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PEDAGOGIA GENERALE RIASSUNTI MANUALE

PARTE PRIMA MANUALE


Un problema di classificazione
In questa prima parte si vanno ad analizzare dati risultanti da ricerche e classificazioni che
hanno come oggetto i nati dal 1996 al 2010, ovvero la così detta generazione Zeta, o
Igeneration.quando si ha a che vedere con delle classificazioni
sociodemografiche, è facile cadere in generalizzazioni. la generazione non è una massa: le
persone sono condizionate da simili variabili di natura economica e sociale, ma la biografia è
irripetibile e non generalizzabile. Quindi le analisi lasciano comunque aperte più piste di
interpretazione. Non tutte le persone mostrano tutti i parametri identificativi della stessa
generazione.
Dunque, le definizioni non sono neutre. La definizione Igeneration, di Twenge dal saggio
Iperconnessi vuole mettere in rilievo il legame di questa generazione con la tecnologia
digitale e con i cellulari. Gli adolescenti sono sempre più diversi tra loro, ma hanno in
comune il terreno della digitalizzazione e virtualizzazione del mondo.
La cultura di oggi è molto contraddittoria, è più difficile diventare grandi ed è facile che le
fragilità diventino disuguaglianze. Spesso le tensioni e le aspirazioni dei giovani sono portate
sul piano del dramma a causa dei contesti sociali e culturali di oggi.
Il marketing
L’interesse del marketing verso questa generazione è alto, come dimostrano varie ricerche:
essi sono capaci di influenzare le scelte di consumo dell’intero nucleo familiare. Gli
adolescenti sono quindi una sorta di influencer per genitori che vogliono sentirsi parte della
comunità giovane (utilizzando i loro servizi, mode, app, prodotti), o che non sanno ancora
ben gestire il modello digitale di interazione, e si arrendono ai nuovi linguaggi. Quindi i
mercati vogliono capire gli interessi della generazione. Il mercato vuole intercettare i nuovi
consumatori ma si afferma che essi siano molto impegnativi, molto selettivi e critici.
Secondo le indagini di mercato, gli adolescenti sarebbero: più ottimisti, altruisti e con
coefficiente d’intelligenza più elevato.
Le opportunità del web, li avrebbero resi più autonomi e consapevoli.
I dati rilevati dalle indagini di mercato, ci dicono che essi sono:
-visivi: il loro interesse è causato da una comunicazione visiva (attenzione cala dopo 8 sec).
Immediati: rifuggono da ridondanze, da ciò che è in più.
Interattivi: disposti ad interagire con aziende, rilasciando feedback
-pragmatici: Si fidano di influencer la cui immagine sembra autentica.
-indipendenti: preferiscono fare le cose da soli, crearsi autonomamente il lavoro, magari
legato al settore tecnologico.

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-flessibili: disponibili a contatti senza frontiere in termini di geografia, lingua, genere.
Rifuggono da pubblicità che possano essere razziste, omofobe o sessiste.
-cartacei: la maggior parte di essi, secondo le ricerche, non è titolare di un conto postale o
bancario
-protetti: hanno bisogno di privacy, tramite le password. usano password differenti e social
non molto utilizzati da adulti.
Unici: sono soggetti che nessuno riesce a capire, e non vogliono farsi capire.
Risultati di ricerche in ambito sociologico-psicologico e indipendenti dal mercato:
Ci mostrano risultati ed interpretazioni anche divergenti di una generazione potente e fragile,
competitiva e solidale, ottimista o ansiosa. Studi più importanti sull’argomento:
-Iperconnessi, Twenge.
-Rapporto Giovani 2017 e 2019, Istituto Toniolo.
I risultati di questi studi offrono discrepanze anche perché i territori in cui sono stati rilevati i
dati sono molto vari.
Nel progetto Generation Z (global citizenship survey) per Varkey Foundation, sono stati
intervistati oltre 20.000 giovani con le stesse domande da paesi in tutto il mondo, e ci sono
differenti interpretazioni sulla generazione. Nonostante questo, tra le evidenze che gli studi
hanno estrapolato dai dati, ci sono delle tendenze:
-sicuri di sé ed indipendenti: sono disposti a fare straordinari per avere un buon lavoro, a
trasferirsi altrove per lavoro, a raggiungere una sicurezza economica entro i 30 anni.
preferiscono fare impresa per conto proprio (mentalità imprenditoriale).
Sono pronti a vendere e vendersi sul mercato, producono merce e conoscenze che
divulgano tramite Instagram o YouTube.I tutorial di YouTube sono un mezzo grazie al quale
essi si sentono autodidatti e autosufficienti.
-ecologici e solidali: sono certi di poter riuscire a rendere migliori le sorti dell’ambiente ma
anche dei paesi in difficoltà.
-connessi: molti mostrano sintomi di disagio se allontanati dai social network, molti
preferiscono inviare messaggi che parlare, Nove su dieci praticano il second-screening
ovvero utilizzano due dispositivi contemporaneamente (guardano la tv usando il cellulare).
L’aforisma è la loro forma comunicativa per eccellenza, rapida e visuale: è scartato tutto ciò
che richiede tempo.
Gli adolescenti italiani sono contrariamenti a quelli americani disinteressati alle relazioni
virtuali e preferiscono l’interazione faccia a faccia.
-soddisfatti dei genitori: dai report emerge che più della metà delle ragazze prende a
modello la propria madre, e che le comunicazioni in ambito familiare siano positive.
Ritengono di ricevere sostegno e aiuto morale dalle famiglie nonostante le madri siano
sovraccariche di una maternità psicologica pesante.

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-iper-protetti: sono protetti in famiglia, e ricercano tale protezione in vari ambiti della loro
vita e in ogni esperienza.
-soddisfatti di sé stessi: non si vergognano dei propri errori, in realtà al passaggio alle
scuole superiori aumenta il malessere, l’autostima cala: si interrogano avendo un contatto
più ampio con il mondo.
-pluralisti: generazione in cui vari gruppi etnici coesistono senza una dominanza dell’uno
sull’altro.
-genderless: vi è un’apertura sempre maggiore nei confronti della comunità LGBT. Secondo
loro è la fine dei pregiudizi legati a razza, credo e sesso a determinare l’unione dei popoli. La
maggior parte di essi è per la parità di diritti uomo-donna e per le persone transessuali.
Mentre in Italia assistiamo ad uno scenario un po’ diverso: siamo più conservatori nei
confronti di matrimoni omosessuali, legalizzazione cannabis, diritti dei transessuali.
Sistema formativo, burn out degli insegnanti:
Relazione nuova generazione-docenti.
Le condizioni del docente sembrano peggiorare dal punto di vista dello stress, dell’ansia, e
della depressione, e questo è strettamente collegato con le caratteristiche della nuova
generazione. L’insieme dei disagi propri del docente (disagi psicologici che sfociano poi
anche in disagi fisici) viene chiamato con l’acronimo DMP (disagio mentale da professione)
o burn-out. I casi di burn-out sono in aumento (in una ricerca su 1500 docenti, il 67%
afferma di soffrirne).
Ci sono altri fattori che rendono la condizione del docente stressante: carenza di
attrezzature, burocrazia,scarso prestigio sociale. I casi di alunni e classi difficili crescono e i
docenti si trovano a dover gestire condizioni particolari lavorative senza il supporto di gruppi
di ascolto o il servizio di uno psicologo.
Altro fattore importante: sono aumentate le competenze richieste all’insegnante. non solo
devono avere una preparazione psico-pedagogica e didattica, ma anche saper assolvere
doveri burocratici e rincorre gli studenti sul piano delle nuove tecnologie. Le modalità
educative degli insegnanti sono all’altezza delle situazioni complesse, ma nonostante le loro
capacità la relazione educativa è
difficile. Oggi infatti gli studenti possono entrare in contatto con materiali sempre più diffusi
(causa tecnologia): è tutto accessibile a tutti che, però, non aiuta gli attori a costruirsi e a
costruire cultura tramite strumenti utili, perché i dati sono già tutti lì.
La separazione intergenerazionale causa ovviamente complessità da sempre, a causa dei
nuovi linguaggi che si stabiliscono tra adolescenti-adulti ed altre componenti. Nel caso della
Generazione Zeta però, questa separazione ha portato anche nelle relazioni formative
problematiche più profonde.

