Horus la forma latina del nome egizio generalmente reso con Heru, divinit del
cielo, daltronde Horus rappresentato frequentemente sotto forma di falco e come
tale detto anche il lontano, i suoi occhi simboleggiano il sole e la luna, questultima
la sostituzione magica dellaltro occhio solare che Horus, vendicatore del padre,
perse
in
combattimento
contro
Seth.
Di Horus esistono numerose forme sincretiche, una di queste porta il nome egizio
Horpa Khred, a sua volta ellenizzato appunto in Arpocrate.
A partire dal cosiddetto Terzo periodo intermedio egiziano, il suo culto cominci a
diffondersi, generalmente raffigurato in braccio ad Iside, mentre porta un dito alle
labbra, atteggiamento che dal punto di vista essoterico altro non se non la richiesta
di essere allattato, mentre linterpretazione pi sensibile ai canoni iniziatici propende
ad
indicare
il
silenzio.
Con ogni probabilit questa non una semplice congettura, infatti, come avvenuto
per altre divinit, vedi il caso di Mitra, Arpocrate entr a far parte della religiosit
greca e romana, dove giunse a rappresentare il dio del silenzio.
A questo proposito importante rimarcare che non si tratta semplicemente
dellassimilazione di una divinit straniera in una sorta di sincretismo ellenico, ma
della scoperta, con conseguente valorizzazione, di un elemento mistico.
Generalmente, il termine mistico accostato a quello di religioso, ma se noi
proviamo ad analizzarlo troviamo che etimologicamente connesso al latino
mysticus, a sua volta derivato dal greco mystikos, con il significato di
misterioso, termine, a sua volta, legato a myein, ossia tacere, fare silenzio,
chiudere, espressione cui in definitiva sono connessi i misteri, intendendo con
questo termine quei culti, Orfici, Eleusini e Mitraici, solo per ricordare i principali, la
cui finalit consisteva in un rapporto del tutto particolare, in quanto assolutamente
legato allesperienza personale, con la divinit; tale evento era di natura tale da
perdurare
anche
dopo
la
morte
terrena
delliniziato.
Limportanza dei Misteri fu enorme ed probabile che, ancora oggi, la loro portata
non sia del tutto compresa. Questa affermazione non deve stupire; infatti la quasi
totalit delle nostre conoscenze in merito proviene da elementi culturali nei quali, con
ogni probabilit, si riflette lantica sapienza, ma quanto concerne gli aspetti esoterici
andato
perduto
pressoch
integralmente.
Gi Platone, e prima di lui i presocratici, avevano volgarizzato, sia pur rimanendo nei
confini del dovuto riserbo, un certo insegnamento; successivamente i neoplatonici, ed
in particolare Plotino ( 204-270 d.C.) ed i filosofi gnostici ripresero e rielaborarono le
antiche dottrine. A questo proposito probabilmente sufficiente accennare agli oracoli
caldaici di Giuliano il Teurgo (fine del II d.C.) ed allopera di Zosimo di Panopoli
(III-IVd.C.).
Anche in letteratura sono numerose le opere nelle quali appare manifestamente
limpronta misterica. Tra queste mi limito a ricordare gli inni orfici (la cui stesura si
pu collocare fra il IV secolo a. C. e il II secolo d.C.), linno omerico a Demetra
(VII-VI secolo a.C) e gli scritti di Apuleio da Madaura (125-170 d.C.).
La penuria di materiale esoterico originale non deve stupire, infatti i misteri eleusini
erano rigidamente protetti dalla divulgazione, addirittura era prevista la pena di morte
sia per gli iniziati che rivelavano, anche solo in parte, la ritualit, sia per i profani che
avessero
osato
spiare
i
riti.
Quindi, la prima interpretazione che possiamo dare al silenzio quella di assoluta
riservatezza.
Ancora, in epoca pi recente, Vincenzo Cartari scriveva:
Arpocrate, dio del silenzio, veniva rappresentato con la mano destra posata in
prossimit del cuore, coperto (con un mantello) da (in) pelle, pieno docchi ed
orecchie, a significare che molte cose possono esser viste ed udite, ma ben poco
bisogna
dire.
