Il potere di risoluzione dell’occhio umano è la minima distanza che viene percepita tra
due punti perché questi siano ancora due punti e non convergano in un unico punto.
- Il potere di risoluzione dell’occhio umano è di 0,2 mm(millimetri).
Se la distanza che si interpone tra due strutture è inferiore a tale valenza(0,2 millimetri),
allora non è visibile all’occhio umano.
- Il potere di risoluzione del microscopio ottico è di 0,2 µ (micron)
Il micron è un millesimo di millimetro.
- Il potere di risoluzione del microscopio elettronico 0,2 nm (nanometri)
Serve per studiare l’ultrastruttura (tutto ciò che c’è dentro la cellula). La membrana
plasmatica è osservabile al microscopio elettronico
Il nanometro è la millessima parte del micron, quindi è una millionesima parte del
millimetro.
Le dimensione biologhiche dunque richiedono per il loro studio l’ausilio degli strumenti
didattici quali i microscopi, in base al loro potere di risoluzione.
Virus
I virus sono la prima forma di vita non cellulare.
• Non hanno una membrana plasmatica, mancano delle informazioni genetiche
necessarie all’assorbimento di tutte le funzioni che sono indispensabili per
l’autonomia vitale.
• Organizzazione non cellulare: non sono cellule, non sono costituiti da cellule; sono
parassiti intracellulare obbligati significa che un virus deve trasferire il proprio
acido nucleico all’interno di una cellula (che sia essa procariotica o eucariotica)
perché lui manca di tutti gli apparati di trascrizione, di sintesi, quindi è necessario
che trasferisca le sue informazioni in una cellula e sfrutterà gli apparati di sintesi
della cellula per duplicarsi, quindi è incapace di riprodursi autonomamente. I virus
infettano le cellule eucariotiche quanto quelle procariotiche, purchè siano cellule,
quindi che siano in grado di duplicare l’informazione genetica, trascriverla e
sintetizzare proteine
• Presenza di un unico tipo di acido nucleico: la struttura comune a tutti i virus è il
corredo genomico che prevede esclusivamente uno dei due acidi nucleici ( o dna o
rna), motivo per cui si sente parlare di virus a RNA e virus a DNA.
• Moltiplicazione: per dividersi sfruttano gli apparati di sintesi delle cellule e quindi
moltiplicano il loro numero, questo vuol dire che quando una cellula viene infettata
da un virus, da questa cellula usciranno centinaia e centinaia di particelle virali,
quindi è una moltiplicazione esponenziale perché tutte quelle centinaia di particelle
viraliche escono da un’unica cellula, andranno ad infettare altre cellule, quindi le
infezioni virali si espandono molto rapidamente proprio per questa moltiplicazione.
Morfologia virus:
➢ virus elicoidali: ricordano delle eliche
virus icosaedrici: forma sferica
➢ virus rivestiti e virus complessi: dipende dalla presenza o meno di un involucro di
natura proteica per proteggere questo acido nucleico e della presenza di un
eventuale parete all’esterno dell’involucro (si parlerà di capside).
Dimensione virus: 10-300 nanometri.
Presentano il capside, il quale è un rivestimento proteico che va a circoscrivere l’acido
nucleico, quindi ‘’simula’’ quella che noi possiamo pensare come membrana plasmatica in
una cellula. Delimita la particella virale e quindi contiene al suo interno l’unico acido
nucleico che presenta. I virus complessi possiedono un ulteriore involucrio lipoproteico
più esterno, chiamato envelope (o pericapside).
Virus con morfologia complessa: batteriofagi.
I batteriofagi sono in grado di attaccare le cellule batteriche, quindi prediligono infettare
cellule procariotiche. Hanno una morfologia complessa perché assumono una struttura,
definita a fago, dove noi possiamo individuare 3 porzioni della particella virale: testa,
colletto con lo stiletto e le fibre caudali.
Ciò vuol dire che la particella virale è in grado di prendere contatto con la cellula batterica,
con quelle che sono le sue fibre caudali, una volta che prende contatto con la membrana
plasmatica della cellula batterica, tira su le fibre caudali e quindi avvicina il suo stiletto alla
membrana. Al centro dello stiletto ci sono delle proiezioni proteiche che prendono il nome
di spine caudali; con queste spine caudali vanno a perforare la membrana plasmatica della
cellula batterica, la devono perforare perchè attraverso questo varco devono trasferire il
proprio acido nucleico che si troverà nella testa.
Dunque le fibre caudali prendono contatto, si retraggono, le spine caudali vanno a
perforare per cui l’acido nucleico può essere trasferito nella cellula, mentre il capside
rimarrà all’esterno della cellula.
Nel momento in cui l’acido nucleico viene trasferito nella cellula procariotica o eucariotica:
➢ se il virus è a DNA, allora il DNA verrà duplicato dal DNA polimerasi , comincia a
duplicare, fa tante copie. Questo DNA virale verrà intanto utilizzato per ricostruire
quello che è l’acido nucleico della nostra particella virale, ma servirà anche a
trascrivere l’informazione nell’RNA e a sintetizzare le proteine del capside perché
affinchè la particella virale sia integra e possa fuoriuscire dalla cellula che ha
infettato e andare ad infettare altre cellule. Si deve riorganizzare, nel caso del
batteriofago dovrà riformare la testa, lo stiletto e li fibre caudali. Se il nostro virus è
a DNA, tutto fila liscio: il virus inietta il proprio DNA all’interno della cellula dove c’è
la DNA polimerasi, la quale vede questo pezzo di DNA e lo duplica facendo tante
copie.
L’apparato di trascrizione lo riconosce e lo trascrive in tante copie di RNA
messaggero, i ribosomi lo traducono e cominciano a sintetizzare proteine. Una volta
che ci sono tutte le proteine, il capside si riassembla, le copie di dna sono state già
duplicate quindi vengono rincapsulate all’interno della tesa, la particella virale è
pronta infettare la cellula.
➢ Se il virus è a RNA, in una qualunque cellula sia essa procariotica o eucariotica, non
esiste un enzima che fa tante copie di RNA. I virus a RNA possiedono insieme al suo
RNA un enzima che si chiama trascrittasi inversa. Questo enzima viene trasferito
nella cellula che viene infettata insieme all’RNA virale, questa trascrittasi inversa si
lega all’RNA e lo utilizza come stampo per formare un filamento complementare,
quindi si viene a formare una molecola di CDNA, la quale è una molecola di DNA
perché formata da due filamenti complementari e antiparalleli, però questi due
filamenti sono il risultato di un processo di trascrizione inversa, cioè si parte
dall’RNA per formare un filamento complementare. Quindi il risultato è sì una
molecola a due filamenti che noi chiamiamo generalmente DNA, ma per differirlo
dal DNA genomico e per far capire che è un DNA virale che l’ho ottenuto a partire
da una molecola di RNA, lo chiameremo CDNA.
Momenti: contatto con le fibre, contrazione, perforazione, iniezione acido nucleico, Fasi
della moltiplicazione dei batteriofagi:
o assorbimento→il contatto tra particella virale e la cellula, una volta avvenuto il
contatto
o iniezione→ trasferimento del materiale genetico, quindi iniezione dell’acido
nucleico virale all’interno
o fase replicativa precoce→ in cui inizia la fase di duplicazione
o replicazione del genoma virale→ si avrà una moltiplicazione delle copie del genoma
virale, questo verrà utilizzato per trascrivere l’rna necessario per la sintesi delle
proteine
o sintesi delle proteine capsidiche→
o assemblaggio del capside e impacchettamento del genoma virale→ rilascio dei virus
maturi
Cellule procariotiche
Esempio cellule batteriche. È considerata più semplice dal punto di vista organizzativo, è
meno complessa in termini di organuli, però di fatto sono in grado di adattarsi, quindi sono
molto avanti anche rispetto alla stesse cellule eucariotiche.
Mancano:
i sistemi membranosi interni al citoplasma→ involucro nucleare, apparato del Golgi, il
reticolo endoplasmatico, mitocondri, lisosomi.
Possiede:
➢ Acidi nucleici (entrambi): il DNA è immerso nel citoplasma in quella regione
chiamata nucleoide e questo DNA differisce da quello della cellula eucariotica (è
lineare e organizzato in cromosomi quando si dovrà dividere altrimenti sottoforma
di cromatina) perché sarà circolare .
➢ Ribosomi: pertanto è in grado di duplicare la sua informazione genetica, è in grado
di trascriverla, è in grado di sintetizzare enzimi e le proteine che le servono per
svolgere tutte le sue attività metaboliche; dunque manca dei sistemi membranosi
interni alla cellula, ma è in grado di vita autonoma, questa autonomia le è conferita
dalla presenza di entrambi gli acidi nucleici e dalla presenza dei ribosomi.I ribosomi
però li hanno perché dal punto di vista chimico sono costituita da RNA ribosomiale e
proteine, ma non c’è una membrana che li delimita, è solo dato dalla cooperazione
di RNA ribosomiale e proteine.
➢ membrana plasmatica che li delimita
➢ una parete cellulare
I batteri si diviono per scissione binaria. Hanno una molecola di DNA circolare, dunque la
divisione è molto più semplice rispetto alla divisione negli eucarioti. Al termine della
duplicazione avremo due molecole di DNA circolari, contestualmente la cellula si accresce
e a questo punto avverrà la scissione binaria: le due molecole di DNA circolare si
sposteranno verso i poli opposti della cellula batteria e al centro si divideranno, originando
due cellule figlie, che differiscono in termine di corredo plasmidico (nel senso una cellula
può essere resistente e l’altra no).
➢ Plasmidi: i batteri sviluppano resistenza agli antibiotici con i plasmidi. Il plasmide è
una molecola di dna circolare ed è indispensabile perché porta informazioni legate
alla resistenza agli antibiotici, viene trascritta con la coniugazione o riproduzione
parasessuale. Due cellule batteriche possono prendere contatto fisicamente l’una
con l’altra attraverso un prolungamento citoplasmatico, che parte da una cellula
batterica che si estende fino all’altra, creando un canale, attraverso questo canale
vengono trasferite le molecole plasmidiche. Quando viene trasferito il plasmide ad
un’altra cellula, io gli sto dando la mia informazione di resistenza.
Cellule eucariotiche
Esempio: piante, animali e uomo. Hanno dimensioni maggiori rispetto a quelle
procariotiche.
Presentano:
organuli e sistemi membranosi:
➢ nucleo: si trova in una posizione centrale, delimitato da una membrana.
➢ nucleolo: si trova all’interno del nucleo, è in questa zona che vengono sintetizzati i
ribosomi
➢ reticolo endoplasmatico: sistema di membrane interno alla cellula, si trova in
continuità col nucleo.
➢ reticolo endoplasmatico granulare: biosintesi glicoproteine. Ha un aspetto
punteggiato dovuto alla presenza dei ribosomi.
➢ Ribosomi
➢ Reticolo endoplasmatico liscio: sintesi prodotti steroidei (esempio ormoni). I
prodotti derivanti arrivano all’apparato del Golgi.
➢ apparato del Golgi: smista i prodotti di secrezione, è per questo che si trova a
seguire del RE.
➢ Lisosomi: sono enzimi litici. Essi intervengono nel regolare la morte cellulare.
➢ Mitocondri: fungono da centrale produttiva della cellula. Sono capaci di dividersi
autonomamente perché hanno DNA e ribosomi.
Cellula eucariotica vegetale: presenta la parete cellulare che dà forma, il vacuolo, i plastidi,
cloroplasti, leucoplasti, cromoplasti.
Popolazioni cellulari:
le popolazioni cellulari possono essere:
1. Cellule labili (soggetti a rinnovamenti) sono quelle cellule che hanno vita breve
(perché non possiedono il nucleo) per cui devono rinnovarsi, quindi andare
incontro a divisione cellulare. Tipico esempio sono le cellule degli epiteli,
elementi figurati del sangue, spermatozoi.
2. Cellule stabili (in espansione, rinnovabili condizionali): sono quelle cellule che
normalmente non proliferano ma che possono farlo se il tessuto di cui fanno
parte viene danneggiato, ad esempio gli epatociti.
3. Cellule perenni (statiche, non rinnovabili): sono cellule che hanno perso la
capacità di replicare una volta specializzate. Esse appunto accompagnano
l’accrescimento, quando quest’ultimo è completo e quindi si sono specializzate,
perdono la capacità di replicarsi. Esempio: neuroni celebrali.
Allestimento dei preparati per la microscopia ottica e elettronica
I microscopi da osservare al microscopio devono essere prima processati attraverso una
serie di passaggi che servono ad arrestare le funzioni biologiche.
La fissazione permette di bloccare l’autolisi cellulare, preservando così nel tempo la
morfologia del tessuto
OTTICA
Per esaminare una parte di tessuto, devo prelevarlo, sciaquarlo e metterlo in una provetta
aggiungendo sostanze.
• Disidratazione e diafanizzazione
Dopo aver aggiunto il solvente, bisogna disidratare il tessuto eliminando acqua
(disidratazione).
Si toglie il fissativo e si procede a immergere il tessuto in una soluzione alcolica a
concentrazione crescente (si parte da alcool al 50%... fino ad arrivare ad alcool a
100%). Questo processo deve essere graduale per non provocare il raggrinzimento
delle cellule.
Il tessuto non lo si può lasciare nell’acqua poiché si creerebbero batteri che andrebbero a
mangiare il tessuto. La rimozione dell’acqua è necessaria per una buana osservazione del
campione al microscopio ottico e per poter infiltrare il tessuto con la paraffina (idrofoba).
A questo punto togliamo l’alcool al 100% e aggiungiamo lo xilene (che serve a capire
se il campione è pronto all’inclusione).
