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01/06/2004
"Ogni giorno 4.000 bambini nel Sud del mondo muoiono a causa dell'uso improprio del
latte in polvere" (Organizzazione mondiale della Sanità - Unicef). Nonostante la
presenza di un Codice che vincola l'uso del marketing nel promozionare il prodotto,
numerose aziende (prime tra tutte la Nestlé) continuano ad invitare migliaia di donne a
non allattare il bimbo al seno. Nigrizia rilancia la Campagna di boicottaggio ai prodotti
Nestlé.
Ogni giorno 4.000 bambini nel sud del mondo potrebbero essere salvati dalla morte per
malattie e denutrizione, se fossero allattati al seno e non con latte in polvere. Lo
sostengono Unicef e Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Nonostante ciò, molte
società produttrici di latte in polvere, pur di vendere, non si fanno scrupolo di
promuoverne l’uso con tecniche di marketing irresponsabili.
Unicef e Oms hanno redatto un Codice internazionale che bandisce questo tipo di
marketing; diverse aziende dichiarano di attenersi al Codice, ma monitoraggi
indipendenti hanno messo in luce molte, gravi infrazioni del Codice da parte di tutte le
compagnie, ma soprattutto ad opera della Nestlé, che detiene il più vasto mercato di
latte in polvere nel Sud del mondo.
25 ottobre 2001, lettera del presidente del Comitato italiano per l’Unicef, Gianni Micali:
«Numerose violazioni commesse da alcune industrie multinazionali sono state denunciate
nel 1996 con il rapporto Infrangere il Codice, redatto dal Gruppo congiunto per il
controllo dell’allattamento al seno, di cui ha fatto parte anche l’Unicef. La Nestlé è stata
riconosciuta tra i maggiori responsabili di questo tipo di violazioni, ed è stata fatta
oggetto di una campagna di denuncia tuttora in atto, dato il reiterarsi di questi
comportamenti».
25 giugno 2003, il direttore generale del Comitato italiano per l’Unicef, Roberto Salvan,
riconferma la posizione dell’organizzazione sulle respon-sabilità delle aziende che
violano il Codice internazionale. I risultati più importanti del rapporto sono stati
pubblicati anche dalla rivista British Medical Journal, una delle più importanti riviste
mediche nel mondo, nota per la serietà con la quale verifica la scientificità degli articoli.
Il 18 gennaio 2003, il British Medical Journal ha pubblicato i risultati di una ricerca
effettuata in Togo e Burkina Faso per verificarne l’adeguamento al Codice. Considerati
gli ospedali, la grande e la piccola distribuzione e il contributo dei media: risulta che in
entrambi i paesi ci sono sistematiche violazioni al Codice, specie per quello che riguarda
la fornitura gratuita di campioni di latte in polvere.
Inoltre il 90% dei medici e degli infermieri non è neppure a conoscenza dell’esistenza di
una legislazione internazionale in materia. Le multinazionali coinvolte sono, oltre a
Nestlé, Danone, Wyeth, Novolac e altri produttori nazionali e internazionali.
Ma solo quando mi sono trovata in una realtà rurale, marginale ed estremamente povera,
ho avuto termini di confronto concreti quasi paradossali: nei villaggi più poveri e isolati,
la malnutrizione aveva una prevalenza superiore al 50% nei bambini minori di 6 anni, ma
i lattanti (regolarmente allattati al seno: non c’era altro alimento disponibile) erano
degli stupendi bambini grassocci e sveglissimi. La malnutrizione infantile era una
conseguenza immediata dello svezzamento, non esistendo alternative alimentari di buon
tenore proteico.
Viceversa, nel centro urbano in cui si trovava l’ospedale, vi erano alcune famiglie che
potevano permettersi la spesa del latte artificiale: qui riscontravo i casi di diarrea cronica
e di marasma infantile precoce. Nel 1987, l’anno in cui la guerra fu più dura, la principale
causa di morte ospedaliera fu la diarrea. Su 27 decessi per diarrea, 26 furono di minori di
un anno. Tutti, meno uno, erano allattati artificialmente e con un deficit nutrizionale
moderato o grave associato.
I produttori pubblicizzano il latte in polvere non come un sostituto del latte materno
nei casi estremi in cui esso non possa essere usato (madre deceduta o gravemente
malata, abbandono) ma come simbolo del progresso e di salute a priori. Oltre a
distribuire negli ospedali pubblicità con immagini di bambini sani e paffuti, le ditte
produttrici contattano i medici locali, organizzano corsi e seminari per il personale
sanitario, fanno entrare in uso i loro prodotti negli ospedali.
