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AMANDA LOTZ - POST NETWORK

Introduzione

Con l'arrivo dei cellulari, ormai diventati computer/TV tascabili, Fischetti aveva predetto per gli anni
successivi la fine della TV tradizionale. Negli anni 2000, si aprì un dibattito a riguardo: chi sosteneva la
fine del via cavo, chi sosteneva che gli OTT, Over the top, servizi e contenuti tramite internet (es. Netflix)
avrebbero sostituito i decoder etc.
Nel 2010-14 ci si rende conto del fatto che la TV si può guardare anche mediante altri apparecchi,
nascono quindi nuovi rituali di utilizzo (fino a prima guardare la TV significava stare nel salotto,
sintonizzarsi su un canale o fare zapping, ora non è più cosi perché esiste lo streaming senza pubblicità
possibile anche al di fuori del salotto).
La TV 60 anni fa era vista come una finestra sul mondo che riuniva tutte le famiglie a una certa ora.
Con la trasformazione del modo di guardare la TV (dal multicanale agli OTT), cambiarono anche i modelli
di business e finanziamento mediante inserzioni/pubblicità. Nonostante ciò la TV è ancora presente
nelle case, ma non svolge più la funzione di riunire la famiglia, ognuno guarda ciò che vuole dato lo
sviluppo nel narrowcast e distribuzione a banda larga (per alcuni eventi come l'11 settembre/assassinio
Kennedy, la TV svolge ancora la funzione di condivisione però).
A differenza del passaggio radio-TV (l'una ha sostituito l'altra), il computer non sostituisce la TV, l'unica
minaccia per la TV sono quei canali che non si adattano al nuovo modello di business e fruizione del
medium attuale.
Dopo la transizione al multicanale ('80-2000), si entra nell'era del post network in cui le persone
cambiano il modo di fruizione alla TV (internet, dvr etc.) inizialmente le aziende tentarono di erigere
barriere, ma essendo un cambiamento inevitabile, decisero di adattarsi consentendo ai contenuti di
viaggiare oltre la piattaforma lineare di network.

Dall'inizio degli anni 2000 si svilupparono 3 tipologie di programmi:


1. Contenuto pregiato--> Prized content: programmazione di cui le persone vanno in cerca e che
desiderano in maniera specifica, per cui si sintonizzano su un dato programma appositamente e
spinge una parte di pubblico ad informarsi sui suoi sviluppi e pagare, soffre per le interruzioni, si
adatta benissimo al pagamento diretto (esempi sono serie TV come Mad Men e Breaking Bad).

2. Sport e competizioni in diretta: a differenza del contenuto pregiato, il fattore tempo è molto
importante perché l'evento deve essere in diretta, offre illimitata sponsorizzazione e i
meccanismi pubblicitari tradizionali.

3. Visione di flusso: il pubblico guarda programmi di questo genere per "compagnia", per esempio
nel caso dei Talk show oppure mentre fa zapping, oppure guarda il telegiornale mentre prepara
la cena e non mina l'efficacia dei modelli pubblicitari consueti.

Per quanto riguarda il discorso del prime time (prima serata), è la TV più vista e discussa nonostante
l'era post network minacci le gerarchie basate sulla messa in onda dei programmi.
Capitolo 1. Capire la televisione agli inizi dell'era post network.

La televisione americana si è evoluta partendo dalla radio. Tra il 1948-52, la Federal Communications
Commission (FCC) ha introdotto la distribuzione delle licenze per la televisione nazionale e ha messo a
punto la distribuzione delle frequenze adottando uno standard per la visione a colori e altri aspetti
istituzionali per uniformare il panorama televisivo nazionale.
La televisione viene così organizzata in network. All'inizio del 1960 la televisione consisteva
nell'apparecchio televisivo munito di antenna e consentiva di assistere alla programmazione fornita
dalle reti affiliate locali dai tre grandi network nazionali (NBC, CBS, ABC con sede a New York, ciascuno
amministrato da una figura) che dettavano i termini di produzione con gli studios; la forma prevalente di
finanziamento era lo spot di 30 secondi, in gran parte venduti a pacchetto prima dell'inizio della stagione
sulla base di rudimentali informazioni sugli ascolti per stabilire un prezzo. Durante la transizione al
multicanale il pubblico da generalista, passa a pubblico frammentato, ossia di nicchia.
A questo punto le reti broadcast e i canali via cavo, invece di dover pensare a programmi che
risultassero meno discutibili ed accettati da tutti, iniziarono a realizzare prodotti molto più precisi rivolti
a precise fette di pubblico, ciò è stato permesso specialmente ai canali via cavo perché godevano delle
tariffe imposte ai provider. In questa fase lo spettatore non poteva comunque scegliere dove e quando
vedere la TV, ciò succede solo nell'era post network.
Sempre per quanto riguarda il multicanale, i grandi distributori di servizi, come Comcast, Charter o
DirecTV, scaricarono sui loro abbonati offerte molto ricche mediante i pacchetti in bundling. Ciò, però,
ha provocato l'inserimento di canali indesiderati del pacchetto pagato dal cliente.

In questo periodo si sviluppano nuove strategie pubblicitarie diverse dallo spot di 30 secondi (vedi altro
capitolo) e il pagamento diretto.
A questo punto lo spettatore ha più potere perché ha molta più scelta, inoltre con l'avvento delle nuove
tecnologie (TELECOMANDO, DVR, TV PORTATILE) portano la TV fuori le mura domestiche (tv portatile) e
consentono di rivedere, saltare, mettere in pausa, registrare i vari contenuti.
Si diffondono anche i personal computer in questo periodo, e si differenziano dalla TV, perché la TV
spinge il produttore verso il consumatore, mentre il PC consente al consumatore di andare in cerca di
qualcosa.
Se a questo sommiamo anche l'introduzione degli smartphone otteniamo una fusione tra la vecchia
esperienza di vedere i media e la nuova di usarli, per esempio un tempo stare al computer implicava per
forza lo stare alla scrivania ora si può stare anche sul divano, lo stesso per la TV prima bisognava stare in
salotto ora ovunque.
In questo contesto si sviluppa la visione a duale, ossia guardare la TV e nel frattempo controllare i
messaggi sullo schermo del cellulare.
A fine 2010, per vedere un video si avevano a disposizione una moltitudine di programmi e un video
girato in casa poi caricato in rete poteva raggiungere un numero di persone pari a quelle di uno show su
un network (es. Youtube con Gangamstyle).

Nonostante tutte queste nuove modalità/tecnologie d'accesso ai contenuti, tenendo presente che
guardare la TV non significa guardare una "macchina" ma un insieme di comportamenti, possiamo
pensare che le nuove esperienze di visione vengano categorizzate nel "guardare la TV" (del tipo non dico
guardo Netflix sulla TV, mi limito a dire guardo la tele).
Nell'era dei network, i media studios che si occupano di critica della televisione, non erano necessari dal
momento che la tecnologia era semplice con variazioni minime, limitate alle dimensioni dello schermo e
all'opzione colore-bianco e nero; inoltre avendo queste caratteristiche la TV produceva programmi senza
gonfiare troppo i costi e si faceva bastare gli introiti pubblicitari/fondi pubblici.
Si ritiene che la TV contribuisca alla condivisione e mediazione delle idee per cui opera come
un'istituzione culturale che all'interno di una carta cultura partecipa allo scambio di valori e idee
raccontando storie; tuttavia la TV è anche un'industria culturale dal momento che l'industria televisiva
agisce come impresa commerciale il cui scopo primario è quello di massimizzare il profitto che
programmi, che veicolano valori e credenze sociali, inoltre gran parte dell'economia dà per scontato che
la TV sia un mezzo di comunicazione di massa, ma al giorno d'oggi è RARISSIMO che un pubblico ampio
ed eterogeneo veda gli stessi programmi come avveniva in passato.
Infatti, proprio a causa di questo cambiamento, a metà degli anni 2000 il mercato televisivo ha preso un
taglio editoriale consentendo l'acquisto personalizzato di singole puntate di un programma, vendendo
DVD (es. librerie con i libri), abbonamenti periodici (es. abbonamenti a riviste), on demand (es. librerie).
A questo punto ci creano nuovi rapporti peculiari tra il modello economico, la programmazione e il
possibile ruolo di istruzione culturale delle nuove forme televisive, perché le nuove pratiche dell'era post
network hanno causato la frammentazione del pubblico, non solo su più canali e dispositivi, ma anche
nel tempo, alterando il rapporto cultura-medium (non c'è più unità).
Una delle cause del pubblico sempre più frammentato potrebbe essere stata la richiesta da parte degli
inserzionisti di raggiungere un pubblico sempre più specifico.

