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Cari amici vicini e lontani.

Cap. 1 Titanic

La radio è il primo esito di un'evoluzione tecnologica sviluppatasi nella seconda metà


dell'ottocento e basata su un'unica scoperta, quella dell'energia elettrica.
I mezzi tradizionali di riproduzione e comunicazione, come la fotografia, la fonografia, si
basavano su procedimenti delle scienze tipicamente ottocentesche: la chimica e la
meccanica.
La radio appartiene a un altro universo tecnico-scientifico, quello delle ricerche e delle
sperimentazioni sull'elettricità.
La radio si muove su altre strade, strade immateriali, sconosciute ai media precedenti, legati
a una forte materialità→ nuovo desiderio di immaterialità= wireless (senza fili).
Nel tentativo di eliminare la materialità del canale dalla comunicazione c'è tutta la modernità
della radio.

1897 Marconi è detentore del brevetto della sua invenzione registrato in Gran Bretagna e
titolare della Marconi's Wireless Telegraph Company.
Era stata l'Inghilterra la terra fertile per gli sviluppi delle ricerche dell'elettricista italiano che
non solo aveva istitutito a Londra la sua prima company, ma aveva aperto nel 1898 in Essex
la prima fabbrica di apparecchiature radiofoniche e progrediva costantemente nella
trasmissione di segnali radioelettrici.
→ momento rivoluzionario= il resoconto telegrafico (senza fili) dell'America's Cup (gara di
vela), trasmesso alla redazione in tempo reale, consentì al giornale di stampare la cronaca
dell'avvenimento prima che le barche stessero rientrando in porto.
Questo suscitò grande curiosità e entusiasmo, e su questa scia Marconi fondò
immediatamente la Wireless Company of America, una società per azioni sussidiaria della
Marconi inglese, in grado di sfruttare i brevetti negli USA e in altri paesi entrati nell'orbita
americana.

Questa lunga fase iniziata nelle ultime stagioni dell'ottocento e che facciamo terminare nel
1922 circa, potremmo chiamarla fase di studio o epoca pionieristica.
Comunque la si voglia definire, in questa fase ciò che caratterizza la vita della radio è
l'assenza di un'identità.
Se la storia che stiamo ricostruendo è quella di un mass medium, si può essere certi che nei
primi vent'anni della sua vita la radio non si propose affatto come tale.

Per un ventennio la comunicazione radiofonica perseguì un obiettivo diverso: raggiungere


un punto preciso di destinazione dei suoi messaggi.
E fu spesso afflitta da un timore che è contrario alla logica dei media, il timore che i
messaggi fossero intercettati anche da altri soggetti, diversi da coloro ai quali fossero
destinati.
La radio alla sua nascita non si presentò come un mezzo di comunicazione di massa, ma
come il tipico mezzo di comunicazione da punto a punto. Da questa prospettiva, la storia
della radio appare molto diversa dalle storie di altri media, affini per organizzazione o
cronologia (cinema o televisione).
Per questo abbiamo definito avventurosa la storia della radio, perché, più che nella vita di
altri media, colpi di scena, vicoli ciechi e imprevedibili illuminazioni, casualità fortunose e
autentici atti di eroismo hanno segnato il suo percorso.

Nel primo decennio del secolo Marconi amlia le potenzialità della sua telegrafia wireless,
dedicandosi alla ricerca della trasmissione di segnali.
Nello stesso periodo Fessenden si dedica alla ricerca della trasmissione della voce, e grazie
ad un rivelatore elettrico, alla vigilia di Natale del 1906, in un'ampia area dell'oceano molte
navi ricevettero una chiamata in codice e, a seguire, udirono dalle loro radio una voce
umana.
Nel frattempo le ricerche di Fleming e de Forest, avevano inserito nella tecnologia
radiofonica il diodo e il triodo a griglia, rivelatore e amplificatore e generatore di onde ad alta
frequenza, cioè quell'elemento definito dal suo inventore "audio", scientificamente "tubo
elettronico a vuoto", più comunemente conosciuto come "valvola", quella valvola che si
sarebbe collocata nel cuore degli apparecchi radio da quel 1907 fino all'avvento del
transistor.
In questo momento le comunicazioni via radio erano destinate a offrire contenuti di utilità
concreta o di urgenza.
→ grande impiego in ambito militare e bellico. La prima guerra mondiale fu un terreno
tragicamente fertile per l'utilizzo del radio-telefono che consentiva ai reparti di scambiare
informazioni a distanza.
Molto diffuso l'utilizzo della tecnologia radiofonica nelle attività marine.
Poi c'erano le emergenze in ambito civile.
La più nota è quella del Titanic.
Vicenda in cui noi vediamo protagonista un marconista (membro dell'equipaggio navale
addetto alle comunicazioni via radio) che si trovava sulla terra ferma ed era alle primissime
armi, un ventenne, di nome David Sarnoff, che a partire da quella notte sarebbe entrato
prepotentemente nella storia della radio.
Il ventenne David Sarnoff si trovava in servizio, il 14 aprile 1912, nella stazione della
American Marconi installata all'interno del supermercato Wanamaker di New York. E da lì
diffuse il messaggio del Titanic a tutta la nazione.
Il messaggio diffuso da Sarnoff a 360 gradi si pone come un momento di svolta
fondamentale nell'evoluzione della comunicazione radiofonica.
→ in quel cambiamento di direzione, non più da punto a punto, ma da un punto a un'area più
ampia possibile di potenziali riceventi, c'è la rivoluzione intuizione del broadcasting.
Nel 1916 Sarnoff inviò al presidente dell'American Marconi un memorandum riservato che
conteneva un'idea molto precisa: fare della radio uno strumento domestico, progettata nella
forma di una scatola radiofonica musicale adatta a ricevere diverse lunghezze d'onda che si
potranno cambiare a piacimento spingendo un bottone.
Dopo le vicende del Titanic, Sarnoff cominciò un dibattito sulle prospettive della
comunicazione via radio e sulle ipotesi di broadcasting.

È evidente come alla metà degli anni dieci si stia giocando la partita decisiva tra le due
ipotesi di sviluppo della tecnologia di comunicazione wireless. Da un lato c'è il
radio-telegrafo, con una trasmissione senza fili ma che vive limiti precisi, cioè il bisogno di
personale specializzato nella decifrazione dei segnali Morse; dall'altro c'è la linea che
riunisce gli esperimenti di trasmissione di de Forest e gli appassionati, che sognano
un'emissione che possa essere intercettata liberamente, e il progetto di Sarnoff, dopo la
bocciatura ricevuta dal presidente della Marconi, ha messo in un cassetto ma che
costudisce preziosamente.

(Excursus) Flinchy scrive Storia della comunicazione moderna.


Flinchy osserva come esista una contrapposizione tra un tipo di comunicazione fortemente
orientata verso la sfera pubblica e la nascita di una "comunicazione familiare".
Questa nascita dipende da un più generale mutamento socioculturale.
La valorizzazione della vita domestica, che nel passaggio dalla prima alla seconda metà
dell'ottocento diventa vera e propria esaltazione. Questo nuovo ambito, questo spazio finisce
per rappresentare una sorta di nicchia dove possono trovare sviluppo i nuovi mezzi di
comunicazione.
→ un ruolo fondamentale è dato dalla presenza della musica.
Nella vita culturale delle case del fine secolo le novità si susseguono con grande rapidità:
prima vediamo i pianoforti meccanici, le pianole.
Poi a fine Ottocento il fonografo, l'invenzione di Edison, proposta nella sua versione di
oggetto per l'intrattenimento domestico.
Ciò che affascina le famiglie americane e inglesi nell'uso del fonografo è la possibilità di
unire la fruizione della musica alla dimensione protettiva della vita domestica e familiare.
La dimensione familiare, quello che Flinchy definisce il "ripiegamento domestico" è, dunque,
una caratteristica fondamentale della cultura del periodo a cavallo tra i due secoli scorsi.
Lo spostamento tra le mura domestiche di aree importanti della vita, quelle legate al tempo
libero, al divertimento, rappresenta una svolta epocale.
Come detto, questa centralità della casa prevede un ripiegamento domestico, che non
significa disinteresse per il mondo esterno, ma rappresenta un nuovo modo di comunicare
tra spazio familiare e ambiente esterno.

La grandezza di Sarnoff e della sua intuizione sta nell'essersi posta in sintonia con questa
tendenza, nell'aver visto nella tecnologia radiofonica un'appartenenza all'universo del
grammofono e del pianoforte più che a quello del telegrafo e del telefono, al mondo del
piacere e dell'intrattenimento e non solo a quello dei commerci, dei viaggi e delle battaglie.

Ma a metà degli anni dieci mancavano ancora diversi elementi per incamminarsi sulla via
che Sarnoff aveva indicato.

