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 15/21 febbraio 2019 • Numero 1294 • Anno 26
“Cambiare i confini non è mai una grande idea”

Sommario Ivan Krastev a pagIna 23

In copertIna
La settimana
15/21 febbraio 2019 n. 1294 • anno 26 internazionale.it 4,00 €
Ogni settimana Ivan Krastev Nicaragua Visti dagli altri
il meglio dei giornali Se l’Unione europea La rivolta contro Ortega L’amicizia difficile
di tutto il mondo dimentica i Balcani va in esilio tra Italia e Francia

Cos’è davvero il populismo

roulette I movimenti e i leader populisti si stanno affermando in tutto il
mondo. Sfruttano le crepe che si aprono nella democrazia liberale
quando questa non riesce a realizzare in modo pieno e stabile le
Cos’è
davvero
il populismo
Il dibattito sul populismo
promesse fatte ai cittadini (p. 36). Immagine di Lincoln Agnew
(Marlena Agency)
è cruciale per capire
che idea abbiamo della
democrazia

Giovanni De Mauro
Per molti è stato uno choc, per altri un statI unItI Iran scIenza
déjà-vu. la crisi tra Italia e Francia (paesi 16 La crisi 50 Un anniversario 94 Sessismo
con una lunga storia di liaisons, non venezuelana difficile scientifico
sempre dangereuses) è scoppiata dopo la preoccupa Cuba per gli iraniani New Scientist
visita di luigi Di maio e Alessandro Miami Herald Al Jazeera
Di Battista ai leader dei gilet gialli, ma si 18 Le armi 52 Cosa resta economIa
e Lavoro
negli Stati Uniti della rivoluzione
trascina da mesi in un tour de force di 99 Più stato
battute e insulti, cliché e calembour. un anno dopo L’Orient-Le Jour
nell’economia
riguarda diversi dossier con un solo fil Parkland
nIgerIa
per difendersi
rouge: la ricerca di un nemico, ça va sans Ap
54 Il successo dalla Cina
dire. matteo Salvini è l’enfant terrible di del riso Le Monde
europa
ogni bagarre, anche sdraiato su un sofa 20 La Finlandia Neue Zürcher Zeitung
twitta à gogo con grande nonchalance fa i conti con
accompagnando il suo partito in un
cultura
il reddito di base L’europa
crescendo di exploit. Di maio invece non aL voto 80 Cinema, libri,
Helsingin Sanomat
ha il physique du rôle, sembra sempre un 59 Romania musica, arte
22 Se l’Unione
Razpotja,
parvenu a volte un po’ naïf. E ha trovato europea
l’escamotage degli attacchi alla Francia Recorder Le opinioni
dimentica
per uscire dall’impasse e coprire la i Balcani 12 Domenico
portfoLIo
débâcle. ma se il premier Giuseppe Starnone
The New York Times 66 I reami
Conte, da tutti considerato poco più che
privati 34 Rami Khouri
una mascotte, ha deciso di far prevalere afrIca e medIo Deana Lawson 82 Goffredo Fofi
il laissez-faire, gli interventi del orIente
presidente della repubblica Sergio 26 Khalifa Haftar rItrattI
84 Giuliano Milani
dà l’assalto 86 Pier Andrea Canei
mattarella sono diventati una routine. 72 Wang Suzhong.
Da habitué della politica qual è, con il suo alla Libia Nudo alla meta
aplomb senza nuance cerca di rimediare meridionale Sixth Tone Le rubriche
alle gaffe dei due vicepremier e del loro The Arab Weekly
12 Posta
entourage. oggi i leader del passato ci vIaggI
15 Editoriali
sembrano vintage ma, chapeau, avevano
asIa e pacIfIco 74 Comodità
28 La Thailandia gelata 103 Strisce
solide équipe. E il ballon d’essai di matteo
verso il voto The Saturday 105 L’oroscopo
renzi si è rivelato per quel che era,
tra dubbi Evening Post 106 L’ultima
semplice maquillage su un pot-pourri
e colpi di scena
senza charme: si è sgonfiato come un
Asia News Network graphIc
soufflé e ha ridotto la sinistra a un journaLIsm
souvenir. Adesso tutti aspettano un coup Articoli in formato
vIstI dagLI aLtrI 76 Cartoline mp3 per gli abbonati
de théâtre, l’arrivo di un enfant prodige, 30 L’amicizia dall’Indonesia
o di una femme fatale, che abbia un complicata Karina Tungari
internazionale.it/sommario

minimo di savoir-faire e sappia andare al tra Italia e Francia

rendez-vous delle elezioni europee Le Monde LIbrI
evitando, se possibile, una colossale 78 A ognuno
défaillance. ma la trama somiglia sempre nIcaragua il suo dolore
di più a quella di un noir. E molti si 44 La rivolta The Guardian
contro Ortega
ht: SImonE rovEllInI

sentono in un cul-de-sac. o come al

casinò, quando al tavolo della roulette il va in esilio pop

croupier fa girare la pallina e annuncia, El Faro 90 I tesori

Internazionale pubblica in
del mercatino
con tono per niente frou-frou: “les jeux esclusiva per l’Italia gli articoli
Nick Hornby
sont faits, rien ne va plus”. u dell’Economist.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 5

Immagini
Vietato l’ingresso
Cúcuta, Colombia
6 febbraio 2019

Il ponte internazionale Las Tienditas,

che segna il confine tra le città di Cúcuta
in Colombia e di Táchira in Venezuela, è
bloccato dai container dell’esercito ve-
nezuelano. L’obiettivo è impedire ai pri-
mi aiuti umanitari inviati dagli Stati Uni-
ti di entrare nel paese. Secondo il presi-
dente socialista Nicolás Maduro, gli
aiuti sono un mezzo di Washington “per
creare una crisi umanitaria e giustificare
un intervento militare in Venezuela”. Il
governo di Donald Trump appoggia il
leader dell’opposizione venezuelana
Juan Guaidó, che il 23 gennaio si è pro-
clamato presidente ad interim del paese
e ha ricevuto il sostegno di molti paesi
latinoamericani ed europei. Foto di
Edinson Estupinan (Afp/Getty Images)
Immagini
Protesta continua
Port-au-Prince, Haiti
9 febbraio 2019
Una donna piange accanto al figlio mor-
to durante gli scontri tra manifestanti e
polizia. Dal 6 febbraio migliaia di haitia-
ni scendono in piazza nella capitale e in
altre città del paese per chiedere le di-
missioni del presidente Jovenel Moïse,
al governo dal 2017. Moïse è accusato,
insieme al precedente governo, dell’uso
improprio dei fondi provenienti dal pro-
gramma venezuelano Petrocaribe, con
cui Caracas vendeva petrolio a prezzi
ridotti ad Haiti e ad altri paesi dell’Ame-
rica Centrale. Nelle proteste di questi
ultimi giorni sono morte almeno quattro
persone. Foto di Hector Retamal (Afp/
Getty Images)
Immagini
Tragici abusi
Istanbul, Turchia
6 febbraio 2019

Soccorritori al lavoro tra le macerie del

palazzo crollato nel quartiere di Kartal,
nella parte asiatica di Istanbul, in cui so-
no morte almeno 21 persone. Secondo la
stampa turca tre dei sette piani del pa-
lazzo erano stati aggiunti abusivamente.
Le autorità hanno ordinato la demoli-
zione di altri otto edifici irregolari nel
quartiere. Il crollo ha riacceso le polemi-
che sull’amnistia per i responsabili di
abusi edilizi concessa dal governo nel
2018. Foto di Yunus Emre Gunaydin (Ana-
dolu Agency/Getty Images)
Posta@internazionale.it
Fidanzato meridionale
u Sono rimasta sgradevol-
mente colpita dal tentativo
mal riuscito di ironizzare sui
meridionali nelle Regole (In-
ternazionale 1292). Ho sem-
pre pensato che questo gior-
nale sia impegnato a combat-
tere le espressioni razziste e
mi è dispiaciuto constatare
che in questo caso abbia la-
sciato spazio a un’infelice ri-
produzione stereotipata di
una presunta identità meri-
dionale, fondata su pacchi di
mozzarelle e polpette della
nonna. Non ho apprezzato il
suggerimento della legittima-
zione dell’uso della parola ter-
rone, a patto che avvenga alle
nostre spalle. So cosa signifi-
ca essere chiamata così, e ve-
dere con quanta leggerezza
questa parola sia stata sdoga-
nata mi ha rimandato a ricor-
di molto infelici. Inoltre non
ho capito il richiamo ai gioiel-
li, tra i tanti stereotipi questo
mi sarà sfuggito. Ma, soprat-
tutto, affermare che cono-
sciamo meglio Milano delle
nostre città d’origine equivale
ad affermare che siamo tutti
Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli
Superare il livello
Nostra figlia di otto anni va
matta per i videogiochi ma
noi non vogliamo comprar-
glieli. Le stiamo impeden-
do di vivere la sua epoca?
–Gina
Per rispondere bisognerebbe
sapere se i videogiochi fanno
bene o male allo sviluppo psi-
cologico dei ragazzini. Ma pur-
troppo la risposta non c’è. I vi-
deogiochi offrono una gamma
di esperienze così vasta che
non è possibile arrivare a con-
clusioni generali sui loro effet-
ti, e il progresso della tecnolo-
gia è troppo veloce per per-
mettere ai ricercatori di fare
12 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2018
emigranti. Questo punto lo
aveva già ben sottolineato
Massimo Troisi nel lontano
1981. In un momento come
questo non è tollerabile dare
spazio a queste narrazioni,
perché non fanno altro che
rinsaldare stereotipi di cui
semmai dovremmo liberarci.
Abbiamo bisogno di decostru-
ire decenni di discorsi razzisti
sulla pelle dei meridionali,
non ci serve l’ironia vuota e di
cattivo gusto che non fa ridere
e non porta a nessun tipo di
discussione critica sull’argo-
mento.
Maria Mercone
L’Italia deve fare i conti
con il suo colonialismo
u L’articolo di Igiaba Scego su
Le Monde (Internazionale
1293) mi sembra rispecchi so-
lo in parte la verità. Ho letto
molti articoli sul ruolo nefasto
dell’Italia colonialista in Afri-
ca. Molto di più si potrebbe fa-
re effettivamente nei testi sco-
lastici e nei libri di storia. Però
la polemica che si è scatenata
tra l’Italia e la Francia riguar-
da il presunto neocoloniali-
studi a lungo termine. Di certo
non è vero che tutti i videogio-
chi mandano in pappa il cer-
vello di un bambino, come
tendiamo a pensare noi della
generazione Pac–Man. Tanner
Higgins, esperto dell’uso delle
tecnologie per l’apprendimen-
to, ritiene che circa il 40 per
cento dei videogiochi in circo-
lazione abbia un valore educa-
tivo, in particolare “quelli che
applicano tecniche di appren-
dimento diverse dall’insegna-
mento tradizionale e richiedo-
no un ragionamento concet-
tuale e creativo”. Tra le carat-
teristiche che favorirebbero
l’attività cerebrale, Higgins ci-
smo di quest’ultima, cioè esi-
ste un nuovo colonialismo?
Fabio Marcotto
Errata corrige
u Su Internazionale 1293, a
pagina 27, i leader separatisti
catalani sono in carcere dal
2017 e non dal 2018 ; a pagina
40 si parla di Partito popolare
cinese anziché di Partito co-
munista cinese; nel box di ci-
nema a pagina 84 il Sundance
film festival si tiene nello Utah
e non in Colorado; a pagina
60 il sondaggio sulle intenzio-
ni di voto dei portoghesi è del
gennaio 2019.
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YouTube.com/internazionale
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ta la collaborazione con altri
giocatori online, le sfide che
permettono la sperimentazio-
ne e l’errore (invece di un per-
sonaggio che muore subito,
per esempio) e quelle che pre-
miano un risultato con l’avan-
zamento di livello. Al di là del-
la teoria, ti consiglio anche un
approccio pratico: fatti una
partita con tua figlia. Lo scorso
weekend ho giocato al video-
gioco preferito di mio figlio e
ho passato mezz’ora sotto for-
ma di seppia a far scoppiare
palloncini. È stata un’espe-
rienza illuminante.
daddy@internazionale.it
Parole
Domenico Starnone
Il bello
di Salvini
u Quanto tempo ci vuole per
convincersi che il brutto,
quando è vincente, è il bello;
che il peggio, quando s’impo-
ne, è il meglio? Siamo già sulla
strada buona. Specialmente in
televisione le mezze frasi di
stima per Salvini abbondano
da tempo: lui, sebbene pessi-
mo, è abilissimo; lui ha un per-
sonale politico efficiente; lui,
anche se non ci piace, ha un
disegno. Ma ora c’è qualcosa
in più. Dopo le elezioni abruz-
zesi, si è goduto per la frana
dei cinquestelle molto più di
quanto ci si è allarmati per il
trionfo fascioleghista. L’idea è
che, mentre i confusionari
pentastellati confondono le
idee al cittadino, Salvini sa
qual è il posto suo e quello del
suo elettorato. Quindi spazza-
re via i cinquestelle è molto
più urgente che bloccare
l’espansione salviniana. Se lo-
ro restituiranno i voti maltolti
alla destra, alla sinistra,
all’astensionismo, non si tor-
nerà forse al più ordinato duel-
lo tra centrodestra e centrosi-
nistra? Può darsi. Ma se davve-
ro Salvini è l’apprezzato strate-
ga di cui si dice, il mal connes-
so, rissoso, in gran parte im-
maginario centrosinistra – più
centro che sinistra – si troverà
di fronte, dopo una lunga atte-
sa, non il centrodestra vecchio
stile ma una destra robusta
che sempre più si fa stradestra.
E intanto il capo leghista sarà
diventato così forte da spac-
ciare ancor più con successo il
brutto che rappresenta per il
bello, il peggio che prepara per
il meglio.
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Editoriali

Il processo che divide la Spagna

“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,
di quante se ne sognano nella vostra filosofia”
William Shakespeare, Amleto
Direttore Giovanni De Mauro
El Periódico de Catalunya, Spagna
Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen,
Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini
Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele Tra grandi aspettative, in Spagna è cominciato il tati. Per ora la maggior parte dei difensori sem­
Cassandro (cultura), Carlo Ciurlo (viaggi, visti
dagli altri), Gabriele Crescente (Europa), Camilla processo più importante dal ritorno della demo­ bra propendere per l’approccio politico, denun­
Desideri (America Latina), Simon Dunaway
(attualità), Francesca Gnetti (Medio Oriente), crazia. Un processo che simboleggia il fallimento ciando la violazione dei diritti fondamentali.
Alessandro Lubello (economia), Alessio
Marchionna (Stati Uniti), Andrea Pipino della politica, perché la crisi istituzionale aperta Secondo molti esperti è la strada più rischiosa,
(Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao
(Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura, dall’indipendentismo catalano avrebbe dovuto considerando le pene durissime previste e il fatto
caposervizio)
Copy editor Giovanna Chioini (web, essere affrontata con strumenti politici, e non in che le accuse più gravi si basano sulla discutibile
caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco
Romano (coordinamento, caporedattore), tribunale. Negli ultimi anni la politica ha fallito tesi del ricorso alla violenza.
Giulia Zoli
Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa clamorosamente. Questo disastro ha molti re­ Gli accusati non negano di aver sfidato le au­
Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web)
Impaginazione Pasquale Cavorsi (caposervizio), sponsabili, e ora tocca alla corte suprema decide­ torità. È innegabile che il referendum del 2017 e
Marta Russo
Web Annalisa Camilli, Andrea Fiorito, Stefania re se i membri del precedente governo catalano e la dichiarazione d’indipendenza abbiano rap­
Mascetti (caposervizio), Martina Recchiuti
(caposervizio), Giuseppe Rizzo, Giulia Testa i leader di due associazioni indipendentiste han­ presentato una rottura dell’ordine costituziona­
Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli,
Alberto Emiletti no commesso i reati di sedizione, ribellione e le. Stabilire fino a che punto questa rottura rientri
Segreteria Teresa Censini, Monica Paolucci,
Angelo Sellitto Correzione di bozze Sara malversazione, che prevedono pene molto dure. nel reato di ribellione e sedizione definito dal
Esposito, Lulli Bertini Traduzioni I traduttori
sono indicati dalla sigla alla fine degli articoli. Nella prima seduta del processo le difese si codice penale è l’essenza del processo. Una dife­
Giuseppina Cavallo, Stefania De Franco,
Francesco De Lellis, Andrea De Ritis, Federico sono lanciate all’attacco. Rivolgendosi implici­ sa politica è coerente con la strategia indipen­
Ferrone, Susanna Karasz, Giusy Muzzopappa,
Francesca Rossetti, Andrea Sparacino, Mihaela tamente alla Corte europea dei diritti umani, dentista di presentare il processo come una far­
Topala, Bruna Tortorella, Nicola Vincenzoni,
Stefano Viviani Stogl Disegni Anna Keen. I alcuni avvocati hanno subito chiarito di voler sa, una vendetta dello stato contro il precedente
ritratti dei columnist sono di Scott Menchin
Progetto grafico Mark Porter Hanno adottare la linea politica: esiste una questione governo catalano. Ma non è questo il caso: la
collaborato Gian Paolo Accardo, Cecilia
Attanasio Ghezzi, Gabriele Battaglia, Francesco catalana a cui dev’essere permesso di esprimer­ Spagna è uno stato di diritto con un sistema giu­
Boille, Catherine Cornet, Sergio Fant, Anita
Joshi, Fabio Pusterla, Alberto Riva, Andreana si. Altri hanno preferito negare le accuse. La diziario garantista, che difende i diritti fonda­
Saint Amour, Francesca Spinelli, Laura Tonon,
Lorenzo Trombetta, Guido Vitiello, Marco Zappa scelta tra queste due strategie non è facile, per­ mentali. Il processo è appena cominciato, e il
Editore Internazionale spa
Consiglio di amministrazione Brunetto Tini ché da essa può dipendere il destino degli impu­ verdetto non è ancora scritto. u as
(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot
(vicepresidente), Alessandro Spaventa
(amministratore delegato), Giancarlo Abete,
Emanuele Bevilacqua, Giovanni De Mauro,
Giovanni Lo Storto
Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma
Produzione e diffusione Francisco Vilalta

Meglio parlare di soldi

Amministrazione Tommasa Palumbo,
Arianna Castelli, Alessia Salvitti
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Marco D’Eramo per Internazionale
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Commons Attribuzione - Non commerciale -
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“Siamo alla deriva. Il tiro da tre è populista. Alzia­ Soldi, questa parola oscena, pornografica. Finché
Significa che può essere riprodotto a patto di
citare Internazionale, di non usarlo per fini
mo i canestri”, dice l’allenatore di basket Valerio non si parla di ridistribuire i soldi, possiamo gri­
commerciali e di condividerlo con la stessa
licenza. Per questioni di diritti non possiamo
Bianchini alla Repubblica. A riprova che, nell’uso dare al populista quanto vogliamo, ma difficil­
applicare questa licenza agli articoli che
compriamo dai giornali stranieri.
e abuso del termine “populismo”, già da tempo è mente saremo ascoltati. Un ottimo esempio è la
Info: posta@internazionale.it stata varcata la soglia del ridicolo. Nella categoria reazione di Confindustria al reddito di cittadi­
populista rientrano non solo nazionalisti, razzisti, nanza: 780 euro al mese sono un disincentivo al
Registrazione tribunale di Roma
n. 433 del 4 ottobre 1993
fascisti e tiranni come Marine Le Pen, Viktor Or­ lavoro, perché lo stipendio mediano dei giovani
Direttore responsabile Giovanni De Mauro
Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì
bán, Matteo Salvini e Recep Tayyip Erdoğan, ma sotto i trent’anni è di 830 euro al mese (mediano,
13 febbraio 2019
Pubblicazione a stampa ISSN 1122­2832 anche papa Francesco, il sociologo Pierre Bour­ non medio: vuol dire che metà dei giovani guada­
Pubblicazione online ISSN 2499­1600
dieu, il mite Bernie Sanders, il cauto Alexis gna meno). Per i non laureati del sud questa cifra
PER ABBONARSI E PER
INFORMAZIONI SUL PROPRIO
Tsipras, per non parlare di Pablo Iglesias, Jean­ scende a 700 euro al mese.
ABBONAMENTO Luc Mélenchon, Jeremy Corbyn, il movimento È proprio questo lo scandalo: 700 euro al me­
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al galateo politico: i populisti si mettono, per così per alzare il salario minimo, per esempio a 1.200
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dire, le dita nel naso. Questo termine è diventato euro al mese, non sarebbe un magnifico tiro da
semplicemente un insulto da affibbiare agli av­ tre? Un canestro di civiltà? u
versari. Ma sembra anche un modo per non en­
trare nel merito, per non parlare di soldi, dei soldi Marco D'Eramo è un giornalista e scrittore ita-
che non ci sono, che finiscono troppo presto, i sol­ liano. Il suo ultimo libro è Il selfie del mondo. In­
di che quando mancano fanno diventare cattivi. dagine sull'età del turismo (Feltrinelli 2017).

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 15

Americhe
La crisi venezuelana
preoccupa Cuba
Nora Gámez Torres, Miami Herald, Stati Uniti
Se il governo del presidente Cuba, ottobre 2018. Un graffito all’Avana
venezuelano Nicolás Maduro
cadesse, le ripercussioni
economiche sarebbero forti
soprattutto all’Avana. Che
dipende dagli aiuti di Caracas

al 23 gennaio, quando il presi-

D dente del parlamento venezue-

lano Juan Guaidó si è proclama-
YAMIL LAGE (AFP/GETTY IMAGES)

to presidente ad interim del Ve-

nezuela, il governo cubano non ha dato se-
gno di voler togliere il suo appoggio al pre-
sidente socialista Nicolás Maduro. L’Avana
ha i suoi buoni motivi: secondo i maggiori
economisti dell’isola, se Maduro fosse de-
stituito Cuba potrebbe precipitare in una
nuova crisi economica. L’Avana, dice l’eco-
nomista Carmelo Mesa Lago, sta truccan-
do le cifre per nascondere una crisi già in
corso e la perdita dei sussidi venezuelani
peggiorerebbe la situazione.
Senza l’aiuto di Caracas, l’isola potreb-
be perdere dal 10 al 12 per cento del suo pil.
Nel 2017, l’ultimo anno per cui ci sono dati
disponibili, il Venezuela è stato il principale
partner commerciale di Cuba. “La maggior
parte dei combustibili che arrivano a Cuba
è fornita dal governo di Maduro. Ma ancora
più importanti sono le condizioni a cui
L’Avana l’ottiene, a un prezzo diverso da
quello del mercato mondiale”, dice Omar
Everleny Pérez, ex docente del Centro stu-
di sull’economia cubana dell’Avana.
Uno sguardo al Messico
In base a un accordo firmato dagli ex presi-
denti Fidel Castro e Hugo Chávez, L’Avana
ottiene il petrolio venezuelano a prezzo
sussidiato in cambio di servizi medici e far-
maci. Al culmine dell’accordo, Cuba rice-
veva centomila barili di greggio al giorno,
ma negli ultimi anni la quantità si è dimez-
zata perché la produzione di petrolio è mol-
to diminuita. Secondo Pavel Vidal, che in-
segna all’Universidad Javeriana in Colom-
bia, dal 2012 al 2017 le importazioni dal
Venezuela (soprattutto di greggio) sono ca-
late di 4,5 miliardi di dollari, mentre le
esportazioni (soprattutto di servizi medici)
sono scese di un miliardo e mezzo. Questo
indica che per Cuba la fine dell’assistenza
venezuelana non avrebbe lo stesso impatto
devastante del crollo dell’Unione Sovietica
negli anni novanta. Oggi l’isola può contare
su più investimenti stranieri, sui proventi
del turismo e sulle rimesse dei cubani che
vivono all’estero. Tuttavia il contraccolpo
sarebbe comunque forte: L’Avana dovreb-
be comprare il greggio al prezzo di mercato
oppure stringere accordi con la Russia, l’Al-
geria o il Messico.
Nel 2017 Mosca ha inviato a Cuba
200mila tonnellate di greggio e gasolio,
che secondo gli analisti sono stati pagati
dalla società petrolifera statale venezuela-
na Pdvsa. Le autorità russe hanno già detto
che per le prossime spedizioni vogliono la
garanzia di una fonte di finanziamento si-
cura. Secondo Everleny, un nuovo fornito-
re di petrolio per Cuba potrebbe essere il
Messico del presidente Andrés Manuel
López Obrador, ma né la Russia né il Mes-
sico sembrano disposti a garantire all’Ava-
na gli ingenti sussidi offerti un tempo da
Caracas. Secondo gli economisti intervi-
stati le strategie usate finora da Cuba per
compensare la riduzione dei sussidi vene-
zuelani – tagliare le importazioni e puntare
sulla crescita del turismo e del settore pri-
vato – non sarebbero sufficienti se i sussidi
sparissero del tutto.
Nel 2018 il settore privato si è ridotto e
l’isola non ha raggiunto l’obiettivo di cin-
que milioni di turisti. Alla fine dell’anno il
governo ha perso anche le entrate del per-
sonale medico che lavorava in Brasile, il
prezzo dello zucchero è sceso, la produzio-
ne alimentare è stagnante e ci sono tensio-
ni con gli Stati Uniti, che minacciano d’im-
porre ulteriori sanzioni se Cuba continuerà
ad appoggiare Maduro.
Secondo Mesa Lago, perdere il soste-
gno venezuelano potrebbe influire sulla
restituzione del debito estero, rinegoziato
dall’ex presidente Raúl Castro con il Club
di Parigi e la Russia. Anche le importazioni
cubane diminuirebbero a causa della man-
canza di valuta forte, provocando un calo
della produzione interna e dei consumi.
“La cosa preoccupante è che molte fami-
glie dipendono dagli stipendi e dalle pen-
sioni statali, che non sono in grado di sop-
portare ulteriori tagli, anche se inferiori a
quelli degli anni novanta”, dice Vidal. u bt

16 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 Americhe
Un sostenitore della National rifle association a Dallas, maggio 2018
LorEN ELLIoTT (AFP/GETTy IMAGES)
Le armi negli Stati Uniti
un anno dopo Parkland
Lisa Marie Pane, Associated Press, Stati Uniti
La strage in un liceo della
Florida, in cui morirono
diciassette persone, ha
cambiato l’opinione pubblica e
l’atteggiamento di molti politici
sulla violenza causata dalle armi
passato un anno dalla strage nel li-
È ceo Marjory Stoneman Douglas di
Parkland, in Florida, in cui moriro-
no diciassette persone. In questo
periodo gli studenti si sono organizzati
dando vita a un nuovo attivismo contro la
violenza delle armi e hanno preparato il ter-
reno per un cambiamento significativo su
questo tema. Non si sono limitati a scende-
re in piazza ma hanno cercato di promuo-
vere la registrazione dei giovani nelle liste
elettorali. Anche i candidati hanno preso
coraggio. In molti hanno affrontato il tema
delle violenza causata dalle armi in vista
delle elezioni di metà mandato e sono stati
premiati sconfiggendo rappresentanti in
carica sostenuti dalla National rifle asso-
ciation (Nra), la più importante lobby delle
armi. Questa spinta ha aiutato i democrati-
ci a riprendere il controllo della camera.
18 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
“Siamo di fronte a un cambiamento
epocale nella politica sulle armi”, sostiene
Peter Ambler, direttore di Giffords, orga-
nizzazione per la prevenzione della violen-
za delle armi fondata dall’ex parlamentare
Gabrielle Giffords. Queste persone “sono
state elette non nonostante la loro richiesta
di leggi più severe sul possesso di armi, ma
proprio grazie alle loro richieste. Hanno
trasformato questa causa nel fulcro del loro
messaggio elettorale”.
I problemi dell’Nra
Il panorama politico ha cominciato a cam-
biare pochi giorni dopo la strage di
Parkland. A livello statale sono state appro-
vate delle misure per rafforzare i controlli
sulla vendita di armi, tra cui l’aumento
dell’età minima per comprare un’arma e
del periodo d’attesa per ottenerla. Il nume-
ro di stati dove sono in vigore le cosiddette
leggi bollino rosso – quelle che permettono
la confisca temporanea delle armi a perso-
ne che sono considerate pericolose per la
sicurezza pubblica – è raddoppiato.
A livello federale, per la prima volta nel-
la storia, i gruppi che si battono per il con-
trollo delle armi hanno speso più soldi
dell’Nra per sostenere i candidati alle ele-
zioni di metà mandato del 2018. E all’inizio
di febbraio i democratici hanno fatto una
serie di proposte di legge per rendere più
efficaci i controlli sui precedenti dei com-
pratori. Non era mai successo negli ultimi
dieci anni.
La strage di Parkland è avvenuta pochi
mesi dopo altre due tragedie: l’attacco a un
concerto a Las Vegas in cui morirono 59
persone, e il massacro di 25 fedeli in una
chiesa a Sutherland Springs, in Texas.
Sull’onda di questi eventi traumatici l’in-
fluenza dell’Nra si è ridotta. Trump ha
chiesto al dipartimento di giustizia di vie-
tare i bump stock, dispositivi che modifica-
no i fucili per trasformarli in armi automa-
tiche (illegali negli Stati Uniti). Inoltre
l’Nra è stata boicottata da molte grandi
aziende e società finanziarie, che si sono
rifiutate di fare affari con i produttori di ar-
mi, mentre molte catene di negozi al detta-
glio hanno deciso di rimuovere le armi dai
loro scaffali.
La stessa Nra ha ammesso di avere pro-
blemi finanziari a causa dell’attività dei
gruppi di sinistra, che spendono molti soldi
per fare pressioni per il controllo delle armi.
Ma secondo Adam Winkler, professore di
diritto dell’Università della California a
Los Angeles, l’Nra resta molto potente, co-
me dimostra l’elezione a novembre in Flo-
rida di un governatore sostenuto dall’orga-
nizzazione. Inoltre è molto probabile che le
proposte dei democratici alla camera sa-
ranno ostacolate dal senato, controllato dai
repubblicani. u as
Da sapere
Consenso democratico
u “Nelle primarie del Partito democratico in
vista delle elezioni presidenziali del 2020, per la
prima volta nella storia tutti i principali
candidati saranno a favore di maggiori controlli
sul possesso di armi”, scrive Seth Masket sul
Pacific Standard. Masket spiega che oggi per i
democratici dichiararsi favorevoli al controllo
delle armi non significa perdere voti come in
passato. Al contrario, è un tema su cui puntare
per ottenere la nomination. Questo
cambiamento riflette un nuovo orientamento
dell’opinione pubblica. Secondo il Pew research
center, negli Stati Uniti il 57 per cento degli
adulti (l’80 per cento nel caso dei democratici)
vorrebbe leggi più severe sulle armi. Uno
spostamento confermato dalle elezioni di metà
mandato del 2018, in cui l’80 per cento dei
nuovi eletti democratici aveva nel programma
proposte per limitare la diffusione delle armi.
 Houston, febbraio 2019 Colombia venezuela

aiuti
un fiume quasi a secco in sospeso
Il 12 febbraio, durante una ma-
LoReN eLLIott (Afp/Getty)

Semana, Colombia nifestazione a caracas, il leader

dell’opposizione Juan Guaidó,
“Il 5 febbraio i dirigenti dell’azienda
che si è proclamato presidente
empresas públicas de Medellín (epm) ad interim il 23 gennaio, ha an-
hanno preso una delle decisioni più nunciato che gli aiuti umanitari
difficili da quando è stato avviato il statunitensi, fermi alla frontiera
stati uniti con la colombia, entreranno in
progetto della diga hidroituango, che
Chiesa battista si trova nel dipartimento di Venezuela il 23 febbraio grazie
alla collaborazione di migliaia di
sotto accusa Antioquia”, scrive Semana. hanno
volontari. Lo stesso giorno si è
chiuso la sala macchine e una delle svolta una manifestazione a fa-
“A partire dal 1998 almeno 380 porte della diga, per evitare che il vore del presidente Nicolás Ma-
funzionari e volontari della Sou- continuo flusso dell’acqua erodesse la montagna duro, fermamente contrario a
thern Baptist convention, la più minacciando chi vive nei paesi a valle. “Ma la chiusura ha far entrare gli aiuti “perché sono
importante denominazione pro- uno strumento per autorizzare
avuto un effetto devastante: la portata del fiume cauca,
testante degli Stati Uniti, sono un intervento militare statuni-
stati accusati di abusi e molestie
uno dei principali della colombia, è passata da 650 metri
tense nel paese”. In un’intervi-
sessuali”, rivela un’inchiesta cubi al secondo a meno di quaranta. In poche ore gli
sta alla Bbc, Maduro ha definito
dello Houston Chronicle e del abitanti delle zone lungo il fiume hanno visto prosciugarsi l’amministrazione di Donald
San Antonio Express-News. la fonte e il filo conduttore delle loro vite. L’impatto trump “una gang di estremisti”
“Le vittime totali sarebbero al- ambientale, economico e sociale è enorme: migliaia di e ha escluso di convocare elezio-
meno settecento, molte delle pesci sono già morti e questo ha ripercussioni sul ni presidenziali anticipate.
quali sono state abbandonate
sostentamento di migliaia di pescatori e sulle coltivazioni
dalla loro congregazione. Alcu-
ne sono state costrette a perdo- che dipendono dal cauca”. I primi problemi erano
nare il loro aggressore o ad cominciati ad aprile del 2018, quando avevano ceduto i
abortire”. Secondo i quotidiani tunnel che deviavano l’acqua del fiume. u
almeno 220 degli aggressori so-
NAcho Doce (ReUteRS/coNtRASto)

no stati condannati.
Haiti
stati uniti Port-au-Prince, 7 febbraio 2019
il giudice
dissidente
L’8 febbraio la corte suprema in breve
degli Stati Uniti ha bocciato una Brasile Il 6 febbraio un tribuna-
legge approvata dal parlamento le federale ha condannato l’ex
della Louisiana che avrebbe re- presidente Luiz Inácio Lula da
DIeU NALIo cheRy (Ap/ANSA)

so molto difficile abortire nello Silva (nella foto), già in carcere

stato. “È una decisione impor- da aprile del 2018, a scontare al-
tante anche perché potrebbe es- tri dodici anni per corruzione.
sere la prima di una serie di sen- u L’11 febbraio Ricardo Boe-
tenze della corte suprema su chat, uno dei giornalisti più noti
questo tema”, spiega il Los An- del paese, è morto in un inci-
geles Times. “Molti attivisti te- dente di elicottero a São paulo.
mono che la corte a maggioran-
za repubblicana decida di an-
la rabbia degli haitiani Stati Uniti Il 12 febbraio la giu-
ria di un tribunale di Brooklyn, a
nullare una sentenza del 1973 Dal 7 febbraio migliaia di haitiani manifestano a port-au-prince e in New york, ha riconosciuto il
che sancisce il diritto all’aborto altre città per chiedere le dimissioni del presidente Jovenel Moïse, narcotrafficante messicano Joa-
in tutto il paese”. Nel caso della accusato dall’opposizione di corruzione e di essere responsabile quín Guzmán Loera, detto el
Louisiana il giudice conservato- della grave crisi economica del paese. Negli scontri con la polizia so- chapo, colpevole di tutti i capi
re John G. Roberts Jr si è schiera- no morte almeno quattro persone. Ad haiti più del 60 per cento del- di accusa. La sentenza sarà an-
to con l’ala progressista. la popolazione vive con meno di due dollari al giorno. u nunciata a giugno.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 19

 Europa
Oulu, Finlandia
JaNNe KöRKKö (The New YORK TImeS/CONTRaSTO)
La Finlandia fa i conti
con il reddito di base
Anni Lassila, Helsingin Sanomat, Finlandia
L’esperimento che aveva attirato
l’attenzione di tutto il mondo si è
concluso. I risultati preliminari
indicano che il sussidio non ha
stimolato l’occupazione, ma ha
aumentato il benessere
all’esperimento sul reddito di
D base la Finlandia sembra aver
ricavato soprattutto pubblicità
positiva all’estero, perché i risul-
tati dell’iniziativa appaiono deludenti. Da
un’analisi preliminare della sperimentazio-
ne condotta tra il 2017 e il 2018, in cui due-
mila persone scelte a caso hanno ricevuto
560 euro al mese, sembrerebbe che il reddi-
to di base non abbia influenzato l’occupa-
zione né in un senso né in un altro. Rispetto
al gruppo di controllo, però, i beneficiari
hanno manifestato un miglioramento in
termini di salute e di qualità della vita e si
sono dimostrati più ottimisti.
Il direttore del progetto Olli Kangas ha
sottolineato che non si possono ancora trar-
re conclusioni definitive. I ricercatori hanno
potuto analizzare solo i dati relativi al primo
anno dell’esperimento. È possibile quindi
20 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
che i beneficiari abbiano reagito lentamen-
te e che l’occupazione sia cresciuta solo nel
secondo anno. Inoltre i risultati del sondag-
gio sui partecipanti non sono ancora stati
analizzati completamente.
In ogni caso, il fatto che il reddito di ba-
se non abbia influito sull’occupazione è
interessante. In teoria avrebbe dovuto in-
centivarla, perché un eventuale reddito da
lavoro non incideva sul sussidio: il destina-
tario poteva riceverlo a prescindere da
quanto guadagnava. Secondo il coordina-
tore della ricerca Ohto Kanninen, l’esperi-
mento sembra confermare le osservazioni
emerse da studi precedenti, secondo cui
gli incentivi economici non funzionano
con i disoccupati di lungo periodo, che co-
stituivano la maggioranza dei partecipanti
all’esperimento. In questo gruppo di per-
sone che hanno difficoltà a trovare un im-
piego, l’occupazione non sembrerebbe di-
pendere dal fatto di essere economica-
mente vantaggiosa.
D’altra parte, il reddito di base può an-
che incoraggiare un atteggiamento passivo,
perché il beneficiario non ha bisogno di
partecipare ai programmi che potrebbero
aiutarlo a trovare un lavoro: può tranquilla-
mente rimanere disoccupato. È proprio
questo l’argomento principale usato dai de-
trattori del reddito di base. Il sostegno eco-
nomico può finire per isolare ancor più i
suoi beneficiari dal resto della società e dai
programmi contro l’esclusione sociale.
Immagine distorta
Dal sondaggio rivolto ai partecipanti
all’esperimento è emerso comunque un
quadro positivo. Rispetto al gruppo di con-
trollo, i beneficiari del reddito di base stan-
no meglio e hanno più fiducia nella società
e nella possibilità di trovare un lavoro. Tut-
tavia solo il 31 per cento dei beneficiari ha
risposto. Questo fa dubitare della rappre-
sentatività dei risultati. Si può supporre che
a rispondere siano state soprattutto le per-
sone che in generale si rapportano in modo
più positivo al reddito di base e alla società
rispetto alle persone che hanno sbattuto il
telefono in faccia al ricercatore.
Un abbaglio che si è ripetuto anche nel
modo in cui i mezzi d’informazione hanno
descritto i beneficiari del reddito di base,
mostrando persone energiche e piene
d’iniziativa. Per molti di loro, il reddito di
base è stato come vincere alla lotteria e li
ha aiutati a realizzare i sogni di una vita.
Sfortunatamente, però, quest’immagine
non rappresenta gran parte dei beneficiari
del reddito di base. Le persone che ogni
mattina lottano per alzarsi dal letto non
hanno risposto ai giornalisti. Né tantome-
no quelle per cui studiare era già una soffe-
renza e andare al lavoro, forse, è qualcosa
di totalmente inconcepibile. u is
Il commento
Un messaggio ai politici
u In Finlandia le elezioni del 14 aprile si
avvicinano e il dibattito sul reddito di base è
sempre più acceso. Quasi tutti i partiti hanno
presentato proposte per riformare la
previdenza sociale introducendo misure di
sostegno al reddito. I politici dovrebbero
esaminare attentamente i risultati di questo
esperimento: il benessere è importante, ma
stimolarlo con il reddito di base non sembra
economicamente sostenibile. Dietro il grande
interesse suscitato da questo esperimento si
nasconde il vero problema: la frammentazione
delle carriere lavorative e la sostituzione di
molti lavori con l’intelligenza artificiale. Per
risolverlo bisogna investire nell’istruzione e
nella previdenza sociale, facendo in modo che
lavorare sia sempre vantaggioso. Il reddito di
base non sembra avere questo effetto.
Kauppalehti, Finlandia
Byung-Chul
Han
La salvezza
del bello

figure nottetempo
 Europa
In attesa di Vladimir Putin davanti alla chiesa di San Sava, a Belgrado, il 17 gennaio 2019
VLAdIMIR ZIVOJINOVIC (AfP/GETTy)
Se l’Unione europea
dimentica i Balcani
Ivan Krastev, The New York Times, Stati Uniti
Nei paesi dell’ex Jugoslavia
l’Europa sta perdendo prestigio
e influenza. A tutto vantaggio
della Russia, che si presenta
come nuova forza mediatrice
nei conflitti della regione
a transizione nei Balcani è
“L finita”, mi ha confessato
qualche tempo fa Remzi La-
ni, analista politico albanese.
Ma Lani non si riferiva al passaggio dalla
dittatura alla democrazia avvenuto in molti
paesi ex comunisti. “Noi abbiamo comple-
tato la transizione da regimi oppressivi a
regimi deprimenti”. Lani ha ragione. Nei
Balcani i vecchi comunisti e i nazionalisti
22 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
etnici appartengono al passato. Al loro po-
sto è arrivata la stagnazione: economica,
politica e sociale. Resta da capire qual è il
posto di questi regimi all’interno di una ri-
valità geopolitica sempre più accesa.
Alla vigilia della sua visita a Belgrado del
17 gennaio, il presidente russo Vladimir Pu-
tin ha manifestato un profondo disappunto
per il cambiamento di nome della Macedo-
nia (oggi si chiama Macedonia del Nord),
accusando “gli Stati Uniti e alcuni paesi oc-
cidentali” di voler “destabilizzare” la regio-
ne. Nel frattempo, il ministro degli esteri
russo, Sergej Lavrov, ha criticato “l’inten-
zione degli Stati Uniti di accogliere tutti gli
stati balcanici nella Nato il prima possibile,
cancellando ogni influenza russa nella re-
gione”. Secondo la Russia, la popolazione
dei Balcani non gradisce quest’evoluzione.
Osservando la visita di Putin a Belgrado
e ascoltando i discorsi del leader russo, la
conclusione inevitabile è che nei Balcani lo
scontro tra occidente e Russia si sta trasfor-
mando, per natura e intensità. Nell’ultimo
decennio la Russia ha difeso attivamente la
sua presenza economica e culturale nella
regione, ma non ha mai sfidato apertamen-
te l’egemonia della Nato e dell’Unione eu-
ropea. Oggi le cose sono cambiate. A prima
vista le ambizioni di Mosca sembrano irre-
alistiche. I Balcani sono ancora profonda-
mente legati all’occidente: Grecia, Bulga-
ria, Romania, Croazia, Albania e Montene-
gro fanno parte della Nato. La Macedonia
del Nord sta per entrare nel club. Tutti i pa-
esi della regione fanno parte dell’Unione
europea o aspirano a farne parte. E l’Unione
è il primo partner commerciale degli stati
della regione, il primo investitore e la desti-
nazione preferita per chi decide di emigra-
re. Secondo l’interpretazione più diffusa,
nella regione la Russia può al massimo cre-
are qualche problema, ma niente di più.
Questa lettura, tuttavia, potrebbe essere
sbagliata. Mosca ha percepito che la posi-
zione dell’occidente nei Balcani è molto
vulnerabile: mentre in paesi come l’Ucraina
l’Europa è considerata ancora un simbolo e
un motore di cambiamento, nei Balcani è
vista come il paladino di uno status quo che
sembra ormai vicino alla fine.
Nella regione l’opinione pubblica è fru-
strata e arrabbiata e le tensioni etniche sono
in aumento. Quasi ovunque ci sono state
manifestazioni contro i governi in carica.
La crescita economica è debole in molti sta-
ti. La povertà è estremamente diffusa e lo
spopolamento è drammatico. Più del 40
per cento della popolazione della Bosnia
Erzegovina ha lasciato il paese, e lo stesso
hanno fatto circa il 40 per cento degli alba-
nesi e il 25 per cento dei macedoni.
Mentre i sondaggi indicano che la mag-
gioranza della popolazione continua a con-
siderare l’adesione all’Unione europea co-
me la via da seguire per arrivare alla prospe-
rità, la promessa dell’integrazione sta per-
dendo la sua forza d’attrazione. Non solo il
futuro dell’Unione europea appare sempre
più incerto, ma diversi leader nazionali, co-
me il francese Emmanuel Macron, hanno
messo in chiaro che non intendono spende-
re il loro capitale politico per favorire l’allar-
gamento ai Balcani occidentali.
Nonostante il sentimento generale nella
regione sia cambiato, l’Unione europea non
sembra voler cambiare il suo atteggiamen-
to. Questo rifiuto nasce in parte dall’inerzia
del suo apparato burocratico e dalla man-
canza d’interesse politico, ma anche dalla
paura che qualsiasi cambiamento politico
nei Balcani possa essere percepito come un
tradimento dei suoi princìpi fondamentali.
Da sapere Gli equilibri nell’Europa sudorientale
SLOVACCHIA
GERMANIA
AUSTRIA
UNGHERIA
SVIZZERA
SLOVENIA
FRANCIA CROAZIA
BOSNIA
ERZEGOVINA
MONTENEGRO
ITALIA
ALBANIA
Unione europea
Paesi membri
Paesi candidati
Paesi potenziali candidati
Nato
Paesi membri
Paesi in corso di adesione
Le guerre degli anni novanta nella ex
Jugoslavia hanno avuto un ruolo essenziale
nel plasmare l’identità politica dell’Unione
europea dopo la guerra fredda. Gli europei
hanno interpretato la tragedia balcanica
non come uno scontro tra stati, ma come un
conflitto tra due princìpi: quello del nazio-
nalismo etnico, rappresentato dal leader
serbo Slobodan Milošević, e quello della
democrazia multietnica, incarnato dall’Eu-
ropa unita. Per questo la politica dell’Unio-
ne verso i Balcani è più ideologica rispetto a
quella verso altre zone del mondo. La rigi-
dità europea è ammirevole, ma è anche una
delle cause della paralisi della regione.
Questa situazione è esemplificata dal
ruolo dell’Unione nell’attuale conflitto di-
plomatico tra Serbia e Kosovo. Il dialogo è
stato avviato e incoraggiato da Bruxelles,
con l’obiettivo di far capire a tutti che il reci-
proco riconoscimento tra Belgrado e Pristi-
na è l’unica strada per rimuovere gli ostaco-
li che impediscono una maggior coopera-
zione economica e di conseguenza l’ingres-
so di Serbia e Kosovo nell’Unione europea.
Ma quando il presidente serbo Aleksandar
Vučić e il suo collega kosovaro Hashim
Thaçi hanno cominciato ad affrontare il de-
licato argomento della “correzione” dei
confini per raggiungere un accordo finale,
le capitali europee hanno immediatamente
dichiarato che una soluzione simile non sa-
rebbe stata accettata.
Cambiare i confini non è mai una gran-
de idea, specialmente dopo l’esperienza
delle guerre etniche degli anni novanta
UCRAINA
MOLDOVA
ROMANIA
SERBIA
KOSOVO BULGARIA
MACEDONIA DEL NORD
GRECIA TURCHIA
CIPRO
nell’ex Jugoslavia. Ma dire a due presidenti
che non possono decidere i rapporti tra i ri-
spettivi paesi è forse un’idea ancora peggio-
re. Le paure dell’Europa per un possibile
effetto domino di un cambiamento delle
frontiere tra Kosovo e Serbia sono fondate,
e i leader europei fanno bene a sottolineare
che qualsiasi variazione dei confini dev’es-
sere approvata dalla maggioranza della po-
polazione di entrambi i paesi. Ma il modo in
cui il messaggio è stato inviato lascia a desi-
derare. Sembra quasi che l’Europa stia inti-
mando ai suoi immaturi vicini di stare lon-
tani dagli oggetti affilati. È per questo che
l’atteggiamento europeo ha avuto l’effetto
opposto a quello sperato. Oggi le possibilità
di un accordo tra Serbia e Kosovo sono mol-
to ridotte rispetto a due mesi fa, e il rischio
di un conflitto etnico è aumentato.
Il caso macedone
Ed è qui che entra in gioco la Russia. A no-
vembre Putin ha incontrato Thaçi nono-
stante Mosca non riconosca il Kosovo come
stato indipendente. L’incontro ha eviden-
ziato che nei Balcani la Russia non si consi-
dera esclusivamente il paese protettore
degli interessi della Serbia, ma anche un
possibile intermediario. È per questo che gli
europei non dovrebbero stupirsi se Mosca
decidesse di presentare un proprio piano
per normalizzare i rapporti tra Serbia e Ko-
sovo (come non dovrebbero stupirsi se la
Turchia mostrasse interesse per una simile
iniziativa russa). In altre parole, le azioni
della Russia nei Balcani non sono solo ma-
novre destabilizzanti. Al contrario, Mosca
vuole sostituirsi all’Unione europea come
mediatore nei conflitti regionali, esatta-
mente la stessa cosa che sta facendo (con
ottimi risultati) in Medio Oriente, propo-
nendosi come alternativa agli Stati Uniti.
Il 25 gennaio, dopo una disputa durata
27 anni, il parlamento greco ha approvato
l’accordo sul cambio nel nome della Mace-
donia in Macedonia del Nord. È stata una
grande vittoria della strategia europea nella
regione. L’Europa dovrebbe usare lo stesso
impegno e la stessa flessibilità per convin-
cere Serbia e Kosovo a trovare un compro-
messo. Solo in questo modo, e non conti-
nuando a essere l’incarnazione dell’immo-
bilismo, l’Unione potrà continuare ad avere
un peso nella regione. u gim
Ivan Krastev è un politologo bulgaro. Dirige
il Centre for liberal strategies di Sofia. Il suo
ultimo libro è After Europe (Penn Press 2017).
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 23
 Europa
Londra, 12 febbraio 2019 Spagna unione euroPea

