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Neuromarketing libro
“Neuromarketing,
Comunicazione e
Comportamenti di Consumo”
CAPITOLO 1 – IL CONTRIBUTO DEL
NEUROMARKETING PER LO STUDIO DEI
COMPORTAMENTI DI CONSUMO E LA
COMUNICAZIONE
CHE COS’è IL NEUROMARKETING E COME FUNZIONA: è un nuovo campo di studio nato dalla
convergenza delle teorie di mktg, scoperte neuroscientifiche, economia comportamentale, psicologia dei
consumi, comunicazione, e tecnologie di analisi di indici psicofisiologici e neurologici.
L’idea di base è che le decisioni possano essere caratterizzate da processi irrazionali, intuitivi, euristici ed
affettivi. Il neuromktg non potrà mai guidare i comportamenti dei consumatori, ma offrire la possibilità di
misurare in maniera diretta le emozioni e i processi, di cui i consumatori potrebbero non essere consapevoli,
delle scelte di consumo e le reazioni agli stimoli pubblicitari.
Il neuromktg offre tecniche capaci di misurare il coinvolgimento emotivo, la focalizzazione attentiva e la
memorizzazione, aspetti determinanti del processo di consumo.
Il principio base del neuromktg recita che il consumo è un atto dotato di senso, in cui la dimensione
emotiva, relazionale e identificatoria (nel gruppo) ha un ruolo predominante rispetto alla funzionalità del
prodotto.
Dagli anni ’70 in poi abbiamo assistito ad un mutamento paradigmatico nel modo di studiare i consumatori
grazie ad una nuova modalità di rappresentazione dei processi decisionali.
Questa nuova modalità si basa sulla prevalenza della dimensione emotiva nella percezione delle
stimolazioni e sulla non-esclusione ma mutuo influenzamento dei due processi di decodifica di queste: quello
emotivo e quello cognitivo, che, però, vengono mediati da sistemi cerebrali del tutto differenti anche se
interagenti.
Nel 1996 LeDoux espose la sua posizione a riguardo: egli sosteneva che il sistema cognitivo fosse
caratterizzato dall’attivazione della zona corticale, secondo un processo più lento e dispendioso, e da un altro
processo (emotivo) con funzione adattiva, più veloce e collegato alla zona talamica, la parte più ancestrale
del cervello (vedi p73).
Le neuroscienze studiano il sistema nervoso partendo dall’analisi dei processi biologici integrandoli con
quelli di psicologia e psicofisiologia. Per fare ciò si servono di sofisticate tecnologie: la risonanza magnetica
funzionale (fMRI), la risonanza a emissione di positroni (PET), l’analisi elettroencefalografica e l’analisi dei
segnali psicofisiologici (come la frequenza cardiaca e respiratoria).
Le principali tecniche di misurazione del neuromktg sono:
• Eye tracking: misurazione del movimento oculare tramite uno strumento (eye tracker) che permette
di analizzare le fasi di esplorazione oculare (saccadi), i tempi di fissazione, il percorso di visione, la
dilatazione pupillare (strettamente connessa all’attivazione fisiologica) e il blinking. Gli output
derivanti sono le Heat Map (in funzione della durata e del numero di fissazioni), le Focus Map
(restituiscono info sulle aree non osservate) e gli Scan Path.
Lo strumento può essere utilizzato sia in laboratorio che sul campo.
• Analisi della skin conductance: determina il grado di attivazione psicofisiologica e viene misurata
tramite anelli o braccialetti in grado di rilevare il cambiamento del livello di sudorazione indicatore
del grado di arousal provocato sia da stimolazioni ambientali che da stati interni.
• Analisi respirazione e battito cardiaco: la velocità e la profondità del respiro è correlata al grado di
attenzione e tensione emotiva, mentre il battito cardiaco allo stato di concentrazione. Si possono
misurare tramite strumenti posizionati sul corpo del soggetto o a distanza tramite l’analisi del flusso
sanguigno del volto fatta da una webcam.
• Misura espressioni facciali: si valuta il movimento dei muscoli del volto in relazione all’emozione
provata. Per analizzare le espressioni facciali si utilizzano software specifici come il Face Reader,
per analizzare le microespressioni, invece, ci si affida al modello FACS (Facial Action Coding
System) e alle competenze di un esperto in grado di valutare con la moviola i movimenti del volto.
• Analisi tempi di risposta e latenza: è una misura del processo di comparazione tra stimoli in termini
di velocità di risposta ad essi valutandone la forza di associazione. Tempi di latenza più brevi
indicano un più radicato atteggiamento nei confronti di quello stimolo.
• Analisi dell’elettroencefalogramma EEG: si misurano le onde cerebrali e le zone del cervello
attivate dalle determinate stimolazioni.
La forza di tutti questi strumenti sta nella loro capacità di rilevare anche i più lievi cambiamenti e nella
possibilità della loro sincronizzazione e integrazione reciproca.
Negli ultimi anni la neuroscienza ha sviluppato sistemi di indagine sul cervello non invasivi in grado di
misurare le attivazioni cerebrali. Gli strumenti di Brain Imaging si basano sulla fMRI, in grado di misurare
il flusso sanguigno nelle varie parti del cervello, e sulla Magnetoencelografia (MEG), attivata dai campi
magnetici determinati dalla attivazione elettrica del cervello.
