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RIASSUNTO “LINEAMENTI DI SOCIOLOGIA DELLA

FAMIGLIA”
CAPITOLO 1 – LA FAMIGLIA NELLE DIVERSE FORMAZIONI STORICO-CULTURALI
Nel passaggio da società semplici a società complesse e analogamente, nel passaggio da formazioni storico-
culturali tradizionali a formazioni storico-culturali moderne, avviene il passaggio da famiglia estesa a
famiglia nucleare. Dunque, la famiglia si modifica sia nella struttura che nelle funzioni secondo le seguenti
modalità:
1) Struttura, definita dal vincolo che lega i membri di una famiglia, come affinità, consanguineità,
matrimonio: avviene il passaggio da famiglia estesa, formata da membri legati tra loro da vincoli diversi
(genitori, figli, nonni, zii, sorelle…) a famiglia nucleare (i coniugi e i rispettivi figli).
2) Funzioni: passaggio da famiglie polifunzionali, ovvero unità sia di produzione che di consumo, a famiglia
che si depotenzia delle proprie funzioni, che vengono assunte da agenzie esterne, come la scuola, la
fabbrica, il mercato o i mass media.
A partire da questi presupposti, furono molti i sociologici che affermarono l’esistenza di un progressivo
processo di semplificazione delle strutture familiari: questo pensiero sembrava derivare dalla concezione
evoluzionistica, che prese avvio nell’Ottocento e trovò i suoi due principali esponenti in Durkheim e
Parsons.
1.2.1 IL MUTAMENTO DELLA FAMIGLIA IN CHIAVE EVOLUZIONISTICA
La tendenza evoluzionista era quella di individuare stadi nella storia dell’umanità, i quali fossero l’uno i
risultato del cambiamento avvenuto in quello precedente: l’obiettivo perseguito era quello di costruire un
modello esplicativo che potesse spiegare come era avvenuta la trasformazione della società, e
conseguenzialmente anche della famiglia, da stadio animale e primordiale a uno stadio moderno,
organizzato e civile, con la pretesa di generalizzazione e universalità. Nello specifico Morgan, esponente
evoluzionista, propone una storia della famiglia che ripercorre gli stadi della storia dell’umanità, dallo stato
selvaggio all’umanità. Il modello di Morgan si basa su una serie di coppie, che vedono il co-variare delle
forme familiari con gli “stati della società umana”:
1) Rapporti sessuali promiscui: primo livello dello stato selvaggio, in cui la famiglia non esiste perché è
difficile persino riconoscere e differenziare l’uomo dal primato;
2) Famiglia consanguinea: stadio inferiore dello stato selvaggio;
3) Famiglia punalua: stadio intermedio dello stato selvaggio;
4) Famiglia sindasmiana: stadio inferiore delle barbarie;
5) Famiglia patriarcale: stadio intermedio delle barbarie;
6) Famiglia monogamica: stadio superiore delle barbarie, verso la civiltà.
Interessante risulta essere anche la teoria proposta da Engels che individua tre epoche nella storia
dell’uomo:
1) Stato selvaggio, che è a sua volta suddiviso in:
a) Stadio inferiore, in cui l’uomo si nutre di frutta e radici, ovvero di prodotti derivanti dalla terra;
b) Stadio medio, in cui nell’alimentazione vengono introdotto i pesci e si inizia ad utilizzare il fuoco;
c) Stadio superiore, in cui vengono inventate arco e frecce e l’uomo inizia dunque a cacciare.
2) Stato delle barbarie, che è suddiviso in:
a) Stadio inferiore, in cui viene introdotto la ceramica;
b) Stadio intermedio, in cui avviene l’introduzione dell’agricoltura e l’addomesticamento degli animali;
c) Stadio superiore, caratterizzato dalla fusione del ferro, dalla scrittura, dal perfezionamento degli
utensili.
3) Civiltà, caratterizzata dalla nascita della scrittura.

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Il paradigma evoluzionista è determinato anche dal pensiero di Durkhiem, il quale considera la famiglia
coniugale come il punto di arrivo di un’evoluzione, nel corso della quale tale istituzione si contrae quanto
più si amplia l’ambito sociale con il quale l’individuo è in stretto contatto. Parsons, invece, riferisce tutte le
sue riflessioni al ceto medio urbano americano, assumendo come fulcro di analisi non solo la famiglia, ma
anche il rapporto famiglia-mobilità sociale. Parsons considera la famiglia nucleare, per lui composta da
genitori e figli non emancipati, isolata dalla parentela particolarmente adatta a trasmettere tutto il sistema
di valori della società americana. Dunque, nella società moderna, la famiglia si svincola dai legami con la
parentela e tende a ridursi sempre più a famiglia nucleare, intesa come gruppo privato, depotenziandosi
delle sue più arcaiche funzioni. Contrariamente a quanto si pensa, però, la famiglia nucleare nella società
moderna è sempre più importante: nuclearizzazione non è sinonimo di perdita di centralità. Il termine
nucleare denota quindi una caratteristica dinamica processuale: le forme familiari rendono a un lento
processo di semplificazione; a perdere centralità è la dipendenza parentale, perché non è più dentro la
cerchia parentale che il soggetto trova sicurezza, appoggio e soddisfazione ai propri bisogni: la famiglia
nucleare si evince dalla parentela e si individualizza da essa:
1) Dal punto di vista spaziale dell’insediamento: la famiglia moderna è neolocale, ovvero si stanzia in
un’abitazione diversa rispetto a quella della famiglia d’origine.
2) Dal punto di vista materiale: è l’inserimento nel mercato del lavoro che determina il livello di risorse a
disposizione della famiglia e non più la partecipazione a un’attività in comune, come in passato poteva
essere la coltivazione dello stesso appezzamento di terra.
3) Dal punto di vista relazionale-affettivo-psicologico: non ci si riconosce più nel sistema parentale, nel
quale si è stati inseriti per nascita e non per scelta.
Ulteriori elementi che contribuiscono allo spostamento verso le famiglie nucleari sono l’industrializzazione,
la modernizzazione, la separazione contabile tra casa e azienda, l’individualismo, la mobilità sociale: essi
portano al decadimento delle vecchie forme familiari. Ad oggi, dunque, la famiglia nucleare può essere
considerata come altamente funzionale e positiva perché libera la creatività umana ed è dunque il giusto
presupposto per l’autorealizzazione personale.
1.2.2 LIMITI DI UNA LETTURA EVOLUZIONISTICA DEI MUTAMENTI DELLA FAMIGLIA E MESSA IN
DISCUSSIONE DEL CONCETTO DI NUCLEARIZZAZIONE
Se quanto fin ora esposta è stata l’interpretazione fornita dall’evoluzionismo, sono stati molti gli apporti
teorici che non soltanto si sono posizionati molto lontani da essa, ma hanno presentato diverse critiche a
questo modello.
a) Il contributo dell’antropologia e dell’etnologia
Antropologi ed etnologi portano al superamento dell’ipotesi-mito dell’esistenza di un’orda primitiva che
viveva in promiscuità sessuale illimitata e l’introduzione di forme di proibizione sessuale, come il tabù
dell’incesto. Il tabù dell’incesto conserva della natura i caratteri dell’universalità e della cultura i caratteri
della regola. La proibizione dell’incesto non è tanto la regola che vieta di sposare la madre o la sorella,
ma è soprattutto la regola che obbliga a dare ad altri la madre o la sorella. Si tratta della regola del dono
per eccellenza: lo scambio è il mezzo per legare gli uomini tra di loro, sovrapponendo ai legami naturali
della parentela i legami artificiali della colleganza matrimoniale.
b) Il contributo della sociologia
La critica sociologica nei confronti del modello evoluzionista ruota intorno allo svincolamento della
famiglia dalla rete parentale. Renè Konig è stato uno dei pochi sociologi a individuare uno stretto legame
tra forme familiari e classi sociali: alla forma familiare estesa, tipica delle classi dominanti, si
contrappone l’esistenza di forme familiari nucleari, tipiche delle classi inferiori. L’evoluzione della
famiglia non è un processo unilineare, ma è dato dalla convergenza di due aspetti: la semplificazione
delle forme familiari di convivenza tra le classi sociali superiori e la diffusione di un modello nucleare
tipica delle classi lavoratrici subordinate. La sociologia critica anche l’asserzione evoluzionistica secondo
cui la famiglia moderna sia isolata dalla parentela: la rottura del modello di coabitazione a più

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generazioni non implica una totale emancipazione, un totale svincolamento dalla rete parentale. In
questi casi si parla di <<parentale a distanza>>, col tentativo si sottolineare la permanenza di scambi
anche in assenza di coabitazione.
c) Il contributo della storia e della demografia
Marc Bloch dimostra invece che la storia della famiglia non si snoda in maniera lineare, ma si muove
secondo cicli di dilatazione e contrazione. La famiglia monogamica non costituisce dunque l’ultimo
anello di una catena ma rappresenta fasi di un mutamento ciclico. Tra i gruppi che si richiamano alla
famiglia, ci sono i clan familiari, ovvero insiemi di individui che si appellano ad un unico antenato e
costituiscono una comunità di sangue; le frérèches, unioni che altre ai fratelli riunivano persone
estranee che si decidevano di vivere e lavorare insieme. Nonostante questo, il contributo più rilevante
proviene da Peter Laslett e dal gruppo di lavoro costituitosi intorno a lui agli inizi degli anni settanta.
Laslett assume come unità di analisi l’aggregato domestico, definito in termini di residenza (dormire
insieme, sotto lo stesso tetto) e in termini di consumo (almeno un pasto principale consumato insieme),
ed opera quindi una distinzione tra famiglia, aggregato domestico e houseful: <<quest’ultimo termine
designa tutti gli individui che risiedono in un edificio o in un insieme definito di locali. I membri di una
houseful possono costituire un unico aggregato domestico, come di solito accade, ma possono costituire
più aggregati domestici.>> L’aggregato domestico non si identifica con l’intero sistema familiare ne con
l’unità coniugale, ma costituisce qualcosa di più specifico. Sulla base della distinzione tra aggregato
domestico e famiglia, Laslett propone la seguente tipologia:
a) Solitari (aggregati domestici unipersonali):
 Vedovi
 Soggetti non sposati o di stato civile sconosciuto
b) Aggregati senza struttura familiare (coresidenti tra i quali non si può individuare una unità coniugale):
 Fratelli e sorelle coresidenti
 Altri parenti coresidenti
 Coresidenti senza alcuna relazione familiare
c) Aggregati domestici semplici (costituiti esclusivamente da una unità familiare coniugale):
 Coppia sposata senza figli
 Coppia sposata con figli
 Vedovi con figli
 Vedove con figli
d) Aggregati domestici estesi (unità familiare coniugale con parenti):
 Estensione verso l’alto (il genitore di uno dei coniugi)
 Estensione verso il basso (figli di figli)
 Estensione laterale (sorella, fratello)
e) Aggregati domestici multipli (due o più unità familiari coniugali imparentate):
 Aggregati con unità secondaria ascendente (coppia di genitori sposati)
 Aggregati con unità secondaria discendente (figli con relativi coniugi)
 Aggregati con unità secondarie collaterali (fratello/sorella con relativo coniuge e almeno un
membro della generazione dei genitori)
 Frérèches, ovvero aggregati con unità secondarie collaterali (fratelli/sorelle con relativi coniugi)
f) Indeterminati: aggregati domestici i cui legami di parentela non sono sufficientemente chiari da
permettere una classificazione precisa.
Gli aggregati estesi o multipli costituiscono la più ampia categoria degli aggregati complessi. Laslett ha
concluso affermando che la forma della famiglia nucleare è stata una delle caratteristiche costanti e basilari
del sistema occidentale, che perciò può essere avvicinata al modello del matrimonio europeo. A Laslett e i
suoi collaboratori furono mosse molteplici critiche tra cui: la qualità dei dati, definita come non pienamente
attendibile; il focus posto su un unico conteste, quello dell’Inghilterra preindustriale che, per quanto

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complesso, non sarebbe mai stato in grado di fornire dati generali e universali. In risposta a tali critiche,
Laslett ha ridimensionato la sua generalizzazione iniziale, ipotizzando un modello maggiormente semplice,
esteso ad un’Europa che lui stesso divide in quattro zone. In merito a questa tematica risulta interessante
l’apporto di quel filone della storiografia che si colloca nel cosiddetto <<approccio dei sentimenti>>: i suoi
esponenti affrontano il problema della nuclearizzazione della famiglia non in termini di analisi delle
strutture, ma a livello di approfondimento del significato simbolico, culturale che il “costituire famiglia”
assume per l’uomo, nel passaggio dalla società medioevale a quella moderna. È possibile dunque cogliere
un elemento di frattura, il quale ha investito le relazioni familiari, le quali lentamente hanno assunto i
caratteri dell’affettività, della privacy. Per effetto di tale rivoluzione culturale, la famiglia coniugale si evince
dalla parentela, si distacca dalla comunità di appartenenza:
1) Diminuiscono i controlli familiari sulla scelta del coniuge, per cui la strategia matrimoniale diventa
variabile dipendente della scelta selettiva dei contraenti del matrimonio.
2) Il rapporto genitore-figlio diventa più stretto ed esclusivo e la socializzazione dei nuovi nati entra tra i
compiti e le responsabilità dei genitori.
3) Le porte della casa si chiudono all’esterno (la famiglia diventa area della privacy e il termine stesso
finisce per contare solo per i genitori e i figli).
Per Shorter, invece, la famiglia moderna nasce nella seconda metà del Settecento all’interno della classe
proletaria, a causa del capitalismo industriale: i giovani proletari acquisivano la mentalità tipica
dell’economia di mercato. I valori di questa mentalità vanivano estesi ai comportamenti familiari,
inducendo quindi a modificazioni nelle relazioni con la parentela, con il coniuge e i figli.

1.3 DALLA FAMIGLIA CLAN ALLA FAMIGLIA NUCLEARE: LE DIFFICOLTÀ DI INDIVIDUARE UN UNICO
PERCORSO
Le difficoltà di scrivere una storia universale della famiglia sono ben riassunte da Levi-Strauss: <<Non
possiamo più credere che la famiglia evolva unilinearmente da forme arcaiche. Potrebbe darsi invece che la
mente umana abbia concepito ed espresso prestissimo quasi tutte le modalità dell’istruzione familiare. Ciò
che scambiamo per evoluzione non sarebbe altro che un susseguirsi di scelte compiute tra tutte quelle
possibili, come conseguenza di movimento variamente orientati entro i confini di un reticolo già
tracciato.>>
Modalità di trasmissione della proprietà, rapporti con il mercato del lavoro, classe sociale di appartenenza,
tasso di fecondità, modello matrimoniale sono solo alcuni dei molteplici fattori che influenzano la
formazione di diverse tipologie familiari. Il riferimento ai principi organizzativi basilari di ogni formazione
storico-sociale diventa un punto di partenza imprescindibile per l’analisi dei mutamenti e delle
caratteristiche delle forme familiari. L’avere individuato nella famiglia coniugale nucleare la struttura base
che si ritrova nella realtà europea rischia di appiattire tutte le differenze, sottovalutare i momenti di
discontinuità. L’ipotesi verificata per molte aree territoriali non può misurarsi con il problema di come
fossero interconnesse tali forme, di quali fossero dominanti, prevalenti o residuali; questo per due motivi:
1) Il trapasso da una forma familiare all’altra non è mai netto o circoscritto: i mutamenti avvengono
lentamente, per cui in ogni formazione storico-culturali troviamo forme familiari ereditate dal passato e
forme in via di consolidamento e legittimazione.
2) Ogni formazione storico-sociale, pur caratterizzata dalla compresenza di più forme familiari, ne esprime
una particolare configurazione omologa ai suoi principi organizzativi basilari. Per cui, come sostiene
Donati, in ogni formazione storico-sociale si trovano forme familiari dominanti e prevalenti; è possibile
cogliere inoltre diverse forme di famiglia sulla base del contesto urbano o rurale.
Per cui, indipendentemente dalla forma che la famiglia assume, la sua struttura sarà sempre influenzata
dalla formazione storico-sociale di riferimento:
1) Formazioni storico-sociali pre-culturali: il principio organizzativo è quello dell’età e del sesso. Non c’è
differenza tra comportamento individuale, comportamento familiare e comportamento parentale. La
parentela è un’istituzione totale. (esempi: clan, tribù).