*Post network: Cosa, dove e quando guardare qualcosa. Convenience: utilizzo del medium in maniera
diversificata e personalizzata. Diversificazione dell'esperienza push (tv lineare che ti spinge a guardare
qualcosa) e pull (prendere qualcosa quando come e dove si vuole).
Per i mutamenti del medium ha contribuito la differenza generazionale (nativi digitali dopo gli anni 80)
Nuove abitudini--> (second screen, agnosticismo mediale cioè muoversi ad agio tra varie tecnologie)
Pubblico frammentato: un programma di successo può andare da 10.000 a milioni di telespettatori.
Televisione eccezionale: categoria di programmi che mantiene la valenza di arena culturale propria
dell'era network che irrompe inaspettatamente in comunità chiuse. Cercano di arricchire ed espandere il
dialogo culturale. È determinata da fattori economici e sociali (es. serie tv sull'omosessualità "Looking"
in onda su HBO).

Nell’era dei network, per avere successo, a un determinato programma bastava l'andare in onda perché
il pubblico non aveva molta scelta su cosa guardare, in un contesto in cui c'è il narrowcast il contenuto è
costretto a fare qualcosa di più che andare in onda, visto che c'è il rischio che possa essere visto da
pochissime persone.
Anche nell'era post network, però, esiste ancora il broadcast per alcuni generi ma in ogni caso esistono
delle variabili che differenziano i programmi in termini di contenuti e di modalità d'accesso e, dallo
studio di questi, si possono dare ragionevolmente per scontate le caratteristiche del pubblico, proprio
perché, in questo nuovo contesto, il successo del narrowcast è dato dall'abilità del contenuto di
sfruttare le affinità che accomunano gli spettatori.

Nel 2005 la televisione veniva vista in 4 modalità:


a) Sfera pubblica elettronica: identifica il funzionamento del medium durante l'era dei network,
infatti opera in questo modo quando raggiunge un pubblico vasto ed eterogeneo e offre
un'esperienza/ condiviso che trae l'importanza dalla propria ampiezza e crea uno spazio di
negoziazione ideologica. Oggi è sempre più raro, ma un esempio è il "Super Bowl".
b) Arena sottoculturale: quando riproduce esperienze simili a quelle della sfera pubblica elettronica
presso gruppi ristretti e accomunati da gusti e affinità culturali. La differenza tra l'una e l'altra
modalità è che la prima raggiunge un pubblico più numeroso e meno omogeneo. Un esempio è
Mtv per i giovani.
c) Finestra su altri mondi: la televisione sviluppa questa funzione quando da intrusi culturali, gli
spettatori, si affacciano ai media di nicchia non rivolti a loro. Per esempio quando un genitore
guarda Mtv.
d) Comunità chiusa autodeterminata: include gli usi particolari e personalizzati della televisione e la
ricerca, da parte del singolo, di precisi contenuti inclusi quelli amatoriali e la si può osservare nei
video caricati su aggregatori come Youtube/social network.
Qui la televisione diventa uno spazio di espressione e un modo per comunicare. Per modificare un certo
effetto culturale della televisione, come la rappresentazione di minoranze etniche o donne, è riuscito a
raggiungere questo obiettivo quando ha presentato ciò come un buon affare dal punto di vista
commerciale, visto che la produzione di una forma espressiva come una serie TV presenta molte sfide.

PRODUZIONE = tutte le attività coinvolte nella creazione e nella circolazione dei programmi televisivi. Si
suddivide in 5 componenti produttive: tecnologia, creazione, distribuzione, finanziamento e misurazione
degli ascolti.
In questo modo i cambiamenti della pubblicità possono originare modifiche nella creazione dei
programmi da parte dei produttori per integrare le pubblicità, ciò chiama in causa gli inserzionisti che
valuteranno se dare il supporto ai network o agli studios.
Durante la transizione al digitale, imposta dal Telecommunication Act del 1966, le autorità di controllo
sono intervenute sulle norme del Broadcasting; questo passaggio forzato alla trasmissione digitale
avrebbe permesso al Congresso e alla Federal Communication Commission di rivedere la formulazione
che obbligava le emittenti ad agire nell'interesse in cambio dell'opportunità di sfruttare le frequenze
pubbliche per realizzare miliardi di dollari di profitti.

Capitolo 2. La rivoluzione tecnologica della televisione.

I creatori delle nuove tecnologie, non potevano immaginare come queste venissero utilizzate dal
pubblico e cosa potessero provocare.
Le tecnologie coinvolte nella transizione al digitale hanno permesso cambiamenti profondi nell'uso della
televisione da parte degli spettatori, ciò ha reso necessario apportare delle modifiche.
Per esempio il dvr (digital video recorder), i dvd (digital video disc), le EPG (guide elettroniche ai
programmi), i decoder via cavo, il computer portatile, smartphone/tablet garantivano un controllo
sempre maggiore sulle modalità, i tempi e i luoghi di visione, espandendo cosi la comodità e
personalizzazione d'uso (convenience) della televisione.
In un primo momento, con la comparsa di queste nuove tecnologie, l'industria pensò che la diretta fosse
importante e cercò soluzioni tecniche che permettessero la ricezione televisiva in tempo reale quasi
ovunque: televisione mobile; questa infatti salvaguardia il modello pubblicitario della visione lineare, a
differenza della televisione portatile di cui viene fatto un uso principalmente non lineare.

MOBILE: visone diretta tv fuori casa su più dispositivi mobili.


PORTATILE: contenuti spostati in spazio e tempo --> Timeshifing (visione differita nel tempo) +
Placeshifing (visione in diversi luoghi). Il Timeshifing premia il contenuto pregiato (prized content),
perché è possibile vederlo in diversi momenti.
Nonostante queste innovazioni, la TV sopravvive ancora oggi ma è migrata dal salotto, agli schermi dei
nostri smartphone. Gli studios hanno cercato di mantenere uno stretto controllo sui contenuti, in modo
da non danneggiare le fonti di guadagno tradizionali e il valore a lungo termine della proprietà dei diritti:
i network, infatti, aspiravano a strategie volte a dirigere gli spettatori su altri contenuti o sedi di loro
proprietà per esempio siti internet da cui i distributori potevano ancora guadagnare.
L'assenza di sviluppi tecnologici durante l'era dei network impose agli spettatori un'esperienza di visione
piuttosto uniforme, poiché erano pochi i segnali via etere che potevano ricevere e l'uso di antenna o
cavo complicava le cose.
Con la transizione al multicanale la situazione per gli utenti cambiò perché, oltre alla vasta scelta di
programmi, si ebbero le innovazioni tecnologiche.
Il videoregistratore fu una delle principali cause di crisi della TV, dal momento che era un oggetto
accessibile dal punto di vista economico e con l'aggiunta del telecomando ha consentito moltissimo
controllo agli spettatori. Infatti con il videoregistratore si potevano aggirare le strategie dei palinsesti e
rivedere i programmi, ciò ha reso la TV un elemento autonomo dalla programmazione dei network.

Per tutto il periodo del multicanale, i broadcaster mantennero le consuetudini di programmazione