Alla fine degli anni dieci non era facile neppure identificare una "radio", intesa come
apparecchio ricevente. Da un lato non era facile progettare l'apparecchio: le sue varie
componenti erano coperte da diversi brevetti appartenenti a società in concorrenza tra loro.
Dall'altro molto apparecchi erano costruiti in casa dai radioamatori, assemblando vari pezzi;
gli apparecchi costruiti in questo universo erano assai impegnativi per l'utente, con molti
pezzi da collegare, molte manopole.

1919 l'assemblea degli azionisti dell'American Marconi deliberò la cessione dei suoi beni e
delle sue attività commerciali alla Radio Corporation of America (RCA).
L'obiettivo era quello di creare una sorta di monopolio ben celato, di eliminare dal mercato
americano la più agguerrita concorrente, l'American Marconi, stabilendo, invece, una felice
alleanza con la British Marconi per la gestione delle comunicazioni radio transoceaniche.
Nella RCA vennero concentrati la maggior parte dei brevetti che erano sparsi in varie mani e
impedivano uno sviluppo unitario della radio.
Cap. 2 Radio days

I radio days occupano un periodo molto ampio, che va dal momento in cui la radio si
struttura come mass medium e comincia a esercitare un'influenza notevole sulle
conoscenze, sui consumi, sugli stili di vita in aree molto vaste e in vari strati della
popolazione, fino alle stagioni in cui la proposta radiofonica rifluisce entro ambiti più ristretti,
più definiti, modificando il suo linguaggio, le sue funzioni, il suo rapporto con il pubblico.
Si và dagli anni venti fino alle stagioni del secondo dopoguerra.
In uno spazio e tempo così ampi, c'è un filo che lega tra loro in una sorta di continuità le
molteplici esperienze; il filo è quello del linguaggio o meglio dell'atteggiamento enunciativo.
Per quattro decenni in America e cinque in Europa le emittenti radiofoniche, senza
differenze tra pubbliche e private, si sono manifestate come istituzioni, come tali sono state
vissute dagli ascoltatori e come tali hanno "parlato", adeguando a questo ruolo il loro
linguaggio.
È questo fondo comune, questa base linguistica generale e condivisa dalle più difformi
esperienze, che garantisce una continuità e legittima la scelta di riunire in un solo blocco una
storia che occupa mezzo secolo.
A segnare quest'epoca sarà proprio un profondo cambiamento nel linguaggio, l'esaurirsi del
ruolo e dell'atteggiamento istituzionale.

Nascita dei Radio Days


→ negli anni venti inizia un boom della radio negli Stati Uniti.
Le stazioni autorizzate a trasmettere sono più di 1400, questi sono gli esiti del radio act
(1912) in base al quale il governo concede una licenza di trasmissione a chiunque ne faccia
richiesta purché cittadino americano. A fare richiesta e a cimentarsi con l'emissione di testi
radiofonici di varia natura erano state in quegli anni realtà molto varie (università, giornali..).
Esplosiva fu anche la vendita di apparecchi, un business colossale.

Sulla scena decisamente vivace della società americana recitano una parte importante
diversi attori:
● Società produttrici di tecnologie di emissione, di trasmissione e di ricezione dei suoni,
con capitali milionari, ormai certe che gli investimenti nel settori sono assai fruttuosi
● Stazioni trasmittenti, strutturate nella forma del broadcasting
● Pubblico, una massa di cittadini tra i quali alcuni sono ancora legati all'idea
radioamatoriale della tecnologia radiofonica come strumento di interazione da punto
a punto
● Politica, combattuta tra i principi liberisti della tradizione americana e le tentazioni
monopolistiche
Nel gennaio del 1927 si arrivò a un nuovo Radio Act, la legge affermava il carattere pubblico
dei canali, concessi in uso ai privati per un periodo di tre anni, istituiva una commissione che
provvedeva ad attribuire le licenze, azzerando tutte le concessioni precedenti.
Radio act già in parte superato, non prestava quasi attenzione all'ultimo dei nostri attori in
scena, la pubblicità.

In Gran Bretagna la Marconi Company era più forte ed aveva istitutito la prima stazione con
una regolare emissione quotidiana.
La rapida crescita di emittenti spinse alla costituzione di una company che riunisse tutte le
società interessate alla produzione di tecnologie radiofoniche e che avesse il monopolio
delle radiotrasmissioni = British Broadcasting Company (1922).
Nel giro di cinque anni la British Broadcasting Company si trasformò in British Broadcasting
Corporation, cioè una società chartered sotto il controllo della Corona, quindi sottratta sia al
controllo del mercato sia a quello delle istituzioni politiche.
La conversione in senso pubblico del sistema radiofonico inglese fu seguita da molte nazioni
europee

I decenni che vanno dagli anni venti fino ai mitici sessanta furono l'età dell'oro della radio. La
sua diffusione e popolarità raggiunsero livelli altissimi.
Periodo in cui si strutturarono una serie di generi e formati propri della comunicazione
radiofonica.
Superata la fase di sperimentazione, di ricerca di identità e di semplice manifestazione della
loro presenza, le stazioni radiofoniche, di ogni natura e di ogni paese, si preoccuparono di
garantire agli ascoltatori un'offerta che abbia una ragionevole continuità e organizzazione
razionale.
Questo obiettivo incontra un grande ostacolo, l'assenza quasi totale di fonti dirette. Tutti i
programmi radiofonici, fino agli anni cinquanta, sono andati in onda soltanto in diretta e di
quelle messe in onda non esiste alcun testo.
Nel 1925 nasce Radio Orario, l'organo ufficiale dell'emittenza radiofonica italiana e lo
strumento di comunicazione con il pubblico e, oltre a trattare vari argomenti di natura tecnica
e culturale connessi alla radiofonia, informava sui programmi.
Per tutti gli anni venti la radio italiana rispecchiava l'idea sarnoffiana di music box: la musica
rappresentava l'80% della programmazione.
La musica era preponderante ma non limitava la crescita di altri contenuti→ notiziari politici,
commerciali e sportivi, conferenze, lezioni di lingua straniera.
In Europa le linee editoriali della radio sono piuttosto simili: si ispirano alla celebre
ripartizione proposta da Edith per la BBC, basata su una quota non eccessiva di
intrattenimento in gran parte musicale, un'area destinata all'informazione e un progetto di
divulgazione, articolato soprattutto sulle conversazioni di esperti.
La distinzione in generi, in questo caso opera in macro generi, opera su due livelli.
Da un lato, razionalizza la produzione, creando processi di produzione replicabili, dall'altro
funziona come patto comunicativo tra emittente e destinatario, generando regole, attese,
riconoscimenti.
La struttura dei generi telefonici si consolidò a partire dagli anni trenta, dando origine a
un'articolazione complessa delle tre grandi categorie (informazione, divulgazione culturale,
intrattenimento)

-Informazione= la sua nascita viene fatta coincidere con lo sciopero generale del 1926, in cui
la BBC si trovò ad essere la sola fonte di informazione del paese.
Da lì si moltiplicarono i notiziari e le radiocronache che erano state sottoposte nei primi anni
di vita a una singolare limitazione.
Radiocronache e radiogiornali si diffusero nei palinsesti di tutte le stazioni europee.
Le radiocronache dedicate agli avvenimenti sportivi hanno occupato un posto di rilievo nella
storia della radio italiana in vari momenti e per ragioni diverse.
Le dirette delle partite di calcio della nazionale italiana assunsero, in quel decennio, un ruolo
particolare per molti motivi. In quel settore emerse per la prima volta la figura forte del
radiocronista (Niccolò Carosio primo radiocronista).
Anche il dopoguerra trovò nelle radiocronache sportive i simboli capaci di rispecchiare i
drammi e le ansie dell'epoca.
In primo piano non c'era più il calcio ma il ciclismo, raccontato dalla voce di Mario Ferretti
(capacità di cogliere i particolari e la creatività di linguaggio).
Anche negli anni successivi, in particolare gli anni sessanta, videro le cronache sportive al
centro del progetto di modernizzazione della radiofonia italiana.
Caso esemplare è stato Tutto il calcio minuto per minuto. Si trattava di una sperimentare la
possibilità di realizzare più radiocronache contemporanee in grado di incrociarsi in certi
momenti topici.
Nel giro di poche edizioni fu introdotto un meccanismo molto spettacolare che consentiva ai
radiocronisti di interrompere i colleghi, inserendo la loro voce per aggiornare gli ascoltatori
su un episodio decisivo avvenuto nel loro campo.
Tutto il calcio è stato uno dei programmi più popolari della storia della radio italiana e ha
avuto un enorme rilievo proprio dal punto di vista dell'evoluzione del linguaggio radiofonico.
Tutto il calcio ha rappresentato un format di successo fornendo un modello narrativo e
ritmico a cui si sono adattate tutte le cronache di avvenimenti complessi in radio e più tardi in
TV.
Ma non sono mancati altri contenuti che, al pari dello sport, hanno avuto nella storia della
radio un posto privilegiato.
Tra questi c'è la politica.
In questo caso oltre alle cronache in diretta, alcune delle quali hanno portato nelle case dei
cittadini gli avvenimenti decisivi della storia del Novecento, appare molto interessante la
varietà e l'originalità dei formati.
Ai notiziari, punto fisso della programmazione di tutti i canali, appuntamento fisso per le
famiglie, vanno aggiunte altre esperienze che si sono inserite in profondità nel tessuto
politico del secolo scorso.