(Le vere e nove immagini de gli dei degli antichi, 1615)
Daltronde i misteri non possono essere correttamente intesi se si esula dalla loro
sacralit iniziatica; in tale prospettiva, bene ricordare che questo tipo desperienza
solo in piccola parte razionale e, pertanto, minimamente spiegabile. A questo
proposito, ricordo che Plutarco affermava che:
"L'anima al momento della morte prova la stessa impressione di coloro che si
avvicinano ai grandi misteri".
Queste considerazioni collocano il silenzio, relativo ai misteri, in una dimensione in
cui coesistono laporreton, ossia ci che non deve essere comunicato perch attinente
al piano della riservatezza, e larreton, in altre parole, ci che non pu essere
comunicato, in quanto indissolubilmente connesso ad unesperienza interiore la cui
natura
sfugge
alla
comprensione
mentale.
A questo punto probabilmente opportuno chiederci se il segno di Arpocrate non celi
altri significati e, a questo proposito, ricordo la spiga di grano mietuta in silenzio
dallo Ierofante durante liniziazione eleusina, azione che, con ogni evidenza, sta ad
indicare che un certo lavoro va compiuto in silenzio, ma che questo non va inteso in
senso esteriore, bens interiore, concetto che riprenderemo pi avanti.
Perci questo inno non pu essere insegnato, bens viene tenuto nascosto nel
silenzio.
Ermete Trismegisto - Discorso segreto sulla montagna.
In conclusione la parola mistero, che abbiamo realizzato essere strettamente connessa
al silenzio, pu essere utilizzata con tre differenti significati; infatti comunemente
utilizzata per indicare un fatto inspiegabile o segreto, ma in ogni modo razionale;
nella teologia cristiana assume valore essoterico ed utilizzato per indicare quel tipo
di verit rivelate che luomo pu conoscere in forma ma non in essenza e che deve
accettare per fede; infine, dal punto di vista iniziatico, si indica quel particolare tipo di
conoscenza
intuitiva
che
nasce
nel
silenzio
interiore.
I misteri eleusini furono messi al bando dallimperatore Teodosio nel 381 ed il tempio
fu distrutto dai visigoti di Alarico nel 395; difficile dire se tali eventi cancellarono
completamente i culti misterici da unEuropa ormai cristianizzata. Con ogni
probabilit qualche cosa rimase, anche se in forma assolutamente clandestina.
Sostanzialmente dobbiamo giungere ai Fedeli dAmore, a Giorgio Gemisto Pletone
(1355-1452), che introdusse a Firenze gli insegnamenti neoplatonici e Marsilio Ficino
(1433-1499), che tradusse il Corpus Hermeticum nel 1463, per assistere ad un
tentativo di recupero dellantica sapienza, magari ammantandola di cristianesimo in
modo
da
farla
apparire
innocua.
E un epoca difficile, gli Iniziati sono costretti a coniugare divulgazione e segreto.
Questo pu avvenire con una sorta di linguaggio simbolico e segreto; in merito Dante
afferma:
O
mirate
sotto
voi
la
l
chavete
dottrina
velame
de
li
li
ntelletti
che
versi
sani,
sasconde
strani
intuitiva.
Giunti a questo punto del discorso, non possiamo esimerci da una breve
ricapitolazione; abbiamo esaminato due aspetti del silenzio, il primo connesso
allobbligo morale di non rivelare ed il secondo a quello dellimpossibilit della
comunicazione. Esiste, tuttavia, una terza interpretazione del silenzio, che consiste nel
considerarlo
quale
assenza
di
suono.
Cominciamo con il notare che il silenzio appartiene senzaltro al mondo dei suoni, e
come tale infatti considerato un elemento essenziale nella musica, ambito nel quale
il silenzio pu essere considerato un non suono; inoltre constatiamo che il silenzio ed
il suono si escludono vicendevolmente, palesando, in tal modo, di essere elementi
costitutivi
di
uno
stesso
binario.