Via libera
La sconfitta di Sánchez al nordstream 2
TOBy MELVILLE (REUTERS/CONTRaSTO)

Un compromesso tra Francia e

Germania sulla nuova direttiva
europea sul mercato del gas ha
salvato il gasdotto Nordstream
2. Il progetto, frutto di un con-
sorzio tra la russa Gazprom e di-
verse aziende europee, dovreb-
regno unito be collegare la Russia alla Ger-
theresa May mania attraverso il mar Baltico
SERGIO PEREz (REUTERS/CONTRaSTO)

entro la fine del 2019, raddop-

chiede tempo piando la capacità del gasdotto
Nordstream. Secondo chi critica
Sulla Brexit il governo britanni- il progetto, la sua realizzazione
co prende tempo e mette alcuni aumenterà la dipendenza euro-
punti fermi. La proposta della pea dal gas russo e darà a Mosca
premier Theresa May di riaprire nuove armi di ricatto. Nei giorni
le trattative sulla questione del scorsi il futuro dell’opera era
confine irlandese, il cosiddetto sembrato in discussione quando
Il 13 febbraio il parlamento spagnolo ha bocciato la legge di
backstop, è stata respinta dai ne- il governo francese si era schie-
goziatori europei, tuttavia gli
bilancio presentata dal governo del premier socialista
rato con i paesi che vorrebbero
sforzi per trovare una soluzione Pedro Sánchez (nella foto), approvando la mozione sottoporlo alla supervisione eu-
e sbloccare l’impasse continua- contraria presentata dall’opposizione. Sono stati decisivi i ropea, ma in base al nuovo ac-
no da entrambe le parti. Il 12 voti del Partito democratico europeo catalano e della cordo la responsabilità di appli-
febbraio May ha affermato in Sinistra repubblicana di Catalogna, che a giugno del 2018 care le norme spetterà alla Ger-
parlamento che serve più tempo avevano sostenuto la mozione con cui Sánchez aveva mania, spiega Euobserver.
per discutere con Bruxelles, fa-
preso il posto del conservatore Mariano Rajoy. Sulla scelta
cendo capire che il voto definiti-
vo sull’uscita dall’Unione non si
dei due partiti hanno pesato la rottura delle trattative con il
terrà a febbraio ma il mese suc- governo sull’autodeterminazione della Catalogna e il
cessivo, forse addirittura pochi processo contro gli indipendentisti catalani cominciato il
giorni prima della scadenza del 12 febbraio. Prima del voto Sánchez aveva avvisato che se
29 marzo. Come spiega la Bbc, il bilancio non fosse passato avrebbe indetto elezioni
May tornerà comunque a riferi- anticipate, che potrebbero svolgersi ad aprile. u
re in parlamento il 26 febbraio, e
il giorno seguente la camera dei
comuni avrà l’opportunità di di-
scutere e votare. Intanto, ri- ungheria gheresi”: agevolazioni fiscali
spondendo a una lettera aperta
in cui il leader laburista Jeremy
Più figli sotto forma di prestiti, in parte a
fondo perduto, e niente tasse
Corbyn proponeva una serie di per la patria per chi ha almeno quattro figli. Il in breVe
condizioni per il sostegno del piano è stato accolto positiva- Svizzera al referendum del 10
Labour al suo piano, May ha Frenare il crollo demografico mente dal quotidiano conserva- febbraio i cittadini del cantone
chiarito che il paese non rimarrà ungherese e far aumentare la tore Magyar Hírlap: “Il gover- di Ginevra hanno approvato con
nell’unione doganale, ma ha an- natalità è da tempo una delle no cristiano-nazionale è amico il 55 per cento dei voti l’introdu-
che detto che tra i due partiti ci priorità del governo nazional- delle famiglie non solo a parole zione di una legge sulla laicità
sono posizioni condivise. “May conservatore di Viktor Orbán. ma anche nei fatti”. Critico in- che tra le altre cose proibirà ai
chiede altro tempo, fino alla fine Nel discorso sullo stato della na- vece il settimanale Polityka, rappresentanti e ai funzionari
del mese, quando consentirà ai zione del 10 febbraio, dopo aver pubblicato in Polonia, altro pae- che lavorano a contatto con il
deputati di dire la loro se non ci ribadito la sua totale contrarietà se che ha varato misure a soste- pubblico di portare segni evi-
sarà un altro piano”, commenta all’accoglienza dei migranti e a gno delle famiglie numerose: gli denti di appartenenza religiosa.
critico il Daily Telegraph. “Ma una società culturalmente mi- sgravi fiscali non aiuteranno chi Ucraina Vladyslav Manger, a
a quel punto il governo non avrà sta, e l’impegno a difendere ne ha più bisogno, cioè “le fami- capo del consiglio regionale di
più il controllo della situazione e l’identità cristiana dell’Europa, glie più povere, che già pagano Cherson, è stato accusato di
tutto sarà possibile, compresa Orbán ha annunciato un nuovo poche tasse. Come i 750mila aver ordinato l’omicidio dell’at-
una Brexit senza accordo, visti i programma per convincere le rom ungheresi che vivono in tivista anticorruzione Katerina
tempi strettissimi”. donne a fare “più bambini un- condizioni di grave disagio”. Handzyuk, morta a novembre.

24 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 Africa e Medio Oriente
Khalifa Haftar dà l’assalto
alla Libia meridionale
Michel Cousins, The Arab Weekly, Regno Unito
Le forze comandate dal generale
libico hanno conquistato le
principali città del sud del paese.
Ora molti temono che
il prossimo obiettivo
dell’offensiva sia Tripoli
er molto tempo il generale libico
P Khalifa Haftar ha sostenuto che
avrebbe conquistato Tripoli e uni-
to il paese senza usare la forza. E
l’avrebbe fatto solo quando i gruppi armati
della capitale fossero stati disposti ad acco-
gliere il suo arrivo. Ma tutto questo ormai
sembra una cosa del passato. Negli ultimi
mesi Haftar ha cercato di approfittare del
crollo di ogni parvenza di ordine pubblico a
Tripoli, nella speranza che gli abitanti si ri-
volgessero a lui e al suo autoproclamato
Esercito nazionale libico (Enl) per riportare
stabilità e sicurezza.
Dall’inizio del 2019 Haftar ha cercato di
mettere in atto una strategia simile nella
Libia meridionale. Secondo i piani del ge-
nerale, dopo aver messo in sicurezza il sud,
l’Enl avrebbe potuto dirigersi a Tripoli, co-
struendo alleanze con le milizie di Zintan e
Soldati fedeli al generale Khalifa Haftar a Sebha, 9 febbraio 2019
AFP/GETTy
26 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
di altre città della Libia occidentale.
Tutto sembrava andare secondo i piani
di Haftar. A metà gennaio l’Enl si è mosso
verso Sebha, dove è stato ben accolto da
gran parte della popolazione, e poi ancora
più a sud nel territorio controllato dalla po-
polazione tubu, fino a quel momento rite-
nuto inaccessibile. Da lì si è spinto a ovest,
verso Al Sharara, il più grande giacimento
di petrolio libico. L’impianto è chiuso dal
dicembre del 2018 a causa delle proteste di
una milizia chiamata Guardie delle struttu-
re petrolifere, che chiede il pagamento dei
salari, e del movimento Rabbia del Fezzan,
che vuole attirare l’attenzione sulle difficili
condizioni nel sud.
Haftar voleva prendere il controllo
dell’impianto e riaprirlo, cacciando i mili-
ziani stranieri. Il 7 febbraio l’Enl ha conqui-
stato Ubari, una città a maggioranza tuareg,
e ha annunciato di aver messo in sicurezza
Al Sharara. E si preparava a occupare il cam-
po per l’estrazione di petrolio e gas di El Fil,
cosa che gli avrebbe permesso di controlla-
re il 90 per cento della produzione di greg-
gio libica.
L’Enl ha conquistato Ghudwa, a sud di
Sebha, che era in mano a ribelli e mercenari
ciadiani. Inoltre ha bombardato Murzuq, la
città più importante dei tubu, che hanno
accusato l’Enl di aver ucciso dei civili.
L’avanzata di Haftar ha costretto i ribelli
ciadiani dell’Unione delle forze della resi-
stenza (Ufr), che facevano base nella Libia
meridionale, a tornare in Ciad. Appena
hanno varcato il confine, sono stati attacca-
ti dall’aviazione francese: una colonna di
quaranta veicoli è stata colpita poco oltre il
confine con il Ciad il 3 febbraio, e un altro
coinvoglio è stato bombardato pochi giorni
dopo.
La reazione di Al Sarraj
Proprio quando l’Enl stava per riportare
una vittoria a tutto campo nel sud, il gover-
no di Tripoli, sostenuto dalle Nazioni Unite
e guidato da Fayez al Sarraj, ha fatto la sua
mossa. Sarraj ha inviato una milizia di Zin-
tan a sorvegliare Al Sharara e ha scelto Ali
Kana, un ex generale del regime di Ghed-
dafi, come comandante militare nella re-
gione di Sebha. Secondo molti analisti, l’in-
tervento di Tripoli era timido e tardivo. Ma
si sbagliavano: il 7 febbraio le forze di Kana
hanno marciato su Ubari e hanno attaccato
l’Enl. Il direttore dell’ospedale locale ha co-
municato che ci sono stati otto morti e sette
feriti. Sono scoppiati scontri anche vicino
ad Al Sharara (che è stato occupato dall’Eln
il 12 febbraio).
Anche se Haftar ha raggiunto gran parte
dei suoi obiettivi nel sud, dove ha imposto
una zona d’interdizione al volo, non avrà la
strada spianata. Kana e le sue forze tuareg
sembrano più forti del previsto e nel pro-
fondo sud è probabile che i tubu radunino le
truppe per un contrattacco. La mossa di
Sarraj per fermare Haftar sembra aver fun-
zionato, almeno temporaneamente. u gim
Michel Cousins è uno dei fondatori del
quotidiano libico in inglese Libya Herald.
 Provincia di
Al Hasaka

Nigeria
Governo siriano Curdi siriani Ribelli Chi controlla il territorio tuNisia
Ribelli sostenuti dalla Turchia Gruppo Stato islamico (Is)
Ribelli siriani La scuola
abulus
Azaz Idlib
Aleppo
Raqqa
TURCHIA i giovani al voto Curdi siriani
Ribelli sostenuti dalla Turchia degli abusi
attakia Deir Ezzor Esercito siriano
Hama Curdi iracheni
SIRIA Il caso della scuola coranica di
Mar
Mediterraneo Homs Baghouz This Day, Nigeria Esercito iracheno
regueb, nel centro della Tuni-
ntale
Quneitra LIBANO Ultimo territorio Più
La battaglia nelle città
di 84 milioni di nigeriani sono sia, è diventato un problema po-
orientale controllato dal
gruppo Stato islamico
Città sottratte all’Is litico. L’istituto è stato chiuso il
Quneitra Damasco chiamati alle urne il 16 febbraio per
Città controllate dall’Is
Daraa IRAQ Città contese
29 gennaio dopo che la tv El Hi-
150 km eleggere il presidente e il parlamento war Ettounsi aveva filmato le
GIORDANIA
STINA federale. Tra i 72 candidati in lizza per condizioni terribili in cui viveva-
siria la presidenza,IRAN i favoriti sono il capo di no decine di alunni ospitati dalla
Battaglia stato uscente Muhammadu Buhari, scuola, vittime di maltrattamen-
dell’All progressives congress (Apc), e ti e abusi. Alcuni dicono di aver
finale Atiku Abubakar, del partito subìto violenze sessuali. “com’è
LIBANO
possibile che una ‘scuola corani-
Il 9 febbraio 2019 le Forze de- d’opposizione People’s democratic
ca’ abbia cercato di radicalizzare
mocratiche siriane (Fds), l’alle- party (Pdp). Molti giornali parlano di un testa a testa. i bambini senza che il ministero
anza di combattenti curdi e ara- Buhari può risultare avvantaggiato dal fatto di aver già dell’istruzione lo sapesse? Per-
bi sostenuta dagli Stati Uniti, portato a termine un mandato, scrive This Day, mentre ché le autorità non sono interve-
hanno annunciato la “battaglia Abubakar “gode dello slancio” che gli arriva dalle nute?”, si chiede il quotidiano
finale” contro l’ultima zona nel- Assabah. Mentre il partito isla-
numerose dichiarazioni a sostegno della sua candidatura.
le mani del gruppo Stato islami- mista Ennahda invita a non ge-
co nell’est della Siria, scrive il
La competizione serrata, però, “ha alimentato le tensioni e
neralizzare, i partiti laici voglio-
giornale locale Farat Post. Se- la paura che gli attacchi verbali si trasformino in violenze a
no la chiusura di tutte le scuole
condo la coalizione internazio- sfondo politico”. Il 12 febbraio almeno sette persone sono coraniche private.
nale, i jihadisti controllano un rimaste schiacciate dalla calca a un comizio di Buhari. Il
piccolo territorio nella provincia sito Pulse Nigeria si concentra sui giovani elettori,
orientale di Deir Ezzor, tra il vil- invitandoli a partecipare al voto anche se non si sentono
laggio di Baghouz e il confine
rappresentati da due candidati ultrasettantenni.
con l’Iraq. Le Fds sostengono
che nella zona sono rimasti circa
Quest’anno gli iscritti ai registri elettorali sono il 18 per
cinquecento jihadisti, in gran cento in più rispetto al 2015. Il 51 per cento degli aventi
parte stranieri, e tra cinquecen- diritto al voto ha un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. ◆
MArco LonGArI (AFP/GETTy)

to e mille civili. Durante i com-

battimenti l’11 febbraio è stato
ferito il fotoreporter italiano Ga- sudafrica (nella foto, un negozio di Città del
briele Micalizzi.
Preoccupanti Capo). Secondo il sito Fin24, è
la peggior crisi nella storia
blackout dell’azienda, che negli anni
yemeN 2014-2015 ha già dovuto pren- iN Breve

riserve L’11 febbraio la Eskom, l’azienda

elettrica nazionale sudafricana,
dere misure simili, ma non ai li-
velli attuali. Al centro della crisi,
Camerun Il leader dell’opposi-
zione Maurice Kamto (nella fo-
a rischio ha cominciato a interrompere in due grandi centrali a carbone, to), arrestato il 28 gennaio, è sta-
modo controllato l’erogazione quelle di Medupi e Kusile, che to formalmente accusato di “ri-
L’11 febbraio l’onu ha chiesto al- dell’elettricità per impedire che richiedono costosi interventi di bellione, insurrezione e ostilità
le fazioni in guerra di poter rag- l’eccessiva domanda di corrente manutenzione, mentre il bilan- verso la patria” il 12 febbraio.
giungere un deposito di cereali causi il collasso dell’intera rete cio dell’azienda è gravemente in Iran Almeno venti persone so-
ad Al Hodeida, nell’ovest dello rosso. “Il ritorno dei blackout no morte il 13 febbraio in un at-
yemen, inaccessibile da cinque programmati mette in evidenza tentato suicida contro un auto-
mesi. All’interno ci sarebbero ri- la fragilità della Eskom e la mi- bus dei guardiani della rivolu-
SUMAyA HISHAM (rEUTErS/conTrASTo)

serve per sfamare 3,7 milioni di naccia che rappresenta per zione nel sud del paese.
persone per un mese, ma ora ri- l’economia sudafricana”, scrive Sierra Leone Il presidente
schiano di marcire, scrive Ye- il Daily Maverick. “L’11 feb- Maada Bio ha dichiarato il 7
men Online. Il governo yeme- braio il rand, la moneta locale, è febbraio che le violenze sessua-
nita e i ribelli sciiti huthi hanno crollato. Ma la Eskom è anche li sono un’emergenza nazionale
raggiunto un accordo a dicem- una fonte d’imbarazzo per l’Afri- e ha inasprito le pene per gli
bre sul trasferimento dei com- can national congress, il partito stupri di minori. nel 2018 ci so-
battenti da Al Hodeida, che però al potere, a soli tre mesi dalle le- no state 8.500 denunce di vio-
non è ancora stato applicato. gislative previste l’8 maggio”. lenza sessuale.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 27

Asia e Pacifico
La Thailandia verso il voto
tra dubbi e colpi di scena
Cod Satrusayang, Asia News Network, Thailandia
La candidatura della sorella del
re a prima ministra sembrava la
mossa ideale per scongiurare
una nuova vittoria dei militari.
Ma è stata subito ritirata per
volontà del sovrano
GUILLAUME PAYEN (SoPA IMAGES/LIGhTRoCkET/GETTY)

l 16 maggio 1877 il presidente francese

I Patrice de Mac-Mahon destituì il pri-

mo ministro Jules Simon e nominò un
successore, che poi fu respinto dal
parlamento. Mac-Mahon rispose scioglien-
do il parlamento e innescando una crisi isti-
tuzionale che avrebbe cambiato il panora-
ma politico francese fino al ventesimo seco-
lo. La Thailandia potrebbe sperimentare
presto qualcosa di simile. L’8 febbraio il par-
tito Thai Raksa Chart, vicino all’ex primo La principessa Ubolratana, Bangkok, 2017
ministro in esilio Thaksin Shinawatra, ha
indicato la sorella maggiore del re, la princi- tere dei militari e il dissenso è stato represso babilmente guidare un governo di mino-
pessa Ubolratana, come candidata premier con arresti e persecuzioni. In base alla nuo- ranza. Anche se il senato vota per il primo
alle elezioni del 24 marzo. Tredici ore dopo va costituzione spetta alla giunta nominare ministro, sarà la camera bassa a decidere su
è intervenuto il re sostenendo che, anche se i 250 membri della camera alta del parla- quasi tutte le questioni relative al governo.
Ubolratana ha rinunciato anni fa al titolo mento. Questo significa che, per garantirsi
nobiliare sposando uno statunitense, “fa la possibilità di scegliere il primo ministro, La parte difficile
sempre parte della famiglia reale e il suo all’esercito basterà conquistare una parte A differenza di quanto avvenuto durante il
coinvolgimento nella politica del paese sa- dei seggi della camera bassa. suo attuale mandato, Prayuth non avrà un
rebbe inappropriato”. Il 13 febbraio, poi, la La candidatura di Ubolratana era sem- parlamento completamente sottomesso
commissione elettorale ha chiesto alla cor- brata un’alternativa plausibile agli intrighi alla sua volontà, e non potrà far approvare a
te costituzionale di far sciogliere il Thai di Prayuth. La monarchia e la famiglia reale suo piacimento le proposte di legge o far ar-
Raksa per aver violato la costituzione. godono di un’alta considerazione nella so- restare chi esprime dissenso. La camera
cietà tailandese e la popolazione è general- bassa sarà probabilmente ostile ai suoi pia-
Un’alternativa possibile mente ben disposta nei loro confronti. An- ni e cauta rispetto ai suoi intrighi. Non sarà
La candidatura della principessa era stata che se comprensibile, il rifiuto opposto dal facile per l’ex leader golpista muoversi in un
accolta con favore dallo schieramento vici- palazzo alla sua nomina, motivato dal ri- ambiente democratico. E se Prayuth, vista
no al Thai Raksa Chart e all’ex premier Shi- schio di confondere i confini tra monarchia la sua propensione agli scatti d’ira e la sua
nawatra, che puntavano su di lei per man- e governo, lascia l’opposizione tailandese concezione infantile della politica, dovesse
dare all’aria i piani dei partiti appoggiati dai senza una figura da sostenere. La princi- sciogliere il parlamento e indire elezioni
militari che vorrebbero riportare al governo pessa Ubolratana era una candidata ideale, lampo, si aprirà con ogni probabilità una
l’attuale capo della giunta, il generale perché avrebbe attirato i voti di un senato crisi costituzionale e politica. È difficile
Prayuth Chan-ocha. Nel maggio del 2014 il probabilmente conservatore, che ora po- pensare che un altro colpo di stato possa es-
generale Prayuth rovesciò con un colpo di trebbe sostenere all’unanimità qualsiasi sere tollerato come avvenne nel 2014,
stato Yingluck Shinawatra, la sorella di candidato proposto dall’esercito. quando la popolazione era stremata da un
Thaksin che gli era succeduta a capo La Thailandia si trova così davanti a una decennio d’instabilità politica. Il generale
dell’esecutivo, e da allora ha governato con crisi simile a quella che si verificò nella Prayuth può anche aver fornito a sé e ai suoi
il pugno di ferro. Sotto il suo regime la costi- Francia del 1877. Se l’esercito dovesse riu- la possibilità di restare al potere, ma adesso
tuzione è stata riscritta per rafforzare il po- scire a farlo rieleggere, Prayuth dovrà pro- viene il difficile. u gim

28 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 Filippine
UMIT BEKTAS (REUTERS/CONTRASTO)

AUSTRALIA

Cure mediche
Una giornalista in manette per i migranti
La camera dei rappresentanti
Manila, 13 febbraio 2019 australiana ha votato a favore di
un emendamento alla legge
sull’immigrazione proposto
dall’opposizione per facilitare
l’assistenza medica ai richie-
5 febbraio 2019
denti asilo detenuti nei centri
CINA offshore. Dopo l’approvazione
Ankara rompe del senato, i medici potranno
raccomandare il trasferimento
il silenzio in Australia dei migranti bloc-
cati sulle isole di Nauru e Ma-
TED ALJIBE (AFP/GETTy)

Il 9 febbraio il governo turco ha nus Island dal 2013, quando

criticato Pechino per la deten- Canberra ha chiuso le frontiere.
zione degli uiguri nei campi di “Scott Morrison era il ministro
“rieducazione” dello Xinjiang. dell’immigrazione che ha ripri-
Una mossa inattesa che fa della stinato il controllo delle frontie-
Turchia uno dei pochi paesi mu- Il 13 febbraio Maria Ressa, l’amministratrice delegata del re australiane e oggi è il primo
sulmani a essersi espressi in di- ministro che perde il controllo
giornale d’inchiesta online Rappler, è stata arrestata con l’ac-
fesa della minoranza turcofona del parlamento”, commenta
che abita nella regione della Ci- cusa di diffamazione. È l’ultima di una serie di accuse, tra cui
The Age. Il 13 febbraio, a sor-
na occidentale. Se fin dagli anni quella di evasione fiscale, mosse contro la giornalista, nota presa, Morrison ha annunciato
cinquanta la Turchia era stata avversaria del presidente Rodrigo Duterte. L’arresto è avve- la riapertura del centro di de-
un porto sicuro per gli esuli ui- nuto nella sede di Rappler ed è stato ripreso e trasmesso in tenzione per migranti di Christ-
guri, negli ultimi tempi, con l’in- diretta Facebook dai redattori. “Non ci faremo intimidire”, mas island (nella foto) per “ge-
clusione del paese nella nuova ha detto Ressa mentre veniva portata via, “nessuna denun- stire i nuovi arrivi” facilitati, se-
via della seta e l’arrivo di grandi condo il primo ministro,
cia, minaccia o menzogna riuscirà a far tacere i giornalisti fi-
investimenti cinesi, il presiden- dall’emendamento alla legge.
te Recep Tayyip Erdoğan (nella lippini. Queste acrobazie legali dimostrano fin dove il gover-
foto) ha privilegiato le relazioni no è disposto ad arrivare per zittirci”. Ressa è stata nominata
con Pechino, scrive The Diplo- persona dell’anno per il 2018 dal settimanale Time. u Nella
mat. Perché, quindi, questa foto l’arresto di Maria Ressa nella redazione di Rappler
svolta? La protesta è arrivata do-
po la notizia della morte in un
carcere dello Xinjiang di Abdu-
DIGITALGLOBE/GETTy

rehim Heit, poeta molto amato
anche in Turchia e condannato
nel 2017 a otto anni di detenzio-
ne per un suo testo. Pechino ha
risposto duramente alle “bugie”
di Ankara e ha pubblicato un vi-
deo in cui Heit diceva di star be-
ne. Il silenzio di Erdoğan sugli
uiguri rischiava di costargli trop-
po politicamente, scrive Hurri-
yet: l’opposizione ha organizza-
to proteste di piazza e interroga-
zioni parlamentari e il caso Heit
poteva far salire la tensione. In-
tanto, dopo il video di Heit, gli
uiguri della diaspora hanno co-
minciato a postare sui social
network con l’hashtag #Me-
TooUyghur le foto dei loro fami-
liari detenuti nello Xinjiang,
chiedendone conto a Pechino.
COREA DEL SUD
La scuola
disuguale
Secondo il rapporto dell’Ocse
sull’uguaglianza nell’istruzione
e la mobilità sociale, tra il 2006
e il 2015 è aumentata molto la
differenza tra il rendimento sco-
lastico degli studenti di livello
socioeconomico elevato e quel-
lo dei ragazzi cresciuti in fami-
glie più svantaggiate. La Corea
del Sud è uno dei paesi dove in
dieci anni il divario è cresciuto
di più. Uno dei motivi, scrive il
Jugan Kyunghyang, è l’istru-
zione privata. La maggior parte
degli studenti coreani frequenta
corsi extrascolastici per poter
essere ammessi a una buona
università. Per i ragazzi con po-
ca disponibilità economica è
molto difficile accedere agli isti-
tuti più prestigiosi, dove il livello
di attitudine allo studio e rendi-
mento è sempre più alto. Il diva-
rio non dipende solo da quanto IN BREVE
investono le famiglie nel soste- Nuova Zelanda Un volo della
gno privato, ma anche da fattori Air New Zealand partito da
culturali come il coinvolgimento Auckland e diretto a Shanghai è
dei genitori nell’educazione dei stato costretto a tornare indietro
figli. Non basta controllare il perché le autorità cinesi gli han-
mercato dell’istruzione privata, no negato l’atterraggio. Pare che
servono anche misure per mi- nei documenti di volo forniti
gliorare l’istruzione pubblica e dalla compagnia aerea Taiwan
diversificare il percorso di ogni fosse indicata come un paese.
studente in base alle sue inclina- Corea del Nord Il luogo del
zioni, dice Kim Hee-sam summit tra Kim Jong-un e Do-
dell’Istituto di scienze e tecno- nald Trump il 27 e 28 febbraio in
logie di Gwangju. Vietnam sarà Hanoi, la capitale.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 29

 Visti dagli altri
Roma. Dettaglio di un affresco della Galeria dei Carracci a palazzo Farnese
ERIC VaNDEVILLE (GaMMa-RaPho/GEtty)
L’amicizia complicata
tra Italia e Francia
Jérôme Gautheret, Le Monde, Francia
I rapporti tra i due paesi sono
sempre stati segnati da strappi
e riconciliazioni, ma il richiamo
dell’ambasciatore a Parigi
rischia di avere conseguenze
anche in futuro
entre ci si avvicina alla piazza
M a colpire sono innanzitutto le
proporzioni perfette della
facciata rinascimentale su
tre livelli, decorata con la bandiera francese
ed europea. Palazzo Farnese è stato costru-
ito nel cuore di Roma in tre quarti di secolo,
tra il 1515 e il 1589, ed evoca le armonie geo-
metriche del rinascimento più che l’audacia
del barocco. Di sera, grazie alle luci all’in-
30 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
terno s’intravede uno straordinario affresco
al primo piano. Non è raro che le persone si
fermino nella piazza e comincino a strizza-
re gli occhi per cercare di coglierne meglio i
dettagli. Di solito per facilitare la cosa l’am-
basciata francese lascia la luce accesa tutta
la notte.
Strumento d’influenza
È qui – nella sala dei Fasti, sfondo del se-
condo atto della Tosca di Giacomo Puccini,
in mezzo a scene che rievocano la magnifi-
cenza del lignaggio dei Farnese – che lavo-
ra l’ambasciatore francese a Roma. E dalla
piccola loggia progettata da Michelangelo,
che si apre al centro, ha la possibilità di far
ammirare ai suoi ospiti piazza Farnese e,
un po’ più lontano, il rumore incessante di
Campo de’ Fiori. Il palazzo fu scelto dalla
repubblica francese come sede della sua
ambasciata nel 1874; in seguito fu venduto
dai Borbone alla Francia e infine riacquista-
to dallo stato italiano, che lo diede in con-
cessione a quello francese in cambio di un
affitto simbolico. Il palazzo ospita anche
l’École française de Rome, un istituto di ri-
cerca che si occupa di storia, archeologia e
scienze umane e sociali. Secondo i romani
il palazzo, più che una semplice ambascia-
ta, è uno degli esempi più perfetti della
grandiosità della Roma dei papi, e nel se-
greto delle sue mura conserva un tesoro
inestimabile dell’arte barocca: la galleria
dei Carracci, recentemente restaurata e
considerata da numerosi storici dell’arte il
contraltare laico della cappella Sistina.
La presenza francese tra queste mura
suscita da sempre negli italiani sentimenti
ambivalenti: un affetto sincero che si me-
scola al fastidio per essere stati privati della
possibilità di godere di uno dei gioielli più
preziosi della città.
D’altro canto con palazzo Farnese la
Francia ha un incomparabile strumento
d’influenza. I diplomatici oltretutto lo rico-
noscono senza troppi giri di parole: è diffici-
le rifutare un invito dell’ambasciatore, e
l’attrazione esercitata da palazzo Farnese
non gioca un ruolo secondario. È sotto le
finestre del palazzo che gli italiani si riuni-
scono per testimoniare il loro sostegno alla
Francia in occasione di momenti difficili,
come dopo gli attentati del 2015. Nei mo-
menti di crisi, invece, sempre lì manifesta-
no la loro rabbia. Nell’estate del 2018, men-
tre la tensione tra Parigi e Roma aumenta-
va, i ricercatori che aprivano le finestre
della biblioteca dell’École française de Ro-
me sentivano l’eco degli slogan contro la
Francia scanditi da piccoli gruppi di mani-
festanti in piazza. Palazzo Farnese è un ec-
cellente termometro delle relazioni tra i
due paesi.
La sera dell’8 febbraio le luci sono rima-
ste spente nella sala dei Fasti. Il giorno pri-
ma l’ambasciatore francese Christian Mas-
set era stato chiamato a Parigi “per consul-
tazioni”, dopo una serie di “dichiarazioni
eccessive” e “provocazioni” da parte di due
componenti del governo italiano. Una deci-
sione grave per le consuetudini diplomati-
che: l’ultimo richiamo dell’ambasciatore a
Parigi risale al giugno del 1940, quando
André François-Poncet lasciò Roma dopo
la dichiarazione di guerra dell’Italia alla
Francia.
Quel giorno il palazzo è piombato in una
strana atmosfera. Ovviamente non c’è una
guerra, ma il risentimento per gli attacchi
delle ultime settimane è forte e i diplomati-
ci non fanno alcuno sforzo per nasconderlo:
questa storia lascerà un segno.
Meno viscerale dell’antagonismo con il
Regno Unito, che è forgiato dalla guerra
dei cent’anni e da una lotta millenaria per
l’egemonia continentale, meno traumatica
della rivalità con la Germania, che porta su
di sé il peso degli orrori del novecento, la
relazione tra Francia e Italia non è mai sta-
ta facile e va avanti da un secolo e mezzo al
ritmo di improvvisi picchi di tensione che
poi si placano senza mai essere del tutto
dimenticati.
Dalla battaglia di Waterloo, Parigi e
Londra sono in pace, e se l’espressione “in-
tesa cordiale” aveva un non so che di ironi-
co al momento in cui quest’alleanza venne
consolidata tra i due imperi, nel 1904, oggi
non è più così. Dopo il trattato dell’Eliseo,
firmato nel 1963 e confermato nel gennaio
del 2019 ad Aix-la-Chapelle, Francia e Ger-
mania funzionano come una “coppia”, se-
condo un’immagine diventata ormai abi-
tuale.
Forse perché risultano naturali per la
prossimità tra popoli latini e forse per una
fascinazione reciproca, le relazioni franco-
italiane non sono invece mai state davvero
definite. Il trattato del Quirinale, evocato in
occasione del vertice tra Francia e Italia a
Lione nel 2017 e lanciato formalmente a
Roma a gennaio del 2018, avrebbe dovuto
colmare questa carenza. Ma dopo le elezio-
ni del 4 marzo 2018 in Italia e la nascita di
un governo di coalizione tra la Lega e il Mo-
vimento 5 stelle, il progetto si è perso in un
limbo per mancanza di volontà politica.
Sorelle latine
Da un secolo e mezzo Francia e Italia sono
chiamate le “sorelle latine” (o “cugine”, a
seconda dell’umore). Un’espressione che
dà conto dell’evidente vicinanza, accentua-
ta da molte storie familiari, lasciando al
tempo stesso aperta la porta a un mondo di
non detti e risentimenti che potrebbero
provocare catastrofi in qualsiasi momento.
Il processo di unificazione dello stato
italiano provocò delle frizioni con la Francia
fin dall’inizio. Prima ci fu la volontà di Na-
poleone III di aiutare il re del Piemonte e
della Sardegna, Vittorio Emanuele II, a “li-
berare” la Lombardia dall’occupazione au-
striaca in cambio della Savoia e della contea
di Nizza, un accordo che il cancelliere prus-
siano Bismarck definì con derisione “politi-
ca delle mance”. Tuttavia nell’estate del
1859, dopo una campagna vittoriosa ma
sanguinosa coronata dalla vittoria di Solfe-
rino, in cui l’esercito francese giocò un ruo-
lo preponderante, Napoleone III propose
un armistizio all’Austria senza consultare il
suo alleato.
L’unificazione dell’Italia proseguì sen-
za l’aiuto dell’esercito francese, anzi fu la
Francia a ostacolare l’ingresso a Roma del-
le truppe del re d’Italia. Questa situazione
durò fino alla caduta di Napoleone III, nel
1870, che consentì a Vittorio Emanuele II
di completare la sua impresa. Anche se la
Francia in un primo momento aveva pen-
sato che la nascita di un regno latino nel
sud dell’Europa le avrebbe offerto un alle-
continua a pagina 32 »
Opinioni
Superata
la linea rossa
n un contesto di relazioni bilate-
“I rali deteriorate potremmo dire
che questa è stata la classica goc-
cia che fa traboccare il vaso”, scrive Le
Monde in un editoriale pubblicato l’8
febbraio. “Ma la visita di nascosto del vi-
cepresidente del consiglio italiano Luigi
Di Maio in Francia il 5 febbraio e il risalto
che ha dato al suo incontro con i rappre-
sentanti estremisti dei gilet gialli è molto
più di una semplice goccia, è il supera-
mento di una linea rossa politica e diplo-
matica. È la linea rossa dell’ingerenza
nella politica interna di un paese”.
Il quotidiano francese conclude affer-
mando: “Il leader dei cinquestelle è pri-
gioniero delle sue contraddizioni. In pri-
mo luogo nella sua stessa coalizione di
governo, indebolita dalla rivalità con il
capo della Lega Matteo Salvini, l’altro vi-
cepresidente del consiglio. A Salvini che
vuole unire le estreme destre europee, Di
Maio risponde cercando di unire i movi-
menti contro le élite, per questo corteg-
gia i gilet gialli. E poi ci sono contraddi-
zioni di metodo: è più facile sovvertire le
regole quando si è a capo di un movimen-
to che quando si fa parte di un governo
nell’Unione europea. L’iniziativa transal-
pina di Di Maio avrebbe potuto essere un
diversivo rispetto al recente annuncio
della recessione dell’economia italiana,
ma ha finito per ritorcersi contro di lui”.
Secondo il quotidiano spagnolo El
País, “la convivenza comincia a deterio-
rarsi quando si viene meno alle leggi,
scritte o non scritte. Una regola non scrit-
ta nella diplomazia è che uno stato non
lavora a favore della caduta del governo
di un paese amico. Questa crisi è ben più
di una scaramuccia elettorale. È uno
scontro tra chi rispetta le norme e chi non
lo fa. Va oltre il rapporto tra Francia e Ita-
lia, e anche oltre l’Unione europea. Do-
nald Trump ha stabilito dei precedenti
che hanno dato i loro frutti. Il discredito
e la menzogna non sono nuovi nelle de-
mocrazie, ma il presidente degli Stati
Uniti ne ha legittimato l’uso davanti a
imitatori e discepoli. Oggi si vedono i ri-
sultati”. u
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 31
 Visti dagli altri
Roma, 29 maggio 2012, palazzo Farnese
ALBERTo CRISToFARI (CoNTRASTo)

ato naturale, fin da subito nel regno d’Italia tettorato (1881) mentre l’Italia considerava prevalsero sentimenti violentemente anti-
si sviluppò una potente corrente antifran- quella parte delle coste africane apparte- francesi. I due paesi si fecero una guerra
cese. nente alla sua zona d’influenza. In Italia alla commerciale mentre Roma si avvicinava a
La questione coloniale diede il colpo di fine dell’ottocento, sotto l’influenza di Vienna e Berlino, rifiutandosi di partecipa-
grazia, e più precisamente la decisione Francesco Crispi, che per due volte tra il re all’esposizione universale di Parigi nel
francese di porre la Tunisia sotto il suo pro- 1887 e il 1896 fu presidente del consiglio, 1889. Contemporaneamente in Francia la
crisi economica provocò tensioni tra fran-
cesi ed emigrati italiani. L’episodio più tra-
L’editoriale L’errore sovranista gico fu il massacro di Aigues-Mortes (Gard)
il 16 e 17 agosto del 1893, una rivolta contro
u Un giorno accusano la Fran- liano. Il 7 febbraio lo scontro Chi è davvero sovranista e in- gli italiani che provocò otto morti e scatenò
cia di ipocrisia sulla questione istituzionale è salito di livello: voca il popolo ogni tre parole,
reazioni violente in tutta Italia.
dei migranti (accusa condivisa l’ambasciatore francese a Ro- non dovrebbe andare a Mosca
dalla maggioranza degli italia- ma è stato richiamato a Parigi a cercare appoggi come han-
La questione mediterranea resta anco-
ni), un altro sostengono i gilet per consultazioni. no fatto Lega e cinquestelle. ra oggi uno degli argomenti più esplosivi
gialli augurandosi che riesca- Il casus belli l’ha fornito L’obiettivo di questi due parti- tra Francia e Italia. Nel 1911, nel timore che
no a rovesciare il presidente Luigi Di Maio andando nella ti è un progetto su scala euro- la Francia potesse conquistare la Tripolita-
Macron. Se è un leader politi- regione di Parigi per incontra- pea: contribuire a destabiliz- nia e la Cirenaica, l’Italia decise di coloniz-
co a comportarsi così può es- re esponenti dei gilet gialli, zare la situazione esistente, zare quella che sarebbe diventata la Libia.
sere considerato poco diplo- tra cui Christophe Chalençon, verso una strategia della ten- E gli appetiti francesi nella zona sono an-
matico, ma se sono due vice- che a dicembre aveva invoca- sione permanente. Lo scontro cora oggi un potente fattore di tensione tra
presidenti del consiglio la que- to l’intervento dell’esercito diplomatico ha il merito di far Parigi e Roma. Soprattutto dopo l’inter-
stione è più seria. Il 21 gennaio per un cambio di regime in cadere le maschere e di far sa-
vento militare, voluto dalla Francia e dal
Parigi ha lanciato un primo av- Francia. Un vicepresidente pere a Roma che nessuno si
vertimento convocando al mi- del consiglio non può andare lascia fregare facilmente. Ma
Regno Unito, che nel 2011 ha causato la ca-
nistero degli esteri l’ambascia- in un paese alleato per incita- non è che il primo fuoco di duta di Muammar Gheddafi e fatto spro-
trice italiana, dopo dichiara- re la popolazione alla rivolta: una battaglia politica che for- fondare il paese nell’anarchia, provocando
zioni e attacchi di rara aggres- il governo francese non aveva se è solo all’inizio. l’esplosione del traffico di esseri umani
sività da parte del governo ita- altra scelta. Ouest-France. u nv verso l’Europa. Lega e cinquestelle non

32 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

erano ancora al governo quando a luglio
del 2017 la Francia ha organizzato un verti-
ce sulla Libia senza coinvolgere l’Italia,
che non l’ha presa bene.
Anche il periodo mussoliniano lasciò
tracce profonde nel rapporto tra i due paesi.
Buona parte dell’opposizione antifascista
scelse l’esilio in Francia, mentre la dichiara-
zione di guerra fatta da Benito Mussolini il
10 giugno del 1940, quando l’esercito fran-
cese era in ginocchio, fu avvertita come una
vera e propria pugnalata alla schiena. Se
l’occupazione della Francia sudorientale da
parte dell’esercito italiano oggi può sem-
brare meno disumana dell’occupazione
tedesca, il ricordo del giugno del 1940 è ri-
masto a lungo. Sul versante italiano, i quasi
550 chilometri quadrati di territorio ceduti
alla Francia in virtù del trattato di Parigi del
1947 sono stati giudicati dagli italiani una
vera e propria mutilazione.
Terreno economico
È stato grazie alla costruzione europea che
Parigi e Roma sono riuscite a superare que-
ste tensioni. Fondatori della Comunità eco-
nomica europea, nata a Roma nel 1957, oggi
Francia e Italia competono sul terreno
dell’economia. Nel gioco delle comparazio-
ni, alcuni evidenziano l’acquisto negli ulti-
mi anni di gioielli come Gucci, Fendi o Par-
malat da parte di aziende francesi, anche se
la bilancia degli investimenti mostra un
equilibrio di fondo. Altri insistono sui dieci
miliardi di euro di surplus commerciale ita-
liano verso la Francia registrati nel 2018,
testimonianza tanto del dinamismo delle
aziende dell’Italia settentrionale quanto
delle debolezze delle esportazioni francesi.
Con il passare del tempo la rivalità tra i due
paesi si è trasformata, ma alcuni meccani-
smi sembrano davvero immutabili.
A novembre del 2018 Lucia Borgonzoni,
della Lega, sottosegretaria al ministero per
i beni e le attività culturali, rimettendo in
discussione il prestito delle opere di Leo-
nardo da Vinci al Louvre nel contesto dei
festeggiamenti per il cinquecentesimo an-
niversario della morte dell’artista, ha riat-
tizzato un’antica rivendicazione dei nazio-
nalisti italiani: una sorta di diritto di prece-
denza e di proprietà intellettuale del genio
del rinascimento.
Questo nonostante la Gioconda e altre
opere siano state vendute a Francesco I in
modo indiscutibile da un uomo anziano che
di sicuro non si considerava né un francese
né un italiano. u gim
L’opinione
La commedia italiana
Laurent Joffrin, Libération, Francia
Luigi Di Maio è un attore comico
e tragico, anzi è un dilettante,
scrive il direttore del quotidiano
francese Libération
overa Italia. Così amata dai fran-
P cesi, eppure i buffoni che la go-
vernano hanno trovato il modo
di metterla contro la sua amica
francese. Forse è stato precipitoso il ri-
chiamo dell’ambasciatore a Roma deciso
dal governo francese, un gesto senza pre-
cedenti tra due paesi fondatori dell’Unio-
ne europea.
Ma la coalizione al governo in Italia,
dopo aver moltiplicato le provocazioni e
inviato un bel numero di insulti Parigi, ha
mandato di nascosto in Francia il vicepre-
sidente del consiglio Luigi Di Maio a in-
contrare un certo Christophe Chalençon,
un esponente del movimento dei gilet
gialli che chiede a gran voce le dimissioni
del presidente francese. Un po’ come se il
primo ministro francese Édouard Philip-
pe o il ministro degli esteri Jean-Yves Le
Drian andassero di nascosto in un paese
amico per incoraggiare una fazione radi-
cale in guerra contro il suo governo. Di
Maio, come un Arlecchino della comme-
dia dell’arte, si è poi sentito obbligato a di-
chiarare il suo amore per la Francia con
una lettera al quotidiano Le Monde. Atto-
re comico, tragico, o forse, più esattamen-
te, un Tartufo dilettante.
Dopo la vittoria alle elezioni di marzo,
la coalizione tra la Lega e il Movimento 5
stelle è riuscita nell’impresa di tradire pla-
tealmente i suoi elettori rimanendo co-
munque popolare. Il governo italiano ha
approvato una legge di bilancio in linea
con le richieste europee, mentre Salvini e
Di Maio avevano promesso di gettare nel
Tevere tutti gli impegni presi a Bruxelles
in materia finanziaria. Ha realizzato solo
una versione ridotta della sua promessa
principale, il reddito di cittadinanza,
sventolata prima delle elezioni come Ga-
ribaldi sventolava il tricolore. E soprattut-
to ha fatto sprofondare l’Italia nella reces-
sione (per il secondo trimestre consecuti-
vo c’è stata una contrazione del pil), dopo
aver promesso in campagna elettorale
una vigorosa ripresa dell’economia. Le
solite bugie dei sovranisti, che prometto-
no l’impossibile per poi scoprire che la ge-
stione dello stato li costringe a tradire i
folli impegni presi.
Se il governo resta popolare, la ragione
è solo una: ha chiuso i confini ai migranti,
questione cruciale per il suo elettorato.
Gli italiani vedono peggiorare le loro con-
dizioni di vita, ma quello che conta è che
le condizioni di vita degli stranieri peggio-
rino di più. I migranti annegati nel Medi-
terraneo fanno rialzare nei sondaggi le
quotazioni del populismo italiano: ecco
almeno una promessa mantenuta. Da og-
gi lo Stivale non è più un termine pura-
mente geografico, ma è anche quello che
rigetta in mare con un grosso calcio nel
sedere gli indesiderati che scappano
dall’inferno della Libia.
Distruggere dall’interno
Questa farsa goldoniana rivela le nuove
tattiche dei nazionalisti europei. Sapendo
che i cittadini sono riluttanti a lasciare
l’Unione, vedendo la ridicola palude in
cui la Brexit ha sprofondato la classe poli-
tica britannica, vogliono rimanere in Eu-
ropa distruggendola dall’interno. Viktor
Orbán, Matteo Salvini, Marine Le Pen e
gli altri usano lo stesso inganno: con il
pretesto di “trasformare l’Europa”, lavo-
rano alla sua implosione, e nel frattempo
incassano i profitti elettorali.
Si dirà che l’ipocrisia è l’omaggio del
vizio alla virtù, che gli antieuropei, di
fronte alla resilienza dell’Unione, sono
obbligati a giurare fedeltà all’Europa
mentre la pugnalano alle spalle. Magra
consolazione. In realtà, nonostante tutte
le sue carenze, la costruzione europea re-
sta tutto sommato una base rassicurante
per i popoli. Quella dei sovranisti è dun-
que una strada tortuosa: in nome della so-
vranità popolare devono cercare di impor-
re un crollo dell’Unione che i popoli euro-
pei non vogliono. u nv
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 33
Le opinioni

Il mondo arabo
è ostaggio della povertà
Rami Khouri
na grande minaccia incombe sul l’unica al mondo nella quale l’indicatore è cresciuto.

