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PLC – Storia e Sviluppo


Capitolo 1 – Nascita delle PLC

1.1 Nascita delle PLC

Ripercorriamo velocemente le tappe fondamentali che hanno caratterizzato la storia delle PLC.
Riteniamo questo molto utile soprattutto per capire il percorso e l'evoluzione logica continua che
c'è dietro ai vari progetti, che beneficiando degli enormi passi avanti compiuti nell'ultimo secolo nel
campo dei dispositivi elettronici, sono diventati via via sempre più ambiziosi ed arditi.
Ci rendiamo conto comunque che parlare di storia di sistemi che, almeno da un punto di vista di
disponibilità sul mercato, in gran parte devono ancora "nascere" può sul momento lasciare
perplessi.
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In realtà l'idea di sfruttare la rete di distribuzione dell'energia elettrica per scopi diversi da quelli
per cui era stata progettata, con indubbi vantaggi economici visto che si trattava di un mezzo già
cablato e disponibile, è piuttosto vecchia e risale addirittura agli anni '20.
In quegli anni i cavi d'alta tensione erano considerati come una possibile alternativa
all'installazione di costosi cavi pilota, specialmente nelle aree più remote dove distanze di alcune
centinaia di chilometri erano tutt'altro che rare.
La prima esigenza è stata quindi quella di soddisfare il bisogno di un controllo e di un monitoraggio
remoto della rete, ma già allora si iniziava a considerare la possibilità di trasmettere anche la voce.
Escluse rare eccezioni, le comunicazioni su linee elettriche erano limitate alla parte di rete sopra
agli 11 kV, che correva da punto a punto tra sottostazioni. A questi voltaggi sia le linee che i
trasformatori provocavano altissime attenuazioni sui segnali.
In genere venivano usate frequenze sotto i 150 kHz (come stabilito poi dal CENELEC nel EN50065-
1), e l'intensità dei segnali irradiati costituiva un grosso problema. La scelta delle frequenze di
lavoro è sempre stata fatta cercando proprio di non interferire con altri servizi già esistenti come
quelli d'aiuto alla navigazione aerea o di radiodiffusione: solo alle applicazioni che richiedevano
brevissimi slot temporali erano consentiti livelli di potenza e frequenze proibite ai sistemi di
telemetria o di traffico voce.
L'uso di sistemi in bassa frequenza su linee di alta tensione, soprattutto per la trasmissione di
segnali legati al monitoraggio, al controllo remoto e alla voce, si diffuse tantissimo negli anni '50
nonostante gli alti costi dovuti ai dispositivi di accoppiamento con le linee elettriche. Soprattutto
nelle zone più remote questa soluzione era comunque di gran lunga più conveniente dell'utilizzo di
cavi pilota.
Il costo dei sistemi di accoppiamento in alta tensione dipendeva dal fatto che dovevano essere
istallati sia in serie che in parallelo con i circuiti di alta tensione: le bobine di blocco in serie
dovevano trasferire il carico sulle linee elettriche e sostenere il livello di corrente, mentre gli
accoppiatori capacitivi dovevano sostenere le tensioni.
Erano disponibili sia la tecnica di trasmissione fase-fase che quella fase-terra, con costi però
diversi. Chi poteva permetterselo preferiva la trasmissione fase-fase che garantiva:
- Minore attenuazione;
- Migliori rapporti segnale rumore;
- Minori variazioni del livello di attenuazione dovute alle condizioni atmosferiche;
- Minor livello di segnali irradiati.
Nel sistema fase-terra la perdita del conduttore di fase produceva anche la perdita di segnale, nel
sistema fase-fase solo un leggero aumento dell'attenuazione.
Il maggior costo del sistema fase-fase era dovuto al fatto che richiedeva chiaramente il doppio
degli accoppiatori in alta tensione dell'altro.
Le reti di cui abbiamo finora parlato erano quelle di alto voltaggio con poche o nessuna
discontinuità: fornivano quindi la più stabile struttura possibile per le comunicazioni su linee
elettriche. Nonostante questo l'interferenza dovuta al rumore (principalmente generato da archi
elettrici) era notevole su tutto lo spettro soprattutto in termini di riduzione del rapporto segnale
rumore, e fortemente influenzata, in maniera negativa, dalle cattive condizioni atmosferiche.
Comunque anche nelle peggiori condizioni il rapporto segnale rumore si manteneva accettabile su
lunghezze dell'ordine dei 185 km. Un'altra sorgente di rumore era costituita dalle operazioni di
commutazione ed isolamento, che producevano rumore su larga banda con picchi di notevole
ampiezza, tuttavia per la loro brevità questi fenomeni non infastidivano più di tanto.
Una tecnica, di discreto successo, alternativa a quella degli 11 kV nacque dallo sviluppo del Ripple
Control che inviava toni ad audio frequenza (AF) sul segnale elettrico in bassa tensione per
trasmettere dei semplici comandi on/off. In pratica questa tecnica (che fu studiata per prima a
Davos in Svizzera nel 1929) modulava la frequenza principale con dei burst di segnale ad audio
frequenza, ogni uno dei quali durava diversi cicli della frequenza principale. Un certo numero di
questi burst in AF veniva poi unito per formare un segnale codice che poteva essere ricevuto e
decifrato lungo vari punti della rete. Questo sistema era utilizzato per accendere o spengere un
gran numero di unità simili come lampioni per l'illuminazione pubblica o di attività commerciali,
riscaldamenti e contatori multi-tariffa.

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Diverse audio frequenze erano utilizzate per differenti applicazioni consentendo così di avere un
certo numero di servizi sullo stesso sistema. Opportuni circuiti accordati nel ricevitore rilevavano
solo i segnali relativi alle loro applicazioni. Benché modulare il segnale principale con segnali AF
richiedesse un equipaggiamento molto costoso e bisognoso di manutenzione continua dispositivi
Ripple Control erano ancora in produzione verso la fine degli anni '60 alla Landys & Gyr.
Sul finire degli anni '50 furono prodotti comunque sistemi più economici, di dimensione e
manutenzione più ridotta. Peak Depression ad esempio anziché modulare il segnale a 50/60 Hz in
maniera continua, "segnava" un numero discreto di cicli mediante brevi e precisi cortocircuiti. In
pratica in corrispondenza di punti ben precisi sull'onda di tensione si avevano per pochi
microsecondi dei picchi di corrente (200/300 A) molto appuntiti. Una serie di questi veniva utilizzata
per formare un "telegramma", che comprendeva appunto 3 impulsi posizionati nel sedicesimo ciclo
del segnale a 50/60 Hz. Questo tipo di modulazione limitata ad una piccola zona intorno a zero
Volt si rivelò meno sensibile ai disturbi e alle interferenze provocate dalle variazioni dei carichi sulla
linea, e ridusse l'attenuazione sul segnale ad un livello molto basso migliorandone quindi la
ricevibilità. Un'altra tecnica conosciuta come Cyclocontrol, aumentò la complessità di codifica per
migliorare l'indirizzamento: in 34 cicli erano disponibili 165 indirizzi discreti con quattro possibili
istruzioni.
Ripple Control e i suoi successori sono stati usati sulle reti europee per molti anni e, benché
obsoleti, esemplari operativi possono essere trovati ancora oggi.
Nel 1936 Bell Telephone Laboratories iniziarono a studiare la possibilità di sfruttare le linee
elettriche per supportare il servizio telefonico ai clienti sparsi nelle zone più rurali degli Stati Uniti.
L'idea di lavorare in banda base fu subito scartata perché sovrastare il rumore richiedeva una
potenza troppo elevata. Si scelse così di lavorare con frequenze tra i 150 e i 450 kHz, perché sotto
i 150 kHz si avevano problemi di accoppiamento, mentre sopra i 455 kHz l'attenuazione e
l'interferenza dovuta alle stazioni radio diventava elevata.
Il sistema era progettato per lavorare sulla tipica rete di distribuzione rurale americana, composta
da un conduttore monofase a 7 kV e 60 Hz, con un filo neutro in basso che di tanto in tanto era
interrato. Il sistema, che era in grado di coprire distanze dell'ordine di 20 miglia (32 km), fu
abbandonato nel 1941 con l'ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale e ripreso poi
nel 1945. Dall'Ottobre del 1946 la Bell iniziò poi lo sviluppo di un sistema telefonico su linee
elettriche conosciuto come M1 Carrier Telephone System prodotto dalla Western Electric
Company.

1.2 Gli ultimi 30 anni

Negli ultimi trent'anni il lavoro di sviluppo, condotto principalmente dalle varie compagnie elettriche
in collaborazione con alcune università, sulle bande di frequenza stabilite dal CENELEC, si è
concentrato sostanzialmente sull'automazione delle funzioni di distribuzione, come lettura
automatica del contatore, controllo selettivo del carico e gestione a distanza della rete. Lo scopo di
questi lavori in genere era quello di sviluppare un sistema capace di aiutare gli utenti a cambiare la
forma della loro curva di assorbimento. Stabilizzando tale curva su tutto l'arco delle 24 ore i
produttori di energia elettrica potevano ridurre i costi di produzione: picchi di richiesta, come
avviene ad esempio nell'ore dei pasti, richiedono infatti l'uso di impianti veloci nel collegarsi alla
rete ma in genere costosi da avviare come le centrali a gas. Rendere quindi la richiesta di energia
il più possibile costante e diffusa su tutto l'arco del giorno consentirebbe l'utilizzo di impianti più
economici da gestire, giustificando così con una diminuzione dei costi di produzione le maggiori
complessità introdotte da questi sistemi. Inoltre questo sistema di gestione della rete
consentirebbe facilmente l'implementazione di servizi aggiuntivi altrimenti costosi da realizzare
singolarmente, come la lettura automatica del contatore e il monitoraggio continuo della rete. Tutti
questi studi hanno portato sicuramente ad una migliore conoscenza della rete e delle sue
caratteristiche ma, salvo rare eccezioni, non sono sfociati in prodotti o servizi dal grande successo
commerciale.
Ecco comunque una breve panoramica dei più significativi tra questi progetti.
Verso la metà degli anni '70 la compagnia elettrica del Wisconsin (USA) iniziò a studiare la
possibilità di realizzare un sistema sulle sue linee di distribuzione che consentisse una completa
gestione dei carichi, ed una lettura remota dei contatori di luce, acqua e gas. Un apposito

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trasponder domestico provvedeva infatti alla gestione di 4 diversi tipi di carico e di 3 contatori, con
anche funzioni di memorizzazione dei picchi e degli andamenti dei vari consumi.
Nel 1980 South Eastern Electricity Board (GB) sviluppò un dispositivo nominato CALMS (Credit
And Load Management System) che si basava su un terminale domestico "intelligente" in grado di
utilizzare diversi mezzi di comunicazione (non solamente le linee elettriche) per aumentare lo
scambio di informazioni tra l'utente e il gestore dell'energia. Questo permetteva al gestore di
utilizzare al meglio le proprie risorse, mentre i vari consumatori potevano controllare direttamente il
costo dell'energia elettrica e modificarne il consumo in modo da sfruttare il vantaggio di una
tariffazione su fasce orarie. I servizi offerti erano i seguenti:
- Misura e registrazione della domanda e del suo picco;
- Selezione remota delle tariffe;
- Informazioni sui carichi elettrici e sui consumi per aiutare la pianificazione e il controllo della
rete;
- Controllo remoto di consumi e tariffe;
- Lettura remota di 3 contatori;
- Pagamenti a distanza;
- Limitazione dei carichi per rientrare in un certo tipo di tariffazione o come servizio minimo di
emergenza;
- Supplire alla mancanza di collegamenti di terra nelle abitazioni degli utenti.
Verso la metà degli anni '80 THORN EMI, un consorzio inglese costituito da esponenti
dell'industria dell'elettricità, del gas e dell'acqua, supportato dal Ministero dell'Industria e
Commercio, dal Ministero dell'Energia e dalla Ewbank Preece Consulting Ltd, iniziò il collaudo, con
circa 1000 utenti, di un particolare sistema di telecontrollo che si basava su un microprocessore
progettato e realizzato direttamente dalla THORN EMI stessa. Questo sfruttava una modulazione
di tipo Spread Spectrum, che fino ad allora era stata usata quasi esclusivamente per
comunicazioni in ambito militare, per cercare di superare i problemi legati al rumore della rete di
distribuzione in bassa tensione.
Il sistema sotto studio offriva le seguenti funzioni:
- Registratore multi tariffa per i contatori acqua, gas, luce;
- Funzioni di controllo e switch remoti per riscaldamento acqua e ambienti;
- Registrazione dell'assorbimento su tutte le 24 ore, a passi di mezz'ora, per l'analisi delle
variazioni dei carichi;
- Visualizzazione nel tempo del consumo di luce, acqua e gas con previsione di spesa;
- Rilevamento di manomissioni.
I risultati del lavoro di collaudo furono incoraggianti per continuare lo sviluppo del sistema.
Sul finire degli anni '80 l'ENEL definì le specifiche per un esperimento sulla propria rete il cui scopo
era quello di dimostrare praticamente la possibilità di usare le linee in bassa tensione come mezzo
per la trasmissione dati.
L'idea dietro a questo progetto, nello sviluppo della cui tecnologia furono coinvolte anche tre
aziende del gruppo IRI-STET: Esacontrol, Italtel-SIT, SGS Microelettronica, era quella di
ottimizzare l'uso delle risorse disponibili per generare energia elettrica e controllarne il consumo da
parte degli utenti. In particolare il progetto prevedeva l'implementazione dei seguenti servizi:
- Lettura remota del consumo continuo degli utenti connessi;
- Aggiornamento giornaliero dei carichi;
- Limitazione al limite contrattuale del consumo di energia dell'utente;
- Registrazione nell'arco di un mese dei picchi di potenza;
- Limitazione del consumo globale di energia di tutti gli utenti per sopperire a momentanee
carenze di disponibilità;
- Confronto tra potenza globale erogata da ogni sottostazione e somma di tutte le potenze di
ogni singolo utente per individuare eventuali perdite sulla rete;
- Rilevazione di eventuali tentativi di manomissione.

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Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 in Olanda fu sviluppato e testato (anche in
Svizzera) da Datawatt un sistema, chiamato Robcom, basato sulla tecnica Spread Spectrum-
Frequency Hopping. Tale sistema lavorava sia sulle linee a bassa tensione, per la gestione dei
carichi, che su quelle a media, per automatizzare la distribuzione.
In particolare, per quanto riguarda la rete a media tensione, venivano offerti i seguenti servizi:
- Monitoraggio del flusso di energia lungo la rete;
- Localizzazione dei guasti;
- Misurazione e controllo continuo del livello di tensione in alcuni punti della rete;

Mentre sul tratto a bassa tensione era offerto:


- Commutazione tariffe;
- Cicli di carico;
- Perdite di carico;
- Lettura remota del contatore;
- Localizzazione guasti.

