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- Alessandro Bosi
Considerazioni conclusive
• Oralità e scrittura nell'intervista → I saggi possono essere ora
confrontati con i risultati ottenuti nel 2004. i materiali deregistrati di
cui si disponeva furono divisi in quattro sezioni: a) La collocazione
ambientale delle storie → La collocazione dei materiali con riguardo ai
distretti non consentiva alcuna riflessione sull'identità culturale degli
ambienti sociali considerati d'ipotizzare un'influenza di questi sulla vita
degli intervistati. Si direbbe dunque che il contenitore geografico non
definisca identità territoriali in senso proprio. Tuttavia, l'identità debole
del territorio ha un suo valore che vale la pena di richiamare; b) Lavoro e
povertà → Alcune storie di vita ci raccontano di una povertà derivata da
diversi fattori che sembrano delineare una povertà tradizionale dovuta
alla mancanza di lavoro. Tuttavia, la povertà di cui hanno quotidiana
esperienza queste famiglie è riconducibile all'universo delle relazioni
famigliari e dei sentimenti. Assente il mondo del lavoro, la critica, spesso
molto aspra, è rivolta soprattutto ai servizi socio sanitari; c) Malattia e
disagio sociale → In alcune storie, il disagio degli intervistati deriva da
malattie psichiche e disabilità. Per quanto costituisca un'esperienza
drammatica, il disturbo psichiatrico può, in alcuni casi, essere contenuto
all'interno di un sistema relazionale che protegge il paziente e non
impedisce agli altri componenti di condurre una vita relativamente serena
ed equilibrata. Analogamente, la disabilità fisica non provoca problemi
ulteriori a quelli dovuti all'infermità in ambienti caratterizzati da
relazioni serene. Tuttavia, un eccesso d'attenzione nei confronti del
disabile può risultare controproducente. In altri casi, il disagio, originato
dalla tossicodipendenza e dai travagliati percorsi di riabilitazione,
s'imbatte ancora in condizioni di grave indigenza economica e di mancata
solidarietà famigliare; d) La comunicazione e l'aiuto → Da tutte le
interviste si può comprendere come oramai la comunicazione è realizzata
in larga misura attraverso telefoni cellulari ai quali anche le persone più
avanti negli anni affidano il compito di dissolvere i fantasmi della
solitudine. In breve, le relazioni sociali dipendono dalle condizioni
materiali delle persone e delle famiglie. In ogni caso, nelle interviste si
nota come nei confronti dei figli e delle figlie, le madri riversino i loro
migliori sentimenti. I contesti famigliari sono diversi e in alcuni casi del
tutto assenti i riferimenti parentali o amicali; ma comune è il forte
attaccamento al figlio che rappresenta il vero motivo di sopravvivenza e
l'unica speranza per un futuro migliore. Lo scarso interesse che le
scienze sociali dimostrano per la memoria della relazione tra
intervistatore e intervistato è testimoniata soprattutto dal fatto che,
nell'impostazione della ricerca, nella sua realizzazione e nella
elaborazione dei dati raccolti, l'attenzione è unicamente rivolta al testo
scritto. La parola pronunciata è evento, sortisce in una situazione
circoscritta e irripetibile, è il frutto di una istantanea relazione
drammaturgica quando invece la parola scritta è monumento, frutto di una
elaborazione e rielaborazione, che ha una durata, quella necessaria per
produrla, e che è concepita per essere persistente nel tempo. Si
potrebbe affermare che le ricerche sociali dissimulano l'oralità degli
intervistati e la loro relazione con gli intervistatori così come sì è più
volte detto che le filosofie del cogito occultarono la corporeità. Come
nelle filosofie del cogito, il pensiero che tutto muove non giunge mai a un
reale confronto con gli individui in carne e ossa la cui corporeità, alla
lunga, ne resta dilavata. Nei loro saggi, le tre ricercatrici si dispongono
nell'atteggiamento di attuare, attraverso la scrittura che si fa carico
della memoria, il recupero dell'oralità per quanto possibile.
• L'intervista narrativa → La relazione tra due persone impegnate a
realizzare il testo dell'intervista è costruita attraverso uno scambio
orale che viene problematizzato nella sua restituzione scritta. a) La
durata → La tradizionale intervista strutturata o semistrutturata ha una
durata che abitualmente oscilla fra i 30/40 minuti e si risolve in un'unica
seduta. In questa ricerca, le interviste hanno avuto una durata media di 3
ore. Inoltre, i contenuti dell'intervista, sono assai più affidati alle qualità
dell'intervistato che non a quelle dell'intervistatore. In queste
interviste, la durata stessa comporta un atteggiamento
dell'intervistatore piuttosto declinato sulle sue attitudini alla lettura,
all'accoglienza cioè delle parole pronunciate dall'intervistato; b) La
forma narrativa → Le tre ricercatrici concepiscono le interviste
utilizzando uno schema narrativo che appare già evidente nel loro modo di
descrivere meticolosamente la scena della relazione nella quale collocano
la loro presenza. Nei saggi delle tre intervistatrici la forma narrativa è
dichiarata e anzi configura a tratti una seppur elementare forma
drammaturgica. Il testo rimane bensì scritto, ma la parola ha un alveo in
cui risuonare; c) L'effetto eco → Le interviste realizzate procedono da
un patto con l'intervistato sull'argomento da approfondire. Va da sé che
il confine tra domanda e ascolto è tutt'altro che nitido e dipende in larga
misura da situazioni contingenti nel farsi dell'intervista. L'intervistatore
adotta insomma la tecnica che gli psicologi definirebbero effetto eco che
consiste appunto nel riprendere le parole ascoltate rivelando nei loro
confronti un particolare interesse e stupore così da richiamare su di esse
l'atteggiamento riflessivo di chi parla. L'effetto eco e la richiesta di
raccontare producono un andamento ricorsivo degli stessi argomenti che
è proprio dell'oralità mentre il nesso domanda-risposta richiama
piuttosto i procedimenti analitici della scrittura, la sua attitudine a
demarcare gli argomenti e a esaurirli dopo averli approfonditi per poi
procedere oltre.
• L'ascolto narrativo → In questo tipo di intervista, si attua dunque uno
spostamento dall'asse della scrittura a quello della lettura. Nella
relazione con chi racconta la propria storia di vita, l'ascolto diviene
narrativo in quanto è realizzato non in vista del dire ciò che è stato detto
ma ciò che è stato vissuto. Quando l'ascolto narrativo non conservasse la
dialettica del colloquio e non restituisse al lettore la vitale presenza dei
diversi attori sulla scena, si correrebbe il rischio, di risolvere il tutto nel
flusso narrativo di chi racconta. Per quanto risalga a una tradizione
oramai consolidata, il metodo di ricerca sociologica basato sulle storie di
vita è di fronte a una nuova nascita che trae impulso dall'interesse che
suscita e dalle molte ricerche realizzate sugli argomenti più diversi.