Queste tecniche hanno permesso di mappare il cervello e individuare quali zone si attivano in relazione a
particolari comportamenti o esperienze.
Anche la EEG può essere considerata una tecnica di Brain Imaging, la più antica, anche se la sua efficienza è
ridotta in quanto permette di misurare l’attivazione solo sullo scalpo.
Nell’analisi dei processi inconsapevoli il neuromktg può contribuire a valutare tre processi fondamentali
nelle scelte di consumo:
• Attenzione: può avvenire in maniera guidata (top-down) e quindi direzionata dalle aspettative della
comunicazione, oppure in maniera spontanea (bottom-up), stimolata dall’ambiente. Nel mktg
l’eccesso di novità può avere effetto negativo: è bene infatti trovare un perfetto equilibrio tra
l’attrattività data dalla novità e il riconoscimento di ciò che è noto e familiare.
• Emozione: gioca un ruolo determinante. È pressochè inconsapevole e immediata. Dell’emozione è
possibile misurare la valenza (positiva o negativa), l’arousal (intensità) e la sua motivazione.
• Memorizzazione: processo più articolato da misurare. Si presenta con due dimensioni: una in
entrata, ovvero la codifica delle informazioni il loro radicamento nel sistema mnemonico, e una in
uscita cioè il recall di ciò che si è memorizzato e il riconoscimento.
I contributi più importanti del neuromktg si riferiscono ai processi neurologici e psicofisiologici legati a:
• Rappresentazione degli stimoli e capacità di attirare o meno l’attenzione: la prima è influenzata dalle
possibili scelte, dai processi interni e dalle condizioni esterne. L’attivazione della rappresentazione
del prodotto può essere più rapida per quelli più graditi ed avvenire in maniera inconsapevole.
Non attira l’attenzione tutto ciò che è davanti ai nostri occhi, questa è influenzata dal contesto o da
come vengono presentate le informazioni. Secondo il processo bottom-up solo gli stimoli salienti
attirano la nostra attenzione, ma vanno anche considerati i bias attentivi. Secondo questi, ad
esempio, i consumatori prestano più attenzione agli a ciò che sta in alto a dx del campo visivo
durante la fase di acquisto.
Il processo top-down, invece, contribuisce a rendere più facilmente rilevabili alcuni stimoli piuttosto
che altri. Le aspettative, ad esempio, sono in grado di generare la cecità attenzionale per cui si vede
solo ciò che ci si aspetta di vedere. Queste fanno in modo che gli stimoli coerenti con esse risultino
più pregnanti rispetto a tutti gli stimoli neutri.
È per questo motivo che il movimento degli occhi risulta differente se vi è un obiettivo preciso
rispetto a quello determinato dalla semplice osservazione libera.
• Previsione del valore attribuibile allo stimolo di consumo o comunicazione: le ricerche hanno
dimostrato che vi sono tre aree del cervello coinvolte nella valutazione della piacevolezza
dell’esperienza di consumo. Esse sono il corpo striato, la corteccia vento-mediale prefrontale e la
corteccia dorsolaterale prefrontale. Tramite la misurazione del grado di attivazione di queste aree del
cervello, il neuromktg è in grado di stabilire il grado di piacevolezza attribuito dal soggetto
all’esperienza di consumo o alla comunicazione pubblicitaria.
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• Memorizzazione e relativo apprendimento dei processi di consumo: gli studiosi si sono concentrati
sia sulla misurazione della memoria implicita, cioè quella che non arriva alla coscienza del soggetto,
sia su quella della memoria esplicita. Vi sono numerosi studi in grado di dimostrare l’effetto
inconscio che possono avere alcune stimolazioni, come quelli riguardanti l’effetto priming.
LA RISCOPERTA DELL’INCONSCIO: negli anni ’50 Ogilvy scrisse che “le persone non pensano ciò
che sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”. Con tale frase afferma
l’incapacità delle persone di essere consapevoli delle proprie reazioni di fronte alle stimolazioni e la
difficoltà delle ricerche di mercato di poter individuare le motivazioni profonde in grado di spiegare i
comportamenti di consumo.
A discapito di ciò che annunciavano le teorie economiche della prima metà del ‘900, tutte le volte che il
consumatore deve fare una scelta può essere inconsciamente coinvolto da processi di cui non è
assolutamente consapevole.
• L’INCONSCIO COGNITIVO: termine coniato nel 1987 da John Kihlsrom per descrivere quei
processi cognitivi non consapevoli. Noi esseri umani siamo consapevoli degli output derivanti dai
processi cognitivi ed affettivi, ma difficilmente sapremmo descrivere i processi che li originano
perché molto di quanto fatto dalla mente umana avviene fuori dalla coscienza.
A fronte di quanto dichiarato dai consumatori i comportamenti di consumo possono essere molto
diversi. Ciò spiega, ad esempio, l’insuccesso della gran parte dei prodotto nuovi: solo il 31% di
questi, infatti, supera la prova di lancio. Questo accade perché vi sono delle discrepanze tra ciò che
viene rilevato in fase di ricerca e ciò che poi guida i comportamenti dei consumatori nella
quotidianità. È qui che viene in aiuto il neuromktg: può aiutare ad avere una conferma di quello che i
consumatori dichiarano spontaneamente tramite l’analisi di quello che sentono emotivamente prima
della sua razionalizzazione.
