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Introduzione
Un virus può essere schematicamente descritto come una molecola di acido nucleico (DNA o RNA)
eventualmente associato a proteine virali specifiche, racchiuso in un involucro di natura proteica
(anch’esso di origine virale) chiamato capside. Alcuni virus sono dotati di un involucro più esterno
(detto envelope) la cui matrice fosfolipidica, di origine cellulare, è combinata con altre proteine
virali. Nel primo caso vengono chiamati virus nudi, nel secondo caso virus con membrana.
I virus sono definiti parassiti intracellulari obbligati, a indicare sia la loro dipendenza dal metabolismo
della cellula ospite (parassitismo), sia l’obbligo assoluto di compiere il ciclo vitale all’interno della
cellula stessa (intracellulare obbligato).
I vaccini possono essere costituiti
Molti virus infettano specifici batteri, funghi, protisti, o animali in • da virus uccisi: virus extracellulari,
ecosistemi selvaggi. L’invasione umana di tali ecosistemi (o la loro incapaci di replicare, ma che
distruzione, sempre da parte dell’uomo) può portare la specie mantengono le caratteristiche
umana a contatto con specie virali prima sconosciute, come è antigeniche dei virus selvaggi,
avvenuto negli ultimi secoli e negli ultimi decenni (HIV, SARS-CoV, • da virus attenuati: virus capaci di
replicare, simili ai virus selvaggi
MERS-CoV, HCV, Zika virus..). Infatti, i virus non umani presenti
dal punto di vista antigenico, ma
nella virosfera (il termine indica una miriade di agenti presenti
non patogeni,
ovunque) possono non diventare mai capaci d’infettare la specie • da vaccini a subunità: costituiti
umana, ma quando si “adattano” geneticamente possono essere solo da proteine virali o porzioni
trasmessi da uomo a uomo e, quando ci riescono con particolare di esse.
efficienza, possono generare epidemie associate a notevole gravità
clinica ed elevata mortalità.
❖ DNA (deossiribovirus)
Circa il 30% dei virus possiedono un genoma a DNA (con l’eccezione dei parvovirus e
degli hepadnavirus, i cui genomi sono rispettivamente monocatenario e
parzialmente bicatenario)
I virus animali a DNA hanno tutti un genoma aploide a doppio filamento; la molecola
di DNA può essere lineare (parvovirus, adenovirus, herpesvirus, poxvirus) o circolare
(poliomavirus, papillomavirus, hepadnavirus) e le sue dimensioni variano
enormemente all’interno delle differenti famiglie (da 5 kb per i parvovirus fino a
circa 370 kb per i poxvirus). La trascrizione e la replicazione dei virus a DNA
avvengono all’interno del nucleo a opera rispettivamente di trascrittasi e polimerasi
cellulari (fanno eccezione i poxvirus, per i quali la trascrizione del genoma e l’intero
ciclo replicativo si svolgono nel citoplasma). In linea generale, i virus a DNA tendono
ad avere una minore variabilità rispetto ai virus a RNA poiché la duplicazione del
genoma dei deossiribovirus dipende dalla DNA polimerasi cellulare, enzima
abbastanza fedele e dotato di attività di “correttore di bozze”.
e.g. Measles Rabies virus Ebola virus Influenza Lassa virus Hanta virus Rotavirus
Mumps virus
Para-
influenza
La replicazione dei virus
➢ penetrazione (penetration): l'ingresso del virus nella cellula ospite è diverso per i virus con
membrana e per i virus nudi.
• nei virus con membrana, la loro membrana si fonde con la membrana della cellula
ospite e il capside viene internalizzato nella cellula.
• i virus nudi entrano attraverso l'endocitosi, in cui la cellula ospite accoglie il virus
inglobandolo in una vescicola intracellulare.
➢ spoliazione (uncoating): la terza fase consiste nella rimozione del capside virale. Questo può
avvenire ad opera di enzimi presenti nella cellula ospite o trasportati dal virus. In ogni caso il
risultato è la liberazione dell'acido nucleico.
➢ replicazione (replication): una volta che il genoma virale si è liberato del capside e ha
raggiunto la propria sede, inizia la sintesi delle macromolecole virali. Il risultato finale di
questo processo è la produzione di numerose copie di componenti strutturali e genomici
necessari per la formazione della nuova progenie. Per raggiungere questo obiettivo i virus
devono sfruttare l’apparato biosintetico cellulare.
La fase che più dipende dalla cellula ospite è sicuramente la sintesi proteica, che viene
effettuata integralmente dagli apparati proteino-sintetici cellulari. I virus devono quindi
presentare ai ribosomi cellulari i propri mRNA in modo tale che questi vengano riconosciuti e
immediatamente tradotti. La cellula sintetizza i propri messaggeri solo nel nucleo e solo su
stampi di DNA, pertanto, i virus a DNA che sono in grado di raggiungere il nucleo possono
sfruttare gli enzimi cellulari per produrre gli mRNA; gli altri virus o presentano un genoma
che può esso stesso funzionare da messaggero oppure devono avere dei propri enzimi
capaci di sintetizzare gli mRNA.
➢ assemblaggio (assembly)
Le proteine virali si auto-assemblano formando virioni (particelle virali di nuova produzione
che contengono strutture del virus “genitore” prima che entrasse nella cellula ospite); tale
processo viene definito anche maturazione virale.
➢ rilascio (release)
Le nuove particelle virali hanno diversi modi per allontanarsi dalla cellula ospite.
• I virus nudi escono per lisi e ciò comporta la morte della cellula ospite.
• I virus con membrana escono attraverso il meccanismo della gemmazione: il virus si
mette vicino alla membrana cellulare e spinge finché essa non si richiude intorno al
virus formando una membrana.
Herpesviridae (herpesvirus umani)
I virioni degli Herpesvirus sono composti da un capside icosaedrico
racchiuso in un envelope lipoproteico; fra l'envelope e il capside è
interposto uno spazio contenente un materiale amorfo di natura
proteinacea (tegumento) che contiene gli enzimi codificati dal virus e i
fattori della trascrizione essenziali per la replicazione. Il genoma è
costituito da una singola molecola di DNA lineare a doppio filamento, che
codifica da 70 a 200 proteine, in base alla specie virale.
Sono virus con un genoma abbastanza grande, infatti, sono circa 125-236
kb, sono ubiquitari cioè sono presenti in tutta la popolazione (convivono
con noi) e quando entrano nel nostro organismo restano per tutta la vita.
➢ Latenza: tutti gli herpesvirus possono provocare un ciclo alternativo di infezione, entrando in
uno stato di quiescenza (infezione latente) da cui possono essere successivamente riattivati.
Il tipo di cellula in cui avviene questo evento in genere non è lo stesso in cui si verifica
l'infezione citocida produttiva.
La trasmissione di ambedue i tipi di HSV avviene attraverso il contatto diretto con secrezioni
contenenti il virus o con le lesioni presenti sulle superfici cutanee o mucosali.
