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La persuasione

CAPITOLO 1: teorie a confronto


Due modelli: Eagly e Chaiken e Pe4y e Cacioppo> sono sta: i modelli teorici di riferimento teorico in questo
ambito per almeno una ven:na d’anni. Entrambi sono accomuna: dal fa4o di prevedere che il
cambiamento degli a4eggiamen: esplici: possa essere l’esito di due processi di natura diversa (modelli
duali).

1.1 Il modello della probabilità di elaborazione


Alcuni approcci assumono che il cambiamento di a4eggiamento avvenga solo quando l'individuo elabora
diligentemente il contenuto di un messaggio persuasivo. Un esempio di questo :po di teorie e il paradigma
dell’ elaborazione dell'informazione di McGuire. Un altro approccio di questo :po è l’approccio della
risposta cogni:va. Altri approcci, come per esempio la teoria dell’auto percezione di Bem, asseriscono che
una persona può formare o cambiare il proprio a4eggiamento verso un dato ogge4o o persona rifle4endo
a posteriori su un comportamento che egli ha in precedenza messo in a4o nei confron: di quello stesso
ogge4o o persona. Secondo il modello della probabilità di elaborazione di Pe4y e Cacioppo il cambiamento
può avvenire a4raverso due percorsi differenzia:: il percorso centrale e il percorso periferico.
Il percorso centrale è un processo di elaborazione a4enta e di riflessione accurata sulle argomentazioni e
sulle informazioni contenute nel messaggio persuasivo. Esso richiede una certa quan:tà di risorse
cogni:ve.
Il percorso periferico riguarda invece un processo di elaborazione a basso sforzo cogni:vo applicato a
elemen: che non sono dire4amente per:nen: al tema.
I fa4ori chiave che determinano la probabilità di intraprendere il primo o il secondo :po di processo sono la
mo:vazione e l'abilità cogni:va. L'ELM prevede che si traT di quei messaggi che rivestono molta
importanza personale. InfaT, quando il ricevente ri:ene che il messaggio sia personalmente rilevante sarà
mo:vato a una riflessione a4enta sui suoi contenu:. Oltre a essere mo:vato però l'individuo deve essere in
grado di elaborare il messaggio. Quando gli autori parlano di abilità cogni:va non si riferiscono solo alle
capacità rela:vamente stabili di capire, anche a condizioni con:ngen: che influiscono sullo sforzo cogni:vo
che le persone sono in grado di produrre in quel determinato momento, oltre che al grado di
comprensibilità del messaggio stesso. Secondo il modello della probabilità di elaborazione quando un
ricevente è mo:vato e capace di elaborare il contenuto informa:vo di una comunicazione l'eventuale
cambiamento di a4eggiamento è l'esito del percorso centrale di elaborazione. Al contrario quando egli non
è mo:vato o non è in grado di des:nare un certo sforzo cogni:vo al tema in ques:one, gli eventuali
cambiamen: di a4eggiamento sono il risultato di un percorso periferico. Nel primo caso assume massima
importanza la qualità dell’argomentazione. Nel secondo caso diminuisce l'importanza dell’argomentazione
e aumenta quella dei segnali periferici come per esempio lo status della fonte.
In un esperimento si evidenziano dei risulta: nei quali in condizioni di alto coinvolgimento gli studen: si
fanno convincere più dalla forza degli argomen: rispe4o allo status della fonte. Nella condizione di basso
coinvolgimento gli studen: manifestano a4eggiamen: più favorevoli all'is:tuzione dell'esame (vedi
esperimento) quando la ritengono una proposta proveniente da una fonte esperta rispe4o a quando la
stessa posizione è sostenuta da una fonte non esperta.
Gli autori concepiscono la quan:tà di elaborazione come un con:nuum agli estremi del quale stanno i due
percorsi nella loro enunciazione pura > la profondità di elaborazione dipende dalla mo:vazione e dalla
capacità individuale di valutare il messaggio. Il livello di mo:vazione e abilità cogni:va viene influenzato da
fa4ori personali e situazionali.

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-Situazionali: distrazione, ripe:zione del messaggio
-Personali: ruolo delle differenze individuali: gli individui che manifestano un basso bisogno di cognizioni
improntano la propria aTvità cogni:va al risparmio di energia mentale, mentre coloro che hanno un alto
bisogno di cognizione tendono a impegnarsi maggiormente in elaborazioni cogni:ve che richiedono sforzi.
Bisogna precisare che anche.se una persona elabora il contenuto del messaggio in modo approfondito
questo non garan:sce di per sé che gli arrivi a una conclusione oggeTva. Si introduce perciò una
dis:nzione qualita:va tra una elaborazione delle informazioni in forma rela:vamente oggeTva e una
elaborazione in qualche modo distorta. Nel caso dell’elaborazione rela:vamente oggeTva l'individuo cerca
di arrivare il più vicino possibile alla verità qualunque essa sia. Per farlo cerca di arrivare il più me4e in a4o
processi cogni:vi basa: sulle informazioni. Ma non sempre lo scopo è quello di raggiungere la verità
qualunque essa sia. A volte una persona può avere lo scopo di raggiungere una ben determinata verità che
gli consente per esempio di non dover modificare schemi cogni:vi che già possiede oh preceden:
conoscenze già stabili nella memoria.
Abilità cogni:va e mo:vazione sono contemporaneamente necessarie affinché l’elaborazione prenda il via,
e questo è uno dei pun: più delica: del modello: secondo Eagly e Chaiken non è del tu4o evidente dal
punto di vista empirico che i due percorsi si escludano a vicenda. È possibile pensare che i diversi segnali
(centrali e periferici) possano avere effeT congiun:. Le autrici inoltre affermano che questo modello sia
prevalentemente descriTvo e non esplica:vo: per esempio, esso non spiega perché cer: argomen:
risultano più o meno convincen: o perché alcune informazioni funzionano da segnali periferici.
Un’ulteriore puntualizzazione deriva da Johnson e Eagly, i quali sostengono che gli studi empirici condoT
nell’ambito dell’ELM hanno operazionalizzato il livello di mo:vazione manipolando nelle situazioni
sperimentali il coinvolgimento personale. Secondo Arcuri il modello di Pe4y e Cacioppo ha il merito di
ricomporre un dualismo frequentemente problema:zzato dalla riflessione condo4a dalla social cogni:on:
In questo quadro conce4uale l'individuo non è concepito in modo assoluto come un essere razionale che
procede con grande agilità fra le regole della logica formale ma oscilla tra ques: due estremi a seconda
delle condizioni in cui si trova.

1.2 Il modello euristico-sistematico


Shelly e Chaiken sviluppano il modello euris:co-sistema:co, il quale si applica alle situazioni in cui una
persona si trova di fronte a un messaggio che promuove una posizione in qualche modo diversa dalla
propria e debba quindi giudicarne la validità. Ciò può essere raggiunto a4raverso due processi:
-Elaborazione sistema:ca delle informazioni contenute nel messaggio (comprensione degli argomen:,
riflessione a4enta sulle conclusioni, confronto con le conoscenze già possedute sull’ogge4o e in generale, la
disponibilità a un certo sforzo cogni:vo.
-Dall’altro si hanno le euris:che, non si basano sul contenuto del messaggio, ma sono semplici regole di
decisione.
Come postulato nell’ ELM, anche nel modello euris:co sistema:co le capacità cogni:va dell'individuo e la
sua mo:vazione sono fa4ori fondamentali. Tu4avia, nel modello di Chaiken è prevista la possibilità che le
due modalità di elaborazione non si escludono a vicenda. Perché una persona possa u:lizzare le regole
euris:che sono necessarie alcune condizioni di base. La prima condizione minima è che egli abbia preso
quella data regola nel corso delle esperienze e osservazioni passate. La regola deve inoltre poter essere
richiamata alla memoria nella situazione appropriata. Infine, deve essere percepita dalla persona come
affidabile. Se mo:vazione e abilità cogni:va sono le condizioni necessarie perché una persona si impegni
nell’elaborazione delle informazioni, ciò non significa che quando queste condizioni si verificano la modalità
euris:ca non possa essere u:lizzata. Le due modalità di elaborazione possono infaT esercitare effeT
indipenden: o interdipenden: sul giudizio finale.
Le due modalità di elaborazione possono esercitare:

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-EffeT indipenden:, quando le informazioni che una persona elabora in modo sistema:co sono congruen:
con la conclusione a cui porta l’uso dell’euris:ca > il giudizio finale sarà il risultato sommatorio delle due
modalità di elaborazione.
-EffeT interdipenden:, quando l’elaborazione del contenuto del messaggio contraddice la conclusione a
cui la persona arriverebbe usando l’euris:ca adeguata. Due :pi di esi:: da una parte il processo di
elaborazione sistema:ca può a4enuare l’effe4o dell’euris:ca, dall’altra l’euris:ca può produrre un effe4o
indire4o sul giudizio, provocando una distorsione nella procedura di analisi sistema:ca. Il modello postula
che quest’ul:ma situazione si verifichi più probabilmente quando il messaggio con:ene argomentazioni
rela:vamente più ambigue.
A seguito di un esperimento, gli autori concludono affermando che gli a4eggiamen: dei partecipan:
mo:va: di fronte a un messaggio ambiguo sono il prodo4o di due effeT:
- Effe4o dire4o dell’euris:ca
- Effe4o indire4o dell’euris:ca
Disponibilità, accessibilità e affidabilità percepita, sono, come abbiamo visto, le determinan: cogni:ve
dell’uso delle euris:che. Queste possono variare in relazione a fa4ori situazionali o a fa4ori individuali.
Eagly e Chaiken individuano anche due determinan: di natura mo:vazionale: il principio del minimo sforzo
e il principio di sufficienza (le persone tendono ad a4uare uno sforzo cogni:vo fino a raggiungere la soglia
desiderata di sicurezza ritenuta sufficiente in relazione allo scopo).
L’obieTvo delle autrici era quello di ampliare la teoria dell’ELM, con una versione più ampia che
prevedesse che il grafo di elaborazione intrapresa dalla persona non dipendesse solo dalla sua mo:vazione
all’accertamento di validità del messaggio, ma da altre due mo:vazioni:
-la mo:vazione alla difesa: desiderio di formare e sostenere par:colari opinioni e non altre
-la mo:vazione alla ges:one dell’impressione: desiderio di esprimere a4eggiamen: che siano socialmente
acce4abili
Entrambi i modelli (EBM ed euris:co sistema:co) prevedono due percorsi, uno dei quali quello rela:vo
all’elaborazione sistema:ca è stre4amente iden:co nelle due conce4ualizzazioni. Il secondo :po di
elaborazione periferica per l’uno, euris:ca per l’altro non rifle4e invece lo stesso processo.
Il percorso periferico dell’ELM può essere pensato come un insieme di processi cara4erizza: da
elaborazione minima, fra i quali si può cppmprendere anche l’u:lizzo delle euris:che, ma non solo quello.

1.3 Un modello di cambiamento degli atteggiamenti impliciti (APE model)


A par:re dagli anni 2000 è stato proposto il conce4o di a4eggiamento implicito, ossia una risposta
valuta:va di natura spontanea, automa:ca, non mediata dalla riflessione > si rileva a4raverso tecniche che
si basano sui tempi di latenza (es. IAT).
Gawronski e Bodenhausen hanno proposto un modello che me4e in relazione a4eggiamen: esplici: e
implici: e che descrive anche come ques: due aspeT del giudizio umano possano cambiare. Il modello si
chiama APE (Associa:ve-Proposi:onal Evalua:on). Si afferma che a4eggiamen: esplici: e implici: siano
l’esito di due processi differen:: uno proposizionale e uno associa:vo. Le associazioni in memoria fra un
ogge4o è una connotazione si formano a4raverso processi di condizionamento: quanto più l'individuo
incontra l'ogge4o di a4eggiamento insieme a s:moli posi:vi o nega:vi tanto più nella sua memoria si
costruirà un forte legame fra l'ogge4o e la connotazione posi:va o nega:va. A4eggiamento esplicito e
implicito verso lo stesso ogge4o non vanno necessariamente nella stessa direzione. L'a4eggiamento
implicito è ciò che nel linguaggio comune si definisce la reazione di pancia > può scontrarsi con altre
valutazioni presen: in memoria, quindi si può risolvere l’incoerenza:
-o rifiutando ciò che deriva dalla reazione di pancia
-o rifiutando la proposizione o trovandone una che le riconcilia
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Per quanto riguarda l’influenza dire4a, mentre gli a4eggiamen: esplici: possono essere influenza: da
messaggi che forniscono all’individuo nuove informazioni, quelli implici: sono influenza: a4raverso il
condizionamento > il processo è quello dell’apprendimento associa:vo: uno s:molo condizionato si
presenta ripetutamente in coppia con uno s:molo fortemente nega:vo o posi:vo punto con la ripe:zione
di queste presentazioni, la connotazione posi:va o nega:va dello s:molo non condizionato si trasferisce
anche su quello condizionato.
Poiché i due :pi di processi interagiscono, l'effe4o di influenza dire4a su uno dei due piani può influenzare
indire4amente l'altro piano. Cambiamen: proposizionali che avvengono a4raverso la comunicazione
persuasiva possono dar vita a nuove associazioni.
Complessivamente, non è de4o che le valutazioni implicite siano più resisten: e stabili rispe4o a quelle
esplicite, perché le prime sono molto sensibili ai segnali di contesto, come abbiamo esemplificato sopra.
L'APE model in sintesi prevede due sistemi: uno inconscio, spontaneo, associa:vo, rapido, e uno
proposizionale, riflessivo, razionale, impegna:vo, consapevole.

1.4 Dai modelli duali alla proposta unimodale


Kruglanski propone una riconce4ualizzazione del processo di cambiamento degli a4eggiamen: in termini
unimodali. In sostanza il cuore della teoria risiede nell’idea che non sia necessario dis:nguere né fra
processi differen: a seconda della mo:vazione e dell’abilità cogni:va del ricevente, né fra funzioni
esercitate da elemen: centrali ed elemen: periferici disponibili nella comunicazione persuasiva e
nemmeno fra sistemi spontanei e riflessivi. Il processo è unico varia per durata in relazione alle condizioni
in cui si trova il ricevente e si applica lo stesso modo a qualsiasi :po di informazione il ricevente giudichi
rilevante.
Di fronte a un messaggio persuasivo, il ricevente cerca di farsi un giudizio sulla ques:one. Non si parla più
di elemen: centrali o periferici.
Allora tuT i giudizi sono basa: su regole di ragionamento e al di là della rapidità o lunghezza del processo
a4raverso il quale sono formula: possono essere basa: sulle stesse regole. Le regole sono gli strumen: per
formulare inferenze che completano le informazioni disponibili. Ad esempio, la categorizzazione, la s:ma, i
confron: a coppie, la sta:s:ca, la logica, le euris:che. La forma di queste regole è sempre quella del
sillogismo (se…allora…) > La regola cos:tuisce la premessa maggiore del sillogismo. Il caso specifico di
fronte al quale il ricevente si trova cos:tuisce la premessa minore. A questo punto ogni informazione
contenuto del messaggio può essere una prova rilevante se può essere inclusa in un sillogismo nel ruolo di
premessa minore. La premessa minore, costruita su un elemento rilevante tra4o della comunicazione,
viene poi combinata con una premessa maggiore (regola), costruita sulle conoscenze che il ricevente ha già
in memoria.
Le regole si acquisiscono con l’esperienza, oppure sono rese disponibili nella cultura (stereo:pi). Le
rassegne sistema:che degli studi condoT nell’oTca dei modelli duali mostrano che la tendenza da parte
dei partecipan: agli esperimen: a focalizzare l'a4enzione sugli argomen: persuasivi in condizioni di forte
mo:vazione e a considerare esclusivamente i segnali periferici condizione di bassa mo:vazione è dovuto ad
artefaT sperimentali. Il compito del ricevente è quello di scegliere la o le regole appropriate punto come
fa? Si tra4a di un processo a due fasi.
Nella prima fase si costruisce un insieme di regole per:nen: alla situazione sulla base delle cara4eris:che
del compito e dell'individuo. Le cara4eris:che del compito possono aTvare una o più regole anziché altre.
Nella seconda fase deve essere fa4a la selezione della regola da applicare. Il primo criterio è la facilità o
difficoltà di applicazione di quella regola al contesto specifico in cui si trova l'individuo. Il potenziale di
elaborazione dell'individuo e la percezione di razionalità ecologica delle regole definiscono quale regola
viene selezionato da questo insieme. Il potenziale di elaborazione è dato dalla capacità a4en:va
dell'individuo e della sua mo:vazione alla elaborazione. Quando l'individuo ha un basso potenziale di

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elaborazione selezionerà solo regole di facile applicazione, mentre quando è in condizioni di elaborare in
modo approfondito selezionerà anche regole più complesse in base alla percezione della loro razionalità
ecologica. La razionalità ecologica di una regola fa riferimento alla percezione di validità in quel dato
contesto, cioè quale regola porterà all’esito più accurato in un determinato contesto.
Rispe4o ai modelli duali presi in considerazione sopra la proposta uni modale di Kruglansky presenta alcune
differenze:
-non ci sono regole facili/difficili di per sé, ma la difficoltà sta nell’applicazione di una regola in un contesto
dato;
-in condizioni di alto potenziale di elaborazione, le persone scelgono la regola più ecologicamente razionale
e non necessariamente una regola complessa;
-l’uso di euris:che non porta necessariamente a errori o a conclusioni meno accurate di quelle raggiunte
a4raverso regole più complesse.
———

CAPITOLO 2: il messaggio

2.1 La mera esposizione


Per mera esposizione si intende una condizione in cui viene semplicemente reso accessibile uno s:molo
alla percezione di un individuo. Dopo una serie di 3 esperimen: di esposizione agli oggeT di
a4eggiamento, emerge che in tuT e tre i casi i risulta: indicano un a4eggiamento più posi:vo verso lo
s:molo all’aumentare della frequenza di esposizione (può essere per la paura del nuovo, Zajonc).
Bornstein conduce una metanalisi su 134 ar:coli per un totale di 208 esperimen: successivi alla ricerca
iniziale di Zajonc. La ricerca di Bornstein arriva a circoscrivere in modo chiaro alcune cara4eris:che del
fenomeno:
•Cara4eris:che dello s:molo: in tuT i casi l’effe4o è generalmente più forte quando si tra4a di s:moli
complessi rispe4o a s:moli semplici.
•Presentazione degli s:moli: dopo un certo numero di esposizioni l’a4eggiamento favorevole aumenta in
modo più moderato.
•Misurazione delle variabili: l’influenza risulta più evidente se la rilevazione viene effe4uata non
immediatamente dopo la sequenza delle esposizioni > l’effe4o più chiaro si oTene dopo un lasso di tempo
di 2 seTmane.
•Variabili rela:ve ai partecipan:: risulta che i partecipan: che o4engono al: punteggi sulle misure di
bisogno di approvazione, ricerca di sensazioni, tolleranza per l’ambiguità e ansia manifesta mostrano un più
forte aumento del favore rispe4o a quelli con bassi punteggi su queste stesse scale.
La noia è una condizione che limita la portata dell’effe4o in ques:one. Rende l’effe4o delle esposizioni
meno evidente.

2.2 Organizzazione del contenuto


È ora di chiederci cosa può dire la psicologia a proposito dei fa4ori che rendono un messaggio convincente
o più in generale efficace. Il contributo ad oggi più importante appare ancora quello del programma di
ricerca di Yale dire4o da Carl Hovland a par:re dagli anni ’40. Tale approccio parte da alcuni assun: che
occorre esplicitare.
- Quando un individuo viene esposto a una comunicazione e indo4o ad acce4are una nuova
opinione egli compie un’esperienza di apprendimento nella quale acquisisce una nuova abitudine

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verbale > dato che uno dei principali modi in cui la comunicazione provoca cambiamen:
nell’a4eggiamento consiste nell’agire su queste risposte verbali.
- Il prevalere della nuova risposta sulla precedente richiede comunque la creazione di incen:vi o al
contrario punizioni, che mo:vino l’individuo ad acce4are o rifiutare la nuova opinione.
A par:re da ciò, si può capire come l’organizzazione del messaggio debba, per essere convincente, in primo
luogo favorire il processo di apprendimento del contenuto.
Conclusione implicita o esplicita
Un esperimento con due casi: nel primo caso lo speaker esplicita la conclusione, mentre nell’altro essa
rimane implicita. I risulta: mostrano che il primo :po di messaggio provoca cambiamen: di opinione nel
doppio dei partecipan: rispe4o al secondo :po > l’effe4o principale della variabile rela:va al :po di
conclusione però non può essere generalizzato. Dipende anche da altri fa4ori. Gli autori ipo:zzano che la
conclusione esplicita possa essere meno efficace quando i riceven: sono molto intelligen: o molto
mo:va:.
Argomentazione bilaterale o unilaterale
Conviene presentare messaggi che insistano solo sulla tesi che si vuole fare acce4are (unilaterali) oppure
che contengano anche qualche considerazione sulle tesi alterna:ve (bilaterali)?
In un esperimento, i militari con basso livello di istruzione vengono più persuasi dalla comunicazione
unilaterale, mentre quelli con alto livello cambiano di più a fronte del messaggio bilaterale. Questo
conce4o viene sviluppato successivamente nella cosidde4a teoria della vaccinazione. McGuire fa
riferimento al processo che avviene nel caso di vaccino e lo usa come una metafora: l’ inoculazione una
piccola dose di virus protegge le persone contro la malaTa in quanto s:mola la produzione di an:corpi in
grado di fronteggiare un eventuale a4acco massiccio da parte del virus. Nel caso degli a4acchi persuasivi,
se l'individuo ha già fronteggiato in precedenza argomen: contropersuasivi, sarà maggiormente in grado di
sviluppare la propria resistenza e conservare i cambiamen: di a4eggiamento provocato in precedenza. I
risulta: empirici non sostengono sempre in modo coerente questa previsione, tu4avia questo
accorgimento un notevole potenziale applica:vo.
Ordine di presentazione
Hovland e colleghi analizzano i cosiddeT effeT di primacy e di recency. Gli individui hanno maggiore
facilità a ricordare quelli che occupano le prime e le ul:ma posizioni di una lista, rispe4o agli intermedi.
Anche nel caso di item si hanno gli stessi effeT. Ciò sembra suggerire l’opportunità di concepire la stru4ura
del messaggio in modo tale da avere gli argomen: più convincen: all’inizio e alla fine della comunicazione
stessa. Le ragioni teoriche dell’effe4o di primacy sono riconducibili al fa4o che a4raverso le prime
informazioni l'individuo si forma uno schema che funge da filtro rispe4o alle informazioni successive. La
spiegazione del prevalere dell’effe4o di recency nell’immediato invece riguarda la possibilità di u:lizzare le
informazioni che sono disponibili nella memoria di lavoro.

