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ITALIA 1870-1908

Il Regno d'Italia fu governato tra il 1861 e il 1875 da esponenti del partito di destra
(liberal-moderati). Ma le successive elezione mostravano la decadenza della Destra e
nel 1876 trionfò la Sinistra (liberal-democratici).
Molti esponenti della Destra passarono nella Sinistra, rottura che viene chiamata
“rivoluzione parlamentare”.
Questa fase viene chiamata trasformismo (termine che oggi viene utilizzato in senso
negativo ma che per indicare questa situazione può risultare un errore).
Semplicemente i due partiti si mescolarono perchè ideologicamente simili:entrambi
accettavano la monarchia e lo statuto Albertino.
Lo Statuto riservava il potere esecutivo al monarca che ,negli altri paesi, svolgevano
ruoli fondamentali sopratutto per le decisione della politica estera (Vittorio Emanuele
2 morì nel 1878 lasciando il trono a suo figlio Umberto 1).
infatti in Italia il governo si rese pian piano autonomo dalla monarchia e dal
Senato(era di nomina regia), dipendendo dal Parlamento che era elettivo.
Il sistema si conformava al modello britannico e francese.
Le elezioni erano basate sul sistema uninominale attraverso il quale nei vari collegi
elettorali veniva eletto un solo candidato (veniva eletto in base alla sua fame culturale
ed economica e non per l'appartenenza a un partito).
Il sistema amministrativo era controllato dai prefetti (funzionario statale) che
dominava la vita provinciale , frenando le attività governative e conquistando elettori
promettendo loro favori (scuole,ospedali...) e con alcune riforme spettò scegliere ai
consigli comunali i propri sindaci.
Il nuovo sistema elettorale era basato su un suffragio allargato con il quale il
governo ammise al voto i maschi che:
-avessero compiuto 21 anni;
-sapessero leggere e scrivere o pagassero un'imposta diretta(19,80 lire).
Nel 1877 fu introdotta la legge Coppino per garantire un'istruzione elementare ai
giovani ma che restò insufficiente perchè durava solo due anni e perchè non veniva
messa in pratica nelle zone più povere del paese.
Gravava anche la cosìdetta “questione cattolica”. Persa Roma (1870), il papa emanò
per ripicca il decreto Non Expedit che proibiva ai cattolici di partecipare alla vita
politica ritenendo di non riconoscere cattolico uno stato che lo teneva “prigioniero”.
Il governo rispose dichiarando il carattere laico dello Stato e la tolleranza verso le
altre religioni.
Quanto a politica estera, il governo Depretis stipulò un'alleanza con Germania e
Austria (Triplice alleanza) alla quale l'Italia partecipò per non rimanere isolata e che
sembrava irrazionale visto la presenza dell'Austria.
Questo scatenò l'ira degli irredentisti , coloro che volevano recuperare le terre rimaste
sotto il dominio Austriaco ( Trentino, Venezia-Giulia ed Istria).
Vediamo l'economia.
Non trovano riscontro le teorie secondo le quali il Nord demolì l'economia
meridionale . Infatti l'industria moderna non esisteva ancora in Italia ed il vero
problema era rappresentato dalla distanza che separavano l'Italia intera dai paesi più
progrediti.
L'economia era basata sull'agricoltura e sul modello liberista poiché importava
aumentare le esportazioni nonostante il sottosviluppo industriale.
Lo Stato promosse grandi investimenti statali (sopratutto per le ferrovie)
indebitandosi ma raggiungendo il pareggio di bilancio nel 1870 grazie all'aumento
delle imposte e alla vendita di beni
pubblici.
Si ebbe una “monumentalizzazione del Risorgimento” : vennero dimenticati i
contrasti tra forze politiche e furono realizzate numerose sculture e piazze dedicate ai
personaggi del passato(Vittorio Emanuele, Mazzini, Garibaldi …...).
Il mercato internazionale tuttavia si dimostrò ostile e ,per questo , l'Italia adottò il
protezionismo colpendo diversi prodotti esteri sopratutto il grano.
Dopo la morte di Depretis (1887) , divenne capo del governo Crispi (ricordiamo
grande sostenitore di Garibaldi) già anziano. Inizio una lotta doganale con la Francia
e la diffusione dei prodotti fu anche aiutata dalla Triplice Alleanza.
Crispi guardava alla Germania di Bismark come modello da seguire ed emanò il
codice penale ( col nome del ministro Zanardelli) nel quale fu abolita la pena di
morte. Crispi pensava che l'Italia fosse minacciata dai “sovversivi” ovvero i nemici
interni che egli configurava con i repubblicani e i socialisti (nel 1892 fu fondato il
Partito Socialista che partecipò alla seconda Internazionale e in Sicilia si diffusero i
Fasci, manifestazioni sindacali che chiedevano maggiori diritti sui contadini).
La situazione era aggravata dall'assenza di organi di polizia e gli interventi repressivi
spettavano all'esercito che spesso apriva il fuoco sulla folla.
Crispi si dimise nel 1891 e assunse il governo per la prima volta Giovanni Giolitti ma
soltanto per un anno. Nacque la Banca d'Italia che doveva garantire il funzionamento
del sistema finanziario e la banca commerciale italiana (sotto finanziamenti tedeschi).