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2) Formazioni storico-sociali tradizionali: il principio organizzativo è quello del dominio di classe in forma
politica. In questo caso emerge una stratificazione sociale della popolazione per stati ascritti, al cui
interno le forme familiari di differenziano in omologia alla struttura di dominio. Nello strato più alto si
posiziona la famiglia nobile, che detiene il potere politico e che delega le funzioni produttive alle classi
subalterne. Negli altri gradini della stratificazione sociale, la famiglia si struttura attraverso ruoli
gerarchizzati in base all’età e al sesso: i figli sono sottoposti all’autorità del capofamiglia che può essere
il padre, nel caso della famiglia nucleare, il nonno in caso della famiglia multipla o comunque un maschio
adulto che rappresenta in questo modo la famiglia.
3) Formazioni storico-sociali liberal-capitaliste: il principio organizzativo è il rapporto tra lavoro salariato e
capitale. In questo caso si supera la rigida stratificazione per ceti, poiché il fatto discriminante è
l’appropriazione e il controllo della ricchezza produttiva, ovvero del capitale. Inizia un processo di
individualizzazione, che capovolge il rapporto individuo-famiglia: non è più la famiglia che determina le
sorti dei membri che la compongono, ma sono i membri che la costituiscono che fanno della famiglia lo
strumento per la riuscita sociale.
4) Formazioni storico-sociali contemporanee, ovvero post-industriali: lo Stato diventa l’istituzione
principale che regola i rapporti tra individuo e società, facendo dei diritti sociali di cittadinanza la
condizione imprescindibile affinché il cittadino possa partecipare alla vita collettiva. Dunque, i processi di
privatizzazione della famiglia subiscono una spinta in avanti. La famiglia si stratificano non più in base
alla classe sociale, ma in base ai rapporti che intrattengono con il mercato del lavoro “mediati” dallo
Stato sociale che, assieme al mercato, diventa il più potente attore di redistribuzione delle risorse.
In conclusione, possiamo affermare come il dibattito sul problema della nuclearizzazione della famiglia sia
stato molto forte. Ad oggi si crede con certezza che la famiglia, nel passaggio da estesa a nucleare, non
abbia seguito delle linee evolutive semplici e unidirezionali

CAPITOLO 2 – STRUTTURE E FUNZIONI DELLA FAMIGLIA CONTEMPORANEA


2.1 STRUTTURE, FORME E TIPOLOGIE DELLA FAMIGLIA CONTEMPORANEA
In primo luogo, definiamo i tratti peculiari della società contemporanea:
1) Progressiva socializzazione della proprietà del capitale (capitalismo maturo);
2) Presenza di uno Stato che opera sia a livello di regolazione del mercato, che a livello di regolazione del
meccanismo di distribuzione delle risorse;
3) Spoliticizzazione dei rapporti di classe: la struttura di classe diventa latente;
4) Struttura demografica della popolazione tendenzialmente sbilanciata verso classi di età vecchie: bassa
natalità e aumento dell’incidenza percentuale degli ultrasessantacinquenni col problema dei ricambi
della popolazione.
La netta separazione tra pubblico e privato porta a una sostanziale esplosione del privato, in cui tutto è
possibile e quasi niente è normato. Di qui il fenomeno della pluralizzazione degli stili di vita, delle norme e
dei modelli di comportamento: prevale una sorta di sincretismo culturale. Dunque, la famiglia risulta
compenetrata con la società di riferimento, assumendo forme e caratteristiche che non possono che
rispecchiare le forme e le caratteristiche della società contemporanea. La famiglia inizia dunque a muoversi
su quattro diversi livelli:
1) A livello statico: individuazione delle forme di coabitazione domestica, tenendo comunque presente che
si è di fronte ad una molteplicità di forme, come rispecchiamento della pluralizzazione degli stili di vita.
2) A livello di tendenze emergenti: esistono tendenze di cambiamento che modificano in archi temporali
non troppo lunghi, la configurazione di forme familiari empiricamente rilevabili.
3) A livello dinamico: analisi del ciclo di vita familiare, in quanto le regole relative al “come e quando fare
famiglia” influenzano le forme familiari, la loro durata nell’arco di vita delle generazioni, i modelli
riproduttivi che a loro volta, incidono sul rapporto tra coorti giovani e coorti anziane.

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4) A livello socio-culturale: la pluralizzazione degli stili di vita si ripercuote sulle relazioni familiari,
caratterizzate anche in funzione dei valori, delle norme che i soggetti annettono ai diversi
comportamenti familiari.

2.1.1 LE STRUTTURE FAMILIARI A LIVELLO STATICO


Un’analisi delle strutture familiari deve partire dai seguenti presupposti:
1) Pur non essendosi dimostrato vero il passaggio lineare dalla forma estesa alla forma nucleare, è
indubbio che è in atto un processo di crescente semplificazione della composizione dell’unità familiare. I
ruoli più diffusamente attivi dentro la famiglia sono dunque il ruolo del padre, di madre e di figlio.
Nell’analisi delle strutture familiari è necessario tenere presente che lo stesso termine famiglia denota
oggi l’insieme delle persone che vivono sotto lo stesso tetto, mentre nel passato esso indicava spesso
l’intera struttura familiare.
2) Nonostante tale processo di semplificazione, la pluralizzazione degli stili di vita hanno legittimato nuove
forme familiari, riconoscendo uno status di famiglia a forme di coabitazione che nel passato erano
confinate nel campo della marginalità, della irrilevanza.
È dunque possibili individuare, sulla base di questi presupposti, le seguenti strutture familiari:
1) Famiglia unipersonale:
a) Anziano che vive solo;
b) Adulto, indipendente economicamente, non ancora entrato nel mercato matrimoniale
(celibe/nubile);
c) Adulto, indipendente economicamente, uscito dal mercato matrimoniale (vedovo, divorziato,
separato);
d) Giovane, non sempre economicamente indipendente, che sperimenta un periodo di distacco e
allontanamento dalla famiglia di origine (per motivi di studio o per scelta).
Le famiglie unipersonali costituiscono aggregati domestici molte volte definite come famiglia improprie,
in quanto formate da un solo soggetto. Nella società contemporanea sono composte principalmente da
soggetti anziani: è una forma familiare destinata ad avere una incidenza percentuale sempre maggiore
per effetto dell’allungamento della vita media, di politiche pensionistiche che consentono anche a chi è
uscito dal mercato di lavoro di conservare la sua indipendenza economica.
2) Famiglia di coppia:
a) Coppia anziana coniugata senza figli (perché già usciti di casa o mai nati);
b) Coppia coniugata giovani senza figli;
c) Coppia non coniugata per scelta;
d) Coppia non coniugata per necessità (impossibilità di sposarsi perché uno o ambedue i soggetti sono
in attesa di divorzio);
e) Coppia non coniugata che sperimenta un periodo di vita in comune prima del matrimonio (di
“prova”).
La famiglia di coppia presenta alcune analogie con la famiglia unipersonale. Adulti prossimi alla terza età
con figli ormai emancipati sono i soggetti principali di tale forma familiare, ma non bisogna sottovalutare
la quota di famiglie di coppia costituite da soggetti relativamente giovani che decidono di procrastinare
la nascita del primogenito.
3) Famiglia nucleare:
a) Genitori coniugati con figli non emancipati;
b) Genitori non coniugati (convivenza) per scelta con figli;
c) Genitori con figli adulti già indipendenti dal punto di vista economico che rimangono in casa o
tornano in caso dopo una separazione o un divorzio o comunque a conclusione di una esperienza di
vita matrimoniale;

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d) Genitori coniugati con figli, ma provenienti da precedente esperienza matrimoniale. Figli anche nati
dal legame precedente (nucleare ricostruita);
e) Un solo genitore (vedovo o divorziato) con figli (famiglia monogenitoriale).
All’interno del grande contenitore delle famiglia nucleari, uno specifico interesse lo suscitano quattro
tipologie particolari: le convivenze di fatto, la famiglia nucleare ricostituita, la famiglia lunga e la
struttura monogenitoriale.
4) Famiglia complessa (multipla o estesa):
a) Coppia coniugata con figlio coniugato senza prole (multipla a due generazioni);
b) Coppia non coniugata con figlio convivente (di fatto) senza prole (multipla a due generazioni);
c) (…)
La forma familiare complessa dimostra una particolare flessibilità, fungendo da camera di
compensazione per far fronte a nuove situazioni. Il caso del divorziato che torna a casa con i figli
dimostra l’estrema capacità della famiglia di adattarsi alle situazioni contingenti, di provvedere a una
rete di aiuti e di servizi, la cui erogazioni presuppone in molti casi una riorganizzazione degli spazi
domestici e una ridefinizione dei ruoli.
5) Famiglia comunitarie monogamiche, ovvero aggregazioni formate da più nuclei coniugali o coppie legate
da un rapporto affettivo reciproco esclusivo e non monogamiche, ovvero soggetti conviventi uniti da
rapporti affettivi che, se e quando si attivano, non devono essere esclusivi.
6) Forme familiari atipiche: amici, coetanei che vivono insieme nella stessa unità abitativa.
L’articolazione delle forme familiari proposta non vuole essere esaustiva: potenzialmente l’elenco può
ampliarsi per effetti di nuovi processi sociali: si pensi ai matrimoni misti, alle relazioni familiari che possono
realizzarsi di fronte alla diffusione della procreazione assistita. Per quanto riguarda le ultime due forme di
strutture familiari non si può non ricordare che esse diventano sempre più frequenti. Tra queste forme
familiari definite atipiche sono da includere anche le coppie di gay, omosessuali che non raramente
ambiscono a una legittimazione familiare, tramite il riconoscimento del diritto di allevare un figlio dato in
adozione, ovvero attraverso la possibilità di accedere alle nuove forme di fecondazione.
2.1.2 LE TENDENZE DI MUTAMENTO DELLA FAMIGLIA
L’articolazione delle forme familiari rilevabile in tutti i paesi industrializzati è il risultato di dinamiche che
hanno investito strutture e relazioni familiari in Europa a partire dagli albori della modernità e
dell’industrializzazione. L’Italia, pur presentando una sua peculiarità data dal ritardo dell’inizio della piena
industrializzazione, non presenza tendenze di mutamento tanto dissimili da quelle che hanno coinvolto la
realtà familiare negli altri Paesi Occidentali. Queste tendenze sono:
1) Tendenze emergenti di cambiamento socio-culturali:
a) Semplificazioni delle strutture familiari: crescono le famiglie composte da numero sempre più ridotto
di ruoli; aumentano nel tempo le famiglie formate da una sola persona, le famiglie articolate intorno
alla sola relazione coniugale e alla relazione genitori-figlio;
b) Riduzione dell’ampiezza media della famiglia;
c) Segmentazione per classi di età: alcune strutture familiari si diffondono in alcuni segmenti di età
specifica;
d) Complessità crescente;
e) De-istituzionalizzazione della famiglia e delle relazioni sociali che la sostengono.
Nel panorama della famiglia italiana, sono etichettate come nuove le seguenti tipologie di famiglie:
unipersonali, monogenitoriali, famiglie lunghe, famiglie ricostituite, famiglie di fatto.
2) Fattori sottesi alle tendenze di cambiamento:
a) Economici: dal punto di vista dei rapporti con il sottosistema economico, la famiglia tende a
caratterizzarsi sempre più come unità di consumo, insieme di soggetti che si rapportano
individualmente al mercato del lavoro, produttrice e riproduttrice di forza lavoro;
b) Demografici: invecchiamento della popolazione, riduzione dei tassi di fecondità, natalità e nuzialità;

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c) Culturali: privatismo, individualizzazione delle relazioni familiari, etica dell’autorealizzazione,
dell’autodeterminazione, della negoziazione, spostamento di confine tra pubblico e privato;
d) Giuridici: tendenza alla de-giurisdizzazione delle relazioni familiari;
e) Storici: l’attuale panorama delle famiglie dipende anche dall’eredità del passato: dalla forza e/o dalla
debolezza dei tradizionali modelli di vita.
La morfogenesi della famiglia è il risultato di due processi concomitanti, uno esterno e l’altro interno: da
una parte come effetto dell’esposizione dei nuclei di coabitazione diversi e ad essa esterni fattori socio-
culturali che influenzano modi e regole del fare e dell’essere famiglia; dall’altra come capacità della famiglia
di auto-riorganizzazione in risposta alle nuove sfide sociali, prefigurando spesso nuovi assetti relazioni che si
ripercuotono, a loro volta, sulle altre sfere sociali. Tale circolarità è ben esemplificata dalla diminuzione dei
tassi di fecondità ed in generale dai modelli riproduttivi delle coppie. Ad oggi, per rispondere
all’interrogativo <<dove sta andando a finire la famiglia italiana?>> (e non solo italiana: come già detto il
discorso è generalizzabile a tutti i paesi industrializzati moderni) si assiste ad una moltiplicazione delle
forme e delle regole del vivere sotto lo stesso tetto, più che ad una loro contrazione. La famiglia continua ad
essere oggi come ieri uno dei più rilevanti meccanismi di regolazione di rapporti tra i sessi e le generazioni.
2.1.3 LE FORME FAMILIARI DURANTE IL CICLO DI VITA: LA SEGMENTAZIONE PER CLASSI DI ETÀ
Il lento ma inesorabile aumento delle famiglie di coppia e unipersonali dimostra come sia attualmente in
atto un processo di progressiva semplificazione delle strutture familiari, ma tale processo è a sua volta
accompagnato da un fenomeno che si può definire segmentazione dei nuclei familiari per classi d’età. Nella
allocazione degli individui all’interno delle diverse forme familiari un ruolo discriminante è svolto dall’età
del soggetto: gli ultrasessantacinquenni vivono prevalentemente in famiglia di coppia e unipersonali,
mentre soggetti appartenenti a fasce d’età inferiore hanno maggiore probabilità di vivere in famiglie
nucleari. Queste due forme familiari possono essere considerate due cicli diversi di vita della famiglia
nucleare. Nell’ambito di una analisi della realtà familiare contemporanea è importante tenere presente
che:
1) Le diverse strutture si diversificano anche in base all’età, per cui se giovani e soggetti maturi sono
concentrati nella famiglia nucleare, persone uscite dal mercato del lavoro e prossime alla terza età
confluiscono prevalentemente in strutture di coppia e quindi unipersonali.
2) La maggiore stabilità della famiglia, i tassi di mortalità e l’allungamento del periodo della dipendenza dei
giovani nei confronti delle famiglie portano ad una certa stabilità anche all’interno dei singoli cicli, nel
senso che la permanenza nell’uno o nell’altro ciclo è dell’ordine di molti anni.

2.2 FUNZIONI DELLA FAMIGLIA NELLA SOCIETÀ COMPLESSA


Così come si è ipotizzato un passaggio lineare dalla famiglia complessa alla famiglia nucleare, si è nello
stesso tempo ipotizzato un passaggio, collegato al precedente, da una famiglia unità di produzione e
consumo, sostanzialmente plurifunzionale, a una famiglia depotenziata nei suoi compiti e quindi
specializzata nell’assolvimento di un numero specifico di funzioni. Nonostante questo, non tutte le famiglie
erano, nel passato, nuclei di produzione e consumo; la stessa cura e socializzazione dei nuovi nati avveniva
attraverso un interscambio con altre istituzioni o gruppi. Inoltre, il nucleo familiare non è funzionalmente
specializzato in un numero limitato di funzioni, ma continua a farsi carico di una serie di compiti che per
loro natura non possono essere programmati e quindi socializzati all’esterno. Per quanto riguarda la
funzione economica è senz’altro vero che la produzione in senso stretto di beni e servizi è passata al
mercato, alla fabbrica. Ma l’economia domestica diventa un raccordo fondamentale tra ammontare delle
risorse che entrano nel nucleo familiare sotto forma di reddito e soddisfazione dei bisogni individuali e
familiari. Per quanto attiene alle funzioni educative e di socializzazione primaria, la crescita degli apparati
scolastici e di altre agenzie quali i mass-media ha modificato parzialmente il ruolo della famiglia. A fronte di
un apparente svuotamento funzionale della famiglia, che delega all’esterno l’assolvimento di una
molteplicità di compiti, compresi quelli connessi alla funzione di formazione della personalità e identità

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individuale, molti la caratterizzano come agenzia di smistamento che collega e mette in relazione i nuovi
nati con le agenzie extra-familiari. Quindi più che socializzare, la famiglia mette il bambino in condizione di
entrare in rapporto con le agenzie che hanno la funzione reale di socializzazione e di educazione. Discorso
per alcuni versi analogo si può fare per la funzione di socializzazione secondaria: l’inserimento nel mercato
del lavoro avviene tramite un curriculum scolastico e/o di apprendistato che l’adolescente percorre. Ma il
ruolo discriminante svolto dalla famiglia ai fini del rendimento scolastico, influenzato non solo dalle
capacità e dalla vocazione individuale, quanto anche da patrimonio culturale in senso ampio (cognitivo,
linguistico) e dalle spinte motivazionali che sono mediate dalla famiglia, l’importanza delle occasioni e degli
appoggi familiari su cui un giovane può o non può contare.

