studi
riportano come non l’umore non agisca direttamente sull’atteggiamento ma sull’elaborazione
dei contenuti che portano a nuovi atteggiamenti.
Da tenere sempre conto della motivazione, le persone di umore positivo sono motivate ad
evitare messaggi potenzialmente minacciosi. L’umore può però influire sulla capacità
cognitiva. La presenza di pensieri positivi nella memoria operativa non permette spazio
all’elaborazione. Se è vero che l’umore negativo porta ad una maggior analisi, è anche vero
che se troppo negativo come in casi di depressione potrebbe invece verificarsi un blocco.
2.Ottica diversa sono gli studi che assumono il modello APE: l’obiettivo conoscitivo è quello
di cogliere gli effetti della comicità nelle pubblicità. Prodotto associato a stimolo divertente ha
probabilità di sviluppare atteggiamenti impliciti positivi. L’attenzione non è focalizzata sul prodotto
ma sulla scena comica.
Comicità di uno spot→ violazione aspettative: 1. distrazione dell’attenzione del prodotto, che ostacola
le associazioni negative con il prodotto; 2. emozioni positive, che facilitano le associazioni positive
con il prodotto→ facilita la scelta del prodotto.

Effetto della corrispondenza (matching effect) → la comunicazione persuasiva, per essere


veramente tale, deve incontrare le caratteristiche strutturali e funzionali degli atteggiamenti
bersaglio. Si parla di matching effect, per indicare l’influenza che si esercita nella
condizione in cui la comunicazione persuasiva faccia leva sugli elementi specifici che
caratterizzano l’atteggiamento relativo. Questo sul piano funzionale e strutturale.
L’effetto di corrispondenza funzionale: i tentativi di persuasione saranno tanto più efficaci
quanto più il messaggio fa leva sulla funzione prevalentemente assolta da quel dato atteggiamento per
l’individuo. (esempi funzioni: conoscenza→ semplificare e orientare le interazioni con l’ambiente;
funzione strumentale→ promuovere interessi del sè; funzione espressiva→ esprimere e veicolare
un’immagine del sè adeguata; funzione di adattamento sociale→ esprimere appartenenze sociali e
somiglianze).
Esperimento automonitoraggio (basso: comportamento riflette la mia natura, indipendente dal
contesto, quindi atteggiamenti con funzione espressiva dei valori. Alto: sentirsi adeguate alla
situazione, seguono norme implicite contestuali nelle relazioni interpersonali, quindi atteggiamenti
con funzione di adattamento sociale): risultati, cambiamenti di atteggiamenti laddove corrispondenza
tra tipo di messaggio e tipo di funzione prevalente. Il messaggio funzionalmente corrispondente
risulta più persuasivo poichè può influenzare sia il modo in cui si analizzano le argomentazioni sia la
profondità d’analisi (visto positivo, convincente).
L’effetto di corrispondenza strutturale: una comunicazione persuasiva basata su
elementi cognitivi vs emotivi risulterà più efficace sulla componente attitudinale
corrispondente rispetto a quella non. Quando l’atteggiamento è prevalentemente basato su
una delle due componenti, sarà più facilmente modificabile attraverso il messaggio
corrispondente. Gli atteggiamenti classificati a base emotiva si hanno quando la valutazione
globale che li esprime è molto vicina alla connotazione che deriva dalla componente
emotiva, e così per quelli a base cognitiva. Questa distinzione è stata applicata anche ai
messaggi persuasivi, un messaggio infatti può fare appello alle reazioni emotive (il traffico
infastidisce, X rende felici) oppure alle caratteristiche dell’oggetto.
esperimento animale marino fittizio: il messaggio di tipo emotivo provoca più cambiamenti
negli atteggiamenti a base emotiva che negli atteggiamenti a base cognitiva, ma l’effetto non
si rileva nel messaggio di tipo cognitivo.

CAP 5 - PENSO DUNQUE AGISCO?

Il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti diventa uno dei maggiori campi di


interesse. Si avvia la fase quando in cui la domanda non è più se esiste una relazione, ma a
quali condizioni si evidenzia la relazione di coerenza fra i due fattori. Le basse correlazioni
vengono attribuite a due problemi: metodologie impiegate nella misurazione e nella
rilevazione dei dati e l’esistenza di variabili moderatrici che intervengono nella relazione.
Il problema metodologico: si chiede di esprimere atteggiamenti generali per osservare un
comportamento specifico. Si richiama ad una necessità di principio di compatibilità,
secondo il quale gli indicatori di atteggiamento e di comportamento sono compatibili quando
rilevati allo stesso livello di specificità.
Le variabili moderatrici: possono predire il comportamento in modo significativo
atteggiamenti stabili, accessibili, formati per esperienza diretta, espressi dall’individuo a un
buon livello di sicurezza, coerenti nelle componenti affettiva e cognitiva.

TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA: la causa più prossima del comportamento è


l’intenzione soggettiva ad intraprenderlo. L’intenzione riguarda la pianificazione
consapevole di uno sforzo. Essa è determinata da: atteggiamento verso quel dato
comportamento (determinato da credenze comportamentali) e le norme soggettive
(determinate da credenze normative), che sono la percezione di altri significativi.
Credenze circa le conseguenze→ atteggiamento (valutazione del comportamento)
Credenze circa le norme sociali→ Percezione delle aspettative degli altri significativi
Entrambe portano all’intenzione → comportamento.
Gli autori distinguono la componente affettiva (atteggiamento) e la componente cognitiva
(credenza). Le credenze riguardano le info che la persona possiede riguardo l’oggetto.
Uniscono un attributo ad un oggetto secondo una probabilità soggettivamente stimata. Gli
atteggiamenti derivano dalla valutazione della relazione oggetto/attributo. L’atteggiamento è
derivato dall’insieme delle credenze comportamentali, cioè dall’insieme delle conseguenze
previste dall’individuo relativamente alla messa in atto di quel comportamento, insieme alla
valutazione che attribuisce ad ogni conseguenza. Il cambiamento di comportamento
secondo questa teoria si verifica quando si modificano le credenze che ne stanno alla base,
o attraverso esperienza diretta o attraverso una comunicazione persuasiva.
La teoria intende rendere conto del processo che avviene nel caso di comportamento
volontario, assumendo che nella maggior parte dei casi i comportamenti sono così. Ne
emerge un individuo volitivo e coerente con le proprie intenzioni. Il modello esclude i
comportamenti abituali, routinari e compulsivi, al di fuori di un controllo totalmente volitivo.
Limiti e criticità: atteggiamenti solo come valutazione di comportamento. Infatti non è
atteggiamento verso l’oggetto. In più si nota che non sempre si ha la profonda elaborazione
cognitiva, talvolta gli atteggiamenti verso un comportamento sono richiamati in memoria
senza sforzo.

TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO: la precedente spiegava i comportamenti


volontari. ma per quelli che non sono sotto il pieno controllo individuale?
Il livello di controllo sui comportamenti è concepito come un continuum con agli estremi
comportamenti pienamente controllati, e comportamenti con controllo nullo. Il livello di
controllo sulle azioni è influenzato da una serie di fattori personali (info, abilità, emozioni) e
situazionali (opportunità e dipendenza da altri). L’attuazione di molti comportamenti è vista
dall’autore come uno scopo il cui raggiungimento presuppone un certo grado di incertezza.
Rispetto all’altra teoria, la teoria del comportamento pianificato, inserisce la percezione del
controllo sull’azione. L’intenzione soggettiva è determinata dall’atteggiamento verso il
comportamento, le norme soggettive, la percezione di controllo comportamentale.
Quest’ultimo può riflettere le esperienze passate dell’individuo così come le aspettative sugli
impedimenti ed ostacoli. Esso ha implicazioni motivazionali sulle intenzioni ma è correlato
anche in modo diretto al comportamento. Quando la persona percepisce di avere il pieno
controllo su un’azione, il processo coincide con quello dell’azione ragionata.

