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N.B.:
1) la proposizione negativa coordinata ad una finale è introdotta da neve
o neu se questa è negativa; se è positiva, oltre che da neve o neu, può
essere introdotta da neque o nec:
Es.: claudi curiam iubet praesidiumque in vestibulo relinquit ne quis
adire curiam neve inde egredi possit = fa chiudere la curia e lascia
una guardia nel vestibolo perché nessuno possa entrare nella curia
né di là possa uscire.
2) quando nella finale si trovano un pronome, un aggettivo o un
avverbio negativo, la negazione passa nell’introduttore:
ne quis (pronome), ne ullus (aggettivo) = perché nessuno
ne quid = perché nulla
ne umquam = perché mai
ne usquam = perché in nessun luogo; etc.
3) la finale può avere valore incidentale in espressioni come:
ut ita dicam = per così dire
ut vere dicam = a dire il vero
ne dicam, ut non dicam = per non dire
ut in pauca conferam = per dirla in breve.
Attenzione!
Ut non dicam e ne dicam non hanno lo stesso valore: il primo, infatti,
significa “per tacere di” (ma intanto se ne parla! E’ la cosiddetta
“preterizione”); il secondo, invece, significa “direi quasi” e serve a
mitigare un’espressione troppo forte.
Es.: ut non dicam de Bruto, qui Caesarem necavit = per non parlare di
Bruto, che ha ucciso Cesare;
Es.: mulier insolens, ne dicam proterva = una donna insolente, per non
dire (direi quasi) sfacciata.
CONSIGLI PRATICI DI TRADUZIONE:
Dagli esempi riportati è facile capire come debbano essere rese in italiano
le proposizioni finali; tuttavia esse si traducono bene:
- in forma implicita con “per” + infinito, quando vi è identità di
soggetto con la reggente:
es.: eo Romam ut patrem meum videam = vado a Roma per vedere mio
padre;
- in forma esplicita con “perché” + congiuntivo (stesso tempo che si
trova in latino, e cioè presente o imperfetto), quando non vi è identità di
soggetto:
es.: Romam veni, ut me pater meus videret = venni a Roma perché mio
padre mi vedesse.
Evita di tradurre ut con l'arcaico "affinché".