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Il

Cervello dellAtleta
Donatella Spinelli1,2,3, Francesco Di Russo2,3, Sabrina Pitzalis2,3

Universit degli studi di Roma Foro Italico
Mind in Sport Team
IRCSS Fondazione Santa Lucia



Sommario
Le neuroscienze dello sport: perch studiare il cervello dellatleta

Cervelli normali, cervelli speciali e cervelli individuali

Studi sul campo e studi in laboratorio

La teoria della efficienza neurale


Indagini che fanno riferimento alla teoria della efficienza neurale
Prime indagini elettroencefalografiche (EEG)
Ricerche elettroencefalografiche recenti
Ricerche mediante registrazione dei potenziali evento correlati (ERP)
Dal concetto di efficienza neurale a quello di flessibilit neurale

7
8
8
12
16
19

Ricerche mediante ERP


ERP da stimoli sensoriali
ERP in compiti che implicano discriminazione di stimoli e selezione delle risposte

19
19
20

Ricerche mediante Stimolazione Magnetica Transcranica

23

Studi di neuroimmagine nello sport

25

Studi Anatomici

25

Studi di risonanza magnetica funzionale

25

I rischi dello sport per il cervello: il trauma da concussione

28

Tecniche di neuroimmagine: risonanza magnetica anatomica, spettroscopia e risonanza


funzionale

29

Elettrofisiologia: potenziali evocati e potenziali evento correlati

32

Conclusioni e Prospettive

36

Bibliografia

38

Le neuroscienze dello sport: perch studiare il cervello


dellatleta

Come fanno gli atleti a raggiungere livelli cos alti di eccellenza motoria? In che modo il
loro cervello diverso da quello dei non atleti? Nellambito della propria disciplina
sportiva gli atleti sono pi veloci, pi forti, in grado di saltare pi in alto, pi accurati e pi
efficienti dei non atleti. Per eseguire movimenti esperti in ambienti mutevoli necessaria
una grande capacit di adattare il proprio repertorio comportamentale in modo dinamico.
Queste forme di adattamento includono attivit neurali complesse, come integrare segnali
provenienti da diverse modalit sensoriali, discriminare fra stimoli, prendere decisioni,
preparare azioni ed eseguirle.
Queste domande dominano il campo delle neuroscienze dello sport e le risposte non sono
ancora definitive (per una rassegna, si veda Nakata et al., 2009). Un interesse pi generale
per queste domande nasce dal fatto che gli atleti costituiscono una popolazione ideale per
indagare la plasticit del cervello umano in funzione dellesperienza motoria. Le prime
teorie sullapprendimento motorio sostenevano che i suoi correlati neurali non fossero
direttamente osservabili e che lapprendimento motorio fosse inferibile solo da
cambiamenti nella prestazione motoria. In seguito stato possibile dimostrare che
lapprendimento motorio induce cambiamenti a livello cerebrale. In questo capitolo,
esamineremo le principali linee di ricerca esistenti nelle neuroscienze dello sport: lo studio
del cervello degli atleti mediante tecniche dindagine non invasive (elettrofisiologia e
neuroimmagine). Prenderemo in esame la teoria dellefficienza neurale e i successivi
sviluppi, centrati sul tema della flessibilit. Concluderemo su un punto oggi molto
dibattuto: i rischi dello sport per il cervello, in particolare gli effetti del trauma da
concussione.

Cervelli normali, cervelli speciali e cervelli individuali


Quando sindagano le funzioni cerebrali, spesso si ragiona come se tutti gli individui
avessero un cervello identico, strutturalmente e funzionalmente. Certamente non cos: ci

sono differenze fra i cervelli individuali sia a livello anatomico che a livello funzionale. I
comportamenti individuali sono sostanzialmente differenti e la maggior parte dei
neuroscienziati ritiene che i differenti comportamenti individuali siano (almeno
teoricamente) spiegabili sulla base di differenti connessioni neurali, e queste a loro volta
siano dovute alle specifiche esperienze dellindividuo. Il legame fra differente
struttura/attivit cerebrale e comportamenti lontano dallessere chiarito; gli indizi pi
chiari su questo legame vengono dalla patologia: i casi clinici studiati associando tecniche
di neuroimmagine o di elettrofisiologia con test di valutazione del comportamento ci hanno
insegnato la consistenza di alcune relazioni fra capacit (o meglio perdita di capacit)
dellindividuo e attivit di specifici circuiti cerebrali. Per fare un esempio, si consideri la
relazione fra circuiti corticali parietali destri e il deficit dellattenzione (neglect) per la
porzione sinistra dello spazio che consegue al danno cerebrale (Corbetta et al., 2005). I
cervelli dei pazienti con neglect sono cervelli speciali, resi tali da una lesione parzialmente
invalidante. E difficile che le lesioni individuali siano perfettamente sovrapponibili, e cos
pure le capacit residue sono raramente identiche; ci nonostante si studia il cervello medio
dei pazienti con neglect, e si confronta questo cervello medio speciale con il cervello medio
normale cio quello di soggetti confrontabili per et, educazione, genere che non hanno
subito alcun evento patologico. Anche se il confronto viziato da molte assunzioni (ad
esempio, nel gruppo patologico: le differenze individuali prima dellevento, le diverse
capacit/velocit di recupero, le diverse forme vicarianti con cui cervelli individuali attuano
il recupero), il confronto proficuo per costruire unipotesi di legame fra specifica funzione
e specifico circuito neurale.
La motivazione allo studio del cervello degli atleti condivide questa logica. Si studiano dei
cervelli speciali, particolarmente esperti in alcune funzioni, questa volta indagando il
versante delleccellenza piuttosto che del deficit di funzione. E si ragiona intorno ad un
cervello medio, il cervello dellatleta di uno specifico sport (ad esempio, la scherma) cos
come prima sindagava il cervello del paziente di una specifica sindrome (ad esempio, il
neglect). Un ragionamento simile stato fatto sul cervello dei musicisti (si vedano, ad
esempio, i violinisti studiati da Elbert et al., 1995). Non escluso che in futuro si facciano

passi importanti nella direzione della descrizione del cervello individuale e lo studio del
cervello degli atleti potr contribuire in questa direzione almeno su un certo numero di
funzioni specifiche, tipicamente le funzioni motorie e visuo-spaziali.

Studi sul campo e studi in laboratorio


Molti degli studi sugli atleti sono stati eseguiti in campo cercando cos di cogliere
direttamente nella complessa situazione sportiva la specializzazione dei meccanismi neurali
sottostanti, senza rinunciare al rigore delle misure. Altri studi (soprattutto i pi recenti,
generalmente caratterizzati da apparecchiature sperimentali pi complesse) hanno preferito
la condizione di laboratorio. Luso del laboratorio implica una situazione molto
semplificata rispetto a quella presente in campo, ove latleta manifesta la propria
straordinaria capacit. Ci si chiede perci se sia possibile, in situazioni cos semplificate,
osservare ancora delle differenze sistematiche fra lattivit cerebrale di atleti e non-atleti.
Sappiamo, infatti, che dal punto di vista comportamentale, situazioni eccessivamente
semplici non consentono di cogliere differenze fra gruppi. Ad esempio, i tempi di reazione
semplici (rispondere premendo un tasto del computer alla comparsa di uno stimolo
luminoso sullo schermo) di atleti di alto livello non sono significativamente differenti da
quelli di non atleti della stessa et; per osservare differenze fra gruppi necessario
disegnare delle condizioni sperimentali in qualche modo riferibili allesperienza sportiva,
ad esempio utilizzare una condizione di warning che simula in qualche modo lesperienza
di pronti che precede di qualche secondo il via nelle gare (Spinelli e Zoccolotti, 2002).
Tenendo conto di questo, alcuni studi sul cervello dellatleta cercano di simulare in
laboratorio condizioni che in parte possano evocare gli aspetti critici presenti in campo.
Un elemento comune a molte di queste ricerche il confronto degli atleti con gruppi di
non-atleti o di novizi nello stesso sport. Lo scopo descrivere differenze fra gruppi in
funzione dellesperienza. Una volta constatata la presenza di differenze, ci si chiede quali
siano i processi che queste rispecchiano, che interpretazioni suggeriscono. Spesso per
rispondere a queste domande sono utili i confronti fra gruppi di atleti di sport diversi, ad
esempio sport open-skill vs. closed-skill e e il confronto fra gruppi in compiti di controllo

che non implicano lo skill specifico dellatleta. Poco frequenti, per la difficolt intrinseca,
sono gli studi longitudinali di apprendimento e consolidamento di uno skill sportivo. Un
certo numero di studi hanno cercato di correlare le variabili osservate in laboratorio con
aspetti legati alla performance individuale in campo o alla quantit di esperienza cumulata
nel tempo. Questo un punto potenzialmente interessante perch sembra che la
correlazione fra misure individuali dellattivit cerebrale e aspetti del comportamento o
della storia individuale, quali la performance in campo o la quantit di esperienza nello
sport, potrebbero in prospettiva consentire di costruire un legame pi stretto fra
comportamento specifico e cervello individuale.