La vividezza
Nel senso comune un messaggio concreto, che si impone all’a4enzione del ricevente dovrebbe avere una
maggiore probabilità di influenzarlo rispe4o a un messaggio sobrio o astra4o. Questa cara4eris:ca del
messaggio fa riferimento alla sua vividezza, definita come la capacità di interessare sul piano emo:vo, di
provocare immagini e di essere percepita come vicina in senso spaziale, temporale o sensoriale.
In un esperimento, si operazionalizzano due condizioni: una in cui l’a4enzione dei partecipan: sul
messaggio è rela:vamente costre4a, un’altra in cui è più libera. Il messaggio vivido con:ene le stesse
informazioni di quello pallido ma viene presentato in modo colorito. I risulta: mostrano che il messaggio
pallido è generalmente più persuasivo di quello vivido. Emerge anche un’interazione fra questa variabile
(grado di vividezza) e il seTng: quando l’a4enzione è libera l’impa4o del messaggio pallido è molto

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superiore rispe4o a quello del messaggio vivido, mentre la differenza fra i due è minore nel caso di
a4enzione costre4a.
I ricercatori sostengono che in condizione di a4enzione libera le cara4eris:che di vividezza distraggono il
ricevente dal seguire la linea logica delle argomentazioni persuasive. La condizione di laboratorio vera e
propria, invece, provvede di per sé ad assicurare un certo grado di a4enzione; dunque il cara4ere vivido del
messaggio non aumenta la probabilità di ricezione del contenuto.
Esperimento della pubblicità di jeans con la presenza dei preserva:vi: distrazione. La vividezza del
messaggio può effeTvamente potenziare i suoi effeT persuasivi o al contrario smorzarli a seconda del
livello di congruità fra gli elemen: vividi e la posizione sostenuta nel messaggio. Quando le immagini
provocate dal messaggio vivido sono molto congruen: con la posizione in esso sostenuta si osserva un
effe4o facilitatore dell’elaborazione approfondita, grazie alla focalizzazione dell'a4enzione del ricevente e
all’aTvazione di informazioni rilevan: nella sua memoria. Al contrario quando l'immaginazione provocato
dal messaggio vivido è incongruente, l'elaborazione approfondita da parte del ricevente è meno probabile
in quanto aTva informazioni irrilevan:, quindi distrae.

2.3 Gli effetti del canale di comunicazione


Uno dei fa4ori di variazione del grado di vividezza nella presetnazione di un messaggio è quello cos:tuito
dalla modalità di comunicazione o canale u:lizzato. In un esperimento, un messaggio viene confezionato in
due versioni: una di semplice comprensione e l’altra in linguaggio molto tecnico. Ognuna delle due versioni
viene espressa o in forma video o in forma audio o in forma scri4a. I risulta: mostrano che il messaggio
facile riceve più accordo dai partecipan: della condizione video che da quelli della condizione audio, che a
loro volta esprimono più accordo rispe4o ai partecipan: della condizione “messaggio scri4o”. Le misure di
controllo mostrano che se il messaggio semplice non cos:tuisce problemi di comprensione per nessuno e
non fa emergere differenze nella piacevolezza percepita, il messaggio più complicato è stato meglio
compreso da coloro che lo avevano le4o, rispe4o ai partecipan: delle altre due condizioni. Allo stesso
modo lo scri4o risulta più piacevole delle altre forme.
In seguito, Eagly e Chaiken ipo:zzano che quando vengono usate modalità comunica:ve video e audio
risul:no disponibili segnali di comunicazione non verbale che rendono la fonte più saliente. La modalità
scri4a al contrario favorisce l’elaborazione approfondita. Da altri due esperimen: da loro condoT, in cui
vengono presenta: messaggi nelle tre diverse forme di comunicazione, da una fonte piacevole e da una
non piacevole, emerge che la fonte con a4ribu: posi:vi risulta più persuasiva quando il messaggio viene
emesso in video o in audio rispe4o a quando viene presentato in forma scri4a. La fonte con cara4eris:che
poco piacevoli è più persuasiva nella condizione di messaggio scri4o.

2.4 Gli effetti del frame


Argomentare i vantaggi e/o gli svantaggi di un’azione, fare appello alla paura so4olineando le conseguenze
tragiche di determina: comportamen: anziché le conseguenze posi:ve dei comportamen: complementari
sono scelte di frame, ossia di “inquadramento” della posizione che si intende sostenere perché risal: nella
luce migliore e più convincente. La variazione del frame può riguardare il modo in cui viene presentato il
tema del messaggio, il modo in cui vengono pronos:cate le conseguenze delle azioni che si vorrebbero
esortare o impedire o, infine, gli a4eggiamen: bersaglio della comunicazione persuasiva.
In una ricerca Meyerowitz e Chaiken ipo:zzano che un messaggio nel quale si so4olineano gli svantaggi che
derivano dalla non a4uazione del comportamento raccomandato risul: più efficace di uno in cui si me4ono
invece in evidenza i vantaggi procura: dalla sua a4uazione. I risulta: dell'esperimento confermano che il
messaggio con frame di perdita induce un a4eggiamento più favorevole verso l'autopalpazione del seno
come forma di prevenzione del tumore al seno (esperimento specifico) e una maggiore intenzione di
me4erlo in a4o da parte delle donne che lo avevano ascoltato rispe4o a quello con frame guadagno.

TITOLO 7
La variazione del frame Contribuisce ad aTvare seleTvamente informazioni che il ricevente ha già nella
sua memoria a lungo termine e ad a4ribuire un peso differenziato a considerazioni che possono essere
confli4uali, pur essendo ugualmente per:nen: ai giudizi che il ricevente deve formulare appunto l'efficacia
della variazione di frame del messaggio non è assoluta ma interagisce con le cara4eris:che del ricevente. In
par:colare, si è osservato che le persone regolano il proprio comportamento focalizzando la propria
a4enzione sul miglioramento dello stato a4uale oppure sul mantenimento dello stato a4uale. Nel primo
caso sono mo:va: dalla promozione nel secondo caso della prevenzione di potenziali danni o conseguenze
nega:ve. Questo suggerisce che i messaggi con frame perdita dovrebbero risultare par:colarmente
convincen: gli occhi delle persone con un focus di prevenzione, mentre quelli con frame guadagno
dovrebbero convincere maggiormente le persone con focus promozione. Mol: esperimen: hanno
confermato questa ipotesi.
Inoltre, studi sperimentali mostrano che il frame nega:vo dell’a4eggiamento rende l’individuo più
resistente alla persuasione rispe4o al frame posi:vo (es. sostenitore di Renzi (frame posi:vo)o oppositore
di Grillo (frame nega:vo)) > Questo effe4o è dovuto in parte al cosidde4o bias di nega:vità, ossia al peso
rilevante che le informazioni nega:ve assumono in ogni processo di giudizio e che si traduce in
a4eggiamen: rela:vamente più for: a quelli che si formano a4raverso informazioni posi:ve.
———

CAPITOLO 3: la fonte

Da quali cara4eris:che della fonte sono influenzate le nostre opinioni? I risulta: delle ricerche non
chiariscono completamente queste ques:oni.
I fa4ori studia: a proposito della fonte sono sta: categorizza: in tre classi:
- Credibilità
- A4enzione
- Potere
Questa è una suddivisione un po’ ar:ficiosa, nel senso che ognuna di queste classi ha diverse sfumature.
Tu4avia, a par:re da Kelman, sono sta: individua: tre esi: ben dis:n: provoca: dalle tre classi di variabili.
Secondo questo autore, una fonte credibile provoca più probabilmente un cambiamento di a4eggiamento
in termini di internalizzazione. Una fonte a4raente porta a un processo di iden:ficazione, ovvero al
cambiamento di a4eggiamento mo:vato dal desiderio di stabilire una relazione gra:ficante con la fonte.
Infine, una fonte dotata di potere raggiunge probabilmente effeT di condiscendenza, cioè di cambiamento
superficiale dell’a4eggiamento dovuto sopra4u4o al fa4o che il ricevente riconosce alla fonte il controllo di
ricompense e sanzioni al proprio riguardo.

3.1 La credibilità
Dobbiamo ancora una volta alla scuola di Yale lo studio sistema:co dell’effe4o persuasivo di una fonte
credibile. La credibilità viene definita come una cara4eris:ca a4ribuita alla fonte quando si suppone abbia
una conoscenza approfondita di un dato tema e sia affidabile in quanto dice la verità sul tema in ques:one.
A seguito di vari esperimen:, gli autori sostengono che, mentre nell’immediato la cara4eris:ca di
credibilità della fonte influisce sulla mo:vazione all’acce4azione dei contenu:, con il passare del tempo i
riceven: ricordano in modo dissociato argomen: e fonte, quindi basano l’opinione maggiormente sui primi
e fanno scomparire l’effe4o di quest’ul:ma (sleeper effect).
Le rassegne delle ricerche condo4e in questo ambito confermano che la percezione di credibilità della
fonte da parte del ricevente è un elemento cruciale per facilitare l'acce4azione del messaggio tale da
provocare un cambiamento sia degli a4eggiamen: sia dei comportamen:. Inoltre, ricerche recen: hanno
TITOLO 8
anche mostrato che la dissociazione in memoria fra fonte messaggio che avviene con il tempo può anche
avvantaggiare una fonte credibile: se l'a4enzione del ricevente resta par:colarmente ancorata alla
credibilità della fonte, in un secondo tempo sarà questa l'informazione sulla quale il ricevente ricostruirà il
proprio giudizio. Ciò significa che in condizioni di par:colare salienza della fonte una fonte credibile che
abbia argomen: deboli per sostenere la propria posizione risulterà più persuasivo dopo un certo lasso di
tempo , perché il ricevente avrà un ricordo più sbiadito della debolezza delle argomentazioni.
Abbiamo accennato al fa4o che la credibilità non riguarda soltanto il livello di conoscenze che la fonte
possiede, ma si riferisce anche alla fiducia da parte del ricevente che l’emi4ente del messaggio esprima un
contenuto non finalizzato al proprio interesse.
In un esperimento, il gruppo di partecipan: che a4ribuisce al filmato mostrato una finalità propagandis:ca
manifesta un cambiamento di opinione significa:vamente minore dell'altro gruppo. Eagly, Wood e Chaiken
notano che le persone si formano delle aspe4a:ve rispe4o alla posizione che una determinata fonte
sosterrà. Se queste aspe4a:ve vengono confermate le persone giudicano la fonte come sincera ma
tendenziosa. Se le aspe4a:ve vengono disa4ese ma la fonte ha ricevuto pressioni esterne gli even: la
percepiscono come inaffidabile .In ques: due casi i messaggi risultano scarsamente persuasivi. Quando la
fonte sos:ene, al contrario, una posizione diversa da quella a4esa e apparentemente contro i propri
interessi e si acquista un forte potere persuasivo.

3.2 Il potere dell’aspetto


Quando la fonte e il ricevente interagiscono, la bellezza è una cara4eris:ca molto saliente, di facile e
immediata percezione. Generalmente gli studi sperimentali mostrano che la bellezza della fonte facilita e
potenzia l’effe4o persuasivo, ma a questo proposito i risulta: non sono così univoci. La contraddi4orietà
sembra dovuta sopra4u4o al fa4o che la bellezza della fonte è stata operazionalizzata in vari modi:
a4raverso la presenza fisica della persona fonte, a4raverso fotografie, video oppure descrizioni.
In un esperimento, i partecipan: mostrano in generale più accordo con la posizione sostenuta nel
messaggio comunicato dalle persone a4raen:, mentre non emerge un effe4o del sesso, perciò le persone
a4raen: risultano più persuasive anche nelle diadi omogenee per sesso. Chaiken cerca di spiegare come
mai questo effe4o non sia stato riscontrato in tu4e le ricerche: si può pensare che il seTng di laboratorio
induca più facilmente un’elaborazione di :po razionale. Tu4avia, secondo l'autrice occorre tenere presente
il fa4o che le persone sviluppano abilità comunica:ve differenziate a4raverso la socializzazione. È plausibile
allora pensare che le persone a4raen: sviluppino maggiormente queste abilità proprio grazie rinforzi che
ricevono le esperienze comunica:ve interpersonali.
Alcune cara4eris:che di aspe4o fisico possono poi influire sulla percezione di credibilità della fonte (es. gli
adul: col viso da bambini vengono vis: come più ones:, affidabili, ecc.).

3.3 Lo stile di comunicazione non verbale


La fonte di una comunicazione persuasiva è fa4a anche dallo s:le comportamentale di comunicazione, il
quale deriva dall’uso del sistema non verbale (segnali para-linguis:ci, espressioni del volto e
comportamento spaziale). Si rifle4e in primo luogo sull’impressione che il parlante trasme4e di sé agli
interlocutori e tale impressione è una cara4eris:ca fondamentale per un’efficacia persuasiva.
I risulta: decisamente più sorprenden: che riguardano il ruolo della comunicazione non verbale nei
processi di persuasione sono quelli che emergono dalle ricerche sull’effe4o di influenza che può esercitare
un breve conta4o fisico da parte della fonte sul ricevente. L'effe4o del conta4o fisico nell’interazione è
stato studiato principalmente su due aspeT: la valutazione dell'ambiente in cui avviene la comunicazione e
dell’interlocutore e la probabilità di adesione richieste. Molte ricerche mostrano in modo piu4osto
coerente che in un' interazione tra estranei, un breve conta4o taTle porta l'individuo toccato a formarsi
un’impressione posi:va della persona che l'ha sfiorato, una migliore valutazione del contesto e anche una
TITOLO 9
percezione più posi:va del proprio umore. A seguito di diversi esperimen: i risulta: che sono sta: o4enu:
derivano da contes: socio-culturali molto diversi, anche se è innegabile che si traT di un segnale che varia
notevolmente su base culturale. L'interpretazione di ques: effeT persuasivi del conta4o fisico non è
chiarita in modo convincente. Le ipotesi più accreditate a4ribuiscono tale efficacia alla familiarità, allo
status. Infine, c'è chi avanza l'idea che il conta4o fisico ci ha implicitamente associato nella memoria delle
persone ha una connotazione posi:va dovuta al fa4o che si tra4a della forma più precoce di comunicazione
umana.

3.4 La somiglianza e la condivisione sociale


Il grado di a4razione che la fonte esercita sul ricevente è dato anche dalla percezione di somiglianza a sé o
di condivisione di qualche appartenenza sociale rilevante fra fonte e ricevente. In generale l'effe4o
persuasivo di un messaggio è potenziato quando il ricevente percepisce la fonte come simile a sé e questo
effe4o è dovuto principalmente a due processi. Il primo riguarda il fa4o che i riceven: a4ribuiscono a una
fonte simile a sé anche preferenze posizioni simili, quindi acce4abili. Il secondo invece fa riferimento al
fa4o che la percezione di somiglianza si traduce in a4razione.
Secondo Mazen e Leventhal quasi tu4e le ricerche in questo ambito, pur o4enendo risulta:
sufficientemente coeren:, scontano due pun: deboli che ne limitano la portata generale: da una parte il
seTng di laboratorio fa sì che la somiglianza venga quasi sempre manipolata tramite istruzioni verbali,
dall'altra le misure dipenden: si limitano spesso alla verbalizzazione degli a4eggiamen: e non arrivano fino
al comportamento.
Altri studi che si occuparono di ingroup e outgroup producono dei risulta:, i quali mostrano che in generale
i messaggi provenien: dall’ingroup hanno un maggiore impa4o persuasivo rispe4o a quelli dell’outgroup.
Tu4avia, quando il tema è rilevante rispe4o all’appartenenza di gruppo oppure quando la posizione
sostenuta dalla fonte non è immediatamente chiara, i riceven: mostrano di procedere a elaborazioni
cogni:ve più impegna:ve solo nella condizione in cui la fonte sia un membro ingroup. Tale aTvità cogni:va
si rifle4e sulle misure di controllo e si traduce in un maggiore cambiamento di a4eggiamento solamente di
fronte agli argomen: convincen:. La variabile rela:va alla forza degli argomen: non ha nessun impa4o
significa:vo nelle condizioni in cui la fonte sia membro dell' outgroup. Ques: risulta: indicano che quando
una persona riceve un messaggio proveniente da una fonte con la quale condivide un’appartenenza sociale,
può u:lizzare quest'ul:ma informazione come un segnale euris:co oppure può percepire il messaggio
trasmesso come maggiormente rilevante e quindi procedere a una più a4enta analisi del contenuto.
Molto sorprendente risulta l'effe4o provocato anche dalla somiglianza fisica.
———

CAPITOLO 4: Il ricevente
Introduzione
Di fronte ad una comunicazione persuasiva, il ricevente deve stabilire se la posizione in esso contenuta èm
acce4abile. Su questo giudizio confluiscono gli effeT delle cara4eris:che individuali ma anche la stru4ura
dell'a4eggiamento sul quale il messaggio vuole agire e gli effeT delle condizioni con:ngen: in cui il
ricevente si trova come per esempio il suo umore.
Abbiamo già più volte accennato al cambiamento di a4eggiamento come il risultato di un'aTvità cogni:va
di elaborazione delle informazioni che varia in funzione di determinate condizioni. Le cara4eris:che socio
psicologiche delle audience sono importan: e spiegano in buona parte la differenza di impa4o che lo stesso
messaggio provoca nelle stesse condizioni, su persone diverse. La ricerca psicosociale ha individuato mol:
fa4ori personali che intervengono a moderare il potere persuasivo dei contenu:.

1. Il processo di elaborazione delle informazioni


TITOLO 10
A par:re dal vasto programma di ricerca svolto a Yale da Hovland e dai suoi collaboratori, si sono sviluppate
due teorie fondamentali riguardan: il processo di elaborazione che può sfociare nel cambiamento a4eso.
La prima è quella che McGuire chiama paradigma dell'elaborazione dell'informazione, la seconda è stata
definita approccio della risposta cogni:va. Esse non propongono due concezioni alterna:ve dello stesso
processo ma piu4osto una linea di sviluppo teorico avvenuto nel tempo.

1.1 Il paradigma dell'elaborazione dell’informazione


È la prima esplicita interpretazione della persuasione in termini di processo cogni:vo di elaborazione delle
informazioni. L'analisi di McGuire deriva dire4amente dalla riflessione compiuta sugli studi di Hovland, i
quali avevano suggerito che l'impa4o della comunicazione persuasiva poteva essere colto considerando un
processo a tre fasi in sequenza temporale: l'a4enzione rivolta al messaggio, la comprensione del suo
contenuto e l’acce4azione della conclusione. McGuire sviluppa questa idea e concepisce un processo
cos:tuito da sei fasi: presentazione del messaggio, a4enzione, comprensione dei contenu:, acce4azione
della posizione sostenuta da questo, memorizzazione della nuova opinione, comportamento.
Secondo questo paradigma la comunicazione persuasiva esercita un impa4o sul ricevente se ciascuna delle
sei fasi si svolge senza interruzioni. Occorre in primo luogo che l'individuo sia posto concretamente nella
situazione in cui il messaggio viene presentato e può essere da lui percepito. Questo però non è sufficiente.
È necessario che la stessa persona vi pres: a4enzione. L'effe4o dell'esposizione è nullo se la persona al
momento della pubblicità ad esempio, abbassa il volume e legge il giornale. Una volta assicurata
l'a4enzione, il ricevente deve essere in grado di capire il contenuto del messaggio. Egli infaT non potrà
essere influenzato da informazioni trasmesse a4raverso codici a lui estranei come linguaggi tecnici e
specialis:ci. In genere ques: codici vengono u:lizza: proprio per raggiungere gruppi par:colari di persone.
La quarta fase è quella in cui il ricevente elabora un certo grado di accordo, necessario perché modifichi la
propria opinione nella direzione prevista dal messaggio. Questa nuova opinione deve poi essere
memorizzata per poter essere u:lizzate nella situazione per:nente in cui è richiesto un dato
comportamento. È frequente che un ricevente elabori le informazioni E acceT le conclusioni di un dato un
messaggio ma se ne dimen:chi in seguito. Il fallimento di uno solo di ques: passaggi interrompe il
processo.
Le fasi previste da questo modello oggi non suonano certo come una scoperta eccezionale, ciò che risulta
interessante è che l'idea è stata formalizzata in un modello stocas:co. La probabilità di a4uazione di ogni
passaggio è proporzionale alla probabilità congiunta che si verifichino tuT i passaggi preceden:. Il modello
dunque è configurato come una catena di risposte. Questo spiega la difficoltà di modificare gli
a4eggiamen: e i comportamen: rela:vi. Raramente infaT si verifica la situazione in cui una risposta certa,
nella maggioranza dei casi la sua manifestazione è più o meno probabile.
Sul piano empirico è molto difficile riuscire a scindere le fasi e verificare cosa succede in ognuna di esse. Per
esempio non si può valutare l’a4enzione del ricevente a un contenuto se non chiedendogli di ricordarlo.
L’operazione di ricordo tu4avia, implica ben più dell’a4enzione: comprende anche la decodifica del
messaggio e l’immagazzinamento in memoria dello stesso in modo tale da renderne possibile il recupero.
Per queste ragioni, il modello è stato testato nella sua forma semplificata in due fasi: ricezione e
acce4azione. La quinta fase, quella della memorizzazione, è stata studiata prevalentemente in relazione al
problema della persistenza del cambiamento indo4o nel processo persuasivo, mentre l'ul:ma fase, quella
che me4e in rapporto il nuovo a4eggiamento al comportamento, è stato ogge4o di un altro filone molto
produTvo di ricerca.
L'equazione che esprime il modello nella versione semplificata è la seguente: P(i) = P(r) x P(a)
Cioè la probabilità di essere influenza: dal messaggio persuasivo Pi È uguale al prodo4o della probabilità di
ricevere adeguatamente il messaggio per la probabilità di acce4arne le conclusioni Pa.

TITOLO 11
Secondo McGuire l'importanza rela:va di ricezione e accordo varia in dipendenza da fa4ori di contesto, per
esempio la ricezione assume un peso maggiore nell'equazione quando il messaggio è complesso mentre
l'accordo risulta più importante se il messaggio è par:colarmente semplice. Il potere prediTvo di questo
modello, diminuisce molto quando il processo in considerazione avviene al di fuori del laboratorio. Negli
esperimen: di laboratorio oltre all'assenza degli elemen: di distrazione che ogni individuo comunemente
ha intorno, spesso vengono u:lizza: i messaggi semplici e presenta: a studen: universitari che si suppone
abbiano un buon livello di abilità di comprensione.

