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tf zionedi Macchine

Ristampa: febbraio 2017

ISBN 978 88 6787 301 2

© 2014 CLEUP se
"Coop. Libraria Editrice Università di Padova"
viaG. Belzoni 118/3 -Padova (t. +39 049 8753496)
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Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento,


totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese
le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati.

In copertina: per gentile concessione di Automobili Lamborghini Spa.


Prefazione

Il testo si propone di fornire un supporto teorico ed operativo per lo


studente ed il progettista che si avvicinano allo sviluppo ed alla pro-
gettazione di componenti meccanici. Vengono trattate le problematiche
classiche del calcolo tensionale e della stima della resistenza in presen-
z.adi sollecitazioni statiche e affaticanti. Un'ampia raccolta di esercizi
consente la verifica diretta e l'applicazione delle metodologie di calcolo
proposte.
Pensato con finalità didattiche il testo può offrire comunque utili spunti
di carattere applicativo.
Nonostante un'accurata revisione e rilettura non è stato sicuramente
possibile eliminare tutti gli errori di stampa, si ringraziano quindi tutti
coloro che vorranno segnalare eventuali errori o imprecisioni presenti
ma anche inviare suggerimenti per il miglioramento del testo stesso.

Vicenza, marzo 2015

Marino Quaresimin
Michele Zappa/orto

Segnalazioni di errori e suggerimenti per il miglioramento del testo possono


essere inviati via e-mail all'indirizzo: marino.quaresimin@unipd.it
Indice

I . Cenni di cinematica delle strutture


2. Le strutture isostatiche
7
3. Cenni di geometria delle aree 43
4. Stati di tensione per le sollecitazioni semplici 53
5. Stati di tensione complessi 91
6. Calcolo delle deformate delle strutture 123
7. Le strutture iperstatiche 143
8. Simmetria e antimetria nelle strutture 161
9. La teoria delle travi curve 173
10. La teoria delle membrane 179
11. Comportamento a fatica ad alto numero di cicli 187
12. Introduzione al metodo di calcolo agli elementi finiti 221
13. Esercizi 249
Bibliografia 359
1
Cenni di cinematica delle strutture

1.1 Introduzione
Molte parti di organi di macchina possono essere schematizzati, ai fini del calcolo
strutturale, come una trave. La trave è uno schema strutturale monodimensionale
tipicamente ~~tteriu.alo alle altre due
da una lunghe17.amollo m~ggio~ ~i~~_!to_
dimensione che ne definiscono la se1.ionc.
Si definisce asse della trave una linea passante per la trave che si sviluppa lungo la
sua dimensione maggiore. Di nonna la lungheu.a della trave si indica con L e
rappresenta la lunghezza del suo asse. L·arca della sezione della trave è invece di
nonna indicata con A .
.Una trave nel_p_i~oè dotata di tre Gradi_di Libertà (GdL):
l -una traslazione verticale;
1 -una traslazione orizzontale;
, -una rotazione.
Nelle schematizzazioni strutturali degli organi di macchina, molto spesso, i gradi di
libertà della trave sono limitati o impediti di vincolo.In generale
da dellecondizioni
i vincoli si dividono in due categorie:
4 -vincoloesterno:se collega la trave all'ambiente esterno;
i -vincolointerno:se collega due o più elementi strutturali (corpi rigidi).
Per semplicità nel seguito si farà sempre riferimento a dei vincoliide.o.li,
ovvero che:
-risultano privi di attrito, e quindi capaci di consentire senz.a alcuna restrizione i
a cui non si 01mongono;
.IllQy_imenti
-risultano noncedevoli.
e quindi capaci di inibire completamente i movimenti ai
!l~li si_9ppongono.
Il numero di "gradi di libertà" (movimenti) che il vincolo impedisce prende il nome
di grado di vincolo. In generale è possibile asserire che i vincoli, impedendo
spostamenti e rotazioni, trasmettono alla trave delle forze, o dei momenti, che sono
dette reazioni vincolari.

1.2 Analisi dei vincoli semplici


1.2.1 Vincoli esterni
I) Cerniera fissa (o cerniera a terra). Impedisce il moto traslatorio del punto
A in una qualsiasi direzione.

~-A __ ~-A __

Figura 1.1.
Poiché la cerniera impedisce le due traslazioni lungo x e y del punto A, essa

provoca la nascita di due reazioni vincolari ( Rr e Rx ):


àRr
I
I
I

Rx---~ ~..,_A
_______ _

Figura 1.2.
2) Bipendo/o (o cerniera impropria). Impedisce alla trave moti di traslazione
lungo la direzione r e moti di rotazione. Esso induce quindi due reazioni
vincolari:
una forza R di direzione r;
una coppia M.

r.__~~-------

Figura 1.3.

2
3) Carrello a terra (o appoggio sem /' ,.,1 1 . .
'P ice/. mped1sce 11moto di traslazione
nella direzione perpendicolare al pian d' .
o I scorrimento del carrello stesso.
Esso induce quindi una rea · · I
zione vinco are che consiste in una forza di
direzione ortogonale al piano di scorrimento:

4~--------
Figura 1.4.
4) Incastro a terra. Impedisce qualsiasi tipo di moto e di conseguenza induce
tre reazioni vincolari:

Figura 1.5.

1.2.2 Vincoli interni


Cerniera interna. Impedisce la traslazione relativa tra i tronchi di trave che collega.
Essa trasmette ai due tronchi delle reazioni interne uguali e contrarie.

yt~
------__. ....
X~ i y

Figura 1.6

1.3 Travi ipostatiche, isostatiche e iperstatiche


Una trave si dice isostatica se il numero di gradi di vincolo ben posti (sufficienti
cioè ad impedire ogni moto rigido) è pari al numero di gradi di libep.à d~!!_~trave
-~on ~incolata (figura I .7).
GdL=3 GdL=3

GdV =2 + I =3 GdV=3

Figura 1.7.

Un~trave si dice ipostatica se il grado di vjncoloè inferiorea~do di libertàdella


trave(figura 1.8)

GdL "J
~--
GdV ~ I + I ,_,2

Figura 1.8.

dice ipery(atica
Una trav~_~j_ ~ il numerodi vincolit><>~ti risp~tto_aigradi
è su_peri_o.!_e
_dili!>~rtàdella trave non vincolata(figura 1.9)

GdL=J
GdV = 3 + I =4

Figura 1.9.

Queste definizionipossono anche essere estese ai sistemi costituiti da n travi, unite


tra di loro da vincoli interni(strutture),e a travi nello spazio (6 G.d.L).

k'analisi cinematicadelle strutture (sistemi di travi) prevede la determinazionedei


9dL della strutturasecondo i seguenti passaggi:
I) Valutazionedei gradi di vincolo introdotti da ciascun vincolo (GdV);

4
2) Somma di tutti i gradi di vincolo: Gd~vr = L,Gd"V;;
3) '{alutazione dei gradi di libertà della struttura. Se la struttura è costituita da
n travi: GdLmr =3n (nel piano);

4) Bilancio tra gradi di vincolo e di libertà: GdL-GdV:

a. se GdL - GdV = O~ struttura isostatica;


b. se GdL - GdV > O~ struttura ipostatica;
c. se Gdl - GdV < O~ struttura iperstatica.

1.4 Condizioni di labilità


Alcune condizioni di isostaticità, cosi come definite in precedenza, possono
permettere tuttavia spostamenti infinitesimi. In tal caso si parla di trave isostatica
labile. Esempi di isostatica labile sono riportati nelle due figure 1.10. Si noti come,
anche se GdL=GdV, le strutture possano subire piccoli spostamenti nell'intorno della
posizione di origine.

~-------- ~ GdL=3

---------,:::::i{~GdV =2 + 1 =3
GdL=6
~-------- ---------o-----
o -----------~ GdV =2 x3 =6

Figura 1.10.

1.5 Vincoli malposti *"


Si parla di vincoli malposti quando, seppur in una apparente situazione isostatica, i
vincoli sono posti in maniera tale da permettere un moto rigido del corpo o della
struttura (figura 1.11).

GdL=3
GdV=3

Figura I. 11.

5
Con riferimento alla figura 1.11, è evidente che la struttura può subire un moto
rigido finito in direzione verticale.

6
2
Le strutture isostatiche

2.1 Equilibrio delle travi


Una trave si trova in una condizione di equilibrio ~ndo:
I) La somma vettQrj~J!Lg_i_t_utteJe_
fo~ ag_entinella trave è _nulla:

(2.1)

2) l...a somma_vettoriale di tutti i momenti agenti sulla ~l"_!lv~


e_calco_l_ati
dspctt9
gencrico polo O è nulla
_aun__

(2.2)

Queste due equazioni vettoriali permettono di individuare tre equazioni scalari per
sistemi nel piano (pari al numero di Gdl. di una trave nel piano):

(2.3)

dove F!e F;rappresentano le generiche forze nelle direzioni x e y.


Nell'applicare le equazioni di equilibrio ad una struttura è necessario mettere in
gioco:
I) Le forze e i momenti applicati esternamente;
2) Le reazioni vincolari incognite, che rappresentano le azioni esercitate sulla
struttura dai vincoli agenti.

2.2 Risoluzione delle strutture isostatiche


Nelle strutture isostatiche il numero di gradi di vincolo (e quindi di reazioni
vincolari incognite) è uguale al numero di gradi di libertà della struttura. Per ogni
corpo libero che costituisce la struttura è possibile, inoltre, scrivere tre equazioni di
equilibrio. Complessivamente, per una struttura costituita da n corpi rigidi e, quindi,
3n GdL, è possibile scrivere un sistema di altrettante equazioni.

7
Da queste condizioni è facile evincere che nel caso di una struttura isostatica le
equazioni di equilibrio sono in numero sufficiente a determinare tutte le reazioni
vincolari incognite. Per questo motivo il problema viene detto "staticamente
determinato". Il metodo di risoluzione generale delle strutture isostatiche sfrutta il
concetto elementare per cui:
Condizione necessaria e szif.ficiente affinché una struttura sia in equ{lj_b!!'!_}che
o_gnitrave di cui la struttura è costituita sia, di per sé stessa, in equilibrio.
I passi fondamentali per la risoluzione del problema statico sono i seguenti:
I) Si "cancellano" i vincoli presenti nella struttura sostituendoli virtualmente
con le reazioni vincolari che essi sono in grado di esercitare (con un verso
arbitrario);
2) Per ogni corpo libero si scrivono le equazioni di equilibrio della statica;
3) Le soluzioni del sistema cosi ottenuto rappresentano le reazioni vincolari
incognite.
Esempio I. Trave incastrata con forza concentrata all'estremità.

Figura 2.1.
I) Si liberano i gradi di vincolo, sostituendoli con le reazioni vincolari:

M,. IF
~~A______ ..:+
fr,.
Figura2.2.

2) Equazioni di equilibrio:

L/~=o-> X A =o (2.4)

LiF~
=0-+ VA -F=O-+ VA= F (2.5)

LiM~ =o-+ MA- FL = o -> MA = FL (2.6)

8
Sono state cosi detenninate le reazioni vincolari incognite. Sostituiti i vincoli
incogniti nello schema precedente è possibile ottenere lo schema in figura 2.3 che
rappresenta lo schema del corpo libero.

Fl !F
Cr-F
--
Figura 2.3.

Esempio2. Arco a tre cerniere (figura 2.4).

n
:o
''

L

A e
L!2
I< 1.12 >l~<---1.----?>I
Figura 2.4.
Sa- sost1lu1scono
· · come pn·ma cosa ai vincoli le azioni che essi sono in grado di
esercitare (figura 2.5).

B
+-- ~--------.
X,, i Y11

Figura 2.5.

9
Come si può notare la struttura è sostituita da due corpi rigidi (due travi). Le
equazioni si equilibrio sono, per il corpo delimitato tra i punti A e B:

LiF!=O~XA+X13=0 (2.7)

(2.8)

. L
Li MA =0~F2+X13L-Y13L=0 (2.9)

Per il corpo delimitato tra i punti Be C invece:

LiF!=O~Xc-Xe =O (2.10)

LiF;=O~ Yc-Y 8 =O (2.11)

Li Mb=0~ Y 8 L+X 8 L=O (2.12)

La risoluzionedel sistemadi questesei equazionifornisce:


F 3
XA =-Xe =-Xc =Ye =Yc =- YA=-F (2.13)
4 4
Lo schemadel corpo liberoè rappresentatoin figura2.6.

t F/4
B
____ .,. ___ ,...,__-+ ----------,,
D F/4 F/4 I
+F/4

A
-+
F/4 C
..,__
F/4

1 3F/4 I F/4

Figura 2.6.

2.3 Metodo di risoluzione basato sulle equazioni ausiliarie


In molti casi, per semplicità, è sufficiente determinare esclusivamente le reazioni
vincolari esercitate dai vincoli esterni. In tal caso non è necessario, anzi risulta
superfluo,considerarel'intero sistema di 3n equazioni di equilibrio del sistema.

10
Il modo più semplice di operare è quello di scrivere le equazioni della statica per
l'intera struttura supponendo che i vincoli interni siano "solidificati". Tali equazioni
vanno poi integrate con le equazioni ausiliarie, che impongono il rispetto delle
condizioni statiche relative ai vincoli interni. Riconsideriamo, al fine di chiarire
meglio questa metodologia di calcolo, l'arco a tre cerniere analizzato in precedenza.

B
'D

A e
I< U2 ),( U2 )ll<fl:(~--L--~)I

Figura2.7.
Eliminando i vincoli esterni, sostituendoli con le relative reazioni vincolari, si
ottiene Io schema in figura 2.8. Le equazioni di equilibrio per l'intera struttura sono
le seguenti:

Ll! = O-+ X A + Xc = O (2.14)

Li F~ =o-+ YA + Ye - F = o (2.15)

. L
LiM~=0---+ Yc2L-F 2 =o (2.16)

iF B
D

C Xc
-+
i Yc

Figura 2.8.

11
Queste tre equazioni non sono sufficienti da sole a determinare le quattro reazioni
vincolari incognite. È possibile però integrare tali equazioni con un'equazione
ausiliaria che esprime l'equilibrio alla rotazione rispetto al punto B, dove si trova
una cerniera interna, considerando uno solo dei due membri in cui la cerniera divide
la struttura. Considerando il tratto BC, tale equazione sarà:
YcL+XcL=O (2.17)

Risolvendo il sistema di quattro equazioni in quattro incognite così ottenuto è


possibile determinare le reazioni esterne incognite.

2.4 Effetto di un carico distribuito


Si consideri la struttura isostatica rappresentata in figura 2.9 e se ne determinino le
reazioni vincolari.
In questo esempio viene introdotto un concetto nuovo di forza applicata, il "carico
per unità di lunghezza", o "carico distribuito", che presenta unità di misura Nlmm o
Nlm. Un esempio di carico distribuito è rappresentato dal "peso proprio" della
struttura. dall'azione del vento su un elemento verticale, da un carico neve su un
tetto o dalla pressione su una parete ecc. Ai fini della determinazione delle reazioni
vincolari (ma solo a questo scopo), si può sostituire il carico distribuito con una
forza P detta risultante. Tale forza va applicata in corrispondell7.a del baricentro della
distribuzione del carico, Xp.

m =qL2

ql

i D
L L/2 L/2
l~<----~>I< >I< >I
Figura 2.9.

12
Consideriamo un carico distribuito che agisce su un tratto di trave di lunghezza l
secondo una generica legge p(x) (figura 2.10).

< L
>
r
Figura 2.10.
Per definizione la risultante del carico e la sua retta d'azione possono essere
detenninate rispettivamente come:

tp(x)xdx
P= tp(x)dx Xp=---c---- (2.18)
t p(x) dx

Nel caso di un carico uniformemente distribuito, come quello in figura 2.11, si ha


p(x) = q = cosi e quindi:

L qL2
fo qxdx
Xp=~--=--=-
2 L
(2.19)
qL qL 2

GiJIH;IllIl
< L
>
e::::=!>
e l qL

I< u2 >I< L/2 >I


Figura 2.11.

Ritornando all'esempio di figura 2.9, è possibile quindi utilizzare il seguente schema


semplificato, in cui si sostituisce al carico distribuito la sua risultante applicata in
corrispondenza della mezzeria, L/2 (figura 2.12) ..
Sostituendo i vincoli esterni con le reazioni che sono in grado di esercitare si ottiene
lo schema in figura 2.13.

13
qL

m =qL1

ql

A i D

Figura 2.12.

Sono presenti cinque reazioni vincolari incognite e sono quindi necessarie altre due
equazioni, in aggiunta alle tre equazioni di equilibrio scritte per l'intera struttura.
Sfruttando in maniera opportuna le equazioni ausiliarie scritte per le cerniere interne
è molto spesso possibile scrivere non un sistema di equazioni, ma via via una serie
equazioni in una sola incognita, semplificando notevolmente il problema.

ql

qL2
ql

e:~
MA

I
i D
-+
Xo

YA IYo

Figura 2.13.

Si consideri ad esempio l'equilibrio alle rotazioni rispetto al solo punto C, dove è


presente una cerniera interna. Mettendo in gioco solamente il tratto CD di struttura si
ottiene:

~ i L L
LJiMc =qL--YoL=O-> Yo =q- (2.20)
2 2

14
Come si può notare l'unica incognita dell'equazione è Yo; la retta d'azione di Xo

passa infatti per il polo C. Una volta determinato Yo è possibile determinare

immediatamente YA, per mezzo dell'equazione di equilibrio alle traslazioni in


direzione verticale.

1:/: =0 ~ YA + Y0 -qL-qL =o
(2.21)
3
~ YA =2qL-Yo =-qL
2
Scrivendo ora l'equazione ausiliaria di equilibrio rispetto al polo 8, considerando
solamente il tratto di struttura BCD:
i 2 L
LiM 8 =O~qL +qL 2 -Y 0 L-XoL=O

3 2
(2.22)
-qL -Y 0L
~Xo = 2 L =¾qL-½qL=qL

Mettendo ora in gioco l'equazione di equilibrio in direzione orizzontale è possibile


detenninare XA:

(2.23)

ql

2qLC2 A
+-qL
C
u--------o
i D ql
--+
I3qU2 jqU2

Figura 2.14.

Infine con un'equazione ausiliaria rispetto al polo B del solo tratto BA della struttura

è possibile detenninare MA :

15
~ i L
L.iMB =0--.qL 2 +XAL-YAL+MA =0
(2.24)
L 3 2 L2
__.MA= YAL-XAL-qL- =-qL +qL 2 -q- = 2qL2
2 2 2
Una volta detenninate tutte le reazioni vincolari incognite è possibile tracciare Jo
schema del corpo libero (figura 2.14).

2.5 Metodi particolari di risoluzione


La struttura in figura 2.9 gode di una caratteristica particolare: presenta due cerniere
interne allineate. Questa proprietà può essere usata per semplificare la
detenninazione delle reazioni vincolari. In virtù di questa particolare configurazione
(la presen7-a di due cerniere alle estremità della trave BC) è infatti possibile sapere
"a priori" che il resto della struttura non trasmette momento flettente alla trave BC,
ma solamente forz.e. Isoliamo quindi la trave BC e, riportando le risultanti delle
forz.eesercitate dalle rimanenti parti di struttura (figura 2.15).

Figura 2.15.
Con un'equazione di equilibrio alle rotazioni rispetto al nodo B si ottiene
immediatamente X O :

XoL-qL 2 =O~Xo =qL (2.24)

Inoltre con un equilibrio alle rotazioni rispetto a C si ottiene XA:


XAL+qL2 =O~XA =-qL
(2.25)

16
A questo punto di può procedere riconsiderando l'intera struttura.
Alcune delle configurazioni in cui si può sfruttare la sopracitata proprietà sono
rappresentate in figura 2.16.

B e

Figura 2.16.

2.6 Caratteristiche di sollecitazione


Una trave rappresenta una struttura monodimensionale m cui la dimensione
longitudinale predomina sulle dimensioni trasversali. Si supponga di considerare una
trave generica soggetta ad un sistema di forze in equilibrio. Si supponga inoltre che
la sezione della trave, S, appartenga al piano yz (figura 2.17).
In tal caso la trave si dice piana, e il piano yz viene detto piano medio. Inoltre se
tutte le forze agenti appartengano al piano medio si parla di problema piano.

!s
I

X ·-·-·-·-·-·-· ______
x

Figura 2.17.

Supponiamo ora di dividere la trave in due tratti, effettuando un taglio in


corrispondenza di una generica sezione S, individuando così due tronchi di trave.

17
s
X

Figura 2.18.

Anche se la trave era inizialmente in equilibrio, dopo il taglio, affinché ad esempio il


tronco I rimanga in equilibrio è necessario applicare sulla sezione S le azioni che il
tronco II, virtualmente rimosso, esercitava sul tronco I attraverso la sezione S. Tali
azioni prendono il nome di azioni interne (figura 2.19) e per un problema piano
sono:
I) Sforzo normale (N). È una componente di direzione parallela all'asse della
trave e coincidente con la risultante di tutte le forze (attive e reazioni
vincolari) che agiscono a destra (o a sinistra) della sezione di taglio Sin tale
direzione:

Figura 2.19.
2) Sforzo di taglio (T). Componente di direzione ortogonale all'asse della
trave che coincide con la risultante di tutte le forze agenti in tale direzione a
destra (o a sinistra) della sezione di taglio.
3) Momento flettente (M). Coincide con il momento rispetto alla sezione di
taglio di tutte le forze agenti a destra ( o a sinistra) della sezione di taglio.

18
2.7 Diagrammi di sollecitazione
2.7.1 Legame tra momento flettente e taglio
Si consideri la trave a sbalzo rappresentata in figura 2.20.

Figura 2.20.
Spostandosi dall'estremità di destra verso sinistra il taglio rimane costante, mentre il
momento flettente subisce una variazione che, in questo caso, risulta lineare. Si
consideri un concio infinitesimo di trave di lunghezza dx (figura 2.21). Esso sarà
soggetto alle azioni interne rappresentate in figura 2.21.

T
dx

Figura 2.21.
Si noti come il verso del taglio T nelle due estremità sia tale da garantire l'equilibrio
alla traslazione verticale. L'equilibrio alla rotazione dell'elemento infinitesimo, fatto
rispetto a un polo posizionato in una delle due estremità restituisce invece la

seguente equazione:
(M+dM)-Tdx-M =0~ dM+Tdx =0 (2.26)

L'equazione può essere anche riscritta come:

T=dM (2.27)
dx

19
che rappresenta una relazione fondamentale tra momento flettente e taglio.

2.7.2 Effetto dei carichi distribuiti sulle azioni interne


Si consideri un tratto di trave sulla quale è applicato un carico uniformemente
distribuito (figura 2.22) e si voglia detenninare il contributo al taglio e al momento
flettente che il carico dà in corrispondenza di un generico "punto" di coordinata

X =X.

Alllllll lllll ~
L
( >

Figura 2.22.
Per fare ciò è necessario ricordare le definizioni delle azioni interne fomite in
precedenza. In particolare lo "sforzo di taglio" in una certa sezione è stato definito
come la risultante di tutte le forze agenti in direzione ortogonale all'asse della trave
a destra o a sinistra della sezione stessa.
Con riferimento allo schema semplificato adottato in precedenza, consideriamo la

sezione che si trova in corrispondenza della generica coordinata ; rispetto


all'estremità A della trave. Indichiamo con B tale punto (figura 2.23).
Sostituendo il carico q con la sua risultante applicata in corrispondenza della retta
d'azione di ottiene il seguente schema:

q iqx
Allllllllllll 1B c:::=:>A---------8
( X
> < ~/2> < ~/2>
Figura 2.23.

