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Riassunto Fare radio di Marta

Perrotta
Radiocomunicazioni Libera università di lingue e
comunicazione (IULM)
29 pag.

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Fare radio - Marta Perrotta
Introduzione
La radio è nata negli anni Venti del secolo scorso, ma fino agli anni Settanta è cresciuta sotto il
monopolio statale.
Nel 1976 una sentenza della Corte Costituzionale ha legalizzato la trasmissione radiofonica (e
televisiva) via etere in ambito locale preannunciando una legge di regolamentazione complessiva
del settore, che però è arrivata solo dopo molti anni. Nel frattempo, occupando le frequenze
inutilizzate, sono nate diverse migliaia di emittenti private locali e la radiofonia ha continuato a
svilupparsi fino al 1990.
La legge Mammì, legge n. 223 del 6 agosto 1990 “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e
privato”, che prende nome dal suo primo firmatario Oscar Mammì, ha solo parzialmente regolato il
sistema radiotelevisivo condonando la situazione esistente e estendendo alla radio la normativa
televisiva.
Il periodo tra il 1995 e il 2000 è stato cruciale per la crescita degli ascolti, certificata dall’indagine
Audiradio (società che ha gestito la ricerca quantitativa sull’emittenza radiofonica in Italia). Questo
trend positivo è servito a stimolare l’interesse dei gruppi editoriali e a spronare la fantasia degli
operatori del settore.
Il biennio 2001 – 2002 è stato un “biennio di crisi” per il mercato pubblicitario e la radio ne ha
risentito maggiormente. Il primo decennio del nuovo millennio ha portato un periodo di stabilità,
caratterizzato da una razionalizzazione più o meno spontanea delle frequenze con gli investitori
sempre più convinti della validità del mezzo radiofonico.

Arrivano anche altri spartiacque legislativi, mai del tutto risolutivi rispetto alle lacune della legge
Mammì, ma comunque importanti e cruciali per l’organizzazione del settore:

• Legge Maccanico (249/1997), istitutiva dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni


(AGCOM);
• Legge 66/2001 che ha introdotto il tema del passaggio alla trasmissione in tecnica digitale
per la tv, liberando frequenze utili alla radio;
• Legge Gasparri (112/2004) che ha rimosso i limiti cross-ownership tra gruppi editoriali e
televisivi e istituito il SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni);
• “Testo Unico dei servizi di media audiovisivi radiofonici” o TUSMAR, D.Lgs 177/2005 che ha
ridefinito le tipologie di radio nazionali e locali in base al numero di abitanti potenzialmente
raggiungibili, piuttosto che su base territoriale, come sancito dalla legge
Mammì.

La digitalizzazione del mezzo radiofonico in Italia prende delle forme del tutto anomale. Mentre in
Europa si è cominciato a sperimentare in maniera cospicua il DAB (Digital Audio Broadcasting), in
Italia, benché la tecnologia sia disponibile dal 1987, solo di recente si registrano sperimentazioni
consistenti, con due standard intervenuti nel frattempo, più vantaggiosi del DAB: il DBM (Digital
Media Broadcasting) che può diffondere audio e video su apparati mobili e soprattutto il DAB+
(Digital Audio Broadcasting Plus) che compatta ulteriormente il segnale e aumenta la qualità.
Il web sta giovando alla radio in almeno tre forme:

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1. La riproposizione dei palinsesti radiofonici sui siti web delle emittenti;
2. La realizzazione di app per smartphone e servizi di streaming appositamente dedicati
all’ascolto della radio;
3. La moltiplicazione delle web radio operate come side channel da concessionari di
frequenze o da soggetti indipendenti.

Con il web è inoltre emersa una nuova generazione di ascoltatori, cresciuti con la disponibilità del
podcasting.

1. Tra flusso e programmi, una radio ibrida


Il bagaglio culturale di idee di programmazione e pratiche produttive da cui si è sviluppata la radio
deriva dall'interazione tra due sistemi organizzativi (tra gli anni 30 e 50) che sono il monopolio e la
concorrenza. In Europa prevaleva il monopolio mentre in America la concorrenza, che si basava sul
finanziamento pubblicitario. Con l’arrivo poi dell’emittenza privata, le frequenze sono diminuite
permettendo uno sviluppo completo del sistema di broadcasting pubblico/privato contemporaneo.

IL MODELLO DI PROGRAMMAZIONE ALL’EUROPEA


L’impostazione europea dei contenuti trasmessi della radio nasce con l’influenza inglese da parte
della più importante radio: la BBC, seguita inizialmente dal direttore John Reith, il quale propone 3
principi: informare, educare ed intrattenere.
Questi tre principi sono indicativi per le tre principali macro-categorie di programmi.
Da subito la radio trasmette radiocronache, notiziari e bollettini, musica, drammi e programmi
comici, quiz, rubriche divulgative e dibattiti; poi con l’avvento del telefono in onda arriviamo ai
programmi più interattivi. Vogliamo però vedere come la radio sia organizzata nella sua struttura
interna, dobbiamo identificare il principio ordinatore della sequenza temporale, ovvero quello che
poi con la televisione in Italia prenderà il nome di palinsesto.

Il palinsesto
I programmi non sono entità isolate. La loro successione è più importante del singolo ed è frutto di
strategie elaborate delle persone della radio per capire cosa il pubblico vorrebbe o dovrebbe
ascoltare; ciò dà un senso di controllo di monopolio a chi decide e realizza tale palinsesto.
L’idea di base è che il palinsesto, dovendo controllare i tempi della diffusione e dovendo essere
pronto a riscritture, sia una sorta di oggetto fluido e uno schema operativo essenziale per ordinare
i tasselli della programmazione in successione lineare, ma soprattutto, è uno strumento cangiante
che registra dentro di sé le precedenti versioni permettendo variazioni continue in costante dialogo
con il pubblico grazie al quale si orienta, registra il flusso e ne diventa parte.
La dimensione temporale è fondamentale, il palinsesto è l'elenco della successione dei programmi
ora dopo ora, per tutta la settimana e quindi diventa anche uno specchio sincronico dei tempi
sociali, con tutte le possibilità di interazione dinamica e con quello che gli eventi della realtà
possono offrire. Infatti se c’è un avvenimento improvviso (come un attentato o un terremoto) il
palinsesto cambia e i programmi si adattano nella forma e nella durata e il flusso registra le
variazioni. Raymond Williams dice che è proprio il flusso la vera forma culturale della radio e della
tv, e per questo il palinsesto come somma dei programmi ha più senso delle sue singole parti,
perché incorpora un’identità che permette al pubblico di conoscere la linea editoriale
dell'emittente e di sceglierla per un insieme di fattori e non per un singolo programma.

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I programmi e i generi
L'identità di un emittente è costituita da punti fermi del palinsesto: un certo numero di programmi,
la durata media, la successione cronologica..
I programmi sono le sotto unità del palinsesto, sono frammenti del flusso radiofonico con inizio e
fine, con una logica testuale al cui interno abbiamo contenuti e strategie per veicolarli, uno stile e
una tipologia di suono.
Agli albori della radio, in particolare in Europa, c’era una struttura più rigida, infatti i programmi
iniziavano la mattina presto e finivano a tarda notte.
Ogni programma è riconducibile ad almeno un genere o ad una somma di generi tra loro
mescolati. Ci sono poi formule native di programmi originarie dal contesto mediale della radio e
quindi più interessanti: la radiocronaca, il talk show e il quiz dove la radio ripropone adattamenti di
forme della comunicazione, la conversazione e il gioco.
Questa ibridazione ci mostra la difficoltà di applicare il concetto di genere nella radio. Il genere è
un’etichetta che serve a far dialogare chi produce e chi consuma perché definisce le convezioni e
regola un orizzonte di attese in merito a un particolare testo. Secondo Altman il genere non è una
categoria fissa ma una funzione attivata da tutti coloro che la usano in situazioni concrete di
fruizione. I contenuti radiofonici di oggi sono comprensibili non più come generi distinti ma come
formati contenenti mix di generi tradizionali in misure diverse.

IL MODELLO DI PROGRAMMAZIONE DELLA RADIO AMERICANA


Negli anni ‘50 in America nasce il Rock e nello stesso periodo la radio inizia a trasmetterlo e a farlo
conoscere. Ciò ha aiutato la radio a crescere, non rimanendo un medium minore, e al Rock ad
affermarsi.
La struttura degli anni ‘30 e ‘40 della radio fissata ormai per il modello europeo, basata su una
struttura lineare di palinsesto, non si poteva applicare alla realtà radiofonica americana degli anni
50 che invece aveva sviluppato strumenti di monitoraggio del pubblico e commercialmente stava
vivendo le prime competizioni con il medium audiovisivo. Con l’avvento del Rock, il consumo
giovanile fuori casa in particolare nei locali pubblici attraverso il JukeBox suggerì ad un
imprenditore del Nebraska, l’idea di programmare di seguito i primi 40 successi in classifica
creando uno spazio chiamato Top 40 Show e di concentrare su questo principio tutta la
programmazione. Così nel 1949 nasce il primo e più significativo formato radiofonico.

Il formato
Il formato divenne la carta d’identità dell’emittente radiofonica: contiene i caratteri dell’offerta di
una radio e viene studiato e definito per arrivare a un pubblico specifico. (per esempio con il Top40
Show si voleva arrivare a tutti teenager americani degli anni 50).
In ambito televisivo un format è la sintesi produttiva di un’idea di programma, può essere
comprato e venduto, importato ed esportato, e garantisce all’emittente tv un minor rischio nella
programmazione. Il formato radiofonico, invece, modella la programmazione di un’emittente nella
sua totalità. Non è un oggetto compravendita come quello televisivo, ma si produce e si aggiorna
sulla base delle evoluzioni dei mercati.
In generale esso stabilisce con precisione:

• a chi è rivolta la radio


• il tipo di programmazione che propone
• gli stili musicali che trasmette

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• in quale ordine e quantità programmarli
• quale impronta sonora dare all’emittente

La scelta dei formati è data da ragioni di business più che dal gusto estetico.

La rotation, il clock e la playlist


I concetti di rotation, clock e playlist sono tutti di origine americana. Lla continua richiesta di musica
al JukeBox fu il principio ispirato di una programmazione musicale reiterata con tempi di ripetizione
calcolati sulla base del successo delle canzoni e l’elaborazione di schemi di rotazione precisi.
La rotation stravolge l’idea di palinsesto, poiché introduce il principio della ripetizione ciclica e
ravvicinata dei programmi e degli elementi che la compongono. In questo modo la radio ottiene
quella che chiamiamo fidelizzazione dell’ascoltatore, che ora potrà accedere alla radio con libertà.
La ripetizione della musica fa il resto del lavoro, connettendo anche il mercato discografico ai suoi
potenziali clienti.
Il clock è lo schema orario che caratterizza ciascun formato e ciascuna emittente. Scandisce i tempi
dedicati ad ogni porzione di programma e serve per assegnare ad ogni elemento la posizione
stabilita e mantenerla nel susseguirsi delle ore. Il clock è una ruota che gira, definita dagli
americani “wheel” e se ci sono particolari esigenze rispetto alla normale programmazione, come
una selezione musicale particolare, si chiama hot clock.
Gli stessi ideatori della Top 40 hanno messo a punto un altro concetto chiave della radiofonia,
quello di playlist, ovvero una lista di brani da suonare in un determinato intervallo di tempo. L’idea
è quella di restringere il numero di canzoni per dare risalto ad alcune, in particolare a quelle che si
sposano con il formato dell’emittente e per imprimere i brani nella mente dell'ascoltatore. I
cambiamenti nella playlist non avvengono mai in modo radicale, ma in modo graduale.

Alla ricerca dei Target


Il Top 40 è stato il primo e ultimo grande formato musicale di massa, indirizzato ad un
pubblico molto giovane. Dagli anni ‘60 in poi, invece, si sviluppano gusti e le culture e si
raffinano gli strumenti di ricerca del pubblico. La radio si impegna a cercare nicchie di mercato,
categorie in base a età, sesso, caratteristiche socio-culturali e preferenze musicali.
La varietà perseguita diventa una totale diversità di formati e prodotti: ogni emittente
musicale si specializza su una porzione di audience nel proprio contesto di riferimento.
Di base questo moltiplica le possibilità di programmazione e consente di andare incontro a gusti
diversi e quindi di piacere a target diversi. Inoltre la ricerca sul pubblico radiofonico negli Stati Uniti
aveva permesso di delineare le caratteristiche dell’ascolto e degli ascoltatori distinguendoli
secondo le loro pratiche di vita.
Le prime reazioni al Top 40 infatti mirano a cercare un pubblico più maturo, coniugando un'offerta
più tradizionale, fatta di programmi parlati, con musica altamente specializzata. Ne sono un
esempio Middle-of-the-road, un rifacimento della vecchia radio generalista con informazione e
molte parti parlate; Beautiful music che riporta miscele di musica diverse; Country per l’America
bianca; Black per il pubblico afro.
Quindi possiamo capire che la radio non si rivolge a un pubblico di massa, ma ne sfrutta le
differenze dell’intero pubblico per dar vita a formule differenti ciascuna destinata ad un segmento
particolare.

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Quali sono gli elementi su cui si fondano le differenze di formato?
Si prende in considerazione il genere musicale, l’età e la popolarità dei brani trasmessi, la
presenza di programmi parlati (di informazione o intrattenimento); ma quando due emittenti
scelgono entrambi di trasmettere “grandi successi degli anni 60” cosa ci fa capire che adottano
formati diversi? Tutto riguarda le caratteristiche di ciò che viene trasmesso tra un disco e l'altro,
come le pubblicità, del parlato del conduttore, il segnale orario, i notiziari o i jingle identificativi.

