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Filologia germanica- Lezione 3 settimana 9

INCANTESIMI E FORMULE MAGICHE DI AREA TEDESCA


E concludiamo quindi questa nona settimana del corso di filologia germanica con l’analisi dell’ultimo
incantesimo, dell’ultima formula magica di area tedesca: l’incantesimo di Lorsch per le api.
Si tratta di un incantesimo, di un testo che da un punto di vista strettamente contenutistico è
completamente diverso rispetto ai testi che abbiamo analizzato fino a questo momento dal momento che si
tratta di un rimedio verbale da inserirsi in un contesto di vita quotidiana e che è incentrato sull’importanza
delle api. Prima di andare a vedere la struttura dell’incantesimo e il contenuto dell’incantesimo, cerchiamo
di capire perché un incantesimo, un testo, uno scongiuro è incentrato sulle api. Qual era cioè l’importanza
delle api durante il Medioevo. Ecco, durante il Medioevo alle api era attribuita grandissima importanza:
1. La prima importanza è di tipo prettamente economico. Questo perché le api producevano il miele
ma anche perché producevano la cera. E la cera era fondamentale per la produzione, la
fabbricazione di candele dal momento che la luce elettrica, l’elettricità non esisteva. Quindi
sicuramente le api erano considerate un bene particolarmente importante e prezioso proprio da un
punto di vista economico
2. Tuttavia però le api avevano un ruolo fondamentale anche da un punto di vista prettamente
magico-religioso. Nel senso che avevano un ruolo particolare nelle credenze dell’epoca. Infatti nel
Medioevo si pensava che le api avessero la capacità di distinguere tra il bene e il male, soprattutto
che avessero la capacità di distinguere tra le persone pure (persone buone) e le persone impure
(persone cattive). Assai di frequente le api erano associate, accostate al concetto di purezza e
castità. Per questo si pensava che le api fossero sottoposte alla protezione della Vergine Maria,
protette direttamente dalla Vergine Maria e non a caso infatti anche nel nostro testo troveremo
direttamente proprio il riferimento alla Madonna.

Il fatto che le api fossero così importanti in età medievale non è soltanto una nota folclorica, quindi una
nota di costume. È un qualcosa che ci viene confermato direttamente addirittura dai testi giuridici
dell’epoca in modo particolare, ad esempio, nella Lex Salica abbiamo il capitolo VIII che è proprio incentrato
su quelle che sono le pene e le condanne nel caso in cui si compia il furto di uno sciame d’api e infatti si
chiama “De furtis apium”. Non solo c’erano delle leggi codificate in forma scritta, ma c’erano anche tutta
una serie di norme consuetudinarie che nel Medioevo non venivano assolutamente infrante, anzi venivano
rispettate con particolare attenzione. Innanzitutto le api non potevano essere acquistate, le api potevano
essere ricevute soltanto come dono, come regalo. Conseguentemente le api non potevano essere
vendute, potevano essere soltanto regalate. Quindi in uno scambio di api l’elemento del denaro non
doveva essere assolutamente presente. Il rispetto di queste tradizioni era particolarmente importante,
quindi si rispettavano effettivamente queste norme consuetudinarie perché il non rispettare queste norme
consuetudinarie si pensava potesse arrecare disgrazia, portare sfortuna. Sono numerosi infatti gli
incantesimi di età medievale che hanno come oggetto diretto proprio lo sciame delle api, all’interno dei
quali soprattutto si fanno una serie di scongiuri affinché le api non volino via, né si disperdano, né vadano
troppo in alto nel cielo quando volano. Questo è in effetti quello che noi troviamo all’interno del nostro
incantesimo che, come vedremo meglio, è strutturato in due parti:
1. In una prima parte noi troviamo una sorta di formula che è finalizzata al rientro dello sciame
2. Na seconda parte che invece contiene l’ammonizione affinché le api non volino via