Tra cui l'approfondimento giornalistico, per comprendere i vari microgeneri e formati che si
sono sviluppati in quell'ambito. Risultata molto vasta e interessantissima la produzione di
materiali registrati e di largo respiro come i documenti radiofonici, le inchieste, i dibattiti.
Quanto al documentario e all'inchiesta, il loro vero decollo fu possibile solo dopo la seconda
guerra mondiale con l'introduzione della registrazione audiomagnetica.
Un altro genere di rilievo è il dibattito, che ha avuto però più successo in televisione, perché
ciò che fa spettacolo non è ciò che si dice ma l'immagine di chi parla.
In tutta l'epoca precedente un solo tali è rimasto e ha trovato un posto significativo nella
storia della radio italiana: Il convegno dei cinque (1946).
La forza del discorso diretto agli ascoltatori, dell'orazione, della conversazione.
Inevitabilmente quando si accenna a questo tipo di produzione radiofonica, il pensiero corre
alle terribili vicende delle dittature europee degli anni trenta, alle tragedie del nazismo.
Il peso tragico e incancellabile di questi eventi ha finito per mettere in ombra ciò che in
quegli stessi anni è avvenuto altrove. Sempre in questo ambito della penetrazione dei
contenuti politici nelle produzioni radiofoniche, in questo territorio in cui è arduo stabilire il
confine tra informazione e propaganda, ci sono, negli anni attorno alla seconda guerra
mondiale e in situazioni politiche di stampo ben diverso, molte altre esperienze che meritano
di essere ricordate→ Fireside Chats (discorsi del caminetto) che il presidente Roosevelt
pronunciò fin dagli esordi della sua permanenza alla casa Bianca. Non erano determinati da
avvenimenti politici o da esigenze specifiche di propaganda, era un appuntamento fisso, un
vero programma radiofonico nel palinsesto dei network.
E poi venne la guerra e tra le forze combattenti non mancò la radio, una radio non più solo di
propaganda ma di militanza. Gli anni tra il 1940 e il 1945 hanno dato vita a una serie di
epopee radiofoniche.
La più nota è Radio Londra, già nel 1939 l'emittente inglese cominciò le sue trasmissioni in
lingua italiana.
Aveva il compito di diffondere tra gli italiani dubbi sull'opportunità di entrare in guerra a
fianco del Terzo Reich.
Il successo della radio, tanto da allarmare le autorità fasciste che intervennero con
provvedimenti dissuasori e azioni di jamming, crebbe quando, a partire dal 1942, le sorti
della guerra cominciarono a essere sfavorevoli alle potenze dell'asse. In quella fase Radio
Londra divenne la sola fonte credibile degli avvenimenti che la radio italiana nascondeva.
Ma il vero boom della radio coincise con i giorni dell'armistizio e con il lungo blackout
dell'EIAR che lasciò gli italiani privi di notizie. Da quel momento e sempre più con la
divisione del paese in due aree e in due fazioni Radio Londra divenne assoluta protagonista
della "guerra delle onde".
Ci sono molti esempi che testimoniano di questa vocazione della radio alla partecipazione
diretta alla lotta politica e alla guerra.
Uno fra questi è dato dal rapporto che stabilì la Resistenza francese con la radio, Radio
Brazzaville. L'emittente riuscì nella primavera del 1943 a sottrarre alla società statale un
trasmettitore di grande potenza che consentiva di trasmettere le sue informazioni e i suoi
appelli a grandi distanze.
Anche sul fronte orientale la radio combatté valorosamente.
Una delle fasi più terribili della guerra, l'eroica resistenza della città di Leningrado al
lunghissimo assedio dell'esercito nazista, fu sostenuta, raccontata e celebrata dall'emittente
radiofonica della città. Dal giugno del 1941 Radio Leningrado riuscì per molti mesi a
mandare in onda un regolare palinsesto autonomo almeno fino al marzo del 1942, quando
tornò sotto il controllo dei comitati direttivi centrali di Mosca.
In quei dieci mesi la programmazione comprendeva undici edizioni del radiogiornale,
denominato "Ultime notizie", in cui erano presenti anche le lettere-appello ai soldati
impegnati al fronte scritte da parenti e amici e lette dagli speaker. Nel pomeriggio un
contenitore intitolato Radiocronaca, in cui discorsi sulla letteratura si alternavano a reportage
che raccoglievano le voci dei cittadini comuni, delle loro sofferenze, delle loro difficoltà di
sopravvivenza.
Radio Leningrado, nei pochi mesi di vita autonoma, rappresenta un'esperienza di
straordinario interesse, sul piano della comunicazione, al di là de suo significato politico.
Lo spazio concesso a vicende molto particolari come quelle di Radio Leningrado, di Radio
Brazzaville e di Radio Londra ci consente di chiudere il paragrafo con due osservazioni di
carattere generale: la prima riguarda i rapporti tra informazione e propaganda, che non
possono essere separate, la storia dell'informazione radiofonica ci ricorda come in molte
occasioni, anche in contesti profondamente democratici, la sovrapposizione della funzione di
propaganda su quella di informazione è un esito inevitabile; la seconda riguarda il rapporto
tra la radio e la guerra, che è stato un rapporto molto intenso, al punto da instaurare l'ipotesi
che la radio trovi nelle guerre il terreno più fertile per la sua crescita, che si nutre di guerra→
l'ipotesi ha alcune possibilità di spiegazione, una di natura strutturale, la natura leggera
dell'emissione radiofonica, la sua tecnologia agile, mobile e poco costosa la rendono
particolarmente adatta a situazioni di precarietà e di imprevidibilità.
Ma questo legame forte tra radio e conflitti, questo tragico abbraccio si presta a un altro tipo
di lettura, di stampo storico-culturale. Rappresenta la conferma di un carattere tipico della
radio, il suo carattere di medium assolutamente novecentesco, la sua appartenenza a un
secolo e la sua identificazione con lo spirito di quell'epoca. E il Novecento è stato un secolo
di guerre, di conflitti, di lotte, di tragedie e di vittorie da cui la radio è stata non solo
condizionata nei suoi contenuti, ma costruita nelle sue funzioni, nel suo linguaggio.

-Divulgazione culturale= l'idea di affidare alla radio il compito di diffondere presso il suo
pubblico contenuti di cultura anche alta risale all'epoca dell'ordine dei broadcast.
Per mezzo secolo i programmi di divulgazione culturale occuparono una parte molto vasta
dei palinsesti di tutti gli enti radiofonici europei.
Interessante aspetto della questione culturale è quello dei formati che la radio ha costruito
per le due proposte culturali e che potremmo dividere in tre aree:
● Conversazioni→ interventi, vere e proprie lezioni di esperti che illustrano i più vari
argomenti.
Un'esperienza molto significativa fu quella delle radio rurali, diffuse in varie parti del
mondo, un apposito Ente Radio Rurale si occupò di portare una radio in ogni
villaggio. Collocata di solito nella scuola, la radio rurale integrava la didattica, forniva
istruzioni per l'attività agricola e diffondeva i principi dell'educazione fascista. La
proposta non si esaurì con la caduta del fascismo, ma continuò con un progetto di
divulgazione destinato a durare fino al 1975 chiamato La radio per le scuole.
Ad aprire una nuova strada fu la radio inglese, la BBC, decise nel 1946 di aprire un
nuovo canale, il Third Programma, un canale in cui si concentrava la cultura alta, il
meglio della letteratura, dell'arte, della musica e che affiancava i già esistenti.
Il progetto non mancò di suscitare perplessità e qualche delusione per i risultati
modesti e talvolta opposti ai suoi obiettivi. La segmentazione del pubblico, parallela a
quella che era in atto nel sistema scolastico inglese, si rivelò più una gabbia che un
ascensore: raramente il pubblico di basso livello socioculturale si accostò al Third e
alle sue proposte alte e non ritrovò negli altri due canali quelle tracce di
programmazione mista, quella varietà di offerta a cui era abituato nell'epoca
prebellica.
La costruzione di canali specificamente dedicati alla diffusione di una cultura alta fu
una scelta che prevalse negli anni del dopoguerra.
In Italia quelli furono gli anni della nascita del Terzo programma. Il Terzo si ispirava
apertamente all'esperienza inglese, trasmettendo conversioni, approfondimenti
giornalistici, pièce teatrali e musica rigorosamente classica per ascoltatori che si
sarebbero accostati a quel tipo di programmazione grazie all'aumento dei livelli di
istruzione e all'attività di elevazione culturale intrapresa dai media→ progetto non
pienamente realizzato.
● Musica→ parliamo ora di quella che si usa definire musica seria in contrapposizione
alla musica leggera. La musica seria o classica ha stretto con la radio un legame
fortissimo che ha inciso in maniera decisiva sulla natura e sull'evoluzione di entrambi
i mondi.
Le opere liriche in cartellone dei teatri divennero oggetto privilegiato di trasmissione
radiofonica.
Ben presto, certi dell'importanza culturale e sociale della messa in onda di musica
classica, confortati dal successo delle dirette dei teatri ma condizionati dalle molte
difficoltà insite nella realizzazione di questi collegamenti, i vari enti radiofonici
intrapresero una strada alternativa, quella della costruzione delle proprie orchestre.
Una tendenza che coinvolse i paesi di tutto il mondo.
Questo fervore di iniziative e la destinazione di massicci investimenti nel campo della
trasmissione di musica seria ha varie implicazioni.
A livello di contenuti è molto evidente la centralità della musica classica, la scelta di
privilegiare la musica classica rientra in un più ampio progetto di cui gli enti
radiofonici pubblici si sentono molto protagonisti, quello del rafforzamento dell'identità
culturale nazionale. La musica seria è vissuta come patrimonio culturale della
nazione e come elemento di identità culturale.
La sostituzione delle dirette dai teatri con esecuzioni delle orchestre create
appositamente per le emittenti va nella direzione di un'autonomia del repertorio
musicale radiofonico rispetto ai cartelloni teatrali. Propongono, in questo modo, una
selezione e una distribuzione originale dell'immenso repertorio della musica seria,
una linea editoriale che privilegia certi autori o certi generi ritenuti più interessanti.