1.2 l'approccio della risposta cognitiva


La prospeTva assunto dagli studiosi di Yale e da McGuire nel suo paradigma dell'elaborazione
dell'informazione, vede il ricevente in un ruolo piu4osto passivo. Greenwald Me4e in discussione questa
concezione so4olineando l'importanza della rielaborazione dei contenu: del messaggio da parte del
ricevente (idea che verrà sviluppata in seguito solo da Pe4y, Ostrom e Brock).
L'approccio al ruolo del ricevente che propongono ques: autori si basa sull'idea che l'impa4o persuasivo
sia sopra4u4o determinato dalla natura delle risposte cogni:ve che il ricevente formula quando rifle4e su
una comunicazione. Ques: autori non si contrappongono in maniera radicale al modello di processo che
abbiamo illustrato, non negano quindi la necessità di una forma di apprendimento dei contenu: e
nemmeno un'importanza delle fasi, ma associano all'apprendimento l'interpretazione dei contenu:. La
reazione soggeTva sarebbe in questo caso l'elemento che media fra l’esposizione ad un messaggio e
l'effeTvo cambiamento degli a4eggiamen: rela:vi. Secondo questo approccio il ricevente me4e in
relazione l'informazione contenuta nel messaggio con le credenze che egli possiede. Il risultato di questa
elaborazione è il fa4ore che media l'effe4o persuasivo. Quanto più un messaggio sarà in grado di evocare
una grande quan:tà di pensieri favorevoli tanto più risulterà persuasivo.
La ricerca condo4a secondo questa prospeTva si pone l'obieTvo di individuare i fa4ori che favoriscono o
inibiscono l'aTvità cogni:va di risposta e i fa4ori che ne influenzano la direzione rispe4o alla posizione
sostenuta nel messaggio. Per poter indagare empiricamente l'aTvità di rielaborazione indo4a dalle
informazioni presentate nel messaggio, gli autori hanno sviluppato la tecnica della lista dei pensieri. La
procedura sperimentale prevede che i ricercatori presen:no ai partecipan: il messaggio persuasivo,
rilevino la misura degli a4eggiamen: nei confron: del tema, e poi chiedono loro di scrivere la lista dei
pensieri e delle idee rilevan: che sono loro venuto in mente a fronte del messaggio. Queste liste vengono
poi codificate da giudici indipenden: generalmente con l'obieTvo di formare due categorie, favorevole e
sfavorevole al contenuto del messaggio. L'u:lizzo di questa tecnica presuppone la possibilità che l'individuo
abbia accesso dire4o alla propria aTvità cogni:va eliminando la tendenza a gius:ficare l'a4eggiamento
appena espresso. Per ovviare a questo rischio viene previsto un lasso di tempo limitato durante il quale il
partecipante formula la lista in modo tale da non consen:re ulteriori elaborazioni di contenuto. Questa
tecnica con:nua a essere frequentemente u:lizzata negli esperimen: emerge però tu4avia la necessità di
individuare modalità più dire4e non soltanto autoriportate per cogliere la quan:tà delle risposte cogni:ve.
Concepire il processo di persuasione in termini di risposta cogni:va non porta a una teoria generale,
piu4osto ad un orientamento culturale che so4olinea l'importanza dell'aTvità cogni:va individuale di
rielaborazione dei contenu: propos:. Tale orientamento ha cara4erizzato da interessan: ricerche
riguardan: l'impa4o dei fa4ori di distrazione sull'aTvità cogni:va avviata per far fronte ad un messaggio
persuasivo.
Fes:nger e Maccoby o4engono un risultato controintui:vo: fa4ore di distrazione presen: nella situazione
persuasiva possono facilitare l'acce4azione di una comunicazione contro aTtudinale. Gli autori fanno
ascoltare a due gruppi di studen: uno stesso messaggio che sos:ene una posizione contraria a quella
espressa preliminarmente dagli stessi. Un gruppo viene distra4o dalla proiezione di un film divertente,
mentre l'altro ha l'opportunità di ascoltare tranquillamente il messaggio. Le misure rilevate dopo questa
manipolazione mostrano che il primo gruppo viene influenzato dal messaggio più del secondo. Gli autori
TITOLO 12
interpretano ques: risulta: ipo:zzando che quando un ricevente viene posto di fronte ad un messaggio
contro aTtudinale comincia un'aTvità mentale di contro argomentazione. Se questa viene impedita da
fa4ori esterni di distrazione, la resistenza alla comunicazione si indebolisce, favorendo l'acce4azione del
messaggio. Rimangono comunque problemi di ordine metodologico che non consentono di escludere
spiegazioni alterna:ve come il punto che l'effe4o può essere dovuto al fa4o che la visione di un film
divertente non è solo un elemento di distrazione ma può indurre anche un umore posi:vo favorendo la
disponibilità a essere persuaso. Gli autori inoltre non avevano previsto nell'esperimento la rilevazione di
indicatori dell'aTvità di controargomentazione.
Fes:nger e Maccoby sostengono l'ipotesi che la distrazione facili: l'acce4azione della comunicazione
discrepante a4raverso l'inibizione del processo di contro argomentazione. La lunghezza della lista dei
pensieri è infaT correlata nega:vamente con il grado di acce4azione della posizione sostenuta nel
messaggio. Alla luce di ques: risulta: Osterhouse e Brock affermano che la contro argomentazione prende
il via quando il ricevente si trova esposta ad un messaggio che sos:ene posizioni la cui acce4azione
avrebbe conseguenze nega:ve per lui o per lei o che contraddicono fortemente la sua opinione in un
ambito a forte implicazione personale.
Pe4y, Wells e Brock trovano che la distruzione interferisca con la risposta dominante al messaggio, quella
cioè che il ricevente evoca con maggiore facilità. Questo può essere favorevole o sfavorevole alla posizione
in questo sostenuta.
Nel caso di risposta dominante favorevole la distrazione porta alla diminuzione dell'impa4o persuasivo.
Viceversa se la risposta dominante è sfavorevole l'interferenza facilita l'acce4azione del messaggio.

2. Le differenze individuali
Lo studio delle differenze individuali come possibile causa di fenomeni psico-sociali ha conosciuto alterne
fortune nella psicologia sociale sopra4u4o statunitense. Dalla metà degli anni 60 gli studiosi hanno rivolto
interesse all’analisi del ruolo di traT di personalità o cara4eris:che personali nella determinazione dei
fenomeni allo studio. Successivamente lo sguardo si è spostato a fa4ori ambientali e sociali fino a che negli
anni 80 si assiste ad una riscoperta dell’individuo. In ques: anni vengono concepite numerose scale
standardizzate finalizzate a cogliere misure di mo:vazioni individuali rela:vamente stabili. In par:colare
nell'ambito degli studi della persuasione l'analisi delle differenze individuali ha un forte potere applica:vo:
conoscere l'impa4o persuasivo differenziato dovuto anche a certe cara4eris:che del ricevente perme4e di
concepire comunicazioni mirate a segmen: di popolazione. Sul piano scien:fico sono state messe a fuoco
cara4eris:che individuali sia di :po socio demografico quali genere ed età, sia di :po Psicografico cioè
quelle che fanno riferimento ai traT di personalità.

2.1 L’intelligenza e l’autostima


Lo studio dell'impa4o persuasivo di intelligenza e autos:ma prende il via a par:re dalla versione a due fasi
del modello di McGuire. L'equazione che formalizza il modello è cos:tuito da due termini, quello rela:vo
alla probabilità che l'individuo riceva corre4amente il messaggio e quello rela:vo alla probabilità che lo
acceT. In questo modello viene dato grande risalto sopra4u4o al primo fa4ore in quanto prerequisito
perché il secondo possa verificarsi. La ricezione viene sperimentalmente rilevata chiedendo ai partecipan:
di ricordare il contenuto del messaggio dopo averlo ascoltato. L'acce4azione della posizione sostenuta in
un messaggio in qualche misura diversa da quella che l'individuo manifesta prima dell'esposizione adesso
viene considerata sinonimo di cambiamento di opinione.
Alcune ricerche hanno confermato che la comprensione del messaggio è un fa4ore che media il processo di
influenza. McGuire avanzo allora l'ipotesi che intelligenza e autos:ma agiscono in modo opposto sulla
ricezione e sull’acce4azione. Una persona intelligente è maggiormente in grado di capire il messaggio
rispe4o ad una meno intelligente ma sarà anche meno propensa ad acce4arne le conclusioni

TITOLO 13
acri:camente. Tu4avia se il messaggio è par:colarmente semplice, l'importanza del fa4ore ricezione
diminuisce, in questo caso l'intelligenza appare semplicemente correlata in modo nega:vo alla probabilità
di cambiamento di opinione finale. Dunque ad al: gradi di intelligenza e autos:ma si o4erranno effeT
persuasivi modes: in quanto l'acce4azione del messaggio è poco probabile, ma anche a bassi livelli di
autos:ma e intelligenza dovremmo aspe4arci modes: effeT persuasivi dovu: alla scarsa probabilità di
comprensione.
Secondo l'oTca centrata sulla risposta cogni:va, l'importanza della ricezione è molto minore rispe4o alla
valutazione idiosincra:ca che l'individuo compie di ciò che riceve. Lo stesso argomento ben compreso può
apparire ad una persona come convincente, ad un'altra poco convincente e ad una terza addiri4ura
ridicolo. Inoltre la ricezione soggeTva alla comunicazione non riguarda solo il contenuto del messaggio ma
anche elemen: di sfondo come la fonte e il contesto.
Rhodes e Wood conducono un’importante metanalisi per confrontare i risulta: degli studi che indagano
l'effe4o dell'intelligenza e dell'autos:ma sul cambiamento di a4eggiamento. A proposito dell'intelligenza
tu4e le ricerche pubblicate ecce4o una considerano soltanto due livelli di intelligenza u:lizzando i punteggi
o4enu: dai partecipan: su varie scale standardizzate. Questo fa4o rende impossibile verificare l'esistenza
o meno di una relazione curvilineare. In genere l'analisi conferma che i partecipan: categorizzar: come
molto intelligen: mostrano una resistenza significa:vamente maggiore agli inten: persuasivi rispe4o a
quelli meno intelligen:. L'unico tra gli esperimen: (Eagly e Warren) che non considera soltanto due livelli di
intelligenza, ma ne considera anche un livello intermedio, evidenzia risulta: interessan:. Le autrici
presentano ai partecipan: due versioni del messaggio persuasivo contro aTtudinale, una più complessa e
l'altra più semplice. Effe4uano inoltre la rilevazione della lista dei pensieri. I risulta: mostrano che il
cambiamento di a4eggiamento tende a essere correlato posi:vamente con l'intelligenza nella condizione di
messaggio complesso e nega:vamente nella condizione di messaggio semplice. Secondo le autrici il ruolo
mediazione della comprensione sul cambiamento di a4eggiamento è confermato dal fa4o che i riceven:
più intelligen: dimostrano effeTvamente un migliore ricordo e comprensione dei contenu: del messaggio.
Per quanto riguarda l'autos:ma, la metanalisi di Rhodes e Wood rileva che le ricerche che considerano
soltanto due livelli di s:ma di se confermano l'ipotesi secondo la quale le persone che hanno un'alta
autos:ma sono meno facilmente influenzabili rispe4o a quelle che hanno bassa s:ma di sé. In questo
ambito sono sta: comunque condoT un certo numero di esperimen: che includono un livello intermedio.
Ques: ul:mi fanno emergere la relazione curvilineare ipo:zzata da McGuire: le persone categorizzate a
livelli intermedi di s:ma di se sono quelle che più facilmente cambiano a4eggiamento a fronte di messaggi
persuasivi. Dagli studi che riportano misure di ricordo dei contenu: si desume che l'alta autos:ma è
associata ad un migliore ricordo, dunque agisce aumentando la ricezione. Gli autori pongono l'accento su
un problema di ordine metodologico: se l'intelligenza può essere rilevata soltanto mediante l'u:lizzo di
scale standardizzate, diversi livelli di s:ma di sé possono essere o4enu: a4raverso la manipolazione
sperimentale dire4a. In quest'ul:mo caso generalmente i ricercatori inducono il livello desiderato dando ai
partecipan: falsi feedback a compi: preliminari. Gli autori fanno notare che a4raverso l'uso delle scale
standardizzate si rileva uno stato cronico supposto rela:vamente stabile nel tempo mentre con la seconda
tecnica si induce uno stato acuto con:ngente. La metanalisi consente di evidenziare effeT diversi nei due
casi: soltanto il livello di s:ma di sé cronica mostra una relazione nega:va con il cambiamento di
a4eggiamen:, mentre gli Sta: acu: non provocano effeT significa:vi.

2.2 Il genere
Le differenze di genere cos:tuiscono un ambito di grande interesse nello studio di mol: fenomeni psico-
sociali. In par:colare per quanto riguarda il cambiamento di a4eggiamen:, generalmente le donne sono
considerate più facilmente influenzabili degli uomini. Eagly fa notare che un gran numero di manuali
americani di psicologia sociale considera una maggiore influenzabilità delle donne come un risultato chiaro
e corroborato da prove empiriche o4enute nell'ambito degli studi sulla persuasione ma anche su quello
dell'influenza sociale e della conformità. Per approfondire questa affermazione, l'autrice conduce una
TITOLO 14
rassegna delle ricerche nei due ambi: che includono come variabile indipendente il genere dei
partecipan:. L'impianto sperimentale nei due ambi: si differenzia in quanto perlopiù gli esperimen: sulla
persuasione prevedono che ogni partecipante sia esposto a una comunicazione nella quale una fonte
argomenta per sostenere una data posizione mentre negli esperimen: sulla conformità la fonte di influenza
non argomenta la propria posizione e non mostra l'intenzione esplicita di influenzare l’interlocutore.
Su 62 studi sulla persuasione, solo 10 riportano una differenza significa:va in direzione di una maggiore
influenzabilità delle donne mentre in 51 esperimen: la differenza donne/uomini non risulta sta:s:camente
significa:va, uno studio poi rileva una maggiore influenzabilità da parte degli uomini anche se quest'ul:mo
tu4avia è stato condo4o con partecipan: del Kenya mentre negli altri i partecipan: erano studen:
americani.
Con lo sviluppo di tecniche sta:s:che sempre più sofis:cate si è concre:zzata la possibilità di confrontare le
varie ricerche non solo in termini di distribuzione in categorie ma anche di analizzare l'effe4o indagato in
modo trasversale agli studi stessi. Cooper confronta tra loro queste due metodologie. Riprende gli studi, ne
standardizza i risulta: in modo da renderle comparabili aldilà dell'uso di diverse scale e trova che sull'intero
insieme la differenza fra donne e uomini risulta effeTvamente significa:va in direzione di una maggiore
influenza abilità delle donne. Questa differenza emerge in modo ne4o sopra4u4o dal so4oinsieme di
ricerche dove fonte e bersaglio dell'influenza sono in una situazione face to face.
Tale differenza è stata confermata recentemente confrontando l'efficacia di un messaggio persuasivo
veicolato per mail oppure in una situazione faccia a faccia. Mentre gli uomini non mostrano differenze
dovute alle due modalità, le partecipan: donne esprimevano un maggior grado di accordo con la fonte
nella modalità faccia a faccia rispe4o a quella via mail. Una metanalisi ha però dimostrato che la differenza
di genere spiega l'1% della varianza totale nell'influenzabilità.
Le interpretazioni che sono state date a questo fenomeno nel corso del tempo sono molteplici. Possiamo
dividerle in spiegazione di merito e richiami metodologici. Per quanto riguarda quest'ul:ma categoria Eagly
fa notare che l'effe4o può essere un prodo4o ar:ficiale di una situazione globalmente più familiare per gli
uomini che per le donne. InfaT i temi rispe4o ai quali si induce l'influenza nelle ricerche sono spesso quelli
conosciu: sopra4u4o dagli uomini, ad esempio la poli:ca. I ricercatori sono nella maggioranza dei casi
maschi, quindi si confrontano da: che emergono da coppie ricercatore partecipante omogenee nel caso di
partecipan: uomini ed eterogenee nel caso di partecipan: donne: nei due casi la differenza nelle risposte
può essere dovuta anche a una diversa preoccupazione circa l'impressione di sé che si produce nell’altro.
Aldilà degli effeT dovu: all'ar:ficialità della situazione sperimentale sono state individuate alcune ragioni
di ordine sociologico. Eagly sos:ene che generalmente si è fa4o appello alle a4ese di ruolo:
tradizionalmente donne e uomini assumono ruoli diversi in relazione ai quali si sviluppano delle a4ese circa
i comportamen: che i due sessi me4ono in a4o. Le aspe4a:ve di ruolo verrebbero interiorizzate fin
dall'infanzia a4raverso la socializzazione. L'autrice sembra propensa a interpretare la maggiore
influenzabilità femminile ricorrendo al conce4o sociologico di status, infaT gli uomini sono spesso in
posizione di potere nei vari ambi: vitali; in queste posizioni esercitano quella che viene denominata
influenza norma:va. Esisterebbe secondo l'autrice è una teoria implicita condivisa da uomini e donne
secondo la quale il potere di indurre condiscendenza è un prodo4o dello status. Dato che gli uomini
possiedono uno status generalmente superiore la persone ritengono più probabile che essi siano in grado
di indurre condiscendenza. Nella situazione sperimentale si realizza una condizione di eguaglianza formale
di status.
Possiamo infine ricordare un'interpretazione psicologica della differenza di genere compa:bile anche con
quelle sociologiche viste sopra. È stato riscontrato che le donne sono maggiormente a4ente in ogni
situazione agli aspeT di relazione interpersonale mentre gli uomini sono più focalizza: sul se individuale.
A conclusione di questo paragrafo possiamo sostenere che è possibile individuare numerose ragioni
teoriche in grado di spiegare la maggiore propensione femminile al cambiamento dei propri a4eggiamen:.
Non è altre4anto semplice sostenere che questa propensione si manifes: concretamente.

TITOLO 15
2.3 Personalità e persuasione
Sorprendentemente non sono mol: gli studi che hanno messo in relazione le cara4eris:che di personalità
dei riceven: con la loro vulnerabilità alla persuasione. Eppure la personalità orienta il modo in cui gli
individui rispondono agli s:moli dell’ambiente e i messaggi persuasivi sono esempi di ques: s:moli. In altre
parole i riceven: possono reagire in modo diverso la stessa strategia persuasiva in relazione alle loro
propensioni individuali.
Uno dei modi più diffusi per segmentare i potenziali riceven: a seconda della loro personalità si basa sulla
teoria dei Big Five. Secondo questa teoria, la personalità degli individui si cara4erizza e varia su cinque
fa4ori: estroversione introversione, amichevolezza, coscienziosità, nevro:cismo, apertura all’esperienza.
La prevalenza di un fa4ore sugli altri dis:ngue uno specifico sistema di mo:vazione. In estrema sintesi le
persone cara4erizzate da estroversione sono par:colarmente sensibili ai riconoscimen: esterni e alla
tensione che viene a loro dedicato dal proprio ambiente sociale; quelle amichevoli valorizzano gli obieTvi
comuni e l'armonia interpersonale; i coscienziosi cercano ordine efficienza e riuscita personale; le persone
con al: punteggi di nevro:cismo sono intolleran: dell'incertezza e delle minacce dell'ambiente e infine le
persone par:colarmente aperte all'esperienza ricercano aTvamente e hanno bisogno di s:moli
intelle4uali.
I pochi studi condoT in questo ambito però non hanno ancora fornito prove convincen: del fa4o che le
cara4eris:che di personalità rendono i riceven: più o meno vulnerabile alla persuasione.
In uno studio ad esempio, il messaggio era finalizzato a incoraggiare l'aTvità fisica dei partecipan:
a4raverso l'uso di un'applicazione sullo smartphone. Gli autori confrontano l'efficacia di o4o taTche
persuasive dopo aver elaborato il profilo di personalità dei partecipan: sui big five. Dai risulta: non emerge
nessuna tendenza sistema:ca di influenza. I partecipan: con al: punteggi di coscienziosità erano
influenza: da due taTche poste mentre perlopiù si osservavano effeT di resistenza all'influenza sulle
persone con al: punteggi di estroversione.
Dunque la personalità non definisce una generica variabilità nella vulnerabilità della persuasione. Ma cosa
succede se vengono confeziona: appelli persuasivi su misura? Una stessa posizione sostenuta in un
messaggio o un :po di appello potrebbero essere percepi: come più o meno interessan: e convincen: a
seconda di quanto rendono salien: elemen: che corrispondono ai diversi orientamen: di personalità.
Questa ipotesi di corrispondenza messaggio-personalità del ricevente è spesso data per scontata dei
professionis: della pubblicità.
Al momento l'unico studio che testa dire4amente questa ipotesi è quello di Hirsh, Kang e Bodenhausen. Gli
studiosi hanno costruito cinque versioni di una pubblicità di un telefono cellulare, facendo variare il
messaggio che accompagnava l'immagine. Ogni messaggio era declinato in modo da poter corrispondere
agli orientamen: di personalità descriT sopra. Le cinque pubblicità sono state so4oposte alla valutazione
di 324 persone adulte che avevano preven:vamente compilato la scala per rilevare i loro traT di
personalità. I risulta: mostrano l'effe4o della corrispondenza fra frame del messaggio e personalità: i
risponden: valutavano le pubblicità tanto più efficaci quanto più il messaggio corrispondeva al loro
orientamento di personalità. Questo studio fornisce le prove empiriche più dire4e che oggi abbiamo a
disposizione sulla corrispondenza personalità frame del messaggio.
Di fronte a questa scarsità di prove scien:fiche sorprende un po' lo sforzo di profilazione su base
psicografica che oggi viene compiuto dalle agenzie di comunicazione o dalle aziende a4raverso il
comportamento online degli uten: dei social network.
Ciò non significa affermare che la pra:ca di proge4are i messaggi su misura non funzioni tout court. Il
tenta:vo di dividere i consumatori in segmen: e di calibrare i messaggi per ques: segmen: è datata.
L'efficacia di tale pra:ca dipende dai criteri sui quali si costruiscono i segmen:.