PERCHè CIò CHE DICHIARANO I CONSUMATORI NON COINCIDE CON Ciò CHE
FARANNO? La misurazione di ciò che è implicito è divenuto un ambito di studio anche grazie alla
pubblicazione di un lavoro riguardante l’utilizzo dell’Implicit Association Test (IAT). Questa misurazione
differisce da quelle classiche in quanto non si serve delle informazioni dichiarate spontaneamente dai
soggetti riguardo ad un oggetto in esame, ma ne ricavano la sua valutazione tramite i tempi di reazione
associati ad un compito di tipo cognitivo.
Pittosto che studiare i consumatori come decisori razionali occorrerebbe studiarli sapendo che questi possono
essere dei razionalizzatori puri, capaci cioè di trovare delle giustificazioni a tutto ciò che hanno sentito anche
inconsapevolmente.
Questo modello ha alla sua base l’assunto che i comportamenti economici delle persone sia no guidati da
aspetti razionali, frutto di una modellizzazione idealizzante che serve ad ordinare una realtà complessa,
semplificando i fenomeni allo scopo di poterne ricavare regolarità predicibili.
In linea con questo modo di leggere i comportamenti di consumo è ciò che hanno rilevato Iyengar e Lepper
in merito al contrasto tra attese e preferenze dei consumatori e ciò che viene registrato in termini di azione
osservata. Chiedendo ad un gruppo di consumatori di esprimere la propria preferenza tra un punto vendita
con grande scelta e uno meno fornito, non risulta strano scoprire che il primo risulta il più preferito. Tuttavia,
grazie al paradosso della troppa scelta, i due autori hanno dimostrato l’incongruenza tra ciò che è stato
detto e ciò che è stato successivamente agito. Essi crearono due condizioni diverse in store: in una mettevano
a disposizione 24 diversi tipi di marmellate, nell’altra solo 6. Nel primo caso si fermò ad assaggiare le
marmellate il 60% dei passanti, nel secondo il 40%. Tuttavia, l’atto d’acquisto fu differente: nel primo caso
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solo il 3% dei passanti comperò la marmellata, nel secondo il 30%. Questo accadde perché l’eccessiva scelta
ha prodotto un sovraccarico decisionale in grado di ridurre notevolmente l’atto d’acquisto.
• CASO NEW COKE: nel corso del 1985 la coca cola cercò un modo per rispondere alla continua
crescita delle quote di mercato del competitor pepsi modificando la formula originale della bevanda
e lanciando la new coke, di gusto più simile alla pepsi.
Tale scelta fu guidata da quanto era stato razionalmente dichiarato dai consumatori in merito alle loro
possibili scelte d’acquisto se la coca cola fosse stata prodotta con una ricetta più simile a quella della
pepsi, più dolce, più aromatica e meno gassata.
Fu allora condotta una grandissima ricerca di mercato i cui risultati suggerirono un posizionamento
del prodotto più vicino al gusto del prodotto della pepsi. Nei test la nuova coca batteva la vecchia 61
a 39. Anche nei test comparativi con la pepsi, la new coke vinceva a mani basse. Ma non appena il
prodotto venne lanciato ci fu il caos più totale: la coca cola iniziò a ricevere valanghe di lettere e
telefonate di lamentela.
Tutto ciò accadde perché la coca cola non aveva considerato gli aspetti intangibili del suo prodotto:
il nome della marca, la storia, l’immagine, il packaging e il patrimonio culturale. Tutti aspetti in
grado di attivare emotivamente più di quanto potesse fare un gusto percepito più vicino ai desideri
dichiarati. La valenza simbolica si era dimostrata più importante del gusto. In poche settimane la
coca cola tornò ala vecchia formula rilanciando il prodotto con il nome di classic coke.
Anni dopo l’evento fu realizzata una sperimentazione neuroscientifica replicando l’esperienza e
utilizzando, questa volta, sia tecniche classiche di indagine (self report) che la fMRI in grado di
valutare quali aree del cervello venivano attivate sia in condizione di blind sia in condizione di
visione della marca durante l’assaggio del prodotto.
I risultati misero in evidenza che nel caso in cui il consumatore era consapevole di assaggiare coca
cola si attivava nel suo cervello una zona correlata alle emozioni piacevoli, nella condizione di blind,
invece, i soggetti dichiaravano di preferire la pepsi, ma la zona legata alle emozioni piacevoli non si
attivava, si attivava invece quella correlata alle ricompense in condizioni di appetito.
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seconda è stata fatta esprimere una preferenza senza l’assaggio del prodotto ma solo tramite la
visione delle etichette ed hanno raccolto maggior favore gli yoghurt bio, nella terza fase sono stati
fatti assaggiare i prodotti in una condizione informata e le preferenze sono state rivolte agli yoghurt
bio.
La percezione del gusto è cambiata grazie alla comunicazione dell’etichetta. Questo dimostra come
le aspettative abbiano un ruolo determinante nella valutazione degli oggetti.
A volte queste possono anche guidarci verso una valutazione corretta nella percezione di un gusto
(individuazione gusto bevande facilitata dal colore con cui venivano presentate).