Sempre nello stesso periodo NORWEB (una delle 12 compagnie di energia elettrica del Regno
Unito), in collaborazione con Open University, iniziò a studiare quello che possiamo considerare a
tutt'oggi un riferimento assoluto: il cosiddetto PowerLine Communications. Questo progetto
nacque, come tutti gli altri finora visti, con l'intento di realizzare una gestione dei carichi ed una
lettura remota del contatore; ben presto però il team di progettazione arrivò alla conclusione che
questo tipo di servizi da solo non bastava a giustificare la grande quantità di denaro necessaria per
istallare le infrastrutture necessarie alla loro diffusione su larga scala. Per cercare allora di rendere
"vincente" il progetto bisognava offrire dei servizi più appetibili, dei servizi cioè che i consumatori
avrebbero comprato volentieri: servizi legati al trasferimento di voce e dati! Questo richiedeva però
l'utilizzo di data rate molto più elevati di quelli che le bande di frequenza assegnate dal CENELEC
consentivano: fu così che NORWEB, per la prima volta, iniziò a studiare la possibilità di usare
frequenze più grandi di 1MHz sulla rete a bassa tensione.
L'avvio fu molto promettente e portò ben presto alla realizzazione dimostrativa di una rete
telefonica su linea elettrica a Manchester (GB), basata sulla tecnologia CT2 e su equipaggiamenti
telefonici prodotti dalla consociata NORTEL Networks. La fusione di quest'ultima con NORWEB
(diventata nel frattempo United Utilities) generò nel 1998 la NOR.WEB DPL (Digital Power Line)
Ltd, società nata con lo scopo di sviluppare e commercializzare un servizio Internet ad alta velocità
su linee elettriche basato su frequenze più grandi di 1MHz. Ma, dopo aver avviato progetti pilota in
Inghilterra, Germania e Svezia, e soprattutto dopo aver aperto la strada all'uso delle alte frequenze
sulla rete di distribuzione dell'energia elettrica, NOR.WEB DPL Ltd chiuse i battenti nel Settembre
del 1999.
Questo sul momento sembrò essere il colpo di grazia definitivo, con le PLC destinate per sempre a
rimanere confinate nel ristretto mercato dell'home automation, vincolate come erano a data rate e
bande troppo piccole per realizzare quei servizi di grande diffusione che sembravano invece
caratterizzare il crescente mercato delle telecomunicazioni.
Invece da allora è stato tutto un fiorire di annunci e progetti, soprattutto per lo sfruttamento della
rete in bassa tensione, con un crescendo vertiginoso in termini di frequenze di lavoro e di data
rate. Ad onor del vero poco di quanto è stato annunciato o anticipato si è per il momento tradotto in
prodotti commerciali, e alle luci hanno continuano ad alternarsi ombre come il recente abbandono
di Siemens (abbandono parziale, visto che comunque continua a produrre dispositivi a bassi bit
rate per home automation).
Comunque in attesa di qualcosa di sempre più concreto e soprattutto di una più adeguata
normativa di assegnazione delle frequenze le PLC sembrano quanto mai vive, fosse altro per i
grandi interessi in gioco.
Rimandando al CAP.6 una più accurata descrizione dei progetti più recenti, anticipiamo comunque
che al momento una divisione brutale e quindi impropria vede l'Europa e la Germania in particolare
(con esperimenti pilota in corso in diverse città tedesche, e non solo, da parte principalmente di
Ascom e di Oneline AG , quest'ultima in collaborazione con Enikia e VEBA) concentrarsi sulle PLC
soprattutto in termini di possibile alternativa per "l'ultimo miglio", mentre gli Stati Uniti con in testa

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due grandi associazioni, l'HomePlug Powerline Alliance e il CEA R-7.3 Committee, sembrano essere
maggiormente attratti dall'uso di questa tecnologia all'interno delle varie abitazioni.
Al di là degli specifici interessi dei vari gruppi industriali, questa divisione ha comunque spiegazioni
tutt'altro che casuali.
Una, tra l'altro, è legata al numero di abitazioni che ogni trasformatore serve: dalle 5 alle 10 nel
Nord America contro le circa 150 dell'Europa.
Siccome il segnale delle PLC non può, chiaramente, attraversare i trasformatori, in ogni
sottostazione di trasformazione deve essere installata un'apparecchiatura per supportare il
segnale. Appare chiaro quindi come, a parità di utenti serviti, nel contesto nord americano i costi di
installazione per consentire la copertura dell'ultimo miglio siano in teoria molto più difficili da
ammortizzare: ciò rende di conseguenza questo tipo di applicazione molto meno invitante.

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Capitolo 2 – Gli Standard
2.1 Standard frequenziali

Prima di fare una carrellata sui sistemi già disponibili sul mercato conviene considerare un attimo
le normative che hanno sinora regolato le PLC. In particolare ci concentreremo adesso sulla parte
che riguarda l'assegnazione delle frequenze, rimandando al CAP.5 la parte che si occupa delle
emissioni elettromagnetiche.
In Europa gli slot frequenziali a disposizione per eventuali sistemi di comunicazione su linee
elettriche in bassa tensione sono quelli stabiliti dal CENELEC (Committee European de
Normalisation Electrotechnique) nella normativa EN50065-1 del 1991. Questa consente l'uso di un
range di frequenze che va da 3 kHz a 148,5 kHz, suddiviso in 5 sottobande ogni una con scopo
diverso:

- Banda A (da 40 kHz a 90 kHz) ad uso esclusivo delle industrie fornitrici di energia elettrica;
- Banda B (da 110 kHz a 125 kHz) per sistemi che richiedono presenza continua di canale
disponibile, occasionalmente può essere utilizzata per inviare altri tipi di segnalazioni;
- Banda C (da 125 kHz a 140 kHz) per sistemi che funzionano in time sharing o a burst, e che
quindi non occupano continuativamente il canale;
- Banda D (da 140 kHz a 150 kHz) per sistemi di sicurezza e antincendio;
- Banda E (da 3 kHz a 8,5 kHz) ancora per sistemi che usano continuativamente il canale.

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La regolamentazione Nord Americana e Giapponese risulta invece leggermente più permissiva,
consentendo l'uso di frequenze fino a 525 kHz, cioè fino alle soglie del campo di trasmissione della
radiodiffusione AM.

Partendo da questo scenario è utile fare qualche considerazione.


Innanzitutto sappiamo che la larghezza della banda disponibile per un qualunque sistema di
comunicazione è direttamente legata al bit rate, nel senso che più sono alti i bit rate che si

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vogliono raggiungere più grande sarà la banda necessaria al mio sistema: quindi un qualunque
tipo di limitazione sulla larghezza di banda disponibile si traduce in un limite al valore massimo del
bit rate che posso ottenere.
Per fare un confronto equo tra diversi sistemi conviene allora riferirsi ad un parametro detto
"efficienza di banda" così definito:

dove Rb è il bit rate del sistema mentre W è la larghezza della banda occupata.
Ora possiamo fare un esempio pratico.
Un normale modem telefonico può raggiungere un bit rate di 56 kbps in download e un bit rate di
28,8 kbps in upload su una banda di poco più di 3 kHz (300 Hz - 3400 kHz): quindi la sua
efficienza di banda è di circa 19 bit/s/Hz in download e 10 bit/s/Hz in upload.
Supponendo di utilizzare un dispositivo analogamente efficiente sulle linee elettriche, considerando
le limitazioni imposte sulla banda, mi ritroverei la seguente situazione:
- Banda A bit rate massimo di 1 Mbps in downstream e di 480 kbps in upstream;
- Banda B bit rate massimo di 285 kbps in downstream e di 144 kbps in upstream;
- Banda C bit rate massimo di 285 kbps in downstream e di 144 kbps in upstream;
- Banda D bit rate massimo di 190 kbps in downstream e di 96 kbps in upstream;
- Banda E bit rate massimo di 104 kbps in downstream e di 53 kbps in upstream.;
Questo significa che potendo utilizzare contemporaneamente le bande A, B e E al massimo data
rate consentito (si consideri però che le bande B e C possono essere utilizzate solo per brevi slot
temporali) riuscirei ad avere un bit rate (ipotetico) di 1.5 Mbps in downstream e di 700 kbps in
upstream, da dividere poi chiaramente tra tutti gli utenti del sistema
Nella normativa Nord Americana le prestazioni, chiaramente, sono leggermente migliori.
Appare chiaro comunque che, se il mio obbiettivo è quello di offrire servizi più evoluti di un
semplice controllo remoto, come appunto un collegamento Internet a larga banda, video di alta
qualità o anche semplicemente collegare in LAN dei computer, il sistema è assolutamente
insufficiente.
Abbiamo quindi individuato il primo grande nodo che "lega" l'attuale sviluppo delle PLC: la
mancanza di una nuova e, alla luce delle recenti potenzialità tecnologiche, più adeguata normativa
di assegnazione delle frequenze.
In particolare, per poter raggiungere bit rate adeguati a garantire servizi di grande interesse
commerciale (come quelli accennati poco prima) il campo ottimale di lavoro sembra essere quello
compreso tra 1 MHz e 30 MHz. Anche se questo apre la porta a tutta una nuova serie di problemi
legati alla compatibilità con i sistemi che già operano in questa banda (come ad esempio servizi di
radiodiffusione e di controllo/aiuto alla aeronavigazione), riuscire a rendere presto disponibile, in
termini legislativi, questo range di frequenze giocherà sicuramente un ruolo decisivo per il futuro
sviluppo delle PLC.
Comunque la situazione attuale poteva essere facilmente prevista, considerando ad esempio che
la EN50065-1 è ormai una normativa vecchia di 10 anni e, soprattutto, che è nata con lo scopo di
regolamentare solo dispositivi di rilevamento e controllo remoto su linee elettriche (sia quelle
appartenenti alla rete di distribuzione dell'energia che quelle all'interno delle abitazioni dei vari
utenti).

2.2 Standard presenti sul mercato

In questi anni le industrie impegnate nelle PLC hanno sviluppato un certo numero di standard che,
nel rispetto delle normative frequenziali, sono caratterizzati da bit rate relativamente bassi, e quindi
indirizzati soprattutto alla realizzazione di sistemi di controllo/lettura remota delle rete e del
contatore o di home automation.

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Si tratta quindi di sistemi che concettualmente, alla luce soprattutto dei nuovi (annunciati) progetti,
appartengono ormai al passato delle PLC, ma che da un punto di vista di mercato continuano ad
essere gli unici prodotti disponibili basati su linee elettriche. Diamo quindi un'occhiata a quelli che,
senza dubbio, sono i più significativi, e cioè: X-10, Intellon CEBus, Echelon LONWorks, Intelogis
PLUG-IN .

2.2.1 X-10

La tecnologia su cui si basa questo protocollo risale ormai a 20 anni fa e originariamente era stata
sviluppata per integrare a basso costo dispositivi di illuminazione e di controllo. L' X-10 nasce quindi
come un sistema solamente unidirezionale, e anche se recentemente è stata aggiunta la
possibilità di stabilire in caso di necessità una comunicazione bidirezionale la maggior parte delle
segnalazioni avviene in un solo senso.
Come protocollo l'X-10 permette a dispositivi compatibili di comunicare tra loro sfruttando
l'impianto elettrico in bassa tensione della casa: in pratica senza nessun filo aggiuntivo si può
controllare da qualunque parte dell'abitazione l'illuminazione o un qualunque altro dispositivo
elettrico.
Un controllore/trasmettitore è inserito in una normale presa elettrica o installato al posto di un
interruttore di corrente, mentre tra il dispositivo che vogliamo controllare e la presa elettrica a cui è
connesso viene inserito un modulo X-10. Il controllore/trasmettitore comunica poi con i vari moduli
sfruttando le linee elettriche come mezzo di trasmissione.
L'X-10 per trasmettere dati binari sfrutta una Modulazione d'Ampiezza (AM). Per differenziare i
simboli la portante usa il punto di attraversamento dello zero da parte dell'onda sinusoidale di
tensione a 60 Hz nel passaggio dal semiciclo positivo a quello negativo o viceversa. I ricevitori
sincronizzati accettano la portante ad ogni punto di attraversamento dello zero (viene scelto
questo punto perché sulle linee elettriche è quello che presenta meno rumore e interferenza da
parte di altri dispositivi).
Per ridurre gli errori l' X-10 richiede due attraversamenti dello zero per trasmettere i simboli binari:
quindi ogni bit necessita di un ciclo completo a 60 Hz. La velocità di trasmissione è quindi limitata a
60 bit al secondo.
Generalmente un comando completo è formato da due pacchetti con un gap di tre cicli tra l'uno e
l'altro. Ogni pacchetto contiene due identici messaggi di 11 bit (cioè di 11 cicli) ciascuno: quindi un
comando completo necessita di 47 cicli, che si traduce in un tempo di trasmissione di circa 0,8 sec.
Il costo di un nodo X-10 varia dagli 8 $ di un semplice ricevitore ai 50 $ di un'unità di comando
completa. Si tratta quindi di una tecnologia piuttosto a buon mercato, ma il suo funzionamento
piuttosto rudimentale e soprattutto le ridotte caratteristiche in termini di velocità e di "intelligenza",
limitano le sue applicazioni a semplici sistemi di allarme o di controllo remoto di apparecchiature
elettriche.

2.2.2 Intellon CEBus

Intellon è una compagnia privata (che tra l'altro gioca un ruolo chiave nella già citata Home Plug
Powerline Alliance) che principalmente produce prodotti basati sullo standard CEBus
originariamente sviluppato da Electronics Industry Association e in seguito direttamente dal CEBus
Industry Council.
Questo è uno standard aperto che prevede differenti specifiche di strato fisico per la realizzazione
di sistemi di comunicazione su linee elettriche o su altri media. I prodotti di Intellon, principalmente
concepiti per realizzare una possibilità di controllo della rete domestica, sono costituiti da due
elementi fondamentali: un transceiver (che implementa la tecnica Spread Spectrum) e un
microcontrollore (che esegue il protocollo.
Il transceiver trasmette i pacchetti dati a circa 10 kbps usando, come già anticipato, tecniche di
modulazione a spettro espanso: ogni uno di questi contiene l'indirizzo del mittente e del
destinatario. Il protocollo CEBus usa un modello di comunicazione di tipo peer-to-peer così che
ogni nodo della rete ha accesso al canale ogni volta.
Per evitare collisioni viene usato, come per Ethernet, il protocollo CSMA/CDRC (Carrier Sense
Multiple Access/Collision Detection and Resolution). In pratica il protocollo MAC (acronimo di

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Media Access Control, cioè di quell'insieme di regole che stabilisce come e quando il mezzo fisico
può essere accessibile ad ogni nodo) richiede ad ogni nodo della rete di aspettare a inviare i propri
pacchetti fino a che la linea non è clear cioè finché nessun altro pacchetto è stato trasmesso.
Negli strati superiori, il CEBus prevede un CAL (Common Application Language) che consente ai
dispositivi di scambiarsi comandi e richieste di stato, usando un vocabolario e una sintassi di
comando comune.
Il CAL considera ogni dispositivo elettrico come formato da un insieme di parti, dette "contesti", con
caratteristiche comuni a tutti i dispositivi. Per esempio il controllo audio di un televisore, di uno
stereo, di un CD player o di un VCR è un contesto del CAL. Ogni contesto è poi suddiviso in tanti
"oggetti", ogni uno dei quali rappresenta una determinata funzione di controllo del contesto:
tornando all'esempio del controllo audio, oggetti sono: il volume, i bassi, gli alti, il tasto mute, etc.
Ogni oggetto è infine definito come un set di "istanze variabili" che specificano le operazioni delle
funzioni degli oggetti, come il livello corrente o quello di default dell'oggetto "volume".
Utilizzando le specifiche del CAL, Intellon garantisce che i suoi prodotti possono comunicare con
qualunque altro dispositivo CAL compatibile.
Intellon offre una vasta gamma di prodotti, che vanno dal semplice chip fino alla piattaforma
completa, a seconda del livello di integrazione che si vuole raggiungere.
Nonostante il sistema di Intellon risulti più evoluto e funzionale dell' X-10 i suoi costi più elevati non
ne hanno consentito lo stesso grado di diffusione sul mercato.

Il CEBus è conosciuto anche come EIA/ANSI-600 dalla sigla di standardizzazione.

