Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Struttura di un supercondensatore:
Schema di funzionamento di un Super Capacitore a doppio strato elettrico, la linea verde tratteggiata nel centro rappresenta il separatore
Come si può notare le cariche elettriche si dispongono all’interfaccia elettrodo/elettrolita del SC in modo fisico e non si hanno processi chimici di
ossido-riduzione.
I supercapacitori sono interessanti per la loro elevata densità di potenza e per la loro grande
durata; inoltre, l'immagazzinamento di energia è più semplice e più reversibile rispetto alle
batterie convenzionali.
Il rovescio della medaglia del processo fisico sta nel fatto che la quantità di carica accumulabile in
un SC è limitata e dipende dalla superficie di interfaccia elettrodo/elettrolita.
L'elevata porosità dei film di carbonio nanostrutturato così depositati, fa sì che la grande
superficie attiva disponibile (1400 m2/g) permette di raggiungere i valori seguenti:
I condensatori a doppio strato, rispetto alle batterie elettrochimiche, non sono soggetti ad
usura: sopportano più di 500 000 cicli di carica/scarica con una durata di vita minima di 10 anni,
senza che la capacità si modifichi in funzione del tempo.
E' particolarmente importante la loro capacità di poter essere caricati e scaricati a correnti
molto elevate. Per questa ragione sono il mezzo adatto per i cosiddetti freni rigenerativi. In
questo caso l'energia cinetica dei veicoli viene trasformata in energia elettrica che
all'azionamento può essere nuovamente utilizzata.
Soprattutto nel traffico cittadino, i cui cicli di guida sono caratterizzati da continue accelerazioni e
frenate, è possibile in questo modo risparmiare fino al 25% di energia.
Potenziali di risparmio simili risultano nel traffico pubblico locale su rotaia, infatti sono in grado di
accumulare l'energia di una metropolitana/treno durante la fermata per poi cederla al riavvio
successivo, considerando le numerose fermate e ripartenze di questi mezzi è intuitivo il recupero
energetico che ne deriva, per queste applicazioni sono già commercialmente disponibili i sistemi
appropriati.
L'esigenza
Negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di applicazioni che necessitano per il proprio
funzionamento d'intense correnti per brevi intervalli di tempo. Ciò implica che la sorgente di
alimentazione sia in grado di far fronte alle esigenze dell'applicazione non solo in termini di
energia ma anche di potenza. Per comprendere appieno il significato di questo fondamentale
concetto, occorre considerare l'energia nella sua più intima essenza fisica: un modo atto a
quantificare l'attitudine di un sistema a compiere lavoro. Tutti i sistemi, per compiere lavoro,
necessitano dunque di energia tuttavia alcuni di essi ne richiedono intense quantità per brevi
intervalli di tempo mentre altri quantità limitate per periodi prolungati. Entra così in gioco il
concetto di potenza che definisce la quantità di energia utilizzata dall'applicazione (o fornita
dalla sorgente) nell'unità di tempo. Maggiore è la potenza fruibile da una sorgente, più breve è il
tempo entro il quale essa è in grado di somministrare una stessa quantità di energia. Spesso è
necessario utilizzare un sistema di alimentazione che regoli il flusso di energia acquisendo
quest'ultima dalla sorgente primaria e trasferendola al carico mediante forme d'onda di tensione e
corrente che si addicono alle esigenze dell'applicazione in termini di potenza. Quando la tensione
di alimentazione, come spesso accade, è fissata (si pensi alle autovetture nelle quali tutti gli
equipaggiamenti sono alimentati al valore nominale di 12 o 24V), trasferire una certa quantità di
energia in tempi sempre più brevi implica aumentare il corrispondente valore della corrente.
Poiché quest'ultima equivale alla carica trasferita nell'unità di tempo, ecco che per produrre
rapidamente correnti elevate è necessario disporre di un adeguato "serbatoio" di carica.