Questi studi dimostrano come la reazione inconsapevole, se adeguatamente misurata, possa mettere
in guardia il mktg prima di prendere decisioni complicate: riprendere il cervello mentre attua un
comportamento di osservazione o scelta permette di comprendere come le emozioni influenzano le
nostre scelte e quali attività neurali sono coinvolte nei vari casi. La conoscenza di tali elementi
permette di ottimizzare quello che è stato definito lo shopping emozionale.
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Vi sono due diverse vie d’azione che caratterizzano il funzionamento del cervello: una più veloce e
immediata, con funzione adattiva, impulsiva e inconscia, e un’altra più lenta, faticosa e
consapevole.
Secondo l’autore il sensory shalamus è un nucleo che riceve impulsi elettrici, quindi informazioni,
da tutti gli organi di senso. Se lo stimolo codificato dagli organi di senso ha una netta connotazione
emotiva, il talamo invierà impulsi elettrici all’amigdala (deputata ad attivare le forti emozioni
negative) la quale invierà informazioni ai nuclei cerebrali che comandano gli organi effettori
(muscoli, apparato scheletrico…) per una pronta reazione.
In questo processo il collegamento diretto tra talamo e amigdala è chiamato low road a volte definita
anche quick and dirty. Si tratta di un processamento di info rapido ma non accurato né preciso che
segue i criteri di “preferanda”.
Se lo stimolo processato dal cervello non è di natura emotiva ma di fondamentale importanza per la
sopravvivenza, l’informazione viene mandata dal talamo alla sensory cortex la quale manderà
impulsi elettrici all’amigdala che valuterà se la situazione è degna di attenzione oppure no. Il
collegamento indiretto tra talamo e amigdala è chiamato high road o slow and accurate. Questa via
più accurata segue i criteri di “inferanda”.
La compresenza di queste due vie dimostra la stretta interconnessione tra emozione e ragione e
spiega tutti quei processi di scelta automatici che spesso caratterizzano i consumatori e spiega il
bisogno degli uomini di mktg di attivare la via bassa attraverso l’emozione.
Le risposte rapide (low road) permettono alle persone di decidere in maniera euristica, senza fatica,
quando la scelta non è caratterizzata da grande motivazione o alto coinvolgimento e non si
possiedono le competenze necessarie per un’attenta valutazione.
L’intelligenza non consiste nella capacità di reprimere le emozioni, ma di usarle per leggere la
realtà esterna e le dinamiche interne.
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Il priming può essere agito anche con il corpo, sappiamo, infatti, che questo produce segnali che possono
avere un’influenza sulla valutazione delle stimolazioni e dell’ambiente.
I processi di consumo e il rapporto brand-individuo possono essere condizionati tramite due diversi processi.
Il primo è più razionale in grado di essere rilevato dal dichiarato, quindi attinente alla parte più razionale
della scelta, quella correlata con l’attivazione della corteccia orbito frontale (high road). Il primo processo ha
anche una componente affettiva ma può essere definita come sentimento. La differenza fra sentimento ed
emozione è che il primo è l’esito di un processo di valutazione in cui la razionalizzazione ha sempre una sua
valenza, la seconda ha un’accezione più istintuale.
È proprio l’emozione che caratterizza il secondo processo di costruzione del rapporto brand-consumatore, di
cui si potrebbe non avere consapevolezza (low road).
La familiarità rende più gradevole un oggetto, così come uno stimolo affettivo (il prime) è in grado di
evocare una risposta emotiva coerente con sé stesso modificando il modo di valutare la situazione e lo
stimolo stesso. La familiarità ha la forza di diventare un utile risolutore euristico nelle occasioni a bassa
motivazione, basso coinvolgimento e bassa competenza.
I consumatori vedono, sentono e si emozionano, ma non sono in grado di attribuire alle variabili introdotte
dagli sperimentatori sul luogo di consumo (certo tipo di musica, odori, luminosità) le loro sensazioni. Questa
loro incapacità, tuttavia, non limita il loro tentativo di ricercare una motivazione razionale alle loro azioni.
In realtà, il “cervello conscio” è preparato per apprendere e pianificare ma non per prendere una decisione. I
consumatori, infatti, quando devono scegliere e sono in una situazione a bassa motivazione, bassa
competenza e basso coinvolgimento (cioè la maggior parte delle volte) si fanno guidare dalle intuizioni, dalle
emozioni e dalle scorciatoie cognitive (euristiche).
L’emozione è una reazione intensa, improvvisa e di breve durata in grado di incidere sul consumatore a tre
livelli: fisiologico, attraverso modificazioni ruguardo la pressione arteriosa, la respirazione, il battito
cardiaco, la circolazione, la digestione etc, comportamentale, grazie al quale possiamo vedere un
cambiamento nelle espressioni facciali, nella postura, nel tono della voce e nelle reazioni (attacco o fuga ad
es), e psicologico che si riferisce a ciò che sentiamo e proviamo personalmente e che è in grado di modificare
l’autocontrollo. Queste sono tutte reazioni che possono essere direttamente misurate.
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• ANALISI DEI SITI WEB: devono essere attrattivi ma immediati e di facile comprensione.
Nell’ambito della web usability registrare e studiare il movimento oculare di una persona che
esplora un sito web mentre esegue un compito misurandone le reazioni psicofisiologiche restituisce
numerose info sui processi cognitivi coinvolti. Impiegando eye tracking ed EEG congiuntamente è
possibile dedurre: il livello di attenzione focalizzata, il modo di trattare le info, la modalità di
esplorazione e le possibili criticità, il tempo, il numero di fissazioni e click medi necessari per
raggiungere l’obiettivo e la tipologia e numero di errori.