U mondo arabo e sui suoi abitanti. La classe media nei paesi arabi non produttori di pe-
Nella regione ormai vivono soprat- trolio è passata dal 45 per cento al 33 per cento della
tutto famiglie povere e vulnerabili. popolazione, secondo l’Escwa. L’aumento della disu-
La realtà è molto diversa dalle im- guaglianza sembra muoversi di pari passo con quello
magini di grande ricchezza diffuse della povertà.
all’estero. La popolazione è composta da un piccolo I poveri sono destinati a soffrire per generazioni,
gruppo di persone ricche, da una classe media che si per due motivi. Il primo è che le condizioni iniziali di
sta riducendo e da masse di poveri, che ormai rappre- sviluppo dell’infanzia e il livello d’istruzione delle
sentano i due terzi del totale. Circa 250 famiglie, due indicatori affidabili per
milioni di persone, su un totale di 400 La popolazione prevedere la povertà di lunga durata,
milioni, sono povere, secondo una re- è composta da sono problematici in molte aree del
cente ricerca condotta da organizzazio- un piccolo gruppo mondo arabo. Il secondo è che le eco-
ni arabe e internazionali. di persone ricche, nomie locali non possono generare ab-
Secondo uno studio dell’Arab center da una classe media bastanza posti di lavoro di buon livello,
for research and policy studies di Doha che si sta riducendo in grado di aumentare il reddito delle
e di Arab Barometer (un consorzio con e da masse famiglie. Inoltre queste persone non
sede negli Stati Uniti che riunisce isti- di poveri, che ormai hanno i diritti politici per protestare o
tuti di ricerca statunitensi e arabi) circa per partecipare alle decisioni.
sono i due terzi
il settanta per cento delle famiglie ara- Forse una maggioranza di cittadini
be fatica a soddisfare i propri bisogni del totale arabi sente di non poter più contare sul-
fondamentali o non ci riesce affatto. lo stato per quanto riguarda la defini-
Le statistiche sulla povertà multidimensionale zione della propria identità, la sicurezza, le opportu-
(un indice che tiene conto non solo del reddito, ma nità e altre necessità primarie. Questi uomini e don-
anche di altri fattori come la qualità dell’istruzione e ne si rivolgono a istituzioni extra statali come la reli-
la condizione abitativa) mostrano che i tassi di pover- gione, il tribalismo, l’etnia, le reti criminali o i gruppi
tà nella regione sono fino a quattro volte più alti ri- militanti. I governi e il settore privato del mondo ara-
spetto alle ipotesi fatte in passato. I dati multidimen- bo non possono generare la quantità di posti di lavoro
sionali sulla povertà sono stati prodotti dagli econo- necessari a ridurre la povertà nei prossimi decenni.
misti del Programma delle Nazioni Unite per lo svi- Secondo il Fondo monetario internazionale ci vor-
luppo (Undp), dalla Commissione economica e so- rebbero tra i sessanta e i cento milioni di nuovi posti
ciale per l’Asia occidentale (Escwa), dalla Banca di lavoro entro il 2030, e 27 milioni tra il 2018 e il 2023.
mondiale e da altri gruppi. Questo significa che il mercato dei paesi arabi conti-
Nei dieci paesi arabi analizzati dall’Escwa (Gior- nuerà a essere segnato dal lavoro nero, che secondo
dania, Tunisia, Algeria, Egitto, Iraq, Marocco, Co- le stime oggi coinvolge tra il 50 e il 60 per cento di
more, Yemen, Sudan, Mauritania) 116 milioni di per- tutte le persone con un impiego.
sone sono state classificate come povere (il 41 per La povertà, la vulnerabilità e la disuguaglianza
cento della popolazione) e il 25 per cento come “vul- che minacciano il benessere della regione sono le
nerabili” alla povertà. Le famiglie “vulnerabili” vivo- conseguenze delle politiche sbagliate di élite arabe
no sopra la soglia della povertà, ma non possono fare incompetenti. Ma sono state anche aggravate dal
fronte a un aumento di prezzi, tasse o spese, che le comportamento aggressivo delle potenze regionali
farebbe sprofondare nella povertà. e internazionali, che sostengono queste élite e ali-
Questo potrebbe spiegare perché di recente deci- mentano le molte guerre in corso. Tutto questo ge-
ne di migliaia di persone hanno manifestato contro i nera un ciclo distruttivo, fatto di cattiva amministra- RAMI KHOURI
loro governi in Iraq, Libano, Tunisia, Sudan e altri zione, stagnazione economica, istruzione carente, è columnist del
quotidiano libanese
paesi arabi, protestando per l’aumento delle tasse e insufficiente qualità del lavoro e conflitti militari,
Daily Star. È direttore
dei prezzi. per non parlare dei cambiamenti climatici, della
dell’Issam Fares
Anche secondo gli studi della Banca mondiale, mancanza d’acqua e cibo, dell’insicurezza, dello institute of public
che fissa i canoni della povertà a 1,90 dollari di spesa sviluppo urbano caotico e della corruzione. Questo policy and
quotidiana pro capite, nel periodo tra il 2011 e il 2015 insieme di fattori è forse la principale infamia del international affairs
la povertà estrema in Medio Oriente è passata dal 2,7 mondo arabo contemporaneo, una regione che sta all’American
al 5 per cento. In questo periodo la regione è stata tradendo il suo popolo. u ff university di Beirut.

34 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

In copertina
Cos’è davvero
Peter C. Baker, The Guardian, Regno Unito
Foto di Mark Peterson
I movimenti e i leader populisti si stanno
affermando in tutto il mondo. Sfruttano le crepe
che si aprono nella democrazia liberale quando
questa non riesce a realizzare in modo pieno e
stabile le promesse fatte ai cittadini
uando sui mezzi d’informa-
Q zione si parla di populismo,
di solito il termine è usato
come se tutti conoscessimo
già la sua definizione. E in
effetti sappiamo più o meno
di cosa si tratta, almeno finché ci limitia-
mo a citare gli avvenimenti che il populi-
smo dovrebbe spiegare: la Brexit, Donald
Trump, il dominio di Viktor Orbán in Un-
gheria, l’ascesa di Jair Bolsonaro in Brasi-
le. Il termine evoca il risentimento della
gente comune, amplificato da politici ca-
rismatici che fanno promesse impossibi-
li. Spesso il populismo sembra uscito da
un film dell’orrore: un batterio che è riu-
scito a intrufolarsi in qualche modo tra le
difese della democrazia – aiutato, forse,
da Steve Bannon o da qualche altro astuto
stratega della manipolazione di massa – e
che ora avvelena la vita politica, creando
nuove truppe di elettori populisti tra
“noi” (notate che gran parte di quello che
si scrive sul populismo presuppone un
pubblico ostile al fenomeno).
Non mancano le voci illustri che lan-
ciano avvertimenti sulla pericolosità del
populismo e sulla necessità di adottare
misure immediate per combatterlo. L’ex
premier britannico Tony Blair dirige
l’Istituto per il cambiamento globale
(Igc), un’organizzazione fondata, stando
al suo sito, “per respingere l’atteggiamen-
to distruttivo del populismo”. Nel suo
rapporto del 2018 Human rights watch ha
esortato le democrazie di tutto il mondo
a non “capitolare” di fronte alla “sfida po-
pulista”. La nascita dei “movimenti po-
36 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
pulisti”, ha detto l’ex presidente degli
Stati Uniti Barack Obama nell’estate del
2018, ha contribuito al boom globale
“della politica della paura, del rancore e
della chiusura” che apre la strada all’au-
toritarismo. “Non sono allarmista. Mi li-
mito a constatare i fatti”, ha affermato.
Quando il populismo è inquadrato in
questo modo, le implicazioni sono evi-
denti. Tutti i cittadini responsabili sono
tenuti a fare la loro parte in questa batta-
glia: riconoscere il populismo quando lo
vedono, capire i suoi richiami (senza farsi
ingannare) e sostenere le politiche che ne
fermano l’avanzata, salvando la demo-
crazia. Ma l’accumularsi di editoriali con-
citati e rapporti di vari centri studi sulla
minaccia populista ha scatenato la rea-
zione scettica di quelli che si chiedono se
il populismo esista davvero. Ormai è rela-
tivamente frequente incontrare l’idea
che, così come a Salem non esistevano le
streghe, in politica non esistono veri po-
pulisti, esistono solo persone, atteggia-
menti e movimenti che i politici di centro
non capiscono, anche se chi denuncia
REDUx/CONTRaSTO
questo pericolo evita di spiegare esatta-
mente perché. Il populismo, in questo
quadro, è uno spaventapasseri: una non
entità invocata allo scopo di alimentare la
paura. Questa tesi si è fatta largo perfino
tra gli stessi moderati. “Cancelliamo la Peggio ancora, è carica di disprezzo ed è
parola ‘populista’”, ha scritto nel luglio applicata a tutti gli elettori che hanno de-
del 2018 Roger Cohen, editorialista del ciso che i partiti politici tradizionali non
New York Times. “È diventata così ap- hanno fatto niente per il loro reddito, per
prossimativa da non significare più nien- la scomparsa dei posti di lavoro o per la
te, un epiteto abusato e affibbiato a mol- sensazione di declino avvertita negli ulti-
teplici manifestazioni di rabbia politica. mi vent’anni”. È difficile negare che tanto
o il populismo
Los Angeles, Stati Uniti, 21 gennaio 2019. Una manifestazione per la costruzione del muro al confine con il Messico
parlare di populismo oscura la questione
invece di chiarirla, e ci dice più sui crocia-
ti dell’antipopulismo di quanto dica sui
partiti o sugli elettori populisti. Ma molto
prima che il populismo affascinasse i
mezzi d’informazione sulle due sponde
dell’Atlantico, un gruppo di studiosi lo
stava già analizzando, nel tentativo di ca-
pire cosa fosse e quali lezioni potesse of-
frire alla politica democratica. Il dibattito
che ne è nato, come molti altri dibattiti
accademici, è complesso, autoreferen-
ziale e destinato a restare nell’ombra del
caos mediatico e del discorso politico. Ma
ci aiuta a capire che l’idea di populismo è
più di una semplice favola centrista. Gra-
zie soprattutto alla persistente incapacità
dei governi occidentali di realizzare qual-
cosa di simile a un progetto credibile di
benessere e sicurezza per tutti nell’era
postindustriale, oggi attraversiamo un
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 37
 In copertina
Berkeley, Stati Uniti. Un comizio dell’estremista di destra Milo Yiannopoulos
ReDUx/CONTRaSTO
periodo in cui le tradizionali reti di colle-
gamento tra cittadini, ideologie e partiti
politici stanno crollando o se non altro
cominciano ad allentarsi e a spostarsi.
Perciò la questione del populismo non
sparirà. Nei prossimi anni probabilmente
si moltiplicheranno i movimenti etichet-
tati come populisti, i movimenti che si
dichiarano populisti, i movimenti che per
difendersi continueranno a ripetere di
non essere populisti e le discussioni su
quanto il populismo rappresenti il proble-
ma o la soluzione.
Il dibattito accademico sul fenomeno
dimostra che per capire quello che sta
succedendo non basta una semplice defi-
nizione del termine. Insomma, non pos-
siamo parlare davvero di populismo sen-
za parlare delle nostre contrastanti con-
cezioni di democrazia e di cosa realmente
significa per i cittadini essere sovrani.
È forse significativo che il dibattito
pubblico sulla presunta minaccia populi-
sta alla democrazia abbia riguardato solo
in minima parte il funzionamento della
democrazia stessa. Forse diamo per scon-
tato, senza pensarci troppo, che quella di
democrazia sia un’idea di per sé così chia-
ra e lampante che sappiamo già tutto ciò
che c’è da sapere sull’argomento. O forse
38 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
siamo arrivati a considerare la democra-
zia nella sua forma occidentale – sostan-
zialmente la democrazia liberale – come
l’unico possibile punto d’arrivo per l’evo-
luzione della politica. Il populismo, anche
se si presenta in molte forme, ci ricorda
sempre che niente potrebbe essere più
lontano dalla verità.
Una colonna portante
Nel 2004 il politologo olandese Cas Mud-
de pubblicò The populist zeitgeist, un arti-
colo scientifico che proponeva una nuova
e concisa definizione di populismo, desti-
nata a diventare la colonna portante degli
studi accademici sul tema. Mudde era
convinto che il populismo fosse un con-
cetto utile, con un significato più specifico
di democrazia, ma usato in un modo che
trovava “sgradevole”. Voleva in partico-
lare smentire due percezioni comuni sul
populismo: che sia definito soprattutto da
una retorica “altamente emotiva e sem-
plicistica” e che consista per lo più in “po-
litiche opportunistiche” volte a “compra-
re” il sostegno degli elettori.
Il populismo, diceva Mudde, non è so-
lo demagogia e opportunismo. Ma non è
un’ideologia politica compiutamente for-
mata come il socialismo o il liberalismo,
è piuttosto una thin ideology, un’ideologia
esile composta da poche convinzioni di
fondo. Primo: nella società la divisione
più importante è quella antagonistica tra
“il popolo”, inteso come sostanzialmente
buono, e “l’élite”, intesa come sostanzial-
mente corrotta e non in sintonia con la
vita della gente comune. Secondo: tutti i
populisti credono che la politica debba
essere un’espressione della “volontà ge-
nerale”, un insieme di desideri che si pre-
sumono condivisi per puro buonsenso da
tutte le “persone comuni” (una convin-
zione che ne implica un’altra: che esista
una “volontà generale”).
È populista, quindi, un movimento
che promette coerentemente di incana-
lare la volontà unificata del popolo, mi-
nando così le trame egoistiche dell’élite
al potere. Come disse nel 2007 il fondato-
re del partito francese di destra Front na-
tional, Jean-Marie Le Pen, “darò voce al
popolo. Perché in democrazia solo il po-
polo può avere ragione, e nessuno può
avere ragione contro di lui” (notate come,
in questa formulazione, non ci sia disac-
cordo “all’interno del popolo”). O, secon-
do le parole pronunciate dal presidente
degli Stati Uniti Donald Trump nel suo
discorso d’insediamento: “Stiamo spo-
stando il potere da Washington per resti-
tuirlo a voi, il popolo. L’establishment ha
protetto se stesso, ma non i cittadini del
nostro paese” (notate che i componenti
dell’establishment sono implicitamente
separati dai cittadini).
Per decenni, ogni tentativo di discute-
re lucidamente il populismo era stato
ostacolato dalla questione di come si po-
tevano definire populisti partiti ed espo-
nenti politici così diversi: come si fa a dire
che sia il senatore democratico statuni-
tense Bernie Sanders sia Trump sono po-
pulisti? In che modo il movimento Oc-
cupy Wall street e la Brexit sono esempi
possibili di fenomeni populisti? La sem-
plice definizione di Mudde ha preso piede
perché non ha problemi a rispondere a
domande come queste. Se il populismo è
davvero ideologicamente “esile”, allora
deve legarsi a un’ideologia ospite più cor-
posa per poter sopravvivere. Ma
quest’ideologia può trovarsi in qualunque
punto dello spettro politico, da sinistra a
destra. Dal momento che, secondo la de-
finizione di Mudde, il populismo va sem-
pre a braccetto con altre ideologie, la
grande varietà di populismi non è un pro-
blema. È esattamente quello che dobbia-
mo aspettarci.
“Il popolo” e “l’élite”, scriveva Mud-
de, sono raggruppamenti che sfuggono a
una definizione statica comune a tutti i
movimenti populisti. Sono categorie in-
nanzitutto morali: il popolo è buono, le
élite cattive. Ma la questione di chi esat-
tamente appartenga a quale gruppo di-
pende dal carattere del movimento popu-
lista e dall’ideologia a cui si collega. Un
“popolo” populista può definirsi in base a
un’identità etnica che si considera mi-
nacciata, ma anche in base alla sensazio-
ne condivisa di essere vittima dello sfrut-
tamento economico. Ciò che conta è che
attribuisce la colpa a un’élite corrotta. Nel
caso dei populismi di destra può anche
denigrare una sottoclasse, come gli im-
migrati o le minoranze etniche, che le
élite sono accusate di favorire nell’ambito
del loro complotto per non dare il potere
al “vero popolo”.
Quando The populist zeitgeist fu pub-
blicato, il populismo non era un argomen-
to di moda: in tutto il 2005 l’articolo di
Mudde ebbe solo nove citazioni. Ma ora
che il campo degli studi sul populismo si
è esteso a dismisura, è diventato un clas-
sico. Mudde è lo studioso più citato e in-
tervistato dai giornalisti, spesso per arti-
coli in cui la sua definizione è mescolata
alle stesse vecchie e sciatte generalizza-
Secondo il politologo
olandese Cas Mudde,
il populismo non è
un’ideologia completa
come il socialismo o il
liberalismo, ma una
thin ideology
zioni che Mudde voleva confutare.
Oggi nessuno studioso mette in di-
scussione l’influenza dominante della
definizione di Mudde. Un importante fat-
tore del suo successo, in effetti, è che ha
anticipato gli avvenimenti della politica
mondiale. Il crollo dei mercati nel 2008
ha portato alla nascita di movimenti an-
tiausterità – come Podemos in Spagna o
Syriza in Grecia – motivati dalla rabbia
contro le istituzioni finanziarie e la ri-
stretta classe di persone che aveva bene-
ficiato dei loro profitti. Questi movimenti
erano chiaramente animati da un senso
di opposizione tra “il popolo” e “l’élite”,
ma le vecchie teorie del populismo che lo
definivano di destra, razzista o ostile agli
immigrati non erano in grado di interpre-
tare i nuovi sviluppi.
Schemi ampi
La definizione di ideologia esile è anche
estremamente congeniale al panorama
delle scienze politiche di oggi, pronte a
privilegiare gli schemi ampi che consen-
tono ai giovani ricercatori di svolgere un
lavoro empirico e quantitativo. Molti
nuovi studiosi del populismo non sento-
no più la necessità di discutere le defini-
zioni. Si dedicano invece ad analisi te-
stuali che hanno lo scopo di individuare
quante volte le idee centrali del populi-
smo, com’erano state esposte da Mudde,
spuntano fuori nei programmi dei partiti,
nei discorsi politici, nei manifesti e nei
tweet. Oppure fanno sondaggi per indivi-
duare la prevalenza delle idee populiste
in diverse popolazioni, in cerca dei profili
degli elettori populisti. Ogni volta che
viene pubblicato un articolo sullo schema
ideologico del populismo, quella defini-
zione si consolida ancora di più, provo-
cando una certa frustrazione nella mino-
ranza di studiosi tuttora convinti che non
colga il nocciolo della questione.
L’affermarsi della definizione basata
sull’ideologia esile e la sua crescente in-
fluenza nel dibattito pubblico hanno si-
stematicamente provocato le obiezioni di
un piccolo ma tenace schieramento di
studiosi dissidenti. Questi ritengono che
definire il populismo in termini di convin-
zioni di fondo sia un grave errore meto-
dologico, e molti di loro pensano anche
che definire il populismo un’ideologia
comporti il rischio di far sembrare irre-
sponsabili e perfino pericolose delle stra-
tegie politiche che in realtà sono efficaci e
vantaggiose.
Questi studiosi fanno notare che negli
ultimi decenni in Europa e negli Stati Uni-
ti i principali partiti politici hanno finito
per convergere sempre di più, restringen-
do il ventaglio delle opinioni realmente
prese in considerazione nel processo de-
cisionale. Danno anche per scontato che
tutto ciò abbia convinto moltissime per-
sone del fatto che quella che chiamiamo
democrazia risponda ben poco alle loro
preoccupazioni e molto di più ai capricci
di un’élite ristretta, ricca e autoreferen-
ziale. Un’élite che nega la sua complicità
in questo stato di cose, ripetendo spesso
che non esistono alternative.
Com’è facile immaginare, questi stu-
diosi tendono a essere più interessati alle
sfide allo status quo che arrivano dalla
sinistra – dal 99 per cento di Occupy Wall
street e di Sanders a “i molti, non i pochi”
del Partito laburista di Jeremy Corbyn – e
ribadiscono che la politica non è ancora
al servizio dell’elettorato giusto. Sono an-
che istintivamente attenti alla possibilità
che il centro, interessato alla propria sal-
vaguardia, cerchi di disarmare le sfide
degli outsider, facendoli sembrare irra-
gionevoli, minacciosi e costituzional-
mente impreparati al compito di gover-
nare.
Questo li fa sospettare di chiunque
suggerisca che esiste un’ideologia identi-
ficabile chiamata populismo, indipen-
dentemente da dove si collochi nello
spettro politico. Per questi studiosi parla-
re di un’essenza del populismo – per
quanto esile – sfocia troppo facilmente in
un’accusa di colpevolezza per associazio-
ne, il che inevitabilmente ha l’effetto di
caricare sui movimenti populisti di sini-
stra (o perfino sui movimenti che sem-
brano populisti) il bagaglio delle loro con-
troparti di destra xenofobe e razziste. Più
precisamente, temono che l’enfasi
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 39
In copertina
sull’esagerato moralismo come caratteri-
stica essenziale del populismo renda
troppo facile dipingere l’opposizione le-
gittima al potere delle élite come una fol-
la irrazionale.
Quasi tutte le obiezioni alla definizio-
ne di ideologia esile sono in debito con
due teorici politici di sinistra: Chantal
Mouffe, una belga che insegna all’univer-
sità di Westminster, e il suo defunto mari-
to, l’argentino Ernesto Laclau. I due pen-
satori hanno ispirato i movimenti populi-
sti di sinistra in Europa, compresi Syriza,
Podemos e La France insoumise di Jean-
Luc Mélenchon. Le loro opere su marxi-
smo e populismo sono complesse e a volte
difficili da sintetizzare, ma al centro c’è
l’idea che il conflitto è una caratteristica
distintiva e insopprimibile della politica.
In altri termini, la politica è un campo in
cui l’antagonismo è naturale e inevitabile,
il consenso non può mai essere perma-
nente e c’è sempre un “noi” e un “loro”.
“Le questioni politiche non sono sem-
plicemente problemi tecnici che devono
essere risolti da esperti”, dice Mouffe.
“Implicano sempre decisioni che ci im-
pongono una scelta tra alternative in con-
flitto tra loro”. Questa enfasi sul conflitto
genera una visione della vita democratica
più radicale rispetto alle narrazioni tradi-
zionali della democrazia liberale ma, so-
sterrebbero Laclau e Mouffe, è una visio-
ne che descrive con più precisione la vera
logica della politica.
In quest’ottica qualunque ordine so-
ciopolitico esistente è soggetto a essere
sfidato. Qualunque status quo – per quan-
to solido – è solo temporaneo, e può sem-
pre essere sfidato da un movimento che
cerca di sostituirlo con qualcosa di nuovo.
Il cambiamento politico è il risultato di
richieste contro l’ordine esistente, che
devono fondersi in un movimento per
cambiarlo, un movimento che può somi-
gliare molto al populismo.
Quando le mie richieste, le vostre ri-
chieste e le richieste dei nostri vicini si
uniscono in un movimento di questo tipo,
possono diventare la base per un nuovo
“noi” politico: un “popolo” che vuole
cambiare l’attuale organizzazione del po-
tere. Nella misura in cui ha successo, un
movimento di questo tipo crea una nuova
egemonia – una nuova linea di partenza
– che a sua volta con il tempo può essere
rimessa in discussione.
Visto da questa prospettiva, il populi-
smo è semplicemente un sinonimo per
politica vera: il popolo (noi) che crea in-
sieme, dal vivo e sul terreno, un’idea di
40 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
“Le questioni
politiche non sono
semplicemente
problemi tecnici che
devono essere risolti
da esperti”, dice
Chantal Mouffe
come sono collegate le nostre insoddisfa-
zioni, di chi bisogna incolpare (loro) e di
come imporre un cambiamento. Ma i be-
neficiari dello status quo non vogliono
che le cose cambino e per questo potreb-
bero promuovere una serie di strategie
che imbrigliano un processo decisionale
collettivo: il consenso bipartisan fine a se
stesso, la superiorità degli esperti “razio-
nali” sulle teste calde, la “terza via” cen-
trista che rifugge dal conflitto ideologico
in favore di “cosa funziona” o la media-
zione delle istituzioni liberali. Queste
strategie (Mouffe le chiama “non politi-
ca”) possono prevalere per qualche tem-
po, ma niente dura in eterno, soprattutto
quando cresce il numero di persone con-
vinte che i politici stiano rendendo più
precaria la loro esistenza. E allora la poli-
tica – la politica vera, cioè la politica po-
pulista – fa il suo ritorno.
Secondo Mouffe e Laclau, l’unico rap-
porto intrinseco tra movimenti populisti
di destra e di sinistra è che condividono la
stessa verità di fondo sulla democrazia:
che è una competizione in perenne muta-
mento su come si definisce e ridefinisce il
classico “noi” della politica, in cui nessu-
na definizione ha la garanzia di durare.
L’obiettivo, sostengono i due studiosi,
non dovrebbe essere un placido consenso
ma “un pluralismo agonistico”: uno stato
in cui l’opposizione e il disaccordo sono
accettati come norma, e in cui le persone
conservano la capacità di dissentire ener-
gicamente senza demonizzarsi e senza
scendere in guerra.
Mouffe negli ultimi anni ha sostenuto
che il problema politico dell’immediato
futuro non è come combattere il populi-
smo, ma piuttosto che tipo di populista
vuoi essere. Il problema è con chi stai (chi
appartiene alla tua “catena di equivalen-
za”), contro chi stai (chi sta causando il
problema e come) e dove ti schieri. Il po-
pulismo non è il problema: invece, il po-
pulismo di sinistra è la soluzione.
Non tutti gli studiosi che s’ispirano a
Mouffe e Laclau si spingono fino a questo
punto, soprattutto sulle compassate pagi-
ne delle riviste di scienze politiche. Ma il
loro lavoro è chiaramente motivato dalla
sensazione che la vera minaccia del “po-
pulismo” è che il panico per questa parola
precluda la possibilità di nuovi tipi di po-
litica e di nuove sfide allo status quo, e
che la paura del populismo di sinistra
spiani la strada al populismo di destra.
La preferenza di questi studiosi è per
le definizioni che lo privano di sostanza
ideologica, perfino di quella “esile” teo-
rizzata da Mudde. Per loro, anche se ha il
merito di riconoscere la portabilità ideo-
logica del populismo, la definizione “esi-
le” è ancora irrevocabilmente contami-
nata da implicazioni peggiorative che
spingono chi partecipa ai dibattiti sul po-
pulismo a prendere posizione “a favore”
o “contro” ogni populismo. Senza un’es-
senza interiore è più difficile catalogare il
populismo come intrinsecamente buono
o cattivo. Paris Aslanidis, un politologo
dell’università di Yale, definisce il populi-
smo un “discorso” – un modo di parlare di
politica più che un insieme di convinzioni
– che inquadra la politica in termini di
“supremazia della sovranità popolare”.
Benjamin Moffitt, politologo dell’Au-
stralian catholic university, parla del po-
pulismo come di uno “stile politico”, la
cui presenza “ci dice ben poco sul concre-
to contenuto democratico di qualunque
progetto politico”. In base a definizioni di
questo tipo, la questione centrale non è se
un certo leader o gruppo politico è o non
è populista. È piuttosto se, un momento
dopo l’altro, stanno “facendo del populi-
smo”, e come e con quali risultati.
Bagaglio peggiorativo
Naturalmente queste discussioni non ri-
guardano davvero la differenza tra una
“ideologia esile” e un “discorso”. La que-
stione è piuttosto se “populista” sia sem-
pre un insulto, e se il progetto di definire il
populismo possa sbarazzarsi del bagaglio
peggiorativo di questo concetto. In ulti-
ma istanza sono discussioni su quali tipi
di politica ci insospettiscono e perché. Il
dibattito attuale sul populismo in occi-
dente è fortemente colorato dai partiti
populisti di estrema destra emersi in Eu-
ropa tra la fine degli ottanta e i primi anni
REdux/CoNTRAsTo
anni novanta, come il Partito della libertà
austriaco, il Partito popolare danese e il
Front national francese. All’inizio quasi
tutti sapevano che si trattava di partiti
apertamente nativisti e razzisti. Parlava-
no dei “veri” cittadini dei loro paesi ed
erano fissati sulla questione della “purez-
za” nazionale ed etnica, perciò demoniz-
zavano immigrati e minoranze. I loro lea-
der strizzavano l’occhio all’antisemiti-
smo e le loro vittorie elettorali coincide-
vano con una ripresa della violenza di
estrema destra in Europa, come l’attacco
del 1991 contro i lavoratori immigrati e i
richiedenti asilo a Hoyerswerda, in Ger-
mania.
Quando giornalisti e politici comin-
ciarono a definire populisti questi partiti
e i loro sostenitori, il termine era una ma-
nifestazione d’allarme per il problema e,
allo stesso tempo, un eufemismo che per-
metteva di glissare sulla natura esatta di
quel problema. Questo era particolar-
mente utile per i giornalisti, che temeva-
no di non essere considerati politicamen-
te neutrali. Populista chiaramente non
era un complimento, ma suonava meno
inquietante di “estrema destra” o “destra
radicale”. Il termine sembrava comuni-
care soprattutto arretratezza: un’incapa-
San Diego, Stati Uniti. Un comizio del democratico Bernie Sanders nel 2016
cità giovanile di portare le proprie prefe-
renze nell’arena politica e impegnarsi nel
complicato dare e avere del compromes-
so razionale. La combinazione populista
di immaturità, risentimento emotivo e
intolleranza era considerata da molti una
minaccia per la democrazia europea.
Per un verso la definizione di ideologia
esile resa popolare da Mudde smantella-
va questa visione, liberando il populismo
dalle sue connotazioni esclusivamente di
estrema destra e mettendo in guardia
contro la fusione del populismo con gli
altri -ismi a cui era spesso avvicinato.
In realtà Mudde e molti altri studiosi
che definiscono il populismo un’ideolo-
gia hanno ripetutamente sostenuto che
né Trump né la Brexit andrebbero consi-
derati innanzitutto fenomeni populisti.
Naturalmente sia Trump sia i sostenitori
della Brexit hanno fatto ampio ricorso al-
la retorica populista, ma in entrambi i ca-
si l’appoggio della maggioranza è stato
motivato non dalla passione per le idee
centrali del populismo, ma da altri fattori
ideologici. Quando il dizionario Cam-
bridge ha proclamato populismo “parola
dell’anno” nel 2017, Mudde ha scritto un
breve articolo sul Guardian criticando la
decisione. “È diventato il termine più in
voga di quest’anno”, ha osservato piutto-
sto acidamente, “soprattutto perché
spesso è definito in modo impreciso e
usato in modo sbagliato”. Per i partiti di
estrema destra che con le loro campagne
elettorali nei Paesi Bassi, in Francia, Ger-
mania e Austria hanno suscitato allarme
in tutta Europa, “il populismo è seconda-
rio rispetto al nativismo, e nell’attuale
politica europea e statunitense il populi-
smo funziona nella migliore delle ipotesi
come una confusa cortina per maschera-
re il ben peggiore nativismo”, concludeva
Mudde.
Eppure, nonostante queste precisa-
zioni, in quanto ideologia esile il populi-
smo implica sempre una sorta di minac-
cia maggioritaria alla democrazia libera-
le. Questo giudizio continua ad alimenta-
re la battaglia tra gli studiosi che adottano
la definizione di Mudde e i loro avversari
ispirati da Mouffe e Laclau.
La democrazia liberale, in questo con-
testo, non ha quasi niente a che fare con le
attuali distinzioni tra destra e sinistra. Fa
riferimento piuttosto all’idea che il gover-
no debba favorire la coesistenza plurali-
stica equilibrando l’ideale di sovranità
popolare – mai pienamente raggiungibile
– con istituzioni chiamate a consacrare lo
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 41
In copertina
stato di diritto e i diritti civili, cosa che
una maggioranza politica non può facil-
mente rovesciare (a questo proposito,
come scrive Mudde nel suo primo artico-
lo, la democrazia liberale è “quindi de-
mocratica solo in parte”). Oggi la demo-
crazia liberale è quello che quasi tutti in-
tendono quando parlano di democrazia,
perciò in molte discussioni politiche es-
sere considerati una minaccia alla demo-
crazia liberale è un giudizio spaventosa-
mente negativo.
Dal momento che il populismo, com’è
descritto da Mudde, implica una conce-
zione moralistica di un “popolo” sovrano
le cui decisioni sono considerate di fatto
unanimi, è inevitabile che i movimenti
populisti entrino in conflitto con gli aspet-
ti liberali della democrazia liberale.
Se tutte le persone “vere” la pensano
allo stesso modo sulle cose che contano
di più in politica, allora l’idea di garanzie
istituzionali per la minoranza dissenzien-
te è nella migliore delle ipotesi superflua
e nella peggiore nefasta. Per i populisti
queste garanzie sono solo l’ennesimo
muro costruito dall’élite corrotta per to-
gliere il potere al popolo. Lo stesso vale
per l’indipendenza dei giudici e delle au-
torità di controllo, o per il sistema di pesi
e contrappesi tra i rami del governo, so-
prattutto quando sembrano intralciare i
piani di un leader populista. Per questo
gli elementi fondamentali della demo-
crazia liberale diventano miccia e benzi-
na per il fuoco populista.
Nessuno che si occupi seriamente del-
la questione – neppure i più opportunisti
tra i partecipanti alla campagna di allar-
mismo antipopulista – nega che questi
movimenti possano muovere valide criti-
che allo status quo e al potere antidemo-
cratico delle élite. Molti hanno un punto
di vista simile a quello del teorico politico
messicano Benjamin Arditi, che ha para-
gonato il populismo a un ospite ubriaco
alla cena della democrazia, un ospite che
non rispetta le regole della buona società
e, tra una cosa e l’altra, ricorda i fallimen-
ti e le ipocrisie che tutti gli altri nella stan-
za sono d’accordo nell’ignorare. Nel suo
libro Populism: a very short introduction,
Mudde e uno studioso che spesso colla-
bora con lui, il politologo cileno Cristóbal
Kaltwasser, definiscono il populismo una
“reazione democratica illiberale a un li-
beralismo non democratico”, una reazio-
ne che “fa le domande giuste ma dà le ri-
sposte sbagliate”.
Leggendo i critici di sinistra, però, si
ha spesso la sensazione che per loro que-
42 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
“Quelli che fanno a
pezzi la democrazia
sono i più inclini a
vederla minacciata da
ogni parte”, ha scritto
il giornalista italiano
Marco D’Eramo
sto equivalga a indorare la pillola: una
spruzzata di sfumature e di moderazione
che lascia ancora il populismo, di qualun-
que matrice ideologica, con un’immeri-
tata macchia di pericolo intrinseco. Lo
scontento di questi critici è amplificata
dal fatto che il populismo difficilmente
appare nelle discussioni più comuni co-
me qualcosa di diverso da un insulto,
spesso sulla bocca di esperti e politici che
considerano destra e sinistra ugualmente
minacciose.
Il timore in questi ambienti è che
esprimere una qualunque considerazione
negativa sul “populismo” – per quanto
qualificata e analitica – finisca semplice-
mente per dare più armi alle stesse perso-
ne che hanno contribuito a rendere la po-
litica un caos vuoto e non democratico. In
quest’ottica presentare qualunque popu-
lismo come sostanzialmente antitetico
alla democrazia liberale non fa che raffor-
zare l’associazione tra populismo e psico-
logia della folla, alimentando il timore
che i diritti individuali saranno sempre
sopraffatti dalle identità di gruppo.
Alcuni studiosi in questo campo ora
sostengono che dovremmo parlare meno
di populismo e più “dell’antipopulismo”
centrista che lo teme e lo demonizza.
“Come il coniuge adultero è sempre il più
sospettoso nei confronti del proprio part-
ner”, ha scritto il giornalista italiano Mar-
co D’Eramo nel 2013 sulla New Left Re-
view (e su Micromega in Italia), “così chi
più attenta alla democrazia, più vede mi-
nacce dappertutto. Straparlare di populi-
smo fa trapelare quindi un senso di colpa,
una coda di paglia, il sentore di stare esa-
gerando, di andarci giù troppo duri”.
Per ogni schieramento del dibattito, la
tentazione evidente è di liquidare l’altro o
di insistere sul fatto che ciò che l’altro
campo definisce “populismo” in realtà è
solo qualcosa di populisteggiante. Ma
concludere che parlano lingue diverse o
che si tratta di un dialogo tra sordi signifi-
cherebbe non capire fino a che punto so-
no d’accordo e cosa ci dicono, presi nel
loro insieme, sulla situazione politica at-
tuale.
Agricoltori statunitensi
Nel 1967, quando i teorici politici di tutto
il mondo si riunirono alla London school
of economics per la prima conferenza ac-
cademica sul populismo mai organizzata,
ebbero difficoltà a capire di cosa avrebbe-
ro dovuto parlare. Il termine derivava da
“populisti della prateria”, un movimento
di agricoltori statunitensi degli anni no-
vanta dell’ottocento che chiedeva una
regolamentazione più severa del capitali-
smo. Ma nei decenni successivi era stato
usato per un’ampia e variegata accozza-
glia di fenomeni in tutto il mondo, dalla
caccia alle streghe maccartista negli Stati
Uniti ai leader carismatici latinoamerica-
ni. Alla fine, i lavori della conferenza non
riuscirono a chiarire la questione.
Mezzo secolo dopo si registrano alcu-
ni progressi. Il populismo, convengono
ora gli specialisti, è un modo ideologica-
mente mobile di guardare alla politica
come a un luogo per l’opposizione tra
“popolo” ed “élite”. Questa definizione
crea ulteriori domande: il “popolo”
astratto del populismo è intrinsecamente
definito come qualcosa che rappresenta
un pericolo per la coesistenza pluralisti-
ca? O, meno minacciosamente, l’idea di
“popolo” è forse un concetto necessario
ma sempre malleabile, semplicemente
una parte di ciò che significa fare politica?
Ma il populismo, qualunque cosa sia, non
è una sostanza chimica: nessuno scien-
ziato ci rivelerà mai la sua composizione.
Il populismo è una lente per osservare la
nostra politica, compresa la politica di ciò
che viene definito populista.
La questione del populismo non
avrebbe tanta urgenza se non ci fosse un
così ampio consenso sui difetti dello sta-
tus quo: sull’abisso tra gli sfolgoranti ide-
ali dell’uguaglianza e la fosca realtà della
vita vera. L’idea che la politica non fa un
buon servizio al “popolo” ha vasta eco in
tutto lo spettro politico, e per valide ragio-
ni. Ma qual è il rimedio? Tra quelli che
difendono la definizione ideologica, al-
cuni evitano di dare una risposta, soste-
nendo che vogliono solo definire e misu-
rare il populismo. Altri ammettono che,
 Los Angeles, Stati Uniti, 21 gennaio 2019. Una manifestazione per la costruzione del muro al confine con il Messico
ReDux/CoNTRASTo
nel caso del populismo, fornire una de-
scrizione senza formulare un giudizio è
di fatto impossibile. L’ordine del giorno,
secondo loro, è convincere i cittadini a
impegnarsi di nuovo per la democrazia
liberale e le sue istituzioni.
In questo campo tuttavia è ampia-
mente diffusa la consapevolezza che non
basterà più insistere sulla mancanza di
alternative accettabili alla democrazia
liberale esistente. Scrivendo sul Guar-
dian nel 2017, Mudde ha sostenuto che
per rispondere al populismo non bastano
le “campagne puramente antipopuliste”,
ma occorrerà “un ritorno alla politica
ideologica”. Perfino i liberali che voglio-
no “spoliticizzare” alcune questioni – sot-
trarle al dominio della democrazia e affi-
darle a esperti – dovranno trovare nuovi
argomenti per spiegare quelle decisioni.
Niente può restare spoliticizzato per
sempre: è la politica.
Se strizzate un po’ gli occhi, somiglia
abbastanza a quello che ci aspetteremmo
da Laclou e Mouffe: i due studiosi insisto-
no che non c’è spazio “al di là di destra e
sinistra” e non c’è modo di collocare le
decisioni politiche fuori dall’ambito della
politica. Potreste dire che i difensori della
democrazia liberale sono improvvisa-
mente riportati alla necessità di costruire
un “noi” democratico – un popolo – intor-
no alla loro richiesta di proteggere le isti-
tuzioni e le procedure liberali, in opposi-
zione ai partiti della destra radicale che
sono ben contenti di vederle eliminate.
La sfida corrispondente per chiunque sia
più a sinistra è capire il rapporto tra i loro
obiettivi a lungo termine e gli ideali della
democrazia liberale. Ci sono sempre sta-
ti teorici per i quali la democrazia liberale
è una falsa democrazia: una serie di prin-
cìpi universali che suonano bene ma che,
in pratica, funzionano da cortina fumo-
gena per normalizzare lo sfruttamento e
le disuguaglianze del capitalismo.
Prospettive radicali
Altri studiosi, Mouffe compresa, vedono
qualcosa di simile alla socialdemocrazia
europea degli anni sessanta e settanta co-
me il presupposto per qualunque cosa
venga dopo, per la “democrazia radicale”
che costringe la democrazia liberale a te-
nere fede alle sue promesse di uguaglian-
za. Ma perfino Mouffe ormai non è otti-
mista sulla nostra capacità di rilanciare le
prospettive democratiche. Due anni fa
scriveva: “Nel 1985 abbiamo detto ‘dob-
biamo radicalizzare la democrazia’; ora
dobbiamo prima ripristinare la democra-
zia, in modo da poterla poi radicalizzare;
il compito è molto più difficile”. Come sa-
rà quel compito nella realtà è una questio-
ne aperta.
Il modo in cui i mezzi d’informazione
affrontano la questione del populismo
suona quasi sempre come una discussio-
ne sui margini: sulle forze al di fuori della
politica “normale” o “razionale” che mi-
nacciano di far saltare l’equilibrio dello
status quo. Ma il discorso degli studiosi
chiarisce che è vero il contrario: il populi-
smo è intrinseco alla democrazia, e so-
prattutto alla democrazia come la cono-
sciamo nell’occidente contemporaneo.
Trova vita nelle crepe tra le promesse del-
la democrazia e l’impossibilità di una loro
piena e stabile realizzazione.
La questione del populismo, allora,
riguarda sempre che tipo di democrazia
vogliamo, e il fatto che non smetteremo
mai di discuterne. L’ansia provocata dal
populismo può essere una cortina fumo-
gena per chi non vuole che il mondo at-
tuale sia disturbato. Ma deriva anche
dall’intuizione fondamentale che è im-
possibile sapere esattamente dove ci por-
terà la democrazia: né questa volta né la
prossima né un’altra volta ancora. u gc
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 43
 Nicaragua
Costa Rica, 31 dicembre 2018. L’attivista nicaraguense Francisca Ramírez con la sua famiglia
fReD Ramos (el faRo)