Le soluzioni fino a ieri
Le classiche soluzioni al problema prevedevano fino a poco tempo fa l'utilizzo di batterie e/o
condensatori elettrolitici in alluminio. In entrambi i casi tuttavia, il risultato non era sempre
soddisfacente. Le batterie sono in grado di accumulare alte quantità di energia che non possono
essere però associate a potenze elevate: i tempi di carica e scarica tipici variano, infatti, tra 1 e 10
ore. Di converso i condensatori elettrolitici in alluminio esibiscono una discreta potenza abbinata a
bassi livelli di energia: essi sono in grado di scaricare correnti estremamente intense ma la cui
durata non supera qualche frazione di secondo.
Batterie e condensatori sono stati impiegati fino ad oggi con finalità differenti e si è sempre
avvertita l'esigenza di un dispositivo in grado di colmare il notevole gap esistente tra essi.
Quando peso ed ingombro costituiscono requisiti stringenti (ciò che accade per molte
applicazioni), il miglior modo per valutare le performance di un dispositivo di accumulo è quello di
riferirsi all'energia ed alla potenza specifiche intendendo con ciò energia accumulabile e potenza
massima fruibile per ogni kg di massa del dispositivo. In questi termini energia e potenza
costituiscono croce e delizia di ogni sistema: le batterie sono caratterizzate da elevate densità
energetiche in J/kg ma da medio-basse densità di potenza in W/kg, mentre i condensatori
presentano bassa energia ed alta potenza specifiche.
Energetica
In termini di energia specifica in J/kg gli SC sono di poco inferiori alle batterie al piombo ma di
contro ne sono di gran lunga superiori riguardo alla potenza specifica ossia in termini di velocità di
rilascio/cattura dell'energia nel tempo. Questa vuol dire che la risposta assicurata è molto rapida
(in quanto basata unicamente sull'effetto elettrostatico). Il rendimento di un SC in termini di
energia fornita/energia accumulata è dell'ordine del 90% (gran parte della perdita è dovuta al
fatto che il condensatore deve necessariamente essere caricato attraverso una resistenza che
dissipa energia) contro il 50% dei migliori accumulatori. Attualmente l'obiettivo primario dei
costruttori è quello di aumentare il più possibile la tensione di cella. In questo contesto è da
tenere presente che, in termini percentuali, un aumento della capacità causa un uguale aumento
dell'energia accumulabile mentre aumentando la tensione si assiste ad un aumento circa doppio
dell'energia (ad esempio un incremento della tensione del 10% conduce ad un incremento
dell'energia accumulata del 20% circa). La tensione nominale di lavoro dei migliori SC attualmente
prodotti varia tra 2,5 e 2,7V. Da ciò segue che affinché un sistema di accumulo basato su SC possa
operare alla tensione nominale dell'applicazione, è necessario utilizzare più celle collegate tra esse
in serie. É facilmente dimostrabile come, nonostante la conseguente diminuzione della capacità
equivalente, tale metodo conduce - nel caso del collegamento di "N" celle uguali - ad un aumento
di un fattore "N" dell'energia accumulata.
Carica e scarica
Negli SC l'energia è immagazzinata direttamente nel campo elettrico tra le armature senza alcuna
reazione chimica, il che rende il processo di accumulo e rilascio altamente reversibile e con
efficienza non influenzata dal numero di cicli di carica e scarica. Per lo stesso motivo, gli SC sono
molto "tolleranti" nei riguardi del metodo di ricarica adottato: possono essere utilizzati profili del
tutto arbitrari purché la tensione ai capi dell'elemento non superi mai quella nominale (unico
accorgimento è dovuto alla resistenza interna particolarmente bassa la quale impone l'utilizzo di
sorgenti auto-limitate in corrente). Possono essere "microciclati", ossia sottoposti a
cariche/scariche che coinvolgono il 5% o meno dell'energia accumulabile (condizione operativa
questa che si verifica in molte applicazioni).