➢ Le infezioni primarie o ricorrenti della regione orofaringea, causate soprattutto da HSV-1,
sono accompagnate dal rilascio del virus nella saliva; pertanto, il contatto orale tramite il
bacio, le dita contaminate dalla saliva, l'uso comune di spazzolini, bicchieri e altri oggetti
contaminati dalla saliva infetta rappresentano una delle principali modalità di trasmissione.
➢ Nelle infezioni del tratto genitale, causate soprattutto da HSV-2, il virus è presente nelle
secrezioni dei genitali; pertanto, la trasmissione avviene principalmente per contatto
sessuale, mentre neonati contraggono l'infezione al momento del passaggio attraverso il
canale del parto.
Sia HSV-1 che HSV-2 si moltiplicano nelle cellule epiteliali della superficie mucosale in cui sono stati
inoculati, con conseguente produzione di vescicole o ulcere superficiali contenenti il virus infettante.
Negli individui immunocompetenti, l'infezione epiteliale rimane localizzata in quanto i linfociti T
citotossici riconoscono gli antigeni HSV-specifici esposti sulla superficie delle cellule infette, e
uccidono quelle cellule prima che avvenga la produzione della progenie virale. Una infezione latente
che permane per la vita in genere si verifica nei gangli regionali, come conseguenza dell'ingresso dei
virioni infettanti nei neuroni sensoriali le cui terminazioni sono a livello del sito dell'infezione.
In linea generale, HSV-1 è più spesso presente nelle lesioni localizzate nella parte superiore del
corpo, mentre HSV-2 è causa soprattutto delle lesioni del tratto genitale. Comunque ambedue
possono infettare e causare lesioni simili nel sito opposto a quello comunemente interessato.
➢ Replicazione
Il ciclo replicativo di HSV è simile a quello degli altri herpesvirus. Esso inizia con la penetrazione del
virus nella cellula attraverso un meccanismo di fusione con la membrana cellulare, che si osserva
dopo che il virus si lega a recettori specifici di natura glicoproteica sulla membrana cellulare.
In questa fase avviene la fusione del pericapside con la membrana cellulare e il rilascio del capside
nel citoplasma che va ad attaccarsi a un poro nucleare rilasciando il genoma nel nucleo.
La sintesi delle proteine virali avviene secondo tre fasi ben coordinate tra loro:
• La prima consiste nella sintesi di almeno sei proteine alfa precocissime codificate da geni
immediati precoci, che stimolano la sintesi di DNA e regolano la trascrizione dei geni precoci
codificanti la sintesi delle proteine beta.
• Nella seconda fase, le proteine beta controllano la sintesi degli acidi nucleici virali e in
particolare del DNA virale e includono una DNA polimerasi-DNA dipendente e una timidina
chinasi. Altre proteine precoci regolano la degradazione degli acidi nucleici cellulari e
portano alla comparsa dell’effetto citopatico seguito da morte cellulare.
• La terza fase è caratterizzata dalla produzione in elevata quantità di proteine gamma
(tardive) che vengono assemblate per dare origine al capside direttamente nel nucleo della
cellula, al tegumento o per essere incorporate nell’envelope virale durante la fase di
gemmazione. I capsidi contenenti il DNA virale si associano quindi alle membrane nucleari e
gemmano all’esterno del reticolo endoplasmatico verso il citoplasma. In questo comparto
cellulare le proteine del tegumento si associano con il capside virale.
Tutto il processo di replicazione dal punto di vista temporale richiede diciotto ore circa per il suo
compimento.
➢ Latenza
Durante l'infezione latente, nel nucleo delle cellule dei gangli interessati sono presenti da una a
migliaia di copie del genoma virale in forma di molecole di DNA circolari non integrate; in questa fase
nelle cellule è interrotta l’espressione dei geni dell'HSV.
➢ Riattivazione.
La riattivazione e la replicazione del virus latente sono indotte da numerosi stimoli come i
cambiamenti ormonali, la febbre, un danno fisico (soprattutto a carico dei neuroni), lo stress,
l'esposizione alla luce solare. In tal caso i virioni neosintetizzati migrano a ritroso lungo l'assone
verso le terminazioni nervose da cui il virus è rilasciato, infettando le cellule epiteliali contigue;
pertanto, le caratteristiche lesioni vengono prodotte ogni volta sempre nel medesimo sito della
lesione primaria, a livello cutaneo o mucoso. La presenza di anticorpi circolanti non impedisce
questa recidiva, ma interviene a limitare la diffusione del virus nel tessuto circostante.
Virus della Varicella-Zoster
Il Virus della Varicella-Zoster (VZV) presenta affinità biologiche e genetiche con l'HSV, come la
latenza nei gangli sensoriali e il rapido effetto citocida delle infezioni. Le infezioni primarie da VZV
provocano la Varicella, mentre la riattivazione del virus latente causa la comparsa dell'Herpes Zoster
(o "fuoco di Sant'Antonio").
La trasmissione di VZV avviene per via inalatoria, con conseguente infezione iniziale a carico della
mucosa respiratoria seguita dalla diffusione ai linfonodi. La progenie virale si riversa nel torrente
circolatorio e nel sistema linfatico, va incontro a un secondo ciclo di riproduzione nelle cellule del
fegato e della milza, per poi diffondere in tutto il corpo attraverso i leucociti mononucleati infetti.
L'individuo infetto risulta contagioso da uno a due giorni prima della comparsa dell'esantema.
Citomegalovirus umano
Il citomegalovirus umano (HCMV) presenta delle cellule infette ingrossate e multinucleate, inoltre si
conosce una sola specie di HCMV umano, ma esistono numerosi ceppi.
L'infezione iniziale da HCMV si stabilisce comunemente durante l'infanzia.
➢ Trasmissione: nei bambini l'infezione decorre in genere in forma asintomatica; tuttavia, essi
continuano per mesi a eliminare virus praticamente in tutti liquidi corporei, incluse le
lacrime, l'urina e la saliva; pertanto, la trasmissione avviene per stretto contatto con tali
fluidi. Negli adulti, il virus può essere trasmesso: attraverso il contatto sessuale (in quanto
presente nel liquido seminale e nelle secrezioni vaginali), mediante trapianto d'organo o con
le trasfusioni di sangue.
La trasmissione di EBV avviene prevalentemente attraverso il contatto stretto con la saliva (da qui la
definizione di "malattia del bacio") contenente i virus sia durante l'infezione primaria che nei ripetuti
episodi di eliminazione dell'agente infettante in assenza di sintomi clinici. Il sito iniziale della
infezione e replicazione virale è rappresentato dall'epitelio orofaringeo, successivamente alcuni virus
progenie infettano linfociti B. Contrariamente a quanto avviene con gli altri Herpesvirus, i geni
precoci di EBV stimolano la moltiplicazione e l’immortalizzazione, invece della morte, delle cellule.