CAPITOLO 3 – L’ANALISI DELLA FAMIGLIA: I PRINCIPALI APPROCCI


3.1 PREMESSA
In questa parte si parlerà degli aspetti teorici cioè degli schemi concettuali che vengono utilizzati per
l’analisi della famiglia, alcuni di questi sono derivati da teorie sociologiche più generali mentre altri da
elaborazioni autonome in questo specifico campo. La famiglia però non è un qualcosa che si possa inserire
in schemi precisi o in una Grande Teoria, questa infatti nella società chiamata complessa va incontro ad un
processo di differenziazione sociale sia all'interno che all’esterno, così vasto che si deve con questo
ammettere una crescente individualizzazione delle famiglie. Per questo si parla di approcci, questo termine
mette in risalto dimensioni differenti delle famiglie e quindi ogni approccio non è in contraddizione, ma in
posizione complementare e integrativa, rispetto ad altri possibili quadri di riferimento. Nei capitoli
successivi si parlerà della famiglia considerata tale solo quando si fa cultura cioè azione umana significante.
(passaggio da Natura a Cultura - Levi Strauss)

3.2 APPROCCIO ISTITUZIONALE


Secondo questo approccio la famiglia viene vista come istituzione sociale; cioè un gruppo sociale che deve
avere una precisa struttura normativa pubblicamente sanzionata. (Visione sociologica moderna del Primo
Ottocento). La Play dopo alcuni studi arriva a dimostrare che a un dato regime di proprietà corrisponde una
specifica organizzazione familiare, in base a questo egli formula le seguenti tipologie di forme familiari:
1) Famiglia patriarcale (estesa) proprietà collettiva indivisa
2) Famiglia instabile (nucleare) proprietà individuale con divisione forzosa dei beni al momento della
successione
3) Famiglia - ceppo (poli-nucleare) successione libera della proprietà familiare
Questo approccio intende la famiglia come “cellula della società” in un senso organico preciso: la famiglia è
intesa quindi come micro società che va a riprodurre le fondamenta della macro società (successive
critiche: con i processi di modernizzazione e differenziazione sociale non può essere considerata in questo
modo). In questo approccio abbiamo una visione evoluzionistica (aspetto problematico poi lasciato da
parte) che descrive la famiglia come entità sviluppatasi con l’evoluzione della specie umana. In breve,
questo approccio vede la famiglia come organismo culturale vivente che si evolve per adattamento
(istituzione creata dalla società). Viene definita istituzione perché ogni società definisce precise pratiche e
regole, con relative sanzioni positive e negative. Oggi chi utilizza questo approccio sostiene che bisogna
utilizzare un approccio in termini storico-comparativi per spiegare e comprendere la famiglia.
Studi di Durkheim: “legge di contrazione progressiva” - la famiglia tenderebbe a restringersi in maniera
continua. Successivamente questa teoria venne smentita.
Lévi Strauss: sostiene che la famiglia nucleare sia presente sia nelle società più semplici che in quelle più
complesse.
Gli studiosi di questo approccio hanno un atteggiamento “realistico” che li porta ad enfatizzare gli studi già
fatti in precedenza e facendo delle generalizzazioni che poi sono state smentite; un esempio è quella
dell'opera di Zimmerman, qui vengono identificate tre tipi di organizzazione familiare (territoriale,

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domestica e atomistica). Secondo questo approccio i mutamenti storici sono come trasformazioni
secondarie cioè che non possono modificare il carattere multifunzionale della famiglia. La famiglia deve
rispondere ad una serie di compiti (riproduttivi, affettivi, religiosi, protettivi, di socializzazione...). La famiglia
in questo approccio viene definita un'istituzione “chiusa”, chiusa nel senso:
1) Auto-sufficiente - es famiglia agricola isolata
2) Auto-normativa - che tende a generare da sé le proprie strutture di relazione
La solidarietà famigliare secondo questi studiosi riposa nel soddisfacimento dei bisogni e dei valori sia
personali che sociali. È importante definire una distinzione tra i sessi e quindi dei compiti e delle
responsabilità di ogni membro della famiglia. Gli aspetti fondamentali, all’interno delle famiglie, sono la
riproduzione e la socializzazione che non possono mai mancare.
Murdock sostiene che una società, per essere tale e capace di sopravvivere, non può fare a meno della
famiglia nucleare. Esistono tre tipi di organizzazione familiare:
1) Famiglia Nucleare
2) Famiglia Poligama
3) Famiglia Estesa
La famiglia ha quattro funzioni fondamentali: sessuale, economica, riproduttiva ed educativa. La società
senza questi 4 elementi si estinguerebbe.
Murdock parla anche della divisione del lavoro intrafamiliare tra uomo e donna.
Successivamente si ha una trasformazione dei modelli familiari; con l’innovazione tecnologica si ha una
maggiore eguaglianza tra i sessi e i coniugi. Infatti, la donna assume un ruolo professionale autonomo e di
minore sottomissione, mentre l’uomo assume un ruolo meno autoritario e più affettivo. In questo caso si
capisce che l’approccio istituzionale non è legato ad un modello ma ammette e prevede più possibilità.
Zimmerman sostiene che la famiglia sia un’organizzazione straordinariamente stabile per lunghi periodi di
tempo e può cambiare solo se ci sono delle rivoluzioni sociali, le quali modificano principalmente aspetti
esteriori più che quelli interiori.
Questo viene giustificato attraverso tre presupposti:
1) La famiglia non può essere vista al di fuori di un istituzionalizzazione sociale
2) La famiglia può ridursi, estendersi, perdere o riappropriarsi di certe funzioni - fenomenologia pendolare
3) La famiglia ha una forma indefinita, ma anche se tale ha dei limiti ben definiti che restringono le
possibilità a pochissime alternative
La famiglia nucleare viene vista come un universo culturale cioè un entità sistematica organizzata.
L’approccio Istituzionale è poco utilizzato e molte volte è difficile differenziarlo dall’approccio struttural -
funzionalista che assume principi molto simili. Oggi è facile trovare un’impostazione del genere: Nora
Federici ritiene che la famiglia possa essere colta in tre modalità:
1) Come sistema di reti di relazione di parentela
2) Come gruppo definito dal contorno coresidenziale e da specifiche funzioni che lo caratterizzano
3) Come sistema che adempie le tradizioni funzionali coniugale e riproduttiva
3.2.1 RILEVI CRITICI
1) Molte delle affermazioni di questo approccio si riferiscono alle società primitive, antiche e tradizionali
dove la famiglia era l'elemento primario di riproduzione. Se si sposta questo approccio ad una società
più complessa e differenziata, questo perde di capacità comprensive ed esplicativa perché la famiglia
non può essere considerata un’istituzione ben definita e stabile.
2) Nella società industriale e post industriale prevale una svalutazione dell'importanza dei fenomeni
disgregativi della famiglia. La spiegazione è che nella famiglia ci si adatta a discapito dell’innovazione.
3) La famiglia in società primitive ha il compito di tramandare le tradizioni, mentre in società più elevate e
complesse si perde questa funzione
4) Si tende a privilegiare la discendenza più che il rapporto interpersonale tra i coniugi che non è meno
rilevante perché si occupa del funzionamento e la strutturazione della famiglia

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5) La famiglia cambia quando mutano i bisogni, le aspettative, i valori, le aspirazioni ma questo non è un
motivo sufficiente per delineare le tipologie di forme familiari.
6) L’approccio istituzionale mostra scarsi interessi per gli elementi relazionali, soprattutto quelli all’interno
delle famiglie.
7) La struttura sociale della famiglia presenta una forte autonomia rispetto alle condizioni storiche
precedenti, occorre storicizzare e quindi contestualizzare le strutture e le funzioni così da evidenziare le
peculiarità al di là di tratti generali astratti.
8) Il termine “istituzione” ha tantissimi significati ed è difficile trovare un accordo su come questo concetto
deve essere inteso
Nye e Berardo sostengono che definire la famiglia come istituzione sia indispensabile per analizzarla in
maniera equilibrata e realistica.
Quindi la famiglia resta un'istituzione in quando deve stabilire una struttura normativa, la quale si forgia in
ogni società.

3.3 APPROCCIO STRUTTURAL - FUNZIONALISTA


Anni 50 - Approccio diffuso principalmente nei Paesi Occidentali (costituisce una parte rilevante per la
Sociologia della Famiglia). Esso si differenzia dal precedente perché:
1) Non prende in analisi l'Istituzione ma il “Sistema Sociale Famiglia” visto come un insieme di status e ruoli
e aspettative complementari
2) La rete di relazioni che tiene insieme i membri della famiglia deriva da aspettative condizionate dalla
società
La famiglia è pensata attraverso modelli. La famiglia nucleare è ordinata gerarchicamente per età e per
potere e differenziata per il sesso, seguendo l’asse strumentale (lavoro) /espressivo (rapporti interni di
affetto e di cura). La Famiglia va a formare quattro status-ruoli tipici: padre-marito, madre-moglie, figlio
maschio, figlia femmina. Questo sistema permette di avere relazioni funzionali che creano una stabilità
interna e rapporti di adattamento con l’ambiente. La famiglia per funzionare deve avere un comune
sistema normativo: cioè i coniugi devono seguire i valori dominanti della società e interiorizzarli e
continuamente rafforzati = input output; in questo modo la società si rafforza e funziona in modo efficace.
Nei rapporti con l’economia la famiglia dà le proprie risorse economiche, in cambio ha il salario e i beni di
consumo. Sul terreno politico dà lealtà e si adatta alle decisioni della leadership nei rapporti con la
comunità, offre partecipazione e adesione in cambio di aiuto. Infine, per quanto riguarda i modelli esterni
di comportamento si adatta e li accetta conformisticamente (tutti fanno così). Se la famiglia non si
conformasse con le regole della società, non creerebbe armonia all’interno sia del gruppo-famiglia sia del
gruppo-società.
Se si è leali e giusti all’interno della famiglia, si accetterà in egual maniera la società esterna (in tutti gli
ambiti: lavoro…). Per funzionare all’interno della famiglia deve esserci una ripartizione dei ruoli, quest’
ultimi definiscono il comportamento e le aspirazioni di ogni membro. Per adattarsi alla società la famiglia
deve procedere ad una divisione interna del lavoro che segue linee guida di differenziazione -
complementarità.
Bales conduce degli studi sulla differenziazione dei ruoli, su 56 società e da questo emerge che: se la
famiglia vuole essere stabile nel tempo deve differenziare i ruoli. Abbiamo quindi un leader strumentale
(uomo) che deve "guadagnare bene” e assicurare un “buona posizione” alla coppia e un leader espressivo
(donna) che sviluppi capacità relazionali umane, che porti all’interno della casa armonia e che si occupi
della cura dei bambini. Per quanto riguarda questo approccio abbiamo due caratteristiche fondamentali:
1) Ottica ipersocializzata
La divisione sessuale non avviene in base alla natura ma alla divisione del lavoro nei piccoli gruppi,
questo dà luogo ad una eredità culturale (es. la donna si sposerà, avrà dei figli e dovrà occuparsi della
casa.)
2) Carattere olistico

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Si lega al primo punto e si collega con quelli che sono i rapporti esterni alla famiglia. La società pone
quindi delle esigenze pratiche che la famiglia trova solo all'estero. Associare la donna ad un ruolo
espressivo evita una competizione dell'uomo e della donna sul mercato del lavoro. Risulta evidente una
sottovalutazione delle dinamiche intersoggettive.
Parson - la sessualità genitale deve essere controllata e diretta verso delle funzioni, sentimenti, interessi,
aspettative che regoli l’esistenza della famiglia come sotto sistema sociale unitario. La differenziazione dei
ruoli e la struttura gerarchica all’interno della famiglia permettono di “preservare” dal tabu dell’incesto.
Secondo questo approccio la famiglia è considerata un sottosistema, dove si assorbono tutte le tensioni e
frustrazioni della società soprattutto legate al lavoro. La famiglia non può sopravvivere legando le persone
solo entro la sua cerchia relazionale (incesto)
Parson sostiene che la sessualità porti all’aggressività soprattutto nel mondo occidentale.
Durkheim, si basa su un ottica di ambivalenza: tutti i fattori legati alla vita familiare possono portare ad una
coesione interna e allo stesso tempo una minaccia di disgregazione. Per la famiglia moderna è
fondamentale incorporare un sistema di meccanismi interattivi che contribuiscono a conservare i confini e i
valori ultimi del sistema societario.
Cosa pensano gli studiosi di questo filone a proposito dei cambiamenti della famiglia contemporanea?
Affermano che si trovano davanti ad un processo di transizione e di ristrutturazione della famiglia. Questo
approccio ritiene che se si tende a creare un equilibrio tra il ruolo della donna e quello dell’uomo e una
certa permissività nell’educazione dei figli, queste non modificano in modo radicale la presenza della
famiglia nella società. I cambiamenti non determinano un cambiamento drastico dei valori cardine della
famiglia. Le discontinuità che si possono verificare con i mutamenti sociali migliorano le capacità adattive
dei modelli culturali normativi. Questi mutamenti porteranno ad una maggior differenziazione fra i ruoli
coniugali.
3.3.1 RILEVI CRITICI
1) L’idea che la famiglia abbia certi caratteri immutabili e viene vista come agenzia di controllo sociale
strategica e privilegiata
2) Visione eccessivamente “integrazionista” della famiglia
3) La famiglia è scarsamente attrezzata per comprendere le problematiche della solidarietà familiare nella
società contemporanea (es. non è più in grado di far fronte alle tensioni e ai conflitti ) La famiglia,
quindi, non assorbe con successo le tensioni che il singolo porta nella relazione interpersonale.
4) In questo approccio il ruolo femminile è escluso da un’autonoma carriera professionale, la familiarità
familiare è concepita con scarse motivazioni interne, la coesione interna è bastata su un ambiguo
rapporto fra elementi ascritti (es. sentimenti di appartenenza) ed elementi acquisitivi (es. competizione
sul mercato...) questa ambiguità rende precarie le funzioni proprie della famiglia, sia la socializzazione
dei figli che la stabilizzazione psicologica dei coniugi
5) Secondo Parson c’è un integrazione familiare fondata su una stabilità interna e una coerenza tra i
modelli del sistema, questo però risulterebbe semplicista.
6) Difetto di fondo di questo approccio: è considerare la famiglia come un sistema sociale omeostatico, se
si guarda questo da una prospettiva sociologica emerge che la famiglia non può funzionare se la
struttura data deve rispettare certi limiti prestabiliti e controllati
7) La famiglia non è ancora concepita come un sistema adattivo complesso, aperto all’esterno ma capace
anche di un'attività interna
Parson ipotizza un tipo funzionale di famiglia: quella nucleare isolata, acquisitiva e di classe media
rispetto a quella di tipo dominante: la famiglia borghese di accumulazione
Sempre Parson sostiene che la famiglia sia il luogo della socializzazione primaria e che la famiglia
nucleare sia il “soggetto” della mobilità sociale nella società contemporanea, questo pensiero però viene
smentito, perché questa condizione non può durare nel tempo a causa di tensioni, conflitti strutturali
che si generano nella società

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8) La famiglia non può diventare un sottosistema sempre più specializzato nella divisione del lavoro e nella
differenziazione, questo però non è sempre corretto perché se si prevede che la differenziazione dei
ruoli sessuali vada crescendo anziché diminuendo questo viene più spesso confermato che smentito
Bisogna prendere in considerazione la differenze di gender sia nella famiglia sia nella società