La rivolta contro Ortega

va in esilio
Carlos Dada, El Faro, El Salvador
Perseguitate dalla repressione del governo nicaraguense, migliaia di persone sono
scappate in Costa Rica. Dove organizzano la resistenza e aspettano di poter tornare

44 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019


anno è appena finito. Dalle
L’ gole stanche di una venti-
na di persone emerge, ti-
mida, la melodia dell’inno
nazionale del Nicaragua.
Sono tutti lontani dal loro
paese, in fondo a una strada sterrata di un
quartiere anonimo alla periferia di Carta-
go, in Costa Rica. Il gruppo iniziale, for-
mato da circa quaranta bambini, donne e
uomini nicaraguensi, si è già ristretto. Al-
cuni erano stanchi, altri sono malati. Si
sono dati appuntamento per salutare il
2018, uno degli anni più turbolenti della
loro vita.
Quasi tutti sono contadini di Nueva
Guinea, un comune nella regione atlanti-
ca del Nicaragua noto per la sua tenace
resistenza al governo del presidente Da-
niel Ortega (Fronte sandinista di libera-
zione nazionale, Fsln). Sono vicini o pa-
renti di Francisca Ramírez, la persona più
famosa di Nueva Guinea, una donna di
poco più di quarant’anni, robusta e forte,
da quasi dieci anni a capo delle proteste
rurali contro la costruzione di un canale
interoceanico che Ortega ha affidato a
un’azienda cinese autorizzando l’espro-
prio dei terreni dei contadini. Come diri-
gente del Consiglio per la difesa della
terra, del lago e della sovranità, Ramírez
ha fatto iniziative di pressione, certo, ma
ha anche organizzato e partecipato a bloc-
chi stradali che spesso hanno portato a
scontri con la polizia. Ha ricevuto ricono-
scimenti in tutto il mondo ed è stata mi-
nacciata, aggredita e arrestata dal gover-
no sandinista. A settembre è scappata e
ha cercato rifugio in Costa Rica. In Nica-
ragua è accusata di terrorismo e cospira-
zione contro il governo.
Caccia ai dissidenti
Ho conosciuto Francisca Ramírez a Ma-
nagua, alla fine di aprile del 2018, pochi
giorni dopo l’inizio delle proteste che
hanno provocato l’attuale crisi nel paese.
In quell’occasione, insieme a una cin-
quantina di contadini, era arrivata fino
alla cattedrale per partecipare a una ma-
nifestazione contro l’uccisione di alcuni
studenti. Otto mesi dopo, Ramírez è per-
seguitata, rifugiata in un altro paese e
senza grandi motivi per festeggiare l’anno
nuovo.
“Siamo vivi”, dice. “Il popolo ha avuto
Ortega in pugno”, continua ricordando le
manifestazioni contro il presidente e i
blocchi stradali che per tre mesi, da aprile
a giugno, hanno paralizzato il paese. “Ma
il settore privato non si è mosso, i grandi
capitali non ci hanno seguito”.
Anche dall’esilio Ramírez è molto atti-
va: collabora per far arrivare scorte ali-
mentari alle migliaia di nicaraguensi
scappati in Costa Rica e cerca di coordi-
nare i leader dei gruppi attivisti per piani-
ficare il ritorno alla fine della crisi. Sa che
il Nicaragua che ha lasciato non esiste
più, ma insieme ad altri attivisti in esilio
vuole contribuire alla costruzione del pa-
ese che verrà.
Da quando sono arrivati in Costa Rica,
i contadini nicaraguensi lavorano dove
possono. Alcuni, soprattutto le donne,
raccolgono caffè; altri vendono verdura al
mercato locale. Sono abituati a vivere nei
campi, a pascolare il bestiame e a cammi-
nare in grandi spazi, e si sentono stretti in
questo esilio. Solo nella casa dove si fe-
steggia il capodanno dormono tra le quin-
dici e le venti persone. Quasi tutti sono
arrivati in Costa Rica attraverso strade
poco battute, superando confini invisibili
o il fiume San Juan. Non si nascondevano
dalle autorità migratorie costaricane, ma
dalla polizia nicaraguense, che pattuglia
l’entroterra cercando dissidenti in fuga.
Alle dieci e mezzo di sera Hamlet
Adolfo Sánchez si stende infreddolito su
uno dei divani della casa di Ramírez. Ha
32 anni e viene da Granada. Non ha un’as-
sicurazione sanitaria e non versa contri-
buti in Costa Rica, quindi può andare solo
al pronto soccorso. Cinque giorni fa ha
avuto un ictus, almeno così credono, che
gli ha paralizzato metà del volto. È stato
portato in un ospedale di San José, dove
gli hanno dato una pasticca e un po’ di vi-
tamina B.
Sei mesi prima, il 26 giugno, Sánchez
era stato arrestato dai paramilitari. Sua
moglie dice che l’hanno picchiato brutal-
mente e che i suoi problemi di salute sono
cominciati dopo l’arresto. Era stato porta-
to alla stazione di polizia di Masaya, da
cui era uscito grazie alla mediazione di
don Edwin Román e dell’attivista Álvaro
Leyva (anche lui oggi è in Costa Rica). Un
mese dopo Sánchez ha lasciato il paese,
con la moglie e un figlio. Da allora ha lavo-
rato come muratore, cuoco e venditore,
occupazioni che non gli danno accesso
alla sanità pubblica né a quella privata.
Ramírez lo copre con due coperte per
farlo smettere di tremare e suggerisce alla
moglie di andare in ospedale. “Ci chiede-
ranno dei soldi”, risponde lei. Allora
Ramírez, che tutti chiamano doña Chica,
organizza una piccola colletta per chia-
mare un taxi. Dieci minuti prima della
mezzanotte, Sánchez sale su un Uber ne-
ro, con indosso tre maglioni e due coper-
te. La moglie si siede sul sedile anteriore.
Festeggeranno l’arrivo del nuovo anno in
quella macchina.
La sera del 17 dicembre una decina di
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 45
Nicaragua
ragazzi in jeans e maglietta bianca ha fat-
to irruzione in un bar della zona di Cami-
no de Oriente a Managua, la capitale ni-
caraguense, con un cartello con la scritta
#ProhibidoOlvidar, vietato dimenticare.
Hanno gridato: “Libertà per i prigionieri
politici, libertà”. Prima che la gente capis-
se cosa stava succedendo, i ragazzi sono
spariti con la stessa velocità con cui erano
arrivati.
Il giorno dopo si sarebbero compiuti
otto mesi dall’inizio della crisi nicara-
guense, cominciata proprio lì, a Camino
de Oriente. “Siamo tornati nel posto dove
tutto ha avuto inizio. Il popolo non smet-
terà di farsi sentire fino a quando il ditta-
tore non se ne andrà”, mi ha scritto uno
Nel Nicaragua raccontato dai mezzi
d’informazione ufficiali si vive in un
clima di gioia permanente, pieno
di amore e solidarietà
degli organizzatori, un leader del movi-
mento studentesco nato dalla crisi.
Oggi molti studenti che hanno parte-
cipato alle proteste e alle occupazioni
delle università nella primavera del 2018
sono morti, in prigione, in esilio o vivono
nascosti per non essere arrestati. Ma la
repressione non si limita agli studenti:
riguarda tutti i settori della società.
Nella versione ufficiale del governo
del Nicaragua, che si manifesta attraver-
so la voce di Daniel Ortega e della moglie
e vicepresidente Rosario Murillo ed è tra-
smessa dalla maggior parte dei canali tv,
le proteste sono un tentativo di colpo di
stato. E ai golpisti e ai nemici del Nicara-
gua i sandinisti rispondono con l’amore.
Messaggio di fine anno
Il 2018 si è chiuso con più di 350 morti,
quasi seicento prigionieri politici e tra gli
ottantamila e i centomila esuli. Migliaia
di nicaraguensi vivono nascosti, in fuga
dalla polizia e dai paramilitari, che dalla
metà di luglio hanno scatenato una cac-
cia ai dissidenti casa per casa.
Grazie a questa campagna di repres-
sione Ortega e le sue forze di sicurezza
hanno ripreso il controllo del territorio,
hanno smantellato la mobilitazione civi-
le e il movimento studentesco, e hanno
chiuso organizzazioni per i diritti umani,
ong e mezzi d’informazione. Nessun op-
positore del governo è al sicuro. Ortega si
è ripreso la piazza, e nelle piazze e nelle
strade regna di nuovo la paura. Ma la sua
46 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
forza interna è messa alla prova da
un’economia sempre più in crisi e da un
discredito internazionale che in America
Latina è paragonabile solo a quello che
vive il Venezuela.
A dicembre il gruppo interdisciplina-
re di esperti indipendenti (Giei), istituito
sulla base di un accordo tra il governo di
Ortega e l’Organizzazione degli stati
americani (Oea) per indagare sugli omi-
cidi di decine di studenti durante i primi
due mesi delle proteste, ha concluso che
il Nicaragua è responsabile di crimini
contro l’umanità. I quattro esperti inter-
nazionali del gruppo sono stati espulsi
dal paese un giorno prima della diffusio-
ne del rapporto.
Nello stesso mese il congresso degli
Stati Uniti ha approvato il Nica act, una
legge che limita le attività finanziarie in
Nicaragua e ostacola l’accesso del paese
ai prestiti degli organismi finanziari inter-
nazionali. Nei discorsi del governo e sui
canali tv nicaraguensi – quasi tutti in ma-
no alla famiglia Ortega – non se ne parla
affatto. Nel Nicaragua raccontato dai
mezzi d’informazione ufficiali si vive in
un clima di gioia permanente, pieno di
amore e solidarietà.
Nel messaggio di fine anno, Daniel
Ortega ha detto che il Nicaragua è entra-
Da sapere
Una lunga carriera
u Nel 1979 i ribelli sandinisti destituiscono il
dittatore Anastasio Somoza. Daniel Ortega
assume il comando della Giunta sandinista per
la ricostruzione nazionale e nel 1984 è eletto
presidente. Dall’inizio degli anni ottanta gli
Stati Uniti finanziano le operazioni militari dei
guerriglieri antisandinisti, i cosiddetti contras.
Ortega governa fino al 1990, quando Violeta
Barrios de Chamorro vince le elezioni. È
rieletto presidente nel 2006, nel 2011 e nel
2016, quando nomina vicepresidente la moglie
Rosario Murillo.
u Il 18 aprile 2018 Ortega annuncia tagli alle
pensioni e un aumento dei contributi da versare
all’Istituto nicaraguense della previdenza
sociale. La misura, subito ritirata, scatena la
protesta. Per tre mesi i nicaraguensi scendono
in piazza contro il governo, che reprime con
violenza le manifestazioni.
to in una fase di riconciliazione, poi ha
annunciato la costruzione di una strada
interoceanica e di un porto sulla costa
caraibica. Non ha fatto neanche un ac-
cenno alla crisi che sta attraversando il
paese.
Il 2 dicembre, verso le dieci di sera, la
polizia ha preso il controllo degli uffici
del canale 100% Noticias con una gran-
de operazione. Alcuni giornalisti (me
compreso) si sono avvicinati al primo dei
cordoni piazzato dalle forze dell’ordine
per impedire di entrare. Alcuni poliziotti
armati di fucili ci hanno vietato di passa-
re. Pochi metri più avanti, decine di poli-
ziotti e agenti antisommossa interrom-
pevano le trasmissioni e arrestavano il
direttore del canale, Miguel Mora, e la
giornalista Lucía Pineda.
Davanti a noi, alcuni vigili deviavano
il traffico. Nel frattempo i canali tv vicini
a Ortega trasmettevano servizi su fiere
gastronomiche e immagini di turisti eu-
ropei in visita al vulcano Masaya: l’altro
Nicaragua, quello solidale, cristiano e
socialista di Rosario Murillo, metteva a
tacere il discorso della dissidenza e im-
poneva il suo.
Da alcuni mesi El Faro chiede d’inter-
vistare i funzionari del governo, ma non
ha mai ricevuto risposta. Per quest’arti-
colo non hanno voluto parlare neanche i
dirigenti e i quadri del partito. Oggi tutte
le comunicazioni ufficiali passano dalla
cancelleria, e il titolare di questo mini-
stero, Denis Moncada, sostiene che il
governo sandinista è minacciato da una
cospirazione di Washington, che vuole
organizzare un colpo di stato. Secondo
Moncada, gli oppositori e i dissidenti so-
no finanziati dalla Cia e dal dipartimento
di stato statunitense.
“Magari fosse vero”, mi ha detto il 1
gennaio per telefono una donna di Jino-
tega su cui pende un mandato di cattura
per aver portato da mangiare ai ragazzi
impegnati nei blocchi stradali tra maggio
e luglio del 2018. È accusata di terrori-
smo e vive nascosta con la sua famiglia in
Nicaragua. “Ci accusano di essere finan-
ziati dalla Cia e da non so chi altro. Dove
sono? Vorrei che qualcuno ci aiutasse.
Non abbiamo un posto dove andare, non
so neanche dove dormiremo stanotte”.
Verso la metà di dicembre, a Mana-
gua, ho visitato gli uffici del Movimento
di donne María Elena Cuadra, che negli
ultimi mesi si è impegnato per aiutare le
madri dei prigionieri e delle persone
scomparse. Quella mattina più di venti
donne, in gran parte madri o mogli di pri-

MERIDITh KOhUT (ThE NEw YORK TIMES/CONTRASTO)
gionieri politici, si sono incontrate per
discutere della situazione. C’erano don-
ne di Managua, ovviamente, ma anche
di Estelí, León, Matagalpa e Chontales.
Fanno parte del comitato per la libera-
zione delle prigioniere e dei prigionieri
politici, che è stato appena creato e riuni-
sce i rappresentanti di quasi quattrocen-
to famiglie di detenuti. Quasi tutte le
partecipanti rappresentano un gruppo di
madri della località da cui provengono.
Cercano di ottenere fondi per portare vi-
veri ai prigionieri e per mantenere le loro
famiglie, e ogni giorno recapitano di per-
sona o fanno portare qualcosa da man-
giare ai detenuti.
Mentre nel discorso ufficiale del go-
verno la vita in Nicaragua rifiorisce, tra i
familiari delle vittime tutto è più buio.
Questo clima li porta a sospettare l’esi-
stenza di carceri clandestine, di fosse co-
muni piene di cadaveri o la presenza d’in-
filtrati nel gruppo. Nella riunione si è par-
lato del caso di una donna, un’ex compa-
gna di uno dei prigionieri, che aveva avuto
una relazione con un paramilitare. La rap-
presentante del suo gruppo sospettava
che fosse stata lei a consegnare il suo ex
fidanzato, oggi in carcere.
Secondo Sandra Ramos, la direttrice
Un gruppo di nicaraguensi in esilio in Costa Rica, 20 dicembre 2018
del movimento, la sua organizzazione e
altre sessanta ong saranno chiuse dal re-
gime di Ortega. È normale pensarlo,
spiega: “Abbiamo visto molte cose brutte
in pochissimo tempo. La repressione ha
colpito soprattutto le persone più povere
e i più giovani”.
Oltre ai sospetti, alcune donne condi-
videvano un certo entusiasmo per una
voce che stava girando: avevano sentito
dire che, come gesto di buona volontà, il
giorno di Natale il governo avrebbe libe-
rato alcuni prigionieri. Speravano che tra
le persone liberate ci sarebbero stati an-
che i loro familiari.
Secondo il comitato che si batte per la
liberazione, nelle prigioni nicaraguensi ci
sono 740 detenuti politici, arrestati o se-
questrati dall’inizio delle rivolte ad aprile.
Su duecento di loro non pendeva nessun
mandato di cattura e non sono stati sotto-
posti a un processo. Uno su dieci è ancora
nel carcere El Chipote, usato come luogo
di tortura dai tempi della dittatura della
famiglia Somoza. Sono 149 i prigionieri
di cui non si hanno notizie.
Di recente il comitato ha mandato
una lettera ai ministri degli esteri di tutta
l’America Latina, spiegando che in Nica-
ragua è in corso la peggiore crisi dei dirit-
ti umani affrontata dall’America Centra-
le dalla fine dei conflitti armati degli anni
novanta. Secondo il rapporto del Giei, i
principali responsabili della situazione
sono la polizia e i gruppi paramilitari di
Ortega.
Questa conclusione è condivisa an-
che dal centro nicaraguense per i diritti
umani, che di recente è stato esautorato
dal parlamento, e dalle altre organizza-
zioni umanitarie. Sono tutti d’accordo
eccetto la procura per la difesa dei diritti
umani, che è statale. Secondo i rapporti
del Movimento María Elena Cuadra, il
60 per cento dei prigionieri politici pro-
viene da famiglie sandiniste, deluse dal
presidente Ortega.
Le celle del Chipote
Tra i prigionieri c’è Juan Carlos Baqueda-
no, 61 anni, un rivoluzionario sandinista
di lungo corso. Negli anni ottanta alcuni
medici di Cuba, della Mongolia e
dell’Unione Sovietica gli estrassero, sen-
za intaccare le sue funzioni cerebrali, una
pallottola che lo aveva colpito alla testa. È
stato presidente dei veterani di guerra ma
nel 2018, quando sono cominciate le ri-
volte contro Ortega, si è unito ai blocchi
stradali a Jinotega. Baquedano è stato ar-
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 47
Nicaragua
restato poco tempo dopo e condannato a
cinquant’anni di carcere con l’accusa di
essere l’autore morale di un omicidio. Se-
condo la moglie, è stato torturato nelle
celle del Chipote.
Ci sono anche persone più giovani:
Dilon Zeledón Ramos è uno studente di
vent’anni, è stato arrestato il 21 luglio a
Matagalpa durante l’Operación limpieza
(Operazione pulizia). Faceva parte
dell’Unione degli studenti nicaraguensi
(Unen), il braccio universitario del Fron-
te sandinista di liberazione nazionale.
Quando sono cominciate le proteste e
l’Unen ha deciso di sostenere Ortega, lui
si è unito a uno dei gruppi studenteschi
nati durante la rivolta e ha appoggiato
l’occupazione del Politecnico e dell’Uni-
versità nazionale autonoma (Unan). È
accusato di terrorismo, minacce e furto.
Secondo la madre, prima del trasferi-
mento nel sistema formale di detenzio-
Gli esuli sanno che, durante la
rivoluzione sandinista, la risposta
politica per il dopo Somoza fu
organizzata proprio dalla Costa Rica
ne, Dilon è passato dal Chipote. In una
cella è stato tenuto con l’acqua fino alle
ginocchia; in un’altra l’hanno appeso per
le braccia e gli hanno inferto delle scari-
che elettriche. Sta ancora aspettando la
sentenza.
Un altro detenuto è Hanssel Ruiz, 26
anni. È stato arrestato a luglio a Nindirí
con l’accusa di aver partecipato all’in-
cendio di una radio locale insieme ad al-
tri due ragazzi. La madre, Lilia Ruiz, rac-
conta che quando lo ha rivisto in tribuna-
le, cinque giorni dopo, aveva segni di
percosse sul viso e sul torace. È stato con-
dannato a diciotto anni per terrorismo,
traffico di armi e danneggiamento di spa-
zi pubblici.
Le illusioni natalizie si sono spente in
fretta: nessun prigioniero politico è stato
liberato.
Un momento decisivo
Madelaine Caracas vive a San José, in
Costa Rica, da luglio, in un appartamen-
to che condivide con altri cinque ragazzi.
Sono tutti nicaraguensi e tutti esuli. Ha
21 anni, ma ne aveva venti il 18 aprile,
quando tutto è cominciato con la prote-
sta di Camino de Oriente, a Managua. Si
era presentata lì insieme a un gruppo di
amici e ai pensionati per manifestare
48 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
contro i tagli alle pensioni annunciati dal
governo. Era lì quando sono arrivati i
mezzi della gioventù sandinista e hanno
seminato il panico. Il giorno dopo ci sono
stati i primi morti.
Ma la sua storia conferma che l’inizio
è sempre preceduto da qualcosa. Made-
laine Caracas aveva abbandonato la sua
casa quattro giorni prima, il 14 aprile, per
motivi di sicurezza. Stava partecipando
alle iniziative di protesta contro gli in-
cendi nella riserva Indio Maíz e, in un
breve intervento televisivo, aveva accu-
sato di corruzione il deputato sandinista
Edwin Castro, un politico che era anche
professore dell’Università centroameri-
cana, dove lei studiava. Da allora Cara-
cas non ha più dormito sotto lo stesso
tetto dei suoi genitori. Anche loro si sono
dovuti trasferire perché i paramilitari
sorvegliavano la casa, e oggi vivono na-
scosti a Managua.
Il momento più significativo, che ha
determinato la svolta verso la sua nuova
vita, è stato il 18 maggio, quando si è aper-
to il tavolo di dialogo tra il governo sandi-
nista e i settori sociali – imprenditori, stu-
denti, contadini e società civile – con la
mediazione della chiesa cattolica. Circa
venti studenti, tra cui Madelaine Caracas,
hanno preso posto al tavolo in rappresen-
tanza di migliaia di ragazzi che in quel
momento manifestavano o occupavano
le università per protestare contro l’ucci-
sione dei loro compagni.
Quella mattina il presidente Daniel
Ortega ha affrontato i presenti: “Fatemi
vedere l’elenco delle persone scomparse
in Nicaragua, dei prigionieri politici... an-
che la polizia è una vittima”. Madelaine
Caracas ha preso il suo telefono e ha co-
minciato a cercare una lista. Pochi minuti
dopo, senza aver preparato nulla, ha gri-
dato: “Avete chiesto un elenco dei morti,
eccolo”, e ha letto uno per uno i nomi di
cinquantotto vittime. Dopo ogni nome gli
studenti gridavano: “Presente!”.
Questo episodio avveniva poco dopo
che un altro studente, Lesther Alemán,
aveva attaccato direttamente il presiden-
te Ortega, dicendogli che quel tavolo ser-
viva a negoziare la sua uscita di scena.
Alla fine di quella giornata gli studen-
ti erano sicuri che la fine di Ortega fosse
imminente.
Oggi quasi la metà di quella delegazio-
ne studentesca è in prigione. Chi non è
stato arrestato è andato in esilio, a ecce-
zione di due o tre studenti che vivono na-
scosti a Managua. Tra gli esuli ci sono
anche Lesther Alemán e Madelaine Cara-
cas. Seduta in un bar vicino al centro di
San José, Caracas ha ancora abbastanza
passione ed energia per mantenere viva
la sua utopia in questo malinconico inizio
di anno che la coglie fuori dal paese, sen-
za mezzi, mentre i suoi compagni sono in
carcere. È sicura che lei e i suoi stiano vin-
cendo. Lo pensa perché la sua generazio-
ne, che all’inizio di aprile sembrava apati-
ca, poco interessata alla realtà del paese e
sconnessa dalla storia, si è risvegliata: “La
nascita spontanea e legittima di questa
mobilitazione ha dato risultati migliori di
quanto potessimo sperare”, dice. “Non
solo per la portata della mobilitazione,
ma anche per il dialogo che si è aperto tra
settori della società e tra generazioni che
prima non comunicavano”.
I soliti noti
Madelaine Caracas è figlia di rivoluzio-
nari sandinisti che si sono allontanati dal
partito quando Ortega ha modificato la
costituzione per poter essere rieletto
senza limiti di mandato. Anche per que-
sto scommette sul futuro. La rivoluzione
ha commesso molti errori ed è stata tra-
dita da Ortega e dalla moglie Murillo: “Il
Nicaragua merita di meglio. Chiederci
da dove veniamo è già un grande passo
avanti”, dice.
Continua a cospirare dalla Costa Rica
insieme ad altri esuli, come Francisca
Ramírez, la leader contadina, o Mónica
López Baltodano, l’attivista per i diritti
umani. Sanno che durante la rivoluzione
sandinista la risposta politica per il Nica-
ragua del dopo Somoza fu organizzata da
qui. Sanno anche che oggi questa risposta
è in mano a donne come loro e che in Ni-
caragua non c’è un’opposizione pubblica
credibile né un’organizzazione armata
contro il regime. Ma mentre altri lo consi-
derano un problema, loro pensano che
dia più legittimità alla lotta.
Hanno tutte la stessa preoccupazio-
ne: come organizzare dall’estero un tavo-
lo per preparare la transizione in vista
della fine del regime di Ortega, e come
evitare che questa transizione finisca per
consegnare il potere agli stessi personag-
gi di sempre: i grandi imprenditori che
dieci anni fa strinsero un accordo con
 Un dissidente ricercato dal governo del Nicaragua in esilio in Costa Rica, 19 dicembre 2018
MERIDITH KOHuT (THE NEw YORK TIMES/CONTRASTO)
Ortega e sono complici della corruzione
del sistema. “Il primo giorno tutte le voci
avevano spazio”, dice Caracas. “Ora mi
sembra che ci sia un gioco tra i soliti noti.
Se non ci mettiamo d’accordo, rischiamo
di finire con gli imprenditori e i politici di
sempre”.
Monica López Baltodano, che è stata
consulente legale del movimento conta-
dino di Francisca Ramírez ed è una figu-
ra importante dell’Articulación de movi-
mientos sociales, è andata in esilio dopo
essere stata minacciata. Anche lei viene
da una famiglia sandinista. Ormai da an-
ni partecipa alle proteste contro Ortega,
opponendosi alla costruzione del canale
interoceanico. “Niente ha senso senza
una resistenza civile”, dice. “Ma davanti
all’evidenza della repressione, ci resta
solo la resistenza clandestina. Bisogna
organizzarsi per il lungo termine e cerca-
re di frenare i violenti”.
López Baltodano, per anni aperta-
mente critica nei confronti degli impren-
ditori, oggi è più pragmatica: “Dobbiamo
mettere da parte la memoria storica e co-
struire ponti verso l’industria privata. La
cosa peggiore che potrebbe capitare è
una nuova alleanza tra Ortega e le azien-
de private”. Secondo lei, la strategia e la
pianificazione devono avvenire fuori dal
Nicaragua, perché sempre più spesso le
persone sono costrette ad andarsene.
Crede anche che nei prossimi mesi Orte-
ga moltiplicherà gli attacchi a ong e ai
mezzi d’informazione: “Cercherà di
mettere a tacere tutte le voci”, dice. La
resistenza dev’essere costruita dove si
trovano queste voci.
Più pressione
Ma chi sono le persone che cercano di
organizzarsi nel paese vicino? Secondo
Francisca Ramírez, oggi in Costa Rica
sono rappresentate 60 delle duecento
organizzazioni che fanno parte dell’Arti-
culación de movimientos. In mancanza
di leadership politiche valide, hanno co-
minciato a lavorare su quelle della socie-
tà civile: “Vediamo di buon occhio la
formazione di una giunta di transizione,
con una rappresentanza di tutti i settori.
Vogliamo quattro cose: giustizia, demo-
crazia, riparazione e non ripetizione.
Dobbiamo fare più pressione”, dice. Tut-
ti gli esuli sperano che alla fine del 2019
nel loro paese ci sarà un altro governo,
ma nessuno è pronto a scommetterci.
“Non eravamo preparati per una violen-
za del genere”, ammette López Baltoda-
no. “Non abbiamo capito di quali orrori
fosse capace Ortega. Quando pensava-
mo che non si potesse fare di peggio, ci
ha sempre stupito”.
Il 9 gennaio decine di poliziotti hanno
circondato la libreria Hispamer, a Mana-
gua. Era in programma la cerimonia per
la consegna dei premi al giornalismo ni-
caraguense organizzata dalla fondazione
Chamorro. Nessuno dei nominati appar-
teneva a mezzi d’informazione vicini al
governo. La fondazione ha deciso di pro-
seguire con la premiazione nonostante la
minaccia delle forze dell’ordine, che so-
no rimaste solo per incutere paura.
Nel frattempo, nell’altro Nicaragua
dei turisti, della normalità recuperata,
del paese che si è salvato da un colpo di
stato, dell’allegra repubblica in cui non
succede più niente, la vicepresidente Ro-
sario Murillo ha annunciato che presto i
nicaraguensi potranno vedere una nuova
telenovela taiwanese. Su uno dei canali
controllati dai suoi figli. u fr
L’AUTORE
Carlos Dada è un giornalista salvadoregno di
origine greco-libanese. Nel 1998 ha fondato El
Faro, il primo quotidiano online in America
Latina, e lo ha diretto fino al 2014.
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 49
 Iran
Teheran, 2018
MAgNUM/CONTRASTO
Un anniversario
difficile per gli iraniani
Saeed Jalili, Al Jazeera, Qatar. Foto di Raghu Rai
Migliaia di persone hanno
celebrato i quarant’anni della
rivoluzione, in un momento in
cui il paese affronta difficoltà
economiche e politiche
e crescenti pressioni esterne
er il quarantesimo anniver-
P sario della rivoluzione del
1979, l’11 febbraio gli ira-
niani sono scesi per le stra-
de di tutto il paese rinno-
vando la loro fedeltà ai
princìpi islamici, in una fase delicata do-
po il ripristino delle sanzioni statuniten-
50 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
si. Nel suo discorso ai manifestanti radu-
nati in piazza Azadi (Libertà) a Teheran,
il presidente Hassan Rohani ha criticato
i tentativi statunitensi di isolare l’Iran e
ha ribadito che il paese continuerà a por-
tare avanti il suo programma missilistico
per difendersi dalle minacce esterne.
Ogni 11 febbraio in Iran si tengono
manifestazioni per ribadire il sostegno
popolare alla rivoluzione che sostituì il
governo dello scià Mohammad Reza
Pahlavi con la Repubblica islamica gui-
data dal leader supremo ayatollah Ruhol-
lah Khomeini. Nel paese la ricorrenza è
nota come L’alba dei dieci giorni, in rife-
rimento al periodo di violente proteste
seguite al 1 febbraio 1979, il giorno del
ritorno di Khomeini dall’esilio. La data
segna anche la fine ufficiale dei 2.500 an-
ni di impero persiano.
A Teheran decine di migliaia di perso-
ne erano in piazza Azadi, uno dei luoghi
più emblematici della capitale: una piaz-
za costruita dallo scià, che era sostenuto
dagli Stati Uniti, e poi rinominata con la
vittoria delle forze fedeli a Khomeini.
Migliaia di persone hanno manifestato
anche in altre città, compresa la città sa-
cra di Mashhad.
Sotto la pioggia e la neve, i manife-
stanti hanno marciato lungo le principali
strade della capitale con striscioni e car-
telli contro gli Stati Uniti e l’Arabia Saudi-
ta. Un contabile di trent’anni che parteci-
pava con la moglie e il figlio ha detto di
essere fedele agli ideali della Repubblica
islamica, ma ha anche chiesto alle auto­
rità di eliminare la corruzione nel gover­
no. Secondo un’altra manifestante di
vent’anni la responsabilità per i problemi
economici e politici è dei leader rifor­
misti.
Banco di prova
Rispetto all’epoca della rivoluzione,
quando tutto il paese si unì contro lo scià,
oggi l’Iran appare più diviso tra i conser­
vatori, che credono nella rigida applica­
zione delle leggi di quarant’anni fa, e i
riformisti, che chiedono più trasparenza
in economia e più libertà per i cittadini.
Nel 2017 Rohani è stato rieletto in un
voto che era il banco di prova per il suo
principale risultato da presidente: lo sto­
rico accordo sul nucleare firmato con le
potenze mondiali nel 2015 e la
fine delle dure sanzioni econo­
miche che avevano a lungo
strangolato l’economia del
paese.
Ma nel maggio del 2018 gli
Stati Uniti hanno abbandonato unilate­
ralmente l’accordo (sostenuto dalle Na­
zioni Unite), imponendo di nuovo le san­
zioni e adottando una politica di “massi­
ma pressione” nei confronti di Teheran.
Il presidente statunitense Donald Trump
vuole costringere il paese a negoziare lo
sviluppo del suo programma missilistico
e la sua presenza militare in Medio
Oriente. Ma l’Iran esclude ogni trattativa
di questo tipo.
Le sanzioni statunitensi colpiscono
settori chiave come il petrolio, le banche
e l’industria marittima, con l’obiettivo di
far crollare le rendite petrolifere dell’Iran,
che sono la principale fonte di valuta pre­
giata per il paese. Le sanzioni hanno limi­
tato molto anche la capacità del paese di
ottenere valuta estera. Questo ha fatto
crollare il valore del rial e impennare i
prezzi, e a farne le spese sono i cittadini.
Le difficoltà economiche hanno esaspe­
rato gli iraniani più poveri, innescando
sporadiche proteste e scioperi nel corso
del 2018.
Per cercare di salvare l’accordo sul
nucleare, il 31 gennaio Regno Unito,
Francia e Germania hanno creato l’In­
strument in support of trade exchanges
(Instex), un meccanismo per portare
avanti il commercio con l’Iran escluden­
do le transazioni in dollari e aggirando
così le sanzioni di Washington.
Nel frattempo sia l’Unione europea
savia, in Polonia, il 13 e il 14 febbraio, con­
siderato un incontro antiraniano. Il verti­
ce mira a promuovere “un futuro di pace
e di sicurezza in Medio Oriente” e sono
attesi il primo ministro israeliano Benja­
min Netanyahu e i leader dell’Arabia Sau­
dita (il principale rivale regionale
dell’Iran) e dei suoi alleati. L’annuncio il
mese scorso che il vertice si sarebbe “con­
centrato sull’Iran” aveva suscitato rabbia
a Teheran e disappunto a Bruxelles. Com­
mentando la successiva smentita, il 10
febbraio il ministro degli esteri iraniano
Mohammad Javad Zarif ha detto: “Il sum­
mit è destinato a fallire prima ancora di
cominciare”.
sia le Nazioni Unite hanno mostrato se­
gni di insofferenza verso il programma La transizione necessaria
missilistico iraniano e verso le accuse ri­ Hassan Asadi Zeydabadi, un attivista ri­
volte a Teheran di aver pianificato omici­ formista, ha spiegato che per il governo il
di in territorio europeo. L’Iran ha negato modo più efficace per contrastare le pres­
le accuse e ha sostenuto che i sioni esterne a favore di un cambio di re­
missili balistici saranno usati gime è “avviare una transizione verso il
solo a scopi difensivi. L’8 feb­ concetto di stato di diritto”. Secondo
braio la guida suprema, l’aya­ Zeydabadi, “il cambio di regime è ancora
tollah Ali Khamenei, ha detto considerato una minaccia per la Repub­
di essere scettico sulla volontà blica islamica perché manca un progetto
dell’Europa di agire nell’interesse di sviluppo delle strutture democratiche.
dell’Iran. Se si affermasse il principio dello stato di
Il quarantesimo anniversario della ri­ diritto il cambio di regime perderebbe di
voluzione cade anche poco prima di un significato. Rovesciare un regime demo­
vertice organizzato dagli Stati Uniti a Var­ cratico diventerebbe insensato”. u fdl
Da sapere Orgoglio e critiche
I mezzi d’informazione ira­ me nei quarant’anni dalla Ad allontanarsi dalla re­
niani hanno riservato molto rivoluzione la popolazione torica celebrativa è la rivista
spazio alla celebrazione del iraniana sia passata da 36 a online Tableau che denun­
quarantesimo anniversario 82 milioni di persone: “Que­ cia gli effetti del cambia­
della rivoluzione, dando sto dimostra che il paese ha mento climatico nel paese e
grande risalto al senso di fatto grandi sforzi per svi­ scrive che rispetto a qua­
unità e di orgoglio che la ri­ lupparsi e crescere”. Tra i ri­ rant’anni fa ora i terreni so­
correnza ispira. “La magni­ sultati ottenuti dal governo no molto più aridi. “Se con­
fica presenza di una nazio­ nei decenni scorsi, Iran tinuiamo di questo passo
ne”, titola il quotidiano con­ Daily cita il fatto che oggi il l’Iran diventerà sempre
servatore Ettelaat. “Una paese produce l’85 per cen­ meno fertile e ci saranno ri­
gloria di quarant’anni”, gli to dei suoi armamenti, percussioni dal punto di vi­
fa eco Aftab-e Yazd, consi­ mentre prima della rivolu­ sta politico, economico e
derato uno dei giornali più zione il dato era intorno al 5 sociale”.
liberali del paese. “Gli ira­ per cento. Inoltre l’influen­ L’emittente in lingua
niani sotterrano i sogni za dell’Iran nella regione persiana Radio Farda criti­
dei loro nemici”, scrive il “ha raggiunto il suo apice”. ca invece il discorso di Has­
conservatore Kahyan sot­ Il quotidiano riformista san Rohani: “Quando parla
tolineando che l’anniversa­ Ghanoon commenta il di­ di ‘libertà dei partiti e dei
rio cade “in un momento scorso del portavoce del mezzi d’informazione ’, il
di crescenti tensioni con parlamento Ali Larijani, che presidente ovviamente non
gli Stati Uniti” e “di difficol­ a Qom ha annunciato la vo­ cita il fatto che molti gruppi
tà economiche per gli ira­ lontà della guida suprema politici non possono agire
niani”. di attuare riforme struttura­ nel paese e che secondo Re­
Il quotidiano moderato li entro quattro mesi: “Dopo porter senza frontiere l’Iran
Aftab riprende il discorso tanti anni le riforme sono è una delle più grandi pri­
del presidente Hassan Ro­ necessarie e devono essere gioni al mondo per i giorna­
hani, che ha evidenziato co­ accettate”. listi”.
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 51
Iran
Cosa resta
della rivoluzione
Farhad Khosrokhavar, L’Orient-Le Jour, Libano
Negli ultimi anni ci sono state
diverse mobilitazioni contro il
regime. Ma la loro natura è
cambiata e oggi sono segnate da
una profonda frustrazione
uarant’anni dopo la grande
Q frattura storica provocata
dalla rivoluzione islamica
del 1979, la società iraniana
resta attraversata da forti
turbolenze, che hanno ani-
mato le mobilitazioni contro il regime
negli ultimi vent’anni.
Al centro delle contestazioni c’è la le-
gittimità del potere, ma il processo d’im-
poverimento che va avanti dall’inizio de-
gli anni duemila e che riguarda non solo i
ceti più deboli ma anche le classi medie,
ha profondamente trasformato la natura
delle proteste. La richiesta di apertura po-
litica e di democratizzazione avanzata
dalle classi medie è stata progressiva-
mente sopraffatta dalle rivendicazioni di
giustizia sociale delle classi più svantag-
giate o impoverite.
In Iran l’ultimo movimento sociale di
una certa importanza legato alle classi
medie (in particolare agli universitari) è
stato il movimento verde di giugno e lu-
glio del 2009. Quello che chiedeva era più
democrazia e il riconoscimento della di-
gnità dei cittadini da parte dello stato. Il
suo motto è stato poi ripreso dalle rivolu-
zioni arabe, tra il 2010 e il 2012. La prote-
sta del 2009 metteva in discussione la
teocrazia islamica nella sua versione scii-
ta e puntava il dito sulle responsabilità dei
governanti di fronte ai cittadini, a partire
dal voto popolare.
La maggior parte delle proteste negli
ultimi vent’anni è stata portata avanti
dalle nuove classi medie, soprattutto da-
gli studenti, e su questioni molto più po-
litiche che economiche. È così dalle ele-
zioni presidenziali del 1997 in poi, con i
riformisti che si opponevano ai sosteni-
tori duri e puri della teocrazia, i cosiddet-
ti principalisti. Bisogna anche sottoline-
are che Mahmoud Ahmadinejad ha vinto
52 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
le elezioni nel 2005 e nel 2009 non tanto
grazie ai brogli quanto al fatto che ha sa-
puto mobilitare i “diseredati” che non
interessavano ai riformisti assetati di li-
bertà politica.
Questi diseredati e le categorie minac-
ciate dall’impoverimento, in particolare
dalle truffe delle banche private fondate
dagli oligarchi del regime, sono stati il
motore delle rivolte scoppiate in almeno
110 città iraniane tra la fine del 2017 e
l’inizio del 2018.
Il prezzo delle uova
Queste sommosse avevano caratteristi-
che nuove rispetto alle proteste preceden-
ti. Innanzitutto, si è trattato di una rivolta
del pane (anzi delle uova, il cui prezzo era
raddoppiato dopo la cancellazione dei
sussidi). I manifestanti chiedevano la fine
del regime non tanto per avere più demo-
crazia ma perché avevano perso speranza
nella capacità della teocrazia di soddisfa-
re i loro bisogni e di farli uscire da una po-
vertà ormai strutturale. Tutto questo
mentre le reti clientelari del regime si ap-
propriavano, soprattutto con la corruzio-
ne, della fetta più grande delle rendite
petrolifere, e la distanza tra classi sociali
si trasformava in un abisso.
Inoltre, mentre le proteste dei vent’an-
ni precedenti si erano svolte soprattutto a
Teheran e nei centri più grandi, quelle del
2018 hanno riguardato molte città e in
particolare quelle minori, sia perché sono
state abbandonate dal potere, che teme i
grandi centri e se ne occupa meglio, sia
perché nei piccoli centri c’è più contatto
tra le categorie svantaggiate, che non de-
vono attraversare lunghe distanze per
andare da un quartiere all’altro.
Un’altra differenza importante è che
mentre all’interno del movimento verde
c’erano molte giovani donne, in quello
dell’anno scorso ce ne sono state pochis-
sime. Inoltre, è vero che i manifestanti
avevano tra i 20 e i 35 anni, ma tra loro
molti erano laureati disoccupati e pochi
erano studenti.
Si è trattato poi di un movimento sen-
za leader, e per questo più difficile da con-
tenere e reprimere: contrariamente al
1979 e al 2009, nel febbraio del 2018 nes-
suno era a capo dell’ondata di protesta.
Il movimento ironicamente era nato
su istigazione dell’ala dura del regime,
guidata dall’ayatollah Ahmad Alamolho-
da, l’imam del venerdì di Mashhad, no-
minato dalla guida suprema e alla testa
del gruppo di pressione informale Ama-
riyoun. Duecento donne in chador ave-
vano manifestato contro l’aumento del
costo della vita, ma in poco tempo erano
state affiancate da un grande numero di
persone. Le donne lanciavano slogan
contro il presidente Hassan Rohani, ma
la folla aveva cominciato a intonare slo-
gan contro il regime, la guida suprema e
gli aiuti all’estero (alla Siria, al Libano e
ad Hamas), sottolineando che anche gli
iraniani vivevano nella miseria e che i
soldi dello stato dovevano servire prima
di tutto ad alleviare le sofferenze dei più
deboli nel paese. Un movimento monta-
to dal nulla da uno dei seguaci dell’ala
dura del regime si è trasformato in una
contestazione generale, per la situazione
materiale e psicologica della società ira-
niana.
Il movimento del 2017-2018 denun-
ciava in particolare la corruzione e l’arbi-
trarietà del regime, senza però metterne
in discussione le basi politiche e sociali,
soprattutto a causa dell’assenza delle
classi medie. Uno dei motivi della diffu-
sione della protesta è stata la delegitti-
mazione del regime: le malefatte di alcu-
ni suoi esponenti, l’incuria generale
(simboleggiata dall’incendio nel gennaio
del 2017 di un edificio nel centro di Tehe-
ran, che l’amministrazione cittadina non
riusciva a spegnere), l’impunità dei go-
vernanti le cui colpe erano state denun-
ciate su internet. E sullo sfondo la vita
sempre più cara e le promesse di svilup-
po economico mai mantenute.
Fino al 2009 la corruzione era setto-
riale. Oggi riguarda tutto l’apparato stata-
le e i funzionari corrotti operano alla luce
del sole, in un’economia in cui non si può
più vivere in modo dignitoso con uno sti-
pendio e spesso neanche con due, e dove
le mazzette sono necessarie per la soprav-
vivenza. Il regime ha perso credibilità.
Non è legittimato neanche più dai disere-
dati, su cui puntavano le promesse popu-
liste di Ahmadinejad e che erano stati lo
zoccolo duro contro le classi medie nel
2009.
Le classi medie non sono state capaci
di mobilitare le fasce più povere per chie-
dere una riforma del regime. Questa c’è
MAGnUM/ConTRASTo
stata sul piano culturale, ma non politico:
la cultura dominante in Iran è a favore di
un’apertura del sistema politico e della
messa in discussione di alcuni princìpi
“islamici”, come l’esclusione delle donne
e il puritanesimo di facciata delle istitu-
zioni. Ma il potere teocratico non ne tiene
conto, perché può contare sulle rendite
petrolifere e sulla capacità di repressione
della guida suprema.
I grandi perdenti
C’è una frustrazione profonda, non solo
verso il regime ma anche nei confronti del
governo di Rohani, più o meno riformato-
re, che non riesce a scrollarsi di dosso il
giogo di un sistema in cui il 70 per cento
del bilancio pubblico sfugge al controllo
del governo e va alle fondazioni della ri-
voluzione, alle istituzioni clericali o a or-
ganismi poco trasparenti. Inoltre, l’eser-
cito dei pasdaran beneficia di un regime
speciale (diversi porti franchi che posso-
no importare o esportare a loro piacere,
senza che il governo ne sappia nulla),
mentre varie organizzazioni che fanno
capo alla guida suprema godono di uno
statuto speciale che le protegge da inter-
venti del governo.
Così la repressione sociale è stata atte-
nuata perché i gruppi antigovernativi era-
no spesso emanazione dei circoli reazio-
nari del potere clericale. L’apparato di re-
pressione dello stato è diventato più tolle-
rante non a causa di un processo di demo-
cratizzazione, ma per orientare il malcon-
tento verso il governo di Rohani.
L’Iran non ha i mezzi per portare avan-
ti la sua politica regionale e internaziona-
le e allo stesso tempo garantire una vita
dignitosa ai suoi cittadini. Le pressioni
degli Stati Uniti dopo la loro uscita dall’ac-
cordo di Vienna sul nucleare iraniano del
2015 sono una delle cause di questa nuova
situazione. Ma la crisi dipende anche da
fattori interni legati a una politica estera
estremamente costosa, che vede l’Iran
impegnato su più fronti: Iraq, Afghani-
stan, ma soprattutto Siria, Libano (con il
sostegno a Hezbollah), Striscia di Gaza
(con Hamas) e Yemen (dove l’Iran appog-
gia i ribelli sciiti huthi). Inoltre la siccità
che colpisce la regione da più di dieci anni
ha reso il paese dipendente dalle impor-
tazioni per coprire la domanda di prodot-
ti alimentari.
Il ripristino delle sanzioni contro Te-
heran voluto dal presidente statunitense
Donald Trump non farà che peggiorare la
situazione per la popolazione (mentre nel
Teheran, 2018
frattempo l’élite del regime si arricchisce
in modo sproporzionato), accentuando
due tendenze. Da un lato probabilmente
ci saranno nuove rivolte del pane che pe-
rò, per la loro frammentazione e disper-
sione, non metteranno in discussione il
regime (come ha dimostrato il movimen-
to del 2017-2018). Dall’altro, si rafforzerà
la natura “populista” di queste proteste,
cioè s’invocherà un potere forte e non
corrotto, si faranno pressioni sui potenta-
ti locali e su un regime incapace di agire,
invece di avanzare rivendicazioni politi-
che “costruttive” ed esigere un’apertura
politica.
A quarant’anni dall’instaurazione del-
la teocrazia iraniana i protagonisti della
democratizzazione si ritrovano in una si-
tuazione sfavorevole (come d’altronde
succede anche nel resto della regione) e
rischiano di essere i grandi perdenti
dell’evoluzione dei movimenti sociali del
paese degli ultimi quattro decenni. u fdl
L’AUTORE
Farhad Khosrokhavar è un sociologo franco-
iraniano. Docente presso l’École des hautes
études en sciences sociales di Parigi, si occupa
di mondo arabo, fondamentalismo islamico e
movimenti sociali in Iran.
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 53
Nigeria