Poiché lo xilene è un solvente diafanizzante (diventa trasparente con la disidratazione), a
fine infiltrazione i tessuto risulterà trasparente (diafanizzazione).
• Preparazione all’Inclusione - inclusione
Per la microscopia ottica il mezzo d’inclusione è la paraffina (fusa). È una miscela di
idrocarburi saturi che diventa fluida se riscaldata(50-60°) mentre solidifica a
temperatura ambiente.
Dunque togliamo un po’ di xilene e lo immergiamo nella paraffina, poi togliamo lo
xilene e lasciamo solo paraffina.
Se il campione è pronto avrà un colore lucido e trasparente.
Se il campione è scuro significa che contiene ancora acqua per cui bisogna disidratarlo
ancora.
Una volta pronto il campione, siamo pronti all’inclusione e quindi a lasciarlo nella
paraffina. La paraffina si andrà ad indurrire intorno al campione, dando vita ad un
blocchetto indurrito di paraffina. Si fa raffreddare e dopodichè si procede al taglio.
• Taglio
Il taglio viene fatto con il microtomo (a slitta o rotativo). Il microtomo permette di
fare sezioni sottili, permette di dare un taglio con cui avremo un giusto poter di
risoluzione al microscopio.
Ottenute le sezioni in paraffina, si mettono in bagnomaria per far distendere la
sezione e poterla poggiare sul vetrino.
Dopo si poggiano le sezioni su una stufa al fine di far assorbire l’acqua senza che la
paraffina si sciolga(a meno di 50°).
Dopodichè i vetrini vanno in istoteca, cioè cassettini in cui si conserveranno in modo
duraturo fino all’osservazione.
• Sparaffinatura e idratazione
Una volta pronto il vetrino si procede alla colorazione, dunque si dovrà eliminare la
paraffina (sparaffinatura) poiché essa serve solo ad ottenere un blocco da poter tagliare.
Per poter tagliare la paraffina si userà lo xilene: questa volta però si dovrà reidratare il
campione (dunque si farà il processo inverso della disidratazione, ovvero si immergerà il
campione prima in alcool a concetrazione al 100%, poi 70%.. ecc fino ad arrivare all’acqua).
• Colorazione
I coloranti sfruttano le interazioni chimiche.
Il campione è pronto alla colorazione:
➢ ematossilina: è un colorante basico, colora in violetto i nuclei, i ribosomi. I coloranti
basici si legano a componenti acidie del tessuto.
➢ Eosina: è una colorante acido, colora in rosa il citoplasma. I coloranti acidi si legano
a componenti basici del tessuto.
Terminata la colorazione, il vetrino non è pronto: disidratazione, xilene.
• Ultimo passaggio: montaggio vetrino coprioggetto (per conservare il vetrino si usa
il copriogetto).
ELETTRONICA
• La fissazione microscopia elettronica si fa in due step:
1. Prefissazione: si fa in gluteraldeide.
Quindi facciamo il prelievo del nostro tessuto , lo mettiamo in provetta con gluteraldeide,
togliamo la gluteraldeide che serve per la prefissazione e mettiamo il vero fissativo che è il
tetrossido di osmio
2. Fissazione: tetrossido di osmio. Il tetrossido di osmio nella membrana plasmatica
influenza la struttura della membrana.
• La disidratazione è uguale a quella ottica→ si sostituisce acqua con alcool a
concentrazione via via crescente fino ad arrivare ad alcool a 100%
• Preparazione all’inclusione: sostituiamo l’alcool con ossido di propilene o acetone.
• Inclusione: viene fatta in resine sintetiche (non viene fatta in paraffina come in
quella ottica).
Queste resine danno al campione resistenza e un aspetto cristallino che non gli consente di
essere tagliato al microtomo con la lamina metallica.
Una volta conclusa l’inclusione aspettiamo che polimerizzino le resine (nella microscopia
ottica aspettavamo che la paraffina si solidificasse).
• Taglio: a questo punto il taglio dovrà essere fatto con uno strumento che prenderà
il nome di ultramicrotomo, ultramicrotomo perché questa processazione la
facciamo per andare a studiare l’ultrastruttura della cellula, questa volta avremo
delle sezioni con uno spessore di 40-50 nanometri (microscopio ottico spessore 4-5
micron).
Non esiste un ingranaggio talmente preciso da consentire alla nostra lama di avanzare di
40 nanometri, per cui vedremo che l’ultramicrotomo ci consente di fare tagli di questo
spessore così piccolo, così sottile perché l’avanzamento della lama (che non è una lama di
metallo) è garantita dall’espansione termica di un metallo. Anzichè esserci un ingranaggio
meccanico, all’interno dello strumento c’è posizionata una barra di metallo, quando i
metalli vengono riscaldati si espandono, ma l’espansione è contenuta, quindi sarà
un’espansione sufficiente a garantire l’avanzamento di dimensioni talmente precise
dell’ordine dei nanometri.
Le resine sono dure sono dure e cristalline, quindi se proviamo a tagliarle con la lama di
metallo o si graffia o si sbriciola il campione, quindi c’è uno strumento che fa dei tagli
precisi e netti, ovvero il diamante o il vetro. In questo caso nell’ultramicrotomo, avremo o
le punte di diamante o una lama di vetro.
Nella microscopia ottica le sezioni che tagliavamo e quindi i nostri nastrini di paraffina con
all’interno il nostro tessuto, li mettevamo nel bagnomaria perché si distendesse la
paraffina dopodichè le recuperavamo sul vetrino e il vetrino veniva conservato
nell’istoteca finchè non doveva essere colorato).
Dato che qui parliamo di dimensioni piccole, non è possibile mettere le sezioni sul vetrino,
dunque le sezioni che otteniamo all’ultramicrotomo vengono raccolte su delle mensch
piuttosto che vetrini e hanno la grandezza di una capocchia di uno spillo… su queste
mensch (sono delle reticelle) si recuperano le sezioni e quindi si conservano in dei
cofanetti, al cui interno c’è una struttura a nido d’ape dove dentro ad ogni piccola
fessurina si posiziona ognuna di queste reticelle.
Man mano che le sezioni vengono fatte, finiscono in una piccola ciotolina dove c’è
dell’acqua in modo che sul fil dell’acqua e da lì verranno recuperate su queste reticelle.
Colorazione:
Una volta fatto il taglio e raccolte le nostre sezioni sulle reticelle, dobbiamo colorare i
preparati, ma nella microscopia elettronica è più corretto parlare di contrasto perché una
volta che un fascio di elettroni colpisce il campione biologico, noi vediamo qualcosa in
bianco e qualcosa in nero perché dipende da come è fatto il campione: ciò che si lascia
attraversare dagli elettroni apparirà bianco, ciò che invece è elettrondenso, non si lascia
quindi attraversare dagli elettroni, sulla nostra lastra lasceranno l’ombra, quindi appare
nero…
Per preparare un buon campione da osservare al microscopio elettronico, possiamo
operare un contrasto, cioè utilizzare sostanze elettrondense, metalliche (acetato di uranile
e citrato di piombo) perlopiù che vanno a legare la componente che a livello cellulare è già
di suo elettrondensa, ma anziché vederla un grigio chiaro chiaro, lo si contrasta di più in
modo da avere una bella immagine.
Microscopio da ricerca
Consentono non solo di osservare ma anche di acquisire le immagini di quello che si
guarda. Quello che si vede all’oculare viene trasferita al pc e noi acquisiamo le immagini di
interesse, che sono poi quelle che vengono utilizzate per pubblicare i libi di testo, articoli
scientifici. Vi è una porzione in più rispetto al microscopio precedente:
- Filtri per la fluorescenza. Questo microscopio oltre ad essere un microscopio
ottico composto, è un microscopio ad epifluorescenza, quindi potremmo
guardare anche i preparati che vengono marcati con dei marcatori fluoriscenti.
- Fonte luminosa: si utilizza una lampada a fluorescenza (FluArc) la quale eccita il
campione. (Non si usa il fascio di fotoni altrimenti la fluorescenza decade) Nel
momento in cui la lampada va ad eccitare il campione, questo non raccoglie tutte
le fluorescenze, solo quelle di nostro interesse.
- Simula la funzionalità di un microscopio confocale, il quale fa una scansione a
diversi piani focali del nostro preparato, tanto le sezioni da osservare al
microscopio confocale sono spesse 30-50 micron; mentre quelle per l’ottico 4-5
micron. Dunque è evidente che le sezioni del microscopio confocale siano più
spesse, questo perché utilizza un fascio laser per andare ad osservare il campione,
quindi va delle scansioni, riesce ad attraversare più stradi del campione e quindi ci
dà un immagine tridimensionale perché osserva tutto ciò che c’è nella profondità
delle nostre sezioni. Questo motorino motorizzato gli permette.
- È completamente motorizzato, possiede un tavolino motorizzato quindi se si
guarda un preparato dove c’è ad esempio un neurone si vede la parte iniziale ma
non si vede il tipo di cellula che va ad innervare… con questo microscopio si
imposta la profondità (si imposta start e stop), si imposta il punto di partenza e il
punto di fine e tutte, e tutte le foto che si fanno si devono distanziare ad esempio
di 0,5 micron. Dunque si fa la prima foto e si alza il tavolino di 0,5, e cosi via... alla
fine non è un confocale, quindi dopo aver eseguito gli ordini, le immagini risultano
sfocate con un solo dettaglio a fuoco, ma grazie alla funzionalità Z-STACK, la quale
permette di prendere queste immagini e vengono rimontate una sull’altra,
l’immagine risultante prenderà il pezzetto a fuoco di tutte le foto, ci darà un
immagine 3D. La z-stack permette di muovere non solo sull’asse x e y, ma anche in
profondità. Quindi questo microscopio permette di fare diverse foto sfocate che
mettendole assieme crea un’immagine tridimensionale.
- È un microscopio che fa da microscopio ottico, ad epifluorescenza e motorizzato,
quindi simula anche se non lo è un microscopio confocale
Microscopio invertito
L’obiettivo guarda il campione da sotto, anzi che da sopra. Si usa quando si lavora con
le piastre, con la piastra pepi, con le cellule di cottura, con gli embrioni. Invertito perché
è appunto invertita la posizione tra tavolino e percorso ottico, quindi la fonte luminosa
sarà da sopra, gli obiettivi con il sistema di lenti e oculari, partono da sotto.
FRAZIONAMENTO CELLULARE
Come si fa a parlare con tanta sicurezza della composizione chimica dei vari organuli, dei
vari sistemi membranosi?
Come si fa partendo dalla cellula ad avere la singola frazione che ci interessa? Si fa con la
tecnica del frazionamento cellulare
- per centrifugazione
- per ultracentrifugazione
Partiamo da un campione in cui viene messa tutta la componente cellulare del tessuto che
vogliamo studiare, dopodichè questo viene messo in una centrifuga, grazie alla quale
riusciremo a separare tutto ciò che c’è all’interno del citoplasma cellulare secondo un
gradiente:
-Tutto ciò che è pesante si va a depositare sul fondo
-Tutto ciò che è leggero va su.
Questa tecnica prevede che: in base ai giri (RTM) che noi fissiamo nel nostro giro di
centrifuga riusciamo a separare le nostre componenti.
Quindi ad esempio:
- Tra 800/1000 giri riusciamo a separare i nuclei dal resto della cellula.
- Per vedere i ribosomi,cloroplasti, i lisosomi e tutti gli altri organuli bisogna aumentare il
numero di giri fino a 35.000
- Se arriviamo fino a 80.000 riesce a far depositare sul fondo i sistemi membranosi come il
Reticolo Endoplasmatico.
Più è leggera la sezione che si vuole separare, maggiore deve essere la potenza da dare alla
centrifuga.
In base alla potenza data (al numero di giri) si passa da centrifugazione ad
ultracentrifugazione.
Aumentando i giri (RTM), porto a sedimentare porzioni sempre più minute di tutto ciò che
trovo nel citoplasma. Man mano che si manda giù, devo cambiare provetta. Ad esempio
dopo aver fatto sedimentare i nuclei, si recupera il surnatante(cioè tutta la parte che resta
su) la mettiamo in una provetta pulita, quindi in questo mi rimarranno i nuclei.
Macromolecole
Una cellula eucariotica animale presenterà una membrana che la delimita, all’interno
troveremo una serie di sistemi membranosi: nucleo, reticolo endoplasmatico, apparato del
golgi e tutti gli organuli (ribosomi, lisosomi..)
Nella cellula il suo interno è definito con il nome di citoplasma. Al microscopio vedremo in
blu il nucleo e in rosa il citoplasma. Il citoplasma è composto dal citosol che è la
componente acquosa del citoplasma, ed è la sede (nel citoplasma) in cui avverranno tutte
le attività metaboliche della cellula.
Nel citoplasma quindi troviamo: il citosol, i ribosomi , i sistemi membranosi (reticolo
endoplasmatico, apparato di Golgi, derivati dal reticolo endoplasmatico e quindi i lisosomi,
vacuoli di varie categorie), gli organuli(mitocondri, plastidi, centrioli); accumuli di
glicogeno-lipidi.
Componenti chimici di una cellula
- Organica: le macromolecole, cioè proteine , lipidi, carboidrati e acidi nucleici che sono le
quattro classi delle macromolecole
- Inorganica : l’acqua (85%), i Sali (1.25%), e i metalli pesanti (al livello del funzionamento
cellulare sono indispensabili anche se in piccola quantità perché funzionano da cofattori di
enzimi attivanti.)
Le proteine sono la classe di macromolecole in maggiore percentuale (20%) perché le
proteine le troviamo un po' dappertutto con molteplice funzione; i lipidi si presentano
sotto forma di strutture in membrane biologiche(2-3%); i carboidrati (1%); acidi Nucleici
(1%) perché abbiamo una percentuale fissa di DNA, mentre gli RNA vengono trascritti ma
hanno una vita breve, per cui vengono degradati per poi essere nuovamente trascritti, per
cui non si accumulano.