È chiaro quindi che in corrispondenza della sezione in B ( x = i ) il taglio, che risulla


pari alla risultante di tutte le forze ortogonali che agiscono ''prima" di B sarà pari a

T=qx
-
(2.28)

20
mentre il momento flettente sarà pari a

M=qx -2;2 (2.29)

Vista l'arbitrarietà della scelta della coordinata i, essa può essere sostituita con x.
Quindi un carico distribuito agente su un tratto di trave restituisce un contributo:
lineare al taglio, del tipo qx;

. . 2/
parabolico al momento flettente, del tipo M = qx; 2 .

2.7.3 Tracciamento dei diagrammi di sollecitazione


È estremamente importante, di fronte a una generica struttura caricata in modo
generico, conoscere il valore delle sollecitazioni, ovvero delle azioni interne che
nascono nella struttura per effetto delle condizioni di carico, in corrispondenza di
ogni sezione.
I diagrammi di sollecitazione sono una rappresentazione grafica dell'andamento
delle sollecitazioni nella struttura e rappresentano quindi uno strumento
estremamente importante e utile al fine di determinare le sezioni della struttura
maggionnente sollecitate.
Per tracciare i diagrammi di sollecitazione è quasi sempre d'obbligo, o almeno
conveniente, aver determinato le reazioni vincolari relative ai vincoli esterni e aver
disegnato lo schema del corpo libero. Per tracciare i diagrammi sarà poi sufficiente
partire da un'estremità libera, o, equivalentemente, da un'estremità a terra (o a
telaio) e procedere col resto della struttura considerando di volta in volta le risultanti
di tutte le azioni che ci si "lascia alle spalle". Di seguito il procedimento verrà
illustrato con alcuni esempi.
Ad integrazione di quanto detto in precedenza è utile osservare che le azioni delle
forze esterne possono indurre quattro tipi di sollecitazioni:

I. Sforzo assiale o sforzo normale. Si parla di sforzo assiale o normale in una


sezione S quando la risultante delle forze esterne agenti tra una delle estremità
vincolate e la sezione S è applicata al baricentro della sezione e agisce in direzione
parallela all'asse geometrico della trave (nel caso di asse rettilineo) o tangente allo

21
stesso (nel caso di asse curvilineo). È frequente trovare travi soggette a solo sforzo
assiale.

2.F/essione. In una sezione S la sollecitazione si riduce al solo momento flettente


quando le forze esterne che seguono o precedono la sezione equivalgono ad una
coppia agente in un piano normale a quello della sezione. Non è frequente trovare
travi soggette a solo momento flettente (spesso è in concomitanza con lo sforzo di

taglio).

3. Taglio. In una sezione S la sollecitazione si riduce al solo sforzo di taglio quando


la risultante delle forze esterne che precedono la sezione giace nel piano della
sezione e passa per il suo baricentro. Nelle sezioni vicine questo genera un flessione
per cui è difficile avere taglio puro, ma si è sempre in presen.za di taglio più
momento flettente. Lo studio elementare del problema del taglio è fondato appunto
sulla presenza del momento flettente o meglio sulla variazione di questo tra due
sezioni vicine (T=dM/dx).

4. Torsione. In una sezione S la sollecitazione si riduce al solo momento torcente


quando le forze esterne che seguono o precedono la sezione hanno un momento
rispetto all'asse geometrico della trave (o rispetto alla nonnàle per il baricentro della
sezione se l'asse è curvilineo), quando cioè tali forze non incontrano l'asse. Il caso
più semplice è una trave ad asse rettilineo con due coppie d'estremità uguali e
contrarie in piani normali all'asse geometrico Non è frequente trovare travi soggette
a solo momento torcente.

Uno stato di sollecitazione generico può essere dovuto a più stati di sollecitazione
semplici e in questo caso si parla di stato di sollecitazione composto. Quanto
vedremo per g 1·
• stat'1 d'1 so Ilec1taz1one
· · semplici continuerà comunque a valere anche
in presenza di uno stato di sollecitazione composto, e lo stato risultante potrà essere
ottenuto applicando la sovrapposizione degli effetti.

22
2.7.4 Convenzioni per le sollecitazioni
I) Sforzo normale· Lo sforzo nonna Ie agente su una trave, o su un tratto di
trave, si considera positivo se di trazione, ovvero se è tale da indurre sul
tratto di trave un allungamento . E•sso s1· cons1 "dera mvece
. . se d1.
negativo
"compressione" , ovve ro se m
· duce su t tratto d1• trave un "accorciamento").
·
Sui consideri l'esempio in figura 2.24.
F F
+- -------- --+
Sforzo nonnale di trazione e quindi positivo;
F
--+ --------
Sforzo nonnale di compressione e quindi negativo
Figura 2.24.

2) Sforzo di taglio. Di norma (ma questa scelta non è univoca) il taglio è


considerato positivo se destrogiro, ovvero se rispetta una convenzione
oraria (figura 2.25). Negativo se antiorario
I

f~! I T

Figura 2.25.

Tuttavia molto spesso il segno effettivo del taglio può essere omesso e si
adotta piuttosto la convenzione che, su uno stesso tratto di trave, qualora il
taglio cambiasse di segno, questo deve essere evidenziato cambiando
"superficie" della trave (es. da superiore a inferiore, da destra a sinistra)
dove viene tracciato il diagramma (figura 2.26).

F mli
11111111111111

B:llllll
liillllllli
lF

Figura 2.26.

23
In corrispondenm del punto B del tratto di trave disegnato, il taglio ha
cambiato modulo (da Fa 2F) e segno (è variata la superficie della trave su
cui si è disegnato il diagramma).

3) Momentojlellenle. È sufficiente adottare l'unica convenzione di disegnare


il diagramma del momento dalla parte delle ''fibre lese''. Si consideri per
esempio la trave a sbalzo rappresentata in figura 2.27.

-------------
Figura 2.27.

Per effetto della fona applicata la trave assume la configurazione


deformata rappresentata dalla linea tratteggiata. Appare evidente che le
fibre di trave che si trovano sulla superficie superiore tendono a subire un
allungamento, e quindi si dicono lese, mentre quelle sulla superficie
inferiore tendono a subire un accorciamento, e quindi si dicono compresse.
Il diagramma del momento flettente va sempre disegnato dalla parte delle
fibre tese, e quindi, in questo caso, sulla superficie superiore della trave.

2.8 Esempi
2.8.1 Esempio 1
Risolvere la seguente struttura e tracciare i diagrammi di sollecitazione.

m=FL F i
~1-A--;)--1---
._..f.
( L/2)( L/2)

Figura 2.28.

Sostituiamo al vincolo le reazioni che è in grado di esercitare:

24
Figura 2.29.
Le equazioni di equilibrio sono:

LiF! =0~XA-F=0~XA =F

Li Ft =o~ y A- F = o ~ y A = F

Lo schema di corpo libero è dunque il seguente:

2FL FL F i
F--Et-:----BS).._..,
__ C,.._.f.
Figura 2.30.

È possibile a questo punto tracciare i diagrammi di sollecitazione:


1) Sforzo normale.
a. Partiamo dal nodo A di estremità e applichiamo la definizione
considerando tutte le azioni che agiscono in A con direzione
parallela all'asse della trave. Notiamo la presenza della sola
reazione vincolare X A , che vale F. Essa tende a comprimere la

trave, e quindi induce uno sforzo nonnale negativo.


b. Spostandosi da A verso B e poi C, e considerando solo le forze che
agiscono alla sinistra di ciascun punto considerato, non notiamo
nessuna variazione. Questo significa che lo sforzo nonnale è
costante da A fino a C.
Il diagramma sarà dunque il seguente:

25
0 "'111111111111111011111111111111111
Figura 2.31.
2) Sforzo di taglio.
Applichiamo la definizione a partire dal nodo di estremità A, considerando
tutte le forze che agiscono in A ortogonali all'asse della trave. È presente la
sola reazione vincolare YA che vale F. In A quindi il taglio vale F (orario

e positivo quindi, volendogli dare un segno).


Muovendosi da A verso B e poi C non subentrano altre forze ad azione
tagliante (ovvero ortogonali all'asse della trave).
Il taglio è quindi costante da A fino a C e il diagramma è quello in figura
2.32.

0 F liilili
1111111111111110
IIII II IIli

Figura 2.32.

3) Momento flettente. Partiamo dal nodo di estremità A. In A agisce la


reazione vincolare MA che vale 2FL che tende le fibre superiori.

Spostandosi verso B inizia ad agire anche la reazione vincolare YA , che

fornisce un contributo YA · x e che tende le fibre inferiori.

Nel tratto AB, l'equazione del momento flettente vale quindi:


M(x) =2FL- Fx

In B quindi (x = U2) si avrà:

3
M8 = 2 FL

Come dimostra l'equazione precedente l'andamento del momento è lineare


(si noti infatti che il taglio è costante, essendo la derivata del momento).
Fino a B il diagramma del momento flettente sarà quello in figura 2.33.

26
~ 2/?L-- Jf;/,/2

A B e

Figura 2.33.
In B agisce una coppia concentrata Fl che tende le fibre inferiori. In tale
punto quindi il diagramma del momento presenta una discontinuità e passa
da 3FL/2 a FL/2 (sempre con le fibre tese superiori).
Per tracciare agevolmente il diagramma da B a C è utile "riportare" in B la
risultante di tutte le forze flettenti che agiscono prima di B. In questo caso

questa risultante coincide con la reazione vincolare YA. Quindi isolando il


tratto BC si avrà:

FI
+.,_F
e

Figura 2.34.

L'equazione del momento sul tratto BC sarà dunque:


M(x)=M 8 -Fx

L'andamento è dunque lineare decrescente. In C (x = L) si avrà:


FL L
Mc = 2 - F2 = O
li diagramma completo del momento flettente è dunque:

2Fl

A
~ B
FU2

Figura 2.35.

27
2.8.2 Esempio 2
Si risolva la seguente struttura e si traccino i diagrammi di sollecitazione.
q

AJI!llllll!;ik
( L >
Figura 2.36
Si sostituisca ai vincoli le reazioni che sono in grado di esercitare (figura 2.37).

Figura 2.37.
E' possibile quindi imporre l'equilibrio della trave:

Ll! =O~XA =0

qL
--->,Ye =-
2

qL
~ YA =qL-Ye =-
2

Lo schemadel corpo liberoè quello in figura2.38.

Al lllllllllll 1B
jqV2
Figuura2.38.
È possibilequindi tracciare i diagrammidi sollecitazione:
I) Sforzo normale. È evidente che è completamentenullo;

28
2) Sforzo di taglio. Partendo dal nodo A, agisce una reazione vincolare y A

che vale qL/2 . Spostandosi da A verso B inizia ad agire il carico


distribuito, che dà un contributo lineare q · x di segno opposto alla reazione

YA. L'equazione del taglio sul tratto AB è dunque:

T(x) = qL -qx
2

In B (x = L) quindi T = - qL ovvero il taglio ha cambiato segno. Il


2
diagramma è il seguente:

qU2

Figura 2.39.

È utile osservare che, vista l'equazione del taglio T(x) riportata in


precedenza, il taglio si annulla per x = L/2, ovvero sulla mezzeria della
trave. Si vedrà che in corrispondenza di quel punto il momento flettente è
massimo (punto di massimo relativo).
3) Momento flettente. Si parta di nuovo dall'estremità A. In tale punto il
momento flettente è nullo per definizione, essendoci una cerniera.
L'equazione del momento flettente su AB deve tener conto di due
contributi:

a. la reazione vincolare YA = qL ;
2

b. il carico distribuito ( che fornisce un contributo contrario a YA,

avendo verso opposto).


Essa è:

qL qx 2
M(x)=-x--
2 2
Si noti come l'andamento sia parabolico, a causa della presenza di un carico
uniformemente distribuito.

29
Usandol'equazioneprecedenteè possibile calcolare i valori sulla mezzeria
(puntoe, x = L/2) e sull'altra estremità(B, dove di nuovo per definizionesi
dovràtrovare un risultatonullo).

Me = M(x
=~)=
2
qL2 _.9_(~)2 = qL2
4 2 2 8

qL2 qi}
Me =M(x=L)=---=0
2 2
Inoltre:

dM(x) = qL -qx (si noti come questa equazione coincida con quella del
dx 2
taglio determinata in precedenza).
Usandoquesta espressioneè possibiledeterminare il valore delle tangential
diagrammadel momento,in ogni suo punto.
In A e in B tali tangenti presentano un coefficiente angolare pari a ql/2 e-
qU2. In particolare, nel diagramma del momento flettente esse si

intersecanosulla mezzeria in corrispondenzadi un valore pari a qL2/4.

tangential diagramma
,
, . , '' ----- del momento
't~
'I' ~,,,
ql2/4

Figura 2.40.
A questo punto, noto il valore del momento nei tre punti, A, B e C, e note le
tangenti nei punti di estremità è possibile tracciare in maniera estremamente
agevole il diagramma del momento flettente ad andamento parabolico.

2.8.3 Il metodo delle tangenti


L'esempio precedente fornisce uno spunto molto utile per tracciare il diagramma del
momento flettente su tratti di struttura in cui agisce un carico uniformemente
distribuito.

30
i, compreso tra due punti A
Si consideri un generico tratto di struttura di lunghezza
e B, sul quale agisce solamente un carico uniformemente distribuito q .

q
Al ll!l!J!ll!! ls
L

Figura 2.41.
Il metodo si disinteressa di tutto quello che sta a sinistra di A e a destra di B. Per
applicare correttamente il metodo è necessario conoscere il valore del momento
flettente nelle due estremità A e B. Si noti che certamente uno dei due valori è noto a
priori, perché è stato determinato per tracciare la parte precedente del diagramma del
momento flettente. Supponiamo che si conosca MA .

Per determinare M 8 è necessario conoscere la risultante R di tutte le forze che

agiscono a sinistra di A, ortogonali all'asse della trave AB.


L'equazione del momento sul tratto AB è dunque (con riferimento allo schema in
figura 2.42):

Figura 2.42.

qx2
M(x)=MA-Rx+-
2

Determinato M8 si procede come segue:

I. si traccia un linea che congiunge MA e M 8 ;

2. si considera il valore in mezzeria della linea (MA ; M8 ) ;

31
J. da tale valore ci si sposta nella direzione di azione del carico di una

quantità ¾-.
-L2

(I punto cosi individuato rappresenta il punto in cui passa il diagramma


del momento flettente .
-L2
4. Da tale valore ci si sposta di ulteriore quantità -¾--
.
MA+Me
2
Mn
MA

@ A B

Figura 2.43.
Il punto così individuato rappresenta l'origine delle tangenti al diagramma nelle due
estremità (figura 2.43). In questo modo risulta estremamente agevole tracciare il
diagramma del momento flettente sul tratto in questione, dato che conosciamo tre
valori del momento e le tangenti nei punti di estremità. Si noti che i valori indicati

(ciL2 /s)sono corretti se il carico vale esattamente q e la trave è lunga L.

Se ad esempio L =2L e q =q il coefficiente diventa: q(2 L f =qL2 . Se L =.!::e


8 2 2

q=q si ha: _.9.(L


2
J=qL322 . Se L =L e q=3q allora: IqL 2.
8 2 8
2.8.4 Esempio 3
Si risolva la seguente struttura isostatica e si traccino i diagrammi si sollecitazione.

m =ql 2

ql

A E Fi G

,... L
.,... .,... .,
L/2 L/2

Figura 2.44.
La struttura è già stata risolta in precedenza. Lo schema del corpo libero è il
seguente:

ql2

ql
2ql
e 2

A+-ql
E
J-i,,---~----n
ql
---+
I 3qU2
F
jqU2

Figura 2.45.

È possibile quindi tracciare i diagrammi di sollecitazione:


I) Sforzo normale. Partiamo dal nodo di estremità A e procediamo sul resto
della struttura:
Tratto AB: sforzo normale uniforme e pari alla reazione vincolare
YA = 3qL/2 di compressione.

33
Tratto BC: è necessario valutare in B la risultante di tutte le forze
paraHele al tratto e che agiscono prima di B: in questo caso solo la
reazione vincolare XA. Lo sforzo normale è costante, di trazione, e

pari aql.
Tratto CE: è necessario considerare la risultante di tutte le forze a
direzione verticale (parallele al tratto CE) che agiscono prima di c.
Essa vale:
3 qL
R = YA -qL =2qL-qL =2
Spostandosi da C a E non si trovano altre azioni.
Lo sforzo nonnale è quindi costante su CE, di trazione e pari a qU2.
Tratto EG: la risultante delle forze orizzontali che agiscono a sinistra di
E è pari a XA =qL. Da E a G non ci sono altri effetti. Lo sforzo

nonnale è costante su EG, di trazione e pari a ql.


Il diagramma in conclusione è il seguente:

ql
0

3qU2 A

ql

Figura 2.46.

2) Sforzo di taglio

s1· proce de m· modo analogo. Partiamo dall'estremità A e
proseguiamo nel resto della struttura.

34
Tratto AB: in A agisce la forza tagliante XA pari a ql. Proseguendo
da A verso B non si incontrano altri contributi. Quindi il taglio è
costante sul tratto AB, e pari a q/ (positivo).
Tratto BC: riportiamo in B la risultante di tutte le forze ad azione
tagliante (ortogonali a BC) che agiscono prima di B. Tale risultante è
costituita esclusivamente dalla reazione vincolare YA = 3qL/2 .

Procedendo da B verso C inizia ad agire però il carico distribuito, che


dà un contributo lineare qx di verso opposta a XA.

L'equazione del taglio nel tratto BC è dunque:


3
Tec(x)=YA -qx=-qL-qx
2

In C, x = L ~Te= qL (+);
2

InB, x=O~TA=IqL(+).
2
Tratto CE: riportiamo in C la risultante di tutte le azioni taglianti su CE
(forze orizzontali). Si ha solo la reazione vincolare XA =qL.
Spostandosi da C a E non si incontra nessun altro contributo. Il taglio è
quindi costante e pari a ql (-).
Tratto EG: la risultante in E di tutte le azioni taglianti su EG (forze
verticali) che agiscono a sinistra di E è pari a:

iqL-qL = qL
2 2
In E il taglio vale qL/2 (+). Esso rimane costante fino al punto F, dove

agisce una forza ql di verso opposto al taglio precedente. ln Fil taglio


presenta quindi una discontinuità:

qL ~ qL - qL = - qL (il taglio cambia segno)


2 2 2
Procedendo da F verso G non si incontra nessun contributo, e quindi il
taglio rimane costante.
In conclusione il diagramma del taglio è riportato in figura 2.47.

35
0

ql

qU2

Figura 2.47.

3) Momento flettente. Partiamo sempre dal nodo A e proseguiamo nel resto

della struttura:
Tratto AB: in A il momento flettente eguaglia la reazione vincolare

MA =2qL2 che tende le fibre di sinistra. Spostandosi da A verso B

agisce anche la forz.a X A = qL che tende invece le fibre di destra.


L'equazione del momento sul tratto AB è dunque:

M(x) = 2qL2 -qLx (andamento lineare decrescente).

In B (x = L) quindi M8 = qL2 (con fibre tese sempre a sinistra).

Tratto BC: i tratti AB e BC appartengono alla stessa trave (non sono


separati da dei vincoli interni). li nodo B deve quindi essere equilibrato
per quanto riguarda il momento flettente. Consideriamo quindi un
intorno del nodo B. Sulla parte del nodo che appartiene al tratto AB

agisce un momento qL2 (vedi figura 2.48).

Figura 2.48.

36
Per equilibrio alle rotazioni sul tratto BC, in corrispondenza del nodo
B, dovrà agire un momento X tale da garantire l'equilibrio alla
rotazione:

qL2 - X =O~ X = qL2 (fibre tese superiori)


Simile è il concetto di equilibrio al nodo quando sul nodo concorrono
tre tratti di trave (figura 2.49).

Figura 2.49.
In tal caso, noti i valori del momento flettente su due conci è possibile
determinare per equilibrio il terzo (figura 2.49).
M1 -M2-X=0~X = M2-M1

Il diagramma del momento flettente sarà quindi quello in figura 2.50.

Figura 2.50.

La risultante delle forze ad azione flettente che agiscono prima di B è


pari a YA =3qL / 2 che fornisce un contributo lineare al momento (che
tende le fibre inferiori).
Inoltre da Ba C agisce il carico distribuito. L'equazione del momento
sul tratto BC è dunque:

2 3 qx2
M(x) =.qL - 2qLx+ 2

37
2
2 3 2 qL O
In e (x = L) si ha: Mc =qL - 2 qL + 2 =

Noti i due valori di estremità è possibile applicare il metodo delle


tangenti per tracciare il diagramma:
qL 2 /2
3qL2 /8

B e

Figura 2.5 t.
Tratto CE: il valore iniziale del momento è zero. La risultante in C di
tutte le forze ad azione flettente (forze orizzontali) che agiscono
"prima" di C è pari a XA = qL (che tende le fibre di destra).
L'equazione del momento flettente è:
M(x)=qLx

2
in D (x =L/2) si ottiene M O = qL .
2

In D entra in azione anche una coppia concentrata qL2 che tende le

fibre di sinistra. Il momento in D quindi passa istantaneamente da

qr}/2 a -qL 2 /2.


Infine in E il momento torna a zero, con andamento lineare.
Tratto EG: in E la risultante di tutte le forze ad azione flettente che
agiscono prima di E vale qU2, che tende le fibre inferiori. L'equazione
del momento vale:
qL
M(x)=-x
2

L2
Essa vale fino a F, dove il momento assume un valore MF =L
4
In F la risultante delle forze flettenti è pari a: qU2 - ql= -qU2 (che
tende le fibre superiori).

38
qL

A
2ql 2

Figura2.52.
L'equazione del momentonel tratto FG è dunque:
qL2 qL
M(x)=---x
4 2
In G (x = L/2) ovviamente si ottiene Ma = O. In conclusione, il
diagramma è quello in figura 2.52.

2.8.5 Esempio 4
Si risolva la seguente struttura isostaticae si traccino i diagrammidi sollecitazione.

A F H
B D E
ql

2ql 2 ( L >

Figura 2.53.

Si noti che la struttura è costituita da tre travi: BC, ADE, EFGH. Si noti inoltre che
mentre la trave CB termina con una cerniera interna in B la trave ADE è solamente
"appoggiata" sulla cerniera (non si potrà quindi dire che per essa il momento

39
flettente in B è a priori nullo). Per risolvere la struttura sostituiamo ai vincoli esterni
le reazioni vincolari che essi sono in grado di esercitare e sfruttiamo "in man·
1era
intelligente" le equazioni di equilibrio sulla struttura e le equazioni ausiliarie pe .
r I
vincoli interni.

ql

Xc

r,. 2ql 2

Figura 2.54.

Scrivendo un'equazione di equilibrio alle rotazioni rispetto al polo C dell'intera


struttura l'unica incognita risulta YO , che può quindi essere immediatamente
detenninata.
2 3
-2qL +qL·2L+2qL-2L-2qL·5L-Ya ·4L =0--+ Ya =--qL
2
Con un'equazione ausiliaria di equilibrio rispetto al polo E, considerando solamente
i contributi "a destra" di E, è possibile ottenere immediatamente Xa :

2qL · 2L + YG • L + Xa · L = O

2 3 2 5
4qL - 2 qL +XaL=O--+Xa =-2qL

Con un'equazione di equilibrio alle traslazioni in direzione orizzontale, è possibile


detenninare immediatamente Xc:

5
Xa +Xc =0---+Xc =-Xo =+-qL
2
Con un'equazione di equilibrio ausiliaria rispetto al polo B del solo tratto BC, è

possibile detenninare immediatamente ¼..·


:
2 2 5 9
qL - Yc · L + Xc · L = O---+Yc = 2qL + Xc = 2qL +-qL =-qL
2 2

40
Infine con una equazione di equilibrio alle traslazioni verticali che coinvolge l'intera
struttura, è possibile detenninare YA :

YA.+ Yc + Ya -2qL-qL+2qL =O
9 3
-+VA =qL-Yc-Ya =qL--qL+-qL=-2qL
2 2
Lo schema del corpo libero è rappresentato in figura 2.55.