dell'era dei network, nonostante il numero dei telespettatori fosse in calo.
Infatti, ad un certo punto, i network iniziarono a tagliare le spese trasmettendo più programmi a basso
costo, come i settimanali di attualità e reality.
Per quanto riguarda le tecnologie digitali contribuirono al crescere del numero di canali dei broadcaster,
mentre i provider di TV via cavo furono in grado di comprimere efficacemente il segnale e aggiunsero il
servizio di video on demand (VOD), migliorando cosi l'offerta con proposte di nicchia mirate a gusti
sempre più precisi e con il VOD aggirando sempre più i palinsesti.
Ma il vero passo avanti dell'innovazione tecnologica fu nel 2013 con l'introduzione dell'HD che permise
la nascita di offerte come fiber on fiber proposta da AT&T e Verizon.
In un'analisi del 2014 emerse però che nonostante i 189 canali disponibili, gli spettatori si limitavano a
guardarne in media sempre 17.
Con la diffusione del DVR molte offerte furono integrate con esso in set-top box forniti dai provider dei
sevizi via cavo, in genere dietro il pagamento di un canone mensile.
Questo numero di abbonamenti inizio a crescere a dismisura soprattutto con l'introduzione di console
con collegamento internet tipo la Wii con i motion controller, ma il cambiamento più radicale è stato
causato dallo smartphone dotato di connessione 3G/4G.
I primi esemplari di DVR, con il loro archivio senza supporti fisici, rese questo dispositivo una minaccia
concreta per le pratiche dell'industria televisiva e con i servizi OTT si scatenò un vero e proprio
cambiamento nelle strategie pubblicitarie e nei modelli di finanziamento dei programmi.
Il VOD, come dice il nome, ha dato all'utente ancora più voce in capitolo sull'esperienza televisiva
eliminando l'esperienza lineare della TV, infatti il provider via cavo conserva i vari programmi e gli
spettatori possono scegliere cosa guardare in ogni momento, la pecca di questo sistema però fu la
lentezza con cui i cataloghi on demand venivano aggiornati, a causa della complessità della gestione dei
diritti e dai protocolli pubblicitari, per cui si propose un VOD in abbonamento agli spettatori (SVOD),
incluso come benefit aggiuntivo per incoraggiare gli abbonamenti alla TV via cavo digitale, ma ciò non fu
molto produttivo.
Nel 2012, per risolvere il problema dei diritti pubblicitari, si provò l'inserimento pubblicitario dinamico
modulabile in base al momento o all'area geografica per dare una giusta adozione al provider
all'adozione del VOD. Con DVR e VOD si rese quindi possibile non solo lo scavalcare i palinsesti dei
network, ma anche il guardare la TV ovunque grazie alle tecnologie portatili. Il primo ad adottare il VOD
fu HBO. La vera rivoluzione della TV portatile però si ebbe nel 2010, quando Apple presentò l'iPad, il
tablet infatti finì per diventare la tecnologia d'elezione per la visione portatile, scalzando i PC portatili e
gli smartphone, lo stesso anno poi ci fu 'impennata di Netflix che presentò un modello di TV distribuita
su banda larga e non lineare, molto dirompente con il servizio in solo streaming che dava accesso a
contenuti. Per monetizzare i contenuti nel 2012, fu inserita la dynamic ad insertion, prima non possibile.
Non tutti adottarono il VOD, in quanto non considerato un investimento redditizio, e questo spianò la
strada ai servizi OTT come Netflix o Hulu.

A questo punto gli MVPD (multichannel video programming distributor), i provider, necessitavano
innovazione onde evitare la disgregazione dei contenuti e introdusse gli spettatori a un'interfaccia
usabile e a strumenti non lineari come titoli suggeriti e le liste, stimolando cosi la richiesta di migliori
alternative ai servizi on demand.
In questi anni Netflix non possedeva contenuti originali, per cui era davvero poco probabile che esso
sorpassasse i produttori e i distributori di contenuti, ciò nonostante li indusse a fare una rivoluzione.
Quando Netflix iniziò a creare dei contenuti, iniziò a rendere disponibili tutti in una volta gli episodi della
prima stagione, anziché stare ai palinsesti delle uscite settimanali con la serie Lilyhammer, strategia che
verrà riproposta anche per altre serie.
Infatti gli spettatori che attendevano l'uscita della stagione completa, difficilmente potevano evitare di
venire a sapere, da chi li seguiva in tempo reale, qualche snodo cruciale della trama, per cui si aprì un
dibattito riguardo gli spoiler nelle recensioni, dato che molti spettatori non erano abbonati ed
aspettavano la messa in vendita della stagione completa in DVD. Il vantaggio di poter vedere una
stagione completa in un lasso di tempo ridotto (visione condensata) è che si ricordano meglio i dettagli
importanti che avrebbero potuto perdersi in una visione protratta per mesi.
Da quando Netflix ha aperto le porte allo streaming, il gap temporale tra il momento della selezione del
prodotto e la disponibilità del contenuto si è praticamente annullato, infatti prima era necessario
fornire una lista ed attendere la disponibilità di noleggio in negozio o la spedizione via
posta. Questa pratica ha fornito agli abbonati un nuovo paradigma di pensare il comportamento della
visione e organizzarlo, ciò sfocia in una sfida radicale tra la vecchia proposta di tipo lineare, (ma questo
non funziona per tutti i tipi di contenuto, infatti un evento sportivo comporta una visione in diretta
lineare perché porta con sé agonismo ed è praticamente impossibile non essere spoleirati il giorno dopo
la programmazione.) e la nuova proposta.

La guida TV/quotidiani ormai diventati obsoleti lasciarono spazio alla guida elettronica ai programmi
(EPG) ossia un canale dedicato alla presentazione a ciclo continuo della programmazione televisiva che si
evolse in IPG, ossia guida dei programmi interattivi, che consentiva allo spettatore di cercare tra i canali i
programmi in corso e quelli futuri, e con l'ausilio del DVR consentono di procedere alla registrazione con
un click.

A partire dal 2012 si iniziarono ad introdurre interfacce nuove, come risposta ai provider in banda larga,
con l'introduzione di funzioni di ricerca più intuitive e complesse, infatti lo sviluppo del prodotto diventò
la base per stare in pari con la concorrenza.
La televisione mobile è paragonabile a una radio perché permette di vedere in ogni luogo, sia in diretta
che in download o streaming, grazie all'uso della rete mobile o banda larga.
In America sono due le istanze in cui si sente il bisogno di una televisione mobile: eventi sportivi e
eventi inaspettati come catastrofi meteo etc. questo fatto che i dispositivi mobili siano utili anche per il
prime time è davvero sorprendente, significa sul serio che la TV è stata svincolata del tutto dallo
schermo del salotto, il loro unico problema poteva essere la connessione lenta e comunque audio e
video più scadenti della classica TV.
Il Telecommunication Act 1996 impose ai broadcaster di passare alla trasmissione digitale ma non
obbligò l'HD. Comunque ha migliorato di molto la resa qualitativa dei contenuti in onda sui televisori,
portando la TV allo stesso livello del cinema.

Nel 2014 infatti gran parte dei Filemaker è passata alla produzione video digitale.
L'HD fa salire i prezzi di produzione senza che questo si traduca in un aumento proporzionale dei prezzi
degli spazi pubblicitari, ma al punto da determinare il crollo di modelli economici preesistenti.
La possibilità di migliorare lo standard di immagine diede vita al processo di regolamentazione del
segnale. Infatti le tecnologie di potenziamento (non solo HD ma anche suono) della qualità visiva
dell'immagine influiscono sul modo di considerare le condizioni, le modalità e i motivi per cui le persone
guardano la TV, per esempio gli sport, Super Bowl e olimpiadi.
In conclusione il multicanale e le nuove tecnologie hanno cambiato il modo di fruizione della TV, per
esempio ha indotto molto di più la pratica dello zapping, ciò non ha avuto conseguenze solo sul modo di
fruizione degli spettatori ma anche sull'intero processo produttivo e sul ruolo sociale della TV.
Capitolo 3. I cambiamenti nelle pratiche creative
A inizio anni '70 erano presenti un insieme di regole dette financial interest and syndacation che
decidevano chi era autorizzato a fare programmi televisivi, modificando i rapporti tra network e studios
e determinavano chi avrebbe guadagnato di più.
Negli anni 90 queste regole sono state eliminate e l'ambiente si fece competitivo e richiese, a chi creava
la televisione, di trovare nuovi metodi di finanziamento che costrinsero network e studios a rivedere le
prassi consolidate in fatto di palinsesti, repliche, durata e formato dei programmi.
I network producevano i loro programmi oppure li ricevevano dagli sponsor (come nell'epoca della
radio), ma gli show televisivi non erano "semplici" come i radiofonici, perché registrare un video è molto
più complesso e costoso, per questo esistevano gli studios che producevano il programma che veniva
passato ai network, i quali si occupavano dell'organizzazione della distribuzione; ma in questo modo i
network avevano molta voce in capitolo riguardo l'attività creativa degli studios.

I rischi c'erano: il programma poteva non avere gli ascolti desiderati ed essere un flop... per questo si
ricorse al deficit financing: il network riconosce allo studio che ha realizzato lo show dei diritti di licenza
per poterlo mandare in onda, il pagamento di questi diritti garantisce così al network un dato numero di
passaggi televisivi (tipo prima visione e replica), ma il detentore dei diritti rimane comunque lo studios.
(è come se il network prendesse in prestito il programma).
Il prezzo pagato dal network però non copre interamente il costo della produzione e questo crea il
deficit financing (prezzo pagato -costo totale), ad assorbire questa differenza è lo studios che, se il
network ordina abbastanza episodi è autorizzato a rivenderli su altri mercati.
In questa situazione, il rischio del network si riduce e, se la serie ha successo, lo studio tramite le vendite
su altri mercati (affiliate nazionali, canali via cavo, reti estere) può guadagnarci molto.