In passato, i rappresentanti delle ditte sono arrivati a fingersi infermieri per convincere le
donne incinte a comprare. In questo sono molto facilitati dalla carenza di informazioni
mediche nel sud del mondo: spesso le uniche disponibili sono proprio quelle fornite dalle
aziende produttrici. Una delle più redditizie tecniche di marketing usate è di dare gratis il
latte per bambini agli ospedali e ai reparti maternità.
In molti casi, viene dato abbastanza latte perché tutti i bambini nati all’ospedale siano
allattati con il biberon. Alle madri viene spesso dato anche un barattolo campione da
portare a casa. Dare il latte con il biberon ai neonati fa sì che il latte materno venga
progressivamente a mancare e l’allattamento al seno diventi impraticabile. Di
conseguenza, il bambino diventa dipendente dal latte artificiale.
Una volta a casa, le madri non ricevono più il latte gratis, e se lo devono comprare. Ma le
famiglie guadagnano troppo poco per attenersi alle dosi prescritte. Pertanto, non deve
stupire se il latte è annacquato diverse volte più del prescritto, con il risultato finale che i
bambini, lungi dal crescere belli e robusti, diventano rachitici e sottopeso fino a morire.
Sono soprattutto loro, i bambini, le vittime innocenti di questo sistema diabolico! Non
possiamo più tacere di fronte a questo scenario, Vi invitiamo a fare un gesto concreto: la
prossima volta che andrete al supermercato astenetevi dal comperare tutti i prodotti a
marchio Nestlé e questo fino a quando la multinazionale non rispetterà il Codice
internazionale.
Vi ringraziamo per questo gesto concreto di solidarietà, anche a nome di tutti quei
bambini sacrificati ogni anno sull’altare del profitto di poche imprese dai comportamenti
eticamente inaccettabili e scandalosi.
Fino a poco tempo fa, il boicottaggio era rivolto a Nesquik e a Nescafè, prodotti simbolo
Nestlé. Successivamente si è deciso di estenderlo a tutti i prodotti a marchio Nestlé. Se
invece di difendersi senza produrre prove, la Nestlé si proponesse di applicare veramente
in tutto il mondo la lettera e lo spirito del Codice internazionale e cercasse un accordo
con le altre compagnie perché la seguano su questa strada, noi la smetteremmo di
esercitare questa pressione e milioni di bambini sarebbero più felici.
Dolciari: Perugina, Baci Perugina, KitKat, Quality Street, Smarties, Galak, Polo, After
Eigh, Emozioni, Ore Liete, Lion, Fruit Joy, Rossana.
Gelati: Motta, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso, Gran Dessert.
Dolci da forno: Motta, Alemagna, Tartufone Motta.
Surgelati: Buitoni, Buitoni Bella Napoli, Valle degli Orti.
Referigerati: Buitoni Fresco.
Pasta, prodotti da forno, condimenti: Buitoni, Le Rasagnole, Maggi.
Latticini e dietetici: Mio, Fruttolo, Lc1, Latte intero concentrato zuccherato, Sveltesse.
Alimenti per l’infanzia: Nestlé, Nidina, Guigoz, Latte Mio, Nestlé prima infanzia.
Caffè e bevande prima colazione: Nescafé, Nesquik, Orzoro.
Cereali prima colazione: Fitness, Ficre1, Cheerios.
Ristorazione: Nestlé Foodservices.
Cibo per animali: Kit Kat
(fonte: dati dell’azienda)
La Rete Italiana Boicottaggio Nestlé pubblica un elenco aggiornato con altre marche
che non sono presenti sul sito della Nestlé Italia. Si tratta di cosmetici, profumi e cibo per
animali.
La Nestlé è inoltre proprietaria, nel settore alimentare delle acque minerali: Panna,
Claudia, Levissima, Lora Recoaro, Pejo, Perrier, San Bernardo, San Pellegrino, Vera.
I marchi di appartenenza della Nestlé sono parecchi (oltre 8.000 equivalenti ad altrettanti
prodotti o linee di prodotto); non sempre si è in grado di risalire alla multinazionale.
Quelli qui segnalati sono quelli più conosciuti distribuiti in Italia.
Il consiglio è, comunque, quello di boicottare tutti i prodotti che riportano sulla
confezione il marchio Nestlé.