Nel parlare della composizione chimica della cellula possiamo fare una distinzione fra:
- Costituenti intrinseci (lipidi) vanno a formare il 40% rispetto al 100% della struttura
organica.
- Costituenti estrinseci (proteine) che presentano una percentuale certamente maggiore.
Lipidi
Sono insolubili in acqua, comprendono i gliceridi (glicerolo + 1, 2 ,3 molecole di acidi
grassi). Gli acidi grassi sono saturi se il legame è singolo ed è lineare, sono insaturi quando
il legame è doppio e c’è una ripiegatura della struttura.
Possiamo distinguere lipidi:
• Semplici: - monogliceridi (glicerolo + una molecola di acidi grassi)
- digliceridi (glicerolo + 2 molecole di acidi grassi)
- trigliceridi (glicerolo + 3 molecole di acidi grassi)
• Composti: - fosfolipidi, i quali sono simili ai trigliceridi dal punto di vista strutturale,
ma il glicerolo lega 2 molecole di acidi grassi e il terzo carbonio si lega al
gruppo fosfato). Essi hanno una testa idrofila (polare) e 2 code idrofabe
(apolari), sono dunque definiti anfipatici.
- glicolipidi
- sfingolipidi
- steroidi
- steroli
- caratenoidi
Carboidrati
• Monosaccaridi : 5 atomi→ - ribosio
6 atomi→ - glucosio e destrosio
- galattosio
- fruttosio o levulosio
• Oligosaccaridi: disaccaridi→ - saccarosio (glucosio + fruttosio)
- Maltosio (2 di glucosio)
- Lattosio (glucosio + galattosio)
trisaccaridi→ unione di 3 monosaccaridi
tetrasaccaridi→ unione di 4 monosaccaridi
• Polisaccaridi: omopolissacaridi→ - cellulosa ( glucosio)
- glicogeno (glucosio)
eteropolisaccaridi→ - amido (amillosio, amillopectina)
i carboidrati più semplici sono, più solubili saranno: monosaccaridi e oligosaccaridi sono
solubili, i polissaccaridi sono insolubili.
I monosaccaridi sono l’unità più piccole. I polisaccaridi hanno la funzione di: riserva
energetica o strutturale, nel caso della cellulosa.
Acidi nucleici
Sono cellule autonome sia nelle cellule eucariote e sia nelle cellule procariote. Contengono
l’informazione genetica, cioè l’insieme delle istruzioni necessarie alla sintesi delle proteine.
Eucarioti→ DNA e RNA
Procarioti→ DNA e RNA
Virus→ DNA o RNA
Membrana plasmatica
È di natura lipoproteica. È costituita da fosfolipidi che creano lo scheletro (bylayer) e poi si
possono trovare anche colesterolo e glicolipidi.
• Fosfolipidi: molecole anfipatiche formati da una molecola di glicerolo che lega due
catene di acidi grassi ed un gruppo fosfato con la funzione di fare da tramite con la
testa polare idrofile, che contiene un alcol organico (serina, colina, ecc.). La testa è
polare idrofila e la coda è apolare idrofaba grazia alla struttura degli acidi grassi, i
quali conferiscono apolarità alla coda.
➢ trasporti attivi secondari: dipendono dal traporto attivo primario, una volta che il
gradiente c’è, lo si sfrutta per far entrare qualcos’altro. Un esempio è il passaggio
sodio-glucosio: Na+ viene trasportato all’interno secondo gradiente; questo
trasporto produce un’energia che viene sfruttata dal glucosio per essere co-tra-
sportato per simporto contro gradiente.
Si parla di trasporti attivi ogni qualvolta c’è un trasporto contro gradiente di
concentrazione, con dispendio di energia e questo porta al trasporto attivo primario, ma
questo trasporto attivo creerà un gradiente di concentrazione, che verrà utilizzato per
internalizzare altre sostanze, ma questo rientro secondo gradiente, di fatto èun trasporto
attivo secondario perché il gradiente è stato creato con dispendio di energia.
Esempio di trasporto attivo: pompa ionica sodio-potassio (Na+/K+ )
È un co-tra-sporto per antiporto. La pompa ionica è una proteina di trasporto che è
presente a livello di tutte le membrane biologiche, ha il compito di legare
contemporaneamente ioni Na+ e ioni K+ .
Opera in antiporto: è vero che lega due diverse tipologie ioniche, ma le trasporta una
verso l’esterno della cellula, una verso l’interno. Pomperà 3Na+ all’esterno della membrana
plasmatica, 2K+ all’interno della membrana, il tutto mediato dall’atp. L’attività continua
di questa pompa ionica cosa genera una differenza di potenziale e quindi un gradiente di
concentrazione (o creato con un trasporto attivo primario, quindi con dispendio di energia
però il gradiente di concentrazione di suo permette di attraversare la membrana secondo
gradiente di concentrazione, chi sfrutta questo? Il glucosio), perché noi avremo tanti ioni
sodio fuori e tanti potassio dentro, ma la pompa ionica sodio-potassio continuerà a
lavorare imperterrita nonostante si sia venuto a creare il gradiente di concentrazione,
quindi è costretto ad operare un trasporto contro gradiente di concentrazione e con
dispendio energia.
La pompa ionica sodio-potassio opera quindi un trasporto attivo, quindi scinde ATP per
spingere ioni sodio all’esterno della cellula dove sono già altamente concentrati e ioni
potassio all’interno della cellula dove sono già altamente concentrati, quindi opero un
trasporto contro gradiente di concentrazione che necessita di dispendio di energia.
È vero che entrambi gli ioni sono con carica positiva, però 3 li portiamo all’esterno e 2 che
portiamo all’interno, quindi a cavallo della membrana si verrà a instaurare una differenza
di cariche elettriche che vede un accumulo di cariche elettriche positive fuori e un
accumulo di cariche negative dentro, prenderà il nome di potenziale di membrana, il cui
valore è -70/-90 Mv. Se con un elettrodo si calcola questo potenziale che vige a cavallo
della membrana, oscilla tra i -70/-90 Mv, al variare della tipologia cellulare (è alla base
della trasmissione dell’impulso nervoso, quando noi diciamo che il tessuto nervoso, manda
inpulsi nervosi, manda dei segnali che viaggiano lungo la M.P., sarà questo potenziale di
membrana che verrà alterato e si parlerà in quel caso di potenziale d’azione, ma la base è
la potenziale di membrana). Lungo le membrane plasmatiche di ciascuna delle nostre
cellule vige questo disequilibrio di cariche elettriche tra l’interno e l’esterno della cellula
con carica elettriche p. fuori per accumulo di ioni sodio che pompa fuori la pompa ionica
sodio-potassio e accumulo di cariche n. all’interno. Questo disequilibrio lo chiameremo
potenziale di membrana ed è mantenuto da un trasporto attivo operato dalla pompa
ionica sodio-potassio che lavora contro gradiente di concentrazione con dispendio di
energia.
Ci sono diversi passaggi nell’endocitosi mediata da recettore: tutto ciò che la cellula
internalizza per endocitosi, va poi a fondersi con il lisosoma in modo che avvenga la
digestione e venga liberata la sostanza internalizzata. Ma nell’endocitosi mediata
da recettori c’è un passaggio in più.
Situazione di partenza: la membrana plasmatica che presenta i recettori specifici e
la clatrina, nel momento in cui è avvenuto il riconoscimento ligando-recettore ecco
che si comincia a invaginare (la membrana plasmatica). Questa invaginazione è
accellerata dalla presenza di questa clatrina che sul versante citoplasmatico
polimerizza, lega tra loro andando a formare una sorta di struttura a canestro che
tira verso l’interno la vescicola; nel momento in cui questa vescicola si è formata,
vedremo all’esterno della vescicola stessa un manto proteico di clatrina che lo
avvolge fino a far chiudere la vescicola, all’interno vedremo il ligando che è ancora
legato al recettore. Una volta che si forma la vescicola, la clatrina viene eliminata.
Conoscendo la politica della cellula che non consuma niente e non butta via niente, questa
vescicola non può andare incontro così com’è alla lisi, non si può fondere con un lisosoma,
la cellula non si permette il lusso di lisare e quindi perdere i recettori.
Infatti una volta all’esterno della cellula, si viene a formare una vescicola particolare che
prende il nome di Curl (è l’acronimo inglese di comparto, di dissociazione del ligando dal
recettore). Avviene una scissione di questa vescicola in due metà:
- la porzione che contiene i recettori torna alla membrana, si fonde con la membrana
e quindi i recettori di membrana (cioè ripristina questa situazione) vengono di
nuovo esposti e nuovamente legare il ligando.
- La componente che presente il ligando può andare incontro a fusione con il
lisosoma, quindi può andare incontro a digestione.
La clatrina una volta finito il suo compito di accellelare il processo di formazione della
vescicola, la clatrina torna a dissociarsi nelle subunità e torna a ridosso della membrana.
Anche il recettore viene recuperato e torna alla membrana, mentre il ligando si fonde con
il lisosoma e verrà digerito, cioè liberato nel citoplasma per essere utilizzato.
Esempi di ligandi che necessitano di questo tipo di internalizzazione e che sono presenti in
basse ma sono indispensabili per il funzionamento cellulare tanto da richiedere la presenza
di recettori specifici e da richiedere la presenza della clatrina e quindi la dissociazione del
ligando dal recettore per il recupero dei recettori, sono:
- Ferro: senza il Fe l’emoglobina non è in grado di legare l’ossigeno e i nostri globuli rossi
non funzionerebbero, quindi il ferro necessita di essere captato dalla cellula e recuperato,
non può essere eliminato, è un oligoelemento indispensabile
- Colesterolo: quello buono deve essere reinternalizzato, deve essere recuperato dalla
cellula, serve per il corretto funzionamento in tutte le membrane biologiche. Presenta una
struttura chiamata Apo B, (ovvero la porzione che viene riconosciuta dal recettore
specifico della membrana per il colesterolo), per questo Apo B la membrana presenterà dei
recettori specifici; una volta che si ha questo riconoscimento Apo B-recettore si avvierà
l’endocitosi mediata da recettore.
Specializzazioni della membrana
La membrana plasmatica può dar vita a delle specializzazioni che si hanno o a carico delle
membrane laterali, della membrana basale o a carico della superfice libera. Questo accade
nelle cellule che presenteranno una polarità, le cellule epiteliali, poiché quest’ultime
poggeranno sul connettivo sottostante e rivestono sia l’interno che l’esterno di organi.
La porzione apicale guarda l’esterno, guarda le cavità corporee, le superfici libere. Le
parti invece laterali della membrana prendono contatto con le cellule adiacenti.
1. Specializzazioni della porzione libera della membrana: villi, i quali aumentano la
superficie per l’assorbimento si sostanze nel tratto intesinale insieme ai microvilli,
all’orletto striato o orletto a spazzola (quello più comune). Sono sorretti dai
microfilamenti actimi. Esse sono evaginazioni ed estroflessioni della membrana
plasmatica.
2. Specializzazione della superificie basale della membrana: lamina basale, la quale è
una specializzazione del glicocalice.
3. Specializzazioni della porzione laterale della membrana: giunzioni cellulari
La membrana basale è costituita da 3 strati:
- Lamina lucida: è quella a ridosso della cellula, di natura proteica. Composta da tre
proteine: laminina, entactina e integrine.
- Lamina densa: si trova al di sotto della lamina lucida, composta da un reta di fibre
collagene di tipo IV rivestita da proteoglicani. La porzione a contatto con la lamina
reticolare possiede fibronectina.
- Lamina reticolare: composta da fibre collagene di tipo I e III.
Giunzione tipica della porzione basale:
Ribosomi
I ribosomi adesi al RE sono quelli che si occupano di sintetizzare le glicoproteine, perché
all’interno delle cisterne avverà la glicosilazione.
Il ribosoma che lega la molecola di RNA messaggero e inizia la sintesi proteica, sa se quella
proteina deve essere internalizzata nella cisterna del RER o deve essere lasciata libera nel
citoplasma tramite una sequenza segnale. Quando le proteine devono essere glicosilate, il
trascritto, quindi l’RNA messsaggero porta un primo pezzetto di informazione che porta alla
sintesi del cosiddetto peptide segnale, cioè un pezzetto di proteina che fa capire al ribosoma
che la proteina stessa si deve legare ai recettori presenti sulle membrane delle cisterne del
RER. Se questo piccolo segnale c’è, allora il ribosoma capisce che quella proteina deve essere
glicosilata e quindi il ribosoma aderisce al RE, sulla membrane delle cisterne ci saranno
presente dei recettori per questo peptide segnale, avvenuto il riconoscimento, la proteina (che
il nostro ribosoma sta sintetizzando) verrà trasferita all’interno delle cisterne del RER, una
volta all’interno si avvia il processo di glicosilazione; quindi la proteine non sarà una proteina
semplice, ma una proteina glicosilata, con la presenza di residui glucidici.
Se il peptide segnale non c’è, significa che la proteina deve rimanere nel citoplasma, è una
proteina semplice perché è costituita in maniere pura ed esclusiva da amminoacidi; quindi
non aderisce al RE, resta nel citoplasma, termina la sintesi, libera la proteina.
Gli attori di questo processo di sintesi sono i ribosomi.
I ribosomi sono formati da proteine e RNA ribosomiale.
Sono presenti sia nelle cellule eucariote e sia in quelle procariote:
Eucarioti
Luogo d’origine→nucleolo, piccolo addensamento all’interno del nucleo.
