Sei sulla pagina 1di 26

Famiglie evolute – A.

Gigli

CAPITOLO 1. Il concetto di pluralità nella dimensione familiare

Ormai da anni è più corretto parlare di famiglie piuttosto che di


famiglia.
Esiste una vasta quantità di pluralità, non esistono famiglie uguali
l'una all'altra.
Occorre tener conto di diverse variabili: variabili legate alle singole
famiglie e alla loro provenienza; legate alle storie individuali di chi le
compone e le variabili di contesto (aspetti economici, culturali,
giuridici e politici).
E' quindi bene non fermarsi alla superficie parlando di pluralità e
scardinare alcuni luoghi comuni che non fanno altro che rafforzare
stereotipi e pregiudizi annebbiando la possibilità di vedere
lucidamente le famiglie reali.

Luoghi comuni
1) Le tipologie familiari oggi sono aumentate rispetto al passato
→ risulta una frase veritiera solo se si considerano famiglie
quelle riconosciute a livello istituzionale, ma volgendo lo
sguardo al passato vediamo che in realtà le famiglie erano
molte di più allora: con solo figli (a causa di morti premature
dei genitori dovute alla guerra), famiglie adottive o affidatarie
(dare i figli alla balia), oppure le famiglie ricostruite (dove i
coniugi hanno già avuto esperienze) in seguito a vedovanze o
all'omosessualità di uno dei due (anche se ovviamente taciuta).
2) La durata dei matrimoni oggi è inferiore a quella del passato
→ secondo i dati è cambiato solo il motivo delle separazioni,
anche una volta finivano presto ma per motivi diversi (morte
nel parto della donna, morte in guerra degli uomini);
oggi se ne parla di più perchè c'è maggiore volontà nelle
decisioni e sono molto meno eventi incontrollabili
3) Le famiglie vanno a rotoli perchè oggi le donne lavorano e non
si occupano più dei figli
→ storicamente la stragrande maggioranza delle donne ha
sempre lavorato, solo che lo ha sempre fatto in nero.
In realtà poi, anche laddove le madri stavano a casa con i figli
non è detto che si affiancassero a loro per fare i compiti
sorvegliandoli a vista, anzi, nel periodo del boom economico le
piazze e i cortili erano pieni di bambini che giocavano con i
propri pari.
Inoltre sottolineiamo che il lavoro femminile è più un fattore di
protezione che di rischio, in quanto le famiglie a doppio reddito
hanno maggiori garanzie economiche, maggiori soddisfazioni
(soprattutto da parte delle donne), maggiore sicurezza sociale
(grazie alla creazione di un network) e maggiore possibilità di
fare fronte ad eventi avversi (incidenti, licenziamenti,
malattia, ..)
4) La famiglia sta scomparendo, nessuno ha più di voglia di
impegnarsi: i giovani preferiscono stare da soli e godersi la vita
→ In realtà le famiglie unipersonali sono composte da persone
molto più avanti con l'età, che rimangono sole per vicissitudini
della vita. In realtà i giovani hanno pienamente bisogno della
dimensione famigliare perchè da soli difficilmente ce la fanno,
per cui che sia all'interno di una “famiglia lunga”, o in coppia o
con altre persone, difficilmente, in realtà, stanno da soli.
5) La famiglia di oggi non è in grado di educare perchè gli adulti si
comportano da eterni adolescente e si vestono come i figli e non
hanno voglia di invecchiare
→ sembra scontato dover sottolineare come i vestiti non dicano
nulla della persona. Viviamo nell'epoca delle differenze
individuali e in cui ci differenziamo come soggetti e non più
all'interno di rigide categorie. Ciò che davvero è importante è
che ci siano persone che si prendono cura di altre e che non
fuggano.

Per concludere si può dire che non ci sono più le famiglie di una volta
(come non ci sono più le cabine telefoniche) ma ci sono molti altri
modi di vivere i legami familiari (così come oggi ci sono strumenti
molto più efficaci per comunicare).

Mappatura delle famiglie in Italia oggi


→ La famiglia nucleare (tradizionalmente e idealmente intesa) si
attesta a poco meno del 33%. Aumentano le coppie senza figli, quelle
monogenitoriali, diminuiscono i matrimoni celebrati e aumenta l'età
degli sposi.
L'instabilità coniugale stupisce in quanto i divorzi avvengono sempre
più in là in età e con figli già piuttosto grandi; l'instabilità coniugale
impatta quindi molto meno sulla vita dei bambini e delle bambine
poiché sono già piuttosto grandi.
Quasi il 90% delle coppie separate decide di adottare l'affidamento
condiviso e non giudiziario.

Le famiglie ricomposte sono per lo più a struttura semplice (senza


figli) per alcuni motivi:
– la metà di coloro che divorziano non hanno figli
– l'età media delle coppie al momento della formazione della
seconda famiglia è più elevata
– i divorziati italiani sposano donne nubili, senza figli
– i figli nati da precedenti matrimoni rimangono per lo più con la
madre

Famiglie miste → attualmente sono il 10% dei matrimoni e il 79%


vede un marito italiano e una donna straniera prevalentemente
proveniente dall'est Europa. Le famiglie miste portano con se anche
una certa difficoltà nella gestione del conflitto ma anche un bel
laboratorio di integrazione ed esplorazione del diverso.

Famiglie arcobaleno, famiglie adottive e famiglie “elettive”.