La teoria della efficienza neurale


Negli ultimi venti anni si affermata una linea di studio che indaga le caratteristiche neurofunzionali del cervello di chi fa sport quotidianamente, con grande intensit e per un
numero rilevante di anni. Lidea centrale di questa linea di ricerca che nel cervello
dellatleta alcune funzioni si siano strutturate, grazie a fenomeni di plasticit cerebrale, in
modo adattivo verso una condizione di massima efficienza, consentendo prestazioni
eccellenti con minor impegno neurale (per una rassegna, si veda Hatfield e Hillman, 2001).
Si pu notare che negli stessi anni il principio di efficienza (definito come rapporto
Sforzo/Lavoro: un comportamento efficiente se produce lo stesso lavoro con sforzo
minore) molto usato nellambito degli studi di fisiologia e biomeccanica dello sport, ad
esempio

per

spiegare

il

diminuito

reclutamento

di

unit

motorie

misurato

dallelettromiogramma integrato in soggetti allenati rispetto a soggetti non allenati (De


Vries e Housh, 1994).
Hatfield e Hillman (2001) sottolineano che, oltre allefficienza, si deve tener conto anche
del principio di adattivit: una performance pu essere caratterizzata da un elevatissimo
livello di sforzo, ma essere perfettamente adeguata alle richieste del compito. Estendendo
la definizione di efficienza alle funzioni cerebrali, la definiscono come il rapporto fra
comportamento psicomotorio e allocazione di risorse neurali, e collocano il miglioramento
dellefficienza nella cornice della sindrome di adattamento generale descritta da Hans Selye
negli anni 70. Quando un organismo si confronta con un compito specifico e difficile,
inizialmente reagisce con unattivazione neurale globale che coinvolge tantissime
connessioni corticali, rilevanti e anche irrilevanti rispetto al compito: si mostra quindi solo
parzialmente efficiente. Aumentando lo skill, lorganizzazione neurale si raffina e le
connessioni irrilevanti sono soppresse; infine sufficiente il coinvolgimento di una
porzione pi piccola di corteccia cerebrale per far fronte al compito: il processo pi
economico.

Indagini che fanno riferimento alla teoria della efficienza neurale


Prime indagini elettroencefalografiche (EEG)
Numerosi studi hanno consolidato lipotesi dellefficienza neurale in atleti di lite (uno skill
ben sviluppato associato ad una maggiore economia di risorse) tanto che oggi si parla
comunemente di teoria dellefficienza neurale e il riferimento storico quello del gruppo
di Hatfield. Questi studi hanno utilizzato come indicatore i ritmi cerebrali registrati
mediante EEG, e in particolare si sono focalizzati sul ritmo alfa. Il razionale sintetizzato
da Hatfield e Hillman (2001) come segue. Lalfa tradizionalmente considerato un
indicatore dello stato di rilassamento; Nunez (1995) ha per suggerito che rifletta piuttosto
uno stato dinterazione globale cortico-corticale, mentre ritmi a frequenze pi elevate
indicherebbero unattivazione locale; Smith et al. (1999) hanno interpretato laumento di
alfa nel corso dellacquisizione di uno skill come indicatore di un cambiamento nei processi
neurali nella direzione di un adattamento al compito specifico. Cos la presenza di ritmo
lalfa potrebbe rispecchiare sia un rilassamento rispetto a fonti di disturbo irrilevanti per il
compito, sia la transizione verso una riorganizzazione neurale pi adattiva (Earle, 1988).
Uno dei primi e pi citati studi riguarda atleti di lite di tiro a segno con carabina e ha
lobiettivo di comprendere gli stati cognitivi associati alla performance (Hatfield, Landers e
Ray, 1984). Questo sport closed-skill richiede un altissimo livello di concentrazione e
implica pochissimo movimento dellatleta; questultimo fatto consente di registrare lEEG
durante il tiro senza artefatti dovuti al movimento. Nella fase in cui gli atleti puntano il
bersaglio, circa sette secondi prima di eseguire il tiro, si osserva una chiara asimmetria
emisferica. Lemisfero sinistro diminuisce la propria attivit, mentre il destro rimane attivo.
Il dato interpretato come una soppressione dei processi analitici e verbali caratteristici
dellemisfero sinistro (in particolare una soppressione del self-talk che talvolta presente e
disturba la concentrazione sul tiro) mentre sono attivi i processi visuo-spaziali caratteristici
dellemisfero destro. Linterpretazione sostenuta da un esperimento di controllo che
misura come cambia lattivit dei due emisferi mentre gli atleti si preparano a rispondere a
un compito verbale e a un compito visuo-spaziale. Il compito verbale accentua lasimmetria
emisferica nella direzione di una preponderanza dellemisfero sinistro; il contrario avviene
8

con un compito visuo-spaziale. Il confronto con il compito di tiro presentato nella figura
1 e mostra che questultimo produce lasimmetria emisferica pi forte.
Landers e colleghi (1991) hanno studiato atleti del tiro con larco (livello pre-lite) nella
fase di mira anche utilizzando la metodologia del biofeedback e i dati convergono a
indicare un aumento dintensit dellalfa nella regione temporale sinistra associato con un
miglioramento della performance, mentre un aumento a destra associato con un
peggioramento della performance. Anche in golfisti di alto livello sono ottenuti risultati

Ampiezza del rapporto dellalfa (T3/T4)

convergenti (Crews e Landers, 1993).

0.9
Compito verbale

0.8
Riposo
Compito visuo-spaziale

0.7

Tiro

0.6
1

Epoche

Figura 1: Asimmetria emisferica del ritmo alfa (rapporto tra ampiezze in T3 e T4) in tre
differenti momenti (le epoche 2 e 3 si riferiscono alla fase di preparazione al compito) per
tre diversi compiti e in assenza di compito (Modificata da Hatfield et al. 1984).

Salazar et al. (1990) ha studiato arcieri di lite cercando di distinguere fra aspetti cognitivi e
sforzo fisico richiesto dal gesto del tiro (utilizzando archi di peso diverso e segmentando la
prestazione). Lattivazione (a varie frequenze) risulta relativamente costante nellemisfero
destro nei tre secondi che precedono il tiro, mentre a sinistra aumenta nellultimo secondo.
La sincronizzazione dellEEG massima nella condizione che rispecchia, in termini di
gesto atletico e peso dellarco, le condizioni cui gli arcieri sono pi abituati. I tiri peggiori
sono associati ad un aumento di sincronizzazione nellemisfero sinistro rispetto ai tiri
migliori, mentre lattivit dellemisfero destro non risulta correlata con la riuscita del tiro.
Questultimo dato in contraddizione con le attese (si poteva prevedeva un aumento
dellalfa a sinistra associato alla migliore performance) e il risultato discusso in termini di
un eccesso di sincronizzazione che risulterebbe negativo.
Hillman et al. (2000) considera attivit alfa e beta nel tiro a segno con carabina e confronta
lattivit che precede i tiri effettivamente eseguiti rispetto a quella dei tiri rifiutati, quelli
cio in cui latleta prende la mira, ma poi non spara, presumibilmente per uninadeguata
concentrazione. La figura 2 mostra come nei tiri effettuati (che corrispondono ad una
buona concentrazione) sia alfa che beta rimangano complessivamente costanti mentre nei
tiri rifiutati lattivazione cerebrale pi elevata e cresce progressivamente nel tempo.