Vita media
In generale un SC può operare, per periodi limitati, a tensioni e temperature superiori a quelle
nominali. Maggiore è la tensione alla quale opera la singola cella minore sarà la sua durata. Come
regola generale, eventuali picchi di tensione impulsiva non devono superare il 110% della tensione
nominale. La temperatura non dovrebbe mai superare i 70 °C e tale limite va tenuto in
considerazione non solo durante il funzionamento del dispositivo, ma anche durante le eventuali
fasi di saldatura dei suoi terminali ai circuiti esterni. Contrariamente ad altri dispositivi di
accumulo, le fasi di carica-scarica non influiscono sensibilmente sulle attese di vita: in condizioni
normali gli SC sopportano un numero di cicli dell'ordine del milione senza degrado apprezzabile
delle caratteristiche.
Osservano i data sheet dei costruttori è possibile rendersi conto di numerose altre prerogative
presentate dagli SC, quali ad esempio: capacità di funzionare tra -40 e +70°C, totale assenza di
manutenzione (che ne compensa nel tempo il costo iniziale), assenza di sostanza tossica da
smaltire, possibilità di stoccaggi per lunghi periodi di tempo.
In tale settore gli SC risultano particolarmente adatti per i sistemi di distribuzione elettrica a più
zone. In un'autovettura la batteria è quasi sempre collocata ad una certa distanza dai carichi, per
cui la resistenza serie del collegamento si somma a quella della sorgente, ciò che costituisce un
problema nel caso di applicazioni che richiedono correnti intense. D'altra parte, nelle moderne
autovetture, applicazioni del genere sono sempre più numerose; si pensi ad esempio ai sistemi per
il gonfiamento istantaneo degli airbag, a quelli per il preriscaldamento dei catalizzatori, ai
regolatori di carichi rapidamente variabili quali sospensioni intelligenti, ed anche agli impianti hi-fi
car (la cui dinamica di riproduzione è fortemente influenzata, nei picchi, dal sistema
d'alimentazione).
In tutti questi casi, uno o più SC possono essere installati nelle immediate vicinanze
dell'applicazione affinché l'energia in essi accumulata possa far rapidamente fronte alle richieste
istantanee del carico. Il fatto di poter essere rapidamente caricati e scaricati anche con correnti
elevate fa sì che gli SC trovino applicazione nei cosiddetti freni rigenerativi. Le frenata di un
veicolo ha lo scopo di diminuirne l'energia cinetica al valore desiderato. La differenza tra
l'energia cinetica iniziale e quella finale del veicolo deve necessariamente trasformarsi in altra
forma che normalmente è il calore sviluppato dai freni. Mediante l'impiego di SC tale energia,
anziché essere dissipata in calore e persa, viene trasformata in energia elettrica che può essere
nuovamente utilizzata alla ripartenza. É stato stimato che, nel traffico cittadino, con cicli di guida
caratterizzati da continue accelerazioni e frenate, questa tecnica conduce ad un aumento del
rendimento fino al 20%. Lo stesso principio può essere applicato, con potenzialità ancora
superiori, alla trazione elettrica su rotaia in ambito urbano ove le reti metropolitane sono spesso
caratterizzate da stazioni contigue estremamente vicine che costringono i mezzi a continue
fermate e ripartenze. Altre applicazioni vedono, infine, gli SC impiegati nei sistemi di avviamento
capacitivo dei motori diesel e nel comando delle porte dei veicoli.
Fattori di attenzione
Poiché molte applicazioni, ne prevedono l'impiego su veicoli a trazione elettrica, l'ingombro, il
peso e la resistenza alle vibrazioni divengono caratteristiche fondamentali. Il design del package e
quello delle connessioni esterne sono quindi aspetti particolarmente curati dai costruttori.
Geometria, volume e massa della singola cella devono essere definite per minimizzare peso ed
ingombro, massimizzando nel contempo energia e potenza specifiche del package. Il design delle
connessioni influenza la resistenza alle vibrazioni: la maggior parte degli SC vengono attualmente
prodotti con terminali per saldatura o con terminali che consentono il fissaggio a vite del corpo
direttamente alla barra (ciò che produce un contemporaneo miglioramento delle caratteristiche
termiche). In ogni caso, visto che gli SC sono destinati a trattare correnti intense (seppur per tempi
brevi) è di vitale importanza che la connessione offra sempre una resistenza quanto più bassa
possibile.
Edoardo Cotilli