Dal paradigma della famiglia normale alla famiglia funzionale


Le forme famigliari non corrispondono a modelli di funzionamento
unico e standardizzabile, occorre una visione che comprenda la
complessità.
Oggi per comporre la “carta di identità familiare” è necessario
osservare molte più variabili che non la sua aderenza a un modello
così detto naturale.
Dal punto di vista pedagogico ciò che interessa è se una famiglia
funziona o meno e occorre abituarsi a parlare di famiglia funzionale,
più che di famiglia normale.
Nel chiedersi allora quale sia l'adeguatezza della situazione familiare
per la crescita di un individuo, molti risponderebbero “che i genitori
sappiano fare il loro lavoro” ma non basta più, occorre tener presente
le peculiarità di ognuno e la propria situazione individuale.
La famiglia oggi ha una dimensione molto più individualizzata.
Pedagogicamente allora occorre occuparsi di definire cosa influisca
sull'essere genitore oggi e quali idee di educazione, pratiche e
influenze e tendenze siano in atto nel contesto sociale in cui viviamo.

Etnopedagogie e stili genitoriali


Nel panorama odierno non si può più pensare che esistano idee e
obiettivi educativi universali, ovvero validi in assoluto.
Non esistono quindi precise coordinate di educazione e genitorialità
ma occorre dotarsi di strumenti articolati per comprendere le risposte
alle domande sull'educazione che ciascun gruppo familiare si pone.
Inoltre è bene tenere presente le coordinate delle forme dell'essere
genitori influenzate da fattori reciprocamente interagenti:
– valori, obiettivi, comportamento, caratteristiche psicologiche dei
singoli e dei partner con cui educano i figli
– caratteristiche del microsistema familiare (provenienza
culturale, situazione economica, cicli di vita, ecc)
– caratteristiche della rete sociale primaria (gruppi di
appartenenza, trasmissione intergenerazionale, rapporti con la
famiglia di origine, gruppi amicali, ecc)
– variabili del macrosistema (aspetti legislativi, economici,
politici, tendenze culturali, rete dei servizi educativi, idee
dominanti di “buona educazione” ..)
Come già detto è bene lasciare da parte le frasi del sentire comune
come “i genitori sono ostaggi dei propri figli” oppure “sono immaturi e
irresponsabili”, sono “presi da loro stessi” ma è bene tenere a mente
che la cattiva educazione è frutto dello smarrimento del senso
profondo della relazione educativa e della tendenza a confondere i
ruoli; non essere in grado di comprendere i reali bisogni dell'altro e
l'abitudine di proiettare sui figli desideri, paure, ambizioni, fragilità.

CAPITOLO 2. I sistemi familiari nei macroprocessi

L'individualizzazione ha un senso storico/sociale e non è


necessariamente sinonimo di individualismo né di egoismo ma
consiste nel mettere al centro dei processi il singolo invece del gruppo
in modo tale che a ognuno siano attribuite le proprie responsabilità
nella riuscita esistenziale.
Molti autori credono che la condizione post – moderna sia
caratterizzata dalla combinazione di molte tradizioni piuttosto che da
una rottura netta con il passato. Esiste una certa ambivalenza in ciò:
da un lato maggiore autonomia, dall'altro perdita di sicurezze e punti
di riferimento → Beck evidenzia il paradosso della libertà imposta,
poiché secondo l'autore la vita non è una forma scelta
autonomamente ma frutto di un principio strutturale della società su
cui si può intervenire solo limitatamente.
Questa condanna alla libertà impone una certa centratura su di se,
impensabile anche in un passato recente. Ci sono testimonianze di
un'epoca non lontana in cui le persone non avevano minima
possibilità di di pensare a se stessi come autonomi, come evidenziato
nel libro “L'anello forte” che testimonia come le condizioni di vita, la
povertà, le famiglie patriarcali, le credenze religiose ponessero molto
la vita individuale e i bisogni soggettivi delle persone in secondo
piano.
I racconti di donne che vivevano all'ombra di altre persone che
decidevano ogni cosa per loro (esempio calzante il matrimonio)
sembrano lontani ma non lo sono così tanto, sono passati decenni in
cui sono avvenute tante piccole rivoluzioni (passaggio dalla famiglia
pratriarcale a quelle plurali).
Tappe legislative che hanno segnato gli anni Settanta:
– 1970 → legge sul divorzio
– 1975 → nuovo diritto di famiglia eliminava il “capo famiglia”
– 1978 → legge 194 che legalizzava contraccettivi e aborti
L'altra faccia della medaglia dell'individualizzazione è che oltre ad
avere liberato i soggetti da vincoli imposti da esistenze socialmente
programmate ha generato indeterminatezza del futuro e
paradossalmente la realizzazione personale, la scoperta delle proprie
inclinazioni e un progetto di vita soddisfacente rimangono ancora
“miti” piuttosto che possibilità concrete.
Prima i pericoli, le insicurezze della biografia, ecc. venivano definiti
nell'ambito dell'unione familiare mentre ora sono i singoli a doverne
fare fronte.

Oggi si perseguono relazioni pure dove il rapporto di coppia non


dipende più criteri esterni come i legami si sangue ma sono relazioni
basate su scambio reciproco, impegno, intimità, continua riflessione,
fiducia e crescita comune. Per cui nemmeno i figli sono più un motivo
per rimanere insieme perchè sono esterni a questo tipo di relazione.