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Figura 2: Ampiezza del ritmo alfa (in alto) e beta (in basso) allavvicinarsi dellistante in
cui si effettua la pressione del grilletto in prove eseguite e rifiutate (modificata da Hillman
et al. 2000).

Haufler et al. (2000) ripetono gli esperimenti nel tiro con carabina considerando oltre agli
esperti anche un gruppo di novizi;

aumentano il numero di elettrodi registranti e

inseriscono il confronto con compiti di controllo visuo-spaziale e verbale nei quali


lesperienza dei due gruppi confrontabile (mentre ovviamente molto diversa nel compito

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di tiro). Nella fase di mira gli esperti hanno unattivazione minore dei novizi a tutti gli
elettrodi, e in particolare nellemisfero sinistro. Viceversa, le differenze nellattivit
cerebrale fra i due gruppi sono piccole nei compiti di controllo; infine lattivit cerebrale
degli inesperti nel compito di mira simile a quella registrata in compiti visuo-spaziali di
controllo, mentre gli atleti sono molto pi attivati nei compiti di controllo rispetto al
compito di mira nel quale sono esperti. Certamente questi dati sono compatibili con
lipotesi di una maggiore economia corticale nel cervello dellatleta, limitata ai processi per
i quali specializzato. Parzialmente in contrasto con questa letteratura Janelle et al. (2000)
osservano un aumento dellalfa nellemisfero sinistro della stessa ampiezza in tiratori
esperti e novizi, ma (notano Hatfield e Hillman, 2001) lasimmetria emisferica pi
marcata negli esperti.
Alcune ricerche studiano lo svilupparsi dello skill: in uno studio longitudinale della durata
di sei mesi un gruppo di principianti impara a tirare con larco. Allaumentare
dellesperienza cresce la potenza dellalfa misurata allelettrodo temporale sinistro rispetto
al destro (Landers et al., 1994); il risultato simile, in un periodo di tempo pi breve, anche
in novizi del tiro con la pistola (Kerick, Douglass e Hatfield, 2004). Linterpretazione che
laumento della sincronizzazione dellalfa nellemisfero sinistro indichi una riduzione
dellelaborazione di eventi irrilevanti di tipo verbale e analitico, dunque un minor sforzo
cognitivo si associa al crescere dellesperienza.
Ricerche elettroencefalografiche recenti
Questa linea di ricerca continuata fino ad oggi, utilizzando metodologie pi sofisticate
(EEG ad alta risoluzione), misure pi raffinate (ad esempio, la coerenza dellattivit
cerebrale), in alcuni casi estendendo lindagine anche a sport open-skill (come scherma e
karate) e talvolta considerando compiti diversi rispetto al compito sport-specifico (ad
esempio, compiti di equilibrio, oppure compiti di osservazione). In vari casi, si replicano i
vecchi paradigmi (effettuati sul campo o in laboratorio) per confermare i risultati degli studi
precedenti, ma la maggiore risoluzione spaziale corticale e la maggior potenza tecnica
consentono una valutazione pi accurata dei meccanismi cerebrali degli atleti.

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Ad esempio, Del Percio et al. (2009a) studiano in campo atleti di tiro con pistola e
osservano una riduzione, o desincronizzazione (ERD), dellalfa (parietale e centrale
sinistra) maggiore nei tiri migliori rispetto ai tiri meno buoni, confermando che una
performance motoria eccellente correlata con bassa attivazione corticale. Deeny et al.
(2009) studiano in campo tiratori di fucile esperti e novizi, valutando la coerenza fra
lattivit di diverse regioni corticali per i diversi ritmi cerebrali, dal pi basso (teta) al pi
elevato (gamma). Negli esperti la coerenza dei ritmi EEG correla positivamente con le
variazioni del movimento del fucile nel corso del puntamento. Si colgono cos, oltre alle
differenze fra esperti e novizi, anche differenze nella coerenza del ritmo associate ad aspetti
esecutivi e strategici del movimento del fucile. Hung et al. (2008) osservano in campo che
la complessit dellattivit corticale cerebrale minore in tiratori di fucile esperti rispetto ai
novizi e negli esperti c una relazione negativa fra questa complessit e la performance (la
correlazione invece positiva nei novizi). I dati sono compatibili con lidea di un
raffinamento e di una maggiore efficienza dei processi cerebrali negli esperti. La minor
complessit viene imputata alla riduzione del rumore neuromotorio e alla conseguente
riduzione dellinterferenza con lazione che sintende svolgere. Il concetto di rumore in
questultimo lavoro del gruppo di Hatfield sostituisce il precedente costrutto dinterferenza
da parte di stimoli irrilevanti. Ancora in questa linea, un lavoro di Babiloni et al. (2008)
che, portati gli atleti in laboratorio su un simulatore di golf, replica il risultato che
lintensit dellalfa pre-movimento inferiore nei tiri di successo rispetto a quelli falliti. Il
fenomeno ha luogo in aree cerebrali (prefrontale, cingolata, supplementare motoria)
associate alla pianificazione, selezione e controllo di sequenze motorie complesse, eseguite
con entrambe le braccia e le mani. Inoltre lo studio dimostra (Figura. 5) che, nei tiri falliti,
quanto maggiore la riduzione dellalfa durante la preparazione, tanto minore lerrore,
cio la distanza dalla buca. Complessivamente sembra che lampiezza dellalfa in queste
aree corticali abbia un legame con il controllo motorio fine e possa predire la performance.

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Figura 5. Correlazione tra riduzione del ritmo alfa registrato dallelettrodo frontale (Fz) e
distanza dalla buca nei tiri falliti (adattata da Babiloni et al. 2008).

Come anticipavamo sopra, alcuni lavori recenti estendono il tema dellefficienza neurale a
compiti e sport differenti (anche includendo sport open-skill). Alcuni lavori riguardano il
tema dellequilibrio posturale che misurato dalle dimensioni dellarea di oscillazione del
corpo su piattaforma stabilometrica. Il primo esperimento (Del Percio et al., 2007a) in atleti
della scherma e del karate vs. non atleti confronta la correlazione fra attivit corticale e
oscillazione del corpo misurata in posizione eretta con occhi aperti e chiusi. In generale la
desincronizzazione (riduzione) dellalfa maggiore negli atleti rispetto ai non-atleti;
inoltre, nei karatechi (ma non negli schermidori), la desincronizzazione proporzionale al
restringimento dellarea di oscillazione dovuta al passaggio occhi chiusi- occhi aperti
(quindi al contributo dellinformazione visiva). Nel secondo esperimento in atleti di golf
(Del Percio et al., 2008) non si osserva alcuna relazione fra larea di oscillazione del corpo