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La relazione formativa è spesso connotata da insofferenza, i docenti sono disorientati.
Secondo varie indagini, nonostante gli adolescenti facciano largo uso di tecnologie non ci
sono miglioramenti in capacità che avrebbero potuto in realtà svilupparsi: miglioramento
nella lettura, di calcolo, o competenze di uso tecnologico.
Gli adolescenti di oggi, sarebbero caratterizzati da una scarsa attenzione, veloce perdita di
interesse, mancata concentrazione, disregolazione delle emozioni.
Gli insegnanti non condividono né il linguaggio (cosa sempre accaduta tra relazioni
intergenerazionali), ma nemmeno gli strumenti (vivono in mondi diversi).
Per questo, per l’insegnante è sempre difficile divenire il leader di una generazione che
segue influencer (che ha il pregio della multicanalità, rapidità, effetto).
Il vivere dei giovani nel mondo digitale.
In un mondo in cui il confine tra reale e digitale è sempre più labile, anche il nostro cervello
va modificandosi sulla base di agenti esterni. Il cervello è in un dialogo continuo tra esterno
ed interno e modifica la sua struttura sulla base di fattori esterni ed interni →
neuroplasticità, la mente si modifica sulla base del contesto in cui
si muove e agisce.
Fenomeno di protesizzazione: separarsi dallo smartphone è come l’amputazione di un
arto. In questo vivere digitale, nell’infosfera, lo sguardo è sostituito dallo scrolling, lo schermo
rappresenta la realtà del mondo, una realtà diversa dal gioco della vita: basti pensare che
l’alterità è eliminabile con un click, è controllabile.
Tramite la connessione essi stabiliscono, formano la loro identità in base a indici di
appetibilità e visibilità.
È proprio all’interno di questa infosfera che i circuiti celebrali si rimodellano, ci sono persone
che soffrono di disturbi del comportamento, aggressività, e le loro competenze affettive e
socio-relazionali sono messe a rischio.
Smartphone, tablet, computer emettono radiofrequenze-> alterano le funzioni sensoriali,
le criticità di ansia, depressione, dipendenza, calo di attenzione…etc.
Dipendenza: l’approvazione sociale tramite likes, stimola il circuito cerebrale della
ricompensa.
La dipendenza da internet produce variazioni cerebrali simili alla dipendenza da alcool,
alcune zone del cervello (ippocampo, amigdala) sono ridotte.
Ritmo sonno-veglia: la luce del medium invia segnali stimolanti al cervello e interferisce
con il sonno.
Iperattività, problemi di attenzione: l’attenzione è più diffusa, ma sembra essere più
debole. Studi dimostrano che quando ci si concentra su un solo compito, i lati destro e
sinistro della corteccia prefrontale del cervello lavorano insieme, mentre ciò non succede
quando si lavora su vari compiti allo stesso tempo.

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Tempo e spazio: il tempo si riduce nel mondo del digitale, in quanto i ritmi della vita sono
accelerati. Anche lo spazio si restringe, nel digitale le distanze si riducono.
La memoria: anche la memoria è esternalizzata, perché sempre più informazioni da
conservare sono affidate agli smartphone e pc.
Vivono nel presente: sono incapaci di pensare ad un dopo rispetto al presente, di
ammettere e affrontare angosce. Questo è in parte dovuto alla gratificazione immediata che
ricevono dal mondo digitale.
Scrittura a mano libera e digitazione: nella scrittura a mano libera ogni segno grafico è un
movimento che il corpo compie per ottenerlo, che genera connessioni più complesse e
stabili e una maggiore memoria, (digitazione= semplificazione) favorisce la scrittura di testi
più lunghi .
L’influencer:
È una figura attorno alla quale dal 2017 è cresciuto molto il giro di affari. L’influencer legato
al marketing è un personaggio pubblico che viene pagato da varie aziende per influenzare il
comportamento e le scelte commerciali di acquisto degli utenti, condividendo ogni giorno
momenti di vita con i suoi seguaci. È una sorta di amico- consigliere o almeno, recita questa
parte. La fiducia in un influencer piuttosto che un altro dipende non tanto dalle sue
conoscenze e competenze, quanto più dalla visibilità. La credibilità di un influencer sta nel
suo essere neutro/a rispetto ai marchi L’influencer ha un impatto persuasivo nei confronti di
una generazione che diffida dalla tradizionale pubblicità.
Grazie allo smartphone il pensiero desiderante di un utente è più forte. L’influencer ha così
un forte impatto nelle generazioni soprattutto perché abbraccia i bisogni maggiori: autenticità
ed appartenenza. Essendo l’influencer una persona reale, non un attore, gli adolescenti vi si
immedesimano, credendo di conoscerlo/a.
Gli influencer sono scelti dalle agenzie sulla base di vari criteri, come le sue competenze
sulla base del settore del prodotto, la personalità legata al messaggio che una particolare
agenzia vuole far passare o il marchio da sponsorizzare. L’agenzia guida e controlla
l’influencer, decide il come e il quando dei post sponsorizzati.
Quando si parla di influencer non ci si riferisce solo al lusso, consumo, e ostentazione: ci
sono influencer che non hanno nulla a che vedere con il marketing e vogliono ad esempio
far conoscere delle pratiche (ex. Yoga, meditazione), o preservare un’arte. Dunque, hanno in
comune solo il mezzo usato.
Il malessere di oggi
Ovviamente il modo di essere degli adolescenti è una risposta alle modificazioni culturali e
della società di oggi. Nonostante la fame dell’altro, si affermano sempre di più socialmente
l’indipendenza, l’autonomia, l’importanza del bastare a sé stessi.