TITOLO 16
3. Caratteristiche strutturali degli atteggiamenti bersaglio
Oltre a interrogarci su quali persone siano più facilmente influenzabili di altre, dobbiamo anche dis:nguere
a4eggiamen: più facilmente modificabili di altri nella stessa persona. La vulnerabilità del singolo
a4eggiamento agli appelli persuasivi dipende dalle cara4eris:che che assume la rela:va stru4ura cogni:va
nella memoria dell’individuo.
Un a4eggiamento si può definire forte quando presenta due peculiarità: è durevole e provoca un impa4o.
La durevolezza riguarda sia la persistenza nel tempo anche in assenza di tenta:vi di cambiamento da parte
di fon: di influenza, sia la resistenza, mentre l'impa4o riguarda l'influenza che l'a4eggiamento esercita sui
processi di elaborazione delle informazioni e sul comportamento.
Per definizione dunque gli a4eggiamen: più facilmente influenzabili sono quelli meno for:. Ne deriva che
ogni a4ributo aTtudinale che contribuisce a rafforzare l'a4eggiamento contribuisce anche a rendere meno
probabile il successo della comunicazione persuasiva. Tali a4ribu: possono essere di qua4ro :pi:
1. AspeT intrinseci all’a4eggiamento
2. AspeT che riguardano la stru4ura cogni:va nella memoria
3. Credenze soggeTve
4. Le modalità a4raverso le quali l’a4eggiamento si è formato

Gli a4eggiamen: estremi risultano più for: rispe4o a quelli meno estremi: sono più prediTvi del
comportamento e più resisten: a tenta:vi di influenza. Persone che possiedono già un a4eggiamento
rela:vamente forte esposte a informazioni miste tendono a selezionare, prestare a4enzione e interpretare
queste informazioni in modo distorto in direzione del sostegno del loro a4eggiamento iniziale. Lo stesso
effe4o non si osserva su persone che esprimono posizioni iniziali moderate.
Più controverso appare l'impa4o della comunicazione persuasiva sugli a4eggiamen: ambivalen:.
L'ambivalenza aTtudinale è definita come la coesistenza fra valutazioni posi:ve e nega:ve
nell'a4eggiamento che una persona ha nei confron: di un ogge4o. A tu4'oggi non è chiaro se questo :po
di a4eggiamen: sia in via generale più o meno facilmente modificabile in seguito all'esposizione ad una
comunicazione persuasiva rispe4o ad a4eggiamen: meno ambivalen:.
La ricerca di Hodson, Maio e Esses mostra che le persone ambivalen: nei confron: delle poli:che di Welfar
si esprimono maggiormente in accordo con la posizione sostenuta dalla maggioranza rispe4o alle persone
non ambivalen:. In par:colare ques: ricercatori hanno manipolato il livello di consenso su posizioni
favorevoli vs contrarie a poli:che di welfare e hanno osservato uno spostamento verso il consenso della
maggioranza da parte dei partecipan: che avevano punteggi al: sull'ambivalenza e uno spostamento in
direzione contraria da parte di quelli con bassi livelli di ambivalenza. Ques: risulta: fanno rifle4ere sugli
effeT che provoca la diffusione dei sondaggi: i risulta: dei sondaggi agiscono sulla percezione di
norma:vità di una data posizione e in questo modo influenzano quella larga parte di popolazione che di
fronte a oggeT sociali complessi si forma a4eggiamen: ambivalen:. Occorre però approfondire la natura
dei cambiamen: che si inducono.
Alcuni studi sembrano portare altri elemen: di sostegno all'ipotesi della flessibilità adaTva assicurata
dall'ambivalenza mostrando che di fronte ad un messaggio persuasivo di :po norma:vo le persone
ambivalen: cambiano il proprio a4eggiamento sulle dimensioni esplicitamente citate nel messaggio,
mentre non la modificalo su aspeT a esse associate ma non esplicitate. Le persone poco ambivalente si
comportano all’opposto.
L'ambivalenza consen:rebbe dunque di esprimere diverse connotazioni su diversi piani senza avviare un
vero e proprio cambiamento. L'espressione del giudizio sulla dimensione dire4a è quella regolata dalle
norme sociali mentre la dimensione indire4a può soddisfare altre funzioni dell'a4eggiamento, come quella
della difesa del sé o della stabilità.

TITOLO 17
Per quanto riguarda l'accessibilità, il fa4o di possedere a4eggiamen: accessibili rende le persone più
impermeabili alle nuove informazioni sopra4u4o quelle non congruen: con la stru4ura cogni:va. Ma
anche quando informazioni incongruen: vengono percepite la loro eventuale elaborazione può avvenire in
modo distorto poiché l'interpretazione è guidata dall'a4eggiamento preesistente e finalizzata ad una sua
conferma.
Quando gli even: e gli oggeT cambiano la propria natura nel corso del tempo, l'uso automa:co della
stru4ura cogni:va altamente accessibile impedisce all'individuo di percepire rapidamente tale
trasformazione quindi il cambiamento diviene meno probabile. Per capire l'effe4o dell'interesse personale
verso l'ogge4o nella rafforzare l'a4eggiamento facciamo ricorso alla teoria del giudizio sociale. Secondo
tale teoria l'a4eggiamento può essere concepito come la posizione che una data persona de:ene su un
con:nuum di valutazione che va da estremamente favorevole a estremamente sfavorevole rispe4o ad un
ogge4o. Questo con:nuum è cos:tuito da tre zone: una di acce4azione, dove si posizionano le
affermazioni riguardo all'ogge4o che vengono ritenu: acce4abili, una di rifiuto, dove si posizionano le
opinioni che la persona giudica inacce4abili, e infine la zona di non impegno ovvero la parte dove possono
essere collocate opinioni con le quali non si è ne in accordo ne in disaccordo. L'ampiezza rela:va alle tre
zone varia fra le persone e per diversi oggeT di a4eggiamento. Se una persona si sente molto coinvolta
rispe4o ad un ogge4o di a4eggiamento questo avrà un'ampia zona di rifiuto e una piccola zona di non
impegno.
È stato osservato negli studi empirici che l'ampiezza della zona di acce4azione non è correlata al grado di
coinvolgimento personale. Ad esempio un aTvista di Greenpeace posto di fronte ad un certo numero di
affermazioni che riguardano l'ambiente sarà propenso a classificarne alcune come acce4abili, altre come
inacce4abili e pochissime come neutrali. Nel procedere a questa categorizzazione intervengono due
tendenze: l'assimilazione e il contrasto, che distorcono la percezione della reale discrepanza fra la propria
posizione e quella sostenuta nel messaggio codificato. È a questo punto che gli a4eggiamen: preesisten:
giocano il proprio ruolo. L'individuo colloca il proprio a4eggiamento riguardo all'ogge4o in ques:one in un
punto preciso della zona di acce4azione e questa collocazione funge da àncora per situare le informazioni
rilevan: incontrate successivamente. Si è osservato che le affermazioni vicino al proprio a4eggiamento
vengono assimilate ad esso e quindi percepite come più simili a quanto tu lo siano in realtà. L'effe4o di
assimilazione avviene per quelle opinioni che cadono nella la:tudine di acce4azione e nella prima zona di
confine della regione di non impegno. L’effe4o di contrasto si verifica rispe4o alle opinioni che si collocano
nella la:tudine dal rifiuto o nella zona di confine del non impegno, in questo caso la reale discrepanza viene
sovras:mata.
La teoria può essere applicata al processo di cambiamento di a4eggiamento in quanto perme4e di chiarire
come la discrepanza percepita dal ricevente sia un fa4ore che influenza fortemente la ampiezza di tale
cambiamento. L'effe4o di assimilazione implica un giudizio favorevole da parte del ricevente sulla posizione
esposta nel messaggio mentre l'effe4o di contrasto implica un giudizio sfavorevole. Nel primo caso si
osserva un cambiamento di a4eggiamento nella direzione a4esa mentre nel secondo si osserva una
resistenza alla comunicazione o addiri4ura un effe4o boomerang ovvero un cambiamento nella direzione
opposta con funzioni difensive.
Il cambiamento allora può aumentare man mano che il messaggio sos:ene posizioni che si allontanano da
quella originale del ricevente ma solo fino a quando agisce l'effe4o di assimilazione, oltre questa soglia il
cambiamento diminuisce fino a diventare nega:vo. Il picco di maggior cambiamento si dovrebbe osservare
in condizione di discrepanza reale moderata tra l'a4eggiamento originario del ricevente e la posizione
sostenuta nel messaggio. È stato osservato che la rilevanza personale a4ribuita all'ogge4o di
a4eggiamento rende più for: gli a4eggiamen: di assimilazione-contrasto.

4. Il ruolo dell’umore

TITOLO 18
Aldilà delle cara4eris:che rela:vamente stabili del ricevente, il suo stato con:ngente può predisporlo a
essere più o meno vulnerabile a richiami persuasivi. Nel presente paragrafo ci chiediamo come agisca
l'umore del ricevente sulla probabilità che acceT una posizione o un prodo4o promosso in un messaggio
persuasivo.
Diverse delle ricerche empiriche che offrono suggerimen: u:li a rispondere, sono state condo4e nel
quadro dell’ELM E hanno considerato perlopiù lo stato d'animo della ricevente come un fa4ore in grado di
influenzare la profondità di elaborazione che egli è disposto ad affrontare. L'umore più o meno posi:vo è
stato spesso manipolato negli esperimen: a4raverso l'ascolto di musica piacevole, visione di film
diverten:, rievocazione scri4a di un evento felice di vita, prima dell'esposizione al messaggio.
In uno dei primi esperimen: condoT in questo ambito, Worth e Mackie inducono l'umore posi:vo in un
gruppo di partecipan: e presentano loro un messaggio contro aTtudinale sul problema delle piogge acide.
Il messaggio è stato cos:tuito in due versioni, una con:ene argomen: fortemente convincen:, l'altra
argomen: più deboli. I risulta: mostrano l'interazione dei due fa4ori indipenden:: mentre i partecipan: di
umore neutro cambiano a4eggiamento soltanto se ascoltano il messaggio argomentato in modo
convincente, quelle di umore posi:vo mostrano cambiamen: di a4eggiamento in entrambe le condizioni.
Sembrerebbe che i riceven: di umore posi:vo non si impegnino nell'elaborazione del contenuto del
messaggio al pari di coloro che sono di umore neutro.
Altre ricerche sembrano confermare che l'impa4o persuasivo dell'umore non si rifle4e tanto in modo
dire4o sugli a4eggiamen:, ma influenza le strategie di elaborazione dei contenu: che portano alla
definizione dei nuovi a4eggiamen: o al mantenimento di quelli preesisten:. L'umore infaT influenza la
mo:vazione a elaborare il contenuto del messaggio. Lo stato d'animo nega:vo informa il ricevente che
l'ambiente circostante presenta problemi di par:colare rilevanza personale, ciò richiede un aumento
dell'elaborazione delle informazioni per la risoluzione. Lo stato d'animo posi:vo invece informa l'individuo
del fa4o che nell'ambiente non sono presen: minacce quindi non è necessario inves:re risorse a4enzionali
rilevan:. Ma l'umore può influire anche sulla capacità cogni:va del ricevente. La presenza di pensieri
posi:vi nella memoria opera:va occupa uno spazio che non può più essere u:lizzato per l'elaborazione
delle informazioni contenute nel messaggio. Non è ancora del tu4o chiaro se anche l'umore nega:vo
provochi lo stesso effe4o.
Una metanalisi condo4a su 14 studi ha riportato prove empiriche a sostegno dell'interpretazione
mo:vazionale. InfaT in condizioni di umore posi:vo la capacità cogni:va dei riceven: si riduce un po', ma
non a tal punto da comprome4ere la possibilità di elaborare i contenu:. Piu4osto le persone di buon
umore sono mo:vate a evitare i messaggi potenzialmente minacciosi. I riceven: si formerebbero dunque
una rapida impressione del contenuto del messaggio e della sua potenziale capacità di disturbo dell’umore.
Un'oTca un po' diversa è introdo4a dagli studi che assumono come quadro teorico di riferimento l’APE
model. In questo caso l'obieTvo conosci:vo è quello di cogliere gli effeT della comicità nelle pubblicità.
InfaT mol:ssime pubblicità fanno ricorso alla comicità per accompagnare i loro richiami persuasivi. La
ripe:zione frequente della presentazione congiunta di prodo4o e s:molo divertente consente ai riceven:
di registrare nella memoria questa associazione che sarà la base per la formazione di un a4eggiamento
implicito posi:vo verso il prodo4o. La formazione dell'a4eggiamento è assicurata dal fa4o che ciò che fa
ridere comporta sempre una violazione delle aspe4a:ve dello spe4atore e quindi aTra la sua a4enzione.
L'a4enzione non è focalizzata sul prodo4o ma sulla scena umoris:ca. L'a4eggiamento implicito sarà poi
aTvato automa:camente nel momento in cui l'individuo si troverà di fronte al prodo4o influenzando così
la scelta. Esperienza dire4a del prodo4o può poi tradursi in a4eggiamento esplicito posi:vo a4raverso il
processo proposizionale. Si tra4a perlopiù di una strategia u:lizzata per prodoT di largo consumo e basso
impegno economico. I risulta: delle ricerche dimostrano che le persone ricordano meglio gli spot comici
rispe4o a quelli non comici ma non ricordano meglio le cara4eris:che del prodo4o pubblicizzato e ciò
conferma che la distrazione dal prodo4o evita una risposta cogni:va nega:va. Inoltre la ripe:zione
dell'esposizione congiunta di prodo4o ed elemento umoris:co diminuisce il tempo di latenza

TITOLO 19
nell'associazione fra prodo4o e aggeTvi posi:vi rispe4o a quando il prodo4o è associato ad un elemento
neutro.
Occorre tenere presente che concepire il ruolo dell'umore posi:vo che induce uno sketch in termini di
condizionamento valuta:vo non equivale a concepirlo come elemento periferico nei termini dell’ELM in
quanto nel primo caso i cambiamen: nella stru4ura associa:va sono rela:vamente stabili e influenzano il
comportamento di scelta in modo rela:vamente forte, mentre quando l'influenza è l’esito di un percorso
periferico il cambiamento che ne deriva è più instabile e superficiale.

5. L'effetto della corrispondenza


Lo sviluppo della conoscenza degli aspeT funzionali e stru4urali degli a4eggiamen: ha contribuito
ulteriormente a chiarire i processi che portano a loro cambiamento. In par:colare è diventato sempre più
evidente che la comunicazione persuasiva per essere tale deve incontrare le cara4eris:che stru4urali e
funzionali degli a4eggiamen: bersaglio. Si parla di effe4o di corrispondenza, matchino effect, per indicare
l'influenza che si esercita nella condizione in cui la comunicazione persuasiva faccia leva sugli elemen:
specifici che cara4erizzano l'a4eggiamento rela:vo. Tale effe4o si declina sia sul piano funzionale che sul
piano stru4urale.
Per quanto riguarda l'effe4o di corrispondenza funzionale esso è da considerarsi nel quadro degli approcci
funzionalis: allo studio degli a4eggiamen:.
Sono state individuate diverse funzioni che possiamo sinte:zzare come segue: funzione di conoscenza;
funzione strumentale; funzione espressiva; funzione di ada4amento sociale.
L'ipotesi della corrispondenza funzionale prevede che i tenta:vi di persuadere saranno tanto più efficaci
quanto più il messaggio fa leva sulla funzione prevalentemente assolta da quel dato a4eggiamento per
l’individuo. Diversi studi finalizza: a me4ere alla prova questa ipotesi hanno impiegato la scala di
automonitoraggio di Snyder. Le persone ad Alto automonitoraggio sono quelle che nelle relazioni
interpersonali vorrebbero sempre comportarsi in modo da rispe4are le norme implicite e il contesto sociale
specifico in cui si trovano e sen:rsi adegua: alla situazione. Le persone a basso automonitoraggio
desiderano che il proprio comportamento rifle4a sempre la loro vera natura indipendentemente dal
contesto specifico in cui si trovano. Si può allora inferire che per i primi gli a4eggiamen: svolgono
sopra4u4o una funzione di ada4amento sociale mentre per i secondi prevalga la funzione espressiva dei
valori. Diversi esperimen: hanno mostrato che i cambiamen: di a4eggiamento e le intenzioni di acquisto
sono più for: nelle condizioni di corrispondenza fra :po di messaggio e :po di funzione prevalente.
L'effe4o si osserva anche al di fuori dell'ambito commerciale: Debono trova che le persone con bassi
punteggi di automonitoraggio esprimono un a4eggiamento più favorevole alla deis:tuzionalizzazione dei
mala: mentali quando la posizione è sostenuta con argomen: che fanno appello ai valori rispe4o quando
si dice loro che la posizione è sostenuta dal 70% delle persone del loro ambiente.
Ma perché il messaggio funzionalmente corrispondente risulta più persuasivo? Innanzitu4o il messaggio
funzionalmente rilevante viene analizzato in modo tendenzialmente posi:vo: le sue argomentazioni
appaiono più convincen: e valide. Questo si verifica perché la funzione prevalente influenza il contenuto
degli a4eggiamen:. Inoltre le persone elaborano in modo più approfondito le informazioni che
corrispondono alla funzione aTtudinale personalmente privilegiata rispe4o a quelle che non
corrispondono: dunque se le argomentazioni contenute nel messaggio sono convincen:, nella condizione
di corrispondenza esse risultano più persuasive.
Le analisi condo4e da Lavine e Snyder Sulla partecipazione poli:ca confermano che l'effe4o della
corrispondenza è mediato dalla percezione della qualità dei messaggi e che l'effe4o si rifle4e non soltanto
sull'a4eggiamento ma anche sul comportamento realmente messo in a4o.
L'effe4o di corrispondenza funzionale spiegherebbe anche perché le campagne di prevenzione dell'uso di
droga o contro il tabagismo centrate sulle informazioni hanno avuto così scarso effe4o mentre maggiore

TITOLO 20
effe4o hanno avuto le operazioni propagandis:che che hanno fa4o leva sulla funzione di iden:ficazione
sociale che ha il consumo di queste sostanze.
Un effe4o di corrispondenza nella persuasione è stato evidenziato anche sul piano stru4urale. Gli
a4eggiamen: possono essere classifica: come a base emo:va, quando la valutazione globale che li
esprime È molto vicina alla connotazione che deriva dalla componente emo:va, mentre si parla di
a4eggiamen: a base cogni:va quando la valutazione globale è molto vicina alla connotazione che deriva
dalla componente cogni:va. Questa dis:nzione è stata u:lizzata anche per classificare i :pi di messaggi
persuasivi.
L'ipotesi della corrispondenza stru4urale prevede che una comunicazione persuasiva basata su elemen:
cogni:vi vs emo:vi risulterà più efficace sulla componente aTtudinale corrispondente rispe4o alla
componente non corrispondente.
Per semplificare il paradigma sperimentale, Fabrigar e Pe4y testano l'ipotesi inducendo la formazione di un
a4eggiamento a base emo:va vs cogni:va nei confron: di un ogge4o non preliminarmente conosciuto dai
partecipan:, ovvero un animale marino fiTzio. L'esperimento si svolge in due fasi, una di formazione
dell'a4eggiamento a base emo:va o cogni:va e una di persuasione a base emo:va o cogni:va. Nella prima
fase metà dei partecipan: risponde ad una serie di item sui sen:men: che suscita un presunto animale, il
lemphur. Naturalmente dato che l'animale è fiTzio, i ricercatori spiegano ai partecipan: di essere
par:colarmente interessa: a studiare i loro sen:men: nei confron: di questo animale e che se non lo
ricordano possono tentare di immaginarselo. Viene fa4o loro leggere un brano finalizzato ad evocare
emozioni verso l'animale e nel brano viene descri4o l'incontro fra una persona e un esemplare di questo
animale. L'altra metà dei partecipan: svolge lo stesso compito nella condizione finalizzata a formare un
a4eggiamento a base cogni:va. In questa condizione il brano che viene fa4o leggere è un estra4o fiTzio da
un’enciclopedia che con:ene informazioni posi:ve sull’animale. Una volta formato l'a4eggiamento verso
l'animale prevalentemente su dimensioni emo:ve o cogni:ve, prende il via la fase della manipolazione del
:po di persuasione. Metà dei partecipan: legge un brano che descrive l'animale uccidere brutalmente e
mangiare una persona che stava nuotando, mentre l'altra metà legge un estra4o fiTzio da un libro sulla
vita del mare che descrive in modo nega:vo l'animale, il primo è un messaggio emo:vo nega:vo e il
secondo è un messaggio cogni:vo nega:vo. Infine tuT rispondono agli item delle scale di a4eggiamento
nei confron: dell’animale.
I risulta: dell'esperimento mostrano che il messaggio di :po emo:vo provoca più cambiamen: negli
a4eggiamen: a base emo:va che negli a4eggiamen: a base cogni:va, ma l'effe4o di corrispondenza si
rivelano significa:vi nella condizione sperimentale in cui viene u:lizzato il messaggio di :po cogni:vo.
Risulta: di questo genere sono ricorren: nei vari studi sperimentali.
L'effe4o persuasivo della corrispondenza non è comunque dire4o e garan:to: in un paio di esperimen: in
cui si manipola sperimentalmente il livello di corrispondenza fra schema di sé dei riceven: e appello
presente nel messaggio si osserva che nelle condizioni di alta corrispondenza i riceven: tendono ad
elaborare le informazioni in modo più approfondito rispe4o alle condizioni di bassa corrispondenza. Ciò
non significa necessariamente osservare anche i maggiori cambiamen: nel primo caso rispe4o al secondo,
quanto piu4osto un maggiore effe4o differenziato degli argomen: convincen: vs quelli poco convincen:.
———

CAPITOLO 5: Penso dunque agisco?


Influenzare gli a4eggiamen: del ricevente non corrisponde necessariamente a indurre anche un
corrispondente cambiamento nei comportamen:.