→ Ambivalenza del processo di individualizzazione e i suoi risvolti


nella dimensione familiare
L'ambivalenza è riconducibile all'individualismo che può creare
fenomeni rischiosi che potrebbero confermare gli stereotipi, i quali:
“le famiglie non sanno educare”, “c'è molto egoismo”, non ci sono più i
valori di una volta”.
La scorrettezza di queste frasi sta nel riconoscere che i valori di
una volta che tenevano insieme le famiglie in realtà sono
l'autoritarismo nell'esercizio verticale del potere, il patriarcato,
nel controllo e orientamento coercitivo delle esistenze dei suoi
componenti, emarginazione e punizione delle diversità, sul
sacrificio individuale per lo più femminile.

Possiamo affermare che non si sono persi i valori ma


semplicemente si siano rinnovati.
Il processo di individualizzazione quindi ha contribuito a
generare i seguenti effetti:
– relazioni familiari impostate su scelte individuali, poiché la
società detta regole ma meno coercitive di un tempo
– ciascuno è libero di cercare la libertà in base alle proprie
inclinazioni (dalla “famiglia per sempre” a “nuove tipologie
familiari”
– accento sull'autodeterminazione dei soggetti
– alimentazione del mito del “mito del genitore perfetto” e
l'illusione per cui tutto dipenda dalle scelte del singolo nel
privato.
La transizione da autoritarismo a democraticità è ancora in
corso. L'autoritarismo, modello educativo molto semplice da
attuare ma anche molto dannoso, sta lasciando il posto a una
concezione dei rapporti familiari maggiormente centrati su
affettività, dialogo, e più elevata simmetria relazionale.
L'autoritarismo si delinea nella realtà con un potere genitoriale
basato sul meccanismo della promessa di ricompense o/e usare
misure deterrenti come minacce e punizioni.
Gli effetti che producono sono spesso resistenza, sfida, ribellione,
sfiducia, desiderio di vendetta, paura di perdere, mentire e
nascondere i propri sentimenti.
Oggi i genitori faticano a usare il potere con i figli, si sentono in
colpa e finiscono poi col scusarsi con loro.
Oggi esiste uno strano mix di stili, che si può definire di stili a
intermittenza, che produce però scarsi risultati poiché manca
l'ingrediente essenziale di ogni ricetta educativa: la coerenza.

Simmel nel 1903 parlava di intellettualizzazione come di un


meccanismo di difesa che le persone utilizzano per fronteggiare
la vite frenetica: si mette fra parantesi o si eliminano i correlati
emotivi delle esperienze per dare a queste un senso più
intelettuale, razionale.
Il rischio per i genitori è di perdere il contatto con i vissuti
emotivi dei figli e i propri, con la semplicità e a volte con il buon
senso.
I genitori oggi sono proiettivi, ovvero non riescono ad
interpretare i bisogni dei figli e corrispondere ad essi in modo
adeguato.
Fin dai primi momenti di vita del bambino il genitore si
dovrebbe mostrare attento e disponibile nei suoi confronti, in
modo da imparare a rapportarsi con se stesso e con il mondo.
Molti genitori oggi mettono in atto il meccanismo di rimozione o
negazione, specialmente quei genitori amorevoli e premurosi:
questo perchè vogliono proteggere i figli dal dolore.
La proiettività e il meccanismo di proiezione sono l'antitesi della
democraticità, anche se si confondono spesso con essa.
Genitori spazzaneve (ripulire ogni cosa per evitare che vada
male ai figli), genitori elicottero (che sorvegliano a vista i figli) e
pushing parents (che proiettano sui figli le loro ambizioni e
bisogni di protagonismo) sono oggi frequenti e in forte antitesi
con un'apertura mentale e un atteggiamento accettante molto
più costruttivo per raggiungere una certa competenza del
genitore sul piano educativo.
E' importante parlare di globalizzazione e parlarne anche a
livello domestico. Vivere la globalizzazione aumenta la
sensazione di “appartenenza planetaria” ma allenta anche i
legami su base locale arretrando lo spirito di comunità locale e
rischiando di provocare “comunità difensive”.
Il mercato del lavoro richiede sempre più disponibilità di tempo
ed energie rispetto al passato, più disponibilità e flessibilità per
non rimanerne fuori. Beck parla di cerchi negativi della
globalizzazione di trappola della povertà per indicare la facilità
con cui l'incertezza delle condizioni lavorative può rapidamente
provocare emarginazione sociale difficilmente recuperabile.
Anche i legami sociali vengono vissuti alla luce di questa
precarietà che invado un po' tutti gli spazi quotidiani. In Italia
aumentano i giovani adulti che permangono a casa con i genitori
e quelli che si avventurano nel mondo dell'autonomia credono sia
difficile conciliare le responsabilità con vincoli di coppia o alla
procreazione.
Si delinea così una famiglia flessibile caratterizzata da
contrattualità, alle nuove famiglie si richiede una stabilità
flessibile nel mantenere i legami saldi pur rimanendo
nell'elasticità e nella duttilità facendo efficacemente fronte ai
cambiamenti.
Oggi si chiede molto alle famiglie e gli si offre sempre meno.