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Narcisismo: la diffusione di personalità narcisistiche sembra crescere sempre di più nel
mondo occidentale, probabilmente proprio a causa della società dei consumi, tanto che nel
2011 il narcisismo fu eliminato dal manuale dei disturbi mentali, e fu presa in considerazione
la sua normalizzazione.
Il narcisismo viene normalizzato, è una sorta di paradigma della condizione umana dei nostri
tempi. La letteratura psicoanalitica, ci ha permesso di riflettere sull’ampia diffusione di
disturbi della personalità, che dobbiamo considerare come evoluzioni culturali, adattamenti
agli ambienti sociali ed affettivi.
Il narcisismo sembrerebbe il modo per affrontare le difficoltà che abbiamo nell’essere noi
stessi in contesti sociali che minano la nostra identità. È una autodifesa. Il rischio di
umiliazione e fallimento ci porta ad assumere un atteggiamento di disimpegno emotivo, ci
si tiene fuori.
Lo sfruttamento dell’altro lo si ritrova in molteplici aspetti della realtà odierna, nella politica
dei tweet ci illudiamo di partecipare, ma in realtà ci confondiamo tra i milioni di commenti. Lo
sfruttamento dell’altro si nasconde anche dietro ai social network, in cui gli altri sono
strumento di gratificazione, inoltre si tratta di una realtà in cui siamo disinteressati nel
costruire relazioni di reciprocità, ma siamo dipendenti di una realtà illusoria falsamente
magnifica.
Viviamo in una società in cui vige la convinzione che ognuno si salva da solo, ma
ricerchiamo continuamente beni che soddisfino il nostro vuoto affamato (causa
consumismo): tutto questo altera la percezione del sé e del mondo circostante.
La cultura del consumo non è dominata dalle cose ma dalle fantasie, il consumatore
esiste in un mondo che ha lo scopo di frustrare i suoi desideri.
Società contraddittoria, in cui anche l’arte è diventata consumo e solo la tecnologia è
produttiva- > si deve riavviare la società sotto un sistema differente, di valori.
Le cause di questo disfacimento sarebbero secondo alcune ipotesi la mancanza di valori
forti, il crollo dell’autorità, la crisi dei ruoli.
Fin da bambini gli adolescenti di oggi sono stati abituati, e calmati attraverso schermi, ad
esempio quando piangevano, le loro emozioni sono state soffocate tramite la
somministrazione di uno schermo di smartphone, le loro emozioni sono state dissociate
attraverso il digitale. Dunque, le loro sensazioni ed emozioni dissociate si sono tramutate
in disagio.
Gli spazi della socializzazione spontanea sono stati sostituiti dai social, dai giochi virtuali, dai
blog, in cui non si ha un vero è proprio atto comunicativo.
Non vi è un dialogo, non ci insegna a mettere in discussione le nostre opinioni, anzi ci
facciamo un’opinione su questioni già definite rilevanti da altre persone.

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Uso dell’aforisma: gli adolescenti oggi comunicano per aforismi, brevi, chiusi in sé stessi,
ostacolano l’incontro e la negoziazione, sono enunciati brevi che sembrano fornire punti di
riferimento certi.
De-storicizzazione di massa e spazializzazione del tempo: caratterizzano la nostra
epoca.
non siamo capaci di costruire un piano di realtà condivisibile, la capacità di prefigurare
percorsi, perché ci siamo abbandonati ad esperienze precarie prontamente accessibili.
Abbiamo abbandonato il presente come campo di infinite possibilità.
Tempo: Non esiste più l’immagine del tempo che scorre uniforme attraverso il presente e il
futuro, è legato alle cose che accadono, soggetto alle fluttuazioni dello spazio, si mescola
con esso. Il tempo post-moderno non è utile per studiare le strutture generali del mondo, ma
è il nostro modo di vedere le cose, i fenomeni non sono più ordinati dal tempo con il suo
ritmo.
PARTE SECONDA: DOVE NON C’E’ PAROLA PARLA IL CORPO
Il periodo che stiamo vivendo è caratterizzato da una forte crisi di certezze e ordine. È
un’epoca di trasformazione della percezione del corpo, della sessualità, dell’affettività e
dell’identità. In cui ci sono frammentazioni delle pratiche sociali e politiche.
Il corpo partecipa simultaneamente ed interattivamente alla formazione delle strutture
funzionali della mente, e all’elaborazione dei sentimenti. Le esperienze dei giovani
adolescenti però, hanno perso corporeità, in spessore spazio-temporale, quindi il corpo non
può garantire coerenza identitaria, e non riesce ad inserirsi in un nuovo sistema di valori
che possa garantire un senso alla sua fluidità.
Fluidità di genere:
I dati dei report nazionali e transnazionali ci riportano l’immagine di una generazione fluida:
che rifugge da ogni etichettatura, ma soprattutto ritengono che il genere non sia una
categoria adatta a definire una persona. Molti adolescenti ritengono di aver cambiato nel
corso della vita o che possa succedere orientamento sessuale e identità di genere.
Ovviamente la tendenza ha portato ad una riorganizzazione anche nelle produzioni, vari
marchi hanno lanciato collezioni no gender, a New York è stato aperto il primo negozio
gender neutral. Sono state anche create delle fragranze gender-fluid. Nella formazione di
un’identità di genere interagiscono le differenze sessuali, ormonali insieme alle
componenti culturali, che rinforzano l’identità di genere, e trasmettono quindi significati
condivisi culturali. Queste agenzie formative sono la scuola, la famiglia, il gruppo dei pari, i
media. Si denuncia il fatto che ogni individuo che nasce debba avere la possibilità di
svilupparsi autonomamente, ed indipendentemente dal sesso.

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Formazione identità di genere= differenze sessuali + agenzie formative che trasmettono
cultura.
Se da una parte la sperimentazione del sé è importante per comprendere la propria verità, e
costruire la propria identità, (quando la funzione degli affetti primari è stata soddisfacente),
da un’altra parte la fluidità di genere può essere causa di affetti primari non significativi
(assenza fisica, o mancanza di autorita del genitore di uno stesso sesso, dunque
l’adolescente non si è identificato in esso, e prova affinita per il genitore del sesso opposto).
Sarebbe quindi la fluidità una maturazione mancata a causa di mancamenti negli affetti
primari.
Gli adolescenti fluidi che rifiutano la differenza sessuale, sono coloro che si trovano a
confrontarsi con l’alterità dell’era del post-umano.
La sensibilità degli adolescenti incontra una teoria: la teoria queer.
La teoria Queer: il soggetto è libero da identificazioni di sesso e di genere, e può essere
restituito <<all’eros bisessuale originario, represso dalla cultura strumentalista>>. Il
nomadismo come condizione esistenziale contribuisce allo spostamento delle categorie fisse
e binarie nel contesto identitario.
Nomadismo da intendere come una condizione esistenziale, che struttura le identità
attraverso la molteplicità e il divenire. I corpi non sono pensati e vissuti nei termini della
differenza sessuale. I corpi,secondo la Teoria Queer, sono elementi modificati e costruiti
dalla cultura tramite il linguaggio, l’educazione, la medicina, le leggi, la religione. La
resistenza alle norme sociali di genere nella teoria queer non avviene in termini di
esclusione, ma di eccezione, quindi la resistenza queer non deve essere esterna alla norma.
È una resistenza interna.
Oggi per farsi accettare si deve rispettare il sistema di norme che sottolineano le differenze
tra uomo e donna. Si tratta di riferimenti simbolico- linguistico-culturali che si sono
cristallizzati in una realtà in mutamento, veloce e incerta.
La generazione del disagio:
molti dati di report di adolescenti ci descrivono questi ultimi come non conflittuali, basti
pensare al termine più utilizzato dagli adolescenti stessi per descrivere le loro stesse
condizioni, stati d’animo ed esperienze: il disagio.
La generazione di adolescenti in questione ha sviluppato una forte autonomia che nasconde
una fame di emozioni e corporeità, che viene gridata da essi tramite psicopatologie: ansia
disfunzionale, alta vulnerabilità alle informazioni, autolesionismo. Forse questi fenomeni
siano espressioni nuove per disagi già esistenti, o siano sintomi psichici propri dei nostri
tempi. Le patologie sono la voce di legami affettivi sotto attacco, che ci costringono a dare
voce a sintomi fisici dal momento che si è incapaci a riconoscere e dare spiegazioni alle
emozioni→ di conseguenza il fisico esprime ciò che non viene ascoltato.