Critiche:
- preoccupazione per lo svuotamento dei teatri e delle sale da concerto
- presenza di una tecnologia non garantiva una qualità acustica paragonabile
all'originale.
Tra la fine degli anni venti e i primi
anni trenta in Germania, Inghilterra, Italia e Stati Uniti le radio cominciarono ad
assumere il ruolo di committenti, affidando a nuovi compositori il compito di scrivere
composizioni musicali originali espressamente pensate per la trasmissione
radiofonica, una musica basata su categorie estetiche diverse da quelle tradizionali,
una musica "radiogenica".
In quegli stessi decenni tra le due guerre e soprattutto negli anni del secondo
dopoguerra, la tecnica di registrazione, dapprima basata sul disco, si trasformò in
magnetica, con la realizzazione del primo magnetofono a nastro metallico e poi
plastico. Da quel momento molte produzioni radiofoniche passarono dall'emissione in
diretta alla registrazione dei programmi e alla loro messa in onda differita.
● Teatro→ caso simile a quello della musica seria. Il percorso si sviluppa in tre tappe:
-esperimenti di trasmissione in diretta dai teatri (anni venti)
-Adattamento, cioè la riscrittura del testo teatrale in una forma più idonea alle
esigenze del linguaggio radiofonico.
La radio italiana a partire dagli anni cinquanta manifestò un costante e proficuo
impegno in questo genere che chiamava semplicemente prosa.
-Romanzo.
Anche in radio la pratica dell'adattamento sconfinò dal vasto territorio dei testi teatrali
per affrontare anche altre scritture letterarie e proporle in forma radiofonica.

-Intrattenimento= passando ora al discorso sull'intrattenimento radiofonico il centro


dell'attenzione si sposta inevitabilmente verso i network statunitensi.
Questo non vuol dire che, in Europa, le radio trascurino la possibilità di intrattenere il
pubblico con contenuti leggeri.
Ma la radio americana presenta due aspetti di fondamentale importanza che le assicurano
un posto privilegiato, una sorta di ruolo-guida nella storia della radiofonia, un ruolo di
scoperta e di colonizzazione di nuovi territori.
Il primo di questi territori è l'ambito della musica leggera, che vide la collaborazione di radio
e fonografo nella sua espansione, prende forma e si afferma un genere musicale che ha
segnato il gusto musicale del secolo: la canzone.
Questo tipo di componimento musicale di breve durata, accompagnato da un testo verbale,
occupa uno spazio sempre più ampio nella produzione musicale.
Le canzoni diventano uno dei prodotti fondamentali dell'industria culturale, rispecchiandone
perfettamente alcune esigenze: la standardizzazione del formato (tre minuti) e del ritmo,
definito come ballabile, la regolarità dell'uscita dei prodotti, la corrispondenza alle richieste
del mercato. La storia della canzone è indissolubilmente legata alla radio.
I programmi di canzonette sono stati punto di riferimento centrale nei palinsesti della radio
americana.
E, parallelamente, la canzone ha trovato nella sua presenza radiofonica la possibilità di
svilupparsi, di fare conoscere i suoi prodotti.
→ In America nel 1946 un sociologo nella cura di un volume sulla radio stilava un elenco
dettagliato dei generi della radio, molti dei quali appartenevano all'area dell'intrattenimento =
il laboratorio dei generi.
All'origine di tutta l'operazione, che produce la segmentazione del tempo dell'emissione in
blocchi differenziati in base alle caratteristiche e ai gusti dell'audience e la conseguente
alternanza di diversi generi nel palinsesto, ci sono le esigenze della pubblicità.
I veri responsabili della programmazione radiofonica sono stati i pubblicitari, in quanto le loro
decisioni influivano sui contenuti, sui formati , sul casting e quindi sulla fortuna dei generi..
E la pubblicità stessa diventa un genere della radio.
Gli spot hanno avuto spazio nella radio classica sotto forma di micronarrazioni, di scene di
vita e soprattutto di canzonette.
Anche lo storytelling, che prevedeva una serie di avventure per il pubblico degli adolescenti
derivate da fumetti, thriller e pulp, sit-com e soap opera. Quest'ultimo è il genere più famoso
sia per il suo successo radiofonico, che per il suo proseguimento televisivo.
Le soap sono serie di lunghissima durata divise in puntate di poche decine di minuti,
narravano vicende di ambientazione contemporanea e socialmente elevata, ricche di intrecci
sentimentali, con un ritmo lento e denso di reiterazioni che favorivano i collegamenti tra i vari
episodi in onda quotidianamente.
Sono queste alcune delle caratteristiche che decretarono il grande successo di un genere
che, mettendo in scena modelli di amore romantico e di realizzazione familiare,
rappresentava una forma di evasione dai gravi problemi sociali ed economici dell'America
della grande depressione.
Anche al di fuori della dimensione narrativa ricca di tante esperienze, di tante sfaccettature,
la radiofonia americana manifestò grande creatività nella proposta di generi di
intrattenimento.
In principio, come si è già detto, fu la musica con tutti i generi musicali: programmi di musica
da ballo, musica popolare, musica classica.
Ma attorno alla musica si svilupparono generi più articolati→ il varietà, il quiz musicale.. il
quiz, poi, non ebbe solo contenuti musicali ma, in generale, con la sua formula agonistica
molto coinvolgente, con la sua capacità di favorire l'identificazione e di costruire personaggi
attorno alla figura del conduttore e dei concorrenti, divenne uno degli appuntamenti più attesi
della programmazione radiofonica.
Ma anche la radio italiana ideò e coltivò un genere di intrattenimento= varietà o rivista.
La rivista trovò la sua versione radiofonica negli anni trenta.
Nizza e Morelli sperimentarono la possibilità di una rivista radiofonica già nel 1933 con il
programma Un'ora con te che distribuiva in una serie di sketch riferimenti all'attualità e alla
letteratura popolare. Il successo del programma consentì agli autori di mettere in cantiere
quello che sarebbe diventato il primo programma di culto della radio italiana: I quattro
moschettieri. Un vero varietà che sostituiva l'iniziale ipotesi di un racconto radiofonico, di cui
restava solo una labile traccia nella tipica tecnica narrativa di sospensione dell'azione al
termine di ogni puntata settimanale con il rinvio dell'attesa alla successiva.
Il rilievo del programma di Nizza e Morelli sta, oltre che sul piano linguistico e su quello del
costume, anche nell'introduzione di tecniche di merchandising assolutamente nuove per
l'Italia di quegli anni. La trasmissione era accompagnata dalla diffusione di figurine dei suoi
protagonisti che potevano essere raccolte in album che, una volta completati, davano
accesso a un concorso a premi.

I dati fondamentali dell'ascolto radiofonico nella sua epoca d'oro:


-il luogo→ la casa, le mura domestiche con tutto il significato simbolico di relazioni, di affetti.
L'ascolto della radio ha una dimensione familiare, condivisa, raramente è individuale.
-l'intensità→ quello dei radio Days è un ascolto intenso, avvolgente, assorbente e
totalizzante. È una sorta di cecità quella in cui è immerso l'ascoltatore radiofonico, ma i limiti
fisici della comunicazione possono stimolare l'espressività del mezzo e rendere il suo fruitore
attivo.
-divismo→ uno dei fenomeni più singolari della comunicazione di massa, anche se non ha
mai raggiunto l'ampiezza e il rilievo di quello sorto prima attorno al cinema, e più
recentemente, alla televisione.
Fu un divismo più morbido, più tranquillo, più familiare ma pur sempre un legame stabilito
non con una voce ma con la figura mitica e reale che attraverso quella voce si poteva
immaginare e "vedere".