Papillomaviridae (papillomavirus umani)
Tutti i papillomavirus inducono lesioni epiteliali iperplastiche nel loro ospite. Sono stati identificati
attualmente oltre 100 diversi tipi (specie) di papillomavirus umano sulla base delle differenti
sequenze di basi di alcuni geni virali ben caratterizzati. Gli HPV mostrano una spiccata specificità
tissutale e cellulare, infettando solo le cellule epiteliali della cute e delle membrane mucose:
all'interno di questi gruppi tessuto-specifici, gli HPV dimostrano una potenziale capacità di causare
tumori maligni.
Per esempio si osservano:
• un certo numero di specie che inducono la comparsa di lesioni a elevato rischio di progredire
in tumori, come il carcinoma della cervice uterina;
• altri tipi di virus producono lesioni mucosali, che progrediscono con scarsa frequenza verso
la comparsa di formazioni tumorali, provocando vari tipi di verruche come per esempio le
verruche anogenitali (o condilomi acuminati, una malattia comunemente contratta per via
sessuale) e i papillomi laringei (i più frequenti tumori epiteliali benigni della laringe);
• altri tipi di virus sono associati solo a lesioni benigne (per esempio le comuni verruche piane
plantari).
Struttura
Questa regione contiene i siti di legame per le proteine virali E2 ed E1, associati al sito di origine
della replicazione. Le proteine codificate dai geni E sono di natura funzionale, mentre le proteine
codificate dai geni L sono di natura strutturale.
L1 e L2 sono infatti le proteine che formano il capside. L1: ha peso molecolare 55
Le proteine precoci E1 ed E2 sono coinvolte nella replicazione del DNA virale. kd e rappresenta l'80%
➢ E1 contribuisce anche al mantenimento del genoma in forma episomale; delle proteine del capside
infatti, è spesso assente quando il DNA virale è integrato. L2: ha peso molecolare 70
➢ E2 regola la trascrizione e reprime l’attività del promotore di E6/E7 kd e rappresenta il 20%
legandosi ai siti specifici. delle proteine del capside
Quindi abbiamo un
I Papillomavirus contengono tre proteine con attività oncogena: rapporto di 4:1
• la proteina E5 interagisce con i recettori per fattori di crescita cellulare,
attivandoli;
• la proteina E6 dei genotipi oncogeni induce la degradazione ubiquitina-dipendente
della proteina “tumor suppressor” p53. La p53 è una proteina nucleare che regola
negativamente la crescita cellulare cioè arresta il ciclo cellulare in G1 impedendone il
passaggio nella fase S di sintesi del DNA, questo meccanismo di controllo della crescita
cellulare consente alla cellula di riparare gli eventuali danni a livello del DNA prima di
passare nella fase di sintesi del DNA e quindi permette alla cellula di mantenere l’integrità
genomica. La proteina E6 si lega alla p53 innescando una degradazione
ubiquitino-dipendente facendo progredire la cellula in fase S e consentendo l’accumulo di
mutazioni genetiche
• la proteina E7 lega e inattiva la forma ipofosforilata della proteina “tumor suppressor” pRB.
Nelle cellule normali la forma ipofosforilata di pRB forma complessi con fattori della
trascrizione della famiglia E2F, questi complessi regolano negativamente la crescita cellulare
reprimendo la trascrizione dei geni dipendenti dai fattori EF2 (geni che codificano per
proteine implicate nella sintesi del DNA). La proteina E7 altera tale meccanismo di controllo
cellulare legandosi a pRB e alle proteine correlate, impedendo il legame di pRB con E2F e
quindi stimolando la trascrizione dei geni dipendenti dai fattori E2F cioè favorendo il
passaggio alla fase S del ciclo cellulare.
Classificazione
I numeri indicano differenti papillomavirus umani; inoltre, i virus appartenenti ai gruppi umani
presentano diversa pericolosità, ad esempio se i virus appartengono al gruppo in alto sono virus del
papilloma che infettano prevalentemente le mucose, invece i virus del gruppo in basso a destra
infettano prevalentemente l’epitelio.
L’E1 svolge un’attività elicasica (separa i due filamenti di DNA), mentre l’E2 aiuta E1 nell’attivazione
della trascrizione. Le proteine precoci vanno a determinare la sintesi di tante molecole di DNA e la
produzione dell’RNA delle proteine tardive, la quale esce dal nucleo e legandosi ai ribosomi forma le
proteine tardive L1 e L2. Queste proteine presentano una forma tale che rientrando nel nucleo
formano una struttura iposaedrica grazie alla quale inglobano tutte le molecole di DNA che sono
state duplicate.
Durante il ciclo di replicazione il virus migra negli strati superiori del tessuto epiteliale e durante
questo processo avviene l’espressione dei diversi geni virali.
Negli strati basale si compiono rispettivamente la persistenza del genoma virale e la sua
amplificazione, e in tali eventi entrano in gioco E1, E2, E6 ed E7.
L’incremento dell’attività di E6 ed E7 rappresenta il fattore che Durante l’integrazione, viene
contribuisce alla moltiplicazione cellulare, all’inibizione della inattivato il gene repressore E2,
differenziazione, all’instabilità cromosomica e alla conseguente che normalmente regola
tumorigenesi. negativamente la trascrizione di
Negli strati intermedi intervengono E4 ed E5, la prima frantuma le E6 ed E7, per cui i geni che
citocheratine (filamenti intermedi del citoscheletro) allo scopo di codificano per queste due
consentire il rilascio dei nuovi virus, e stimola l’espressione di L1 e L2, proteine vengono attivamente
mentre la seconda attiva il recettore del fattore di crescita trascritti con conseguente
dell’epidermide (EGFR) per favorire la moltiplicazione cellulare. aumento dei livelli delle due
Nello strato granuloso, grazie all’espressione di L1 e L2, inizia proteine.
l’assemblaggio e la maturazione dei nuovi virioni, che vengono liberati a
livello dello strato corneo in seguito alla rottura delle cellule infette che si
sfaldano. I virus neoformati possono infettare altri cheratinociti basali e il ciclo ricomincia.
Nelle infezioni benigne il genoma virale rimane sottoforma di DNA circolare extracromosomico
(episomale), mentre in quelle maligne si integra nel genoma cellulare.
HPV e carcinoma della cervice
Il carcinoma della cervice è la seconda causa di morte neoplastica più frequente al mondo nelle
donne (dopo la mammella), infatti, ogni anno nel mondo vengono diagnosticati circa 500.000 nuovi
casi di carcinoma della cervice. Inoltre, nel carcinoma della cervice è stata trovata una prevalenza del
DNA di HPV nel 97% -99,7% delle volte e abbiamo che:
• nel 53% è dovuta al tipo HPV-16,
• nel 15% a 18,
• nel 9% a 45,
• nel 6% a 31,
• nel 3% a 33.