Anche la crisi economica produce, ovviamente, i suoi effetti sulle


famiglie. Un aspetto particolare è la perdita del lavoro da parte
dei genitori: colpisce in particolare i padri ma si delinea anche la
figura delle madri breadwinner ovvero quelle il cui lavoro
costituisce l'unica fonte di reddito familiare, in conseguenza alla
disoccupazione paterna.
La figura delle madri breadwinner genera crisi in entrambi i
sessi: i padri perdono la loro posizione paterna in senso
personale, di ruolo e funzionale e le madri sono sovraccaricate.
Per entrambi è uno stato di crisi.
Ora c'è da indagare se “da crisi nasce crisi” oppure se da crisi si
può generare un meccanismo di resilienza che possa generare
effetti inaspettati e positivi, almeno a livello di qualità della
relazione di coppia.

La famigerata disuguaglianza di genere nella condivisione del


carico del lavoro familiare contraddistingue oggi tantissime
coppie italiane.
Nei nuclei familiari italiani persiste una cultura del “sacrificio
femminile” e del “disimpegno maschile”.
E' interessante però sottolineare come pian piano si delinea una
figura di padri più presenti, cresce il loro coinvolgimento nel
lavoro domestico, soprattutto se la partner è occupata.
La figura di questi nuovi padri si può descrivere come uomini,
evoluti, che partecipano attivamente alla vita dei figli, ma è
un'evoluzione ancora incompiuta poiché dai dati istat si
evidenzia come il tempo passato non sia per il lavoro di cura, ad
esempio per l'igiene, la cucina, ecc..) ma per attività più ludiche,
anche per il fatto che il tempo è minore e quindi si vuole
occupare per attività più leggere e di svago piuttosto che
appesantirle con altre questioni.
Infatti dal lato qualitativo la famigerata frase “stasera quando
torna fai i conti con tuo padre” non esiste praticamente più; sono
le donne a svolgere in famiglia le funzioni di leadership
organizzativa e gestionale e anche quelle di contenimento e
normative.
Le mamme dunque sono educatrici più normative, più direttive,
meno ludiche, più nervose e stressate MA non cercano soluzioni
concrete per una maggiore equità, questo perchè non vogliono
delegare, e vogliono evitare possibili conflitti con il partner che
potrebbero derivare da una richiesta di maggiore condivisione.
Le madri contribuiscono spesso a incrementare inequità un po'
anche accettando il “sacrificio” che sembra loro quasi naturale e
che le rende vittime/carnefici di se stesse.
Dall'altro lato i padri vivono di “passiva rassegnazione”
accettando (a volte di buon grado) di essere figure secondarie e
marginali.
I bambini, poi, tendono a fare maggiori “chiamate in causa” alle
madri: questo a causa dei complessi processi culturali e simbolici
che sono alla base dei modelli educativi adottati.
L'atteggiamento paterno è paradossale, si mostra evolutivo e
discontinuo rivendicando funzioni di cura ma
contemporaneamente richiama visioni ataviche di una
mascolinità che si realizza pienamente fuori dalle mura
domestiche e non si appropria di un ruolo di co – protagonista
nelle questioni educative.
Il meccanismo per cui le donne contribuiscono a incrementare il
divario di genere, almeno nell'ambito familiare, è riconducibile
alla dinamica descritta da Freire: il dualismo degli oppressori,
cioè la tendenza ad accomodarsi e adattarsi alla struttura
dominante, ad ospitare dentro di sé l'oppressore. L'oppressione
viene interiorizzata e naturalizzata.
Bourdieu la definisce violenza simbolica → riproduce le strutture
di dominio rendendole “naturali”.
L'oppressore allora deve attuare una presa di coscienza
dell'avvenuta interiorizzazione del meccanismo oppressivo, un
primo passaggio verso la liberazione. Come spiega bene
Bourdieu serve una trasformazione radicale delle condizionoi
sociali che permettono la riproduzione della violenza simbolica,
in questo caso la struttura che pone la donna a un livello
inferiore rispetto agli uomini (sul mercato del lavoro e dei beni
simbolici).
La violenza simbolica non si può vincere con le sole armi della
coscienza e della volontà poiché i suoi effetti sono iscritti nella
zona più profonda del corpo sotto forma di disposizioni → si
osserva bene il fenomeno nei rapporti di parentela o quelli
concepiti su quel modello (amore filiale, fraterno): ciò vuol dire
che si accettano queste forme a causa di queste forme di
parentela, affiliazione, affetto, ecc..

Si trovano tracce importanti dell'autoesclusione che attuano le


donne nei confronti del padre e del lavoro di cura affidato a esso,
con una vera e propria volontà di esonerare i padri dalla gestione
di elementi problematici nella relazione con i figli.

Viene inoltre visto come vero problema l'occupazione femminile,


il fatto che non ci siano più casalinghe è causa di molti problemi,
secondo i più.

Un'efficace equità tarda ad affermarsi nella dimensione pratica


a causa di meccanismi profondi, sia maschili che femminili, che
ancora ostacolano il cambiamento.

Nella teoria sia donne che uomini sono concordi col fatto che
dovrebbero avere pari ruoli nella vita domestica ma nella pratica
ci sono molte visioni sessiste e si nota un'evoluzione a “macchia
di leopardo” dove spinte conservatrici e nuove prospettive
convivono in uno strano mix.

Esiste poi il caso in cui gli uomini dipendano economicamente


dalle donne come uniche breadwinner ma paradossalmente
questi uomini dedicano meno tempo al lavoro familiare.
Ciò avviene perchè non riescono ad adempiere ai ruoli e alle
responsabilità loro prescritti nella struttura sociale di genere e
ciò li porta a rafforzare la loro ideologia di genere* e la loro
identità maschile mettendo in atto comportamenti fortemente
tradizionali.