3.4 APPROCCIO DELLO SCAMBIO


Domanda: Come si può mantenere l’unità familiare fronte ai conflitti che sorgono nelle contingenze e nei
processi di adattamento più complessi??
Approccio struttural funzionalista sostiene che di fronte a conflitti è il sistema di differenziazione dei ruoli
che genera dei nuovi meccanismi di divisione funzionale del lavoro, i quali ristabiliscono la solidarietà
interna e portano l’integrazione a livelli più elevati. Il sistema dei valori è comune ai membri familiari e
resta invariato nel tempo.
Questa ipotesi è però insoddisfacente perché quando uno o più membri familiari mancano di adempiere
agli obblighi familiari, i conflitti non si risolvono semplicemente attraverso i valori.
Approccio dello scambio = In questo approccio abbiamo due tradizioni, quella francese e quella
nordamericana.
Francese - Durkheim, Mass, Levì Strauss Questa mette in rilievo gli aspetti collettivi e simbolici dello
scambio
In questo caso la Famiglia nasce dallo scambio dovuto a esigenze collettive e normative
Nord America - Homans, Blau, Kelley, Buckley…Ritiene che il comportamento dell’uomo va compreso in
relazione ai suoi bisogni e ai processi sociali messi in atto per soddisfarli, attraverso scambi - Reciprocità dei
partecipanti
Per questi la famiglia nasce per esigenze personali di gratificazioni
Famiglia considerata come uno scambio complesso di attività mutuamente ricompensanti.
In breve, le norme morali familiari istigate dalle azioni che i membri mettono in atto in atto come
contraccambio del benefici ricevuti e come “servizio” per ottenere gratificazioni future.
Secondo i Nord Americani le relazioni all’interno della famiglia e fuori non sono diverse ma in una possono
prevalere certi aspetti piuttosto che altri e viceversa. Risultato = la famiglia viene intesa come mercato.
Non solo il matrimonio ma tutta la vita coniugale viene affrontata come un “affare” nel quale la stabilità
viene assicurata dal fatto che un coniuge cerca di gratificare l’altro allo scopo di ricevere a sua volta una
ricompensa.
Questo modello viene sintetizzato in uno schema operazionalizzabile che si suddivide in due assi:
1) Diritti/doveri di ogni coniuge
2) Dimensione strumentali/espressive
L’uomo conferisce lo status sociale alla moglie e ai figli che da lui dipendono.
1) L’uomo adempie ai suoi doveri economici = La moglie acquisisce i suoi diritti strumentali (Status,
reddito..)
2) La donna adempie i suoi doveri familiari (curare i figli, pulire la casa..) = l’uomo riterrà che i suoi sforzi
siano riconosciuti
3) Quanto più la moglie ritiene che i suoi diritti economici siano stati soddisfatti, tanto più positivamente
creerà relazioni primarie
4) Se il punto precedente c’è, il marito si ritiene contento per i suoi diritti espressivi e di conseguenza
adempie ai suoi dovrei espressivi
5) Quanto più la moglie è contenta dei suoi diritti espressivi tanto più sarà motivata nel perseguire i suoi
doveri espressivi
6) Se ogni coniuge è soddisfatto nei suoi diritti strumentali ed espressivi più è probabile che ci siano
sentimenti di gratificazione verso l’altro

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7) Se c’è il punto precedente il marito è più propenso a continuare ad adempiere ai suoi doveri economici
e di conseguenza maggiori saranno i sentimenti di solidarietà e coesione, la motivazione a mantenere la
sua famiglia e la sua stabilità.
Così il sistema delle interazioni si chiude. Questo approccio mostra a quali riduzionismi una certa sociologia
può arrivare. Viene citato ha avuto una grande influenza anche se si può considerare un approccio ridicolo.
Oggi questo approccio si tende a portarlo sulle relazioni fra le generazioni, genitori e figli supponendo che
tra i due ci sia un “contratto scritto”. Questo approccio definisce la società come: società essenzialmente
basata sull’ideologia dello scambio.
Secondo questo approccio la ragione dei conflitti è dovuta a mancati adempimenti di ruolo nelle reciproche
prestazioni, anche economiche. Tali ragioni sono alla base delle spiegazioni e dei divorzi ma costituiscono
anche una componente rilevante per le patologie di coppia.
3.4.1 RILEVI CRITICI
1) La sociologia del secolo scorso aveva chiarito che è in generale errato porre lo scambio come fattore
costitutivo originario di una comunità
2) Questo approccio non coglie le dinamiche più profonde della famiglia
3) Non bisogna utilizzare questo approccio in modo isolato, ma cercare di integrarlo con altri approcci
4) Ogni atto di scambio non dovrebbe essere visto come un “affare” e quindi come atto di negoziazione ma
come un fatto ben più generale e significativo di comunicazione umana
5) Lévi Strauss - sostiene che lo scambio che segna la vita familiare è prima di tutto morale, quindi, bisogna
mantenere aperto l'orizzonte della piena reciprocità fra le persone coinvolte.

3.5 APPROCCIO MARXISTA


Karl Marx: La famiglia secondo lui sarebbe nata con la proprietà privata dei mezzi di produzione e con lo
Stato che garantisce lo sfruttamento di classe nella società, e della donna e dei figli nella famiglia. Marx
sostiene che tutto è iniziato con l’assenza della famiglia (si parla di promiscuità o commercio sessuale
illimitato. In seguito, sarebbe apparso il tabù dell’incesto (Levi Strauss lo considera il segno del passaggio
organico da natura a cultura), Marx chiama questa tipologia di famiglia come famiglia consanguinea. Dopo
questa succederebbe poi la famiglia di coppia, nella quale l’uomo e la donna vivrebbero insieme - la
poligamia e l’occasione di infedeltà sono un diritto per il maschio e i figli apparterrebbero solo alla madre.
Abbiamo poi la famiglia monogamica, caratterizzata dal fatto che l’uomo si lega al matrimonio solo per
creare una discendenza per il suo patrimonio. Quando nasce quest’ ultima famiglia siamo dentro
all’economia capitalista.
1) Marx sostiene che la famiglia è solo e soltanto un prodotto storico, come è nata in un certo momento
potrebbe essere eliminata.
2) La famiglia nasca e stabilisca le sue varie forme di solidarietà interna sulla base della differenziazione
biologica tra i sessi
3) La famiglia riflette sempre in sé stessa
4) La famiglia sarebbe considerata una sovrastruttura della società
5) Famiglia = “modo di produzione”
6) Il tema centrale di questo approccio è mostrare come la famiglia sia la principale fonte di trasmissione
della disuguaglianza sociale basata sullo sfruttamento della donna e la repressione delle nuove
generazioni
7) Marx e Engels - Necessità di abolire la famiglia come forma di vita che riproduce le basi dell’economia
8) La famiglia del futuro consisterà nella pura/semplice coppia legata dall’amore erotico individuale
9) Bebel e Lenin sostengono che l’emancipazione femminile dovrà inevitabilmente portare alla
eliminazione della famiglia borghese
10) Questo approccio non viene considerato uno statuto scientifico sufficientemente consistente

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Esperienza storica delle società dalla Rivoluzione d’Ottobre (1917). Le politiche familiari volevano indebolire
l’autonomia della famiglia tradizionale. Nei primi tempi della rivoluzione lo Stato aveva dichiarato di volersi
occupare dell’educazione dei bambini e dei giovani, trasformando il matrimonio in qualcosa di prettamente
privato, rendendolo più facile al divorzio, legalizzando l’aborto. Conseguente a questo ci fu un calo della
natalità, un diffondersi dell’anomia e della criminalità. Ci si rese anche conto che le leggi che c’erano sulla
famiglia e sul matrimonio non erano sufficienti per emancipare la donna.
1936 la legislazione sovietica pone delle restrizioni che ricostruiscono la famiglia come istituzione sociale,
per quanto priva di funzioni economiche produttive e di socializzazione. Da questo momento in poi però la
famiglia è apparsa come il principale punto di riferimento. Anche i sociologi marxisti accademici dicevano
che sforzarsi di rendere l'opinione pubblica favorevole all’idea di formare una famiglia e di allevare dei
bambini deve far parte dell’educazione comunista. La famiglia è sempre un gruppo sociale altamente
solidale, più integrato e dotato di compiti di quanto non sia nei paesi capitalistici occidentali.
Nella perestrojka di Gorbaciov, si vede il riaffermarsi della famiglia come soggetto sociale in tutti i campi di
attività, dall’artigianato al commercio, dall’agricoltura ai servizi del terziario e in tutti le funzioni di vita
quotidiana. La famiglia, anche a dominanza socialista, non è e non può essere concepita come un semplice
riflesso dei rapporti di produzione e in generale delle basi materiali della società.
3.5.1 RILEVI CRITICI
1) La famiglia secondo questo approccio è un raggruppamento sociale a sé rispetto alla società e tale da
possedere dinamismo sociologico proprio.
2) Marx considera la famiglia come un’istituzione puramente storica
3) La società non può funzionare quando la solidarietà familiare è basata unicamente sull’amore sessuale
individuale. Non si può fare affidamento sul “libero amore” come garanzia di durevole convivenza
sociale. Il mancato rispetto di questi doveri porta inevitabilmente a conflitti, delusioni, frustrazioni
nonché a forme di sfruttamento
4) La teoria marxiana non spiega il perché la divisione del lavoro intrafamiliare persista: si pensa che sia
legato alla scuola e alle differenti forme familiari, questo però non spiega la divisione anche di fronte ad
un educazione egualitaria
5) Il pensiero di Marx è importante per la comprensione dei limiti che le politiche sociali ed economiche
hanno nei riguardi della famiglia

3.6 APPROCCIO INTERAZIONISTA


Questo approccio lascia da parte i problemi storici e macrostrutturali che si presentano negli approcci
precedenti. La famiglia viene considerata come unità di persone interagenti (senza far riferimento a vincoli
legali e dimensioni particolari. La famiglia viene quindi interpretata alla luce delle interazioni simboliche. La
maggior parte degli interazionisti minimizza l’importanza delle strutture sociali e si concentra sugli
atteggiamenti - comportamentali dei membri individuali. All'interno della famiglia i valori, le norme
vengono interiorizzate e rafforzate da ogni membro che poi trasmetterà a sua volta alla propria famiglia. I
problemi e le incompatibilità venivano eliminate.
Opera di Burgess e Locke - La famiglia companionship - Sostengono che la famiglia, nel corso del processo di
modernizzazione, si trasformi da istituzione in una “comunità di amicizia”
Sostengono che la famiglia va a riorganizzarsi su elementi costituiti dal dare e dal ricevere affetto,
dall'uguaglianza fra marito e moglie e da un comportamento democratico nelle decisioni familiari.
L’obiettivo è quello di uno sviluppo della personalità di ciascun membro e nell’aspettativa condivisa. La
divisione del lavoro diventa flessibile, spontanea ed egualitaria: essa avviene per mutuo accordo e non per
pressioni esterne. La creatività è molto importante in una famiglia, questo stimolerebbe all’assunzione di
responsabilità come “miglior padre” o "miglior madre” possibile. Chi, oggi ripropone questo approccio,
viene visto come una persona che non ha una visione abbastanza completa della realtà.
Ci sono delle versioni di carattere più psicologico:

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1) Mostra la capacità adattiva della famiglia che deve essere quindi “unificata dinamicamente” e questo
può farlo solo sul consenso di tutti i membri, da generarsi momento per momento e situazione per
situazione (ricerca di uno stile cooperativo)
2) Questo approccio è stato favorito dall’aumento di mobilità familiare e quindi la famiglia si è ritrovata in
condizioni di maggiore isolamento e di conseguenza una minor partecipazione con l’esterno
3) L’indice di potere decisionale è egualitario da moglie e marito, anche se la moglie ha un lavoro
professionale e l’autorità del marito diminuisce
I processi decisionali egualitari non sono indice di una maggior solidarietà. L’intensità della solidarietà
familiare è caratterizzata dall’apertura, la ripartizione e la partecipazione.
3.6.1 RILEVI CRITICI
Questo approccio non è legato da schemi concettuali di tipo aprioristico. I vantaggi di questo stanno nel
concepire la famiglia in modo flessibile e contestuale. Gli svantaggi:
1) Questo approccio si concentra principalmente sulle relazioni e ruoli all’interno della famiglia e non tiene
conto dell’esterno: questo non coincide con la realtà, perché non si possono avere dei modelli ideali di
ruoli all'interno della famiglia
2) La felicità personale non deriva solo dall’essere coppia e dal rapporto con i figli, c’è qualcos’altro
3) Secondo questo approccio i membri della famiglia sono come attori: analizzare la famiglia così, può però
avere dei limiti anche se ci permette di valutare dei fenomeni all’ apparenza “nascosi” (es. malattie
mentali)
4) Questo approccio risulta insufficiente anche se ad oggi ci sono dei tentativi di estensione

3.7 APPROCCIO DELLO SVILUPPO (developmental)


Questo approccio studia la famiglia ed è quello più recente. Cerca di mostrare come la configurazione della
famiglia si modifichi nel tempo a seconda della particolare fase del ciclo di vita, che, come famiglia, si trova
a dover fronteggiare. Le fasi del ciclo di vita sono:
1) La coppia per coniugale
2) La coppia coniugale senza figli
3) La coppia con figli piccoli
4) La coppia con figli adulti, ma ancora conviventi con i genitori
5) La coppia adulto-anziana senza figli (usciti di casa)
I bisogni e i compiti si sviluppano lungo il corso di esistenza della famiglia sia dal punto di vista qualitativo
che quantitativo. L’essenza di questo approccio risiede nell’applicazione simultanea di due concetti: quello
del ciclo di vita e quello di “compito di sviluppo”
Ciclo di vita = visione della famiglia come sistema vivente in sé stesso il quale nasce, si sviluppa e muore
“Compito di sviluppo” = è più legato all’individuo come tale e alle differenze di genere e quindi intende
indicare e descrivere le reti familiari come incroci di percorsi individuali di vita facendo particolare
attenzione all’età e al sesso.
Con il concetto di sviluppo si intende che la famiglia ha una storia e dei quindi dei processi di
differenziazione e trasformazione. La famiglia ha una sua dinamica di vita che in parte è biologica e in parte
culturalmente forgiata dal rapporto con l’ambiente. Il sistema - famiglia è un sistema adattivo complesso,
semi - aperto nel quale possiamo trovare dei cambiamenti delle strutture interne, delle funzioni e dei
comportamenti. Si parla di Tempo Familiare cioè la sequenza di fasi determinate interamente dalle
domande dei singoli membri (bisogni psicologici, biologici e sociali) ed esternamente dalla società (es.
aspettative sociali…)
Reuben Hill; ci sono quattro pre-requisiti di esistenza della famiglia
1) Interdipendenza dei membri
La comparsa o la scomparsa o il cambiamento di comportamento di un membro della famiglia porta ad
un cambiamento nel comportamento di tutti