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2.2.3 Echelon LONWorks

Echelon, come Intellon, ha realizzato un protocollo di comunicazione di tipo peer-to-peer che


implementa la tecnica CSMA, ed offre quindi una vasta gamma di prodotti per realizzare un
completo sistema di controllo della rete caratterizzato da un esclusivo e sofisticato MAC. Gli
elementi caratterizzanti il sistema LONWORKS sono sostanzialmente tre: il chip NEURON, il
protocollo LONTALK e il LONWORKS Network Service.
Il NEURON è un chip disponibile in due versioni, entrambe caratterizzate da tre processori a 8 bit
con più di 10 kbyte di RAM ed altrettanti di ROM, che su power line è capace, grazie a modulazioni
di tipo Spread Spectrum, di 10 kbps. Il cuore del sistema è comunque il protocollo LONTALK: uno
standard internazionale aperto espressamente concepito per le esigenze di controllo. Questo,
insieme ad altre caratteristiche, è implementato direttamente sul chip NEURON così da realizzare
su un singolo chip un sistema di controllo completo capace di supportare diversi mezzi di
comunicazione (compresi fibre ottiche, linee elettriche, doppino telefonico, cavo coassiale ed
infrarossi). Recentemente Echelon ha consentito al suo sistema di interfacciarsi con gli altri tipi di
transceiver presenti su power line, e il massimo bit rate raggiungibile è stato portato a 1.25 Mbps.
Il sistema si completa con il LONWORKS Network Services (LNS), un potente sistema operativo
per la connessione e lo sviluppo della rete dei dispositivi di controllo. In pratica permette
l'installazione, la configurazione, il monitoraggio, la manutenzione e il controllo della rete di
controllo LONWORKS. LNS è compatibile con tutti i sistemi (PC, MAC, UNIX, ecc.) e il suo server
supporta, a livello di strato di trasporto, sia il protocollo LONTALK che il TCP/IP.
Si tratta quindi di un sistema completo e piuttosto sofisticato, che, proprio per questo, risulta però
essere spesso troppo costoso per semplici applicazioni domestiche, e limitato quindi ad
applicazioni industriali o commerciali.
Il 30% delle entrate di Echelon proviene infatti da controlli di tipo industriale, mentre un altro 30%
proviene dall'automazione di edifici commerciali.
LONWorks è conosciuto anche come ANSI/EIA 701.9-A-1999 dal processo di standardizzazione
ANSI/EIA passato recentemente.

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Ulteriori applicazioni del sistema LONWorks di Echelon sono rappresentate anche nel CAP.6, tra
esse segnaliamo in particolare, visto che ci riguardano da molto vicino, l'accordo con il gruppo
Merloni per la realizzazione di un sistema di elettrodomestici "intelligenti" con il marchio
AristonDigital, e il sistema Domus Tech del gruppo Olivetti-Tecnost basato proprio sullo standard
LONWorks.

2.2.4 Intelogis PLUG-IN

Questo è un protocollo di controllo di rete, inizialmente realizzato dalla Intelogis, strettamente


collegato al modello OSI (Open System Interconnection): dei sette livelli che caratterizzano infatti il
modello OSI tutti meno due (lo strato di presentazione e quello di sessione) sono definiti nello
stack del protocollo PLUG-IN. Ecco le associazioni tra i cinque strati dell'OSI e quelli del protocollo
PLUG-IN:
- Applicazione (Application layer)--PLUG-IN Intelogis Common Application Layer (iCAL)
Protocol;
- Strato di Rete (Network layer)--PLUG-IN Power Line Exchange (PLX) Protocol;
- Trasporto (Transport layer)--PLUG-IN PLX Protocol;
- Strato di Collegamento (Data Link layer)--PLUG-IN PLX Protocol;
- Strato Fisico (Physical layer)--PLUG-IN Digital Power Line (DPL).
Come protocollo di strato di applicazione PLUG-IN usa lo stesso generico CAL del CEBus ma
anziché usare un modello di tipo peer-to-peer adotta una topologia di tipo client/server. Questo
consente di allocare la maggior parte dell' "intelligenza" di ogni singolo nodo di applicazione
PLUG-IN in un'unità centralizzata detta Application Server. Si realizza cioè una struttura simile a
quella di un computer con un'unità centrale particolarmente potente e veloce che controlla e
gestisce tutte le varie periferiche (che in questo caso potrebbero essere ad esempio gli interruttori
della luce). Queste risultano essere così piuttosto semplici ed economiche non dovendo
comunicare direttamente tra loro ma solo eseguire gli ordini dell'"intelligenza" centrale.

Negli strati più bassi il protocollo PLX definisce le regole per le operazioni degli strati di
collegamento, rete e trasporto, anche se la sua funzione principale è quella di definire la porzione
di MAC appartenente allo strato di collegamento. In particolare usa un protocollo di accesso al
mezzo composto da due meccanismi di accesso separati: DSMA (Datagram Sensing Multiple
Access) e CTP (Centralized Token Passing). Il primo serve per stabilire l'ingresso nel sistema dei
nodi finora inattivi (il concetto è lo stesso utilizzato da Ethernet), il secondo per la gestione del
sistema a regime, cioè con un certo numero di nodi attivi.
Nello strato fisico il protocollo DPL, per inviare segnali digitali sulla linea elettrica, usa una
modulazione di tipo FSK (Frequency Shift Keying) con due o più frequenze distinte in una banda
piuttosto ristretta. Questa scelta consentirebbe, secondo Intelogis, di contenere i costi rispetto a
realizzazioni basate su tecniche di modulazione a spettro espanso (più complicate e quindi più
costose da realizzare), e soprattutto sembrerebbe "sposarsi" meglio con la normativa europea
(come abbiamo visto il CENELEC prevede bande più ristrette rispetto al Nord America). La
soluzione PLUG-IN DPL a singolo canale consente velocità dell'ordine di 350 kbps, mentre quella

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a canali e portanti multiple dovrebbe garantire almeno fino ad un picco di 1Mbps, il tutto con una
BER di 10-9 e 80 dB di dinamica.

2.3 Considerazioni

Questi che abbiamo visto sono gli standard di sistemi su linee elettriche più affermati. Meritano
inoltre di essere menzionati, perché piuttosto interessanti, il sistema della Adaptive Networks
composto da ben tre versioni, tutte basate su modulazioni di tipo Spread Spectrum e caratterizzate
rispettivamente da un bit rate di 4,8 kbps (per lo standard CENELEC), 19.2 kbps e 100 kbps
(queste ultime per lo standard Nord Americano); lo Smart House sviluppato da Smart House Limited
Partnership for National Association of Home Builders e accreditato di un bit rate di picco di 50
kbps; e l'ultima evoluzione (datata 2001) del sistema PLUG-IN. Intelogis, che adesso si chiama
Inari, ha infatti in listino l'IPL0201 (discendente diretto del PassPort PLUG-IN Network), che viene
presentato come un prodotto da 2 Mbps (il data throughput medio in realtà non va però oltre i 700
kbps).

Come avrete avuto modo di capire i sistemi finora realizzati risultano in ogni caso concepiti (e
confinati dai loro bit rate) per applicazioni di controllo e gestione centralizzata o remota di
apparecchiature elettriche, cioè per il mercato dell'home automation. Questo pur essendo un
mercato estremamente interessante e di sicura espansione non consente però di sfruttare appieno
quello che è il grosso vantaggio legato all'utilizzo di linee elettriche come mezzo di trasmissione:

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essere cioè già diffuse in maniera capillare (come nessun altro mezzo disponibile) sia dentro che
fuori le abitazioni. Riprendendo quindi quanto già detto nel primo paragrafo, è proprio dal cercare
di far diventare le linee elettriche un possibile mezzo alternativo sia per la realizzazione di LAN in
edifici pubblici o privati che per la gestione dell'ultimo miglio, che nasce l'esigenza di andare oltre
gli attuali vincoli progettuali e legislativi, di andare a lavorare cioè con frequenze e bande più
elevate.

Tanto per avere un'idea: per quanto riguarda la realizzazione di una LAN il mezzo di riferimento
continua ad essere Ethernet, che nonostante il prezzo piuttosto elevato (soprattutto se vogliamo
realizzare LAN in abitazioni private) è comunque capace di un bit rate minimo sempre intorno ai 10
Mbps (la versione "Fast" raggiunge addirittura i 100 Mbps).
La tabella seguente mostra i requisiti in termini di larghezza di banda, e quindi di bit rate, necessari
alle applicazioni più comuni.

Diventa quindi di importanza fondamentale cercare di scoprire e capire come si comportano le


linee elettriche quando andiamo a lavorare ad alte frequenze, a frequenze ben superiori cioè di
quelle stabilite dalle vigenti normative.

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Capitolo 3 – Comportamento delle Linee Elettriche alle Alte Frequenze
3.1 Introduzione

Come abbiamo visto fino ad ora, il campo frequenziale d'uso delle linee elettriche in bassa
tensione è piuttosto ristretto e localizzato su frequenze relativamente basse.
Nonostante questo le loro caratteristiche sono tutt'altro che "invitanti": bisogna infatti tener sempre
presente che abbiamo a che fare con un mezzo originariamente concepito per altri scopi e quindi
caratterizzato da una topologia estremamente varia ed incerta, da un notevole livello di
attenuazione e di rumore che, per giunta (e questa è la cosa peggiore), variano con la
connessione/disconnessione alla rete dei vari carichi, cioè dei vari dispositivi elettrici.
Al riguardo le seguenti figure risultano piuttosto esplicative: (per maggiori dettagli consultare
comunque.

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L'effetto, in termini di dipendenza dell'attenuazione dalla frequenza, è praticamente questo:

Nonostante tutto, grazie soprattutto all'utilizzo di modulazioni a spettro espanso o di tipo FSK, si è
riusciti a produrre dispositivi con un buon livello di efficienza, pur se caratterizzati da bit rate
piuttosto bassi.
E' proprio per aumentare il valore di questi che siamo costretti a spingerci ad utilizzare frequenze e
bande di lavoro più alte (come visto nel CAP. 2) e quindi ad utilizzare le linee elettriche in una zona
ancora poco conosciuta in termini di comportamento: questo è infatti tutt'ora oggetto di profondi
studi, e la letteratura ha disposizione è quindi ancora piuttosto scarsa.
Proviamo comunque a caratterizzare in termini di attenuazione e rumore il comportamento ad alte
frequenze delle linee elettriche in bassa tensione, distinguendo innanzitutto tra la parte di rete
all'interno degli edifici e quella all'esterno.

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3.2 Comportamento alle alte frequenze della rete elettrica "esterna" in bassa
tensione

Da un punto di vista topologico questa parte di rete (che va dall'ultima sottostazione alle singole
abitazioni), detta anche "local loop access network", è strutturata ad albero o stella (figura 3.6). Si
intravede comunque una struttura simile a quella della telefonia mobile con delle stazioni base
(costituite dalle sottostazioni che ospitano il trasformatore) e una serie di celle.
Da un confronto con la rete telefonica fissa emerge che, mentre quest'ultima è caratterizzata tutta
da collegamenti punto-punto tra sottostazione e utenti, da un punto di vista di rete di
telecomunicazioni l'insieme dei conduttori elettrici di distribuzione e dei rami che portano alle
abitazioni costituiscono invece la struttura logica di un bus (figura 3.7).

3.2.1 Propagazione del segnale

Cerchiamo ora di realizzare un modello di canale e di confrontarlo poi con l'effettivo


comportamento della rete che si evince da misure reali. Consideriamo il canale lineare tempo
invariante, quindi completamente descritto dalla sua funzione di trasferimento H(f) o dalla risposta
impulsiva h(t), come schematicamente mostra la figura 3.8. Questo può sembrare una forzatura,
visto che le linee elettriche hanno, per loro natura, caratteristiche tempovarianti, ma gli studi
fatti hanno rilevato che i cambiamenti della funzione di trasferimento della rete elettrica esterna
sono minimi, e che quindi questo tipo di approccio è corretto. Il rumore può cambiare nel tempo le
sue proprietà statistiche ma le sue caratteristiche fondamentali rimangono le stesse: varierà solo il
valore dei parametri.

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0
La propagazione del segnale lungo la linea elettrica è afflitta da un'attenuazione (che risulta essere
direttamente dipendente dalla frequenza f e dalla distanza d dal trasmettitore), e dall'effetto di
numerose riflessioni dovute alle giunzioni in serie tra cavi di differenti impedenze caratteristiche e
alle diramazioni verso le case. Tutto questo si traduce nella presenza di cammini multipli e di
fading selettivo in frequenza, cioè in una funzione di trasferimento di questo tipo:

(3.1)
dove ogni cammino i è caratterizzato da un certo peso g, da una certa distanza d e da un certo
ritardo (dato da il rapporto tra la distanza d e la velocità di fase vp). Il termine A rappresenta
l'attenuazione e la sua dipendenza da frequenza e distanza si può rappresentare (tramite
opportuni parametri a0, a1 e k) così:

(3.2)
Sostituendo tutto nella (3.1) ottengo il modello della funzione di trasferimento:

(3.3)

L'accuratezza della (3.3) dipende chiaramente dal numero N di cammini considerati. Si tratta
comunque di un modello estremamente comodo, visto che con un ristretto numero di parametri
riesco a rappresentare il comportamento della funzione di trasferimento nel range di frequenza che
va da 500 kHz a 20 MHz.
Come abbiamo già detto all'inizio la struttura di questa parte di rete elettrica è estremamente varia:
quindi in pratica ogni collegamento presenterà caratteristiche proprie in termini di propagazione del
segnale e di rumore. Con opportune misure si è visto però che i link che presentano similitudini in
termini di lunghezza, del tipo dei cavi o del numero delle diramazioni, hanno anche caratteristiche
simili in termini di attenuazione. Questo ci permette di raggruppare i vari tipi di canale secondo i
loro elementi più rappresentativi, cioè secondo criteri legati alla loro lunghezza, al tipo di cavi e al
numero delle diramazioni, e di sfruttare il modello definito prima per creare una serie di "canali di
riferimento" (RC), ciascuno a rappresentanza di un preciso gruppo di link.

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Per fare un esempio consideriamo quattro canali di riferimento e, con l'ausilio del nostro modello,
ricaviamoci (dopo aver opportunamente dimensionato i vari parametri), la corrispondente risposta
in frequenza ed impulsiva.
- RC1: che rappresenta link di 100 m senza diramazioni;
- RC2: che rappresenta link di 110 m con 6 diramazioni;
- RC3: che rappresenta link di 210 m con 8 diramazioni;
- RC4: che rappresenta link che si possono trovare in aree residenziali senza una precisa
struttura.

Un confronto tra la risposta in frequenza ed impulsiva calcolate matematicamente con quelle


effettivamente misurate sul canale dimostra la bontà del modello adottato, come si deduce anche
dalle figure 3.11 e 3.12 che si riferiscono ad un canale appartenente a RC2.

3.2.2 Rumore

Dopo aver visto un po' più da vicino la distorsione a cui possono essere soggetti i nostri segnali,
andiamo ora a studiare l'altra grande causa di disturbo per i segnali trasmessi su linea elettrica: il
rumore. Innanzitutto, a differenza di quanto avviene su molti mezzi di comunicazione, su power
line il rumore non è additivo Gaussiano bianco, ma si può considerare composto da 5 distinti
contributi.