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e la performance (che viene eseguita ovviamente con gli occhi aperti), non c differenza
fra tiri di successo e tiri falliti; viceversa, ci che cambia lattivit corticale (come sopra
indicato). Questo studio suggerisce che lipotesi dellefficienza neurale non spieghi
pienamente lorganizzazione del sistema motorio negli atleti. In un terzo studio ancora in
karateki e schermidori (Del Percio et al., 2009b) si confronta il mantenimento della
posizione eretta su un piede (condizione pi difficile) e su due piedi (pi facile). Si osserva
che la riduzione dellalfa nel compito pi difficile molto maggiore negli atleti rispetto ai
non-atleti, e ci in linea con lipotesi dellefficienza neurale. Ancora per gli aspetti legati
allequilibrio, si pu citare uno studio sullaccoppiamento cortico-muscolare (Vecchio et
al., 2008) nel quale misurata la coerenza spettrale fra EEG (nel range dellalfa) e
lelettromiogramma (EMG) mentre il soggetto sta eretto con gli occhi aperti e chiusi;
lassunzione di base che laccoppiamento EEG-EMG possa controllare gli arti inferiori
nella posizione eretta. Si confrontano atleti (karate e scherma) con non-atleti. Larea di
oscillazione del corpo identica nei due gruppi, ma mentre negli atleti la coerenza EEGEMG costante, nei non atleti diminuisce con gli occhi chiusi. Il dato suggerisce che
linformazione visiva influenzi la coerenza EEG-EMG nei non-atleti, mentre gli atleti sono
in grado di controllare ottimamente lequilibrio grazie agli input propriocettivi.
Mentre gli studi fin qui ricordati utilizzano compiti di esecuzione (mirare, tenere
lequilibrio), Babiloni et al. (2009) hanno considerato un compito osservazionale. Atleti
della ginnastica ritmica devono osservare video di sequenze di esercizi del loro sport e
assegnare un punteggio. Rispetto agli inesperti, gli atleti hanno unattivazione corticale
ridotta durante losservazione e la riduzione maggiore quando la performance giudicata
migliore. Le variazioni dellEEG sono particolarmente marcate nelle aree connesse al
sistema mirror, un sistema cerebrale che tipicamente si attiva sia quando si esegue
unazione, sia quando si osserva la stessa azione compiuta da un altro. Il sistema mirror
potrebbe avere importanti implicazioni nellapprendimento motorio, nellimmaginazione
motoria e nella stessa esecuzione (per una rassegna sui neuroni mirror, si veda Rizzolatti &
Fabbri-Destro, 2008).

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Nel concludere questa sezione citiamo uno studio che potrebbe avere potenzialit
applicative (Del Percio et al., 2007b). Ad atleti di lite (schermidori e karatechi) e a un
gruppo di non atleti si somministra una breve (1 min) stimolazione audio-visiva
lampeggiante a 10 Hz prima di un compito visuo-motorio che consiste nel premere un
pulsante in reazione a foto di attacchi di scherma e karate. In tutti i soggetti questa
stimolazione aumenta il ritmo alfa (in particolare allelettrodo posteriore parietale, sopra la
corteccia integrativa sensorimotoria) e quanto maggiore laumento, tanto pi breve il
tempo di reazione nel compito.
Ricerche mediante registrazione dei potenziali evento correlati (ERP)
La maggior parte degli studi sopra brevemente riassunti convergono sullidea della
efficienza neurale degli atleti: grazie alla pratica assidua e prolungata nel tempo, il
compito svolto in maniera efficiente ed in economia. Tuttavia non chiaro a che
livello del processing neurale si collochi questa economia. Infatti, le tecniche dellEEG non
consentono di distinguere bene il contributo di meccanismi corticali differenti. Viceversa,
la tecnica di registrazione dei potenziali evento correlati (event-related potentials, ERP) ed
in particolare il metodo dei potenziali corticali correlati al movimento (movement related
cortical potentials, MRCP) ha questa possibilit. Gli MRCP indicano con estrema
precisione le caratteristiche temporali degli eventi cerebrali e, individuando diverse attivit
elettriche (dette componenti, vedi sotto) in finestre temporali diverse, consentono di
confrontare atleti e non-atleti nelle diverse fasi di preparazione ed esecuzione del
movimento; gli MRCP consentono inoltre una localizzazione abbastanza precisa delle
sorgenti corticali delle diverse componenti associate al movimento.
La figura 6 mostra le componenti MRCP in un compito di movimento volontario selfpaced (che non determinato nel tempo da segnali esterni). La componente pi precoce
Bereitschaftspotential (BP; detto anche Readiness Potential, potenziale di preparazione)
associata con la preparazione del movimento. Segue la componente Negative Slope (NS),
associata alla fase finale della preparazione motoria, immediatamente precedente
lesecuzione; poi il Motor Potential (MP) associato con lesecuzione e il Re-Afferent
Potential (RAP) associato con la fase propriocettiva successiva al movimento. Grazie a
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numerosi studi, le latenze e la topografia sullo scalpo delle componenti di MRCP sono
note. BP e NS hanno generatori nelle aree associative motorie: larea Supplementare
Motoria e larea Premotoria, anche se non si pu escludere che sia presente un contributo di
strutture sottocorticali (Rektor, 2002). I generatori della componente MP sono localizzati
nella corteccia motoria primaria

(M1). Dopo il movimento, attiva larea primaria

somatosensoriale, la cui attivit si riflette nella componente RAP.


Due studi recenti valutano se lMRCP associati a un movimento semplice possano
differenziarsi fra gruppi di atleti e non-atleti. Il primo analizza gli MRCP in un gruppo di
atleti (kendoisti e ginnasti) e il movimento una rapida estensione del polso, un tipo di
movimento presente in entrambe le discipline (Kita et al., 2001). La componente BP inizia
pi tardi negli atleti ed di ampiezza minore; MP risulta invece pi ampia. Il secondo
studio (Di Russo et al., 2005) riguarda atleti di tiro a volo e considera un movimento simile
a quello eseguito nel tirare il grilletto: la pressione di un pulsante con lindice della mano
destra o sinistra. Come illustrato in figura 6, le componenti BP e NS degli atleti iniziano
pi tardi rispetto a quanto avviene nei non-atleti, e sono di minore ampiezza. Per le altre
componenti non si notano differenze fra i gruppi. Il risultato indica quindi che negli atleti
leconomiaha luogo a livello di preparazione motoria: solo lattivit neurale necessaria per
preparare un movimento volontario ridotta, mentre quella spesa nella fase di esecuzione
identica. Il fatto che il fenomeno si riscontri per lindice destro (allenato con il movimento
di pressione del grilletto del fucile) ma non per il sinistro compatibile con lidea che
lefficienza neurale negli atleti non sia un fenomeno generalizzato, ma specifico per il gesto
del segmento motorio particolarmente allenato.
Questi studi sono in linea con dati precedenti di ricercatori finlandesi (Konttinen, Lyytinen,
1992; Konttinen, Lyytinen & Era, 1999) che misurano in campo gli Slow Potentials (SP; le
componenti BP e NS insieme) di atleti di tiro e notano che le migliori performance sono
associate con SP frontali meno ampi rispetto a quelli registrati nelle prestazioni peggiori;
inoltre potenziali lenti meno ampi sono associati a oscillazioni del corpo ridotte.
Citiamo infine uno studio che, a differenza dei precedenti, in contraddizione recente con
lidea dellefficienza neurale (Del Percio et al. 2008). Il compito differente: schermidori e

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karetechi osservano su uno schermo immagini di attacchi di scherma e karate e devono


rispondere premendo un pulsante a destra o sinistra a seconda che lattacco appaia sul lato
destro o sinistro dello schermo. Quando la risposta eseguita con la mano destra, il
potenziale di preparazione motoria sulle aree supplementare motoria e contralaterale
sensorimotoria di ampiezza maggiore negli atleti rispetto ai non atleti. Ci sono poi
differenze fra karatechi e schermidori non facilmente interpretabili.

Figura 6. MRCP in atleti (linea spessa) e soggetti di controllo (linea fine) nel compito di
flessione dellindice della mano destra. LMRCP mediato nei due gruppi registrando da
elettrodi frontali e centro-parietali contralaterali, come indicato a sinistra nello schema della
testa. Si noti in basso la differenza di ampiezza e latenza delle componenti BP e NS
(modificata da Di Russo et. al 2005).