Il successo
del riso
David Signer, Neue Zürcher Zeitung, Svizzera
Foto di Thomas Imo
In Africa il consumo di riso è in aumento.
I raccolti, però, non riescono a soddisfare la
domanda. La buona notizia è che bastano piccoli
accorgimenti per aumentare la produzione
egli ultimi decenni il ri- sizione meno di un ettaro di terreno, non

N so, che in passato era

considerato un lusso, è
entrato nell’alimenta-
zione quotidiana degli
africani. Nell’Africa
subsahariana il consumo di riso cresce
del 3 per cento all’anno, ma i contadini
della regione faticano a soddisfare la do-
manda. Il problema è particolarmente
ha accesso al credito né ha a disposizione
sementi selezionate, concimi o tecniche
all’avanguardia. Di solito il raccolto ba-
sta appena a coprire il fabbisogno del
contadino, che vende solo le scarse ecce-
denze.
Dato che la qualità del riso nigeriano è
inferiore a quella del riso importato
dall’Asia, anche il prezzo è più basso. Il
PhoToThek/GeTTy IMAGes

evidente in Nigeria, che con 90 milioni governo del presidente Muhammadu

di abitanti è il paese più popoloso del
continente.
La maggiore domanda di riso è in par-
te una conseguenza dell’urbanizzazione
e dei ritmi di vita sempre più frenetici. La
preparazione dei piatti tradizionali infat-
ti è spesso lunga e laboriosa. Il riso invece
costa relativamente poco e cuoce in fret-
ta. In Nigeria, però, le coltivazioni di
questo cereale sono poco produttive. Il
90 per cento degli agricoltori ha a dispo-
Buhari ha annunciato che presto il paese
smetterà di importare il cereale. Anzi, ne
produrrà tanto che comincerà a esportar-
lo. Intanto sono state bloccate le importa-
zioni via terra. Ma per il momento il riso
coltivato in Nigeria copre poco più della
metà del fabbisogno nazionale.
Vantaggi per tutti
La situazione è sfavorevole non solo per
agricoltori e consumatori, ma anche per
l’industria della trasformazione del pro-
dotto grezzo. Per ammortizzare il costo
dei macchinari, un mulino deve poter
contare su partite di riso regolari e di
qualità uniforme.
Finora la collaborazione con gli agri-
coltori non è stata molto strutturata. Nel
2013 il ministero per la cooperazione e lo
sviluppo economico tedesco e la Fonda-
zione Bill and Melinda Gates hanno lan-
ciato la Competitive african rice initiati-
ve (Cari) in quattro paesi – Nigeria, Gha-
na, Tanzania e Burkina Faso – per favori-
re la cooperazione tra agricoltori, azien-
de che lavorano il riso e distributori.
L’idea è che coordinando i diversi pas-
saggi della filiera produttiva si possano
ottenere vantaggi per tutti. I mulini rifor-
niscono gli agricoltori di sementi di qua-
lità e di concimi, oltre a insegnare le tec-
niche di coltivazione più efficienti: questi
semplici interventi a volte bastano a rad-
doppiare o perfino a triplicare i raccolti.
Anche i mulini hanno il loro torna-
conto: possono contare su forniture di
riso più regolari e di qualità migliore. Di
solito i contratti che i mulini stipulano
con i coltivatori prevedono l’acquisto di
un quantitativo fisso di riso a un prezzo

54 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019


superiore a quello di mercato. I contadini
possono decidere se vendere le ecceden-
ze al mercato o al mulino. Dal 2013 l’ini-
ziativa Cari dichiara di aver garantito a
più di 400mila nigeriani redditi più alti e
una maggiore sicurezza alimentare.
A lezione
Il villaggio di Argungu si trova nello stato
di Kebbi, nel nordovest della Nigeria. Un
mercoledì di metà novembre i contadini
della zona partecipano a un corso di for-
mazione della durata di circa un’ora te-
nuto da un istruttore della Cari. A no-
vembre è finita la stagione delle piogge, e
sta per cominciare la stagione secca. Il
riso è già stato raccolto ed è pronto per
La trebbiatura del riso a Suru, 14 novembre 2018
essere venduto. Allo stesso tempo biso-
gna procedere alla seconda semina
dell’anno. In passato i contadini semina-
vano i campi in modo casuale. L’operato-
re della Cari, invece, gli insegna a usare i
germogli che poi vengono interrati alla
giusta distanza l’uno dall’altro. È un la-
voro impegnativo, ma serve a non spre-
care le sementi e a ottenere raccolti più
abbondanti. L’istruttore mostra come
fare: con gli stivali immersi nell’acqua
fino alle caviglie tira una corda da un ca-
po all’altro del campo e poi, seguendone
il percorso, interra le piantine lungo una
linea retta.
“All’inizio i contadini erano scettici”,
spiega l’uomo. “Ma, quando hanno visto
che con i nostri metodi i raccolti erano ef-
fettivamente più abbondanti, si sono con-
vinti”. Il trapianto dei germogli è una tec-
nica usata da tempo in Burkina Faso, co-
me in Asia, dove i governi aiutano i risi-
coltori molto più di quanto si faccia in
Africa. Anche in Nigeria lo stato mette a
disposizione degli agricoltori dei consu-
lenti, ma si dice che raramente lascino la
scrivania, che non siano preparati e che
siano ostili alle innovazioni.
L’istruttore spiega ai contadini che de-
vono misurare i campi per calcolare la
quantità esatta di semi e concime da usa-
re. Anche se il programma è cominciato
da tempo, c’è ancora chi chiede come cal-
colare la superficie. L’istruttore risponde
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 55
Nigeria
con pazienza. Alla fine chiede a uno dei
contadini di mostrare come si usa corret-
tamente il concime, ma lo deve interrom-
pere: per ottenere un effetto ottimale bi-
sogna sempre agitare bene il concime
prima di versarlo. Per quanto riguarda i
pesticidi, invece, si raccomanda di usarli
solo quando è effettivamente necessario,
non in maniera preventiva. In ogni caso
non bisogna fare di testa propria ma chia-
mare le ditte specializzate.
Il fattore più importante per ottenere
un raccolto abbondante è il terreno: la
terra dev’essere fertile e il campo assolu-
tamente pianeggiante, spiega l’istrutto-
re. “Se c’è un dislivello, una parte del
campo resterà all’asciutto mentre l’altra
si bagnerà troppo”. Basta questo piccolo
accorgimento perché il raccolto raddop-
pi. Però, senza strumenti e macchinari,
livellare il terreno è difficile e faticoso.
Come un conto in banca
Vicino ai campi c’è un gruppo di donne
che deve trebbiare il riso dell’ultimo rac-
colto. Le contadine battono i fasci di riso
su barili da benzina rovesciati. Il terreno
è coperto di sacchi e cartoni. “Prima bat-
tevamo le spighe sulle rocce e molti chic-
chi si rompevano”, spiega una delle don-
ne, e lavorando sulla terra nuda c’era
sempre qualche sassolino che andava a
finire in mezzo al riso.
Nelle settimane successive al raccol-
to, nel vicino villaggio di Suru il mercato
del giovedì è dedicato esclusivamente al
riso. Lungo la strada si forma una fila di
circa trecento camion, e in auto non si
riesce più a passare. I commercianti arri-
vano fin da Kaduna, una città con più di
un milione e mezzo di abitanti.
Oumar Abubakar, 54 anni, viene da
Suru. Prima il raccolto del suo campo di
Da sapere Gli effetti collaterali dei dazi
Produzione e consumo di riso in Nigeria,
milioni di tonnellate. Fonti: Gro intelligence, Quartz
Riso prodotto
Riso consumato
8 Quartz. Ha imposto dazi fino al 70 per cento
6
4 Anzi, i dazi elevati hanno fatto aumentare il
2
0 L’avversario più quotato è Atiku Abubakar, 72
2015 2016 2017 2018
56 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Vicino ai campi c’è un
gruppo di donne che
deve trebbiare il riso
dell’ultimo raccolto.
Le contadine battono i
fasci di riso su barili da
benzina rovesciati
riso bastava appena a soddisfare il fabbi-
sogno della sua famiglia, con tredici figli.
Oggi, invece, grazie alle nuove tecniche
gli resta del riso da vendere. La maggior
parte la compra il mulino con cui colla-
bora. Ma qualche sacco lo tiene per sé,
così può venderlo al mercato quando ha
bisogno di soldi: è un po’ come avere un
conto in banca. Questi guadagni gli per-
mettono di comprare pecore, capre e
mucche, di fare qualche lavoro di ristrut-
turazione in casa e di mandare i figli
all’istituto agrario. Racconta orgoglioso
di aver potuto prendere una seconda mo-
glie e di essere andato in pellegrinaggio
alla Mecca.
“Grazie ai raccolti più abbondanti ora
mi chiamano Hadji Oumar”, dice usan-
do il titolo onorifico riservato a chi ha
compiuto il pellegrinaggio islamico.
Un procedimento molto importante
nella lavorazione del riso è il parboiling. Il
u Da quando è entrato in carica nel 2015 il
presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha
proposto vari piani per migliorare la produzione
agricola, in particolare quella del riso, scrive
sulle importazioni e stanziato 150 milioni di
dollari da distribuire in prestiti ai risicoltori. Dal
2013 a oggi la produzione è cresciuta del 60 per
cento, ma le importazioni non sono calate.
contrabbando.
u Il 16 febbraio 2019 i nigeriani sono chiamati a
votare alle presidenziali. Buhari, 76 anni, si
ricandida nonostante un mandato deludente.
anni, un uomo d’affari accusato di corruzione.
termine deriva dall’espressione inglese
partially boiled (parzialmente bollito): il
riso viene messo in ammollo, precotto al
vapore e pulito dagli involucri esterni.
Grazie a questo procedimento le vitami-
ne e i minerali contenuti negli involucri
penetrano all’interno del chicco, e non si
perdono nella successiva sbramatura.
Un altro vantaggio del riso parboiled è il
tempo di cottura ridotto. In paesi come la
Nigeria il parboiling veniva eseguito dalle
donne con metodi tradizionali, ma ormai
anche i mulini industriali lo fanno.
Impulso economico
Nel villaggio di Jega, poco distante da Su-
ru, le donne si riuniscono per il parboi-
ling. Alcune hanno portato i figli piccoli,
c’è un gran viavai e in ogni angolo si
chiacchiera animatamente. Circa una
ventina di donne siedono in un cortile
l’una vicina all’altra.
Tra loro c’è anche l’istruttrice Aisha
Gambo, che è lì per osservare il procedi-
mento e dare consigli su come migliorar-
lo. Innanzitutto il riso grezzo viene setac-
ciato e lavato, poi messo in ammollo per
dieci ore, quindi lavato di nuovo. A que-
sto punto le donne lo mettono in grandi
padelle per cuocerlo al vapore, poi lo la-
sciano asciugare all’ombra per un’ora e
al sole per un’altra mezza giornata. Alla
fine, dopo due giorni, portano il riso al
mulino più vicino. Con macchinari anti-
quati, assemblati sul posto, il chicco di
riso viene liberato dalla pellicola argen-
tea che lo avvolge. Gli scarti possono es-
sere usati come mangime per gli animali
o come combustibile.
Gambo spiega che un tempo il riso
non veniva setacciato né lavato: per que-
sto era sempre misto a sabbia o ghiaia,
cosa che risultava molto sgradevole ai
mugnai, per non parlare dei consumato-
ri. Inoltre il riso veniva bollito invece che
cotto al vapore. Oggi le donne ricevono
una percentuale sulle vendite, per cui an-
che loro hanno interesse a produrre un
riso di qualità, che può essere venduto a
un prezzo maggiore. “Grazie alle miglio-
ri tecniche di parboiling il prezzo pagato
dai mulini è quadruplicato”, spiega
Gambo.
Spesso si accusa la cooperazione allo
sviluppo di essere un freno per l’econo-
mia. In questo caso è il contrario. Grazie
alla Cari, nei villaggi come Argungu sta
nascendo un’economia di mercato in mi-
niatura, che porta con sé professionaliz-
zazione, aumento della produttività,
progresso e guadagni. u sk
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58 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 Ogni settimana paesi, fatti, persone in vista delle elezioni europee del 26 maggio 2019
L’Europa al voto
Romania
VADIm GhIRDA (Ap/ANsA)
Due anni di manifestazioni
Ioana Macrea-Toma, Razpotja, Slovenia
In Romania ci sono proteste
contro la corruzione dal 2017.
Una mobilitazione nata dalla
rabbia e dalla frustrazione.
E non ancora finita
l 10 agosto 2018 decine di migliaia
I di romeni emigrati in tutta Europa
sono scesi in piazza a Bucarest, in-
sieme ad altri cittadini, per prote-
stare contro il governo. Ad accoglierli
hanno trovato i lacrimogeni della gendar-
meria, che ha brutalmente caricato i ma-
nifestanti, picchiandoli e disperdendoli
con cannoni ad acqua. La polizia in segui-
to ha sostenuto che la violenza era legitti-
mata dalla presenza di provocatori. Nu-
merose testimonianze, però, indicano
che i dimostranti violenti non sono stati
isolati ma, al contrario, sono stati il prete-
sto per giustificare l’uso indiscriminato
della forza. Non è stato fatto nulla per
proteggere i manifestanti pacifici, consi-
derati fin dall’inizio potenziali bersagli.
Centinaia di persone sono rimaste ferite.
Il presidente della repubblica, Klaus Io-
hannis, ha condannato la brutalità della
polizia e la procura militare ha aperto
Europ
2019
a
Bucarest, 10 agosto 2018
un’indagine. Eppure nessun ministro si è
scusato per il comportamento delle forze
dell’ordine. Le autorità affermano di aver
difeso lo stato. La premier Viorica
Dăncilă ha perfino inviato una lettera al
presidente della Commissione europea,
Jean-Claude Juncker, spiegando che le
proteste erano un tentativo di rovesciare
il governo legittimo.
Le manifestazioni del 10 agosto sono
state diverse dalle altre proteste contro la
corruzione degli ultimi due anni, sia per
la partecipazione della diaspora romena
sia per la violenza della polizia. Non ci so-
no ricerche sulla composizione sociale
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 59
Romania
dei manifestanti di quel corteo, ma la pro-
testa non era esclusivamente (o prevalen-
temente) di matrice borghese, un rimpro-
vero che di solito si fa alle manifestazioni
contro la corruzione. In piazza della Vitto-
ria a Bucarest non si era mai raccolta una
folla così eterogenea: dipendenti di ong,
studenti, lavoratori dell’edilizia, ingegne-
ri costretti a fare i camionisti. A unirli era
la convinzione di avere il diritto di critica-
re un sistema politico che li aveva costret-
ti a emigrare.
L’attuale governo è generalmente con-
siderato il peggiore che la Romania abbia
avuto dal 1989, ed è guidato da un partito
– quello socialdemocratico, Psd – diventa-
to sinonimo di corruzione, incompetenza
e clientelismo, tutti problemi che risalgo-
no a molto prima del 1989.
Uno slogan, sette lettere
Il linguaggio della manifestazione del 10
agosto è stato profondamente influenza-
to da uno slogan lanciato da un lavoratore
romeno che vive in Svezia. Il 31 luglio la
polizia di Bucarest aveva confiscato la tar-
ga personalizzata della sua auto, compo-
sta da sette lettere: Muie Psd (Succhia,
Psd). Il messaggio aveva attraversato il
paese dal nord fino alla capitale, diven-
tando virale sui social network. Alla fine
la polizia romena aveva aperto un fascico-
lo contro l’uomo, mossa che aveva tra-
sformato l’offesa scherzosa in uno slogan
politico. Le sette lettere della targa rap-
presentavano un codice semplice ma effi-
cace, capace di parlare a diverse categorie
di persone, e allo stesso tempo l’intera vi-
cenda era la prova tangibile delle tenden-
ze autoritarie del governo, che aveva ille-
citamente detenuto un libero cittadino.
Alimentata dalla memoria degli anni
del comunismo, quando le incriminazio-
ni per piccole disobbedienze erano fre-
quentissime, l’indignazione è cresciuta
prendendo di mira un sistema di potere
che dimostrava di non aver abbandonato
i vecchi riflessi dittatoriali.
L’attuale governo romeno è caratteriz-
zato da uno stile autoritario, sprezzante,
manipolatore e a volte volgare, che si è
manifestato anche in parlamento, dove i
deputati del Psd hanno indirizzato insulti
grossolani alle donne dell’opposizione.
Dimostrandosi molto sensibile a certe of-
fese, come quella contenuta nella targa, e
sordo alle critiche più composte, il Partito
socialdemocratico confermava di ritene-
60 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Da sapere
La Romania in cifre
100 km
UNGHERIA Iași
MOLDOVA
Timișoara ROMANIA
Brașov
Bucarest
Costanza Mar
Nero
◆ La Romania ha 19,6 milioni di abitanti e un
pil pro capite di 9.600 euro (2017), il secondo
più basso dell’Unione dopo quello della
Bulgaria. Dal 2007, quando il paese è entrato
nell’Unione europea, 3,4 milioni di persone (il
17 per cento della popolazione) sono emigrate.
Dal gennaio del 2017 al governo c’è il Partito
socialdemocratico (Psd) di Liviu Dragnea,
che però non può diventare premier a causa di
una condanna definitiva per frode elettorale.
Negli ultimi due anni si sono succeduti tre
primi ministri: Sorin Grindeanu, Mihai
Tudose e Viorica Dăncilă. Il 1 gennaio 2019
la Romania ha assunto per la prima volta la
presidenza di turno del Consiglio dell’Unione
europea.
re più efficaci le aggressioni verbali che le
argomentazioni pacate.
L’uso della forza contro un cittadino
emigrato, forse richiesto direttamente
dal leader del Psd Liviu Dragnea alla mi-
nistra dell’interno Carmen Dan, ha fatto
capire che il governo non cercava più di
mascherare i suoi abusi dietro la legge,
ma era pronto a mettere in mostra tutto il
suo potere.
Così le due parole della targa sono di-
ventate lo slogan delle proteste. A ren-
derle popolari era stata la violenza politi-
ca. Eppure alcuni intellettuali progressi-
sti hanno criticato la pochezza politica
dei manifestanti. Riferendosi ai romeni
emigrati, la politologa Alina Mungiu-
Pippidi è arrivata a usare il prefisso lum-
pen (parola spregiativa usata per definire
il sottoproletariato), dirottando l’indi-
gnazione contro i manifestanti stessi.
Altri osservatori hanno interpretato la
volgarità dello slogan come una confer-
ma dell’inconsistenza delle proteste. Se
l’aver scelto come tema centrale la lotta
alla corruzione, e non per esempio alle
disuguaglianze, dimostrava un’accetta-
zione della vulgata neoliberista e antico-
munista diffusa nel paese, lo slogan Muie
Psd confermava la debolezza della mobi-
litazione e delle sue richieste. Alcuni
hanno anche sostenuto che la protesta
non aveva un’ideologia forte e unificante
ma esprimeva solo rabbia.
Quelle romene in realtà sono proteste
disperate contro un governo che ha di-
mostrato non solo di saper camuffare le
politiche neoliberiste da politiche di wel-
fare ma, cosa ancora più grave, di poter
smantellare il sistema giudiziario e le al-
tre istituzioni pubbliche nell’interesse di
singoli esponenti politici. Gli organismi
che possono ancora amministrare la giu-
stizia, difendere i lavoratori e garantire
un’equa ridistribuzione della ricchezza
vengono demoliti uno dopo l’altro. È sta-
to questo che ha spinto gli emigrati a per-
correre migliaia di chilometri per tornare
a casa e protestare: la preoccupazione
per le persone care e il loro sostentamen-
to in un paese dove il governo concede
amnistie ai politici corrotti mentre igno-
ra l’istruzione e la sanità pubbliche.
Definire la protesta del 10 agosto “ge-
nerica” rivela una profonda incompren-
sione non solo delle manifestazioni degli
ultimi due anni, ma dell’idea stessa di
rivolta civile. Una mobilitazione sponta-
nea non propone necessariamente pro-
grammi politici articolati o una retorica
sofisticata. L’apparente inconsistenza di
uno slogan volgare come Muie Psd non
esprime idee politiche confuse, ma una
rabbia profonda per le misure antidemo-
cratiche del governo e per la rottura del
contratto sociale voluta da questo siste-
ma di potere. È vero che le visioni politi-
che dei manifestanti si sono spesso di-
mostrate inconciliabili, ma questo non
cancella i motivi della protesta.
Mancanza di coerenza non significa
mancanza di sostanza, al contrario, dà
maggior peso alle rivendicazioni di una
folla che si è mobilitata malgrado le di-
vergenze. L’attacco alla democrazia in
Romania è stato così drammatico da aver
scatenato una risposta che supera i con-
fini sociali e ideologici.
Le riforme per finta
Tra i motivi della protesta della diaspora
c’era anche l’allontanamento della procu-
ratrice Laura Codruţa Kövesi dalla Dire-
zione nazionale anticorruzione (Dna),
decisa all’inizio di luglio. Con Kövesi a ca-
po della Dna erano stati incriminati centi-
naia di politici. La sua discussa rimozione

ANDReI PuNGoVsChI (AfP/Getty ImAGes)
si basava su un rapporto del ministero
della giustizia che non denunciava reati
oggettivi ma riproponeva alcuni dubbi
espressi dai mezzi d’informazione su una
serie di processi per corruzione. L’allonta-
namento di Kövesi ha chiarito che la rifor-
ma della giustizia voluta dal governo non
avrebbe migliorato il sistema giudiziario,
ma l’avrebbe indebolito, mettendo fine
alle indagini sulla corruzione nel mondo
politico. Vedendo minacciato lo stato di
diritto, i romeni della diaspora hanno tra-
sformato le tradizionali vacanze estive
nel paese d’origine in un pellegrinaggio
politico.
Con ogni probabilità, l’idea della pro-
testa del 10 agosto ha preso forma alla
fine di giugno, dopo che il Partito social-
democratico aveva organizzato un radu-
no per rispondere alle manifestazioni
antigovernative spontanee dei mesi pre-
cedenti. I partecipanti alla manifestazio-
ne indetta dal governo erano stati portati
a Bucarest con viaggi organizzati e paga-
ti da amministrazioni locali vicine al Psd.
Gli era stato chiesto di vestirsi di bianco,
simbolo di “purezza”, anche in risposta
al movimento #resist, che definiva il par-
tito al potere “la peste rossa”. Durante
quel raduno Dragnea aveva ribadito le
sue solite accuse contro lo “stato paralle-
lo”, a suo dire costituito dall’alleanza tra
servizi segreti e magistratura. Il candore
della folla doveva rappresentare non solo
“la purezza del popolo” ma anche, con
una bizzarra associazione, la pulizia che
il Psd avrebbe fatto dopo aver liberato il
Bucarest, 10 agosto 2018
paese dai “ratti”, cioè i magistrati e gli
oppositori. Non stupisce che queste di-
chiarazioni abbiano riacceso le passioni
politiche, anche degli emigrati.
Nel luglio del 2018 l’attuale maggio-
ranza parlamentare aveva anche modifi-
cato il codice penale per depenalizzare di
fatto il reato d’abuso d’ufficio, sempre
più frequente in Romania. L’obiettivo del
Da sapere
Le intenzioni dei romeni
u Alle prossime elezioni europee del 26 maggio
2019 la Romania eleggerà 33 eurodeputati.
Intenzioni di voto a gennaio 2019.
Partito socialdemocratico (Psd)
Socialisti e democratici*
Partito nazional liberale (Pnl)
Partito popolare europeo*
unione salvate la Romania (usr)**
- La lotta contro i corrotti e i profittatori è
Alleanza dei democratici e dei liberali
Alleanza dei democratici e dei liberali*
Pro România
-
Partito della libertà, unità e solidarietà**
-
unione democratica magiara di Romania
Partito popolare europeo*
Altri
* Partito di appartenenza al parlamento europeo
** L’Usr e il Partito della libertà, unità e solidarietà
presenteranno una lista unitaria
a
Europ
2019
provvedimento era aiutare l’attuale lea-
der del partito di governo, Liviu Dra-
gnea, condannato lo scorso giugno dalla
corte suprema a tre anni e mezzo di car-
cere per istigazione all’abuso d’ufficio a
causa di una vicenda risalente al periodo
2006-2013, quando era alla guida del
consiglio del distretto di teleorman. In
secondo luogo, quella modifica chiariva
che il governo stava varando misure per
chiudere un occhio sui reati dei colletti
bianchi. Quando un governo è incapace
o non vuole promuovere vere riforme,
manipola i fatti e sposta l’attenzione dei
cittadini. In Romania l’obiettivo imme-
diato di quelle “riforme” era l’annulla-
mento della condanna di Dragnea e della
sua clientela politica.
ma quello del 2018 non era stato il pri-
mo tentativo del Psd di assoggettare la
magistratura e riportare il paese all’epo-
ca precedente alle riforme della giustizia
del 2005. Nel febbraio del 2017 centinaia
di migliaia di romeni protestarono con-
tro il primo tentativo di depenalizzare
l’abuso d’ufficio attraverso un decreto
approvato a notte fonda in una riunione
segreta del governo. sui cartelli dei ma-
nifestanti si leggeva: “Giù le mani dalla
Dna”.
Il decreto fu abrogato, ma la depena-
lizzazione dello stesso reato è stata intro-
dotta con una procedura più lunga in
parlamento nel 2018. I cambiamenti al
codice penale sono stati approvati in tut-
ta fretta a giugno con la votazione di cen-
tinaia di pagine nel giro di un’ora e senza
una discussione. In parlamento l’opposi-
%
zione non ha potuto parlare e la procedu-
24,5 ra non è stata rispettata. Gli abusi sono
stati motivati dalla “urgente necessità di
23,3 mettere fine agli abusi”.
Critiche ingiuste
13,2
quindi solo un’illusione? Dopo la rimo-
12,8 zione di Laura Codruţa Kövesi (che oggi
è la principale candidata per la direzione
9,1 della nuova procura europea) ora l’obiet-
tivo del ministero della giustizia sembra
7,4
essere il procuratore generale Augustin
Lăzar.
5,7
Il 1 gennaio 2019 la Romania ha as-
sunto la presidenza di turno del Consi-
4,0 glio dell’unione europea, ma il ministro
della giustizia tudorel toader ha annun-
foNte: ImAs
ciato di non voler rinunciare al progetto
di rimuovere Lăzar. Approfittando della
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 61
Romania
maggiore visibilità in Europa, il presi- Ramesh Shrestha e Sagar Chhetri a Bucarest il 25 ottobre 2018
dente Klaus Iohannis ha dichiarato che si
opporrà alla decisione in quanto infon-
data. Intanto Dragnea, leader de facto
del governo, non è riuscito a far approva-
re il decreto di amnistia annunciato alla
fine del 2018 per proteggere lui e la sua
cricca. Ha quindi deciso di contestare gli
stessi organi giudiziari che lo hanno con-
dannato per abuso d’ufficio e perfino
l’indagine condotta dall’Olaf, l’Ufficio
europeo per la lotta antifrode, secondo
DAvID MUNTEAN (RECORDER)

cui la società Tel Drum, legata a Dra-

gnea, si è illegalmente appropriata di 20
milioni di euro di fondi europei per la re-
alizzazione di opere stradali. Non stupi-
sce che il leader del Psd non abbia parte-
cipato alla cerimonia ufficiale per l’inizio
del semestre europeo della Romania.
Unite a un’irresponsabile gestione
economica, le misure decise dal governo
nell’interesse di determinati individui
hanno già avuto un grave impatto sulle
Gli immigrati
economie locali, sulla sanità pubblica,
sulla gestione dei fondi statali e sul fun-
zionamento delle istituzioni. Gli investi-
di Bucarest
menti sono bloccati a causa di insosteni-
bili promesse elettorali che hanno svuo-
tato le casse dello stato. I pubblici mini- Mircea Barbu e David Muntean, Recorder, Romania
steri sono di nuovo sotto pressione. Nelle
città più piccole le procure sono pratica- I romeni cercavano lavoro in namiche molto complicate: mentre i ro-
mente scomparse a causa delle misure di occidente. E in Romania sono meni emigrano in massa verso l’occiden-
austerità e manca anche l’assistenza sa- te, nel sudest asiatico la Romania è vista
nitaria, perché gli straordinari dei medici
arrivati i lavoratori del sudest come una specie di terra promessa.
non vengono più pagati. asiatico. La storia di Ramesh e “Io mi chiamo Ramesh Shrestha e la-
In questa situazione è ridicolo critica- Sagar, partiti dal Nepal voro in cucina. In tv guardo le trasmissio-
re i manifestanti per non aver affrontato ni di cucina, per vedere come lavorano gli
in modo approfondito le questioni legate agar Chhetri si muove tra i tavoli chef. Quando ero piccolo aiutavo mia ma-
al lavoro o liquidare la loro rabbia come
frutto di esasperazione politica. Il cini-
smo nei confronti della lotta per la de-
mocrazia dei romeni è già penetrato nel
discorso politico, come una sorta di virus
S del ristorante Pescăruș, a Buca-
rest, con un vassoio in mano. Si
ferma e parla con i clienti in un
romeno essenziale. Li serve e poi torna in
cucina. Sagar ha trent’anni. “Faccio il ca-
dre a preparare da mangiare. A un certo
punto mi sono detto: ‘Proviamo ad anda-
re in Romania, è un paese europeo e sa-
rebbe bello imparare a cucinare piatti di
altri paesi”. È così che ho deciso di venire.
che colpisce sia i giovani sia l’intellighen- meriere in questo ristorante per costruir- È una bella esperienza. I clienti reagisco-
zia più matura. Gli intellettuali romeni mi un futuro migliore. È per questo che no in vari modi quando mi vedono: alcuni
devono risvegliare gli ideali democratici ho scelto la Romania”, dice. “Mi avvicino bene, altri male. Quasi sempre sono il pri-
e affrontare i reali problemi del paese: si ai clienti e parlo in romeno: bună ziua, mo nepalese che conoscono. C’è chi ci
può ancora dare un quadro veritiero di bună dimineat, a, bună seara, buongiorno, accoglie affettuosamente e chi è scortese.
quanto sta succedendo. u gc buonasera. E loro notano il mio accento, È normale, è nella natura umana. Io mi
si accorgono che non sono di queste par- comporterei nello stesso modo con per-
ti e mi chiedono da dove vengo. Quando sone che non conosco”.
L’AUTRICE
racconto che arrivo dal Nepal, tutti mi
Ioana Macrea-Toma è una storica e
dicono ‘che bello!’. E mi ringraziano”. Lontano da casa
studiosa di letteratura romena.
Quest’articolo è stato pubblicato in sloveno
“Sono venuto in Romania per avere In Romania i nepalesi, come Sagar e Ra-
sul trimestrale Razpotja (numero 33, un futuro migliore”: fa una strana sensa- mesh, sono diverse migliaia. Alle prese
autunno 2018) ed è stato reso disponibile da zione sentire queste parole su un paese da con una grave carenza di forza lavoro,
Eurozine (eurozine.com). Copyright Ioana cui negli ultimi anni milioni di persone causata dall’emigrazione in massa verso
Macrea-Toma/Razpotja/Eurozine sono andate via. Ma la povertà segue di- l’Europa occidentale, gli imprenditori

62 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019


romeni hanno cominciato a far venire
lavoratori dai paesi asiatici, per esempio
le Filippine, il Vietnam e il Nepal. I nepa-
lesi, in particolare, rappresentano l’ulti-
ma ondata di questo flusso migratorio.
Arrivati attraverso le agenzie di colloca-
mento internazionali, lavorano nei risto-
ranti e negli alberghi delle maggiori città
del paese.
“I romeni non sono più disposti a fare
certi lavori, mentalmente e fisicamente”,
dice Daniel Mischie, amministratore del-
la catena di ristoranti City Grill. “Mentre i
cittadini dei paesi non europei hanno la
voglia e la capacità e lavorano bene. È per
questo che assumiamo stranieri. L’unica
differenza tra un romeno e un nepalese è
la lingua, che però con il tempo s’impara.
Alcuni dipendenti stranieri lavorano già a
contatto con i clienti”.
Ma perché un nepalese sceglie proprio
la Romania? Il motivo è che nel suo paese
per un lavoro simile probabilmente non
riceverebbe un vero stipendio ma solo un
pasto caldo. Il Nepal ha circa dieci milioni
di abitanti e un pil pro capite tredici volte
più basso di quello romeno. Uno stipen-
dio di 400-500 euro mensili (più o meno
quanto si guadagna in un ristorante di Bu-
carest) può essere un incentivo sufficiente
per lasciare la famiglia a Kathmandu e
trasferirsi a cinquemila chilometri di di-
stanza, in un appartamentino alla perife-
ria di Bucarest, magari con altri connazio-
nali in cerca di lavoro. Mandare cento
euro a casa alla fine del mese è già un
grande aiuto. “All’inizio degli anni novan-
ta i cento marchi tedeschi spediti in Ro-
mania da chi era emigrato in Germania
aiutavano la sua famiglia a vivere. Con
qualche approssimazione, il Nepal di oggi
è come la Romania di trent’anni fa o l’Ita-
lia di ottant’anni fa”, aggiunge Mischie.
La porta dell’ascensore
Sagar e Ramesh fanno la spesa al Lidl.
Sono in Romania da quasi un anno. E le
ragioni che li hanno spinti a lasciare le
loro famiglie non sono diverse da quelle
che hanno fatto emigrare in occidente
milioni di romeni. Il loro appartamento
nel quartiere Militari, nella periferia
ovest della capitale, somiglia a quelli dei
lavoratori romeni a Madrid, Torino o
Londra. L’unica differenza è che al posto
dell’odore della santoreggia che si usa
per fare le sarmale (involtini di foglie di
vite o verza), si sente l’aroma piccante
del curry, soprattutto nei giorni di vacan-
za, quando Sagar e Ramesh cucinano i
loro piatti tradizionali e fanno lunghe te-
lefonate con gli amici e i parenti rimasti
in Nepal.
La sera, rientrando a casa, i due in-
contrano spesso un vicino anziano che si
lamenta: “Voi siete al nono piano, giu-
sto? La mattina non dovete lasciare aper-
te le porte dell’ascensore! Io mi sveglio
alle quattro e le trovo sempre aperte”.
“Dev’essere qualcun altro”, risponde Sa-
gar in romeno. “Nessuno di noi esce alle
quattro. Non è colpa nostra”, aggiunge
prima di salire con le buste della spesa.
Sagar e Ramesh vivono con altri tre
nepalesi. L’appartamento è del loro dato-
re di lavoro. È quasi vuoto. C’è una vec-
chia sedia a dondolo, dei letti a castello e
delle valigie sparse in giro: più che una
vera casa sembra un dormitorio, ma al-
meno è luminoso, e la vista è piacevole.
I cinque amici lavorano tutti nello
stesso ristorante. Alla fine del mese man-
dano a casa la maggior parte di quello
che guadagnano. “Tengo qualcosa per
me, ma il resto lo invio in Nepal”, spiega
Sagar. “Io uso circa un quarto del salario
per vivere, la mia famiglia fa altrettanto,
e quello che avanza diventano risparmi
per il futuro”.
“In Nepal è impossibile trovare un
buon lavoro, e quando ci si riesce lo sti-
pendio basta a malapena per pagare le
bollette”, continua Sagar. “È per questo
che molti giovani vanno all’estero. Per fa-
re un esempio, se trovassi un lavoro da
impiegato a Kathmandu guadagnerei tra
i 175 e i 190 euro al mese. Se invece lavo-
rassi in un ristorante non avrei nessun
salario, mi pagherebbero dandomi qual-
cosa da mangiare. Però mia figlia mi man-
ca. Ho una bambina di un anno e mezzo,
e quando vedo dei bambini al ristorante
mi vien voglia di chiamare la mia fami-
glia. Sono partito perché loro possano
avere un futuro migliore. Voglio che mia
figlia studi, che resti in Nepal, non voglio
che anche lei sia costretta a emigrare”.
Sagar e Ramesh si sono abituati alla
Romania: ai colleghi, agli inverni freddi,
agli anziani del condominio che gli fanno
la ramanzina quando non chiudono bene
la porta dell’ascensore. Ogni volta che
prendono lo stipendio mandano subito i
soldi a casa. E pensano che stare in Ro-
mania sia un sacrificio che fanno per i
loro figli. u mt
a
Europ
2019
L’opinione
Un voto
fondamentale
Andrei Cornea, Revista 22,
Romania
er molti romeni le elezioni euro-
P pee sono un capriccio inutile. Non
hanno rilevanza sulle vite dei cit-
tadini, non portano a cambiamenti di
governo e servono solo ad arricchire po-
litici poco conosciuti. Perciò di solito
l’affluenza è molto bassa. Ovviamente le
elezioni europee non sono mai state un
capriccio. Ma quest’anno più che mai è
necessario andare a votare. I motivi so-
no evidenti, ma molti non li colgono.
Gli elettori non capiscono l’importan-
za del voto europeo perché considerano
le libertà di cui godono – soprattutto la li-
bertà di spostarsi e di lavorare negli altri
paesi dell’Unione – un diritto naturale.
Hanno dimenticato cosa significa fare fi-
le interminabili per un visto o vedersi ri-
fiutare il rilascio del passaporto. Spesso
gli europei non si rendono più conto che
la pace, la libertà, la tolleranza e la pro-
sperità in cui vivono rappresentano non
la regola ma un’eccezione nella storia
dell’umanità, che per millenni è stata
storia di guerre, sopraffazioni e povertà
(i romeni e gli esteuropei dovrebbero ri-
cordarlo particolarmente bene).
Infine ci sono quelli che credono alle
teorie del complotto: “Che senso ha vo-
tare? Tutto è già stato deciso. Noi siamo
solo dei burattini manovrati”. Questa
posizione rivela la loro paura della liber-
tà: essere liberi significa riflettere sulla
situazione in cui ci si trova, a livello per-
sonale e collettivo, fare una scelta e assu-
mersene la responsabilità.
Le elezioni europee di maggio sono
tutto fuorché inutili, per la Romania co-
me per l’Unione europea: sono innanzi-
tutto una battaglia sui valori. I romeni e
gli europei devono mostrare se sapranno
scegliere i valori (e i partiti) che hanno
reso possibile l’esistenza di quella gran-
de eccezione nella storia dell’umanità
che è l’Europa o se preferiranno farsi se-
durre dalle sirene dell’eurofobia e pie-
garsi alla regola che ha guidato il mondo
per millenni: il tribalismo. u mt
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 63
 a
Europ

Da sapere Il Consiglio europeo 2019

I poteri Il Consiglio europeo
è formato dai capi di stato o
di governo dei paesi che fan-
no parte dell’Unione euro-
pea. Definisce l’orientamen-
to politico generale e le prio-
rità dell’Unione europea.
Anche se i trattati non gli ri-
conoscono nessuno dei tre
poteri fondamentali (legisla-
tivo, esecutivo, giudiziario),
secondo molti detiene di fat-
to il potere decisionale
nell’Unione. Di solito ha l’ul-
tima parola nei contrasti con
le altre istituzioni e gestisce
Colori politici
Gruppo politico di appartenenza
del rappresentante di ogni
paese al Consiglio europeo
al 12 febbraio 2019
FONTE: CONSIgLIO EUrOPEO
tutte le questioni che non
possono essere risolte a livel-
li inferiori di cooperazione.
Stabilisce la politica estera e
di sicurezza comune, nomi-
na il presidente della Banca
centrale europea e propone
quello della Commissione
europea, che deve poi essere
approvato dal parlamento. Il
suo ruolo nell’Unione è stato
paragonato a quello di un ca-
po di stato.
La storia Il primo incontro
informale tra i leader dei pa-
esi della Comunità europea
si svolse a Parigi nel 1961. La
decisione di organizzare in-
contri regolari tra i capi di
stato e di governo per mi-
gliorare il coordinamento
politico tra i paesi risale al
1974, e il primo Consiglio
europeo si svolse a Dublino
nel 1975. Fu il trattato di Ma-
astricht del 1992 a formaliz-
zare il suo ruolo e il trattato
di Lisbona a inserirlo tra le
istituzioni fondamentali
dell’Unione europea.
Da allora il consiglio è di-
ventato lo spazio dove si cer-
cano i compromessi politici
e gli accordi che determina-
no la posizione dell’Unione
sulle grandi questioni, ma
anche lo strumento con cui
gli stati nazionali cercano di
mantenere la loro influenza
sul progetto europeo di fron-
te allo sviluppo delle istitu-
zioni sovranazionali. Per
questo è criticato dai federa-
listi europei, che vorrebbero
ridurre il peso dei singoli
stati nei processi decisionali
europei.
Com’è composto Oltre ai
capi di stato o di governo,
2014 e confermato nel 2017.
Il Consiglio europeo non va
confuso con il Consiglio
dell’Unione europea, che ri-
unisce i ministri degli stati
membri, o con il Consiglio
d’Europa, che è un’organiz-
zazione internazionale di-
stinta dall’Unione europea.
Come funziona Il Consi-
glio europeo ha sede nel pa-
lazzo Europa a Bruxelles,
che ospita anche il Consiglio
dell’Unione europea. Si riu-
nisce almeno quattro volte
all’anno, ma il presidente
può convocare anche vertici
informali o straordinari.
Normalmente il consiglio
decide per consenso – quan-
do cioè nessuno dei membri
si oppone alla decisione –
ma in alcuni casi i trattati ri-
chiedono l’unanimità o la
cosiddetta “doppia maggio-
ranza”: per l’approvazione è
necessario che i paesi che
votano a favore siano alme-
no il 72 per cento del totale
(55 per cento se la proposta
in esame è stata presentata
dalla Commissione europea
o dall’alto rappresentante
per la politica estera e la si-

fanno parte del consiglio il curezza comune) e che rap-

presidente della Commis-
sione europea e il presidente
del Consiglio europeo, che
non hanno diritto di voto.
Quando sono in discussione
Partito popolare europeo (centrodestra) questioni di politica estera,
Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa alle riunioni partecipa anche
Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici l’alto rappresentante per gli
Conservatori e riformisti europei (destra euroscettica) affari esteri e la politica di si-
Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica curezza comune. Inizial-
Indipendenti mente la presidenza era as-
Composizione del Consiglio europeo per gruppo di appartenenza segnata a turno agli stati
Popolazione membri, ma nel 2009 il trat-
Paesi europea, %
tato di Lisbona ha introdotto
Partito popolare europeo 9 27,23 la carica del presidente per-
Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa 8 10,59 manente, eletto dal consi-
Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici 5 14,21 glio con un mandato di due
Conservatori e riformisti europei 2 20,26 anni e mezzo rinnovabile
Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica 1 2,10 una sola volta. L’attuale pre-
sidente è l’ex premier polac-
Indipendenti 3 25,60
co Donald Tusk (Partito po-
Totale 28 100
polare europeo), eletto nel
presentino almeno il 65 per
cento della popolazione
dell’Unione.
In alcune occasioni al
termine degli incontri si ten-
gono i vertici dell’eurozona,
riservati ai leader dei 19 pae-
si che hanno adottato la mo-
neta unica.
I vertici, soprattutto se
straordinari, come quelli
che si sono svolti negli ulti-
mi anni sulla crisi del debito
o sulla Brexit, tendono a
protrarsi fino all’alba del
giorno successivo, quando
viene approvato e annuncia-
to il documento conclusivo:
un’abitudine che, secondo
alcuni, punta a sfiancare i
negoziatori e i dirigenti me-
no determinati. u

64 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

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Portfolio

I reami
privati
Deana Lawson ritrae uomini e
donne, spesso delle classi più povere,
con dignità e fierezza. Un modo non
convenzionale per raccontare la forza
dell’identità afroamericana
l corpo dei neri, spesso nudo, è al centro del lavo-

I ro di Deana Lawson. Da quasi dieci anni, la foto-

grafa statunitense costruisce un universo con-
templativo e sorprendente fatto di donne e uo-
mini testimoni della diaspora africana.
Usando macchine fotografiche di medio e
grande formato, Lawson compone scene quasi teatrali
e dai colori accesi, in cui fa posare persone che ha incon-
trato negli Stati Uniti o durante i suoi viaggi ai Caraibi e
in Africa: “Quando cerco soggetti per le mie foto, scelgo
donne e uomini che fanno parte delle classi operaie o di
quelle più povere perché sono molto simili alle persone
che ho conosciuto nella mia vita. Mi capita di trovarli
alla fermata dell’autobus, nei negozi, nei locali notturni,
nelle chiese. Non voglio rappresentarli come delle vitti-
me o in maniera esotica, ma dargli un valore che di soli-
to non gli viene riconosciuto. Vorrei far capire che la vita
dei neri e le loro esperienze quotidiane sono belle, forti
e interessanti”.
I soggetti delle foto di Lawson sono a proprio agio
mentre posano, a volte all’aperto, ma spesso in ambien-
ti domestici. Nelle inquadrature la fotografa lascia og-
getti o mobili che trova sul posto: biancheria sporca,
divani mezzi rotti, scatole di cartone ammucchiate, vec-
chie tende.
“Questi particolari ricorrono in tutte le foto, non im-
porta dove le abbia scattate. Sono simboli che sembrano
scorrere nel tempo, nello spazio, tra culture diverse. E
veicolano un messaggio politico”, scrive Zadie Smith
nell’introduzione al volume dedicato a Lawson dalla
fondazione Aperture. “Fuori dall’inquadratura quelle
persone sono forse costrette a fare tre lavori, arrivano a
malapena a fine mese e devono lottare. Ma dentro l’im-
magine di Lawson sono belle, regali, potenti. Sembrano
appartenere a un regno di gloria ritrovata, sono degli dèi
della diaspora”. u

Deana Lawson è nata nel 1979 a Rochester, nello stato

di New York.