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- Rumore di fondo colorato: è l'effetto di numerose sorgenti di rumore a bassa potenza. La
sua densità spettrale di potenza (PSD: Power Spectral Density) varia molto lentamente nel tempo,
e si mantiene su bassi valori che diminuiscono con l'aumentare della frequenza;
- Rumore a banda stretta: rumore concentrato in una ristretta banda di frequenze,
principalmente causato dalle stazioni di radiodiffusione ad onde medie e corte. Il suo livello
generalmente varia durante la giornata: più alto la notte a causa della riflessione atmosferica;
- Rumore impulsivo periodico, asincrono alla frequenza principale: principalmente causato
dall'accensione/spegnimento di dispositivi elettrici e caratterizzato da uno spettro a righe discrete
intervallate secondo la frequenza di ripetizione (che è compresa tra 50 e 200 kHz);
- Rumore impulsivo periodico, sincrono con la frequenza principale: costituito da impulsi di
breve durata (qualche microsecondo) con frequenza di ripetizione di 50 o 100 Hz, generalmente
causato dai dispositivi elettrici che funzionano in sincronia con la frequenza principale, la sua PSD
diminuisce all'aumentare della frequenza;
- Rumore impulsivo asincrono: generato dai transitori degli interruttori e caratterizzato da
impulsi arbitrari della durata compresa tra i microsecondi e i millisecondi, è sicuramente la
componente più fastidiosa visto che la sua PSD può facilmente superare di 50 dB il livello delle
altre.

Le prime tre componenti, che risultano stazionarie su periodi di secondi, minuti e qualche volta
anche di ore, si possono considerare insieme come rumore di fondo; le componenti quattro e
cinque che hanno invece variazioni nell'ordine di microsecondi o millisecondi e producono dei
picchi anche notevoli sulla PSD totale del rumore si considerano globalmente come rumore
impulsivo.
La figura 3.14 ci mostra un andamento della PSD del rumore di fondo rilevata con un apposito
banco di misura. Come si può vedere la componente di rumore dominante è quella a banda
stretta, causata dall'interferenza delle stazioni radio: particolarmente visibili risultano infatti gli
effetti delle bande di diffusione di 49m, 41m, 32m e 25m. L'effetto del rumore a banda stretta si
ritrova anche sotto i 5 MHz, benché dai 2 MHz in giù l'effetto prevalente è dovuto al rumore
colorato.

2
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Tra i 10 e i 16 MHz righe di diversa ampiezza ma equispaziate evidenziano invece l'effetto del
rumore impulsivo periodico (la spaziatura di 100 kHz corrisponde ad un periodo di ripetizione di 10
µs).
Per quanto riguarda il rumore impulsivo conviene sottolineare nuovamente che proprio a causa
delle sue brevissime ed improvvise variazioni è senza dubbio la fonte di disturbo più pericolosa,
soprattutto la componente legata al rumore impulsivo asincrono.
Questi impulsi, provocati dai transitori di una qualunque commutazione che avviene sulla rete,
caratterizzati da durata e tempo di arrivo arbitrari, provocano un innalzamento della PSD legata al
solo rumore di fondo anche di 60 dB (figura 3.15), che si traduce in un probabile errore sul bit o sul
burst che viene trasmesso in quell'istante.
La figura 3.16 ci mostra un esempio di questo tipo di rumore con impulsi della durata
rispettivamente di 4 µs e di 100 µs. Diventa quindi di vitale importanza riuscire a realizzare un
efficace modello statistico per quanto riguarda ampiezza e larghezza degli impulsi e il loro tempo di
interarrivo: come si può vedere dalle figure successive la distribuzione risulta praticamente
esponenziale, con valori medi rispettivamente di circa 100/200 mV; 108.46 µs; 1.67 sec.

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3.2.3 Considerazioni

Riassumendo siamo quindi riusciti a caratterizzare il comportamento in alta frequenza della rete
elettrica "esterna" sia in termini di distorsione del segnale (la cui propagazione sulla rete è ben
rappresentata dal modello a cammini multipli (3.3), sia in termini di disturbi dovuti alle componenti
di rumore.

2
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Sottolineare l'importanza di tutto questo è superfluo: appare chiaro che il progetto di un qualunque
sistema di comunicazioni ad alta frequenza che sfrutti le linee elettriche deve per forza partire da
questa base. Tanto per completare il discorso e per sottolineare, se mai ce ne fosse bisogno,
quanto già dimostrato nel CAP.2 riguardo ai vantaggi di poter lavorare con bande e frequenze più
elevate, riportiamo qui accanto il risultato di uno studio sulla capacità dei canali di riferimento
[40] effettuato considerando una banda di circa 20 MHz e una potenza del segnale di 1 W (pur non
avendo ancora affrontato problemi di compatibilità elettromagnetica questo ci consente di
mantenere la PSD del segnale a livelli più che ragionevoli). Pur con le dovute approssimazioni,
oltre alla grande potenzialità del sistema, appare comunque evidente il miglioramento in termini di
capacità del canale (C) rispetto alla situazione che si presentava lavorando entro le attuali bande
standard.

3.3 Comportamento alle alte frequenze della rete elettrica "interna" in bassa tensione.

La parte della rete elettrica in bassa tensione localizzata all'interno delle varie abitazioni presenta,
se possibile, una varietà topologica ancora maggiore di quella esterna, dovuta chiaramente alla
struttura degli edifici, alla realizzazione dell'impianto e al tipo di cavi. Risulta quindi estremamente
difficile definire in maniera univoca le sue caratteristiche sia in termini di attenuazione del segnale
che di rumore. Senza voler e poter quindi scendere troppo nello specifico accenniamo però
brevemente ai risultati di uno studio volto proprio a cercare di approfondire la conoscenza delle
caratteristiche in alta frequenza della rete elettrica degli edifici.
In particolare si è cercato di rilevare, tramite misurazioni della funzione di trasferimento e del livello
di rumore distribuite ad intervalli regolari su tutte le 24 ore, la dipendenza dal tempo del canale.
Crediamo sia chiaro infatti che al di là del fatto che le linee elettriche non siano sicuramente il
mezzo più vicino a quello ideale è soprattutto la potenziale ed intrinseca non stazionarietà delle
sue caratteristiche a costituire il problema maggiore nella progettazione di un qualsiasi sistema di
comunicazione. Negli studi condotti sulla rete esterna era emerso che almeno la funzione di
trasferimento si poteva considerare stazionaria, e questo infatti aveva portato agevolmente alla
costruzione di un efficace modello di canale.

3.3.1 Propagazione del segnale

Dagli studi fatti emerge un andamento in modulo e fase della funzione di trasferimento (come
mostrato in figura 3.20) caratterizzato da un valore di attenuazione piuttosto elevato con delle
profonde cadute, tipiche dell'interferenza distruttiva dovuta ai cammini multipli. La presenza di
questi appare chiaramente anche dall'andamento della risposta impulsiva (figura 3.21).
Per capire la variazione nel tempo, come abbiamo già detto, si sono effettuate misure su tutte le
24 ore ad intervalli regolari (~3’). Andando poi a studiare l'andamento della deviazione standard
normalizzata (γ) dei valori raccolti (definita come il rapporto tra deviazione standard e valor medio)
si è rilevato che (figure 3.22 e 3.23: più γ è bassa più "costanti" sono i valori), salvo per alcuni valori
di frequenza dove l'attenuazione ha dei grandissimi picchi, sia l'ampiezza che la fase della
funzione di trasferimento si possono considerare con buona approssimazione stazionarie (almeno
nell'arco della giornata). Inoltre i picchi del grafico sembrano principalmente dovuti non a variazioni
improvvise del livello di attenuazione ma a picchi di rumore che hanno falsato un po' i risultati della
misura a quelle specifiche frequenze.

3.3.2 Rumore

Per quanto riguarda il rumore, ferme restando il tipo di componenti e le loro caratteristiche (che
abbiamo già visto sulla rete esterna) è importante rilevare che nel range che va da 200 kHz a 30
MHz il rumore di fondo si può considerare come bianco (più l'effetto di interferenze a banda stretta
causate dalle stazioni radio), a differenza di quanto avveniva nel range fino a 150 kHz dove,
invece, il livello di rumore (decisamente più elevato) diminuiva al crescere della frequenza. Questo
è ben evidenziato dalle figure 3.24, 3.25, 3.26. Inoltre si è visto che la distribuzione dei valori
misurati attorno a quello medio risulta essere Gaussiana per tutte le frequenze di lavoro.

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Per quanto riguarda la variazione nel tempo, seguendo gli stessi criteri presentati nel caso della
risposta in frequenza, dall'andamento della deviazione standard normalizzata γ (figura 3.27)
emerge che, escludendo le frequenze dove l'interferenza a banda stretta è particolarmente
elevata, la PSD del rumore si può considerare piuttosto costante nel tempo. Particolarmente
visibile è l'effetto dell'interferenza a banda stretta intorno ai 27 MHz: questo è provocato dalle
stazioni radio nella banda cittadina (Citizen Band) che non trasmettendo ininterrottamente sono
fonte appunto di una elevata instabilità dei livelli di rumore. In generale comunque questo effetto,
cioè instabilità del livello del rumore, è presente su tutte le frequenze dove si localizzano
interferenze legate a stazioni radio a causa del fatto che il livello stesso del segnale interferente
non è costante. Infatti la maggior parte delle stazioni radio che trasmette sotto i 30 MHz usano
modulazioni di ampiezza, dove per risparmiare energia spesso la potenza della portante viene
arbitrariamente ridotta: non è difficile quindi trovare anche dei momenti in cui l'interferenza
sparisce completamente .

3.3.3 Considerazioni

Innanzitutto è bene ricordare comunque che ci riferiamo a misure compiute nell'arco di un giorno
su una rete ben determinata: quindi non sono assolutamente da escludere sia eventuali variazioni
su periodi più lunghi (mesi o anni) che comportamenti nettamente diversi con reti diverse. In ogni
caso, senza generalizzare troppo, sotto molti aspetti il comportamento della rete elettrica interna
somiglia a quello del canale della telefonia mobile, ed è quindi agli schemi di
trasmissione/ricezione già affermati su di esso che conviene comunque far riferimento per un
qualunque progetto mirato ad utilizzare questa parte della rete elettrica come mezzo di
trasmissione.

3.4 Conclusioni

Prima di proseguire crediamo sia giusto soffermarsi ancora un attimo su quanto è emerso
studiando la rete elettrica in bassa tensione alle alte frequenze. Avendo ormai più volte dimostrato
la necessità di lavorare in questo range, se si vuole poter crescere in termini di bit rate, è
interessante notare che così veniamo a trovare un mezzo che, pur rimanendo uno dei meno
"agevoli", non presenta però particolari peggioramenti rispetto a quanto era emerso lavorando
nelle bande standard. Realizzare un sistema di comunicazioni adatto a lavorare in questo contesto
si riduce quindi a cercare semplicemente di affinare quelle che sono le tecniche già usate con
successo in bassa frequenza (Spread Spectrum) o in altri campi (OFDM) adattandole alle
caratteristiche tipiche del canale.
Particolarmente interessanti risultano poi le similitudini, sia strutturali che di comportamento, con
l'ormai ben conosciuto canale dei sistemi radiomobile.
E' importante inoltre rilevare come, in termini di rumore, se da un lato il salire con le frequenze di
lavoro sembra rendere meno sensibile il canale a quei disturbi tipici dell'uso a bassa frequenza
(legati principalmente ai vari dispositivi elettrici connessi), dall'altro fa nascere il problema,
soprattutto sulla rete esterna, dell'interferenza dovuta a tutti quei sistemi che già lavorano in questo
range (principalmente stazioni di radiodiffusione). Si tratta di un punto estremamente delicato da
affrontare che implica automaticamente il dover considerare anche problemi di interferenza
nell'altro verso (cioè disturbi provocati dalle PLC sui sistemi già esistenti), e soprattutto la
necessità della definizione di una nuova ed apposita normativa che regoli la "convivenza", sia in
termini di uso di frequenze che di livelli di emissione, tra tutti quei sistemi che affollano, o
dovrebbero affollare, questo range di frequenza.

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Capitolo 4 – Tecniche di Trasmissione
4.1 Introduzione

Nel CAP.3 abbiamo approfondito il comportamento delle linee elettriche alle alte frequenze.
Cerchiamo ora di utilizzare le informazioni raccolte, in termini di effetti sulla propagazione del
segnale e di rumore, per vedere più da vicino altri due aspetti estremamente importanti, e tra loro
strettamente legati, che riguardano la progettazione/realizzazione di un sistema di comunicazione
che sfrutti appunto la rete elettrica: la tecnica di trasmissione impiegata e un adeguato MAC
(Media Access Control) che consenta l'utilizzo contemporaneo del mezzo da parte più utenti.
Conviene sottolineare infatti che, tra tutti gli strati che compongono il modello OSI, stiamo
concentrando la nostra attenzione su quelli più bassi, cioè sullo strato fisico e su quello di
collegamento dati (in particolare il MAC layer è il primo sottostrato del Data Link layer e fa in
pratica da cuscinetto tra gli strati superiori e quello fisico), cioè su quegli strati maggiormente legati
e influenzati nella loro struttura, al mezzo di trasmissione utilizzato: sugli strati cioè che
caratterizzano maggiormente i diversi sistemi di comunicazione.

4.2 Tecniche di trasmissione

Considerando che, come abbiamo visto, le caratteristiche del mezzo di propagazione alle alte
frequenze non si discostano molto da quelle presentate alle basse frequenze, le stesse tecniche di
modulazione utilizzate per i dispositivi che lavorano su bande standard (come abbiamo visto
principalmente FSK e Spread Spectrum) sembrano quindi risultare adatte. In particolare avendo a
disposizione un range di frequenze ben più ampio di quello garantito dalle bande standard le
tecniche di modulazione a spettro espanso sembrano adattarsi ancora meglio a questo contesto.

4.2.1 Spread Spectrum

Senza entrare troppo nei dettagli di queste tecniche ormai ampiamente note, è importante però
ricordare che nell'ambito delle PLC si riscontrano esempi di utilizzo oltre che della "classica" DS
(Direct Sequence, probabilmente il metodo Spread Spectrum maggiormente usato nei sistemi di
comunicazione) anche del Frequency Hopping (FH) dove il segnale viene trasmesso in uno slot
frequenziale che viene cambiato ad ogni intervallo di bit.
Questa tecnica, benché più costosa (a causa delle numerose frequenze che bisogna generare e
dei relativi filtri di canale) e più sensibile ai disturbi a larga banda della DS, mostra infatti una
maggiore immunità ai jamming e una distribuzione più uniforme sulla banda dell'energia del

2
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segnale (nei sistemi DS l'energia del segnale trasmesso è infatti distribuita secondo la funzione
sinc(x), generata dalla moltiplicazione del bit d'informazione con la sequenza di codice).
Particolarmente interessante risulta anche il cosiddetto sistema chirp (per esteso: swept-
frequency pulse-chirp system) adottato tra l'altro dallo standard CEBus presentato nel CAP.2.
Questo, facendo variare nell'intervallo di bit la frequenza del segnale secondo una legge lineare,
sembra infatti riunire i vantaggi delle precedenti tecniche, associando così alla robustezza
all'interferenza tipica dei sistemi DS quella distribuzione uniforme dell'energia sulla banda che
caratterizza invece il segnale generato con il FH.
In ogni caso comunque l'obbiettivo di queste tecniche, ottenuto "distribuendo" (in modi diversi) il
segnale trasmesso su tutta la banda disponibile, è sia quello di rendere la trasmissione più
resistente agli effetti del rumore, che di contenere notevolmente il livello del segnale trasmesso, in
modo da avere così meno problemi in termini di irradiazione e di compatibilità elettromagnetica con
gli altri sistemi operanti su queste bande. Questi importanti vantaggi si pagano però con
un'efficienza di banda piuttosto bassa, cioè con la necessità quindi di occupare ampie porzioni di
spettro per poter avere dei bit rate piuttosto elevati.
Questo, considerando l'attuale mancanza di uno specifico piano di assegnazione delle frequenze,
può costituire un ostacolo notevole all'implementazione di questa tecnica.