INFLUENZE (NON) RECIPROCHE


Con il passare del tempo i formati in America si specializzano sempre di più, alcuni si trasformano,
altri si esauriscono e altri ancora nascono ex novo; in Europa invece, la cultura produttiva del
broadcasting, si evolve verso quello che è il modello misto e passa attraverso la rivoluzione delle
“radio pirata”. Si tratta di emittenti attive degli anni ‘60 su navi posizionate in acque internazionali
che mettono in crisi il modello di programmazione generalista del palinsesto della radio pubblica
europea programmando tutto il giorno rock americano. Un esempio è Radio Caroline che non
aveva alcun tipo di limite di contenuto e tempi. La BBC invece era tenuta a rispettare un limite
orario di programmazione. Le “radio pirata” proponevano generi musicali lontani dalle rotazioni
della radio pubblica, considerati bassi e volgari, e in più introdussero un modello di radio indirizzato
al consumo dove i dj erano abilissimi conduttori e sapevano come presentare e proporre dischi e
musica nuova, come avveniva nelle radio americane.
Nel 1967 in Inghilterra queste radio vennero dichiarate definitivamente illegali, e alla BBC fu
chiesto di fornire una programmazione che le rimpiazzasse; fu cosi che trasformarono il canale BBC
Radio 1 in una radio per adolescenti che offriva dignità culturale ai fenomeni musicali emergenti e
permetteva a questi di raggiungere il successo.
Questo modello si diffuse lentamente giungendo anche in Italia dove la Rai iniziò a sperimentare
qualche programma dedicato ai target più giovani. Negli anni ‘70/’80 nacquero radio libere e
private che davano un libero sfogo alla programmazione continua e ripetuta di musica intervallata
da jingle e presentata da dj. In questi anni si sviluppano in America anche altri formati che
rifiutano l’eccessiva programmazione musicale o le regole della format radio: nascono i Talk All
News e News/Talk, prevalentemente parlati. In contemporanea si formano radio che propongono
generi ben definiti come il jazz, la disco o delle sottospecie di essi.
Emergono i Classic o Gold orientati alla programmazione dei successi del passato. Un'operazione di
restyling aggiorna la Top40 in una nuova formula: Contemporary Hit Radio (CHR) che limita le
proprie scelte musicali e si rivolge ad un pubblico di giovani e giovani-adulti, insidiando un target di
un altro formato nuovo ovvero l’Adult Contemporary (AC) che fonda le sue radici nel Middle-of-
the-Road nel tentativo di ammorbidire il suono della musica.
Nel frattempo il Country rinnova la sua offerta quando successi del pop attingono alla sua memoria
e diventa uno dei formati più graditi. Abbiamo poi una parte dell’intero panorama che invece si
distacca dal “format radio ”e adotta una struttura più tradizionale nei programmi; si tratta della
radio pubblica americana (National Public Radio) finanziata da capitali privati e pubblici secondo
modelli no profit e supportata dagli ascoltatori.

TRA SPECIALIZZAZIONE E STANDARDIZZAZIONE


Col passare del tempo e il consolidarsi dei marchi radiofonici, le definizioni dei formati sottolineano
sempre di più certe scelte stilistiche originali e che spesso contribuiscono a definire nuovi generi
musicali. Tra questi troviamo Easy Listening, Soft Rock, Lite Adult Contemporary e Urban. Spesso le
canzoni trasmesse tendono a coincidere in larga parte, secondo uno studio pubblicitario che

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analizza gli effetti della standardizzazione sulla varietà dell’offerta musicale di mainstream negli
Stati Uniti.
Da un lato emerge il fenomeno della proliferazione di formati e sottoformati con nomi diversi ma
caratteristiche simili, ma che cercano nuove definizioni per soluzioni che sono sempre le stesse,
solo per richiamare l’attenzione di possibili investitori; d’altra parte, c'è la tendenza della maggior
parte delle emittenti, a raccogliersi intorno a quei formati che garantiscono guadagni sicuri
nonostante la larga concorrenza. David Hendy ci spiegherà infatti che chi gestisce le emittenti
raramente va a cercare un pubblico che si trova al momento scoperto, si preferisce andare sul
sicuro. Negli anni ‘70 infatti tutti puntavano sulla Disco, negli anni ‘80 per le Contemporary Hit e
l’Adult Contemporary, negli anni ‘90 sull’Urban e formati parlati nel 2000 per il Country e il
News/Talk.
Questo avvenne negli USA, mentre in Europa non c’è mai stato questo approccio specifico,
specializzato nel mercato della radio. Come nella relazione tra la BBC e le radio pirata dirette al
mercato inglese, la radio pubblica italiana inizia a porsi il problema delle modernizzare il suo stile,
dopo aver subito negli anni 80 un decennio di concorrenza aggressiva dalle emittenti private.
L’adozione dei formati americani, che penetrano in Italia tra gli anni 80 e 90, è graduale e predilige
un numero ristretto di modelli basati su un numero ristretto sull'offerta musicale contemporanea,
italiana e internazionale.

Inizialmente la radio serve a portare a conoscenza il rock e il pop e lo fa in modi differenti:

1. Con la ripetizione ossessiva tramite emittenti private o locali;


2. Con programmazioni meno meccaniche e più argomentate, in onda su due canali
stereofonici inaugurati dalla Rai nel 1982 e attivi fino al 1995.

Le radio in Italia quindi ammortizzano l'avvento di modelli di programmazione ispirati alle formule
americane con risposte più o meno decise, si lanciano nella sperimentazione di format precisi e
riconoscibili

2017: UN’ISTANTANEA DELLA RADIO NAZIONALE OGGI


La situazione editoriale della radiofonia nazionale ha subito una seria ristrutturazione:

Servizio pubblico:
• Rai Radio 1, Rai Radio 2, Rai Radio 3, Isoradio e GR Parlamento
• canali DAB+
• web
Private:
• ci sono radio appartenenti a gruppi editoriali come Radio Deejay, Capital e più recenti
come Virgin Radio, Radio 101, Radio 105
• accanto a queste abbiamo KissKiss, RDS, RTL 102.5 (da cui nascono Radiofreccia e Radio
Zeta)e Radio Italia Solo Musica Italiana.
RTL 102.5 conta su 7 milioni di ascoltatori, Radio Italia e Radio Deejay intorno ai 4 milioni e sopra 1
milione ci sono KissKiss e Capital.

Alcune radio sono dette di programmi e costruiscono il proprio valore aggiunto rispetto alle
concorrenti sulla qualità di programmi e dei contenuti informativi e musicali forniti all’ascoltatore,
sull’autorevolezza e sulle caratteristiche specifiche dei conduttori. Altre radio invece le cosiddette di

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flusso preferiscono non dare tanto peso alle componenti, ma trattare la musica come il contenuto
per eccellenza dove i conduttori sono al servizio delle canzoni e ne assecondano il valore
emozionale offrendo flussi di suoni e voci senza discontinuità con un mood costante.

Come scegliere quindi tra le varie radio? concentrandosi sull'offerta privata Enrica Atzori divide le
radio in:
• music & news (radio musicali con un flusso informativo intenso come RTL 102.5, RDS,
R101, Radio Capital)
• radio musicali (Radio Italia, Radio Deejay, Radio Kiss Kiss, Virgin Radio)
• radio pubbliche (individuata solo il formato All News per Rai Radio 1 che prevede una
rotazione musicale piuttosto importante)
Rai Radio 2 offre prevalentemente intrattenimento, storytelling e inserisce un formato di musica in
cui si integrano proposte musicali in playlist mainstream.
Rai Radio 3 offre musica, dibattiti e intrattenimento culturale di alto profilo.
E se le grandi radio ora hanno formati specifici che siano di informazione, musicali rock o italiani, la
messa a punto di contenuti nei palinsesti ha portato a un momento in cui il parlato prende una
maggiore importanza, mentre prima aveva più una funzione politica. Si dà maggiore importanza al
conduttore e si sviluppano programmazioni che siano sia di intrattenimento che di informazione
oltre che musicali.

L’IDENTITÀ IN RADIO: STILE, COERENZA E RICONOSCIBILITÀ


La coerenza è elemento fondamentale per qualsiasi emittente, perché essa garantisce l'affezione
del pubblico. La radio ha alcune caratteristiche che spiegano perché la coerenza sia un elemento
fondamentale:

• la primaria natura monocanale che sfrutta solo il senso dell’udito per far arrivare il proprio
messaggio. Contenuti semplici, lineari e reiterati renderanno facilmente identificabili per
l’ascoltatore gli elementi di cui ha bisogno per utilizzare il mezzo;
• l’essere un mezzo secondario la cui fruizione da parte degli ascoltatori è spesso
contemporanea ad altre attività;
• la volatilità, ovvero la natura effimera del messaggio della radio, che una volta espresso
dallo speaker e trasmesso finisce nel nulla.

Il cambiamento in radio è fisiologico, necessario per anticipare le mosse di chi ascolta e spesso
indipendente dalla volontà del management. L’emittente deve essere capace di trasformarsi
restando sempre sé stessa, per non deludere l’ascoltatore fedele. Il pubblico fedele si sente parte di
un qualcosa che ritiene non debba mai cambiare senza il suo consenso, ha assorbito le logiche di
formato della radio che ascolta e inconsciamente le padroneggia. E' più facile inoltre, fare in modo
che i tuoi ascoltatori passino più tempo con te, rispetto a coinvolgerne di nuovi.

La riconoscibilità
Una radio può farsi notare ed essere riconoscibile nel tempo sfruttando elementi caratteristici posti
su diversi livelli d’attenzione:

• Strategie basate sulla costruzione di un’identità sonora, fatto di jingle, sigle e basi. I jingle
sono composti da musicisti e interpretati da voci in linea oppure sono variazioni di brani
famosi, sono prodotti per essere ricordati per entrare nella testa delle persone; Le sigle

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hanno una funzione identificativa e sono le etichette dei programmi e necessitano di una
preparazione più accorata. Le basi sono elementi fondamentali per la percezione della
continuità del flusso e si tratta di sottofondi musicali, che spesso accompagnano i notiziari
o rubriche.
• Contenuti parlati proposti e le firme di chi li propone;
• Eventuale reputazione delle sue voci protagoniste, nella radio spesso ci sono voci che ne
hanno determinato la riconoscibilità a partire dalla nascita di quell’emittente, ne hanno
dato una personalità generale. Nella radio si cerca di mantenere spesso un equilibrio tra
voci maschili e voci femminili, giovani e adulte, appuntite e squillanti o profonde e
avvolgenti;
• Insieme delle attività promozionali che portano il marchio della radio;
• La sua immagine e tutto ciò che ruota attorno al di la della radio stessa, su tutti gli altri
mezzi e sul territorio.

Ciò nasce dall’esigenza di emergere rispetto alla concorrenza. L'identità sonora di una radio nasce
innanzitutto se la radio si sente bene e poi dalla qualità degli elementi sonori che l'emittente
propone. Questi elementi sonori se non piacciono all'ascoltatore renderanno sgradito tutto il
prodotto radiofonico. Nel bene o nel male, questi suoni contribuiscono alla riconoscibilità
dell'emittente. Per distinguersi dalle altre radio, una radio deve sottolineare alle orecchie del
pubblico le caratteristiche della propria offerta. Il rapporto tra radio e ascoltatore non si deteriora
quando l'emittente porta contenuti nuovi gradualmente, parlati o musicali.

Aircheck, la verifica della qualità del prodotto


E’ importante per l'emittente cogliere le osservazioni e le reazioni degli ascoltatori alle eventuali
trasformazioni messe in atto: per questo scopo si usano spesso i social network. La radio deve
avere una funzione propositiva, presentare ciò che le persone apprezzeranno in futuro. Non si
può però trasmettere solo ciò che viene richiesto, altrimenti si entra in un circolo vizioso. Bisogna
stimolare l'ascolto e farlo crescere proponendo cose nuove.
Il programmatore musicale controlla l’effettiva sequenza dei brani, il giornalista-producer ascolta
le interviste che ha realizzato e montato, il tecnico del suono si concentra sul passaggio tra le
ultime note di una canzone e le prime di quella seguente e coordina il modo in cui il jingle debba
intervenire per legare le due unità, il direttore artistico controlla le espressioni dei conduttori e i
tempi della trasmissione e infine abbiamo lo station manager. Con tutti questi controlli si arriva a
capire cosa va migliorato o modificato.

2. Musica in onda
Oggetto di questo capitolo è la programmazione della musica alla radio. Due elementi, il mercato
della musica e i modi e gli stili per consumarla, sono i poli intorno a cui ruota la programmazione
della radio oggi.

LA RADIO E L’ASCOLTO DELLA MUSICA


E' necessario capire come funziona l'ascolto della musica e su come la radio ne sfrutti alcuni
aspetti. Qui interviene il concetto di popolarità con cui ogni emittente musicale ha a che fare, e la

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radio costruisce la popolarità attraverso un'azione sistematica di riproposizione dei brani, dando
molto al pubblico di valutare il gradimento o una serie di ascolti.

Le reazioni della musica: affetto o intelletto?