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Adolescenti ed emozioni
Neutralità emotiva: gli adolescenti di oggi ne sono gli esponenti per eccellenza.
il sistema emozionale quello che traduce il flusso di coscienza in valori e sistema di base
delle nostre funzioni cognitive e di per se funziona più lentamente rispetto al
sistema che fornisce i dati da tradurre. Ai dati non viene fornita una base emozionale a
causa della velocizzazione delle funzioni cognitive, a sua volta a causa di una velocità del
mondo contemporaneo.
Si rischiano così danni dal punto di vista etico e psichico.
L’autonomia degli adolescenti come un filtro per le emozioni:
l’autonomia degli adolescenti è anche interpretata come un’abolizione di ogni relazione, una
strategia per neutralizzare l’incertezza attraverso un presunto controllo. Come se la
relazione con l’altro fosse un limite penalizzante e non come una condizione del loro
sviluppo.
Alessitimia: ridotta consapevolezza emotiva, incapacità di riconoscere le proprie emozioni,
di conseguenza anche di esprimerle: analfabetismo emotivo. Al giorno d’oggi è un disturbo
diffuso, e viene visto come la causa di una cultura incapace di farci acquisire delle mappe
cognitivo-emotive su cui l’esperienza è elaborata.
Ipotesi che nasce sulla base di dati riguardanti alcuni aspetti degli adolescenti: il rifiuto alla
trasgressione, il disagio, la diffusione dell’ansia, a alcuni comportamenti a rischio.
1) Trasgressione: gli adolescenti di oggi sono meno inclini alla trasgressione (consumo di
alcool è diminuito così come quello di altre sostanze stupefacenti o considerate dannose,
come anche il tabacco). sono educati a riconoscere il pericolo. Tutto questo è positivo? In
realtà la trasgressione, come ribellione, ha una funzione importante ed è una tappa per
diventare adulti. La ribellione serve per una crescita. Se trasgredire significa crescere, allora
pare che gli adolescenti di oggi non siano interessati, o non abbiano le possibilità per farlo.
Rinuncia alla trasgressione= dichiarazione di un’impreparazione all’adultità (secondo
Twenge).
2) Ansia: molti rapporti ci confermano che gli adolescenti di oggi soffrono di ansia patologica
L’87% di essi dichiara di sentirsi spesso ansioso, e si tratta di un malessere che sfinisce e
paralizza. Oltre all’ansia c’è anche l’insoddisfazione degli adolescenti nei confronti del loro
aspetto fisico, questo li costringe a modificare foto da postare, che possono indurre il ritiro
sociale e la paura del costante giudizio altrui.
Secondo molti, il disorientamento emotivo degli adolescenti è dovuto al clima di insicurezza
mondiale sperimentato nella nostra epoca da attacchi terroristici, stragi, crisi economiche, e
gli adolescenti di oggi sono più fragili. Hanno perso il controllo cognitivo delle loro emozioni
e sono privati di mezzi per la costruzione di un senso del sé coerente:i genitori sono

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sovraccarichi di ruoli e sono concentrati sulla loro autorealizzazione, dunque gli adolescenti
cercano un’identificazione nel gruppo dei pari. Nella nostra società non si è più abituati
all’accettazione del fallimento, è una società della soddisfazione immediata.
3) Disagio: è una condizione che si manifesta a causa di uno squilibrio tra i nostri bisogni e
le risorse esterne disponibili. Nel caso della nostra generazione, sono numerosi i casi in cui
questo disagio finisce radicalizzandosi in un vero disadattamento patologico, soprattutto nei
soggetti più fragili che porta isolamento o aggressività, spesso inoltre si tende al rifugio nel
passato, ci si innamora di ricordi che non ci appartengono direttamente, e si ha bisogno di
rassicurazione.
4) Comportamenti a rischio: negli adolescenti sono in crescita (sia che si tratti di
aggressività, depressione o autolesionismo). l’età dei disturbi comportamentali si è
abbassata alla soglia di 8 anni in cui emergono patologie, disturbi del comportamento o della
personalità. Quali sono questi comportamenti a rischio? Si tratta di comportamenti che
possono compromettere il benessere fisico, psicologico, sociale di un soggetto: abuso di
sostanze, comportamento sessuale non protetto, guida spericolata, autolesionismo. Che
senso possiamo dare ai comportamenti a rischio? il soggetto invece di rispondere in modo
consapevole, utilizza strategie di fronteggiamento inconsapevole e cerca di negare il disagio.
Cosa rinforza i comportamenti a rischio? Ottimismo irrealistico: è una distorsione cognitiva
dell’età adolescenziale in cui si sottostima il rischio di un’azione, scarsa consapevolezza del
rischio. Ricerca di sensazioni: nei nuovi adolescenti è più alta la soglia di percezione delle
sensazioni (anche a causa delle mutazioni indotte dal digitale) e dunque sono necessarie
sensazioni forti e più eccitanti. L’impulsività e la spavalderia, caratteristiche proprie
nell’adottare alcuni comportamenti a rischio, rappresentano una incapacità nell’appartenere,
in senso personale e culturale, che ci ha privato anche della capacità di creare legami.
Anche la dimensione virtuale contribuisce alla dis-percezione del rischio.
Dimensione eticamente neutra= maggiori comportamenti a rischio.
I comportamenti a rischio si dividono in:
-internalizzati: ex. Autolesionismo (danneggiamento del proprio corpo con attacchi
intenzionali e consapevoli), in solitudine.
-esternalizzati: per contenere tutti i tipi di emozione anche le positive, spesso con la
presenza del gruppo dei pari.
Autolesionismo: È una psicopatologia in crescita tra gli adolescenti, ed è letta come
l’espressione di un’educazione di difesa dal legame con cui sono stati cresciuti, di
perversioni sociali e relazionali. Il 42% tra i 13 e 22 anni mette in atto condotte
autolesioniste, è un numero in crescita.
Fuori da queste comunità virtuali condivise, l’autolesionismo è condannato nella società, è
considerato una pratica moralmente riprovevole, e non è accettato, a differenze di altre

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pratiche, di radice religiosa o culturale che però includono una modificazione anche cruenta
del corpo. Anche il tattoo consiste in una modificazione corporea, non distruttiva ovviamente,
il tema dell’autolesionismo viene spesso censurato, o comunque non citato. Gli autolesionisti
quindi non solo si portano dentro le loro stesse sofferenze ma anche il timore sociale: in
molti casi vengono addirittura esclusi da alcune attività, o pratiche anche scolastiche.
Precedenti interpretazioni: a lungo si è pensato che i comportamenti autolesivi fossero la
conseguenza di abusi sessuali in età infantile, o un modo per poter attirare l’attenzione.
I dati recenti: l’abuso sessuale è un fattore trascurabile, i comportamenti autolesivi
assolvono differenti funzioni: autopunizione, ricerca di autonomia, ricerca di sensazioni. È
una strategia di regolazione emotiva. Le ricerche che affermano questo hanno avuto a che
fare con moltissimi adolescenti caratterizzati da vulnerabilità emotiva , e un deficit di abilità
nella regolazione delle emozioni.
Oggi la dis-regolazione emotiva è maggiore (in generale negli adolescenti di oggi): i nuovi
adolescenti sono cresciuti in mondi di relazione alterati, in identità disincarnate, e quindi
sono più incline alla disregolazione emotiva. L’alto tasso di analfabetismo emotivo lo
conferma.
Autolesionismo in queste ricerche è quindi visto come una delle tre strategie di Coping,
ovviamente disadattiva. Ovvero come il modo di rispondere alla gestione delle emozioni e
dei fattori stressanti.
Coping sociale e attivo (lavorare con successo, realizzarsi, attività fisica, relazionarsi con
amicizie concrete e reali), ricerca di soluzioni esterne, e coping non produttivi.
I soggetti autolesionisti si chiudono nella sfera del privato, si separano dal mondo.
Legame tra pelle e storia del sé: quando non ci sono condizioni di sicurezza, la pelle
diventa il contenitore delle sofferenze, le sofferenze vengono trascritte sulla pelle attraverso
una scrittura senza parole.
Le condotte autolesive sono atti comunicativi paradossali per i seguenti motivi:
-non è previsto un destinatario del messaggio
- Il soggetto non può rendere noto il contenuto del messaggio che invia
Con questi messaggi vuole attivare l'altro, ma questo metodo di attivazione rende
impossibile il contatto con l'altro.L’autolesionista esprime sulla sua pelle attraverso un
linguaggio presimbolico anche nei tatuaggi, che hanno una duplice funzione: bisogno di
rappresentare dei passaggi importanti della vita, ed il bisogno di autodefinirsi e
autodeterminarsi di fronte al mondo.
Autolesionismo come una ribellione contro la cultura del corpo:
è possibile leggere nelle condotte (comportamenti) autolesionisti degli adolescenti una
protesta di identità che si ribellano a pressioni sociali e culturali mediate da ideali di bellezza
ipersessualizzati in cui il corpo è orientato alla prestazione, il corpo pornografico non è

