Sei sulla pagina 1di 40
 
WRITERS: MA E’ SOLO VANDALISMO?
Direzione e redazione: Via S. Bernardo, 37/A • Tel. 0372 45.49.31 - 45.13.14 • Fax 0372 59.78.60 • Numeri Arretrati: http://www.immaginapubblicita.it • E-mail: ilpiccolocremona@fastpiu.it • redazione@ilpiccologiornale.itPubblicità: Immagina srl - Via S. Bernardo, 37 - Cremona • Tel. 0372 45.39.67 - 43.54.74 • Fax 0372 59.78.60 • Poste Italiane S.p.a. Sped. in A.P.-45%-art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Cremona
PICCOLO
il
Giornale
www.ilpiccologiornale.it
Carmen Leccardi (sociologa): «Non sono un fenomeno di devianza, ma una forma d’espressione della soggettività»
 Presi gli imbrattatori dei monumenti del centro storico: sono tre 17enni. «Ci trattano come degli emarginati»
GIOVANNI ARVEDI 
Chi glielo fa faredi restarea Cremona?
 a pagina 3
Caso Monteverdi: assicuratigli arretrati agli insegnanti
 a pagina 6 
 IL SINDACO PERRI: «ABBIAMO RISANATO I BILANCI» ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI  PARLA L’AVVOCATO CURATTI 
 Articolo 18:l’opinione diErnesto Cabrini
 a pagina 3 a pagina 8
 alle pagine 4-5
Edizione del Sabato 
Anno XII n° 19
SABATO 31 MARZO 2012
 
Periodico 0,02 copia omaggio
 Non riceve alcun finanziamento pubblico o privato
 
 INTERVISTA
 a pagina 34
Riva: «I playoff sono alla portatadella Cremo»
 BASKET - A CASERTACALCIO SERIE A
 a pagina 35 a pagina 38
 
La Vanoli Braga vuole assestareun colpo esternoLotta scudetto:sfide delicateper Juve e Milan
CASALMAGGIORE 
 a pagina 16 
Il livello del Poora si fapreoccupante
SPORT 
i nuovo, lo spread? Pensavamo di esserci li-berati da questa parola, che ha imperversato per mesi sui giornali, in TV, e anche nelle chiacchiere da bar. Pensavamo di aver messo un po’ a tacere le ansie da Borsa, i timori di default, lo spettro greco. Invece… Ho letto qualche commento: la sfiducia domina ancora, Spagna e Olanda hanno tirato un po’ il freno sugli impegni di bilancio assunti, la Gre-cia ha cambiato il calendario delle privatizzazioni. Se il risparmio dei Paesi europei messi meglio non arriva in periferia sotto forma di investimenti produttivi, i Pa-esi deboli rimarranno tali, e i mercati cominceranno di nuovo a dubitare della sostenibilità dell’euro. Il mini-stro Passera lo ha detto chiaro e tondo: nel 2012 sarà recessione, in Italia; occorre uno sprint alle riforme. Altri incalzano: il Parlamento ne rallenta l’iter … a que-sto punto dico: alt, fermiamoci. Onore a Monti ed al suo governo per quello che hanno fatto e che stanno facen-do per evitarci l’abisso, ma attenzione a insistere troppo nel trattare partiti e Parlamento come ostacoli e non come possibili, imprescindibili risorse di tutti noi. È vero, il premier ha precisato il suo pensiero, ha detto di non voler strigliare i partiti, e che era stato travisato (anche lui …). Perché la corda, se tirata troppo, rischia di spezzarsi. Attenzione a scadere nel facile populismo di chi irride alle forme della democrazia. Magari i Par-lamenti – il nostro e quello degli altri Paesi – sono in difficoltà con le dure riforme prospettate, perché riser-vano uno strapuntino, se non proprio una poltrona di prima fila, alle esigenze ed alle condizioni delle comu-nità che rappresentano. Magari vedono, anche se non hanno saputo dare risposte adeguate, le gravissime dif-ficoltà in cui versano tante e tante famiglie ed imprese italiane. Perché il punto è questo: le condizioni mate-riali di tanta gente. Come fare per ripartire? Non po-tremmo pensare a grandi opere in settori che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: la messa in sicurezza del territorio, dei corsi d’acqua e delle spiagge, il recupero delle strutture abitative e produttive che ci sono, la cu-ra della nostra massima ricchezza, e cioè del patrimonio artistico e culturale, dalla piccola chiesetta di campagna a Pompei? C’è da fare per almeno trent’anni. Sono so-gni? Ma i sogni son desideri … Settimana prossima vediamo se riusciamo a intervista-re qualche esperto.
L’EDITORIALE
D
Ci sarebbe da lavorare  per almeno trent’anni
di Daniele Tamburini
 a
 pagina 8
Phishing: il pericolodella truffa in reteCome arginarlo
 