Sono importanti il punto di vista dell’ascoltatore e il suo stato d’animo. Lo studio sulle strategie di
programmazione ha tenuto spesso conto delle reazione psico-fisiche ai diversi tipi di musica,
organizzando playlist in risposta ai bisogni emotivi e intellettivi degli ascoltatori.
Un possibile approccio (nell’analisi delle reazioni degli individui alla musica) tende a isolare la
risposta dell’ascoltatore nel momento dell'ascolto, considerando solo le caratteristiche della
musica. Secondo questa impostazione, le reazioni più comuni sono legate alla tonalità dei suoni
ascoltati e alla loro organizzazione armonica (toni cupi ad esempio portano alla malinconia, ritmi
imprevedibili a una maggiore giocosità…), in ogni caso lo stato d’animo prevalente risulta essere
quello degli ultimi accordi ascoltati. Un altro parametro per l'analisi delle reazioni dell'ascoltatore
sono le competenze individuali.
Ciascuno di noi, infatti, indipendentemente dai gusti musicali ha un proprio bagaglio di ascolti,
dietro al quale si crea aspettative; quando la musica ascoltata le soddisfa, essa produce
nell’ascoltatore una certa piacevolezza mentre al contrario creerà invece turbamento e fastidio.
È anche possibile ragionare sulla familiarità e affidabilità della musica che si ascolta, ci sono toni,
ritmi, timbri, effetti sonori che ogni ascoltatore potrebbe portare l’ascoltatore a distinguere una
canzone da un’altra e a ricordarla. Si parla di “ganci” (hooks) poiché appunto agganciano
l’ascoltatore nell'esperienza di ascolto. MacFarland identifica tre categorie di ascoltatori tipo:

• Fedeli: ascoltano con partecipazione assumendo atteggiamenti attivi nei confronti della
programmazione musicale, mandando messaggi richiedendo canzoni, ecc.;
• Cercatori: passano da un’emittente all’altra finché non trovano la canzone giusta per il
momento, quella che più soddisfa le loro aspettative;
• Passivi: utilizzano la radio come sottofondo e non cambiano stazione quasi mai.

Susan Douglas distingue tra due tipologie di fruizione della radio:

• L’ascolto rubinetto: automatico e indiscriminato;


• L’ascolto concentrato: più attivo e attento al contenuto.

Modelli per la composizione del flusso


L'ascolto della musica per radio determina stati d'animo che dipendono da diversi fattori come le
caratteristiche della canzone o caratteristiche del pubblico che ascolta.
Per tratteggiare una strategia comunicativa per una radio musicale bisogna fare attenzione a
quella musica capace di sorprendere oppure quella capace di rassicurare l’ascoltatore. Bisogna
mantenere un certo equilibrio tra i fattori nuovi che si propongono e quelli in cui l’emittente si
riconosce. La musica più adatta alla radio sembra quella riesce ad essere contemporaneamente
nuova e familiare. Su un altro lato invece bisogna far conto con il bisogno di stabilità nel tipo di
energia emotiva espressa dalla musica, a ciò si contrappone il bisogno di varietà, novità e
complessità negli stati d’animo suggeriti dalla musica.
Cosi entriamo nel discorso dell’organizzazione delle scalette musicali per una radio, in cui la radio
deve assortire una proposta musicale che stimoli reazioni emotive variegate oppure costanti, in
base al tipo di ascoltatori che vuole agganciare. Il problema è che non tutte le emittenti si

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preoccupano di questi aspetti della ricezione e solo in casi rari si fanno ricerche sul pubblico.
MacFarland sostiene che ci sono due tipi di risposte a questo problema:
1. Da un lato, i ricercano le caratteristiche comuni del pubblico che ascolta quella radio quindi
bisogna rifarsi alle sue abitudini di vita;
2. Dall’altro, ci si rifugia in una struttura antica, ma ancora valida come la regola aristotelica
per la tragedia greca. Su questo punto è interessante quindi notare che la successione di
“nodi” e “scioglimenti” o di “esposizioni”, “sviluppo”, “climax” e “risoluzione” ha a che fare
con la capacità della radio di rispondere a due bisogni fondamentali: la stimolazione e il
rilassare e tranquillizzare.

La classificazione della musica


Ritorniamo nella caratteristiche dell'ascolto musicale, analizzando il passaggio successivo alla scelta
della musica, cioè la sua classificazione.
Quasi tutte le radio utilizzano un software di programmazione per la classificazione della musica
che fa da supporto: Selector. Nato nel 1979, Selector è la “protesi digitale del programmatore
musicale”. Non ha un funzionamento prevedibile, ma è accessibile per gradi. Per ogni canzone
devono essere inseriti dati fondamentali che servono a richiamare il brano al momento opportuno.
Il livello qualitativo cresce in musica direttamente proporzionale alla qualità e completezza della
classificazione, che comporta dunque ad una sensibilità e conoscenza maggiori in musica. A
partire dal titolo e dall’interprete, il software vuole sapere i dati che caratterizzano
potenzialmente il brano: sesso del cantante, se ha fatto parte di un gruppo o no, dettagli del
gruppo nel caso di band, la lingua, l’anno di uscita, l’etichetta da cui è promosso, l’autore e il
compositore.
Dopo di che susseguono altri dati tecnici: durata, introduzione (intro) e coda (outro), la loro relativa
durata, natura dei loro elementi quindi se vocali o strumentali, caratteristiche armoniche, uscita
netta o sfumata, l’accordo iniziale e quello finale ecc.
Il tempo del brano oggettivo (BPM) e soggettivo (lento, veloce, concitato). Dopo di che segue la
registrazione delle note relative al contenuto melodico, ritmico ed emotivo della canzone: il codice
sonoro se è riconducibile a un genere o a una cultura musicale, qual è il sentimento prevalente,
l’energia comunicata, l’impasto e la tessitura sonora, il tema trattato.
Infine il programmatore può decidere quando trasmettere o no determinati brani, in quale
momento del giorno o magari il periodo dell'anno, oppure se può essere inserito nella fase del
clock, ovvero la fase con più ascolti.

Composizione delle scalette musicali


Ogni database ha bisogno di formule in grado di interrogare l'insieme dei dati accumulati per tirare
fuori i risultati ottimali. Il programmatore detta le condizioni che il software deve rispettare e può
modificarle sulla base della sua esperienza. Strategie di composizione delle scalette musicali:

• Day-parting: questa strategia riguarda la fornitura di contenuti di diverso tipo a seconda del
momento della giornata in cui si trova. Solitamente si usa una suddivisione in 5 parti: da
mezzanotte alle 6, dalle 6 alle 10, dalle 10 alle 15, dalle 15 alle 19, dalle 19 a mezzanotte.
Ogni parte è programmata secondo parametri diversi. Inoltre, c’è una separazione
orizzontale delle canzoni che evita che un brano venga programmato nella stessa fascia
oraria per giorni consecutivi o ancora che certi artisti vengano programmati in determinate
fasce orari, o due canzoni dello stesso artista nella medesima ora di programmazione.

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• Hammocking: (dal termine inglese hammock, “amaca”, che visivamente raffigura l’effetto di
due pilastri che sorreggono un oggetto che non ha altre forme di sostegno) questa regola
vuole che tre dischi consecutivi totalizzino un “punteggio” di mood compreso tra 7 e 11 e
che non si passi mai da un disco all’altro saltando più di 3 gradini (per esempio passando da
un disco “5: molto alto” a un altro “1: molto basso”).
I pezzi nuovi sono di solito “ammortizzati”, posizionati fra brani molto famosi, per
circoscrivere un minimo i rischi connessi alla messa in onda di novità.

Il controllo sui valori del BPM è un ulteriore verifica dell'andamento ondulatorio della pulsazione
della musica, la media in genere varia tra i 100 e i 120 BPM con la linea solita di 110 battiti al
minuto come pulsazione di riferimento. Ogni radio cerca nei dischi quella che è la propria
immagine da far risultare, ciò lo ha fatto BBC Radio 1 dando vita a un inno dell’emittente
fidelizzando il pubblico. Ciò dà maggiore forza e prestigio alla radio.

Rotazione dei brani e composizione della playlist


Un’altra importante classificazione è quella che assegna la categoria ad ogni brano all’interno della
quale viene fatto confluire. Essa distingue tra brani attuali e brani del passato, per poi stratificare
queste due macro-categorie in modi che possono variare di molto da emittente a emittente
I brani attuali (Current) possono essere suddivisi in:

• Novità, canzoni appena uscite e magari cantante da un artista poco noto;


• Power Current, canzoni recenti di grande successo cui l’emittente vuole dare massimo
risalto;
• Hot Current, canzoni che avranno una rotazione medio alta;
• Up and Comers, successi altalenanti;
• Burned Current, brani che sono stati programmati troppo e devono essere messi da parte.

I brani del passato (Non – Current) sono classificati in base all’anno o alla decade di uscita:

• Recurrent, successi dell’ultimo anno;


• Second Recurrent, classificazione successiva;
• Gold, a loro volta suddivisi in Power, Regular, Secundary Gold;
• Oldie, brani che hanno fatto la storia del pop e del rock, appartengono anche a quattro o
cinque decadi fa.

Questo tipo di divisione è totalmente flessibile perché bisogna aggiornarla continuamente ogni
settimana soprattutto se la radio è una Contemporary Hit.
Per quanto riguarda la rotazione bisogna prima di tutto stabilire una percentuale rispetto alla
programmazione musicale complessiva sul totale di 24h. Ad esempio in una radio Adult
Contemporary si stabilirà il 60% di musica current e il 40% di musica non current.
Il software in questo caso calcola in base a parametri decisi dal programmatore, ma non
mancheranno i punti deboli, su cui bisogna intervenire cambiano manualmente le scelte del
programma.

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I PRINCIPALI FORMATI PER LA RADIO MUSICALE
Per ognuno di questi formati si elaborano tipologie diverse di clock e strategie, affinché la rotazione
musicale segua meglio i target per cui sono stati pensati.
1. Contemporary Hit Radio: meglio noto come l’evoluzione del Top40 è ancora oggi il format
che trasmette il più ridotto numero di brani all’interno della sua playlist (il minimo sono
comunque 30 brani). Suonano solo le canzoni in vetta alle classifiche con divieto assoluto
per le Oldies. Il target ideale sono i teenager. Dj e speaker hanno a disposizione poche
chiacchiere, sono costretti a tempi rigidi. Caratteristico è il ritmo rapido e incessante, dove il
silenzio è nemico. Le news sono considerate quasi nemiche per la possibile perdita di
ascoltatori. Il CHR (Contemporary Hit Radio) gioca molte delle sue carte nella gestione delle
politiche promozionali; In Italia quella che più la rappresenta è RDS.
2. Adult Contemporary: nata per raggiungere giovani-adulti tra i 25 e i 49 anni, ha molta presa
sul pubblico femminile tra i 25 e i 35 anni: ascoltatrici alla ricerca di sonorità piacevoli. La
musica, successi pop e soft rock attuali o più o meno recenti, sono al centro dell’identità di
questo format ed è sempre proposta in blocchi di 1012 minuti senza interruzione, con i
titoli degli artisti presenti alla fine. Ogni tanto compare una Oldie. Pur essendo orientato
alla musica, lascia spazio alle parole nel prime time (quando il pubblico ascolta con esigenze
diverse tra cui quella di informarsi). I segmenti informativi aumentano nel drive time,
ovvero quando le emittenti si rivolgono al pubblico in movimento in cerca di notizie;
3. Country/Solo musica italiana: identifica un genere musicale molto specifico e dell’appeal
estremamente vasto. Raccoglie maggiori riscontri tra i 25-54enni di entrambi i sessi. I
contenuti del parlato e gli intermezzi tra una canzone e l’altra variano molto a seconda del
target demografico, ma le caratteristiche dell’intrattenimento sono uguali con forte
richiamo alla tradizione musicale. L’atmosfera creata dai conduttori deve riportare
l’ascoltatore in un ambiente familiare; sottolinea il senso di appartenenza alla comunità, si
differenzia dai formati che trasmettono anche musica internazionale. In Italia abbiamo
Radio Italia.
4. Soft Adult: ieri si chiamava Easy Listening, un tempo Beautiful Music ed era dedicato
esclusivamente a un pubblico adulto (over 50). Oggi le playlist Soft Adult sono state
aggiornate per attrarre un target un po’ più giovane. La musica è spesso strumentale o con
caratteristiche vocali molto morbide. Il pubblico adulto ha esigenza di coerenza e continuità
che lo rendono più rigido rispetto alle novità, ma anche più fedele al prodotto;
5. Rock/Alternative: entrambi i formati, ciascuno con le proprie varianti, derivano dall’Album
Oriented Rock (AOR), nato alla fine degli anni Sessanta in contrapposizione alle logiche
formulaiche e al suono ultracommerciale e ripetitivo del Top40. Il target è di sesso
maschile, tra i 18 e i 34 anni, con discrete competenze musicali e un approccio selettivo al
consumo della musica e all’ascolto della radio. (esempio italiano Virgin Radio che adotta un
formato denominato Style Rock). Varianti: Classic Rock e Modern Rock;
6. Vintage: le radio Classic, Oldies, Nostalgia sono tutte basate sulla trasmissione di musica
del passato e cambiano nome in base a quanto pescano lontano nel tempo:
Nostalgia è il format che arretra di più, anni Quaranta e Cinquanta, pochissimo
parlato;
Oldies raccoglie musica anni Cinquanta e Sessanta e da molto più spazio a
personalità e dj;

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Classic che si declina a sua volta in Classic Rock, con canzoni che un tempo erano
appannaggio delle emittenti AOR, e Classic Hit che riempie lo spazio tra le emittenti
Oldies e le CHR con canzoni delle prime 40 posizioni delle decadi Settanta, Ottanta e
Novanta.