MODELLO A DUE VIE: IL MODE


per tenere conto simultaneamente di comportamenti intenzionali e automatici, FAZIO
propone questo modello, Motivation and Opportunity as DEterminants. Si basa sull’assunto
che la motivazione personale inneschi processi cognitivi di natura differenziata.
L’atteggiamento è visto come costrutto con funzione di orientare le persone a interpretare e
definire le situazioni. La struttura cognitiva degli atteggiamenti è costituita dal legame in
memoria fra la rappresentazione e una valutazione. L’accessibilità dell’atteggiamento si
riferisce alla facilità o difficoltà di richiamare dalla memoria questo legame quando l’attore
sociale si trova di fronte l’oggetto. Sia atteggiamenti, che norme sociali, variano su un
continuum che va da non disponibile ad altamente accessibile. Atteggiamenti e norme molto
accessibili si attivano automaticamente e influenzano la percezione ed il comportamento
stesso. Motivazione e opportunità sono i fattori critici che determinano se l’individuo subirà
influenza o si impegnerà in un processo di presa di decisione più consapevole. In sintesi il
MODE distingue fra processi che richiedono alto o basso sforzo cognitivo. Quando
l’individuo ha l’opportunità e la motivazione necessaria per adottare un processo
deliberativo, tale processo sarà quello previsto dalla teoria del comportamento
pianificato, includendo quindi considerazioni sia sull’oggetto (atteggiamenti) sia sulle
aspettative degli altri significativi (norme sociali). Secondo questo modello gli
atteggiamenti sono sempre associazioni in memoria fra un oggetto e la sua valutazione, ma
varia la forza di questa associazione.

Ruolo dell’esperienza diretta→ sono state rilevate correlazioni fra atteggiamento e


comportamento maggiori quando il primo deriva dall’esperienza diretta. L’esperienza diretta
fornisce più informazioni e quindi gli atteggiamenti che ne derivano risultano più robusti e
chiari.
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CAP 6 - AGISCO DUNQUE PENSO