I ribosomo negli eucarioti si possono trovare liberi nel citoplasma, aggregati a formare i
polisomi (più ribosomi uniti tra loro) e associati alla membrana del RE.
Procarioti
Luogo d’origine→ a livello del nucloide, genoforo.
I ribosomi nei procarioti li troviamo liberi nel citoplasma, associati a leggere la stessa
molecola di RNA messaggero prima di formare i polisomi.
I procarioti non hanno il REG, quindi i ribosomi vengono associati alla membrana plasmatica (
l’unica membrana che hanno l’utilizzano sia per far aderire i ribosomi, sia per formare atp, i
procarioti non avranno mitocrondi).
Differenze ribosomi dei procarioti e ribosomi degli eucarioti
Le differenze sono in termini di unità di sedimentazione, unità svedberg. Le differenze
dipendono dal tipo di RNA ribosomiale che entra nella composizione chimica e dal numero di
proteine associate.
- Nei procarioti abbiamo un ribosoma intero che è chiamato 70s (svedberg) che invece
vede dissociate le due subunità come una 50s e una 30s. S sta per svedberg, dal
ricercatore che ha studiato questa cosa, ha studiato in quanto tempo le nostre subunità
ribosomiali vanno a sedimentare sul fondo. La cosa particolare che venne fuori è che se
si lasciano sedimentare le singole subunità, la maggiore sedimenta il 50s, la minore il
30s, quindi ci si aspettava che assieme sedimentassero 80s… invece quando sono unite
sedimentano il 70s, quindi più rapidamente. Questo perché quando le due subunità
sono unite assieme, creano meno impedimento sterico, quindi creano meno attrito
durante la sedimentazione e vanno giù rapidamente.
- Negli eucarioti abbiamo un ribosoma intero chiamato 80s, dato dall’insieme di due
subunita: la maggiore 60s e la minore 40s. Insieme risulterebbe 100s, invece quando le
due subunità sono unite sedimentano più rapidamente ancora una volta perché danno
meno attrito e quindi sedimentano in 80s.
Questi diversi pesi e questi diversi tempi di sedimentazione vanno attribuiti alla composizione
chimica.
Composizione chimica
- Nei procarioti troviamo per la subunità maggiore 2 molecole di RNA ribosomiale. 49
proteine circa
- Negli eucarioti troviamo per la subunità maggiore 3 molecole di RNA ribosomiale.
34 proteine circa.
Nei procarioti non c’è una differenza spaziale e temporale tra la trascrizione e la sintesi
proteici, perché mano mano che avviene la trascrizione , avviene anche la sintesi proteica,
avvengono contemporaneamente, non ci sono compartimentazioni. Al centro abbiamo la
molecola di DNA, mano mano che viene trascritta, contemporaneamente i ribosomi si
legano per la sintesi proteica. Avvengono contestualmente per 2 motivi: 1. Non c’è nucleo
e quindi non c’è una separazione fisica. 2. Non esistono introni nel genoma batterico e
quindi non si deve andare nell’RNA messaggero, è già maturo in seguito al processo di
trascrizione.
Negli eucarioti il processo di trascrizione avviene nel nucleo, una volta terminata la
trascrizione è necessaria la maturazione del nostro RNA, il quale è di nuova sintesi, è
chiamiamo RNA eterogeneo perché costituito da entroni ed esoni; quindi verranno rimossi
gli entroni, verranno risaldati assieme gli esoni, verrà aggiunta la coda poli(a) e il cappuccio
dall’altra parte; solo a questo punto l’RNA messaggero maturo può uscire dal nucleo e
passare nel citoplasma dove avverrà la sintesi proteica.Quindi la trascrizione è circoscritta
al nucleo, avviene temporalmente prima e spazialmente nel nucleo , la sintesi proteica
avviene dopo la traslocazione del nostro RNA messaggero maturo e nel citoplasma.
Differenza in termini di tempo e sede.
I ribosomi dal punto di vista strutturale:
sono formati da 2 subunità: una subunità minore e una subunità maggiore. Queste due
subunità risulteranno associate a formare il ribosoma intero solo durante il processo di
sintesi proteica, solo quando devono leggere il filamento di Mrna, terminata la loro
frazione di lettura e sintesi proteica, le subunità si dissociano.
Tra le due subunità c’è un alloggiamento per il filamento di Mrna che prende il nome di
solco, perché è lì che si deve posizionare il filamento di mRNA perché non venga
schiacciato quando le due subunità si ricongiungono.
Una volta trascritto, l’ mRNA non ha vita lunga, ha una vita molto breve, infatti prima che
l’mRNA passi nel citoplasma, per proteggersi dalla degradazione, alle due estremità
aggancia a un’estremità un cappuccio e nell’estremità opposta una coda poli(a). Aggiunge
tante delinee perché una volta che passa nel citoplasma, è immediatamente oggetto di
attacchi enzimatici, quindi queste due estremità ‘’proteiche’’ danno il tempo al ribosoma di
leggere l’informazione e sintetizzare la proteine.
Più ribosomi possono leggere la stessa molecola di RNA messaggero in modo da
sintetizzare più copie della proteina, sfruttando lo stesso messaggio. Ma non tutti i
ribosomi insieme, quindi uno si lega e parte con la sintesi, nel momento in cui quel
ribosoma libera il codone d’inizio AUG, ecco che ne può arrivare un altro ribosoma e
comincia da quel punto in poi la sintesi, quando questo si allontana e libera il codone di
inizio, e può arrivare un altro ribosoma, quindi il risultato sarà quello di avere una molecola
di RNA messaggero che vede in punti diversi legati più ribosomi, questa struttura di un
unico filamento di RNA con più ribosomi adesi, prende il nome di polisoma (più corpi sulla
stessa molecola di RNA).
Sintesi proteica o traduzione
Gli attori sono: mRNA , ribosoma, tRNA → struttura a quadrifoglio: uno stelo accettore e la
presenza di 3 anse. Stello accettore: lega l’amminoacido. Ansa dell’anticode serve a legarsi
al codone dell’Mrna maturo. All’interno del ribosoma si trovano due siti:
- un sito A sta per sito ‘’amminoacidico’’, è il sito esposto, quello di nuova lettura;
cioè il ribosoma lega il codone, arriva il tRNA verifica che sia quello giusto il codone,
se è giusto il ribosoma si lega e avanza; quindi legge un nuovo codone, quindi
espone un nuovo sito A cioè quello che aspetta l’amminoacido nuovo;
nel momento in cui Il tRNA arriva col suo anti codone e verifica che ci sia
complementarietà col codone esposto, si lega il tRNA e il ribosoma farà un nuovo
passo e leggerà un nuovo codone. Tra le due molecole di tRNA che c’erano già
legate avviene il legami peptidico tra i due amminoacidi adiacenti.
Quando il ribosoma avanza di un nuovo codone, succede che il tRNA che occupava
il sito A, passerà al sito P, quello che occupava il sito P verrà eliminato libero,
scarico. Sarà l’ultimo tRNA a farsi carico di entrambi gli amminoacidi preceduti, e
andrà ad occupare il sito P, perché P sta per ‘’peptidico’’, vuol dire che è il sito
dove c’è il tRNA che si porta tutta la catena proteica che si è fino a quel momento
formata (non l’amminoacido singolo che è appena arrivato), che si è formata per
formazione peptidico tra amminoacidi.
Come si fa a sapere che l’RNA di trasporto che sta arrivando porte l’amminoacido giusto?
Perché c’è complementarietà tra il codone dell’RNA messaggero (AUG) e l’anticode
(UAG).
- Se questa complementarietà non c’è, l’RNA transfert si allontanerà e il ribosoma
resta fermo finchè non arriva quello giusto.
- Se c’è questa complementarietà allora stanno trasportando l’amminoacido giusto,
l’RNA transfert forma il legame anti-codone e si ferma, il ribosoma avanza per
andare a leggere il codone successivo.
Nel momento in cui espone il codone successivo, il meccanismo di riconoscimento sarà
identico, quindi si avvicina una nuova molecola di RNA transfert, verifica la
complementarietà codone-anticodone, se c’è ecco che si avvia la sintesi delle proteine
perché troveremo legati 2 RNA transfert con 2 amminoacidi vicini.
Tra gli amminoacidi affinchè si formi la proteina, si formerà un legame peptidico, quindi
si avvia l’allungamento della catena, che si allunga leggendo codone dopo codone e
aggiungendo amminoacido dopo amminoacido per tutta la catena.
Chi si farà carico della proteina?
A farsi carico della proteina è sempre l’ultima molecola di RNA transfert che si tiene il
suo amminoacido e quelli precedenti e così via fino al suo termina.
Complesso del Golgi
Si trova subito dopo RE, si occupa smistare i prodotti di sintesi, quindi:
- Stazione intermedia nel trasporto di prodotti di secrezione proteica: vengono
sintetizzati nel REG, arrivano nel Golgi tramite vescicole, dal golgi vengono smistati
all’interno di vescicole che vanno alla membrana plasmatica per rimanere come
glicoproteine, o all’esterno della membrana quindi con prodotti di esocitosi oppure
possono rimanere nel citoplasma come lisosomi.
- Sede di elaborazione di alcuni polisaccaridi, glicosaminoglicani.
- Sede di associazione della componenti carboidratica con proteine: questo è perché
va a ultimare il processo di glicosilazione che si è avviato nel REG.
- Sintesi ed escrezione della cellulosa e pectina.
- Sintesi polisaccaridi e proteoglicani della sostanza fondamentale.
- Sede di formazione di acrosoma (grossa vescicola che contiene enzimi litici).
L’apparato del golgi si divide in 3 regioni:
- Porzione cis: è la faccia rivolta verso i RE, quindi è la faccia che accoglie le vescicole
dal RER.
- Porzione intermedia
- Porzione trans: quella che guarda la membrana plasmatica, è la zona in cui le
vescicolesi separano e si dirigono ai loro distretti.
Continuità del traffico vescicolare
Ha inizio nel REG, da dove si staccano le vescicole che arrivano alla faccia cis del Golgi ,
arrivano nell’ultima faccia e da qui seguono le 3 direzioni.
Esistono però due teorie sulla progressione dei prodotti:
- modello di trasporto mediato da vescicole, MODELLO ACCREDITATO.
- progressione delle cisterne: si ipotizza che tutte le vescicole in arrivo dal REG, si
fondano tutte assieme per andare a formare la faccia cis dell’apparato del golgi, e
che siano le intere cisterne ad avanzare fino poi a gemmare, a frammentarsi in
vescicole per andare incontro a esocitosi. Ad ogni nuovo arrivo di vescicole dal REG,
queste si fondono e formano una nuova faccia cis, che spinge su, fa progredire le
cisterne preesistenti.
L’apparato del Golgi è centro di smistamento, smista verso 3 direzioni perché:
- o produce enzimi litici che restano sotto forma di lisosomi nel citoplasma
- o produce proteine di membrana, le glicoproteine con attività recettoriale che
vanno e restano nella membrana
- o sono prodotti di secrezione che vanno per esocitosi fuori.
Mentre i prodotti di secrezione e le glicoproteine di membrana fuoriescono maturi dalla
faccia trans, gli enzimi litici fuoriescono già maturi come lisosomi dalla faccia cis. È l’unica
eccezione, perché si organizza quell’ambiente fortemente acido che serve per la
funzionalità dei lisosomi già nella faccia cis, quindi la progressione nelle altre facce
porterebbe alla digestione dello stesso apparato del Golgi, quindi si maturano e i lisosomi
fuoriescono come tali dalla faccia cis.
Forme varie di secrezione proteica
Secrezione costitutiva: la secrezione avviene subito dopo la formazione delle vescicole.
Costitutiva perché avviene in maniera continua e senza controllo (cioè la cellula
costantemente sintetizza la proteina, questa viene glicosilata, passa nell’apparato del golgi,
vescicole e viene smistata.).
Secrezione regolata: quando il prodotto di secrezione (una volta sintetizzato, una volta
glicosilato, una volta modificato e smistato) viene accumulato nelle vescicole a ridosso
della membrana in attesa che arrivi l’input per il rilascio. Esempio negli ormoni, nei
neutrasmettitori a livello delle cellule nervose.
Mitocondri
Sono definiti tipici della respirazione cellulare, sono semiautonomi, sono gli unici organuli
delimitati da una doppia membrana.
Composizione lipoproteica
Proteine (65-70%) si dividono in:
- proteine strutturali: tipiche della struttura delle membrane biologiche.
- enzimi: sono sedi del metabolismo cellulare, è lì che avvengono le trasformazioni, è
lì che avvengono quelle reazioni che porteranno alla produzione di ATP e perlopiù
tutte le reazioni sono catalizzate da enzimi.
Lipidi si suddividono in:
- Fosfolipidi: costituiscono l’ossatura delle membrane plasmatiche
- Colesterolo: si infila tra le code idrofobe di questi fosfolipidi per mantenerne la
struttura fluida.
Nucleotidi
- DNA- RNA: presenza di un DNA MITOCONDRIALE che rende la vita del mitocondrio
semiautonoma. Sono in grado di utilizzare il proprio genoma per avere informazioni
utili per le proteine e per gli enzimi che si trovano a livello mitocondriale.
Pecularietà: la molecola di DNA è circolare (esso si spiega dall’origine del
mitocondrio→ teoria endosimbiontica).
Sono in grado di dividersi autonomamente rispetto alla cellula che li ospita, si
dividono indipendentemente dalla divisione cellulare, si dividono se serve un
maggior quantitativo di energia. Aumentano il loro numero in maniera funzionale.