7. Classical: formato raramente adottato, raffinato ma non snob, ottiene un ascolto molto
fedele su un segmento di pubblico adulto (over 25) attivo e di livello culturale ed economico
medio-alto. Contiene appuntamenti informativi ogni ora, è caratterizzato da un suono
molto lineare e tradizionale, poco incline al cambiamento. In Italia, a parte Radio3 (che
pure non aderisce a questo formato) non esiste alcuna emittente privata nazionale che
abbia scelto questa proposta editoriale;
8. Urban Contemporary: nato dal formato disco, parla prevalentemente a un pubblico
metropolitano e multiculturale tra i 18 e i 34 anni. Caratterizzato da un suono intenso,
ballabile, upbeat, con sequenze di musica mixata e una conduzione energica (Radio Deejay
si avvicina a questo format). La playlist è molto ampia e comprende brani RnB, Hip Hop,
Rap, Funk, Latin pop, Raggae ecc.

PROGRAMMARE LA MUSICA IN RADIO


La selezione musicale è nelle mani del direttore artistico e del suo gruppo di lavoro e deve poter
fare affidamento su criteri precisi di scelta dei brani e delle rotazioni. Concretamente, ogni
settimana si pone il problema di quali pezzi inserire nella playlist, con quali frequenza alternarli
ecc.. Bisogna soprattutto valutare:

• Se la canzone sia adatta al formato dell’emittente;


• Se un artista sua sufficientemente riconoscibile e se abbia dato vita ad altre hit in passato;
• Se l’etichetta che pubblica la canzone sostenga l’artista in questione;
• La performance della canzone nelle classifiche di vendite;
• I gusti del pubblico di riferimento alimentato dal feedback che la rete e i social media
consentono di monitorare;
• Se la canzone venga già trasmessa da altre emittenti, monitorando quanti passaggi
radiofonici abbia già totalizzato (tale valore è definito airplay).

L’airplay è oggetto di reportistica da parte delle principali società di ricerca che riconoscono e
contano i passaggi in radio dei singoli brani: il monitoraggio costante delle trasmissioni di un
numero prestabilito di emittenti individua ogni settimana i brani più programmati dalle radio.
L’airplay ha contribuito all’uniformarsi delle playlist radiofoniche.

Le scelte musicali secondo Ahlkvist e Faulkner prevedono 4 diverse tipologie:

• Un repertorio soggettivo, messo in campo da figure che si basano su criteri estetici, di gusto
ed expertise musicale il cui intento è quello di educare gli ascoltatori e condividere la
propria passione musicale. Poiché bisogna tener conto del mercato, a volte programmano
canzoni che non necessariamente diventeranno una hit ma che sono comunque
identificative per l'emittente e il formato scelto. A ciò corrispondono le radio rock;
• Un repertorio analitico, viene utilizzato da chi si basa sul mercato, a focus group e a
interviste dove vengono testate le canzoni su campioni di ascoltatori. Il tentativo è quello di
trovare un criterio oggettivo e scientifico invece di basarsi sul gusto e sull’intuizione. Dato
che gli ascoltatori tendono abitualmente a gradire musica già famigliare, la ricerca è

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fuorviata riconoscibili e a scarso potenziale innovativo. Ciò comporta a una
programmazione piuttosto ripetitiva che però risponde al principio adottato dalle CHR e AC;
• Un repertorio populista, si adotta la prospettiva del pubblico di riferimento, diventandone
l’orecchio istituzionale. Questa tipologia ritiene utile osservare le abitudini degli ascoltatori
e dà maggior peso alla capacità di interpretare il proprio pubblico piuttosto che basarsi sul
mercato, in questo modo accorcia la distanza tra radiofonico e ascoltatore. Per questa
tipologia serve avere un senso della comunità, è importante il fiuto. Qui vediamo le AC e le
Country
• Un repertorio collaborativo, il meno autonomo dalle proposte discografiche, ha a che fare
con le strategie promozionali delle major. Le novità servono a guadagnare crediti e benefit
dalla casa discografica per mettere in palio dischi, biglietti e cosi via. In particolare è il
repertorio di formati che trasmettono rock, dance, jazz e country, ma lo fanno in modo
meno innovativo rispetto alla prima tipologia, perché adottano criteri estetici molto
ristretti. Questa scelta comporta un’identificazione degli artisti con il brand di certe
emittenti piuttosto che creare un’identità di sound.

Secondo Galuszka le emittenti usano i primi tre tipi perché non vogliono cedersi alle case
discografiche e sono immuni alle pratiche come la payola (programmazione prezzolata).

La musica e il suo valore economico


Il fenomeno payola non è tanto frequente in Italia, ma negli USA è un tema più sentito ed è stato
istituito il cosiddetto “pay-for-play” che obbliga le radio a dichiarare lo spazio musicale che è stato
concesso a pagamento. L’esistenza della payola è data dal risultato di un compromesso che la
discografia ha trovato per sopperire alla difficile gestione del proprio business.
Tra i costi di promozione molto alti e la probabile mancanza di successo si impone comunque la
ricerca di forme di garanzia affinchè il valore economico della musica sia almeno un minimo
dimostrabile in anticipo e affinchè, il rischio che si corre lanciando un nuovo pezzo sia abbattuto al
massimo. Gli spazi della radio sono molto costosi ed è sempre un rischio lanciare nuove hit anche
per le case discografiche.

Poteri e influenze tra radio e discografia


È la radio a decidere se trasmettere o meno un brano in base al fatto che sia in linea con il proprio
format. Per le case discografiche è importante che un brano venga lanciato in radio per
promuoverlo e quindi per trarne guadagno dal successo. Per questo le case discografiche tendono
a produrre musica che possa compiacere alle radio.
Questo è ciò che è successo nel mercato inglese. La radio qui aveva più possibilità di decisione
delle case discografiche (mix del brano, possibili edit, ordine cronologico di uscita dei brani…). La
BBC e le radio private qui hanno spesso fatto da consulenti per le case discografiche che ne
erano in un certo senso dipendenti. Spesso si metteva in secondo piano ciò che era la decisione
dell’artista o del suo management.
A metà degli anni ‘90 però la BBC Radio1 cambiò atteggiamento nella selezione musicale
programmando una heavy rotation per artisti allora sconosciuti come gli Oasis e i Blur
supportandoli e facendoli emergere. Per quanto riguarda l’Italia invece il ruolo svolto è simile a
quello inglese: abbiamo esperienze simili con Rai Radio 2 che dal 2009 ha iniziato a dare maggiore
importanza a personaggi esordienti, per massimizzare gli ascolti e intanto per offrire un servizio
pubblico ha dovuto smarcarsi dalle altre emittenti trasmettendo brani alla deriva. Abbiamo poi il

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caso della NPR, la radio pubblica no profit americana, che ha sviluppato un altro approccio con le
case discografiche in cui ci si è dedicati alla musica indie un po’ con lo stile delle radio da college. La
nascita di questo spazio ha comportato ad un nuovo modello discografico indipendente rock ed
eterogeneo (grazie all’ampio modo di produzione, distribuzione e consumo di musica) e intanto i
pubblici sono usciti dal controllo delle case discografiche affidandosi alla rete.

La promozione discografica sugli altri media


Quello che è stato storicamente è stato definito uno scambio alla pari fra radio e industria
discografica è influenzato da nuove strategie promozionali e sposta l'attenzione dalla radio al web,
mantenendo comunque il focus sulle possibilità di fidelizzazione derivanti dai mezzi più
tradizionali. La televisione è una delle alternative valide nel marketing della musica e lo fa
attraverso campagne pubblicitarie. Però la tv è soprattutto serialità, film e talent show, (High
School Musical, American Idol, Glee”. Quello di HSM divenne il disco del 2006 senza che nessuna
canzone passasse in radio se non a Radio Disney; American Idol è invece il primo dei talent show
con l’obbiettivo di far emergere artisti sconosciuti. Glee invece è una serie che mette in scena le
vite di teenagers sotto forma di musical. Con l'arrivo della rete la discografia ha cambiato il proprio
modello di business, con iTunes o cedendo alla diffusione gratuita su YouTube. Quindi il mondo del
webcasting e dello streaming ha profondamente mutato l’intero sistema. Le radio regalavano
l'accesso alla musica e ascoltarle al posto dei dischi o delle proprie cassette era un modo più caldo
e informato per sperimentare la musica. La presenza di un'emittente sul web oggi con un'identità
ben precisa dal punto di vista della selezione musicale è parte essenziale della costruzione del suo
brand, a uso e consumo del pubblico che vuole coinvolgere.

PAROLA CHIAVE: PLAYLIST


I poli attorno i quali ruota la decisione sulle scelte di programmazione delle radio sono due:

1. Sviluppi culturali e tecnologici del mercato della musica


2. I modi e stili per consumare la musica

Oggi ormai l’ascolto è organizzato da playlist, ovvero delle sequenze che seguono uno stesso stile o
formate da algoritmi. La radio ora si è confrontata con questo nuovo modo e possiamo infatti
parlare di format radio.
Il Top40 ad esempio è nato quando il formato di distribuzione della musica registrata più diffuso
per i giovani era il 45 giri di cui 33 giri di musica classica per gli adulti; con la nascita degli album
anche per la musica classica si inizia a dare importanza alla sequenza dei brani e a concepire la
modalità Long Playing per un ascolto continuativo. Il pioniere di ciò fu Sgt. Pepper’s Lonely Hearts
Club Band dei Beatles del 1967 preceduto da Pet Sound dei Beach Boys dell’anno prima,
probabilmente la fonte d’ispirazione. La radio che era un medium devoto alla programmazione dei
singoli ha reagito alla diffusione degli album con la creazione di formati adatti a questa forma di
distribuzione e di cultura musicale.
Dagli anni ‘60 le emittenti iniziarono a creare formati di album con brani eterogenei e dando spazio
agli Album Oriented Rock. Con l’avvento dei dischi l’ascolto dei Long Playing iniziano a farsi da parte
e va a prendere piede l’ascolto on demand offerto ad esempio da MTV e da radio governate da hit.
Un’altra evoluzione fu il tasto shuffle sui lettori CD o iPod.
Oggi le case discografiche ormai sono legate alla rete, al digitale, poiché esso risponde a due
richieste di bisogni diversi di ascolatore:

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1. Il possedere brani e album;
2. Poter accedere a un “jukebox celestiale” dove c’è tutta la musica possibile.

Accanto al jukebox celestiale è sempre presente un senso di smarrimento. Per questo le playlist
rivestono oggi un ruolo importante che ammorbidisce la randomicità della riproduzione casuale
che lo shuffle aveva introdotto. La promessa dei servizi di streaming è quella di far suonare la
musica giusta al momento giusto assumendo che i modi di fare tradizionali di consumo della
musica non siano in grado di farlo. Non c'è radio che possa competere con questa estrema
targettizzazione ma nessuno potrà togliere alla radio quel valore aggiunto di sorpresa che veicola
all''ascoltatore ogni volta che passa un brano senza annunciarlo.

3. Parole in diretta
Il parlato come la musica è l’altro ingrediente fondamentale della radio. C’è chi ne fa il proprio
fulcro comunicativo dando ampio spazio alle trasmissioni parlate. La parola, che è l'elemento più
caratterizzante di un'emittente è quasi sempre in diretta oppure cerca di simulare la diretta.
Questa sua dimensione cosi naturale e flessibile, se confrontata con un qualsiasi contenuto
registrato, fa del parlato l'elemento più imprevedibile della radio.

IL PARLATO E LE SUE CARATTERISTICHE


L’obiettivo fondamentale del parlato radiofonico è la comprensibilità e la sua efficacia è
direttamente proporzionale alla comprensibilità che a sua volta dipende dalla semplicità con cui
viene formulato il discorso e dalle capacità discorsive e di pronuncia della voce di chi lo pronuncia.

La voce dello speaker


La voce è l’insieme dei suoni prodotti dall’azione combinata dell’apparato respiratorio,
dell’apparato fonatorio e delle cavità del naso e della bocca.
I parametri più utili per classificare le voci a seconda delle loro caratteristiche naturali sono: Il
timbro e l’intensità di emissione. Con riferimento al timbro, una voce può essere definita acuta,
grave, gutturale, nasale, mentre il suo volume di emissione la rende debole o forte, sottile o
stentorea (voce possente).
La comunicazione verbale si fonda su cinque pilastri fondamentali:

1. Respirazione , che fornisce allo speaker l’energia necessaria per affrontare il testo che deve
leggere o i contenuti che deve esprimere. La respirazione diaframmatica, agendo
direttamente sul muscolo del diaframma collocato tra polmoni e basso ventre, è anche un
ottimo strumento di controllo delle emozioni;
2. Pronuncia , è l’emissione di sillabe e parole secondo le regole della consuetudine e il
complesso di convenzioni di un paese o di una regione;
3. Articolazione , è l’elemento che meglio favorisce la comprensibilità. Per imparare a scandire
bene le parole è necessario esercitarsi nell’utilizzo di tutti gli organi che concorrono
all’articolazione;
4. Dizione, si intende complesso di regole di intonazione della voce, con l’uso delle pause e
della punteggiatura sonora;

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5. Espressione , finalizzata a un uso estetico della parola e, più che seguire delle regole di
dizione, cerca di provocare stati d’animo piacevoli nell’ascoltatore.

Il lettore in radio deve essere in grado di far propri i testi che gli vengono dati e trovare la giusta
motivazione per poter attrarre il pubblico emotivamente.