A destra: Oath , 2013.

66 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

TUTTE LE FOTO © DEANA LAWSON, COURTESY RHONA HOFFMAN GALLERY, CHICAGO AND SIKKEMA JENKINS & CO., NEW YORK

67
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Portfolio

Seagulls in kitchen , 2017.

68 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 Nikki’s kitchen , 2015

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 69

Portfolio

70 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

Nella foto grande: Baby sleep , 2009.
Sopra: Mama Goma , 2014.

Da sapere Il libro
u Il libro Deana Lawson: an Aperture monograph (Aperture, 2018) rac-
coglie quaranta foto di Lawson con un saggio di Zadie Smith e un’in-
tervista dell’artista afroamericano Arthur Jafa.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 71

Ritratti
Wang Suzhong
Nudo alla meta
Fan Yiying, Sixth Tone, Cina. Foto di Wu Xiaochuan
Ha 89 anni. Sua moglie è morta
e con i figli non ha un buon
rapporto. Per combattere la
solitudine fa il modello nelle
scuole d’arte di Chengdu,
il capoluogo della provincia
cinese del Sichuan
n quanto modello di nudo, Wang
I Suzhong pensa prima di tutto
all’apparenza. Anche se adesso è
alto un metro e 68 , ci tiene a dire
che in passato era un metro e 70:
“Ho perso due centimetri”.
Quando li spazzola, i suoi capelli bianchi
sembrano quelli di un uomo più giovane.
Negli ultimi sei anni ha posato diverse
volte a settimana in quasi tutti gli istituti
d’arte e le università di Chengdu, nel su-
dovest della Cina. Un curriculum impres-
sionante per un uomo di 89 anni.
Questo strano lavoro è la risposta di
Wang a quello che in Cina è ormai noto
come il problema degli empty nester, ov-
vero le persone anziane che non vivono
con i figli. Fino a poco tempo fa nel paese
questa situazione era insolita, ma adesso
che le generazioni più giovani preferisco-
no avere una casa propria, la maggioranza
degli anziani vive da sola. Gli empty nester
rappresentano più del 70 per cento della
popolazione anziana in aree urbane come
quella di Chengdu, dove vivono 14 milio-
ni di abitanti e uno su cinque ha più di ses-
sant’anni. Per far sì che gli anziani soli ri-
cevano abbastanza attenzione, l’obbligo
per i figli di visitare o chiamare i propri ge-
nitori è diventato legge nel 2013.
“Voglio essere da esempio per gli an-
ziani soli come me, indicandogli la strada
per essere indipendenti e non diventare
un peso per la società”, dice Wang mentre
72 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
sorseggia la zuppa di noodles che ha pre-
parato per pranzo. Tutti gli amici di Wang
sono anziani e hanno problemi di salute.
Alcuni sono morti. Ma la sua nuova pas-
sione lo mantiene giovane.
Nel 2012, mentre stava camminando
vicino alla Sichuan normal university, vi-
cino a casa sua, Wang ha visto un modello
che posava nudo per gli studenti durante
una lezione in uno studio d’arte. Avendo
lavorato come sarto nella moda per tutta
la vita, Wang si è sempre interessato alle
forme d’arte che hanno a che fare con il
corpo umano. Un giorno il direttore di
un’agenzia di modelli lo ha notato e gli ha
chiesto se volesse posare nudo. “Ci ho
pensato per un giorno intero. Ero così
elettrizzato che quella notte non ho smes-
so di rigirarmi nel mio letto”, racconta.
Wang non era per niente nervoso la
prima volta che ha posato nudo. Durante
ogni lezione deve mantenere la stessa po-
stura per un’ora. A volte si siede su una
sedia o su un divano. Altre volte sta in pie-
di o si appoggia al muro. “Gli studenti
sembrano molto seri quando mi disegna-
no. Questo mi fa sentire come un’opera
d’arte”, dice sorridendo.
Ci incontriamo nel suo appartamento
di Chengdu, per lui è un giorno libero. In-
dossa una giacca scura sopra una camicia
bianca e pantaloni marroni di nylon.
Mentre mangia, guarda un notiziario in-
ternazionale sul televisore nuovo da 55
Biografia
◆ 1929 Nasce in Cina.
◆ 1947 Diventa un sarto nel settore della
moda.
◆ 1997 Sua moglie muore e il rapporto con i
figli peggiora.
◆ 2012 Comincia a fare il modello di nudo per
l’università di Sichuan.
pollici. Su una scrivania c’è un assorti-
mento di frutta, uno specchio e un calen-
dario dedicato al presidente cinese Xi
Jinping. Il ritratto preferito di se stesso è
appeso sul muro vicino al letto. Uno stu-
dente lo ha ritratto mentre stava seduto
su un tavolo con le ginocchia al petto e le
mani sugli stinchi, intento a guardare
all’orizzonte. Wang spiega che quando
posa per gli studenti la sua mente si svuo-
ta. “Non penso al passato o al futuro. Vo-
glio solo vivere il momento”.
Ancora utile
L’affitto della casa popolare in cui vive co-
sta quattrocento yuan (circa 52 euro), un
decimo della sua pensione. Guadagna
110 yuan al giorno come modello, un’atti-
vità che svolge anche tre volte al giorno.
“Non faccio il modello per i soldi, ovvia-
mente”, dice. “Quando lavoro con gli stu-
denti mi sento come se non fossi solo,
come se fossi ancora utile”. Quando
Wang era più giovane, ad avere bisogno di
lui era la madre. Poi è stata la volta della
moglie, infine dei figli. Adesso sua madre,
sua moglie e suo figlio minore sono morti.
I tre figli che gli restano hanno le loro vite
e raramente lo vanno a trovare.
Durante le pause scolastiche d’inver-
no e d’estate, quando i modelli sono poco
richiesti, Wang si sveglia alle sei del mat-
tino, legge il giornale e poi va a fare la spe-
sa al mercato. Cucina e va al centro servi-
zi per gli anziani del quartiere per parlare
con gli altri empty nester. Anche se è un
grande appassionato del mahjong, un
gioco da tavola tradizionale, non ci gioca
da tanto tempo. “Mi piace farlo solo con le
persone che amo davvero, ma sfortunata-
mente sono tutte morte”, dice. A volte si
unisce al coro del parco, dove canta brani
rivoluzionari insieme ad altri anziani. Na-
to in una piccola città di provincia nel

VCG
1929, ha attraversato molte delle epoche
più difficili della storia cinese, dalla se-
conda guerra mondiale alla guerra civile,
passando anche per la grande carestia e la
rivoluzione culturale. Suo padre morì
quando aveva tre anni, e nel 1942 Wang
abbandonò la scuola perché sua madre
non poteva più permettersi di pagare la
retta. Voleva combattere contro i giappo-
nesi e si arruolò nell’aviazione, ma un pro-
blema agli occhi gli impedì di andare in
guerra.
Wang si trasferì a Chengdu per impa-
rare da un parente a fare il sarto. Nel 1949,
quando fu fondata la repubblica popolare
cinese, Wang era diventato un abile sarto,
specializzato in abiti occidentali. In se-
guito diventò il direttore di un’azienda
statale di abbigliamento. Ha insegnato il
mestiere a più di cento apprendisti e ha
viaggiato in tutto il paese, dalla cosmopo-
lita Shanghai alle polverose città dell’in-
terno, per incontrare i clienti. La sua car-
riera gli garantiva ottimi guadagni. Riuscì
a comprare tre appartamenti nel centro di
Chengdu, che lasciò ai figli, sperando di
vivere con loro da vecchio. Tuttavia, dopo
la morte di sua moglie nel 1997, il rappor-
to con loro è peggiorato, soprattutto quan-
do hanno saputo delle sue attività di mo-
Wang Suzhong a Chengdu, nel novembre 2017
dello, che considerano “disonorevole”.
Il primogenito di Wang fa la guardia
giurata. Quando ha saputo che il padre
posava nudo di fronte a degli studenti
d’arte, lo ha chiamato e gli ha urlato che
quella era la fine del loro rapporto. En-
trambe le figlie di Wang sono in pensione.
Una va a trovarlo ogni tanto, mentre con
l’altra ha perso ogni contatto. I familiari
dell’uomo hanno rifiutato di farsi intervi-
stare. Prima Wang era invidioso dei suoi
coetanei che potevano contare sulla com-
pagnia di figli e nipoti, ma oggi è tranquil-
lo. “Per quanto tempo credete che possa
vivere? Voglio solo seguire il mio sogno e
dare un contributo alla società con un me-
stiere che molti si rifiutano di fare”.
Tante persone lo apprezzano. È diven-
tato una specie di wanghong, una celebrità
di internet, un termine che conosce, an-
che se non ha né un computer né uno
smartphone. Negli ultimi anni sono usciti
vari articoli e servizi su di lui, che lo hanno
reso piuttosto famoso sui social network.
A quanto pare è il più anziano modello di
nudo a Chengdu.
I suoi vicini lo considerano una specie
di hippy. Zhang Guoxing, un altro pen-
sionato che vive nello stesso complesso
residenziale, sa cosa fa il suo vicino, an-
che se i due non si sono mai parlati. “Cre-
do che molti anziani lo abbiano visto in tv
o sui social network”, dice Zhang mentre
porta a spasso il cane. “Fa una cosa gran-
diosa, insegue il suo sogno e dà un senso
alla sua vita. Io però non avrei mai il fega-
to di farlo”.
Vita da film
Da quando è diventato famoso, Wang è
stato invitato nel 2013 a partecipare a un
film di 45 minuti intitolato Affitto gratuito.
Il film è l’adattamento di un articolo di
giornale su un empty nester di circa set-
tant’anni che, alla ricerca di compagnia,
ospita gratuitamente dei giovani. Lui so-
stiene di aver sostanzialmente interpre-
tato se stesso. C’è una frase, nel film, che
descrive bene la sua situazione: “Mia mo-
glie se n’è andata, i miei figli non vengono
a trovarmi e io ho preparato i vestiti per il
mio funerale”.
Le persone della generazione di Wang
si aspettano che i loro figli si occupino di
loro e li seppelliscano. “Avevo paura di
morire senza i miei figli, ma oggi l’ho su-
perata”, dice. “Mi godrò i giorni che mi
rimangono e continuerò a fare il modello
fino al giorno in cui non sarò più in grado
di muovermi”. u ff
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 73
Viaggi

Comodità
gelata
Todd Pitock, The Saturday Evening Post, Stati Uniti
In Québec, tra gennaio e un bar e una stanza con uno scivolo di
marzo si può dormire in ghiaccio al coperto. C’è anche uno spazio
dedicato a un’esposizione di strane scul-
un albergo tutto di ghiaccio. ture di ghiaccio, con un vecchio telefono
Superate le prime paure, fisso, un enorme volume che fa pensare
è un posto perfetto alla Bibbia di Gutenberg e uno scafandro
per rilassarsi d’altri tempi. Dal soffitto pende un lampa-
dario di ghiaccio da trecento chili.
Le 44 camere sono diverse tra loro per
bbiamo appena lasciato forma e dimensione. La nostra, la camera

A una comoda stanza del

Fairmont Le Château
Frontenac, un grande al-
bergo nel quartiere stori-
co di Québec, la capitale
dell’omonima provincia canadese, e per-
corriamo in taxi una strada buia di cam-
pagna. Fuori ci sono venti gradi sotto ze-
ro. Siamo diretti all’Hôtel de Glace, spa-
Fiocco di neve, ha muri decorati con mo-
tivi che ricordano i cristalli di neve al mi-
croscopio. I materassi matrimoniali sono
poggiati su due piattaforme di ghiaccio. Il
comodino e le due sedie ai lati di un tavo-
lo, ovviamente, sono di ghiaccio.

Partita con il freddo

L’Hôtel de Glace si scioglierebbe da sé,
HEMIS/ALAMy

ventati e agitati. ma per questioni assicurative viene ab-

“Nelle stanze non fa troppo freddo,
solo -5 gradi”, ci ha detto un cameriere
qualche ora fa mentre consumavamo il
nostro ultimo pasto prima di partire. Poi
ha aggiunto, con tono rassicurante: “Alla
fine non lo senti nemmeno, è un freddo
molto secco”. Il tassista, un quebecchese
francofono, non parla bene inglese. “Vi
auguro una notte ghiacciata”, ci dice
mentre pago la corsa. Immagino che le
sue intenzioni siano buone. Forse è così
che ci si rivolge alle persone che stanno
andando a dormire in un igloo. Il percorso
verso l’hotel è lastricato di macchie di
ghiaccio nero. Il respiro viene fuori in nu-
vole di vapore, come i pensieri nei fumet-
ti. Un milione di stelle sembrano congela-
te nel cielo, ma in questo momento il co-
smo sembra una cosa molto meno mira-
colosa del riscaldamento centralizzato.
Immagino che ogni bambino, prima o
poi, sogni di dormire in un igloo. L’Hôtel
de Glace è un intero complesso fatto di
igloo collegati tra loro da corridoi e sale,
modellati con trentamila tonnellate di ne-
ve e cinquecento tonnellate di ghiaccio.
Ci sono una cappella con altare e panche,
battuto ogni primavera, e ogni inverno
quindici artisti e trentacinque operai lo
ricostruiscono. È aperto dall’inizio di gen-
naio alla fine di marzo.
Il complesso è illuminato con luci co-
lorate che si rifrangono attraverso il ghiac-
cio e si posano sulla neve come polvere in
Technicolor. Gli altri visitatori sono un’al-
legra brigata. I quebecchesi vanno matti
per l’Edm, la musica elettronica da disco-
teca, anche quando indossano pantaloni
da neve e parka. Li ammiro per questo.
Quando porto vestiti del genere sono più
rigido del solito, mentre loro ballano sulle
L’hotel si scioglierebbe
da sé, ma per questioni
assicurative
viene abbattuto
in primavera,
e poi ricostruito
in inverno
superfici ghiacciate del bar e si mettono in
posa per le foto con sorrisi congelati intor-
no a una stufa fiammeggiante.
Ci spostiamo nella spa, dove troviamo
vasche idromassaggio e saune. Indossia-
mo costumi da bagno e accappatoi in un
edificio normale situato alle spalle del
complesso di ghiaccio, dove ci sono an-
che bagni, docce e armadietti. La luce
sommessa dell’idromassaggio si posa sul
vapore che si alza dalla superficie dell’ac-
qua. Ci togliamo gli accappatoi e ci im-
mergiamo come soldati nel conforto di
una trincea. Si gioca continuamente una
partita con il freddo. Il gelo ti prende e tu
scappi entrando nell’acqua calda. Ti sten-
di guadando le stelle e ti godi il calore e il
getto della jacuzzi. La gente ti chiede da
dove vieni. Ci sta, in quel momento siete
come fratelli d’armi davanti a un nemico
comune. Mani fredde, cuori caldi.
Arriva il momento di uscire, sai che
non puoi restare lì dentro per tutta la not-
te. Non c’è via di fuga. Il freddo ti afferra

74 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019


dalle piante dei piedi appena toccano il
pavimento ghiacciato e su fino ai capelli.
Ti accarezza la carne, tremante e dispera-
ta. Vai ad asciugarti, ti cambi e ti prepari
per il grande evento: dormire.
Torniamo nella nostra stanza e ci infi-
liamo nelle lenzuola a cerniera e poi in
pesanti sacchi a pelo a sarcofago. Sono
felice dei consigli che ci hanno dato appe-
na arrivati. Per esempio: indossate calzini
puliti, perché con quelli sudati l’aria circo-
la e i piedi diventano ancora più freddi
durante la notte.
Le lenzuola funzionano alla perfezio-
ne. Immagino che ci sia una certa scienti-
ficità, fatta di flussi d’aria e calore intrap-
polato tra gli strati. Ecco tutto quello che
c’è da sapere: ciò che all’inizio è caldo e
asciutto resterà caldo e asciutto, ed essere
circondati dal calore dà la sensazione di
un amore totale.
Ma rimane una sorta di ansia a bassa
frequenza. Hai paura che il calore spari-
sca e di svegliarti congelato. Hai paura di
Nell’Hôtel de Glace in Québec, 2013
non dormire, di una notte eterna e buia
passata a tremare. Ma il freddo stanca il
corpo, la paura stanca la mente e all’im-
provviso senti tua moglie che ti scuote
perché stai russando.
Un braccio esce dal sarcofago e l’aria
fredda lo avvolge. Se respiri dal naso si
congelano le cavità e ti svegli in apnea. Se
respiri dalla bocca ti si secca la gola. Mi
riaddormento. Il cappellino da sci che ho
portato si sfila e immediatamente uno
spirito artico comincia a massaggiarmi la
testa e respira attorno ai miei occhi. Mi
rigiro nel sarcofago per riposizionarmi.
Sospetto che la temperatura si sia ulte-
riormente abbassata, ma è possibile che
mi stia solo indebolendo, con le ondate di
freddo che si abbattono sui bastioni del
mio essere. In passato ho dormito
all’aperto, esposto agli elementi, in deser-
ti e giungle. Eppure capisco solo ora di
essere un rammollito. Sogno le ore della
notte. Sogno che sia mattina. Ma non so-
gnerei mai di trovare riparo in un posto
Informazioni
pratiche
u Arrivare e muoversi Per arrivare a
Québec dall’Italia bisogna prendere un aereo
che fa scalo a Montréal. Il prezzo di un
biglietto a/r parte da 600 euro (Air Canada,
Lufthansa). L’Hôtel de Glace è a trenta
chilometri dalla città. Ci si può andare con
una macchina a noleggio oppure con un
autobus che parte dalla stazione di Gare du
Palais. L’albergo è aperto dall’inizio di
gennaio alla fine di marzo.
u Leggere: La forza nel freddo, scritto
dall’atleta olandese di sport estremi Wim Hof,
Il Punto d’Incontro (2016).
u Vedere: The Captive: scomparsa, del regista
canadese Atom Egoyan, del 2014.
u Mangiare Tra i piatti tipici del Québec c’è
la poutine, un piatto a base di patate fritte
ricoperte di formaggio e sugo dell’arrosto.
u La prossima settimana Viaggio in
Islanda per scoprire i vulcani e gli effetti della
geotermia. Ci siete stati? Avete suggerimenti?
Scrivete a viaggi@internazionale.it.
riscaldato. Preferirei essere ritrovato
mummificato dal gelo, rigido nel mio let-
to di ghiaccio, piuttosto che mollare. Sono
un uomo orgoglioso.
Al mattino la luce entra attraverso un
buco nel tetto, che sta lì per la ventilazio-
ne. Il sole porta buone notizie: sono so-
pravvissuto. È una conquista modesta.
Penso ai grandi esploratori polari.
Amundsen, Scott, Shackleton, che dove-
vano far ammorbidire i loro sacchi a pelo
prima di entrarci. Resto un po’ nel letto,
godendomi la luce tenue e la serenità,
preparandomi all’idea di aprire il sacco a
pelo e uscire. Alla fine non è il coraggio
che ti spinge a farlo, è la vescica piena.
Mi alzo rapidamente, infilo un piede in
una scarpa facendo attenzione a non pog-
giare l’altro, nudo, sul pavimento. Cerco
di stirarmi la schiena e mi ritrovo in piedi,
tra tremori e spasmi. Metto una felpa sulla
testa gonfia e mi trascino verso la linea del
traguardo: una calda colazione, sotto un
vero tetto. u as
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Graphic journalism Cartoline dall’Indonesia

Tony e Luna sono nomi di finzione.

76 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

Karina Tungari è un’illustratrice e autrice di fumetti nata nel 1986 a Jakarta, in Indonesia. Il suo sito è karinatungari.tumblr.com

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 77

 Cultura
Libri
Provincia di Mountain, Filippine, 2 aprile 2017
DoNDI TAwATAo (GETTy)
A ognuno
il suo dolore
Martha Bausells, The Guardian, Regno Unito
Nel suo romanzo d’esordio
Elaine Castillo descrive le
difficoltà di tre generazioni
di donne filippino-americane
on abbiate paura di etichet-
N tare Elaine Castillo. “Sono
filippino-americana, sono
una donna, sono bisessuale:
tutte queste cose danno for-
ma alla mia vita e alla mia scrittura”. E vi-
sto che ha scritto uno straordinario roman-
zo d’esordio sulle donne filippino-ameri-
cane bisessuali, Castillo rivendica così il
loro diritto all’universalità letteraria.
L’America non è casa (Solferino 2019) è
una storia epica e intergenerazionale che
segue diverse donne di una famiglia. Hero
de Vera, la protagonista, ha più o meno
78 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
trent’anni quando arriva a Milpitas, nella
baia di San Francisco. Ripudiata dai suoi
ricchi genitori filippini quando ha lasciato
l’università per dedicare i suoi vent’anni al
Nuovo esercito del popolo, un gruppo
guerrigliero rivoluzionario, Hero è stata in
seguito catturata dall’esercito regolare, de-
tenuta e torturata per due anni in un cam-
po di concentramento. Arriva a Milpitas
per rifarsi una vita e raggiunge lo zio Pol,
sua moglie Paz e Roni, la loro figlia di otto
anni, la prima della famiglia a nascere ne-
gli Stati Uniti.
Cambio di rotta
Quando Castillo ha cominciato a scriverla,
L’America non è casa era una storia molto
diversa. “Era molto lunga e l’ho abbando-
nata per il bene dell’umanità”, dice in
videochiamata da Milpitas, dove è cresciu-
ta e dove è tornata dopo aver vissuto per
otto anni a Londra. Forte di una formazio-
ne classica, nella prima stesura del roman-
zo Castillo ci aveva infilato la mitologia
greca e la crisi dei migranti. “Era un libro
molto contorto”.
Poi ha cominciato a scrivere il prologo
della versione che conosciamo, un potente
capitolo in seconda persona in cui è Paz a
raccontare la prima parte della sua vita
nelle Filippine e l’infanzia in una famiglia
più povera di quella in cui sarebbe entrata
con il matrimonio. “Quindi sei una ragazza
e sei povera, ma almeno hai la pelle chiara,
questo ti salverà”, recita l’incipit. La Paz
incontrata da Hero decenni più tardi è una
donna che si preoccupa delle apparenze ed
è fin troppo cosciente dell’importanza del
ceto sociale (l’ubiquità della classe media
statunitense potrà anche confondere le ac-
que, ma a Milpitas ha ancora delle conse-
guenze). Ecco una delle lezioni che ha im-
parato: “Un bagaglio vuol dire che non
importa quanto vai lontano, non importa
quante volte emigri, dentro di te ci sono
paesi che non lascerai mai”.
Qualcosa è scattato quando Castillo si è
spostata su Hero, che sostiene gran parte
della narrazione. “Avvertivo, e in un certo
senso avverto ancora, un senso di disagio
con Hero e i suoi privilegi, una sorta di pri-
vilegio di cui non avevo davvero idea”, di-
ce. “Credo sia stato quel disagio a darmi
spazio di manovra e a consentirmi all’oc-
correnza di toglierle il terreno sotto i pie-
EzRA ACAYAN (NURPHOTO/GETTY)
Manila, Filippine, 30 novembre 2017
di”. Il nuovo ruolo di Hero a Milpitas è ba-
dare a Roni, piena di vita e piagata dall’ec-
zema, un problema che secondo sua madre
può essere risolto da una guaritrice. Roni
condivide i dettagli più autobiografici con
Castillo, che ha cercato di scrivere anche
dal suo punto di vista. “Le parole erano tut-
te morte sulla pagina”, riflette. “Non avevo
idea di che voce dovessi avere. Chi dice che
scrivere in modo autobiografico è facile
non sa di cosa parla”.
L’universo costruito da Castillo si
estende in molte direzioni mentre l’autrice
tesse una comunità tentacolare piena di
personaggi complessi che impiega un po’ a
sviluppare. Al centro c’è la storia d’amore
tra Hero e Rosalyn, una truccatrice nipote
della guaritrice di Roni, che insieme a un
socio gestisce un ristorante dove presenta
Hero ai suoi amici.
Castillo si lamenta della scarsa rappre-
sentazione della vita bisessuale: “Difficil-
mente si coglie tutta la portata di una vita e
di una sessualità, e le sue possibili direzio-
ni”. La storia di Hero e Rosalyn è tenera,
sensuale e piacevolmente realistica. “Ho
amato e letto molta letteratura queer da ra-
gazzina, ma nella maggior parte dei casi
era ambientata in città. I personaggi maga-
ri venivano dalla periferia o dalla campa-
gna, ma per essere pienamente se stessi
dovevano trasferirsi in città. Ci sono libri
bellissimi su San Francisco o New York, ma
non tutte le persone, e di sicuro non tutte le
AMAAL SAID
persone queer, possono trasferirsi in quelle
città. Di sicuro non adesso. Nessuno può
trasferirsi a San Francisco adesso”, ride.
Per Hero e Rosalyn s’intersecano tante
realtà. “Cosa significa costruire una vita
queer o una vita in periferia quando sei an-
che un’immigrata, una donna di colore,
una donna della classe operaia che si trova
al centro di una comunità e che ci vuole re-
stare? Come possono tutti quei fili non dico
sciogliersi, ma almeno acquistare una sor-
ta di logica?”, si chiede Castillo.
Il trauma è un paesaggio
Il romanzo affronta anche il trauma e le
conseguenze della dolorosa storia recente
delle Filippine – e della passata presenza
militare statunitense nel paese – sulla dia-
spora filippina. Le cicatrici di Hero sono
letterali (le sue mani hanno subìto dei dan-
ni permanenti), ma questo è un libro corale
e il trauma non si concentra solo su di lei.
“Il trauma non è un ritratto, è un paesag-
gio”, dice Castillo. “Ci sono tante storie in
cui un personaggio ha avuto un trauma e
tutti gli altri si occupano di quel trauma,
ma non conosco una comunità così. Per
me funzionava così: ‘Hai un trauma? Ben-
venuta nel club!’. Il trauma è come un’eco-
logia, non è la stella intorno alla quale ruo-
tano gli altri”.
Nel libro sono presenti con grande in-
tensità tutti i dettagli sensoriali di una vera
vita vissuta: profumi, musica (c’è una play-
Elaine Castillo
list su Spotify dedicata al libro), cibo. Ca-
stillo include nel romanzo tre lingue delle
filippine – l’ilocano, il tagalog e il pangasi-
nano – ma non traduce tutte le parole. Da
bambina non ha mai parlato correntemen-
te il tagalog, ma lo sentiva spesso nella sua
comunità. Come capita a tanti figli della
diaspora che non hanno bisogno di cono-
scere ogni singola parola per trovarvi un
significato.
Castillo era stata avvisata che questa
scelta non sarebbe stata apprezzata. Oggi
dice: “Non vedo alcun motivo di annac-
quare la lingua o tradurla per renderla più
accettabile. A chi poi? L’ostilità sullo speri-
mentare con altre lingue in un libro in in-
glese si deve al presupposto che i libri in
inglese siano scritti da e per lettori bianchi,
anglosassoni e monolingui”.
Questa cosa non viene mai contestata
quando le parole inserite sono europee:
“Nessuno chiede a Tolstoj di non scrivere
dei russi o a James Joyce di non scrivere de-
gli irlandesi. Faulkner scrive della vita lo-
cale e quei libri sono letti ovunque. Ecco
cosa sto cercando di fare. Sono cresciuta in
una città in cui una minoranza era la mag-
gioranza. È una realtà molto americana. E
il fatto che le piccole città degli Stati Uniti e
chi ci vive non siano descritti tenendo con-
to di questo vuol dire che come lettori dob-
biamo operare una revisione fondamenta-
le del modo in cui pensiamo la letteratura
americana”. u gim
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 79
Cultura

Cinema
Italieni Dalla Germania
I film italiani visti da
un corrispondente straniero.
Problemi tecnici
Questa settimana Salvatore
Aloïse corrispondente della

tv francotedesca Arte.
Beo
Di Francesca Pirani e Stefano
Viali. Italia 2017, 61’
●●●●●
Si rimane subito colpiti da
Pompilio Baldacci, detto Beo,
classe 1920, contadino e tan-
to altro. La sua schiettezza, la
sua sagacia e la sua ironia sot-
tile riempiono il documenta-
rio senza che lui se ne renda
pienamente conto. Prima an-
cora che descriva i campi at-
torno alle colline del Monte-
feltro, la mezzadria, la guer-
ra, la resistenza, la militanza
sindacale e politica, l’emigra-
zione. Cosi, quando, sui titoli
di coda, la regista gli chiede
se ha capito perché si fa que-
sto film su di lui, Beo rispon-
de, lapidario e sincero: “No”.
A questo punto si è definitiva-
Le autorità cinesi
ritirano il film di Zhang
Yimou, One second,
dal festival di Berlino
Lunedì 11 febbraio la direzio-
ne della Berlinale ha fatto sa-
pere che One second di Zhang
Yimou è stato ritirato dal fe-
stival. Il film del più impor-
tante regista cinese avrebbe
dovuto essere presentato ve-
nerdì 15 febbraio. Il fatto è
abbastanza insolito e coinci-
de con un giro di vite delle
autorità cinesi sull’industria
dell’intrattenimento. Nel co-
municato si parla di “proble-
mi tecnici incontrati durante
la fase di post produzione”.
Massa critica
Dieci film nelle sale italiane giudicati dai critici di tutto il mondo
dr
One second
Stando al materiale che ac-
compagnava la pellicola, si
tratta del ritratto intimo di un
prigioniero che fugge da un
campo di lavoro durante la ri-
voluzione culturale e s’im-
barca in un viaggio verso una
zona rurale del paese in cerca
di un cinema dove vedere un
cinegiornale. In competizio-
ne per l’Orso d’oro ci sono al-
tri due film cinesi, ma la scor-
sa settimana era stata ritirata
dal festival un’altra pellicola
di produzione cinese, sempre
per “problemi tecnici”. “Ba-
sta vedere di cosa parla un
film per capire come mai vie-
ne ritirato”, ha commentato
un utente cinese sui social
network. Nel 1994 il film Vi-
vere! di Zhang Yimou fu mes-
so al bando in Cina, ma il
regista era stato riabilitato
dal governo nel 2008 quando
fu scelto per dirigere le ceri-
monie di apertura e di chisu-
ra dei giochi olimpici di
Pechino.
The South China
Morning Post

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mente affascinati dal perso-

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naggio e dalle sue riflessioni

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sul mondo e sugli uomini. Il N

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intento di “ripercorrere il no-

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vecento da una prospettiva

inedita, cioè attraverso un LA vITA In un ATTIMo 11111 - - 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
suo straordinario testimone”.
Tra tante, due scene merita- IL CorrIere 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111
no di essere citate. Quando
Beo passa in rassegna le arnie CreeD II 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
delle sue api e borbotta che,
per la loro organizzazione di
LA fAvorITA 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
vita, “loro sono meglio di GLASS 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111 -
noi”. E quando accarezza,
11111
con tenerezza, fino a farlo ad- Green Book - 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111
dormentare, il gallo che ha
trovato rifugio al caldo della MArIA reGInA… 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 11111 11111
sua cucina. Forse è in questa
immagine la risposta alla do- roMA 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
manda della regista: il film
andava fatto per l’umanità
Se LA STrADA… 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 11111 11111
che trasmette il protagonista. vICe 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 11111 11111
E per la bellissima parlata con
la quale si racconta. Legenda: ●●●●● Pessimo ●●●●● Mediocre ●●●●● Discreto ●●●●● Buono ●●●●● Ottimo

80 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 I consigli
della
redazione
DR
In uscita
Alita. Angelo
della battaglia
Di Robert Rodriguez.
Con Rosa Salazar, Christoph
Waltz. Canada/Argentina/
Stati Uniti 2019, 122’
●●●●●
Uno degli aspetti più impres-
sionanti di Alita è il suo fina-
le. Non tanto per come è rea-
lizzato, ma per il fatto stesso
che sia stato concepito così.
Dimostra che il produttore
James Cameron e il regista
Robert Rodriguez hanno as-
soluta fiducia nel fatto che
Alita conquisti il pubblico.
Partono dalla certezza che le
storie a fumetti si trasforma-
no in serie di film di successo
(Alita è tratto da una serie
manga degli anni novanta),
ma è vero anche che il suc-
cesso è garantito quasi esclu-
sivamente per le serie a fu-
metti statunitensi. Alita è un
godibile film d’azione pop
con profusione di effetti digi-
tali, ambientato in un lonta-
no futuro. Ma soprattutto si
avvale di Rosa Salazar nei
panni di una cyborg con l’am-
nesia (recuperata in una di-
scarica da un esperto di robo-
tica) che conferisce grande
umanità al personaggio, no-
nostante tutti gli effetti spe-
ciali. Emily Yoshida,
Vulture
Le nostre battaglie
Guillaume Senez
(Belgio/Francia, 98’)
Alita
Ognuno ha diritto ad
amare. Touch me not
Di Adina Pintilie. Con Laura
Benson. Romania/Germania/
Repubblica Ceca/Bulgaria/
Francia 2018, 123’
●●●●●
Nel suo esordio dalla lunghis-
sima gestazione (Orso d’oro e
premio per l’opera prima alla
Berlinale del 2018), Adina Pin-
tilie usa corpi di ogni tipo per
esplorare i limiti dell’intimità e
sfidare la nozione di bellezza.
Ma la riuscita del suo film di-
pende anche dalla soggettività
dello spettatore. Mescolando
di continuo finzione e realtà
Ognuno ha diritto ad amare
racconta la storia di Laura, cin-
quant’anni, che ha problemi a
toccare il prossimo e a farsi
toccare. Adina (interpretata
dalla regista) sta realizzando
un documentario sull’intimità
e spinge Laura in una serie di
terapie più o meno sperimen-
tali. Centrale il personaggio di
Christian Bayerlein, affetto da
atrofia muscolare, capace da
solo di mettere in discussione
ogni definizione di attraente.
Jay Weissberg, Variety
La vita in un attimo
Di Dan Fogelman. Con Oscar
Isaac, Olivia Wilde. Spagna/
Stati Uniti 2018, 117’
● ●●●●
Tendenzialmente tutti i film
sono manipolatori. È il loro la-
DR
La favorita
Yorgos Lanthimos
(Stati Uniti/Regno Unito/
Irlanda, 135’)
voro indurre negli spettatori
sensazioni inattese. Ma ci sono
pellicole che vanno oltre i limi-
ti dello strappalacrime e pren-
dono gli spettatori in ostaggio.
La vita in un attimo, scritto e
diretto da Dan Fogelman (il
campione della manipolazione
dietro alla serie This is us), si
ostina in modo così perverso a
voler estorcere emozioni al
pubblico che potrebbe essere
quasi una commedia nera. Ma
non lo è. Una giostra di perso-
naggi è tenuta insieme da una
serie di tragedie: persone inve-
stite da autobus, bambini che
assistono alla morte dei geni-
tori, suicidi istigati da profon-
da disperazione. E non dimen-
tichiamoci del cancro. La pre-
messa del film – da un dramma
possono fiorire bellezza e feli-
cità – può anche passare, ma a
tutto c’è un limite.
Stephanie Zacharek, Time
Un valzer tra gli scaffali
Di Thomas Stuber. Con Franz
Rogowski, Sandra Hüller.
Germania 2018, 125’
●●●●●
Quando comincia a lavorare in
un megastore, Christian è un
po’ spaesato. Poi Bruno, del re-
parto alcolici, lo prende sotto
la sua ala protettrice, inse-
gnandogli tutti i trucchi e i se-
greti del magazzino. Quando
Christian s’innamora di Ma-
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Il primo re
Matteo Rovere
(Italia, 127’)
rion, del reparto dolciumi, tut-
ti lo mettono in guardia. Ma
quando Marion va in aspettati-
va, a Christian crolla il mondo
addosso. Nonostante qualche
incoerenza (per esempio la
voce fuori campo del protago-
nista), il film colpisce per la
sua musicalità e per la capaci-
tà di Thomas Stuber di costru-
ire un piccolo mondo che vive
tra i cunicoli e gli scaffali del
gigantesco magazzino.
Joachim Kurz, Kino Zeit
Crucifixion. Il male è stato
invocato
Di Xavier Gens. Con Sophie
Cookson. Regno Unito/
Romania/Stati Uniti 2017, 90’
●● ●●●
Le possessioni demoniache di
corpi femminili non passano
mai di moda. I film che ne par-
lano spesso piacciono anche
solo per i cliché intorno ai qua-
li sono costruiti. Nicole è una
giornalista di New York che
parte per la Romania per inda-
gare sulla misteriosa morte
violenta di una suora. Accusati
dell’omicidio un prete e alcu-
ne suore. Crucifixion non è il
tipico film su possessioni ed
esorcismi, ma nonostante al-
cune buone intenzioni e un
certo potenziale, ci si spaventa
poco e la storia non è così ori-
ginale. Carlos Díaz Reyes,
Vanguardia (Messico)
Ognuno ha diritto ad amare
81
Cultura
Libri
Italieni
I libri italiani letti da un
corrispondente straniero.
Questa settimana Vanja
Luksic del settimanale
francese L’Express.
Ermanno Bencivenga
La stupidità del male
Feltrinelli, 158 pagine,
15 euro
● ● ●●●
Il titolo di questo libro che
tenta di capire e di spiegarci
cos’è il male è un omaggio a
Hannah Arendt, che aveva
utilizzato una parola non tanto
diversa, “banalità”, per parlare
del nazismo. Lo sottolinea lo
stesso autore, filosofo e
professore all’Università della
California a Irvine. “Il male
non ha dignità intellettuale” è
la tesi di questo piccolo saggio
kantiano, “non c’è una logica
del male”. Se non quella
“rozza, cruda, primitiva della
distruzione”. “Il male è
estraneo alla logica del bene”,
però esiste. Si fa perché serve,
perché piace o perché non se
ne può fare a meno. L’autore
illustra queste diverse
motivazioni con esempi di
“uomini molto cattivi”: Hitler,
il marchese de Sade, ma anche
Dracula o mister Hyde. Parla
anche della violenza delle
crociate, del gruppo Stato
islamico, di Al Qaeda o Boko
haram. “Il male ha una sua
tragica realtà ma non merita di
esercitare alcun fascino
intellettuale”, insiste
Bencivenga, che dice di
avvertire questo pericolo oggi
“come in altri momenti di crisi
della civiltà”. In fondo questo
libro è il seguito logico di un
altro suo saggio del 2017, La
scomparsa del pensiero. Perché
non possiamo rinunciare a
ragionare con la nostra testa.
Un grido d’allarme. Una
messa in guardia filosofica.
82 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Dal Regno Unito
Un neurologo allo specchio
Il saggio autobiografico Let
me not be mad apre una
nuova frontiera nel genere
dei libri scritti da medici
I libri scritti da dottori, chirur-
ghi e psicanalisti hanno una
presenza fissa nelle classifiche
dei libri più venduti. Per esem-
pio This is going to hurt, in cui il
dottor Adam Kay racconta il
suo apprendistato. Il chirurgo
MIRAGEC/GETTy
statunitense Atul Gawande è
ormai una celebrità, per non
parlare dei saggi di Oliver
Sacks che continuano a vende-
re anni dopo la sua morte, av- comincia dimenticandosi cose ci: si cita in continuazione Re
venuta nel 2015. Apparente- poco importanti e si finisce Lear, non si contano le allusio-
mente Let me not be mad, scrit- che non si riconoscono i propri ni a Kafka e David Foster Wal-
to da un neurologo sotto lo figli. Poi però scopriamo che la lace. Let me not be mad è un li-
pseudonimo A.K. Benjamin, diagnosi non riguarda un pa- bro molto personale e commo-
appartiene a questo fortunato ziente ma il medico stesso, il vente, ma soffre del fatto di fa-
genere. Si comincia con una cui orizzonte si restringe sem- re riferimento a una sola, sep-
diagnosi e una piuttosto bruta- pre di più. I riferimenti del li- pure estrema esperienza.
le prospettiva di demenza. Si bro sono più letterari che clini- The Economist
Il libro Goffredo Fofi
Oltre il diario
Emanuele Trevi scritto, sull’ultimo Pasolini, grande e sventurata poeta
Sogni e favole che lessi con irritazione perché Amelia Rosselli, e un critico
Ponte alle Grazie, 218 pagine, mi sembrò più cerebrale che molto più che critico, appunto
16 euro affettivo e per la poca simpatia Garboli. Punto di partenza è la
Trevi sta realizzando con per Laura Betti, donna poesia in cui Metastasio
ostinazione un progetto di provocatoria e sofferente, ma (grande quanto vituperato per
scrittura mutuato, si direbbe, ammirevole) il pregio di Sogni la virtù della leggerezza)
dallo Stendhal dei Ricordi di e favole è la leggerezza. È una diceva di commuoversi sulle
egotismo e altri scritti nei quali virtù rarissima in scrittori e sue invenzioni, come dissero
l’autobiografia serviva a saggisti di oggi, anche se molti altri, da Puškin a Elsa
ritrovare e narrare un mondo e provano a imitare Cesare Morante, cupa e angosciata
un tempo, per lasciarne tracce Garboli, che è poi personaggio quando scriveva della morte
godibili ma documentabili. centrale e nume tutelare di di Useppe. Non è un vero
Saggio e romanzo oltre il questa carrellata nella Roma romanzo, questo, ma qualcosa
diario. Se altrove c’era fatica degli anni ottanta. Trevi narra di più appassionante,
nel mettere insieme troppe con affetto e misura un grande provocante, utile. A partire da
cose (penso a Qualcosa di fotografo, Arturo Patten, la un “io” non fastidioso. u
 I consigli Roland Schimmelpfennig Jeroen Olyslaegers Matthew Engelke
della In un chiaro, gelido mattino Wil Pensare come
redazione di gennaio all’inizio del (Edizioni e/o) un antropologo
ventunesimo secolo (Fazi) (Einaudi)