Definiti a vita semiautonoma, quindi le informazioni contenute nella molecola di DNA
circolare, non sono sufficienti per tutte le proteine per tutti gli enzimi che servono a livello
mitocondriale. Il mitocondrio non vive come un’isola felice all’interno della cellula, ma
deve interagire con il resto della cellula. Dipende dal nucleo la sintesi di parte di proteine
che poi dovranno operare all’interno del mitocondrio, non è del tutto autonomo, deve
comunque sottostare al regime che vige all’interno della cellula.
ATP e ADP: rispettivamente la molecola energetica per eccellenza della cellula e la
forma che viene come risultato della scissione di ATP.
- NAD e FAD: trasportatori di elettroni che vengono liberati durante le varie reazioni
metaboliche della respirazione cellulare. Il NAD esiste in due forme: il NAD+
(ossidato, quando privo di elettroni) e NADH (ridotto, quando ha legato gli
elettroni). Il FAD esiste in due forme: FAD (ossidato) e FADH2 (ridotto).
- Ioni
Morfologia mitocondrio
Per studiare i mitocondri è già sufficiente il microscopio ottico perché sono organuli
voluminosi che sono visibili.
Sono delimitati da una doppia membrana che però non hanno decorso parallelo:
una membrana esterna che circoscrive il mitocondrio e una membrana interna in cui vi è il
dna circolare, i ribosomi e si ripiega a formare le creste mitocondriali (dove ci sono i
complessi di atp sintetasi). Questa membrana interna delimita a sua volta una cavità
interna del mitocondrio che prenderà il nome di camera mitocondriale interna pom
matrice mitocondriale (dna circolare, ribosomi, avviene la sintesi proteica)
Tra la membrana esterna e la membrana interna vi è uno spazio che prende il nome di
spazio intermembrana o camera esterna (è funzionale).
Quando la membrana ha bisogno di aumentare la superficie dal punto di vista funzionale,
operativo, fisiologico, crea delle espansioni chiamate creste (come accade nei villi).
L’ultima tappa della respirazione aerobica che è quella della fosforilazione ossidativa che
porta alla produzione dell’atp, avviene lungo la membrana mitocondriale interna, quindi il
mitocondrio per poter produrre più energia possibile deve creare più spazio lungo la sua
membrana mitocondriale interna in modo che lì si possano posizionare gli enzimi che
operano in questa tappa.
I mitocondri non hanno una forma predeterminata, ma sono degli organuli abbastanza
versatili anche dal punto di vista morfologico. Quindi la morfologia del mitocondrio varia al
variare delle cellule e varia al variare dell’organismo modello. Ha una forma cilindrica, più
tondeggiante. Varia dal tipo cellulare e dalla funzionalità.
Sono definiti a vita semiautonoma non solo perché sono in grado di utilizzare il proprio
genoma per avere informazioni utili per le proteine e per gli enzimi mitocondriali, ma
perché sono in grado di dividersi autonomamente rispetto alla cellula che li ospita, si
dividono indipendentemente dalla divisione cellulare, si dividono se serve un maggior
quantitativo di energia. Aumentano il loro numero in maniera funzionale.
Lungo le creste mitocondriali ci saranno i citocromi, i quali sono complessi proteici che
hanno il compito di operare la catena di trasporto degli elettroni.
Ma cosa determinerà la produzione di atp? Chi si occupa fisicamente di agganciare un
gruppo fosfato all’adp, e creare ATP? Il complesso di ATP sintetasi, definito complesso
perché costituito da due porzioni: una porzione chiamata FO e una porzione chiamata F1,
l’insieme di queste due porzioni costituiscono il complesso enzimatico chiamato atp
sintetasi.
Rapporto tra cellula vegetale e cellula animale
Nel mitocondrio si completa la respirazione aerobica, se invece un organismo fa
respirazione anaerobica, il mitocondrio non viene coinvolto proprio. Perché un
mitocondrio possa funzionare è necessario che qualcuno fornisca una fonte di energia, il
glucosio, è la fonte immediata di energia perché si scinde velocemente e produce energia.
Il glucosio quindi deve essere scisso per portare nell’ultima tappa alla produzione di ATP.
Chi si occupa di produrre il glucosio?
Il catalizzatore che avvia la fotosintesi è la luce.
Mentre le cellule vegetali questo ciclo lo iniziano e lo finiscono, quindi sono autonome,
l’organismo animale mancano della prima parte, devono introdurre il glucosio con
l’alimentazione.
Funzioni cellulari che richiedono energia
L’atp è indispensabili per tutti i processi metabolici cellulari. L’atp che viene prodotta nel
mitocondrio e servirà per:
- la contrazione muscolare, per la motilità
- per la biosintesi di sostanze cellulari (ogni qual volta è richiesta una trasformazione
enzimatica, gli enzimi necessitano di energia)
- trasporto attivo (con dispendio di energia)
- Trasmissione degli impulsi
- bioluminescenza
Dopo che l’ATP è stata utilizzata resta l’ADP (l’adenosina di fosfato), un nucleotide privato
di un gruppo fosfato.
Il mitocondrio sarà in grado di ricaricare questa molecola di ADP agganciandogli un gruppo
fosfato, quindi rigenera l’ATP che servirà nuovamente per tutti i processi metabolici.
L’ATP (l’adenina trifosfato) è un nucleotide, formata da una molecola di zucchero, dalla
base azotata e 3 gruppi fosfato. È un processo continuo, quindi: ATP viene prodotta, ATP
viene scissa, quindi si riproduce ATP difosfato inorganico, si ricomincia col ciclo, quindi si
riproduce, si scinde e così via.
La cellula non si ferma mai, quindi per mantere tutte le sue normali funzioni necessita
costantemente di energia.
Il mitocondrio però non può incamerare ATP, non funge da batteria. Esso produce e
rilascia. Non è un accumulatore di energia. La produce a richiesta, quindi se ne serve di più
si dividono e fanno fronte alla richiesta energetica.
Tappe respirazione aerobica
- Glicolisi: avviene nel citoplasma. Tutte le cellule anaerobiche e aerobiche fanno
glicolisi.
C6H12O6+2NAD+→ 2C3H4O3+2NADH+2ATP
È la prima tappa, coincide con la scissione del glucosio fino ad ottenere 2 molecole
di piruvato. Il NAD+ si riduce in NADH. Il NADH (un primo trasportatore che si farà
carico di protoni per la catena di trasporto).
Le due molecole di ATP in realtà erano 4, ma 2 vengono impiegati nella glicolisi,
quindi la resa netta è di 2 molecole di atp.
- Decarbossilazione ossidativa: avviene nella membrana plasmatica del mitocondrio.
Viene eliminata una molecola di CO2 dal piruvato. Per cui da C3H4O3→ C2H3O
(gruppo acetile). Una volta formatosi il gruppo acetile, esso viene ossidato
aggiungendogli una molecola di coenzima-A. Si forma l’ACETIL-CoA.
La decarbossilazione serve per far entrare questo composto nella membrana
interna del mitocondrio, cosa che il piruvato non sarebbe riuscito a fare.
- Ciclo di Krebs (noto anche come ciclo dell’acido citrico o ciclo degli acidi
tricarbossilici). Avviene nella membrana interna del mitocondrio.
L’acetil-CoA reagisce con l’acido ossalacetico portando alla formazione dell’acido
citrico e da qui una serie di traformazioni che portano alla formazione di altro acido
ossalacetico. Ecco perché ciclo di krebs perché la stessa molecola che avevamo in
partenza, riavremo alla fine. Due giri nel ciclo di Krebs! Sono due le molecole di
acetil-CoA. Da ogni ciclo:
- 3 NAD+ → NADH - 6 NADH
- 1 FADH2 - 2 FADH2
- 1 ATP - 2 ATP
- 2 CO2 - 4 CO2
- Catena di trasporto degli elettroni, ultima tappa fondamentale affinchè avvenga la
fosforilazione ossidativa: avviene nelle creste mitocondriali. Dal ciclo di Krebs
verranno fuori NADH e FADH, i quali una volta che si sono fatti carico di protoni ed
elettroni, si devono scaricare cedendo il carico (protoni e elettroni) ai citocromi
(complessi proteici che si trovano lungo la membrana mitocondriale interna ).
Questi citocromi accettano solo gli elettroni, i quali passano di mano in mano fino
all’accettore ultimo che termina questa catena di trasporto, ovvero l’ossigeno
(stiamo parlando di respirazione aerobica). L’ossigeno quindi serve per prendersi gli
elettroni, toglierli dal circolo, legare protoni e formare acqua.
Dato che i citocromi non accettano i protoni, fanno da ponte tra la camera interna e
la camera esterna, i protoni che non li vogliono li spingono verso lo spazio
intermembrana. Si forma così un gradiente protonico. In questo caso si occuperà
l’ATP sintetasi, formata da due porzioni: una porzione FO che funge da canale e
garantisce il rientro e la porzione F1 recupera l’energia che si libera dal rientro in fila
di tutti i protoni per legare il fosfato inorganico all’adp (come un tornello agli
ingressi del supermercato, che costringe le persone a passare da lì, se questo
tornello avesse collegato un accumulatore di energia, accumulerebbe energia, la
stessa cosa fa l’atp sintentasi, dal momento che i protoni crearo un gradiente, sono
obbligati a rientrare attraverso FO, sono tutti messi l’ in fila quindi rientrano tutti
forzatamente attraverso FO. F1 non fa altro che ruotare e accumulare energia,
questa energia che si libera dal dissipazione del gradiente protonico, è l’energia
sufficiente per legare il gruppo fosfato all’adp, dalla dissipazione del rientro
protonico si libera l’energia che F1 usa per legare il gruppo fosfato all’adp e
produrre atp ), a far entrare i protoni.
Differenza morfologica tra un mitocondrio a riposo e un mitocondrio operativo
Mitocondrio operarivo (forma condensata): i mitocondri assumano questa forma quando
nello spazio intermembrna vi è un’alta concentrazione di ioni H+ che determinano un ph
fortemente acido nel quale gli organuli, come nel caso del mitocondrio, non possono
vivere. (eccetto i lisosomi). Per cui il mitocondrio richiama l’acqua dall’esterno (per evitare
appunto di non digerirsi in presenza di questo ph acido, in questa maniera l’acqua dilusice i
protoni), ma questo richiamo dell’acqua nello spazio intermembrana dilata e schiaccia la
matrice. Quando il mitocondrio si trova in questa forma la porzione F1 protude dalla
membrana, questo non è altro che l’effetto dello schock osmotico.
Mitocondrio a riposo (forma ortodossa): Quando invece tutto è sereno, quando la matrice
torna ad avere il suo spazio e viene ridimensionato quello che è lo spazio intermembrana.
I mitocondri si posizionano nei muscoli scheletrici, in modo sistemati, impilati perché sono già
pronti a poter fornire energia alla contrazione della nostra fibra muscolare.
Quando il mitocondrio è a riposo, la porzione F1 non fuoriesce dalla membrana, non protrude
dalla membrana. Il complesso ATPsintetasi è posizionato nello spessore della membrana
mitocondriale interna.
Bilancio energetico della respirazione aerobica
GLICOLISI→ 2 ATP 8ATP
2 NADH → 6ATP
DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA→ 2NADH → 6ATP 6ATP
CICLO DI KREBS→ 6 NADH → 18 ATP
2 ATP 24 ATP= 38 ATP
2 FAH2 → 4ATP
Diventano 36 ATP perché due vengono impiegati per far entrare il NADH, sviluppato dalla
glicolisi, nel citoplasma ad entrare nel mitocondrio.
Altre due perché si considera 1 NADH = 2,5; 1 FADH 2 = 1, 5.
le cellule che fanno meccanismo anaerobico non si possono fermare all’acido critico? Quando
Citoscheletro
Il citoscheltro è una rete tridimensionale fatta da proteine che ha il compito di creare
un’impalcatura altamente dinamica in grado di mantenere ordinate all’interno del
citoplasma cellulare organuli e sistemi membranosi. È definita come un’impalcatura
altamente dinamica proprio perché alcune componenti del citoscheletro si possono
organizzare e disorganizzare al bisogno.
Funzioni:
- Tridimensionalità delle cellule
- Dividere il citoplasma e localizzare gli organelli
- Movimento vescicolare
- Movimento cellulare
- Ruolo essenziale nella divisione cellulare
Le componenti che costituiscono il citoscheletro:
• Filamenti intermedi: rappresentano l’unica componenti stabile del citoscheletro.
Costituite da proteine già filamentose, per cui non vanno incontro a questo
processo di assemblaggio e disassemblahgio. Per andare a costituire questi filamenti
intermedi, queste proteine si dovranno associare tra loro per dare degli intrecci e
delle corde sempre più resistenti; però non parliamo di monomeri globulari, ma
parliamo di proteine stabili. Non subiranno processi di polimerizzazione e
depolimerizzazione. Diametro 8-12 nm.
La struttura del citoscheletro è dinamica perché i microtubuli e i microfilamenti
polimerizzano e depolimerizzano costantemente.
Microtubuli
- Vi è un flusso in entrata e in uscita ai due bordi del microtubulo.
- Si presenta come una struttura cava, costituita dalla proteina tubulina. Saranno
coinvolte due tipi di esoforme nella costituzione del microtubulo: alfa tubulina e
beta tubulina.
- Affinchè si formi un filamento non si legano a caso alfa e beta tubulina, ma un
monomero alfa si deve legare a un monomero beta per formare un dimero.
- Dal momento in cui i due monomeri sono di natura diversa, si parlerà di
eterodimero.
- L’associazione di eterodimeri porterà alla formazione di un filamento che prende il
nome di un protofilamento . Nell’andare a formare il protofilamento, non si
associano i singoli monomeri di tubulina, ma si legano i dimeri. Quindi alfa-beta
forma un eterodimero.
- 13 protofilamenti affiancati l’uno all’altro, sono sufficienti a circolarizzare e quindi a
formare il nostro microtubulo cavo, al cui interno è vuoto.