A F H

2ql
t
ql

5qU2 5qU2 G
---11(),1,----+a
3qU2
t9qU2 2ql2

Figura 2.55.
mentre i diagrammi di sollecitazione sono rappresentati in figura 2.56-2.58.

5qU2

Figura 2.56.

9qU2
Figura 2.57.

41
1ql.'

I)
Il
H
tJl.1/R

Figura 2.58.

Sul tratto BO l'equazione del momento flettente è:

2 5 qx 2
M(x)=2qL --qLx+-
2 2

2
5 2 qL2
inD(x=L): M=2qL --qL +-=0
2 2
Sul tratto DE l'equazione del momento è:

qL qx 2
M(x) =--x +-- (come convenzione fibre tese sopra).
2 2
3
Cenni di geometria delle aree

3.1 Momento statico del primo ordine


Data una generica sezione di qualsiasi forma, detti y e z due assi tra di loro
ortogonali (figura 3.1) i momenti statici del primo ordine rappresentano delle
proprietà geometriche della sezione definite come:

(3.1)

y
dA

Yo

zo z

Figura3.1.
Le precedentirelazioni possono essere riscritteanche come:

fydA )=A·Yo
S,,=A(~ (3.2)

s,, =A(~
zdA I
)=A
·7-0 (3.3)

dove:

43
YG = ~ JY dA (3.4)
A

rappresentano le coordinate del baricentro della sezione rispetto all'origine del


sistema di assi cartesiani scelto. I momenti statici del primo ordine possono quindi
essere scritti come prodotto tra l'area della sezione e le coordinate del baricentro
della sezione.

3.2 Momento geometrico del secondo ordine


Data una generica sezione di qualsiasi forma, e detti z e y due assi tra di loro
ortogonali, i momenti geometrici del secondo ordine rappresentano delle proprietà
ge,ometriche della !lezionedefinite come:

(3.5)

Jp = Jr2dA =J72 +Jyy (momento polare) (3.6)


A

In aggiunta esiste anche un momento geometrico misto (o centrifugo) definito come:

J
Jzy = z-ydA (3.7)
A

Dalle definizioni appare chiaro che mentre i momenti J0 , lyy e Jp sono sempre
positivi, il momento lxy può essere positivo, negativo o nullo. Esso è nullo quando la
sezione considerata presenta almeno un asse di simmetria geometrica.
Si consideri la sezione rettangolare di base Be altezza H mostrata in figura 3.2.

Y,

z -· ·-·-·-·----~----·-·-·- -· z
I
I

y
B

Figura 3.2.

44
Per essa si avrà:

-f y 2dA = f1-112
Ji:z.- -1-112Y
2Bd = sf1112 2 -
y -1-112Y dy-
A
1-1 (3.8)
32 I
,1-11
28 Jo
2 2
d =2BL
y y 3
=-BH
12
3

o
e, analogamente:
I 3
Jyy =-HB (3.9)
12

Nel caso invece di una sezione circolare di raggio R e diametro D, è utile


considerare che per tutte le sezioni dotate di simmetria polare Jyy = Jzz e quindi:

(3.10)

Quindi:
4 4
Jp=
A
i O O
R
r 2dA= J.RJ.2x r 2rdrd0=21t-=--=-D
4
1tR
2
1t 4
32
(3.11)

J =~D4 (3.12)
zz 64

3.2. Sezioni ottenute per sottrazioni di sezioni elementari


Se una generica sezione A risulta descrivibile come somma o differenza di due
sezioni, in virtù della proprietà additiva degli integrali, è possibile scrivere:
(3.13)

3.2.1 Sezione rettangolare cava


Si consideri la sezione a cassone rappresentata in figura. 3.3. Per tale sezione,
applicando l'equazione (3.13) si ottiene:

)
J1.z =-BH 3 ) 3
J =- 1 HB 3 __ I hb 3
--bh (3.14)
. 12 12 yy 12 12

45
h/2

h/2

I,.. B/2 ~llllilB/2 .I


Figura 3.3.

3.2.2 Sezione tubolare


Con riferimento alla sezione in figura 3.4, applicando l'equazione (3.13) si ottiene:

1t 4 1t 4 1t ( 4 4)
Jzz =Jyy = 64 De - 64 Di = 64 De -Di (3.15)

·- z

Figura 3.4.

3.3 Determinazione del baricentro di una sezione composta


Se una generica sezione può essere ottenuta per somma o differenza di n sezioni
elementari (rettangoli) la posizione del suo baricentro, rispetto a un generico punto
O, può essere determinata, utilizzando un corollario del teorema di Varignon
( 1725), come:

46
n . n
L S~.z L S~y
V -..:...i=_,_1
__ Xa =-'--i=__,_I
__
1G - n n (3.16)
L Aj L Ai
i=I i=I
. i
S~ =AiYG-0 (3.17)

dove S~ è il momento statico del primo ordine della sottosezione i-esima, Yb-oè
la distanza tra il baricentro della sottosezione e il punto di riferimento, O, e Ai è

l'area della sottosezione. Si noti che L indica una somma in senso algebrico.
Come conseguenza del sopracitato corollario è possibile asserire che:
Se una sezione presenta un asse di simmetria geometrica, il baricentro cade
sicuramente sull'asse.
Se una sezione presenta due assi di simmetria geometrica il baricentro cade
sull'intersezione degli assi.
In tutti gli altri casi la posizione del baricentro va determinata sfruttando il teorema
di Varignon.

3.4. Teorema del trasporto (Steiner)


Si consideri una generica sezione. Per tale sezione il momento geometrico del
secondo ordine rispetto ad un generico asse z' è uguale al momento valutato rispetto
all'asse baricentrico z della sezione sommato all'area della sezione moltiplicata per
la distanza al quadrato tra i due assi:

lz'z' =lzz + Ay~•z (3.18)

3.5. Determinazione del momento geometrico del secondo ordine


per sezioni composte

3.5.1. Sezione a doppia T


Si consideri la sezione in figura 3.5. Essa può essere pensata come:
I. Somma dei due rettangoli di estremità, di dimensioni IOx 150, dette ali, e
del rettangolo centrale, di dimensioni 1Ox 80 ;

47
2. Come differenza di un rettangolo di dimensioni I00xlS0 e di d
Ue
rettangoli "'laterali" di dimensioni 70 x 80.

V,

h=80 l-1=100

l v'

8=150
.I
Figura 3.5.
Applichiamo il corollario del teorema di Varignon, determinando la posizione del
baricentro rispetto al punto O.

(150-10· 5) + (80 -10-50) +(150 · 10-95)


YG =...;._----'-------'-----'---'----___,:_ = 50mm (3.19)
2 ·150-10+80· 10

20 = (150·10·75)+(150·10-75)+(80·10·75) =? 5mm
(3.20)
2·150-10+80·10

Come si può notare il baricentro cade sull'intersezione degli assi z-z e y-y. Questo
perché tali assi sono assi di simmetria geometrica per la sezione. Per determinare i
momenti geometrici J zz e Jyy della sezione è possibile ragionare sia per somma di

tre rettangoli, o per differenza di tre rettangoli. Al fine di determinare Jzz il modo

più semplice è ragionare per differenza tra il rettangolo di dimensione B · H e i due


rettangoli di dimensioni (B- S)· h / 2 .

J. =-I BH3_ 2 (_1(B-S)h3)=


zz 12 12 2
(3.21)
= -1 150· 1003 - (- 1 140· 803 ) = 6526667mm 4
12 12
Alternativamente è possibile ragionare per somma di tre rettangoli di spessore 1O
mm. Tuttavia le due ali presentano un asse baricentrico che non coincide con l'asse
baricentrico z-z dell'intera sezione. Computando il loro contributo è quindi
necessario applicare il teorema del trasporto:

J I
=-10-80
12
3+2 (-150-10
1
12
3+150-10-45 2)
'T.L. (3.22)
= 6526667mm4

Nella detenninazione di J yy è invece utile considerare che, in questo caso, sono i tre

rettangoli di spessore l O mm ad essere baricentrici e quindi conviene ragionare per


somma:

J =-1 S3h+2( 1 (H-h)B3)=


yy 12 12 2
(3.23)
~80-10 3 +2(- 1 10-1503 ) =5631667mm4
12 12

Alternativamente è possibile applicare Steiner:

J
yy
=-'100-150 -2(- 1 80-70
12
3
12
3 +70-80-40 2 )
(3.24)
=5631667mm4

3.5.2 Sezione a T
Si consideri la sezione in figura 3.6. La prima cosa fare è detenninare la posizione
del baricentro. Sicuramente l'asse di simmetria y è baricentrico; è necessario quindi
determinare solamente la quota ''y" del baricentro rispetto al punto O.
Applicando l'Equazione (3.16):

LiS~x = 60·20·(30+20)+ 100-20-10 =2 Smm (3.25)


Li Ai 60·20+ 100-20

49
!y
~ 1..1 2_0___ --i

60 80

50

I
:y
100

Figura 3.6.
Quindi:

lu; =(1~ 100-203 +I00-20-15 2 )+


(3.26)
L~ 20·60 3 + 60-20-25 2 )= 1626667mm4

JYY = - 120. 1003 + - 1 60 · 203 = 1706667mm4 (3.27)


12 12

3.5.3 Sezione a C
Si consideri la sezione in figura 3. 7. La prima cosa fare è determinare la posizione
deJ baricentro. Sicuramente l'asse di simmetria y è baricentrico; è necessario quindi
detenninare solamente Ja quota ''y" del baricentro rispetto al punto O.
y

Figura 3.7.

50
Applicando l'Equazione (3 .16):

2-60-20-50+ 100-20-10
v,. ---------=-c3181mm (3.28)
<1 - 2 . 60 · 20 + I00 · 20 '

Quindi

J12 = I~ I00-20 3 +100·20(31,81-10)2 +


(3.29)
{,~ 20·60 3 +20·60(50-31,81)2 )=2532995mm 4

I 3 I 3 4
Jyy =-80-100 --60-60 =5586667mm (3.30)
12 12

3.6 Momenti geometrici principali


Esistono particolari sistemi di riferimento che sono detti d'inerzia principali. Essi
sono dei sistemi di riferimento in cui il momento geometrico misto è nullo.
Consideriamo quindi una generica rotazione del sistema di riferimento, che definisce
un nuovo sistema cartesiano (z ',y J ruotato di un angolo 8 rispetto al generico
sistema (z,y). La relazione tra le coordinate è:

z'=zcosS+ysen S y'=-zsen S+ycosS (3.31)


y
y'
-
\
\
\
\

' \
\
, ,,
, , ,,
, ~
z'

,,
\
\
\

'' ,, 9
'' ,,
z

Figura 3.8.

Quindi:

51
2
Jz·=JA(y')dA= JA(-zscnS+ycosS )2dS
= JA (z2 sen 2 9 + y 2 cos 2 9- 2zysen Scos s)ds

= Jzz cos 2 9 + J yy sen 2 S-2Jzysen Scos S


(3.32)

J2 , =JA (z')2dA = JYYcos2 S + Jzzsen2 S-2Jzysen ScosS


(3.33)

Jz'y' = JA
(z'y')dA = t (zcosS + ysen sX-zsen S+ ycosS)dA

= JA(-zcosSsenS+ zycos 2 S-zysen 2S+ y2cosSsenS)dA


= sen Scos s(Jz -Jy }+ Jzy(cos2 S-sen 2 s)
(3.34)
Utiliu.ando le fonnule trigonometriche di duplicazione è possibile riscrivere:
Jz -JY
Jz'y' = 2 sen2S+Jzy cos2S
(3.35)

L'angolo di rotazione s• che permette di ottenere un sistema di riferimento


d'inerzia principale sarà dunque tale per cui J z'y' =O .

Jz -Jy • •
-- 2--a....sen2S +Jzycos2S =0

(3.36)

Conseguentemente, i momenti geometrici principali potranno essere calcolati come:

J 1 = J zz cos 2 S * + J yy sen 2 S * - 2J zysen S * cos S •


(3.37)

(3.38)
4
Stati di tensione per le sollecitazioni
semplici

4.1 Introduzione
La statica e la cinematica delle strutture è descritta, come si è visto, in termini di
forze e momenti (azioni interne). Tuttavia queste non rappresentano grandezze
adatte a valutare la resistenza di un organo meccanico. Facciamo un esempio molto
semplice: si considerino due travi dello stesso materiale, di diversa sezione (una
molto sottile e una più tozza), uguale lunghezza, entrambe sollecitate da due forze di
estremità pari a F (figura 4.1).

Figura 4.1.
Lo sforzo nonnale N su entrambe le travi è uguale a F, costante e positivo. È
intuitivo però che la trave di sezione maggiore resisterà ad una forza più elevata
prima di giungere a rottura. Questo significa che le azioni interne (N, T, M) non
possono essere considerate delle grandezze di resistenza.
Vedremo che si utilizzano delle grandezze di nome tensioni.

53
4.2 Stato di tensione dovuto allo sforzo normale
Consideriamo una trave caratterizzata da una sezione costante e soggetta a due forze
P uguali e opposte applicate alle due estremità: si parla di carico di trazione (figura
4.2). Sia l la lunghezza della trave e A la sua sezione.

p --{t·-
-{-·---}--- L
p

Figura4.2.
Effettuiamo un taglio immaginario in corrispondenza di una generica sezione
ortogonale all'asse della trave e consideriamo il tratto a sinistra.

p +-- -B -C?"~
--~
--~
--~
N

Figura4.3.
Nella sezione è presente l'azione esercitata dalla parte rimossa della trave (parte di
destra) data dalle tensioni cr (figura 4.3). Ad una sufficiente distanza dal punto di
applicazione della forza si può ragionevolmente assumere che le tensioni siano
distribuite in modo uniforme sulla sezione se sono verificate le seguenti ipotesi:
la trave è a sezione costante (o costante a tratti);
il materiale è omogeneo;
la linea d'azione delle forze applicate passa per il baricentro della sezione;
Indichiamo con N lo sforzo normale risultante dalle tensioni presenti nella sezione
considerata.
Le tensioni che sono normali alla superficie vengono indicate con cr . Esse possono
essere pensate come una sorta di ''pressione interna". Per equilibrio:

f
N= crdA=crA (4.1)
A

54
essendo le cr uniformemente distribuite. Per l'equilibrio alla traslazione dovrà
inoltre essere:
p
N=P->cr=- (4.2)
A

La tensione O" è dunque un parametro interno che nasce in una generica sezione per
equilibrare il sistema di forze esterne applicate.
Per convenzione le tensioni O" sono positive se di trazione, negative se di
compressione.
Ad uno stato di tensione si accompagna sempre uno stato di deformazione, che nel
caso di uno sforzo normale è uniforme sulla sezione.
Se le forze sono di trazione, la trave di lunghezza iniziale L tende ad allungarsi di
una quota AL . Possiamo quindi definire la deformazione come un allungamento per
unità di lunghezza:
AL
E=- (4.3)
L
Per uno stato di tensione monoassiale (una sola componente di tensione), vale la
legge di Hooke (Hooke 1678, "Ut tensio sic vis")
cr=Ee (4.4)

dove E è il modulo elastico longitudinale del materiale.


Contemporaneamente la trave subisce una contrazione laterale, pari a:
(4.5)

dove v è il coefficiente di Poisson. Rielaborando le relazioni precedenti è possibile


scrivere:

AL= e L = cr L =~ L -> P = AE AL (4.6)


E AE L
che ricorda l'espressione per una molla:
F=KAx (4.7)

Si definisce quindi rigidezza assiale della trave la grandezza:


AE
Ka=- (4.8)
L
La trave a sezione costante soggetta ad uno sforzo normale di trazione può quindi
essere assimilata ad una molla con costante elastica K 8 • Più elevata è K 8 , ovvero

55
. . . · I della trave minore sarà l'allungamento l'.\L a parità
maggiore è la rigidezza ass,a e '
di forza esterna applicata.

4.3 Unità di misura


N
Abbiamo scritto prima che cr =A

N = forza risultante [ N ]

A= sezione [ mm 2 ]
N
Le tensioni u quindi si misurano come -- 2
mm

Dato che N2 = Pa , le tensioni si misurano quindi in MPa.


m

Abbiamo anche scritto prima e = dL . Le deformazioni sono quindi adimensionali.


L
Infine utilizzando la legge di Hooke:
cr
cr=Ee~E=-
e
e quindi il modulo elastico si misura in MPa. Valori tipici del modulo elastico
longitudinale sono:
E= 206 000 MPa per acciai da costruzione.
E= 70 000 MPa (circa un terzo) per le leghe di alluminio

4.4 Linea di azione delle forze assiali per una distribuzione


uniforme delle tensioni

Una delle ipotesi formulate in precedenza prevede che la distribuzione delle tensioni
sulla sezione della trave sia costante. Dimostriamo ora che affinché ciò sia verificato
è necessario che la linea di azione del carico passi per il baricentro della sezione.
Immaginiamo di considerare una trave di generica sezione soggetta a trazione.
Indichiamo con P1 il punto di applicazione della forza diretta lungo l'asse

longitudinale della trave e individuiamo un sistema di coordinate cartesiane (z, y) e


una sezione infinitesima di trave dA (figura 4.4).

56
y
dA

z
I
,_
I

:Y

Figura4.4.

La forza P provoca dei momenti Mz e My .


-
My=Pz (4.9)

Per l'equilibrio alla rotazione le tensioni che si generano nel materiale devono essere
tali da riequilibrare l'azione dei momenti.
Mz = Py= t crydA My = p; = JA
crzdA (4.10)

da cui si ottiene:

(4.11)

E' chiaro che se la cr è costante nella sezione e pari a P/A si ha:

-y= A] JydA z=~fzdA (4.12)

ovvero il punto P 1 coincide con il baricentro della sezione. Solo in questo caso la
forza esterna comporterà una distribuzione costante delle tensioni nella sezione.

57
4.5 Stato di tensione in una trave soggetta a momento flettente
puro
Si consideri una generica trave a sbalzo soggetta a una forza P (figura 4.5).

Figura4.5.

Con riferimento alla figura, si indichi con m I un punto alla distanza x dall'incastro
(punto A) e con m2 un punto ad una piccola distanza ds da m 1 lungo il profilo
deformato della trave. Si tracci a partire da ciascuno di questi due punti un segmento
normale alla retta tangente al profilo deformato, che si intersecheranno in un punto
O' che rappresenta il centro di curvatura per il segmento ds considerato.
La lunghezza di ciascuno dei due segmenti rappresenta il raggio di curvatura p
mentre d<j>rappresenta l'angolo al centro infinitesimo (Figura 4.5). Vale quindi la
relazione:
ds = pd<j> (4.13)

Nell'ipotesi di piccole deformazioni il segmento curvilieno ds può essere


approssimato con la sua proiezione orizzontale dx, dx =ds = pdq, . Quindi dalla
(4.13):
I d<p
K=-=- (4. 14)
p dx

dove k rappresenta la curvatura, ovvero l'inverso del raggio di curvatura, K = l/ P·

58
.. dx
..

Fil!ura 4.6.
Si consideri la figura 4.6, che rappresenta un ingrandimento della figura 4.5
nell'intorno dei punti m, e m2. Se si indica con dl') l'abbassamento infinitesimo che il
punto m2 subisce rispetto al punto m 1 a seguito dell'inncssione della trave e con q,
l'inclinazione della trave in m 1 (rotazione) dl') può essere approssimato come:

=
d11=dx · tgq> dx · q>-->q>= d'fl (4.15a)
dx
dove, sotto l'ipotesi di piccoli spostamenti. la tangente dell'angolo q>è stata confusa
con l'angolo stesso.
Sostituendo ora la (4.15a) nella (4.14) si ottiene:

dq> d 2l')
K=-=- (4.15b)
dx dx2

'siconsideri ora un tratto di trave ab soggetto a nessione pura (figura 4.7). La


simmetria geometrica e di carico del problema fa si che tutti gli elementi della trave
si debbano necessariamente deformare in modo identico, e questo è possibile
solamente se le sezioni inizia/men/e piane rimangono piane anche a deformazione
avvenuta (figura 4.8). Per poter rispettare questa ipotesi, le sezioni si possono
deformare solamente "ruotando" rispetto ad un particolare asse che chiamiamo "asse
neutro", indicato con ss in figura 4.8.

Figura4.7.

59
I segmenti mn e pq, che rappresentano le sezioni deformate, si intersecano
virtualmente nel centro di curvatura O'; la distanza tra tale centro e l'asse neutro ss
rappresenta il raggio di curvatura p. Si supponga che il momento flettente applicato
sia tale da far subire un allungamento alle fibre al di sopra dell'asse neutro, mentre
le fibre al si sotto dell'asse neutro, perché compresse, si accorciano (figura 4.89).

m p

M
c~,.- -- --

Asse neutro

Figura4.8.

Le fibre che si trovano in corrispondenza dell'asse neutro rimangono di lunghezza


invariata dx = pdq>.

La generica fibra ef, di lunghezza infinitesima dx, compresa tra le sezioni mn e pq,
che si trova ad una generica distanza y dall'asse neutro a deformazione avvenuta
avrà una lunghezza L 1 pari a:

L1 ={p-y}iq>=dx-1.dx (4.16)
p

La deformazione Exdella fibra risulta quindi:


_AL_ L1 -dx y
Ex ------=--=-K)' (4.17)
dx dx p
Mettendo ora in gioco la legge di 1-looke, è possibile ricavare la tensione nonnale
come:
. dq>
., r:-.&x=-Ey- dx
o~= (4.18)

Essendo il concio soggetto a un puro momento flettente (assenza di sforzo normale),


dovrà essere:

JodA =04f
A A
-Eydq> dA =0
dx (4.19)

Si noti come:
dcp
sia una costante sull'intera sezione in virtù dell'ipotesi formulata
dx

secondo la quale sezioni inzialmente piane rimangono piane anche a


deformazione avvenuta;
per i materiali da costruzione tradizionali, è ragionevole assumere che il
modulo elastico sia uguale sia a trazione che a compressione.
Sulla base delle precedenti considerazioni, l'equazione (4.19) precedente restituisce:

(4.20)

Ricordando la definizione di distanza baricentrica fornita nel capitolo 3, L'Eq. (4.20)


permetter di concludere che l'asse neutro coincide con l'asse baricentrico della
sezione.
Per equilibrio alle rotazioni della generica sezione si ha inoltre che:

(4.21)

dove M è il momento flettente agente.


Sostituendo l'espressione per cr:

M= IA -Ey-ydA=-E-
d<j> J
d<j> 2 dq>
y dA=-E-Ju. (4.22)
dx dx A dx

dove Jlz = JAy 2dA è il momento geometrico del secondo ordine della sezione.

Infine, grazie all'equazione (4.18):

(4.23)

e quindi:

61
M
CJx =-y (4.24)
Jzz

L'equazione (4.24) prende il nome di equazione di Navier e permette di concludere


che le tensioni dovute a flessione, che sono delle tensioni normali alla superficie
crx . Come rappresentato in figura 4.9, tali tensioni:

sono nulle sull'asse baricentrico e massime in modulo sulle superfici della


trave più distanti dall'asse baricentrico;
cambiano segno al di sopra o al di sotto dell'asse baricentrico.