La voce al microfono
La personalità di uno speaker nasce e si sviluppa in base al modo che egli utilizza la propria voce.
Ci sono speaker adatti a pubblico giovane e altri a un pubblico più adulto, ad un pubblico maschile
o femminile.
Inoltre cambia il proprio tono in base al momento in cui si trova in onda, ad esempio se siamo di
notte cercherà di un usare un tono più caldo e intimo o in base alle fasi del programma.
Tutti gli effetti vengono fuori da una lunga esercitazione e capacità di padronanza della propria voce
nelle sue 5 parti. Conoscere bene anche il microfono è una buona cosa in quanto si sa che con le
lettere occlusive (P, B, T, D) bisogna mantenere una certa distanza per evitare strani effetti e con le
lettere fricative (S, F, Z) che tendono a fischiare e a sibilare.

Una vecchia lezione di parlato radiofonico


Un elemento fondamentale del parlato radiofonico è la comprensibilità che è stretta alleata della
semplicità, ciò vuol dire essere brevi, usare termini comuni, mantenere una logica sequenziale
quindi legata per coordinazione, limitare gli argomenti e circoscrivere la portata do ogni frase nel
momento in cui viene espressa.
Carlo Emilio Gadda (giornalista Rai) nel 1953 da vari suggerimenti:
• Mettere a proprio agio l’ascoltatore → con la semplicità del nostro parlato ed evitare
citazioni dotte o argomenti poco funzionali rispetto a quello di cui stiamo parlando. Inoltre
importante entrare subito in medias res, senza dilungarsi in troppi preamboli inutili dato il
tempo a disposizione;
• Costruire frasi brevi e periodi semplici → per controllare la propria composizione dei
periodi e facilitare l’ascoltatore nella ricezione dei messaggi. Ciò aiuta anche nella stesura
del testo radiofonico; meglio utilizzare la coordinazione invece della subordinazione per
una maggiore linearità alla forma espressiva della radio;
• Sistemare un concetto dietro all’altro → per una migliore esposizione. La radio impone una
certa chiarezza preliminare alla trasmissione che comporta selezionare gli argomenti e
ordinarli;
• Sottolineare i momenti di transizione → è importante incoraggiare la ripresa
dell'attenzione nei momenti di passaggio tra concetti o argomenti per mantenere
l’attenzione , ciò si può fare con cambiamenti di tono, ritmo o voce o con musiche quindi
jingle e stacchi musicali.
• Usare un lessico accessibile a tutti → anche se la lingua della radio ha una certa ricchezza
lessicale, laddove si può si utilizzano modi di dire e termini più semplici ;
• Non usare rime, allitterazioni e cacofonie (un suono che risulta sgradevole all'udito per la
successione disarmonica delle note) → poiché tutto ciò che suona strano aumenta la
possibilità di errore e svia l’attenzione dell’ascoltatore dall’argomento per portarlo invece
sulla musicalità delle parole;

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• Evitare le forme tipiche dello scritto → poiché leggendo ci sono regole che permettono di
saltare pezzi e comprendere lo stesso il significato. È sconsigliato l’uso di pronomi perché
sono mal tollerati.

LA SCRITTURA DEL PARLATO


Come lo scritto, il parlato radiofonico è una comunicazione sostanzialmente unidirezionale, che
esclude la possibilità dello scambio di ruoli tra emittente e ricevente, non necessita della
compresenza fisica dei soggetti e consente di comunicare lo stesso messaggio a più persone
contemporaneamente.

preparare la scaletta
Ai tempi di Gadda, la stesura dei testi per la radio veniva creata da apposite figure professionali,
oggi queste si trovano soltanto nella produzione informativa, documentaristica e di fiction. La
pratica più diffusa è rimasta la preparazione della scaletta di ogni intervento.
La scaletta è quindi un testo scritto ad uso e consumo dello speaker che lo redige.
E’ uno strumento che ha cura di chiarire gli elementi essenziali dell’articolazione del discorso e in
particolare:

• I tempi, sapere quando bisogna parlare e chi deve parlare, le interruzioni previste come
musica, pubblicità ecc., la distribuzione dei vari contenuti nel tempo segnando quindi la
ripartizione prevista dal clock;
• I contenuti, il tema di fondo della trasmissione, essi vengono controllati anche dalla
redazione per una selezione dell’intera lista di argomenti disponibili. L’ordine delle
argomentazioni per poter mantenere una logica generale del discorso;
• La forma, entro i margini previsti dal clock è possibile per lo speaker approfondire un
argomento come vuole che sia nella forma del gioco, della lettura dei messaggi o tramite
intervista.

Nessuna scaletta riporterà del dettaglio tutte le informazioni necessarie , la sua funzione è quella di
sviluppare il clock e fare il punto della situazione, ricordandolo a chi sta parlando.

La performance dello speaker


L’esito della trasmissione dipende principalmente dal lavoro dello speaker, il cui obiettivo finale è
l’improvvisazione che deve trarre dagli elementi che trova nella scaletta, che sono il punto di
partenza. Lo speaker ha tante cose che deve evitare e tante che deve fare, non può permettersi
pause nel parlato, per evitare che il programma si fermi.
Le regole per uno speaker:
• Non pensare alle migliaia di persone che sono in ascolto;
• Non deve recitare un ruolo prestabilito, ma darsi come obiettivo di raggiungere gli
ascoltatori e catturare la loro attenzione;
• Non deve utilizzare un lessico troppo elevato, ma parlare come quando si è tra amici;
• Non usare frasi fatte e dire banalità;
• Deve utilizzare quelle che sono le formatics ovvero informazioni contestualizzanti (ore,
luogo, la radio su cui siamo, contatti per intervenire, prossimi notiziari…);

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• Avere a disposizione formule personali che funzionino in ogni momento della trasmissione
ma che non devono essere ripetute come a memoria;
• Deve usare le stesse formule personali per sostenere un parlato lungo e per muoversi con
agilità nei momenti più difficili;
• Deve sviluppare un repertorio di espressioni efficaci per esprimere sinteticamente dei
concetti;
• Costruire una costellazione di rimandi intertestuali tra quello che accade in diretta e quello
che l’emittente offre sulle altre piattaforme per poter ravvicinare ancora di più gli
ascoltatori.
Gli speaker i motori degli spostamenti del pubblico tra le diverse piattaforme, non devono solo
indirizzare i pubblici sulle varie piattaforme mediali, ma devono anche attrarli con la loro presenza
in essi. Ogni conduttore:

• Deve rivolgersi ai singoli ascoltatori → come se stesse parlando con uno solo di essi poiché
essi ascoltano come singoli, deve trattarli come se fossero vicini e visibili simulando una co-
presenza;
• Deve sforzarsi di anticipare pensieri e bisogni di chi ascolta → per farsi ascoltare, non è
importante la quantità delle informazioni ma la funzionalità e veridicità;
• Deve mantenere naturalezza e sicurezza → calma ed essere rilassato, essere il padrone
della situazione.

L’ascolto è precario
L’attenzione verso il parlato è piuttosto fragile, ha dei tempi brevi di sopportabilità (12/15 minuti)
ed è frammentaria.
La radio è il medium più leggero e maneggevole, si può ascoltare facendo altro nel frattempo e
questo dimostra perché l’attenzione dell’ascoltatore non vada pienamente verso di essa. In ogni
caso, la comunicazione radiofonica deve colpire l'ascoltatore in tempi brevi e in modi coinvolgenti,
pur contando su livelli di attenzione assai instabili.

Le funzioni del parlato


Il parlato ha delle funzioni specifiche che svolge in base alla trasmissione in cui viene inserito. Ci
sono due categorie: il parlato di accompagnamento (o riempimento) e il parlato di contenuto (o
significato). La prima tipologia di parlato risponde alla funzione di accompagnare “l’ascoltatore
con il suo valore di suono più che per il reale messaggio comunicativo, spesso inesistente o molto
fragile”. È il parlato che fa da sottofondo, il cui obiettivo è quello di riempire gli spazi tra un brano
musicale e un altro. Il suo punto di partenza è appunto la presentazione della musica.
Nel vocabolario di uno speaker con annuncio e disannuncio si intende il momento in cui il disco
viene annunciato prima o dopo la sua messa in onda. La maggior parte delle operazioni di questo
tipo viene svolta sulle note iniziali e finali delle canzoni, quelle che abbiamo definito intro e outro,
la parte introduttiva e conclusiva di un brano musicale o meglio tutto ciò che succede,
musicalmente parlando, prima che l’interprete inizi a cantare e dopo la fine del canto. La
programmazione musicale determina anche lo stile delle basi musicali su cui lo speaker si esprime
perché alcuni sottofondi aiutano a tenere uno stile morbido o sostenuto.

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La seconda tipologia di parlato viene definita di contenuto, perché svolge il ruolo principale per cui
viene formulato: comunicare uno specifico messaggio.
All’interno di questa categoria, Priestmann distingue almeno due modalità di parlato,
corrispondenti a diverse tipologie di contenuto:
1. Factual, o concreto, è il parlato tipico e prevalente nelle radio All news, News/Talk, Sports,
nelle radio politiche e in tutte le radio che fanno informazione e si occupano di attualità: il
suo contenuto si basa sui fatti, è ancorato alla realtà su cui la radio agisce e costituisce
motivo di interesse per chi ascolta;
2. Non-factual, o finzionale, è il parlato senza una funzione direttamente informativa,
costruito per l’intrattenimento, assai diffuso nei formati che accolgono fiction, sketch e
show comici.

LO SPEAKER, TRA ANONIMATO E PERSONALITÀ


Sulla base della trasmissione gli speaker possono avere una conduzione più anonima e
impersonale oppure una conduzione incentrata sulla personalità di chi sta al microfono.
Il successo di un programma in particolare a volte può comportare uno squilibrio tra le diverse parti
del palinsesto della radio, sbilanciando le attenzioni della direzione verso un certo segmento e
lasciando da parte le altre trasmissioni e i loro conduttori.
Il personaggio di solito più eclettico è il comico riesce a portare in radio tutte le dinamiche non
visive della comicità da cabaret, giocando con il linguaggio e i toni di voce. C’è poi il tipo di
conduttore più affine alle radio musicali, a cui non vengono date indicazioni di formato troppo
rigide da rispettare. Infine abbiamo molte radio che invece raccolgono consensi grazie alla figura
dell’host la cui funzione è quella di moderare talk show con l’intervento del pubblico.
La talk radio è un mezzo provocatorio e pericoloso, capace di rappresentare una forma di
democrazia estrema che da voce e peso a ogni idea, senza alcuna censura o repressione.
Nell'offrire un forum per lo scambio delle idee e dei punti di vista, la talk radio consente la crescita
delle capacità di comprensione dei temi complessi che la società affronta. La gente riesce a
destreggiarsi tra le varie idee conflittuali e trova il modo per dare un senso anche alle questioni più
complicate. Senza una persona carismatica al microfono, questa forma di scambio e di
partecipazione fallirebbe, ma grazie alla presenza degli host, le trasmissioni subiscono l'esclusione
di certi punti di vista e discorsi in favori di altri, dominanti, tanto da produrre una visione del
mondo parziale e indiscussa. Poi ci sono professionisti che non sono radiofonici all'origine ma che
lo diventano perché qualcuno ha deciso di metterli alla prova davanti al microfono, ma provengono
dalla tv, dal web ecc.. Il conduttore se ha una vita ricca e piena riesce ad attingere alle proprie
esperienze, perché il modo con cui il conduttore si relaziona alla vita corrisponde al modo in cui il
pubblico gli si relazionerà. I migliori conduttori sono grandi osservatori delle esperienze delle vita. I
conduttori esprimono, nel modo di parlare e nei contenuti che presentano un senso di normalità
che da un lato mette a proprio agio l'ascoltatore e lo intrattiene, dall'altro stimola l'aspettativa che
questa sia in realtà una normalità “finta”, scritta e voluta.

FORMATI PER LA PAROLA


Le varie tipologie che riconosciamo sono:
• All News , assai popolare a cavallo tra anni Novanta e Duemila e tutto incentrato sui
notiziari e l’informazione specializzata 24 ore su 24, è un formato piuttosto raro che vive
bene solo nei mercati più grandi;

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• News/Talk , è un ibrido che combina insieme una copertura informativa molto estesa e talk
show con la partecipazione del pubblico. La programmazione è segmentata con notiziari
lunghi al mattino e al pomeriggio, durante il drive time, e ampie porzioni di conversazione
in mattinata e di sera. Cronaca, sport e informazione sono i punti fermi delle fasce dedicate
alle notizie. Gli spazi parlati, arricchiti dalla presenza delle telefonate, sono nati per
rafforzare gli orari più deboli e occuparsi di temi di interesse pubblico. Questo formato
necessita di una conduzione seria e competente per la parte informativa e di speaker dalla
forte personalità per i programmi di parola. All'interno di una radio News/Talk c'è spazio
per formati di approfondimento e racconto;
• Talk , gli ascoltatori più affezionati a questo formato sono gli adulti di entrambi i sessi, di
reddito e livello culturale medio-basso, con un’elevata propensione alla partecipazione, le
radio talk sono innanzitutto un punto di riferimento per scambiare opinioni, intervenire
attraverso il telefono e parlare con gli host. Non avendo come obiettivo la diffusione della
musica, le radio Talk devono essere il più possibile parlate anche se ciò comporta uno sforzo
gestionale notevole. In questi programmi spesso il pubblico viene inviato a raccontarsi e a
svelare qualcosa di se e qui i conduttori hanno un ruolo molto importante. I formati Talk
sono spesso di natura conservatrice e l'esempio più longevo e interessante, è Radio
Radicale;
• All Sports , è uno dei formati responsabili della crescita dei numeri della radio parlata. La
radiocronaca è il genere più adatto e più praticato. Essa è anche la prova più temuta per chi
sta al microfono: la difficoltà sta nel prevedere gli sviluppi dell’azione che si sta
raccontando, che può evolvere in maniera inattesa e che rischia di smentire le parole
appena pronunciate. Il ruolo del conduttore nei programmi di parola è quello di
approfondimento, della ricerca di una chiave di lettura del fatto, da sviluppare con
interviste. Chi parla deve avere le doti di giornalista e le competenze dello sportivo, lo stile
del conduttore esperto insieme alla passione del tifoso e dare, al momento opportuno, il
giusto peso a ciascuna componente del parlato. C’è spazio anche per le telefonate che
permettono ai tifosi di intervenire e sostenere la propria squadra. In Italia non c'è un
emittente nazionale dedicata allo sport, fa eccezione Radio Gazzetta.