• Sembrano essere necessarie mutazioni genetiche nelle cellule infettate da HPV per indurre
una degenerazione neoplastica.
• È stata osservata inoltre una certa associazione di certi alleli o aplotipi degli antigeni
leucocitari (loci HLA-D) con il cancro invasivo della cervice.
• L’immunosoppressione è un importante fattore di rischio di infezione da HPV, tuttavia è
meno chiara l’associazione tra immunosoppressione e rischio di progressione da SIL a
carcinoma invasivo.
• Sembra essere rilevante anche l’associazione dei carcinomi della cervice con altre infezioni
sessualmente trasmesse quali l’infezione da HSV-2 e da Clamidia.
• Anche un elevato numero dei parti sembra essere associato al rischio di progressione in HSIL
e in carcinoma.
• Inoltre, sono state studiate le associazioni tra carcinomi della cervice e cofattori quali il
fumo, l’assunzione di contraccettivi orali, fattori ormonali e la dieta (carotenoidi, vitamina C,
retinoidi, ecc. riducono il rischio di progressione neoplastica).
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Cervice uterina Regione Vulva, vagina, Regione Cute
anale/perianale pene orofaringea
Diagnosi di infezione
I papillomavirus umani non possono essere coltivati in vitro in quanto il loro ciclo replicativo è
strettamente dipendente da eventi che regolano la maturazione dei cheratinociti e, inoltre, non è
possibile indurre la differenziazione di tali cellule in vitro.
Inoltre, è discussa l'affidabilità dei saggi sierologici per identificare infezioni (in atto o pregresse) da
HPV, in quanto le proteine capsidiche dei diversi HPV sono antigenicamente simili e non vengono
sempre espresse in tutte le lesioni.
➢ Metodi indiretti
La diagnosi di infezione da HPV è ancora oggi principalmente affidata ai metodi indiretti
tradizionali, che evidenziano lesioni cliniche o modificazioni cellulari indotte dall'infezione
virale (ma non identificano infezioni latenti, in quanto non sono produttive) quali:
• esame clinico e metodo colposcopico. L’esame colposcopico è una metodica di
studio atta a valutare la presenza di alterazioni e patologia a livello della cervice
uterina ed in parte della vagina. L’esame consiste semplicemente nella
visualizzazione della cervice uterina, dopo eventuali opportune colorazioni che
possono evidenziare alcune zone rispetto ad altre; durante l’esame è poi
eventualmente possibile eseguire prelievi citologici o eventuali prelievi bioptici per
studio istologico.
• valutazioni microscopiche degli strisci cellulari (Pap-test)
• valutazioni microscopiche di preparati istologici
➢ Metodi diretti
Negli ultimi anni sono quindi state affiancate, a queste tecniche indirette, metodi molecolari
di identificazione virale, volti a dimostrare non solo la presenza dei virus nel campione ma
anche a identificarne il genotipo.
Le tecniche molecolari oggi maggiormente impiegate per la ricerca e la tipizzazione dei
diversi genotipi di HPV si dividono in:
• tecniche di ibridazione diretta di acidi nucleici virali (direttamente nelle o estratti da
cellule e tessuti):
Ibridazione punto-macchia
Ibridazione in fase liquida
Ibridazione "in situ"
Terapia
Non esiste una terapia specifica per l’infezione da HPV.
▪ La rimozione chirurgica della lesione o l’ablazione della lesione mediante trattamenti locali
quali laser, crioterapia, elettrocoagulazione, conizzazione sono ancora i metodi più usati per
trattare verruche, papillomi e lesioni displastiche.
▪ Viene impiegato anche l’interferone in lesioni molto estese, in condilomi acuminati ricorrenti
o in papillomatosi laringee.
▪ L’acido retinoico sembra avere un buon potenziale terapeutico in quanto sopprime l’attività
trascrizionale del virus.
▪ L’Imiquimod (Aldara) è un nuovo farmaco per il trattamento dei condilomi che sembra avere
una buona efficacia in quanto stimola le difese immunitarie e la produzione di interferone.
Vaccini
Numerosi vaccini profilattici si sono dimostrati efficaci nel prevenire l’infezione. I vaccini
recentemente sviluppati sono costituiti da subunità della particella virale, definite VLP (virus-like
particles), rappresentate dalla proteina capsidica maggiore L1, che contiene gli epitopi virali
immunodominanti per la neutralizzazione.
Il successo profilattico delle VLP è basato sulla dimostrazione sperimentale che la proteina L1
espressa nelle cellule è in grado di autoassemblarsi in strutture simili alla
particella virale completa e può indurre alti livelli di anticorpi neutralizzanti.
La durata della protezione non è nota.
Il vaccino deve essere somministrato in età pediatrica, prima dell'inizio dell'attività sessuale.
LE EPATITI
Le epatiti virali sono processi infettivi a carico del fegato che, pur avendo quadri clinici
simili, differiscono dal punto di vista:
eziologico(diversi virus responsabili dell’infezione)
epidemiologico (diversa distribuzione e frequenza di infezione e malattia)
immunopatogenetico.
Ad oggi sono noti 5 tipi di epatite virale determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori:
Epatite A
Epatite B
Epatite C
Epatite D
Epatite E
EPATITE A
Virus epatite A è definito un picoRNAvirus a singola elica di RNA (è un virus molto piccolo) ,è
costituito da un capside icosaedrico nudo.La sua trasmissione avviene per via oro-fecale, quindi
tramite :
Cibo contaminato, acqua contaminata
Mani sporche
Esposizione al sangue
Dal punto di vista sierologico esiste un solo sierotipo, quando si producono gli anticorpi nei
confronti di questo virus, questi anticorpi sono protettivi nei confronti di tutti i virus di epatite A
che si possono contrarre perché dal punto di vista antigenico le molecole espresse dal virus
dell’epatite A sono sempre le stesse e non cambiano.
DIAGNOSI:
L’infezione acuta viene diagnosticata mediante la rilevazione di HAV-IgM nel siero
L’immunità è determinata dal rilevamento di HAV-IgG
Rilevazione diretta in RT-PCR sulle feci
La vaccinazione contro HAV è raccomandata per viaggiatori, utilizzatori di droghe per via
parenterale.
HAV entra per via ORALE, arriva al circolo ematico attraverso orofaringe o intestino, e raggiunge le
cellule bersaglio parenchimali del fegato. HAV replica lentamente nel fegato senza produrre
evidenti effetti citopatici. L’ittero (danno epatico) si sviluppa quando si possono rilevare le risposte
immuni Ab e cellulo-mediate contro il virus.
HAV causa il 40% dei casi di EPATITE ACUTA
il virus diffonde rapidamente in una comunità perché la maggior parte delle persone
infettate è contagiosa 10-14 giorni prima della comparsa dei sintomi.
Ci può essere infezione inapparente ma produttiva (il 25-50% degli adulti infettati).