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persona ma è frammentato ed esposto (in mostra). C’è un attacco al culto del corpo
veicolato dalla nostra cultura in cui si obbedisce a modelli imposti e in cui i tagli della
chirurgia estetica sono ben accetti.
La cultura dell’estetica alimenta l’idea che non ci sia un limite alla trasformabilità del corpo,
rappresentato come un oggetto scisso. La paura degli adolescenti di non essere accettati e
amati è cresciuta, e anche la percezione del rifiuto, inoltre gli adolescenti hanno una
tendenza di insensibilità nei confronti dei legami d’amore, negano la dipendenza (negano la
dipendenza in termini di estremo controllo dell’altro e di sé) e affermano la loro
invulnerabilità. Le condotte autolesive sono in questo caso ritenute un controllo non tanto
uno sfogo di sofferenza, un modo per raggiungere l’insensibilità corporea e una ricerca
dell’invulnerabilità.
Autolesionismo come organizzatore del mondo interno dell’adolescente.
ci sono due strategie possibili per mantenere l’attaccamento con il contesto deludente:
-Evitamento: rifiuto dell’altro con la distanza, l’assenza di coinvolgimento
-Adesione patologica: consiste nell’attivazione di un attaccamento eccessivo nel tentativo
di orientare l’attenzione su di sé.
L’autolesionismo dunque è un meccanismo di difesa, ma in generale è una modalità
difensiva di difesa dal legame. Difesa dal legame è la vocazione della nostra epoca, una
sofferenza del mondo esterno, vi è una rinuncia e paura della sua scoperta da parte
dell’adolescente, che vuole affermare la sua propria autonomia, è incapace anche nel
trovare il se stesso da interrogare.
Adolescenza chiama formazione:
Così come il ruolo dell'insegnante, anche il ruolo dello psicoterapeuta è improntato verso un
processo e mette in evidenza i progressi del paziente o dell'allievo, sia nella psicoterapia che
nella educazione si deve lavorare con ciò che si ha (parallelismo psicoterapeuta ed
insegnante).
Nel contesto didattico, infatti ci si è resi conto che il problema non è la tecnologia in sé, ma il
problema è la necessità di istruire ed educare agli strumenti digitali; quindi la questione di
fondo è comprendere quali siano le strategie necessarie affinché la didattica in presenza
possa essere produttiva sostenendo i bisogni impliciti e le richieste esplicite degli studenti.
Ciò che si deve fare è: ripensare profondamente le azioni istituzionali che hanno portato
(in nome di una democratizzazione della scuola) un'idea di educazione democratica falsa in
cui si vanno a semplificare i saperi e si elimina la fatica di imparare.
Rivoluzione nell’ambito scolastico:
Già nel secolo scorso si era intravista una prospettiva con lo scopo di ristrutturare
percorsi, metodi e tecniche, in quanto la crisi d'identità della scuola come istituzione
pubblica cominciava a suggerire queste necessità. Sono le caratteristiche di questa

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generazione che devono indirizzare la nostra riflessione verso un cambiamento all'interno
del sistema scolastico e più in generale della formazione, in quanto gli adolescenti non
partecipano all'apprendimento, ma lo subiscono e non riescono a soddisfare quei tre bisogni
fondamentali che sono correlati alla motivazione e all’apprendimento.I tre bisogni
fondamentali sono: il bisogno di autodeterminazione, il bisogno di relazione, il bisogno di
competenza.
Neutralità dell’educazione: È stato realizzato che l'educazione neutra non esiste in quanto
essa è caratterizzata per forza da un’ideologia: dunque l’ideologicità dell'educazione è un
dato fattuale (in quanto l'educazione risponde a dei bisogni religiose e anche alle
giustificazioni politiche).
Di conseguenza, c'è stato il tentativo di ricercatori di aggirare questa ideologicità, che era
interpretata come una debolezza, affiancando un altro tipo di ricerca più focalizzata sui
momenti tecnici. Questo tipo di risposta all’esigenza di ripensare il sapere pedagogico ha
portato l’attenzione alle tecniche, ma ha voluto dire tornare a sottovalutare di cogliere gli
aspetti di natura emotiva, affettiva e cognitiva. Si tratta soltanto di un progresso apparente,
in quanto si tenta di abbandonare l'improvvisazione e di guadagnare in scientificità, ma
facendo questo si è messa da parte la fiducia degli insegnanti in sé stessi.
Conseguenze di questo cambiamento nel panorama educativo: La natura del lavoro
dell'insegnante è più strettamente controllata e i programmi sono più precisamente definiti. il
lavoro inoltre è aumentato e intensificato: le richieste sono sempre più numerose in classi
sempre più piene. Inoltre, le politiche hanno messo l'accento sull’accountability (assunzione
di responsabilità), in cui si devono innalzare e definire degli standard scolastici e di
successo degli allievi.
Però è difficile pensare di alzare gli standard scolastici senza aver prima recuperato il
principio di generatività dell'educazione. Si basa però sulle norme del mondo del lavoro, in
cui la scuola funziona per il grande profitto dai meglio piazzati ed è meglio informati. In
questo panorama, si svalutano le competenze pedagogiche professionali degli insegnanti; il
contesto scolastico è un contesto esternalizzato ed è stato definito “il contesto
dell'esteriore”, il sistema formativo formale è sempre più esteriorizzato ed i programmi
sono sempre più prescrittivi e tutto ciò va in contrasto con il fatto che gli studenti studino in
testi scolastici livellati verso il basso, studiano tramite mappe concettuali e riassunti
scheletrici. Le mappe concettuali sono uno strumento già esaustivo e già elaborato da altri.
A questo orientamento istituzionale si oppone la visione pedagogica condivisa dagli
insegnanti (in ragione della loro formazione iniziale e della loro esperienza) che vede
l'educazione e la scolarizzazione come un processo interattivo sociale in cui gli insegnanti
sono chiamati a svolgere anche un ruolo affettivo sociale per sostenere l'apprendimento
degli allievi.