+a

I
I
I
, ~------------
I

-(J'

Figura4.9.
Di norma in progettazione si è interessati al valore massimo delle tensioni di
flessione tensioni:
M M
CJMAX= -YMAX =- (4.25)
1:z.z Wr

dove Wr =~ è detto modulo di resistenza a flessione. Per una trave a sezione


YMAX

rettangolare di base B e altezza H si avrà Wr = ..!..


BH 2 •
6

È possibile inoltre osservare che le deformazioni Exsono sempre accompagnate da


deformazioni trasversali:

(4.26)
Dato che Ez è proporzionale a y, i lati di una sezione rettangolare si inclinano,
rimanendo rettilinei. Inoltre tutte le linee di sezione che erano inizialmente parallele
all'asse z subiscono una leggera curvatura in modo da rimanere ortogonali ai lati
della sezione (figura 4.1 O).

62
0,---+--=z z

y y

Figura 4.10

Quando una trave è soggetta contemporaneamente a momento flettente Me a uno


sforzo assiale N, lo stato di tensione si ottiene applicando semplicemente la
sovrapposizione degli effetti.
Entrambe le componenti di sollecitazione danno infatti origine a delle tensioni
normali alla superficie della sezione. Avendo la stessa direzione, esse possono
essere semplicemente sommate in senso algebrico:
N My
cr =-+-- (4.27)
x A J 7.Z

La nuova posizione dell'asse neutro si ottiene ponendo uguali a zero l'equzione


(4.27):
N My N J
- +- = o ~ y = ---- 72 (4.28)
A Jzz M A
Un esempio è dato dall'applicazione di un carico normale applicato su un asse
parallelo a quello baricentrico: in questo caso si parla di carico assiale eccentrico
(figura 4.11 ).

~·-·-N·-·-·-·-·$·-
·-·-·-----·-·-·-·-----·-·
Figura 4.11.

La distanza tra la retta di applicazione del carico e l'asse baricentrico è detta


eccentricità ed indicata con e. Il carico eccentrico cosi applicato induce uno sforzo
normale Ne un momento flettente N · e . Le tensioni sono dunque:

63
(4.29)
N Ney
O"=-+-
X A J 7Z

4.6 La flessione deviata


Si parla di flessionedeviata quando il momento flettente applicato è rappresentato
da un vettore non allineato con uno degli assi di simmetria della sezione (figura
4. 12). La sezione presenta doppia simmetriarispetto agli assi Y e z, mentre il carico
P è inclinatodi un angolo S rispetto all'assey.

...
~----i------'I ....... X
I
V

I

Figura4.12.

Scomponendola forza lungogli assi principalidella sezione è immediato intuire che


1 g1I. assi•y e z (figura 4.13):
nasconodelle azioni internedi flessionesu entramb"

Mz = Pcos8(L-x) My =Psen8(L-x) (4.30)

I
I
I

-------• z -
i----•+
----- I

I
I
I


I 1----,

• y

Figura4.13.

64
La tensione di flessione complessiva si ottiene sommando I· smgo
· 1·I effietti· e sara· ( con
riferimento ai versi usati in figura):
Myz MzY
O'
X
=-----
J j (4.3))
yy zz

Il luogo geometrico dei punti dove te tensioni · di flessione risultano nulle


rappresenta, come già detto, l'asse neutro, la cui equazione può essere determinata
ponendo crx =O :
Myz Mzy M J
0 =-- - -- ~y = _Y _ ___y_Z
(4.32)
Jyy J7..z Mz Jyy

che rappresenta una retta passante per il baricentro della sezione e caratterizzata da

un coefficiente angolare pari a My Jzz .


Mz Jyy

Se si indica con 13l'angolo che la retta presenta rispetto all'asse z, sarà dunque:

M J
tgl3=_Y ___y_ (4.33)
Mz Jyy

Sostituendo My e Mz in funzione di Psi ha:

(4.34)

4. 7 Le tensioni tangenziali 't e il principio di reciprocità


Con cr era stata indicata la componente di tensione normale alla generica sezione
della trave. Oltre alle componenti normali di tensione, esistono anche delle
componenti di tensione parallele alla sezione, dette tensioni tangenziali. Esse
vengono indicate con la lettera greca t con l'aggiunta di due pedici:
il primo pedice indica la normale al piano dove agisce la componente di

tensione considerata;
il secondo pedice indica invece la direzione della tensione.
Si vedrà che le tensioni tangenziali sono associate a sollecitazioni di taglio o di

torsione.

65
Primo di proseguire è utile considerare uno proprietà estremamente importante delle
tensioni tangcn1..inli.Si consideri un solido infinitesimo di lato dx e si supponga che
sullo foccin superiore dell'elemento ogiscn uno tensione tangenziale 1:y,.(figura

4.14). Per l'equilibrio nlln traslazione orizzontale dell'elemento, dovrà agire sulla
faccia opposta una tensione tangenziale uguale in modulo, ma di segno opposto.

'f
zy
(4)
:o·
I
I
I
t
+-----(2)
I
I
:
•'fzy
(3)

'f yz

Figura 4.14.

Tuttavia se fossero presenti solamente queste due componenti, vi sarebbe llll

momento orario sull'elemento che ne indurrebbe una rotazione. Per evitare che
questo succeda e garantire quindi l'equilibrio dell'elemento deve esistere
necessariamente un'altra coppia di tensioni tangenziali uguali e opposte (figura
4.14).
Questo significa che per ogni componente di tensione 'tij, esisterà anche la sua

componente reciproca, 'tji = 'tij.

C'
T
A
• e A
r--
I

·l i· > ~/
I

y/2
I
I
D'

JJ ... T D ---- D

Figura 4.15.
li solido elementare considerato si defonna come in figura 4.15, subendo un angolo
di scorrimento Y , che può essere legato alla tensione di taglio 't per mezzo della
segunte relazione:
(4.35)
dove G rappresenta il modulo di elasticità tangenziale, per il quale vale la relazione
(4.36):
E
G (4.36)
2(1+v)

4.8 Stato di tensione dovuto alle sollecitazioni di taglio


4.8.1 Trattazione generale
Si consideri una condizione in cui sia presente non solo momento flettente puro, ma
anche una sollecitazione di taglio. L'esistenza del taglio è sempre associata ad una
variazione del momento flettente lungo la trave. Si consideri inoltre inizialmente,
per semplicità, che la trave sia dotata di una sezione rettangolare. Si supponga che il
momento flettente sia tale da tendere le fibre al di sopra dell'asse neutro, e che il
momento risulti crescente all'aumentare della coordinata x. Si consideri quindi un
concio di trave e si isoli al suo interno un elemento infinitesimo di lunghezza dx e
altezza h /2-y 0 , come rappresentato in figura 4.16.

y
Yo ,_,
b A

dx

Figura 4.16.

67
- •
Ind1ch1amo • d"tst anza tra il baricentro dell'elemento considerato e
con y 1a generica
l'asse baricentrico della sezione.
Per effetto della variazione del momento flettente, che ind ichiamo con dM, le facce
di sinistra e di destra dell'elemento infinitesimo isolato sono soggette a delle
t . In particolare , con riferimento allo schema in
tensioni normali cr d 1. d",versa en t"tà
figura 4.17:
My (4.37)
crs =--
Jzz
rispettivamente a sinistra e a destra.

h/2
y
Yo
~--- ·-·-·- -·-· ·-·- X

Figura 4.17.
Esse danno luogo alle seguenti risultanti sull'elemento:

f: - f: My -
Fs = AcrsdA = A-J-dA
zz
(4.38)

(4.39)

dove A è la superficie dell'elemento su cui agiscono crs e cr0 .

È chiaro che se fossero presenti solamente le componenti di tensione cr dovute alla


flessione l'elemento non sarebbe in equilibrio alla traslazione, in quanto vi sarebbe
una forza in eccesso verso destra pari a:

.1.F= Fo - Fs = f- -dA
A
dMy
lzz
-
(4.40)

Ricordando che:
dM
T=-~dM=Tdx
dx (4.41)

dove Tè lo sforzo di taglio e sostituendo si ottiene:


r
.òF==r-ydA=-
Tdx - J -
Tdx -ydA
A Jzz Jzz A (4.42)

È necessario quindi, per garantire l'equilibrio dell'el emento, che su Ila sua "' ·
1acc1a
inferiore nascano delle componenti di tensione, parallele alla faccia stessa. Esse sono
delle componenti di tensione tangenziali 't yx.

È necessario fonnulare un'ipotesi molto importante che prevede che le tensioni di


taglio siano unifonnemente distribuite su tutta la larghezza b. Tale ipotesi è
ragionevolemnte verificata se le faccie della sezione sono parallele. Se questa ipotesi
è verificata la loro risultante può essere espressa come:
Ft =tyxbdx (4.43)

che dovrà uguagliare AF per equilibrio. Uguagliando quindi la (4.42) e la (4.43() si


ottiene:

T J-ydA TS
t yx = A =______g_ (4.44)
Jzzb J72 b

che rappresenta l'equazione di Jourawskj. Nell'equazione (4.44) Szzè il momento

statico del primo ordine dell'area dell'elemento considerato, indicata come A.

4.8.2 Tensioni di taglio su una trave a sezione rettangolare


Si consideri una generica sezione rettangolare di base b e altezza h (figura 4.18) e si

applichi l'espressione di Jourawskj. Si consideri una linea orizzontale distante Yo


dall'asse baricentrico.

Figura 4.18.
Nell'espressione di Jourawskj S22 rappresenta il momento statico del Primo ont·
ine
dell'area delimitata da questa linea.
h

Szz
A
~ ~ ybdy~ byT
=JydA Jyo 2
~_l,_(~-yfiJ
2 4
(4.45)
Yo

Si noti come l'andamento di Szz sia parabolico con Yo. Inoltre nell'espressione

(4.45) T, Jzz e b sono delle costanti. Questo significa che la variazione lungo la

sezione delle tenisioni tangenziali è controllata dall'andamento di S72 , ed è quindi

parabolico (figura 4.18). Le tensioni sono sono nulle sulla superficie inferioree
superiore della sezione, e massime in corrispondenza dell'asse baricentrico, dove
2
Yo = O e Szz = b ~ da cui risulta:
2 4

(4.46)

4.8.3 Tensioni di taglio su una trave a sezione circolare


Nel caso di una trave a sezione circolare non è possibile adottare l'ipotesi che le
tensioni di taglio siano parallele all'asse y e quindi non è applicabile l'equazione di
Jourawskj.

Figura 4.19.
Se infatti consideriamo un generico punto del bordo della sezione, le T di taglio
devono necessariamente agire in direzione tangente al bordo della sezione (figura

70
4.19). Infatti il bordo della sezione e · . .
. . . . 'p r ragioni di equilibrio non può essere soggetto
a tens1om con d1rez1oni radiali. Una te · . .
. . nsione con direzione generica darebbe luogo,
per scompos1z1one, ad una componente d' 1 • • •
, . . . ra 1a e, e qumd1 risulta non ammissibile.
Dunque I umca d1rez1one lungo c · .
ui possono agire le tensioni di taglio è la direzione
parallela al bordo. Questo ci pennette d' .
. 1assumere ragionevolmente su una generico
punto della sezione una distribuzione di ten · ,. · · . ..
s1one con mee d1 tensioni convergenti m
un punto T (in figura 4.20).

Figura 4.20.
In linea di principio quindi non esiste un modo semplice per determinare la
distribuzione di tensioni a taglio sull'intera sezione, ma è possibile determinare in
maniera relativamente semplice il valore massimo delle , di taglio, che si
manifesta in corrispondenza dell'asse neutro z-z. Utilizziamo quindi l'espressione
generale per la distribuzione delle tensioni dovute al taglio:

(4.47)

con Jzz = 7t R 4 e B = 2R. Inoltre, per definizione:


4

2 (4.48)
ST.t.= JAydA= J~y2~R -y2dy

·c. •
dove, con n,enmen t o a Ilo schema mostratao in figura 4.21, si è sostituito dA =l dy e
Figura 4.21.

.
Per risolvere I,.mtegra 1e ne ll'E q. (4 ·48) è conveniente utilizzare il cambio di variabile
t = y2, da cui si ricava:

dt dt (4.49)
-=2y-+dy=-
dy 2y

che pennette agevolmente di ricavare:

Szz = rR y2~R 2 -y2 dy = Jyo 2


f~ ~R 2 -tdt =~(R 2 -y5)½ (4.50)
Jyo 3

Sull'asse geometrico ( y O = O) si ha quindi

Szz =~R
3
3
(4.51)

Sostituendo la (4.5 I) nella (4.4 7) si ottiene:

T~R 3
t = TSzz = 3 4 T 4 T
JzzB ~R4 2 R =31tR2 =3A (4.52)
4

Nel caso di una sezione tubolare (figura 4.22) si segue esattamente lo stesso
ragionamento ottenendo:

J XX =1t(R
4 e
4-R.4)
I
(4.53)

S7.z-- se•
'D.-
2~
giz···=-R
..-. 3
3-R· 3)
C I
(4.54)

72
i
~y
T
I

z ---

Figura 4.22.

t=TSzz= T¾(R~-Rf)
J zz B 1t ( 4 4 \..( (4.55)
4 Re -Ri JL-Re -Ri)

Ricordando che:

R~ - Rf = (Re - Ri XR~ + ReRi + Rf) (4.56)


R 4e -R~ t =(R e2 +R7YR 2 -R7)
I A e 1 (4.57)
e semplificando:

t = TS 12 = i_!_R~ + RcRi + Rf
(4.58)
J 12 B 3A R C2 +R7I

4T
Ovviamente quando Ri=O si ottiene t = -- in accordo con la trattazione
3A
precedente.

4.8.4 Tensioni di taglio su una trave "a doppia T"


La distribuzione della tensione di taglio su una sezione a doppia T è più complicata
di quella che si manifesta su una trave a sezione rettangolare.
È necessario innanzi tutto distinguere tra il comportamento sull'anima e sulle ali.

Infatti sull'anima agisce solamente una componente di tensione , xy mentre sulle ali,

come verrà spiegato nel seguito, agiscono una 'xy e una 'xz (figura 4.23).
H

Figura 4.23.

Sull'anima è ragionevole assumere che le componenti tensionali agiscano


parallelamente all'asse y e siano uniformemente distribuite. Sotto questa ipotesi,
l'Eq. (4.44) è valida con B = t:

J 1
=-bH 3 -- 1 (b-t ::)b3 (4.59)
zz 12 12 I

Figura4.24

Inoltre, con riferimento allo schema in figura 4.24,


I 2
Szz = Szz +Szz (4.60)

dove S~.zrappresenta l' Szz dell'ala rispetto al baricentro ed è quindi pari a:

(4.61a)

s;;,.è invece il momento statico S7.z dell'area 2, che è un rettangolo di base t


alte:zzah/2-y:

74
(4.61b)

Complessivamente l'espressione per le tensioni tangenziali sull'anima è dunque:

2 -h2 )+½
T[¾(H (h2 -4y2 )]
t (4.62)
Jzz t

L'andamento è quindi parabolico (figura 4.25) con un massimo in corrispondenza


dell'asse baricentrico (y=O)dove la tensione tangenziale vale:

~ ~ 2 - h2 )+t · h 2 ]
T· ·
(4.63a)
tA =
8Jzz t

Il avlore minimo invece, te, si ottiene dalla (4.62) sostituendo y = h / 2 :

T·b·(h +t)
=---- (4.63b)
8Jzz t

Figura 4.25.

Su Ila parte m ·
· tìenore dell'ala superiore, la corda B subisce un brusco. aumento,. .
crea quindi una discontinuità nelle componenti tens1onah
passando da t a b, e ques t o
txy, secondo un fattore tlb:

t T·t ·(h +t) (4.63c)


ts'=ts·-=----
b 2J'ZZ
1 va a zero, per ragioni di equilibrio
mentre sull'estremità superiore dell'ala a txy

(figura 4.26).

75
T

Figura 4.26.
Sulle ali agisce anche, come detto in precedenza, una componente di taglio 't'xz (in

direzione orizzontale). Per dimostrare questa affermazione consideriamo un


l'elemento infinitesimo A, appartemente alla superficie superiore dell'ala (figura
4.27). La forz.a Fi risultante è maggiore della forz.a F2, essendo maggiore il
corrispettivo valore del momento flettente nella sezione 1 rispetto alla 2. Ne
consegue che sulla superficie 3, adiacente alla 1, deve nascere una componente di
tensione tangenziale avente direzione coincidente con F2 per mantenere l'elemento
in equilibrio. Sarà quindi presente anche la componente reciproca che agisce verso
sinistra (figura 4.27).

Figura 4.27.

Si può quindi ripetere un ragionamento del tutto analogo a quello fatto nel ricavare
l'espressione di Jourawsky, e scrivere quindi un'espressione del tipo:

76
'txz =
,
_!_
BJr.l
JAYdA =~(~ + _!_)r
BJ zz 2 2 o
ldz (4.64)

essendo (figura 4.28):


h t
y::COSt::- +- (4.65)
2 2

Figura 4.28.
Infine, dato che B=t, l'equazione delle tensioni tangenziali risulta:

'txz
·
==_!_(~+.
J72 t 2 2
!.)tz
=_I__(~+. !.)z
=_!_(h +t)Z (4.66)
J 2 2 2J
22 22

con un andamento che è quindi lineare (figura 4.29).

Figura 4.29.
È utile notare che in precedenza si era ricavato:
T (4.67)
'tB = -(h + t)b
2Jzz
e la (4.66) restituisce, con z=b/2:

't('=__!_(h+t)b=~ (4.68)
. 4J.,_,,_ 2

77
Questa semplice relazione è deducibile anche sulla base di considerazioni bas
ate
sull'analogia idrodinamica. Come esempio del peso reciproco dei contributi
si
consideri il caso H = b. Usando le relazioni ricavate in precedenza, si ottiene:
T T T
tA=3.21- t9 =2.58- te= 1.29- (4.69)
A A A
Le distribuzioni delle tensioni tangenziali indottte da un'azione tagliante in una trave
con sezione a C e a cassone possono essere ottenute con considerazioni del tutto
analoghe a quelle fatte in precedenza, e sono schematicamente rappresentate in
figura 4.30a e 4.30b.

te =ts

I I
I I
I I
I b
:... ....
I

Figura 4.30a.

~tc=ts

I
I
I
b
:... ..:
I

Figura 4.30b

78
4.9 Stato di tensioni dovuto alle sollecitazioni di torsione
4.9.1 Introduzione
Le tensioni tangenziali nelle sezioni rette delle travi, oltre che dalla sollecitazione di
taglio, analizzata nel paragrafo precedente, sono provocate dalla sollecitazione di
torsione. L'azione torcente è presente in molte situazioni. Un esempio è quello di un
un albero di trasmissione. Inoltre in molte situazioni i carichi non sono applicati in
modo tale che la loro risultante passi per la linea dei centri di taglio della trave che,
di conseguenza, risulta anche sollecitata dall'azione di un momento torcente
secondario.

4.9.2 Torsione in una trave a sezione circolare


Si consideri una trave rettilinea di lunghezza l, caratterizzata da una sezione
circolare di raggio R. Supponiamo che alla trave siano applicate, in corrispondenza
delle estremità, due coppie torcenti di pari intensità, ma verso opposto, MT (figura
4.31 ). È intuitivo capire che quella considerata è una struttura simmetrica, caricata in
modo simmetrico. Si immagini infatti di effettuare un taglio in corrispondenza della
sezione che si trova sulla mezzeria della trave x.

I
, I
.,. I _,,-'
----;--
1

X :e

Figura 4.31.
È evidente che, per ragioni di equilibrio, le sezioni in corrispondenza del taglio
effettuato saranno soggette alle stesse coppie torcenti applicate alle due estremità
(come rappresentato in figura 4.31). Le due metà sono quindi simmetriche, dal punto
di vista geometrico e caricate in modo simmetrico. La simmetria della struttura
permette di asserire che:

79
. ·manoono piane anche a deformazione
/) Sezioni inizia/men/e piane r, ~

avvenula.
.. . t li sezioni rimangono rettilinei e radiali
2) Raggi inizialmenteretti1me1,su a •
anche a deformazioneavvenuta.
. . d c. • a seguito del momento torcente applicato,
Questo s1gn1ficache 1a e1onnaz1one,
·
avviene · ·da delle sezioni• l'una rispetto all'altra, attorno
med.1ante rotaz·ione ng1
all'asse longitudinale della trave.

D
Figura 4.32.

Con riferimento alla figura 4.32, si consideri un tratto infinitesimo di trave di


lunghezza dx. Come discusso in precedenza, la defonnazione consiste in una
rotazione "rigida" della faccia superiore rispetto a quella inferiore. Supponiamo
quindi che i punti che si trovano nel cerchio inferiore rimangano nella medesima
posizione, mentre i punti A e C della superficie superiore, a seguito della
deformazione della trave, si muovano in A' e C', rispettivamente.
Come conseguenza il rettangolo infinitesimo ABCD si deforma, divenendo il
parallelogramma A 'B'C'D' (figura 4.33).
T
A ... e e
r-------A' e
A
I
I
I

·! l·
I
I
~ I
I

IJ ... T D
/J = JJ' D = JJ'
Figura4.33.

80
Questo modo di deformarsi è tipico, come visto precedentemente, di una
deformazione a taglio puro, dove l'angolo di scorrimento y è pari all'angolo ABA'

e nell'ipotesi di piccole deformazioni y · dx sarà pari ai segmenti AA' e CC' .

È immediato notare che lo scorrimento y non è uniforme sull'intera sezione. Se si


considera infatti, anziché il punto C, che si trova sul perimetro della sezione, un

punto interno E, esso di muoverà in E', ed è intuitivo che EE' < CC' . Indicata con r

la generica coordinata radiale relativa al punto E, e con dS l'angolo al centro EOE'


si avrà:
- dS
dx·y= EE'=rdS->y= r-
dx (4.70)
dove dS/dx è l'angolo di torsione unitario (o per unità di lunghezza) ed è una

costante sull'intera sezione in virtù dell'ipotesi che sezioni piane si deformino


rimanendo piane.
In ipotesi lineare elastica la tensione tangenziale 7: è pari a:
dS
-r=G·y=G·r- (4.71)
dx
Inoltre, indicato con MT il momento torcente applicato esternamente, per equilibrio

si ha:

MT = t-r·rdA (4.72)

dove -r. dA è la forza tangenziale infinitesima.