I sintomi insorgono 15-45 giorni dopo l’esposizione al virus.
Non causa malattia cronica
Sintomi iniziali: febbre, affaticamento, nausea, perdita di appetito, dolore addominale.
Ittero: si manifesta nel 70-80% adulti. Guarigione completa nel 99% dei casi. Epatite
fulminante avviene in 1-3/1000 casi, mortale nell’80%
Replicazione
La replicazione è simile a tutti gli altri picornavirus. Interagisce con recettori degli epatociti
ma, a differenza degli altri picornavirus, non è citolitico e viene rilasciato mediante esocitosi.
Patogenesi
Dopo l'ingestione, HAV entra in circolo attraverso l'orofaringe o l'intestino, raggiungendo poi gli
epatociti. Il virus si replica negli epatociti e nelle cellule di Kupffer e i virioni prodotti sono rilasciati
nella bile ed eliminati con le feci. La replicazione è lenta e non ha effetti citopatici. L'ittero ha
inizio con la comparsa della risposta immunitaria cellulare e anticorpali. La protezione anticorpale
permane per tutta la vita. Diversamente da HBV, HAV non cronicizza e non si associa a
epatocarcinoma.
VIRUS EPATITE B
Il virus dell’epatite B (HBV) appartiene alla famiglia degli Hepadnaviridae. Sono virus a DNA dotati
di envelope,responsabili dell’insorgenza di patologie epatiche acute (epatite acuta, epatite
fulminante), croniche (epatite cronica, cirrosi epatica) e neoplastica (epatocarcinoma primitivo).
HBV è l’unico membro di questa famiglia che infetta l’uomo. Il virione viene anche detto particella
Dane. E’ costituito da un involucro esterno (envelope) di natura lipoproteica che racchiude un
nucleocapside, il quale a sua volta circonda il genoma virale rappresentato da un DNA circolare a
doppia elica parzialmente incompleto. Oltre ad esso è presente la DNA polimerasi che per le sue
proprietà funzionali è a tutti gli effetti una trascrittasi inversa (RT).
La manifestazione di questo virus molto spesso può essere totalmente aspecifica, non ci si rende
conto di aver contratto il virus. Nella maggior parte dei casi questo virus da origine a un infezione
cronica o persistente.
Incubazione (circa 3 mesi), fase pre-itterica di 3-7 gg (febbre, malessere, mialgia, nausea), fase
itterica acuta (1-2 mesi) con urine scure e ittero, fegato ingrossato e dolente.
Diagnosi dell'HBV
Una serie di test sierologici vengono utilizzati per la diagnosi di infezione da epatite B acuta e
cronica.
Anti-Hbe: virus che non si replica più,comunque, il paziente può essere ancora positivo
per HBsAg
Trattamento dell'HBV
Interferone - per portatori di HBeAg con epatite cronica attiva.Il tasso di risposta è del
30-40%. alfa-interferone 2b (originale) alfa-interferone 2a (più recente, più efficace ed
efficiente)
PREVENZIONE:
Vaccinazione
Immunoglobulina HBIG: può essere utilizzato per proteggere le persone che sono
esposte all'epatite B.
Altre misure: screening dei donatori di sangue, sangue e fluidi corporei.
EPATITE C
Causa 3 malattie: acuta con guarigione, acuta con cirrosi,persistente (nella maggior
parte dei casi)
HCV: replicazione
Il virus entra nelle cellule bersaglio, gli epatociti, mediante endocitosi mediata da recettore: una
volta endocitato rilascia il proprio RNA a polarità positiva che, funzionando già come mRNA, si lega
ai ribosomi iniziando la traduzione, con successiva produzione delle proteine virali necessarie alla
replicazione: il genoma viene replicato a partire da una proteina, che è una RNA-polimerasi RNA-
dipendente. Nella sua attività replicativa si lega principalmente ai recettori CD81, espressi sia sugli
epatociti e sui linfociti B: può inoltre legarsi alle LDL ed utilizzarle, assieme alle VLDL, come
rivestimento evitando l’attacco del sistema immunitario ed iniziando così la sua attività infettiva
nell’organo colpito. Al termine del ciclo replicativo il virione viene rilasciato per esocitosi.
Patogenesi
La capacità del virus HCV di restare associato alle cellule e prevenirne la morte favorisce l’infezione
persistente. Il principale responsabile per il danno provocato è la reazione immuno-patologica
cellulo-mediata. Classificazione stadi malattia a seconda di: estensione dell’infiltrazione dei
linfociti, dell’infiammazione, della fibrosi e della necrosi. Il continuo processo di riparazione del
fegato e l’induzione della crescita cellulare durante l’infezione cronica sono fattori predisponenti
per il carcinoma epatico. Gli Ab non sono protettivi (ipervariabilità) e l’immunità contro HCV
sembra non durare molto.
DIAGNOSI
L’identificazione e successiva diagnosi del virus si basa sulla ricerca quantitativa dell’antigene HCV
(HCVAg) mediante immunodosaggio in chemiluminescenza e degli anticorpi specifici di tipo IgG
contro il virus (HCVAb) nel siero.Oltre alle indagini sierologiche, , si procede alla biologia
molecolare con lo studio dei marcatori diretti di infezione attraverso la ricerca dell’HCV RNA
mediante prima estrazione automatizzata del genoma virale e successiva RT (reverse
transcriptase-polymerase chain reaction).
EPATITE D
La cellula del virus D non è una comune cellula virale. Quest’ultima ha una stretta somiglianza con i
viroidi vegetali per la presenza di RNA circolare a singolo filamento. Infatti l’involucro non è
capsidico, ma è costituito esternamente dall’antigene di superficie del virus B (HBsAg) ed,
internamente, dall’antigene del virus D (HDsAg) che circonda il materiale genetico. Si parla di
virus satellite quando quest’ultimo riesce a parassitare la cellula ospite solo in presenza di un
secondo virus. Questo è il caso del virus dell’epatite Delta che si sviluppa unicamente in presenza
del virus B (HBV). In questo modo il virus Delta riesce a co-infettare o potenziare l’azione del virus
B che fa da supporto per la replicazione.
REPLICAZIONE
Si comportano come veri e propri parassiti sfruttando particolari proteine, gli antigeni del virus B,
per la replicazione.Il ciclo di replicazione avviene sfruttando un processo di eliminazione dei rifiuti
cellulari, l’autofagia.
HDV: patogenesi
HDV può replicare e causare malattia solo in una persona con infezione attiva da HBV. Una
persona può essere COINFETTATA simultaneamente dai due virus, oppure SUPERINFETTATA da
HDV dopo infezione cronica da HBV.
EPATITE E
Calicivirus = piccole particelle virali sferiche, senza envelope .Capside icosaedrico nudo costituito
da un’unica proteina.
Diagnosi: Si individua l’RNA virale nelle feci degli individui infetti mediante rtPCR.