* Secondo questa teoria donne e uomini si impegnano nel lavoro


familiare, come nel lavoro retribuito, a seconda degli
atteggiamenti, delle aspettative e delle credenze che hanno
sviluppato alla divisione dei ruoli e delle responsabilità tra i
sessi (=aspettative di ruolo → fonte di squilibri)

Quindi la perdita del lavoro da parte degli uomini come partner


breadwinner non produce grandi effetti nel riequilibrio del carico
di lavoro domestico, anche a causa del perdurare del pregiudizio
di genere, condiviso dalle donne, per cui certe attività devono
rimanere femminili. Aumenta, però, il tempo che passano con i
figli.

Un'altra grande questione è come comunicare ai figli la


disoccupazione di un genitore, e la paura di turbarli, il senso di
colpa di non essere utili e produttivi, tutto ciò genera perdita di
equilibri.
Occorre fronteggiare la situazione affrontando i problemi e
gestendoli al meglio e soprattutto non nascondendo ai figli lo
stato delle cose; dissimulare la verità sarebbe un grande errore
perchè i piccoli sarebbero portati a immaginare ingigantendo o
autocolpevolizzandosi. E' bene mostrarsi aperti al dialogo e
rispondere a tutte le possibili domande assumendo in pieno il
ruolo adulto e sottolineare la transitorietà della crisi con
atteggiamento fiducioso.
Anche in questi casi i figli vanno aiutati a rinforzare il sistema
immunitario emotivo incrementando la loro capacità di reagire
positivamente, elaborando significati e prospettive anziché
proteggerli inutilmente da problemi che comunque vivono. →
resilienza per educare alla resilienza.

Come cambiano i rapporti genitori – figli nell'era dei social


network
I social network e le tecnologie in generale sono una questione
delicata per tutt*, in particolare per i giovani ma anche per i
genitori.
I genitori sono dunque immigrati digitali, ovvero le persone che
hanno adottato i nuovi mezzi di comunicazione in età adulta e
che hanno esperito anche la via “senza web” e che ora “svezzano”
i bambini con i loro comportamenti fornendogli l'imprinting.
I motivi per cui ci si connette sono in maggioranza
extralavorativi dal bisogno di informazione allo svago, ma
soprattutto il primo → aumentano infatti le visite ai siti dove i
genitori possono trovare risposte ai loro interrogativi in quanto
tali e aiuti nel loro compito genitoriale.
Il tempo che dedicano alla tecnologia è il vero problema, spesso
non distolgono lo sguardo dal telefono nemmeno sotto richieste
esplicite dei figli, sottraendo tempo al rapporto con i figli.
Occorre cercare di sensibilizzare per prevenire situazioni
paradossali in cui l'adulto cerca di dare limiti di utilizzo ai
minori ma non li rispetta in prima persona.

Il primo aspetto della questione è il piacere che deriva dall'usare


tecnologie, piuttosto che essere una vera e propria esigenza.
La seconda questione è la separazione e distanza per cui i
genitori utilizzano la tecnologia per superare questi ostacoli,
oppure tenersi in costante contatto con i propri figli per
attenuare le loro ansie e paure.

Questi fenomeni possono non essere considerati patologici o


disfunzionali se compensati adeguatamente da un dialogo e
ascolto reale, poiché si evidenzia come spesso lo scambio di
comunicazione avvenga tramite chat piuttosto che faccia a
faccia.
CAPITOLO 3. Sciogliere i nodi educativi:
alcune emergenze nelle famiglie contemporanee

Frullato di ruoli: in passato le divisioni dei ruoli erano ben


sancite in base all'appartenenza di genere. Ancora oggi i concetti
di funzione materna e paterna sono rigidamente definiti, diffusi
e condivisi da apparire come “naturali” ai più. Insomma ruolo
materno e ruolo paterno sono ancorati non ai comportamenti ma
al genere dei genitori.
E' in atto una rivoluzione in direzione del perseguimento della
parità tra i generi rispetto a compiti e funzioni familiari,
riconducibile anche alle trasformazioni culturali. Ciascuno oggi
sente il diritto/dovere di interpretare i ruoli in relazione alle
proprie inclinazioni.
Le coppie genitoriali oggi hanno bisogno di negoziare i ruoli e
condividere le funzioni, pena la disarmonia; ciò comporta una
razionalizzazione della sfera amorosa.
In realtà in questo ambito sarebbe più corretto utilizzare la
parola mediare, ovvero porre in relazione due termini, arrivare a
un dialogo in vista del perdurare del tempo; in forte
contrapposizione con negoziare, ovvero trarre il maggior profitto
possibile senza per forza comprendere e accettare le istanze
dell'altro.
E' importante poi comprendere che alcuni modelli impliciti, di
genere e genitorialità, sono stati ereditati per retaggio culturale
e familiare.
→ Per gli uomini non si tratta di tendere a una
femminilizzazione, ma di sperimentare con le proprie modalità
territori ancora inesplorati come quelli della paternità affettiva e
della condivisione del lavoro di cura. Non servono “mammi” ma
nuovi padri, non servono “babbe” ma nuove mamme.
→ E' ancora possibile oggi parlare di funzione materna e
funzione paterna ma riferendosi a un elemento simbolico e non
per forza a persone di uno o l'altro genere.