4.2.2 OFDM

La tecnica però che attualmente sembra offrire potenzialità ancora maggiori con questo tipo di
sistemi, come con tutti quelli caratterizzati da canali piuttosto "ostili", è l'OFDM (Orthogonal
Frequency Division Multiplexing). L'idea alla base è quella di suddividere il flusso dati complessivo
ad alta velocità che deve essere trasmesso in tanti flussi paralleli di velocità molto più bassa.
Ogni uno di questi va a modulare una ben precisa portante di una numerosa serie (dette anche
sottoportanti) tutte ravvicinate tra loro: queste, trasmesse simultaneamente, finiranno così per
occupare ciascuna una ristrettissima parte della banda complessiva a disposizione.
L'ortogonalità che caratterizza anche il nome si ottiene distanziando tra loro le sottoportanti
dell'inverso dei bit rate di ogni una: questo fa sì che quando andiamo a fare la FFT (Fast Fourier
Transform) del segnale ricevuto su un intervallo temporale uguale al bit rate della portante
considerata, il valore di ogni punto della FFT è funzione solo dei bit che hanno modulato quella
portante e non è influenzato dai dati che modulano tutte le altre (non si risente quindi di
interferenza di cocanale).
La figura 4.1 mostra un sistema OFDM completo.

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Se la banda occupata da ogni sottoportante è sufficientemente piccola la risposta in frequenza del
canale si può considerare piatta su quelle frequenze e quindi piuttosto semplice da equalizzare.
Questo, rispetto al trasmettere su tutta la banda disponibile un unico flusso dati ad alta velocità, ci
consente sia di proteggerci meglio dagli effetti del fading selettivo che, allocando opportunamente
le portanti (figura 4.2), di evitare di lavorare in quelle zone di canale dove l'attenuazione ed il
rumore sono più difficili da trattare (in particolare abbiamo visto come le interferenze a banda
stretta siano localizzate proprio intorno a frequenze ben precise).

Per modulare le singole sottoportanti si possono utilizzare svariati metodi tra cui BPSK, QPSK e
QAM (anche nelle rispettive versioni differenziali) con costellazioni più o meno estese a seconda
dell'attenuazione e del fading del canale.
In trasmissione le forme d'onda dell'OFDM (figura 4.3) si generano usando l'inversa della FFT
(iFFT) sul gruppo di sottoportanti modulate (in ricezione si farà poi l'operazione inversa): si ottiene
così un "simbolo" OFDM di durata pari all'inverso della distanza tra le varie sottoportanti, quindi
molto più lungo dei simboli associati al data rate iniziale, e per questo già di per sé molto più
immune agli effetti del fading selettivo. Per migliorare ulteriormente la situazione in testa al simbolo
OFDM viene poi aggiunto un prefisso ciclico che in pratica non è altro che la replica degli ultimi

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microsecondi del simbolo stesso. Questo serve per mantenere l'ortogonalità e combattere gli effetti
dell'interferenza intersimbolica (ISI) dovuta al fatto che il ritardo presentato dal canale non è
purtroppo costante con la frequenza: quindi senza prefisso ciclico alcuni simboli finirebbero per
sovrapporsi. Dimensionando opportunamente la lunghezza del prefisso (che deve essere almeno
pari alla peggiore variazione del ritardo rilevata sul canale) e aspettando che questo sia terminato
prima di iniziare a prendere i campioni per la FFT si riesce invece a garantire l'integrità di ogni
simbolo.

Si tratta quindi di una tecnica piuttosto complessa ma molto efficace la cui idea risale addirittura
agli anni '60. Solo recentemente però ha iniziato a prendere veramente campo, non solo per
quanto riguarda le PLC, grazie soprattutto ai recenti sviluppi in campo elettronico che hanno
consentito di avere a basso costo DSP (Digital Signal Processing) estremamente veloci. Tra l'altro
i recenti sistemi DAB (Digital Audio Broadcasting) e DVB (Digital Video Broadcasting) sfruttano
proprio questa tecnica.
Per quanto ci riguarda, a completamento del discorso ,c'è da dire che questa tecnica è
caratterizzata da una efficienza di banda piuttosto elevata (anche 5 bit/s/Hz) che ben si sposa
quindi con l'obbiettivo di garantire bit rate elevati, ma purtroppo richiede rapporti segnale rumore
piuttosto alti e che quindi è potenzialmente soggetta a creare problemi di interferenza con gli altri
sistemi.
Come potete notare emerge quindi per l'ennesima volta, ed è inevitabile ogni qual volta ci si
addentra un po' di più in considerazioni tecniche, la mancanza da un punto di vista legislativo di un
riferimento preciso sia in termini di assegnazione delle frequenze che di emissioni
elettromagnetiche. Questo oltre a rallentare lo sviluppo dei progetti, i vari gruppi industriali sono
infatti costretti a muoversi in uno scenario estremamente "fumoso", impedisce anche di valutare
pienamente la bontà delle soluzioni e delle alternative proposte.
Sui problemi di compatibilità elettromagnetica torneremo più approfonditamente nel CAP.5, intanto
riassumiamo brevemente quanto abbiamo visto con la seguente tabella:

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1
3
2
4.3 Media Access Control Layer

Per tutti quei sistemi, come quelli oggetto del nostro studio, dove il mezzo fisico deve essere
condiviso tra più utenti il Media Access Control è un elemento estremamente importante: il mezzo
a disposizione non avrà mai infatti una capacità infinita e quindi un corretto criterio di gestione e di
sfruttamento di questa risorsa tra i vari utenti consentirà di sfruttare a fondo le potenzialità del
nostro sistema.

4.3.1 Elementi fondamentali

Cerchiamo quindi di vedere innanzitutto quali sono i fattori fondamentali da considerare per la
progettazione del MAC di un sistema di comunicazione su linee elettriche, concentrandoci in
particolare sullo scenario più complesso tra quelli possibili: l'utilizzo della rete elettrica per coprire
l'ultimo miglio. In questo caso infatti il numero di utenti da servire è sicuramente superiore rispetto
a quello che si avrebbe utilizzando le power line per realizzare delle LAN private, e una particolare
attenzione deve poi essere posta nel collegamento tra il nostro sistema e la principale dorsale dati,
che normalmente è realizzata con altre tecniche (fibre ottiche ad esempio). In pratica lo scenario
su cui dobbiamo lavorare è quello rappresentato in figura 4.4: la linea elettrica supporta il flusso
dati nel tratto che va dalla stazione base, che di solito è la stazione di trasformazione (o
sottostazione, dove avviene anche il collegamento con la WAN "esterna"), ad opportuni contatori
(l'unità M della figura 4.4) posizionati all'interno di ogni abitazione, dove ci sarà il collegamento con
la LAN interna (magari realizzata anch'essa su linee elettriche, ma non necessariamente).
Le figure 4.5 e 4.6 mostrano rispettivamente un esempio di terminazione all'interno di una
abitazione e l'accoppiamento nella stazione di trasformazione tra la linea in bassa tensione e la
principale dorsale dati.
Da un punto di vista topologico, come abbiamo già visto nel CAP.3, e come possiamo vedere in
figura 4.7, la parte di rete elettrica che stiamo considerando è estremamente varia dipendendo da
molti fattori (tutti determinanti nella progettazione del sistema):
- Locazione della rete;
- area residenziale urbana;
- area residenziale rurale;

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3
- area industriale;
- area commerciale;
- Densità degli utenti;
- numero di utenti della rete (piccolo-medio-grande);
- concentrazione degli utenti (case singole-gruppi di case-condomini);
- Lunghezza della rete (corta-media-lunga);
- Struttura della rete-numero di sottosezioni;
Per comodità noi ci rifaremo ad una rete media (come emerge da rilevazioni statistiche) così
composta:
- Numero di utenti: 250÷400;
- Numero di sezioni: 5;
- Numero di utenti per sezione: 50-80;
- Lunghezza: 500 m;
Le direzioni di trasmissione saranno due:
- Downlink/downstream dalla stazione base agli utenti;
- Uplink/upstream dagli utenti alla stazione base.
Quindi in downlink il segnale trasmesso dalla stazione base (posizionata come abbiamo già detto
al trasformatore) arriva a tutti gli utenti connessi a quella stazione. In uplink però il segnale inviato
dal singolo utente non arriva solo alla stazione base ma è ricevuto anche da tutti gli altri utenti.
In pratica quindi a dispetto di tutte le considerazioni topologiche, che associano alla rete una forma
ad albero (si veda ancora la figura 4.7), la rete elettrica in bassa tensione (o una qualunque sua
parte) ha la struttura logica di un bus e come tale andrà considerata nella definizione del MAC.

Il canale fisico disponibile verrà quindi suddiviso (in termini di ripartizione della capacità di
trasmissione complessiva) in tanti canali logici di opportuna capacità che il MAC poi gestirà
indipendentemente dalle tecniche di accesso multiplo adottate. Chiaramente il significato fisico di
questi canali cambierà a seconda che si stia lavorando con CDMA (Code Division Multiple Access)
piuttosto che con OFDMA (Orthogonal Frequency Division Multiple Access), ma a livello logico
comunque l'effetto sarà sempre quello di una ripartizione tra i diversi utenti della capacità di
trasmissione complessiva.
Un altro aspetto molto importante da tenere in considerazione nella definizione del MAC è quello
dei servizi che possono essere offerti: a questi è legato infatti il successo commerciale del sistema.
Quindi, senza considerare tutti quei servizi tipici dei sistemi su power line che ormai ben
conosciamo (come home automation, gestione dell'energia, sistemi di allarme, ecc.), quello
telefonico, visto la sua grande appetibilità sul mercato, è senz'altro il primo servizio a dover essere
garantito. A questo bisogna poi sicuramente aggiungere la trasmissione di dati (leggi Internet), un
servizio di trasmissione CBR (Costant Bit Rate) a grande capacità (fondamentale per i video) e
eventualmente altri servizi più sofisticati, tipo VBR (Variable Bit Rate), con particolari garanzie di
QoS (Quality of Service).
Apriamo una parentesi per cercare di chiarire molto semplicemente i termini usati: per CBR si
intendono tutte quelle applicazioni che necessitano di un bit rate ben preciso, se questo non viene
raggiunto e mantenuto non possono operare. Una capacità più elevata da parte della rete non
apporta nessun miglioramento qualitativo.

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4
Per VBR si intendono invece quelle applicazioni che per operare richiedono un bit rate minimo:
ogni aumento della capacità della rete porta ad un miglioramento della qualità del servizio, fino ad
un valore limite (peak bandwidth) oltre il quale non si hanno più miglioramenti significativi.
Per QoS si intende la misura complessiva del livello del servizio offerto all'utente basata sul loro
grado di soddisfazione (che sarà chiaramente legato a parametri diversi a seconda delle
applicazioni). Ad es. il QoS di un servizio di trasferimento di file si valuterà considerando la velocità
di trasferimento o la precisione del file ricevuto.
Ricapitolando allora i servizi da considerare si possono fondamentalmente riunire in quattro gruppi:
- Servizi a commutazione di circuito: come telefonia ed altri servizi CBR di capacità più o meno
elevata;
- Servizi a commutazione di pacchetto: come trasmissione dati senza garanzie di QoS;
- Servizi specifici per PLC;
- Trasmissione dati con garanzia di QoS: come servizi VBR;

Altro elemento importante da considerare riguarda la tecnica di trasmissione usata.


Considerando, anche per quanto emerso all'inizio di questo capitolo, l'impiego dell'OFDM si hanno
allora 3 diverse possibilità di gestione della capacità totale del sistema da tener conto nello
sviluppo del MAC:
- Canale di trasmissione di capacità fissa: formato cioè da un numero ben preciso di
sottoportanti tutte con la stessa capacità di trasmissione (fissa);
- Canale di trasmissione di capacità variabile: formato cioè da un numero ben preciso di
sottoportanti ciascuna con capacità di trasmissione variabile;
- Canale di trasmissione di capacità predefinita e quindi formato da un numero di
sottoportanti variabile a seconda delle loro singole capacità trasmissive.
Nel caso 1 il canale è formato sempre dalle stesse sottoportanti, quindi l'indisponibilità anche di
una sola di esse (magari perché disturbata) provoca la completa indisponibilità del canale.
Nel caso 2 il sistema può invece evitare l'indisponibilità del canale diminuendo la capacità delle
sottoportanti disturbate (compatibilmente con il disturbo): questo porterà però ad una diminuzione
della capacità totale del canale con probabili disturbi al servizio supportato, a meno di non
riallocare i canali sui vari servizi in funzione delle capacità disponibili.
Nel caso 3 il canale non è mai formato dalle stesse sottoportanti, che vengono di volta in volta
raggruppate a seconda delle loro singole capacità e della capacità di trasmissione complessiva
richiesta.
Oltre alla possibilità di riallocare in caso di disturbo i vari canali, per continuare a garantire la
trasmissione, è bene cercare comunque di difenderci il più possibile dagli effetti delle inevitabili
fonti di disturbo presenti sulla rete.
Come abbiamo visto nel CAP.3 le possibili fonti di disturbo della trasmissione si possono
sostanzialmente raggruppare in rumore di fondo e rumore impulsivo.
Il primo tipo di disturbo si può efficacemente combattere scegliendo un adeguato SNR (rapporto
segnale rumore), cercando cioè di mantenere il livello del segnale trasmesso sufficientemente al di
sopra di quello del rumore di fondo: chiaramente però la potenza del segnale non può essere
aumentata a dismisura, anche per non avere poi troppi problemi di irradiazione.
Maggiori difficoltà si hanno con il secondo tipo di disturbi che come abbiamo visto hanno un livello
di potenza ben maggiore di quello del rumore di fondo, anche se su un ristretto intervallo di tempo.
La prima cosa è quindi cercare di trasmettere simboli con durata maggiore di quella che
mediamente può avere il disturbo: in questo, come abbiamo visto, l'utilizzo dell'OFDM ci aiuta
moltissimo. In ogni caso per mantenere la probabilità di errore su livelli accettabili è bene
prevedere sia meccanismi FEC (Forward Error Correction) anche se questo inciderà
negativamente sulla capacità di trasmissione del mezzo, sia ARQ (Automatic Repeat Request).
Maggiori dettagli sull'impiego di questi meccanismi nelle PLC e sui loro effetti sono contenuti in
Chiaramente la possibilità di utilizzo contemporaneo di entrambi questi meccanismi dipenderà dal
tipo di servizio effettuato: ad es. nel caso di traffico voce l'uso di un meccanismo ARQ
introdurrebbe dei ritardi insopportabili (considerando anche quelli inevitabilmente introdotti dal
mezzo di trasmissione).

3
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4.3.2 Analisi del MAC

Dopo aver definito gli elementi più importanti da considerare in fase di progettazione vediamo ora
più da vicino le possibilità di caratterizzazione del MAC.
Innanzitutto bisogna accoppiare al metodo di accesso al canale (che nel nostro caso sarà
ovviamente l'OFDMA) un modo duplex di trasmissione. Sostanzialmente esistono due possibili
schemi: l'FDD (Frequency Division Duplex) e il TDD (Time Division Duplex). Ciascuno di questi
può essere caratterizzato in uno dei seguenti modi:
- Modo duplex simmetrico (cioè stessa capacità per entrambe le direzioni di trasmissione
downlink e uplink);
- Modo duplex asimmetrico (capacità differenti, ma di valore fisso, su direzioni diverse);
- Modo duplex dinamico.