Qui si parte dai comportamenti per agire sugli atteggiamenti: il suo antecedente più diretto è
il role playing. Chiedere alle persone di immaginare una determinata situazioni e di
comportarsi come se effettivamente loro stesse avessero un ruolo nella situazione.
L’assunzione di un ruolo è risultata particolarmente utile in quest’ambito di studi.
L’efficacia di questa tecnica è riconducibile al fatto che essa costringe ogni partecipante alla
ricerca attiva nel proprio repertorio di conoscenze di cognizioni coerenti con la posizione che
deve sostenere. Si avvia quindi un processo di autopersuasione in cui l’individuo cerca
argomenti a sostegno della posizione che gli è stata indicata.
Un’altra spiegazione sulla efficacia è data dalla teoria della dissonanza cognitiva tra il
proprio comportamento e il proprio atteggiamento. Ripetiamo al fly la teoria: l’individuo tende
alla coerenza con sè stesso. Conoscenze, opinioni e credenze sono le cognizioni, e
l’obiettivo risulta essere l’equilibrio tra cognizioni e situazione. Si sostiene che la dissonanza
generi una sorta di attivazione emotiva (arousal) di disagio che spinge l’individuo a cercare
di ristabilire la coerenza, modificando l’elemento resistente del sistema. Quindi o cambia il
comportamento/atteggiamento, o cambia la cognizione sull’ambiente (info), o cercare nuovi
elementi cognitivi (nuove info). La teoria di FESTINGER prevede che attraverso un processo
di esposizione selettiva a info consonanti rispetto alla propria scelta, l’alternativa attualizzata
venga considerata in seguito sempre più positiva, mentre quelle scartate vengono svalutate.
Se un individuo viene indotto a mettere in atto un comportamento che non corrisponde al
proprio atteggiamento relativo, sperimenta dissonanza che lo motiva a cambiare l’elemento
meno resistente. In questo caso il comportamento già attuato non può essere modificato,
quindi è più semplice cambiare l’atteggiamento relativo.
Esperimento valutare compito noioso come divertente. 1 o 20 dollari. Quelli che hanno
ricevuto 1 classificavano il compito molto più divertente.
Il cambiamento di atteggiamento risulta massimo quando la ricompensa esterna è
appena sufficiente per ottenere la condiscendenza alla attuazione del comportamento
controattitudinale, ma non abbastanza elevata per giustificarlo.
Il role playing può essere quindi letto come: l’individuo viene indotto a recitare un ruolo
diverso da quello che normalmente assume (controattitudinale) senza una ragione precisa.
Quando crea una situazione di dissonanza che si risolve nel momento in cui egli modifica
l’atteggiamento in modo coerente con il comportamento che mostrato.
I cambiamenti di atteggiamento prodotti dalla dissonanza cognitiva si sono dimostrati
molto forti e nettamente superiori a quelli ottenuti attraverso la comunicazione
persuasiva, a causa del fatto che l’attivazione indotta dalla dissonanza ha alla base il
coinvolgimento personale. La riduzione della dissonanza è una forma di
autogiustificazione.
Si avanza l’ipotesi che il fatto di attuare un comportamento osservato o osservabile
dall’esterno impegna l’individuo alla coerenza con sè stesso. L’impegno rispetto a uno degli
elementi dissonanti rende questo più resistente al cambiamento, facendo risultare più
probabile il cambiamento dell’altro elemento, quello cognitivo.
I cambiamenti in ogni caso si ottengono quando il comportamento controattitudinale messo
in atto dall’attore sociale produce conseguenze non desiderabili. L’individuo inoltre deve
sentirsi personalmente responsabile di queste conseguenze e che le conseguenze fossero
prevedibili e subentrare la libera scelta.
La persona mette in atto un comportamento controattitudinale; stabilisce quali conseguenze
ha avuto; se ci sono conseguenze indesiderabili stabilisce a che o a che cosa può essere
imputata la responsabilità; se si sente personalmente responsabile emerge l’attivazione
emotiva (arousal); se lo stato emotivo attivato è negativo, egli cerca di capire a cosa è
dovuto; se lo attribuisce alla propria responsabilità per le conseguenze indesiderate, emerge
la motivazione al cambiamento dell’atteggiamento relativo.
ARONSON sostiene invece che la dissonanza emerge quando il comportamento controattitudinale è
in contrasto con il concetto di sè che l’individuo ha→ bisogno di riaffermare un concetto di
sè.
STELE sostiene che non sia una questione di concetto di sè ma senso di integrità del sè.
Quando questa risulta minacciata, l’individuo cerca di focalizzarsi su aspetti positivi
globalmente importanti per il sè.
Secondo Festinger quindi dato che le cognizioni servono per orientare all’azione, la
dissonanza sarà provocata in particolare da quelle cognizioni che forniscono informazioni
utili per l’azione.
Oltre al piano individuale, la dissonanza può manifestarsi a livello sociale, quando l’individuo
percepisce dissonanza tra la propria posizione e quella di qualche genere di standard.
In gruppo però se il comportamento controattitudinale è compiuto da tutti i membri, vi è una
diffusione di responsabilità tale da non provocare cambiamenti attraverso la dissonanza.
Quindi il senso di diffusione di responsabilità modera l’effetto di riduzione della
dissonanza.
LA TEORIA DELL’AUTOPERCEZIONE:
l’individuo sarebbe in grado di riconoscere lo stato interiore, ma non sempre è in grado di
definirlo senza ricorrere a segnali osservabili dall’esterno come il comportamento. In questi
casi osserva il comportamento e inferisce il proprio atteggiamento relativo.
Secondo Bem i partecipanti all’esperimento di 1o 20 $, agiscono da osservatore esterno.
Quindi il processo inferenziale di Bem esclude completamente il postulato della pressione
motivazionale provocata da uno stato emotivo indesiderato. Il cambiamento osservato viene
visto semplicemente come una attribuzione a sè, basata sulle info disponibili, fra le quali c’è
il proprio comportamento e le variabili ambientali che lo controllano. Per dimostrare che
l’attore è nella stessa posizione funzionale di un osservatore, Bem concepisce un paradigma
definito di simulazione interpersonale.
L’effetto di sovragiustificazione si ha quando un individuo attua un comportamento
coerente con la propria opinione e viene per questo ricompensato molto. Lo sforzo ridotto
messo in atto non giustifica la forte ricompensa ottenuta dal ricercatore. L’individuo allora
tende a cambiare atteggiamento sul compito valutandolo più negativamente. Cos’ ristabilisce
una situazione in cui viene ricompensato per un comportamento che non avrebbe attuato
spontaneamente. Anche qui non c’è dissonanza. L’elemento cruciale che permette la
differenziazione tra un processo o l’altro è l’arousal. Per Festinger c’è attivazione che arreca
disagio, per Bem no, è solo un freddo processo inferenziale.
Possibile integrazione tra i due approcci:
in entrambi i modelli gli individui prendono in considerazione il proprio comportamento e
cercano di capire se esso sia sotto il controllo di variabili personali o ambientali. Entrambi
considerano variabili situazionali come libertà di scelta e livello di ricompensa.

Fazio e co ipotizzano che le due teorie possano insieme spiegare i cambiamenti di


atteggiamenti che avvengono come conseguenza di comportamenti che si situano nell’intero
continuum valutativo. Riprendono il continuum in cui comportamento coerente con
l’atteggiamento è quello che può essere collocato nella latitudine di accettazione e
viceversa. L’ipotesi è quindi che la teoria dell’autopercezione si applica per quei
cambiamenti di atteggiamento che avvengono entro la zona di accettazione, mentre la
teoria della dissonanza cognitiva si applica quando il comportamento indotto si
colloca nella zona di rifiuto. L’ambito di applicazione di un processo di tipo autopercezione
piuttosto che di tipo dissonanza può variare di persona a persona, in quanto varia l’ampiezza
delle zone sul continuum: ampia zona di accettazione aumenta probabilità di
autopercezione e viceversa.