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Dal concetto di efficienza neurale a quello di flessibilit


Ricerche mediante ERP
Sembra dunque che il cervello degli atleti abbia unelevata efficienza neurale, come
evidenziato dalle componenti associate alle fasi di pianificazione motoria; viceversa,
lattivit neurale rappresentata dalle componenti sensoriali e cognitive degli ERP appare
pi intensa negli atleti rispetto ai non atleti.
ERP da stimoli sensoriali
Gli studi che indagano la risposta cerebrale a stimoli sensoriali non sempre riportano
differenze tra atleti e non atleti.
Nella modalit visiva, studiata attraverso i potenziali evocati visivi, si sono osservate
differenze in ampiezza e/o in latenza. La risposta sensoriale (identificata nella componente
P100) di latenza pi breve in tennisti e giocatori di squash rispetto a canottieri e non atleti
(Delpont et al, (1991). Risposte pi ampie sono riportate anche per gli schermidori (Taddei
et al., 1991). In atleti di pallavolo, Ozmerdivenli et al. (2005) mostrano differenze
nellampiezza della P100 e nella latenza della N145 limitatamente al gruppo di atlete.
Magni et al. (1998) non trovano differenze tra ciclisti (uno sport in cui la modalit visiva
non appare particolarmente sollecitata) e non-atleti.
La modalit somatosensoriale, studiata attraverso la registrazione dei potenziali evocati,
non mostra differenze fra corridori,

ginnasti e non-atleti (Thomas e Michell., 1996).

Successivamente, si sono osservate differenze tra pallavolisti e non-atleti nellampiezza di


alcune componenti prodotte dalla stimolazione del nervo tibiale (Bulut et al., 2003).
Murakami et al., (2008) mostrano che la risposta dellarea somatosensoriale primaria (S1)
maggiore nei giocatori di calcio rispetto ai non-atleti quando si stimola il nervo tibiale; nei
giocatori di racquetball invece maggiore la risposta alla stimolazione del nervo mediano
dellavambraccio.

19

Per quanto riguarda la modalit uditiva gli unici due studi finora pubblicati sono in netto
contrasto tra loro (Nakata et al., 2009)
In conclusione, questi studi mostrano che alcuni sport possono intensificare la risposta
corticale ad alcuni specifici stimoli sensoriali; le modificazioni dipendono dal tipo di
attivit implicata nello sport e/o dal distretto corporeo pi allenato.
ERP in compiti che implicano discriminazione di stimoli e selezione delle risposte
Mentre le ricerche sul tema della efficienza neurale hanno studiato, con poche eccezioni,
atleti di sport closed-skill, una differente linea di ricerca si concentra prevalentemente su
sport open-skill e valuta le caratteristiche del cervello degli atleti in compiti di laboratorio
che in qualche modo simulano la complessit del comportamento in campo.
Gli sport open-skill richiedono una grande flessibilit del comportamento ed impiego di
risorse cognitive. Ad esempio, nella scherma o nel basket, per rispondere con successo a
una finta o ad un comportamento dellavversario diverso da quello atteso cruciale
modificare rapidamente la risposta motoria gi preparata e sostituirla con unaltra pi
appropriata. I processi sottostanti questo comportamento complesso sono molteplici: la
discriminazione dello stimolo, la preparazione di una risposta motoria, linibizione della
risposta, la selezione di una nuova risposta. Questa flessibilit difficilmente riconducibile
a una situazione di laboratorio, tuttavia alcuni compiti come il Go/No-Go si prestano,
almeno in un certo grado, a simulare in forma estremamente semplificata la condizione
della finta.
Il compito si basa sul confronto di condizioni che richiedono la discriminazione fra stimoli
e la selezione di risposte diverse a seconda dello stimolo. E definita Go la condizione in
cui il soggetto deve rispondere ad uno stimolo visivo (detto target) con una specifica azione
(ad esempio, premendo il tasto). E definita No-Go la condizione in cui il soggetto deve
trattenersi dal rispondere (non premere) ad un altro stimolo visivo (detto non-target). I dati
acquisiti in condizione Go/No-Go si possono inoltre confrontare con quelli acquisiti in
compiti di reazione semplice in cui non si chiede al soggetto di discriminare fra stimoli e
risposte (il soggetto deve sempre premere il tasto appena compare lo stimolo,

20

indipendentemente dalle caratteristiche dello stimolo). Mentre latleta impegnato nel


compito, sono registrati gli ERP; questi descrivono lattivit corticale in funzione del
compito e forniscono una descrizione ad altissima risoluzione dellevoluzione nel tempo
degli eventi corticali (Di Russo et al., 2005). Simultaneamente si registra il tempo di
reazione motorio. E cos possibile associare misure comportamentali (i tempi di reazione)
con i processi cerebrali concomitanti.
Lo studio di Di Russo et al. (2006) indaga schermidori di alto livello e nota le differenze
rispetto al gruppo di controllo di non-atleti. La prima differenza a livello
comportamentale: i tempi di reazione in condizione di discriminazione sono pi rapidi. La
figura 7 mostra alcune delle differenze pi rilevanti nelle componenti ERP. In particolare si
osserva un effetto pi marcato dellattenzione (rispecchiato nella componente N1 molto pi
ampia negli atleti che nei controlli) e una forte accentuazione delle componenti (N2 e P3)
associate con il controllo inibitorio nella condizione No-Go. La grande flessibilit di
comportamento degli schermidori potrebbe quindi risultare dalla maggior attivazione dei
diversi circuiti neurali responsabili dellattenzione visiva e del controllo inibitorio del
movimento gi preparato. In questo caso le risposte degli atleti sono pi ampie, non ridotte
come vorrebbe la teoria dellefficienza neurale. Sembra chiaro che luso di paradigmi
diversi consente di distinguere quali sono i processi in cui ha luogo economia corticale e
quelli in cui invece lattivit corticale pi intensa negli atleti: la preparazione motoria
costa, meno negli atleti, presumibilmente grazie al contributo sottocorticale; viceversa, il
controllo attenzionale e inibitorio costano di pi negli atleti rispetto ai soggetti di
controllo e producono risultati migliori sul piano comportamentale.

21

Figura 7. ERP in schermidori (linea spessa) e soggetti di controllo (linea fine) nel compito
Go/Nogo (modificata da Di Russo et. al 2006).

Un altro studio riconducibile al tema della flessibilit del comportamento degli atleti
riguarda i giocatori di tennis da tavolo e usa il paradigma del doppio stimolo combinato con

22

il paradigma di Posner. (Hung, Santa Maria & Hatfield, 2004). Il primo stimolo (S1,
sonoro) serve per avvisare che sta per giungere il secondo stimolo (S2, visivo), cui il
soggetto dovr rispondere premendo un tasto. S1 suggerisce al soggetto dove arriver S2 (a
destra oppure a sinistra); questo suggerimento veritiero in una certa percentuale di prove
(cue valido) e falsa nelle altre (cue invalido). S2 genera un potenziale evocato visivo di cui
si studiano le componenti. La componente N1, che modulata dallattenzione, pi ampia
negli atleti nelle condizioni di cue invalido ed associata a tempi di reazioni pi veloci. Ci
suggerisce che gli atleti fanno bene anche in presenza di cue invalidi perch, grazie
allesperienza fatta in campo, sono capaci di distribuire la propria attenzione anche in
regioni dello spazio dove non si prevede larrivo dello stimolo (nellesperimento la regione
opposta a quella indicate dal cue). La CNV (contigent negative variation), unonda che si
sviluppa fra S1 e S2 e legata a meccanismi cognitivi che controllano la preparazione
motoria, appare in questa condizione sperimentale pi ampia (invece che meno ampia,
come ci si aspetterebbe per la regola dellefficienza neurale) negli atleti rispetto a non atleti.
Questa maggiore intensit interpretata dagli autori come una forma di adattamento alla
situazione difficile del compito: prestare attenzione a tutto il campo visivo, anche quello
ove lo stimolo meno probabile, e prepararsi a rispondere motoriamente.