Per quanto riguarda la syndacation (vendita su altri mercati) era necessario raggiungere la 100 puntata.
In questo sistema però ad avere il controllo di tutto erano i 3 network ed esigevano pure anche una
percentuale sui ricavi della syndacation e pretendevano in continuazione la produzione.
A questo punto il governo è stato costretto ad intervenire in tutela degli studios con le regole del Fin-syn
(financial syndacation): ai network era proibito detenere i diritti e avere interessi finanziari sui
programmi trasmessi in syndacation, inoltre venivano limitate il numero di ore settimanali di contenuti
che potevano produrre.
Con l'aumento dei canali via cavo e la creazione di nuovi broadcast come Fox, i network chiesero un
allentamento di questa regola cosi nel 1991 la FCC smantellò definitivamente queste regole.

Il mercato a questo punto si modifica, e il rapporto tra network e studios cambia, infatti i network
davano precedenza agli show prodotti dagli studios in proprietà comune, gli studios = stesso
conglomerato del network, e agli altri studios chiedevano profitti di syndacation.
A partire dalla metà degli anni ‘90, gli studios popolarono i loro palinsesti di programmi
precedentemente acquistati, o presi in prestito con deficit financing, o prodotti da studios di loro
proprietà. La proprietà comune non poneva nessuna delle parti in subordinazione all'altra.
In questa situazione i produttori indipendenti erano in svantaggio però...
Questo modello della comune proprietà comune (o integrazione verticale)consente al conglomerato di
rifarsi subito delle spese di produzione grazie agli incassi pubblicitari, senza rinunciare agli introiti
successivi della syndacation.

Con il post network si pensò ad un'alternativa a questo finanziamento, anche perché i costi per produrre
erano aumentati (riprese esterne, effetti visivi...), inoltre c'era stato l'esordio dei canali via cavo nella
produzione di serie scripted originali.
Per le serie via cavo le stagioni diventarono più brevi (13 puntate), con una puntata nuova in onda ogni
settimana, senza le pause inserite dai broadcaster per prolungare l'annata con intere settimane di
repliche.
Meno puntate, inoltre, significava per gli sceneggiatori avere più tempo da dedicare alla storia, inoltre i
canali in abbonamento avevano a disposizione sia il prezzo pagato dagli spettatori sia quello degli
inserzionisti.
Esempi di nuovi metodi di ripresa-narrativa: camera sola, flashback, voice over, riposizionamento di luci
varie, riprese a più camere (per far i che l'attore non sappia mai esattamente cos'è inquadrato in un dato
momento), telecamere a mano per uno stile mosso (ed è anche più economico).
Un'alternativa valida al deficit financing è il finanziamento indipendente, ovvero i fondi speculativi
investono in liste di film che offrono un pacchetto diversificato, in questo caso il rischio anziché cadere
sul network (distributore) cade direttamente sul produttore che si impegna direttamente con il regista
se gli studios non se la sentono di rischiare (caso Netflix con il regista David Fincher per House of Cards,
finanziata dallo studio indipendente Media Rights Capital).

Nascono quindi aziende specializzate nel procacciare fondi indipendenti per la televisione, in un
rapporto di questo tipo si ha più libertà creativa. Il nuovo accordo infatti funzionava cosi: invece di
aspettare le 100 puntate, il canale acquista in licenza 10 puntate di prova e le manda in onda, se queste
raggiungono gli obiettivi di ascolto prefissati il canale ha l'obbligo di acquistare la licenza per altre 90
puntate in due anni e a questo punto il distributore può vendere i diritti secondari.
Con questo ritmo veloce, il network ha poco tempo per intervenire, per cui il creatore ha maggiore
autonomia.

Per quanto riguarda Youtube, ha dato spazio a voci che difficilmente avrebbero trovato sui network
broadcast o su canali via cavo, le serie originali online continuano a proliferare, ma a mancanza di
modelli economici certi non consentono di avere un quadro affidabile sul futuro, infatti queste serie
originali online aspettavano solo di assicurarsi progetti futuri in ambito di broadcast o via cavo. Caso
ancora diverso sono Amazon Prime e Netflix, che non sono sostenute dalla pubblicità ma hanno come
scopo l'aumento degli abbonati.

Nel metodo di syndacation degli studios però si verificò la produzione di generi "classici" come legale,
poliziesco e ospedaliero, per andare sul sicuro, diminuendo così la possibilità di mandare in onda
prodotti meno convenzionali.
Durante la transizione al multicanale, network e studios, per risparmiare, tagliarono i costı del lavoro,
nel 1988 per esempio ci fu uno sciopero della Writers Guild, il sindacato degli sceneggiatori che durò 22
settimane e fece slittare l'inizio della stagione che costò 500 milioni di dollari.
I contratti, infatti, erano obsoleti rispetto alle innovazioni del settore come abbonamenti e produzioni
originali, per cui molti produttori per evitare questo tipo di lotte sindacali lasciarono Hollywood per
andare a Los Angeles, nel 2002, infatti, l'industria televisiva superò quella cinematografica, diventando la
principale attività produttiva della zona, oppure in Canada, a causa della debolezza del dollaro canadese.
Il motivo di queste lotte sindacali era che le star venivano pagate tanto, mentre il resto delle persone
nella produzione molto poco per ammortizzare... a questo punto il network, per avere più introiti, si
focalizzò sula produzione di reality che necessitavano di un budget più contenuto.

Per quanto riguarda i palinsesti, una stagione di circa 21 puntate garantiva una prima messa in onda
(autunno) e almeno un ciclo di repliche a copertura di una certa fascia oraria per circa 43 settimane, le
settimane restanti erano dedicate a speciali, film, eventi sportivi e programmazione festiva.
Questo perché la Nielsen in alcuni mesi rilevava gli ascolti nazionali che erano a novembre, per cui lì
bisognava risultare con tanti ascolti. --> il palinsesto classico era motivato dal fattore sweep (i mesi in cui
la Nielsen effettuava il campionamento per l'audience televisivo che erano novembre, gennaio, maggio e
luglio), di conseguenza i network organizzavano i palinsesti in queste date.

Quando poi la Nielsen misurò gli ascolti sera per sera, questa cosa è diventata irrilevante, addirittura nel
2004 la Local People Meter riuscì ad ottenere i dati accurati a livello locale su base giornaliera.
In questa situazione i creativi potevano sfruttare il fatto che i Network cercavano di accaparrarsi subito
le cose più interessanti, gli attori però non avevano la certezza fino all'ultimo del prodotto che andava
messo in programmazione. In questa situazione si svilupparono gli holding deal, contratti per garantire ai
network che i lavoratori non andassero a lavorare per altri, ciò però non era molto produttivo visto che i
Network potevano ritrovarsı pagare talenti che non usavano.
Questi palinsesti furono messi in crisi dalle serie originali via cavo, che non sottostavano a quelle
"regole". Inoltre, la TV via cavo consentiva a i creatori più margine sulla durata delle puntate.
Un altro cambiamento riguarda il rapporto tra pubblico e narrazione, infatti le clip per promuovere la
serie venivano messe online.
Netflix, poi, rilasciando una stagione tutta in una volta ha riacceso l'interesse per le miniserie o le serie
auto conclusive che intorno agli anni '70 avevano avuto molto successo.
Durante l'era dei network, per promuovere i programmi, venivano mandate in onda delle clip durante gli
slot pubblicitari, nel corso della transizione al multicanale i broadcaster, con l'aumento della
concorrenza, intensificando questa promozione televisiva in modo così caotico, che i pubblicitari
definiscono 'clutter', che risulta anche poco producente oltre che fastidiosa. Questo perché gli slot delle
clip potevano essere venduti ad inserzionisti, inoltre, nel periodo estivo, il pubblico migrava verso il via
cavo e si perdeva gli annunci promozionali della stagione autunnale.
A questo punto i network iniziarono a pubblicizzarsi sfruttando anche l'influenza dei canali, che facevano
parte dei loro conglomerati, per fare la promozione trasversale anche su canali di nicchia, cosa che i
canali di natura più generalista non potevano sfruttare al meglio, allora usarono nuove strategie
lavorando sulle pubbliche relazioni (per esempio Nbc per promuovere mandò in giro giovani donne per i
bar con TV portatili che trasmettevano My name is Earl).
 Usarono i canali gemelli, quelli di proprietà di un unico ente (Mtv che trasmette uno speciale su
Survivor, di lì a poco in onda su Cbs);
 Sfruttarono l'autorità dei critici televisivi attraverso tour promozionali;
 L'arrivo dei social media affossò tutte le tecniche che prima si erano utilizzate perché creavano
interazione con il pubblico. I canali via cavo potevano creare un brand, i network, data la loro
natura generalista, non potevano farlo;

 Un altro metodo fu la distribuzione online, consentendo al pubblico di "provare la serie".