• ANALISI DELLA PUBBLICITà SU WEB, CARTA E VIDEO: sempre mediante eye tracking e
altri indicatori di attivazione cognitiva ed emotiva (EEG, misuratore delle espressioni facciali) è
possibile comprendere l’efficacia degli elementi pubblicitari misurando: il tempo medio necessario
affinchè ci si accorga della pubblicità, il tempo di permanenza media, il numero di visite dell’area di
interesse, il numero di soggetti “attirati” e la durata media della prima fissazione.
• ANALISI DELLE PROMOZIONI IN FIELD (STREET ADV TEST): l’eye tracker portatile
aiuta a verificare l’efficacia di un’affissione pubblicitaria in termini di visibilità e di efficacia
comunicativa, in modo da poter correggere un eventuale posizionamento scorretto. A questo scopo
sono analizzati il numero e la durata delle fissazioni necessarie a comprenderne il significato: se la
fissazione supera i 200ms significa che l’affissione non è chiara.
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• ANALISI DEL PACKAGING: sempre grazie all’eye tracking è possibile comprenderne gli
elementi più esplorati, l’eventuale difficoltà nel ricercare determinate info e se elementi
particolarmente importanti vengono percepiti o meno.
CAPITOLO 2 – EMOZIONI,
COMPORTAMENTI D’ACQUISTO E ANALISI
ELETTROENCEFALOGRAFICA
L’ELETTROENCEFALOGRAFIA (EEG): è la registrazione non invasiva dell’attività elettrica del
cervello e ne indica lo stato di attivazione.
Il campo elettrico è lo spazio che circonda una carica elettrica, al suo interno c’è una forza di tipo attrattivo
e una di tipo repulsivo. La forza elettrica del campo agisce su una carica elettrica posta al suo interno e
misura la differenza di potenziale elettrico, ovvero il potenziale necessario affinchè venga generate un
flusso di corrente. la corrente elettrica è generata dal movimento di cariche (atomi e molecole, ovvero ioni).
È possibile misurare a distanza l’attività cerebrale proprio grazie alla proprietà di sommazione dei
potenziali di un gruppo di ioni.
Quando cariche di segno opposto (ioni negativi e ioni positivi) vengono separate da un mezzo interposto, la
combinazione dei campi elettrici genera un dipolo elettrico che produce potenziale.
La misurazione dell’attività cerebrale effettuata dall’EEG si basa sulla propagazione del campo elettrico
attraverso i tessuti.
LE CELLULE NERVOSE: possono essere piramidali e non piramidali. Le prime sono dotate di
molteplici connessioni e sono il costituente principale della corteccia cerebrale, sono parallele tra loro e
perpendicolari alla superficie della corteccia, sono anche chiamate neuroni eccitatori. Le seconde sono di
forma ovale e i loro assoni (prolungamenti) terminano sulla cellula vicina, ecco perché sono chiamate anche
interneuroni. L’attivazione simultanea di cellule piramidali produce campi elettrici misurati dall’EEG.
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I RITMI DEL SEGNALE EEG: l’EEg analizza la frequenza correlata ai processi cognitivi, a seconda del
ritmo analizzato si possono monitorare diverse attività.
• Ritmo delta: onde che accompagnano il sonno
• Ritmo theta: onde che accompagnano ipnosi e meditazione
• Ritmo alpha: onde che accompagnano rilassamento e occhi chiusi
• Ritmo beta: onde che accompagnano l’attività mentale
• Ritmo gamma: onde che accompagnano l’attività cognitiva complessa
Nel campo dei consumi, l’analisi dei ritmi viene utilizzata per analizzare l’impatto pubblicitario su
attenzione e memoria poiché identifica il cambiamento dell’attività cerebrale a seguito delle stimolazioni
esterne.
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individuo nel proprio ambiente sociale. Si tratta di processi sempre appartenenti a qualcuno e diretti verso
qualcosa.
Successivamente, Allport definì gli atteggiamenti come uno stato di prontezza mentale e neurologica,
organizzata attraverso l’esperienza, che esercita un’influenza direttiva o dinamica sulla risposta
dell’individuo nei confronti di ogni oggetto o situazione con cui entra in contatto. L’aspetto innovativo di
questa concezione riguarda la natura non direttamente osservabile dell’atteggiamento.
Fazio, invece, definisce l’atteggiamento come la struttura cognitiva costituita dall’associazione in memoria
tra la rappresentazione dell’oggetto e la sua valutazione.
Katz indica 4 funzioni principali degli atteggiamenti:
• Strumentale: indirizza verso gli oggetti che garantiscono un beneficio o l’evitamento di qualcosa di
negativo.
• Espressione del valore e del self-concept individuale
• Difensiva del self
• Cognitiva: organizza e semplifica la nostra esistenza mettendoci in condizione di padroneggiare
l’ambiente
LA STRUTTURA DEGLI ATTEGGIAMENTI: sono stati elaborati diversi modelli per esprimere la
struttura degli atteggiamenti. Si è partito da quello ad una componente (affettiva), poi si è passati a quello a
due componenti (affettiva e cognitiva) per arrivare infine a quello a tre componenti (affettiva, cognitiva e
conativa).