Considerando la possibilità di supportare un traffico di tipo Internet la soluzione più adeguata


sembra essere quella con capacità diverse tra downlink e uplink (con quest'ultima più piccola).
In genere infatti i vari utenti trasmettono file molto più piccoli di quelli che scaricano dai vari server.
Il modo duplex dinamico, variando la percentuale di capacità assegnata alle due direzioni secondo
la situazione del traffico, consentirebbe uno sfruttamento migliore della rete ma risulta molto più
complesso da realizzare.
Per quanto riguarda invece l'organizzazione dell'accesso alla capacità di trasmissione si hanno le
seguenti possibilità:
- Accesso fisso;
- Accesso dinamico.
Brevemente, il primo assegna ad ogni utente una ben precisa capacità (canale o numero di
canali). In pratica un canale è associato ad un utente, o ad un gruppo di utenti, indipendentemente
dal bisogno di trasmettere o meno dati in quel momento: si tratta di una soluzione più indicata per
un traffico continuo come quello telefonico che per un traffico a pacchetti come quello dati.
Per questo tipo di trasmissione risulta più adeguato l'accesso dinamico, che a sua volta è diviso in
due tipi di protocolli: contention protocol con collisioni e arbitration protocol senza collisioni.
L'accesso dinamico con contention protocol non consente il pieno sfruttamento della rete e
soprattutto non assicura garanzie di QoS per quei servizi che necessitano di brevi tempi di attesa.
Accesso dinamico senza collisioni si può realizzare tramite metodi token passing, di polling e di
reservation. I primi due assicurano buone garanzie di QoS ma all'aumentare del numero di utenti
sulla rete i tempi di attesa possono diventare troppo lunghi, specie per un certo tipo di servizi, a
causa del tempo necessario al "testimone" o al messaggio di interrogazione per compiere il giro di
tutte le stazioni della rete.
Sistemi di accesso dinamico con protocollo riservato risultano invece adatti per traffico ibrido (mix
di traffico dovuto alla presenza di diversi tipi di servizi): in questo caso la richiesta di una certa
capacità di trasmissione da parte dell'utente (una specie di prenotazione) arriva (per essere
valutata) alla stazione base che controlla quella parte di rete, sfruttando un accesso fisso o
dinamico.
Questa, considerando l'ampio ventaglio di servizi che si vuole offrire, sembra essere la soluzione
migliore per sistemi su linee elettriche. Per essere implementata necessita però di utilizzare parte

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della capacità di trasmissione (cioè un certo numero di canali) per trasmettere informazioni di
segnalazione cioè di realizzare un apposito canale di segnalazione.

4.3.3 Organizzazione del MAC Layer

Dopo aver stabilito il criterio di accesso e quello di gestione della capacità disponibile cerchiamo
ora di organizzare meglio alcuni aspetti del MAC.
Considerando l'ampia gamma di servizi che devono essere supportati la soluzione più logica è
quella di riservare trattamenti diversi a servizi diversi stabilendo opportune priorità.
Tanto per fare un esempio, consideriamo 2 tra le diverse tipologie di servizi offerti come quello
telefonico (cioè un tipo di servizio CBR) e la trasmissione dati senza connessione specifica (a
commutazione di pacchetto): si può decidere di dare priorità al traffico voce. Stabilendo quindi
canali con capacità di 64 kbps (in modo da allocare su ciascuno una connessione voce) tutti quelli
disponibili verranno subito assegnati al traffico telefonico, i rimanenti verranno poi usati dal traffico
dati. In pratica l'arrivo di ogni nuova connessione voce provoca un abbassamento di 64 kbps della
capacità di trasmissione dati (le sottrae cioè un canale).
La parte di capacità dedicata al traffico dati (cioè quella rimanente rispetto alla capacità di
trasmissione complessiva) verrà poi ripartita tra i vari utenti che devono trasmettere dati, secondo
la tipologia dei servizi, tramite il canale di segnalazione e il protocollo che lo gestisce.
Le caratteristiche dei disturbi che possono influenzare la trasmissione sembrano suggerire, per
una migliore organizzazione del traffico dati, una suddivisione dei dati trasmessi dai vari utenti in
piccoli segmenti di durata prefissata (e chiaramente compatibile con quella dei disturbi). In questo
modo infatti si rischia di danneggiare solo una parte dei dati da trasmettere (cioè uno o più
segmenti), e comunque la ritrasmissione dei segmenti danneggiati (gestita dall'ARQ) richiederebbe
soltanto una piccola porzione della capacità trasmissiva totale.
Questa scelta chiaramente si paga con un aumento della complessità delle operazioni richieste: il
flusso dati deve essere infatti "impacchettato" nei vari segmenti (e poi ovviamente "spacchettato")
e ad ogni segmento bisognerà anche aggiungere tutta una serie di etichette. Tutto questo, in
pratica, porterà quindi ad un aumento del tempo necessario alla trasmissione.
Per quanto riguarda l'organizzazione del canale di segnalazione (che, come abbiamo visto, è
necessario utilizzando un protocollo di tipo riservato): per non gravare troppo sull'intera capacità
trasmissiva del sistema conviene utilizzare per questo scopo uno solo tra i vari canali a
disposizione. Bisognerà poi scegliere un adeguato protocollo di segnalazione che dovrà garantire
una efficiente trasmissione delle richieste di connessione da parte dei vari utenti verso la stazione
base. In tal senso la similitudine con le esigenze di organizzazione della segnalazione nelle reti
wireless, dovuta all'uso di tecniche di trasmissione e alla presenza di disturbi simili, sembra
suggerire l'utilizzo di soluzioni analoghe.
In varie pubblicazioni è contenuto uno studio approfondito sull'utilizzo in questo contesto di diversi
protocolli: in particolare dal confronto tra l'ALOHA (che viene analogamente impiegato infatti anche
sulla rete GSM) e il metodo d'accesso tramite polling il primo sembra garantire una maggiore
velocità di accesso (almeno finché il numero di collisioni rimane basso) e una maggiore
insensibilità ai disturbi.

Capitolo 5 – Aspetti di compatibilità elettromagnetica


5.1 Premessa

Se quello della compatibilità elettromagnetica è un punto estremamente delicato per qualsiasi


dispositivo elettronico, per i sistemi oggetto del nostro studio lo è ancora di più: questo è infatti
l'altro grande nodo ancora da dipanare (insieme a quello di assegnazione delle frequenze) per
sbloccare definitivamente lo sviluppo delle PLC.

3
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Le normative attualmente in vigore infatti riguardano solo le frequenze (o bande) standard, e quindi
solo i dispositivi a bassi bit rate (che ampiamente le rispettano).
Andando però a lavorare ad alte frequenze, e quindi cercando di realizzare dispositivi con elevati
bit rate le cose si complicano notevolmente: da un lato abbiamo infatti la maggiore tendenza, a
queste frequenze, ad irradiare da parte dei vari cavi elettrici (la maggioranza dei quali non è
schermata), dall'altro il fatto che nel range di frequenze di nostro interesse sono presenti ormai da
lungo tempo molti altri servizi con cui non possiamo andare ad interferire.
In pratica la mancanza di un piano di assegnazione delle bande di lavoro e la definizione dei livelli
di radiazione per i dispositivi ad alte frequenze su linee elettriche sono due problemi strettamente
collegati, nel senso che senza una adeguata assegnazione delle frequenze di lavoro non si riesce
nemmeno a stabilire esattamente i limiti entro cui le emissioni elettromagnetiche possono stare e
viceversa.
In sostanza quindi l'unico vero grande nodo che vincola lo sviluppo delle PLC è la necessità di una
accurata standardizzazione, cioè di una adeguata legislazione che ne regolamenti l'uso e che
soprattutto fornisca (auspicabilmente) un riferimento internazionale unico ed inequivocabile: tutto
per il momento viene ancora affidato infatti al buon senso (più o meno) dei singoli paesi,
contribuendo così ad una frammentazione del potenziale mercato che certo non aiuta a reperire gli
investimenti necessari allo sviluppo di questi sistemi.
Cerchiamo comunque di fare un po' di ordine, tenendo però sempre ben presente che stiamo
considerando dispositivi sostanzialmente non ancora presenti sul mercato, i cui reali problemi di
compatibilità elettromagnetica sono quindi di difficile valutazione (i vari gruppi industriali in tal
senso si chiudono infatti dietro un muro di riservatezza).

5.2 Livelli di emissioni standard

La normativa CENELEC EN50065 (già vista nel CAP.2) che assegna, a livello europeo, le bande di
funzionamento per i dispositivi a bassa frequenza su linee elettriche, definisce anche il livello
massimo di potenza utilizzabile e quindi, indirettamente, anche quello delle emissioni.
La tabella sotto fornisce un quadro riassuntivo di questa normativa, rappresentato poi in figura 5.1.

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Inoltre è bene ricordare che le emissione radiate e condotte di tutti quei dispositivi elettronici che
rientrano nella categoria "Information Technology Equipment" (ITE) e "Electronic Data Processing"
(EDP), cioè tutti i dispositivi caratterizzati da un segnale di clock uguale o maggiore di 9 kHz,
dovrebbero sottostare alla normativa CISPR 22 (International Special Committee on Radio
Interference). L'uso del condizionale è d'obbligo perché questa normativa non è stata tradotta in
legge da tutti i paesi.
La CISPR 22, che suddivide i dispositivi in due categorie: "A" (dispositivi per uso commerciale) e
"B" (dispositivi per uso domestico), è brevemente riassunta nella tabella sottostante

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9
Come avevamo preannunciato risultano quindi accuratamente regolati solo i dispositivi che
operano alle basse frequenze, mentre i sistemi per le alte frequenze, cioè quelli caratterizzati da bit
rate più elevati, da un punto di vista legislativo si trovano in una sorta di "terra di nessuno" che ogni
nazione al momento gestisce come meglio crede.
A tal proposito riteniamo sia utile, prima ancora di cercare di valutare gli effettivi problemi di
compatibilità elettromagnetica dei sistemi di comunicazione su linee elettriche, ripercorrere
brevemente le tappe dell'unico vero esempio concreto di PLC ad alta frequenza: il famoso (per gli
addetti ai lavori) "Esperimento Manchester" di NOR.WEB DPL Ltd, a cui abbiamo già accennato
nel CAP.1.

5.3 L' "Esperimento Manchester"

NOR.WEB DPL Ltd nacque nel 1998 dalla fusione di Nortel Networks e United Utilities con lo
scopo di realizzare e commercializzare sistemi di comunicazione a larga banda su linee elettriche:
in particolare l'attenzione era rivolta ad un sistema chiamato DPL (Digital Power Line) già oggetto
di numerosi test a partire dal 1995.
L'obbiettivo di questo sistema, che lavorava su due slot frequenziali (2,2-3,5 MHz e 4,2-5,8 MHz)
ed era capace di 1Mbps, era quello di fornire ai vari utenti un servizio di telefonia e di Internet a
larga banda su linea elettrica.
Senza scendere troppo nei dettagli tecnici dalle varie sottostazioni di trasformazione DPL inviava
sulle linee elettriche segnali ad alta frequenza, che venivano poi separati da quelli a bassa
frequenza che supportavano l'energia elettrica (quindi a 50 Hz) attraverso appositi dispositivi detti
CU (Unità di Condizionamento) posti all'interno di ogni abitazione. Questi provvedevano a smistare
l'energia elettrica alle varie prese della casa, mentre i segnali dati venivano inviati via coassiale ad
un apposito modulo detto Service Unit al quale potevano essere connessi, simultaneamente e
senza interferenze, vari dispositivi di comunicazione (come avviene con l'ISDN), detti CPE
(Customer Premises Equipment), come telefono, fax, computer etc..
Il primo positivo test fu la realizzazione nel 1995 di un collegamento Internet per la Seymour Park
Primary School di Manchester (12 PC connessi in rete dalla stessa presa di corrente).
A questo fece seguito la distribuzione di una serie più completa di servizi (telefonia, Internet, lettura
remota del contatore etc.) attraverso la sottostazione di Stanley Road (sempre in Manchester) a
circa 15 utenti sparsi tra i quartieri di Northumberland (350 m dalla sottostazione) e di Seymour
(600 m dal trasformatore).

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0
Il test durò circa 2 anni e da un punto di vista di funzionamento in senso stretto ebbe esito positivo.
I problemi arrivarono invece proprio da un punto di vista di compatibilità elettromagnetica. Sembra
infatti che nelle zone di funzionamento del DPL certe frequenze fossero profondamente disturbate:
particolarmente colpiti risultarono la BBC, certi radioamatori e il servizio britannico di emergenza
radiodiffuso.
Tra le varie cause una sembra, tra l'altro, legata alla forma dei pali dell'illuminazione pubblica, che
finivano per comportarsi come tante antenne irradiando così il segnale del DPL: questo oltre a
disturbare i servizi sopracitati finiva anche per rendere facilmente intercettabile il traffico dati.
Dopo lunghi dibattiti l'Agenzia Amministrativa per le Radiocomunicazioni del Governo di Sua
Maestà stabilì per le interferenze dovute a PLC un livello di soglia di 0 dBV/m, che, fisicamente
irraggiungibile, portò alla prematura ma definitiva chiusura di NOR.WEB (ufficialmente motivata
con il fatto che le potenzialità delle PLC non erano sufficienti a giustificare la quantità di
investimenti necessari al loro sviluppo).
Evitando qualunque tipo di considerazione politica o di costume, per cui questa sicuramente non è
la sede adeguata, un primo importante fatto che comunque emerge dall'esperienza di NOR.WEB è
quanto sia potenzialmente pericolosa, e quindi economicamente poco invitante, una situazione di
"vuoto normativo" (come del resto è quella attuale): soprattutto poi quando questa non si traduce in
una regolamentazione capace sia di tutelare i servizi esistenti che di lasciare margini di sviluppo
per nuove applicazioni.

5.4 Disturbi dovuti alle PLC

Cerchiamo ora di capire meglio, grazie anche ai risultati emersi dall'esperienza del sistema
NOR.WEB DPL, che tipo di disturbi possono realmente provocare sistemi PLC
Inviare segnali ad alta frequenza sulla rete elettrica, composta essenzialmente da cavi non
schermati, crea inevitabilmente un certo livello di irradiazione: a quelle frequenze il segnale tende
infatti ad abbandonare il conduttore. Questo fa sì che sia l'impianto elettrico stesso delle varie
abitazioni che eventuali "oggetti" metallici ad esso connesso (come ad esempio i lampioni
dell'illuminazione pubblica) si comportino come tante antenne che irradiano il segnale nelle loro
vicinanze: il livello complessivo del disturbo e il suo grado di diffusione dipenderanno quindi oltre
che dal numero di utenti connesso anche dal tipo di zona in cui si opera (chiaramente più elevato
in area cittadina dove la densità di popolazione è maggiore, meno marcato in zone rurali).
Ai tempi dell'esperimento di NOR.WEB l'Agenzia Amministrativa per le Radiocomunicazioni (RA)
del Regno Unito commissionò a Smith Group Limited uno studio per valutare l'effettivo impatto
delle emissioni radiate da sistemi di comunicazione ad alta frequenza operanti su linee elettriche.
In questo studio viene sviluppato un opportuno modello, convalidato poi da misurazioni reali, per
quantificare il livello complessivo delle emissioni radiate in diversi scenari nel range 30 kHz-3 GHz,
e definire così i livelli massimi di interferenza tollerabili dai vari servizi coinvolti.
In particolare vengono esaminate le emissioni (anche in campo lontano) dei singoli cavi, quelle
delle abitazioni, quelle di diversi modelli di lampioni (metallici, metallici con collegamento di massa,
metallici con messa a terra, plastici) in configurazioni diverse (lampione singolo o più lampioni), e
di eventuali altri oggetti in contatto con la rete elettrica.