MODELLI PER PROGRAMMI DI PAROLA


In Italia la tradizione della radio parlata è ricchissima:
• Varietà e Morning Show , negli anni Settanta nascono per il servizio pubblico formule di
intrattenimento che ancora oggi troviamo replicate all’infinito nell’offerta pubblica e
privata, nazionale e privata. Una di queste è il varietà comico nonsense e tendenzialmente
improvvisato che nasce nel 1970 con Alto Gradimento di Arbore e Boncompagni e prosegue
con esempi assai noti, tra cui Viva Radio 2 con Fiorello. Esiste un tipo di varietà dedicato alla
fascia mattutina detta morning show e ibridato con elementi di attualità e cronaca perché
collocato nell'orario di maggior ascolto. Questo spazio deve rispondere al bisogno di
informazione e intrattenimento di chi ascolta in un momento molto delicato della giornata;
• Talk show , con telefonate e un conduttore carismatico che copre argomenti di attualità e dà
voce alle opinioni del pubblico, mettendole a confronto con esperti: il primo fu Chiamate
Roma 3131, nato nel 1969. Importanti anche il protagonismo e il carisma del conduttore
che deve inoltre essere sincero, amichevole, apparire umano e non artificiale;

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• Racconto orale, fiction e documentario , dalla drammaturgia più classica si sono sviluppati
tipi di fiction originali, commistioni tra racconto di finzione seriale e autobiografia
radiofonica che riprendono l’uso dello storytelling.
Sono poche le radio che oggi investono su questo formato : le uniche emittenti al giorno d'
oggi sono Radio 2 e Radio 24 con Matteo Caccia specializzato nella produzione di
storytelling biografico e celebre per aver prodotto nel 2008 Amnesia, un mockumentary su
un uomo che perde la memoria e ogni giorno vive le stesse esperienze recuperando la
propria identità puntata dopo puntata. Questo aveva fatto credere che fosse una storia
vera, per l’alto grado di realismo nel racconto nella diretta. Il saper raccontare storie è
importante per coloro che vogliono buttarsi in questo campo. Abbiamo poi commistioni tra
poesia e musica, con playlist che alternate a poesie propongono quello che è Parole Note di
Radio Capital.
Per quanto riguarda il documentario invece in Italia lo abbiamo con Rai3 in Tre Soldi una
serie documentaristica di produzione contemporanea che racconta la realtà e la storia con
tanto di testimonianze dirette. Un documentario è un’opera creativa con una struttura
sonora articolata e una storia vera, ha tempi di produzione lunghi ed è l’unico genere che si
basa su una sceneggiatura. Principalmente deve avere un focus, colpire nelle emozioni e
muovere emotivamente l’ascoltatore.

4. La radio: pratiche e professioni

IL MANAGEMENT DI UNA RADIO


Per fare radio abbiamo bisogno di tante persone, idee e voci ma soprattutto di qualcuno che sappia
mettere insieme tutte queste forze. Nel mondo radiofonico si mischiano energie creative, le
direttive aziendali, le espressioni della cultura popolare con lo scopo di dare vita a un particolare
messaggio che abbia senso per un determinato pubblico.
Lo station manager
Lo station manager ha il compito di garantire il profitto dell’emittente, di confezionare il prodotto
radiofonico in un determinato formato mantenendone l’unicità e l’integrità, e creando un insieme
interessante e coinvolgente, possibilmente di successo.
Essendo un manager deve avere autorità e deve controllare ogni processo lavorativo e decisionale;
non accentra su di sé i vari compiti, ma ne delega ai collaboratori. Pertanto dota di diverse figure e
strumenti di supporto e di principali direzioni: artistica, delle news, commerciale, di marketing,
tecnica e legale. Oggi in Italia questa competenza si acquisisce sul campo, lavorando in radio e
accumulando esperienza, in quanto non c'è mai stata un'effettiva formazione professionale
specifica.

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Organizzazione del lavoro
Dopo la decisione del tipo di radio che si vuole e delle risorse disponibili, lo station manager deve
definire un metodo per determinare l’organizzazione del lavoro e scegliere le tecnologie di cui
usufruire. Ogni station manager è chiamato a mettere in discussione le sue scelte di continuo,
proprio per la natura oscillatoria del mondo della radio. Ogni radio è una piccola scuola e più essa è
piccola e più si avrà questa sensazione: le competenze si moltiplicano, l’esperienza si tramanda
aggiornandosi con il passare degli anni e delle tecnologie.
La mancanza di scuole di formazione genere la domanda di un percorso professionalizzante in
grado di garantire una crescita ma le risposte più frequenti sono quelle del “fai da te”.
Lo staff di una radio può essere composto da un numero di persone estremamente variabile, tra i
10 ai 100, in particolare restringiamo a 3 le principali variabili che determinano le dimensioni:

1. La natura della programmazione della radio;


2. Il tipo di produzione e messa in onda;
3. L’ampiezza del bacino di utenza primario.

Inoltre il numero di persone occupate aumenta all’aumentare di programmi e in secondo luogo


vediamo incidere sulla quantità del personale la regia automatizzata o semi-automatizzata. Infine
l’ampiezza del bacino di utenza influisce sulle strutture di marketing, commerciali e delle politiche
promozionali. Ci sono poi modi di ridurre personale con l’uso di servizi esterni che gestiscano interi
settori produttivi come l’informazione, il web o le trasmissioni ad alta frequenza.

Il rapporto con il pubblico e con la proprietà


Da una parte abbiamo i cambiamenti interni nella “squadra” e dall’altra i cambiamenti esterni del
pubblico. Un buon station manager deve essere in grado di tenere sotto controllo gli ascolti e di
conoscere il proprio pubblico attraverso mezzi di ricerca adeguati.
La radio è abituata ai cambiamenti nei gusti del pubblico, ed ha imparato a evolvere con esso, e un
modo per farlo è cercare di rinnovarsi continuamente, conoscere i propri ascoltatori e prevenire le
loro scelte. La radio può anticipare, proporre novità, lanciare nuovi temi e sollecitare cosi
l’attenzione su di sé, senza però correre troppo e poi rischiare più del dovuto.
Spesso l’editore proprietario dell’emittente assume su di sé il ruolo di station manager,
circondandosi al contempo di persone di fiducia. Quando non si tratta della stessa persona, tra
editore e manager deve comunque esserci intesa. Nel complesso, è importante che lo station
manager conosca tutto quello che accade in ogni angolo della propria emittente.

Il direttore dei programmi


Spesso i ruoli della direzione dei programmi sono eseguiti dallo stesso station manager. Secondo
Keith il direttore dei programmi è un “radiofilo” cioè uno che vive di radio ed è nel settore da
diverso tempo, avendo ricoperto diversi ruoli. Insieme allo station manager, il direttore dei
programmi stabilisce e mette in opera il formato della radio, le sue strategie di programmazione e
organizzare il palinsesto. Al direttore dei programmi spetta anche il compito di supervisionare tutto
quello che va in onda in radio dalla musica ai contenuti, per questo è spesso affiancato da
responsabili della musica e un direttore delle news.
È importante che abbia una certa dimestichezza con il marketing editoriale per poter gestire il
marchio in ogni suo punto. La sua responsabilità più grande è la manutenzione del prodotto che ha

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messo in piedi, per tenere viva l'attenzione e per impedire che un ascoltatore cerchi altrove quello
che non trova sulla sua radio. Inoltre, il direttore si occupa di mansioni cruciali come:
• Disegnare il clock orario della radio
• Decidere quanta musica va in onda ogni ora
• Elabora il palinsesto settimanale
• Stabilisce il numero ottimale di speaker
• Gestisce le turnazioni delle voci

DIETRO LA SCRIVANIA: CREATIVITÀ, MARKETING E TECNOLOGIA


Il responsabile della musica / il programmatore musicale
In ogni radio c'è un responsabile della programmazione musicale: è la figura che costruisce
l’identità musicale scegliendo le canzoni da inserire nella playlist determinandone la rotazione e
controllando il comportamento della concorrenza. In alcune emittenti può avere un ruolo
prevalentemente amministrativo, si può occupare della catalogazione e delle archiviazioni dei
brani.Utilizza strumenti di analisi del mercato musicale come le classifiche di vendita e il
monitoraggio sulla programmazione delle varie emittenti (airplay). Il programmatore musicale
inserisce i dati relativi a tutti i brani che la radio è interessata a introdurre nella propria playlist e
studia le strategie di rotazione delle canzoni in programmazioni, elaborando la scaletta settimanale
che riporta le scelte finali del software.

Il responsabile del marketing


Il marketing di una radio ha come obiettivo esclusivo l’ampliamento del proprio bacino di utenza
attraverso tutte le piattaforme a disposizione del mezzo.
“La radio non vende oggetti, ma audience agli investitori. Fare marketing per una radio vuol dire
dunque disporre di un budget per far crescere l’audience: pertanto il marketing per una radio è pura
comunicazione”.
Tradizionalmente il marketing consisteva nel fare campagne ed eventi che promuovessero il
marchio della radio; con l’avvento delle tv musicali negli anni Ottanta, la radio ha fatto i conti con la
concorrenza del video, adeguandosi e iniziando a cimentarsi sempre di più, nonostante la
riluttanza, con la comunicazione visiva di se stessa. Un marchio radiofonico che funziona è
innanzitutto portatore di una comunicazione radio efficace e ben ricevibile è disponibile in digitale,
su internet, via satellite, sui televisori. Una delle domande che si deve porre il responsabile del
marketing è “dove sono i miei ascoltatori? Sono attivi o passivi? Cosa stanno facendo?”, la
comunicazione cambia sensibilmente se si sanno immaginare queste situazione. La radio raggiunge
gli ascoltatori e gli investitori raggiungono il pubblico che stanno cercando.

Il redattore/producer
Il producer è ciascun autore, giornalista, assistente, operatore, regista o tecnico del suono che
cerchi di cogliere la realtà e di darne una versione radiofonica, occupandosi del prodotto dall’idea
alla messa in onda, oltre che della sua vita successiva alla trasmissione. Per Hendy i producer “sono
tutti coloro che fanno i programmi. Essi concepiscono e cercando idee, pianificano le scalette,
registrano e editano il materiale e spesso dirigono le operazioni in studio durante la trasmissione”. I
producer sono spesso il vero motore del programma prima, dopo e durante la trasmissione.

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Producer è ciascun redattore che cerca contenuti per una trasmissione o un notiziario, organizza
giochi per far intervenire il pubblico in onda e sui social, si occupa della scaletta o contatta
personaggi da invitare in studio, realizza contributi audio di varia natura pensandoli e montandoli
se necessario per la messa in onda, fino all’editing del podcast e alla sua pubblicazione. I producer
sono spesso il vero motore del programma prima, durante e dopo la trasmissione. Chiunque sia
impiegato in produzione radiofonica deve avere capacità nella scrittura per la radio, con le tecniche
di impaginazione sonora, con la registrazione e il trattamento di file, con la gestione della
comunicazione dei contenuti prodotti dalle piattaforme come web e social. Le tecnologie di cui si
serve sono state pensate per questo tipo di lavoro. Se un producer non conosce quello che è
possibile fare in sede di montaggio, avrà maggiori difficoltà a realizzare pienamente il potenziale
espressivo del mezzo.

Il social media manager


Per i futuri imprenditori nel campo radiofonico sarà sempre più importante questa figura che si
occupa della piattaforma social, col passare del tempo è stato sempre più necessario esprimere
l’identità del proprio marchio su ogni canale social e interagire con i propri ascoltatori tramite essi.
Il mercato pubblicitario digitale è il perno di questa trasformazione, che nelle aziende broadcasting
implica il saper adattare una comunicazione “uno a uno” ad una “molti a molti” e coordinare
attraverso una figura ad hoc tutte le strategie che passano attraverso i social network. È importante
per questo compito avere conoscenze umanistiche, musicali e pedagogiche, sono importanti i
contenuti pubblicati, la tempistica delle risposte a domande e commenti.

Il responsabile commerciale
Ogni radio ha un direttore commerciale che gestisce direttamente, in tandem con la concessionaria
pubblicitaria, l’insieme di clienti e investitori di riferimento dell’emittente, stabilisce listini e tariffe
di vendita degli slot, coordina le promozioni e realizza il materiale pubblicitario. La responsabilità di
queste attività dev'essere affidata a una figura esperta di radio, con un ampio background nella
produzione di programmi e con competenze nel marketing e nella ricerca sul pubblico, deve
valorizzare al meglio le potenzialità della comunicazione radiofonica agli occhi e alle orecchie delle
aziende che investono. Il responsabile delle vendite sviluppa le strategie commerciali della radio,
adattandole alle diverse piattaforme per raggiungere i diversi target, adatte a ogni tipo di budget.
Lavora a stretto contatto con il direttore dei programmi, per fare in modo che la pubblicità che
viene acquistata sull’emittente risulti integrata con il prodotto radiofonico in tutte le sue
espressioni.