Tuttavia li governo giolittiano fu investito dallo scandalo della Banca romana che
nascondeva finanziamenti a forze e uomini politici (tra cui Giolitti) e Crispi fu
richiamato al governo.
Crispi è ricordato per il suo autoritarismo. Infatti fece sciogliere i Fasci siciliani e ,
attraverso delle riforme , sciolse il Partito socialista e tutte le associazioni che
reputava sovversive.
COLONIALISMO
Anche l'Italia intendeva espandere i propri territori , considerando la Tunisia come
uno sbocco naturale ma che fu conquistata dai francesi(1881).
Così ripiegò sull'Eritrea con l'obiettivo di espandersi nell'Etiopia. Quest'ultimo
rappresentava lo Stato africano più sviluppato allora ed infatti , gli italiani subirono
una gravissima sconfitta ad Adua che costrinse Crispi a dimettersi.
Al suo posto il governo fu affidato ad Antonio di Rudinì ( Destra) e proprio durante
la sua carica che socialisti e radicali organizzarono delle manifestazioni a Milano
contro l'aumento del prezzo del pane.
Il generale Beccarias ordinò di aprire il fuoco sui manifestanti facendo un'enormità di
morti (70 o 300) . Fatto che costrinse di Rudinì a dimettersi.
Al suo posto succedette Luigi Pelloux che durò anch'esso poco poiché la sinistra e
centro-sinistra non approvarono l'emanazione di alcune leggi dette “liberticide” che
limitavano la libertà di stampa. Era il 1900 e , dopo l'insuccesso del governo, un
anarchico Gaetano Bresci assassinò il re Umberto 1.
Il suo successore fu Vittorio Emanuele 3 che si mantenne su linee liberali e di centro-
sinistra , nominando alla guida del governo Zanardelli.
Durante il governo Zanardelli, Giolitti occupava il ruolo di ministro degli interni.
Egli consigliò di placare la repressione verso il sindacalismo-socialismo , emanando
leggi che tutelavano le donne e i bambini e in modo da integrare la massa con lo
Stato. Si parla della così detta “svolta liberale”.
A Zanardelli successe Giolitti dando inizio a un governo duraturo ( fino alla Prima
guerra mondiale) che fu definito “età giolittiana”.
Iniziò una potente spinta verso l'industrializzazione . Nacque una fabbrica di
automobili destinata ad un grande futuro, la FIAT ad opera di Giovanni Agnelli.
Nacque l'Edison per l'elettricità e tante altre imprese.
Si diffusero le banche miste ( ex: Credito italiano) basate su credito a breve termine e
investimenti finanziari.
Nacque il “triangolo industriale” formato dalle città italiane più avanzate (Milano,
Torino e Genova ) che contribuì ad alimentare le differenze tra Nord e Sud
(“questione meridionale”).
Tra gli intelletuali che si schierarono su una linea anti-giolittiana ci fu Gaetano
Salvemini che denunciò la scelta protezionistica che danneggiava il Sud.
Questo causò i numerosi fenomeni di emigrazione dei settentrionali ( Sud America) e
dei meridionali (Stati Uniti). Molte persone riuscirono a costruirsi una vita nuova e
ciò giovò anche l'Italia poiché con la diminuzione della popolazione aumentavano i
salari e fece affluire il denaro mandato dagli emigrati alle famiglie.
Nonostante lo sviluppo industriale si concentrò nel nord , il PIL crebbe anche al Sud
( anche se molto più basso).
La strategia giolittiana si basava sul bilanciamento dei vari gruppi politici nel
governo in modo da ottenere il varo delle riforme che a lui interessavano e quando si
trovava in difficoltà si dimetteva per poi ritornare nel momento giusto.
DIFFUSIONE DEL SOCIALISMO E RAPPORTO CON GIOLITTI
Le tecniche neotrasformiste di Giolitti lo costringevano alla mediazione anche con i
socialisti. Giolitti voleva attuare una riforma fiscale per garantire maggiore equità e ,
per tale obiettivo, aveva bisogno il sostegno del partito socialista.
Il passo decisivo non fu effettuato da Filippo Turati, leader dei socialisti italiani che
non accettò l'offerta giolittiana.
L'ala socialista si divise in tre gruppi:
1)destra;
2)centro;
3)anarco-sindacalisti ( vedevano in Giolitti la corruzione).
La linea moderata prevalse nel PSI e nella Confederazione Generale dei Lavoratori
(CgdL).
Tuttavia i socialisti sapevano che unendosi con partiti di “altre sfonde” rischiavano di
corrompere la propria natura e il proprio obiettivo (la rivoluzione). Collocato
all'estrema sinistra abbiamo Benito Mussolini, che dirigeva il quotidaino de
“L'Avanti”. Tuttavia i partiti socialisti non erano un partito centralizzato.
Erano forti in alcune zone e deboli in altre riuscendo a ottenere risultati positivi solo
nelle elezioni comunali ( si parla di “socialismo municipale”) che erano comunque
lontani per potere salire al potere.

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