Questo incantesimo di Lorsch per le api è un incantesimo che al pari di altri tanti scongiuri incentrati sulle
api di area tedesca è completamente cristianizzato (nel senso che non ci sono assolutamente riferimenti a
tradizioni o a pratiche pre-cristiane che potremmo definire pagane). Ci sono soltanto riferimenti a Dio,
Cristo o eventualmente alla figura della Vergine Maria.
Come già detto l’incantesimo è strutturato in due parti:
1. La prima parte contiene questa formula magica che mira a ottenere il rientro dello sciame ed è una
parte che noi possiamo considerare in parte più antica dal momento che da un punto di vista
metrico contiene un qualche residuo di allitterazione
2. Seconda parte che contiene l’ammonizione affinché le api non volino via che invece è da ritenersi
per una parte leggermente più recente da un punto di vista cronologico e in cui non abbiamo più
dal punto di vista metrico dei residui dell’allitterazione, ma abbiamo in questo caso dei versi brevi
con una rima interna

Il fatto che ci sia questa separazione fra le due parti sia sul piano contenutistico che sul piano metrico e con
ogni probabilità anche sul piano cronologico ha fatto ipotizzare a molti studiosi che questo incantesimo non
fosse nato in origine come un incantesimo unitario formato da queste due parti, ma che fosse
semplicemente il risultato dell’assembramento, dell’unione di due formule originariamente distinte e
indipendenti l’una dall’altra, quindi sostanzialmente autonome.

Sempre per dare alcune informazioni dal punto di vista delle caratteristiche generali:
• si tratta di un incantesimo il cui dialetto rimanda all’area del francone renano
• è un testo che è stato trascritto nel corso del X secolo all’interno di un manoscritto risalente al IX
secolo che oggi è conservato a Roma presso la Biblioteca apostolica vaticana. Si tratta del codice
Pal. Lat. 220, codice che però non è di origine italiana in quanto è un codice proveniente
direttamente da Lorsch. Si tratta di un codice pergamenaceo, conserva il carattere miscellaneo e al
suo interno contiene tutta una serie di testi a carattere religioso (omelie, sermoni, prediche tratte
da Sant’Agostino, da San Bonifacio, da Beda). Questo per lo meno dal foglio 1 fino al foglio 61verso
poi al foglio 62recto troviamo una serie di nomi di lingua germanica, poi invece dal foglio 63 al
foglio 71 troviamo il De Natale domini e Sant’Ossino
• la cosa particolare è che il nostro incantesimo è trascritto sul margine inferiore del foglio 58r ma è
trascritto al contrario
Ecco questo è il foglio 58r dove

questo è il testo principale

e questo è il margine inferiore e il margine


inferiore contiene l’incantesimo di Lorsch per
le api che è trascritto al rovescio
Vi riporto qui il dettaglio. Ecco questo è così come appare effettivamente sul foglio. Quindi
Kirst, imbi ist hucze! nu fluic du, uihu minaz, hera
fridu frono in godes munt heim zi comonne gisunt.
sizi, sizi, bina: inbot dir sancte maria.
hurolob ni habe du: zi holce ni fluc du,
noh du mir nindrinnes, noh du mir nintuuinnest.
sizi uilu stillo, vuirki godes uuillon.

E ui ve l’ho raddrizzato proprio per farvi leggere

Procedo appunto con la lettura. Vedete anche questo è un incantesimo abbastanza breve, nel senso che
complessivamente è formato da 6 versi e la famosa prima parte dove è contenuta la formula affinchè le api
facciano ritorno è contenuta nei primi 3 versi, mentre dal verso 4 fino al verso 6 finiamo con l’ammonizione
affinchè lo sciame non voli più via.

Kirst, imbi ist hucze! nu fluic du, uihu minaz, hera


fridu frono in godes munt heim zi comonne gisunt.
sizi, sizi, bina: inbot dir sancte maria.
hurolob ni habe du: zi holce ni fluc du,
noh du mir nindrinnes, noh du mir nintuuinnest.
sizi uilu stillo, vuirki godes uuillon.