Ricerche mediante Stimolazione Magnetica Transcranica


La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) una tecnica in grado di attivare il tratto
corticospinale esponendo, per un breve tempo, la testa dei partecipanti ad un campo
magnetico. La TMS spesso applicata sulle aree motorie e produce delle risposte
eccitatorie, dette MEP (motor evoked potentials), registrate dai muscoli degli arti
Variazioni nellampiezza dei MEP sono interpretate come variazioni delleccitabilit dei
neuroni cortico-spinali.
Il primo studio che applica la TMS in atleti quello di Pearce et al, (2000) che studia tre
gruppi: giocatori di badminton, appassionati di giochi sociali da tavolo e non giocatori. I
giocatori di badminton hanno MEP pi ampi, ma solo per la mano che usano nel gioco.
Fourkas et al. (2008) usano la TMS per studiare leffetto delle immagini mentali mentre
23

tennisti e non-atleti immaginano di eseguire un servizio di tennis, di ping-pong e un lancio


di golf. I risultati mostrano che i tennisti hanno maggior eccitabilit cortico-spinale solo
durante limmaginazione del servizio di tennis. Lo studio riporta inoltre che molti atleti e
alcuni novizi dichiarano di percepire la racchetta come fosse una estensione del proprio
corpo.
Un altro studio riguarda atleti del basket; anche qui si fa uso di TMS, associata in questo
caso a misure psicofisiche (Aglioti et al., 2008). Si osservano spezzoni di filmati di tiri a
canestro; il compito decidere se il tiro andr a canestro oppure no. Gli atleti, a differenza
dei novizi, sono in grado di decidere correttamente sulla base di pochissimi fotogrammi.
La loro superiorit evidente anche in confronto ad allenatori e giornalisti sportivi, bench
questi ultimi abbiano una vastissima esperienza di osservazione del basket. Ci che rende
eccellenti nel compito di discriminazione visiva non dunque il vedere, ma il fare. La TMS
contribuisce a consolidare questa idea, e gli autori possono ipotizzare che i meccanismi
neurali responsabili delleccellenza motoria siano anche responsabili delleccellenza nel
giudizio visivo. I neuroni a specchio, attivi sia quando si osserva unazione, sia quando si
compie la stessa azione, potrebbero rappresentare il meccanismo neurale sottostante.

24

Studi di neuroimmagine nello sport


Di recente il cervello degli atleti stato studiato con le tecniche di neuroimmagine, quali la
risonanza magnetica anatomica (MRI) e funzionale (fMRI). Si sono evidenziate differenze
tra atleti e non atleti a livello anatomico e funzionale.

Studi Anatomici
Una prima linea di ricerca ha riguardato i cambiamenti anatomici (anche detti morfologici)
che avvengono a livello delle strutture cerebrali in seguito allesperienza motoria legata alla
pratica sportiva. Gli atleti si allenano e fanno pratica nellambito della loro disciplina per un
lunghissimo periodo di tempo che inizia spesso molto presto nellinfanzia e poi procede per
tutta la loro carriera. Lapprendimento di unabilit motoria in seguito ad un allenamento
costante e duraturo determina dei cambiamenti strutturali stabili nel cervello della scimmia
(Recanzone et al., 1993) e delluomo (e.g. Karni et al., 1995, 1998). E possibile dunque
che nel cervello degli atleti si verifichino dei cambiamenti morfologici in seguito
allallenamento massiccio e prolungato nel tempo.
Attualmente ci sono solo due studi che hanno affrontato questo argomento con MRI. Park
et al. (2006) hanno misurato il volume cerebrale totale e il volume cerebellare assoluto e
relativo in giocatori di basket e non atleti. In questo primo studio gli autori non hanno
trovato differenze significative nei parametri misurati. Di recente per, lo stesso gruppo di
ricerca facendo unanalisi del cervelletto anatomicamente pi dettagliata ha potuto mettere
in evidenza che il verme cerebellare (lobuli VI e VII) dei giocatori di basket pi esteso
rispetto a quello dei non atleti. Gli autori interpretano il risultato come un segno di plasticit
cerebrale conseguente alla pratica sportiva (Park et al, 2009).

Studi di risonanza magnetica funzionale


La fMRI misura il segnale relativo al livello di ossigenazione del sangue, indicatore di
livello metabolico e dunque del grado di attivit (tecnica BOLD, Blood Oxygenation Level

25

Dependent). A fronte dellaltissimo numero di studi con fMRI nellambito delle


neuroscienze, la tecnica risulta relativamente poco applicata allo studio del cervello degli
atleti. Le ricerche riguardano due argomenti principali, il tema dei neuroni mirror e quello
della pianificazione motoria.
Calvo-Merino et al. (2005) hanno studiato tre gruppi diversi di sportivi (ballerini
professionisti di danza classica dal Royal Ballet di Londra, ballerini di danza capoeira e non
atleti) e hanno cercato differenze nellattivit cerebrale registrabile quando si guarda
unazione in cui si esperti (ad esempio, il video di danza classica per i ballerini) rispetto a
unazione che non si sa fare (ad esempio, il video di capoeira per i ballerini). I risultati
mostrano che i ballerini di danza classica hanno una maggiore attivit nel sistema mirror
quando guardano video di danza classica rispetto ai video di capoeira, mentre i ballerini di
capoeira mostravano leffetto opposto. Gli stessi autori in un altro studio fMRI confrontano
il sistema mirror di ballerini e ballerine di danza classica mentre guardano dei passi di
danza classica tipicamente maschile o femminile (Calvo-Merino et al., 2006). I risultati
complessivamente suggeriscono che il sistema mirror influenzato dal repertorio motorio
personale dellindividuo.
Wright et al. (2007) studiano giocatori di tennis principianti mentre guardano o rispondono
ad alcune sequenze video di tennis filmati dalla prospettiva dellavversario. I video
mostrano (1) servizi di tennis, (2) comportamenti motori che non avvengono durante il
servizio (ad esempio, palleggiare con la racchetta) considerati test di controllo, (3) sequenze
statiche usate come test di controllo. Nei video dei servizi, i tennisti devono giudicare la
direzione del servizio (sinistra o destra). Confrontando le attivazioni funzionali durante
losservazione dei tre tipi di video si nota che il giudizio sulla direzione del servizio
produce attivazioni funzionali non presenti nei video di controllo (sia statici che in
movimento); le attivazioni sono localizzate nel lobulo parietale (inferiore bilaterale e
superiore destro) e nella corteccia frontale destra (giro frontale inferiore dorsale e ventrale).
Queste regioni della corteccia parietale e frontale sono considerate parte del sistema mirror
nel cervello delluomo.

26

Alcuni studi si sono occupati della pianificazione motoria, ovvero dellattivit cerebrale che
precede lesecuzione, nellottica di rilevare se gi a questo livello sono presenti differenze
tra atleti e principianti. Milton et al. (2007) studiano lattivit cerebrale collegata alla
pianificazione di un atto motorio in atleti professionisti di golf e in non atleti. Gli esperti
hanno attivazione principalmente nel lobulo parietale superiore, nellarea premotoria
laterale dorsale e nelle aree occipitali; un dato interpretabile come integrazione fra
informazione visiva e aspetti esecutivi. Nei non atleti sono invece attivi il cingolo
posteriore, lamigdala e i gangli della base; queste attivazioni implicano un coinvolgimento
emozionale che probabilmente disturba la concentrazione sul gesto sportivo. Kim et al.
(2008) confrontano arcieri di lite e non atleti durante la routine motoria che precede il tiro.
Quando gli atleti stanno mirando sono attive le cortecce dei giri temporali ed occipitali e il
cingolo anteriore; nel caso dei non atleti sono attive principalmente le aree frontali e il
cingolo posteriore. Questi due studi sulla pianificazione motoria suggeriscono che
lallenamento porta ad una organizzazione pi efficiente della attivit neurale che elimina
linformazione irrilevante, mentre ci non avviene nei non atleti.
La tecnica fMRI pu senzaaltro aiutarci a comprendere meglio le importanti differenze che
esistono tra il cervello degli atleti e quello dei non atleti. Ad oggi, la tecnica ha identificato
i meccanismi neurali che stanno alla base dellosservazione di un movimento e della
rappresentazione di programmi motori negli atleti. E auspicabile che ulteriori studi
identifichino i circuiti neurali coinvolti nelle fasi di elaborazione cognitiva e motoria
implicate nellattivit sportiva.