Cap. 3 I Love Radio Rock

La "terza età" della radio ha radici in anni molto precedenti alla sua esplosiva
manifestazione.
Le due indispensabili premesse tecnologiche che resero possibile quella rivoluzione,
risalgono all'epoca classica. Si tratta di due invenzioni.
La prima si chiama comunemente FM, cioè Frequency Modulation, modulazione di
frequenza. L'invenzione riduceva i disturbi e le interferenze, creando un fedeltà della
riproduzione musicale mai ottenuta con l'AM, ma soprattutto consentiva di creare emittenti
con limitato raggio di recezione a costi ridottissimi.
Il brevetto in un primo momento di crisi venne snobbato, poi nel dopoguerra, quando la
superiorità tecnica della FM si manifestò in tutta la sua evidenza, furono le grandi emittenti
ad appropriarsene per le loro trasmissioni, apportando una piccola modifica che consentiva
di non pagare la quota al brevettatore.
La seconda, deriva dalle ricerche sul radar di tre studiosi che, forse in modo accidentale,
scoprirono un nuovo dispositivo elettronico, il transfer resistor, cioè il transistor. La
possibilità, che il transistor consentiva, di sostituire negli apparecchi radiofonici riceventi le
valvole termoioniche e di miniaturizzati e di risparmiare energia elettrica fu presto sfruttata a
livello industriale.
Dal 1955 in poi tutte le aziende produttrici di radio lanciarono sul mercato i loro apparecchi
transistor.
La nuova epoca della radio si può fare coincidere con la presenza di un particolare oggetto
utilizzato come ricevente. La radio diventa un oggetto portatile, di uso individuale,
indipendente dalle dinamiche familiari e dalla vita domestica, tendenzialmente destinato alle
zone periferiche della casa.

Tra le cause dell'esaurimento del modello classico della radiofonia c'è, in primo piano,
l'avvento della televisione.
La televisione, infatti, è andata ad occupare gli spazi concreti e simbolici che erano stati
affidati alla radio.
Gli anni cinquanta aprirono un nuovo scenario mediatico= dapprima negli Stati Uniti e poi in
Europa, le emittenti cominciarono a trasmettere regolarmente programmi televisivi
suscitando immediatamente l'interesse del pubblico.
I televisori entrarono nelle case degli americani, degli inglesi, dei francesi e degli italiani,
penetrando a partire dal decennio successivo anche fra gli strati economicamente meno
elevati e andando sempre a prendere il posto che era stato riservato alla radio.
Presero il posto della radio nei luoghi, cioè i salotti, che riunivano tutta la famiglia davanti
all'apparecchio, poi nei tempi, le ore della sera che per decenni erano state occupate
dall'ascolto dei programmi radiofonici di maggior interesse diventarono le ore del grande
consumo di intrattenimento televisivo.
Anche le modalità di questo nuovo consumo riproducevano esattamente quelle del vecchio
consumo radiofonico: un consumo domestico che riuniva tutti i componenti della famiglia
attorno ad un prodotto.
La televisione, però, non venne mai vissuta come una magia, cosa che invece era accaduta
al cinema, mai come un'esperienza travolgente, ma come una presenza rassicurante.
Questa condizione tipica della comunicazione televisiva e della sua fruizione è in gran parte
legata al fatto che fin dalla sua prima apparizione il televisore fu visto come un mezzo
familiare. La TV era fin dall'inizio qualcosa di familiare nel senso di non estranea, non del
tutto sconosciuta, in qualche modo attesa.
La televisione appariva uno sviluppo della radio, e così era, su tutti i livelli.
Sul piano tecnologico, dopo una prima fase in cui l'idea di televisione rimase legata alla
presenza di fili, sul modello del telefono, dopo la prima guerra mondiale fu il successo della
forma wireless di comunicazione adottata dalla radio a indirizzare gli esperimenti televisivi
verso l'etere.
Sul piano industriale, troviamo coinvolti nella produzione di immagini televisive gli stessi
gruppi che producevano radio = BBC in Europa e RCA in America.
Ci fu un trasferimento di personale dalla radio alla TV nell'ambito dello stesso ente, e con il
personale si sono trasferite anche le idee, progetti, generi e contenuti, infatti la televisione
viene proposta come una nuova radio, corredata dell'enorme forza delle immagini, ma non
per questo deviante rispetto ai percorsi linguistici, alle funzioni, ai modi, ai tempi e ai luoghi
della fruizione della radio.
Fu proprio questa sovrapposizione totale della TV sugli spazi fisici e simbolici della radio che
spinse quest'ultima alla migrazione verso altri luoghi.
La radio si rifugiò in zone più periferiche, la cucina, il bagno, il giardino, oppure uscì di casa
verso luoghi di lavoro, parchi, spiagge, e si dovette rinnovare.
Il cuore della sua audience e dell'audience di tutte le radio che prima in America, poi in
Europa, si affermarono al di fuori dei circuiti tradizionali, fu costituita dalla generazione dei
giovani.
→ Sono almeno due le ondate giovanili che hanno identificato questo medium come il luogo
privilegiato di espressione.
La prima è quella di chi ha cominciato la sua adolescenza a cavallo tra la fine degli anni
cinquanta e l'inizio dei sessanta, un'ondata americana che si infrange contro le drammatiche
vicende di metà decennio (assassinio di Kennedy e guerra del Vietnam).
Alla nuova generazione che invade la scena pubblica alla fine degli anni cinquanta si deve
attribuire un carattere di novità assoluto e rivoluzionario. Per la prima volta nella storia si
parla di cultura giovanile.
La nuova cultura giovanile si esprime in un certo modo di vestire, nella diffusione di capi
d'abbigliamento simboli (jeans e minigonna), in certi comportamenti ma anche nel consumo
di diversi prodotti culturali. Ma ancora più massicciamente e profondamente a caratterizzare
la cultura di questa generazione è la musica

Presenza di una nuova musica: rock and roll, rhythm'n'blues, avvento delle band, degli
autori impegnati nella ricerca musicale e nella protesta politica, e dei musicisti "maledetti".
Le radio, le nuove emittenti, intercettarono questo complesso fenomeno, lo amplificarono, lo
diffusero inserendo questi nuovi contenuti in una forma di consumo mediatico tradizionale
qual era quello radiofonico.
A questo tipo di emittenza radiofonica è stato attribuita una vocazione trasgressiva, una
fama di cui le emittenti stesse si sono compiaciute e che hanno alimentato. La trasgressione
era praticata nelle tecniche di trasmissione, in molti casi non consentite o previste leggi
vigenti, nei contenuti diffusi e nei valori affermati attraverso la musica spesso in contrasto
con la tradizione culturale, la morale e il comune senso del pudore della società in cui
operavano, nel linguaggio e negli atteggiamenti tipici del loro esponenti in onda, nella
vicinanza, nella simpatia manifestata nei confronti di alcune devianze.
Una certa pericolosità sociale apparve come un tratto tipico di questa comunicazione
radiofonica, costituito da due linee contrapposte: da una parte il compiacimento narcisistico
degli emittenti, dall'altra l'esasperazione, l'accanimento delle istituzioni politiche che per
impedirne l'attività tendevano a screditarle.

La radio "libera" degli anni sessanta e settanta rappresentò, inoltre, un'alternativa su più
livelli. Alternativa rispetto al passato, alla tradizione.

A incrinare la resistenza particolarmente forte della musica cosiddetta "ballabile", le


canzonette della tradizione nazionale, c'è la presenza di alcune radio che propongono quella
discografia che già è penetrata in alcuni strati del mercato, una musica del tutto nuova, di
lingua e matrice americana.
E in questa scelta c'è un radicale cambiamento di prospettiva, un'alternativa culturale=
l'apertura alle esperienze straniere, l'internazionalizzazione della circolazione dei prodotti
culturali, uno sguardo aperto sul mondo.
Il contesto in cui si colloca come alternativa è quello in cui la funzione di intrattenimento è
affidata soprattutto alla televisione.
Vediamo l'inizio di un nuovo modello di radio, basato quasi esclusivamente sulla musica, in
cui le parti discorsive erano ridotte al minimo e che privilegiava l'audience giovanile e
consacrava il successo del rock.
I grandi network avevano spostato la loro attenzione e i loro investimenti della radio alla
televisione. E in questa fase in cui la radio americana dei grandi network cercava di
conservare il proprio pubblico dell'erosione televisiva restando ancorata alla sua
programmazione tradizionale, non fu difficile per le emittenti locali andare a occupare spazi,
a trovare consenso e a costruirsi un nuovo pubblico.
Se questo fenomeno non trovò ostacoli in America, in Europa le cose andarono
diversamente, con risvolti politici alquanto complicati.
Il primo caso fu quello di Radio Veronica, un'emittente che cominciò a trasmettere
programmi di musica americana registrati in una località segreta dell'Olanda. L'impatto di
questa nuova programmazione musicale fu notevolissimo in tutti i paesi d'Europa del Nord,
in particolare in Inghilterra dove l'emittente raccolse consistenti investimenti pubblicitari.
Un'intervento legislativo del governo olandese decretò l'illegalità di questo tipo di
trasmissione (1974).
Nel 1964 fu attivata Radio Caroline, collocata nelle acque internazionali del mare del Nord.
Lo slogan di Radio Coraline era un inequivocabile "Love, Peace and Good Music" e la
musica più amata era quella dei Beatles.