RETROVIRUS
La famiglia dei Retroviridae è composta da virus aventi il genoma formato da due molecole di
RNA a singolo a filamento a polarità positiva , con capside a simmetria icosaedrica e provvisti di
envelope (che acquisiscono nel momento in cui escono dalla cellula infetta)di 100-120 nm di
diametro,il nome è dovuto alla presenza dell’enzima trascrittasi inversa , che permette di
sintetizzare il DNA dall’RNA.
Il genoma dei Retroviridae contiene tre sequenze geniche distintive che garantiscono lo
svolgimento dei processi fondamentali per la sopravvivenza del virus:
Gag, che codifica per le proteine strutturali del capside (p24, p17);
Pol, codificante per gli enzimi trascrittasi inversa, proteasi (per il taglio proteolitico
durante la sintesi del capside) e integrasi (per l’integrazione del DNA virale nel
genoma della cellula);
Env, codificante per le glicoproteine del pericapside (gp120, gp41, gp46, gp21).
Questi geni sono fiancheggiati dalle sequenze LTR (Long Terminal Repeat).
I Lentivirus sono un genere di virus della famiglia dei Retroviridae. Il loro genoma è formato da
due molecole di RNA monocatenario a polarità positiva e il loro nome è dovuto al lungo periodo di
incubazione che segue l’infezione. A tale categoria appartengono i virus dell’HIV umano, HIV-
1 ed HIV-2, agenti causa dell’AIDS.
Caratteristiche biologiche dei Lentivirus:
Oltre a gag, pol e env, i Lentivirus codificano proteine transattivatrici che controllano il trasporto
dell’RNA. Persistono per tutta la vita dell’ospite: si integrano nei cromosomi, evadono la risposta
immune.Hanno elevata frequenza di mutazione.Replicano in macrofagi.
2) Segue un periodo di latenza clinica, in cui il virus è controllato dal sistema immunitario e non c’è
malattia.
HIV-2
Isolato da un paziente del Senegal affetto da AIDS. Retrovirus simile a HIV, ma sufficientemente
diverso da essere considerato un sierotipo diverso. HIV-2 è in realtà più simile a SIVsm e a SIVmac
(Simian Immunodeficiency Virus), dal quale probabilmente deriva. SIVsm infetta il cercocebo senza
causare malattia. Sia HIV-1 che HIV-2 provocano l'AIDS, ma mentre HIV-1 è diffuso in tutto il
mondo, HIV-2 è localizzato soprattutto in Africa. La malattia da HIV-1 è più veloce; le forme
sostenute da HIV-2 hanno un decorso più lungo, anche se l'esito è lo stesso.
HIV-1
La particella virale di HIV-1 ha una forma sferica ed è composta principalmente da proteine, lipidi e
RNA. Il virione è caratterizzato da una membrana a doppio strato lipidico, chiamata envelope, che
circonda un nucleocapside proteico a forma di cono. Ogni virione contiene un genoma composto
da due molecole identiche di RNA monocatenario, fiancheggiato da due sequenze terminali
ripetute (LTR), necessarie sia per la retrotrascrizione del genoma virale che per l’integrazione e
trascrizione dei geni.Sono presenti 3 geni principali codificanti per le proteine virioniche (5’-gag-
pol-env-3’).
Trasmissione
L’HIV si trasmette attraverso i fluidi corporei (sangue, liquido seminale, fluidi vaginali, liquido
precoitale o latte materno). La modalità più comune di trasmissione è rappresentata dai rapporti
sessuali non protetti. Altre vie di trasmissione sono le trasfusioni di sangue, l’utilizzo di uno stesso
ago per l’uso di sostanze stupefacenti in più individui per via endovenosa e la trasmissione da madre
a figlio durante la gravidanza.L’HIV infetta le cellule del sistema immunitario distruggendole o
rendendole inefficaci, portando al deterioramento del sistema immunitario.
Replicazione
L’HIV si replica utilizzando il meccanismo genetico della cellula che infetta, di solito un linfocita
CD4+.Prima si attacca alla cellula bersaglio e poi penetra al suo interno.L’HIV libera l’RNA, il
codice genetico del virus, nella cellula. Perché il virus si replichi, il suo RNA deve essere
convertito in DNA. L’RNA viene convertito da un enzima denominato transcriptasi inversa
(prodotto dall’HIV). A questo punto, l’HIV muta con facilità poiché la transcriptasi inversa tende
a commettere errori durante la conversione dell’RNA virale in DNA.Il DNA virale penetra nel
nucleo della cellula.Con l’aiuto di un enzima chiamato integrasi (anch’esso prodotto dall’HIV), il
DNA virale si integra con il DNA della cellula.A questo punto il DNA della cellula infetta produce
RNA virale, nonché le proteine necessarie per costituire un nuovo HIV.Un nuovo virus viene
assemblato dall’RNA e dai frammenti proteici.Il virus si spinge attraverso la membrana della
cellula, si avvolge intorno a un frammento della membrana cellulare e si stacca dalla cellula
infetta (gemmazione).Per infettare altre cellule, il virus appena formato deve maturare, ciò
avviene quando un altro enzima dell’HIV (la proteasi) taglia le proteine strutturali nel virus,
causandone la redistribuzione.
SCOPERTA
L'HIV soddisfa i postulati di Koch(sono dei criteri destinati a stabilire la relazione di causa-effetto che
lega un microrganismo a una malattia) come causa dell'AIDS:
Associazione epidemiologica: l'HIV può essere rilevato in tutti i soggetti con l'AIDS.
I farmaci antivirali che inibiscono l'HIV migliorano la patologia.
Trasmissione-patogenesi: Operatori di laboratorio e assistenza sanitaria,i lavoratori che
hanno contratto l'infezione da HIV hanno sviluppato l'AIDS;Gli studi sugli animali mostrano
che l'HIV e il SIV causano l'AIDS nelle scimmie.
Mutazioni Sinonime
Le mutazioni sinonime sono mutazioni puntiformi, il che significa che sono solo un nucleotide del
DNA copiato erroneamente che cambia solo una coppia di basi nella copia dell'RNA del DNA. Un
codone nell'RNA è un insieme di tre nucleotidi che codificano per un amminoacido specifico. La
maggior parte degli amminoacidi ha diversi codoni di RNA che si traducono in quel particolare
amminoacido. Il più delle volte, se il terzo nucleotide è quello con la mutazione, si tradurrà nella
codificazione per lo stesso amminoacido.Il codone mutato ha lo stesso significato del codone
originale e quindi non cambia l'amminoacido. Se l'amminoacido non cambia, anche la proteina
non viene influenzata.Le mutazioni sinonime non cambiano nulla e non vengono apportate
modifiche. Ciò significa che non hanno un ruolo reale nell'evoluzione delle specie poiché il gene o
la proteina non vengono modificati in alcun modo. Le mutazioni sinonimiche sono in realtà
abbastanza comuni, ma poiché non hanno alcun effetto, non vengono notate.