di Sergio Cuti
ono stati episodi che hanno fatto scalpore. Da una parte la lettera di 94 cittadini di Cavati-gozzi che hanno inviato una lettera al Comune di Cremona, alla Provincia di Cremona, all’Arpa, all’Azienda Sanitaria Locale e alla Pro-cura della Repubblica che contiene ad-debiti alla Acciaieria Arvedi di Cremona. Un’iniziativa forte dunque, così come gli addebiti mossi sono gravi e rilevanti. Non si manda, insomma, una missiva alla magistratura a cuor leggero. E sem-pre a cuor leggero non si muovono ac-cuse rilevanti quali «lo smisurato distur-bo della quiete pubblica» che può avere conseguenze sull’«equilibrio psicofisico e nervoso degli individui, a causa delle ricadute negative sulla qualità del ripo-so notturno». O i «continui superamenti dei livelli di emissioni di diossina rispet-to ai limiti stabiliti a livello comunitario causati dall’azienda in questione…».Rumori molesti e diossina, insomma. Veleni per orecchie e polmoni. E di fron-te a questi addebiti pesantissimi qual-cuno si è addirittura stupito che l’azien-da abbia reagito pubblicando una pagi-na sul quotidiano «La Provincia» per di-fendersi da accuse che ritiene infonda-te. E qualcun altro si è, invece, persino meravigliato che l’Acciaieria abbia an-nunciato di voler denunciare penalmen-te chi sta diffondendo notizie che nuoc-ciono al buon nome dell’impresa, soste-nendo che le possibili azioni legali an-nunciate dall’azienda siano un atto di arroganza. Incredibile.E che cosa doveva fare Arvedi? Tra-mite il quotidiano di Cremona e provin-cia ha soltanto voluto rendere noto di non essere lui l’untore perché l’Acciaie-ria impiega «rottami non inquinanti» e perché «le emissioni sono costante-mente controllate dal nostro personale e scrupolosamente dalle Autorità pre-poste che le ha ampiamente rilevate al di sotto dei limiti consentiti». E, quindi, ha avvisato che denuncerà penalmente «chi diffonderà notizie false e tendenziose». Attenzione a non tirare troppo la corda. Sono in tan-ti a invidiare a Cremona l’Ac-ciaieria Arvedi, il centro si-derurgico tecnologicamente più avanzato al mondo e se-condo polo siderurgico na-zionale. Non proprio una fabbrichetta, insomma. E nel momento in cui molte multinazionali estere stanno scappando dall’Italia e l’in-dustria nazionale ha ridotto gli investi-menti, l’Arvedi dal 2008 al 2010 ha inve-stito 661 milioni di euro (non noccioline) e ha assunto 700 addetti. Mentre sul fronte inquinamento, l’acciaieria cremo-nese è ritenuta il migliore esempio di siderurgia ecosostenibile perché riduce del 50% i consumi di energia e l’emis-sione di Co2 e diminuisce al minimo quelli di acqua e di area dedicata, basa la produzione su proprie tecnologie in-novative coperte da oltre 400 brevetti, e già oggi rientra totalmente nei nuovi parametri delle direttive europee appro-vate recentemente. Non è finita: l’azien-da, a proprie spese, ha provveduto all’installazione di centraline di rileva-mento per rumori e odori; i dati sono registrati e diffusi unicamente da Arpa senza alcuna possibilità di interferenza dell’azienda. E ancora: tutti i parametri legati all’inquinamento (fumi, polveri, acque, emissioni ecc) sono monitorati costantemente dall’impresa e a caden-za settimanale da organismi esterni (Ar-pa, Asl, eccetera). Infine: nessun episo-dio di inquinamento o fenomeno grave è mai accaduto o è stato segnalato, nonostante l’acciaieria produca milioni di tonnella-te di acciaio.Ora può capitare - pro-prio perché l’Arvedi è un’acciaieria e non una bi-blioteca – che in alcune serate (anche se di questo manca la certezza) sia sta-to superato il livello di ru-more consentito pare di 3 decibel (se così è, siamo a livello di uno starnuto). Perché, allora, si continua ad addebitare a questa azienda - consi-derata eccellente nel mondo, che dà lavoro a tanti cremonesi, non inquina, crea indotto, non fa cassa integrazione, non delocalizza la produzione anche se le converrebbe - comportamenti perico-losi per la salute dei cittadini? Perché le si getta la croce addosso per alcune serate nelle quali il rumore è lievemente superiore alla norma? Perché viene continuamente tartassata da continui controlli? Non sono domande di lana caprina. Il Cavaliere potrebbe anche decidere che la misura è colma. E nessuno gli darebbe torto: infatti, chi glielo fa fare ad Arvedi di restare a Cremona se do-vessero continuare questi attacchi, ac-cuse e insinuazioni?