Un discorso a parte, sulle vicende italiane, merita Radio Monte Carlo fondata nel 1942, iniziò
nel 1966 a trasmettere in lingua italiana. La programmazione era di stampo musicale, con la
presenza di conduttori dallo stile leggero, ironico, lievemente anticonformista. Ancor più che
la libertà di scelta nel campo musicale che consentiva di trasmettere i brani oscurati in Italia
dalla censura interna alla Rai, ad attrarre molti giovani verso la nuova emittente fu una
piccola invenzione.
La piccola, frivola invenzione si chiama "dedica". (Ne parla dopo)
La presenza di Radio Monte Carlo e il suo crescente successo nel corso degli anni settanta
avevano reso palese una situazione imprevista nella società italiana.
→ Ma non erano solo i giovani a cui la Rai stava stretta, c'era anche un potenziale mercato
di investimenti pubblicitari prodotto da due nuovi fattori:
● l'affermazione della grande distribuzione, con la conseguente necessità di adeguati
canali di valorizzazione dei marchi e un fortissimo aumento degli investimenti
● lo sviluppo di una piccola-media impresa che si era affermata in quegli anni in varie
regioni italiane e che, esclusa dall'accesso agli spazi pubblicitari del servizio pubblico
era alla ricerca di visibilità e di nuove forme di promozione dei suoi prodotti.

È stato all'origine del processo che ha trasformato radicalmente il panorama dell'emittenza
radiofonica.
Ci furono vari tentativi di trasmettere via radio al di fuori delle leggi vigenti, ma tutti fermati
dalla polizia che sorvegliava sull'integrità pubblica dell'etere. Questo gravò, per tutta la metà
degli anni settanta, sui tentativi di dar vita a una comunicazione radiofonica al di fuori del
monopolio pubblico.
Ma la pressione esercitata da più parti era inarrestabile e a metà del decennio si andava in
onda clandestinamente da stazioni di matrice culturale tra l'ora assai diversa.
= La situazione era diventata insostenibile, ai sequestri dell'Escopost seguivano riprese delle
trasmissioni in seguito a sentenze pretoriali o illegalmente da una nuova stazione
clandestina.
La soluzione arrivò grazie alla presenza di un nodo, ancor più delicato, di altra natura.
Erano, infatti, attive sul territorio nazionale varie emittenti televisive private (Tele Monte
Carlo, Tele Capodistria).
Un'iniziativa governativa del ministro Togni (1974) ordina lo spegnimento dei ripetitori di
queste radio, ma viene giudicato dalla corte costituzionale illegittimo in quanto violazione dei
principi costituzionali.
La sentenza 225 del 1974 osserva che la riserva delle trasmissioni concessa dallo stato
trova la sua ragione solo nel numero limitato di bande riservate all'Italia.
Ma è la sentenza 226 a decretare la svolta storica, definendo legittima la riserva statale solo
su scala nazionale, non nell'ambito locale in cui i limitato costi di impianto e di gestione
escludono i rischi di concentrazione oligopolistica privata.

Legge 103 del 1975, legge di riforma Rai = in questo pluralismo indicavano una netta
divisione; al servizio pubblico l'etere e la diffusione nazionale, alle imprese private il cavo e
un'area di diffusione limitata con divieto di interconnessione.
Pochi mesi dopo l'entrata in vigore della nuova legge, interviene una nuova sentenza della
Corte, dichiarando illegittimi gli artt. 1, 2, 14 e 45 della n 103, consentendo anche ai soggetti
privati l'utilizzo dell'etere per trasmissioni non eccedenti l'ambito locale.
Ma proprio su quest'ultima definizione si apriva un nuovo fronte di contrasti. Da una parte
alcuni predatori intervennero ripetutamente per fare rispettare i limiti posti dalla legge e dalle
sentenze della corte costituzionale, ordinando la cessazione delle trasmissioni di quelle
emittenti che trasmettevano in cassette gli stessi programmi in regioni diverse violando il
divieto di interconnessione. Dall'altra il governo presieduto da Craxi emanò un decreto
legge, decreto Berlusconi, che autorizzava l'interconnessione, un decreto che, fu riproposto
dal governo fino alla sua conversione nel febbraio dell'anno successivo in una legge che si
definiva provvisoria ma che regolamentò il sistema radiotelevisivo italiano fino alla
promulgazione della legge Mammì del 1990.
In questo periodo in cui la televisione rubò quasi tutta la scena della vita culturale italiana, il
settore radiofonico visse una fase circondata da minor clamore ma non meno decisiva.
A partire dai giorni delle decisioni della Corte costituzionale, era esploso un vero boom
dell'emittenza privata.
Alla fine del 1976 le radio in Italia avevano superato le 150 unità, all'inizio del 1980 erano
2600, nel 1984 il Ministero delle poste ne censì 4204.
Si trattò di un fenomeno forse unico nella storia della radio.
Da un punto di vista comunicativo, il settore delle radio libere che nel giro di poche stagioni
avevano sovrappopolato l'etere, si potevano suddividere in tre parti:
1. Gruppo delle emittenti impegnate nella vita politico-sociale, legate ai movimenti della
sinistra come Radio Popolare, Radio Alice, Radio Radicale.
2. Le radio commerciali, dedite all'intrattenimento, che coincideva con una proposta
musicale originale strutturata attorno a una linea e ai suoi esponenti.
3. La parte del "locale", delle radio di impianto generalista che si rivolgevano a una
comunità ben definita, colmando le esigenze di informazione, proponendo un
intrattenimento legato alla tradizione regionale, al dialetto.

Gli anni ottanta videro, nella storia della radio, l'affermarsi di nuove logiche.
Si esaurì la spinta creativa spontaneastica, disordinata che aveva portato alla
moltiplicazione delle esperienze di comunicazione radiofonica e, alcune realtà, nate nella
dimensione locale ma ormai molto strutturate a livello organizzativo ed economico,
cominciarono a trasmettere su un territorio più ampio, al di fuori della regione di
appartenenza, e, a coinvolgere altri soggetti presenti in altre zone del paese, utilizzando le
loro frequenze per ripetere il segnale.
Anche in Italia, dunque, sia pure in forme non perfettamente definite, prendeva corpo quel
sistema dei network che era stato alla base del grande sviluppo della radiofonia americana.
Il processo di concentrazione si è successivamente rinforzato, dopo l'entrata in vigore della
legge Mammì del 1990 che ha consentito ai network di operare sotto questa etichetta, e
della cosiddetta legge Maccanico del 1997, che ha reso possibile il trasferimento degli
impianti tra concessionari locali e concessionari in ambito nazionale.
Il percorso complicato e spesso fuori da ogni logica seguito dal sistema radiotelevisivo
italiano ha portato, alla fine degli anni novanta, la radiofonia italiana a una situazione non
diversa dal resto d'Europa.
Il sistema misto pubblico-privato è una realtà che esiste in Italia, Spagna, Francia, ma anche
in Gran Bretagna in cui l'identificazione della radiofonia con la BBC e la sua natura pubblica
è stata più radicata. Tuttavia non possono mancare alcune significative differenze emerse
negli anni novanta come naturale conseguenza dei diversi percorsi seguiti.
Quello che abbiamo visto a partire dagli anni cinquanta con la penetrazione dei modelli
radiofonici americani nel resto dell'occidente, va inserito su uno sfondo in cui è in atto anche
un'altra, forse più ampia, rivoluzione.
→ Proprio quel cambiamento di formato dell'apparecchiatura ricevente, la progressiva
riduzione della sua grandezza e dell'energia per alimentarla, rese possibile la diffusione della
radio in tutte quelle società che erano rimaste escluse dallo sviluppo industriale ed estranee
ai suoi modelli culturali. Nella seconda metà del secolo la radio si estese al resto del mondo,
a quello che si definiva "terzo mondo".
La radio divenne un mezzo fondamentale nella lotta contro la fame e la povertà, nella
promozione dell'istruzione, della salute e dell'emancipazione femminile.

Nel corso dei Radio Days le radio erano istituzioni prestigiose, autorevoli e irraggiungibili per
chi le ascoltava.
C'era una netta divisione tra i due poli della comunicazione radiofonica (emittenti e
ascoltatori). Nessuna mescolanza era possibile, nessun contatto tra i due universi. Le
emittenti erano là, in alto, e il pubblico qua, in basso.
Il linguaggio utilizzato derivava direttamente da questa rappresentazione e il cambiamento
radicale della radio negli anni sessanta fu, prima di tutto, un cambiamento di
rappresentazione e di linguaggio.
Quando parliamo del linguaggio radiofonico, abbiamo presente una struttura molto più
complessa, un insieme di scelte che riguardano l'atteggiamento enunciativo dell'emittente, il
suo modo di porsi nei confronti dell'interlocutore.
Questo cambiamento è solo la conseguenza di un processo di de-istituzionalizzazione che
porta le radio a proporsi non più come istituzioni separate dai loro destinatari, ma come
realtà che li inglobano.