4
1
Come abbiamo detto l'obbiettivo di questo studio era quello di suggerire dei limiti al livello di campo
interferente tali da non influenzare più di tanto il livello di rumore di fondo già presente.
La misura del segnale interferente viene fatta su una banda di 10 kHz (una specie di
compromesso, considerando che nel range che va da 0.5 a 30 MHz si possono trovare segnali con
bande che vanno dai 400 Hz di alcuni servizi di trasmissione dati ai 18 kHz di alcune radiodiffusioni
ad Onde Medie).
Come si può vedere dalla figura 5.6 il livello minimo che normalmente ci dobbiamo aspettare in
una zona "tranquilla" è compreso tra -5 e 0 dB V/m, mentre in una zona cittadina ad alta densità si
sale tra 10 e 15dB V/m.

Considerando il segnale interferente come incorrelato con il rumore di fondo (cosa piuttosto
ragionevole) e quindi potendo sommare le rispettive potenze (secondo l'equazione 5.1 dove: P 1 e
P2 sono le due potenze considerate, Pt quella complessiva) si vede, come mostra la figura 5.7, che
piccoli valori del segnale interferente (anche ben al disotto del valore del rumore di fondo)
provocano comunque un sensibile aumento del livello complessivo di rumore.

(5.1)

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2
Tutto questo vale chiaramente sia nell'intorno della sorgente di rumore (condizione di campo
vicino) sia, con la dovuta attenuazione, ad una certa distanza da essa: i segnali ad alta frequenza
infatti tendono a propagarsi sia lungo l'orizzonte che verso il cielo dove in certe condizioni si può
verificare anche l'effetto di riflessione ionosferica che contribuisce ad aumentare notevolmente il
tratto percorso dal segnale interferente (fortunatamente questo fenomeno è limitato a particolari
condizioni atmosferiche e a certe frequenze critiche).

In sostanza quindi diventa molto importante non solo il livello di emissioni delle varie sorgenti, ma
anche il loro numero e soprattutto la loro densità, visto che la zona interessata dal disturbo finisce
per essere ben più ampia del semplice intorno dove è posizionato il dispositivo interferente.
Questo è un punto estremamente delicato, perché anche lo stabilire delle zone di interdizione
all'uso delle PLC (soluzione semplice e intuitiva per tutelare dai disturbi il funzionamento di
installazioni ed antenne di servizi particolarmente sensibili) non ci garantisce automaticamente
protezione assoluta dall'interferenza generata da questi dispositivi. Segnali interferenti,
propagandosi lungo il terreno e sfruttando magari anche la riflessione ionosferica, possono infatti
arrivare da altri dispositivi PLC posizionati in zone ben più lontane.
Una ricerca condotta da York EMC Services Ltd, sempre per conto della Radiocommunications
Agency del Regno Unito, parte proprio dai risultati dello studio effettuato da Smith Group per

4
3
analizzare la propagazione, sia lungo l'orizzonte che nell'atmosfera, del segnale irradiato da
sistemi PLC e cercare così di quantificare i livelli di campo elettrico interferente (e quindi il suo
contributo all'innalzamento della soglia complessiva di rumore) anche a grandi distanze.
I risultati ottenuti sono stati poi confrontati con quelli rilevati testando in maniera analoga sistemi
xDSL (x Digital Subscriber Line), che lavorano su una base concettualmente analoga a quella
delle PLC. Entrambi questi sistemi infatti inviano segnali a radiofrequenza su conduttori metallici:
cavi telefonici per sistemi xDSL, cavi elettrici per sistemi PLC.
Tra l'altro è stato anche simulato e calcolato l'effetto complessivo, in termini di livello di campo
elettrico irradiato, che si avrebbe se ogni sottostazione delle principali città inglesi (e, per
confronto, quelle del bacino della Ruhr) fosse equipaggiata con dispositivi di trasmissione ad alta
frequenza su linee elettriche caratterizzati ciascuno da un certo livello di emissione. In pratica cioè
anziché considerare l'effetto di tutte le singole abitazioni si considera direttamente quello delle
varie sottostazioni, ciascuna vista come se fosse un'antenna isotropica, a cui i gruppi di utenti sono
connessi.
Qui riportiamo brevemente una tabella riassuntiva (ottenuta considerando come livello di
emissione di tutte le sorgenti 20 dB V/m) e la rappresentazione di alcune simulazioni dei livelli
complessivi del campo elettrico per la frequenza di 5,1 MHz (si è visto che normalmente la
frequenza critica per fenomeni di riflessione ionosferica non va oltre gli 8 MHz).

4
4
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Viene anche valutata l'ampiezza delle zone di interdizione all'uso di PLC da posizionare intorno ad
installazioni di servizi particolarmente suscettibili all'interferenze: la tabella successiva mostra ad
esempio le distanze suggerite per la frequenza di 3 MHz considerando principalmente gli effetti
della propagazione lungo l'orizzonte.

In particolare comunque dai risultati dello studio condotto da York EMC Services emerge che a
parità di bit rate sistemi di comunicazione su linee elettriche sembrano contribuire maggiormente
all'innalzamento del livello complessivo di rumore rispetto a sistemi tipo ADSL o VDSL: addirittura
mentre in questi sistemi il contributo delle componenti legate alla propagazione atmosferica risulta
normalmente trascurabile (rispetto a quello legato alla propagazione lungo l'orizzonte) nelle PLC
può anche arrivare ad innalzare di 2÷3 dB la soglia complessiva di rumore.
Ad onor del vero comunque, per ammissione degli stessi autori, prima di considerare come
definitivi questi risultati sarebbero necessarie ulteriori investigazioni.
In ogni caso la normativa precedentemente citata emessa dal Governo inglese, volta
principalmente a tutelare i servizi già esistenti e che comunque influenzò pesantemente la chiusura
di NOR.WEB fu partorita proprio dai risultati emersi dallo studio svolto da Smith Group.

5.4.1 Servizi soggetti all'interferenza delle PLC

Vediamo adesso un po' più nel dettaglio a chi può nuocere veramente l'interferenza prodotta da
PLC. Potenziali vittime di questi effetti sono tutti quei servizi che operano nello stesso range di
frequenze dei sistemi considerati, in particolare quelli tra 0.5 e 30 MHz.
- Servizi di radiodiffusione. Sono essenzialmente di 2 tipi: Onde Medie (MF) (da 0.5265 a
1.6065 MHz) e Onde Corte (HF) (da 3.9 a 26.1 MHz), utilizzano modulazioni AM ed occupano
bande da 9 a 18 kHz. Per questi servizi un livello di segnale interferente all'antenna ricevente di
15 dB V/m può iniziare ad essere dannoso, salvo eccezioni ancora più restrittive, come, ad es.,
per quell'attività conosciuta come "DXing" (l'ascolto di trasmissioni radiodiffuse in zone oltre la loro
area di copertura) dove avendo spesso a che fare con segnali superiori di appena 6÷10 dB al
livello di rumore, il minimo aumento di quest'ultimo può provocare forti disturbi.
- Radioamatori. Generalmente sfruttano antenne montate sui tetti delle abitazioni o nei giardini
per ricevere segnali anche piuttosto deboli (spesso non più di 6 dB sopra al rumore di fondo) su
bande tipiche di circa 2.2-3 kHz. Anche piccoli aumenti del livello del rumore di fondo possono
compromettere quindi questa attività.
- Servizi mobili. In genere sono servizi marittimi, aeronautici, terrestri, civili o militari: la
maggior parte dei quali trasmette in onde corte per coprire lunghe distanze (soprattutto quando la
distanza tra la stazione mobile e quella di terra più vicina è tale da non poter usare trasmissioni in
VHF). Le stazioni di terra sono installazioni piuttosto grandi e dotate di ricevitori molto sensibili,
mentre quelle mobili sono di dimensioni e sensibilità più ridotte. Considerando l'importanza di tali
servizi Smith Group suggerisce di proibire l'uso di qualsiasi dispositivo su linee elettriche nelle
zone dove sono o possono essere presenti queste installazioni: quindi non solo porti, aeroporti o
basi militari, ma anche lungo costa o nelle zone di terra vicine a certe rotte aeree.
- Servizi fissi. Si tratta di collegamenti punto-punto in HF generalmente utilizzati per servizi
meteorologici, militari o per la trasmissione di particolari dati aeronautici, spesso curati anche da
organizzazioni governative o come la BBC. Le raccomandazioni sono le stesse dei servizi mobili.

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- Servizi di emergenza. Sono limitati ad un ristretto range di frequenze: da 0.495 a 0.505 MHz
e da 2.1735 a 2.1905 MHz per l'emergenza marittima; 3.023 MHz per la ricerca e il soccorso
notturno; 5.680 MHz per la ricerca e il soccorso diurno. Il livello di interferenza alle stazioni di terra
che implementano questi servizi deve essere il più contenuto possibile e le frequenze dedicate a
questi servizi non possono essere utilizzate.
- Ricerca spaziale e radioastronomia.
- Servizi di radiolocalizzazione (anche aeronautica).
La figura 5.11 mostra in particolare il range frequenziale dove operava il sistema DPL (PLT1 e
PLT2) di NOR.WEB.

5.5 Definizione di normative adeguate

Come abbiamo già anticipato la mancanza di una normativa unica che regoli l'utilizzo ad alte
frequenze dei sistemi PLC (in termini di frequenze di lavoro e dei corrispondenti livelli di emissione)
lascia liberi i vari stati di gestire la situazione nel modo che credono più opportuno
Nel Regno Unito questa situazione al momento si è tradotta, come abbiamo visto, in una
legislazione particolarmente penalizzante lo sviluppo di questi sistemi. Questa però non è l'unica
strada seguita (fortunatamente): diamo quindi un'occhiata a quelle che sembrano essere, al
momento, le proposte e le realtà più significative in questo contesto.
5.5.1 L'NB30 tedesca

La Germania, sicuramente il paese europeo più attivo nel settore delle PLC, decise di colmare
questa lacuna avviando nel 1997 un lavoro congiunto, tra il Ministero dell'Economia (BMWi) e
l'Autorità per la Regolamentazione delle Poste e Telecomunicazioni (Reg TP), di revisione della
legge per le telecomunicazioni con l'obbiettivo di garantire, compatibilmente con i sistemi già attivi,
ampi margini di sviluppo alle PLC.

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Il risultato di questo lavoro, diventato poi legge (è entrato in vigore nel 2003, per dare modo, nel
frattempo, a tutti gli interessati di adeguarsi), oltre ad assegnare con esattezza le bande di
funzionamento per sistemi di comunicazioni su linee elettriche ne fissa anche i livelli di emissione
massimi, forte di uno studio estremamente accurato e dettagliato sull'EMC di questi sistemi,
secondo una normativa conosciuta come NB30 (Nutzungsbestimmung 30 zur
Frequenzbereichszuweisungsplanverordnung).
L'NB30 è riassunta nelle seguente tabella e rappresentata in figura 5.13.

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Mentre gli slot frequenziali previsti sono sostanzialmente:
- 9÷525 kHz per servizi di telemetria e a banda stretta;
- 1.6÷10 MHz per sistemi PLC a banda larga esterni;
- 10÷30 MHz per sistemi PLC a banda larga all'interno delle abitazioni.
In particolare vengono definite le seguenti sottobande: 9-95 kHz; 9-148,5 kHz; 100-148,5 kHz;
148.5-525 kHz; 526 kHz-1.6 MHz; 1.6-10 MHz; 1.9÷25 MHz; 10÷30 MHz.
Questo costituisce sicuramente un traguardo importantissimo per lo sviluppo delle PLC (almeno in
Germania), anche se le tappe che hanno scandito questo percorso sono state comunque tutt'altro
che tranquille, e tutt'ora circolano forti dubbi sulle effettive garanzie che questa normativa fornisce
riguardo i disturbi introdotti da questi sistemi.
Tanto per fare un esempio è circolata una lettera, tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001, nell’ambito
dei radioamatori internazionali, che esortava a far sentire la propria voce per cercare di impedire
proprio l'approvazione della già citata legge tedesca, facendo leva sull'effettiva pericolosità (per la
loro attività, ed in particolare per quelle della radio olandese) dei livelli di interferenza introdotti da
sistemi PLC.

5.5.2 Il chimney approach

Una strada estremamente interessante alternativa a quella intrapresa dalla Germania è quella
delle cosiddette "ciminiere".
Questo tipo di approccio, che fu proposto tra l'altro anche da NOR.WEB al Governo di Sua
Maestà, inutilmente come abbiamo visto, consiste nel considerare delle eccezioni, dette appunto
ciminiere, al livello massimo di campo interferente stabilito in modo da non alterare il livello
complessivo di rumore.
La figura 5.14 mostra un esempio di questo tipo di approccio applicato alla normativa tedesca,
proposto a suo tempo proprio da NOR.WEB.
L'altezza, la larghezza e la posizione delle ciminiere dipenderà chiaramente non solo dalle
frequenze considerate ma eventualmente anche dalle zone di ubicazione dei sistemi.

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Su questo genere di normativa stanno lavorando congiuntamente anche ETSI (European
Telecommunications Standards Institute) e CENELEC nell'intento appunto di fornire entro breve
tempo un riferimento comune, almeno a livello europeo, e tale da consentire un unica base di
sviluppo per i sistemi di comunicazione ad alta frequenza su linee elettriche.
Un primo abbozzo di questa normativa (il gruppo di lavoro è identificato come ETSI PLT-
CENELEC S/C205A WG 10) è visibile in figura 5.15.

Tra l'altro questa normativa prevede una suddivisione dello spettro utile in due parti:
- 2÷10 MHz per sistemi esterni, cioè per la copertura dell'ultimo miglio.
- 10÷30 MHz per sistemi operanti all'interno delle abitazioni.

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5.6 Considerazioni

I risultati che emergono dai vari studi effettuati sulle PLC legati soprattutto all'entità dei disturbi
prodotti non sempre risultano coincidenti, anzi spesso si scontrano, oltre che tra loro, anche con
quanto dichiarato dai vari gruppi industriali.
Si ha la sensazione quindi che le PLC devono ancora essere oggetto di profonde investigazioni
prima di poter arrivare a valutarne a fondo l'effettivo impatto in termini di compatibilità
elettromagnetica.
E' comunque auspicabile che in tempi brevi l'uso delle PLC venga precisamente regolamentato
varando normative transnazionali, in modo da agevolare così il lavoro di ricerca e sviluppo (che
può essere indirizzato in modo più preciso) e da evitare soprattutto il rischio di uno
"spezzettamento" del mercato sia in termini legislativi che di convivenza di prodotti.
E' forte infatti il rischio di ritrovarsi tra un po' con prodotti efficienti ma totalmente incompatibili tra
loro: una situazione del genere potrebbe portare in certi casi a delle conseguenze assurde.
Si immagini, ad es., di ritrovarsi con i dispositivi che operano all'interno delle abitazioni totalmente
incompatibili con quelli che invece lavorano all'esterno, magari perché essendo realizzati da gruppi
diversi finiscono semplicemente per sovrapporsi in frequenza.
La figura successiva ci da un'idea delle associazioni e dei vari organi che possono essere coinvolti
in un processo di regolamentazione e di quanto complesso e delicato questo possa quindi
risultare.

Nell'ancora poco definito contesto attuale risulta anche difficile, tra l'altro, parlare con precisione
degli eventuali modi per ridurre il livello delle emissioni.
Comunque uno degli elementi su cui si può intervenire è sicuramente la potenza: la soluzione più
intuitiva per ridurre il livello del segnale irradiato è infatti quella di diminuire la densità spettrale di
potenza trasmessa, magari compensando il minor tratto di linea elettrica coperto dal segnale
(abbassando infatti la potenza trasmessa gli effetti dell'attenuazione e del rumore si fanno sentire
di più) con l'utilizzo di opportuni ripetitori.