- Mentre il fine ultimo del mitocondrio era la produzione di atp, qui interviene un
altro nucleotide per dare energia, il guanosintrifosfato o GTP. L’energia che serve
per formare i legami tra gli eterodimeri e per formare i protofilamenti che servono a
formare il nostro microtubulo, vengono dal GTP.
- Nel momento in cui i 13 protofilamenti sono tutti pronti e disponibili, inizia questo
processo di chiusura per avere il nostro microtubulo cavo. Presenta due estremità
che chiameremo (+) e (–) perché ad un’estremità è più rapida la velocità di
aggancio, quindi la velocità di crescita, è da questa direzione che si allungherà il
nostro microtubulo, mentre l’altra è definita meno perché è maggiore la velocità di
distacco. Quindi in una direzione si allunga e nell’altra si accorcia, in un equilibrio
dinamico perché la dimensione è costante. Il microtubulo è una struttura instabile
perché gli eterodimeri continueranno ad aggiungersi ad una estremità e a staccarsi
all’estremità opposta e si crea quindi una situazione di equilibrio.
Esempio struttura instabile di microtubuli
- fuso mitotico: al momento della divisione cellulare si forma il fuso mitotico con
l’obbiettivo di legare i cinetocori e quindi trainare ai poli opposti della cellula i
cromatidi fratelli o cromosomi nel caso della meiosi I.
Alla fine il fuso mitotico sparisce, il fuso mitotico è un esempio di struttura
microtubulare.
- binari molecolari: a livello cellulare, i binari sono fatti da microtubuli. Ogni qual
volta che pensiamo al traffico di vescicole (che si spostano nella cellula), non
dobbiamo pensare ad un traffico che va a caso, ma ci sono dei binari che indicano la
strada, che fanno seguire i percorsi. I binari sono costituiti da microtubuli.
- cellula flagellata umana→ spermatozoo, è un struttura microtubulare che è
indispensabile per la mobilità e deve necessariamente essere costantemente
presente, dal momento che la sua struttura interna è sorretta da microtubuli
instabili per natura, l’unico modo per stabilizzarli è associargli proteine
stabilizzatrici, le proteine maps (map è l’acronimo di proteine associati ai
microtubuli), sono le proteine che stabilizzano l’estremità del microtubulo.
• Centrosoma: è localizzato vicino al nucleo cellulare, è il punto di origine dei
microtubuli. Da esso i microtubuli si estendono a raggiera verso la periferia.
Regola la polimerizzazione dei microtubuli, gestisce l’organizzazione dei microtubuli.
Il centrosoma è costituito da 2 centrioli (2 centrioli disposto l’uno perpendicolare
all’altro formano il cosiddetto centrosoma ).
Un centriolo è formato dall’associazione di 9 triplette di microtubuli.
I centrioli si duplicano prima della divisione cellulare e migrano ai poli opposti della
cellula.
Nel momento in cui la cellula è pronta a dividersi, lo troveremo duplicato, in modo
che un centrosoma si porti ad un’estremità della cellule, l’altro centrosoma
all’estremità apposta. È a partire da questi centrosomi che si avvierà il processo di
formazione del fuso mitotico.
• Centrioli: sono esempio di microtubuli stabili, ciò significa che a questi microtubuli
si sono andati ad associare le proteine maps, che inibiscono polimerizzazione e
depolimerizzazione.
I centrioli sono formati da 9 triplette di microtubuli non completi.
Nella tripletta dei microtubuli che vanno a costituire il centriolo, avremo: un
microtubulo completo (formato da 13 protofilamenti) e altri due microtubuli
incompleti che si saldano sul precedente.
I microtubuli li possiamo trovare :
- nella cellula nervosa, i neuroni che si svilupperà lungo l’assone, lungo il dendrite da
questa struttura fatta da microtubuli e servirà al traffico di informazioni.
- in una cellula in divisione li troveremo associati principalmente al fuso mitotico che
si dirama dai centrioli e quindi dal centrosoma con l’obiettivo di raggiungere il
centro della cellula dove deve necessariamente staccare e portare ai poli opposti i
cromatidi.
- una cellula epiteliale o cigliata, che sorregge quelle che sono proprio le ciglia.
- in una cellula ciliata: le vie aree dell’apparato respiratorio, le ciglia in questo caso
servono a filtrare l’aria, trattenere se c’è particolato e quindi poi provvedere
all’espulsione di uno stranuto.
- globulo rosso: esso mantiene la sua forma perché c’è questa rete tridimensionale
che gli dà sostegno.
• Ciglia e flagelli: sono formati da 9 coppie di microtubuli periferici + una coppia di
microtubuli centrale. Questa è la struttura di sostegno interno di ciglia e flagelli che
prende il nome di assonema o struttura a ruota di carro.
Struttura 9 + 2 perché mentre le 9 coppie periferiche sono costituite da un
microtubulo completo e uno incompleto che gli si addossa per completarsi, quelli
centrali entrambi completi. Quindi per far risaltare questa differenza si chiama
struttura 9 coppie + 2 microtubuli centrali.
Nella struttura basale di ciglia e flagelli troveremo solo ed esclusivamente
l’organizzazione la struttura tipica dei centrioli (9 triplette di microtubuli non
completi); nella parte libera troviamo la tipica struttura a ruota di carro o
assonema (9+2).
La struttura basale è la parte interna al citoplasma cellulare, ciglia e flagelli sporgono
dalla cellula, come un estroflessione citoplasmatica, il citoplasma che si estroflette è
spinto dai microtubuli che stanno polimerizzando. Chi lo dice ai microtubuli di
polimerizzare? Il centriolo.
Movimento a frusta
Tanto ciglia quanto flagelli devono compiere il movimento di flessione perché
devono permettere il movimento della cellula, perché devono filtrare, devono
spingere roba, devono quindi creare questo movimento a frusta; in questa struttura
a ruota di carro 9+2 ci deve essere una connessione, i microtubuli non possono
essere liberi per i fatti loro, ma devono essere collegati fra loro, a collegarli si
occupano delle proteine:
- i ponti di nexina → collegano tutti i microtubuli tra di loro, collegano le 9 coppie di
microtubuli periferiche con la coppia centrale
- proteina motrice e ATPasica (ovvero la dineina) → è in grado di legare e scindere
ATP, per fornire energia per il movimento.
Modalità movimento ciglia e flagelli
Movimento a frusta: è caratterizzato da una fase di spinta e quindi dopo la fase di recupero. È
il movimento tipico: carica e torna indietro. La carica è garantita dalla dineina che scinde l’atp,
mentre la fase di ritorno indietro è passiva. Questo continuo movimento di carica e di ritorno
crea un continuo flusso di aria nelle vie aree.
Nel momento in cui questo movimento avviene, quindi quando le ciglia vanno a flettersi, la
flessione riguarda i microtubuli che ci sono all’interno, ecco perché la necessità che la struttura
a ruota di carro 9+2 sia ancorata. Cosa serviva per ancorare? La proteina nexina, che formava
quei ponti in modo che tutta la struttura si comporti in maniera uniforme, cioè rimane come
una struttura integra, unitaria e non si disgreghi quando ci sono questi movimenti.
Microfilamenti
- Costituiti da proteine glubulari che si assemblano per polimerizzare. Il monomero
che va a formale il microfilamento è l’actina. L’actina esiste in 2 forme: actina G
(globulare) che associandosi va a costituire l’actina F (filamentosa).
Altamente dinamici come i microtubuli.
Fasi polimerizzazione dei microfilamenti:
1. attivazione del monomero di actina G, una volta che i monomeri vengono
attivati…
2. nucleazione, si uniscono a formare un piccolo core (3\4 monomeri di actine
unita tra loro).
3. allungamento: si aggiungono altri monomeri di actina G per allungare il
microfilamento actimico.
Questi passaggi iniziali servono perché l’actina G non polimerizza
spontaneamente.
- La polimerizzazione dal punto di vista energetico è sostenuta dall’ATP (l’eccezione è
rappresentata dai microtubuli che come fonte di energia utilizzavano la GTP.). è
l’atp che va a regolare tutto questo processo di aggancio di nuovi monomeri.
- Anche nei filamenti actimi (come per i microtubli) si vengono a creare l’estremità
instabii. Presentano un’estremità dov’è più rapida la velocità di aggancio di nuovi
monomeri di actina (+) e un’altra estremità in cui è più rapida la velocità di distacco
dei monomeri (-), tutto questo sempre in un equilibrio dinamico.
Strutture di microfilamenti actimici (che così come i microtubuli si forma quando è
necessario e sparisce subito dopo):
• Citodieresi: una volta che il fuso mitotico ha finito il suo compito e ha separato
quelli che sono i cromosomi (se in meiosi) o i cromatidi (se in mitosi), avviene la
divisione delle due cellule figlie, si dividono grazie al coinvolgimento di una
struttura proteica che piano piano strozza la membrana plasmatica fino a dividere
le due cellule figlie, questa struttura è un anello contrattile fatto da microfilamenti
actmici.
Quindi vediamo che polimerizza questo filamento actimico e si dispone tutto sotto
la membrana plasmatica, pian pianino depolimerizza e diventa sempre più piccolo
fino a strozzare completamente il citoplasma cellulare per originarne due. Ma finita
la citodieresi non ci sarà più traccia di questo anello contrattile, fino alla citodieresi
successiva. È una componente altamente dinamica anche questa.
• Intestino e villi intestinali: formati da questo epitelio con i villi. Non possiamo
sognarci che un momento prima il villo ci sia e un momento dopo no, i villi servono
proprio per garantire l’assorbimento di tutto ciò che nello stomaco abbiamo
digerito; per cui ci saranno anche qui delle proteine che si legano all’estremità dei
microfilamenti actimici dei villi con il compito di stabilizzarli, in modo tale che i villi
ci siano e permangano, in questo caso di parla di proteine cop o proteine ancillari .
Nel momento in cui si viene a formare quella che è la nostra catena del
microfilamento, il microfilamento appare costituito da due filamenti intrecciati tra
loro che si avvolgono. Questo è il nostro microfilamento actimico con la sua
polarità, cioè ad un’estremità agganciamo nuove subunità all’altra estremità le
togliamo, quindi è un equilibrio dinamico da sopra a sotto la dimensione è
costante, però se io marco questi tre monomeri di actina e li aggancio, al passare
del tempo vengono liberati dalla parte opposta. Questo ci dà l’idea del fatto sì la
stessa dimensione e quindi un equilibrio, ma è un equilibrio dinamico non è statico,
le sue componenti variano perché noi agganciano nuovi monomeri da un’estremità
e a tirarl fuori dall’altra per non mantenere constante la sua dimensione.
Quando si fa riferimento all’equilibrio dinamico fa riferimento a questo.
Filamenti intermedi
• Sono filamenti stabili, e questa fa la prima differenza rispetto a microtubuli e
filamenti actimici (i quali sono altamente dinamici e quindi instabili).
Nucleoscheletro
Come il citoscheletro, anche il nucleo si dovrà sorreggere e ha la sua forma da mantenere.
Nel citoplasma del nucleo (il nucleoplasma), ci sarà una porzione proteica associabile al
citoscheletro, che prende il nome di nucleoscheletro.
La lamina densa si va ad accostare a quello che è l’involucro nucleare. La lamina densa non
fa collassare l’involucro nucleare a schiacciare il nucleoplasma. Questa lamina densa è la
componente dei filamenti intermedi del nucleoscheletro; è formata da proteine cosiddette
lamine.
Nucleolo
Si trova all’interno del nucleo, è un addensamento. È indispensabile perché è qui che
avvengono i processi di trascrizione dell’rRNA, quindi sede di sintesi dei ribosomi.
- è un organizzatore nucleare: contiene geni che codificano per l’rRNA (RNA
ribosomiale).
- Forma prodotti di trascrizione di tali geni: è qui che si accumulano gli RNA
ribosomiali, è qui che si vanno ad assemblare quelli che sono i ribosomi.
- Forma enzimi: servono per i processi di sintesi, maturazione e organizzazione dei
ribosomi. La sintesi delle proteine avviene sempre e solo nel citoplasma, quindi le
proteine ribonucleoproteiche che poi troveremo associate ai ribosomi, arriveranno
dal citoplasma, quindi è uno dei meccanismi di passaggio tra citoplasma verso il
nucleo.
Coloro che si occuperanno di di associare l’ rRNA alle proteine sono gli enzimi, i
quali arrivano anche questi dal citoplasma, ma li troviamo tutti a livello del nucleolo
perché è lì che stanno operando.
Composizione chimica nel nucleolo:
DNA, RNA e Proteine tra cui l’RNA polimerasi, la quale si occupa di operare la trascrizione
dell’RNA.
Passaggi che portano dalla formazione della cromatina (forma attiva) alla forma dei
cromosomi (forma inattiva).
Processo di spiralizzazione:
Non si passa in maniera immediata da cromatina a cromosomi, ci sono diversi livelli:
➢ Accostamento del DNA a proteine istoniche: le proteine istoniche (2 proteine
istoniche H2A, 2 proteine istoniche H2B, 2 proteine istoniche H3, 2 proteine
istoniche H4) si assembleranno a formare un cosiddetto core istonico o ottamero
istonico, ‘’ottamero ‘’perché ci saranno 8 proteine istoniche.
Attorno a questo ottamero istonico, il DNA si avvolgerà per circa due giri, finiti i
quasi due giri il DNA incontrerà un nuovo ottamero istonico e si avvolgerà per altri
due giri quasi completi, finito questo avvolgimento uscendo troverà un altro
ottamero istonico e così via. Tutta questa struttura prende il nome di collana a filo
di perle o NUCLEOSOMA (perché tutti questi ottameri istonici con il DNA avvolto,
formano una sorte di perla). Il nucleosoma rappresenta la prima forma di
spiralizazzione del DNA, perché il nucleosoma è dato dall’ottomaero istonico con il
DNA attorno ad esso avvolto. Prima fase di spiralizzazione della cromatina.