L’IMPLICIT ASSOCIATION TEST – L’IAT: si tratta di una misura indiretta degli atteggiamenti che
consente di cogliere le influenze non consapevoli e non intenzionali che essi hanno sulle risposte dei
soggetti. Lo strumento si occupa di misurare la forza del legame associativo tra due concetti o tra un concetto
e una valenza (positiva o negativa).
• LA LOGICA SOTTOSTANTE: la differenza tra i tempi di risposta nei due blocchi critici (3 e 5) è
indice della forza dell’associazione tra gli elementi delle coppie di concetto (coca o pepsi) e attributo
(positivo o negativo).
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fenomeno della dissonanza cognitiva provocata dall’incoerenza percepita tra le proprie convinzioni
e il proprio comportamento.
Gran parte delle scelte d’acquisto viene fatta senza un’approfondita riflessione razionale, in queste
situazioni lo IAT ha dimostrato capacità predittiva superiore rispetto alle tecniche tradizionali.
Lo IAT ha avuto ampio utilizzo nell’ambito della psicologia sociale per indagare concetti delicati
quali autostima e pregiudizi, difficili da analizzare tramite tecniche tradizionali a causa della
desiderabilità sociale.
Un altro impiego interessante riguarda gli effetti dell’associazione tra un brand o un oggetto e il sé. Il
self-reference è l’effetto per il quale la semplice associazione di un oggetto con il concetto di sé
migliora la valutazione dell’oggetto stesso anche quando l’associazione è elaborata esclusivamente
in maniera implicita.
LO SC-IAT: un problema nell’applicazione dello IAT riguarda il fatto che la misurazione è basata sul
confronto fra due categorie in alcuni casi, trovare una categoria di contrasto non è semplice e in altri, i
ricercatori possono essere interessati a una misurazione assoluta degli atteggiamenti.
Può essere quindi utile fare ricorso ad una variante dell’IAT, il Single Cathegory-IAT (SC-IAT) il quale
prevede l’utilizzo di tre tipi di stimoli: la categoria di interesse e i due estremi della dimensione di attributo.
Lo SC-IAT è strutturato in due parti nelle quali il soggetto deve categorizzare due tipi di concetti (pringles
+positivo) utilizzando un tasto di risposta e il concetto rimanente (negativo) utilizzando il tasto alternativo.
Ciascuno dei due blocchi è costituito da una fase preparatoria seguita da una di test.
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nel sangue, sudorazione, dilatazione pupillare e respirazione. L’uso di questi indicatori da la possibilità di
distinguere i diversi processi emotivi in base alla tipologia di attivazione psicofisiologica.
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La misura utilizzata durante il SAM prevede la valutazione dei tre grossi fattori bibolari che caratterizzano
l’emozione e la sua misura: arousal, pleasure (valenza) e dominance.
Peter Lang è riuscito a correlare i punteggi di self-report derivati dal SAM e i segnali psicofisiologici: più
diminuisce il valore lungo l’asse del pleasure, più aumenta la contrazione del muscolo corrugatore (zona
mediale del sopracciglio); più aumentano i punteggi medi del SAM, più le micro-contrazioni del muscolo
zigomatico aumentano (sorriso!!!), più i punteggi del SAM sono positivi, più l’accelerazione del battito
cardiaco aumenta; più i punteggi lungo la dimensione dell’arousal aumentano, più aumenta anche la skin
conductance.
La State Trait Anxiety Inventory (STAI) è una scala molto utilizzata per misurare i livelli di ansia e stress.
LA VISIONE UMANA E LA TECNOLOGIA EYE TRACKER: ¼ del volume del cervello è dedicato a
tutti quei processi che hanno origine nella visione. Il processo visivo ha origine nella cornea che riceve il
segnale luminoso veicolato poi dalla retina. Questa, composta da milioni di fotorecettori, trasforma l’input
luminoso in segnali elettrochimici che vengono codificati nel cervello. È però una piccola area all’interno
della retina che svolge il ruolo principale: la fovea è dove l’acuità visiva è massima.
Per fornire un’informazione accurata, infatti, gli occhi si muovono in continuazione (microsaccadi) e si
fermano sull’area di interesse (fissazione), la maggiore acuità visiva si ha tramite la visione foveale
caratterizzata anche da massima sensibilità al colore e massima capacità di discriminazione e identificazione
dell’oggetto.
La visione periferica, invece, è caratterizzata da bassissima acuità visiva e insensibilità alla cromia, ha
capacità di avvistamento ma non di identificazione.
Il dispositivo eye tracker ha la capacità di misurare il comportamento visivo e restituire sotto forma di
output quali-quantitativo una serie di info idonee a caratterizzare uno stimolo visivo. Questo si avvale di un
sistema a infrarossi inserito in un monitor, i raggi emessi vengono riflessi dal cristallino dell’occhio e
registrati da un sensore. La versione mobile del dispositivo ha la forma di un occhiale.
L’INTERPRETAZIONE DEI DATI: gli ouput possono essere suddivisi tra qualitativi e quntitativi.
• GLI OUTPUT QUALITATIVI: possono essere usati singolarmente o combinati tra loro, questi
sono:
o Heat Map e Focus Map: la prima è probabilmente l’output più conosciuto. Si tratta di una
mappa colorata in funzione del numero o della durata delle fissazioni su determinati
elementi visivi. I colori vanno dal rosso (massimo numero o massima durata delle
fissazioni) al verde (minimo numero o minima durata delle fissazioni).