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Secondo la maggior parte dell'insegnante, infatti, il fatto di arroccarsi sulla dimensione più
tecnica dell’apprendimento o utilizzare dispositivi pedagogici come quelli del mercato (quindi
simili a quelli dell’intrattenimento) non è molto funzionale. Gli studenti infatti, non si
aspettano di trovare risposte ai loro bisogni di autodeterminazione nel sistema formativo
formale e pensano appunto di trovare la loro formazione altrove, anzi loro si posano senza
nessuna fiducia nei banchi di scuola.
La pedagogia come disciplina ambivalente
Si dice che la pedagogia è la tecnologia dell’educazione, nel senso di una tecnologia politica
del corpo, dello spazio, del tempo e delle attività, quindi riguarda il modo in cui sono
costruite le aule e anche disposti gli orari. E un insieme di strategie con cui viene
organizzata e disciplinata una moltitudine di individui nelle scuole, con cui ci si impadronisce
della verità del singolo attraverso l'educazione, il dispositivo pedagogico può produrre dei
nuovi campi di esperienza e arricchire l'esperienza di significati nuovi (sul piano affettivo,
emotivo e cognitivo).
Sistema formativo informale e formale: ruoli capovolti
Per quanto riguarda il sistema formativo informale, le sue caratteristiche oggi alimentano
l'illusione di autonomia e governabilità di sé negli adolescenti: illude gli studenti di una loro
autonomia. Questo è dovuto alle caratteristiche più amichevoli delle tecnologie, all’
incapacità del sistema formale di produrre delle possibilità esistenziali. Infatti, gli
adolescenti di oggi pensano e sono convinti del fatto di aver imparato quasi tutto fuori dalla
scuola
La svalutazione del sistema formativo formale porta gli adolescenti a formarsi più tramite
tecnologie che in realtà sono massificanti e asservite agli interessi economici e politici.
Questo contesto informale utilizza la scienza e la tecnica per accantonare (=sospendere)
ogni attrezzatura legata ad un lavoro autonomo e creativo, invece di creare strumenti per poi
stabilire delle norme di impiego e garantire un’incessante ricreazione della persona, del
gruppo dell'ambiente.
L’attacco al docente:
Nel contesto formale si è affacciato sempre di più il fenomeno che denuncia
un’insofferenza nei confronti delle regole e delle funzioni istituzionali ed educative ovvero
l'attacco al docente nello svolgimento delle sue attività. è vero che l’attacco al docente sta a
significare un’insofferenza nei confronti della cultura, della fatica di imparare, nelle
competenze spesso non riconosciute, che l’insegnante rappresenta.
2)Il bisogno di relazione e di coinvolgimento nella vita comunitaria.
Gli adolescenti sembrano non riconoscere l’esperienza scolastica come comunitaria. Come
risposta a ciò basti prendere in considerazione la saga di Harry Potter, amata da molti
adolescenti, che ci fa capire il loro bisogno inespresso di collaborare con gli altri in modo

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significativo e unitario e impone una riflessione alle routine corrette che sono sempre meno
sufficienti a garantire una buona gestione della classe e agli adolescenti un percorso
formativo che possa rispondere ai loro bisogni.
Il bisogno di competenza:è la necessità di percepirsi come un soggetto di valore, in grado
di affrontare i compiti dell’apprendimento, con fiducia nelle proprie potenzialità. Molto spesso
la sfrontatezza degli adolescenti non ci porta a riflettere sulla fiducia che essi possano o non
avere nelle loro potenzialità.
Nell’apprendimento molte cose sono cambiate:
- oggi vige l’etica dell’immediatezza, rispetto ai tempi lunghi dell’apprendimento che
viene veramente interiorizzato;
- la forte presenza di connessioni, ci fa pensare che il ricorso alla formazione sia
insensato.
Infatti anche il contesto formativo ha impoverito il significato di “competenza”, che è stato
sradicato dal concetto di definizione del sé e formazione dell’identità. La nostra cultura ha
snaturato la scuola in azienda, e per questo si deve ricordare oggi la vocazione umanistica
della formazione. L’umanesimo della formazione permette la singolarizzazione del sapere
contro il suo appiattimento, contribuisce a creare un futuro in cui la tecnologia possa essere
usata per emancipare l’umanità, contro gli usi improduttivi del tecno capitalismo globale.
La vocazione umanistica della formazione non rigetta gli strumenti digitali, anzi ne valorizza
le potenzialità per capire sistemi complessi, sono dei mediatori cognitivi per agire nella
complessità del mondo.
La convinzione di potercela fare è presente negli adolescenti di oggi, è assente il SE. Perché
è assente questo Se condizionale? Gli adolescenti sono stati illusi dal mondo mediatico, ma
anche in famiglia o nella scuola stessa, che tutto il mondo è accessibile, a portata di mano
tramite il tecnomondo. Questa illusa convinzione di una onniscienza digitale, da una parte
porta sfiducia nella formazione ma rende anche superficiale l’uso che i giovani fanno delle
tecnologie.
La competenza è caratterizzata da tre elementi costitutivi: il saper fare, il sapere, il saper
essere. I giovani di oggi sembrano considerare solo il saper fare in nome di una presunta
efficienza, che trascura dei fenomeni del nostro universo emotivo, e non lascia spazio al
desiderio. Se al giorno d’oggi, ci viene offerta la possibilità di integrare l’intelligenza umana
con quella digitale, questo è positivo dal punto di vista medico, ma non deve andare
oltremondo in cui siamo schiavi e controllati.
Le competenze devono essere sviluppate anche sulla base di quelli che saranno i futuri
lavori che porranno sempre più l’attenzione sulle soft skills (competenze legate allo sviluppo
delle attitudini personali, come saper comunicare e riconoscere i propri bisogni, saper
cooperare, trovare la soluzione più adeguata…).

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Rimozione delle disuguaglianze:
Gli insegnanti devono però evitare di presentare disuguaglianze scolastiche (economiche e
socioculturali), e quindi rimuovere le disuguaglianze diviene un compito principale del
sistema formativo formale. La tecnologia può ingaggiare una eterogeneità di competenze,
moltiplicare le risorse e i contenuti disponibili, velocizzare alcune risposte ai problemi
dell’apprendimento, ma in senso positivo se riusciamo a conservare la nostra significazione
umana a rinunciare alle logiche della protesizzazione (secondo cui siamo un tutt’uno con il
digitale), che ci fa perdere la nostra flessibilità adattiva. Il sistema formativo formale deve
insegnarci a muoverci nell’informale, nel digitale, senza perdere i nostri tratti caratteristici
umani, fondendoci con esso.
Non ci si deve rassegnare alla tecnologia disfunzionale e alle strategie di marketing. La rete
può essere fonte di cultura e formazione solo se abbiamo una formazione adeguata per
connetterci. Nel momento in cui ci interroghiamo sulla nuova generazione comprese anche
le loro patologie, ormai sociali, ci dobbiamo anche interrogare su quali sono i modelli di
riferimento che gli sono stati forniti fino ad ora.
1.1. Relazione incarnata e interazione emotiva
Educare alle emozioni:
I dati relativi agli adolescenti di oggi (e futuri), ci mostrano una generazione che è sempre
più affamata dell’altro, quanto inconsapevole di averne bisogno. Per questo si deve fondare
un’educazione fondata nel corpo, nell’educazione dell’intelligenza emotiva. Cè bisogno di
una vera rifondazione: non si devono solo riconoscere i sentimenti, nominarli, ma si devono
accettare tramite l’accettazione delle proprie fragilità tramite una condivisione con gli altri in
modelli relazionali significativi.
L’interazione empatica,nella relazione con gli altri, la formazione della coscienza richiede
l’esistenza della relazione con il nostro corpo, con le cose e con gli altri. Una conferma di
questo: è in un rapporto, con la madre, che nasciamo noi stessi, che ci permette di operare
le distinzioni.
Superare il disagio giovanile, come fare?
La maggior parte dei giovani oggi soffre di un malessere definito come un “disagio”: termine
che racchiude ansia, dolore fisico, dolore morale. È tramite la formazione alle emozioni che
dobbiamo offrire una risposta a questi disagi. Cosa di deve fare? Si deve offrire ai giovani
una comunità che si riconosca nelle narrazioni (non si intende solo il parlato, ma i loro stili,
capelli, pelle tagliata, corpi disegnati). Si deve insegnare agli adolescenti a cogliere se stessi
nel tempo, si deve nutrire l’intelligenza emotiva tramite le narrazioni. Il problema sta nel
trovare delle risposte efficaci ai loro bisogni educativi, e il giusto modo di rispondere alle loro
narrazioni.