27

I rischi dello sport per il cervello: il trauma da concussione


E ampiamente dimostrato che lo sport fa bene al corpo e alla mente; tuttavia studi recenti
suggeriscono che alcuni sport comportano anche rischi fin qui sottovalutati. Non parliamo
di danni gravi ben noti come tipicamente riportato per il pugilato (il morbo di Parkinson o
la Dementia pugilistica); questi sono limitati a pochissimi professionisti anziani e sono
conseguenza dei gravi o gravissimi traumi cranici subiti nel corso della carriera (vedi
Handratta et al., 2009; Orrison et al., 2009). Ci sembrano pi importanti gli effetti che, in
atleti relativamente giovani, si possono produrre a causa di ripetuti colpi alla testa, anche di
entit non molto grave. Questo tipo di trauma cranico di media o lieve entit legato alla
pratica sportiva viene definito trauma da concussione e nella letteratura trattato come un
argomento distinto dal trauma cranico di media gravit in contesti non sportivi
(questultimo definito MTBI, Mild Traumatic Brain Injury). La distinzione motivata dal
fatto che nella concussione non sono quasi mai rilevabili deficit a livello cerebrale con le
tecniche

radiologiche

standard,

nonostante

gli

atleti

presentino

alterazioni

neuropsicologiche e una serie di sintomi post-traumatici ricollegabili a lesioni cerebrali


(come mal di testa e sensibilit alla luce e al rumore). Il trauma da concussione rappresenta
un problema serio in molte discipline sportive e negli ultimi anni aumentato linteresse
delle neuroscienze nei confronti di questo argomento. In una recente rassegna, Davis et al.
(2009) ha elencato le tecniche di indagine utilizzate fino ad oggi nel tentativo di dimostrare
in maniera obiettiva la presenza di danni cerebrali da concussione negli atleti. Le tecniche
pi efficaci sono le neuroimmagini e lelettrofisiologia.

28

Tecniche

di

neuroimmagine:

risonanza

magnetica

anatomica,

spettroscopia e risonanza funzionale


Come anticipato, il trauma da concussione nello sport per definizione associato a esiti
negativi agli esami di neuroimmagine di tipo anatomico, quali TAC (Tomografia Assiale
Coputerizzata), RMN (Risonanza magnetica nucleare) e DTI (Tensore di diffusione).
Queste tecniche sono in grado di rilevare la presenza di lesioni cerebrali nei casi di MTBI,
ma tipicamente falliscono nel rilevare la presenza di anomalie o di lesioni nel trauma da
concussione (Davis et al., 2009). Per questa ragione i sintomi post-traumatici nella
concussione sono stati finora considerati dei deficit funzionali piuttosto che la conseguenza
di una lesione cerebrale vera e propria.
Di recente stata avanzata lipotesi che dietro a questi sintomi ci possano essere dei
cambiamenti neuro metabolici. Henry et al (2009) studiano leffetto del trauma da
concussione sul metabolismo cerebrale usando la spettroscopia di risonanza magnetica
(MRS), una tecnica che rileva cambiamenti neurometabolici nei tessuti. Un gruppo di atleti
con trauma da concussione confrontato con un gruppo di atleti senza trauma. Tutti gli
atleti sono esaminati 24-36 ore dopo il trauma con MRS e sono inoltre valutati con una
batteria di test per misurare la sintomatologia post-traumatica. Gli atleti con trauma hanno
punteggi di sintomatologia pi elevata rispetto agli atleti senza trauma, mostrano una
diminuzione significativa di glutammato a livello della corteccia motoria primaria (M1) e
una diminuzione significativa di N-acetil-aspartato in M1 e nella corteccia prefrontale. E
importante notare che i cambiamenti metabolici in M1 correlano con la severit dei sintomi
riportati dai pazienti. Questi risultati confermano la vulnerabilit corticale nella fase acuta
post-concussione e dimostrano per la prima volta una correlazione tra i sintomi soggettivi
riportati dagli atleti e i cambiamenti oggettivi rilevati con la MRS.
Unaltra tecnica utile per la valutazione dei traumi da concussione nello sport la risonanza
magnetica funzionale (fMRI) che informa sulle basi neurali di una specifica funzione
sensoriale o cognitiva; pu quindi rilevare anormalit funzionali associate con la

29

concussione in condizioni standard oppure in condizioni di particolare carico cognitivo


(McAllister et al., 1999, 2001). Gli studi mostrano unassociazione tra un pattern atipico di
attivazione funzionale in compiti di memoria e presenza (Chen et al., 2004; Lovell et al.,
2007) e severit (Chen et al., 2007) di sintomi post-trauma.
Rispetto ad altre tecniche di neuroimmagine, fMRI non essendo invasiva pu essere
applicata pi volte su un singolo soggetto. Questo pu consentire in ambito sportivo studi
detti prospettici, in cui le misure sono eseguite per ogni atleta prima di un eventuale trauma
da concussione. Queste misure (baseline) possono poi essere confrontate con i risultati
ottenuti sugli stessi atleti dopo il verificarsi di un trauma da concussione. Lo studio
prospettico consente di valutare le differenze funzionali tra sessioni nel singolo soggetto e
dunque nel rispetto delle differenze individuali presenti a livello cerebrale.
I primi studi che hanno adottato questo approccio sono riusciti ad identificare, negli atleti
che avevano subito un trauma da una settimana, alcune caratteristiche neurali indicative
della presenza di una lesione cerebrale. In particolare, Jantzen et al (2004) studiano
lattivit BOLD in giocatori di calcio prima di un torneo e al termine di questo. Le misure
di baseline sono acquisite durante lesecuzione di un paradigma di cordinazione
sensorimotoria simile a quello usato per lo studio del recupero funzionale in seguito ad
ictus cerebrale (Nair et al., 2003). Nel corso del torneo, solo una met dei giocatori subisce
concussione. Solo in questi atleti, a una settimana di distanza dal trauma, lattivit BOLD
registrata mentre eseguono lo stesso compito motorio della prima seduta risulta aumentata
rispetto alla baseline nelle aree parietali e premotorie.
Nei casi in cui possibile eseguire valutazioni ripetute nel tempo (follow-up), lfMRI pu
essere usata anche per valutare il recupero funzionale e la presenza di eventuali pattern di
attivazione di tipo compensatorio (Chen et al., 2008a). Ad esempio, alcuni studi hanno
correlato le anomalie nel segnale BOLD con i risultati dei test cognitivi (vedi Figura 7).
Lovell et al (2007) hanno condotto uno studio fMRI su un gruppo di atleti che avevano
subito concussione. Le misure fMRI sono effettuate durante un compito di memorizzazione
immediatamente dopo il trauma e successivamente al recupero clinico e neuropsicologico
degli atleti. Gli atleti che al primo esame mostravano iperattivazione funzionale hanno

30

tempi pi lunghi di recupero rispetto agli atleti che non mostravano iperattivazione
funzionale.
Questi studi hanno anche consentito la raccolta di dati normativi che possono essere ora
usati per valutare se le variazioni del segnale BOLD di un atleta con trauma deviano oppure
no dal pattern normale. La presenza di dati normativi pu essere utile anche per la prognosi,
specialmente nei casi in cui i sintomi persistono ma le immagini radiologiche del cervello
sono normali.
Nei casi di concussione, in aggiunta ai sintomi fisici (mal di testa e astenia) e ai deficit
cognitivi (difficolt di concentrazione, disturbi di memoria e delle funzioni esecutive) ci
possono essere complicazioni di carattere psichiatrico (ansia, irritabilit, depressione). La
maggior parte degli studi sui traumi nello sport si focalizzata sugli aspetti fisici e
cognitivi, mentre la dimensione psichiatrica rimane ancora inesplorata. Chen et al (2008b)
confronta atleti con trauma che lamentano depressione, atleti con trauma che non
lamentano depressione e atleti di controllo sani. Gli atleti con sintomi di depressione hanno
un pattern di attivazioni funzionali simile a quello osservato con fMRI nei pazienti
psichiatrici che soffrono di depressione grave, suggerendo che la depressione che segue ad
un trauma nello sport probabilmente condivide gli stesso circuiti neurali coinvolti nella
sindrome depressiva in forma grave.