Nel delineare un elenco di bisogni di cosa serve allo sviluppo del


bambino notiamo che tutti i bisogni (a parte quelli
fisiologicamente materni come allattare) possono essere
corrisposti da figure di cura, indipendentemente dal genere:
– garantire cura e protezione (luogo sicuro)
– assicurare il contenimento (consolidamento dei due sistemi
di cura e di autorità
– promuovere intersoggettività (capacità di stare in uno
scambio emotivo con più persone)
– aiutare a gestire i conflitti (confronto con le differenze che
possono apportare cambiamento positivo)
– incoraggiamento dell'accoglienza reciproca (fornire una rete
affidabile di relazioni di attaccamento)
– favorire l'autonomia (svincolo e separazione non
rappresentano salti nel vuoto)

→ Una buona genitorialità passa sia attraverso l'assunzione di


responsabilità sia attraverso la capacità di condividere e anche
di lasciare spazio all'altro, in una prospettiva di co –
genitorialità. A ciascuno le proprie responsabilità compresa
quella di non voler essere “genitori perfetti” e di non voler
aspirare, dunque, a figli perfetti.
Dal padre delegante al padre evoluto → i padri deleganti sono
quei padri che non si assumono del tutto le proprie
responsabilità genitoriali per delegarle alle madri, spesso colpite
dalla sindrome di wonder mother, ovvero della madre perfetta. I
padri passano dunque meno tempo in famiglia e quel poco che
spendono preferiscono non affrontare questioni spinose,
punizioni o regole, lasciando l'incombenza totalmente nelle mani
della madre.
Ci sono lenti miglioramenti ma l'asimmetria nei carichi di lavoro
familiare resta molto elevata.
Sono, tuttavia, tanti i padri orientati ad avere un ruolo attivo
nella vita dei figli e che esprimono volontà di avere una
maggiore presenza affettiva, un interesse educativo forte, un
desiderio di “godersi i figli”.
Una ricerca mostra anche che il desiderio di essere padre sembra
forte fin dall'inizio ma rimane poi disatteso; per la piena
realizzazione di una paternità evoluta occorre superare ostacoli
di natura culturale, relazionale ed individuale.
Per essere genitori è necessario diventare genitori, ovvero
prendere le distanze da se stessi e da rappresentazioni
consolidate e predisporsi a guardare il mondo, l'altro da sé,
anche ricorrendo a lenti e occhiali diversi dai soliti.
Occorre dunque entrare nella dimensione del “per sempre” che
costringe l'uomo a doversi confrontare con la dimensione del
“definitivo”.
La paternità può essere letta come evento destabilizzante, denso
di criticità, che attinge alla dimensione emozionale più profonda
e a volte inaccessibile, inconfessabile. Dal punto di vista
psicoanalitico abbiamo alcuni sentimenti complessi che possono
provare i nuovi padri:
– gelosia verso il figlio
– aumento dell'ambivalenza verso i propri genitori ai quali si
stanno sostituendo per diventare a loro volta genitori
– invidia nei confronti delle capacità generative femminili
– conflitti con la propria identità sessuale derivanti dal punto
sopra

L'accesso alla paternità prevede dunque un terremoto al quale si


può sopravvivere con una buona base identitaria tollerando la
frustrazione e attingendo a una certa maturità affettiva
personale.
In caso contrario vediamo veri e propri tentativi di fuga che
possono portare anche a disagi psichici gravi.
Un problema in particolare è rappresentato dal senso di
inadeguatezza dovuto anche all'assenza di modelli positivi di
riferimento: il padre accudente è una figura storicamente nuova,
almeno nel contesto occidentale. A volte infatti questo essere
principianti crea ulteriori insicurezze e genera atteggiamenti
passivi che delegano alle madre le decisioni e le azioni.
Il famoso padre evoluto è dunque in grado di prendersi cura
dell'altro ma è anche accudente nei confronti di se stesso:
prendendosi cura di se potrà essere empatico e accogliente anche
nei confronti degli altri.
L'evoluzione auspicata non può che partire dai padri stessi.

Conflittualità fossile → instabilità coniugale


Il fenomeno delle convivenze forzate è sempre più presente, sono
casi in cui l'amore è finito ma si sta insieme in una convivenza
per evitare separazione o divorzio, i motivi sono sia contingenti
che morali.
Può succedere che le persone facciano questa scelta
accompagnata da conflittualità e totale disarmonia, oppure che
trasformino il loro rapporto in affetto, amicizia e sostegno
reciproco.

Conflitto negato → non sono i conflitti ad essere pericolosi ma la


loro mancata gestione e l'incapacità di risolverli il vero fattore di
rischio.
Altre lacerazioni psicologiche possono derivare dalla richiesta
dei genitori di parteggiare per uno o per l'altro genitore.
Altre ancora dal ricatto morale, ovvero quando i figli hanno la
sensazione che i genitori stiano insieme per il loro bene. E' una
logica falsa ed incoerente poiché vedere i genitori con freddezza
emotiva, frustrati, rinunciatari e passivi non da ai figli buoni
modelli d'identificazione.
Ci si può dunque separare in modo evoluto, poiché i figli vivono
emozioni ambivalenti desiderando da un lato che i genitori
tornino insieme e dall'altro che questo tormento finisca occorre
comprendere eventuali manifestazioni problematiche come
prodotti dello stress e quindi temporanee, non drammatizzarle
ma affrontarle con ascolto e comprensione. Inoltre la cura
educativa in questo momento deve essere al massimo
dell'efficienza.