Questultima considerazione ci consente di accostare il Silenzio allUno,
perennemente uguale a se stesso ( per il silenzio si pu parlare solo di durata, che un
fare,
poi,
adagio
adagio,
il
livello
di
coscienza
aumenta
A questo punto, ritengo che si possa abbandonare la nostra allegorica mentina ed
esaminiamo
a
quali
conclusioni
ci
ha
condotto.
Intanto, determinate esperienze, condotte a livello fisico-animico, hanno delle
ripercussioni su piani sottili delle quali ordinariamente si incoscienti.
Viceversa, chi persegue lArte sposta gradualmente la propria coscienza dai piani pi
grossolani a quelli soprasensibili; questo non vuol significare che le porte del Silenzio
Interiore si schiudano sulla Gnosi, questo potr essere possibile solamente molto pi
avanti; inizialmente ci si trover nella condizione di chi non conosce laroma della
menta e che, conseguentemente, tenta unimpossibile traduzione di ci che percepisce
in
modo
confuso
ed
approssimato.
In altri termini, levento vissuto nella forma intelligibile che meglio si rapporta al
proprio vissuto. Frequentemente, ma non solo, questo avviene sotto forma di simbolo;
ovvero viene vissuta in maniera apparentemente sensoriale (specialmente: vista,
udito, odore) unesperienza che al momento non si in grado di realizzare
pienamente.
In definitiva, anche se bene sottolineare che questa la nostra personale
interpretazione, il Simbolo appare nella zona dinterazione tra la coscienza sensibile
in atto e quella soprasensibile che ancora in potenza, anche se inizia a manifestarsi.
Proveremo a spiegarci meglio, probabile che un Essere, particolarmente evoluto in
senso spirituale, sia in grado di contemplare direttamente il Mondo delle Cause, ma,
come abbiamo in precedenza detto, la quasi totalit degli uomini, non trovandosi in
tali condizioni, pu penetrare solo fino ad un certo punto in tale regione.
Il limite raggiunto costituisce chiaramente una frontiera che estremamente
soggettiva
e
che
evidenziata
appunto
dal
Simbolo.
E importante rilevare che non ci troviamo semplicemente di fronte ad una statica
linea di demarcazione, ma a qualche cosa di molto dinamico, con una sua peculiare
energia,
di
cui
si
avvale
per
compiere
le
proprie
funzioni.
Lo svolgimento del processo relativo non facilmente comprensibile; si pu
ipotizzare che il nostro tentativo dascesi provochi, quale reazione, linvio di un
messaggio, una sorta di riverbero dovuto a un irraggiamento dallalto attraverso
una nube. La percezione di tale evento , con ogni probabilit, mediata dalla nostra
coscienza corporea, dalla mente, se preferite, che mediante un processo facilmente
intuibile lo traduce, per cos dire, nel nostro linguaggio sensibile. Per questo il
Simbolo si pu manifestare come unimmagine, come un suono, oppure come un
odore, e, ma molto pi raramente, come un gusto od una sensazione tattile.
In breve, un quid appartenente al non sensibile vissuto in maniera apparentemente
sensoriale,
con
tutti
i
limiti
che
questo
comporta.
Chiaramente la tipologia della manifestazione simbolica in funzione di diversi
parametri: intanto la natura del soggetto, poi la regione in cui penetrato, il tipo di
lavoro
che
si
proposto,
ed
altri
ancora.
Indipendentemente da ci, appare evidente che il Simbolo possiede altre funzioni, per
esempio,
si
comporta
come
un
Marcatore
di
Passaggio.
Una porta chiusa costituisce, indubbiamente, un ostacolo, ma indica
contemporaneamente lesistenza di qualche cosa daltro che si trova al di l.
Tale Porta reca una scritta che ci rende edotti sulla maniera di aprirla e oltrepassarla,
ma vergata nella Lingua degli Dei, che, pur essendo molto semplice, poco
conosciuta, anche perch non si rivolge alla nostra razionalit ma allintuitivit.
Lo studio del Simbolo lungo e difficile, poich la sua comprensione
indissolubilmente legata alla nostra trasformazione, e, poich questa non pu che
essere graduale, parimenti andremo incontro ad una serie di decifrazioni successive,
che, chiaramente non potranno mai essere in contraddizione luna con laltra, ma
armoniosamente
propedeutiche.