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2) Mantenimento selettivo dei confini
Si parla di unità semi-chiusa ma con problemi di mantenimento dei confini con un atteggiamento
selettivo nelle relazioni con l'esterno
3) Capacità di adattarsi al cambiamento
Si parla di organizzazione altamente adattiva sempre alla ricerca di un equilibrio dinamico. Il sistema
famiglia dispone di meccanismi di feedback positivo o meccanismi di feedback negativo (che devono
essere tenuti sotto controllo se si vuole che il sistema sopravviva
4) Espletare i compiti di ruolo
La famiglia è un sistema che deve reggersi su un difficile equilibrio tra richieste delle agenzie esterne e
quelle interne
La famiglia è governata da un principio di massima adattabilità che si basa su due pilastri principali:
1) Il primo consiste nel considerare la famiglia come un insieme interdipendente di relazioni complesse con
un'organizzazione flessibile
2) Il secondo consiste nel focalizzare ogni attività familiare come lavoro, ossia come selezione che deve
essere operata in chiave di “compito di sviluppo”
I compiti all’interno della famiglia nascono in un certo momento della vita individuale e costituiscono una
sfida allo sviluppo del singolo, della coppia e dei gruppi primari. La realizzazione positiva di questi porta alla
felicità e al successo nei compiti successivi. Il fallimento porta all’infelicità, alla disapprovazione della
società e una maggior difficoltà nelle fasi successive. I conflitti nascono perché non si sviluppa un adeguata
competenza nelle capacità di assolvere i compiti familiari. Questo approccio mette in luce come, di fronte al
progresso sociale non vi è stata una corrispondente “professionalizzazione” dei ruoli coniugali. In alcune
ricerche emerge che oggi la maggior parte delle giovani coppie, si sente impreparata e inadeguata nel suo
ruolo. Qui emerge la conflittualità di coppia che sfocia in separazioni e divorzi soprattutto nei primi anni di
matrimonio. Per comprendere come la famiglia possa essere formata su solide basi e vivere in armonia e
stabilità bisogna distinguere alcuni stadi di vita del menage (andare a convivere insieme, la nascita del
primo figlio...) La famiglia non è mai uniforme, in ogni momento ha un compito di sviluppo differente. Nelle
società semplici si parla di “riti di passaggio”, questo approccio mette in rilievo che qualcosa di simile
accade anche oggi nella nostra società, anche se oggi si tende ad eliminare il problema. In questi momenti
di transizione c’è un rischio: gli eventi critici che possiamo distinguere in normativi (es. nascita di un figlio...)
e non normativi (es. la morte di un membro). Questi eventi possono diventare dei veri e propri fattori
stressanti. Modelli di analisi e di intervento sulla famiglia: Modello circonflesso dei sistemi familiari - Olson,
Sprenkle e Russel; questo colloca la famiglia all’interno di una matrice circonflessa creata a partire da due
assi principali:
1) Adattabilità (da alta a bassa): Capacità di un sistema familiare o di coppia di cambiare le proprie
strutture di potere, i ruoli, le regole in riposta ad una situazione di sviluppo e di stress (si può valutare
l'adattabilità considerando: il potere familiare, gli schemi relazionali)
2) Coesione (da alta a bassa): Il concetto di coesione riporta ad altri due:
a) I vincoli emozionali che legano reciprocamente i membri della famiglia e il grado di autonomia
personale: un’eccessiva identificazione con la famiglia limita l’autonomia personale (famiglia
invischiata)
b) Esistenza di legami troppo deboli porta all’accentuazione dell’autonomia personale (famiglia
disimpegnata)
Grazie a questo modello si identificano 16 tipologie di famiglie;
1) Quattro tipi che si situano nell’area centrale costituiscono i tipi bilanciati
2) Quattro tipi che si collocano nell’area più esterna vengono definiti tipi estremi
3) Restanti otto vengono considerati tipi intermedi
Questi eventi critici e stressanti possono ricondurre alle “fasi del ciclo di vita familiare":
1) Momento di formazione della famiglia (es. scelta del compagno...)
2) Quello della nascita del primo figlio (e dei successivi, con tutte le difficoltà...)

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3) Quello di scontro tra genitori e figli che stanno cercando di costruire la loro autonomia
4) L'uscita dei figli dal nucleo e riduzione della famiglia ai coniugi anziani soli (“nido vuoto”)
Si parla di fasi perché si vuole mettere l'accento sul carattere di passaggio, di transizione e di processo.
Sulla base dell’approccio dello sviluppo sono state sviluppate negli ultimi anni due linee di analisi - azione -
intervento:
1) “Studio sullo stress e la crisi della famiglia”
2) “Studi sulla risoluzione dei problemi familiari”
3) “Le famiglie riescono meglio a risolvere i loro problemi quanto più esse stabiliscono modelli di vita
quotidiana che sono elastici cioè allo stesso tempo coesivi e flessibili, e quanto più tali modelli sono
trasparenti e comunicabili”
Un modello tra i più interessanti va segnalato il “modello ABCX” formulato da Hill. Esso definisce un modo
per descrivere e comprendere i processi nei quali un certo evento stressante in presenza di certe risorse
interne ed esterne che possono essere disponibili o essere attivate dalla famiglia e in rapporto a una certa
definizione che la famiglia dà della sua situazione porta all’insorgenza di una crisi familiare. Questo
approccio enfatizza la prospettiva secondo cui la strutturazione familiare deve adeguarsi al contesto e alle
capacità. Tutti i membri del gruppo entrano nelle varie fasi del processo decisionale a seconda delle loro
capacità di assolvere i diversi compiti. La famiglia in questo approccio viene caratterizzata da un agire
democratico basato su condivisione di fondamentali valori comuni assieme ad una reciprocità nelle
condotte di vita, ispirate all’eguaglianza dei diritti-doveri nella coppia.
3.7.1 RILEVI CRITICI
La famiglia è un compito di sviluppo integrale della persona così come dei rapporti intersoggettivi. La
gestione delle relazioni interne è dinamica e quindi mutevole e necessita capacità di adattamento ad opera
di tutti i soggetti interagenti. Così sarà efficace e produttiva di sviluppo. Il privatismo e la carriera sono
termini e vicoli che definiscono la vita famigliare. L’approccio developmental mette in risalto l'esistenza di
“punti deboli nella vita della famiglia” ossia momenti di particolare difficoltà di transizione che sono stati
scarsamente analizzati nelle società moderne e anche adesso tendono ad essere rimossi. Sono momenti
intrinseci alla storia della famiglia: la nascita di un figlio, il cambiamento nella professione di un coniuge,
uscita di un figlio dalla famiglia.
La famiglia è concretamente fatta di queste definizioni della situazione e dei compiti che sovrastano i
membri e di come essi cercano di risolverli individualmente e relazionalmente e di quali siano gli esiti e le
conseguenze di tutto questo, sia sui singoli, che sul gruppo domestico che sull’intera società.

CAPITOLO 4 – I RECENTI APPROCCI COMUNICAZIONALI E NERO-FUNZIONALISTICI:


RIPENSARE LA FAMIGLIA COME RELAZIONALE SOCIALE
4.1 RECENTI TENDENZE NELL’ANALISI SOCIOLOGICA DELLA FAMIGLIA
Negli ultimi anni è emersa una diffusa e forte tendenza a trattare la famiglia come pura comunicazione. La
spiegazione su come la famiglia va a modificarsi assume una “singolare” connotazione biologica; i
meccanismi comunicativi infatti vengono trattati “biologicamente”. La famiglia è un organismo che muta
secondo una logica che include, assieme alla necessità, il caso e l’interdeterminazione. Le teorie
sociologiche che seguono questo pensiero vengono denominate comunicazionali neo-funzionaliste. da una
parte esse riflettono il tradizionale punto di vista positivistico, dall’altra emerge un nuovo positivismo che
intende la realtà come costruzione dell’osservatore ,quindi guida le trasformazioni della famiglia.
L’approccio intende collocare la sociologia della famiglia su uno sfondo epistemologico e metodologico
(biologico e comunicazionale) che mette in una condizione di instabilità la cultura (insieme di valori, norme
trasmesse dalle varie generazioni che sono decisivi nell’orientare i comportamenti e le strutture familiari).
La famiglia quindi si riduce ai processi di comunicazione, sia quelli interni che quelli esterni. I significati e i

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simboli verrebbero auto-creati nel corso delle interazioni. Queste considerazioni si rifanno a scienze più
avanzate come: La scienza della Mente (Mind) infatti si parla di Family Mind. Lo sfondo epistemologico si
basa sul funzionalismo radicalizzato, il quale assume come metodo il seguente quadro:
1) La famiglia non è qualcosa che esiste di fatto, ma è innanzitutto un problema che deve essere indagato a
partire da un atteggiamento
2) Si devono poter comparare anche elementi che non si possono comprare come forme o aspetti di vita
3) La famiglia deve avere delle possibili alternative in base alle esigenze
L’approccio di cui si parla è costruttivista: la famiglia è ciò che l’osservatore costruisce in interazione con il
sistema osservato. A volte però l’approccio può essere anche essere di tipo internazionale:
1) L’attore sociale è considerato come soggetto attivo
2) L'osservatore rimane esterno al sistema osservato
3) La comprensione dei processi comunicativi deve far ricorso a metà-punti di vista
Ma le teorie negano questo aspetto dell’approccio in quanto sostengono che l’attore possa dare senso
autonomo alle relazioni, sostengono che l’osservatore e l’osservato diventano una cosa sola e negano che si
possa far ricorso a metà-punti di vista. La famiglia non è un gruppo chiuso ma deve essere rivolta verso
l’esterno, a partire dalla coppia. Se non si ha questo atteggiamento, non ha senso parlare di famiglia perché
imploderebbe su sé stessa. Qui si fa riferimento all’approccio di Marx ed Hegel. La famiglia deve essere
qualcosa di relazionale sia all’interno che all’esterno. L’approccio relazionale però non si limita solo alla
comunicazione ma cerca di definire un paradigma di rete, che verrà analizzato nei paragrafi successivi.

4.2 L’APPROCCIO NEO-FUNZIONALISTA SISTEMICO ALLA FAMIGLIA


Questo approccio ha raccolto in modo sintetico tutti i differenti modi di intendere la famiglia; tutto questo
va a dichiarare ormai inevitabile la riduzione della famiglia a a una pura convivenza quotidiana e un
semplice sistema interattivo.
4.2.1 LA TESI DELLA “FAMIGLIA COME PURA COMUNICAZIONE”
L’approccio comunicazionista mette da parte tutte le teorie che non considerano la famiglia come un
“piano di eventi comunicazionali”. Luhman sostiene che il sistema sociale della famiglia consista in
comunicazione e solo di comunicazione, non di persone e neanche di “relazioni” o di ruoli. La famiglia viene
interpretata come oggetto insieme immateriale e paradossale. In una società differenziata funzionalmente,
la famiglia diventa quel luogo in cui ci si aspetta che accada qualcosa ritenuta impossibile in altri luoghi:
1) È rilevante la “persona sociale” la famiglia divenire il punto di riferimento personale per la
comunicazione
2) Non si può non comunicare colui che viene interpellato deve giustificare i motivi per cui non risponde
Si parla di densità comunicativa del sistema - famiglia, ossia il fatto che in essa viene resa permanente
l'osservazione di osservazioni. In questo sistema viene prodotta una tensione psicologica da qui si possono
comprendere i vantaggi e gli svantaggi. La famiglia è un sistema chiuso nel senso di un sistema autopoietico
sui generis. Dire chiuso non significa che non abbia relazioni con l’esterno ma che può comunicare solo su
quello che produce, ma ovviamente è aperta agli scambi interattivi con l’esterno con la forma di input
informazionali. La famiglia ha un carattere “strutturalistico” cioè è basata su un meccanismo che opera
secondo una “biologia” della Mente: è il meccanismo della re - entry che consiste nel far rientrare i
comportamenti interni ed esterni per differenziarli al proprio interno; quindi, si distinguono le persone
come diverse l’una dall’altra. (considera ciò che è esterno come interno). La famiglia si deve stabilizzare
attraverso la continua osservazione di osservazioni. In famiglia non si può non rispondere e ogni
comportamento è una comunicazione; quindi, la famiglia è una comunicazione sulle proprie
comunicazione. (autogenerarsi). La famiglia comporta anche problemi e difficoltà: gli opposti vengono posti
sullo stesso piano (es. altruismo ed egoismo, vizio e virtù) si parla di famiglia carefully careless

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(“accuratamente incurante” tutto è importante anche se in apparenza può essere superficiale) si usano gli
opposti come equivalenti. La famiglia quindi non si lega a schemi prefissati. La famiglia si adatta a sé stessa.
4.2.2 LA TESI DELLA FAMIGLIA NON COME SOTTO - SISTEMA SOCIETARIO MA COME “PURO SISTEMA
INTERATTIVO”
La comunicazione familiare non è espressione di un sistema sociale e culturale, che ha una struttura
definita o predefinita. Questa comunicazione è di tipo faccia a faccia. La teoria generale ci permette di
comprendere meglio quello sopra citato, essa descrive e interpreta l’evoluzione storica come successione di
tre forme della differenziazione sociale
1) Differenziazione segmentaria: Corrisponde alla società primitive (ad esempio, tribù) che sono uniformi
tra loro
2) Differenziazione stratificata: In cui i sistemi sociali sono definiti sono distinti per rango (strati)
3) Differenziazione funzionale: Cioè quella dell’epoca moderna (qui non è più chiaro cosa succede alla
famiglia)
Secondo Parson la famiglia diventa un sottosistema sociale specializzato in due funzioni societarie che non
sono privatizzabili anche se sono gestite dal privato. Luhmann non è d’accordo. Per questo bisogna chiarire
la distinzione tra sistemi sociali detti società e sistemi sociali detti interazione.
1) Società
Le società sono sistemi sociali che abbracciano tutta la comunicazione possibile ma nessuna
comunicazione significativa. Le società si espandono o si restringono secondo i potenziali di
comunicazione. Evolvono ma non si adattano perché non sono condizionate dall’ambiente.
2) Interazioni
Il loro ambiente è formato da comunicazioni che non possono essere controllate dal sistema. Hanno
bisogno di confini sociali, sono interazioni faccia a faccia e usano la presenza delle persone come
strumento per definire un confine. Le interazioni si adattano alle condizioni sociali esterne con la presa
in considerazione e il tener conto dei ruoli esterni di chi vi partecipa. Questi sistemi non sono evolutivi
ma adattativi. I loro confini sono altamente permeabili. Qui si internalizzano i comportamenti
appropriati. La famiglia moderna è considerata oggi un sistema di interazioni
La teoria sostiene che ci sia una forte differenziazione tra questi due sistemi sociali, la società diventa
sempre più società, le interazioni diventano sempre più interazioni. Qui possiamo trovare sia dei limiti ma
anche delle opportunità di crescita. Con il tempo ogni sistema sociale sarà più equipaggiato e sempre più
complesso. L’interazione sarà capace in misura crescente di realizzare possibilità di riflessività sociale e di
intimità non essendo più sovraccaricata dalla funzione di riproduzione, né costretta ad assumersi delle
responsabilità. La famiglia non può più essere un sottosistema societario, perché si autoregola e non ha
bisogno di indicazioni da parte della società. Per avere un ruolo all’interno della società bisogna avere un
ruolo nella famiglia ma questo non determina la cittadinanza. La famiglia in questo modo viene
spoliticizzata. Le famiglie in passato vivevano di drammi, tragedie ma anche di relazioni forti e autentiche,
quelle di oggi invece sono l’opposto. Ora si deve procedere in maniera intenzionalmente non intenzionale,
cioè non bisogna avere orientamenti, ordini e non bisogna neanche essere sinceri, così facendo si sta dando
l’impressione di nascondere qualcosa.
Questo non vuol dire che non ci siano regole. Si lascia il vecchio per un qualcosa di nuovo, indefinito e
complesso.
4.2.3 LA TESI DELLA SOCIALIZZAZIONE INFANTILE COME “RELAZIONE PARADOSSALE E DEL TUTTO
IMPROBABILE"
È impossibile un dialogo tra genitori e figli e quindi quest’ultimi si staccano dalla famiglia. la coppia quindi
diventa solo comunicazione. I genitori troppo rigidi e quindi attaccati alle regole genererebbero pericolose
patologie e devianze. La famiglia, quindi, non è più vista come una cosa vantaggiosa, perde di forza e
quindi si riduce di dimensioni e di funzione. Ogni membro della famiglia si gestisce da solo. Dal punto di

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vista sociologico la famiglia, trova un suo equilibrio relazionale tra coinvolgimento e distacco, soggetto e
oggetto nella continua ricostruzione anche conflittuale del privato anche all’interno della famiglia.