Sostituendo nella (4.71) nella (4.72):

MT =J G ·r2 dS dA =G dSJ r2dA =G dS Jp (4.73)


A dx dx A dx

. d'1, essen do G-=-:


Qmn dS -r
dx r

(4.74)

dove J p = 2:. o4 . L'equazione (4.74) appena ricavata prende il nome di equazione


32
di Coulomb. È possibile osservare, da tale espressione, che le -r di torsione sono

81
( = O) e aumentano lineannente con la
Il, se della trave r
nulle in corrispondenzade as
4 34 . sterna dove il raggio vale R:
distanza radiale r (figura . ). sulla superfic1e
.h e
Il valore massimo delle 't si a
M
M = ___I. (4.15)
MT D _ ___L
'tmax = 1t 4 2 - 1t D3 WT
-D -
32 16

dove WT è detto modulo di resistenza a torsione.

t
T

Figura 4.34.

torsio ne unitario:
È facile inoltre ricavarel'espressioneper l'angolo di
S = dS = MT (4.76)
u dx GJp

unitario per la lungheu.a


mentre l'angolo totale si ottiene moltiplicando l'angolo
della trave L

S=S L= MT L
u GJp (4.77)

Il rapportotra il momentotorcentee l'angolo di torsio


ne prende il nome di rigideu.a
torsionale

KT = MT = GJp [Nmm]
S L rad (4.18)

4.9.3 Torsione in una trave a seZJ'onen . 1are


on
. circo
Il caso di sezioni non circolari ·
. . e notevolme
h"
nte più complicato e in generale non
esiste una soluzione esatta in fo
nna e rusa Infatti nel caso di una sezione

82
rettangolare, viene meno l'ipotesi formulata per le sezioni circolari secondo la quale
"sezioni inizialmente piane rimangono piane anche a deformazione avvenuta".
li problema è stato ampiamente studiato da Saint-Venant e risolto utilizzando
strumenti matematici estremamente sofisticati. Qualche anno dopo Lord Kelvin
arrivò formalmente alle stesse equazioni di Saint-Venant utilizzando l'analogia
fluidodinamica, osservando che le linee di flusso delle tensioni dovute a torsione
potevano essere interpretate anche come le linee di flusso di un fluido all'interno
della sezione. Circa 50 anni dopo le soluzioni di Saint-Venant, Prandtl propose un
metodo semplificato per ottenere delle soluzioni approssimate al problema della
torsione, utilizzando la cosiddetta "analogia della membrana".
In questo paragrafo il problema della torsione di solidi a sezione non circolare non
verrà affrontato in maniera rigorosa, ma verranno invece forniti solamente alcuni dei
risultati più salienti. Si consideri una sezione rettangolare di dimensioni L e t. La
massima tensione tangenziale dovuta alla sollecitazione di torsione si manifesta in
corrispondenza dei punti, appartenenti al perimetro della sezione, che si trovano più
vicini al centro della sezione (figura 4.35). Negli spigoli la tensione è invece nulla
per ragioni di equilibrio.

'te= 'tA· t/L

Z---· t

/
't=O

Figura 4.35.

L'andamento tens1ona· 1e rap presentato in figura 4.5 può essere inferito sulla base
• I'd ro d'mam1c
de li'ana 1og1a · a di Lord Kelvin. È intuitivo infatti capire che
. . . . fl 'd che ruota all'interno della sezione, l'andamento delle
1mmagmando d1 avere m u1 o
.
Imee . . h re quello rappresentato qualitativamente in figura
d1 flusso non puo c e esse .
4.36. È chiaro che il fluido avrà una vlocità maggiore in corrispondenza del lato più
lungo. La velocità sarà nulla invece al centro della sezione e negli spigoli.

83
! y
-_-_ -------,-
,,- ---------------~-
-_-_ .....,

I ! .,. ,.. ------,-------. I


I I I ' ----~----
I I
I I
I
I

z ____~~·-l-·~·-·-·i·-·-·-t-·1·-1-: ·-·-·- z
• I• I I ____ _.___
• - , .., I , i II
I'
\
-------;------
---_..._,--"'
---------.--------
,_______
I
;y

Figura 4.36.
La detenninazione quantitativa delle tensioni e dell'angolo di torsione unitario può
avvenire con le seguenti espressioniapprossimate:
Mt
'tmax = P-Mt2- S =a--
u GLt3
(4.79)
Lt
dove i parametri ae p dipendonodal rapportotra i lati del rettangolo (tabella 4.1)

Lit 00 IO 5 3 2.5 2 1.5


a 3 3.2 3.44 3.8 4.03 4.37 5.1 7.1
3 3.2 3.44 3.74 3.86 4.06 4.33 4.80
Tabella 4.1.

Si noti come nel caso in cui L>>t (rettangolomolto sottile) siano valide le seguenti
relazioni:
M S = Mt I 3
't =-lt Jt =-t L (4.80)
max Jt u GJi 3

Nel caso di sezioni composte da un numero discreto di rettangoli, quali ad esempio


le travi a doppia T, a C o a T, si avrà semplicemente :

'tmax
M,
=-J-ti,max IL 3
Ji=- 3 . L·t·
I I
(4.81)
l I

La -r è massima insorgequindi nel rettangolo di maggiore spessore.


Nell'equazione (4.81) il termine Li rappresenta la lunghezza delle linea media del
singolo tratto di sezione di spessoreti (figura 4.38).

84
L1 t,/2

-.----y...,..:--~--+-
·-r
·-·-·-··
'----,-
~==.:;:::-.
.J.
·-f
-1:"=:::::::s:!:t"
t2/~; !+-- L3 ti2
y

Figura 4.38.
Il flusso delle tensioni tangenziali dovute alla torsione su una trave con sezione a
dioppia Tè rappresentato qualitativamente in figura 4.39.

t=O t=O
"~~~~-/

Figura 4.39.

4.9.4 Trave a parete sottile soggetta a torsione


Si consideri una trave soggetta a torsione caratterizzata da una parete sottile, ovvero
da una sezione cava con spessore molto ridotto rispetto alle dimensioni trasversali
deJla trave e variabile (figura 4.40). Per equilibrio:

M1 =t t r dA =fr t ds t (4.82)

dove tè la tensione tangenziale dovuta all'azione torcente, ds è la coordinata


curvilinea e t è lo spessore. Sia la tensione che lo spessore variano con l'ascissa
curvilinea s. Tuttavia il loro prodotto, t t, detto flusso di tensione è costante,
indipendentemente dalla coordinata curvilinea s. Ovviamente se lo spessore è

85
. 1e a d"ire c he le tensioni sono costanti. La relazione (4.82) può
costante questo equ1va
quindi essere riscritta come:
(4.83)
M, =t t frds
dove rds è il doppio dell'area del triangolo infinitesimo che ha il vertice in

corrispondenza del baricentro della sezione.

I
r•I I·' I
1• I
't 'G I
I
I
I
I
._ _______
_ _____
., ,,
I

't

Figura 4.40.
In definitiva:

Mt =t t 2 A• (4.84)
dove A* è l'area interna alla linea media (linea tratteggiata in figura 4.40). 11valore
medio della t risulta espresso dalla seguente relazione, detta equazione di Bredt:
M
t= t (4.85)
2 t A•

valida anche in presenza di t variabile lungo l'ascissa curvilinea s. Nel caso di


spessori variabili, le tensioni tangenziali sono massime in corrispondenza dello
spessore minimo.
Si consideri ora un tratto di trave di lunghezza unitaria, L= l m. Sfruttando il teorema
di Clapeyron è possibile legare il lavoro fatto dal momento torcente e l'energia di
deformazione nel volume della trave:

(4.86)
Essendo la trave di lunghezza un1'tar·1a mtegraIe d'I volume s1· potrà scrivere
, 1•· · come
un'integrale riferito alla sezione

(4.87)

Sostituendonell'equazione precedente la 't fornita dall'equazione di Bredt e dA= tds


si ottiene:

l M 2
M t 0u = G J(2A !t f t ds (4.88)

I parametri M, e A• non dipendono da ds in quanto sono caratteristici dell'intera


sezione.Quindi:

2
M e =
t u
Mt
.2
Jds
t (4.89)
4GA

J
Se lo spessore tè costante, l'integrale ds restituisce Lm , dove Lmè la lunghezza
t t
della linea media, ovvero la lunghezza del perimetro che delimita l'area media.
L'angolo unitario di torsione vale quindi, in tal caso:

eu-- Mt Lm (4.90)
4GA.2 t

Se lo spessore t è invece costante tratti (cosi come avviene sulle travi a cassone) si
avrà:

(4.91)

dove ti è lo spessore del tratto i-esimodi lunghezzamedia L1.

4.10 Centro di taglio di una sezione a C


Si consideri la sezione a e soggetla a taglio mostrata in figura4.41. Sulla base delle
trattazioniper le tensioni tangenziali dovute al tagli viste nei precedentiparagrafi è
possibilescrivere:

87
(4.92)

Centro di

ta~I h
--------
1
I
I

I
I
I
I

:~
b
...
I

Figura 4.41.

Le risultanti delle tensioni di taglio sulel ali, .F;, possono essere detenninate come:
= J'tzxdA =J
F1 'tzxtdx =tJ-rzxdx
(4.93)
=(-r1 b)t = Tb2h t
2 4Jzz

mentre F2 =T per ragioni di equilibrio.


Supponiamo ora di voler detenninare il punto in cui la forza T applicata fornisceun
momento nullo; tale punto prende il nome di centro di taglio.
Detta L la distanza tra il centro di taglio e la linea media dell'anima, l'equilibrioalle
rotazioni rispetto al centro di taglio risulta:

F2ILI
= 2F1I~ (4.94)

da cui si ricava immediatamente:

(4.95)

88
È chiaro quindi che qualora la retta d'azione dello sforzo di taglio non passi per il
centro di taglio, ne sarà indotto, come conseguenza, un momento torcente:
(4.96)
dove e rappresenta il braccio del taglio rispetto al centro di taglio.
Con considerazioni analoghe è facile dimostrare che per una sezione dotata di
doppia simmetria (come una trave a cassone o a doppia T) il centro di taglio
coincide con il baricentro. Il quel caso l'eccentricità del taglio va misurata quindi
come distanza baricentrica.
Neri caso invece di una trave a T, la posizione del centro di taglio può essere
determinata con il procedimento visto in precendenza per la trave a C. In
quest'ultimo caso, il centro di taglio cade ne11'intersezionede11elinee media, come
rappresentato in figura 4.42.

,Y

I
I
---+-i !+--ti/2
I

Figura 4.42.

89
5
Stati di tensione complessi

5.1 La legge di Hooke generalizzata


Nel paragrafo 4.2 si è visto come nel caso di uno stato di tensione monoassiale (una
sola componente di tensione) tensioni e deformazioni siano legate dalla legge di
Hooke cr = E e dove E è il modulo elastico longitudinale del materiale.
In generale, però, su un punto di un componente può essere presente uno stato di
tensione complesso con sei diverse componenti di tensione indipendenti crx,cry,Gz,
'txy, 'txz e 'tyz (figura 5.1). In virtù della reciprocità delle -r sappiamo inoltre che

'txy = 'tyx, 'txz = 'tzx e 'tyz = 'tzy ·

,,
O'
AI
I
zx
X

Z,'
, I
•y
Figura 5.1.
Nel caso in cui lo stato di tensione sia complesso, tensioni e defonnazioni sono
legate fra loro dalle leggi di Hooke generaliu.ate (equazioni di Lamè), valide in

campo lineare elastico:

Ir )l Ira v'a +a
E1=-LCJI-v,a2 + CJ3'J E2 =-r 2 - \: I 3)l'J E3=..!._ra3-v'a,+a2)l (5.l)
I
Et \: ~
E E

91
dove E è il modulo elastico del materiale, v il coefficiente di Poisson e in
. . , generate
1,2,3 rappresentano le coordinate ortogonali d1 una terna destrogira.

5.2 Rappresentazione degli stati di tensione mediante i cerchi di Mobr


5.2.1 Trattazione generale
Nella massima generalità, un punto P all'interno di un componente, sollecitato
dall'esterno, può essere caratteriu.ato da uno stato di tensione complesso
esprimibile, utiliu.ando la notazione di Voigt, con la seguente matrice:

(5.2)

Si noti come possano essere presenti tre componenti normali di tensione, cr , e tre
componenti tangenziali T _Questo avviene quando le tensioni sono espresse in un
.
generico sistema di riferimento. Tuttavia, esiste un riferimento particolare, detto
sistema di riferimento principale, rispetto al quale sul punto del componente
considerato agiscono solamente tre tensioni normali, mentre le tensioni di
tangenziali sono identicamente nulle (figura 5.2).

___,ç
->
,
z,, ,
I
I
I
•y
Riferimento generico Riferimento principale

Figura 5.2.
Tale riferimento si ottiene per rotazione di un certo angolo rispetto al riferimento
iniziale. Le componenti di tensione cr1, cr2 , cr3 , riferite al sistema di riferimento

principale sono dette tensioni principali. Uno strumento molto efficace per
determinare le tensioni principali è costituito dai cerchi di Mohr.

92
Si consideri uno stato piano di tensione e · . . . .
. s1 mettano m gioco le relaz1om che
Pennettono d1 legare le tensioni espre sse m · d .
ue sistemi di coordinate differenti
(x,y,z) e (x',y',z'), dove il secondo risulta ruotati rispett I . d" I n
o a primo I un ango o a
(fighura 5.3).
y
x'
y' '\, , ,11
'' , ,,
'' ,,
'' ,,
''
'' ,,' 8
'' ,
X

Figura3.8.
Tale equazioni sono fonnalmente simili alle (3.32-3.34):
2n 2
cr= cry cos "(7 + crx sen S- 2't xysen S cos S (5.3)

't =-sen Scos s(crx -cry )+'txy (cos2 S -sen 2 S) (5.4)

Utilizzando le fonnule trigonometriche di duplicazione e riarrangiando è possibile


riscrivere le precedenti equazioni come:

O"x+cry O'x -cry ·


cr----= +----"-cos2S+'txy sm2S (5.5)
2 2
cr -cr
't = x Y sin20+'txy cos29 (5.6)
2

Infine, quadrando e sommando:

( cr
crx + crYJ2
2 +'t
2= ( crx -2 crY]2+(txy\2
J
(5.7)

L'equazione· (5.7) rappres enta l'equazione di un cerchio in un piano di coordinate


( cr, 't ), detto piano di Mohri, di centro (figura 53 ):

(5.8)

e raggio:

93
2
R=
O"x -O"y )
( --~ +'txy2 (5.9)
2

Tale cerchio viene detto detto appunto cerchio di Mohr, e permette di rappresentare
graficamente tutti i possibili stati di tensione agenti su un punto di un componente
(figura 5.3).
Si noti come il cerchio di Mohr passi per i punti lcrx;'txy), lcry;'txy), lux;•yx},

CTYt TP

cr2 cr1
-----+
TP CTZ e CT
Tqt
-----+
'txy = -'tyx

Figura 5.3

Si noti inoltre come, le intersezioni del cerchio di Mohr con l'asse delle ascisse
rappresentino una condizione in cui sul componente non sono presenti tensioni
tangenziali -r. Le componenti di tensione indicate con cr1 e cr2 sono quindi le

tensioni principali i cui valori potranno essere ottenuti sommando e sottraendo al


centro del cerchio di Mohr il suo raggio:

(5.10)

Le tensioni principali sono indicate con dei pedici numerici progressivi (da l a 3, al
più si potranno infatti avere tre tensioni principali). Le tensioni principali, per
convenzione, sono "ordinate" per valore, quindi si avrà cr1 > cr2 > cr3 •
È importante, a questo punto, effettuare un'ulteriore osservazione; le due tensioni
principali CJ1 e <12 e le due tensioni <rx e cry, si posizionano nel piano di Mohr

lungo una linea. L'angolo tra le due tensioni è dunque, nel piano di Mohr, pari a

94
1so
0 • Tuttavia nel
piano fisico le tensioni 0
e cry sono, per definizione, tra di loro
x
ortogonali e formano quindi un angolo di 900 Q . .
. · uesta semplice osservazione
pennette d1 astrarre una proprietà estrema .
. mente importante della rappresentazione
grafica appena descritta: nel piano di Moh t .
r g I angoli vengono raddoppiati rispetto
al piano fisico.

Riferimento Riferimento
generico principale
Figura 5.4.

È chiaro quindi che se, con riferimento alla figura, indichiamo con 20 l'angolo
compreso tra il punto A, che fa riferimento allo stato di tensione generico, e il punto
B, che fa riferimento invece allo stato di tensione principale, per ottenere nel piano
fisico la direzione principale /, ed eliminare quindi le tensioni tangenziali sarà
sufficiente ruotare l'elemento infinitesimo di un angolo pari a 8 misurato,
nell'esempio considerato, rispetto alla direzione x. Sulla base di considerazioni di
carattere geometrico (figura 5.4), la tangente dell'angolo 28 sarà pari a:

2'txy
Tan20=-~- (5.11)
0'x -O'y

'.ry

B cr

Figura 5.5.

eome ultimo commento è Possl


.bi"le osservare che, in virtù del principio di
reciprocità delle tensioni tangenziali, è sufficiente disegnare solamente un

semicerchio di Mohr (figura 5.5) , pur continuando ad essere questa una

95
. fi tiva dello stato di tensione agente su un punto dì
rappresentazione gra ca esaus . . . un
resentati in questo modo I tre cerchi, non s1 parla d'
componente. Se sono rapp ,
cerchio ma di arbelo di Mohr.

5•2•2 Cerchi di Mohr per una trave soggetta a sforzo normale


. "d · trave rettilinea soggetta a sforzo normale di trazione (figura 5.6)
S1cons1 eri una ·

N .,__ LI _____ ___.I-+


N

Figura 5.6.

Come noto lo stato di tensione è uniforme sull'intera sezione e pari crx = ~ . Tutte

le altre componenti di tensione sono nulle (non sono presenti tensioni tangenziali e
cry =O). Uno stato di tensione siffatto è detto monoassiale. Tutti i punti della

sezione sono caratterizzati dallo stesso stato tensionale e quindi dallo stesso cerchio
di Mohr. Non essendo presenti t, il riferimento (x, y) è dunque un riferimento
principale. Il cerchio di Mohr è quello rappresentato in figura 5. 7 che passa per i
punti di coordinate (crx, O)e (O,O) .

Du
o
A
~
u,: ---4 (J

Figura 5.7.

96
Se l'elemento infinitesimo fosse ruotat .
o, a partire dalla posizione attuale, di 45° si
otterrebbe lo stato tensione rappresentat d 1
0 a punto B del cerchio di Mohr, dove è
presente la massima tensione tangenziale ax
, 1 max , e una tensione normale a= -
2
(figura 5.8).

ax
2
-- (J' r
'mar 2

2
Figura 5.8.
Si consideri ora una trave rettilinea soggetta a sforzo normale di compressione
(figura 5.9).

N _____..__I_____ ___.I +- N

Figura 5.9.
Valgono tutte le considerazione fatte per il caso precedente, con l'unica variante che

la tensione normale cr =N è di compressione e quindi negativa (figura 5.10).


X A

o
Figura 5.1O.

97
5.2.3 Cerchi di Mohr per una trave a sbalzo soggetta flessione
pura
Si consideri una trave incastrata soggetta ad una coppia concentrata applicata
sull'estremità libera, come rappresentato in figura 5.11.

~m u"""'

1--l---·------·-·------------------~-
- u_

Figura 5.11.

Le fibre che si trovano al di sopra dell'asse neutro sono in trazione e risultano


soggette a una sola tensione nonnale (stato di tensione monoassiale) pari a

ux =~y. Il cerchio di Mohr è quindi simile a quello dello sforzo nonnale di


Jzz
trazione ma cambia di dimensione in funzione della distanza dall'asse neutro. li
diametro massimo del cerchio si ha per i punti alla massima distanza dall'asse
neutro. Se un punto appartiene all'asse neutro il cerchio invece degenera in un
punto.
Le fibre che si trovano al di sotto dell'asse neutro sono invece in compressione e
risultano soggette a una sola tensione nonnale (stato di tensione monoassiale) pari a

O"x =-~y. Il cerchio di Mohr è quindi simile a quello dello sforzo nonnale di
Jzz
compressione ma, come nel caso precedente, cambia di dimensione in funzione della
distanza dall'asse neutro.

5.2.4 Cerchi di Mohr per una trave soggetta a puro momento


torcente

Si consideri un punto di una sezione di una trave in cui agisce solamente una
sollecitazione di torsione. Come spiegato nel paragrafo riguardante la torsione delle
travi, questa sollecitazione induce esclusivamente una tensione tangenziale ti,

· d"1
· centro del cerchio
mentre non agiscono tension·1 nonna 1·I a. eonseguentemente, ti

98
1.Aohrè nell'origine e il raggio del cerchio è p · . . . ,
1v• ari proprio a 't 1• Lo stato d1 tensione e
.
quindi biassiale, con due tensioni principali ugua1.I ed opposte, ciascuna .
m modulo
ari a -r1 (figura 5.12) Nel piano fisico led" · . . . . sono quindi ruotate di
p irez10m prmc1pah
±nl 4 rispetto alla configurazione di partenza.
T

Figura 5.12

5.2.5 Cerchi di Mohr per una trave a sbalzo soggetta flessione


composta

Nel caso di una trave soggetta a flessione composta lo stato di tensione è variabile
nella sezione. I cerchi di Mohr saranno quindi diversi al variare della posizione del
punto che si considera nella sezione. A titolo esemplificativo, si considerino quindi i
quattro punti mostrati in figura 5.13 e si traccino i cerchi di Mohr.

Figura 5.13

PuntoA
Il punto A si trova sulla superficie superiore della trave, dove le tensioni dovute allo
sforzo di taglio sono nulle per definizione, mentre l'unica tensione normale è quella

dovuta a flessione (positiva, fibre tese) crx = ~~ = crrmax. Il riferimento di calcolo

è quindi un riferimento principale (figura 5.14). Inoltre, lo stato di tensione è


non nulla.
. essendo presente una so la te nsi·one principale
monoass,a/e,
e
--4-cr-2=0-::---+----------r:u
Figura 5.14
Punto B
. Il ficie inferiore della trave, dove le tensioni dovute allo
Il punto B s1 trova su a super
. - ulle per definizione mentre l'unica tensione normale è quella
sforzo dI tag 110 sono n ,

· ( t· fib"'e compresse) cr = - M f • Il riferimento di calcolo


dovuta a fless10ne nega 1va, • x wr
(o di lavoro, che dir si voglia) è quindi un riferimento principale (figura 5.15).
Inoltre, lo stato di tensione è monoassiale, essendo presente una sola tensione

principale non nulla.

'f

e u

Figura 5.15

Punto C
Il punto C si trova sull'asse neutro di flessione, dove la tensione dovuta a flessione è
nulla per definizione. La tensione di taglio è invece massima. Conseguentemente il
centro del cerchio di Mohr è nell'origine e il raggio del cerchio è pari proprio a 'ttag1io
(figura 5.16). Lo stato di tensione è quindi biassiale, con due tensioni principali
uguali ed opposte, ciascuna in modulo pari a 'ttag1io· Nel piano fisico le direzioni
principali sono quindi ruotate di ±1t/ 4 rispetto alla configurazione di partenza.

100
T

Figura 5.16

PuntoD
II punto non si trova ne su una superficie della trave ne sull'asse neutro. In generale
in D agisce sia una componente di tensione normale dovuta a flessione, a x ,
(positiva, perché il punto è collocato al di sopra dell'asse neutro) sia una
componente di tensione tangenziale dovuta al taglio, t1aglio· Il cerchio di Mohr è
quello rappresentato in figura che passa per i punti di coordinate (ax, ttaglio) e

(O,'ttaglio) ·
T

Figura 5.17

Figura 5.18

Lo stato di tensione è quindi biassiale, con due tensioni principali diverse da zero
(figura 5. J7). Nel piano fisico, è necessario quindi effettuare una rotazione di un
generico angolo 0, per avere la direzione / rispetto alla direzione assiale x (figura
5.18).

101
5.2.6 Lince isostatiche di trazione e di compressione
Le linee isostatiche di trazione e compressione permettono di individuare
rispettivamente la direzione della tensione principaledi trazione e di compressione.
Si consideri una trave soggetta a flessione composta (figura 5.19) e si faccia
riferimento a un generico punto P che si suppone collocato, inizialmente, sulla
superficie suoperiore della trave.

!F
l·. p

-·-·-·-·-·-·-·-·-·-·-·+>
Figura 5.19.

Sappiamo che in quel punto è sicuramente presente solo la cr di flessione positiva(e


la direzione parallela all'asse della trave è la direzione principale di trazione; infatti
le crr sono normali alla superficie).

Nei punti che si trovano invece in corrispondenza dell'asse neutro di flessione la


direzione principale è invece inclinata di 45°.
Infine, considerato un punto collocato sulla superficie inferiore, sarà presente
solamente una udi compressione. Dunque la direzione parallela all'asse, sulla
superficie inferiore, è la direzione principale di compressione. La direzione
principale di trazione è ortogonale ad essa. l'isostatica di trazioneha dunque, nella
trave a sbalzo soggetta a flessione composta, un andamento come quello in figura
5.20.