Parlando del genere della divulgazione culturale, molto importante nella radio classica fin
dalla metà degli anni venti, si è detto che il format più semplice e diffuso è il format base
divulgativo.
Ma, nella nuova radio, non c'era più traccia di conversione nei discorsi della radio classica
che tendeva, più che a con-versare con il suo ascoltatore, a versare sul destinatario una
serie di contenuti strutturati in base a un proprio preciso progetto culturale.
La nuova radio, la radio moderna, a partire dagli anni sessanta si è affermata gradualmente
in tutto il mondo manifestando apertamente un nuovo rapporto con il pubblico, un rapporto di
integrazione, di collaborazione, che prevedeva la presenza del destinatario "in voce".
I processi di de-istituzionalizzazione tra emittente e destinatario si basano sulla scelta dei
pronomi. Il "tu" familiare, amichevole, prende il posto dell'installazione "lei" o di quello che
era stato il "voi".
Ancora più significativa è la parabola del "noi". Il "noi" assume un valore fortemente
inclusivo, coinvolge in un'appartenenza alla stessa comunità gli ascoltatori, la loro preziosa
fedeltà all'ascolto dell'emittente.
Ma al di là di tutto, ciò che non si può dimenticare è la portata del fenomeno, la sua vastità e
complessità, la sua presenza capillare nella programmazione radiofonica che dura dagli anni
sessanta e che non tende ad esaurirsi.
Le origini sono nascoste nella pratica apparentemente banale, un po' frivola, le dediche.
La dedica era una soluzione molto semplice: la messa in onda di un brano musicale
proposto da un ascoltatore e indirizzato, dedicato, a un preciso destinatario, ovviamente in
ascolto dalla stessa emittente→ aveva una portata rivoluzionaria sul piano del linguaggio.
E fu così che le trasmissioni costruite attorno alla piccola, banale novità della dedica non
solo incontrarono un grande successo, ma rivelarono la consapevolezza di fare parte di un
percorso di evoluzione della comunicazione radiofonica.
Sulla stessa strada di interazione con il pubblico, di presenza dell'ascoltatore, della sua viva
voce proposta grazie al collegamento radiofonico, strada aperta dalle dediche, si inserirono
presto alcuni nuovi formati: quiz, people show..
Fu a questa linea di produzione che guardarono le radio libere degli anni settanta per
realizzare una conversazione con gli ascoltatori.
Ma prima dell'esplosione di questa tendenza nell'area dell'emittenza libera in vertiginosa
espansione dopo il 1976, la radio visse in Italia un'esperienza fondamentale per l'evoluzione
del linguaggio radiofonico.
L'esperienza innovativa e dirompente è quella di un programma RAI, programma intitolato
Chiamate Roma 3131.
Il 3131 raccolse una spinta che veniva da tutta la società italiana, un bisogno di
partecipazione ampia , intensa, diffusa dai cittadini alla vita pubblica. L'occasione per aprire
a questa esigenza le porte della radio era fornita dagli sviluppi di un mezzo di
comunicazione che stava diventando sempre più alla portata degli italiani = il telefono→
dopo essere stato per decenni un oggetto presente solo nelle abitazioni della fascia alta, nel
corso degli anni sessanta aveva avuto una diffusione ben più ampia trasformandosi da bene
di lusso in oggetto presente in quasi tutte le case. E proprio tra la fine degli anni sessanta e
l'inizio del successivo decennio, si completava in Italia il gestore unico nazionale, la
teleselezione, la rete che consentiva di chiamare direttamente, tramite un prefisso, qualsiasi
numero telefonico da un capo all'altro della penisola.
Era un cambiamento che faceva del telefono un mezzo più diretto, attivo in ogni punto,
anche il più lontano.
E il telefono, in questa sua nuova dimensione nazionalpopolare, fu all'origine del progetto e
del grande successo del 3131.
Ma quello che è il vero elemento di rottura e il centro della proposta di 3131 è la
partecipazione degli ascoltatori, dalla "gente comune", dei cittadini alla costruzione del
programma che rappresentava il nuovo linguaggio della radio.
Proprio in un'esperienza nata e sviluppata all'interno della Rai l'emittenza privata trovò il
modello base per la sua produzione, il format che andò a riempire i suoi palinsesti.
Una via aperta dal 3131, una sua eredità, ricca, pesante, sfruttata e talvolta dissipata.
Un altro esempio ce lo dà Alto gradimento (1970), in onda sul secondo programma Rai, in
cui all'origine c'è la questione musicale. La nuova musica, quella che appassionava i
giovani, era ancora presente nella radio italiana in misura inferiore al suo rilievo culturale.
Alto gradimento partiva da lì, dalla passione dei suoi conduttori per certe scelte musicali.
Mettendo in grande evidenza la figura e il ruolo che si stavano rivelando centrali nella nuova
programmazione radiofonica, quello del disc jockey, a cui spettavano la scelta dei brani e la
costruzione della linea editoriale e culturale dell'emittente, ma anche la possibilità di
commentare, approfondire, riflettere.

→ C'è un termine con cui si designa il linguaggio e l'articolazione che si sono affermati nella
radiofonia = flusso.
Il termine definisce perfettamente il modello di programmazione radiofonica che propone
una sequenza continua di contenuti senza censura tra i vari materiali e senza la distinzione
in segmenti autonomi testuali, ma in un fluire ininterrotto in cui si alternano e si combinano
elementi di natura diversa.
La radio degli anni ottanta e novanta fu certamente radio di flusso.
La progressiva cancellazione delle linee fondamentali su cui si era articolata la
programmazione radiofonica nel passato:
● Scomparsa dei generi, quell'intreccio di regole che indirizzavano percorsi e
segnavano confini.
→E con la loro uscita di scena, svanivano anche i generi più specifici. Non più quiz
articolati e strutturati, ma solo semplici giochi a premi disseminati qua' e la.
● Scompare la narrazione. Quel che rimane della narrazione, della costruzione delle
storie non è più affidato all'invenzione di autori, ma viene estratto direttamente dalla
realtà, dalla vita vera di singoli ascoltatori che sono chiamati a mettere le loro
vicende personali in comune con gli altri.
● Limitata la radiocronaca. Limitata ad alcuni settori o all'eccezionalità degli eventi la
radiocronaca, scomparsi o marginalizzati, per gli elevati costi di produzione e i
modesti riscontri di audience.
● Progetti di divulgazione. Complicata la sopravvivenza della cultura e dei progetti di
divulgazione. Il problema fu affrontato dai servizi pubblici con la creazione di uno
spazio riservato alla cultura.
In realtà, la nuova programmazione radiofonica delle reti più seguite si delineò come un
flusso, in cui non solo i generi ma anche i singoli testi erano sacrificati alla logica del
contenitore, uno spazio definito solo per la fascia e il target di riferimento, per il resto
disponibile ad accogliere e a mescolare la musica.
→ Il nuovo aspetto importante è rappresentato dall'atteggiamento dell'ascoltatore: da un
ascolto collettivo, domestico a un ascolto individuale, separato, unificante più a livello
generazionale che familiare, anzi in quest'ultimo ambito più motivo di divisione che di
condivisione.
Ciò che accade più tardi nei decenni successivi, nella fase di consolidamento del nuovo
sistema misto-commerciale, è altrettanto clamoroso. Non a caso proprio dai primi anni
ottanta, nelle ricerche sul consumo radiofonico, si introduce un nuovo concetto, quello di
"stile di ascolto".
Il nuovo stile di ascolto si configura come un contratto acustico con un flusso di rumori e
suoni tipico di chi ascolta la radio mentre svolge anche un'altra attività. È un ascolto che
potremmo definire di sfondo.
E la scoperta di un altro stile di ascolto che si manifesta accanto al primo e che viene
definito dell'amico immaginario, in cui la radio diventa un compagno immaginario su cui
proiettare un'immagine-desiderio di un fantastico partner ideale.
Esistono, ovviamente, anche altri stili di ascolto definiti più "maturi", ma non vi è dubbio che
la tendenza e le novità privilegino sicuramente quelli che abbiamo appena descritto.
Questo scarso rilievo di ciò che viene trasmesso produce, nel tempo, un certo degrado della
comunicazione. Quell'individualismo euforico, cede il posto alla discontinuità, alla
frammentazione, a una ripetitività di routine, a un omologazione che agisce tanto sulle scelte
di programmazione quanto sul confronto tra le emittenti.
Sul finire del secolo la radio sembra aver perso smalto, dalla vitalità che nei decenni
precedenti aveva mostrato.
E sullo sfondo di questa crisi incombe l'egemonia, la prepotenza della "grande sorella"
televisione, arrivata all'apice del suo sviluppo.