I bambini e i ragazzi in queste fasi hanno 3 bisogni primari:


1. avere rassicurazioni sul fatto che non verranno
abbandonati
2. essere informati e ricevere spiegazioni di quanto sta
accadendo e di come cambierà la loro vita
3. non sentirsi responsabili delle decisioni prese dai genitori
ma neanche essere attori passivi del terremoto che sta
succedendo.

Condizioni che possono facilitare il passaggio da famiglia


nucleare a famiglia divisa
– i figli hanno diritto di non essere trascinati nelle dinamiche
conflittuali → richiesta di testimonianze, colloqui con
avvocati, chiedere esplicitamente di schierarsi sono cose che
provocano profonde lacerazioni;
– i genitori non dovrebbero proiettare sui figli i sentimenti
che provano per l'ex coniuge
– i figli hanno bisogno di essere informati su ciò che accade
– i figli dovrebbero essere aiutati a gestire il senso di colpa
– la maggior paura dei figli di separati è quella di perdere il
genitore che si allontana, vanno aiutati anche in questo
– i genitori dovrebbero ridurre al minimo il senso di
isolamento e di sradicamento dalla loro famiglia di origine
(nonni, zii, ecc..)
I figli nei patchwork familiari: come sostenere l'integrazione
quando si ricompongono i nuclei.
– dare vita al nuovo nucleo familiare gestendo al meglio i
rapporti con quello precedente
– l'entrata del nuovo partner deve essere cauta e trasparente,
senza bisogni di conferma o strane richieste di lealtà
– non affrettare i tempi e non pretendere che i membri del
nuovo nucleo si sentano da subito “gruppo”
– non per forza l' “instant family” sarà da subito funzionale,
occorre tempo e pazienza

La famiglia minima, composta da un solo genitore, è fattibile ed


affrontabile, ovviamente con molto impegno da parte del
genitore che “rimane”, ed ess* deve tenere presente una
prospettiva di apertura alla socialità, in modo da non privare
comunque il figlio di relazioni socialmente vivaci; è una famiglia,
quindi, aperta e in continua espansione.
I fattori di rischio di questa famiglia infatti sono il contesto non
facilitante, una rete di relazioni che non sostiene ma ostacola e
l'autoreferenzialità, cioè che si possano confrontare solo con se
stessi nella conduzioni della relazione educativa; per questo è
così importante l'apertura.
CAPITOLO 4. Orizzonti pedagogici per il sostegno alle funzioni
educative delle famiglie

Sostegno pedagogico alle famiglie


→ PASSARE DAL PARADIGMA DELLA NORMALITA' A
QUELLO DELLA FUNZIONALITA': il concetto di famiglia
tradizionale come standard di riferimento è ormai universale da
considerarsi l'unica forma normale e naturale e come metro di
giudizio per cosa è normale e cosa non lo è.
Ciò è dovuto a un backgorund culturale, sociale, affettivo,
emotivo e cognitivo che dipendono da: storie familiari, processi
simbolici, modelli educativi interiorizzati, aspettative di ruolo,
influenze sociali e culturali, schemi emotivi e cognitivi.
Per far sì che la famiglia cresca in modo sano occorrono: cura,
impegno, energie e il tempo necessario per compiere una
continua “manutenzione delle relazioni”.

I fattori di rischio → ciò che può “avvelenare” l'ecosistema


famiglia con elementi tossici:
– idea privatistica di educazione
– individualismo
– competitività
– frenesia
– intellettualizzazione
– permissivismo
– simbiosi
– ricatti morali
– atteggiamenti proiettivi
– iperprotettività
– confusione di ruoli

Le caratteristiche della famiglia funzionale


– Legami che liberano → permettere l'autonomia dei soggetti
fin dalla prima infanzia
– integrazione delle differenze → accoglienza di ogni soggetto
nella sua originalità e supporto delle proprie potenzialità
– modelli educativi attraverso l'esempio → fatti concreti che
testimoniano coerentemente la visione formativa del nucleo
– responsabilità e condivisione → diritti e doveri divisi
equamente
Esercizio efficace della genitorialità:
1. garantire cura e protezione
2. assicurare contenimento
3. promuovere intersoggettività
4. aiutare a gestire i conflitti
5. incoraggiare la solidarietà
6. favorire l'autonomia

→ FAR EMERGERE LE EPISTEMOLOGIE INCONSCE,


DECOSTRUIRE STEREOTIPI, SOSPENDERE IL GIUDIZIO
ovvero ridimensionare il mito della “famiglia ideale” per poter
accettare e prendersi cura delle “famiglie reali”.