In una mutazione non sinonimo, di solito c'è un'inserzione o una cancellazione di un singolo
nucleotide nella sequenza durante la trascrizione quando l'RNA messaggero sta copiando il
DNA. Questo singolo nucleotide mancante o aggiunto provoca una mutazione frameshift che
elimina l'intero frame di lettura della sequenza di amminoacidi e confonde i codoni. Questo di
solito influisce sugli amminoacidi che sono codificati e cambia la proteina risultante che viene
espressa. La gravità di questo tipo di mutazione dipende da quanto precocemente si verifica nella
sequenza di amminoacidi. Se accade vicino all'inizio e l'intera proteina viene modificata, questa
potrebbe diventare una mutazione letale.Un altro modo in cui può verificarsi una mutazione non
sinonimo è se la mutazione puntiforme cambia il singolo nucleotide in un codone che non si
traduce nello stesso amminoacido. Molte volte, il cambiamento del singolo amminoacido non
influisce molto sulla proteina ed è ancora vitale. Se accade all'inizio della sequenza e il codone
viene modificato per tradursi in un segnale di arresto, la proteina non verrà prodotta e potrebbe
causare gravi conseguenze.
Il virus dell’HIV è quello geneticamente più variabile, molto simile all’HCV, ha un elevatissimo tasso
di replicazione all’ interno dell’organismo e quindi muta moltissimo, si formano dei ricombinanti.
Nove sottotipi
Filogeneticamente distinti in tutto il genoma
Ricombinanti inter-sottotipo
L'HIV ricombinanti sono componenti importanti per quanto riguarda l’epidemia globale, e la
comprensione della loro genesi ediffusione è di importanza cruciale per il trattamento e
prevenzione.La genotipizzazione dei ceppi di HIV è complicata da ricombinazione, e richiede un
approccio adeguato.Il Sequenziamento completo del genoma di ciascuno ceppo fornisce una
classificazione univoca.Tutti i soggetti affetti da HIV in assenza di terapia svilupperano quasi
sicuramente l’AIDS.
La patogenesi dell'AIDS I
La patogenesi dell'AIDS è multifattoriale e non solo dovuta alla lisi diretta dei linfociti da parte
dell'infezione virale.Oltre alla riduzione dei linfociti T CD4+,individui infetti da HIV mostrano la
riduzione di tutte le cellule del sangue derivanti dai progenitori CD34+.Ci sono alcuni soggetti pur
avendo contratto l’HIV e non hanno mai sviluppato l’AIDS, in quanto possiedono delle
caratteristiche genetiche che impediscono al virus di compiere tutto il suo ciclo vitale.Maggiore è
la quantità di virus nel plasma , maggiore è la probabilità di sviluppare i sintomi.Le cellule in cui il
virus rimane il più a lungo sono i linfociti T (circa 150 giorni)
La terapia HAART (Highly Active AntiRetroviral Therapy, “terapia antiretrovirale altamente attiva”)
rappresenta il principale approccio terapeutico delle infezioni da parte del virus HIV nei paesi
sviluppati, essa si basa sull’utilizzo combinato di varie classi di farmaci allo scopo di abbattere la
carica virale, in modo da stabilizzare il sistema immunitario del paziente e prevenire eventuali
infezioni. Problemi terapia HAART
VIRUS INFLUENZALI
I virus influenzali vengono diffusi attraverso le goccioline di Pflugge quindi mediante goccioline
trasportate dall’aria, contatto da persona a persona ma anche, più raramente, attraverso il
contatto con oggetti contaminati.Il periodo di incubazione va da 1 a 4 giorni.L’influenza è
generalmente caratterizzata dall’insorgenza di brividi, febbre, tosse, malessere, cefalea, fotofobia
e dolori articolari.Possono inoltre insorgere sintomi gastrointestinali e, soprattutto i bambini,
possono presentare nausea, vomito e dolore addominale.
In generale la morfologia dei virus appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae è sferica.I virus
influenzali sono inoltre caratterizzati da un envelope che protegge ulteriormente il virus.
Il capside virale, invece, è a simmetria elicoidale mentre le nucleoproteine formano una struttura
ad anello.La struttura del virione dell’Influenza A virus è sferico.Il genoma contiene otto porzioni
di RNA segmentato a polarità negativa, che codifica 11 proteine.
- Fase di fuoriuscita: taglia i residui di acido sialico a cui sono attaccate le particelle virali
neoformate, consentendo il rilascio del virus.
-9 diversi tipi antigenici, ma solo N1 e N2 sembrano circolare nella popolazione umana. Ab contro
NA non prevengono la malattia, ma riducono la gravità.
EMOAGGLUTININA (HA):- Fase di ingresso: lega l’acido sialico della membrana cellulare. Si lega
anche ad essudati, liquidi biologici e a glicoproteine sieriche (inibitori aspecifici).
All’interno sono presenti varie molecole di RNA, è presente una matrice proteica(M1) che
protegge l’acido nucleico, attorno troviamo la membrana(proteina di membrana M2) da cui
sporgono le 2 proteine: emoagglutinina(80%), Neuroaminidasi(20%).Gli anticorpi che vengono
prodotti nei confronti delle due proteine esterne sono quelli che inibiscono la capacità infettante
del virus, si definiscono anticorpi neutralizzanti. Il genoma è formato da 8 diversi segmenti
elicoidali, ognuno contenente un RNA a polarità negativa associato con la nucleoproteina (NP) e la
trascrittasi.
Antigenic DRIFT: modificazioni leggere e frequenti (mutaz. puntiformi) gli Ab reagiscono più
debolmente verso gli Ag.
Consiste nell'accumulo graduale di mutazioni minori, come le sostituzioni nucleotidiche, nel
genoma virale che determinano un potenziale codificante lievemente alterato e di conseguenza
alterata l'antigenicità, in grado di condurre a un ridotto riconoscimento da pare del sistema
immune. Questo processo avviene continuamente in tutti i virus, ma con frequenza molto diversa;
ad esempio, è molto più frequente nei virus a RNA che nei virus a DNA. Come risposta, il sistema
immune si adatta continuamente in termini di riconoscimento e di risposte alle nuove strutture
antigeniche, ma è comunque sempre un passo dietro. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, alla
fine il sistema immune è in grado di sopraffare il virus, determinando la sua eliminazione.
Antigenic SHIFT: drastico cambiamento di Ag, per riassortimento genico. Virus umani e animali
(maiale, uccelli) possono infettare simultaneamente la stessa cellula sostituzione di un intero
segmento di RNA che codifica HA o NA virus ricombinanti, causa di epidemie e “pandemie”.