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Il corpo agente nelle teorie della cognizione: Secondo queste teorie le interazioni
percettive e fisiche del nostro corpo sono in strettissimo contatto con i processi cognitivi e
linguistici.
La teoria di Dewey ci parla di “cognizione incarnata”: nel sistema unitario
mente-corpo-cervello, la componente corporea contribuisce nell’organizzazione del sistema
concettuale. La cognizione si fonda quindi sull’esperienza corporea. Di conseguenza,
l’assenza di riferimento alla realtà del corpo, comporta l’assenza della mente. Il corpo,
tramite le sollecitazioni dell’esperienza, costruisce la genesi del pensiero astratto,che riceve
a sua volta contributi per interpretare le esperienze seguenti. Le emozioni sono il motore
somatico-psichico del funzionamento mentale, pensiamo solo in presenza delle emozioni,
correlate all’esperienza del corpo.
1.2 Una risposta ai bisogni degli adolescenti
Le ricerche delle neuroscienze:
Le ricerche svolte nell’ambito delle neuroscienze si dimostrano necessarie nel percorso di
costruzione di un nuovo tipo di formazione. Eccone alcune importanti:
- Studi sui neuroni specchio: non si tratta di una semplice condivisione di stati
d’animo, ma una conoscenza incorporata. Ci dimostra come il corpo sia importante
nello scambio → La cognizione cambia se si osserva l’altro.
-Il contatto visivo è preparatore all’empatia, esso attiva le stesse aree del cervello di ogni
persona. Gli sguardi degli altri inoltre, ci donano un ritratto di noi in cui riconoscerci.
Quando c’è uno scambio sociale, quando ci raccontiamo storie nel soggetto che parla, e nel
soggetto che ascolta, l’attività cerebrale si sincronizza, vi è un accoppiamento neurale, in cui
i due cervelli si allineano. Più i cervelli sono allineati, maggiore è la comprensione. Da questi
studi traiamo due conferme: siamo definiti dall’altro, e raccontare bene delle buone storie ci
può far raggiungere risultati educativi e formativi ottimi. L'insegnante attraverso le sue
narrazioni ha il potere tramite la sua parola di dare la vita e non solo di condurre l’allievo ad
uno sbocco lavorativo.
L’importanza del considerare tutto l’insieme dei linguaggi
Gli adolescenti non sanno davvero leggere e produrre testi iconici non hanno un’adeguata
consapevolezza socio-culturale per farlo. Il testo iconico è un insieme ossessivo di immagini,
privo di connessioni logico-emotive. Mettere l’accento sul linguaggio iconico, non significa
trascurare quello verbale, anzi sono tutti i tipi di linguaggi ad essere necessari nella
comunicazione condivisa.
Parallelismo narrazione-realtà
Così come la molteplicità dei linguaggi alimenta la dimensione della narrazione, così anche il
tempo, la memoria, la consapevolezza e coscienza di sé sostengono la dimensione della
realtà. Ci sono i soliti paradigmi che circoscrivono la dimensione reale e narrativa. Perché si

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lavora quindi sul piano della narrativa? Perché ci consente di sostenere alcuni schemi
cognitivi e comportamentali saldi.
Narrazione come un esercizio di libertà: è la struttura che organizza il corpus delle
conoscenze, un modello educativo che si fonda sul presupposto che gli allievi debbano
prendere consapevolezza di come funziona il pensiero, e dei loro meccanismi di
apprendimento, per poter organizzare la loro vita di adulti. Questo risponde ai loro
bisogni: ricerca di tempo di partecipazione ad un senso comune, di competenza, di
autodeterminazione.
Rispondere al bisogno di autodeterminazione: soprattutto nei territori in cui il sistema
formativo formale è altamente strutturato, il rapporto docente-allievo e il rapporto tra allievi
stesse, deve prescindere dalle logiche di controllo e potere. Apprendimento e quindi
cambiamento si raggiunge nel momento in cui si creano le condizioni adatte per far
raggiungere al soggetto una auto- plasticità (egli riesce ad acquisire comportamenti,
apprendimenti e strutture cognitive adeguate per trarre i maggiori benefici dall’esperienza, e
che sostengano la sua motivazione ad apprendere). Questo apprendimento capace di
rispondere al bisogno di autodeterminazione offre all’uomo le sollecitazioni positive ai
comportamenti personali e sociali. I soggetti socializzano tramite una partecipazione
congiunta ad un’attività significativa, ed il pensiero, il ragionamento e la conoscenza sono
attività sociali. Quindi, accanto all’attività individuale dell’apprendimento, vi si affianca un
apprendimento comunitario, di confronto e compartecipazione, in cui si produce il senso di
appartenenza, e la condivisione di valori.
Rispondere al bisogno di relazione:
La narrazione Mediante la narrazione vi è un’apertura costante all’altro, in quanto grazie ad
essa si tende verso l’intersoggettività: la disposizione, capacità di capire i sentimenti e i
pensieri degli altri, e di relazionare tutto quanto a un contesto che ne specifica il significato.
Facilita il riconoscimento di azioni vissute, ci permette di dare un nome ai sentimenti, di
rompere lo specchio con i narcisismi, di salvarci dal frantumarsi delle esperienze, la
narrazione è un incontro con l’altro, con le sue emozioni e cognizioni.
Rispondere al bisogno di competenza:
La narrativa costituisce il primo passo del cammino verso l’altro. La didattica narrativa
permette di aprire la sterilità (=incapacità) del concetto di competenza condiviso dagli
adolescenti. Etica è una dimensione intima della narrativa, perchè produce processi di
identificazione necessari per l’interiorizzazione di modelli, valori, norme, grazie alla
definizione di concetti vero/falso, bene/male, giusto/ingiusto, e esprime zone inesplorate
dell’animo umano.
Nell’ambito della didattica narrativa insegnare significa anche dare parole prima che si
parli attraverso il corpo: la violenza si esprime quando non si ha modo di esprimerla a