(la legge min. 10 circa)


Traduzione:
Kirst (Cristo), lo sciame è fuori! Ora vola tu, sciame mio/bestiolina mia (uihu minaz), qui (hera)
Possiamo dire: nella pace del signore, nella protezione (munt) di Dio (godes) per tornare (zi comonne) a
casa (heim) sano
Posati, posati, ape: ti ordinò santa Maria
Permesso non avere tu: verso il bosco non volare tu
Né tu a me (noh du mir) non sfuggire (nindrinnes), né tu a me non sottrarti,
posati molto quieta, fai/opera di Dio la volontà

Allora il verso 1
Kirst, imbi ist hucze! nu fluic du, uihu minaz, hera
Kirst sta ovviamente per Cristo in questo caso nella forma che noi abbiamo nel testo questa inversione fra r
e i che diventano appunto ir si tratta di una metatesi. È una metatesi Kirst che sta per Cristo (Krist). Cristo
che in questo caso viene effettivamente invocato. Qui ci dobbiamo immaginare la figura dell’apicoltore che
invoca direttamente Cristo: “Cristo, lo sciame è fuggito, è fuori!”. Quindi lo invoca e gli comunica
contemporaneamente che questo sciame di api è volato via.
Imbi infatti Cristo poi imbi è un sostantivo maschile al nominativo singolare che vuol dire sciame
Ist verbo essere, cioè il verbo bēon ed è un verbo atematico. Questo ist è l’indicativo presente di terza
persona singolare
Hucze con questa aspirazione iniziale corrisponde in realtà a questo üzze che è un avverbio che vuol dire
fuori, lontano
Questo è il primo semiverso.
Nel secondo semiverso l’apicoltore continua il suo discorso non rivolgendosi più a Cristo, ma rivolgendosi
direttamente alle api, che nei versi successivi verranno affidate direttamente alla protezione di Dio. Quindi,
mentre nel primo semiverso l’apicoltore si rivolgeva direttamente a Dio comunicandogli che lo sciame era
fuori ed era fuggito, adesso l’apicoltore si rivolge direttamente al suo sciame.
Nu avverbio che significa ora, adesso
Fluic sarebbe il verbo fliogan ed è un verbo forte di II classe il cui paradigma è fliogan fluog flugum giflogan,
vuol dire volare. Noi all’interno del testo abbiamo questo fluic perché è scritto così nel manoscritto, cioè
con questa sequenza f-l-u-i-c ma in realtà è da intendersi come un fliuc infatti ve lo riporto qui fluic=fliuc,
vale a dire come un imperativo di seconda persona singolare. In questo caso il comando viene dato
direttamente dall’apicoltore al suo sciame
Du pronome personale di seconda persona singolare. L’apicoltore si sta rivolgendo a “ora vola TU”. Tu chi?
Uihu sostantivo neutro al nominativo singolare che vuol dire bestiame. Io prima vi ho detto anche
bestiolina però il concetto di bestiame riferito alle api sta per sciame.
Minaz pronome possessivo di prima persona maschile singolare, “mio”, qui è riferito a questo uihu e quindi
a un nominativo neutro singolare
Hera avverbio, “qui, fino a qui”
Quindi “ora vola tu, sciame, verso qui/fino a qui”