4.3 I VANTAGGI DEL NUOVO APPROCCIO


1) Approccio ci aiuta a comprendere certe continuità e discontinuità nel concetto storico di famiglia
2) Ci aiuta a comprendere come la famiglia nonostante la crisi, sia sempre più famiglia: da un altro in
quanto aumenta la sua autonomia anche se dipende dall’ambiente esterno dall’altro in quanto c’è un
andare oltre i semplici condizionamenti della società

4.4 RILIEVI CRITICI ALL’APPROCCIO COMUNICAZIONALE NEO - FUNZIONALISTA


1) La famiglia come sistema sociale non può essere solo comunicazione slegata dal resto della realtà
perché è elaborazione di modelli culturali e la tendenza alla strutturazione cioè è piena relazionalità
anche se con modalità parziali
2) Non si discute del fatto che senza avere valori e norme che definiscono i confini tra l'io e l’altro non ci
può essere comunicazione. L’esperienza e il vissuto vengono comunicati solo se chi li dice li dice
davvero, non lo fa solo perché deve comunicare
3) Si pensa che la famiglia di un tempo sia stata più autarchica di quella odierna, ma questa tesi è stata
smentita da tempo
4) La tesi che afferma che la famiglia può assolvere la sua funzione non essendo riconducibile a un
sottosistema societario che unisca cioè le famiglie in base a uguali valori e interessi è paradossale. La
reciprocità è un medium proprio della famiglia e che può essere esteso all’intera società
5) I genitori non possono essere più ritenuti responsabili del loro “prodotto” di come sono e di come
saranno fatti i figli, sotto il profilo psico - culturale e di come saranno o meno esserci socializzanti

4.5 NUOVI INDIRIZZI DI ANALISI NELLA SOCIOLOGIA DELLA FAMIGLIA


In questi approcci sociologici ci sono delle insufficienze, questi configurano in modo da non poter
comprendere come la famiglia sia una relazione sociale piena, soggetta a differenziazione. Differenziazione
non significa totale privatizzazione. Se la famiglia non avesse cittadinanza le società andrebbero incontro a
grossi problemi. La famiglia come unità empirica cioè come aggregato domestico è il soggetto primario dei
servizi di vita quotidiana e si capisce il suo ruolo insostituibile agli effetti di un più elevato livello di salute.
(la famiglia si prende cura dei singoli individui e viceversa, tutto a 360°). Avere un certo tipo di famiglia
anziché un altro è sempre più rilevante se si pensa ai modi e alle opportunità con cui si entra e si sta nella
società, lo sanno bene gli operatori sociali che ogni giorni hanno a che fare con le famiglie. Rispetto al
passato questa situazione si è modificata, infatti nelle relazioni familiari c’è un grado elevato di contingenza,
l’attore sociale diventa un soggetto più esterno (azioni più libere) la normatività non è solo pressione
esterna e coercitiva ma è anche tensione interna ai processi come tali. Nasce una nuova normatività
all’interno degli individui, le famiglie devono elaborare uno stile comunicativo e strategico che fa appello a
regole sostanziali di vita. (agire per costruire mete). Bisogna però stare attenti a chi valuta la famiglia in
modo positivo come sistema di orientamento della persona perché quest'ottica è falsamente
"personalistica". La famiglia mantiene intatta la persona mentre la società la spezzetta. (cosa falsa). Oggi,
infatti, la famiglia sa che in questo compito non può riuscire. Quello che deve fare la famiglia alla fine è
mettere le persone nella società, mantenendo però la persona, come persona. La famiglia, quindi, è una
privatizzazione all’interno della società. (sottosistema della società)
Convivenza di coabitazione e la famiglia sono due realtà coincidenti:
Convivenza di coabitazione = gruppo di persone con cui si convive (es, household)
Famiglia = insieme di relazioni e ci consanguineità, parentela e affinità
Negli ultimi 20/30 anni c’è stato uno spostamento di interessi dalla famiglia alla coppia

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Osservare la famiglia come rete è un compito difficile anche se è sempre più evidente l’importanza di
concepire la famiglia come rete informale di sostegno, intrecciate con i servizi formali.
Prima della famiglia si conosceva tutto, ad oggi i membri delle famiglie estese e modificate non si
conoscono quasi perché non vivono neanche assieme.
Le separazioni non tengono conto del fatto che i figli soffrono quando vivono lontani da uno dei genitori.
Nella famiglia odierna non cresce il linguaggio parlato (dialogo) ma qualcosa di contrario: ci si affida troppo
ai social non al linguaggio tra persone. Negli ultimi anni sono diventati preoccupanti i segnali di incapacità
comunicativa e debolezza relazionale.
La famiglia è un sistema relazionale di cura reciproca nella vita quotidiana che è tale per tutti coloro che
vivono una famiglia (95% della popolazione Italiana)
Questo codice simbolico viene ridotto al codice comunicativo della coppia e di ciò che gira intorno ad essa.

4.6 COMPRENDERE E DEFINIRE LA FAMIGLIA IN QUANTO RELAZIONE SOCIALE


Nella società e nelle famiglie c’è una nuova relazionalità. La famiglia può e deve essere definita in base alla
presenza di entrambe o una delle due relazioni - base: relazione coniugale e quella di filiazione. Queste
relazioni possono subire dei processi di morfogenesi (cambiano). L’abitare insieme è l’elemento
caratterizzante della famiglia. La famiglia può essere
1) Famiglia senza nucleo: (senza nucleo quindi senza legami di coppia né di filiazione.
2) Famiglie con un solo nucleo: coppia o singoli con figlio/i o solo coppia
3) Famiglia con due o più nuclei: più coppie aventi o meno dei figli e anche coppie e o singoli con figli
Nel sistema giuridico italiano la famiglia è e resta una “società naturale fondata sul matrimonio” (art.28
costituzione). Da un punto di vista sociologico la relazione coniugale può essere di molti tipi così come
quella di filiazione: coppie, conviventi…figli propri, figli adottati, partner con figli avuti da relazioni
precedenti. Le relazioni all'interno della famiglia possono non essere lineari. Oggi → le famiglie cambiano
molto velocemente, sia dal punto di vista delle esperienze, dei vissuti, psicologicamente. In Italia ci sono
comunque tante famiglie tradizionali, però c’è uno sfilacciarsi delle relazioni che sono sempre variabili e
senza regole e per questo manipolabili. Perché la famiglia è un fenomeno social? Cosa c’è di sociale nella
famiglia? Il sociale sta nelle stesse relazioni di cui è fatta, queste relazioni sono:
1) Relazioni intersoggettive (empatiche e comunicative) che la costituiscono come gruppo di mondo vitale
2) Relazioni strutturali (vincoli che sono generati dalle sub-culture e dalle aspettative del sistema sociale di
appartenenza) che la costituiscono come istituzione sociale
Sia nelle une che nelle altre la relazione deve essere:
1) Intesa come riferimento di senso - simbolico - intenzionale (relazione come refero) elaborato sia nel
privato che nella cultura di appartenenza.
-Refero significa ritiro-
2) Legame reciproco (relazione come re-ligo) -re ligo significa scegliere-
Le varie dimensioni sono autonome ma anche interdipendenti. Nella famiglia c’è tutto questo.La famiglia è
un complesso di relazioni che continua a modificarsi in simboli, valori, aspettative e tutto questo ci fa capire
come ci possono essere dei problemi proprio per la sua complessità, ma la famiglia si sa anche
riorganizzare; tutto questo ci dice che non possiamo ridurre la famiglia a un codice simbolico privo di
contenuto sociale.

4.7 CONCLUSIONI
La famiglia deve essere interpretata come una relazione ambivalente fra natura e cultura, fra pubblico e
privato tra interazione e società… il costruttivismo non può. La famiglia può essere definita come un
sistema sociale vivente che connette sessi e generazioni secondo modi di vita che corrispondono a precise
sub culture. La famiglia appare allora come un sistema relazionale che non ha dei veri e propri confini
definiti e dotato di senso autonomo. La famiglia è una relazione sociale di mediazione insostituibile, per
quanto riguarda la socializzazione dei figli. La famiglia dialoga con i servizi esterni offrendo resistenze

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oppure ridefinendo obiettivi e modalità di partecipazione al processo socializzativo. La vita familiare diventa
sempre più un rischio perché la famiglia è sottoposta ad aspettative e desideri crescenti. Si cerca a una
famiglia sempre più capacità di rispondere a bisogni ed esigenze soggettive, intersoggettive e anche
macrostrutturali.
La famiglia si fonda sul proprio codice relazionale anche se interviene la scienza per quando riguarda la
nascita dei figli (procreazione assistita) .

CAPITOLO 5 – FAMIGLIA E POLITICHE DI WELFARE


5.1 FAMIGLIA, STATO E MERCATO: INTRODUZIONE AL TEMA
Il welfare state è di centrale riferimento al cambiamento della famiglia nella società moderna e
contemporanea. Questo per tre motivazioni:
1) Alcune delle funzioni un tempo assolte dalla famiglia sono state assunte dalle istituzioni di welfare
(come la scolarizzazione dei figli, la formazione al lavoro, l’assistenza ai membri deboli della famiglia...)
2) Le politiche sociali (strumenti finanziari attraverso il quale lo Stato raggiunge i suoi obiettivi di tutela dei
diritti sociali di cittadinanza) incidono sul livello di risorse, sul quale la famiglia può fare affidamento per
assolvere alla funzione di riproduzione sociale.
3) L’azione di “regolazione” svolta dallo Stato nei confronti del mercato, rende lo studio dei fattori
strutturali limitato, nella misura in cui sottovaluta l’azione di terze persone [Stato: inizi Novecento, ha
imposto delle regole e vincoli che influenzarono forme e tipologie familiari (il bambino da risorsa
economica diventa un costo perché subentra il divieto di sfruttamento minorile e la visione della donna
cambia perché da sfera produttiva nasce la figura della casalinga)].
Nell’ultimo decennio del Novecento, si è superato il concetto che una famiglia sia soltanto riproduttiva.
Alcuni studiosi e politici sono preoccupati per l’aumento delle famiglie povere, per il calo della natalità e
conseguente invecchiamento della popolazione (grava quindi sul ricambio demografico, andando a incidere
sul sistema pensionistico).

5.2 FAMIGLIA E WELFARE STATE: LA ROTTURA DEL PATTO IMPLICITO


Nella valutazione del rapporto tra famiglia e politiche di welfare ci sono due chiavi di lettura:
1) Vedere e valutare il lavoro riproduttivo svolto dalla famiglia
2) Considerare il lavoro familiare nell’ambito di impossibile socializzazione e come questo
meccanismo strutturale regola e media il dentro e il fuori della famiglia (riproduzione e produzione
sociale).
Queste due chiavi sono di impostazione diversa (la prima vede il lavoro familiare una funzione di puro
adattamento, da eliminare; la seconda concepisce la famiglia come unità di servizi primari. Tutti i sistemi di
welfare per funzionare hanno bisogno di un’organizzazione di vita quotidiana mediata dalla famiglia.
Inoltre, tutti questi sistemi realizzano già politiche sociali per la famiglia, per raggiungere gli obiettivi di
benessere. Il fatto che alcune forme familiari dipendono dai meccanismi redistribuivi dello Stato Sociale e
che alcune famiglie (a bireddito) funzionino meglio, dimostra che il welfare state favorisce la diffusione di
alcune tipologie familiari: elemento che ribadisce che una politica sociale esiste per la famiglia. Tutte le
società per sopravvivere necessitano non solo della produzione dei mezzi di sussistenza ma anche della
riproduzione delle leve generazionali. Quindi? È importante chiedersi perché oggi si parla di promuovere
politiche sociali per la famiglia e perciò interrogarsi sugli obiettivi che si vogliono raggiungere. Non è facile
rispondere a queste domande in quanto si tratta di connettere e comprendere le relazioni reciproche tra
due sistemi: la solidarietà istituzionalizzata da una parte e la famiglia dall’altra. Debito pubblico, spese
sociali, disoccupazione (ecc..) sono termini che suggeriscono l’esistenza di catene fatti ed eventi che

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collegano famiglia e sistemi di Welfare. L'invecchiamento della popolazione chiama in causa l'aumento dei
costi per le pensioni e, la denatalità, che evoca la crescita delle famiglie unipersonali ed il problema del
costo dei figli. La crisi demografica renderà l'attuale sistema pensionistico insostenibile da un punto di vista
economico. La disoccupazione e la diffusione dei lavori atipici cambiano i volti della povertà. Il costo dei figli
spiega l'aumento della povertà tra le famiglie numerose, dimostra come gli attuali sistemi di Welfare non
sono tuttavia in grado di perseguire obiettivi di equità; diminuiscono i potenziali care-giver creando una
crescita della domanda assistenziale. Lo Stato non riesce più a regolare la partecipazione al mercato del
lavoro e le famiglie esprimono nuove e diverse dinamiche riproduttive. L’obiettivo delle politiche sociali
perseguite in Italia in questi ultimi anni è stato quello della “massimizzazione delle utilità e dei vantaggi
reciproci riferiti al benessere dell'individuo come tale”. Tale obiettivo ha avuto delle ripercussioni sulla
famiglia: positive (allentando i vincoli di dipendenza economica di alcuni soggetti) e negative (sottolineando
il carattere privato delle relazioni familiari). Queste ripercussioni possono essere suddivise in
frammentazione dei nuclei (a) e progressiva dipendenza della famiglia dalle istituzioni di Welfare (b).
1) Frammentazione dei nuclei
a) Aumento delle famiglie con due e con un solo componente;
b) Finto di famiglie unipersonali formati da adulti i giovani; riduzione del tasso di nuzialità, anche per
effetto della mancanza di interventi tesi a favorire aiutare la coppia, nel momento della formazione
della famiglia;
c) Diminuzione del tasso di fecondità, in termini di costi-benefici, la nascita di un figlio penalizza ancora
molto la coppia e soprattutto la donna. Un tempo i figli erano una risorsa e una sorta di investimento
per la vecchiaia, oggi sono una scelta.
d) Diminuzione dell'ampiezza media della famiglia. Nuclei familiari numerosi, sono penalizzate dal
punto di vista dei consumi e per la mancanza di politiche di sostegno alla famiglia.
e) Aumento delle convivenze di fatto e del tasso di illegittimità (Ora nati legittimi) in quanto i diritti
individuali (dell'adulto e del bambino) sono garantiti a prescindere dall'esistenza di rapporti familiari
giuridicamente sanciti.
2) Il processo di progressiva dipendenza dalla famiglia dalle istituzioni di Welfare può essere colto a partire
da:
a) Aumento del numero medio di membri non attivi su membri attivi della famiglia.
b) Aumento delle famiglie senza componenti attivi.
Esiste un regolare meccanismo di interdipendenza tra famiglia da una parte istituzioni di benessere
dall’altra. Questo passaggio di risorse dallo Stato ai soggetti non è a senso unico in quanto i soggetti in
questione contribuiscono alla formazione dell’ammontare complessivo della ricchezza. Attualmente il trade
off famiglia-Welfare è sempre più problematico e infatti,
1) Da una parte: i più rilevanti fattori di crisi dei sistemi di Welfare: disoccupazione strutturale nascita di un
mercato del lavoro sempre più segmentato, competenze professionali, tipi di prestazioni, crisi fiscale e
debito pubblico
2) Dall’altra: i mutamenti della famiglia (crescita di famiglie sempre più ridotte nel numero dei componenti
e sempre più semplici, aumento dell’instabilità coniugale, allentamento delle solidarietà parentali, de-
istituzionalizzazione e nascita di forme familiari nuove e atipiche)
Dimostrano come si sia rotto quel circolo virtuoso, in virtù del quale lo Stato sociale garantiva alle famiglie
reddito ed entitlement; le famiglie garantivano allo Stato tramite il lavoro riproduttivo il ricambio
generazionale ed il mantenimento, la sussistenza, la cura di tutti i componenti del nucleo familiare. Oggi lo
Stato sociale non riesce più a garantire reddito ed entitlement su base universalistica, e le famiglie non
riescono più a garantire la cura dei membri dipendenti e ricambio generazionale (politico, sociale e
culturale). Lo Stato sociale promette più di quanto possa mantenere (come la tutela della terza età). La

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rottura di questo circolo virtuoso non significa che la relazione tra sistemi di Welfare e famiglia si sia
spezzata e che si siano resi autonomi; anzi la relazione si è rinsaldata ma con esiti imprevisti. Di
conseguenza lo Stato sociale ha iniziato una politica del rigore con tagli ai finanziamenti nel settore dei
servizi alla persona; l’esito è stato quello di impoverire le relazioni solidaristiche intrafamiliari. Un’altra
conseguenza ha messo in evidenza quanto forti e indissolubili siano i rapporti tra famiglia e Welfare State.
Non essendoci più questo circolo virtuoso, si è creata una forte esigenza di innescarne uno nuovo. E quindi
questa necessità giustifica la progettazione e realizzazione di politiche sociali esplicite e dirette per la
famiglia.