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parole, quando non se ne hanno gli strumenti linguistici, in chi non sa nominare le emozioni.
Studio di Levy nei tahitiani: alto tasso di suicidi causato dalla mancanza di parole per poter
esprimere il proprio dolore psichico, si reagisce parlando attraverso il corpo. Cosa può fare
quindi la didattica narrativa? renda capaci i soggetti di recuperare la relazione passato-
presente-futuro, e costruire la frattura tra vissuto e desiderato, grazie ad una narrazione
personale distesa nel tempo, un’introspezione consapevole, che porti verso una coscienza
personale e collettiva.
Formazione ci aiuta a conoscerci davvero, individualmente e con gli altri:
La formazione aiuta l’individuo a riconoscere i vari sé, per una conoscenza approfondita
delle sue identità che si impara ad impararle in base ai diversi contesti.
1.3. di conseguenza: il setting.
Le pratiche didattiche devono essere urgentemente rovesciate, per poter implementare
le loro possibilità di divenire persona. Ciò che è evidente è che gli studenti accettano di mala
grazia di lavorare in un contesto e modo determinato, sotto un professore che trasmette loro
delle conoscenze determinate. L’azione educativa diviene un’azione efficace se non è
restrittiva, ma aperta ad una pluralità di svolgimenti possibili.
Cosa è consigliato fare: lavorare in gruppi di ricerca, seminari, in cui il docente non spiega
sempre in modo verticale, fornisce informazioni-bussola, a partire dalle quali gli studenti
raccolgono materiali utili, appresi prima in autonomia, e poi discussi insieme. Si negoziano
contenuti e metodi, tenendo in considerazione la cooperazione e la condivisione come
finalità educative. Gli studenti si dedicano ad un apprendimento autoriflessivo e sono
incoraggiati a creare il proprio CV di studi.
I media digitali allargano la comunità di ricerca oltre le mura della classe. Membro della
comunità: esperto che condivide le sue conoscenze, al quale viene riconosciuto il diritto alle
sue competenze.
Le diversità: è necessario legittimare il diritto alla diversità (dove c’è un’omogeneità delle
conoscenze di base).
Flipped classroom: È una forma diversa di e-learning, in cui si recuperano i principi
dell’attivismo pedagogico, dell’apprendimento cooperativo. I gruppi sono organizzati dal
docente sulla base delle loro diverse competenze. Le competenze degli alunni devono
essere il più diversificate possibile, per una maggiore ricchezza.Il bisogno di competenza e
di autodeterminazione sono importanti per la motivazione all’apprendimento. Il tipo di
modalità della flipped classroom, aiuta il raggiungimento del bisogno di autonomia.
Tramite il flippare la classe si utilizza la pratica del co-teaching, in cui si tratta la
conoscenza a temi e non seguendo rigidi confini disciplinari.
Nel co-teaching, il docente si offre per primo come modello reale di comunità e di
collaborazione tra pari, capace di condividere conoscenza, mettersi in discussione, basata

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su azioni comuni, e si va a riconfigurare la figura del docente in una relazione circolare di
fiducia con studenti e colleghi.
1.4. Di conseguenza: L’insegnante:
Massa, sostiene che il ruolo della formazione, tramite il docente-interprete non significa
descrivere oggettivamente o prescrivere moralmente, ma liberarsi dal moralismo e dal
tecnicismo.
L’attività dell’insegnante, dimensione complessa:
affettivo-emotiva, cognitivo-intellettiva, pubblica: l’insegnante deve rendere conto ai suoi
allievi, ai genitori e all’istituzione, che le sue routine (orari, metodi, tecniche) che deve
seguire non siano sempre le più consone. Il ruolo dell’insegnante oggi è considerato come
professione fatta di aspetti pratici e riflessivi: l’insegnante ha una capacità di giudizio
riflessiva di alto livello).
Le trasformazioni nella formazione : La condizione degli insegnanti non è stata
complicata solo dall’avvento delle tecnologie, che hanno spezzato il monopolio detenuto
dagli insegnanti in materia di educazione ed istruzione, ecco altre trasformazioni che hanno
messo in crisi la stabilità del ruolo del docente:
- le logiche adeguate alle condizioni sociali e culturali non funzionano più, quindi gli
insegnanti devono mettere in conto differenti logiche e rapporti nei confronti del
sapere.
- I bisogni della società e le sue aspettative rispetto alla scuola si sono moltiplicate
(educazione, istruzione, cittadinanza…).
- Introduzione della mentalità aziendale nella scuola e la diffusione di una nuova etica
di performatività e di competizione creano un sentimento di schizofrenia negli
insegnanti, che sacrificano la loro etica professionale.
L’attività dell’insegnante, necessità conoscenza specifica nella disciplina, competenza di
valutare l’apprendimento, quindi pedagogica, e di empatia.
Il lavoro collettivo: L’incremento dei compiti richiesti agli insegnanti ha portato ad una
intensificazione del loro lavoro senza prevedere aumento di salario o diminuzione dell’orario
lavorativo. È necessario una sorta di lavoro di equipe, per rispondere anche ai bisogni
formativi degli allievi. Però il lavoro collettivo è ad oggi molto debole, non essendo
supportato dall’organizzazione scolastica stessa, che non incoraggia la collaborazione a
causa della struttura della didattica (organizzazione di tempi, spazi, materiali…).
Influencer-docente:
è necessario essere consapevole della logica orizzontale di aspirazionali e pratici che
rappresentano, che tramite competenze (spesso presunte), riescono ad indirizzare gli
adolescenti verso prodotti e vendono le loro opinioni.

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I musei si sono affidati alle figure degli influencer per raccontare i musei sotto un linguaggio
non tradizionale, Come è successo spesso tramite parodie di testi originali (ex. Parodia dei
promessi sposi).
L’uso della parodia gioca e funziona se gli spettatori, conoscendo il testo di partenza,
riescono a coglierne i rimandi.
Serve un atto di fede da parte dei docenti in loro stessi, negli studenti, nel processo
educativo, nel cambiamento nella relazione educativa.
Abbiamo visto come nel processo di apprendimento-insegnamento il processo di reciprocità
sia importante, e il concetto di competenza ci ha svincolato da un’educazioni di tipo
autoritario. L’insegnante deve prendere in considerazione le ricerche degli studenti, anche
quando a primo impatto potrebbero sembrare inutili, per sostenerli nel compito di far fronte e
trovare un senso alla disgregazione del mondo in cui viviamo. È necessario per sostenere gli
studenti, competenza nella disciplina, e la minore conoscenza del digitale non rappresenta
un qualcosa di negativo: si innalza tramite ciò una reciprocità allievo- docente.
La didattica deve essere de-verticalizzata, in una direzione comunitaria, così l’insegnante
ottiene la leadership conferita dagli studenti, che viene concessa per il suo modo di gestire
la classe, di indirizzare, di co-costruire soluzioni e legami. La leadership non è acquistata
una volta e per sempre (così come il seguito di un influencer, il follower ai primi passi
sbagliati può divenire hater). Il docente così come l'influencer, deve dimostrare eccellenza
sul pezzo: padronanza dei contenuti, dei saperi disciplinari.
Sarebbe consigliabile che il docente fosse accompagnato da un mediatore o animatore
informatico, che potrebbe alzare l’asse del livello tutoriale per le competenze digitali. Le
relazioni, in un dialogo fondato sull’empatia, vengono regolate secondo i criteri
dell’autonomia educativa: minimo controllo, massima la stima per la persona con la quale
ci relazioniamo. In questi termini il docente non è un facilitatore, ma un agitatore, che sa
quando intervenire con la giusta risposta, che sa valutare quando e come un problema deve
essere risolto, che accetta la propria ignoranza e limiti con gli allievi, sa gestire la loro
delusione, che sa conoscere e amare gli allievi e portare suggerimenti anche dove i Pc e gli
Smartphone non possono arrivare, e che sappia attuare il motto socratico del “imparare a
conoscere se stessi”.

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