1. Il se e il quando della relazione fra atteggiamenti e comportamenti


Quando una persona si pone lo scopo di persuadere qualcuno raramente si accontenta di provocare un
cambiamento a livello degli a4eggiamen:. Lo scopo ul:mo degli inten: persuasivi è quello di modificare il
TITOLO 21
comportamento della persona. Il buon senso ci direbbe che una volta sviluppato un a4eggiamento di un
certo :po un individuo si comporterà in modo coerente a questo. Così hanno ritenuto a lungo anche gli
psicologi sociali. Questo assunto è stato acce4ato presso che unanimamente fino agli anni 60, nonostante
fossero no: i risulta: della ricerca famosa di LaPiere. Egli viaggiò per gli Sta: Uni: in compagnia di una
coppia di cinesi in un'epoca in cui i pregiudizi verso i cinesi sembravano molto for:. Nel viaggio chiese
ospitalità a 251 fra hotel e ristoran: e soltanto in un caso il proprietario rifiutò di servire i clien: cinesi. Sei
mesi più tardi spedì un ques:onario a 228 proprietari di hotel chiedendo se avrebbero acce4ato persone di
etnia cinese. In questo caso 118 persone risposero nega:vamente.
Soltanto negli anni 60 ha preso avvio un filone di ricerca empirica teso a indagare se effeTvamente esiste
un legame di coerenza tra a4eggiamen: e comportamen:. Parallelamente si era acuita la cri:ca e lo
sceTcismo nei confron: del costru4o a4eggiamen:, in ragione di una generale tendenza a valorizzare
maggiormente in psicologia sociale il ruolo di fa4ori situazionali nella spiegazione del comportamento.
Il rapporto tra a4eggiamen: e comportamen: diventa uno dei maggiori campi di interesse nello studio
degli a4eggiamen:: da esso emergono risulta: molto variabili. La costatazione di questa grande variabilità
dà il via ad una nuova fase di studio, durante la quale la domanda che gli studiosi si pongono non è più se
esista una relazione di coerenza tra a4eggiamen: e comportamen: ma a quali condizioni si evidenzia una
relazione di coerenza tra i due fa4ori.
Una rassegna condo4a con la tecnica della metanalisi ci dà una chiara idea dei risulta: emersi nel corso di
questa fase di studio. L'autore nota che le basse correlazioni rilevate tra a4eggiamen: e comportamen:
vengono a4ribuite dagli studiosi a due ordini di problemi: le metodologie impiegate nella misurazione e
nella rilevazione dei da:, e l'esistenza di variabili moderatrici che intervengono nella relazione.
Per quanto riguarda il problema metodologico, la cri:ca più sistema:ca è stata formulata da Fishbein e
Ajzen. Gli autori rilevano che in tu4e le ricerche di questo ambito gli sperimentatori chiedono ai
partecipan: di esprimere un a4eggiamento in termini alquanto generali per osservare poi un
comportamento del tu4o specifico. Essi sostengono che l'a4eggiamento generale non può portare a
prevedere un'azione specifica perché su questo agiscono molteplici fa4ori con:ngen: e situazionali.
L'a4eggiamento generale può aiutare a prevedere una serie di aT comportamentali che rientrano in una
stessa classe di comportamen:. Sia l'a4eggiamento che il comportamento possono essere analizza: sul
con:nuum specificità-generalità a4raverso i qua4ro elemen: che li compongono: il bersaglio, l'azione, il
contesto, il momento. L'osservazione di un singolo comportamento come quello di andare a messa la
domenica è altamente specifico, l'a4eggiamento nei confron: della religione non specifica un'azione
invece. Osservando molteplici azioni, in diversi contes: e momen: si raggiunge un più alto livello di
generalità anche a proposito del comportamento. Fishbein e Ajzen segnalano l'importanza di precisare un
principio di compa:bilità secondo il quale gli indicatori di a4eggiamento e di comportamento sono
compa:bili quando sono rileva: allo stesso livello di specificità.
Per quanto riguarda le variabili moderatrici, si tra4a di fa4ori per i quali si osserva una variazione della
correlazione a4eggiamento/comportamento in corrispondenza delle diverse modalità della variabile in
ques:one. L'individuazione di ques: fa4ori consente di capire a quali condizioni la relazione è più o meno
stre4a. L'insieme delle ricerche incluse nella metanalisi sopracitata fornisce un gran numero di variabili
moderatrici che vengono classificate in cara4eris:che degli a4eggiamen:; cara4eris:che del
comportamento in relazione al bersaglio; cara4eris:che personali; cara4eris:che situazionali.
I risulta: più chiari e interessan: della metanalisi a questo proposito riguardano le cara4eris:che stru4urali
degli a4eggiamen:: possono predire il comportamento in modo significa:vo: a4eggiamen: stabili,
accessibili, forma: da esperienza dire4a, espressi dall'individuo ad un buon livello di sicurezza e coeren:
nelle componen: affeTve e cogni:ve.
Secondo Fazio la ricerca in questo ambito ha raggiunto una buona conoscenza delle condizioni entro le
quali un individuo si comporta in modo coerente con i propri a4eggiamen: resta da vedere ora a4raverso
quale processo questa relazione si a4ua, dobbiamo dunque entrare nella fase come.

TITOLO 22
2. Il come della relazione tra atteggiamenti e comportamenti
2.1 la teoria dell'azione ragionata
Il primo e più citato modello teorico del processo che lega a4eggiamen: e comportamen: viene formulato
negli anni 70. La costatazione che le persone si comportano poco in accordo con gli a4eggiamen: mostra
un'immagine di essere umano come essere non del tu4o razionale e preda di determinismi ambientale.
Fishbein e Ajzen dapprima rilevano che spesso la mancata corrispondenza fra cognizioni e azioni È dovuta
più a limi: di ordine metodologico che fenomenologico. Con la teoria dell'azione ragionata, poi,
riaffermano il ruolo della razionalità umana.
L'idea centrale è che la causa più prossima del comportamento sia l'intenzione soggeTva di intraprenderlo.
L'intenzione riguarda la decisione di intraprendere un dato a4o comportamentale, cioè la pianificazione
consapevole di uno sforzo. L'intenzione comportamentale è determinato a sua volta da due fa4ori:
l'a4eggiamento verso quel dato comportamento e le norme soggeTve. Queste ul:me indicano la
percezione che l'individuo ha circa le aspe4a:ve di altri significa:vi rela:vamente all’ a4uazione di quel
comportamento. Dunque il comportamento risulta una funzione dell'intenzione che a sua volta è una
funzione della valutazione soggeTva di quel comportamento e della percezione della valutazione che ne
danno gli altri significa:vi. Occorre notare che l'a4eggiamento verso il comportamento cui gli autori si
riferiscono non coincide con l'a4eggiamento verso l’ogge4o.
Ad un ulteriore livello di analisi l'a4eggiamento verso il comportamento È determinato dalle credenze
comportamentali, mentre le norme soggeTve sono determinate dalle credenze norma:ve. Gli autori
dis:nguono infaT la componente affeTva da quella cogni:va. Le credenze riguardano le informazioni che
la persona possiede a proposito dell’ogge4o-bersaglio. Essi uniscono un a4ributo ad un ogge4o secondo
una probabilità soggeTvamente s:mata. Gli a4eggiamen: derivano dalla valutazione della relazione
ogge4o/a4ributo.
L'a4eggiamento è più probabilmente determinato dall'insieme delle credenze comportamentali, vale a dire
dall'insieme delle conseguenze previste dall'individuo rela:vamente alla messa in a4o di quel
comportamento. Allo stesso modo le norme soggeTve sono date dall'insieme delle credenze norma:ve
unitamente alla mo:vazione che la persona ha di compiacere i desideri di ques: altri. Altre variabili non
previste in modo esplicito dal modello, secondo gli autori, influiscono sulle intenzioni comportamentali solo
in modo indire4o, modificando quindi il peso dei due fa4ori che causano in maniera dire4a l’intenzione.
Secondo questa teoria il cambiamento del comportamento si verifica quando si modificano le credenze che
ne stanno alla base. Questo può avvenire o a4raverso un'esperienza dire4a durante la quale l'a4ore ha
l'opportunità di acquisire nuove credenze su di sé, oppure a4raverso l'esposizione alla comunicazione
persuasiva, grazie all'acquisizione di nuove informazioni. L'informazione assume un ruolo estremamente
importante nell'induzione del cambiamento.
Con la teoria dell'azione ragionata, Fishbein e Ajzen intendono esplicitamente rendere conto del processo
che avviene nel caso di comportamento volontario, assumendo che nella maggioranza dei casi i
comportamen: siano di questo :po. Ne emerge una concezione di individuo voli:vo in grado di
comportarsi in modo coerente con le proprie intenzioni perseguendo gli scopi desidera:, tenendo conto
delle aspe4a:ve degli altri significa:vi. Il modello però non solo esclude i comportamen: abituali
compulsivi e al di fuori di un totale controllo voli:vo, ma anche i comportamen: che richiedono abilità e
cooperazione da parte di altre persone. Ajzen qualche anno dopo coglie questa cri:ca e formula una
visione estesa della teoria, chiamando la teoria del comportamento pianificato.
Ma la teoria è stata cri:cata anche per altri versi. Eagly e Chaiken so4olineano che in questo modello gli
a4eggiamen: entrano solo in quanto valutazione del comportamento. InfaT in esso si parla sempre di
a4eggiamento verso il comportamento per precisare che non si tra4a di a4eggiamento verso l'ogge4o
sociale-bersaglio. Quest'ul:mo è confinato a uno status di variabile esterna. La teoria infaT prevede che i

TITOLO 23
comportamen: siano precedu: da una profonda elaborazione cogni:va, in par:colare dall'analisi delle
credenze per:nen: e dalla loro valutazione, Fishbein e Ajzen ribadiscono che la formazione degli
a4eggiamen: verso il comportamento, delle norme soggeTve delle intenzioni richiede questo sforzo di
elaborazione ma successivamente ques: possono essere semplicemente richiama: alla memoria con uno
sforzo cogni:vo ne4amente minore.

2.2 la teoria del comportamento pianificato


La teoria dell'azione ragionata è stata sviluppata esplicitamente per spiegare i comportamen: puramente
volontari e mol: comportamen: nella vita quo:diana effeTvamente sono tali. Tu4avia il modello crea
problemi quando si tra4a di analizzare comportamen: che non sono so4o il pieno controllo individuale.
L'autore concepisce il livello di controllo sui comportamen: come un con:nuum ai cui estremi si trovano da
un lato gli aT pienamente controlla:, dall'altro quelli sui quali si ha un controllo nullo. Il livello di controllo
sulle azioni è influenzato da una serie di fa4ori sia personali che situazionali. Fra i fa4ori personali Ajzen
individua il possesso delle informazioni e abilità necessarie nonché il ruolo delle emozioni e pulsioni. Fra i
fa4ori situazionali considera le opportunità di cui l'individuo dispone e la dipendenza da altri.
L'a4uazione di mol: comportamen: può dunque essere concepita come uno scopo il cui raggiungimento
presuppone un certo grado di incertezza. Le intenzioni soggeTve diventano piani di azione: nel caso di
comportamen: non pienamente so4o il controllo individuale si deve parlare di intenzione a provare ad
a4uare quel dato comportamento.
Rispe4o alla teoria dell'azione ragionata, la teoria del comportamento pianificato inserisce un ulteriore
elemento: la percezione del controllo sull’azione.
L'intenzione soggeTva è determinata da tre fa4ori: l'a4eggiamento verso il comportamento, le norme
soggeTve, la percezione di controllo comportamentale. Quest'ul:mo fa4ore può rifle4ere le passate
esperienze dell'a4ore sociale così come le aspe4a:ve sugli impedimen: e sugli ostacoli. Il fa4ore ha
implicazioni mo:vazionali sulle intenzioni ma sul piano empirico risulta correlato anche in modo dire4o al
comportamento.
La percezione di controllo comportamentale è funzione a sua volta dall'insieme delle credenze circa il
proprio controllo, vale a dire di un insieme di credenze che riguardano la presenza o l'assenza delle
opportunità necessarie per l'a4uazione del comportamento. Queste credenze sono basate sull'esperienza
passata dello stesso comportamento ma anche sulle informazioni che altri ci forniscono oppure
sull'osservazione. Quando la persona percepisce di avere il controllo totale sull'azione il processo previsto
dal presente modello coincide con quello formulato dalla teoria dell'azione ragionata.
Illustrazione sperimentale: Schi•er e Ajzen somministrano varie scale di :po differenziale seman:co a
studentesse universitarie per rilevare l'a4eggiamento verso la perdita di peso nelle seTmane successive e
la percezione di aspe4a:ve da parte delle persone a loro vicine rela:vamente alla possibilità che esse
dimagriscano. Chiedono inoltre di valutare su una scala da zero a 100 la probabilità reale di perdere peso
nel corso delle sei seTmane se lo vogliono. Infine rilevano su una scala a se4e pun: l'intenzione di perdere
peso nelle sei seTmane successive e la valutazione della forza della decisione presa. I risulta: mostrano
che le misure di a4eggiamento verso il comportamento, norme soggeTve e controllo comportamentale
percepito correlano significa:vamente con l'intenzione espressa. La misura dell'intenzione e quella rela:va
alla percezione di controllo correlano significa:vamente con l'indice di perdita di peso reale, ma il fa4ore
percezione di controllo risulta il più importante dei due. Gli autori replicano ques: risulta: analizzando
comportamen: come seguire un corso universitario e prendere il voto migliore in un dato esame.
La versione integrata del modello non supera completamente alcune delle cri:che mosse alla formulazione
originale. I fa4ori situazionali e personali con:nuano essere vis: come marginali e permane la concezione
del comportamento come a4o sostanzialmente mediato dall’intenzione.

TITOLO 24
2.3 Un modello a due vie: il MODE
Per rendere conto di una gamma più vasta di comportamen:, Fazio propone un modello a due vie che
chiama mode come acronimo di Mo:va:on and Opportunity as DEterminants. Si tra4a di un modello
coerente con la tendenza a ritenere che il livello di mo:vazione personale inneschi processi cogni:vi di
natura differenziata.
Il punto di partenza è la concezione degli a4eggiamen: come un costru4o che svolge la funzione di
orientare le persone a interpretare e definire ogni situazione. InfaT l'a4eggiamento è una delle stru4ure
cogni:ve che filtrano la le4ura della situazione circostante. La stru4ura cogni:va degli a4eggiamen: è
cos:tuita dal legame in memoria e una valutazione. L'accessibilità dell'a4eggiamento è un conce4o chiave
nella teorizzazione di Fazio. Il livello di accessibilità si riferisce alla facilità o difficoltà di richiamare dalla
memoria questo legame quando l'a4ore sociale si trova di fronte all’ogge4o.
Sia gli a4eggiamen: sia le norme sociali variano su un con:nuum che va da non disponibile ad altamente
accessibile. Da un lato l'a4eggiamento o la norma non sono state mai registrate in memoria dall'altro sono
associa: in modo molto stre4o all’ogge4o.
Gli a4eggiamen: e le norme molto accessibili si aTvano automa:camente e influenzano il modo in cui la
situazione viene percepita e a4raverso tale percezione influenzano il comportamento. Ogni situazione
infaT ha un certo grado di ambiguità e deve essere interpretata. Gli a4eggiamen: e le norme accessibili
risolvono rapidamente questa ambiguità riguardo l'interpretazione in modo coerente definendo così quale
comportamento è acce4abile.
Diversi fa4ori concorrono a determinare il grado di accessibilità, per esempio segnali presen: nella
situazione possono rendere rilevante un dato a4eggiamento. Ma l'accessibilità può essere una
cara4eris:ca cronica degli a4eggiamen: che coincide con la forza del legame in memoria fra l'ogge4o e la
valutazione.
La mo:vazione e l'opportunità sono i fa4ori cri:ci che determinano se gli a4eggiamen: e norme accessibili
influenzeranno il comportamento oppure se l'individuo si impegnerà in un processo di decisione più
consapevole e impegna:vo.
L'individuo potrebbe essere mo:vato a fare una scelta accurata oppure potrebbe essere mo:vato a non
apparire come una persona con pregiudizi. Allora quando la mo:vazione è bassa il comportamento è
influenzato dalle informazioni che si aTvano più rapidamente di altre nella memoria. Quando la
mo:vazione è alta al contrario, l'individuo cerca anche altre informazioni prima di prendere la sua
decisione. In questo caso a4eggiamen: e norme accessibili giocano un ruolo non esclusivo e si integrano
con altre considerazioni. Ma per prendere in considerazione altre informazioni l'individuo deve avere anche
l'opportunità di farlo, per esempio il tempo e le risorse cogni:ve necessarie.
In sintesi, anche il MODE dis:ngue fra processi che richiedono più o meno sforzo cogni:vo. Il processo
delibera:vo richiede un maggiore sforzo cogni:vo, un maggiore impiego di risorse a4en:ve ed è un
processo controllato. Per esempio per comprare una casa è probabile che le persone adoTno un processo
di questo :po essendo mo:va: a fare una buona scelta per un bene così durevole.
Al contrario, l'acquisto di una barre4a di cioccolato posta vicino alla cassa del supermercato è l'esito di un
processo spontaneo probabilmente orientato da un a4eggiamento posi:vo automa:co verso il cioccolato.
Quando l'individuo ha l’opportunità e la mo:vazione necessaria per ado4are un processo delibera:vo, tale
processo sarà quello previsto dalla teoria del comportamento pianificato, includerà cioè considerazioni sia
sull'ogge4o sia sulle aspe4a:ve degli altri significa:vi. Questo non esclude che a4eggiamen: enormi
accessibili giochino un ruolo. Gli a4eggiamen: molto accessibili possono imporre una direzione precisa al
processo delibera:vo. D'altronde le norme fortemente accessibili possono convogliare l'individuo verso
euris:che anche su decisioni importan:. I processi spontanei e delibera:vi previs: dal modello di Fazio e
colleghi non sono concepi: come processi che rifle4ono forme diverse di a4eggiamento, come nel caso
dell'APE model già citato. Secondo ques: autori infaT gli a4eggiamen: sono sempre associazione in

TITOLO 25
memoria tra un ogge4o e la sua valutazione, ma varia la forza di questa associazione. Allora se si rilevano
gli a4eggiamen: a4raverso i tempi di latenza si possono cogliere valutazioni che la persona non è disposta
a esprimere in un ques:onario perché non sono socialmente desiderabili.
Per testare la validità del MODE Fazio condo4o numerosi esperimen: insieme a vari colleghi. In uno di
ques: per esempio i ricercatori fornivano ai partecipan: delle informazioni generali su due grandi negozi di
ele4rodomes:ci e alcuni de4agli sui repar: di vendita delle macchine fotografiche. I due insiemi di
informazioni erano incongruen:: il negozio di Brown veniva descri4o con informazioni posi:ve mentre il
suo reparto di macchine fotografiche con informazioni nega:ve e viceversa nel caso del negozio di Smith.
Il compito dei partecipan: all'esperimento consisteva nel decidere Dove avrebbero comprato una macchina
fotografica. Il piano sperimentale prevedeva la manipolazione del livello di mo:vazione e di opportunità. A
metà dei partecipan: veniva de4o che le loro decisioni sarebbero state confrontate con quelle di altri
partecipan: e che essi avrebbero dovuto spiegare le ragioni della loro scelta. Per quanto riguarda
l’opportunity, a metà dei partecipan: venivano da: 15 secondi per raggiungere la decisione. I risulta:
mostrano che i partecipan: in condizione di alta mo:vazione e debole pressione temporale scelgono
sopra4u4o il negozio con un buon reparto di macchine fotografiche, mentre nelle altre condizioni
sperimentali i partecipan: scelgono più sulla base della valutazione generale del negozio.
Nel primo caso la decisione è assunta considerando tu4e le informazioni disponibili, mentre nel secondo
una generale valutazione posi:va è ritenuta sufficiente per arrivare ad una conclusione rapida.
In un altro esperimento di qualche anno dopo i ricercatori mostrano il ruolo dell'accessibilità
dell'a4eggiamento e della sua aTvazione nell'orientare automa:camente i comportamen:. In questo
studio i partecipan: dovevano valutare la qualità di due ricerche concernen: l'efficacia della pena di morte
come deterrente della criminalità. Le due ricerche da esaminare arrivavano a conclusioni opposte: una a
favore della pena di morte l'altra contro. Il disegno sperimentale prevedeva la manipolazione di due
variabili indipenden:: la mo:vazione all'accuratezza operazionalizzata come nel precedente e l'accessibilità
dell’a4eggiamento. Per provocare un'alta accessibilità dell'a4eggiamento metà dei partecipan: doveva
esprimere più volte la propria posizione nei confron: della pena di morte per un'inchiesta fiTzia prima del
compito sperimentale di valutazione delle due ricerche. I risulta: mostrano che l'influenza
dell'a4eggiamento preliminare sulla valutazione delle due ricerche si osserva in modo par:colare nella
condizione di alta accessibilità e bassa mo:vazione. In questo caso i partecipan: giudicavano la qualità
delle ricerche a par:re dalla propria posizione nei confron: della pena di morte. I partecipan: più mo:va:
invece mostravano i giudizi meno influenza: dal loro personale a4eggiamento in proposito.

3. Il ruolo dell'esperienza diretta


Gli a4eggiamen: possono derivare dall'esperienza dire4a dell'individuo con l'ogge4o di a4eggiamento,
dall'osservazione di un'esperienza altrui o ancora dalla comunicazione di informazioni sull'ogge4o stesso.
Queste modalità risultano avere un'influenza notevole sulle cara4eris:che degli a4eggiamen: che ne
derivano. Fazio e zanna rilevano che gli studi in quest'area evidenziano correlazioni fra a4eggiamento e
comportamento sensibilmente maggiori quando il primo deriva dall'esperienza dire4a piu4osto che da
un'esperienza indire4a. Regan e Fazio hanno condo4o uno studio sul campo all'inizio dell'anno accademico
sfru4ando un problema che si era creato nel campus. A causa di mancanza di camere alcune matricole
dovevano dormire temporaneamente in leT messi nella siTng-Room del collegio. In questo modo era
possibile sondare l'a4eggiamento verso la crisi degli alloggi studenteschi sia di studen: che avevano
esperienza dire4a sia di coloro che avevano conoscenza indire4a del problema. Gli sperimentatori rilevano
gli a4eggiamen: dei due gruppi verso il problema e osservano alcuni comportamen: rela:vi. Mentre le
misure degli a4eggiamen: non evidenziano differenze significa:ve fra i due gruppi, quelle
comportamentali confermano un'effeTva maggiore coerenza rispe4o agli a4eggiamen: nel gruppo che
avuto esperienza dire4a del problema. Gli stessi risulta: sono sta: o4enu: anche a4raverso la replica in
seTng sperimentale controllato. Questo evidenzia che iden:ci punteggi di a4eggiamento possono cogliere
TITOLO 26
costruT con cara4eris:che diverse in grado di provocare influenze diverse. Ajzen e Fishbein a4ribuiscono
questo fenomeno ad un problema di stabilità degli a4eggiamen:: quelli che si formano a4raverso
informazioni che provengono dall'esterno sarebbero più facilmente modificabili per esempio quando in
seguito la persona fa un'esperienza dire4a con l'ogge4o in ques:one. Secondo ques: autori il fa4ore che
modera la relazione è dunque livello di stabilità degli a4eggiamen:. Fazio e zanna invece affermano che
l'esperienza dire4a fornisce più informazioni e gli a4eggiamen: che ne derivano sono sostenu: da una
base informa:va più robusta. Ciò renderebbe questo :po di a4eggiamen: più chiari e l'individuo più sicuro
delle proprie valutazioni. Inoltre nel caso dell'a4eggiamento sviluppato dall'esperienza, l’applicazione
comportamentale è dire4a e maggiormente saliente: al ripresentarsi dello stesso :po di esperienza
l'individuo dovrebbe poter aTvare più facilmente l'a4eggiamento rela:vo. Questa interpretazione si
traduce nella maggiore accessibilità dell'a4eggiamento dovuto all'esperienza dire4a, nel senso che le
ragioni enunciate portano a pensare che l'esperienza con l'ogge4o di a4eggiamento renda il legame fra le
rappresentazioni dell'ogge4o e la sua valutazione in memoria più forte.
La maggiore forza del legame associa:vo fra ogge4o e valutazione nel caso dell'esperienza dire4a ha un
impa4o anche sulla possibilità di modificare successivamente l’a4eggiamento. Wu e Shaffer hanno
condo4o due esperimen: nei quali chiedono ai loro partecipan: di valutare due :pi di burro di noccioline.
Ad un gruppo consentono di assaggiarli, l'altro gruppo invece legge da: informa:vi sui prodoT e sulle
preferenze di ampi campioni di persone. I partecipan: che confrontano assaggiandoli i due :pi di burro non
sanno che in realtà i due campioni sono uguali, così come quelli del secondo gruppo leggono informazioni
perfe4amente bilanciate rispe4o ai due :pi di burro. Successivamente viene presentata una comunicazione
persuasiva favorevole al :po non preferito da loro oppure favorevole al :po preferito. Il messaggio viene
a4ribuito o una fonte credibile o una fonte poco credibile. Vengono rileva: gli a4eggiamen: prima e dopo
l'esposizione al messaggio persuasivo, la percezione di credibilità della fonte e la lista dei pensieri. I risulta:
mostrano che i partecipan: nella condizione di esperienza dire4a esprimono a4eggiamen: più resisten: al
messaggio contro aTtudinale e più influenza: da quello proaTtudinale rispe4o a quelli che hanno fa4o
una valutazione sulla base di informazioni esterne. L'influenza della fonte e la lista dei pensieri consentono
di vedere che le persone che hanno osteggiato dire4amente il campione di prodo4o sono meno a4en: ai
segnali periferici rispe4o ai loro compagni nella condizione di esperienza indire4a.
———