1~~-4--;4~. --·-_____;·---r
Figura 5.20.

L'isostatica di compressione si ottiene con medesimi ragionamenti ed è


rappresentata in figura 5.21.

102
l;r---·-----1-r---r-1--r-1-~-
- -r
Figura 5.21.
Osservazioni:
a) Le isostatiche ( di trazione o di compressione) non forniscono i moduli delle
tensioni, ma solamente la direzione (potrebbe anche essere nulla la tensione, ma
se non lo fosse avrebbe quella direzione).
b) Le isostatiche di trazione e di compressione, nelle loro intersezioni, sono
sempre ortogonali tra loro.

5.2.7 Cerchi di Mohr nel caso di uno stato di tensione triassiale


Tutte le considerazioni fatte nei paragrafi precedenti, relative ad un singolo piano,
possono essere ripetute in altri due piani ortogonali ad esso (figura 5.22).
T

Figura 5.22

Tuttavia, per ovvi motivi, queste tre rappresentazioni non possono essere
indipendenti, dato che nello spazio al più possono esistere tre tensioni principali.

Figura 5.23

Questo significa che, ne I caso Pl·u· generale possibile, lo stato di tensione è


univocamente determinato da tre tensioni principali, cr1,cr2 ,cr3 e la

103
.
rappresentazione ·
su1piano d"1 Mohr e·quella in figura 5.23. Si noti come sia presente
. pm
un cereh10 .. estemo e a Itri·due cerchi, di raggio minore, inscritti in esso.

5.3 Criteri di resistenza


5.3.1 Introduzione
Come decritto nei paragrafi precedenti, raramente i componenti meccanici sono
soggetti ad uno stato di tensione semplice monoassiale. Molto più spesso essi sono
soggetti a stati di tensione complessi (multi assiali) causati dalla compresenza di
sollecitazioni di diversa natura. Di norma, però, le proprietà di resistenza dei
materiali sono determinate sulla base di prove monoassiali, come ad esempio la
prova di trazione, che permette di ricavare due tensioni limite, la tensione di
snervamento e la tensione di rottura.
I criteri di resistenza consentono di sintetizzare la criticità di uno stato generico di
tensione, mediante una tensione monoassiale, chiamata tensione equivalente e
indicata con O"eq,che potrà essere confrontata direttamente con la tensione limite del
materiale.
Esistono diversi criteri di resistenza per i materiali che si distinguono sulla base
della grandezza che si assume controlli il cedimento del materiale.
In generale, per formalizzare in maniera corretta un criterio di resistenza, è possibile
seguire il seguente procedimento:
I. Si individuala generica grandezza, fJ/,che si assume controlli il cedimento del
materiale;
2. Si esprime suddetta grandezza in funzione delle tensioni principali, 'P= f (u1,
U2, U3),'

3. Si particolarizza la relazione ottenuta al punto 2 con riferimento ad un caso di


tensionemonoassiale(u2 = Oj = O);
4. In relazione al caso di tensione monoassiale precedentemente determina/o, si
assume una condizione di incipiente cedimento, uguagliando la tensione
principale monoassiale u, al valore limite del materiale, uL; in questo modo è
possibile determinareil valore limite della grandezza critica considerata, IP,,;

104
5. Noto il valore limite ottenuto nel punto 4, è possibile determinare, a partire
dalla relazione scritta al punto 2, 'P=J (<T1, u 2, uJ), l'espressione della tensione
equivalente.

5.3.2 Criterio della massima tensione tangenziale (Guest-Tresca)


Il criterio di Guest assume che la grandezza che controlla il cedimento del materiale
sia la massima tensione tangenziale di taglio, •max (figura 5.24).
L'enunciato del criterio può essere formulato come segue:
"In un punto di un componente soggetto a uno stato di tensione triassiale, si
raggiungono le condizioni critiche per il cedimento quando la massima tensione
tangenziale assume un valore limite caratteristico del materiale" .
"[

Figura 5.24

Dopo aver fonnulato l'ipotesi di rottura si esprime il legame tra la 't massima e le
· · pnncrpa
tensrom · · 1·1. Con riferimento alla figura, considerando il cerchio di Mohr più

esterno si ha:

(5.12)

dove 'tL rappresenta il valore limite della •max·

La relazione precedente può ora essere particolarizzata per il caso monoassiale

(cr2=cr3=0):

0"1 (5.13)
•max=-
2

105
In condizioni di incipiente cedimento, la tensione CJ1 assume il valore limite
caratteristico del materiale (determinabile ad esempio da una prova di trazione) cr1,e
la 'tmax raggiunge il suo valore limite, 't1,. Sotto questa ipotesi è possibile determinare

(5.14)

Si noti come, nel caso degli acciai e delle leghe leggere di alluminio la t di
snervamento ottenuta sperimentalmente sia circa 0.6 volte la O'sn, superiore quindi
del 20% a] valore predetto da1la relazione precedente, 'tsn=0.5 O'sn·

Noto il valore limite per ]a 'tmax, la relazione iniziale può essere riscritta nella forma

(5.15)

Questa relazione permette di determinare l'espressione della tensione equivalente


secondo Guest:

(5. 16)

che risulta quindi pari alla differenza fra la tensione principale massima e la tensione
principale minima. Questa grandezza andrà poi confrontata con la tensione 0'1, del
materiale valutata con una prova di trazione, in modo tale da poter esprimere un
giudizio sulla resistenza del componente nel punto considerato.
Si supponga che la tensione principale cr2 sia nulla (stato piano, o biassiale, di
tensione), e che invece altre due tensioni principali cr1 e cr3, siano diverse da zero.
L'obiettivo dell'analisi che segue è quello di effettuare in un piano CJ1-cr 3 una
rappresentazione grafica della curva limite di incipiente cedimento. Per farlo,
verranno analizzati in maniera indipendente i quattro quadranti che possono essere
individuati nel suddetto piano.

Primoquadrante
Nel primo quadrante le tensioni CJ1 e cr3 sono entrambe positive. Il cerchio di Mohr
più esterno passa quindi per l'origine (dato che cr2 = O) e per la tensione principale
massima (figura 5.25). L'equazione della curva limite è quindi:

106
(J'

Figura 5.25.

Figura 5.26.

Secondoquadrante
Nel secondo quadrante O'i é negativa e cr3 positiva. Il cerchio di Mohr più esterno
pasa quindi per cr1 e cr3 (figura 5.26). L'equazione della curva limite è quindi una
retta con coefficiente angolare -1 :

(Jcq=03-01 =01, ~03 =0'1, +CJ1

Con considerazioni analoghe è facile evincere che:


Nel teno quadrante (dove sia O'i che a 3 sono negative) l'equazione della curva
limite è

107
CJeq = -cr 1 = +CJL per cr 1 < cr3 (al di sopra della bisettrice del quadrante)

CJeq =-CJ3 =+CJL per (J 3 < (JI ( al di sotto della bisettrice del quadrante)

Nel quarto quadrante invece (dove CJ1 è positiva e CJ3 negativa) L'equazione della

curva limite è la retta:

Disegnandoi vari tratti della curva limitecosi ottenutasi ottiene la rappresentazione


della condizionedi incipientecedimentosecondoil criteriodi Guest (figura5.27).

.': ' '..',, ,,',


.' 0.5CJL

Figura 5.27.

I punti che si trovano a11'intemodell'area cosi individuatarappresentano condizioni


di "sicurezza",ovvero condizioniin cui il componentenon va incontro a cedimento.

Infineper completarel'analisi, nel caso di uno stato di tensione biassiale, è possibile


esprimere la tensione equivalente in funzione delle generiche componenti di
tensione O"x, O'y'txy e 'tyx. Sostituendo infatti nella definizione della tensione
equivalentele relazioniche legano le componenti generiche e le tensioni principali:

O'x +O'y
O'J=--~+ crx -cry ] 2 2
( 2 +'txy (5.17)
2

108
(5.18)

è possibile ottenere:

(5.19)

Quando cry==O
si ha:

(5.20)

5.3.3. Criterio della massima densità di energia di deformazione


totale (Beltrami)
Il criterio di Beltrami è un criterio di natura energetica e assume che la grandezza
che controlla il cedimento del materiale sia la massima densità di energia di
deformazione totale.
L'enunciato del criterio può essere formulato come segue:
"In un punto di un componente soggetto a uno stato di tensione triassiale si
raggiungono le condizioni di incipiente cedimento quando la densità di energia di
deformazione totale raggiunge un valore limite, caratteristico del materiale."
In uno stato di tensione triassiale la densità di energia di deformazione può essere
espressa in funzione delle tensioni e delle deformazioni principali:

Et = ..!..(cr1E1
+ cr2E2+ 0"3E3)
2 (5.21a)
= 2~ { af +al+aj-2v~, a2 +a2a3 +a,a,)
}
Mettendo in gioco le leggi di Hooke generalizzate:
I
e, =-[cr, -v(cr 2 +cr3)]
E
I (5.21b)
E2=-[cr2-v(cr1 +cr3)]
E
I
&3= E [cr3 -v(cr 1+cr2)]

il criterio può essere formalizzato come:

109
(5.22)

dove EL rappresenta il valore limite della densità di energia di deformazione.


La relazione precedente può ora essere particolarizzata per il caso monoas.
s1ale

2
cr1
Et=- (5.23)
2E

In condizioni di incipiente cedimento, la tensione cr1 assume il valore limite


caratteristico del materiale (determinabile ad esempio da una prova di trazione)aLe
la Et raggiunge il suo valore limite, EL, Sotto questa ipotesi è quindi possibile
determinare EL:

(5.24)

Noto il valore limite per la E.,la relazione iniziale può essere riscritta nella fonna

(5.25)

È evidente come l'intera espressione fra parentesi quadra possa essere interpretata
come una tensione equivalente monoassiale elevata al quadrato. Quindi:

(5.26)

Questa grandezza andrà poi confrontata con la tensione crL del materiale valutata con
una prova di trazione, in modo tale da poter esprimere un giudizio sulla resistent.a
del componente nel punto considerato.

S.3.4 Crit~rio . della massima densità di energia di deformazione


. _de':latonca(von Mises) .
11criterio di natura energetica più comunemente utilizzato nella pratica è il criterio
di von Mises. Esso assume che non sia la densità di energia totale a provocare il
cedimento del materiale, ma piuttosto solamente la sua quota parte che provoca

1IO
Variazionidi forma a parità di volume. Questa fraz,·one d 11 d ·t· d' . tal
, e a ens1 a I energia to e
è definita densità di energia deviatorica (E ) I a ta . è 1
d • ., quo parte rimanente a
Componente idrostatica che provoca invece solo va · · · d" 1 ·t·
' , riaz1om I vo urne a pari a
forma(Ei)-

(5.27)

L'enunciato del criterio può essere fonnulato come segue:


"In un punto di un componente soggetto ad uno stato di tensionemu/tiassialesi
raggiungonole condizioni di incipiente cedimentoquando /a densità di energia
deviatoricaraggiunge un valore limite caratteristicodel materiale."
Si consideri un cubo infinitesimo di materiale; affinché esso si deformi mantenendo
la propri forma (e quindi subisca esclusivamente una variazione di volume) esso
deve essere soggetto a tre tensioni normali uguali, cr, applicate su tutte le facce.
Uno stato di tensione siffatto è detto idrostatico. Applicando la definizione di densità
di energia di deformazione si ottiene:

- Jcr2
Ei=~[cr-2v(3cr)]=-(1-2v) (5.28)
2E 2E

Dato un generico stato di tensione triassiale è sempre possibile individuare una


tensione idrostatica cr definita come la media delle tre tensioni principali:

(5.29)

Quindi:

E;= 2~ [(af+~ +~ )I-32v +("1"2 +a,a,


+cr,a,)2~4v l (5.30)

·
La componente dev1atorica· della dens1·t·a d"1 energia di deformazione si ottiene
. · a Ila densità di energia totale si:
sottraendo la componente 1drostat1ca

+ai +oj f 1-~)+{a,cr2 +cr2<r3


Ed=_l_[(o-f +cr1
cr3{-2v-2~4v)] =
2E \ 3

= ~
3E ~
+ai +aj )-{a,<r2+cr2<r3
~cr? +cr1
cr3)]

111
(5.31)

La relazione precedente può ora essere particolarizzala per il caso monoassialc

(O'}'=<J3=0):

l+v 2 (5.32)
Ed =--a1
3E

In condizioni di incipiente cedimento, la tensione <J1 assume il valore limite


caratteristicodel materiale (detenninabile ad esempio da una prova di trazione) cri.e
Sotto questa ipotesi è quindi possibile
la Ed raggiunge il suo valore limite, Ec1,L·
determinare Ec1,L:

l+v 2 (5.33)
EdL =--aL
' 3E

Il criterio di von Mises (Ed<Ec1,L)


può essere quindi riscritto nella forma seguente

(5.34)

È evidente come l'intera espressione fra parentesi quadra possa essere interpretata
come una tensione equivalente monoassialeelevata al quadrato. Quindi:

(5.35)

Si supponga ora che la terysioneprincipale 0"2 sia nulla (stato piano, o biassiale, di
tensione), e che invece altre due tensioni principali a 1 e a 3, siano diverse da zero.
L'obiettivo dell'analisi che segue è quello di effettuare in un piano a 1-<r 3 una
rappresentazione grafica della curva limite di incipiente cedimento. La tensione
equivalente diventa:

O'eq= Jaf+crj -<JI <J3 (5.36)

La curva limite si ottiene imponendo ai=aL 2• Ne deriva la seguente forma


quadratica per la curva limite:

(5.37)

112
che rappresenta l'equazione di un'etr
isse con asse ma . .
bisettrice del primo e del terzo quad ggiore orientato secondo la
. . rante (figura 5.28).
Le intersez1om con gli assi valgono +
. . -crL e rappresentano 1· casi. monoassiali.
L'intersezione con la bisettrice del prim d
0 e e 1terzo q d
. d . ( _ . ua rante rappresenta il caso di
tra210ne oppia cr1-cr3=crL) e d1 compressione d . (
oppia cr1=cr3==-crL).

Figura 5.28.

Le intersezione con la bisettrice del secondo e del quarto quadrante si ottengono da


semplici considerazioni:
Nel secondo quadrante cr1 é negativa e cr3 positiva. L'intersezione con la
bisettrice si ha quindi quando cr3 = - cr1• Sostituendo nell'equazione dell'ellisse
di ottiene:

3crj = cri:,~ cr3 = -cr 1 = crL/ Jj =0.58crL;


Analogamente, nel quarto quadrante cr3 é negativa e cr1positiva. L'intersezione
con la bisettrice si ha quindi quando cr3 = - cr1. Sostituendo nell'equazione

dell'ellisse di ottiene:

3crf = crt, ~ cr1 = -cr 3 = crL/ Jj =0.58crL


Noti i punti di intersezione con gli assi principali e con le bisettrici dei quadranti è

possibile disegnare in maniera accurata l'ellisse.


La zona di sicurezza si trova all'interno della curva limite.

113
È interessante notare come per valori di o-3 compresi fra O e O'L la tensione cr po
1 ssa
superare il valore limite monoassiale.
Mettendo inoltre a confronto la curva limite ottenuta dal criterio di von Mises con
quella di Guest, è evidente come il criterio di von Mises sia meno cautelativo per un
generico stato piano di tensione (figura 5.29). Nei casi monoassiali, nella trazione
doppia e nella compressione doppia i due criteri invece coincidono.

von Mises
/

Figura 5.29.

Infine, in analogia con quanto fatto per il criterio di Guest, nel caso di uno stato di
tensione biassiale, è possibile esprimere la tensione equivalente in funzione delle
generiche componenti di tensione O'x, O'y 't'xy e 't'yx. Sostituendo infatti nella
definizione della tensione equivalente le relazioni che legano le componenti

r
generiche e le tensioni principali:

O'x + cry
O'J = + ( "x-a, +txy 2 (5.38)
2 2

CJ3=
CJx+cry
2
("x-a,
2 r +txy
2
(5.39)

r
Posto:

O'x +cry
A= B= ( "x-a,
2 +txy
2 (5.40)
2

114
le tensioniprincipalipossono essere . .
riscrittecome:
c,-1 ::::A+B cr3 =A-B
(5.41)
Quindi:
crf::::
A 2 + 8 2 + 2AB 2
cr3 =A
2
+B2-2AB
Sostituendole (5.42) nella (5.36) si ottiene:

(5.43)

Nelcaso in cui cry=O l'espressione si·sempJ"fi


I ca

(5.44)

Infinein un caso di scorrimentopuro (,.. _ -o) SI. ha


vx-O'y-

(5.45)

Quandola crcqeguaglia la crL si ha:

(5.46)

Questarelazione è in ottimo accordo con i dati sperimentalirelativiagli acciaie alle


legheleggere di alluminio se si assumecome condizionelimitelo snervamentodel
materiale.

5.4 Caratterizzazione meccanica statica


Per caratterizzazione meccanica statica si intende la determinazionedelle costanti
lineari elastiche e di resistenza che caratterizzano il comportamentomeccanico
staticodi un detenninato materiale.
Nel caso di materiali isotropi le costanti elastichesono tre, G, v, E, di cui solamente
due sono indipendenti. Per quanto riguarda invece le proprietà di resistenza,
tipicamentele grandezze di interesse sono la tensionedi rottura,O'R, e la tensionedi
snervamento, vsn•
,..

115
li comportamento statico avviene normalmente con una prova monoassiale di
trazione eguita su provini di geometria normata. Un esempio di geometria spesso
utilizzata è il provino a "osso di cane" (dog bone), schematicamente rappresentato
in figura 5.30, dove:
• Le è la lunghezza della parte ~alibrata;
• Lo è la lunghezza del tratto utile;
• b è lo spessore della provetta;
• Ao è l'area iniziale della sezione della provetta.

Figura 5.30.

La prova viene eseguita con una macchina di trazione esercitando sul provino una
forza F che aumenta in modo molto lento (prova quasi-statica). Durante l'esecuzione
della prova vengono registrati la forza applicata e gli spostamentt indotti, come
spostamenti della testa della macchina o come variazione della distanza tra due punti
di riferimento. In questo modo è possibile determinare la curva sforzi-spostamenti
(F-f) durante la prova.
Per passare in maniera semplice da un diagramma F - f ad una curva lesioni -
deformazioni(cr-e) è utile introdurre delle grandezze ingegneristiche:
F L-L 0 AL
cring =- Eing=--"-=- (5.47)
Ao Lo Lo
dove L - Lo rappresenta la variazione di distanza tra i due punti di riferimento,

considerata come rappresentativa dell'allungamento della provetta.


Tali grandezze sono dette ingegneristiche in quanto fanno riferimento alle
dimensioni iniziali della provetta ( Ao; Lo ). La curva che ne deriva viene detta curva

ingegneristicaed ha il tipico andamento rappresentato in figura 5.31.

116
Oìng Snervamentosupenore
·

ar
Strain haderning

Zona a comportamento
elastico

b1ng

Figura5.31.

È possibilenotare che:
I) Per bassi valori di tensione e defonnazioneesiste una zona lineare, che
corrisponde alla zona di comportamento lineare elastico del materiale,
dove vale la legge di Hooke:

(5.48)

Valutando quindi la pendenza della curva m tale zona è possibile


determinare il modulo elastico del materiale,E.
Valori tipici del modulo elastico sono E= 206 000 MPa per gli acciai e per
E = 70 000 MPa per le leghe di alluminio.
Nel caso in cui sia possibile anche misurare la contrazione laterale della
provetta, con un estensometro biassiale, è possibile determinareanche il
coefficiente di Poisson, caratterizzando quindi completamente il
comportamentoelastico del materiale. Tipicamenteper gli acciai v=0.3.
2) Per valori di tensione e deformazionepiù elevati si nota la presenza di una
zona di snervamento evidente in corrispondenzadella quale il materiale
abbandona il comportamento elastico per passare a un più complesso
comportamento elasto-plastico. Il valore di tensione a cui questo fenomeno
avviene prende il nome di tensione di snervamentodel materialee si indica
con O'sn· Nel caso di snervamento evidente, come quello rappresentato in

117
figura 5.3], si possono individuare un punto di snervamento superiore e un
punto di snervamento inferiore.
3) Superato lo snervamento inferiore, è presente una rona di strain-hardening
in cui la tensione ingegneristica continua crescere con un andamento non-
lineare fino a un valore di massimo che convenzionalmente viene
considerato come la tensione di rottura del materiale, crR.
4) Segue una fase caratterizzata da fenomeni di instabilità con il manifestarsi
di una strizione localizzata della sezione della provetta (necking) che porta
poi alla rottura finale del pezro, che avviene in corrispondeza di una
tensione <rF.
Alcuni materiali non presentano uno snervamento evidente (figura 5.32). In questo
caso si assume come il limite convenzionale per il comportamento lineare elastico
del materiale la tensione di scostamento dalla proporzionalità dello 0.2%, indicata
come <rp,0.2, che rappresenta la tensione in corrispondeza della quale la componente
plastica delle deformazioni a 2 · I 0·3•

Olng

0.2%

Figura 5.32.

È opportunom sottolineare che i valori di tensione e di defonnazione effettivi nella


provetta durante l'intera prova sono differenti dai valori ingegneristici, essendo
questi ultimi basati sulle grandezze geometriche inziali, nella configurazione
indeformata, della provetta. La curva ingegneristica è quindi una curva approssimata
che però nella pratica viene molto utilizzata in quanto di facile determinazione a
partire dalla curva F-f.

118
· · he s1· possono definire d ue
Tuttavia, in aggiunta alle grande..,..,~ ·,ngegnerist1c
I.J.A,

grandezze di tensione e deformazione delle "vere". La tensione vera, crT si può


detenninare come:
F
O"T=- (5.49)
A
dove A è la sezione istantanea della provetta.

Per detenninare la deformazione vera, ET, è necessario pensare l'intervallo di

defonnazione come suddiviso in un numero infinito di sottointervalli, ciascuno di


ampiezza dl:

&r = fiLdL = Ln(~) = Ln(l + ~L) = Ln(t +&ing) (5.50)


Lo L Lo Lo

Utilizzando le grandezze vere così definite è possibile tracciare la curva cr- & vera il
cui andamento è schematicamente rappresentato in figura 5.33, con una tensione
sempre crescente fino a rottura.

Figura 5.32

S1. puo, notare come tal e c urva differisca da quella ingegneristica in particolar modo

nel campo delle defonnazioni plastiche.