5.3 RICOSTRUIRE IL CIRCOLO VIRTUOSO: I VINCOLI E I PREREQUISITI


L’elenco di proposte ed iniziative che vanno nella direzione della costruzione di una politica sociale per la
famiglia è molto lunga. Queste, costituiscono le tante tessere del mosaico della politica sociale per la
famiglia che si intende e/o si spera di poter realizzare. È un mosaico che tocca il sistema impositivo, fatto di
distrazioni, trasferimenti monetari, esenzioni e di servizi.
Due elementi confermano il fatto che le tessere non sono tutte scrivibili:
1) La mancanza di un quadro generale di riferimento rispetto al quale delineare una politica per la famiglia
(forte dibattito politico, non ancora chiare le scelte da fare, poco è stato realizzato)
2) Funzione di iniziative sperimentali portate avanti dagli Enti locali in alcune Regioni [la funzione è
surrogata dal livello periferico (regioni, comuni), ma sempre con interventi settoriali].
5.3.1 I VINCOLI
La mancanza di un quadro generale di riferimento è da imputare ad una serie di fattori politici, sociali,
culturali, ideologici ed economici.
1) Vincolo politico: l’Italia ha mostrato minore consapevolezza politica del rapporto tra solidarietà familiare
e solidarietà sociale, del legame tra famiglia ed economia, tra diritti individuali e diritti sociali, tra scelte
familiari e conseguenze sociali di queste scelte, tra famiglie e interessi o esigenze della società.
Mancanza ha fatto sì che maturasse un atteggiamento aristocratico della classe politica ed intellettuale
di sostanziale disinteresse per la famiglia, considerata così un aspetto inessenziale del governo della cosa
pubblica.
2) Vincolo economico: la mancanza di un quadro generale di riferimento è da imputare anche all’impasse
(non permette soluzioni o vie d’uscita) in cui si trovano tutti i sistemi di Welfare, chiamati a dare risposte
nuove senza avere le risorse  creando problemi, la cui risoluzione ne origina automaticamente altri,
per esempio:
a) Parte è urgente rallentare l’uscita dal mercato del lavoro per non appesantire ulteriormente la spesa
pensionistica, dall’altra parte il calo della domanda occupazionale richiederebbe un forte accelerato
ricambio generazionale per favorire l’ingresso dei giovani;
b) Pure il costo del lavoro, ma l’aumento dei pensionati richiedono un inasprimento fiscale e
contributivo;
c) Sono i care-giver, aumentano le persone che hanno bisogno di cure;
d) Il lavoro diventa raro e discontinuo;
e) Corsi lavorativi si fanno sempre più discontinui, irregolari e sempre più brevi;
f) Attivano i lavori atipici e cresce la necessità che il gettito (credo si riferisca all’ingresso economico) sia
regolare;
g) Si riconferma il ruolo che la famiglia ancora esercita, in positivo e in negativo, ai fini della
trasmissione delle disuguaglianze e si evidenzia il ruolo che i carichi familiari esercitano ai fini della
riduzione delle opportunità di vita.

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h) Da un versante si fa ancora affidamento alla famiglia per la sua funzione di mediazione di
riproduzione sociale culturale, su un altro versante le famiglie appaiono sempre più fragili.
3) Vincolo ideologico: contrapposizione politico-ideologica tra quanti sostengono la necessità di rafforzare
il ruolo centrale e insostituibile di mediazione della famiglia e quanti sottolineando il ruolo di
riproduzione delle disuguaglianze, soprattutto di gender, svolta dalla famiglia, sostengono la necessità di
promuovere i diritti sociali degli individui dentro la famiglia. La politica sociale è un’opera di mediazione
politica: presuppone scelte e definizioni e/o ridefinizione di obiettivi di equità, di priorità, che non
possono mai essere esclusivamente “tecniche”. come tale presuppone l’individuazione di criteri di
inclusione (chi ha diritto alla prestazione). È su questa definizione che si innesca la contrapposizione
ideologica tra chi definisce la famiglia a partire dal vincolo matrimoniale chi la definisce a partire dal
vincolo affettivo.
4) Vincolo culturale: non adeguata comprensione della morfogenesi della famiglia contemporanea. La crisi
della famiglia è la conseguenza di un ampio processo di modernizzazione che delegittima il ruolo di
mediazione svolta dalla famiglia. Nella fase attuale di crisi politica, culturale ed economica si richiede alle
famiglie di intensificare quest’opera di mediazione: è necessario enucleare proprio a partire dai
mutamenti gli interventi atti a sostenere tale opera di mediazione.
5.3.2. I PREREQUISITI
Il Welfare State ha ancora bisogno di una famiglia forte che colmi quei vuoti che lo Stato sociale non può
riempire. Lo Stato sociale ha bisogno di una risorsa che si è vistosamente ridotta come le crescenti difficoltà
di fare, essere e vivere in famiglia dimostrano. Sono quindi necessari:
1) Aumentare le risorse da redistribuire: incrementare le risorse da redistribuire con i tradizionali strumenti
(inasprimento fiscale, aumento del costo del lavoro, allargamento della base produttiva). È possibile
incrementare le risorse facendo leva su una fiscalità generale più efficiente; su una riforma fiscale che
non si limiti a tassare in maniera significativa soli redditi; su una riqualificazione della spesa pubblica
definibile di bassa qualità, che eviti lo sperpero delle risorse e gli investimenti settori ed ambiti che sono
stati e sono di puro assistenzialismo politico-clientelare.
2) Modificare gli obiettivi di equità: il sistema di Welfare italiano considerato una forma di sanità
istituzionalizzata, regola gli scambi tra chi è dentro e chi non è più dentro il mercato del lavoro. Il
cittadino per eccellenza è il lavoratore, colui che produce reddito per sé, per la sua famiglia e che
rinuncia a parte del suo guadagno per finanziare i trasferimenti (pensioni e assistenza sanitaria). Il
sistema di Welfare ha dunque raggiunto un obiettivo di equità attivando un meccanismo di scambio tra
la seconda e la terza età e dando per scontato che comunque il lavoratore si sarebbe fatto carico anche
dei costi relativi al mantenimento delle nuove generazioni. L’attuale quadro economico, sociale e
demografico mette il lavoratore in una situazione di crescente difficoltà ad onorare i termini del patto di
solidarietà sia perché cresce il carico sia perché la condizione di occupato è sempre più problematica.
Modificare gli obiettivi di equità significa dunque introdurre trattamenti diversi in base al fatto di avere o
non avere membri a carico. Si tratta di optare per una politica di equità tra le generazioni. La
realizzazione di tale politica va nella direzione di un superamento della contrapposizione tra lavoro
produttivo e lavoro riproduttivo e di una messa in discussione del principio che vede ancora oggi la
partecipazione al mercato del lavoro come condizio sine qua non (condizione indispensabile al
raggiungimento di un accordo o per mandare a effetto un proposito) per accedere alla cittadinanza
sociale;
3) Superare la logica dell’intervento assistenziale: l’erogazione di una prestazione assistenziale presuppone
una incapacità del soggetto a farcela da solo; la prestazione assistenziale sostiene, aiuta, è presente, “sta
accanto” a chi non ce la fa. La prestazione in sé è momentanea, a termine, dovrebbe scomparire quando

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la situazione di bisogno è superata. Queste politiche sociali non devono identificarsi con politiche contro
il pauperismo (grave situazione di depressione economica). I toni con cui si parla di assistenzialismo non
sono altro che la reazione ad un intervento teoricamente a termine, essendosi trasformato in un aiuto
sistematico, ha impedito al soggetto di recuperare le sue coping skills, uscendo dalla dipendenza
dall’assistenza pubblica. Da qui la necessità di politiche sociali non assistenziali: non interventi settoriali,
ma interventi strutturali che rendano ancora possibile la mediazione familiare senza oneri insostenibili
per gli individui.
4) Produrre meccanismi redistributive strutturali: assumere il tempo delle generazioni, della sequenza
generazionale. I tempi della famiglia sono lunghi. Questo significa che non si può strappare al battito
sulla finanziaria qualche “agevolazione” per le famiglie.

5.4 OBIETTIVI, MENTI E LIVELLO ORGANIZZATIVO DELLE POLITICHE SOCIALI PER LA FAMIGLIA
Tra le difficoltà che si traducono nell’incapacità di focalizzare quali siano i prerequisiti minimali da cui
partire (per evitare una politica del “rammendo” e del “rattoppo”) sta emergendo la consapevolezza del
legame tra benessere familiare e benessere collettivo, tra interesse della famiglia e interesse dello Stato
sociale, tra capacità di funzionamento dell’individuo e capacità di funzionamento della famiglia. Tale
consapevolezza che deve tradursi in scelte politiche a sostegno della funzione di mediazione della famiglia
necessita di quattro condizioni:
1) Che sia stata scelta la strada di una politica sociale per la famiglia, accanto alla politica di
promozione e tutela dei diritti sociali individuali di cittadinanza
2) Che l’opzione sia caduta su una politica di tipo esplicito che elegga la famiglia a destinatari di
specifici interventi
3) Che siano stati individuati alcuni obiettivi prioritari da raggiungere
4) Che siano stati individuati i livelli (centrale e/o periferico) di erogazione delle prestazioni.
Le prime due condizioni costituiscono il prerequisito politico di partenza; le altre due afferiscono alla sfera
delle scelte concrete, operative e tecniche. Ci si pone la prospettiva della famiglia vista anche come sistema
che evolvendosi nel tempo, modifica la sua dinamica dei bisogni, gli eventuali interventi di politica sociale
dovrebbero essere riferiti a:
1) Esigenze della coppia di vivere più liberamente i comportamenti di fecondità
2) Maggiore tutela dei membri deboli dentro la famiglia;
3) Esigenza di armonizzare vita familiare e sfere di consumo, tempo libero e partecipazione;
4) Trattamento economico fiscale;
5) Combattere la povertà senza stigmatizzare le famiglie povere;
6) Tenere conto della struttura differenziata dei bisogni familiari
7) Tutela dei diritti della famiglia come consumatore e come utente dei servizi; riconoscimento della
funzione di solidarietà assolta dalla famiglia, sia attraverso azioni di auto mutuo aiuto, che imprese
associative e/o di mutualità.
La solidarietà intra familiare sta erodendo gli stessi diritti sociali individuali, se ed in quanto l’avere o non
avere carichi familiari incide significativamente sulle stesse capacità di funzionamento dei singoli
componenti della famiglia. Necessità di una politica di sostegno alle responsabilità familiari:
1) Politica dei redditi che riduca la forbice delle disuguaglianze nel trattato tra chi ha e chi non ha
responsabilità familiari
2) Politica del lavoro che consenta una migliore conciliazione tra lavoro produttivo e lavoro riproduttivo
3) Politica delle pari opportunità, realizzando strategie di vita compatibili con le loro scelte di coppia
procreative

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L’utilizzo di tali strumenti presuppone il riconoscimento che le funzioni interne della famiglia non sono
private, ma hanno rilevanza sociale, che il lavoro riproduttivo è necessario, per il funzionamento della
società, esattamente come il lavoro produttivo. Nell’ottica dei servizi collettivi e alla persona emerge
l’esigenza di una familiarizzazione delle prestazioni:
1) Conciliare i tempi dell’organizzazione familiare con i tempi del consumo, del tempo libero e dell’accesso
ai servizi
2) Tariffe per le utenze e le quote di contribuzione al costo dei servizi che introduca meccanismi correttivi
rispetto al criterio di base che “paga di più, chi usa di più” il servizio.
3) Differenziazione dei servizi per la famiglia, che rispecchino la reale differenziazione dei bisogni familiari
4) Di sostegno alle organizzazioni e associazioni a base familiare
L’individuazione di tali obiettivi sui quali fare convergere idee e risorse è fondamentale: i problemi dello
Stato sociale sono tanti, i problemi delle famiglie sono altrettanto numerosi. La “crisi” premia la politica dei
piccoli. Non si può pensare di “rifondare” lo Stato sociale ex novo né inventare, strumenti tanto innovativi
(ad esempio il reddito di cittadinanza). Il “costo dei figli” è la piattaforma a partire dalla quale iniziare una
politica sociale per la famiglia, usando la leva fiscale. Ridurre il fossato tra il Nord ed il Centro del Paese:
fossato che divide le famiglie del Nord più ricche per redditi e per servizi e le famiglie del Mezzogiorno più
povere di risorse (redditi e servizi).

6. PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI: FAMIGLIA, STATO E RETI DI SOLIDARIETÀ


PRIMARIA
6.1 INTRODUZIONE
L’ampliamento della gamma dei servizi offerti si unisce a una contrazione e diminuzione delle funzioni
familiari: quanti più compiti accentra una unità familiare tanto meno saranno necessari agenzia di servizi
extra familiari e viceversa. Tale tipo di correlazione inversa è evidente da quanti usano una terminologia
caricata di valenze positive e parlano quindi di alleggerimento funzionale. Nel primo caso le istituzioni di
Welfare sono considerate come ambiti di erosione della centralità sociale, culturale e ideologica della
famiglia che si riduce in un rapporto di dipendenza - (perché l’ammontare e la qualità delle risorse di cui la
famiglia può disporre dipendono dalle politiche sociali attuato dallo stato di Welfare) - anomica - (perché
sempre più regolata da codici simbolici introdotti dalle istituzioni extra familiari) - dalle situazioni del
benessere. Nel secondo caso l’impossibilità della famiglia nucleare ridotta (quindi con meno risorse umane
a sua disposizione) di fare fronte ai problemi connessi alla riproduzione primaria che giustifica la messa
appunto di una rete di servizi che la affranchino dal fardello dei compiti il cui adempimento non le consente
di essere il nucleo base degli affetti e della privacy. Queste chiavi di lettura presuppongono un profondo
cambiamento nei rapporti che intercorrono tra famiglia e sistema di aiuti informali in quanto riconoscono
l’esistenza d’una tendenza all’isolamento strutturale della famiglia nucleare. Tale tendenza strutturale si
“traduce” per la famiglia in una riduzione della modalità di soddisfacimento dei bisogni all’interno di una
polarità che è fatta dalle istituzioni di Welfare da una parte dai servizi “acquistabili” sul mercato dall’altra.