31

Figura 7. Studi prospettici di fMRI in atleti. A) fMRI prospettica di gruppo di 4 atleti


senza sintomi post-concussivi (PCS). B) fMRI prospettica di gruppo di 8 atleti prima
(baseline) e dopo la concussione (meno si 72 ore) durante un compito di memoria di lavoro.
Si noti la riduzione di attivazione seguente la concussione. C) fMRI prospettica di gruppo
in atleti nei i quali i sintomi post-concussivi sono migliorati (PCS improved) confrontati
con atleti nei quali i sintomi non si sono risolti (PCS not- improved). Modificata da Davis
et al., 2009.

Elettrofisiologia: potenziali evocati e potenziali evento correlati


Mentre lEEG e la magnetoencefalografia (MEG) si sono rivelati poco utili nel misurare
limpatto della concussione sulle funzioni cognitive degli atleti (Davis et al., 2009), sembra
che gli ERP e in particolare la componente P3 siano pi sensibili (Gosselin et al., 2006;
Lavoie et al., 2004; Gaetz et al., 2000; De Beaumont et al., 2007; Dupuis et al., 2000).
Dati recenti relativi a giocatori di hokey e di calcio indicano che le concussioni subite nel
gioco producono deficit a pi di un livello di elaborazione neurale; questi deficit sono

32

marcati da variazioni a carico di numerose componenti ERP (Gosselin et al., 2006) o


limitati alla componente P300 (Lavoie et al., 2004). In particolare gli effetti di
rallentamento e diminuzione di ampiezza della P300, sarebbero di lunga durata, risultando
ancora documentabili a tre anni di distanza dallevento traumatico (De Beaumont et al.,
2007) e addirittura a trenta anni di distanza (De Beaumont et al., 2009).
Ci soffermiamo su questultimo studio che confronta due gruppi (et media: 60 anni)
composti da ex-atleti; il primo gruppo aveva subito concussioni nel corso dellattivit
sportiva, il secondo gruppo non aveva riportato alcun incidente. Il compito (come nella
maggior parte degli studi sopra citati) era un oddball task; i soggetti ascoltano dei suoni e
stanno attenti e segnalano i rari suoni target che vengono presentati fra i molto pi
numerosi suoni non-target; occasionalmente compaiono anche dei suoni nuovi che non
devono essere segnalati. I due gruppi studiati svolgono il compito con eguali capacit, ma
le componenti P3a e P3b (tipicamente rilevate nel compito oddball) risultano rallentate e
diminuite di ampiezza nel gruppo che aveva subito concussioni. Si deve notare che queste
componenti sono considerate un indicatore clinico di disfunzione cognitiva, ad esempio
sono efficaci per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer. Lalterazione
elettrofisiologica dei concussi era associata a un silenzio corticale pi prolungato rispetto ai
controlli dopo somministrazione di stimolazione magnetica transcranica (questo dato
interpretato come una variazione a carico del sistema inibitorio a mediazione GABA) ed a
rallentamento motorio in un compito di movimento rapido alterante (interpretabile come un
sintomo di bradicinesia). Lo studio dice chiaramente che le concussioni subite hanno
conseguenze croniche sul sistema, visibili a distanza di trenta anni.
Uno studio del nostro gruppo (Di Russo & Spinelli, 2009) ha considerato pugili
professionisti, utilizzando il compito Go/No-Go descritto sopra. Questo tipo di compito
stato molto utilizzato in neuropsicologia per valutare la presenza di deficit funzionali in
pazienti con lesioni cerebrali (si veda ad esempio, Zimmermann & Fimm, 2002).
Simultaneamente alla registrazione elettrofisiologica, abbiamo registrato laccuratezza e la
velocit (RT) con cui i diversi soggetti svolgevano il compito. Riguardo agli RT si analizza
sia la variabilit intra-individuale (che fornisce una indicazione sulla stabilit del

33

comportamento individuale) sia lanalisi dello switch cost (costo di cambiamento, ovvero
la diminuzione della velocit di risposta presente quando, invece che ripetere sempre la
stessa azione, si passa ad una azione differente). A livello comportamentale i pugili hanno
uno switch cost pi elevato dei controlli e anche la stabilit del comportamento inferiore
alla norma.

A livello elettrofisiologico, si osserva un notevole rallentamento della

componente P300 rispetto alla norma (Figura 8a). Vogliamo sottolineare un dato
interessante: c una correlazione positiva fra la quantit di allenamento e il ritardo della
P300 nelle condizioni di inibizione (Figura 8b). Questo risultato suggerisce che i ripetuti
colpi alla testa ricevuti dai pugili possano produrre dei disturbi a livello del controllo
inibitorio del comportamento.
Segnaliamo che questo approccio molto sensibile: gli studi eletrofisiologici precedenti sui
pugili erano risultati poco conclusivi. McLatchie et al. (1987) aveva trovato anormalit
nellEEG in una piccola quota dei pugili studiati; Breton et al. (1991) confrontando ERP
prima e dopo il combattimento non avevano riscontrato anormalit nellattenzione o nella
capacit di detezione di stimoli, anche se era presente dopo il combattimento un leggero
deficit nella reazione di orientamento verso gli stimuli presentati allorecchio destro, un
fenomeno messo in relazione con il maggior numero di colpi ricevuto sulla parte sinistra
del capo.

34

Figura 8. a) Latenza della P3 nelle prove No-Go confrontata con la latenza della stessa
componente nelle prove Go. b) Correlazione fra la quantit di allenamento e il ritardo
della P3 nelle condizioni di inibizione nei pugili (modificata da Di Russo e Spinelli 2009).

35

Conclusioni e Prospettive
Le moderne tecniche dindagine elettrofisiologiche e di neuroimmagine hanno dato un
notevole contributo alle neuroscienze dello sport, offrendo evidenze della plasticit del
cervello umano allesperienza fatta nel corso della pratica sportiva.
Il cervello dellatleta si adatta alle richieste dello sport in modo da rendere pi efficiente ed
economica la preparazione e lesecuzione dellazione da una parte, dallaltra aumentando le
risorse destinate a compiti sensoriali e cognitivi per analizzare al meglio lambiente
circostante e controllare pi efficacemente la selezione delle risposte appropriate agli
stimoli.
Considerando che le abilit sensoriali, motorie e cognitive richieste dai diversi sport sono
drasticamente differenti, il confronto dei cervelli di atleti di diverse discipline sportive
particolarmente interessante; per il momento si sono colte le differenze pi evidenti: quelle
fra atleti di sport open skill vs closed skill. In prospettiva, paradigmi di studio pi raffinati e
pi specifici, con il supporto delle tecniche a disposizione, potranno rivelare la specificit
della plasticit cerebrale indotta dallo sport, esaminando la correlazione tra comportamenti
e strutture corticali, valutando gli effetti dellintensit o la durata dellallenamento. Inoltre
studi longitudinali su singoli atleti nel corso della carriera potrebbero rendere esplicita
linfluenza sul cervello individuale dellallenamento a lungo termine.
Abbiamo concluso la rassegna trattando dei rischi dello sport per il cervello. La
concussione un problema serio in molte discipline sportive quali rugby, calcio, baseball,
pugilato, hockey e di recente stato oggetto di numerosi studi. Un obiettivo importante
nella ricerca sulla concussione sviluppare approcci metodologici adeguati e mettere a
punto indicatori oggettivi per quantificare e valutare le conseguenze neurali della
concussione. Gli indici neurali della disfunzione cognitiva e motoria associati alla
concussione potranno fornire elementi per consentire allatleta di decidere se e quando
ritornare a giocare. Si potrebbero sviluppare metodi specifici di riabilitazione
neuropsicologica e, per valutare il recupero da concussione, studi longitudinali
elettrofisiologici e di neuroimagine potrebbero fornire informazioni complementari ai dati

36

comportamentali. Complessivamente, la rassegna degli studi sulla concussione nello sport


suggerisce la necessit di aumentare la cautela (uso di caschi ed altri elementi di
protezione) in attivit sportive a rischio di ripetute concussioni.

37

Bibliografia
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