Ci sono tecniche finalizzate ad ottenere un dato comportamento da una persona, senza


tentare di influenzarne preliminarmente gli atteggiamenti.
1.Il colpo basso (low ball): esempio venditore di auto, super offertona, tu accetti, poi
emergono cazzi, devi pagare di più ma puoi scegliere e tu scegli di pagare, cazzone.
Attraverso l’omissione apparentemente casuale di un’informazione critica, che viene
successivamente fornita sottolineando la libertà di scelta, si ottengono più consensi.
2.Il piede nella porta: se si chiede ad una persona di attuare uno sforzo che non le costa
molta fatica, si aumentano le probabilità che questa successivamente acconsenta ad attuare
un altro comportamento dello stesso tipo ma molto più oneroso. Il primo atto indotto non
deve essere eccessivamente poco costoso; l’individuo deve poter stabilire un nesso tra le
due richieste.
Nell’accettazione verbale non ci sono differenze tra le due tecniche, nell’accettazione
comportamentale la condizione di colpo basso si rivela più efficace del piede nella porta.
Viene avanzato il costrutto di impegno:
KIESLER considerando Festinger, parte dall’assunto che gli individui sono motivati dalla
ricerca di coerenza, ma sostiene che quando si tratta della relazione tra comportamento e
idee, ciò che vincola maggiormente è il comportamento. Afferma l’esistenza di un vincolo
che lega gli individui ai propri atti (commitment), ciò porterebbe al fatto che le persone non
si sentono tanto impegnate a rendere coerenti comportamenti e idee ma si sentirebbero
vincolati ad attuare comportamenti coerenti con condotte precedenti legate da un nesso di
senso. La messa in atto di un comportamento avrebbe effetto di congelamento rispetto
all’attuazione di altri comportamenti in altre circostanze simili. Nel caso del colpo basso, la
presa di decisione, la sua espressione, produrrebbe un effetto congelamento rispetto alle
info che vengono fornite poi. Il fattore determinante è il sentimento di libertà, infatti si
parla di sottomissione liberamente consentita, per indicare la sottovalutazione delle
pressioni esterne. L’impegno è il risultato del carattere pubblico dell’atto, del carattere
irrevocabile, costoso. Gli atti impegnativi si distinguono in coerenti, proattitudinali, e contrari.
Nel piede nella porta l’impegno in un atto non problematico rende più resistenti gli
atteggiamenti relativi, rende più probabile l’attuazione di altri comportamenti nella stessa
direzione. Nel colpo basso l’impegno nell’atto poco problematico rende più resistente la
decisione presa e la impermeabilizza rispetto a informazioni che vanno nel senso opposto,
favorendo la perseveranza.