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Un'altra possibilità valutata è quella di realizzare un sistema di controllo della potenza in modo da
variare i livelli trasmessi a seconda del contesto: ad esempio potenza più bassa verso utenti più
vicini, più alta per quelli più distanti.
Si può prendere in considerazione anche l'uso di opportuni filtri (concettualmente simili alle CU del
sistema NOR.WEB) per isolare magari porzioni di linee elettriche caratterizzate da particolari
efficienze radiative.

Capitolo 6 – Considerazioni finali e prospettive future

Per quanto abbiamo visto sinora parlare di considerazioni finali riguardo sistemi di comunicazione
su linee elettriche deve per forza assumere un significato relativo.
Infatti se per i dispositivi caratterizzati da bassi bit rate si è raggiunto un buon livello di maturità con
la presenza sul mercato di un gran numero di prodotti (CAP.2) sviluppati soprattutto per
applicazioni di home automation o di controllo e gestione remota dei carichi e del contatore, per
quanto riguarda invece dispositivi a banda larga non siamo ancora arrivati a quella che potremmo
definire come fase finale: la commercializzazione.

Certo quello dell'home automation rimane sicuramente un mercato interessante e con buone
possibilità di espansione, ma non è minimamente confrontabile, anzi ne è addirittura una piccola
parte, con quello potenzialmente offerto dai dispositivi ad alti bit rate.

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Pur non avendo ancora raggiunto la piena maturità tecnologica abbiamo visto infatti come le
capacità teoriche di questi sistemi siano altissime (CAP.3 e CAP.4). Sicuramente sono presenti
ancora alcune "ombre", come dimostra il caso NOR.WEB o il recente abbandono della Siemens
(che continua però a produrre una linea di prodotti per home automation su linee elettriche, detti
Siemens@Home, presenti anche allo SMAU, principalmente legate a problemi di compatibilità
elettromagnetica (CAP.5), ma i margini di miglioramento sembrano comunque ancora ampi.

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Soprattutto poi se verranno presto supportati da una normativa adeguata o tale comunque da
definire con maggiore precisione lo scenario in cui questi dispositivi si dovrebbero inserire,
permettendo così un lavoro di sviluppo più mirato ed efficace e sicuramente una migliore
coesistenza tra le varie soluzioni proposte.
In sostanza si ha la sensazione che al momento i limiti maggiori di questi sistemi siano più a livello
burocratico che tecnologico, o meglio: finché l'uso di questi dispositivi non verrà accuratamente
regolamentato rimarrà comunque difficile valutarne esattamente il reale potenziale.

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Di sicuro c'è che, fintantoché la necessità di servizi (e quindi di dispositivi) a banda larga è
destinata ad aumentare, l'interesse intorno alle PLC rimarrà senza dubbio elevato, potendo questi
sistemi contare tra l'altro sul notevole vantaggio di sfruttare un mezzo già installato (praticamente
quindi a costo zero) e capillarmente diffuso a livello mondiale come nessun altro.

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La tabella sopra mostra come, anche facendo un confronto con tecnologie già affermate per
collegamenti fissi, il potenziale delle PLC rimanga elevato, sia che venga utilizzato per coprire
l'ultimo miglio (finora praticamente monopolio delle compagnie telefoniche) che per realizzare LAN
in ambienti commerciali o domestici (Home Networking). Anzi, proporzionalmente è proprio in
quest'ultimo tipo di realizzazioni che i vantaggi legati allo sfruttamento di un mezzo già disponibile
ovunque si fanno ancora più sentire: sicuramente infatti il budget che una famiglia può dedicare a
questo tipo di realizzazioni è molto più contenuto di quello di una qualsiasi attività commerciale,
inoltre in questo caso si tratta di utilizzare sistemi assolutamente non invasivi per le strutture degli
edifici (cosa questa molto importante soprattutto in palazzi di particolare valore storico) già tutti
dotati infatti di impianto elettrico. In ogni caso poi gli investimenti fatti per realizzare una LAN
privata non rimarrebbero assolutamente vincolati all'edificio ma potrebbero essere tranquillamente
spostati dall'impianto elettrico di una abitazione a quello di un'altra.
Considerazioni economiche ancora più dettagliate possono comunque essere trovate in letteratura
mentre riteniamo utile sfruttare questo spazio per dare un'occhiata alle più interessanti tra le
ultimissime novità (secondo semestre 2001) del settore (non solo tecniche) e segnalare così alcuni
tra i link più interessanti da tenere "sotto controllo" (oltre a quelli già indicati, di volta in volta, nelle
precedenti sezioni del CD-ROM) per i futuri sviluppi di questi sistemi.
Proprio recentemente Inari ed Intellon hanno presentato dispositivi per realizzare LAN con linee
elettriche accreditati di prestazioni superiori a quanto finora visto.

Inari Inari IPL1201

Inari IPL1201, accreditato di 12 Mbps (il throughput medio sta tra 6 e 8 Mbps), è in pratica
un'evoluzione del prodotto a 2Mbps (IPL0201) con il quale è perfettamente compatibile, già
presentato nel CAP.2: ai 4 canali di questo infatti ne sono stati aggiunti altri 20 distribuiti su un
range di frequenza complessivamente compreso tra 2.5 e 18 MHz.
Le portanti sono spaziate in maniera tale da consentire ulteriori evoluzioni fino a 128 canali
ortogonali tra loro per una frequenza massima di 22,5 MHz.
Dei 24 canali ora complessivamente disponibili 8 inviano sia dati che comandi, mentre i rimanenti
16 solo dati.

Lo strato fisico a seconda delle condizioni del mezzo di trasmissione provvede ad attivare o
disattivare le diverse portanti, a variarne i livelli di potenza (mantenendo comunque costante quello

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complessivo) e a selezionare il tipo di codifica (DBPSK o DQPSK) in modo da ottenere il massimo
throughput possibile in ogni condizione del canale.
Il protocollo MAC è lo stesso protocollo PLX già visto per gli altri prodotti Inari, ed usa quindi un
misto DSMA/CTP per accedere al canale. In pratica inizialmente il PLX usa la tecnica DSMA per
rilevare se la rete è attiva o meno: se viene rilevato quest'ultimo caso il nodo in questione diventa
subito server CTP, mentre se la rete è attiva (cioè c'è già un nodo che svolge le funzioni di server
CTP) il nodo si inserisce allora direttamente nel percorso di passaggio del token.
Particolare cura è stata posta per garantire la privacy dei dati trasmessi da ogni utente adottando
soluzioni simili a quelle già viste su IPL0201.
Degno di nota e di attenzione è anche l'accordo di collaborazione tra Inari (che fornisce il supporto
tecnologico) e il gruppo formato da Thomson Multimedia e Schneider Electric (conosciuto come
Easyplug) per la realizzazione e la commercializzazione di dispositivi per home network su linee
elettriche basati proprio sui chip Inari.

Intellon Intellon PowerPacket

Il PowerPacket rappresenta la generazione successiva dei prodotti Intellon presentati nel CAP.2, è
accreditato di un picco di 14 Mbps e lavora, utilizzando l'OFDM come tecnica di trasmissione, con
84 portanti distribuite su un range di frequenze compreso tra 4.5 e 21 MHz.
La figura 6.8 mostra la composizione del frame di trasmissione

Particolarmente interessante il fatto che il payload viene variato a seconda della qualità del mezzo
di trasmissione con tre diverse possibilità: "accendendo" o "spengendo" alcune portanti, variando
la modulazione (DQPSK o DBPSK) o variando il rapporto di convoluzione del FEC tra 3/4 e 1/2.
Questa specie di "adattamento" al canale viene effettuata la prima volta che un nodo trasmette e
ogni volta che viene rilevato un cambiamento delle condizioni del mezzo.
Inizialmente (cioè prima di fare l'adattamento al canale) e in condizioni di funzionamento
particolarmente difficili il payload viene trasmesso utilizzato il modo ROBO che consiste in pratica
nell'utilizzare tutte le portanti con modulazione DBPSK e un robusto codice di correzione d'errore
con interallacciamento e ripetizione di bit.

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Il MAC è strutturato in modo da rilevare sia fisicamente (CSMA) che "virtualmente" (Virtual Carrier
Sensing) se il canale è occupato: nel frame control è infatti indicata la durata del payload così che
ogni nodo in ascolto sappia sempre per quanto tempo il canale sarà occupato (oltre a rilevarlo
fisicamente). Eventuali collisioni non vengono rilevate direttamente ma tramite il segnale di
risposta del destinatario (ACK, NACK o FAIL).
Per velocizzare le operazioni di contesa del canale sono stabiliti diversi livelli di priorità, mentre per
contenere il tempo di attesa (visto che a causa del meccanismo di adattamento al canale il
payload può avere durate diverse) è previsto uno spezzettamento dei frame che superano una
certa lunghezza.
Intellon garantisce inoltre bassi livelli d'interferenza ripartendo la potenza complessiva mediante
l'uso di opportune "maschere" con notch di - 30 dB in corrispondenza delle frequenze più delicate.
Il grande interesse attorno al PowerPacket di Intellon è dovuto anche al fatto che questa
tecnologia è stata scelta come riferimento da HomePlug Powerline Alliance.

HomePlug Powerline Alliance


Si tratta di un'associazione, inizialmente fondata da 13 membri (attualmente ne conta 80), nata con
l'intento di definire le specifiche per la realizzazione di prodotti per home network a larga banda
(Ethernet class) basati su line elettriche.

I piani di sviluppo di questa associazione (che conta di sviluppare il PowerPacket di Intellon fino a
100 Mbps) prevedevano subito dopo la presentazione delle prime specifiche (HomePlug 1.0)
avvenuta nel primo semestre di quest'anno l'avvio di tutta una serie di test in diverse abitazioni
che, pur essendo slittati per il momento all'inizio del prossimo anno, costituiranno sicuramente un
riferimento molto interessante.
Particolare importante è che il PowerPacket (e quindi anche le specifiche 1.0 di HomePlug PL. A.)
non risulta compatibile con la linea di standardizzazione proposta congiuntamente da ETSI e
CENELEC, vista nel CAP.5, che assegna ai dispositivi operanti all'interno delle abitazioni il range di
frequenze 10÷30 MHz, anticipando così già adesso uno dei problemi prospettati nelle conclusioni
del CAP.5.
Lo stesso problema è parzialmente presente del resto anche con l'IPL1201 di Inari.
Altre due associazioni molto importanti, a cui appartengono anche molti dei membri di HomePlug
PL. A., sono senza dubbio: Consumer Electronics Association e PLC Forum.

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Consumer Electronics Association

In particolare all'interno di questa associazione il gruppo CEA R-7.3 Committee sta lavorando per
sviluppare uno standard (annunciato per questo anno) per dispositivi di home networking basati su
linee elettriche.

PLC Forum

A differenza delle altre associazioni questa non è nata per definire o sviluppare standard, ma per
riunire, rappresentare e difendere gli interessi di tutte quelle aziende che operano in questo
settore. E' comunque strettamente legata a tutti quegli organismi ed enti governativi direttamente
coinvolti nei vari processi di standardizzazione.

Enikia Enikia Power Bridge


Nonostante alla sua tecnologia sia stata preferita quella di Intellon (anche Enikia infatti fa parte dei
fondatori di HomePlug Powerline Alliance) Enikia continua a lavorare sulle PLC e recentemente ha
presentato, tra l'altro, un prodotto per home networking da 10 Mbps molto interessante chiamato
Power Bridge in grado di interfacciarsi anche con Ethernet.

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Molto importante, inoltre, è l'accordo siglato nel 2000 tra Enikia ed Oneline AG con lo scopo di
unire le rispettive tecnologie per la realizzazione e lo sviluppo di un sistema completo (dal
collegamento con la dorsale esterna fino alla LAN interna) su linee elettriche.

Oneline AG

Questo gruppo tedesco, particolarmente attivo, oltre al già menzionato accordo con Enikia ha
appena concluso con successo un test che prevedeva la trasmissione di voce e dati ad alta
velocità su linee elettriche ad otto abitazioni.
L'apparecchiatura, costituita da un piccolo box da montare vicino ai contatori dell'energia elettrica,
ha consentito di raggiungere velocità dell'ordine di 8 Mbps.
Proprio in questo periodo in Germania dovrebbe partire un altro test esteso stavolta a 400
abitazioni in collaborazione con Veba (una delle compagnie tedesche che forniscono energia
elettrica).
L'obbiettivo finale è quello di arrivare a realizzare e testare un collegamento completo End-to-End
su linee elettriche.

Ascom AG
Anche questa società svizzera, molto attiva, ha come obbiettivo finale la realizzazione di un
sistema completo su linee elettriche.

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E' importante sottolineare che si è appena concluso un esperimento pilota nella città di Essen (D),
dove sono state collegate circa 150 abitazioni con velocità di 3 Mbps, e che sono già stati avviati
altri test in circa 15 diversi paesi (oltre alla Germania) come Austria, Norvegia, Svezia, Groenlandia
e dell'estremo oriente (tra cui città come Hong Kong e Singapore).
Il sistema Ascom, che rispetta già la NB30 tedesca, per quanto riguarda la copertura dell'ultimo
miglio lavora fino a 10 MHz ed è in grado al momento di servire fino a 250 abitazioni per una
distanza di 300 m (senza ripetitori).

Quello per uso interno invece lavora nel range 15÷25 MHz, può supportare fino a 1024 dispositivi
ed è in grado di coprire distanze dell'ordine di 70÷100 m senza uso di ripetitori.
Come mostra lo schema in figura 6.12 questa parte del sistema è sostanzialmente composta da un
controllore (figura 6.13) da posizionare dopo il contatore e da una serie di adattatori (figura 6.14)
che interfacciano i vari dispositivi con la linea elettrica.

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Xeline

Anche questo gruppo coreano nato nel 2001 da Keyin Telecom, già molto attiva nelle PLC (ha
partecipato tra l'altro al test di Essen insieme ad Ascom), ha allo studio una gamma completa di
dispositivi, chiamati Xup, per realizzare un unico collegamento su linee elettriche (dal trasformatore
alle prese di corrente delle abitazioni) a larga banda.
La linea Xup, che lavora tra 1÷30 MHz e per il momento sembra garantire 2 Mbps (ma è già
prevista un'evoluzione da 10 Mbps), è composta sostanzialmente da due elementi: uno da
montare vicino al trasformatore (Xup Station) e l'altro (Xup Gate) da posizionare all'interno delle
abitazioni, vicino al contatore.

E' importante sottolineare che questa società, con succursali anche in Europa ed USA, gode tra
l'altro dell'appoggio del Governo coreano (che sembra infatti credere molto nelle PLC): proprio in
questo periodo è infatti in corso un test che prevede il collegamento a larga banda di 11 abitazioni
nel quartiere residenziale di Seocho a Seul.
Particolare curioso: una di queste abitazioni, detta appunto Demo House, è liberamente visitabile
dal pubblico (si può vedere anche dall'home page di Xeline) per consentire finalmente a tutti di
toccare con mano le reali potenzialità delle PLC.
Un elenco molto dettagliato delle associazioni e dei gruppi industriali coinvolti nelle PLC può
comunque essere trovato, insieme a molte altre interessanti informazioni, in questo sito:

International Powerline Communications Forum

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Riteniamo utile anche segnalare il progetto PALAS (Powerline as an Alternative Local AcceSs):

Si tratta di un progetto europeo nato nel Gennaio 2000 allo scopo di fornire un servizio di
consulenza tecnologica, economica e strategica per lo sviluppo e il collaudo di sistemi PLC e per la
riduzione del loro time-to-market.
Ad esempio le figure 6.16 e 6.17 mostrano rispettivamente il modello e lo schema a blocchi di un
dispositivo proposto da PALAS e chiamato PAN-SIM (Powerline Network Access - Simulator) per
valutare la bontà e le prestazioni di dispositivi PLC in termini di QoS ed efficienza del MAC.

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