La Focus Map, al contrario, restituisce il dato sulle aree non osservate fornendo una visione
più immediata delle aree “fredde”.
o Scan Path (o Gaze Plot): restituisce il tracciato oculare caratteristico di una persona, è
caratterizzato da cerchi (fissazioni), di diametro diverso a seconda della durata, e linee
(saccadi). Analizzare lo Scan path permette di comprende quali sono le modalità tipiche di
osservazione dell’oggetto in analisi, le aree di maggior interesse e le eventuali difficoltà.
o Gridded Area of Interest: si tratta di una griglia che suddivide lo stimolo visivo in singoli
quadrati che assumono colorazione differente a seconda della durata o del numero di
fissazioni su quella particolare area. Oltre al dato qualitativo, ne restituisce uno anche di tipo
quantitativo poiché in ogni quadratino è riportato anche il numero o la durata (in ms) delle
fissazioni.
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o Area of Interest (AOI): è quello che più si avvicina ad un output di tipo quantitativo poiché
restituisce una serie di informazioni statistiche. Ovvero: sequence (numero di passaggi
affinché venga osservata l’AOI), entry time (tempo antecedente alla prima fissazione), dwell
time (tempo medio di permanenza sull’AOI), hit ratio (nemro di soggetti che guardano
almeno una volta l’AOI), revisits (numero di volte in cui l’AOI è stata rivisitata tra tutti gli
utenti), revisotors (numero di volte in cui l’AOI è stata rivisitata dallo stesso utente),
average fixation (durata media delle fissazioni), first fixation (durata media della prima
fissazione) e fixation count (numero medio di fissazioni sull’AOI).
L’EYE TRACKING NEL CAMPO DEL MKTG E DEI CONSUMI: si stima che i consumatori di oggi
siano esposti ad una media compresa tra le 3000 e le 5000 pubblicità al giorno e che ogni secondo siano
esposti a 11mln di bit di informazione, la maggior parte interessanti il senso della vista. La capacità di
processamento informativo umano si ferma però solo a 50 bit, disperdendo l’informazione restante.
Oltre a promuovere la brand identity, il visual mktg ha un ruolo fondamentale nel rendere più efficaci le
vendite. A causa della sempre più rilevante importanza che la componente visiva ha assunto nel mktg e a
causa del conseguente ammontare degli investimenti in comunicazione, la metodologia eye tracking si sta
sempre più affermando.
La ricerca eye tracking fornisce informazioni maggiori e più accurate dei self report, soprattutto perché non è
influenzata dal principio di desiderabilità sociale.
EYE TRACKING E PUBBLICITà: il primo utilizzo dell’eye tracker per analizzare una pubblicità risale al
1924 quando Nixon scopri che il numero di fissazioni su un’affissione pubblicitaria aumentava
proporzionalmente alla radice quadrata della sua dimensione. L’autore scoprì anche che le immagini erano
in grado di guidare l’attenzione sugli elementi testuali: se lo sguardo del testimonial è rivolto verso
l’osservatore, questo focalizzerà la sua attenzione sul viso del testimonial, se invece il testimonial guarda, ad
esempio, l’etichetta della bottiglia dell’acqua che pubblicizza, invoglierà l’osservatore a fare lo stesso.
Successivamente, è stato anche analizzato l’effetto che la dimensione degli elementi testuali, del brand e
delle figure ha sull’attenzione dell’osservatore: un incremento percentuale dell’1% nella dimensione di
ciascuno di questi elementi determina, rispettivamente, un aumento dell’attenzione del 1%, 0.4% e 0.3%.
Inoltre, un aumento dell’1% nelle dimensioni generali della pubblicità determina un aumento dell’attenzione
dello 0.8%.
Per quanto riguarda l’effetto che l’originalità e la famigliarità hanno sul livello di attenzione, è stato
scoperto che la prima porta ad una maggiore attenzione verso la marca, che aumenta grazie all’effetto
congiunto dei due elementi comportando, quindi, anche un miglior ricordo.
La complessità visiva invece ha un effetto deleterio sull’attenzione: un’eccessiva densità di elementi visivi
influisce negativamente sull’attenzione verso il brand. Un design complesso, invece, agisce positivamente
sull’attenzione verso le immagini e verso la pubblicità in generale.
La metodologia eye tracking è stata anche utilizzata per segmentare il consumatore: è stata infatti valutata la
possibilità di individuare pattern di esplorazione tipici per diversi profili di consumatori, ne sono stati
delineati tre: il primo è caratterizzato dalla maggior importanza data all’headline e alle immagini, il secondo
all’headline, alle immagini e poi al brand e il terzo a tutti e tre gli elementi uniti anche al testo.
L’attenzione alla pubblicità è fortemente influenzata dall’atteggiamento e dalle motivazioni del fruitore, in
condizioni sperimentali, invece, è condizionata fortemente dal tipo di istruzioni date.
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CON UN OCCHIO AL FUTUTO – IL REMOTE EYE TRACKING: piccole telecamere installate sulle
TV sui PC, sui cartelloni pubblicitari e su smartphones consentiranno alle imprese di utilizzare le
informazioni catturate dallo sguardo dei consumatori.