In questo processo il riassortimento del genoma virale segmentato con un altro genoma di
differente tipo antigenico determina un repentino e drammatico cambiamento nell'antigenicità di
un virus. Ciò causa un iniziale incapacità del sistema immune di riconoscere un nuovo tipo
antigenico, mettendo il virus in posizione vantaggiosa.
Epidemia= il diffondersi di una malattia, in genere una malattia infettiva, che colpisce quasi
simultaneamente una collettività di individui, ovvero una data popolazione umana, con una ben
delimitata diffusione nello spazio e nei tempi, avente la stessa origine.
Le variazioni antigeniche
Ogni anno quasi esclusivamente nella stagione fredda : da novembre a marzo nell'emisfero
boreale e da maggio a settembre nell'emisfero australe.
Esordio brusco, generalmente durano 2-3 mesi e spesso scompaiono con la stessa rapidità
con cui sono comparse.
Colpisce un numero elevato di soggetti nell'arco di 6-10 settimane
I bambini sono i più colpiti ma la mortalità più elevata si ha negli anziani fragili
Causata negli ultimi 40 anni dalle varianti minori di 3 virus (H1N1,H3N2, e B).
MALATTIA "PANDEMICA“
Virus dell'influenza C
meno patogeno per l'uomo
associato a sindromi da raffreddamento e occasionalmente a malattie delle basse vie
respiratorie.
la diffusa presenza di anticorpi diretti verso questo virus indica che l’infezione
asintomatica può essere molto frequente.
Il virus dell'influenza A e B è il virus dell'influenza che causa epidemie negli esseri umani. Sono
suddivisi in sottogruppi in base ai loro antigeni. Il virus A che causa l'infezione negli esseri umani e
negli uccelli ha 15 diversi antigeni H e 9 diversi antigeni N. Alcuni virus influenzali causano
infezioni negli esseri umani e alcuni negli uccelli. I suini, d'altra parte, possono essere sensibili ai
virus dell'influenza sia umana che aviaria. Secondo l’OMS ogni anno si verificano circa 250.000-
500.000 morti per influenza nel mondo. Il 90% dei decessi si verifica in soggetti di età superiore ai
65 anni, specialmente tra quelli con condizioni cliniche croniche di base.
Complicanze : polmonari
AVIARIA
Il virus sopravvive per circa 10 giorni nelle feci infettate, ma anche in acqua e suolo contaminati.
Viene trasmesso sia per via respiratoria, che attraverso le feci.
Influenza Suina
L’influenza Suina è una malattia respiratoria acuta dei maiali, causata da virus influenzali di tipo A,
che causano abitualmente epidemie di influenza tra i suini. I virus dell’influenza suina causano alti
livelli di malattia e bassa mortalità nei maiali
Coltivazione dei virus in uova embrionate
Molti virus animali possono essere coltivati in uova di pollo embrionate. La sospensione virale
viene iniettata (dopo aver perforato il guscio dell’uovo) nella cavità amniotica o allantoidea.
Lo sviluppo dei virus si può notare dalla morte dell’embrione o da danni cellulari di lieve-medio
entità. Questa tecnica di coltivazione è impiegata soprattutto per la coltivazione dei virus con cui
preparare i vaccini virali.
Nelle uova embrionate si possono coltivare una moltitudine di virus in concomitanza dei punti in
cui vengono iniettate le sospensioni virali:
SARS – CoV
Il virus SARS-CoV, appartenente alla famiglia dei Coronavirus, è in grado di causare la Sindrome
Respiratoria Acuta Grave (SARS). L’infezione è stata rilevata per la prima volta ad Hong Kong nel
2002. Generalmente la malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione di 2-7 giorni,
massimo 10 giorni, con febbre superiore a 38°C, tosse secca e difficoltà respiratorie. A volte si
associano brividi o altri sintomi che includono cefalea, dolori muscolari e senso di spossatezza. Nel
10-20 per cento dei casi i pazienti possono andare incontro ad un aggravamento dei sintomi
respiratori tale da richiedere la ventilazione assistita.
REPLICAZIONE
Il Coronavirus si lega alle cellule della mucosa respiratoria (il naso, la bocca ecc.) agganciandosi a
un recettore cellulare dell’acetilcolina 2, detta ACE2, presente in grande numero sulle cellule
dell’epitelio delle alte vie respiratorie, ma anche del tratto intestinale superiore e inferiore, del
cuore e del rene.
La proteina spike presente sulla superficie del Coronavirus si lega bene al recettore ACE2 delle
cellule, e permette al virus di fondersi con la cellula e di liberare nella cellula il suo genoma,
costituito da una catena di RNA. Dentro la cellula l’RNA viene elaborato dai ribosomi,
che traducono il codice genetico dell’RNA producendo una proteina che si chiama “RNA polimerasi
RNA dipendente”, cioè un enzima che può copiare l’RNA del Coronavirus creando così nuove copie
del genoma virale. I ribosomi traducono anche il codice genetico degli altri geni dell’RNA virale
producendo le proteine che emergono dall’involucro lipidico che circonda il genoma. Queste
proteine vengono assemblate con una copia del genoma virale: ecco come si forma un “virus
figlio” che esce dalla cellula ed è pronto a infettare altre cellule. Poiché l’infezione e la replicazione
dipendono dalla capacità del virus di legare la sua proteina spike al recettore ACE2 della cellula, ed
entrare nelle cellule, se si riesce a bloccare questo legame, si impedisce al virus di entrare nella
cellula e di provocare l’infezione.Questa funzione di blocco del legame tra proteina spike e
recettore ACE2 viene svolta dagli anticorpi diretti contro la proteina spike che vengono prodotti
grazie alla stimolazione dei vaccini.
DIAGNOSI
Il test molecolare per COVID-19 viene utilizzato per diagnosticare la presenza di un'infezione in
corso da SARS-CoV-2, il nuovo ceppo di coronavirus che causa la malattia da COVID-19. A tale scopo,
il test molecolare maggiormente utilizzato in laboratorio è la reazione a catena della polimerasi con
trascrittasi inversa, nota anche come RT-PCR. La PCR e i test molecolari si basano sull'identificazione
del materiale genetico del virus in un campione del tratto respiratorio del paziente. L'esecuzione del
test prevede l'isolamento del materiale genetico a partire da un campione respiratorio del paziente
e la successiva moltiplicazione (amplificazione) in milioni di copie di corte sequenze di DNA. Tramite
questo processo di amplificazione è possibile rilevare la presenza di SARS-CoV-2 anche a partire da
piccole quantità di DNA.Il materiale genetico che viene ricercato è rappresentato da acidi nucleici
ed il processo di moltiplicazione delle copie di DNA è noto come amplificazione; per questo,
tale tecnica di laboratorio prende il nome di amplificazione dell’acido nucleico.Sono disponibili
differenti metodologie per eseguire questo tipo di esame di laboratorio. La reazione a catena della
polimerasi con trascrittasi inversa (RT-PCR) è la più comunemente utilizzata nei test per COVID-19.