. 'tà s1. c.1ormula l'ipotesi della conservazione del volume (certamente
Se per semp I1c1

vera in campo plastico) ai ottiene:


Lo (5.51)
A· L =Ao. Lo ~ A =Ao · L
Sostituendo la (5.51) nella (5.49) si ottiene:

I 19
(5.52)

Le relazioni appena detenninate pennettono quindi di legare le grandezze vere e le


grandezze ingegneristiche.
Nel campo delle piccole defonnazioni:
(5.53)

e quindi defonnazioni ingegneristiche e vere sono equivalenti. Jnoltre, se le


defonnazioni in gioco sono piccole, dalla (5.52) si ottiene CJT cring. =
Nella pratica si confonde la curva ingegneristica con la curva vera fino a valori della
defonnazione ingegneristica pari al I 0%.
Nella progettazione reale, per la detenninazione della tensione limite crL si fa
riferimento di norma a due valori:
I) Nel caso di materiali duttili, poiche non si desidera che nelle condizioni
nonnali d'impiego l'organo meccanico manifesti deformazioni pennanenti,
si utilizza come valore limite del materiale la tensione di snervamento CJ511 o

Ja <rp,o.
2 per i materiali che non presentano snervamento evidente;

2) Nel caso di materiali fragili, presentano un comportamento linmeare fino a


rottura, si fa riferimento alla tensione di rottura crR.
In ogni caso, nella pratica ingegneristica, non si usano direttamente i valori limite
del materiali ( <r50 o <JR)ma si usa una tensione ammissibile, <ramm,
mettendo in gioco
un coefficiente di sicurezza statico:

O'sn
materiali duttili
Vst
O'amm = (5.54)
<JR
materiali fragili
Yst

JI coefficiente di sicurezza statico viene introdotto per cautelarsi da una serie di


incertezza che possono sorgere in fase progettuale, quali ad esempio:
• lncerte7..?.asui dati di resistenza del materiale utilizzato;
• Jncerte:r.7.asull'entità dei carichi agenti;
• Approssima7..ione dei metodi di calcolo utilizzati;
• Tipologia di organo meccanico

120
Valori tipici di riferimento sono:
• v11=2 per componenti in materiale duttile;
• v st = 2 + 5 per componenti in materiale fragile;
6
Calcolo delle de/ or mate delle
strutture

6.1 Introduzione
Un aspetto molto importante della progettazione di componenti strutturali è la
detenninazione della deformata in condizioni di esercizio. Una struttura, infatti, pur
se verificata in termini di resistenza, potrebbe presentare delle specifiche altrettanto
stringenti in termini di rigidezza.
II calcolo della deformata di una trave è anche utile, come si vedrà nel paragrafo
successivo, per la risoluzione delle strutture iperstatiche, nelle quali non sono
sufficienti le equazioni della statica alta determinazione delle reazioni vincolari, ma
è necessario imporre delle condizioni sugli spostamenti (equazioni di congruenza).

dx
X

dfl

Ffo:ura6.1

S1. cons1·deri· 1·1concio· d"1 trave m· flessa mostrata in figura 6.1 per la quale sono state

scritte si è dimostrato essere valide le seguenti relazioni (paragrafo 4.S):

d<p d211 (6. l)


K=-=--
dx dx2

123
(6.2)

dove q, e '1 rappresentano rispettivamente la rotazione e la variazione verticale


(freccia) in un certo punto della trave.
Sostituendo la (6.2) nella (6.3) si ottiene:

d 2 ri dq> O' X (6.3)


dx2 =dx=- Ey

Infine sostituendo nella (6.3), l'equazione di Navier:


M (6.4)
CJx =-y
Jzz
si ottiene la seguente equazione differenziale:

dq, d 2ri M(x) (6.5)


dx= dx2 =-EJ

che viene detta equazionedella linea elastica della trave e permette di determinare
spostamenti e rotazioni che una generica trave subisce per effetto di un detenninato
carico applicato.
Valgono le seguenti convenzioni di segno:
il momentoflettente M è positivo se sono tese lefibre inferiori della trave;
TJè positivo se lo spostamentoè verso il basso.
Con l'obiettivo di determinare i valori di frecce e rotazioni in alcune configurazioni
notevoli, verrà considerata nel seguito una trave di lunghezza L ed EJ costante,
soggetta a diverse condizioni di vincolo e di carico.

6.2. Trave a sbalzo di lunghezza L con una coppia concentrata m


applicata all'estremità

m( ~t::::.-x--------A ) m
Figura 6.2.
Con riferimento allo schema in ligura 6 2 1, .
. · ' equazione del momento ncuente M(x)
sulla trave risulta:
M(x) ==-m
(6.6)
essendo tese le libre sulla superficie superiore d 11
, l, .
. . e d rc1ve.Applicando l'equazione
della linea clastica s1ha:

d 2ll
EJ2==+m
dx (6.7)

Integrando una prima volta:

dri
EJ-q>(x)==EJ dx = +mx +c 1 (6.8)

Come prima condizione al contorno del problema possiamo notare che all'incastro
(x==O)
la rotazione <p=drt/dx è nulla. Quindi dalla (6.8) c 1=0.
Integrando una seconda volta si ottiene:

x2
EJ·ri(x) =+m-+c 2 (6.9)
2
Come seconda condizione al contorno del problema possiamo notare che all'incastro
(x=O)lo spostamento 11è nullo. Quindi, dalla (6.9) si ottiene ei=O.
Spostamenti e rotazioni sono massime nel punto A, che si trova all'estremità della
trave, e valgono:

rnL (6.10)
<pA=-
EJ

Una defonnata verosimile per la trave è rappresentata in figura 6.3.

Figura 6.3.

125
a L con una forza F conccntrat ..
6.3 Trave a sbalzo di lung h ezz•
all'estremità
F
! ..

"''(!t-----------~"
- f I
Figura 6.4
. . in figura 6.4, a partire dall'incastro, l'equazione del
o se11ema
Con nfenmento a 11
momentoflettenteM(x) sulla trave risulta:
(6.11)
M(x) = -FL + Fx
essendo tese le fibre sulla superficie superiore della trave. Applicando l'equazione
della linea elastica:

EJ d 2TJ= +FL-Fx (6.12)


dx2
Integrandouna prima volta:

dTJ x2 (6.13)
EJ-=+FLx-F-+c1
dx 2
Come prima condizione al contorno del problema possiamo notare che all'incastro
(x=O) la rotazione q>=dJJ/dx
è nulla. Quindi dalla (6.13) c1=0.
Integrando una seconda volta si ottiene:
x2 x3
EJTJ=+FL--F-+c2 (6.14)
2 6
Come seconda condizione al contorno del problema possiamo notare che all'incastro
(x=O)Jo spostamento TJè nullo. Quindi, dalla (6.14) si ottiene e:z=O.
Spostamenti e rotazioni sono massime nel punto A, che si trova all'estremità della
trave, e valgono:

I FL2 I FL3
q>A=-- 'l'JA=-- (6.15)
2 EJ 3 EJ
Una deformata verosimile per la trave è rappresentata in figura 6.5.

126
a C::

Figura 6.5.

6.4 Trave a sbalzo di lunghezza L con carico distribuito q

qL q

( t ~ Il !J11l ! l l l l l li
" I -X A
qL2
2
Figura6.6
Con riferimento allo schema in figura 6.6, a partire dall'incastro, l'equazione del
momento flettente M(x) sulla trave risulta:

qL2 x2
M(x) = - 2 +qLx-q 2 (6.16)

essendo tese le fibre sulla superficie superiore della trave. Applicando l'equazione
della linea elastica:

d2TJ qL2 x2
EJ-=--qLx+q- (6.17)
dx2 2 2
Integrando una prima volta:

d L2 x2 x3 (6.18)
EJ....!!
=+Lx -qL-+ q-+ c1
dx 2 2 6
Come prima condizione al contorno del problema possiamo notare che all'incastro

(x=O) la rotazione <p=dT]/dxè nulla. Quindi dalla (6.18) c,=O.

Integrando una seconda volta

z2 z3 z4 (6.19)
= +qL2 --qL-+q-+c2
EJ11
4 6 24

127
. • 1 t del problema possiamo notare che all'incastro
Come seconda cond1z1onea con omo . . - .
. 11 Q indi dalla (6.19) s1 ottiene c2-0. Spostamenti e
(x=O) lo spostamento 11e nu o. u , ..
. 1 to A che si trova all'estrem1ta della trave, e valgono:
rotazioni sono massime ne pun '

I qL4 (6.20)
,,A=sru
Una deformata verosimile per la trave è rappresentata in figura 6.7.
q

~ !WPQJBJU!
--....._ A
...
Figura 6.7.

6.5 Trave appoggio-appoggio di lunghezza L con carico distribuito

L/2 L/2

I qL I qL
2 2
Figura 6.8.
Vista la simmetria della struttura, le reazioni vincolari sugli appoggi sono uguali e
pari a qL/2 (figura 6.8). A partire dall'appoggio di sinistra l'equazione del momento
flettente M(x) sulla trave risulta:

qL x2
M(x)=-x-q- (6.21)
2 2

essendo tese le fibre sulla superficie inferiore della trave. Applicando l'equazione
della linea elastica:

d2~ qL x2
EJ-=--x+q-
dx2 2 2 (6.22)

128
Integrando una prima volta:

3
_ d11 qL 2 X
bJ-=--X +q-+c1
dx 4 6 (6.23)

Come prima condizione al contorno u·1el problema possiamo


· notare che in
corrispondenza della mezzeria della trave (x=L/2) la rotazione q>=drt/dxè nulla per
ragioni di simmetria. Applicando questa condizione:

(6.24)

Integrando una seconda volta:

qL 3 x4 L3
EJ11=--x +q-+q-x+c 2 (6.25)
12 24 24

Come seconda condizione al contorno del problema possiamo notare che


sull'appoggio (x=O) lo spostamento 11è nullo. Quindi, dalla (6.25) si ottiene c2=0.
La rotazione è massima in corrispondenza degli appoggi (punto B), mentre lo
spostamento è massimo sulla mezzeria (punto A). Essi valgono:

i qU 5 qL4
(6.26)
= 24 EJ
<i>B '11A= 384 EJ

Una deformata verosimile per la trave è rappresentata in figura 6.9.

p --------
[l
A q

l Il l l Il l l l l
77T 7TT
Figura6.9.
6.6 Trave appoggio-appoggio di lunghezza L con coppia
concentrata m applicata ad un'estremità

.f#--------77T~Z:,)M
-------4~x

Figura 6.1 O.

Con riferimento allo schema in figura 6.10, a partire dall"appoggio di sinistra


l'equazionedel momentoflettenteM(x) sulla trave risulta:

M
M(x) =--x (6.27)
L

Applicandol'equazionedeJlalinea elastica:

d 2f'I M
EJ-=-x (6.28)
dx 2 L

Integrandouna prima volta:

dTJ M z 2
EJ-=--+c1 (6.29)
dx L 2

Integrandouna seconda volta:

(6.30)

Come condizioni aJ contorno del problema possiamo notare che in corrispondenza


degJi appoggi (x=Oe x=L) lo spostamento T) è nullo. Quindi dalla (6.29) otteniamo:
ML
ei=Oec,=--.
6

Le rotazioni in A e in B risultano:

I ML I ML
'PA=--- 'l'n =---- (6.31)
3 EJ 6 EJ

130
Figura 6.11.
Per ragioni di simmetria della struttura le reazioni vi·ncolari· 1· ·
, sug I appoggi sono
uguali e pari a F/2.

A partire dall'appoggio di sinistra l'equazione del momento flettente M(x) sulla


trave risulta:
F
M(x)=-x
2 (6.32)

Si noti che questa equazione è valida solamente da B ad A. Applicando l'equazione


della linea elastica:

d 2'1'] F
EJ-=--X (6.33)
dx 2 2

Integrando una prima volta:

dl'J F 2
EJ-=--x +c 1 (6.34)
dx 4

Come prima condizione al contorno del problema possiamo notare che in


corrispondenza della mezzeria della trave (x=L/2) la rotazione q,=dl']/dx è nulla per
ragioni di simmetria. Applicando questa condizione:

FL2 (6.35)
=--
16

Integrando una seconda volta:

131
F 3 FL2
EJ11=--x +-x+c 2 (6.36)
12 16

Come seconda condizione al contorno del problema possiamo notare h


e e
sull'appoggio (x=O) lo spostamento 1'lè nullo. Quindi, dalla (6.36) si ottiene ei=co.
La rotazione è massima in corrispondenza degli appoggi (punto B), mentre lo
spostamento è massimo sulla mezzeria (punto A). Essi valgono:

I FL2 1 FL3 (6.37)


<i>e=16EJ 11A= 48 EJ

6.8 Trave appoggio-appoggio di lunghezza L con coppia


concentrata m applicata in un generico punto della trave

Con riferimento allo schema in figura 6.12, si consideri il tratto di trave a partire
dall'appoggio di sinistra, fino al punto C dove è applicata la coppia concentrata m
(O~ x ~a). In tale tratto di trave l'equazione del momento flettente è:

m (6.38)
M=--X
L

m
A
(e 6
B

~
,-----
1
•x
77T
...
I
I
I
I I
I
I

~L m/L
a b

Figura6.12.

Applicandol'equazionedella linea elasticae integrandodue volte si ha:

132
mx 2
2 +c1
EJcp===L
mx 3 (6.39)
E.lll==L6+c1x +c2

Nel tratto di trave invece che va dal punto e all'appog g10


· d" d
1 estra ( a $ x $ L)
l'equazione del momento flettente è:
m
M==--x+m (6.40)
L
Applicando l'equazione della linea elastica e integrando due volte si ha:

m x2
EJq>==L2 - mx + c3
(6.41)
m x3 mx2
= --
EJT1 - -- + C3X + C4
L 6 2
Al fine di applicare le condizioni al contorno al problema, possiamo notare che in
corrispondenza degli appoggi (x=O e x=L) gli spostamenti TJsono nulli:

ri(O)= O TJ(L) = O (6.42)

Inoltre in corrispondenza del punto C (x=a) le rotazioni e gli spostamenti valutati da


destra o da sinistra del punto stesso devono essere uguali. Così facendo si ottiene il
seguente sistema di equazioni:

C2 =0

m L2 mL2
-----+c 3L+c 4 =0
L 6 2 (6.43)
c 1 =-ma+c 3

ma 2
c1a+c 2 =---+c 3a+c4
2

che fornisce le seguenti soluzioni:

ma 2 I
c1 =-+-mL-ma
2L 3
C2 =O
(6.44)
ma 2 I
C3=-+-mL
2L 3
ma 2
C4=--
2

133
È quindi possibile determinare le rotazioni nei punti A, Be C:

q>A=q,(x=O)=--L m 2-3b 2)
(
6LEJ
m ( 2 2) (6.45)
q,8 = q,(x = L) = --\L -3a
6LEJ
q>c = q,(x =a)= -- m (3a 2+ 3b 2- L2)
6LEJ

e lo spostamento in C:

llc =-- mab (b-a ) (6.46)


3LEJ

Dall'equazione (6.46) si ottiene che se a=b, lo spostamento di C è nullo, risultato


peraltro noto a priori in virtù dell'antimetria del problema.

6.9 Trave appoggio-appoggio di lunghezza L con forza


concentrata F applicata in un generico punto della trave

.......________
e .....
---
Fb/L Fa/L

a b
L

Figura 6.13.

Con riferimento allo schema in figura 6.13, si consideri il tratto di trave a partire
dalJ'appoggio di sinistra, fino al punto C dove è applicata la forza concentrataF
( OS x s a ). In tale tratto di trave l'equazione del momento flettenteè:
Fb
M=-x (6.47)
L

134
licandol'equazione della linea clastica e integra d d .
APP n o ue volte s1ha:
Fb x 2
--2
l~<P==
L
+ e,
Fb x 3 (6.48)
EJ!l ==---6 +c,x +c2
L

Nel tratto di trave invece che va dal punto e all'appogg10


. d" d
1 estra ( a 5; x ~ L)
l'equazionedel momento flettente è:
Fb
M ==Lx - F(x - a) (6.49)

Applicandol'equazione della linea elastica e integrandodue volte si ha:

Fbx 2 F( \2
EJcp=---+- x-a, +c 3
L 2 2
(6.50)
Fbx 3 F( \"3
EJ11=---+- x-a, +C3X+C4
L 6 6
Al fine di applicare le condizioni al contorno al problema, possiamo notare che in
corrispondenzadegli appoggi (x=Oe x=L) gli spostamenti11sono nulli:
11(0)= O 11(L)= O (6.51)

Inoltrein corrispondenza del punto C (x=a) le rotazioni e gli spostamentivalutati da


destrao da sinistra del punto stesso devono essere uguali. Cosi facendo si ottiene:

e, = c3 = Fb ~2 - b2)
6L (6.52)
C2=C4 =0
È quindi possibile detenninare le rotazioni in A, B e C:

<pA=q>(x =0)=~~2-b2)
6LEJ
(6.53)
<p9= q>(x =L) =~(L 2 -a 2 )
6LEJ
<pc=_.!::!:_(L2 -3a 2 -b 2 )
6LEJ~
e lo spostamento in C:

(6.54)

135
6.IO Confronto tra deformabllltà assiale e flcssionale

Si coni1idcri uno 1mvc n sbol1.o con !lc1.iu11crcttongulurc ( figura 6. 14).

~
h~
h
L

Figura6.14.

È possibile detenninare gli spostamenti del punto A indotto dalle sollecitazioni

flessionalie di trazione.
La sollecitazionedi trazioneinduceuno spostamentoorizzontale:

a F F (6.55)
~A = ~L =E. L = E L = AE L = bhE L

La sollecitazionedi flessioneinduce inveceuno spostamentoverticale:

I 3 FL3 4FÙ (6.56)


TJA = 3EJ FL = 1 = -3
3E-bh3 Ebh
12
Il rapporto tra le due gramdezzeappena determinatevale:
FL
çA = bhE =~ (6.57)
TJA 4FL3 4L2
Ebh 3
Nelle applicazioni ingegneristiche nonnalmente L > h, e quindi

I: >> h 2 (nell'ipotesi di trave non è tou.a). Questo pennetter di affermare che la


deformabilitàa flessione di una trave è mollo maggiore rispetto alla deformabilità
assiale.Nella risoluzione delle strutture iperstatiche quindi è possibile assumere, per
agevolare il calcolo analitico, che la rigideu.a assiale della trave sia infinita.,
detenninando quindi spostamenti e rotazioni come conseguenza delle sole
defonnazioni di natura tlessionale.

136
6.11 Il teorema di Mohr
Nel paragrafo 2. 7 è stata dimostrata l'esistenza di una relazione fondamentale tra
momento ncttcntc e taglio:
dM
T=- (6.58)
dx
Differenziando la (6.58) in x si ha:

d2M dT •
dx2 = dx = -q (6.59)

dove q* rappresenta un carico distribuito. Nel paragrafo 6.1 è stata inoltre

detenninata l'equazione differenziale della linea elastica:

d211 dcp M(x)


dx 2 =dx=-~ (6.60)

È evidente l'analogia formale tra i due set di equazioni scritte.


La prima equazione regola il legame tra i carichi duistribuiti q e il momento flettente

M, la seconda il legame tra la curvatura M(x) e le inflessioni T/-


EJ
Questa analogia fonna]e permette di utilizzare i metodi visti per tracciare
diagrammi de] momento flettente per determinare ]e deformazioni nelle travi, con
]'avvertenza di partire dal1a curvatura anziché dai carichi.
In altre parole sarà sufficiente applicare ad una trave ausiliaria, caratteriu.ata daHe
stesse condizioni di vincolo del1a trave reale, un carico fittizio q * = M(x)/ EJ . li

momento flettente M*(x) associato al carico q* sulla trave ausiliria sarà pari
all'inflessione sulla trave reale.
Questa procedura è nota come Teorema di Mohr, che può così enunciarsi: la linea
elastica di una trave inflessa coincide con il diagramma del momento jlellente
jìltizio indotto su di una trave ausiliaria (associala alla trave inflessa), dal carico
fi1tizio q•.
Analogamente è facile dimostrare che:
cp(x) = T*(x) (6.61)

137
Quindi le angolature della deformata della trave coincidono con il diagramma dei
taglio fittizio indotto su di una trave ausiliaria (associata alla trave inflessa), dal
carico fittizio q *

Esempio I. Utilizzando il teorema di Mohr, determinare il valore della frecciae


della rotazione subito dalla struttura in figura 6.15 nei punti A (x=O),B (x==L/2)e
C(x=L/4).

B e iF
Là : X 6
71T L/2 L/2 71T
I I
I
I
F/2 F/2

Figura 6.15.

Il diagramma del momento flettente sulla struttura considerata è rappresentato in


figura 6.16.
FL/4

~
I I I
Figura 6.16.

Se si considera solamente la prima metà della trave il carico fittizio da applicare alla
trave ausi]iaria varia linearmente secondo l'equazione:

q*(x)=qx=_.!::__x (6.62)
2EJ
È facile determinare la forza risultante e la retta d'azione di questo carico:

L/2 2 Lf2(
2FEJx)xdx
3
FL
F* = J ~xdx
2EJ
=.É!'._
16EJ
o
x*=-----=
F* FL2 3
I
48EJ =-L (6.63)
0
16EJ

138
Le reazioni vincolari della trave ausiliaria sono quindi simmetriche e pari a ~. 3
16EJ
Inoltre, il contributo al taglio e al momento nettcnte del carico fittizio che varia
linearmente sono quindi:

2
M* =q-X-=--x
-X X F 3
(6.64)
2 3 12EJ

Per calcolare l'equazione dell'intera linea elastica è necessario scrivere l'equazione


del momento flettente. Considerando la prima metà della trave è possibile notare
che:

2
La reazione vincolare da un contributo lineare del tipo~ x
16EJ
Il carico distribuito da invece un contributo al momento flettente del tipo

L'equazione della linea elastica risulta quindi:

FL3 FL 3
ri(x) = 16EJ x- 12EJ x (6.65)

Da cui è facile ricavare le freccie nei punti A, B e C:

FL3 L FL3 (L L) FL3 (6.66)


TIA- 16EJ x 2 16EJ 2 3 - 48EJ

TIB=0 (6.67)

FL3 L
Tic = I 6EJ 4-
FL (.!:)
12EJ 4
3
=_11_ FL4
768EJ
(6.68)

·
Per ncavare I' equazione
· delle rotazioni è necessario scrivere l'equazione del taglio
sulla trave ausiliaria. Consideamdo, per semplicità, la prima metà della trave:

(6.69)

Da cui è facile ricavare le rotazioni nei punti A, Be C:


2
FÙ FL L ) 3 FÙ
(6.70)
<pc= 16EJ - 4EJ ( 4 = 64 EJ

139
Esempio 2. Utilizzando il teorema di Mohr, determinare l'equazione delle freccie e
delle rotazioni subite dalla struttura in figura 6.17.
L/2 L/2

___ x

I qL I qL
2 2
Figura 6.17.

Il diagramma del momento flettente sulla struttura considerata è stato disegnato in


uno dei paragrafi precedenti ed è riportato in figura 6.18.

e A I
......
-~1"1"1"1"1-
I

l"l"P'l"~l"l"l"l"l'lr
B

--~--"
.. . " "
"
,~

..i.__
' I , "
ql1!4

Figura 6.18.