Oppure anche mediante preview su DVD, come già da tempo faceva HBO.
 Altra strategia fu quella virale degli spettatori-influencer, che parlavano della serie in ufficio o su
internet (tipo su Twitter).
 Un altro modo ancora, è quello utilizzato da Netflix, che inserisce le serie in "titoli suggeriti" sulla
base di ciò che ha già guardato l'abbonato.

Capitolo 4. La rivoluzione distributiva, spezzare il collo di bottiglia dei Network.

Nell'era dei network i produttori vendevano le serie o ai network oppure a emittenti locali; dopo il primo
passaggio sui network, i produttori, per rientrare nel deficit financing, rivendevano le puntate sul
mercato estero, alle emittenti indipendenti e alle affiliate dei network broadcast.
Questo metodo funzionava bene, perché gli spettatori non avevano ancora la possibilità di registrare e
rivedere i contenuti autonomamente.
Nell'era post network, con il cambiamento delle modalità distributive, è cambiata la natura del medium,
infatti si sono creati nuovi flussi di ricavi per gli studios, che hanno inciso sulle tipologie di programmi
che questi sviluppano, come l'on demand e l'online.
Gli spettatori ebbero una prima occasione per acquistare prodotti a buon mercato con le videocassette,
successivamente mediante Wi-Fi e reti mobili, si creò così un nuovo mercato con altre finestre
distributive oltre il classico network.
A metà degli anni 2000, scesero in questo mercato aziende che tradizionalmente operavano nella
telefonia, mentre cavo e satellite divennero modalità di delivery comuni, intaccato poi successivamente
nel 2006 dalla distribuzione video su banda larga; mentre Wi-Fi e reti mobili eliminarono molte delle
limitazioni spaziali che da tempo vincolavano il pubblico televisivo.
Come l'industria cinematografica che fa uscire i film prima in sala e poi sulla pay per view etc. anche la
TV ha utilizzato metodi simili con diverse fasce di prezzo e scaglionate nel tempo.
Infatti, questa pratica consentiva ai network che pagavano diritti di licenza di godere di un periodo di
esclusiva in cui il programma era disponibile, dopodiché era possibile vendere i diritti in syndacation
(questo prima non partiva fino alla produzione di almeno 100 puntate, ora questo numero si può anche
evitare di rispettare).
Con le nuove tecnologie si ebbe una rivoluzione, dal momento che gli spettatori non erano più vincolati
a contare su network e canali ma potevano fruire dei contenuti con altre modalità già elencate prima.
L'unica minaccia a ciò rimane la circolazione illegale dei contenuti, che fece "svegliare" network e
studios a prendersi più cura dell'on demand, aggiornandolo più frequentemente, anche a poche ore
dalla messa in onda, per consentire agli spettatori la possibilità di accedere ai contenuti sempre e
dovunque.
Questa apertura a nuove forme di distribuzione dava ai network nuovi strumenti promozionali per
raggiungere il pubblico.

Passaggi da network classico a post network: Riconversione e ricollocazione:


La riconversione è un processo iniziato nel 1999, si intende la pratica che consentiva alla serie di
generare ulteriori profitti, durante il loro ciclo di prima programmazione, andando in onda più
volte sul network detentore di diritti, oppure venendo trasmessa contemporaneamente su una
rete via cavo. Tutto questo comunque rimaneva all’interno dello stesso conglomerato.
Per quanto riguarda la ricollocazione, si intende lo spostamento di serie sviluppate per i network
broadcast, ma che non avevano ottenuto il successo sperato in termini di ascolti, perché
destinate a un pubblico di nicchia. Però venivano passate al via cavo, consentendo così ai
conglomerati di ammortizzare i costi di sviluppo e produzione che altrimenti avrebbero dovuto
assorbire in altro modo, e ciò forniva un'importante opzione distributiva. (praticamente si dava
una seconda opportunità al programma).

Altri cambiamenti nelle modalità distributive:

Il DVD: questo mercato segnò un'ulteriore modifica nelle finestre di distribuzione tradizionale e
rivoluzionò le possibilità di profitto che i contenuti potevano generare, questa tipologia, però,
venne subito messa in crisi dalla proliferazione online e on demand/OTT. In ogni caso questa
modalità consentiva agli studios di recuperare le spese di produzione sui programmi che
avevano poche probabilità di poter essere distribuiti nelle finestre successive consuete, descritte
nel punto 1. Per dare un punto in più in favore ai dvd, gli studios presero ad includervi contenuti
speciali, disponibili solo su quella sede.
Contenuti on demand --> VOD: rivoluzione per le pratiche distributive e un significativo passo in
avanti. Infatti il download consente di acquistare i contenuti e conservarli in maniera
permanente oppure lo streaming su banda larga diminuisce il tempo di attesa tra il voler
guardare un film e guardarlo.In entrambi i casi si elimina lo spazio fisico in cui conservare i
contenuti (no scaffali) e abbassa di gran lunga i costi di produzione. Il primo passo per l'industria
televisiva in questo mondo fu il VOD, che conferiva agli abbonati un valore aggiunto e un
vantaggio competitivo sui concorrenti via satellite che non sfruttavano questa pratica.
--> Successivamente si verificò la modalità del pay per episode, la pecca dal punto di vista del
VOD caricato era che non era possibile misurare gli ascolti, e le pubblicità dovevano essere per
forza integrate nei contenuti. Per cui, caricare un contenuto integrale, necessitava il pagamento
di un abbonamento. I network erano scettici riguardo il rischio del salto di pubblicità, infatti a
differenza di Netflix, che da tutte le puntate di una stagione in streaming, essi davano solo le
puntate più recenti per guadagnare sulle pubblicità ottenute dalla riproposizione delle serie sui
vari conglomerati.
-->Un'altra pecca dell'on demand fu l'interfaccia scadente, che portò molti spettatori alla
rinuncia a utilizzarli, inoltre molto MVPD necessitavano l'acquisto di almeno una fascia base di
programmi per potersi abbonare, per esempio, ad HBO, con la sua app e i suoi contenuti
originali (malcontento per fan di HBO, che altera radicalmente le modalità con cui gli studios e i
network guadagnavano sui contenuti).

Al giorno d'oggi con la produzione di contenuti originali messi direttamente dal produttore a
disposizione degli abbonati (es. Netflix con Orange is the new black), costituisce un modello
economico molto più efficace che potrebbe consentire ai consumatori di contenere le spese, e
garantire ai creatori entrate più sostanziose.

Per quanto riguarda la distribuzione nelle case, vennero sostituiti i tradizionali doppini in rame a cavi in
fibra ottica, utilizzati dall'industria via cavo, nacquero nuovi competitor: i telco (da telecomunicazioni),
che integravano i servizi telefonici con queste cose.
Ci fu quindi un'innovazione tecnica che incoraggiò lo sviluppo di protocolli Internet (IP, metodo di
trasmissione dei messaggi che comporta la loro scomposizione in pacchetti inviabili separatamente), da
poter utilizzare sui cavi coassiali esistenti.
In ambito televisivo, l'IP consente ai provider di trasmettere soltanto il segnale del canale desiderato nel
momento desiderato, cosa diversa dalla programmazione su banda larga e concorrente dalla TV via
cavo.
Il via cavo, oltre alla fibra, aveva come concorrenti gli OTT, che diminuì le case dotate di televisione (ma
ad influire a quest'ultima cosa è anche stata la crisi del mercato immobiliare americano, che portò molti
a perdere la casa e vivere in famiglie allargate).
Le conseguenze furono la frammentazione totale del pubblico di massa e la molta più voce in capitolo
degli spettatori.

Capitolo 5. La nuova economia della televisione.

La pubblicità è sempre stata il cuore delle dinamiche economiche della TV americana, ma all'inizio del
ventunesimo secolo un'inedita convergenza tra crisi economica, innovazione nei programmi e incertezza
culturale, unita alle conseguenze delle nuove possibilità di scelta e controllo da parte del pubblico, ha
sollecitato nel settore pubblicitario una serie di reazioni.
I canali via cavo costituivano nuovi mercati per gli inserzionisti, ma l'aumento della scelta (a causa del
multicanale), innescò un riesame delle pratiche di finanziamento pubblicitario della televisione
americana. Il problema di arrivare agli spettatori giusti con i giusti messaggi pubblicitari, non era certo
nuovo, e nei primi anni del ventunesimo secolo, i pubblicitari avevano a disposizione più strumenti di
quanti non ne avessero mai avuti, nonostante la frammentazione del pubblico, a cui le tecnologie di
controllo avevano conferito più di una maniera per scrivere i messaggi pubblicitari.