Il romanzo María Sonia Cristoff

Falsa calma
Madri e figli La Nuova Frontiera,
224 pagine, 19 euro
●●●●●
La Patagonia in cui s’immerge
Sherman Alexie Sherman Alexie Cristoff somiglia ben poco a
Non devi dirmi che mi ami quella che immaginiamo
NN editore, 426 pagine, 21 euro dall’Europa: niente ghiacciai,
● ● ● ●● laghi incontaminati, catene
Sherman Alexie si è affermato montuose o venti gelidi, ma
come uno dei più importanti moltissima terra brulla, raffi-
MATHIEU BOURGOIS (WRITER PICTURES/ROSEBUD2)
vania, sa come creare atmo-
sfere perturbanti su uno sfon-
do di realismo. A Verhovina,
tutti gli uccelli se ne sono an-
dati. Non ci sono treni che pas-
sano di lì, e se hai proprio biso-
gno di andarci devi prendere
un treno merci. È il caso dei
giovani del centro di reinseri-
mento sociale di Anatol Kor-
kodus. Uno di loro è diventato
figlio adottivo di Anatol, osser-

scrittori degli Stati Uniti. Ha nerie, vita ridotta all’essenzia- va rasoterra la vita di Verhovi-
sempre raccontato la terribile le. La scrittrice argentina non na, le sue miniere di zolfo, le
bellezza della vita dei nativi è una testimone “impertinen- sue fonti calde e maleodoran-
americani con un’onestà e un te”, non infastidisce il lettore ti, la sua natura ostile, il clima
umorismo che mettono a con le sue opinioni e i suoi sen- ingrato e la fauna selvatica in-
disagio. Non devi dirmi che mi timenti, ma sceglie di rendersi trappolata nel ghiaccio eterno.
ami è il suo memoriale tanto invisibile per dar voce a quelle Il romanzo è stato pubblicato
atteso. Gran parte della storia vite desolate e al tempo stesso nel 2011 e presenta segni di
si concentra su un anno in cariche di una dignità emozio- modernità, ma potrebbe an-
particolare, in cui è morta la nante. Per raccontare storie si- che essere nato in tempi molto
sua irascibile madre Lillian e mili è necessario vivere con le lontani, lontano dal mondo
in cui Alexie si è sottoposto a intessendo e vendendo persone per molto tempo, e dei vivi, nella leggenda. Il
un intervento chirurgico al trapunte. Alexie racconta di generare la fiducia che le fac- grottesco e il macabro si me-
cervello per rimuovere un una volta in cui, dopo che in cia emergere in modo natura- scolano con il realismo. Ra-
tumore. Al centro del libro, casa sua avevano staccato la le. Per Cristoff, il vero cuore gazzine fulminate con l’elet-
però, c’è il suo rapporto con la luce perché non potevano della Patagonia sono le perso- troshock nel loro letto, streghe
madre, una donna difficile e permettersi di pagare la ne: l’aviatore che va nel panico con doni minacciosi, una gra-
violenta capace di compiere bolletta dell’elettricità, sua mentre sta per atterrare, la ziosa nana. All’Auberge des
atti di enorme abnegazione madre ha cucito nel buio donna che contempla impassi- Trois-Gredines, lo chef Pocho-
per i suoi figli e allo stesso senza sosta fino a realizzare bile la morte di un padre appe- riles prepara piatti strani. Inol-
tempo capace di maltrattarli in una trapunta con la quale na conosciuto, fino ai poliziotti tre, gli sporcelli di Roald Dahl
modo scioccante. Il modo in avrebbe guadagnato corrotti e agli assassini che esistono, formano perfino una
cui Alexie racconta la morte di abbastanza per riavere mangiano i cuori delle vittime coppia non più incongrua delle
sua madre è molto diverso l’elettricità. Ma racconta per appropriarsi della loro for- altre combinazioni umane of-
dagli approcci più comuni al anche della notte in cui, za. Falsa calma è all’altezza del ferte dalla popolazione di
tema, che spesso sono rispondendo alla sua rabbia di suo titolo: sotto la superficie Verhovina. Il narratore non
racconti d’amore o almeno si bambino di dieci anni, gli ha tranquilla del paesaggio della sembra sorpreso da nessuna
muovono verso la lanciato una lattina di soda, lo Patagonia e dietro le facce dei stranezza, e alla fine domina
riconciliazione. Alexie invece ha colpito sulla fronte e gli ha suoi abitanti vivono emozioni un senso fatale e comico di
è arrabbiato con sua madre, fatto perdere i sensi, represse, desideri che non assurdità.
anche dopo che è morta e lasciandolo lì a terra. La possono essere trattenuti più a Isabelle Rüf, Le Temps
nonostante i suoi sforzi per rievocazione di Alexie del suo lungo, ricordi difficili da cre-
perdonarla. E anche se si rapporto con Lillian riflette il dere, voglia di scappare e, so- Shūichi Yoshida
rende conto che le ragioni complicato amore che molti prattutto, molte cose da na- Appartamento 401
della sua rabbia erano hanno per i genitori. Con la scondere. Feltrinelli, 229 pagine, 16 euro
comprensibili, è ancora sua onestà ma senza essere Andrés Barba, El Mundo ●●●●●
dispiaciuto per l’impatto che vendicativo, fa in modo che Splendidamente banale. Forse
questi sentimenti hanno avuto quanti di noi si sono sentiti Ádám Bodor non suona come un apprezza-
su di lui e sui suoi fratelli. Il tagliati fuori da quei libri sul Boscomatto mento, ma è la formula che
padre di Alexie è stato lutto in cui genitori e figli Il Saggiatore, 307 pagine, meglio riassume il fascino del
alcolizzato fino alla morte, ma avevano relazioni perfette 22 euro romanzo di Shūichi yoshida,
sua madre ha smesso di bere possano leggere queste pagine ●●●●● che racconta le vite di cinque
quando Alexie era un ragazzo. e piangere. Lorraine Berry, Ádám Bodor, scrittore unghe- giovani adulti che abitano in
Si è guadagnata da vivere The Guardian rese nato nel 1936 in Transil- un affollato appartamento di

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 83

Cultura
Libri
Tokyo. Ryōsuke Sugimoto ha
21 anni, sta finendo l’universi-
tà e va a letto con la fidanzata
del suo migliore amico. Mirai
Soma, 24 anni, divide il suo
tempo in modo diseguale tra
ambizioni artistiche frustrate,
una boutique di beni importati
e i bar gay più trendy. A 23 an-
ni, la bella Kotomi Okochi sta
sprecando la sua vita seduta al
telefono, in attesa di una chia-
mata dal suo pseudofidanzato
e ignorando i suoi chiari sinto-
mi di depressione. Naoki Iha-
ra, che si avvicina ai 30 anni, è
quello che somiglia di più a un
vero adulto, la sua carriera di
regista si sta finalmente av-
viando ma è ancora in una
strana relazione di dipenden-
za con la sua ex ragazza. Sato-
ru Kokubo è l’ultimo arrivato
nell’appartamento, un gigolo
di 18 anni che mette sul mer-
cato la sua gioventù e il suo
corpo per una fortuna facile,
seppur temporanea. Mentre
nascono sospetti su strani av-
venimenti nell’appartamento
accanto e la tensione nel quar-
Non fiction Giuliano Milani
Torniamo alle fonti
Sam Wineburg
Why learn history
The University of Chicago Press,
241 pagine, 18,72 euro
Oggi, in molti paesi, l’insegna-
mento della storia sembra en-
trato in crisi. Mentre nella
scuola e nell’università per
materie come la matematica,
le scienze e, per certi aspetti,
anche la letteratura si elabora-
no sistemi nuovi di trasmette-
re conoscenze e competenze,
per la storia l’unico argomento
di dibattito sembra essere il
contenuto di ciò che si inse-
gna. Si dibatte se sia un bene
84 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
tiere aumenta in seguito a una
serie di aggressioni alle donne,
i cinque trovano una loro di-
mensione collettiva. In defini-
tiva, Appartamento 401 è un
romanzo sul distacco, da se
stessi e da chi ci circonda. Un
raro caso di opera universale,
che potrebbe essere ambienta-
ta con altrettanta facilità a
Londra, a New york o in una
qualsiasi delle città del mondo
in cui i giovani emigrano per
inseguire i loro sogni.
Matt Kamen,
The Japan Times
Irvine Welsh
Morto che cammina
Guanda, 432 pagine, 19,50 euro
● ●●●●
Sul fortunato esordio di Train-
spotting Irvine Welsh ha co-
struito qualcosa di simile a un
franchising: sono ormai cin-
que i romanzi che raccontano
le vite di Renton, Sick Boy,
Spud e Begbie. Con quest’ulti-
mo, tuttavia, sembra di poter
dire che il baccanale ha esauri-
to le forze. Renton è diventato
privilegiare alcuni temi rispet-
to ad altri e quindi, per esem-
pio, se siano meglio manuali
che adottano prospettive na-
zionali o “globalizzate”. Se-
condo Sam Wineburg il pro-
blema non sta nel decidere
quale verità dare agli studenti,
ma nel volergli trasmettere
una verità. Professore a Stan-
ford, Wineburg sostiene che,
invece di insegnare come sono
andate le cose, sia possibile in-
segnare a cercare le fonti, a in-
crociarle e a interpretarle per
poter produrre un’interpreta-
zione solida e difendibile, la
manager musicale, Begbie è
un artista acclamato che vive
in California con una famiglia
appena formata, Sick Boy è di-
ventato un imprenditore di
escort e lo sfortunato Spud si è
dato a tempo pieno all’accatto-
naggio. Attraverso un “piano
di espiazione personale”, Ren-
ton è impegnato a ridare agli
altri i soldi che gli ha rubato. In
Morto che cammina ci sono al-
cuni pezzi comici molto diver-
tenti, come un tentativo fallito
di contrabbandare un rene, ol-
tre ai soliti marchi di fabbrica
di Welsh: abuso di droga, ses-
so burlesque e provocazioni
misogine e omofobiche. La
storia si muove in varie aree
del pianeta, da Santa Monica a
Istanbul, ed è costellata dalle
battute caustiche di Welsh sul
mondo moderno, ma molte
parti sembrano scritte con il
pilota automatico e ci sono al-
meno tre sottotrame di troppo.
Forse è venuto il momento di
mandare in pensione il mondo
di Trainspotting. Alasdair
Lees, The Independent
migliore possibile. Alla luce di
una lunga esperienza d’inse-
gnamento sperimentale, in cui
forniva ai ragazzi “scatole-ar-
chivio” piene di documenti re-
lativi a eventi noti della storia
statunitense (per esempio l’ar-
resto di Rosa Parks per non
aver ceduto il proprio posto
sull’autobus a un bianco nel
1955), Wineburg mostra come
l’insegnamento della storia,
da strumento irrigidito, possa
diventare una bussola per
orientarsi tra le tante fonti più
o meno affidabili che oggi ab-
biamo a disposizione. u
Africa
VINCENT FOURNIER (REA/CONTRASTO)
Ali Zamir
Dérangé que je suis
Tripode
Le disavventure tragicomiche
di Dérangé, uno scaricatore di
porto di Mutsamudu, la princi-
pale città dell’isola comoriana
di Anjouan. Ali Zamir è nato
nel 1987 nelle Comore. Vive a
Montpellier.
Leïla Bahsaïn
Le ciel sous nos pas
Albin Michel
Il passaggio all’età adulta di
una ragazza sovversiva che at-
traversa il Marocco in motoci-
cletta, travestita da uomo, e
poi va a Parigi dove viveva la
madre. Leïla Bahsaïn è una
giovane scrittrice marocchina
che vive in Francia.
Samba Oumar Fall
Benjamin
L’Harmattan
Dopo un tentativo di raggiun-
gere l’Europa su un barcone,
un ragazzino senegalese fini-
sce nel mondo degli spacciato-
ri di droga. Samba Oumar Fall
è un giornalista senegalese.
Oyinkan Braithwaite
My sister, the serial killer
Thorndike
L’esordio della giovane
scrittrice nigeriana Oyinkan
Braithwaite è l’esilarante storia
di due sorelle: Ayoola, che uc-
cide gli uomini che cadono
nella sua rete, e Korede, che
corre in suo aiuto a ripulire le
scene del delitto.
Maria Sepa
usalibri.blogspot.com
Ragazzi
Punti
di vista
Fernando Aramburu
Vita di un pidocchio
chiamato Mattia
Salani, 111 pagine, 9 euro
I pidocchi non piacciono a
nessuno. Ti fanno grattare la
testa, ti fanno usare shampoo
che pizzicano e sono un
fastidio colossale. E avere i
pidocchi non ti fa di certo
diventare il più popolare della
scuola. Ma qualcuno si è mai
preso la briga di chiedere a
un pidocchio cosa pensa di
noi? Se noi diciamo “che
schifo, c’è un pidocchio nella
mia testa!”, anche un
pidocchio potrebbe dire “che
schifo! C’è un uomo sotto i
miei piedi”. Ed è da qui che
parte lo scrittore Fernando
Aramburu (scrittore di grandi
romanzi per adulti come il
celeberrimo Patria) per farci
fare un viaggio con un
pidocchio. E poverino il suo
viaggio non è facile. Già
essere intrappolato in una
selva di peli è tipo trovarsi
senza torcia nella foresta
amazzonica. Tutto è sinistro,
tutto è un pericolo. Ma il
nostro pidocchio è un tipetto
coraggioso e non demorde. Va
avanti, stoicamente. E dovrà
affrontare tanti pericoli. Il
cattivissimo pettine, l’aria
calda e torrida del phon, i
lavori forzati nelle cave della
forfora e poi tutti gli altri
esseri viventi che abitano
quella strana foresta di peli.
Un po’ si ride, un po’ si riflette
nella favola postmoderna di
Aramburu. Sicuramemte tra i
pregi di questa piccola storia
c’è quello di insegnarci a
cambiare il punto di vista.
Igiaba Scego
Fumetti
Maschere della cattiveria
Elisa Menini
Nippon folklore
Oblomov edizioni, 128 pagine,
20 euro
Il libro d’esordio di Elisa Meni-
ni è un gioco di mutazioni e
imposture dove le entità del
folclore giapponese sono esse-
ri mutanti e reversibili, a volte
cattivi, a volte no, a volte sem-
plicemente dispettosi, ma-
schere o specchio del coraggio
come della cattiveria umana.
Un universo mitologico che,
con scelta originale, è rappre-
sentato come un grande car-
nevale. Ma nel terzo racconto,
a metà tra parabola e apologo
sulla condizione femminile,
l’autrice raggiunge anche forti
livelli di poesia facendo senti-
re al lettore i personaggi e la
solitudine della protagonista.
Sia lei sia il fidanzato compio-
no atti di amore e generosità
speculari che restano incom-
presi per via delle apparenze.
Nel quarto racconto, dove
Menini demistifica le conven-
zioni sociali e di classe, siamo
in una farsa esplosiva note-
volmente espressiva, quasi
teatrale, nel rappresentare la
forza demoniaca delle appa-
rizioni divine. Uno specchio
perfetto delle nostre paure o
della nostra avidità. Se deve
ancora crescere per dare radi-
cale profondità all’immagine,
nel fondere influenze dalla
pop art di Roy Lichtenstein (si
veda l’insistita sgranatura del
retino in alcuni racconti), con
quelle di pittori e calligrafi co-
me yoshitoshi, maestro
dell’ukiyo-e (antenato del
manga), o di altri maestri co-
me Hokusai e Hiroshige, Me-
nini raggiunge un forza che
lascia sperare sviluppi inte-
ressanti. Ancor più evidenti
riguardando il libro con cal-
ma a lettura conclusa.
Francesco Boille
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Ricevuti
Franco Lorenzoni
I bambini ci guardano
Sellerio, 344 pagine, 14 euro
Franco Lorenzoni torna nella
piccola scuola elementare in
cui insegna per raccogliere
pensieri e dialoghi su
questioni cruciali che ha
affrontato con i suoi alunni.
Maria Canepa
Riflessioni sullo sviluppo
sostenibile in architettura
Mimesis, 190 pagine, 22 euro
Bilancio sulle ripercussioni
del concetto di sviluppo
sostenibile in ambito
architettonico.
Carlo Greppi
L’età dei muri
Feltrinelli, 296 pagine, 18 euro
Da Varsavia a Berlino, dai
Caraibi al confine tra Messico
e Stati Uniti: una storia
globale scandita dalla
costruzione di barriere.
Chiara Ingrao
Migrante per sempre
Baldini+Castoldi, 405 pagine,
20 euro
Cinquant’anni nella vita di
Lina, bambina in Sicilia,
ragazza in Germania, donna
a Roma.
Mauro Bonazzi
Piccola filosofia per tempi
agitati
Ponte alle Grazie, 192 pagine,
13 euro
In periodi di crisi la filosofia è
uno strumento che aiuta a
fare ordine nelle idee e
illuminare le zone più oscure.
Paula Modersohn-Becker
Dentro la vita
Via del vento, 40 pagine, 4 euro
Riflessioni, pensieri e appunti
della pittrice tedesca
sull’importanza della libertà
e della semplicità nell’arte.
85
 Cultura
Musica
Dal vivo
I Hate My Village
Pordenone, 16 febbraio
facebook.com/capitolpordenone
Carpi (Mo), 22 febbraio
kalinkaclub.it
Montemarciano (An),
23 febbraio
facebook.com
/culturamontemarciano
Vegas Jones, Nitro, Young
Slash, Jake La Furia
Milano, 17 febbraio
fabriquemilano.it
Balthazar
Milano, 20 febbraio
santeria.milano.it
Massimo Volume
Bologna, 20 febbraio
auditoriumanzoni.it
Roma, 1 marzo
auditorium.com
Pisa, 2 marzo
facebook.com/lumierepisa
Twenty One Pilots
Bologna, 21 febbraio
unipolarena.it
Fatoumata Diawara
Verona, 21 febbraio
teatronuovoverona.it
Bologna, 22 febbraio
locomotivclub.it
Aosta, 23 febbraio
fatoumatadiawara.com
Paolo Conte
Genova, 23 febbraio
carlofelicegenova.it
DR
Fatoumata Diawara
86 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Dagli Stati Uniti
Donne e rap in testa ai Grammy
M. ANZUONI (REUTERS/CONTRASTO)
Kacey Musgraves Lady Gaga. Cardi B, che si è
e Childish Gambino anche esibita, è diventata la
dominano i prestigiosi prima donna a vincere il rico-
premi musicali noscimento per il miglior di-
sco hip hop. A causa di qual-
Gli artisti rap e le donne si so- che problema tecnico, alcuni
no presi la scena ai Grammy discorsi di ringraziamento
awards, dopo essere stati sono stati tagliati: quello di
snobbati per anni. This is Dua Lipa ai Grammy Dua Lipa e quello di Drake,
America, la canzone del rap- premiato per la miglior can-
per e attore Childish Gambi- stata la prima volta che una zone rap con God’s plan. Dra-
no contro il razzismo, ha vin- canzone rap ha vinto entram- ke ha ricordato che i premi
to il premio per la miglior re- bi i riconoscimenti. L’artista come i Grammy sono basati
gistrazione e la miglior can- country Kacey Musgraves ha solo su giudizi personali e
zone dell’anno. Gambino, raccolto quattro Grammy, non sui numeri. Tra gli ospiti
così come Kendrick Lamar, compreso quello per il disco speciali della serata c’era an-
ha rifiutato l’invito degli or- dell’anno per Golden hour. La che Michelle Obama. L’ex
ganizzatori in segno di prote- britannica Dua Lipa invece è presidente Jimmy Carter, 94
sta contro la scarsa attenzio- stata premiata come miglior anni, ha vinto il premio per il
ne dimostrata in questi anni artista emergente. Tre sta- miglior audiolibro.
nei confronti dell’hip hop. È tuette sono andate invece a Associated Press
Playlist Pier Andrea Canei
Eterno notturno
Murubutu Massimo Volume Mulai
1 Tenebra è la notte (feat.
Dia)
“La notte è una forma d’arte”.
2 L’ultima notte del mondo
Qualcosa con Bela Lugo-
si... Fare a meno del piano...
3 Night/morning
Discomusic da dormive-
glia, perturbazione multistrato
Una grande tela su cui writer, Chopin esegue notturni... per il subconscio, future pop
rapper, skater, poeti e ragio- Apocalisse con due soli... Von con chitarre acustiche sotto
nieri proiettano le trame del Masoch e l’arsenico nel vino... coltri di filtri e loop; questo
loro pensare. Questo inse- Bah? Piste ciclabili da Palermo pezzo, il singolo Tokyo, e l’al-
gnante di Reggio Emilia dedi- fino a Dublino... “È l’ultima bum che li contiene entrambi,
to al doposcuola rap ne trae un notte del mondo. Da domani HD dreams, sembrano parte di
concept album di racconti di cominceremo tutti ad appassi- un mixtape giapponese di ru-
buio, in cui il suo vocione tene- re”. Il nuotatore è il nuovo al- mori onirici per qualche buco
broso incrocia altri flow (Wil- bum della band bolognese. E di Akihabara, o colonne sono-
lie Peyote, Caparezza, Mezzo- come nel racconto di John re per nuove stagioni di Black
sangue) e beatmaker. Quando Cheever, ogni pezzo è una va- mirror. Ma nascono tra Brescia
incontra voci femminili vola sca di sound che la voce nar- e Milano, dove Giovanni Bruni
un po’ più in alto. Ninnenan- rante attraversa a bracciate, tra Zani, cresciuto con Aphex
ne, citazioni, Francis Scott tensioni contemporanee e sug- Twin, Warp records ed elettro-
Fitzgerald, pensieri post- gestioni cineletterarie: solita nica di Sheffield, sforna un
postmeridiani e antelucani, solfa o trip fascinoso fino al esordio che vale un volo not-
sogni e grilli per la testa. termine della notte? turno intercontinentale.
 Jazz/
impro
Scelti da Antonia
Tessitore
Album
Jessica Pratt
Quiet signs
Mexican Summer
●●●●●
Per la prima volta la cantante
californiana Jessica Pratt ha
registrato un album in uno stu-
dio professionale. Strano, vista
la sua storia finora. Sarebbe
BANdCAMP
stato più facile immaginarla
mentre registrava su un vec-
chio mangianastri di fronte a
un paesaggio deserto, con la
sua voce cinguettante e il suo
approccio poco ortodosso alla
chitarra. Invece è andata ai
Gary’s Electric, nel cuore di
Brooklyn. Però la novità sem-
bra averle fatto bene. Quiet
signs è il suo disco migliore.
C’è quel flauto che chiude Fare
thee well, il sintetizzatore sini-
stro che attraversa This time
around e ottime parti di piano
qua e là. E soprattutto c’è in-
trospezione e contemplazione.
Rispetto a On your love again, il
l’album del 2015, le situazioni
sono ancora più notturne. L’at-
mosfera di questo disco è così
contagiosa che può convincere
anche gli scettici.
Joe Goggins, DIY
Mercury Rev
Bobbie Gentry’s The Delta
sweete revisited
Bella Union
●●●●●
Cinquantuno anni fa Bobbie
Gentry pubblicò The Delta
Sweete, un concept album che
racconta com’è crescere “da
squattrinati” nel delta del Mis-
sissippi. Non ebbe molto suc-
cesso e pian piano finì nel di-
menticatoio. Negli ultimi anni
è stato riscoperto ed è così che
i Mercury Rev hanno deciso di
reinciderlo con l’aiuto di un
gruppo nutrito di cantanti. Ri-
spetto ai dodici brani dell’ori-
ginale, la band statunitense ha
tolto Louisiana man per fare
Ran Blake and Jeanne Lee
The newest sound
you never heard
A-Side Records
posto a un pezzo interpretato
da Lucinda Williams, Ode to
Billie Joe. Una decisione stra-
na, visto che si tratta di un
concept album. Comunque, le
cantanti che partecipano al di-
sco, da Norah Jones a Beth Or-
ton, passando per Hope San-
doval, Margo Price, Susanne
Sundfør e Phoebe Bridgers,
danno il meglio di sè, ma non
sempre sono sostenute dagli
arrangiamenti dei Mercury
Rev, troppo eterei rispetto
all’originale del 1968. Nono-
stante tutto è affascinante la
scelta di guidare dodici belle
voci femminili per rivisitare
un disco molto personale, cer-
cando di mantenerlo coeso e
di salvarne il significato.
Joe Breen, Irish Times
Ariana Grande
Thank u, next
Island
●●●●●
Spesso Ariana Grande viene
criticata perché il suo virtuosi-
smo vocale finisce per rinchiu-
derla in una gabbia dorata. Nei
primi tre album sembrava più
una ginnasta che fletteva i mu-
scoli che un’artista con qualco-
sa da dire. Se le parole dei pez-
zi di Taylor Swift chiedevano
di essere decodificate, quelle
di Grande si dissolvevano
BELLA UNION
nell’aria. Le cose sono cambia-
te l’anno scorso, con Sweetener,
un album che cercava positivi-
tà sotto il peso dell’attentato
Anguish
Anguish
RareNoise
Jessica Pratt
terroristico di Manchester del
2017, nel quale sono morti 23
fan della cantante. Thank u,
next prosegue su quella linea,
concentrandosi su un dolore
più privato: la morte del suo ex
fidanzato, il rapper Mac Miller,
ucciso da un’overdose l’anno
scorso. L’album è maturo, coe-
so e dimostra la nascita di una
vera artista. Come Anti di
Rihanna, è l’album in cui Aria-
na Grande smette di essere
una popstar manovrata da altri
e trova la sua vera voce.
Michael Cragg,
The Guardian
Pavo Pavo
Mistery hour
Bella Union
●●●●●
Al secondo album i Pavo Pavo
sembrano ritrovare la deter-
minazione di fronte a un bivio.
Mistery hour racconta la fine
dolceamara di un amore, quel-
lo durato sei anni tra Oliver
Hill ed Eliza Bagg, i compo-
Pavo Pavo
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
Luz
Encelado
Auand
nenti principali della band
newyorchese. I Pavo Pavo can-
tano il declino della loro rela-
zione e come è cambiata assu-
mendo nuove forme, ma lo
fanno con un’unica voce, evi-
tando la struttura “chiamata e
risposta” tra uomo e donna.
Come nella tradizione del pop
barocco gli arrangiamenti so-
no ricchi, con sintetizzatori e
chitarre che crescono intorno
alle armonie vocali. Anche se
per gran parte del tempo sia-
mo in un territorio psichedeli-
co, Mistery hour è un disco
emotivo, accessibile a tutti.
Stephen Axeman,
Under The Radar
Gregor Piatigorskij
The complete Rca and
Columbia album collection
Gregor Piatigorskij, violoncello,
con artisti vari
Sony Classical
●●●●●
Gregor Piatigorskij (1903-
1976) non è stato solo un gran-
de violoncellista, ma un musi-
cista dalla personalità immen-
sa. Questo cofanetto permette
alle generazioni più giovani di
appassionati di scoprire tutti
gli aspetti di un genio agli anti-
podi di Mstislav Rostropovič. I
collezionisti più disincantati
qui avranno l’occasione di sco-
prire più d’una rarità. Il lusso
di questa riedizione è che ci
permette finalmente di ascol-
tare tanti classici della storia
del disco, con Piatigorskij e la
sua autorità impressionante
come centro di gravità: un
temperamento incendiario
controllato da uno spirito sem-
pre chiaro, una tecnica senza
difetti, una proiezione del suo-
no riconoscibile tra mille e una
costante lezione di musica che
è esattamente quella che ci
hanno lasciato Sergej Rach-
maninov e Jascha Heifetz.
Michel Stockhem,
Diapason
87
Cultura

Arte

HAyDAR KoyUpINAR, BAyERISCHE STAATSgEMäLDESAMMLUNgEN, MüNCHEN © ALEx KATz, Vg BILD-KUNST, BoNN 2018
John Ruskin Alex Katz, The black dress, 1960
Two temple place, Londra
fino al 22 aprile
Il mondo visto attraverso gli
occhi di John Ruskin è un po-
sto meraviglioso e tormenta-
to: bellezza vissuta come esta-
si, bruttezza denunciata con i
toni striduli del moralista, gio-
ia e disperazione estreme,
dettagli evocati con l’ossessio-
ne per minuzie incantevoli e
soffocanti. Tutto in una mo-
stra al Two temple place con i
suoi stravaganti interni neo-
gotici in stile vittoriano, dove
s’intrecciano opere d’arte e
oggetti collezionati o realizza-
ti da Ruskin. Acquerelli di al-
ghe, foglie di quercia, boccioli
di uva spina, disegni che deli-
neano architetture medievali,
collezioni di minerali, quadri
di altri autori, fotografie turi-
stiche e stravaganti copie in
stile preraffaelita di Botticelli
o Carpaccio.
Financial Times

Lucio Fontana
Met Breuer, New York
fino al 14 aprile
In questa elegante retrospetti-
va di Lucio Fontana al Met
Breuer dove sono esposti le
ceramiche e i monocromi con
i tagli realizzati dall’artista tra
il 1958 e la morte, ci sono alcu-
ni aspetti malinconici. Il pri-
mo è la consapevolezza che
potrebbe essere l’ultima mo-
stra prodotta dal Met per la
succursale di Madison ave-
nue, l’alcazar di granito bian-
co costruito da Marcel Breuer
nel 1966. Il secondo è la pro-
babilità che s’interrompa il
programma insolito e vivace
di rassegne dedicate ad artisti
ingiustamente trascurati negli
Stati Uniti, come la retrospet-
tiva di due anni fa dedicata a
Marisa Merz, l’unica esponen-
te femminile dell’arte povera
rimasta nell’ombra fino alla
sua morte. The New Yorker
Germania
Il ribelle e la sua musa
Alex Katz
Museo Brandhorst, Monaco,
fino al 22 aprile
Alex Katz ha sempre difeso le
proporzioni dei formati classi-
ci con colori forti e primi piani,
resistendo prima all’astrazio-
ne, poi alla valanga di immagi-
ni mediate dalla pubblicità,
dal cinema, dalla tv e dalla re-
te. Nel dipinto Emma 4 rad-
doppia le dimensioni tradizio-
nali della tela usando il giallo e
l’arancione con una forza che
non ha precedenti. Da più di
sessant’anni Katz non fa un
passo senza la moglie Ada, in-
contrata nel 1957 a Manhattan
e diventata la sua unica musa.
Eterno ribelle, Katz è stato al-
levato a pane ed espressioni-
smo all’accademia Cooper
union e ha esordito dipingen-
do persone sulla spiaggia. Do-
po una breve parentesi pop si è
dedicato al ritratto e ha dipinto
250 versioni di Ada. Incluso
nel pantheon delle superstar
negli anni ottanta, ha risposto
con delicati paesaggi insisten-
do con caparbietà sulla via del-
la bellezza, diventata davvero
moderna solo anni dopo. La
mostra di Monaco è attraver-
sata da una profonda vena no-
stalgica strettamente legata al
suo connubio con Ada e alla
dimostrazione che l’emergen-
za artistico-intellettuale non
finisce per forza nella disillu-
sione del lavoro e della vita fa-
miliare. A partire dagli anni ot-
tanta le immagini di Katz di-
ventano sempre più private e
dettagliate, scoprono la luce, si
allontanano dagli sfondi mo-
nocromi e lasciano emergere
gli stati d’animo con più forza.
In un dipinto del 1992, Ada è
illuminata dalla luce invernale
che filtra attraverso i rami spo-
gli di una foresta e guarda Alex
con malinconica dolcezza.
Süddeutsche Zeitung

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 89

Pop
I tesori del mercatino

Nick Hornby
LIBRI LETTI ome e perché ho trascorso alcune set­ per le vacanze e ho preso non Quando sarà l’ora

C
Selina Hastings timane, per lo più di vacanza, immer­ ma un altro libro che non avevo ancora letto, una
Rosamond Lehmann so nella vita e nelle opere di Rosa­ copia della biografia di Lehmann scritta da Selina
Rosamond mond Lehmann, una scrittrice di cui Hastings, comprata non so dove, molto probabil­
Lehmann non avevo mai letto niente? Non ave­ mente a Bridport. Era splendido, con la copertina
Quando sarà l’ora vo programmato di leggerla, è sempli­ inghirlandata di citazioni su leggibilità, pettegolezzi
Rosamond cemente successo. Tutta questa dedizione ha sorpre­ e fascino. Ma si possono leggere quattrocento pagi­
Lehmann so anche me, così ho deciso di ripercorrere a ritroso ne sulla vita di una letterata senza prima leggere
Tempo d’amore le tappe che mi hanno condotto fin lì, e ora mi rendo quello che ha scritto? Mi sono risposto che no, non è
conto che il viaggio era cominciato un paio d’anni fa, possibile, e mi sono inchiodato a Quando sarà l’ora.
Rosamond
Lehmann durante una vacanza nel Dorset. Con la mia famiglia Terza tappa: parlavo a un’amica del primo roman­
Invito al valzer e vari amici ci andiamo ogni anno, in zo di Sally Rooney, Parlarne tra amici, e
una grande casa, e una delle tante ra­ Adesso dovete di quanto mi fosse piaciuto, e lei l’ha
Robert Forster
gioni che ci spingono a farlo è il merca­ leggere un articolo paragonato a Tempo d’amore di Leh­
Grant and I: inside
tino di Bridport. E anche se non è ne­ che tratta mann, uno dei suoi libri preferiti. Così
and outside the
Go-Betweens cessario descrivere il fascino di Brid­ di quattro libri a quel punto volevo leggere Tempo
port prima di affrontare una romanzie­ della e sulla stessa d’amore e la biografia, ma dovevo finire
LIBRI COMPRATI ra di Bloomsbury che, per quanto ne so, donna, una donna Quando sarà l’ora. Poi l’amica, sempre
Charles Webb non ha nemmeno mai sfiorato quel po­ di cui probabilmente lei, mi ha inviato un’email nella quale
Il matrimonio di un
sto (Bridport, intendo, non Bloomsbu­ non avete mai, o mi avvertiva che non potevo aprire
giovane agente di
ry), lo farò comunque. Tempo d’amore senza prima comprare
cambio quasi mai, sentito
A Bridport ci sono due ottime libre­ Invito al valzer, una sorta di prequel, e
Rosamond rie di seconda mano, un’eccellente li­
parlare così ero bell’e servito: dovevo leggere
Lehmann breria indipendente, una rispettabile quattro libri della e sulla stessa donna.
Tempo d’amore
libreria Waterstones, un negozio di dischi usati e un E adesso siete serviti anche voi: dovete leggere un
Rosamond fantastico negozio di cappelli che si chiama Snook’s. articolo che tratta di quattro libri della e sulla stessa
Lehmann Io vivo a Islington, Londra nord, e abbiamo una Wa­ donna, una donna di cui probabilmente non avete
Invito al valzer terstones e un negozio di dischi usati. In altre parole, mai, o quasi mai, sentito parlare. Il vostro è un com­
Rosamond se parliamo di acquisti al dettaglio del sabato, oggi pito meno oneroso, ma questo potrebbe significare
Lehmann Bridport è molto più interessante di Londra nord. che non leggerete le prossime tre pagine. La vita è
The gypsy’s baby Quando ero giovane mi facevo quaranta chilometri breve e le cose da fare sono tante. Capisco.
Joanna Cannan per andare a Londra a comprare i libri, i dischi e i ve­ Rosamond Lehmann nacque nel 1901. A quanto
Princes in the land stiti che volevo; oggi le cose sono cambiate. Nella mia è dato sapere, trascorse un’infanzia serena, ma cre­
città nessuno può permettersi di aprire un negozio scendo diventò una bella donna. Se pensate che que­
Elif Batuman
indipendente, forse nemmeno nelle vostre, e di con­ sto non sia fondamentale, allora Selina Hastings vi
L’idiota
seguenza sorprese e cappelli sono diventati quasi potrebbe far cambiare idea: la sua bellezza influenzò
impossibili da trovare. Quest’anno a Bridport, in un profondamente la sua scrittura, qualcuno potrebbe
mercatino di dischi dietro a una chiesa, ho trovato addirittura azzardare che le rovinò la vita. Uomini di
copie in vinile di album che desideravo da tempo di grande fascino s’innamorarono di lei, ma quando la
Buddy Rich, Bob Brookmeyer, Bob Florence e Stan lasciavano, incapaci di far fronte al suo costante e di­
Kenton, e una copia in formato tascabile di un vec­ sperato bisogno di adorazione, anche lei si scopriva
NICK HORNBY
chio libro di Charles Webb di cui non sapevo nulla; incapace di andare avanti. Il suo senso di tradimento
è uno scrittore
l’estate precedente in una delle librerie di seconda dopo essere stata abbandonata dal poeta Cecil Day­
britannico. Il suo
mano avevo acquistato una bella edizione del 1953 di Lewis (padre dell’attore Daniel) fu tale che, nel 1982,
ultimo libro è Funny
girl (Guanda 2017). Quando sarà l’ora di Rosamond Lehmann. È stata la confidò a un’amica: “C’è solo una persona nella mia
Questa rubrica esce prima tappa. vita che so di non avere perdonato”. A quel punto
su The Believer con Seconda tappa: Quando sarà l’ora era rimasto in­ Day­Lewis era morto da dieci anni, e il due di picche
il titolo Stuff I’ve been tonso su uno scaffale di casa fino a quest’anno, quan­ gliel’aveva dato nel 1950. Durante la sua relazione
reading. do mi sono messo a cercare nella libreria una lettura con Lehmann lui era sposato con un’altra donna, e lei