CAP 7 - CONTESTI E APPLICAZIONI

In politica→ la maggior parte dei cittadini ha un’esperienza mediata della politica attraverso
corpi intermedi (partiti, movimenti) e soprattutto mezzi di comunicazione di massa. Le
persone che prestano molta attenzione alla comunicazione sono anche quelle più
interessate alla politica e che per lo più hanno un orientamento piuttosto stabile, quindi sono
le persone più resistenti ai tentativi di persuasione.
L’influenza della comunicazione politica si esercita su due piani:
- cognitivo affettivo: svolge ruolo nella socializzazione politica degli individui, diventi
cittadino, familiarizzi con regole e protagonisti. Hai una serie di informazioni che
confluiscono a formare il grado di conoscenza politica a un momento dato. La
comunicazione politica mira a indurre atteggiamenti.
- comportamentale: le fonti di persuasione mirano al voto, ma gli effetti possono esercitarsi
sul grado di partecipazione, portando a militanza o protesta.
Fenomeno di agenda setting: la distribuzione dell’attenzione data ai vari problemi dai mass
media influisce sulla rilevanza che il pubblico attribuisce ai problemi stessi. Quindi
l’esposizione non influenzerebbe direttamente gli atteggiamenti, ma l’importanza attribuita
alle questioni e la motivazione all’elaborazione. I media spesso si ritrovano a esercitare una
funzione di priming, ossia di attivazione differenziata delle info che costituiscono gli
ingredienti del giudizio e della decisione.
Si vive un momento di personalizzazione della politica, ovvero il focus è sulle fonti, sui
politici quindi, anziché sui programmi e i contenuti. Le immagini vivide focalizzate sui
candidati favoriscono giudizi basati su risposte emotive.
L’identificazione con schieramento, distanza percepita tra sè e candidato su temi, giudizio di
competenza del candidato e giudizio sulla persona sono forti predittori di voto. Aumentando
l’esposizione ai tg, aumenta l’influenza sulla scelta di voto del giudizio di competenza
e diminuisce il peso dei temi. Aumentando la frequenza delle discussioni
interpersonali aumenta l’influenza dell’identificazione e aumenta l’influenza sui temi.
In sintesi la comunicazione interpersonale agisce sull’impatto dell’attaccamento ideologico,
mentre quella mediata agisce sull’impatto che esercita l’immagine del candidato sulla stessa
scelta.
Campagna aggressiva→ relazione curvilinea tra negatività della campagna e partecipazione
al voto: bassi e alti livelli di negatività fanno diminuire la partecipazione. Inoltre per quanto
riguarda gli effetti sugli atteggiamenti, si deve considerare la valutazione della fonte, la
valutazione del bersaglio e per quale candidato il ricevente ha intenzione di votare. Critiche
e attacchi alla persona attivano effetti boomerang e fanno aumentare l’intenzione di voto per
il bersaglio degli attacchi, piuttosto che per la fonte. Le persone tendono a riflettere sulla
fonte la connotazione dei commenti che questa fa sul bersaglio, per cui tendiamo a pensare
che una persona che parla male di qualcuno ha anch’essa qualità negative.
La prevenzione→ appello alla paura, il forte appello alla paura è efficace nell’attivare
tensione e preoccupazione significativamente più elevata rispetto alle altre condizioni. Sul
piano comportamentale, debole richiamo alla paura cambia di più. Mi fai paura quindi
reazione emotiva forte cerco risposte per ridurre la tensione, attivo risposte adattive di
difesa, come ad esempio la disattenzione al messaggio.
Teoria della motivazione alla protezione: una persona è motivata ad attuare
comportamenti di protezione quando percepisce il problema come effettivamente
grave, si sente vulnerabile rispetto a esso, percepisce i comportamenti raccomandati come
efficaci nel fronteggiare la minaccia, si percepisce in grado di attuarli.

Le tecniche di induzione comportamentale (piede nella porta e colpo basso) sono state
testate in disegni di ricerca azione, per cambiamenti socialmente desiderabili.
L’ottimizzazione delle campagne di prevenzione segue due fasi: nella prima si porta
l’individuo ad attuare un comportamento preparatorio che lo farà sentire vincolato secondo
quanto visto, poi si propone allo stesso individuo un'argomentazione in linea con l’atto
preparatorio realizzato. LE tecniche di induzione sono utilizzabili sono in un rapporto
interpersonale. La comunicazione persuasiva è invece diretta all’ampio pubblico.

Persuasione tecnologica:
FOGG è stato il primo a disegnare sistemi operativi in modo da provocare cambiamenti negli
atteggiametni e nei comportamenti degli utenti. Tecnologie persuasive. L’idea alla base è
che la precondizione per influenzare gli utenti sia quella di riuscire a dare il giusto messaggio
nel momento giusto e nel modo giusto. Ciò implica che il ricevente sia disponibile a ricevere,
che la ricezione avvenga quando le opportunità di mettere in atto il comportamento siano
prossime e che il messaggio abbia un frame al quale quell’utente è sensibile. Si suppone poi
che ci siano differenza interindividuali nella vulnerabilità della persuasione.
Ci sono quattro campi di applicazione: salute, sicurezza, difesa dell’ambiente e marketing.
CIALDINI propone la tassonomia composta da sei tattiche persuasive, riconducibili a
euristiche utilizzate dalle persone:
1.principio dell’autorità: credito a fonti esperte.
2.principio della scarsità: valuto di più un oggetto se è meno disponibile.
3.Principio del consenso sociale: valuto positivo se gli altri valutano positivo.
4.Principio della coerenza: positivo cose che hanno a che fare con cose fatte in passato
5.Principio della simpatia/attrazione: compiaccio chi trovo attraente.
6.Principio della reciprocità: desiderio di ripagare favori ricevuti.

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