➢ Seguirà un’altra fase di compattazione, ci sarà dunque un’altra struttura ancora più
compatta, ovvero la cosiddetta struttura a solenoide. Questa ulteriore fase di
compattazione sarà dovuta all’intervento di un’altra proteina istonica (H1) che non
era coinvolta nella formazione dell’ottamero. Una volta compattata a solenoide, si
verrà a formare le cosiddette anse, queste anse andranno a sistemarsi in maniera
ordinata su un’impalcatura proteica che prende il nome di scaffold proteico
(costituito da proteine non istoniche), questo servirà a fare ancorare
ordinatamente le anse del DNA in modo che si venga ad organizzare l’aspetto tipico
del cromosoma.
Proteine istoniche
Le proteine istoniche si associano al DNA per avviare il processo di spiralizzazione.
- Sono proteine basiche
- Funzione strutturale perché è intorno a queste che si andrà ad avvolgere il nostro
DNA.
- sintetizzate durante la fase S del ciclo cellulare e si legano ai gruppi fosforici del
DNA.
Sono 5: Istone H1, Istone H2A e Istone H2B (due esoforme), Istone H3, Istone H4
Di queste 5 proteine istoniche, solo 4 (dalla H2A alla H4, quindi esclusa l’H1) si associano in
coppie a formare l’ottamero, vuol dire che a formare il cilindretto proteico intorno al quale
si avvolge il DNA parteciperanno: 2 proteine istoniche H2A, 2 proteine istoniche H2B, 2
proteine istoniche H3, 2 proteine istoniche H4.
Tra un nucleosoma e un nucleosoma successivo rimane il DNA definito linker, di
collegamento.
Dalla struttura a collana di filo perle alla struttura a solenoide si passa con l’intervento
dell’Istone H1, il quale si va a legare al DNA linker (quello posizionato tra due nucleosomi
successivi), quindi si lega al DNA che fuoriesce dal nucleosoma e si inserisce sul
nucleosoma successivo. Legandosi ha il compito di compattare ulteriormente la struttura,
quindi se questa è la nostra collana a filo di perle, nel momento in cui si legherà l’istone
H1, questo nucleosoma anzichè posizionarsi qui, l’istone H1 lo tira, lo avvicina, lo posiziona
qua sotto, quindi si tira dietro questo altro pezzetto… quindi li compatta ulteriormente
passando a quella struttura spirale chiamata solenoide.
Proteine non istoniche
- Vanno a formare lo scaffold proteico, cioè lo scheletro del cromosoma al quale si
vanno ad ancorare le anse,
- Le proteine non istoniche danno quella conformazione a x che noi conosciamo come
cromosoma, è proprio lo scaffold proteico che assume questo aspetto, e a questo
scaffold proteico si ancorano tutte le anse.
- sono proteine di tipo acido-neutre
- hanno un ruolo funzionale, perché ha proprio il compito di far ancorare le anse del
DNA in modo che rimangano bene ordinate in quella che è la struttura del DNA,
vengono sintetizzate nel corso della vita cellulare, quindi non legate al momento
della duplicazione, e si legano alle basi azotate.
Noi vediamo il cromosoma a forma di X, ma chi lo dice alle anse del DNA che devono
assumere quell’aspetto? Un’impalcatura proteica, cioè lo scaffold proteico. A questo
scaffold proteico si andranno ad ancorare ordinatamente le anse del nostro DNA.
L’obbiettivo principale di tutto questo processo è quello di compattare al meglio le
informazioni in modo da poterli ridistribuire. Nel momento però in cui abbiamo questo
processo di compattazione, è vero che compattiamo e quindi riduciamo l’estensione di
questa informazione genetica a scapito del diametro: si parte da una molecola di DNA e si
arriva alla fine alle anse, quindi partiamo da strutture che sono larghe pochi nanometri per
arrivare a strutture molto più ampie, siamo nell’ordine dei micron.
Il cromosoma
Un cromosoma corrisponde ad un’unica molecola di DNA condensata. Il DNA è poco
visibile in questa struttura perché generalmente si trova in forma di CROMATINA
decondensata. Il DNA condensa infatti solo prima della divisione cellulare. Dopo la
duplicazione del DNA, prima della divisione cellulare, il cromosoma è costituito da 2
cromatidi fratelli, i quali sono uniti al centro dal centromero (rappresenta il punto in cui
prendono contatto i due cromatidi fratelli per interposizione di proteine); non
necessariamente deve occupare una posizione centrale la strozzatura, può essere anche
eccentrico e quindi individuare braccia lunghe e braccia corte del cromosoma.
Quando deve avvenire la separazione dei cromatidi fratelli, le fibre del fuso mitotico si
legheranno ai cinetocori (si trovano ai due lati del centromero, nelle porzione esterne di
un cromatidio e dell’altro cromatidio).
Al microscopio elettronico il centromero appare densa proprio per l’elevata presenza di
proteine, le coesine che si posizionano proprio a livello del centromero con il compito di
tenere vicini i due cromatidi fratelli.
Questi complessi di coesina si formano quando il cromosoma si deve organizzare lungo
piazza equatoriale, quindi:
- in profase si organizza
- in metafase si vede formato perfettamente quello che noi chiamiamo centromero,
- in anafase quando le fibre del fuso hanno legati i cinetocori e tirano verso i poli
opposti i cromatidi, sappiamo che stanno andando incontro a depolimerizzazione,
quindi si staccano gli eterodimeri di tubulina dal centro verso la periferia; quei
complessi di coesine vengono degradate, quindi se vado a degradare la coesina, i
due cromatidi son liberi di andare uno ad un polo, l’altro al polo opposto della
cellula.
Il cromosoma è il risultato visibile della duplicazione del DNA avvenuta in fase S.
I due cromatidi sono definiti ‘’cromatidi fratelli’’ perché sono l’uno la copia identica
dell’altro perché è il risultato della duplicazione semiconservativa avvenuta in fase S.
Quindi ipoteticamente se fosse possibile osservare i cromosomi durante l’interfase (ma
OVVIAMENTE NON è POSSIBILE, durante L’INTERFASE ABBIAMO SEMPRE LA CROMATINA),
noi il cromosoma ce l’avremmo con un singolo cromatidio.
Cariotipo
Il cariotipo o il cariogramma di ciascun individuo viene studiato in metafase. In metafase
perché è il momento nel quale troviamo tutte le coppie di cromosomi distribuiti lungo il
piano equatoriale.
In ciascuna delle nostre cellule somatiche noi troviamo 23 coppie di cromosomi, quindi 46
cromosomi totali:
- 22 coppie definite di autosomi, portano le informazioni per tutti gli enzimi, tutte le
proteine
- 1 coppia di cromosomi sessuali, cioè quella coppia di cromosomi che serve per
individuare il sesso dell’individuo: XX→ se il sesso è femminile; XY→se il sesso è
maschile.
Quando parliamo di coppie di cromosomi, i due elementi della coppia sono omologhi, NON
identici, perché:
Cromosoma: tratto di DNA lungo il quale ci sono i geni.
Geni: pezzetti di DNA che codificano per una proteina, per un enzima, per un polipeptide .
- Su ogni cromosoma si hanno le cosiddette ‘’mappature’’, cioè noi sappiamo
perfettamente che tipi di geni ci sono localizzati sul cromosoma 1 (ad esempio
potremmo avere il gene che determina il colore dei capelli, quello che determina il
colore della pelle). Si sa perfettamente la mappatura e si sa perfettamente il locus
genico (l’indirizzo di casa).
Per cui se io so che il gene che determina il colore dei capelli è posizionato sul
cromosoma 1, in seconda posizione, quella stessa posizione, quindi quello stesso
locus genico è rispettato sul cromosoma omologo (cromosoma 2), noi abbiamo la
stessa identica corrispondenza dei loci genici. Gli stessi geni che io ho sul primo
cromosoma della coppia, identici ce li ho sull’altro cromosoma omologo.
- Un gene può esistere però in più varianti. Le varianti dello stesso gene, sono
chiamati alleli.
Possiamo avere per lo stesso gene una forma alternativa, quindi una forma allelica
differente, motivo per cui poi può avvenire il crossing over: possiamo andare a scambiare
porzioni di DNA, porzioni di informazione che cambiano in termini di tipo di allele, ma non
certo di tipo di gene.
Tra due genitori con gli occhi marroni può nascere una figlio con gli occhi azzurri, questo
vuol dire che né il padre né la madre erano omozigoti per il colore scuro.
Omozigote: che entrambi gli alleli dello stesso gene, presenti quindi uno su un cromosoma
e uno sul cromosoma omologo, sono identici tra loro.
Eterozigoti: quando i due alleli sono diversi.
Quindi i cromosomi omologhi presentano gli stessi loci genici, la stessa sequenza di geni,
ma un gene può trovarsi in più forme alternative, cioè in più forme alleliche. Quindi quello
che può cambiare tra i due cromosomi omologhi sono gli alleli degli stessi geni, ma non
certo la sequenza dei geni, quella deve essere identica.
Esempio: quando noi compriamo un maglioncino, noi scegliamo il colore (esempio rosa)e,
ma lo stesso maglioncino c’era in più varianti di colore, ma è lo stesso articolo, la stessa
cosa è quando si parla di alleli, il gene è quello ma con più varianti (ovvero alleli).
Ciclo cellulare
Rappresenta l’intervallo che c’è tra l’origine di una cellula e la sua stessa divisione. Si divide
in:
• Interfase: fasi G1, S, G2. La sigla ‘’G’’ di G1 e G2 sta per ‘’growth’’, ovvero
‘’accrescimento’’.
Fase G1: è una fase parecchio lunga perché è la fase di preparazione. È la fase in cui la
cellula si è appena originata, quindi comincia a rispristinare la sua dimensione volumetrica.
Non è solo un accrescimento passivo in termini volumetrici, ma iniziano i vari processi di
tutto il metabolismo cellulare accostati alla sintesi degli organuli cellulari, di proteine;
Fase S: si ha la duplicazione dell’informazione genetica (DNA); a questo punto si completa
la fase di accrescimento. Si ultimano le duplicazioni degli ultimi organuli interessati e si
inizia la preparazione alla divisione cellulare. Anche questa fase è abbastanza lunga, ma
dipende più che altro dall’organismo modello che si prende in considerazione (più è
piccolo l’organismo e più è semplice dal punto di vista strutturale e funzionale, più è rapida
la divisione e il ciclo cellulare).
Fase G2: è abbastanza breve perché la cellula è già pronta alla divisione, ha già duplicato il
materiale genetico, quindi questa fase è di verifica che tutto sia andato a buon fine e a quel
punto si transita in fase M.
Nei passaggi da una fase all’altra ci sono i cosiddetti ‘’checkpoint’’ ovvero dei punti di
controllo che verificano, per cui se quello che era previsto nella fase non è accaduto, la
cellula non può transitare alla fase successiva.
La proteine coinvolte nel controllo del ciclo cellulare sono la proteine chinasiche
dipendenti dalla ciclina (cdk).
Se esistono queste proteine che fanno da controllori, questo vuol dire che G1, S, G2 ed M
esistono realmente, mentre i singoli momenti di mitosi e meiosi (profase, metafase,
anafase e telofase) sono solo a scopo didattico. Perché è un processo unico di divisione che
inizia e termina, non ci sono punti di controlli, non ci sono reali step.
Non tutte le cellule seguono il normale ciclo cellulare:
- cellule labili→ sono in continuo alternarsi di g1, s, g2 e m, in maniera continua.
- cellule perenni e cellule stabili→ dopo un certo giro di divisione, una volta raggiunta
la maturità escono dal ciclo cellulare e entrano in una fase di quiescenza, nota come
la fase G0.
In base alla specie modello che si prende in considerazione, varia la durata delle singole
fasi, quindi quelle tappe dipendono dal tipo cellulare e dagli organismi modello. Ci sono
cellule che si duplicano più rapidamente rispetto ad altre, anche all’interno dello stesso
organismo.
Duplicazione del DNA
Avviene durante la fase S del ciclo cellulare e segue sempre il principio di
complementarietà delle basi azotate.
Il DNA segue una duplicazione semiconservativa, definita così perché: la molecola per
metà sarà fatta dal filamento che c’era già nella cellula, mentre l’altro di nuova sintesi.
Per cui se si parte da una molecola di DNA PARENTALE (cioè quella della cellula madre),
che deve andare incontro a duplicazione. Ciascuno dei 2 filamenti della molecola fungerà
da stampo per la sintesi di un nuovo filamento.
Al termine del processo di duplicazione, avremo 2 molecole distinte di DNA, ciascuna
molecola sarà costituita da:
- Un filamento parentale (che ha fatto da stampo)
- Un filamento neo-sintetizzato
Come avviene:
Nel momento in cui si deve venire a duplicare la molecola del DNA, si viene a formare una
forcella di duplicazione, cioè il punto in cui i 2 filamenti si separano, si forma una sorta di
forcina.
Nella nostra cellula, coloro che determinano la separazione dei 2 filamenti di DNA sono
enzimi:
- Elicasi: hanno il compito di rompere questi legami ad idrogeno e quindi srotolare
l’elica.
- Proteine SSBP: proteine che si legano al singolo filamento e quindi impediscono il
riformarsi dei legami a idrogeno, quindi impediscono che i 2 filamenti si riappaino
riprendendo la stessa struttura ad elica.
- Topoisomerasi: si occupano di eliminare i sopravvolgimenti.