E
dopo?
Qui, purtroppo, non possiamo dire molto; sostanzialmente, il problema questo: il
Silenzio Interiore, il Vuoto Mentale, il Grande Nulla sono, per noi uomini
ipertecnologici del Kali Yuga, sinonimo di niente, mentre per altre culture indicano il
Tutto.
Il concetto di vacuit indubbiamente difficile, sia da spiegare sia da comprendere.
Infatti, necessario un grosso sforzo mentale volto a superare un radicato modo di
relazionarsi, sia al s, sia allapparentemente diverso da s, assolutamente duale e
legato
al
sensibile.
In tale prospettiva, potrebbe essere utile rapportarci al punto di vista della Tradizione,
la quale afferma che tutto ci che noi percepiamo come manifestato proviene
dallimmanifestato.
Conseguentemente, riteniamo corretto affermare che laspetto sensibile di un oggetto,
in definitiva, costituisce unicamente il riverbero dellessenza di questultimo sul
piano della manifestazione; tale riflesso sensibile da un lato possiede valore
simbolico in quanto rimanda alla natura delloggetto, e dallaltro appartenendo al
mondo del cambiamento e della trasformazione, non che apparenza, che scompare
di
fronte
allAssoluto,
in
quanto
non
metafisicamente
esistente.
La conclusione a questo punto evidente: ogni forma vacuit, e viceversa, noi ci
illudiamo di vedere, ma la nostra, in realt, cecit spirituale.
Inoltre, ci che percepiamo con i sensi ci appare multiplo e distinto, in ulteriore
contrapposizione alla Tradizione che ci insegna lunicit del tutto (en to pan), per
contemplare la quale necessario spogliare la nostra mente di tutte le nostre
concezioni sulloggetto che stiamo studiando. A questo proposito, voglio ricordare
una bellissima frase di Shakespeare che bene rende lidea:
Che cos' Montecchi? Non la mano, non il piede, non il braccio, non il volto
n qualsiasi altra parte d'un corpo umano. Prendi un altro nome. Cosa v' in un nome?
Quella che noi chiamiamo rosa non perderebbe il suo profumo se avesse un altro
nome.
Pu altres essere utile tenere presente che ci che percepiamo non apparso dal
nulla, bens rappresenta lattualit di un qualche cosa che viene da molto lontano.
Ricordo che la nostra scienza non riesce a spingersi oltre un attimo dopo il Big
Bang e la religione oltre a quel misterioso principio che vide la genesi del cielo e
della terra; cosmogonie solo apparentemente differenti, e che, in ogni caso, fanno
supporre lesistenza di una materia prima, assolutamente indifferenziata, da cui ogni
cosa, fisica o mentale, tratta e alla quale, dopo un tempo pi o meno lungo, ritorna;
simbolicamente, ad esempio, possiamo interpretarla come largilla rossa con la quale
il
GADU
plasm
lAdam
Kadmon.
In definitiva, lesperienza del Silenzio conduce liniziato alla consapevolezza
dellUno (per utilizzare una terminologia massonica: alla Luce) che, in ogni modo,
non un concetto traducibile a parole, poich con il manifestato (e la parola umana
tale) non si pu rendere intelligibile il non manifestato. Anche perch, bene
rimarcarlo, vivere questesperienza significa esistere in un particolare stato di
coscienza, molto differente rispetto a quello ordinario, nel quale la nostra
consapevolezza si comporta come uno specchio, ossia riflette impassibile e silenziosa,
priva di dicotomia tra soggetto contemplante ed oggetto contemplato. Quando
usciamo da tale condizione, chiaramente conserviamo in noi la conoscenza di quel
vissuto, vero, ma vogliamo precisare che questa particolare Gnosi non traducibile
in pensiero e meno che mai in parole neppure per chi ha vissuto tale stato; infatti, solo
riportandosi
in
quella
condizione
potr
riviverlo.
Qui riusciamo a comprendere il vero e pi intimo significato dei termini
Esoterismo e Segreto, in altre parole: il primo rapportabile ad unesperienza
individuale interiore, ed il secondo ad un vissuto non trasmissibile verbalmente.