S
 Dopo la lettera di 94 cittadini di Cavatigozzi, la misura potrebbe essere colma
Arvedi, perché dovrebbe rimanere a Cremona?
Sabato 31 Marzo 2012
3
CREMONA
Giovanni Arvedi
Sergio Cuti
 ) Articolo 18: mantener-lo, abolirlo, cambiarlo? O meglio: come possono e devono cambiare le politi-che attive del lavoro? Problemi seri che possono cambiare la vita a milioni di italiani. Che cosa ne pensa al riguardo l’associazione Industriali di Cremona? Per saperlo, abbiamo sentito Ernesto Cabrini che di Assoindustria Cremona è il direttore generale. Personaggio no-to e stimato, ha sempre risposto alle domande dei giornalisti andando al cuore del problema. Come è capitato anche questa volta. «Mettiamo bene in chiaro questo concetto base per non creare confusione: flessibilità non signi-fica precarietà, ma mette-re in moto il mercato del lavoro che oggi è bloccato e paralizzato. Il contratto di lavoro non può essere, infatti, paragonato a un contratto di matrimonio: in poche parole, io ti assu-mo perché hai le profes-sionalità che vanno bene all’azienda, ma non posso assicurarti che questa si-tuazione potrà reggere per tutta la vita lavorativa. Co-sì come ci deve essere un pari e patta tra diritti e doveri».
In parole semplici?
«Se il dipendente può decidere di cambiare azienda, questa può decidere di cambiare dipendente. L’impresa non può avere solo doveri e nessun diritto.  Almeno il diritto di essere competitiva lo deve avere, altrimenti che azienda sarebbe… E poi, parliamoci chiaro: se i contratti di lavoro potessero essere re-cisi, da una parte come dall’altra, tutti i lavoratori verrebbero assunti a tempo indeterminato».
Se ci fosse parità di doveri e diritti, il lavoratore non si troverebbe svan-taggiato rispetto all’imprenditore?
«No, se i lavoratori cominciassero a capire che per restare in un’azienda a vita o per trovarne di migliori hanno una potente arma a disposizione: incre-mentare la loro professionalità aggior-nandosi in continuazione e stando al passo con le tecnologie. La miglior ga-ranzia, insomma, per rimanere fino alla pensione in un’azienda nella quale è piacevole e conveniente lavorarci è la professionalità e la ricerca di una conti-nua formazione. Se, infatti, un impren-ditore ha alle proprie dipendenze una persona professionalmente valida, ric-ca di iniziativa, appassionata del pro-prio lavoro, capace di fare squadra, si-curamente non se ne priva».
Giovani e lavoro, un al-tro tema caldo. Anzi, in-candescente.
«Anche in questo caso, poniamoci la domanda che riassume il succo del pro-blema: cosa può offrire a un imprenditore un giovane che entra per la prima volta in azienda? Poco o niente perché non ha esperienza, ma guadagna da subito una buona busta paga. Co-me pareggiare i conti? Poi-ché necessariamente la formazione deve essere aziendale per-ché di teoria i giovani ne hanno appresa fin troppa a scuola, ci deve essere uno sforzo collettivo per agevolare l’im-prenditore che si prende a carico il giovane».
Per esempio?
«All’azienda non si fanno pagare i contributi per 4-5 anni. E’ una forma di risarcimento».
La cassa integrazione è ancora uno strumento valido?
«Chi la vuole, la deve pagare. Quella ordinaria, nell’industria, la paga sia l’imprenditore che il lavoratore. Quella in deroga, invece, la paga l’Inps, quindi ancora tutti noi. Questa è assistenza».
Art.18 - Ernesto Cabrini:«Stessi diritti e doveri»
Ernesto Cabrini

Premia la tua curiosità

Tutto ciò che desideri leggere.
Sempre. Ovunque. Su qualsiasi dispositivo.
Nessun impegno. Annulla in qualsiasi momento.
576648e32a3d8b82ca71961b7a986505