All'inizio dell'era post network, la TV americana è divisa in 3 categorie:


1) Quella supportata dalla pubblicità,
2) Quella supportata dagli abbonamenti,
3) Quella supportata da entrambe.

Nella prima fase dell'era post network lo spettatore paga per una precisa porzione di contenuti che si
tratti di una singola puntata o dell'intera serie, mediante pagamento diretto e provoca supremazia alla
distribuzione lineare. Per quanto riguarda Youtube (su certi canali) abbiamo un ibrido tra pubblicità e
abbonamento, e qui la pubblicità è ridotta e ha un costo inferiore per cui top sia per gli utenti che gli
inserzionisti. Il costo di uno spazio pubblicitario veniva definito in base a quante persone venivano
raggiunte con lo spot (cost per mille ossia il costo di un messaggio pubblicitario sulla base di mille
visualizzazioni), di conseguenza i canali cable cercarono di concentrarsi su programmi che andassero a
delineare un brand dai contorni ben definiti, e consentissero loro di ottenere alti indici presso certi
segmenti demografici e psicofisici.

I servizi in abbonamento, invece, sulla pubblicità e sui contenuti, devono prestare attenzione perché
devono proporre un'offerta di valore sufficiente a trattenere gli abbonati.
Inoltre, “sti stronzi” di MVPD, per mettere in difficoltà Netflix, aumentarono il prezzo dei diritti di licenza,
cosi avrebbe dovuto aumentare l'abbonamento, ma in risposta Netflix inizia a fare produzione originale.

Nell’era Network vi erano le seguenti pratiche pubblicitarie:

*Tra gli anni 40 e 50 il sistema di Sponsorizzazione unica (un'azienda si faceva carico di tutti i costi della
produzione del programma, generalmente caratterizzava i quiz che avevano costi bassi, ma successe lo
scandalo quando si scopri che gli inserzionisti facevano macchinazioni per sostenere i concorrenti più
popolari) in vigore consentiva alle agenzie pubblicitarie e ai loro clienti un'influenza considerevole sul
contenuto dei programmi e persino sui palinsesti. Con lo smantellamento di questo tipo di
sponsorizzazione, si diede più controllo dei contenuti ai network, visto che gli inserzionisti erano
diventati una delle tante aziende di cui andava in onda uno spot durante un programma.
Questo nuovo sistema era esploso a causa dei costi sempre più elevati di produzione televisiva, molto
più alti di quella radiofonica.

*Partecipazione o rivista, attraverso le pubblicità di vari prodotti all'interno dei programmi.


Gli anni '60 si caratterizzavano per un'estetica debole, perché una volta che l'advertising modellato sulle
riviste ebbe preso piede, si svilupparono varie norme televisive come la stagione e la scansione
temporale per la vendita degli spazi pubblicitari, per esempio la pratica di far debuttare i programmi a
settembre, portò a individuare la primavera come il momento dell'anno in cui stringere accordi
pubblicitari (mercato degli upfront -->spazi pubblicitari venivano venduti per il 75-90%, vantaggioso
perché consente loro di contare su degli introiti pubblicitari, prima ancora che inizi la produzione dei
programmi, in cambio della riduzione del rischio, i restanti spazi pubblicitari venivano venduti durante
l’anno nei “mercati scatter”, i network offrono tariffe scontante su questi spazi pubblicitari acquistati in
anticipo).
Nel 1967 si aggiunsero addirittura delle garanzie, riducendo l'incertezza dell’acquisto anticipato,
ottenendo in cambio tariffe più alte, infatti i network garantivano un tot di ascolti e determinati volumi
che, nel caso fossero statu disattesi o questi non si fossero verificati, avrebbero concesso spazi
pubblicitari supplementari o compensatori (ulteriori gratuiti).
I canali via cavo avviano la procedura degli upfront prima dei broadcaster.

La prima rottura significativa, rispetto al modello pubblicitario monolitico dell'era dei network, basato
sullo spot da 30 secondi, si è verificata con l'arrivo della TV finanziata dagli abbonamenti a pagamento
diretto come iTunes.
Il primo decennio del ventunesimo secolo ha visto un insolito fiorir di esperimenti in ambito
pubblicitario, ma l'avversione al rischio impediva l'investimento di cifre sostanziose in strumenti diversi
dal vecchio spot di 30 secondi.

Dai primi anni 2000, le agenzie pubblicitarie offrono una serie di servizi tra cui lo sviluppo creativo, la
pianificazione strategica, media buying, media planning e la gestione account.
Funzionamento di un'agenzia tipo: Lo staff creativo sviluppa le pubblicità e il contenuto della
comunicazione del marchio, sul punto di vendita e non solo, sulla base di una strategia di brand
accuratamente studiata e testata dallo staff addetto alla pianificazione, che analizza il comportamento
dei consumatori e il loro atteggiamento verso il prodotto.

I media planner mettono a punto le strategie per raggiungere il target attraverso l'acquisto con i
network. I buyer televisivi sviluppano e acquistano il piano migliore e disponibile sui mercati unfront e
scatter e lo monitorano per tutto l'anno, inoltre, i media buyer devono raccogliere e vagliare molte più
informazioni per fare ipotesi sulle performance della serie prima degli upfront e decidere così quali siano
gli acquisti migliori per raggiungere il target del cliente.
Il settore dell'agenzia che si occupa della gestione account tratta direttamente con il cliente.

Strategie pubblicitarie:
 Product Placement--> avviene quando un programma televisivo utilizza prodotti di una marca o
comunque mostra inserti nel contesto, può essere non pagato (le aziende mettono a
disposizione gratuitamente certi prodotti usati sul set, ossia si mette a disposizione un prodotto
specifico come una cucina, in cambio si espone il brand) o pagato (si menziona o si vede un
prodotto, appositamente per fare di questo un'inserzione, per esempio espongo lattine di pepsi
e creo dialoghi basati sulla pepsi). Generalmente viene venduto come valore aggiunto allo spot.
Per essere usato al meglio, non deve dare troppo nell'occhio che sia un messaggio pubblicitario,
deve essere discreto (c'è ma non si vede).

 Integrazione: il prodotto o il nome dell'azienda si fondono con il programma a tal punto da


contribuire alla narrazione e ottenere una riconoscibilità superiore a quella garantita dal
Placement. Garantisce un'importante fonte di finanziamento, specialmente alla luce
dell'aumento dei costi di produzione, derivato dalla crescente competizione nel settore, infatti
include il brand in storyline (tipo giocatori di calcio con le maglie della Nike). È un elemento
tipico dei programmi unscripted, viene usato anche nelle scripted ma come supporto extra
rispetto ad altri metodi più tradizionali.

 Branded entertainment: si verifica quando è l'inserzionista a creare contenuti dello show, che
diventa così veicolo promozionale simile a una pubblicità long-form o a una televendita.
(prodotto + intrattenimento). Si ha una svolta fondamentale, la pubblicità non è più qualcosa di
invadente imposto a un pubblico intento a vedere altro ma un prodotto di qualità che il pubblico
stesso cerca di sua iniziativa.

 La sponsorizzazione unica: si fa carico di tutte le spese che normalmente sarebbero recuperate


tramite la vendita degli spazi pubblicitari, c'è qualche parola dello sponsor a inizio o a fine
programma. Questa strategia costava meno se sponsorizzava serie via cavo piuttosto che serie
su broadcast. L'inserzionista inoltre sceglie di non interrompere lo show con messaggi
pubblicitari, ma creando narrazioni distintive ed è quello che avviene nella tv a pagamento.
L'advertising classico richiede invece che la storia sia costruita, in modo tale da poter essere
interrotta, per far sì che gli spettatori non sia allontanino dallo schermo, infatti viene inserito
nella trama dei climax, che precedono l'interruzione (colpo di pistola ma non si vede a chi,
pubblicità, lo scopri).

Tutte queste strategie vanno utilizzate in dosi molto ponderate per evitare di respingere gli spettatori.
È quindi molto difficile capire quali tariffe dare e gli standard di misurazione in questo contesto.
L'industria ha comunque provato a mantenere lo spot da 30 secondi, per esempio con quiz che
mantenevano il punteggio degli spettatori in memoria solo se rimasti sintonizzati anche con la pubblicità
(British Sky Broadcasting) oppure Sky con le carte fedeltà (se guardi la pubblicità, ti danno buoni
d'acquisto o crediti da spendere in contenuti video), tutti buoni metodi ma nessuno poteva capire se
effettivamente la tele in quei momenti era guardata realmente da qualcuno o solo accesa in una stanza
vuota o peggio da bot. In ogni caso lo scoglio più grande è dato dalla frammentazione del pubblico.