CAPITOLO 6: Agisco dunque penso

1. Il role-playing
Nei capitoli preceden: abbiamo analizzato le cara4eris:che e le fasi di un processo comunica:vo finalizzato
a modificare gli a4eggiamen: per o4enere determina: comportamen:. Tu4avia, si è sviluppato, fin dagli
anni ’40, un filone di studi che ha messo al centro dell’analisi una sequenza diversa, ossia il processo che
parte dei comportamen: di un a4ore sociale per agire sui suoi a4eggiamen: e, conseguentemente, su
comportamen: ulteriori. Lo sviluppo di questo filone ha il suo antecedente più dire4o nella messa a punto
della tecnica del role-playing, che consiste nel chiedere alle persone di immaginare una determinata
situazione e di comportarsi come se effeTvamente loro stesse avessero un ruolo nella situazione.
L’assunzione di un ruolo diverso da quello che normalmente l’individuo ricopre quo:dianamente, in un
contesto controllato, si è dimostrato u:le nel campo dello studio delle organizzazioni e anche come
strumento psicoterapeu:co. La tecnica è stata esplorata da alcuni studiosi del gruppo di Yale al fine di
indagarne le potenzialità di autopersuasione. Per esempio, Janis e Mann conta4ano studentesse
universitarie che fumano almeno 15 sigare4e al giorno. Le dividono in due gruppi, al primo dei quali viene
proposto di interpretare il ruolo di una persona che va dal medico per la terza volta a causa di una tosse
difficile da guarire. Il medico (interpretato dal ricercatore) comunica che i risulta: delle analisi effe4uate
diagnos:cano un tumore sul quale occorre subito intervenire. Il medico-ricercatore consiglia quindi alla
paziente-studentessa di sme4ere subito di fumare. Il secondo gruppo partecipa a una condizione di
TITOLO 27
controllo durante la quale ascolta la registrazione della sessione di role-playing. In entrambe le condizioni
gli studiosi rilevano a4raverso un ques:onario gli a4eggiamen: prima e dopo la partecipazione e i
comportamen: in termini di numero di sigare4e fumate al giorno. I risulta: mostrano un’efficacia superiore
della condizione di role-playing: le credenze sul fumo come causa di tumori sono più for: e le intenzione di
sme4ere di fumare più decise. Gli autori a4ribuiscono l’efficacia di questa tecnica al fa4o che essa costringe
ogni partecipante alla ricerca aTva nel proprio repertorio di conoscenze di cognizioni coeren: con la
posizione che deve sostenere. In questo modo si avvia il processo di autopersuasione in cui l’individuo
stesso cerca gli argomen: a sostegno della posizione che gli è stata indicata dallo sperimentatore-fonte.
Una interpretazione alterna:va emerge dalla concezione della teoria della dissonanza cogni:va.

2. Persuasione e dissonanza cognitiva


Fes:nger interpreta i risulta: che emergono dagli esperimen: con il role-playing in termini di insorgenza di
una dissonanza nell’a4ore fra il proprio comportamento e il proprio a4eggiamento e propone la teoria
della dissonanza cogni:va. Conoscenze, opinioni, credenze che riguardano l’ambiente, la propria persona,
ma anche il proprio comportamento sono ciò che viene definito “cognizioni”. Fes:nger parte dall’assunto
secondo cui l’individuo mira alla coerenza con se stesso; tu4avia l’obieTvo della coerenza fra cognizioni
non viene soddisfa4o dall’individuo in ogni situazione. In una coppia di cognizioni può dunque instaurarsi
una relazione che può essere di consonanza o di dissonanza, in par:colare due elemen: sono dissonan: se
per una ragione o per l’altra sono incongruen:. Il cuore della teoria prevede che l’esistenza di una relazione
di dissonanza fra due cognizioni genera una sorta di aTvazione emo:va (arousal) di disagio che spinge
l’individuo a cercare di ristabilire la coerenza, modificando l’elemento meno resistente del sistema.
L’esempio sempre citato di dissonanza cogni:va è quello che riguarda i fumatori: essi fumano (prima
cognizione) e sanno che il fumo provoca danni gravi all’organismo (seconda cognizione). L’autore sos:ene
che la mo:vazione indo4a dalla dissonanza cogni:va cos:tuisca un disagio della stessa natura di quello
indo4o dalla fame e dalla sete e l’equilibrio può essere ristabilito a4raverso alcune strategie.
a) La prima riguarda il cambiamento di un elemento cogni:vo che concerne il comportamento. Si tra4a di
modificare l’azione o l’a4eggiamento incoerente rispe4o alla condizione che riguarda l’ambiente.
Nell’esempio, l’elemento cogni:vo comportamentale è “io fumo”, dunque una prima strategia per
riportare la coerenza è quella di interrompere tale abitudine.
b) In alterna:va, l’a4ore può modificare la cognizione che riguarda l’ambiente e in questo caso si tra4a di
informazioni che provengono dall’esterno. Nell’esempio citato si tra4a dell’informazione “il fumo
danneggia l’organismo“. La messa in a4o di questa strategia, cioè la modificazione di elemen:
ambientali, richiede un forte controllo dell’ambiente, raramente possibile sopra4u4o quando
l’individuo ha a che fare con l’ambiente fisico; nel nostro caso il fumatore non può modificare il fa4o
che il fumo danneggi l’organismo. In altri casi invece può tra4arsi di “ambiente sociale”: la persona
tenderà allora a cercare sostegno sociale nella forma di accordo diffuso rispe4o all’elemento
incoerente.
c) Infine, l’a4ore può cercare nuovi elemen: cogni:vi. L’individuo può assumere nuove informazioni
coeren: con uno degli elemen: per ridurre la dissonanza a uno stato tollerabile. Il nostro fumatore, per
esempio, ricorda molto bene che periodicamente si dà no:zia di ricerche che me4erebbero in dubbio
gli effeT nocivi del fumo. È il comportamento che viene definito “esposizione seleTva alle
informazioni“.
In generale, quando una persona deve scegliere fra diverse alterna:ve prende una decisione che comporta
inevitabilmente uno stato di dissonanza, dovuto al fa4o di aver scartato alterna:ve a4raen:. La teoria di
Fes:nger prevede che, a4raverso un processo di esposizione seleTva a informazioni consonan: rispe4o
alla propria scelta, l’alterna:va a4ualizzata venga considerata in seguito sempre più posi:va mentre le altre
scartate vengano svalutate.

TITOLO 28
Se un individuo viene indo4o a me4ere in a4o un comportamento che non corrisponde al proprio
a4eggiamento, sperimenta uno stato di dissonanza che lo mo:va a modificare l’elemento meno resistente.
In questo caso il comportamento già a4uato non può essere modificato, dunque risulta più semplice
cambiare l’a4eggiamento.
È questa l’ipotesi alla base di un famoso esperimento condo4o da Fes:nger e Carlsmith. Gli sperimentatori
chiedevano ai partecipan: di svolgere un compito molto noioso e alla fine del compito spiegavano ad
ognuno di aver preso parte a una condizione di controllo, ma ad altri partecipan: sarebbe stato de4o in
an:cipo a seconda della condizione sperimentale che il compito era molto divertente oppure che era molto
noioso. A quel punto i ricercatori chiedevano al partecipante di sos:tuire l’assistente di ricerca e di dire allo
studente che stava arrivando per prendere parte allo studio (in realtà un complice) che il compito appena
svolta era stato molto divertente. In cambio di questa prestazione gli offrivano o 1 dollaro (condizione di
bassa ricompensa), oppure 20 dollari (condizione di alta ricompensa). Successivamente chiedevano ai
partecipan: di valutare il compito. Coloro che avevano ricevuto 1 dollaro per dire che era divertente lo
valutavano significa:vamente più divertente di quelli che avevano ricevuto 20 dollari. L’interpretazione dei
risulta: richiama il fa4o che dalle cognizioni “il compito mi è sembrato noioso” e “ho de4o che è
divertente” emerge una relazione dissonante. La persona che ha ricevuto 20 dollari ristabilisce l’equilibrio
a4raverso l’informazione “ho men:to in cambio di un’adeguata ricompensa”, mentre la persona che ha
ricevuto un solo dollaro non può considerarla una ricompensa adeguata a gius:ficare la menzogna. In
questo caso allora la dissonanza viene rido4a a4raverso la modifica dell’a4eggiamento verso il compito:
l’individuo valuta dunque il compito come poco noioso. Gli autori sostengono che il cambiamento di
a4eggiamento risulta massimo quando la ricompensa esterna è appena sufficiente per o4enere la
condiscendenza all’a4uazione del comportamento controaTtudinale ma non abbastanza elevata per
gius:ficarlo. La situazione di role-playing può essere interpretata alla luce di ques: risulta:: l’individuo
viene indo4o a recitare un ruolo diverso da quello che normalmente assume (controaTtudinale) senza una
ragione precisa. Questo crea una situazione di dissonanza che si risolve nel momento in cui egli modifica
l’a4eggiamento in modo coerente con il comportamento che ha mostrato.
Secondo Aronson i cambiamen: di a4eggiamento prodoT dalla dissonanza cogni:va si sono dimostra:
molto for: e ne4amente superiori a quelli o4enu: a4raverso la comunicazione persuasiva, a causa del
fa4o che l’aTvazione indo4a dalla dissonanza ha alla base il coinvolgimento personale. La riduzione della
dissonanza infaT implica sempre qualche forma di autogius:ficazione.
Il proliferare di studi sperimentali ha limitato poi la portata generale della teoria di Fes:nger nella sua
versione originaria, precisando le condizioni entro le quali il fenomeno di cambiamento si osserva.
In par:colare, Brehm e Cohen avanzano l’ipotesi secondo cui il fa4o di a4uare un comportamento
osservabile dall’esterno “impegna” l’individuo alla coerenza con esso. Per questa ragione, quando una
persona vuole tentare di sme4ere di fumare lo annuncia gli amici e i familiari. L’impegno (commitment)
rispe4o a uno degli elemen: dissonan: rende questo più resistente al cambiamento facendo risultare più
probabile il cambiamento dell’altro elemento, quello cogni:vo. Sentendosi dunque impegnato a mantenere
il proprio proposito, il fumatore tenderà a rafforzare in sé l’idea circa l’u:lità per la propria salute del
sacrificio che sta facendo. Gli autori individuano dunque la prima condizione del verificarsi della dissonanza
nella presenza di un sen:mento di impegno.
In una rassegna delle ricerche in tema di dissonanza cogni:va, si legge che oggi sappiamo bene che le
persone sperimentano sta: di dissonanza e che sono mo:vate a ridurla, ma non sappiamo ancora
esa4amente perché. La ricerca a4uale si è posta quindi l’obieTvo di rispondere a questo quesito e alcune
risposte sono state avanzate.
➡ Cooper e Fazio precisano le condizioni entro le quali si possono o4enere cambiamen: di a4eggiamento
dovu: alla ricerca dell’equilibrio turbato dalla dissonanza cogni:va: in par:colare il comportamento
controaTtudinale messo in a4o dall’a4ore sociale deve produrre conseguenze non desiderabili.
Nell’esperimento di Fes:nger e Carlsmith, per esempio, il partecipante pensa che la persona dopo di lui
affron: un compito noioso credendo che sia divertente quindi pensa di procurare una delusione a un
TITOLO 29
altro studente. L’individuo, inoltre, deve sen:rsi personalmente responsabile di queste conseguenze.
Ciò implica che deve percepire di aver agito per libera scelta e che le conseguenze emerse fossero
prevedibili. Se la persona si sente costre4a dalle circostanze ad agire in un determinato modo a4ribuirà
le conseguenze indesiderate a cause esterne a sé. Al contrario, quando viene so4olineato dal
ricercatore che egli è libero di procedere nel comportamento controaTtudinale o di non partecipare
all’esperimento, le conseguenze non possono essere imputate a pressioni esterne e inducono dunque lo
stato previsto di dissonanza.
➡ Aronson invece sos:ene che la dissonanza emerge quando il comportamento controaTtudinale messo
in a4o è in contrasto con il conce4o di sé che l’individuo ha. La mo:vazione alla riduzione scaturisce
dunque dal bisogno di riaffermare un conce4o di sé centrato sulla competenza, moralità e razionalità
(need for self-consistency).
➡ Anche Steele vede la causa della dissonanza nella minaccia al sé che un comportamento può cos:tuire.
Tu4avia, nella prospeTva di questo studioso, l’obieTvo della riduzione della dissonanza non è tanto
quello di ristabilire un’immagine di sé posi:va quanto quella di restaurare il senso di integrità del sé
(need for self-affirma:on).
➡ Una proposta che sembra conciliare le preceden: è radicata nella concezione originaria di Fes:nger.
Dato che le cognizioni servono per orientare l’azione, la dissonanza sarà provocata in par:colare da
quelle cognizioni che forniscono informazioni u:li per l’azione. L’esempio più chiaro è quello della
decisione: se l’individuo deve scegliere un’opzione fra due alterna:ve, le condizioni che riguardano
queste due alterna:ve guideranno la scelta. Quando le informazioni che orientano l’azione sono
incoeren: fra di loro (per esempio contemporanea presenza di cognizioni posi:ve e nega:ve
rela:vamente a entrambe le alterna:ve di scelta), si aTva uno stato emo:vo nega:vo dovuto alla
difficoltà di individuare azioni efficaci.
Queste spiegazioni si focalizzano tu4e su un livello individuale di analisi. Nonostante l’effe4o della
dissonanza cogni:va sia principalmente un processo individuale, già dalle parole dei lavori di Fes:nger si
poteva evincere che la dissonanza può avere anche origini sociali. La dissonanza insorge ogni volta che una
persona valuta il proprio comportamento e lo percepisce in discrepanza rispe4o a qualche genere di
standard. Questo standard di giudizio può essere cos:tuito da valutazioni personali ma anche da fa4ori
sociali come per esempio le norme sociali. Quando i membri di un gruppo esprimono a4eggiamen:
discrepan: gli uni con gli altri, sperimentano uno stato di dissonanza che ha origini interindividuali. In
ques: casi, tre possibili strategie di riduzione sono:
• cambiare i propri a4eggiamen: in accordo con quello degli altri
• impegnarsi in uno sforzo di influenza sugli altri
• oppure uscire dal gruppo
Tu4avia è stato anche mostrato che l’esperienza di dissonanza in situazioni di gruppo può produrre esi:
diversi dal cambiamento dell’a4eggiamento e del comportamento. Alcuni esperimen: di Zanna e Sande
hanno infaT mostrato che, quando il comportamento controaTtudinale è compiuto in un gruppo da tuT i
membri, i singoli individui tendono a percepire una responsabilità diffusa per le conseguenze dei propri aT
e quindi la dissonanza non provoca cambiamen:. Gli autori sostengono che il senso di diffusione di
responsabilità per le conseguenze del proprio comportamento modera l’effe4o di riduzione della
dissonanza.

3. La teoria dell’autopercezione
Possiamo osservare che tu4o il filone teorico che fa capo alla teoria della dissonanza cogni:va assegna un
ruolo cruciale ai fa4ori mo:vazionali nel processo individuato. Daryl Bem propone invece
un’interpretazione innova:va in termini puramente cogni:vi. L’idea centrale della sua teoria è quella
secondo cui gli individui arrivano a conoscere i propri a4eggiamen:, le emozioni e altri sta: interiori
TITOLO 30
parzialmente inferendoli dalla osservazione dei propri comportamen: esterni e/o dalle circostanze nelle
quali ques: comportamen: si a4uano. Ognuno di noi durante l’infanzia si esercita a riconoscere alcuni sta:
interiori e ad associare a essi un termine descri4ore. Gli sta: interni che non sono passa: a4raverso questo
processo (per esempio gli a4eggiamen: nuovi) non sono dire4amente chiari per l’individuo sulla base dei
soli segnali interiori che riceve; in ques: casi l’a4ore sociale osserva il proprio comportamento e da questo
e inferisce il proprio a4eggiamento rela:vo. Per esempio un ci4adino che si sente più o meno in dovere di
fare una piccola elemosina ogni maTna ad un mendicante, se dovesse esprimere il proprio a4eggiamento
verso quella persona, dovrebbe mostrare una posizione tollerante. Naturalmente, anche in questo caso
l’individuo può inferire i propri a4eggiamen: solo da quei comportamen: che non siano a4ribuibili a cause
del tu4o esterne. Vale a dire che il nostro amico caritatevole non si percepirà come tale se pensa di aver
agito per far colpo sulla vicina di casa che esce alla stessa ora. Se l’a4ribuzione ai elemen: esterni è
sufficiente per spiegare il comportamento, allora l’individuo non i ferisce da quel comportamento
informazioni sui propri sta: interni.

Alla luce di questo impianto teorico, l’autore rilegge i risulta: delle ricerche condo4e nell’ambito della
teoria della dissonanza cogni:va. L’idea chiave è che i partecipan: dell’esperimento di Fes:nger e Carlsmith
quando devono valutare il compito agiscono come un osservatore esterno, cioè si chiedono “Qual è il mio
a4eggiamento verso quel compito, dato che ho liberamente de4o che era divertente?“. Ne consegue una
risposta favorevole al compito che non deriva dall’aTvazione emo:va e dalla mo:vazione a rimuoverla. Il
processo inferenziale previsto da Bem esclude completamente il postulato della pressione mo:vazionale
provocata da uno stato emo:vo indesiderato. Il cambiamento osservato viene visto semplicemente come
un’a4ribuzione a sé, basata sulle informazioni disponibili, fra le quali c’è il proprio comportamento e le
variabili ambientali che lo controllano. Per dimostrare che l’a4ore è nella stessa posizione di un
osservatore, Bem concepisce un paradigma sperimentale che definisce di “simulazione interpersonale“.
Ogni gruppo di partecipan: allo studio osserva la video registrazione dello svolgimento dell’esperimento di
Fes:nger e Carlsmith in una delle condizioni da esso previste e successivamente viene chiesto loro di
s:mare l’a4eggiamento del protagonista. L’ipotesi prevede che gli osservatori riproducano lo stesso pa4ern
di risulta: o4enuto negli esperimen: originari. EffeTvamente, l’autore riesce a dimostrare che gli
osservatori inferiscono a4eggiamen: del tu4o simili a quelli emersi dai protagonis:. 

Tu4avia, Bem amme4e che il solo paradigma della simulazione interpersonale offre un sostegno debole
alla sua teoria, così egli afferma che il proprio modello conce4uale è in grado di spiegare anche i
cambiamen: di a4eggiamento in situazioni in cui non è pensabile che insorga uno stato di dissonanza
cogni:va. A volte, per esempio, si può osservare che individui a cui viene chiesto di fare affermazioni
proaTtudinali più estreme della propria, dimostrano al post-test di aver estremizzato la propria posizione.
Tra4andosi di un comportamento compa:bile con il proprio a4eggiamento, non dovrebbe essere la
dissonanza a causare lo spostamento; al contrario, può essere l’osservazione del proprio comportamento
(l’affermazione di una posizione estrema) da parte dell’a4ore a fargli dedurre l’a4eggiamento so4ostante.
Un altro cambiamento la cui spiegazione non è compa:bile con la teoria della dissonanza cogni:va, ma
soltanto con quella dell’autopercezione, riguarda l’effe4o della sovragius:ficazione. Si ha un effe4o di
sovragius:ficazione quando un individuo a4ua un comportamento coerente con la propria opinione e
viene ricompensato molto. Lo sforzo rido4o messo in a4o non gius:fica la forte ricompensa o4enuta dal
ricercatore, l’individuo allora tende a cambiare a4eggiamento sul compito eseguito valutandolo più
nega:vamente. In questo modo si ristabilisce una situazione in cui l’individuo viene ricompensato per un
comportamento che non avrebbe a4uato spontaneamente. Anche in questo caso non c’è dissonanza
cogni:va ma spostamento della posizione soggeTva lungo il con:nuum valuta:vo. L’elemento cruciale che
perme4e di discriminare fra gli effeT prodoT a4raverso l’uno o l’altro processo è l’insorgenza o meno
dell’arousal. L’aTvazione emozionale è un disagio che mo:va l’individuo alla modifica di un elemento della
relazione fra cognizioni nel caso della teoria di Fes:nger, mentre secondo Bem non ci sarebbe nessuna
aTvazione emozionale, piu4osto si tra4a di un freddo processo inferenziale.

4. Una possibile integrazione


TITOLO 31
I processi previs: dalle due teorie illustrate sono diversi, eppure le previsioni circa i principali effeT sono
molto simili. A lungo sono state considerate due teorie alterna:ve l’una all’altra: in questa oTca sembrava
necessario proge4are “l’esperimento cruciale”, ossia quello che avrebbe dimostrato in modo convincente
l’efficacia dell’una e falsificato l’altra. Fazio, Zanna e Cooper si ripropongono di individuare le condizioni
entro le quali l’una o l’altra sono valide, avanzando l’ipotesi che ognuna delle due possa essere considerata
corre4a in un proprio ambito di applicazione. Gli autori notano che, se a4raverso la teoria della percezione
di sé si possono spiegare effeT che prescindono da sta: di dissonanza, d’altro canto gli studi sulla
“a4ribuzione errata“ dimostrano l’esistenza di uno stato di tensione indesiderata che media il cambiamento
di a4eggiamento come conseguenza di un comportamento discrepante rispe4o all’a4eggiamento. Negli
studi in ques:one, i ricercatori somministrano una pillola-placebo ai partecipan: e dicono loro che indurrà
un effe4o rilassante oppure un effe4o di tensione spiacevole o nessun effe4o, a seconda delle condizioni.
Chiedono poi ai partecipan: di scrivere un saggio per sostenere una posizione controaTtudinale,
so4olineando in una condizione la loro libertà di scelta oppure nell’altra condizione, esercitando for:
pressioni. La condizione in cui i partecipan: non si a4endono alcun effe4o collaterale dall’assunzione della
pillola corrisponde alle situazioni già viste a proposito della dissonanza cogni:va. InfaT, i risulta:
evidenziano che i partecipan: si dichiarano maggiormente in accordo con la posizione contro aTtudinale
sostenuta nel saggio in condizioni di libera scelta rispe4o alla condizione in cui hanno ricevuto pressioni
esterne rilevan:. Questa differenza scompare quando l’individuo può a4ribuire la tensione che prova agli
effeT della pillola: in questo caso a4ribuisce un fa4ore esterno lo stato di aTvazione emozionale, quindi
l’effe4o mo:vante della dissonanza fallisce. La differenza invece si accentua nella condizione in cui il
partecipante pensa di aver assunto una pillola rilassante. Ciò è dovuto probabilmente al fa4o che egli si
aspe4a di sen:rsi rilassato: quando avverte al contrario la tensione, non può che a4ribuirla alla dissonanza
e ciò aumenta ulteriormente la propria mo:vazione al ripris:no dell’equilibrio.