L’intento di Google, tramite l’utilizzo dei Google glass, è quello di far pagare ai suoi inserzionisti solo le
pubblicità realmente osservate, il costo dipenderà dai secondi di effettiva visione. Questo metodo è stato
definito “Pay-per-Gaze Advertising”.
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CAPITOLO 6 – LA METODOLOGIA
SCIENTIFICA DI PAUL EKMAN:
L’OSSERVATORE UMANO COME
STRUMENTO DI CODIFICA DELLE AZIONI
COMUNICATIVE DEL VOLTO
METODI DI STUDIO DEL COMPORTAMENTO NON VERBALE: Paul Ekman ha contribuito
enormemente ad espandere la comprensione del comportamento non verbale che contempla le espressioni
facciali e il linguaggio del corpo. La comunicazione non verbale è il più importante segnalatore di
cambiamenti qualitativi nelle relazioni interpersonali, è il termometro delle relazioni sociali, è il linguaggio
più spontaneo, veritiero e difficile da inibire e simulare.
Elkman e Friesen costruirono uno strumento di codifica dei comportamenti non verbali, lo SCAN
(Classification and Analysis of Nonverbal Behaviour). Per quanto riguarda la specifica codifica delle
espressioni facciali esiste il Facial Action Coding System (FACS).
IL FACIAL ACTION CODING SYSTEM (FACS): comprende una descrizione sistematica di come
misurare i movimenti facciali in termini anatomici scomponendoli in unità di movimento (Action Unit –
AU). Sono state individuate 44 AU che considerano variazioni nelle espressioni facciali e 14 AU che
interpretano cambi di direzione dello sguardo e nell’orientamento della testa. Le combinazioni ottenibili sono
più di 10000.
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• COM’è STATO COSTRUITO? Nelle prime pubblicazioni ignorava i cambiamenti invisibili come
quelli del tono muscolare e i segnali statici. Durante la costruzione del FACS, i due autori notarono
che, assumendo alcune combinazioni dell’AU, si innescavano in loro reazioni fisiologiche
usualmente entranti in gioco durante una emozione spontanea.
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Grazie a questi esperimenti Ekman riuscì a dimostrare che le espressioni facciali non sono
determinate dalla cultura, ma possono essere inibite nella loro manifestazione perché
influenzate da regole di esibizione date dal contesto sociale e culturale.
Altri ricercatori misero a confronto bambini vedenti e bambini ciechi dalla nascita e confermarono
ogni elemento trovato da Ekman.
Un primo strumento utile a studiare le differenze culturali nelle espressioni facciali è stato il Facial
Affect Scoring Technique (FAST) che descriveva il comportamento visivo in termini di rughe,
borse, tensione o rilassamento dei muscoli facciali. Le descrizioni erano applicate separatamente a
tre aree del viso: fronte-sopracciglia, occhi-palpebre-radice nasale, guance-naso-bocca-mento-
mascella. Il FAST era composto da immagini divise in tre serie (ognina per ogni zona del viso)
corredate da descrizioni verbali riguardanti l’orientamento della testa e la direzione dello sguardo.
Tuttavia, questo strumento sembrava poco adatto a distinguere emozioni combinate , problema poi
risolto dal FACS che lo soppiantò.
• EMOZIONI – NOZIONI INDISPENSABILI: secondo Ekman queste hanno una durata variabile,
si palesano intermittenti sul volto per un periodo da qualche frazione di sec a un massimo di 4 sec,
tranne che per la sorpresa che può durare al massimo un sec. Questo si applica alle emozioni
spontanee. Si è inoltre scoperto come alle mimiche facciali si aggiungano taluni pattern fisiologici
caratteristici di particolari emozioni:
o voce più acuta: collera e paura
o voce più grave: collera e tristezza
o discorso accelerato e voce più alta: collera, paura, eccitazione
o discorso rallentato e voce più bassa: tristezza e noia
o deglutizione frequente: attivazione emozionale generica
o ammiccamento aumentato: attivazione emozionale generica
o dilatazione pupillare: attivazione emozionale generica, è segno di interesse ma non è chiaro
se questo sia positivo o negativo
o lacrime: tristezza, dolore, risata incontrollata
o rossore: imbarazzo, vergogna, collera, eccitazione sessuale
o pallore: paura e collera trattenuta
o orripilazione (capacità di rizzare i peli degli avambracci): paura
o comparsa di macchie: segnale che un’emozione sta per comparire
o ritmo cardiaco/respiratorio accelerati: in ogni emozione, in particolare rabbia e paura
o aumento/diminuzione temperatura corporea: collera (a) e paura (d)
Le risposte emozionali sono brevi, rapide, complesse e difficili da controllare. La valutazione
automatica degli stimoli è praticamente immediata e attiva in maniera selettiva quali circuiti
neurologici debbano essere influenzati per determinare l’emozione appropriata.
Durante una forte emozione spesso si è in balia di una sorta di filtro di codifica delle informazioni
che non permette di utilizzare appieno la propria parte razionale: in questo periodo definito
refrattario ogni informazione è colorata dall’emozione provata e l’analisi obiettiva della realtà è
compromessa.
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È improbabile controllare le proprie emozioni, però è possibile sentire le prime avvisaglie e cercare
di gestirle al meglio.
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