I due filamenti tra loro però sono antiparalleli, quindi nel momento in cui noi apriamo
questi 2 filamenti, uno presenterà un’estremità libera 5’, l’altro presenterà l’estremità
libera 3’.
Sintesi 5’3’ verso la forcella
L’enzima DNA polimerasi ha il compito di leggere e duplicare il nostro filamento. Legge un
nucleotide alla volta (si lega e legge, ha trovato guanina e quindi non ha scelta, il
nucleotide deve agganciare la citosina e va avanti…) fino a completare l’intero filamento
parentale.
La DNA polimerasi però non è in grado di sintetizzare un filamento ‘’de novo’’ del DNA,
quindi prima che intervenga, ha bisogno di un innesco per iniziare la sua sintesi. Sarà un
enzima ad RNA polimerasi a produrre questo innesco (o Primer).
Questo primer non va bene per la duplicazione, quindi una volta che a questo primer si
attacca la DNA polimerasi, questo innesco va via grazie ad un enzima che prende il nome di
RNAasi H, una famiglia di enzimi che hanno il compito di distruggere i nucleotidi.
A questo punto la DNA polimerasi III inizierà ad agire sintetizzando uno alla volta
nucleotidi seguendo il principio della complementarietà delle basi.
Un’altra isoforma dello stesso enzima, la DNA polimerasi I, agirà fornendo i nucleotidi
sintetizzati nello spazio lasciato dal primer e li lega a sua volta.
A questo punto interviene la DNA-ligasi con il compito di legare i due filamenti sintetizzati
dalle due polimerasi portando alla formazione di un legame fosfodiestereo.
La DNA polimerasi si lega all’estremità 3’ libera, sintetizza il filamento complementare e
antiparallelo, quindi il filamento con direzione 5’3’ verso la forcella di duplicazione.
Mentre la DNA polimerasi sintetizza, la forcella di duplicazione si sarà spostata perché si
srotolerà un altro pezzetto di molecola, in modo che la DNA polimerasi possa trovare
ancora informazione libera da leggere.
Sintesi 5’3’ dalla forcella di duplicazione
Sull’altro filamento l’estremità libera è 5’, quindi manca il complementare che abbia il 3’,
ma la DNA polimerasi non sa sintetizzare un filamento in direzione 3’5’, lo sa fare solo in
direzione 5’3’, quindi non si lega all’estremità libera, ma si lega alla forcella di
duplicazione per sintetizzare in direzione 5’3’.
Dalla forcella di duplicazione legge verso l’estremità libera 5’, e quando finisce
l’informazione si stacca e nel frattempo alle sue spalle la forcella si è spostata e si è quindi
liberato un nuovo pezzo di filamento leggibile (quindi si stacca, torna indietro e si lega a
quella che nel frattempo è diventata la nuova forcella di duplicazione e legge).
La DNA polimerasi sarà costretta a sintetizzare (sul filamento definito lento) a frammenti
di Okazaki, perché sintetizza un nuovo filamento sempre in direzione 5’3’, in direzione
opposta rispetto a quella della forcella.
I frammenti però non rimangono ‘’frammenti’’ poiché al termine del processo di
duplicazione interviene un nuovo enzima: DNA ligasi. Esso avrà il compito di sintetizzare
quei frammenti mancanti e quindi legare tra i frammenti di Okazaki.
Quindi avremo in sintesi:
- Una sintesi che avviene in direzione 5’3’ verso la forcella, in maniera rapida perché
è una sintesi progressiva.
- Una sintesi che avviene di direzione 5’3’, ma che avviene allontanandosi dalla
forcella di duplicazione, che avviene in maniera lenta perché avviene per
formazione di frammenti.
Il DNA nella cellula lo troviamo sotto forma di:
- Cromatina: sarà la sua forma attiva, potrà essere duplicato, vuol dire che può essere
trascritto.
- Cromosomi: forma fortemente spiralizzata, condensata del DNA, che quindi è nella
sua forma inattiva. Noi troveremo i cromosomi solo nel momento della divisione
cellulare, dopo che la cellula ha duplicato il suo patrimonio genetico, lo compatta
per poterlo ripartire in maniera equilibrato e corretto alla cellula figlie.
Da una forma all’altra si passa attraverso una serie di processi di spiralizzazione.
Trascrizione
L’altro processo che può subire il DNA (oltre la duplicazione) quando si trova nella sua
forma di eucromatina, è il processo di trascrizione.
Consiste nel copiare l’informazione contenuta in un tratto di DNA nell’RNA. RNA
polimerasi è l’enzima che si occuperà di fare questa trascrizione. La trascrizione così
come la duplicazione avverrà in direzione 5’3’, anche qui nucleotide dopo nucleotide,
l’RNA polimerasi avrà il compito di agganciare il nuovo nucleotide, con l’eccezione che
laddove sul filamento stampo incontreremo l’adenina, sul nuovo filamento
attaccheremo l’uracile.
Anche qui si viene a formare una bolla di trascrizione:
- nel caso dei batteri, quando parte la trascrizione, questa avviene nell’intera
molecola di DNA circolare, parte da punto di origine e procede per tutta la
molecola.
- nel caso degli eucarioti, si avrà la trascrizione di un gene alla volta. Dove per gene
indichiamo un tratto di DNA che porta l’informazione utile per un enzima, una
proteina, in generale un peptide.
A monte di ciascun gene ci sarà un punto promotore dove si verrà a formare questa bolla
di trascrizione, cioè il punto dove l’RNA polimerasi capisce che si deve andare a legare
perché da quel punto in poi deve iniziare la trascrizione.
Per cui l’RNA polimerasi si infila tra i 2 filamenti e comincia a sintetizzare il filamento di
RNA. Ma l’RNA polimerasi sa operare in direzione 5’3’ (sempre, per entrambi gli acidi
nucleici).
Il filamento di DNA che fungerà da stampo per la trascrizione dell’RNA è il filamento 3’5’.
Man mano che la trascrizione procede, alle spalle della bolla di trascrizione la molecola di
DNA si ricompatta.
I 2 filamenti man mano che la trascrizione avviene, si riavvolgono, quindi al termina della
trascrizione avremo:
- 2 filamenti di DNA integri che si compatteranno a darci la molecola del DNA.
- Il filamento di RNA di nuova sintesi che viene liberato.
L’RNA che si viene a formare non è maturo, è un pre-RNA o RNA-spazzatura: prima di
lasciare il nucleo e trasferisi nel citoplasma, il pre-RNA segue un processo di
maturazione, noto anche come splicing, rimozione degli introni.
‘’Introni’’ perché rimarranno all’interno del nucleo come serbatoio dei nucleotidi che
serviranno alla DNA polimerasi e all’RNA polimerasi.
Mentre tutti gli esoni ovvero tutte le porzioni codificanti verranno risaldati assieme tra
loro per andare a formare la nostra molecola di RNA messaggero maturo. Dentro il DNA
abbiamo pezzi codificanti e pezzi non codificanti.
La molecola di RNA ricalca fedelmente la struttura del DNA perché è una copia fedele,
mentre l’RNA messaggero che poi passerà nel citoplasma, ha una dimensione ridotta
rispetto all’RNA eterogeneo, questo perché gli abbiamo tirato fuori le sequenze non
codificate.
Traduzione o sintesi proteica
L’informazione trascritta nell’mRNA è utilizzata per sintetizzare la sequenza degli
amminoacidi di una catena polipeptidica.
I ribosomi una volta ricevuta la molecola di RNA messaggero sintetizzano proteine,
operando una vera e propria traduzione da un linguaggio all’altro. Leggono un messaggio
che è contenuto nella molecola di RNA e quindi scritto in nucleotidi e danno vita invece a
una proteina costituita da amminoacidi.
In questo caso il dizionario di cui necessitano i ribosomi prende il nome di codice genetico:
insieme dei 64 codoni che vanno a costituire tutte le possibili combinazioni dei nostri
nucleotidi raccolti a 3 a 3.
- Il codone specifica l’amminoacido da utilizzare di volta in volta per costituire una
catena polipeptidica.
- Quindi quando parliamo di codone, altro non è che una tripletta di nucleotidi. Ogni
sequenza di 3 basi azotate (3 lettere) è un codone.
- Con 4 ‘’lettere’’ (le basi) si possono scrivere 64 parole ognuna formata da 3 lettere
(codoni).
Il codice genetico è una mappatura quella che viene fatta, posizionando le basi azotate
che sono 4:
- prima fase: uracile, citosina, adenina e guanina
- seconda fase: uracile, citosina, adenina e guanina
- terza fase: uracile, citosina, adenina e guanina
Esempio:
1. se la prima lettera è uracile, la seconda è uracile e la terza è uracile, avremo UUU. Se
il nostro ribosoma incontra questo codone fatto da 3 basi azotate tutte e 3 uracile,
l’amminoacido che deve richiedere per la sintesi proteica è il Fenilalanina.
2. Se invece abbiamo adenina, uracile e citosina, allora l’amminoacido corrispondente
sarà l’isoleucina.
Il codice genetico è:
- univoco: c’è una corrispondenza univoca tra codone e amminoacido. Ciò significa
che quando il nostro ribosoma incontra il codone, può agganciare solo ed
esclusivamente un solo amminoacido, perché ad ogni codone corrisponde un solo
amminoacido.
- ridondante o rigenerato: più codoni sono sinonimi tra loro, per cui più codoni
possono codificare per lo stesso amminoacido.
- universale: non è del tutto vero perché ci sono delle eccezioni nel mondo proteico
rispetto a quello eucariotico e anche in quello degli stessi eucarioti, tra quello
mitocondriale e genomico. Ma in linea di massima si considera universale.
Il codice genetico è costituito da 64 codoni:
- un codone di inizio AUG che codifica per la metionina. Quindi tutti i codoni d’inizio,
iniziano con la metionina negli eucarioti. Nei batteri, questo stesso codone AUG
codifica per la formilmetionina.
- 3 codoni di stop o di terminazione: UAA, UAG, UGA. Si chiamano anche codoni non
senso perché quando il ribosoma incontrerà uno di questi 3 codoni, di fatto non
codificherà per nessun amminoacido, ma dirà ai ribosomi di aver finito il suo
compito e quindi lascerà la proteina perché la sintesi è finita.
-RNA messaggero subisce questo processo di maturazione prima di poter transitare nel
citoplasma.
-RNA di trasporto è una molecola particolare perché ha una struttura a quadrifoglio
dove ci fa vedere la presenza di uno stelo accettore e la presenza di 3 anse. Questa
struttura è importante perché ha 2 siti di legame fondamentali durante la sintesi
proteica, che sono: lo stelo accettore e l’ansa dell’anticodone.
Lo stelo accettore ha questo nome perché lega l’amminoacido, lo stelo è indispensabile
come sito di attacco dell’amminoacido.
L’ansa dell’anticode serve a legarsi al codone dell’RNA messaggero, quindi durante la
sintesi proteica arriva il nostro filamento di RNA messaggero maturo, arriva il nostro
ribosoma che lo lega, lo legge, trova il punto di stacco, quindi incontra AUG e gli dice
che da quel punto deve iniziare.
Il ribosoma si ferma e aspetta che arrivi l’RNA di trasporto che porti la metionina.
Come si fa a sapere che l’RNA di trasporto che sta arrivando porte l’amminoacido
giusto?
Perché c’è complementarietà tra il codone dell’RNA messaggero (AUG) e l’anticode
(UAG).
-Se questa complementarietà non c’è, l’RNA transfert si allontanerà e il ribosoma resta
fermo finchè non arriva quello giusto.
-Se c’è questa complementarietà allora stanno trasportando l’amminoacido giusto,
l’RNA transfert forma il legame anti-codone e si ferma, il ribosoma avanza per andare a
leggere il codone successivo.
Nel momento in cui espone il codone successivo, il meccanismo di riconoscimento sarà
identico, quindi si avvicina una nuova molecola di RNA transfert, verifica la
complementarietà codone-anticodone, se c’è ecco che si avvia la sintesi delle proteine
perché troveremo legati 2 RNA transfert con 2 amminoacidi vicini.
Cosa accade tra gli amminoacidi perché si formi la proteina?
Tra gli amminoacidi affinchè si formi la proteina, si formerà un legame peptidico, quindi
si avvia l’allungamento della catena, che si allunga leggendo codone dopo codone e
aggiungendo amminoacido dopo amminoacido per tutta la catena.
Chi si farà carico della proteina?
A farsi carico della proteina è sempre l’ultima molecola di RNA transfert che si tiene il
suo amminoacido e quelli precedenti e così via fino al suo termina.
La differenza di sito e quindi di tempi che c’è tra trascrizione e sintesi proteica nei
procarioti e negli eucarioti:
- Nei procarioti: mancano i sistemi membranosi interni al citoplasma, quindi non
abbiamo una separazione fisica tra il nucleo (dove avviene la trascrizione) e
citoplasma (dove avviene la sintesi proteica).
- Sintesi e trascrizione avvengono contestualmente, quindi ancora prima che la
trascrizione sia finita, la sintesi proteica si aggrava. Avviene contestualmente per 2
motivi: 1. non c’è nucleo e quindi non c’è una separazione fisica. 2. Non esistono
introni nel genoma batterico e quindi non si deve andare nell’RNA messaggero, è già
maturo in seguito al processo di trascrizione.
- Negli eucarioti: si può passare dal nucleo al citoplasma solo dopo che l’RNA
messaggero ha subito il suo processo di maturazione.
Quindi c’è una separazione fisica spaziale e temporale negli eucarioti, mentre non c’è
una distinzione né spaziale e né temporale nei procarioti.
Divisione cellulare
Mitosi Meiosi
cellule somatiche cellule della linea germinale