Fazio e colleghi ipo:zzano che le due teorie possano insieme spiegare i cambiamen: di a4eggiamen: che
avvengono come conseguenza di comportamen: che si situano nell’intero con:nuum valuta:vo. Essi
riprendono la suddivisione di tale con:nuum fa4a in precedenza da Sherif e Hovland: un comportamento
coerente con l’a4eggiamento è quello che può essere collocato nella la:tudine di acce4azione
dell’individuo, mentre un comportamento discrepante (dissonante, controaTtudinale) è quello che può
essere collocato nella la:tudine di rifiuto. Gli autori dunque ipo:zzano che la teoria dell’autopercezione si
applichi per quei cambiamen: di a4eggiamento che avvengono entro la zona di acce4azione, mentre la
teoria della dissonanza cogni:va si applichi quando il comportamento indo4o si colloca nella zona di rifiuto.
Conducono poi un esperimento in cui fanno scrivere un saggio che sostenga la posizione più estrema della
zona di acce4azione (proaTtudinale) e oppure che sostenga la posizione meno estrema della zona di
rifiuto (leggermente controaTtudinale). In questo modo le due posizioni considerate non sono iden:che
ma adiacen: sul con:nuum valuta:vo. Metà dei partecipan: acce4a di svolgere il compito in condizioni di
libera scelta, mentre l’altra metà viene un po’ forzata ad acce4are. Inoltre l’esperimento prevede, in una
condizione, un elemento esterno di disturbo cui a4ribuire eventualmente la tensione. I risulta: mostrano
che l’aTvazione emozionale indesiderabile è presente nel caso in cui partecipan: scrivono il saggio
controaTtudinale: soltanto quando questa tensione viene a4ribuita al proprio comportamento e non a
cause esterne si verifica il cambiamento di a4eggiamento nella direzione sostenuta nel saggio. Quando
invece i partecipan: scrivono un saggio proaTtudinale gli a4eggiamen: preliminari diventano più estremi
alla rilevazione effe4uata dopo il compito sperimentale sia quando è presente un elemento esterno di
disturbo sia quando non c’è. Da ques: risulta: consegue che l’ambito di applicazione di un processo di :po
“autopercezione“ piu4osto che di :po “dissonanza cogni:va“ può variare da persona a persona in quanto
varia sul con:nuum l’ampiezza della zona in cui si collocano posizioni che l’individuo ri:ene acce4abile e
quella della zona in cui si posizionano le opinioni che gli rifiuta. In generale, un’ampia zona di acce4azione
aumenta la probabilità che si verifichi il processo previsto dalla teoria dell’autopercezione, mentre un’ampia
zona di rifiuto rende più probabili sta: di dissonanza.

5. Il concetto di impegno nelle tecniche di induzione comportamentale


TITOLO 32
Da una delle direzioni di ricerca tracciate dalla teoria della dissonanza cogni:va e dalla teoria
dell’autopercezione deriva l’individuazione di una serie di tecniche finalizzate a o4enere un dato
comportamento da una persona, senza tentare di influenzarne preliminarmente gli a4eggiamen:. La
scoperta e la sperimentazione di queste tecniche non deriva tu4avia per deduzione dalle teorie, piu4osto
ha eseguito il percorso inverso: alcuni studiosi hanno avuto l’occasione di osservare commercian: e
venditori di vario genere e o4enere risulta: considerevoli u:lizzando delle strategie che potevano essere
interpretate alla luce di tali teorie.

5.1 Il colpo basso (low ball)


In un volume sulle armi della persuasione, Cialdini racconta di aver trascorso una fase della carriera di
ricercatore come “osservatore partecipante“ in situazioni di vendita. Durante la sua permanenza presso un
concessionario notò che a volte veniva fa4a al cliente un’offerta molto vantaggiosa e in questo modo egli
veniva indo4o a decidere l’acquisto. Poi lo si coinvolgeva sempre più nella decisione, facendogli, ad
esempio, provare l’auto in ques:one. Nel momento di concre:zzare l’acquisto il venditore trovava un modo
per contravvenire ai vantaggi offer: in partenza, per esempio diceva che a un controllo l’offerta risultava
scaduta o che si era dimen:cato di precisare l’obbligo all’acquisto di qualche op:onal molto costoso o che
aveva fa4o un errore di calcolo. A questo punto il commesso si scusava e so4olineava la libertà del cliente
di recedere dalla decisione presa. In mol:ssimi casi la persona concludeva l’acquisto nonostante non
fossero rispe4a: i criteri che egli si era posto all’inizio. A questa strategia Cialdini a4ribuisce il nome di
“colpo basso”. Cialdini e colleghi nel 1978 per la prima volta tentano di riprodurre questa tecnica in un
laboratorio di ricerca. Nel primo esperimento, il ricercatore telefona a studen: universitari chiedendo di
partecipare a un esperimento che vale un’ora di credito. Nella condizione di “colpo basso”, dopo che i
partecipan: hanno acce4ato, vengono informa: che l’esperimento si svolge alle 7 del maTno. Nella
condizione di controllo, la stessa informazione viene fornita allo studente prima della sua risposta. Le
variabili dipenden: sono dunque due: l’acce4azione verbale alla partecipazione e l’a4uazione
comportamentale (quan: studen: sono presen: effeTvamente laboratorio alle 7 del maTno). Su
entrambe le variabili la condizione di colpo basso oTene percentuali di acce4azione superiori rispe4o alla
condizione di controllo. A4raverso l’omissione apparentemente casuale di un’informazione “cri:ca” (il fa4o
che l’esperimento si svolga alle se4e del maTno), il ricercatore oTene il consenso nel doppio dei casi.
Sarebbe una sorta di trappola sleale se egli non so4olineasse la libertà dell’interlocutore di cambiare idea e
rifiutare la propria partecipazione.

5.2 Il “piede nella porta”


L’osservazione delle strategie commerciali ha evidenziato che se si chiede a una persona di a4uare un
comportamento che non gli costa molta fa:ca si aumenta la probabilità che questa successivamente
acconsenta ad a4uare un altro comportamento dello stesso :po ma molto più oneroso. Freedman e Fraser
effe4uano due esperimen: proge4a: appositamente per verificare questa ipotesi. Nel primo esperimento
si propongono di o4enere da un campione di casalinghe il consenso ad accogliere in casa per due ore un
gruppo di ricercatori di mercato che hanno il compito di fare l’inventario di tuT i prodoT per la casa
u:lizza: (a4o molto oneroso). Questa richiesta viene avanzata al telefono con qua4ro modalità diverse che
cos:tuiscono altre4ante condizioni sperimentali:
➡ 1ª condizione: il ricercatore presenta se stesso e l’organizzazione poi chiede di rispondere a una
domanda per una ricerca di mercato (a4o poco costoso). Alla risposta afferma:va di questa, egli le
chiede quale sapone usa. Infine, in una telefonata successiva, pone la richiesta maggiore;
➡ 2ª condizione: stesse modalità di conta4o. Lo sperimentatore chiede alla signora di rispondere a una
domanda, ma anche quando questa risponde afferma:vamente, la domanda non viene fa4a. Segue la
seconda telefonata con la richiesta maggiore;
➡ 3ª condizione: stesse modalità di conta4o a cui segue la seconda telefonata con la richiesta maggiore;
TITOLO 33
➡ 4ª condizione: viene avanzata dire4amente la richiesta maggiore nel corso della prima telefonata.
Le percentuali di acce4azione sono rispeTvamente di 52% nella prima condizione (“piede nella porta”);
33% nella seconda, 28% nella terza e 22% nella quarta.
Gli autori si chiedono fino a che punto l’individuo deve essere consapevole del legame fra la prima e la
seconda richiesta così conducono un secondo esperimento nel quale la prima e la seconda richiesta
vengono avanzate da due sperimentatori diversi. Anche in questo caso nella condizione di controllo
(richiesta maggiore dire4a) si o4engono percentuali ne4amente più basse rispe4o a tu4e le condizioni
sperimentali. Freedman e Fraser riconducono i loro risulta: agli effeT della percezione di sé (Bem): dopo
aver soddisfa4o la richiesta iniziale, la persona a4ribuisce a sé il tra4o che so4ende la sua azione recente e
questo cambiamento nella percezione di sé orienta la direzione della risposta alla seconda richiesta. 

Mol: riconoscono in questa tecnica una procedura u:lizzata da persone che fermano passan: per la strada
chiedendo loro di firmare “contro l’AIDS”. Tan: non hanno il coraggio di rifiutare un sostegno a una causa
così sensibile e si avvicinano al tavolo per porre la propria firma. Nel momento in cui viene posta la firma, la
persona che ha eseguito l’aggancio spiega di far parte di una comunità per il recupero dei tossicodipenden:
e offre una rivista illustra:va delle aTvità che vi svolgono. Il passante di turno acce4a la rivista e a quel
punto gli viene de4o che questa costa una cifra decisamente alta, perché la comunità ha bisogno di
sostenersi economicamente. In questo caso, troviamo insieme sia il “piede nella porta” (che comincia con
una firma) sia il “colpo basso” (quando il passante ha la rivista in mano apprende non solo che è a
pagamento ma anche che costa molto). Quante probabilità di ascolto avrebbe una persona che ferma
passan: per strada chiedendo dire4amente offerte in denaro o offrendo in vendita una rivista a un prezzo
esagerato?

Joule e Beauvois fanno notare alcune condizioni di validità del piede nella porta: il primo a4o indo4o non
deve essere eccessivamente poco costoso; l’individuo deve poter stabilire un nesso fra le due richieste
anche se vengono avanzate da persone diverse; inoltre non è stato testato se l’effe4o della prima richiesta
resta oltre un intervallo di tempo di 6-7 giorni.

Cialdini e colleghi hanno poi confrontato l’efficacia persuasiva delle tue tecniche conducendo un
esperimento: uno studente complice dello sperimentatore afferma di far parte di un’associazione di
volontariato e chiede ad altri studen: di aiutarlo a diffondere la conoscenza di questa associazione,
facendo vedere due poster ad altri compagni. Nella condizione di colpo basso, quando lo studente ha
acce4ato, il complice gli dice di andare a prendere i poster in un’aula molto lontana. Nella condizione di
piede nella porta, il complice chiede allo studente di affiggere un poster alla finestra della propria camera e
dopo averlo fa4o chiede di andare a prendere i due poster nell’aula lontana. In una condizione di controllo,
il complice chiede dire4amente ai partecipan: di andare a prendere i due poster nell’aula lontana e
affiggerli alla finestra. I risulta: mostrano che sul piano dell’acce4azione verbale non ci sono differenze
significa:ve nelle tre condizioni, mentre sull’acce4azione comportamentale (a4accare veramente i poster)
la condizione di “colpo basso“ si rivela più efficace del “piede nella porta“. Gli autori avanzano alcune
ipotesi interpreta:ve e dimostrano che i da: empirici sostengono soltanto un’interpretazione in termini di
impegno.

5.3 Il costrutto di impegno


Kiesler sviluppa uno degli aspeT della teoria di Fes:nger. L’autore parte dall’assunto secondo cui gli
individui sono mo:va: dalla ricerca di coerenza, ma sos:ene che quando si tra4a della relazione fra
comportamento e idee (a4eggiamen:, opinioni) ciò che vincola maggiormente è il comportamento. Kiesler
afferma l’esistenza di un vincolo che lega gli individui ai propri aT e che chiama commitment. Ciò significa
che le persone non si sen:rebbero tanto impegnate a rendere coeren: dei comportamen: alle proprie
idee, bensì si sen:rebbero vincolate ad a4uare comportamen: coeren: con condo4e preceden: legate da
un nesso di senso. La messa in a4o di un comportamento avrebbe un effe4o di “congelamento” (freezing
effect) rispe4o alla a4uazione di altri comportamen: in altre circostanze simili. Il fa4ore determinante
perché questo vincolo di coerenza al comportamento venga a4uato è il sen:mento di libertà. Soltanto
TITOLO 34
quando l’individuo si sente libero nell’a4uazione del primo comportamento o nella presa di decisione
persevererà nella stessa condo4a o decisione presa anche se le circostanze saranno mutate. 

A questo proposito, Jules e Beauvois parlano di so4omissione liberamente consen:ta per indicare una
libertà che non è oggeTvamente tale, quanto piu4osto una so4ovalutazione delle pressioni esterne.
InfaT, l’impegno è il risultato del cara4ere pubblico dell’a4o: prendere una decisione cos:tuisce un vincolo
alla coerenza. InfaT la decisione presa nella prima fase proprio per il cara4ere pubblico è irrevocabile, nel
senso che nessuno può negare che sia stata presa. 

Per quanto riguarda gli effeT, Jules e Beauvois dis:nguono due classi di aT impegna:vi: quelli coeren: con
l’idee o le mo:vazioni (che chiamano aT non problema:ci e sono gli stessi che abbiamo definito
proaTtudinali) e quelli contrari (aT problema:ci). L’impegno in un a4o non problema:co ha l’effe4o di
rendere l’a4o più resistente al cambiamento; mentre l’impegno in un a4o problema:co conduce almeno la
modifica dei contenu: ideali nel senso di una razionalizzazione dell’a4o. 

Nel “piede nella porta“, l’impegno in un a4o non problema:co rende più resisten: gli a4eggiamen: rela:vi
e più probabile l’a4uazione di altri comportamen: nella stessa direzione. Nel “colpo basso“ l’impegno
nell’a4o poco problema:co rende più resistente la decisione presa, favorendo la perseveranza. 

Gli autori francesi avanzano tre possibili interpretazioni di processo:
1) la prima è quella sostenuta da Kiesler: la perseveranza nei comportamen: dello stesso :po è finalizzata
al raggiungimento dell’equilibrio.
2) La seconda interpretazione di stampo più cogni:vista è riconducibile a una le4ura “alla Bem“: me4ere
in a4o un comportamento modifica l’organizzazione in memoria delle cognizioni rela:ve; sarebbe come
dire che l’osservazione del proprio comportamento è un’informazione in entrata che viene integrata nel
sistema preesistente.
3) La terza prevede che l’a4uazione di un comportamento non problema:co aumen: l’accessibilità in
memoria dell’a4eggiamento rela:vo, rendendo più probabile l’a4uazione successiva di un altro
comportamento coerente con questo.
———

CAPITOLO 7: Contesti e applicazioni

1. La persuasione nella politica


1.1 Effetti diretti e indiretti
La persuasione ha sempre avuto a che vedere con la poli:ca. La poli:ca è infaT il luogo dei confliT fra
obieTvi o fra strategie diverse per raggiungere lo stesso obieTvo, un'arena in cui i protagonis: competono
per avere il consenso dei ci4adini. Tu4avia, la maggior parte dei ci4adini ha un'esperienza esclusivamente
mediata della poli:ca, ossia a4raverso corpi intermedi (par::, sindaca:, associazioni) e sopra4u4o mezzi
di comunicazione di massa. Quando si analizza l'ambito della comunicazione poli:ca ci si imba4e
nell'apparente paradosso per cui le persone che prestano molta a4enzione alla comunicazione sono anche
quelli più interessate alla poli:ca e che per lo più hanno un orientamento piu4osto stabile, quindi sono le
persone più resisten: ai tenta:vi di persuasione. Una grossa fe4a di popolazione, al contrario, si interessa
alla poli:ca poco o per nulla, rendendosi in questo modo difficilmente raggiungibile dai messaggi che
provengono da essa. TuT ques: indizi contraddi4ori hanno s:molato la curiosità di un gran numero di
studiosi di scienze sociali circa gli effeT della comunicazione persuasiva sugli a4eggiamen: e
comportamen: poli:ci dei ci4adini. L'influenza della comunicazione poli:ca sul pubblico si esercita su due
piani: quello cogni:vo-affeTvo e quello comportamentale.
• Sul piano cogni:vo-affeTvo essa svolge un ruolo nella socializzazione poli:ca degli individui, vale a dire
nel processo a4raverso il quale l'individuo diventa un ci4adino, familiarizzandosi con i protagonis: della
poli:ca, con le sue regole e strategie. Perme4e poi alle persone di avere tu4a una serie di informazioni
TITOLO 35
che confluiscono a formare il loro grado di conoscenza poli:ca a un momento dato. La comunicazione
poli:ca poi mira a indurre a4eggiamen:, ossia valutazioni e orientamen: precisi nei riguardi di temi,
posizioni, candida:, leader, par:: ecc. e lo fa non solo a4raverso gli argomen: a favore di una posizione
ma anche in modi indireT che passano a4raverso la manipolazione della percezione delle priorità per il
paese o della percezione del consenso di cui gode una posizione.
• Sul piano del comportamento, le fon: di persuasione poli:ca mirano alla risorsa principale nei sistemi
democra:ci, il segno tangibile del consenso che si esprime nel voto. Ma gli effeT della comunicazione
possono esercitarsi anche sul grado di partecipazione dei ci4adini alla vita poli:ca fino ad un livello più
aTvo come la militanza o la protesta.
Gli studiosi in questo campo sono ormai da tempo convin: che le "conversioni", ossia i cambiamen:
radicali di a4eggiamento in corrispondenza a un evento comunica:vo, siano piu4osto rari da osservare. Ciò
non significa tu4avia affermare che la comunicazione poli:ca non produca effeT rilevan:. Un filone di
ricerca sul tema parte dall'idea che i media non determinano tanto le opinioni dei ci4adini quanto piu4osto
suggeriscono loro a cosa pensare. Si parla, in questo caso, di fenomeno di agenda seTng. È stata così
definita l'ipotesi secondo la quale la distribuzione dell'a4enzione data ai vari problemi dai mass media
influisce sulla rilevanza che il pubblico a4ribuisce ai problemi stessi. Dunque, l'esposizione ai media non
influenzerebbe dire4amente gli a4eggiamen: poli:ci, bensì l'importanza a4ribuita alle ques:oni e la
mo:vazione alla elaborazione delle informazioni rela:ve. Per aumentare la probabilità di elaborazione
occorre innanzitu4o che le argomentazioni presentate siano convincen:. Soltanto se le argomentazioni che
si presentano a sostegno di una data posizione sono par:colarmente convincen: e nuove per il ricevente,
ques: ne risulterà influenzato. Iyengar fa notare che il resoconto di una no:zia fornisce informazioni
accessibili in memoria per la loro recenza e può provocare la revisione e il collegamento con le informazioni
già immagazzinate. Ripetere o tra4are in modo esteso no:zie riguardan: lo stesso evento rende più
probabili queste ristru4urazioni cogni:ve. La ricerca conferma questa previsione, mostrando che ciò è
tanto più vero quanto meno i partecipan: sono "esper:", in quanto le persone più esperte possiedono
conoscenze meglio organizzate in memoria quindi risultano meno influenzate dalla semplice accessibilità di
nuove informazioni. Ricerche longitudinali e disegni sperimentali in cui è stata manipolata in modo
sistema:co l'esposizione alle no:zie hanno consolidato l'ipotesi dell'agenda seTng. Dalle survey emerge
inoltre che gli effeT di influenza dovu: al priming sono più for: fra le persone rela:vamente meno esposte
e meno a4ente alle no:zie. Una maggiore a4enzione di esposizione porta infaT il ricevente ad assorbire
una quan:tà maggiore di informazioni su un insieme più ampio di temi. 

In ogni caso riuscire a influenzare l'idea che alcuni temi siano più importan: di altri ha conseguenze molto
importan: sui giudizi che i riceven: formulano dei leader e delle formazioni poli:che; conseguenze che
possono arrivare a influenzare il comportamento di voto vero e proprio. Il tu4o a4raverso un meccanismo
molto soTle che influenza i criteri di giudizio e la selezione degli elemen: informa:vi che i riceven:
operano fra le infinite possibilità che hanno a disposizione. I giudizi e le decisioni infaT vengono formula:
su quel so4oinsieme di informazioni che in un momento e in un contesto dato risultano più salien: e
accessibili. I temi che sono sta: al centro dell'a4enzione dei telegiornali, dei giornali radio e dei quo:diani
sono quelli che vengono più facilmente richiama: alla memoria dalle persone e sono quindi quelli che
hanno un impa4o rela:vamente maggiore sui giudizi che queste formulano dei leader e dei par::.
Diventano cioè degli standard di giudizio. In questo caso si dice che i media esercitano una funzione di
priming, ossia di aTvazione differenziata delle informazioni che cos:tuiscono gli ingredien: del giudizio e
della decisione. Anche la diffusione dei risulta: dei sondaggi può avere effeT indireT di questo genere.
Secondo Ceri essi assolvono a tre funzioni indire4e che hanno a che vedere con la persuasione:
a) La prima è quella di consolidare e rilanciare l'immagine posi:va di un determinato candidato e
indebolire quella dell'avversario;
b) La seconda riguarda l'induzione di un effe4o di agenda seTng, cioè di affermare il rilievo di alcune
ques:oni poli:che a scapito di altre;

TITOLO 36
c) La terza riguarda l'induzione di consenso vero e proprio tramite i meccanismi dell'influenza
maggioritaria.
InfaT, un esperimento ha mostrato chiaramente che quando un candidato gode di un forte consenso nei
sondaggi è percepito come più competente e, a4raverso la mediazione di tale giudizio, guadagna in
intenzioni di voto.