90 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

 GUIDO SCARABOTTOLO

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 91

 Pop
GUIDO SCARABOTTOLO
fu sessualmente infedele almeno una volta (con Ian
Fleming, il creatore di James Bond). Era una scrittri-
ce di straordinaria sensibilità, ma non si rendeva
conto di cosa non andava bene nel suo comporta-
mento. Quando Day-Lewis le disse di essersi inna-
morato di un’altra, lei insistette perché si facesse ve-
dere da uno psichiatra, considerando la follia la sola
spiegazione possibile del suo tradimento. Dopo la
prematura e tragica morte dell’adorata figlia Sally,
diventò una sensitiva. Cominciò a parlare con una
certa regolarità con Sally; com’era forse inevitabile,
Day-Lewis si fece vivo dall’aldilà per dirle “con una
voce da oltretomba” – be’, per questo potrebbe esser-
ci una spiegazione – “quanto era devastato e m’im-
plorò di perdonarlo”.
Il tema di Lehmann era l’amore, nella vita come
nei romanzi, e nei romanzi non ce n’è quanto avrebbe
potuto essercene, in parte perché ce n’era davvero
tanto nella vita. Ci furono due matrimoni tempestosi
e una lunga storia con lo scrittore marxista e tempo-
raneo agente sovietico Goronwy Rees, un uomo che
Storie vere ha l’indiscutibile privilegio di comparire su Google
Per festeggiare san
dopo che avete battuto solo sei lettere del suo nome;
Valentino il giardino crescendo, si accontentò di sedurre gli amici del fi-
zoologico di Sydney, glio. “Quello che è un bene per la musica non sempre
in Australia, ha fatto lo è stato per la vita”, canta Ben Folds nella sua Phone
un concorso: i in a pool, ma ovviamente lo è per una biografia, ecco-
concorrenti devono me. In linea generale, più uno scrittore lavora sodo
donare un dollaro, più banale risulta la sua storia, e la mezza dozzina di
segnalare il nome di romanzi e racconti scritti da Lehmann nell’arco di
una persona che li ha
cinquant’anni lascia ampi spazi per vicende affasci-
lasciati dopo una
nanti e a volte esasperanti.
storia d’amore e
raccontare com’è
Se apprezzate il fatto che figure storiche ricono-
finita. Una giuria darà scibili entrino ed escano da una biografia, allora il
a uno dei serpenti racconto di Lehmann dell’aprile del 1958 a Hastings
dello zoo il nome fa per voi: a una festa mangia in compagnia dei co-
dell’ex di chi vince. niugi Stravinskij e Huxley, in un’altra si siede al tavo-
92 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
lo con Mel Ferrer, Lauren Bacall e David O. Selznick,
e in un’altra ancora con Joan Fontaine. La sua biogra-
fia va bene anche se, come me, siete irrimediabil-
mente affascinati dalle vite lavorative degli scrittori.
Il libro riporta un mucchio di dati su anticipi e vendi-
te, e alcuni di questi sono sorprendenti. Il quarto ro-
manzo di Lehmann, La ballata e la sorgente, vendette
seicentomila copie negli Stati Uniti e i diritti cinema-
tografici furono acquisiti per 250mila dollari – ed era
il 1945! Tuttavia la carriera di Lehmann si spense. Ma
fu completamente risuscitata negli anni ottanta dalla
casa editrice femminista Virago, che la ripubblicò
quando molti dei suoi romanzi erano fuori catalogo.
Non bisogna mai pensare che è finita.
Si parla molto anche, come avrete immaginato,
delle particolari abitudini di vita dei bohémien degli
inizi del novecento. Direi che oggi, in confronto, sia-
mo più perbenisti, ma forse è perché abbiamo senti-
to dei disastrosi esperimenti delle generazioni pre-
cedenti: Cecil Day-Lewis aveva un rapporto alterna-
to con sua moglie e con Lehman – due mesi con una
e due mesi con l’altra – e ci lasciò quasi le penne. In-
namorarsi di una terza donna, l’attrice Jill Balcon –
quel “grottesco frammento di materiale umano”;
quella “orribile, iperemotiva, servile creatura”, co-
me scriveva Lehmann, con la sua consueta sbalordi-
tiva impudenza –, e divorziare dalle altre doveva
essergli sembrata la linea di condotta più semplice,
saggia e gentile.
Quando sarà l’ora, il romanzo con cui ho comin-
ciato, si è rivelato un buon punto di partenza. Non è
il libro migliore di Lehmann – annuncerò più avanti
il vincitore dell’ambitissimo premio – ma fa capire
subito di che pasta è fatta l’autrice. C’è un capitolo di
apertura complesso e delicato, una scena tra due
sorelle a quanto pare separate da lungo tempo, pie-
ne di sentimenti repressi di cui non possiamo cono-
scere le origini, e poi un flashback, cambi improvvi-
si dall’io narrante alla terza persona ed ellissi a vo-
lontà. Ci troviamo da qualche parte tra Jane Austen
e Virginia Woolf, ma la storia che emerge dalla leg-
gera foschia modernista è sorprendentemente fre-
sca e misteriosa. Il distacco tra le sorelle viene spie-
gato: Dinah ha avuto una relazione passionale e
tormentata con il marito di Madeleine, prima della
morte inattesa dell’uomo. Certo, questo deve aver
reso imbarazzanti le feste di Natale. È un libro pro-
fondamente infelice, scritto nel corso di molti anni
e pubblicato a distanza di tre anni dall’ultima trau-
matica separazione di Lehmann da Day-Lewis; sie-
te liberi di decidere se l’autrice s’identifica con la
Madeleine tradita o con la Dinah affranta. Lei si tro-
vava sicuramente a suo agio in entrambe le parti,
anche se sembra vedersi sempre più come vittima
che come peccatrice. Io sono entrato nell’universo
dei suoi ammiratori convertito da una frase: Rickie,
il marito di Madeleine, descrive la figlia nata dal suo
tentativo di rimettere in sesto il matrimonio come
“una cosa tutta da ridere”. Questa uscita mi è parsa
così elegante, così intelligente nel suo rovesciamen-
to di positivo in negativo, che sapevo di volere resta-

re lì a vedere cos’altro poteva inventarsi Lehmann.
I cinici potrebbero dire che la differenza tra Tempo
d’amore e Quando sarà l’ora è facile da individuare: in
Tempo d’amore non c’è una sorella, solo adulterio, ed
è vero che i due romanzi non sono così diversi come
dovrebbero essere. Rollo Spencer, il marito che sba-
glia in Tempo, come chiamiamo il libro noi lehman-
niani (lehmanniti? rosamondiani?), potrebbe essere
facilmente scambiato per il Rickie di Quando sarà
l’ora: sono entrambi affascinanti, belli, ricchi, meno
colti delle loro femmes fatales. Ma in fondo l’adulterio
è uno dei temi di Lehmann, così come Rembrandt lo
è di Rembrandt, e non è affatto male, affrontato con
una franchezza insolita, soprattutto per quei tempi.
Tempo d’amore contiene una scena meravigliosa e
agghiacciante nella quale la madre potente e privile-
giata di Rollo fa visita a Olivia, la protagonista, che
sta dormendo con suo figlio sposato, per dissuaderla.
Non ricordo di avere mai provato tanta paura leggen-
do un romanzo su amore e adulterio. Anche quelli in
cui uno dei tre personaggi dà di matto e comincia ad
accoltellare le persone non mi spaventano quanto la
signora Spencer.
Il mio libro preferito di Lehmann, tuttavia, è Invi-
to al valzer, che a differenza degli altri è riuscito bene
in tutte le sue parti, forse perché è il più breve. Gli al-
tri due che ho letto sono più lunghi e contengono per-
sonaggi minori che Lehmann non sembra conoscere
o fatica ad affrontare: i sinistri medici comunisti che
vivono nel mondo equivoco dell’East End (Lehmann
era più Knightsbridge che Whitechapel; se fossimo a
New York, più Upper West side che Bronx) e i bizzar-
ri dongiovanni della classe operaia. Invito al valzer è
disciplinato e tenace come uno dei primi libri di Ni-
cholson Baker; Olivia, la sventurata adultera di Tem-
po, ha dieci anni in più e sta per partecipare a una se-
rata danzante dagli Spencer, e il romanzo è comple-
tamente assorbito dai suoi preparativi e dall’evento
stesso. Avrebbe potuto essere un libro sul niente, ma
è un libro sul tutto, o almeno il tutto dal punto di vista
di Olivia. È l’inizio del mondo, o comunque l’inizio
della sua vita emotiva, che secondo Lehmann coin-
cidono, e l’intensità confusa, i trionfi e disastri della
serata compongono un mosaico superbamente effi-
cace. Ci siamo, ecco il titolo: dovete leggere Invito al
valzer. Mi spiace se pensate che ci sia voluto troppo
per arrivare a questo punto.
Qualunque sospetto i fedeli lettori di questa rubri-
ca possano avere avuto circa una sua costruzione in
qualche modo artificiosa, con temi letterari elegan-
temente estratti da romanzi e saggi selezionati con
cura, spero sarà dissipato dall’inclusione di Grant
and I di Robert Forster. Che idiozia è concludere una
riflessione sulla vita e le opere di Rosamond Leh-
mann scrivendo dell’adorato gruppo musicale indie
rock australiano Go-Betweens? Be’, temo che ci sia
poco da fare: le mie letture sono caotiche, come quel-
le di tutti, suppongo.
I Go-Betweens hanno significato e significano an-
cora molto per me. Non sono in grado di spiegare
perché, ma una volta alla settimana, più o meno, mi
ULRIKKA S.
Poesia GERNES
Se dico che cavalli bianchi, bianche bare è una poeta danese
nata nel 1965. Questa
lenzuola bianche crepitano al vento
poesia è tratta dalla
e tu lì in mezzo cammini sua undicesima e
per la stanza che intravedo ultima raccolta,
Flosset opus for
da porte che si aprono di scatto
strygere og blæsere
quanto più entro
(Gyldendal 2012).
se dico che pagine bianche Traduzione di Dario
pagine bianco gesso e altre pagine bianche Borso.
tagliuzzano l’aria e io possiedo
tutto il sangue necessario
per scrivere una vita
e non ho mani
Ulrikka S. Gernes
ritrovo a canticchiare una strofa di The wrong road, da
Liberty Belle and the Black Diamond express, uno dei
miei album preferiti e uno dei pochi riflettori che
hanno illuminato il deserto musicale degli anni ot-
tanta. Grant and I è la storia del gruppo, che poi è an-
che la storia del rapporto di Forster con Grant McLen-
nan, cofondatore con Forster del gruppo e coautore
delle canzoni, suo amico, zavorra, salvatore, maestro
e discepolo. McLennan è morto a quarantotto anni
per un attacco cardiaco e così, infelicemente, il libro
descrive la relazione nella sua interezza, così come
Just kids descrive l’inizio e la fine del rapporto tra Patti
Smith e Robert Mapplethorpe. Grant and I parla so-
prattutto dello stare in una band che non è mai riusci-
ta a fare abbastanza soldi o ad avere abbastanza suc-
cesso, nonostante tutte le riviste musicali e tutti i
miei amici li amassero; purtroppo, i critici e i miei
amici non erano un campione rappresentativo del
mondo in generale. Forster scrive davvero bene sul
comporre canzoni, l’andare in tournée, le tensioni e
le rotture che flagellano e definiscono una vita di col-
laborazione in campo artistico.
Questo libro ha finito per sorprendermi in mille
modi. Forster ha la mia stessa età, ma nonostante ab-
bia vissuto gran parte della sua esistenza dall’altra
parte del mondo, la sua cornice di riferimento è simi-
le alla mia in un modo che mi emoziona. E così come
Lehmann mi ha emozionato con la sua “cosa tutta da
ridere”, Forster l’ha fatto con questo: “All’università
pensavo di essere il più intelligente, davvero. Solo
che non si vedeva dai voti. E come poteva essere,
quando ciò a cui io davo valore, un mix disordinato di
cultura alta e bassa, all’università non veniva inse-
gnato? Sapevo di avere qualcosa che nessun altro
aveva, ma cosa?”. La mia vita universitaria! Descritta
in un libro! Quarant’anni dopo, ma comunque è lei!
Grazie, Robert. Ah, abitava anche vicino a me, e io
non l’ho mai saputo, e Grant and I contiene un affet-
tuoso paragrafo che descrive il fascino del mio quar-
tiere, perfino della mia via. Avrei infilato qui questo
libro in ogni caso, che c’entrasse qualcosa o no. u svs
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 93
 Scienza
bALLySCANLON (GETTy IMAGES)
Sessismo scientifico
Jessica Wade, New Scientist, Regno Unito
La lotta per denunciare la
discriminazione di genere e
rivendicare pari opportunità si
sposta sulle pagine di The
Lancet, una delle più importanti
riviste mediche del mondo
ual è il modo migliore per affron-
Q tare i problemi dell’uguaglianza e
dell’inclusione nel mondo della
scienza? In un numero speciale di
The Lancet i ricercatori hanno deciso di far-
lo con i dati. Con un tempismo perfetto:
dalla lotta contro la disparità di trattamento
economico fino al movimento #MeToo, le
donne stanno facendo sentire la loro voce.
Da fisica, conosco fin troppo bene le sfi-
de di una professione a prevalenza maschi-
le. Ma vedere gli ostacoli nero su bianco ri-
corda quanto lavoro c’è ancora da fare. Nel
numero speciale di The Lancet si apprende
che una donna è vittima di stereotipi e pre-
giudizi sottili durante la sua formazione
medica (il 78 per cento delle foto nei ma-
nuali è di uomini), è discriminata nella cor-
sa per ottenere fondi accademici (tra chi fa
domanda ai Canadian institutes of health
94 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
research, gli uomini hanno una percentuale
di successo del 12,7, le donne dell’8,8) e ha
una minore probabilità di essere invitata a
esaminare e valutare il lavoro dei colleghi
(il 74 per cento dei consulenti di The Lancet
per la peer review sono uomini).
Aggressioni e molestie
Uno degli articoli dello speciale – tra gli au-
tori c’è anche Esther Choo dell’Oregon he-
alth and science university – dovrebbe suo-
nare come un campanello d’allarme per le
università che tentano di riformare la cultu-
ra del luogo di lavoro, perché tratteggia in
sintesi gli ostacoli alla base delle ingiustizie:
“Ambiente punitivo per chi denuncia illeci-
ti, conseguenze trascurabili per chi molesta
o discrimina, assenza di procedure standar-
dizzate”. Sarò sincera: sono una fan di Choo
da quando mi ci sono imbattuta su Twitter.
Medico di pronto soccorso, Choo usa i so-
cial media per parlare apertamente delle
ingiustizie subite, da lei e da altre. Il suo th-
read diventato virale, “Discriminazione di
genere o sono solo una schiappa?”, descrive
gli effetti psicologici del sessismo nel mon-
do accademico con le illustrazioni del libro
per bambini What do you say, dear?
Se i problemi si limitassero al sessismo
sarebbe già grave, ma non è così: le molestie
sul luogo di lavoro sono un problema altret-
tanto preoccupante, forse di più. Gli ostaco-
li sorgono ancora prima di cominciare a la-
vorare: da un sondaggio condotto nel 2015
negli Stati Uniti è emerso che il 77 per cento
degli studenti transgender delle scuole pri-
marie o secondarie è stato aggredito, punito
per essersi difeso o costretto a vestirsi in ba-
se al sesso di nascita. E una recente indagi-
ne che ha coinvolto più di mille studenti
britannici – il 1752 Group, impegnato a mi-
gliorare le misure per proteggere gli allievi
dalle molestie del personale – ha rivelato
che il 41 per cento riceveva proposte sessua-
li indesiderate. Per la Lancet commission
on sexual and reproductive health and
rights for all del 2018, nel mondo una donna
su tre è vittima di violenza sessuale.
Posso immaginare che gli articoli di The
Lancet mettano a disagio molti scienziati.
Eppure, invece di un rimprovero, sono un
invito a tutti noi – a prescindere da livello di
carriera, genere o etnia – a fare qualcosa di
concreto per un futuro migliore. L’anno
scorso ho cercato di ampliare la rappresen-
tanza delle scienziate e delle ingegnere su
Wikipedia, ricercando e scrivendo una bio-
grafia al giorno. Essere su Wikipedia è im-
portante perché è il quinto sito più visitato
al mondo. è il punto di riferimento dei gior-
nalisti in cerca di esperti ed è usato
nell’istruzione, soprattutto quando l’acces-
so ai libri di testo è difficile. Il fatto che solo
il 17,8 per cento delle biografie sia di donne
è deplorevole. Ma The Lancet ci ricorda che
esiste un desiderio collettivo di combattere
questi pregiudizi e ha risvegliato la mia vo-
glia di lottare. u sdf
Jessica Wade è ricercatrice al Centre for
plastic electronics, Imperial college London.
Da sapere
Il femminismo è per tutti
u Con il titolo dell’editoriale “Il femminismo è
per tutti”, The Lancet presenta il suo speciale
sulla discriminazione di genere nel mondo
scientifico: “L’equità non è solo una questione
di giustizia e di diritti, è cruciale anche per pro-
durre una ricerca di qualità e garantire ai pa-
zienti le cure migliori”, scrive la rivista. “Siamo
tutti responsabili nella battaglia per l’ugua-
glianza di genere, e questo significa che anche il
femminismo è per tutti, per ogni uomo, donna,
ricercatore, medico, finanziatore, leader istitu-
zionale e, sì, anche per ogni rivista medica”.
 Biologia

FAye LeVIne (UnIVerSIty oF MAryLAnD)

InformatIca

Il dottore
artificiale
L’intelligenza artificiale arriva
in aiuto dei medici: è stata svi-
luppata una macchina capace
di analizzare le condizioni dei
pazienti e fare le diagnosi, scri-
ve Nature Medicine. Al siste-
ma sono stati forniti i risultati di
esami di laboratorio relativi a
più di 500mila bambini visitati
in un pronto soccorso, i loro sin-
tomi e le linee guida relative al-
le malattie. Dopo un processo
di apprendimento, la macchina
ha cominciato a classificare i
casi più comuni con un’abilità
simile a quella di un pediatra
esperto.
FeLICe FrAnKeL (CC by-nC-nD)
Un cancro dal triassico
Jama Oncology, Stati Uniti
Un antico rettile, vissuto 240 milioni
di anni fa, aveva un osteosarcoma, un
tipo di cancro delle ossa. Il fossile
dell’animale è stato trovato vicino a
Velberg, in Germania. Il Pappochelys
rosinae era un lontano parente delle
tartarughe, che non aveva ancora
sviluppato la corazza. I paleontologi
hanno osservato un rigonfiamento di
un femore. All’inizio, tra le possibili cause sono state
ipotizzate una frattura guarita, un’infezione o una
malformazione congenita. Ma una tomografia
computerizzata ha rivelato che si trattava di una crescita
maligna dell’osso dovuta a un osteosarcoma. È
estremamente raro trovare un fossile con tracce di cancro,
In Breve
Tecnologia Un nuovo tipo di
tessuto sintetico promette vesti-
ti caldi quando fa freddo e tra-
spiranti quando fa caldo. È fab-
bricato con un polimero le cui fi-
bre si allargano e si restringono
a seconda della temperatura e
dell’umidità. Secondo Science,
il tessuto riesce a regolare la tra-
smissione del calore del corpo
verso l’esterno in modo autono-
mo, in base alle condizioni am-
bientali.

che in genere colpisce parti del corpo non conservabili. La Salute Uno studio ancora preli-
scoperta indica che il cancro è una malattia molto antica, minare ha trovato un legame tra
presente negli animali già milioni di anni fa. Questo non è il consumo di cibi industriali ul-
tralavorati (piatti pronti, snack,
il primo fossile a mostrare segni della malattia, ma è uno
bevande), che contengono molti
dei più antichi. L’osteosarcoma è un tipo di cancro poco additivi, e un maggiore rischio
comune e colpisce anche le persone. Sarebbe quindi di morte. Sono comunque ne-
BIotecnoLogIe interessante capire se sia legato a particolari cessari altri studi per conferma-
caratteristiche genetiche, che potrebbero essersi
verso la capsula conservate nel corso dell’evoluzione per milioni di anni e
re il legame ed eventualmente
chiarire i meccanismi, scrive Ja-
d’insulina potrebbero essere condivise dagli esseri umani. u ma Internal Medicine.

Le iniezioni sottocutanee d’in-

A. eL ALbAnI & A. MAZUrIer / IC2MP / CnrS - UnIVerSIté De PoItIerS

sulina potrebbero essere sosti-
tuite da una semplice pillola da
ingoiare. Progettata al Massa-
chusetts institute of technolo-
gy, la capsula (nella foto) contie-
ne una dose di insulina liofiliz-
zata da iniettare nella parete
dello stomaco. La sua forma è
ispirata a quella del carapace
della tartaruga leopardo, che
permette all’animale di raddriz-
zarsi se rotola sulla schiena. Al-
lo stesso modo, scrive Science,
quando la capsula arriva nello
stomaco posiziona il suo fondo
di zucchero, più pesante, sulla
parete. Quando lo zucchero si
scioglie, spunta un microscopi-
co ago che penetra nella parete
e l’insulina entra in circolo. La
pillola ha superato i test sugli
animali, ma servono altri studi
prima dei test umani.
SaLUte
calano i suicidi
nel mondo
nell’ultimo quarto di secolo i
suicidi nel mondo sono diminu-
iti di circa un terzo. Il Global
burden of desease stima che dal
1990 al 2016 il tasso di suicidi
(adattato per età e popolazione),
è sceso da 16,6 a 11,2 ogni cento-
mila persone, con delle marcate
differenze geografiche e di ge-
nere. A fronte di un calo del 64
per cento in Cina si registra un
aumento del 96 per cento in
Zimbawe. In media ci sono più
suicidi tra gli uomini, in partico-
lare in Lituania, russia e Kaza-
kistan, mentre in Uganda, Le-
shoto, Liberia e Corea del Sud il
tasso è più alto tra le donne. Il
suicidio è la prima causa di anni
di vita persi nelle regioni ad alto
reddito dell’area Asia-Pacifico e
tra le prime dieci cause in euro-
pa, Asia centrale, Australasia,
America Latina meridionale e
nel nordamerica ad alto reddi-
to. nella fascia d’età tra i 10 e i
24 anni, è tra le cinque principa-
li cause di morte in tutto il mon-
do tranne che in gran parte del
continente africano. Il British
Medical Journal avverte però
che le statistiche vanno inter-
pretate con cautela perché da
un paese all’altro cambiano i si-
stemi di rilevazione e non tutti i
casi sono registrati. Il suicidio
continua a essere un’importan-
te causa di mortalità prevenibi-
le. Si stima che nel 2016 almeno
817mila persone nel mondo si
siano tolte la vita.
paLeontoLogIa
Un reperto di 2,1 miliardi di anni
fa sarebbe la più antica traccia
del movimento di un essere vi-
vente. Si tratta di una roccia se-
dimentaria trovata nel Gabon
sudorientale. In un ambiente
marino poco profondo, un am-
masso di cellule (come quello
che possono formare le amebe)
si sarebbe spostato alla ricerca
di cibo lasciando un segno sulla
superficie, che si sarebbe poi
fossilizzato. Finora la traccia
fossile più antica risaliva a 635
milioni di anni fa, scrive Pnas.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 95

 Il diario della Terra
MARINA LYSTSevA/TASS/GeTTY IMAGeS
Neve Dopo le nevicate eccezionali che continuano a colpire San Pietroburgo, in Russia, dall’inizio
dell’anno, anche Mosca (nella foto) è stata coperta da una nevicata record: in una notte sono caduti
36 centimetri di neve. era dal 1995 che non nevicava così tanto in un giorno. u Centinaia di voli so-
no stati cancellati nel Canada orientale a causa delle forti nevicate, che hanno costretto le autorità
a chiudere anche decine di scuole.
Radar
Forti piogge
in America
Latina
Piogge Sei persone sono mor-
te a causa delle piogge torren-
ziali e dei forti venti che hanno
investito Rio de Janeiro, in Bra-
sile. Molti quartieri della città
sono rimasti allagati e una fra-
na nella favela Rocinha è
all’origine di una delle morti.
u Le forti piogge nel deserto
dell’Atacama, in Cile, hanno
ingrossato molti torrenti, che
hanno danneggiato strade e
abitazioni. Particolarmente
colpiti il settore minerario e
quello turistico.
Terremoti Una serie di terre-
moti di magnitudo massima
5,9 sulla scala Richter sono sta-
ti registrati al largo delle Filip-
pine meridionali. Altre scosse
96 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
hanno colpito le Marianne set-
tentrionali (5.9), le Molucche
in Indonesia (5,7) e l’Iran (5,3).
Epidemie Almeno 300 perso-
ne, soprattutto bambini, sono
morte di morbillo in Madaga-
scar da ottobre del 2018. Con
più di 50mila casi, è considera-
ta la peggior epidemia di mor-
billo nel paese da decenni.
Carbonio Uno studio
pubblicato su Science
Advances ha indagato
sull’origine del black carbon
nell’Artico, un inquinante
dell’aria dovuto ai processi
di combustione incompleta.
Il black carbon proviene
principalmente da Cina,
europa, Russia e Stati Uniti.
In inverno deriva soprattutto
dall’uso di combustibili fossili
mentre in estate dipende
dalla combustione della
biomassa, per esempio a
causa degli incendi. Ridurre
le emissioni di black carbon
sarebbe importante per
combattere il cambiamento
Il nostro clima
Sempre
più caldo
u I ricercatori della Nasa han-
no annunciato che la tempera-
tura media di superficie nel
2018 è stata la quarta più alta
dal 1880, quando è comincia-
ta l’archiviazione dei dati: un
segnale dell’inequivocabile
tendenza al riscaldamento
globale. Diciotto dei 19 anni
più caldi sono stati registrati
dal 2001, scrive il New York
Times. “Non stiamo più par-
lando di una situazione in cui
il cambiamento climatico ri-
guarda il futuro, è qui e ades-
so”, ha detto Gavin Schmidt,
direttore del Goddard institu-
te for space studies della Na-
sa, l’istituto che ha condotto la
ricerca. I dati confermano che
il cambiamento climatico è
climatico, nell’Artico e in tutto
il pianeta. Lo studio si è basato
causato dall’attività umana.
Il risultato relativo al 2018
sui dati raccolti in cinque
stazioni: Abisko in Svezia,
della Nasa è identico a quello
della National oceanic and at-
Alert in Canada, Barrow negli
Stati Uniti, Tiksi in Russia e
mospheric administration, ot-
tenuto con una metodologia
Zeppelin in Norvegia. un po’ diversa. Rispetto al pas-
sato, l’attuale riscaldamento è
Rinoceronti Nel 2018 il
differente perché è dovuto
numero di rinoceronti uccisi
all’azione umana ed è più rapi-
dai bracconieri in Sudafrica
do. Secondo il Met office del
è diminuito: 769 esemplari
contro i 1.028 del 2017. Regno Unito, anche nei prossi-
mi anni si registreranno tem-
Fenicotteri Circa duemila perature record. L’istituto pre-
piccoli di fenicottero (nella vede che il prossimo quin-
foto) sono stati soccorsi e quennio sarà di un grado più
trasferiti in diverse strutture caldo rispetto al periodo 1850-
protette in Sudafrica. erano 1900. C’è anche il 10 per cento
stati abbandonati dai genitori di possibilità che un anno tra il
a causa della siccità che ha 2019 e il 2023 faccia registrare
colpito la provincia del Capo
una temperatura di 1,5 gradi
Settentrionale.
oltre i livelli preindustriali, un
valore considerato una soglia
S. HISHAM (ReUTeRS/CoNTRASTo)
critica per il cambiamento cli-
matico. Se le previsioni saran-
no rispettate, scrive la Bbc, il
decennio tra il 2014 e il 2023
dovrebbe essere il più caldo in
oltre 150 anni di archiviazione
dei dati.
 Il pianeta visto dallo spazio
Il crollo della diga a Brumadinho, in Brasile
Nord
2 km
Fiume Paraopeba
Brumadinho
Nord
2 km
earthoBSerVatory/NaSa
u Per la seconda volta in tre an-
ni il Brasile deve fronteggiare
un disastro umanitario e am-
bientale causato dal crollo di
una diga di un’azienda minera-
ria. Il 25 gennaio è crollato il
muro di sostegno di un bacino
Córrego do Feijão
che conteneva acque reflue e
fango provenienti dalla miniera
Córrego do Feijão, che appartie-
ne all’azienda Vale. La rottura
della diga, che si trova nello sta-
to di Minas Gerais, ha provocato
una colata che ha travolto edifici
14 gennaio 2019
30 gennaio 2019
Colata
e veicoli e poi, proseguendo la
sua corsa verso ovest, ha rag-
giunto la città di Brumadinho e
il fiume Paraopeba, importante
fonte di acqua potabile e irriga-
zione nella regione. Le vittime
accertate sono 150, ma il bilan-
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019
cio è destinato a salire perché ci
sono ancora 182 dispersi.
Le due immagini, scattate
dal satellite Landsat 8 della Na-
sa, mostrano la zona prima e do-
po il crollo della diga. Nella se-
conda immagine, scattata cin-
que giorni dopo il disastro, la co-
lata di fango e acque reflue si ri-
conosce dal colore marrone. Se-
condo le stime, la diga contene-
va più di undici milioni di metri
cubi di materiali di scarto. Dopo
la rottura del muro, in alcuni
punti a valle il fango ha raggiun-
to uno spessore di cinque metri.
I bacini raccolgono materiali di
scarto che spesso contengono
metalli pesanti tossici, ma in
questo caso la presenza di so-
stanze nocive non è stata ancora
confermata. Secondo l’azienda
Vale, il bacino conteneva soprat-
tutto acqua e sabbia. Un gruppo
ambientalista ha avviato le ana-
lisi per definire la composizione
della colata.
Nel novembre del 2015 di-
ciannove persone morirono nel
crollo di un’altra diga mineraria
vicino alla città di Mariana,
sempre nel Minas Gerais. Il di-
sastro costrinse centinaia di
persone ad abbandonare le loro
case e ne lasciò 250mila senza
acqua potabile.–Adam Voiland
(Nasa)
La rottura della diga della
miniera Córrego do Feijão,
nello stato di Minas Gerais,
ha causato 150 vittime e 182
dispersi.
u
97
 Lo shop di Internazionale

uno spazio pieno di idee

shop.internazionale.it
 Economia e lavoro
Duisburg, Germania
KrISzTIAN BoCSI (BLooMBErG/GETTy)
Più stato nell’economia
per difendersi dalla Cina
Cécile Boutelet, Le Monde, Francia
Minacciata dalla concorrenza
cinese, la Germania propone
una politica industriale che
protegga le tecnologie del futuro
e promuova la nascita di aziende
di grandi dimensioni
opo che il 6 febbraio la Commis­
D sione europea ha bloccato la fu­
sione nel settore ferroviario tra
la tedesca Siemens e la francese
Alstom, in Germania è ripartito il dibattito
sulla politica industriale. Già il giorno prima
il ministro dell’economia cristianodemo­
cratico Peter Altmaier aveva annunciato
“una strategia industriale nazionale da qui
al 2030” che indicherà “orientamenti per
una politica industriale tedesca ed euro­
pea”. Queste parole hanno colpito profon­
damente quei cristianodemocratici tede­
schi che provano orrore davanti all’espres­
sione “politica industriale”. L’unica strate­
gia valida, secondo loro, è quella di Ludwig
Erhard, ministro dell’economia cristiano­
democratico del dopoguerra, considerato
uno dei padri dell’economia sociale di
mercato (secondo la quale lo stato deve li­
mitarsi a garantire la concorrenza e buone
condizioni per le attività produttive). Que­
sto principio ha dominato la politica eco­
nomica tedesca negli ultimi quindici anni.
Dopo lo scoppio della crisi nel 2008, i go­
verni guidati dalla cristianodemocratica
Angela Merkel si sono ispirati soprattutto
all’imperativo dell’equilibrio di bilancio.
Le imprese tedesche sono fiorite grazie al­
la domanda cinese di veicoli e attrezzature,
e i risultati sembrano incontestabili: dal
2010 c’è una crescita ininterrotta, la disoc­
cupazione è al minimo e il surplus com­
merciale al massimo.
Tuttavia diverse note stonate turbano
questa sinfonia renana. Nel paese aumen­
tano le disuguaglianze e c’è una forte di­
pendenza dall’economia cinese (la Volks­
wagen vende quasi un auto su due in Cina).
Inoltre il buon cliente cinese di un tempo si
è trasformato in investitore: accolto all’ini­
zio come quello che avrebbe raddrizzato le
sorti delle imprese tedesche in difficoltà, in
seguito ha rafforzato la sua presenza. Alla
fine del 2016, per esempio, il gruppo cinese
Midea ha comprato a sorpresa la Kuka,
un’azienda tedesca specializzata nella pro­
duzione di bracci articolati intelligenti, un
simbolo della cosiddetta “industria 4.0”.
Allora gli ambienti industriali tedeschi sono
diventati diffidenti. Il cinese in fin dei conti
non era quel gentiluomo disposto ad accet­
tare educatamente le regole dell’economia
di mercato alla Erhard. Le imprese tede­
sche in Cina si lamentano della concorren­
za sleale di gruppi sostenuti dal governo di
Pechino, che punta nel lungo periodo al do­
minio tecnologico investendo somme co­
lossali in settori come l’intelligenza artifi­
ciale e la robotica. A gennaio il Bundesver­
band der deutschen Industrie (Bdi, la con­
findustria tedesca) ha espresso per la prima
volta preoccupazione per la “concorrenza
sistemica” della Cina.
Imprese a conduzione familiare
A Berlino la minaccia è ritenuta così seria
che il ministro dell’economia osa rovescia­
re i miti fondatori tedeschi. Le imprese a
conduzione familiare del Mittelstand, il ceto
medio, rischiano di non riuscire più a soste­
nere la potenza industriale del paese. So­
prattutto se i grandi gruppi come Volkswa­
gen e ThyssenKrupp, invischiati in crisi o
costose ristrutturazioni, fanno fatica a se­
guire i rapidi cambiamenti tecnologici in
corso in Cina e negli Stati Uniti. Secondo
Altmaier, quindi, ci vogliono più stato e più
Europa: bisogna proteggere le tecnologie
del futuro, entrando se necessario nel capi­
tale delle imprese, e dando vita a “campioni
europei” di grandi dimensioni. Il ministro
discute da mesi di progetti comuni con il
suo collega francese, il germanofono Bruno
Le Maire. È in corso un’intesa franco­tede­
sca in materia di politica industriale. Si par­
la di Airbus dotati di intelligenza artificiale,
di un progetto europeo per facilitare le sov­
venzioni nel settore della fabbricazione di
cellule di batterie per le automobili. Mecca­
nismi simili sono stati già usati nel campo
dell’elettronica.
È la strada giusta? La Commissione eu­
ropea ha bloccato il progetto del “campione
ferroviario” franco­tedesco, e d’altro canto
una certa Germania respinge l’idea di cam­
biare ricette che funzionano e si prende gio­
co del ministro francofilo, accusandolo di
dirigismo economico d’ispirazione cinese.
Altre voci, tra cui quella del Bdi, ritengono
al contrario che sia ora di pensare in modo
strategico al futuro dell’industria in Europa.
Il dibattito è aperto e tocca uno dei miti più
forti della Germania postbellica. Non si
tratta ovviamente di seppellire Erhard, ma
d’immaginare quali risposte avrebbe potu­
to dare alle sfide di oggi. u gim
Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 99
 Economia e lavoro
svizzera
Germania ambiente

un flash crash i benefici

per il franco L’antitrust contro Facebook del clima
“Nelle prime ore di lunedì 11 “Il passaggio verso un’economia
febbraio un’indicazione sbaglia- che prevede un basso consumo
ta di un operatore di borsa ha di combustibili fossili rafforze-
provocato un crollo improvviso rebbe il pil e l’occupazione
del franco svizzero in Asia”, scri- nell’Unione europea”, scrive il
ve la Neue Zürcher Zeitung. Financial Times. È quanto
In pochi minuti il cambio della prevede uno studio della società
moneta svizzera nei confronti di ricerca Cambridge Econome-
del dollaro è passato sulla piazza trics e dell’European Jobs Moni-
RoLf VENNENBERND (DPA/AfP/GETTy)

finanziaria di Tokyo da 1,0004 tor, precisa il quotidiano. “Se

franchi a 1,0096 franchi, il valo- l’accordo sul clima di Parigi fos-
re più basso da novembre. Subi- se attuato, secondo gli studiosi,
to dopo il cambio è tornato ai li- entro il 2030 il pil dell’Unione
velli soliti. “Secondo gli esperti europea dovrebbe aumentare
si è trattato di un flash crash, un dell’1,1 per cento. Nello stesso
crollo provocato dalla reazione periodo l’occupazione salirebbe
dei computer che fanno opera- dello 0,5 per cento. Questi risul-
zioni di borsa in automatico a un Il 7 febbraio il Bundeskartellamt, l’autorità antitrust tati positivi sarebbero la conse-
comando dato per sbaglio da un guenza degli investimenti
tedesca, ha stabilito che senza il consenso degli utenti
operatore umano”. nell’efficienza energetica e nelle
facebook non può mettere insieme i dati personali energie rinnovabili. Sempre en-
Valore di un franco svizzero in
dollari americani
provenienti da servizi diversi del social network, come tro il 2030, infatti, è previsto un
1,002 Instagram, o da altri siti internet, scrive la Süddeutsche aumento degli investimenti
Zeitung. L’azienda, che grazie a questa raccolta dei dati dell’1,7 per cento”.
1,000
ricava grosse entrate pubblicitarie, deve adeguarsi alla
foNTE: NEUE züRCHER zEITUNG

0,998 sentenza entro un anno. È la prima volta che le leggi

0,996
antitrust tedesche, da poco adattate all’economia digitale,
sono applicate a una grande azienda tecnologica. u Nella
0,994 foto: il presidente dell’antitrust tedesco Andreas Mundt
0,992
8 febbraio 2019 11 febbraio 2019
stati uniti dei prezzi del grano, della soia e

aziende
un’ondata
Le tasse di fallimenti
di netflix Le dispute commerciali e il calo
dei prezzi stanno mettendo in
“Nel 2018 Netflix non ha prati- ginocchio l’agricoltura statuni-
camente pagato nessuna tassa tense. Come spiega il Wall
negli Stati Uniti”, scrive il Guar- Street Journal, gli stati a mag-
dian. “Eppure ha registrato giore vocazione agricola, la co-
l’utile più alto della sua storia: siddetta farm belt, sono colpiti
845 milioni di dollari”. Nel resto da un’ondata di fallimenti, che
del mondo ha pagato tasse per secondo i dati ufficiali hanno
131 milioni di dollari. Com’è sta- raggiunto il livello più alto degli
to possibile? Tutto si spiega con i ultimi dieci anni. “In Indiana,
crediti d’imposta. La legge sta- Illinois e Wisconsin i fallimenti
tunitense permette alle aziende delle aziende agricole sono rad-
di richiedere il credito d’impo- doppiati rispetto al 2008. Nel
sta anche sui loro utili esteri per North Dakota e in Arkansas so-
evitare la doppia tassazione. no aumentati del 96 per cento.
“Come Netflix sia riuscita a spo- In Kansas e altri stati limitrofi
stare i suoi profitti fuori dagli del 59 per cento”. La crisi, spiega
Stati Uniti è un’altra storia”. il quotidiano, è legata al ribasso
di altri prodotti e alla dura con-
correnza di paesi come la Russia
e il Brasile. Ma hanno influito
anche le dispute commerciali
cominciate con la presidenza di
Donald Trump. “Grandi impor-
tatori dei prodotti agricoli statu-
nitensi come la Cina e il Messico
hanno imposto dazi su una serie
di merci in risposta alle tariffe
introdotte dalla Casa Bianca
sulle importazioni di acciaio e
alluminio. Secondo il ministero
dell’agricoltura, negli ultimi an-
ni ha perso soldi più della metà
delle aziende agricole: nel 2018
il reddito mediano per una fami-
glia che vive di agricoltura è sta-
to negativo per 1.548 dollari.
“Nonostante il forte aumento di
produttività del settore, gli utili
sono calati perché l’eccesso di
offerta ha fatto crollare i prezzi”.
in breve
Ruanda Il 7 febbraio il governo
di Kigali ha firmato un accordo
di sette anni da 400 milioni di
dollari con la Gasmeth Energy
per estrarre gas dalle acque del
lago Kivu, noto per le sue emis-
sioni nocive di metano. Nel pae-
se ci sono già altre due aziende
che estraggono metano dal lago.
Cina Nell’ultimo trimestre del
2018 le vendite di iPhone della
Apple in Cina sono crollate del
20 per cento. La quota
dell’azienda statunitense sul
mercato cinese degli smartpho-
ne è scesa dal 12,9 all’11,5 per
cento, a vantaggio della Hua-
wei, che passa al 29 per cento.

100 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019

Strisce
War and Peas
Elizabeth Pich e Jonathan Kunz, Germania
...così non ti prendi
non porto quindi forse
un raffreddore .
le mutandine... potremmo andare
da me...

Buni
Ryan Pagelow, Stati Uniti

Benvenuti nel nuovo mondo

Jake Halpern e Michael Sloan, Stati Uniti
Mostrerai il video Immagino che non si possa più tornare
Jamil, indietro ora.
a tuo fratello? devo farti vedere una cosa.
sì
è il punto di non ritorno.
non riesco ancora a
guardarlo fino alla fine.

Magari un giorno, se Assad sarà Siamo qui da quasi un anno, AncorA prima di vedere il video, in cuor
andato via, ricostruiremo. presto faremo richiesta per la green mio sapevo che la casa era andata.
card, a meno che non cambino
le regole. Così potremo rimanere… Lo so.

Fine.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 103

 L’oroscopo

Rob Brezsny
COMPITI PER TUTTI
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ACQUARIO avere poco in comune si riveleran- sti ottenere buoni risultati anche
“Dentro di me c’è una vitalità che nessuno mi può no più vicine di quanto immagini. chiudendoti da solo in una stanza
togliere”, scriveva il poeta svedese Gunnar Ekelöf. E il e imprecando liberamente.
VERGINE
filosofo tedesco Friedrich Nietzsche affermava: “In SAGITTARIO
Il giocatore di basket Latrell
me c’è qualcosa che non può essere messo a tacere e vuole Sprewell, della Vergine, ha Alla metà degli anni ottan-
essere espresso”. In conformità con i presagi astrali, ti giocato da professionista per tredi- ta un coltivatore di carote
propongo queste due citazioni come motti per le prossime ci anni. La sua carriera sarebbe po- californiano era preoccupato per-
quattro settimane. Hai il dovere di attingere a quello che c’è in tuta durare altre tre stagioni se ché i negozi non volevano com-
te di più vitale e impossibile da mettere a tacere, per coltivarlo, non avesse rifiutato un’offerta da prare le sue carote spezzate e dalla
celebrarlo ed esprimerlo con tutta la forza della tua 21 milioni di dollari dei Minnesota forma strana. Il suo raccolto ri-
riconoscente e fantastica gioia. Timberwolves, dicendo che quei schiava di andare sprecato. Così
soldi non sarebbero bastati per gli venne l’idea brillante di taglia-
sfamare i suoi quattro figli. Non fa- re i suoi ortaggi imperfetti, facen-
re come lui, Vergine. Se qualcuno done delle carotine che ebbero un
ARIETE apparentemente poco interessan- ti offre un contratto, anche se non grande successo. C’è qualcosa che
L’espressione inglese it’s a te ospitava più di tremila galassie. lo consideri il migliore possibile, potresti fare di metaforicamente
wrap è usata dai registi ci- Sospetto, Gemelli, che dovrai af- non lasciartelo scappare. In questo paragonabile a questa trovata, Sa-
nematografici per indicare che le frontare una sfida simile a quella momento è il caso di accettare gittario? Sei in grado di trasforma-
riprese di una scena si sono con- di Williams. Un progetto che ti sta qualche compromesso. re una risorsa che rischia di anda-
cluse. O che sono state girate tutte a cuore o una tua idea bizzarra in- re sprecata?
le scene del film. Ma il processo contreranno resistenza, ma spero BILANCIA
creativo non finisce lì, natural- che non rinuncerai. Scommetto Nel 1992 l’etiope Belachew CAPRICORNO
mente. C’è ancora il montaggio. che scoprirai qualcosa di diverso Girma cominciò a bere do- La Mongolia è un grande
Solo a quel punto il produttore da quello che tutti si aspettano. po la morte della moglie malata di paese senza sbocchi sul ma-
può dire che il film è pronto per il aids e diventò alcolizzato. Oggi pe- re. Nonostante questo ha una ma-
cinema o la tv. Da quello che ve- CANCRO rò è considerato un maestro della rina con sette marinai. La sua uni-
do, Ariete, anche tu sei sul punto Da uno studio dello Huma- risata perché ha dedicato la vita a ca nave è un rimorchiatore ormeg-
di poter dire it’s a wrap per uno dei ne research council, negli esplorare il potere terapeutico giato sul lago Khovsgol, grande ap-
tuoi progetti, ma dovrà passare Stati Uniti, è emerso che più dell’esuberanza e del divertimen- pena il 3 per cento del lago Supe-
ancora un po’ di tempo prima che dell’80 per cento dei vegetariani to. Dirige una scuola che insegna riore, in Nordamerica. Spero che
sia pronto. prima o poi si arrende e torna a alle persone l’arte di ridere e detie- nelle prossime settimane prende-
mangiare carne. Uno studio dei ne il record mondiale della risata rai ispirazione dalla marina mon-
TORO National institutes of health ha più lunga (tre ore e sei minuti). Lo gola. Dal punto di vista astrologico
In conformità con i presagi stabilito che solo il 36 per cento nomino tuo modello di riferimen- è un buon momento per assumere
astrali, t’invito a costruirti degli alcolisti riesce a smettere to per le prossime due settimane. un atteggiamento altrettanto idea-
un trono e a sederti lì ogni volta definitivamente di bere. E sappia- Secondo la mia analisi dei presagi listico e affermare, con umiltà, il
che hai bisogno di prendere deci- mo quante persone all’inizio astrali, trarrai particolari benefici tuo potere in una situazione che
sioni importanti. Assicurati che il dell’anno esprimono il buon pro- dal potere terapeutico della risata. può sembrare più grande di te.
simbolo del tuo potere sia como- posito di fare più movimento, ma Probabilmente assisterai a più
do, ma anche bello ed elegante. già a febbraio smettono di andare eventi esilaranti e assurdi del soli- PESCI
Per esercitare la tua crescente au- in palestra. Queste sono le cattive to, e il tuo senso dell’umorismo sa- Secondo l’Enciclopedia
torità con più grazia e coraggio, ti notizie. Quella buona, Cancerino, rà più forte e raffinato che mai. dell’occultismo e della para-
consiglio anche di crearti una co- è che nelle prossime settimane sa- psicologia, la parola “ossessione”
rona, uno scettro e un paio di scar- rai più capace che mai di rispetta- SCORPIONE un tempo indicava lo stato di agita-
pe da cerimonia. Anche questi do- re tutti gli impegni che pensi ti Da uno studio pubblicato zione di una persona tormentata
vranno essere comodi, belli ed facciano bene. Approfittane! sulla rivista Social Psycho- da spiriti maligni provenienti
eleganti. logical and Personality Science è dall’esterno. “Possessione”, inve-
LEONE emerso che chi usa le parolacce ce, indicava l’agitazione di chi lot-
GEMELLI Ci sono due continenti più tende a essere più sincero. “Im- tava contro spiriti maligni che lo
Nel 1995 l’astronomo Bob diversi tra loro dell’Europa precare non è sempre opportuno, tormentavano dall’interno. Il cri-
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

Williams sentì il desiderio e dell’Africa? Eppure c’è un posto, ma può anche significare che una stianesimo ha sempre considerato
internazionale.it/oroscopo

di esplorare un piccolo spicchio di
cielo, vicino al Grande Carro, che
la maggior parte dei suoi colleghi
considerava noioso. Per sua fortu-
na poté ignorare la pressione dei
colleghi perché era stato autoriz-
zato a usare il potente telescopio
spaziale Hubble per dieci giorni.
Con grande sorpresa di tutti, ma
non sua, scoprì che quella zona
lo stretto di Gibilterra, in cui Euro-
pa e Africa distano appena quat-
tordici chilometri. Anche Russia e
Stati Uniti sono paesi profonda-
mente diversi, ma lo stretto di Be-
ring che li separa è largo solo quat-
tro chilometri. Prevedo un feno-
meno metaforicamente simile nel-
la tua vita. Due situazioni, influen-
ze o prospettive che sembrano
persona sta esprimendo sincera-
mente quello che pensa”, dice il
coordinatore della ricerca. Se que-
sto è vero, Scorpione, nelle prossi-
me settimane t’invito a dire più
parolacce del solito. Secondo la
mia analisi dei presagi astrali, è
importante che tu dica il più pos-
sibile la verità. Non sarà necessa-
rio farlo sempre e ovunque. Potre-
negative e problematiche entram-
be le condizioni. Ma per molte al-
tre culture gli spiriti, sia interni sia
esterni, sono in alcuni casi relati-
vamente benevoli e portatori di ef-
fetti positivi. Se non condividi la
visione cristiana, sospetto che le
prossime settimane saranno un
periodo favorevole per entrare in
comunione con questi spiriti.

Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019 105

 L’ultima
el koko, lA PolítIcA, SPAgNA

“Signora Paura, lei e io faremo ottimi affari”.

bANx, fINANcIAl tIMeS, RegNo uNIto

“Alla fine era tutto quello che potevamo permetterci”.
côté, cANAdA

Venezuela.
cHAPPAtte, le cANARd eNcHAINé, fRANcIA

kANIN

la francia richiama il suo ambasciatore dall’Italia. emmanuel

Macron: “come si dice ‘vaffanculo’ in linguaggio “A cena era romantico, ma ora sta diventando
diplomatico?”. un po’ inquietante”.

Le regole Comprare un regalo

1 Nei regali di gruppo, chi raccoglie i soldi ha il diritto di fare la cresta. 2 Ricorda di togliere il prezzo. 3 Se
l’hai pagato più di cento euro, ignora la regola precedente. 4 Per i regali riciclati conta il valore originale. Ma
vanno spolverati. 5 Hai pagato più il biglietto d’auguri che il regalo? Meriti rispetto. regole@internazionale.it
106 Internazionale 1294 | 15 febbraio 2019