Cap.4 A Prairie Home Companion (ma non solo)

È un fatto piuttosto noto, che la radio si sia venuta a trovare, a cavallo degli ultimi due
decenni del secolo, in una situazione critica. Anche se nascosto dietro ai dati forniti dagli
istituti di ricerca, sempre improntati sull'ottimismo e in grado di sottolineare il buono stato di
salute del medium.
→La vita della radio era segnata da difficoltà e pericoli che l'avevano sempre provata negli
anni e che da poco si poteva pensare di superare con soluzioni innovative.

È evidente come, in questa fase, la radio non è più il punto di riferimento della cultura
giovanile.
Da un lato avanzavano i new media con la grande novità della rete, dall'altro c'era una
televisione convertita all'estetica pop, attenta ai gusti e alle identificazioni giovanili.
È la televisione il vero problema. Fino a quando i sistemi televisivi europei sono rimasti legati
al modello pubblico, la concorrenza tra radio e TV è stata una questione interna agli stessi
gruppi editoriali.
Ben diversa fu la situazione a partire dagli anni ottanta con la liberalizzazione dei sistemi
televisivi di molti paesi e la nascita di regimi di mercato con una forte concorrenza non solo
tra le reti, ma anche tra i media per la vendita dei loro spazi pubblicitari. A partire da quel
momento, la divisione di quella che si chiama "torta pubblicitaria" andò verso sempre più
accentuati squilibri: in tutti i paesi d'Europa gli investimenti più massicci si indirizzarono
verso le reti televisive.

Se nella sua prima fase la presenza della televisione, pur sottraendo spazi fisici e simbolici
alla radio, non ne aveva minato la creatività, spingendola anzi verso dimensioni originali, la
nuova forma della TV, quella che generalmente si definisce neotelevisione.
La neotelevisione non conosce limiti di tempo: perduta ormai da tempo la sera la radio si
trova a dover subire l'invasione neotelevisiva nella fascia del mattino, con prodotti legati alla
conversazione sull'attualità inspirati proprio a modelli radiofonici, e nella fascia mediana,
dove si installano quiz basati sull'uso del telefono da parte del pubblico.
Dalle esperienze radio nasce un nuovo genere televisivo destinato a un grandioso successo,
il talk show.
Il telegiornale si trasforma nel punto di riferimento della vita politica, un prodotto capace di
raggiungere picchi di audience impensabili, un rito atteso.Di tutti gli avvenimenti di cui la TV
è protagonista, la radio è semplice testimone, in grado solo di raccontare ciò che in
televisione "avviene".
Un colpo durissimo tocca uno dei punti più vitali e delicati della programmazione radiofonica,
lo sport con le indimenticabili radiocronache delle gare di ciclismo, pugilato, calcio.
Nell'ambito privilegiato del calcio, la radio italiana visse, nel corso degli anni novanta, un
vero dramma per il declino di uno dei programmi che ne avevano fatto la storia, Tutto il
calcio minuto per minuto.
Ma un bel giorno, l'avvento della televisione a pagamento, la vendita soggettiva dei diritti sul
campionato, lo smembramento della giornata calcistica in uno "spezzatino" e la telecronaca
in diretta di tutte le partite rompono l'incantesimo. L'evidenza dell'immagine annulla la magia
evocativa dei suoni e delle parole e quello che per anni era stato un rito condiviso, un
simbolo vivo, è svuotato del suo senso.
È l'immagine di una radio come un mondo la cui gloria è soprattutto in ciò che è stato, un
mondo da celebrare sempre più spesso nei numerosi avversari, a cui la TV sembra riservare
il rispetto che si deve agli anziani e l'onore concesso agli sconfitti.

I percorsi del cambiamento, che consegnano la radio una nuova vita, sono molteplici e
affondano in certi casi le loro radici in elementi già presenti nelle stagioni precedenti.
Possiamo individuare cinque punti del cambiamento:
● Il primo segnale viene da una ripresa dell'iniziativa editoriale in capo radiofonico.
Solo in Italia la Rai non riesce a portare a compimento e a realizzare concretamente
nessuno dei vari progetti di ristrutturazione. In altre parti d'Europa, invece, la spinta
riformatrice dei servizi pubblici produce risultati di notevole interesse in due
direzioni→ innovazione tecnologica e decentramento, valorizzazione delle autonimie
regionali.
In Italia l'apporto più consistente all'ampliamento dell'offerta è venuto dall'ingresso
nel mercato di grandi gruppi editoriali (espresso, sole 24 ore).
● Dopo un lungo periodo di prevalenza del modello di radio musicale, torna ad
affermarsi, con buon seguito di pubblico e riconoscimenti a livello critico, un progetto
di radiofonia basata sulla parola, sull'oralità (Radio24).
Una parola che affronta con competenza, con personalità stilistica, senza rinunciare
alla chiarezza, alla comprensibilità, i temi della vita pubblica.
Il caso di Radio 24, che per un certo periodo fu vissuto come un tentativo molto
ardito, quasi temerario, di spezzare il dominio del palinsesto musicale con una scelta
di contrasto, in realtà si può leggere a posteriori come un elemento di più vasto
fenomeno di rinascita della parola radiofonica e della radio costruita sulla parola.
Sulla stessa linea si muovono in realtà tra loro distanti ma convergenti su questo.
● La rinascita della parola ha radici nel decennio precedente. È legata alla guerra. Gli
ultimi anni del 900 sono stati anni di guerra, la Prima Guerra del Golfo e soprattutto
la lunga serie di conflitti in quella che era la Jugoslavia. Negli anni novanta la
tecnologia televisiva rivelava ancora diversi problemi nel tener dietro agli avvenimenti
imprevedibili per tempo e luogo, nel documentario con tempestività azioni e
situazioni collocate in luoghi isolati, inaccessibili. La rappresentazione televisiva della
guerra si ridusse alla ripetizione di poche immagini astratte è un fiume di discorsi
paghi. L'intervento della radio spiccò per l'acidità dimostrata nel raggiungere
direttamente i teatri di guerra, per la volontà di testimoniare dal vivo, grazie al lavoro
di validi e coraggiosi cronisti, la crudezza dei fatti, le atrocità, le sofferenze delle
popolazioni, per il desiderio di svelare attraverso le soluzioni originali i lati nascosti
del conflitto. Il racconto della guerra fatta dalla radio, con la sua durezza, la sua
autenticità riportò improvvisamente in primo piano La parola detta.
● Un altro fattore importante nella ricostruzione di una propria identità fu, per la radio,
la scoperta, o meglio, la valorizzazione di un ruolo di aggregazione. A fare da
elemento di aggregazione fra persone distanti e fra loro sconosciute, c'era un
sentimento di appartenenza a una stessa comunità, non era un canale radiofonico,
ma semplicemente una trasmissione, il suo stile, l'atmosfera che aveva creato
attorno a sé, la condivisione di un certo argomento scanzonato e ironico.
● Ma il fenomeno più caratteristico è decisivo degli ultimi anni della storia della radio è
senz'altro quella che si definisce digitalizzazione. Dal punto di vista tecnologico, tutto
comincia nei primi anni novanta, con la crescita del DAB, il Digital Audio
Broadcasting, uno standard di radiodiffusione basato integralmente sul sistema
digitale.
Oltre a migliorare ampiamente la qualità dell'ascolto, eliminando fruscii e
interferenze, il sistema consente la trasmissione contemporanea di contenuti
impacchetti numerici su tutti gli apparecchi digitali, duplicabili in file, replicabili in rete.
Ancora più rapida è stata la diffusione del digitale nel sistema radiofonico americano
che si è basato su uno standard diverso, l'HD Radio, e che ha consentito alle varie
stazioni di utilizzare le frequenze già in uso, evitando così il problema di una nuova
distribuzione.
L'integrazione della comunicazione radiofonica nel sistema dei nuovi media,
soprattutto di Internet, è proseguito nel corso delle ultime stagioni con una certa
intensità.

C'è infine un ultimo carattere di novità che emerge nel consumo radiofonico, e riguarda il suo
luogo e soprattutto il suo tempo.
L'ascolto dell'autoradio ha raggiunto il primo posto nelle forme di consumo della radio e i
picchi di ascolto si registrano nelle fasce della prima mattina e in quelle preserali, le ore del
massiccio trasferimento in auto dalle abitazioni ai luoghi di lavoro e viceversa. Questa
concentrazione della comunicazione radiofonica, così forte in un'area spazio temporale così
particolare, rispecchia una tendenza più generale e profonda.
Si parla di interstizialità.
Nel nuovo millennio il consumo culturale e il tempo libero non si presentano più compatti, a
pacchetti a cui corrispondono offerte altrettanto compatte, ma in forma discontinua, mobile,
interstiziale. Ed è in questi interstizi, in questa temporalità discontinua che la nuova forma
della radio si insinua alla perfezione.
Anche oggi la radio sembra, più degli altri media tradizionali, in grado di accogliere i
cambiamenti che il nuovo millennio introduce nell'organizzazione sociale e nella
comunicazione.

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