Il responsabile tecnico
A capo della struttura tecnica che tiene in piedi l'emittente c'è solo un ingegnere che si occupa
dell’allestimento dell’operatività e delle trasmissioni rispettando i parametri di legge. Gestisce
l’acquisto, la manutenzione e la riparazione delle strutture e attrezzature, il controllo della fedeltà
del segnale e dei consumi energetici. Organizza le trasmissioni in remoto o gli studi mobili quando
si è in trasferta e lavora a stretto contatto con la produzione. Da lui dipende il suono della radio.

FIGURE DA STUDIO: PRODUZIONE DI VOCI E SUONI


Il sound producer
Deve avere una preparazione tecnica e creativa, ed ha il compito di trattare le sonorità che la radio
trasmette e il loro ruolo nell’organizzazione produttiva di un’emittente; può essere più o meno

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importante anche in base al formato, al target, ai generi musicali. Manipola il ritmo, il volume e il
suono della musica selezionando jingle, sigle e le basi di sottofondo al parlato. L’obiettivo è quello
di cercare un’identità sonora della radio, affermandolo nel mondo radiofonico e rendendola quindi
riconoscibile. Spesso è un lavoro autonomo o affiancato da altre figure che riguardano sempre il
suono o per il parlato come spot, documentari, drammaturgia ecc.

Il tecnico di regia
Il tecnico di regia è una figura professionale indispensabile, l’unico impegnato “aldiquà del vetro”
nella gestione delle apparecchiature e dei materiali presenti nello studio radiofonico, oltre che
addetto ai rapporti con lo speaker di turno. “Far andare la macchina” senza intoppi e senza far
sentire la propria presenza.
Anche il regista, come il redattore/producer, è “invisibile”, ma nel suo caso è pagato proprio per
questo. Il tecnico di regia viene nominato solo nei credits ovvero in quelli che sono i titoli di coda.
Nel tempo, il tecnico di regia si è visto ridurre la mola di lavoro: prima doveva sincronizzare tutte le
fonti sonore che aveva a disposizione, dai dischi alle bobine, dalle cassette ai cd, più il telefono e i
microfoni di chi era in studio. Oggi tutta la musica è contenuta in un grande hard disk. Non c'è più
molto da fare se non utilizzare la console di regia e controllare che tutto vada liscio.

Lo speaker
I protagonisti della comunicazione sono gli speaker, la loro posizione è la più delicata perché li
rende responsabili in prima battuta del destino dell'emittente. Sono loro a dare l’immagine della
stazione e a realizzare il contatto con il pubblico. In principio erano gli annunciatori, dopo gli
annunciatori sono venuti i lettori. Successivamente, quando negli anni Cinquanta è arrivato il rock,
le radio che trasmettevano musica hanno portato alla ribalta i disc jockey.
Oggi si è delineata la figura del conduttore-animatore, con spiccate doti comunicative e una buona
dose di protagonismo. Con il termine speaker, o conduttore, indichiamo tutti quelli che in radio
intrattengono con la propria voce il pubblico in ascolto con notizie, messaggi, annunci e disannunci
delle canzoni. A questa figura si chiede di non assumere atteggiamenti da personaggio ma di
proporre un intrattenimento essenziale, con uno stile consono al target dell'emittente. Sono i
protagonisti, i conduttori e gli animatori della radio. Sono responsabili del buon andamento della
trasmissione, del destino di essa.

5. La radio: infrastruttura e distribuzione


Lo studio radiofonico può essere semplicemente composto da un microfono, delle cuffie e un
computer per mettere in streaming, direttamente da casa nostra, una radio su internet. È possibile
anche gestirla tramite una emittente web da remoto. Man mano è cresciuta la necessità di
abbellire lo studio poiché aumenta la possibilità dello streaming, di riprendere ciò che accade in
studio. Per quanto riguarda la diffusione la scelta più facile ed economica è il webcasting in diretta
o in differita, in streaming o in podcast quindi per download.

DALLO STUDIO ALL’APPARECCHIO


Lo studio radiofonico generalmente è piuttosto piccolo e insonorizzato. All’interno vediamo
solitamente un tavolo, sedie, un microfono e delle cuffie, un orologio e monitor da cui visualizzare
scalette, news, messaggi e cosi via.

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Gli studi sono stati man mano ristrutturati per la loro maggiore visibilità in streaming o in TV. Una
delle pareti dello studio è una lastra a doppio vetro che s’affaccia sulla saletta della regia, qui
abbiamo la console audio con mixer e la messa in onda delle fonti sonore che arrivano da computer
(musica, spot, servizi, sigle, basi, jingle…), lettori audio e video per importare altri suoni da altri
supporti digitali e analogici, amplificatore, casse, monitor, telefoni.
Esiste inoltre un’altra tipologia di studio che è quella che integra il banco della regia dove il
conduttore gestisce da solo la messa in onda, in questi casi la console è sormontata dal microfono
in un’unica postazione. Nelle radio più grandi invece c’è sempre uno studio di produzione: una sala
divisa in due ambienti, dove il sound producer crea il montaggio di spot, jingle, promozioni e
registrazioni da mandare in onda.

BASSA E ALTA FREQUENZA


Il primo passo di una trasmissione radiofonica è quello della generazione di un segnale, nato nel
microfono e confezionato dalla regia. Il segnale prodotto e manipolato è detto di bassa frequenza
perché si tratta di un suono ancora udibile all’orecchio umano. Il secondo passaggio è quello del
trasporto del segnale al più vicino punto di accesso ai dispositivi di trasmissione, con la codifica e la
trasformazione del sonoro in segnale ad alta frequenza, che indica tutto ciò che concerne la sua
diffusione.
Nel caso dello streaming del segnale, il punto di accesso al webcasting è in un computer dedicato,
che si trova in studio o nei pressi, da cui si configura il server per la messa in rete della radio, in
questo caso Menduni ci dice che la rete è lo studio. Ma la radio è ancora radiodiffusa, quindi dallo
studio il segnale dev’essere inviato via cavo a un antenna dotata di impianto trasmettitore, posta
magari sopra l'edificio dell'emittente oppur in un altro luogo elevato adatto alla trasmissione.
Il segnale originario viene modulato e traslato in modo tale da trasmetterlo sulle onde
elettromagnetiche secondo le frequenze assegnate. Le trasmissioni analogiche in modulazione di
frequenza (FM) sono più nitide e meno soggette a interferenze, mentre quelle in modulazione di
ampiezza (AM) sono più deboli e hanno un raggio di ricezione più ristretto.
Quando il segnale si affievolisce serve un impianto ripetitore per evitare interferenze. I ricevitori
mobili infatti devono continuamente cambiare frequenza mentre si spostano e cercare in forma
automatizzata la sintonia.
Il satellite può essere utile nei casi analogici per i quali risolve qualche problema per quanto
riguarda la lunga distanza. Con un transponder satellitare l’emittente può inviare ad esso il proprio
segnale, e abilitare ogni trasmettitore alla ricezione del segnale proveniente dal satellite.
Per le trasmissioni digitali terresti invece la modulazione è diversa, sulla base abbiamo sempre la
trasmissione per onde elettromagnetiche, ma trasportano suoni precedentemente convertiti in
segnale binario con una minore potenza necessaria e con la possibilità di uno sfruttamento più
ordinato e capiente delle frequenze stesse: a parità di lunghezza di banda, la capacità di
informazione e di qualità è maggiore e di minore qualità.
Gli standard di codifica del segnale sono oggi: DAB+ (Digital Audio Broadcasting plus) e il DMB
(Digital Multimedia Broadcasting per gli apparati mobili), essi sono operati da società consortili che
ottengono i diritti d’uso della rete e che consentono la trasmissione. Nel caso del DAB+, il segnale
dell'emittente viene inviato a un multiplexer che aggrega i diversi segnali delle emittenti del
consorzio e si collega con il traliccio da cui parte la diffusione circolare. La trasmissione ha un
quindi un costo minimo mentre per creare l’impianto il costo è maggiore ma è diviso tra più

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operatori. Quindi una volta propagatesi nell’etere, le onde radio vengono captate dalle antenne di
ricevitori, transistor, autoradio e cosi via. I segnali radiofonici in streaming sono visibili su computer,
tablet e smartphone.

BROADCASTING VIA ETERE: DALL’ANALOGICO AL DIGITALE


La trasmissione analogica in Italia è ancora lo standard prevalente. Il sistema analogico è molto più
stabile e quindi più affidabile del digitale.
Questa lentezza verso il digitale terrestre radiofonico è dovuta alle motivazioni complesse su cui
hanno pesato “la scarsità delle frequenze delle frequenze e la mancanza di una comunanza di
intenti da parte delle componenti del settore”: dal legislatore che ha voluto affrontare la situazione
radiofonica insieme a quella televisiva senza considerare la rilevanza strategica della radio; alle
emittenti che sono sempre state impegnate a difendere la loro posizione e a sopravvivere alla crisi;
fino alle industrie dei semiconduttori, dell’elettronica del consumo e dell’automobile che non
accompagnato la diffusione tra gli ascoltatori dei nuovi ricettori digitali.

I benefici che il digitale avrebbe portato sarebbero stati la possibilità di scaricare contenuti,
ascoltare in modalità non lineare e inviare foto, testi e dati.
Ormai il digitale sta spostando tutto verso la realizzazione all software: tutto gira su computer e
nell’esperienza comune c’è il fatto che il computer prima o poi si deve riavviare, trova dei virus e ha
bisogno di aggiornamenti. Un trasmettitore e un’antenna durano decine di anni e non si cambiano.
Sembra impossibile ignorare le normative che riguardano il broadcasting analogico, anche perché
la fase di transizione al digitale in cui siamo immersi, con la maggior parte delle emittenti nazionali
e qualche radio locale impegnate nel trasmettere in digitale in simulcast della programmazione
radiofonica analogica, ci sta dimostrando l'assetto regolatorio e l’insieme delle verifiche per
autorizzare le emittenti alle trasmissioni in tecnica numerica sono legati al “Testo unico dei servizi
di media audiovisivi e radiofonici” del 2005 (TUSMAR). Per far si che una radio funzioni bisogna
avere una concessione per la radiodiffusione sonora che determina il carattere dell’emittente
(commerciale o comunitaria) e, nel caso di carattere commerciale, i limiti di irradiazione del
segnale: nazionali (emittenti che prendono un territorio di oltre 15 milioni di abitanti) locale (al di
sotto dei 15 milioni).
Si considera emittente radiofonica a carattere comunitario, nazionale o locale, quella che è
caratterizzata dall’assenza dello scopo di lucro e che produce almeno il 30% dell’orario di
trasmissione giornaliero compreso tra le 7 e le 21.

L’emittente privata nazionale ha l’obbligo di trasmettere giornali radio, le radio commerciali locali
invece non hanno specifici obblighi di palinsesto, se non di usare il 20% della programmazione
settimanale per l’informazione di cui il 50% dedicato all’informazione locale. Per la Rai, la
trasmissione di spot non può eccedere il 4% dell'orario settimanale di programmazione e il 12% di
ogni ora.
Per le emittenti private questi limiti orari sono cosi ripartiti: il 18% per le radio nazionali, il 25% per
le radio locali, il 10% per le radio comunitarie in ambito locale o nazionale.
Il provvedimento di concessione a favore di un soggetto è rinnovabile, previa verifica del possesso
dei requisiti necessari all’esercizio (natura giuridica dell’emittente, situazione previdenziale dei
dipendenti, stato degli impianti di diffusione ecc.).

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Le principali norme riepilogate nel TUSMAR che disciplinano l’esercizio dell'emittenza radiofonica
privata, tra cui quelle per regolamentare:

• La natura dei contenuti delle trasmissioni → con obblighi e divieti dei concessionari,
espressi principi generali del sistema radiotelevisivo a garanzia degli utenti (rispetto dei
diritti fondamentali della persona, tutela dei minori, onestà nella pubblicità ecc.);
• Le caratteristiche dell’attività informativa → che dev’essere quotidiana per le nazionali e
deve presentare la realtà dei fatti per favorire la libera formazione di opinioni;
• Il trasferimento della titolarità dell’impresa radiofonica → di concessioni, frequenze e
impianti o rami di aziende, nonché di intere emittenti radiofoniche da un concessionario a
un altro.
La legge ha previsto diverse opzioni:
- I destinatari di queste operazioni possono essere soggetti già concessionari o
nuove società non concessionarie;
- È possibile per i soci acquirenti subentrare nelle quote di quelli vecchi, anche
passando attraverso un terzo concessionario che diventa pluri-concessionario.

Tra le opzioni di trasferimento di concessione abbiamo anche la possibilità della


trasformazione della stessa in concessione a carattere comunitario affinché ci siano
i prerequisiti (società cooperativa, associazione senza scopi di lucro) mentre è
vietata la trasformazione inversa;

• La concorrenza tra le emittenti e gli incroci multimediali → con limiti aggiornati dalla legge
112/2004 di modo che l’abuso d posizione sia calcolato sul SIC, il settore economico che
integra l’insieme di tutti i media: uno stesso soggetto fornitore di contenuti non può essere
titolare di autorizzazioni che consentono di diffondere più del 20% del totale dei programmi
radio irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale mediante le reti previste dal
piano di assegnazione delle frequenze, e non può avere ricavi superiori al 20% di tutto il
SIC.