Verso 2:
fridu frono in godes munt heim zi comonne gisunt
fridu frono ecco il residuo di allitterazione, questo fridu frono è proprio una formula allitterante ed è da
intendersi come “nella pace del signore”, un’espressione all’accusativo perché d’altra parte si ricollega
appunto al secondo semiverso del primo verso, quindi vola qui, verso qui (hera), verbo di movimento che
richiede poi una costruzione all’accusativo. Quindi, questo fridu frono “nella pace del signore” è da
intendersi all’accusativo
fridu è un sostantivo maschile che vuol dire “pace”, accusativo singolare
frono formalmente si tratta di un genitivo del sostantivo maschile frō “signore”, e quindi “del signore, di
Dio” che poi di fatto viene utilizzato questo genitivo frono come una sorta di aggettivo indeclinabile, quindi
“sacro del signore, santo, sacrosanto, appartenente a Dio”
in preposizione che vuol dire “in” e regge l’accusativo
godes sostantivo maschile god, got vuol dire “Dio” con questa -es finale è al genitivo singolare, quindi “di
Dio”
munt è un sostantivo femminile ed è una particolarità perché questo munt è un termine proprio de lessico
giuridico che vuol dire “protezione”. Ripeto: sostantivo femminile all’accusativo singolare, quindi “nella
protezione di Dio” ed è un termine proprio de lessico giuridico
heim sostantivo che vuol dire “casa”, qui questo heim sarebbe un sostantivo sia maschile che neutro, è
all’accusativo singolare ma è un accusativo utilizzato con valore avverbiale, quindi “a casa”, moto a luogo
quindi “verso casa, vola qui verso casa”
zi preposizione che regge il dativo “verso, fine” serve per introdurre l’infinitivo preposizionale che segue
comonne sarebbe questa forma comon vale a dire il verbo queman. Il verbo queman è un verbo forte di IV
classe il cui paradigma è queman quam quāmum queman. La forma comonne è una forma che è presente
soprattutto nei testi dell’VIII-IX secolo, quindi è una forma attestata soprattutto nei testi fra la fine dell’VIII
e gli inizi del IX secolo. Questo comon è l’infinito ma come vedete bene nella nostra costruzione abbiamo
questo zi comonne infatti è il cosiddetto infinito preposizionale, cioè formalmente questo zi commone è
una forma di infinito che è declinata al dativo, forma di infinito che è declinata al dativo in quanto retta
dalla preposizione zi. Da un punto di vista sintattico però questo infinito preposizionale ha il valore e la
funzione di un infinitivo semplice quindi “per tornare, di tornare”. Quindi è un infinitivo preposizionale al
dativo dal punto di vista formale, da un punto di vista semantico e da un punto di vista sintattico ha invece
le stesse funzioni di un infinito semplice
gisunt nominativo singolare neutro, aggettivo che significa “sano, salvo”

Verso 3:
sizi, sizi, bina: inbot dir sancte maria
sizi questo sizi, sizi “posati, posati ape” in un certo senso lo abbiamo già incontrato: il verbo è il verbo
sizzen, verbo forte di V classe sizzen saz sazum gisezzan, ovviamente qui un imperativo di seconda persona
singolare e sostanzialmente il verbo sizzen vuol dire “sedersi, stare seduto, essere già seduto o volendo
anche posarsi”. Noi però lo abbiamo già incontrato nel momento in cui abbiamo analizzato gli incantesimi
di Merseburgo , soprattutto il primo incantesimo e abbiamo detto che è un “posarsi come in volo” e quindi
è uno “stare seduto dopo essersi posati, dopo essere scesi in volo” un tipo di significato che ben si
ricollegava alla figura della Valchiria ma che a maggior ragione si ricollega, riconduce alla figura delle api
che si posano dopo aver compiuto un volo
sizi
bina sostantivo femminile che vuol dire “ape”, quindi “posati, posati, scendi in volo APE”
inbot indicativo preterito di terza persona singolare del verbo in-biotan “ordinare”, verbo forte di II classe il
cui paradigma è -biotan -bōt -butum -botan. Ripeto: questo inbot è proprio l’indicativo preterito di terza
persona singolare del verbo “ordinare, comandare”
dir è il pronome personale di seconda persona singolare TU quindi “du” e questo dir è al dativo
sancte sancte maria è lei ovviamente che ha ordinato all’ape di posarsi, di scendere in volo e quindi sancte
maria non c’è bisogno di tradurlo “santa Maria”. Ma vedete già che c’è proprio questo collegamento con la
figura della Vergine
maria

In questi primi 3 versi abbiamo proprio il riferimento nel 1 verso alla figura di Cristo, nel secondo verso
abbiamo il riferimento con quel frono e quel godes al signore, quindi a Dio e nel 3 verso abbiamo il
riferimento a colei che è considerata la protettrice delle api, vale a dire la Vergine Maria.