La transizione da broadcasting a narrowcasting ha implicazioni molto rilevanti sulla pubblicità, infatti


quest’ultimo consente agli inserzionisti di pensare i loro messaggi per segmenti demografici e psicofisici
molto più precisi e, di conseguenza, a concepire tali messaggi in maniera diversa.
Con il nuovo millennio le agenzie si dotarono di reparti dedicati solo al placement, perché nella sua
discrezione può fare davvero la differenza per un prodotto.
È dunque possibile dire che il cambiamento nelle strategie pubblicitarie sia stato uno sviluppo vitale nel
più ampio processo di ridefinizione della TV.

Capitolo 6. Ricontare l'audience, misurazioni nell'era della banda larga.

A prima vista questo può sembrare un business secondario, ma in realtà è fondamentale per
comprendere l'impatto delle innovazioni nei periodi di cambiamento industriale. Inoltre serve anche in
ambito pubblicitario per capire l'efficienza o non delle strategie pubblicitarie.
L'era post network richiede una riconfigurazione completa dei sistemi di misurazione.
Nel periodo del multicanale, il broadcaster vedeva una diminuzione del suo pubblico rispetto all'era dei
network, nonostante ciò le sue tariffe rimanevano invariate visto che il suo era un pubblico sempre
maggiore rispetto ai piccoli narrowcaster.
La prima parte del ventunesimo secolo ha visto strategie di misurazione che cercavano di stare al passo
con l'evoluzione delle modalità con cui gli spettatori seguivano i contenuti sul televisore della propria
abitazione, infatti prima di investire per esempio sula banda larga, gli inserzionisti volevano i dati di chi
effettivamente guardava quei programmi per capire come trattare, per questo ad un certo punto
emergono addirittura pratiche di misurazione che conteggiano l'audience sui diversi schermi.

Nell'era post network infatti le misurazioni riguardano:


o Frequenza: quante volte uno spettatore ha visto una certa pubblicità.
o Reach: copertura, quante persone vedono una certa pubblicità.

Il passaggio ad un formato pubblicitario su riviste, creò il bisogno di misurare l'audience e stimolò lo


sviluppo di questo business, visto che dallo studio dei dati di audience si può valutare la redditività degli
acquisti.
Negli anni '20, la misurazione dell'audience consisteva nel chiedere al pubblico di inviare lettere e
cartoline. Infatti la misurazione americana si affidava principalmente di studiare "campioni" da cui trarre
stime sull'ampiezza del pubblico, ma in questo periodo gli Audimeter (quelli che misuravano), non
fornivano informazioni sulle caratteristiche demografiche del pubblico, mentre la Nielsen era in grado di
triangolare le informazioni sulla sintonizzazione degli apparecchi televisivi, con quelle tratte da diari
compilatati dagli spettatori che lasciavano intuire la conformazione del pubblico.
Nel 1987 il People Meter (transizione della Nielsen al campione nazionale), rappresentò un progresso
sostanziale rispetto alla tecnica precedente ma nessun cambiamento nella misurazione dell'audience.

I cambiamenti tecnologici e distributivi pressoché costanti, che caratterizzano la fine della transizione
multicanale, furono quindi particolarmente problematici per la Nielsen, dato che richiedevano gravosi
adeguamenti alle tecniche di misurazione. Le misurazioni erano incerte, il videoregistratore non aveva
ancora portato cambiamenti sostanziali (veniva usato ogni tanto), ma a fine anni '80 il People Meter
segnalò un calo di investimenti pubblicitari.
A queste condizioni Cbs decise di non affidarsi più alla Nielsen, e passò alla sua concorrente AGB che
nelle sue misurazioni mostrava meno calo.

La conseguenza della frammentazione del pubblico, infatti, creò un ambiente molto competitivo in cui
anche piccoli scarti nel rating potevano fare la differenza tra il posizionamento dei vari network nella
graduatoria che influenzava il valore del costo dello spazio pubblicitario.
Il metodo di misurazione della Nielsen consisteva nel rilevare le misurazioni registrando la frequenza del
segnale televisivo per stabilire quale canale veniva guardato perciò, per stare al passo con gli sviluppi
tecnologici, doveva sviluppare uno strumento completamente nuovo l'A/P Meter (attivo/passivo) che
legge un codice incorporato nella traccia audio di un programma, anziché la frequenza di
sintonizzazione.
Nel 2003 la Nielsen introdusse il Local People Meter, che fornisce misurazioni precise su specifici mercati
locali, spingendo l'industria sino a misurazioni annuali anziché trimestrali come nei diari, questo metodo
però venne accusato di escludere dalle proprie misurazioni varie etnie così diventò anche un argomento
politico sensibile, ma anche in questo caso non si riuscivano ad avere informazioni demografiche sullo
spettatore visto che rilevava soltanto il canale su cui è sintonizzato il televisore.

Nel 2007 la Nielsen attuò il "rilevamento casalingo esteso", cercando di incorporare la visione
domestica, studiando i minuti medi al giorno (221) e mise in luce il fatto che gli studenti universitari
guardavano di più il basic cable piuttosto che i network broadcaster, notò inoltre che spesso la TV viene
guardata insieme ai propri ospiti.

Nel 2013 sempre la Nielsen ha individuato la categoria "case a zero TV" che usavano la banda larga o
wireless per accedere ai contenuti video.
I dispositivi richiedevano nuove pratiche per il conteggio dell'audience e la possibilità che offrivano di
saltare la pubblicità diminuiva l'importanza del pubblico della serie all'interno dell'economia televisiva.
Da studi emerge che gli spettatori usavano i videoregistratori in situazioni come "sono fuori casa, perdo
l'evento allora lo registro", oppure per creare una collezione.
All'inizio degli anni 2000 allora si creò l'unità di misura C3, che conteggia la fruizione in diretta più quella
registrata su dvr, se la visione avviene entro tre giorni dalla messa in onda e se gli spot vengono visti a
velocità normale.

Questo è un compromesso tra gli inserzionisti che volevano misurazioni dirette e i network che volevano
la fruizione di programmi registrati in un certo arco di tempo.
Nel 2013 alcuni esperimenti hanno inserito gli spot usando il VOD nella speranza di espandere la sua
monetizzazione, la Nielsen ha chiamato questo rating pubblicitario on demand, ciò nonostante si portò
dietro gli stessi problemi del dvr ma grazie al C3 è emerso il nuovo modo di vedere la TV degli spettatori.

Nel 2014 la fruizione tramite tablet/smartphone non era inclusa nel panel ma la Nielsen l'avrebbe
introdotto poco dopo, nonostante fosse un consenso più difficile da ottenere rispetto a quello della
misurazione televisiva. In questi anni la Nielsen include la misurazione dei digital programm ratings che
utilizzava watermark integrati per conteggiare i programmi visti online, a prescindere dal carico
pubblicitario.
A partire dall'inizio dell'era post network però emerse che, a prescindere dalla loro ampiezza, non tutte
le audience erano uguali, questo in base alla passione che uno spettatore ci mette mentre guarda un
determinato programma.

Così, nel 2013, la società di identificazione musicale Shazam lanciò lo "Shazam engagement rate", un
servizio che registrava la frequenza con cui gli spettatori taggavano i prodotti dopo aver visto la
pubblicità televisiva, ma invano non riuscì a sostituire la metrica convenzionale degli ascolti per le
vendite pubblicitarie televisive.
Sempre lo stesso anno la Nielsen scopri le menzioni su Twitter, che unite ai risultati pregressi di un
programma, erano un forte indicatore degli ascolti futuri.

Da questo capitolo possiamo notare come la Nielsen avesse il monopolio sulle misurazioni, per cui
questo scoraggiò molto l'innovazione, perché non era presente l'innovazione, e i cambiamenti provocati
dai big data nel 2014 colsero tutti un po' impreparati, visto che fino a quel momento non si desiderava
un nuovo sistema di misurazioni.

Infatti le nuove tecnologie pongono nuove sfide alla misurazione del pubblico e alle relative ricerche, ma
forniscono anche nuovi strumenti digitali, più "smart" dei dvr del multicanale.
Alcuni sostengono che per misurare bene sui nuovi dispositivi serva una collaborazione con i produttori
dell'elettronica di consumo, ma è solo un'ipotesi.
In ogni caso, la capacità di misurare le varie audience e di tastare l'efficacia di nuove strategie
pubblicitarie per la televisione, gioca un ruolo critico nel determinare le forme e i contenuti della
televisione dell'era post network quindi il lento declino della televisione lineare.

Nell'era post network: l'inserzionista deve prendere atto di ciò e rassegnarsi che il suo messaggio ha
comunque valore, ma non può pretendere sia su TV ODM e banda larga.

