La riflessione epistemologica intorno alla natura e ai fondamenti della scienza storica si
configura, in primo luogo, come analisi del suo linguaggio, dei suoi concetti e dei suoi metodi. Al centro di tale analisi si collocano dunque problemi concettuali e metodologici quali: che cosa significa spiegare un evento? che cosa si intende per causa di un evento? in che senso risalire alla causa di un evento costituisce una spiegazione di quell'evento? i nessi causali che culminano nella spiegazione di un evento sono oggettivi o implicano in modo essenziale elementi di natura valutativa? LA STORIA COME SCIENZA. Dietro a tali domande sta la questione di fondo se la storia possa essere considerata una disciplina dotata dello stesso statuto di scientificità delle scienze naturali. Su tale questione le risposte dei filosofi e dei metodologi della scienza divergono in maniera significativa, così che si possono distinguere sostanzialmente due scuole. Una, legata all'ideale scientifico unitario del positivismo e del neopositivismo afferma che non esiste nessuna discontinuità logica e metodologica fra scienze naturali e scienze storico-sociali. L'altra, sorta in contrapposizione alla prima, sottolinea l'autonomia delle scienze storico-sociali e la specificità delle loro categorie concettuali ( filosofia analitica della storia). Tali contrastanti vedute si sono confrontate soprattutto sul problema della natura della spiegazione storica. Secondo l'impostazione neopositivistica, che si identifica in gran parte con la concezione generale della spiegazione di C.G. Hempel, la struttura della spiegazione è logicamente analizzabile sulla base di un unico modello, valido tanto per le scienze naturali quanto per le scienze storico-sociali, che assegna un ruolo fondamentale alle leggi che connettono l'evento da spiegare con condizioni em piriche particolari rilevanti. Una spiegazione storica si conforma in tutto e per tutto a questo modello tranne per il fatto che, non esistendo leggi storiche paragonabili alle leggi generali delle scienze naturali, non possiamo parlare, nella maggioranza dei casi, che di un "abbozzo di spiegazione" più o meno parziale e incompleto: Un resoconto esplicativo può suggerire, anche in modo molto chiaro e convincente, i tratti generali di ciò che si spera possa eventualmente essere aggiunto, in modo da ottenere un argomento articolato con maggior precisione e basato su ipotesi esplicative formulate in modo più completo (Hempel, La spiegazione nella scienza e nella storia, 1962, in Aa.Vv., Filosofia analitica e spiegazione storica, ed. it. 1979). Lo stesso Hempel ha sostenuto che il carattere tipicamente ellittico delle spiegazioni fornite dagli storici è dovuto alla complessità e all'insufficiente conoscenza delle leggi appropriate, che ne rendono impossibile una formulazione esplicita completa, laddove K.R. Popper, schierato nello stesso campo di Hempel malgrado il suo conclamato antipositivismo, ha argomentato che la ragione per cui le spiegazioni storiche non fanno riferimento a leggi generali è dovuta al fatto che tali leggi sono, viceversa, troppo ovvie e banali per meritare una formulazione esplicita (La società aperta e i suoi nemici, 1945, ed. it. 1973). LE SPECIFICITÀ DELLA STORIA. Alla concezione di una struttura logica comune a tutti gli argomenti esplicativi si contrappongono le posizioni di quei filosofi che, sottolineando come la spiegazione storica si rivolga a quel particolare tipo di eventi che sono le azioni umane, rivendicano la specificità concettuale e metodologica della spiegazione nell'ambito delle scienze storico- sociali. Il problema, per questi filosofi, non sta tanto nel fatto che queste scienze non possono contare su leggi paragonabili alle leggi generali delle scienze naturali (in effetti è di per sé abbastanza ovvio che le spiegazioni formulate dagli storici fanno raramente, se mai lo fanno, uso di leggi di questo tipo), quanto nel fatto che le azioni umane non possono essere spiegate in base a uno schema di principi generali, relativi al comportamento degli esseri umani in circostanze analoghe, ma richiedono l'individuazione dei motivi specifici di ogni particolare azione. Ciò significa, più in generale, che la spiegazione delle azioni umane non ricade sotto uno schema causale, come quello espresso dal modello hempeliano ( determinismo), e questo perché i motivi, le inclinazioni, i desideri, le intenzioni che stanno alla base di determinate azioni non possono essere considerati cause di quelle azioni, almeno non nel senso di causa rilevante per la spiegazione degli eventi naturali. Il modello hempeliano, infatti, implicando una concezione del rapporto causale come congiunzione uniforme e costante di eventi di una stessa classe o tipo secondo una legge di natura empiricamente sta-bilita, appare difficilmente applicabile a eventi come quelli storici che, per la loro natura altamente specifica, non possono essere trattati come casi particolari di una classe di eventi con caratteristiche simili ( idiografico/nomotetico). Anche ammesso, dunque, che gli eventi storici possano essere spiegati in termini causali, la nozione appropriata di causa non sarà quella che fa dipendere il nesso causale da una legge di natura. Ma una volta preso atto di ciò, la stessa nozione di spiegazione cambia radicalmente aspetto. Dal momento che la spiegazione storica si rivolge alle azioni, e a quel particolare tipo di cause (ammesso, ovviamente, che si possa parlare di cause) delle azioni che sono le ragioni che hanno indotto a compierle, essa mirerà a comprendere la razionalità di un determinato comportamento mostrando, secondo le parole di W.H. Dray, che quanto è stato fatto era la cosa da farsi per le ragioni date piuttosto che semplicemente la cosa che si fa in tali occasioni magari in conformità a certe leggi. Ma se questo è l'obiettivo fondamentale della spiegazione storica, allora, come mostra la formulazione stessa di Dray, essa implica strutturalmente e funzionalmente un elemento valutativo ( oggettività in storia). LO SPECIFICO VALUTATIVO. Contro questa concezione della spiegazione storica sono insorti non solo i difensori del modello hempeliano ma anche filosofi che, pur considerando inadeguato tale modello, sottolineano come la specificità della spiegazione storica non debba essere identificata nella presenza di un elemento intrinsecamente valutativo. Di qui numerose e differenziate proposte che, nel comune intento di rivendicare alla spiegazione storica un'oggettività fondata su criteri di tipo logico e empirico, hanno sottolineato, di volta in volta, l'importanza del nesso razionalità- probabilità (N. Rescher, O. Helmer, J.H. Fetzer), il ruolo causale delle ragioni nella razionalizzazione delle azioni (D. Davidson) e, infine, il complesso intreccio fra razionalità, causalità e intenzionalità che sta alla base di un modello esplicativo che richiama, in modo sostanzialmente innovativo, i caratteri delle forme tradizionali di spiegazione finalistica e teleologica ( finalismo, sillogismo pratico).• W.H. Dray, Leggi e spiegazione in storia, il Saggiatore, Milano 1974; G.H. von Wright, Spiegazione e comprensione, Il Mulino, Bologna 1977; R. Simili (a c. di), La spiegazione storica, Pratiche, Parma 1984. A. Artosi