→ DEFINIRE ORIENTAMENTI PEDAGOGICI PER LE


PRATICHE DI SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA' E DI
ALLEANZA EDUCATIVA

La specificità del discorso pedagogico in ambito familiare


corrisponde alla capacità di focalizzarsi sulle questioni
educative, quindi si declina su:
– salvaguardare la problematizzazione come elemento
fondante la riflessione pedagogicamente
– promuovere interventi educativi centrati su promozione,
prevenzione, riduzione del danno
– l'educazione alla vita familiare come educazione al
cambiamento
– disvelamento dei meccanismi di condizionamento
cognitivo/emozionali che possono limitare il potenziale
esistenziale dei soggetti → accompagnare i genitori nella
progettazione esistenziale
– far emergere i rischi di svalutazione della vita affettiva ed
emozionale dei soggetti in età di sviluppo
– offrire strumenti per gestire i problemi comunicativi e
conflittuali sia nella coppia e tra genitori e figli
– sottolineare la responsabilità educativa dei genitori nei
confronti dei bisogni dei figli

La pedagogia delle famiglie si realizza in alcune pratiche


educative e formative:
1. azioni educative e preventive per i genitori: - sostegno alla
genitorialità → formazione dei genitori; - educazione
familiare → azioni per armonizzare le relazioni tra i
genitori e tra tutti i componenti della famiglia
2. formazione e potenziamento delle competenze di tutti coloro
che hanno un mandato educativo e si relazionano con le
famiglie (educatori, insegnanti, pedagogisti)
3. alleanza educativa scuola/famiglia
4. supervisione, coordinamento, formazione di educatori
nell'educativa domiciliare, negli spazi protetti, nelle
comunità genitore bambino e nel seguire processi di minori
in affido.

Aspetti metodologici del sostegno alla genitorialità:


– definire gli obiettivi insiemi agli stessi protagonisti del
processo educativo, o almeno non indurli completamente
dall'esterno
– non definire in alcun modo modelli di genitori perfetti a cui
tendere
– rispetto e non giudizio delle specificità di ogni nucleo
familiare
– attenzione alle relazioni familiari MA ANCHE alle variabili
di contesto
– costruire un clima accettante, di ascolto, non giudicante e
improntato alla comunicazione ecologica

Anche i genitori, in quanto adulti, hanno bisogni specifici in


ambito formativo:

– conoscere il motivo per cui si trovano ad apprendere quella


cosa
– potere comprendere i benefici che trarranno
dall'apprendimento e le conseguenze negative del mancato
apprendimento
– bisogno psicologico di essere considerati e trattati come
soggetti capaci di autodirezione responsabili delle proprie
vite rispettando il concetto di se adulto
– dare il giusto rilievo alle risorse ricavate dall'esperienza

Nuove competenze per gestire il rapporto insegnanti – educatori:

– sguardo lucido, non pregiudiziale sui fenomeni


trasformativi degli ultimi decenni
– tenere presente che i fenomeni problematici sono il prodotto
di complessi meccanismi sociali che si “inceppano”,
piuttosto che causati totalmente dalla presunta
inadeguatezza di una generazione dei genitori
– arginare la prospettiva giudicante e colpevolizzante
– sostenere e potenziale la capacità dei genitori, offrendo
opportunità di partecipazione, riflessione e condivisione
– sostegno del gruppo pedagogico
CAPITOLO 5. Scenari ed alleanze educative

L'alleanza educativa è un rapporto collaborativo che prevede,


dunque, un accordo bilaterale, non solo un contratto (come ad es.
il patto di corresponsabilità educativa che i genitori possono o
meno accettare), in cui le parti stabiliscono i rispettivi diritti e
doveri, definiscono le loro reciproche obbligazioni, cercano di
trovare un punto di mediazione dei rispettivi interessi, idee,
obiettivi. É inoltre fondata sul rispetto dei confini dei ruoli, su
reciproca stima e fiducia e sulla consapevolezza
dell'interdipendenza positiva per giungere all'
→ integrazione: processo in cui soggetti diversi:

– comunicano in modo efficace, con apertura all'ascolto e al


confronto
– maturano senso di coesione e interdipendenza reciproca
– sono motivati a sforzarsi di accogliere il cambiamento,
decentrarsi sia cognitivamente che emotivamente,
sostengono la frustrazione che può derivare dall'incontro
con l'altro diverso da se
– stabiliscono obiettivi, regole, strategie condivise e comuni
– gestiscono eventuali divergenze, garantiscono la non
aggressione reciproca. Trovano punti di mediazione.
L'alleanza educativa è un processo dinamico e collettivo, e va
perseguita tramite: progettualità, intenzionalità, competenze,
condizioni di contesto, setting.

Per una buona alleanza educativa:


1. risorse adeguate → tempo, energie, strumenti, fondi...
2. stabilire i rispettivi diritti e doveri
3. considerare il contesto → aspetti culturali, condizioni
sociali, ecc..
4. conoscenza e gestione → aspettative e pregiudizio
5. stima e fiducia reciproca
6. condivisione di valori e obiettivi
7. garantire il rispetto dei ruoli

RISCHI dell'alleanza educativa

– incrementare il divario
– sostenere l'invasività genitoriale nella vita dei figli
– ottica adultocentrica
– ricerca di compiacimento e gratificazione
– confusione dei confini di ruolo
– leggere i fenomeni di dis – alleanza come feedback negativi
– “colonialismo” pedagogico
– effetto pigmalione o effetto Rosenthal (= forma di
suggestione psicologica per cui le persone tendono a
conformarsi all'immagine che altri individui hanno di loro,
sia essa un'immagine positiva che negativa

Il rischio maggiore è quello di incrementare il divario → un


genitore presente nella vita scolastica del figlio aumenta il
successo scolastico e il benessere generale in classe e nelle
relazioni sociali MA viceversa quando non accade diventa un
ulteriore ostacolo al successo sia scolastico che personale.
Attenzione però, mettere troppo al centro della scena educativa
la “presenza genitoriale” può comportare il rischio di alimentare
la marginalizzazione, ostacolando chi è già penalizzato .

Potrebbero piacerti anche