Molte attività che una radio si trova a svolgere ricadono sotto il controllo di vari soggetti:
dall’autorità per le garanzie nelle comunicazioni che gestisce le frequenze, vigila sul rispetto e
sull’applicazione delle leggi e detiene il registro degli operatori di comunicazione, al ministero dello
sviluppo economico che ha la delega alle comunicazioni. Per la produzione musicale e il diritto
d’autore, la normativa è la legge 633/41 a cui si aggiunge il regolamento della società italiana
autori ed editori che disciplina i rapporti con le imprese radiotelevisive pubbliche e private e
dispone condizioni generali di licenza d’uso l’emittente deve versare alla SIAE un compenso in
percentuale sugli introiti connessi all’attività di diffusione.

Cosa cambierà con l’affermazione del broadcasting digitale


Il digitale e internet danno una nuova valida alternativa nel presente e nel futuro degli aspiranti
operatori. Con l’introduzione del digitale vedremo dei cambiamenti: il costo di accesso al mercato
sarà minore per un eventuale nuovo operatore, saranno minori anche i costi annuali e di gestione,
e sarà minore il consumo di energia elettrica perché le potenze degli impianti sono inferiori.

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Le radio più deboli, schiacciate dalla concorrenza dei grandi network, negli anni sono state
subissate dalle continue richieste di acquisizione delle frequenze e assorbite da emittenti con
ambizioni nazionali, a cui sono state vendute alcune frequenze spesso a caro prezzo..
I segnali più promettenti sono i switch-over della tv analogica e la regolamentazione della radio
digitale da parte dell’AGCOM, ma il completamento del piano nazionale di ripartizione è al
momento bloccato. Sul piano previsto con la futura DAB+ avremo una suddivisione nazionale in 39
bacini di servizio costituiti da aggregazioni di province che non hanno problemi di sconfinamento. Il
piano di ripartizione non è però ancora completo, in quanto non si ha un’idea precisa del numero
delle future frequenze.

Broadcasting satellitare
La trasmissione via satellite è ancora ampiamente utilizzata dalle emittenti radiofoniche nazionali
per diffondere segnali ai ripetitori in modulazione di frequenza. Alla fine del secolo scorso essa ha
permesso l'ingresso di pacchetti di programmi satellitari dei canali radiofonici fruibili come quelli
televisivi. Le radio sono anche sulle tv con il simulcasting della loro emissione radiofonica, ma nel
frattempo hanno sviluppato altre strategie di visibilità e diffusione, perché l'avvento di internet, ha
soppiantato la capacità di coprire il territorio a cui 20 anni fa si pensava di sopperire attraveros il
satellite.

INTERNET: LINEARE E NON LINEARE


Il webcasting
Radio e Internet lavorano insieme da oltre 20 anni, complice la diffusione dello streaming e la sua
virtuosa collaborazione col medium sonoro. La rete non rappresenta soltanto un sistema di
trasmissione alternativo dal punto di vista tecnologico, ma uno strumento che allarga i confini di
ciò che può essere definito radio, dal punto di vista del linguaggio, dei contenuti, delle forme,
portando una serie di vantaggi per chi si vuole dedicare alla radiofonia: notevole l’abbattimento dei
costi e la deistituzionalizzazione della comunicazione rispetto all’emittenza normale, la
regolamentazione è più leggera e meno vincolante dal punto di vista legale, c’è una maggiore
possibilità di accesso a un pubblico globale, c’è una maggiore produttività e operatività anche per
non professionisti grazie ai software gratuiti di montaggio, di servizi di compressione per lo
streaming e di piattaforme per la produzione di radio online.
Per dare via a una web radio (capace di supportare la connessione contemporanea di un certo
numero di utenti) è importante capire quanta larghezza di banda occorre e aprire un server
dedicato che supporti la radio. Alternativa praticabile è quella di affidarsi ai servizi di hosting che si
prendono cura dello streaming, all’occorrenza delle spese per i diritti musicali e della gestione del
flusso sonoro che gli fornisce, con tariffe calcolate sulla previsione degli utenti simultaneamente
connessi, sulla durata media e sulla frequenza delle connessioni.
La questione delle royalties musicali ha avuto nel tempo soluzioni diverse. La radiofonia sul web ha
da sempre sfruttato la leggerezza e la facilità della riproduzione di musica in formato digitale, senza
preoccuparsi, inizialmente, del pagamento dei diritti d’autore.

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Negli USA la questione è stata regolamentata nel 1998 riconoscendo il diritto delle case
discografiche di riscuotere royalties dove avviene la riproduzione digitale delle opere protette. In
Italia la direttiva comunitaria 2001/29 CE, volta all’armonizzazione dei diritti d’autore, è stata
recepita nel D.Lgs n.68, 9 aprile 2003 che aggiorna la legge sul diritto d’autore del 1941. La SIAE si
era già mossa prima del legislatore, per far chiarezza sull’argomento.
L’emittenza web è contemplata nel TUSMAR, che la fa ricadere nei servizi di media audiovisivi
lineari o radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica e nel regolamento emanato
dall’AGCOM nella delibera 606/10 in proposito, che l’articolo 21 comma 1bis prevede come libera
l’attività di comunicazione e di messa a disposizione di contenuti audiovisivi tramite rete internet,
per soggetti che abbiano fatturati annui inferiori ai 100.000 euro. Per mettersi in regola rispetto alle
licenze per l'utilizzo dei brani musicali a repertorio tutelato da diritto d'autore in modalità
webcasting, si può sempre scegliere di avvalersi solo di musiche di libero utilizzo e risparmiare
questa voce di spesa.

Farsi ascoltare
Sono migliaia oggi le radio che in tutta Italia e nel mondo trasmettono via internet sia in
simulcasting, sia come radio internet only sia in streaming. Le possibilità di organizzazione del
suono sono infinite: il web permette di fare radio di flusso 24h/24, oppure, consente di integrare
con programmi dal vivo e registrati. Consente di diversificare la programmazione in base ai fusi
orari e scaglionando la partenza delle repliche del palinsesto.
Si possono avere palinsesti di tipo classico (in cui l'emittente propone una serie di programmi o un
flusso definito e invariabile per chi ascolta) o radio on demand (che permette all’utente di scegliere
quale programma, musica, jingle che vuole ascoltare). Il problema qui è farsi ascoltare e farsi
riconoscere al di là di una stretta cerchia, e la soluzione passa attraverso le piattaforme di
aggregazione dell’audio on demand: store musicali online (iTunes, Shazam, GooglePlay) e servizi di
streaming musicale (Pandora, Spotify, Deezer) che offrono anche playlist create ad hoc.

Tutto ciò ha comportato una diffusione delle forme di accesso alla radio vastissima, anche
attraverso le App sugli smartphone. Pensiamo anche alla diffusione degli smart speaker come Alexa
o Google Home che si usano con comandi verbali attraverso la tecnologia del riconoscimento
vocale e riproducono suoni da tutti i device. Una web radio deve essere più che mai specifica e
tematica e farsi trovare da un pubblico selettivo.

Il podcasting
Il podcasting ha rappresentato un passo avanti, in quanto parliamo della possibilità degli
ascoltatori di trasformarsi in produttori di contenuti audio da far ascoltare on demand. Il
podcasting è stato presto implementato dagli editori tradizionali, non esclusivamente radiofonici
che ne hanno fatto strategicamente una forma raffinata di fidelizzazione dell'utente.
Il podcasting è una realtà nata come amatoriale e solo successivamente ha acquisito la popolarità
del racconto orale, giornalistico o di fiction.
I podcast più scaricati al mondo appartengono a tre macro-generi: storytelling (di qualsiasi tipo,
dall’arte alle relazioni sessuali), fiction e giornalismo, di approfondimento o investigativo.

PROSPETTIVE DI CONCORRENZA E INTEGRAZIONE


Internet e il digitale hanno aperto nuove prospettive alla natura dei contenuti della
programmazione radiofonica, alle caratteristiche del parlato e della musica da proporre, alle

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tematiche del copyright, la capacità di monitorare l’audience in ascolto, le fonti di finanziamento e i
modelli di business.
Si sta sviluppando un nuovo comparto che è quello del digital audio, che si riferisce ai contenuti
audio, fruibile sia in modalità lineare che on demand in rete. Bisogna capire come monetizzare il
traffico che si genera con i vari contenuti.
Tra le tecnologie, internet è quella che offre i maggiori sviluppi a tutti i soggetti interessati al
mondo dell'audio, degli appassionati agli operatori più piccoli, dalle medie imprese radiofoniche
locali fino ai grandi network. Il prossimo futuro tecnologico ed economico della radio sarà deciso
dall'interazione di quattro variabili che hanno a che fare con usi dei mezzi, strategie di contenuto e
politiche commerciali:

1. Modalità di consumo della musica da parte dei pubblici contemporanei, in casa e in


mobilità;
2. Il rapporto del pubblico con le forme narrative seriali;
3. Il contatto e l’interazione affettiva tra brand radiofonici e comunità di ascoltatori;
4. La capacità di monetizzare le varie espressioni dell’audio digitale.

Servono servizi di valore aggiunto nei diversi spazi digitali che distribuiscono il contenuto radio.

La visione della radio


La visione della radio in tv è una delle diverse porte di accesso dei potenziali utenti all’universo
narrativo di un’emittente. Per questo una radio lascia tracce di se in rete, con streaming audio e
video, su blog e siti informativi o con le app sugli smartphone. La radio si fa vedere in tv cercando
di promuoversi e farsi notare, è il caso, ad esempio, di Maria de Filippi con Amici e RTL o Radio 105.
Si tratta di cercare maggiore visibilità per gli speaker, il brand e le canzoni trasmesse.

Con il digitale terrestre le radio si sono fatte attrarre in particolare dai prezzi più bassi rispetto alle
vecchie frequenze analogiche. Si vuole, però, mantenere quello che è il rapporto uno a uno che la
radio ha sempre avuto con i propri ascoltatori e che in tv andrebbe svanendo, inoltre si vuole tener
stretta l’importanza della voce che in tv invece va a perdersi in quanto prende vita l’immagine. In tv
infatti vediamo grafiche, loghi, animazioni, scritte, videoclip musicali ecc: si parla di uno
snaturamento della radio. Ciò non si sa ancora se trae qualche vantaggio o meno.

Radio vs servizi di streaming musicale


Che differenza c’è tra una playlist di Spotify e un’ora di programma radiofonico? La stessa che c’era
tra le vecchie cassette e la radio. Oggi le playlist sono una delle chiavi del successo di Spotify e di
tutte le aziende che vendono stream musicali, sottraendo tempo e attenzione alle emittenti
radiofoniche. È importante il bisogno personale di un ascoltatore che vuole ascoltare qualcosa di
suo, creato appunto magari in una playlist. Se in passato la radio era al primo posto seguita da
YouTube, canali televisivi ecc.. oggi invece viene prima YouTube, i canali tv e poi dopo la radio.
Per essere totalmente competitivi con le radio, i servizi in streaming hanno iniziato a creare delle
playlist in maniera più vicina a come si organizza la radio. Apple Music ad esempio ha lanciato
Beats 1, una radio internazionale in inglese disponibile con programmi 24h/24.

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I vantaggi dello streaming in fondo sono il poter skippare canzoni istantaneamente o ritornare
indietro su una canzone gradita in precedenza, vantaggi rispetto alla radio. Infatti è stata anche
sviluppata un’App “Skip FM” che permette di navigare all’interno della programmazione reale della
radio: questo è stato fatto per la Kronehit. Il programma live viene trattato come una playlist, con
segmenti lunghi massimo 3 minuti e il simulcast ritardato da 1 a 3 minuti per garantire
un’esperienza d'ascolto senza soluzione di continuità.

La guerra delle app


Le radio in fondo non possono essere pervasive quanto lo smartphone, in quanto non riusciranno a
raggiungere i giovanissimi. Per questo motivo risulta importante considerare le App.
Esse propongono servizi a valore aggiunto per i propri ascoltatori: informazioni e riascolto della
musica appena trasmessa, preview di quella da proporre con testi e copertine, podcast e repliche,
messaggistica tra utenti con dediche musicali, possibilità di intervenire con i like, ecc. Questo tipo
di piattaforma, in generale guadagna attraverso la pubblicità che inserisce davanti allo streaming
delle radio che aggrega. Il tema delle connected car che potranno sempre più fare a meno dei
sistemi di radiofonia tradizionale e che giù inglobano nel cruscotto l'icona di Spotify è infatti
all'ordine del giorno e rafforza ulteriormente gli argomenti che portano le radio a confrontarsi ed
attrezzarsi per salvaguardare la rilevanza della radiofonia nel mondo dei nuovi contesti di fruizione
dell'audio digitale.

Gli over the top dell’audio


Uno dei podcast più famosi e scaricati negli ultimi anni è Serial, a opera di una giornalista
investigativa, Sarah Koenig che ha utilizzato gli strumenti dell'inchiesta e l'approccio narrativo delle
serie crime. Parliamo poi di S-Town, un altro show che è stato reso disponibile online con le stesse
modalità di Netflix.
Per finanziare questi podcast si usa vendere spot all’interno degli show, si finanziano attraverso la
vendita di pubblicità tramite conduttori. Gli ascoltatori di podcast sono ancora una piccola nicchia,
ma nonostante ciò la cosa sembra funzionare molto meglio della classica modalità in radio e in tv.
La pubblicità qui è più mirata e pervasiva, integrata nella narrazione e più difficile da saltare,
trasformandosi in un volano per lo sviluppo di questo mercato e delle sue figure professionali.

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