6.2 LA FAMIGLIA E LE RETI DI SOLIDARIETÀ PRIMARIA


Nella società contemporanea la famiglia si è isolata dalla parentela e dalla comunità di riferimento. Le
caratteristiche peculiari della famiglia contemporanea sono riassunte da isolamento dalla parentela,
privatismo, neolocalismo e specializzazione funzionale. I rapporti con la parentela legittimano l’esistenza di
uno scambio forte, diretto e sistematico (al cui interno soggetti anche appartenenti a nuclei familiari diversi
condividevano spazi e momenti della vita quotidiana). Nella società moderna la famiglia si affranca dalla

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parentela che perde parte della sua cogente affettiva e dell’importanza strumentale. Se il rapporto di
amicizia è considerato il rapporto selettivo per eccellenza che si fonda su interessi e orientamenti comuni,
oggi si ha una maggiore selettività anche nelle relazioni parentali (a un sistema di parentela si appartiene
per nascita mentre le amicizie sono selezionate dai soggetti). Il tramonto della parentela così come del
vicinato e della comunità di appartenenza va di pari passo con una società organizzata su rapporti
universalistici e funzionalmente specializzati. Parallelamente il privatismo della famiglia significa anche
costruzione di un diaframma tra le famiglie da una parte e la comunità di appartenenza dall’altra. Secondo
Shorter, i componenti di una famiglia coniugale hanno molte più cose in comune tra di loro che non con
altri difendono questa specificità innalzando una barriera (la privacy) tra dentro e fuori dalla famiglia. Da
questo punto di vista la famiglia prendere distanze dalla parentela e dal vicinato. Questo distaccamento
può essere colto tramite la contrapposizione proposta da Parsons:
1) Particolarismo/universalismo;
2) Diffusione/specificità;
3) Affettività/neutralità;
4) Attribuzione/realizzazione.
Il passaggio da una società a base comunitaria a una societaria diventa prevalente un sistema di azione
orientato secondo le dimensioni dell’universalismo, della specificità, della neutralità affettiva e della
realizzazione. Pur essendosi ristretto il campo gravitazionale delle parentele della comunità e essendosi
modificate le regole che scandiscono come, quando e se relazionarsi con membri non direttamente
appartenenti al nucleo familiare, riflessioni più attente hanno dimostrato la persistenza di un campo delle
reti sociali di solidarietà primaria. La persistenza è stata verificata a tre livelli:
1) A livello di rilevanza simbolica: anche in ambiente urbano-metropolitano e in società ad elevata
industrializzazione la parentela dei rapporti amicali e di vicinato continua ad avere una notevole
rilevanza per il soggetto. Per quanto riguarda la parentela l’attenzione ai rapporti parentali è molto
alta. Da un punto di vista dell’acqua abitazione, i nuclei familiari hanno superato la fase la famiglia
estesa o complessa, ma in generale il collegamento con la rete parentale continua ad essere attivo.
2) A livello di effetti indiretti: la presenza delle reti di solidarietà primaria è colta tramite un’azione di
“cuscinetto”. Il livello di benessere psicologico del soggetto e la sua capacità di far fronte alle
situazioni critiche della vita è in funzione dell’esistenza di una rete di supporto formata da parenti e
amici. Effetto buffering: presenza di una rete di riferimento importante di supporto al soggetto che
aumenta la capacità di fronteggiare situazioni che sono fonte di stress e frustrazioni.
3) A livello di flussi di scambio: (flusso degli scambi strumentali) il sistema di aiuti provenienti dalle reti
primarie, soprattutto dalla parentela, favoriva la mobilità verso l’alto, così come la possibilità di
percorrere gli stessi cammini intrapresi precedentemente da altri parenti, favorire adattamento e
integrazione (in caso di emigrazione) per motivi di lavoro.
Sussman, Bott, Young, Willmott e Firth sconfessano la tesi parsoniana dell’isolamento della famiglia dalla
parentela. Con Litwak, tentano di dimostrare l’esistenza di rapporti di parentela, amicizia e vicinato tra
famiglia nucleare e gruppi a essa esterni; tentano di spiegare e comprendere perché tali rapporti
continuano ad avere una importanza anche in società urbanizzate, industrializzate e moderne. Dagli anni 60
si sviluppano approfondimenti sul rapporto famiglia-reti parentali, amicali e di vicinato. Il risultato è stato:
1) Nella società industrializzata le reti sociali primarie sono ancora vitali;
2) L’esistenza di tali reti, il riferimento a loro non è un elemento che gioca a sfavore dell’uomo medio
urbanizzato e acquisitivo, anzi costituisce un fattore che incentiva e favorisce la mobilità sociale.
È chiara la consapevolezza che nella società moderna non c’è posto per una comunità tradizionale. Il primo
mutamento inerisce il concetto stesso di comunità che viene a caratterizzare solo alcuni rapporti sociali.
Essa si regge sul legami personali, affettivi, di conoscenza reciproca, di scambio e aiuti non esclusivamente

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strumentali e pervade solo le relazioni parentali, amicali, di vicinato. La comunità convive e può convivere
con la società (organizzazione sociale di un segmento delle relazioni sociali). Nella società moderna le reti
sociali primarie non sono più costituite da un nucleo stabile e statico di persone che coabitano e/o vivono in
stretta continuità, legate da rapporti a volte multipli di parentela, vicinato, amicizia. Parentela, amicizia e
vicinato si differenziano:
1) Si separano e si individualismo (parenti e amici non sono più le stesse persone, i vicini di casa non
sono necessariamente i propri amici);
2) Adempiono a funzioni non direttamente assimilabili e completamente sovrapponibili.
Questo capovolgimento comporta una ristrutturazione e revisione dei sistemi di Welfare state. Salvare la
tendenza all’isolamento strutturale della famiglia nucleare che formava il cuore della tesi parsoniana, e
rivalutando l’importanza della parentela come elemento di supporto per la soddisfazione di rilevanti
bisogni sociali. Apertura di un’ipotesi di uscita dalla crisi facendo leva, enfatizzando e “rivalutando” il ruolo
di supporto svolto dalle reti per la soddisfazione di “rilevanti bisogni sociali”. Si può parlare di una sorta di
convergenza tra la riscoperta delle reti dell’ambito della sociologia della famiglia e riscoperta di quell’ampio
settore definito come “terza dimensione” (vi fanno parte le agenzie e soggetti che erogano servizi al di fuori
della logica del mercato e dei servizi offerti alle istituzioni di Welfare State). Convergenza tradotta in una
sorta di “petizione” della terza dimensione e attenzione ai produttori “informali” di beni e servizi,
rappresentati da famiglie, reti parentali ed amicali, vicinato (“quarto settore”). Questa attenzione può
assumere due significati diversi:
1) Una “risposta” alla crisi economica e fiscale dello Stato sociale presuppone un parziale
ridimensionamento dell’impegno e delle responsabilità dello Stato nei confronti della collettività
(transizione verso un modello di Welfare di tipo residuale)
2) Una risposta una nuova differenziazione dei bisogni e domande, passaggio dal concetto di
“sicurezza materiale” al concetto di “qualità della vita”. Attenzione agli aspetti relazionali,
umanizzazione e personalizzazione degli interventi (passaggio dal Welfare State al Welfare society).
La transizione verso una “società dei servizi” presuppone un nuovo modo di vedere la famiglia che
da un’agenzia specializzata viene assunta come unità di servizi primari, in cui è in grado di attivare
scambi con tutto il suo ambiente, fatto di beni e servizi pubblici, di mercato, di terzo e quarto
settore.
Famiglia: luogo di riproduzione primaria della vita in un contesto di relazioni sociali aperte tra la famiglia e
la comunità circostante. L’interna famiglia è un luogo di aiuto e sostegno reciproco, non solo affettivo;
l’esterno la famiglia intesa come soggetto di servizi che non possono essere collettivizzati. Uno Stato non
può non riconoscere e legittimare la famiglia come struttura di reciprocità, come ambito di erogazione di
servizi che possono e debbono essere rivalutati e sostenuti in ordine alla costituzione di sfere di intervento
sociale che medino la soddisfazione dei bisogni generali e personali fra l’ambito ristretto del privato
(famiglia coniugale) e l’ambito collettivo (comunità locali) sul territorio. Le riflessioni sulle reti sociali
consentono di “parlare” delle reti primarie nei termini:
1) Nell’ambito della società moderna industrializzata, caratterizzata dall’esistenza di un sistema
istituzionale i servizi di Welfare, le reti sociali adempiono a funzioni specifiche non sostituite né
sostituibili da altre agenzie;
2) Le reti primarie si fanno carico di compiti non uniformi che coprono l’area del bisogno lasciata
scoperta da Stato e mercato. Lo scambio di beni e servizi avviene secondo mezzi simbolici propri
che non sono né dello Stato né del mercato;
3) Parentela, amicizia, vicinato sono reti a maglia chiusa, basate sui legami forti che favoriscono
l’accesso a risorse non strumentali, meno tangibili, quali effetto, sicurezza, protezione e appoggio

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psicologico, favorendo l’accesso a quei beni e servizi anche materiali, la cui erogazione richiede un
alto coinvolgimento affettivo e un alto grado di intimità e di confidenza.

6.3 L’ARTICOLAZIONE DEI RAPPORTI TRA RETI FORMALI E INFORMALI DI AIUTO ALLA FAMIGLIA
La persistenza di un sistema di scambi informali tra famiglia e reti di solidarietà primaria all’interno di una
società di servizi (rete formale di aiuti) e analizzata in due teorie: la teoria dell’adattamento e la teoria del
bilanciamento. Propongono due chiavi di lettura diverse ed hanno una valutazione opposta circa
l’opportunità o meno che il sistema di Welfare si raccordi con le aree di solidarietà primaria.
6.3.1. TEORIA DELL’ADATTAMENTO
In questa teoria la famiglia è considerata camera di compensazione per il funzionamento delle istituzioni di
Welfare. Perché le istituzioni di Welfare possono funzionare (garantire servizi umanistici) è necessario che
la famiglia sviluppi una particolare capacità di adattamento che si concretizza in un sistematico lavoro di
traduzione dei bisogni individuali e familiari perché essi possono essere soddisfatti dalle istituzioni. Tale
azione di traduzione è svolta prevalentemente dalle donne che gestiscono quasi tutta la gamma dei
rapporti informali dentro le reti di solidarietà primaria. Il lavoro di servizio ha tre finalità:
1) Tramite l’autoconsumo (produzione, valorizzazione e trasformazione di beni) e il lavoro domestico
(produzione di servizi per le persone e per la casa), la famiglia raggiunge un equilibrio tra le risorse
che entrano nel nucleo sotto forma di reddito, di prestazioni di trasferimenti da parte l’istruzione
del benessere;
2) Compensa le carenze, i vuoti assistenziali non coperti dalle istituzioni, aumentando l’impegno
familiare, intensificando le prestazioni servizio di tipo domestico e mobilitando le reti informali;
3) Sviluppa e consolida una cultura dei servizi, intesi come l’insieme delle competenze linguistiche e
cognitive, delle capacità di “orientarsi” dentro la società di servizi.
La famiglia risponde con una elasticità nella gestione e ottimizzazione delle risorse interne di quelle esterne
informali, compensa le carenze delle agenzie di servizi extra familiare. Il complesso di aiuti e sostegno alla
famiglia dalle reti informali è un indicatore indiretto dell’incapacità delle istituzioni di Welfare di
raggiungere i propri obiettivi e dunque vanno a costituire una parte rilevante del sistema di adattamento
della famiglia.
6.3.2. TEORIA DEL BILANCIAMENTO
La persistenza di un sistema informale di aiuti per l’individuo e la famiglia è il segno della oggettiva
impossibilità di estendere la socializzazione dei bisogni oltre certi limiti. Presupposti:
1) Bisogni che possono essere programmati e devono essere soddisfatti da agenzie flessibili
(nell’ambito del settore informale).
2) Bisogni che non possono essere socializzati, la soddisfazione dipende più dal contesto relazionale in
cui un soggetto è inserito che da una prestazione.
Da questi assunti deriva che le reti informali non adempiono a un ruolo residuale ma si configurano come
aree di gestione di risoluzione di problemi che sfuggono al Welfare. Tale teoria ipotizza un rapporto tra reti
e istituzioni che si configura come rapporto di compiti condivisi. (a fronte dei bisogni che sono sempre
articolati complessi e multidimensionali) è necessario predisporre risposte che siano altrettanto articolari
articolate e multidimensionali. La teoria del bilanciamento presuppone un mix tra risorse formali e risorse
informali che tengano conto aspetti del bisogno che possono e devono essere soddisfatti dalle istituzioni e
devono rimanere nel campo delle risorse informali. Bilanciare significa prevedere, il quantum di risorse
erogate per via burocratica e il quantum di risorse erogate per via di solidarietà. Il trasferimento di funzioni
è stato parziale in quanto vi sono settori che devono rimanere di competenza familiare.

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6.4 FAMIGLIA E RETI DI SOSTEGNO: LA WELFARE SOCIETY
Queste due teorie valutano la persistenza delle reti in termini opposti: la teoria dell’adattamento da una
valutazione negativa; la teoria del bilanciamento enfatizza il permanere delle reti primarie. Queste due
chiavi di lettura enfatizzano due aspetti delle reti sociali primarie:
1) La teoria dell’adattamento mette in evidenza il carattere del condizionamento implicito del ricorso alle
reti. Ricorrere ad aiuti informali per riequilibrare il rapporto risorse-bisogni. La quantità di beni e servizi
ricavati dalle reti sarà una funzione del livello di bisogni della quantità di risorse a disposizione della
famiglia all’interno di un meccanismo di scambio asimmetrico, che configura una dipendenza di chi
chiede aiuto da chi lo offre. Si enfatizza il carattere strumentale (scambi di beni e servizi), secondo una
linea interpretativa totalmente economicistica.
2) La teoria del bilanciamento accentua il carattere strategico; espressione della strategia globale e messa
in atto dal soggetto e/o dalla famiglia per la soddisfazione dei suoi bisogni; soggetto che sceglie se e
quanto appoggiarsi alle reti primarie, all’interno di un meccanismo di scambio simmetrico. In questa
chiave di lettura si mettono in primo piano gli aspetti della solidarietà, dello scambio simbolico, della
gratuità, secondo una linea interpretativa eminentemente psicologico-affettiva.
Se la teoria dell’adattamento sottovaluta gli aspetti positivi di solidarietà, ma coglie il quadro di libertà
“condizionata” in cui agiscono i soggetti dello scambio; la teoria del bilanciamento non tematizza
sufficientemente il ruolo di differenziazione e stratificazione da essere svolto. Letture “parziali” hanno
ricadute operative molto differenti.
1) Un’accezione soprattutto negativa del ruolo delle reti giustifica la creazione di strutture in grado di farsi
carico dei problemi connessi alla caduta della razionalità affettiva (problemi connessi al malessere
sociale). L’ipotesi è quella di uno Stato del benessere che “pianifica” la vita di tutti i cittadini,
accentrando tutte le funzioni cui lo Stato risponde con servizi che penetrano nelle sfere private
generando nuove domande.
2) Una valutazione positiva delle reti “giustifica” un congelamento dei servizi erogati dallo Stato del
benessere, demanda al settore primario la risoluzione di molti dei problemi - vecchi e nuovi - che non
può e non è in grado di risolvere. L’ipotesi è quella di uno Stato del benessere che arretra e lascia i
cittadini “liberi” di gestire le proprie strategie di soddisfazione del bisogno, in cui le risorse sono
diversamente distribuite (“ri-privatizzazione solidaristica”).
Emerge chiaramente la necessità di puntualizzare il concetto di “famiglia è una società di servizi”. Questo
meccanismo di scambio deve essere integrato con l’apporto che le reti sociali danno in termini di aiuti. Il
settore informale esplica un ruolo:
1) Complementare: eroga servizi che affiancano, integrano quelli specifici del settore formale;
2) Sostitutivo: copre bisogni non soddisfatti;
3) Specifico: risponde a bisogni che per loro natura non possono essere demandati a un’agenzia formale di
servizi (bisogno di compagnia, di rassicurazione…).
La peculiarità del sistema informale è data dal fatto che:
1) Al suo interno vige un principio di solidarietà, di reciprocità che regola i flussi di scambio in maniera
differente rispetto le norme attive negli scambi di mercato; crea vincoli e legami (chi fa un dono, mette
chi lo riceve in una condizione di debito, di dipendenza) principio che regola i flussi di scambi all’interno
delle reti primarie. (Principio particolaristico e selettivo);
2) È caratterizzato da un’estrema flessibilità che rende adatto a fare fronte a situazioni di bisogno varie e
complesse.
Quantità e qualità degli scambi dipendono dal livello complessivo delle risorse a disposizione dei soggetti
della transazione. Buon livello di risorse materiali e non materiali dispongono di reti di supporto più ampie
e più attive. L’uso dei servizi privati è più alto tra le classi elevate, ciò ribadisce la situazione di maggiore

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privilegio di cui godono certe classi e ceti sociali. Il bisogno di servizi è maggiore per le famiglie socialmente
più deboli, gli strati sociali medio-alti mostrano una capacità di combinazione di servizi privati e ampie reti
informali di sostegno che gli strati sociali più bassi non hanno. Le reti non fungono solo da camera di
compensazione (allargandosi o restringendosi a seconda del livello di bisogno e della disponibilità) ma
ripropongono differenziazioni stratificazioni sociali. Tale evidenza deve diventare il presupposto a partire
dal quale si può ipotizzare la transizione verso una società del benessere (Welfare society). Una società che
affronti l’emergenza di bisogni nuovi. Una riscoperta delle reti sociali primarie, si connette strettamente da
una parte al tema-problema delle politiche sociali per la famiglia, e dall’altra, la necessità di predisporre
soprattutto a livello locale, una rete di servizi per la collettività caratterizzata da pluralizzazione e flessibilità
non solo nei beni e nei servizi offerti, ma anche dei soggetti che li producono. A livello istituzionale le reti
informali possono produrre beni e servizi omologhi a quelli di Welfare e dei servizi di mercato. Se venissero
meno gli assunti di principio, si avrebbe, nel primo caso un arretramento dello stato sociale sul versante
della tutela dei diritti di cittadinanza; nel secondo si assisterebbe ad un processo di colonizzazione dei
mondi di vita quotidiana.

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