Verso 4:
hurolob ni habe du: zi holce ni fluc du,
hurolob cioè urloub, urlub o hurolub è un sostantivo che può essere sia neutro che maschile che vuol dire
“permesso, congedo” e qui è un accusativo singolare dal momento che il soggetto della frase è quel du che
poi viene più avanti
ni particella negativa che vuol dire “non”
habe è l’imperativo di seconda persona singolare del verbo habēn “avere”, verbo debole di III classe il cui
paradigma è habēn habēta gihabēt
du pronome persona le di second apersona singolare quindi “tu”, qui al nominativo
zi preposizione che indica sempre u movimento verso un luogo e quindi è una preposizione che regge il
dativo
holce vale a dire holz, holc “legno” ma anche “bosco” sostantivo neutro qui retto dalla preposizione zi
pertanto è al dativo singolare
ni particella negativa „non“
fluc ritorniamo a quanto già detto in precedenza. Si tratta del verbo fliogan “volare” verbo forte di II classe
il cui paradigma è fliogan floug flugum giflogan. Questo fluc è da interpretarsi sempre come un fluic=fliuc
quindi un imperativo di seconda persona singolare
du pronome di seconda persona singolare “tu” al nominativo

Verso 5:
noh du mir nindrinnes, noh du mir nintuuinnest
noh „nè..nè“ quindi particella nè
du soggetto, pronome di seconda persona singolare “tu”
mir forma al dativo, „a me”, pronome personale di prima persona singolare “ich” io
nindrinnes questa è una forma che va scomposta in più parti. Si tratta di un indicativo presente di seconda
persona del verbo int-rinnan preceduto e unito alla particella negativa ni. Int-rinnan è un verbo forte di III
classe che vuol dire “fuggire via, correre via, volare via” il cui paradigma è rinnan ranrunnum girunnan. A
questa forma int-rinnan viene premessa, e quindi abbiamo una forma agglutinata, alla particella negativa
ni. E quini ni+int-rinnan significa “non volare, non fuggire via”. Ripeto: nindrinnes è un indicativo presente
di seconda persona singolare
noh „nè…nè“ quindi particella né. Né tu a me voli via né tu a me ti sottrai”
du soggetto, pronome di seconda persona singolare “tu”
mir forma al dativo, „a me”, pronome personale di prima persona singolare “ich” io
nintuuinnest qui nuovamente abbiamo una forma verbale dove la forma verbale vera e propria viene unita
alla particella negativa ni, quindi ni+int-winnan, verbo forte di III classe il cui paradigma è winnam wan
wunnum giwunnan. Questo intuuinnest è l’indicativo presente di seconda persona singolare e il significato
è “liberarsi da qualcuno, sottrarsi da qualcuno”

Verso 6:
sizi uilu stillo, vuirki godes uuillon
sizi il verbo è il verbo sizzen, verbo forte di V classe sizzen saz sazum gisezzan, vuol dire “sedersi, stare
seduto, essere già seduto o volendo anche posarsi”. Un imperativo di seconda persona singolare rivolto
direttamente allo sciame, alle api.
Uilu avverbio che sta per “molto”
Stillo avverbio che sta per “tranquillamente”
Vuirki il verbo all’infinito è wurken o wurchen, verbo debole di I classe “fare, agire, compiere, operare” il
cui paradigma è wurkan/wurchan worhta worahta. Qui è un imperativo di seconda persona singolare
godes sostantivo maschile god, got vuol dire “Dio” con questa -es finale è al genitivo singolare, quindi “di
Dio”
uuillon cioè willo o anche willeo quindi sostantivo maschile, qui all’accusativo singolare

Particolare è il significato, il senso di questa seconda parte dell’incantesimo in cui l’apicoltore invita lo
sciame a non allontanarsi, cioè risulta abbastanza chiaro se lo sciame fugge via e l’apicoltore invochi Dio
affinchè lo sciame rientri a casa. Però perché deve fare anche un’ammonizione affinchè lo sciame non voli
via, non si allontani troppo e soprattutto non vada verso il bosco? Ecco, bisogna considerare un'altra
consuetudine medievale: nel Medioevo l’apicoltore godeva dei diritti sulle api soltanto, fintanto che era
capace di seguirle con la propria vista, fintanto che riusciva a vederle. Quindi se le api volavano troppo in
alto oppure si allontanavano e si addentravano addirittura nel bosco, l’apicoltore non riusciva più a seguirle
con la vista e di fatto perdendole con la vista ne perdeva automaticamente la proprietà. Il tema
dell’allontanamento delle api, l’ammonizione rivolta allo sciame ricorre anche nel primo incantesimo di
area inglese che sarà oggetto della nostra analisi la prossima settimana.

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