1.2 Internet e la personalizzazione della politica


La rilevanza che hanno assunto i mezzi di comunicazione di massa per l’opinione pubblica in ambito poli:co
ha progressivamente spostato il focus dell’a4enzione dai contenu: delle proposte alle fon:, ossia i poli:ci.
Si parla a questo proposito di personalizzazione della poli:ca. Le campagne ele4orali si sono centrate
sempre più sulle figure dei leader e in par:colare sulle loro cara4eris:che personali o sugli aspeT ina4esi e
sorprenden: come per esempio gli scandali. Le immagini focalizzate sui candida: favoriscono così giudizi
basa: in primo luogo su risposte emo:ve. Allora le persone che si guardano frequentemente talk show
poli:ci e telegiornali tenderanno a privilegiare poi criteri di decisione di voto che a4engono all’immagine
dei candida: e meno alle posizioni poli:che da essi assunte. Una ricerca ha testato questa ipotesi e dai
risulta: si conferma in primo luogo che l’iden:ficazione con uno schieramento, la distanza percepita fra sé
e il candidato su un certo numero di temi, il giudizio sulle competenze del candidato e il giudizio sulla sua
persona sono tuT for: predi4ori del voto. Ma la comunicazione interpersonale agisce sull’impa4o
dell’a4accamento ideologico, mentre quella mediata agisce sull’impa4o che esercita l’immagine del
candidato sulla stessa scelta. Oggi l’impiego di Internet come canale di comunicazione poli:ca ha annullato
il confine fra mezzi di comunicazione e re: sociali, in quanto le informazioni poli:che che i ci4adini trovano
in rete provengono sia da fon: professionali (per esempio i si: dei quo:diani) sia da altri uten: (che
cos:tuiscono la rete sociale). Inoltre, l’uso dei social media per fini poli:ci ha dato una spinta ulteriore sia al
processo di disintermediazione della poli:ca sia alla rilevanza assunta dall’immagine dei poli:ci. Internet ha
infaT fornito ai poli:ci nuovi canali per un’interazione dire4a con il proprio ele4orato (come Facebook,
tweet, newsle4er). Occorre considerare anche che la mol:plicazione dei canali facilita strategie di ricerca di
informazioni basate sulla esposizione seleTva da parte dei ci4adini, cioè a4raverso si: Internet, giornali e
talk show il cui orientamento è noto ed è in linea con le proprie opinioni per non dover affrontare il costo
della dissonanza cogni:va. Tu4o ciò ha dunque l’effe4o di radicalizzare e rendere molto resisten: le
opinioni a ogni tenta:vo di influenza. Ma è vero anche che la navigazione e l’allargamento delle re: sociali
individuali rende più probabile l’esposizione casuale a opinioni e informazioni contrastan: e apre così la
strada a possibilità di persuasione.

1.3 La propaganda aggressiva


In ambito poli:co, l’uso massiccio dei mezzi di comunicazione di massa rende par:colarmente saliente
l’aggressività, dato che gli even: nega:vi, le risse, i confliT aTrano l’a4enzione del pubblico più delle
interazioni educate, degli accordi e delle convergenze. InfaT esper: poli:ci sono convin: che la cosidde4a
propaganda nega:va produca effeT migliori rispe4o a strategie comunica:ve meno aggressive. L’interesse
da parte degli studiosi per gli effeT della propaganda nega:va ha preso l’avvio negli Sta: Uni: con il lavoro
di Ansolabehere e colleghi. Ques: ricercatori hanno condo4o una serie di esperimen: per testare
l’influenza della nega:vità degli spot ele4orali sugli a4eggiamen: verso il governo e sull’intenzione di
andare a votare. I risulta: mostrarono che i partecipan: espos: a uno spot nega:vo esprimevano
a4eggiamen: più nega:vi verso il governo, ma sopra4u4o si riscontrava fra essi una più alta percentuale di
persone che dichiaravano di non voler andare a votare. A par:re da queste ricerche si è sviluppato negli
Sta: Uni:, poi anche in Italia, un filone di studi sia sperimentali in senso proprio sia analisi del contenuto
reale messo in relazione con i vo: effeTvi raccol: da veri candida: alle elezioni. Tu4avia una ricerca
finalizzata a replicare i risulta: di Ansolabehere e colleghi fuori dal laboratorio (a4raverso l’analisi dei da:
NES rela:vi alle elezioni del 1992 e del 1996) non ha evidenziato l’indebolimento dell’intenzione di
TITOLO 37
partecipazione ele4orale dovuta alla propaganda nega:va, anzi per le elezioni del 1992 si è osservato un
effe4o inverso, mentre per quelle del 1996 nessun effe4o. 

In generale i risulta: o4enu: dalle ricerche in questo ambito sembrano fortemente contraddi4ori: gli
esperimen: di laboratorio tendono a confermare il fa4o che la propaganda nega:va s:molerebbe una
certa mobilitazione, mentre le indagini campionarie portano a risulta: oppos:.
Lau e Pomper sostengono l’esistenza di una relazione curvilinea fra nega:vità della campagna e
partecipazione al voto: bassi e al: livelli di contenu: nega:vi fanno diminuire la partecipazione, mentre
livelli intermedi la s:molano.
Per quanto riguarda gli effeT sulla direzione degli a4eggiamen: del ricevente, gli studi hanno analizzato
principalmente tre aspeT:
‣ la valutazione della fonte
‣ la valutazione del bersaglio
‣ per quale candidato il ricevente ha intenzione di votare
Anche su questo piano non possiamo contare su risulta: consolida:. La metanalisi condo4a da Lau,
Sigelman e Rovner ha confrontato 43 studi:
➡ 12 riportavano un aumento di intenzioni di voto a favore della fonte che a4acca verbalmente il rivale
➡ 28 studi riportavano effeT boomerang, cioè diminuzione dell’intenzione di votare per la fonte
aggressiva
➡ 3 studi non riportavano alcun effe4o significa:vo della propaganda nega:va
Una dis:nzione cruciale per capire e me4ere ordine a ques: risulta: contrastan: sembra essere quella fra
cri:che alle proposte avanzate dal rivale e a4acchi alla sua persona. Le ricerche hanno mostrato che ques:
ul:mi sono quelli che più probabilmente aTvano effeT boomerang e fanno aumentare le intenzioni di
voto per il bersaglio degli a4acchi inducendo una valutazione nega:va della fonte. 

Recen: studi (Cavazza) hanno mostrato che una lusinga personale al rivale all’interno di un messaggio
induce nei riceven: un’impressione posi:va della fonte, risposte emo:ve posi:ve e una maggiore
intenzione di votarla rispe4o a un messaggio di a4acco o neutro. Ques: primi risulta: porterebbero
dunque immaginare che una comunicazione poli:ca dai toni più “gen:li“ di quella a cui comunemente
assis:amo possa essere efficace.

2.1 L’appello alla paura


Quando la persuasione ha come obieTvo quello di indurre pra:che di vita sane, cioè quando riguarda
l’ambito della salute in senso ampio, spesso viene u:lizzata una strategia che fa ricorso alla aTvazione di
paure. In questo caso il messaggio viene confezionato in modo tale da avere una parte in cui si
“minacciano“ alcuni esi: indesiderabili che si verificheranno qualora non si adoTno le azioni raccomandate
nella seconda parte. Il primo esperimento in tema di appello alla paura viene condo4o da Janis e Feshbach
nel 1953. Essi si propongono di confrontare gli effeT dell’aTvazione di paura a tre livelli di intensità (forte-
medio-basso) tramite messaggi sul tema dell’igiene dentale. I messaggi contengono tuT le stesse
informazioni sui rischi di malaTe dentali e sui modi per evitarle e hanno la stessa durata, ma differiscono
quanto alla insistenza sulle conseguenze nega:ve che derivano da una scarsa igiene orale. Rilevano poi i
da: riguardan: sia la tensione emo:va, sia la preoccupazione rela:va alla possibilità di essere colpi: da
malaTe dentali, sia le abitudini di igiene orale. Le rilevazioni vengono effe4uate una seTmana prima e una
seTmana dopo l’esposizione al messaggio. I risulta: mostrano che il forte appello alla paura è efficace
nell’aTvare tensione e preoccupazione significa:vamente più elevata rispe4o alle altre condizioni. Tu4avia
sul piano comportamentale, emerge un andamento diverso: sono i riceven: della comunicazione con
debole richiamo alla paura quelli che riportano di aver maggiormente cambiato il proprio comportamento.
Gli autori interpretano i risulta: affermando che quando una persona è esposta a una comunicazione in cui
vengono presenta: contenu: di minaccia per il sé sperimenta una reazione emo:va spiacevole che mo:va
TITOLO 38
la ricerca di risposte in grado di ridurre tale tensione. La tensione emo:va provocata ha dunque un ruolo di
drive, vale a dire che spinge l’individuo a provare comportamen: adaTvi per ripris:nare lo stato emo:vo
precedente. Per farlo egli può ado4are il comportamento raccomandato nella comunicazione, ma può
aTvare altre risposte adaTve di :po difensivo come, ad esempio, non prestare a4enzione al messaggio o
aggredire il comunicatore. Ogni volta che l’individuo sperimenta uno stato di tensione e, ado4ando una
par:colare risposta, quello stato viene rido4o, la risposta in ques:one risulta rafforzata.

Nella teorizzazione di Hovland, Janis e Kelley, dunque, l’appello alla paura crea una tensione con funzione di
drive, la raccomandazione rassicurante che segue riduce tale tensione, di conseguenza si rafforza come
risposta adaTva nel repertorio comportamentale dell’individuo. Un richiamo alla paura troppo intenso è
efficace nel provocare una forte tensione, ma aTva interferenze difensive al momento dell’adozione di
risposte adaTve. Per queste ragioni, gli studiosi di Yale affermano l’esistenza di una relazione curvilineare
fra l’induzione di paura e l’effe4o persuasivo: aumentando la tensione aumenta anche il cambiamento
provocato fino a un punto oTmale oltre il quale avviene l’inverso. 

Una metanalisi condo4a su 93 studi fa concludere ai suoi autori che la paura indo4a a4raverso un
messaggio persuasivo esercita un effe4o debole ma sistema:co sugli a4eggiamen:, sulle intenzioni e sui
comportamen: dei riceven:. La relazione fra la forza della paura indo4a e l’ampiezza dell’effe4o persuasivo
sembra essere lineare e posi:vo: più l’appello è forte, più è probabile il convincimento dei riceven:. 

Studi di questo :po si sono concentra: spesso sul consumo di sigare4e. Alcune ricerche descriTve hanno
rilevato dopo l’introduzione delle avvertenze iconiche sui paccheT di sigare4e (immagini sgradevoli di
danni fisici e malaTe provocate dal fumo) un aumento del numero di persone che sme4ono di fumare. Al
di là dell’ambito specifico del consumo di sigare4e, una cara4eris:ca del ricevente sembra cruciale nel
definire l’efficacia di questo genere di appelli, ossia il senso di autoefficacia. InfaT una metanalisi ha
mostrato un chiaro effe4o di interazione fra forza della minaccia ed efficacia sul comportamento di
prevenzione (non solo sull’intenzione di me4erlo in a4o): la minaccia nel messaggio influenza il
comportamento dei riceven: con forte senso di autoefficacia. Questo risultato richiama uno degli sviluppi
più interessan: in questo ambito cioè quello proposto da Rogers il quale puntualizza, nella sua teoria della
mo:vazione alla protezione, che una persona è mo:vata ad a4uare comportamen: di protezione quando:
percepisce il problema come effeTvamente grave; si sente vulnerabile rispe4o ad esso; percepisce
comportamen: raccomanda: come efficaci nel fronteggiare la minaccia; si percepisce in grado di a4uarli
(self-efficacy).

2.2 Le tecniche di induzione comportamentali al servizio della salute


Le tecniche di induzione comportamentale (piede nella porta e colpo basso) sono state testate anche in
disegni di ricerca-azione, in studi cioè che uniscono l'obieTvo di conoscenza proprio della ricerca scien:fica
a quello di indurre cambiamen: che si ritengono socialmente desiderabili. Sono sta: condoT due
esperimen: principali al riguardo.

2.3 Dalla comunicazione persuasiva alla comunicazione vincolante


Ci si può focalizzare sul confronto fra il processo di persuasione centrato sulla comunicazione finalizzata al
cambiamento degli a4eggiamen: e il processo che si osserva quando si u:lizzano tecniche centrate sul
comportamento. Per quanto riguarda il primo, i problemi maggiori riguardano il passaggio dagli
a4eggiamen: influenza: all’a4uazione di comportamen: coeren: e la loro persistenza nel tempo. Risulta
rela:vamente facile o4enere un comportamento costoso a4raverso strategie che non prevedono
l’influenza degli a4eggiamen:, ma è chiaro che il comportamento costoso non riesce a entrare nel
repertorio comportamentale dell’individuo come risposta dominante per le situazioni successive. Alcuni
problemi irrisol: nell’uno e nell’altro ambito, forse possono essere supera: a4raverso forme di
integrazione fra i processi, cioè strategie che costruiscono un ponte fra la comunicazione persuasiva intesa
in senso tradizionale e le tecniche di induzione comportamentale. Secondo Joule, Girandola e Bernardi

TITOLO 39
l’oTmizzazione degli effeT delle campagne di prevenzione è possibile se si seguono due fasi: nella prima si
porta l’individuo ad a4uare un comportamento preparatorio che lo farà sen:re vincolato, poi si propone
allo stesso individuo un’argomentazione in linea con l’a4o preparatorio realizzato. Una differenza fra le due
strategie che non può sfuggire riguarda l’ampiezza dell’audience che si raggiunge a4raverso l’uno o l’altro
processo. La comunicazione persuasiva ha la cara4eris:ca di poter essere inviata da una fonte a un
pubblico molto ampio. Le tecniche basate sul comportamento si possono realizzare prevalentemente in un
contesto di comunicazione interpersonale. Ciò non impedisce comunque che i principi della induzione di
so4omissione liberamente consen:ta vengano sfru4a: per raggiungere grandi quan:tà di persone.
L’esempio della raccolta fondi, tramite la firma “contro l’AIDS” lo tes:monia.

3. La persuasione tecnologica
Oggi si dice che siamo entra: nell'era della tecnologia persuasiva, infaT il mol:plicarsi dei canali di
comunicazione ha amplificato il numero di appelli persuasivi a cui ciascuno di noi è so4oposto. Le
tecnologie della comunicazione sono dunque in primo luogo degli amplificatori degli effeT potenziali del
messaggio persuasivo, aumentando la possibilità di ripe:zione del messaggio e la platea che questo può
raggiungere. Ma la cara4eris:ca più vantaggiosa delle nuove tecnologie per la promozione di prodoT e
servizi è cos:tuita dalla possibilità di interazione tra fonte e ricevente del messaggio, ruoli sempre più
interscambiabili che perme4ono all’utente un'esperienza coinvolgente. Ciò rende probabile che anche
a4eggiamen: che si formano a4raverso la comunicazione possano avere cara4eris:che di forza e
resistenza del tu4o simili a quelle degli a4eggiamen: che si formano per esperienza dire4a. Inoltre,
l'impiego delle nuove tecnologie perme4e una forte personalizzazione dei messaggi.

3.1 Messaggi “su misura” in rete


Fogg è stato il primo a immaginare che si possano disegnare sistemi interaTvi in modo da provocare
cambiamen: negli apprezzamen: e nei comportamen: degli uten:. Denomina ques: sistemi "tecnologie
persuasive”. L'idea che sta alla base del message tailoring (messaggio su misura)il giusto messaggio nel
momento giusto e nel modo giusto. Ciò implica che il ricevente sia disponibile a ricevere, che la ricezione
avvenga quando le opportunità di me4ere in a4o il comportamento siano prossime e che il messaggio
abbia un frame al quale quell'utente è sensibile. Un altro presupposto del message tailoring è che ci siano
significa:ve differenze interindividuali nella vulnerabilità alla persuasione che fanno sì che uno stesso
messaggio non possa essere efficace per tuT. 

All'origine sono sta: individua: qua4ro campi di applicazione: la salute, la sicurezza, la difesa dell’ambiente
e il marke:ng. In ques: ambi: i progeTs: delle tecnologie persuasive hanno cercato di applicare le
conoscenze prodo4e dalla ricerca psicologica. 

Gli studi condoT per testare l’efficacia persuasiva di ques: sistemi spesso partono dalla classificazione
composta da sei taTche persuasive proposte da Cialdini. Tali taTche possono essere ricondo4e a
euris:che che le persone usano per arrivare a una decisione:
1) Principio dell'autorità: le persone tendono a dare credito alle fon: esperte;
2) Principio della scarsità: le persone tendono a valutare di più gli oggeT o le occasioni quanto meno sono
o diventano disponibili;
3) Principio del consenso sociale: le persone tendono a valutare posi:vamente ciò che è valutato
posi:vamente da molte persone o tendono a pensare che la maggioranza abbia ragione;
4) Principio della coerenza: le persone tendono a valutare posi:vamente le alterna:ve di scelta o i
comportamen: coeren: con quanto hanno fa4o in passato o de4o pubblicamente;
5) Principio della simpa:a o a4razione: gli individui tendono a compiacere le persone che trovano
a4raen: o simpa:che;

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6) Principio della reciprocità: gli individui desiderano ripagare i favori ricevu: anche quando questo va
contro il proprio interesse.
In una serie di studi condoT sulla valutazione da parte degli uten: di libri in vendita in un sito, Kaptein
manipola la strategia persuasiva ado4ata nei claim (slogan) basata su alcune di queste euris:che. I risulta:
confermano che ci sono differenze individuali stabili nella sensibilità a ques: diversi appelli: le persone
tendono a valutare posi:vamente i libri che sono presenta: con una par:colare strategia e questa
preferenza si manifesta in diverse occasioni. In questo caso le differenze individuali sono dunque tra4e
dire4amente dal comportamento dell'utente (comprare diversi libri pubblicizza: con la stessa euris:ca) e
costruiscono il suo profilo. I profili persuasivi individuali sono l'insieme delle s:me degli effeT a4esi di
ciascuna taTca persuasiva per uno specifico individuo. Allora conoscere i profili persuasivi individuali
consente di presentare agli uten: altri messaggi che fanno capo alla taTca persuasiva più appropriata (cioè
quella alla quale sono maggiormente vulnerabili). Nel momento in cui i profili persuasivi individuali sono
costrui: sulla base delle tracce digitali (i da: che derivano dai comportamen: degli uten: che gli strumen:
registrano), il sistema persuasivo diventa adaTvo: può essere con:nuamente aggiornato in modo dinamico
in relazione a come evolve il profilo persuasivo dell'utente. Il sistema può essere proge4ato in modo da
presentare a un nuovo utente la taTca che ha il successo medio generale più elevato. Se funziona con
quello specifico utente, il sistema gliela riproporrà su altri prodoT; se non funziona invece procederà con
altre taTche e su ques: primi da: comincia a elaborare il profilo persuasivo di quell'utente. Occorre però
tenere in considerazione che una taTca inappropriata potrebbe non limitarsi a essere poco efficace, ma
potrebbe indurre effeT boomerang, cioè cambiamen: nella direzione opposta a quella desiderata. 

Recentemente è stata data sui giornali un’enfasi allarmis:ca sulle possibilità di manipolazione degli uten:
a4raverso l'invio di messaggi "su misura" corrisponden: alle loro cara4eris:che di personalità. Si riportava
cioè la no:zia che l'amministratore delegato di una società americana avrebbe ammesso che la sua società
applica un algoritmo in grado di “profilare" masse di uten: sul modello dei Big Five. Su questa base
farebbero poi apparire messaggi “su misura” agli uten: profila: per influenzarli in modo soTle (ossia
manipolare il loro consenso). In questo caso il taglio del messaggio non sarebbe basato sui comportamen:
(sulle preferenze) passate dell’utente, ma sarebbe formulato in modo da corrispondere a presun: bisogni
che derivano dalla sua personalità. 

È vero che a4raverso le tracce digitali è possibile inferire delle cara4eris:che di personalità degli uten:. Gli
autori le chiamano "misure opera:ve", in quanto basate su comportamen: (per esempio i like che
aTvamente un utente a4ribuisce a una no:zia o una immagine) e non su risposte autoriportate nei
ques:onari. Per esempio, sulla base delle somiglianze fra le informazioni ricercate da un utente si può
inferire il suo livello di preferenza per la coerenza. Si possono così profilare gli uten: secondo criteri
psicografici e inviare loro messaggi che fanno leva in par:colare su bisogni individuali che si generano dalle
cara4eris:che di personalità. 

Nel complesso, lo studio dell'efficacia della costruzione di messaggi su misura ha mostrato effeT deluden:,
considerando anche che tale procedura ha cos: rela:vamente eleva:. Una metanalisi condo4a nell'ambito
della promozione di comportamen: sani ha mostrato che divulgare messaggi su misura provoca effeT sul
comportamento migliori di quelli provoca: da messaggi uguali per tuT, ma che la differenza è veramente
molto bassa. Al momento dunque l'idea che la profilazione di personalità di massa por: alla manipolazione
delle men: ha natura più leggendaria che di possibilità scien:ficamente documentata. Al contrario, le
tracce digitali delle nostre scelte potenzialmente comunicano ad aziende e is:tuzioni a quali appelli
persuasivi, al di là della nostra personalità, siamo sensibili.

3.2 Dal passaparola tradizionale a quello elettronico


Grazie alla rete, in par:colare al computer, allo smartphone e ai social network, il bersaglio della
persuasione diventa davvero aTvo, talmente aTvo da rendere sfuma: i confini fra produ4ore di messaggi
e ricevente. Questa svolta dal punto di vista dell'influenza sociale è evidente nel fenomeno del cosidde4o
passaparola ele4ronico. Il passaparola fra consumatori è sempre stato un canale molto efficace di
TITOLO 41
influenza, infaT, la ricerca ha mostrato che il passaparola tradizionale spesso comporta effeT di
persuasione a lungo termine e che le persone percepiscono la fonte di queste valutazioni come credibile e
affidabile. Con l'avvento di Internet si sono diffusi un gran numero di portali dedica: ai commen: e alle
valutazioni so4oforma di recensioni. Grazie a ques: strumen:, i consumatori hanno a disposizione in
qualsiasi momento molte informazioni per orientare le proprie decisioni. Rispe4o al passaparola
tradizionale, le pia4aforme dedicate alle recensioni amplificano enormemente il cerchio dei potenziali
fornitori di valutazioni. Una seconda cara4eris:ca che differenzia le due forme è il passaggio dalla forma
orale a quella scri4a, che consente un’analisi più approfondita da parte dell'utente. Queste cara4eris:che
ne fanno un mezzo di persuasione più potente della pubblicità. Una metanalisi delle molte ricerche
condo4e in questo ambito ha individuato alcune condizioni di par:colare efficacia: il passaparola
ele4ronico influenza maggiormente quando i riceven: riescono a percepire una certa somiglianza con la
fonte delle valutazioni (come nei social network); è par:colarmente forte quando riguarda prodoT oppure
servizi nuovi; la quan:tà dei commen: ha un impa4o maggiore sulle scelte dei consumatori rispe4o alla
connotazione di ques:; infine, le recensioni nega:ve di per sé comprome4ono meno la scelta del
consumatore rispe4o a un'alta variabilità nei commen:.

Dall’altro lato, tu4avia, una differenza cri:ca fra passaparola dire4o ed ele4ronico e che nel primo caso la
conoscenza dire4a della fonte non ci fa sospe4are che questa abbia secondi fini nel comunicarci la sua
valutazione, mentre non tu4e le recensioni che leggiamo in rete sono auten:che. Quando il sospe4o di
falsità si insinua, i consumatori tendono a dare più credito alle recensioni nega:ve rispe4o a quelle
posi:ve, in linea con il noto nega:vity bias, ossia alla percezione di maggiore diagnos:cità delle
informazioni nega:ve rispe4o a quelle posi:ve.

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