Capitolo 7. Possibilità di narrazione televisiva all'inizio dell’era post network.

[5 ESEMPI]

SEX AND THE CITY


Debuttò nel giugno 1998 su Hbo, fu uno tra i primi ad allontanarsi in modo sostanziale dalle regole
dell'era dei network.
La serie è rilevante per gli argomenti trattati qui, poiché fu uno dei primi programmi ideati per
un'emittente via cavo a riscuotere successo e economia di un programma prodotto da un'emittente
premium cable.
L'attenzione dedicata dalla stampa alle prime stagioni di questa serie si focalizzò sui contenuti sessuali
espliciti e sulle conversazioni schiette sul sesso tra le 4 protagoniste.
La serie nacque dall'adattamento di un romanzo di Candance Bushnell, basato sulla rubrica sul New York
Observer, l'autrice era un'antropologa sessuale che scriveva racconti sul sesso ambientati a New York e
che ispirò il personaggio di Carrie.

Sex and the city si rivolgeva specificatamente alla nicchia di donne giovani, benestanti e professioniste,
fu l'aggiunta perfetta alla programmazione di HBO. La programmazione flessibile e prima in fatto di
pubblicità di HBO, inoltre, permise agli autori di sviluppare episodi la cui durata era stabilita dalla trama
e non dal rigido formato di 22 minuti delle comedy dei network, costituite da climax narrativi che
dovevano accadere a intervalli regolari per l'inserimento della pubblicità.
Nel 2003 questa serie ricevette sostanziosi incassi dalle vendite in DVD, cosa insolita per l'epoca da parte
di una seria prodotta per un canale via cavo.
A un certo punto HBO vendette i diritti per un secondo passaggio via cavo a Comecast, che avrebbe
trasmesso la serie su 2 canali a partire dal 2011. In più fu inserita tra le proposte di HBO go.
Sex and the city è importante perché dimostra come si possa guadagnare molto da diverse finestre
distributive, tuttavia non sarebbe stato possibile realizzarla al di fuori di un canale a pagamento.

SURVIVOR.
Rientra nei reality. Il successo della programmazione unscripted spinse i produttori a liberarsi dai
presupposti consueti circa le modalità di finanziamento dei programmi, e questo a sua volta sovvertì
numerose regole di pratica e programmazione industriale sopravvissute dall'era dei network.
È un programma di Cbs che suscitò un enorme e improvviso clamore nel 2000, fornisce un esempio
istruttivo.
Debuttò nel maggio 2000 e fu tra le prime serie unscripted, fondate sulla competizione tra i concorrenti,
a mettere in crisi l'equilibrio nei palinsesti tra serie e programmi di attualità che i broadcaster avevano
raggiunto negli anni '90.
Questa tipologia di serie attira un pubblico più ampio rispetto alle altre tipologie, inoltre non può avere
entrate dalla syndacation o dalle repliche, per cui necessita un sistema di finanziamento alternativo che
non prevede la distribuzione in finestre supplementari per rifarsi alle spese.
Produrre un reality è meno costoso dal momento che non richiede il pagamento di attori e sceneggiatori
da pagare in base agli standard sindacali prestabiliti e ciò è un gran vantaggio.
Cbs affidò a Burnett la responsabilità di vendere gli spazi pubblicitari della serie e accettò di dividere a
metà i profitti in caso il programma avesse avuto successo.
Burnett, "da bravo", non vendette spazi pubblicitari da 30 secondi, ma cerco di convincere gli
inserzionisti ad investire nel programma usando quello che si definì marketing associativo, noto oggi
come product placement o integrazione.
Furono coinvolti 8 sponsor e molti ottennero sia il placement che un pacchetto di spot da 30 secondi.
Il network che mandò in onda Survivor, inoltre, guadagnò perché attirò più spettatori, abbassò l'età
media del pubblico e ottenne il controllo sul redditizio giovedì sera, detenuto da tempo da NBC.
Un'altra fonte di guadagno dei programmi unscripted si sviluppò attraverso la vendita internazionale dei
format, anziché la vendita degli episodi, che rendono solo in prime time, in questo modo ciascun paese
può ricreare il programma usando concorrenti locali, adattandolo alle proprio particolarità (peculiarità)
culturali.

THE SHIELD.
Lanciato sulla rete basic cable FX nel marzo 2002 è andato in onda per 7 stagioni. La serie ha
rappresentato il tentativo più alto del canale di produrre una serie originale, perciò canale stesso ne ha
sostenuto il lancio con un'intensa campagna promozionale. Il genere è il police drama basato su un
detective anticonformista che oltrepassava chiaramente i limiti imposti dai metodi standard.
L'ideatore della serie è Shawn Ryan che esordì nell'ambiente come apprendista, poi passò a serie
comedy e infine ad azione. Lo studios, per non prendersi troppi rischi, accettò di cooprodurla con il
canale, riducendo cosi i rischi.
Per risparmiare ogni episodio venne girato in 7 giorni, anziché nei 9 di norma. Il budget era limitato, si
girava spesso con camere a mano, che comunque aiuta a creare uno stile visivo particolare e frenetico.
Si spinge oltre utilizzando violenza e un linguaggio volgare, per cui per sicurezza veniva trasmessa dopo
le 22. Le associazioni boicottarono la serie intimando gli inserzionisti di non investire per evitare
pubblicità negativa, l'audience comunque era in crescita.
Inoltre alcuni inserzionisti ebbero il desiderio ad essere associati ad un contenuto particolare, per cui
furono comunque disponibili ad investire. Da questa cosa si può comprendere come sia cambiata la
dinamica commerciale, "non mi importa quanti la guardano, ma chi la guarda".
La serie alla fine della prima stagione era già stata venduta a 40 paesi, e questo contribui a ripagare il
deficit di produzione. Il carattere seriale della trama spinse Sony a mandare in onda l'accumulo di
puntate, anziché tutti i giorni alla stessa ora.

ARREST DEVELOPMENT.
Debuttò nell'autunno 2003, fu oggetto di contrattazione tra Fox e Nbc che la rese un episodio pilota che
un network s’impegna a trasmettere, così a un anno di anticipo sulla messa in onda essa si era assicurata
un posto tra i palinsesti.
La serie era non convenzionale, i produttori intendevano sviluppare un insolito stile di regia: il cast era in
continua espansione e nessuno dei personaggi era particolarmente simpatico.
La prima stagione di arrest development ottenne 7 nomination agli Emmy e ne vinse 5, tra cui quello per
la miglior comedy.
Questa serie ha uno stile visivo particolare, gira su set interni ed esterni, ma in luce naturale e con
camere a mano, con l'economicità delle riprese e il budget alto a differenza di Shield, si poteva integrare
il costo per la descrizione peculiare della via familiare che la serie voleva comunicare.
Tratta di una famiglia benestante e disfunzionale, costretta a riunirsi dopo l'arresto del padre.
A causa del poco successo, ma comunque ebbe dei grossi finanziamenti da Fox, si girarono 3 stagioni, le
cui ultime puntate concludono in modo dignitoso la serie conferendole una completezza narrativa che
non tutti possiedono.

OFF TO WAR.
É una miniserie che fu trasmessa dal canale Discovery Times nel 2004-05
Per essere spesati i registi strinsero un accordo con Discovery Times per tre speciali di un'ora, che
esploravano la vita dei membri dell'unità durante i preparativi e il periodo Iraq.
Gli episodi aggiuntivi permisero quindi ai film maker di indagare la situazione di soldati non di carriera,
dotati di una preparazione e di un equipaggiamento non commisurati al compito che dovettero
affrontare. La guerra stava calando a causa dell'emergere di prove sempre più numerose sule notizie
false (fake news) messe in circolazione dal governo nel periodo precedente la guerra, in questa
situazione la descrizione onesta che la serie offriva, composta dall'effetto di questa guerra sulle vite dei
soldati e delle loro famiglie, fornì un contributo importante per la ri-analisi della guerra da un punto di
vista culturale.
Per guadagnare dalla serie i registi trattennero i diritti di distribuzione internazionale e in dvd. Discovery
Times ammortizzò le spese di acquisto della serie trasmettendola più e più volte. A causa di un bacino di
utenza ristretto, il network vendette il proprio spazio pubblicitario abbinato a quello di canali di news via
cavo.
Il target a cui si puntava con questa serie era di uomo adulto di età compresa tra i 25-54 anni, la media
effettiva era di 47 anni per gli spettatoti, mentre quelli delle news ne avevano 57.
Questo è un perfetto esempio di televisione intesa come istituzione culturale.

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