A partire dall'appoggio di sinistra l'equazione del momento flettente M(x) sulla


trave risulta:

qL x2
M(x)=-x-q- (6.71)
2 2
Quindi il carico fittizio da applicare alla trave ausiliaria varia secondo l'equazione:

q*(x)=- 1 (qL
EJ
--x-q-
2
x
2
2
J=q 1x-q 2x 2 (6.72)

È facile determinare la forza risultante e la retta d'azione di questo carico:

F* = J (q,x-q2x2 }dx= q1L2 - q2L3 = qL3 - qL3 = qL3


2 3 4EJ 6EJ 12EJ
(6.73)
0

140
J (q1x-q2x 2 )xdx q1L3 _ q 2L4
x*=~O:....-------= 3 4
F* qL3
12EJ (6.74)
qL4 qL4 qL4
= 6EJ-~ = 24EJ =_!__L
qL3 qL3 2
-- --
12EJ 12EJ

Quindi ai fini del calcolo delle reazioni vincolari sulla trave ausiliaria, il carico
3
fittizio può essere sostituito con una forza pari a ~ applicata in corrispondenza
12EJ
della mezzeria della trave e rivolta verso il basso. Le reazioni vincolari, che sono
3
uguali per ragioni di simmetria valgono dunque ~ e sono rivolte verso l'alto.
24EJ
Scriviamo infine l'equazione del momento flettente sulla trave ausiliaria, che è
costituito da diversi contributi:
3
Reazione vincolare: ~x
24EJ
Carico distribuito: il carico distribuito è costituito da due parti:
2
.
i. una parte lmeare . ltante pan. a --
che h a una nsu qL X
con un
4EJ

braccio infinitesimo pari a 1/3x. Quindi il contributo al

qL x 3
momento è: - 12EJ

3
. h . l . q X
ii. Una parte parabohca che a una nsu tante pan a - 6 EJ con

un braccio infinitesimo pari a l/4x. Quindi il contributo al

q x4
momento è: 24 EJ

Complessivamente quindi:

141
3
L __ q_x
L 3 +-q-x
ri(x) = _q_x 4 (6.75)
24EJ 12EJ 24EJ

Sulla base di considerazini analoghe è facile ricavare l'equazione per le rotazioni:

m(x) = qL3 - qL x2 +_9_x3 (6.76)


't' 24EJ 4EJ 6EJ
Le strutture iperstatiche

7.1. Definizione e metodologia di risoluzione delle strutture


iperstatiche

Le strutture iperstatiche sono caratterizzate da un numero di gradi di libertà della


struttura libera minore del numero di gradi di libertà impediti dai vincoli.
Un esempio di struttura iperstatica è rappresentata in figura 7.1.; la struttura presenta
3 gradi di libertà e 4 condizioni di vincolo ed è quindi una struttura a un grado di
iperstaticità.

ie
L L

Figura 7.1.
Se una struttura è iperstatica, ne deriva l'impossibilità di risolverla utilizzando le
sole equazioni di equilibrio, come nel caso di strutture isostatiche. Una struttura a un

grado di iperstaticità ha infatti 00 1 soluzioni che garantiscono l'equilibrio, ma esiste


solamente una soluzione equilibrata e contemporaneamente congruente.
Per sempio la struttura in figura 7.1 risulta equilibrata assumendo Rv,B =O(figura
7.2), ma la soluzione così ottenuta è sicuramente errata, perché darebbe luogo ad
uno spostamento in B non nullo.

143
Figura 7.2.

Questo è tuttavia assurdo in quanto in B è presente un vincolo che ne impediscelo


spostamento verticale. Tale soluzione non rispetta la "congruenza degli
spostamenti'' ed è quindi incongruente. Ragionando in maniera analoga sarebbe
possibile trovare altre oo soluzioni equilibrate ma incongruenti. Per detenninare
l'unica soluzione che garantisce contemporaneamente l'equilibrio delle forze e la
congruenu degli spostamenti, è possibile utiliZ2.are il metodo delle forze. Tale
metodo prevede di:
1) Dare per scontato l'equilibrio;
2) Imporre la congruenza.
Si elimini idealmente uno dei vincoli sovrabbondanti e lo si sostituisca con la
corrispondente reazione vincolare incognita (figura 7.3); in questo modo si ottiene
quella che viene chiamata isostatica equivalente.

X F

~---1 _ ___.l
Figura 7.3.

Si considerino poi due sistemi separati:


I) Il sistema che comprende solamente forze e coppie esterne applicate
(sistema I);
2) Il sistema che comprende solamente le forze incognite Xi (sistema Il).

Il metodo delle forze prevede di determinare per entrambi i sistemi e in maniera


indipendente lo spostamento nel punto in corrispondenza del quale è stato eliminato
il vincolo. Infine, utilizzando il principio di sovrapposizione degli effetti, sarà

144
possibile determinare lo spostamento totale in quel punto come somma tra quello
relativo al primo sistema e quello relativo al secondo. Tale somma deve essere nulla,
perché in realtà lo spostamento è impedito dal vincolo. In questo modo si ottiene
un, equazione di congruenza.

Con riferimento all'esempio precedente, elimando la condizione di vincolo nel


punto B, il sistema I, rappresentato in figura 7.4, può anche essere semplificato
come in figura 7.5, da cui è facile ricavare:

. FL3 (Fl)L 2 5FL3


ls1sl ___ +--=-- (7.1)
11B - 3EJ 2EJ 6EJ

~A

L
B
L
e*
Figura 7.4.

Figura 7.5.

Il sistema 2 è invece rappresentato in figura 7 .6 da cui si ricava immediatamente:

llsist XL3 (7.2)


TJs =--3E-J

~A B e

Figura7.6

L'equazionedi congruenzasarà dunque:


nlsist + llsist _ O (7.3)
·,e TJs -
Ovvero:

)45
5FL3 XL3 5
-----=O---+ X= -F (7.4)
6EJ 3EJ 2
Una volta determinata la reazione X, è possibile determinare le altre reazioni
vincolari utilizzando le comuni equazioni di equilibrio alle rotazioni
e alle
traslazioni, e quindi disegnare i diagrammi di sollecitazione (figura 7.7).

® F/

6--==~
A B C

0 JF/21 F
~1-1...,..;;.1
-11-1-1 ~II
-11-1
A.
I 11111111111. B C

Figura 7.7.

7.2 Esempi di risoluzione

7.2.1 Utilizzando il metodo delle forze si risolva la seguente struttura iperstatica.


M

~-A ------~

SISTEMAI
M
~-A__ B)
2
Tl~ist = _M_L_
2EJ

146
SISTEMA II

lx
3
llsist XL
llB = - 3EJ
Equazione di congruenza:

ML2 XL3 3M
---=O~X=-
2EJ 3EJ 2L
ni di
Le altre reazioni vincolari possono essere detenninate utilizzando equazio
equilibrio. I diagrammi di sollecitazione sono i seguenti.

M
0 IIII IIIIIII II '/2M/L
LJ-->-"
M/2

7.2.2 Utilizzando il metodo delle forze si risolva la seguente struttura iperstatica.


F

i
~ A B
L
/4,c
L

i
~ A B fc
X

147
SISTEMA I

·----B! ------J. e

SISTEMA II

~,__--+---------,

xl
X(2L) 3 8XL3
=---
3EJ 3EJ
Equazione di congruenza
3 3
5FL _ SXL; = O ~X =2._F
6EJ 3EJ 16

6/16FL~

@ ~
5/16 FL

148
SISTEMA I

~llllIJ
4
IsistqL
TIB = 8EJ

SISTEMA II

Ilsist XL3
TIB =--
3EJ
Equazionedi congruenza

qL4 XÙ 3
---=O~X=-qL
8EJ 3EJ 8

05/SqL

~~
', <:::::e
I I i;;.>
....
.. f''
,

3/8 qL
MIMAx='9/l28qL
2

2 2 2 3qL
M(x = L) = qL _ 3qL = qL 3L
T(x)=--qX=O~X=-
2 8 8 8 8

MfMAX =M - (3L)
8
=- 9(3)
2 8
9
- 2qL --qL
64
2 2 =-qL9
128
2

149
,. lJ . . ndo il metodo delle for7.c si risolvo In seguente struttura iperstat1ca.
.
7.2... li 11u.a
lf

<I

;j;IJll
L
llil~~)III I IIIII
L
f\

SISTEMAI
Considerandoinizialmentele rotazioni del punto B è possibile analizzare la seguente
configurazionesemplificata:

q ! ql
j;*OlOIU~qL'/2

__ qL3
- 24EJ
/<i>e/
+(qI}J
2
I L _ 3 qL3 _ qL3
3EJ 24 EJ 8EJ

I J qL4
L=
Tic =</>a 8 EJ
È possibilequindi ora considerareB bloccato(incapace di subire rotazioni)

4
TJc"=-qL
8FJ

J sisl , ,, qL4
TJc =JJc +rJc =-
4EJ

ISO
SISTEMA 11

~
/777~----/4,~---~t Il ('
X

considcnmdo inizialmente le rotazioni del punto Il è possibile analizzare la seguente


configurazione semplificata:

(XL)L XL 3
l<Pol
= 3EJ Tlc'= q>9L=--
3EJ
OraconsideriamoB bloccato.

~B
e
j X

XL3
Tic"=- 3EJ

Quindi:

llsist 2XL3
Tic =---
3EJ
Equazionedi congruenza

qL4 2XL3 3
- --- =O~ X= -qL
4EJ 3EJ 8

La strutturarisolta è dunque (per ragioni di simmetria):

J!llIIon~nu
q

ou¼
t3q//8 f 5q//4 t3q//8

151
0 3/8 5/8~

Ctt,-,,,
~I 11 ~ '-C1JJ
318
~5/8

--------~---------
~-~'CLL[JY
I ......
...,
,'
... ,

9/128 qL 2

Alternativamente è possibile risolvere l'esercizio eliminando il vincolo centrale nel


nodo B:

Jìlllll
q

1101 f 11111
X
ou:4
4 =-5-·1_6_qI..:_
ll~ist = 5 ~q(_2L_)_ 4 =-5 _qI..:_
4
384 EJ 384 EJ 24 EJ
.
1Is1st -X ( 2L) 3 -XL 3
118 = 48EJ = 6EJ
Equazione di congrue117.a:

5 qL4 XL3 5
24 EJ - 6EJ =O ~ X = 4 qL

152
,__ I,
u
L

A
A
F~

L F.
e
e
xt

SISTEMA I

A B

F+
A
:bF/
e e

Osservandolo schema relativo al I sistema è possibile notare che la traslazione


verticaledi C è uguale a quella subita da B, dato che la defonnabilitàassiale delle
travi può essere trascurata. È possibile quindi considerare il seguente schema
semplificato:

rsist_
11 FL3 (FL)L2 5FL3
e -TJs=-+ =--
3EJ 2EJ 6EJ

153
SISTEMA Il

A B

Trascurando nuovamente la defonnabilità assiale delle travi risulta rie =ri8 . È


possibile quindi considerare il seguente schema semplificato:

. XL3
T]l1s1st _ T]
e _
= e----
3EJ
Equazione di congruenza:
3 3
5FL _ XL =O~X=~F
6EJ 3EJ 2

o--{fF_u_2
______ .- _____ _
t3F/2 F i

154
FL

7.2.6Utilizzando il metodo delle forze si risolva la seguente struttura iperstatica. I


trattidi trave sono tutti di lunghezza L. Si consideri infinita la rigidezza assiale delle
travi.
L L

-.-------.--"'""T"""-,---r-.-.--r--r-r, q
e

xf
155
SISTEMA I

...---.-.----r--,.-,r-r-r-r-.-,--,--, q

A B e

SISTEMA Il

A B

=
Tto TIB

Ilsist XL3
Tto =--
3EJ

Equazionedi congruenza ~ x = .!2.qL


8

156
9/8 qL

---
t
(qL2/16)

7.2.7 Utilizzando il metodo delle forze si risolva la seguente struttura iperstatica. I


tratti di trave sono tutti di lunghezza L. Si consideri infinita la rigidezza assiale delle
travi.

FL
~A
_____ ---T_B
_____ C)..,!:_

L L

157
SISTEMA I

FL
A B e A
,~B
\
).X-
I
,, I
I
e::::> I

Lo spostamento di A è pari al moto rigido indotto dalle rotazioni in B.

.
1s1st _
11A -q>s
L-
-
(-+-
FL2 FL2)
L- 3FL3
---
2EJ EJ 2EJ

SISTEMA li

A B XLC B

t
X

I<?aI_(XL)L
- EJ

È possibile considerare ora B bloccato:

158
------1~

1 B

XL3 Il sisl , ,, 4XL 3


--
TJA"---3EJ TJA = TIA+TJA = ---
3EJ

Equazione di congruenza:

_J_FL 3 -3_i_XL 3 =O~ X= 2_F


2EJ 2EJ 8

---~----~.-F
t9F/8 FL

F ------ ) 7FL/8

9F/8t

0
9F/8

FU8

159
8
Simmetria e antimetria nelle
strutture

8.1 Definizione di struttura simmetrica e antimetrica


Una struttura si dice simmetrica rispetto ad un piano quando rispetto ad esso la
parte di destra rappresenta l'immagine speculare di quella di sinistra. In questo caso
si parla di simmetria geometrica. Analogamente una sollecitazione si dice
simmetrica rispetto ad un piano se a punti simmetricamente disposti nella struttura
sono applicate forze o coppie di uguale intensità, simmetriche come rette di azione e
con verso partecipante alla simmetria (ovvero se i carichi agenti nella parte di destra
della struttura rispetto al piano di simmetria geometrica sono l'immagine speculare
di quelli agenti a sinistra). In tal caso si parla di simmetria di carico.
I
jQ q

F F F

(a) (b)
Figura 8.1.
Una sollecitazione si dice invece antimetrica rispetto ad un piano se a punti
simmetricamente disposti nella struttura sono applicate forze o coppie di uguale
intensità, simmetriche come rette di azione, ma presentano verso invertito rispetto
alla simmetria. In tal caso si parla di antimetria di carico. In figura 8.1 e 8.2 sono

161
riportati due esempi di simmetria geometrica con carico simmetrico (a) e simmetria
geometrica con carico antimetrico (b).

M M M M

F F

(a) (b)
Figura8.2.

Una definizionealternativadi strutturacon carico antimetricoè la seguente:


"Una struttura si dice caricata in modo antimetrico se, cambiando il verso dei
carichi che agiscono su uno dei due lati del piano di simmetria, si perviene ad una
struttura simmetricamente caricata". In virtù del principiodi sovrapposizionedegli
effetti, una struttura dotata di simmetria geometrica e caricata in maniera generica
può sempre essere pensata come la somma di due schemi, l'uno caricato
simmetricamente e l'altro anti-simmetricamente.
Lo schemasimmetricopuò essere costruitocome segue:
Si consideraogni forza, coppia o carico distribuitoe lo si dimezza;
Si applica in posizione simmetricae con direzione e verso simmetricouna
forza, coppia o carico pari ancora alla metà all'entità di partenza;
Lo schema antimetricopuò essere costruito invece come segue:
Si consideraogni forza, coppia o carico distribuito e Io si dimezza;
Si applica in posizione simmetrica e con verso antimetrico una fori.a,
coppia o carico pari ancora alla metà ali' entità di partenza;
Un esempio è riportato in figura 8.3.

162
q

= +

Figura 8.3.

8.2 Simmetria ed antimetria delle caratteristiche di sollecitazione


Si consideri la trave rappresentata in figura 8.4, simmetricamente caricata rispetto al
suo asse di simmetria (schema di flessione a quattro punti).

,,..114..,,
I
Figura 8.4.
È facile risolvere la struttura e ricavare YA = Y8 = F (uguali e simmetriche). I

diagrammi di sollecitazione sono dunque quelli riportati in figura 8.5. È immediato


notare come il diagramma del momento flettente sia simmetrico mentre quello del
taglio antimetrico.

Q) ® I

~11111~
F//4 F//4

Figura8.5.

Consideriamoora la stessa trave ma caricata con una condizioneantimetrica(figura


8.6).

163
Figura 8.6

È facile ricavare che YA =~ e Ye =- : (uguali e antimetriche). Ne derivanoi

diagrammi di sollecitazione rappresentati in figura 8.7. È immediato notare come il


diagramma del momento flettente sia antimetrico mentre quello del taglio
simmetrico.

Figura 8.7.

Da questo semplice esempio si possono trarre delle conclusioni generali:


Per strutturesimmetrichecaricatesimmetricamente:
Le reazioni vincolari e la deformata (spostamenti) sono simmetrici;
I diagrammi di momento flettente Mr e dello sforzo normale, N, sono
simmetrici;
Il diagramma del taglio, T, è antimetrico.
Inoltre, concentrando l'attenzione sulla sezione della trave che si trova in
corrisponde112.adell'asse di simmetria (figura 8.8) essendo la struttura simmetrica e
caricata simmetricamente, le sollecitazioni agenti sulle facce dell'elemento devono
essere simmetriche. Ma poiché la sezione non può traslare in direzione verticale, il
taglio sull'asse di simmetria deve essere nullo necessariamente (si parla di
sollecitazione incompatibile). Al contrario lo sforzo normale, N, e il momento
flettente, Mr,possono essere diversi da zero (si parla di sollecitazioni compatibili).

164
·~~~TMf N

"' ....'
·
'\,>'~
Figura 8.8.
Con un ragionamento analogo è possibile concludere che nel caso di strullure
'
simmetriche caricate antimetricamente:
Le reazioni vincolari e la deformata (spostamenti) sono antimetrici;
I diagrammi di momento flettente Mr e dello sforzo normale, N , sono
antimetrici;
Il diagramma del taglio, T, è simmetrico;
Sull'asse di simmetria Mr e N sono nulli (incompatibili), T invece può
essere diverso da zero (compatibile).

8.3 Spostamenti compatibili sull'asse di simmetria


Definizione: uno spostamento si dice compatibile se non da origine a distacchi o
compenetrazioni della materia. Si consideri il portale simmetrico caricato
simmetricamente rappresentato in figura 8.9.

M M

Figura 8.9.
Essendo la struttura simmetrica e caricata simmetricamente gli spostamenti attesi
sull'asse di simmetria devono essere simmetrici (figura 8.10).

165
Figura 8.1O.

Tuttavia, se lo spostamento orizzontale ç1 della parte a sinistra della struttura fosse


diverso da zero, esso si sommerebbe allo spostamento l;2 della parte di destra (che

rappresenta il suo speculare) causando un allontanamento dei due conci di trave pari
a ç 1 + ç 2 = 2ç . Esso risulta quindi non compatibile, e deve essere necessariamente

nullo. Si può ragionare in maniera analoga per la rotazione <p, arrivando a

dimostrare che essa rappresenta uno spostamento incompatibile sull'asse di


simmetria e deve quindi essere necessariamente nullo. Quindi, per una struttura
simmetrica caricata simmetricamente l'unico spostamento concesso sull'asse di
simmetria è quello verticale. In maniera del tutto analoga si può concludere che per
una struttura simmetrica caricata antimetricamente, lo spostamento verticale
sull'asse di simmetria è incongruente, mentre lo spostamento orizzontale e la
rotazione sono concessi Le proprietà delle strutture simmetriche e antimetriche
possono quindi essere riassunte nella seguente tabella 8.1.

Spostamenti Sollecitazioni
carico compatibili compatibili
~?!?,:

Carico M, N simmetrici
TI M, N
simmetrico T antimetrico
Carico T simmetrico
cp,ç T
antimetrico M, N antimetrici

Tabella 8.1.

166
Le proprietà di simmetria ed antimetria delle strutture dotate di simmetria
georne
trica risultano utili

nella risoluzionedi strutture complicatein quanto ci si può
urn1·tare a studiare meta struttura, consapevoli del fatto che una volta studiata metà
strlltturaè possibile immediatamentepassare alla struttura completa tenuto conto del

fattoche:
Se la struttura è simmetrica le reazioni vincolari, M1 e N sono simmetrici
mentre T è antimetrico;
Se la struttura è antimetrica invece le reazioni vincolari, M1 e N sono
antimetrici,mentre T è simmetrico.
Inoltre se la struttura è caricata in modo generico, è possibile risolvere
separatamente lo schema simmetrico ed antimetrico in cui la struttura può
essere scomposta, e sommare poi i risultati.
Bisognaperò capire come trattare il punto di simmetria, ovvero occorre capire quale
vincoloimporre in tale punto in modo da rispettare le condizioni di congruenza.
Immaginiamoper esempio che il piano di simmetria divida a metà una trave (figura
8.11).
I
jC

Figura 8.11
Dato che nel caso simmetrico solo ri è compatibile, qualora si voglia studiare
solamentemetà struttura sarà necessario vincolare il punto C come in figura 8.12.

e
----~

Figura 8.12.
Al contrario nel caso antimetrico sono compatibili <pe ç, quindi lo schema

semplificatoda adottare è quello in figura 8.13.


e

Figura 8.13.

167
Inoltre, a seconda della configurazione sul piano di simmetria la semplificazione da
adottare è diversa (si veda lo schema riassuntivo in tabella 8.2).
Mentre gli schemi (1) e (2) sono già facilmente intuibili dalle considerazioni fatte
precedentemente, lo schema (3) necessita ancora di qualche chiarimento.
Consideriamo il nodo sull'asse di simmetria.
Se la struttura è caricata simmetricamente è ragionevole che le sollecitazioni agenti
siano simmetriche (figura 8.14).

(1) (2) (3)


-
---- -- ----- o -- ----- --
A l A,J

----rM
-
s ----
~ --~
I

A
----
A
----
A
----i K

H
J/2

I
Tabella 8.2.

~T'"

Figura 8.14.
Appare chiaro che per l'equilibrio alle traslazioni e rotazioni del nodo K deve essere:
N(3) =2T M(3) =O T(3) =O

168
Quindi lungo il ritto HK risultano nulli taglio e momento flettente, e solo lo sforzo
assiale N è diverso da zero. Detta A la sezione del r·,tt.o, lo stiorzo nonna Ie come noto
si ripartisce sull'area ( cr = F/ A). Quindi, al fine di studiare solamente metà della
struttura sarà necessario ripartire il ritto HK in due part'1, ciascuna
· de lie qua1·I d't
sezione A/ 2 · Al contrario, se la struttura è caricata antimetricamente, le
sollecitazioni risultanti attese sono antimetriche (figura 8.15).

Figura 8.15.
Per garantire l'equilibrio sul nodo K, deve necessariamente essere:
M(J) =2M T(J) =2N

Quindi, in questo caso, lungo il ritto HK risulta nullo lo sforzo assiale N, mentre il
taglio e momento flettente sono diversi da zero. Detto J il momento geometrico del
secondo ordine del ritto HK, è noto che il momento flettente si ripartisce secondo J
( cr = Mr . y / J ).Quindi, al fine di studiare solamente metà della struttura sarà

necessario ripartire il ritto HK in due parti, ciascuna delle quali caratterizzata da un


momento geometrico del secondo ordine pari a J/2.

8.4 Esempi di semplicazioni di strutture sulla base di


considerazioni di simmetria
8.4.1 Esempio 1
La struttura in figura 8.16 è un portale tre volte iperstatico, simmetrico e caricato in
modo antimetrico.

169
Figura 8.16.
È quindi possibile studiare solamente metà struttura, che rappresenta una struttura
una volta iperstatica (figura 8.17).

Figura 8.17.
8.4.2 Esempio 2

qL i
Figura 8.18.
La struttura in figura 8.18 è un portale tre volte iperstatico, simmetrico e caricato in
modo antimetrico. È quindi possibile studiare solamente metà struttura, che
rappresenta una struttura una volta iperstatica ( figura 8.19).

170
Figura 8.19.
8.4.3 Esempio 3
Si consideri il portale a tre cerniere, caricato simmetricamente rappresentato in
figura 8.20. Si tratta di una struttura 1 volta iperstatica.
I
q

L L L
111111--------•111
1... ...
111111-------~111~•

Figura 8.20.

Passando allo schema semplificato considerando solamente metà struttura (figura


8.21) si ottiene una struttura isostatica di risoluzione immediata:

qL qL
XA=-- Xe=-
2 2
I diagrammi di sollecitazione sono riportati in figura 8.22.

171
q

Figuyra 8.21.

0 q//2 0 q/

Figura 8.22.

172
9
La teoria delle travi curve

9.1 Aspetti introduttivi

Nella pratica ingegneeristica non è inusuale incontrare componenti strutturali in cui


l'asse longitudinale presenta una certa curvatura. Un tipico esempio è costituito dai
ganci presenti nelle apparecchiature di sollevamento o agli anelli delle catene di
trasmissione. La presenza della curvatura dell'asse provoca un'alterazione tensionale
che può risultare anche significativa rispetto al caso di trave ad asse rettilineo.

Nelle travi curve, per effetto della curvatura, l'asse baricentrico e l'asse neutro non
coincidono e quindi l'equazione di Navier, che permette di determinare l'andamento
delle tensioni di flessione in una trave ad asse rettilineo, non è più valida.

Figura 9.1.
Pa- una trattazjone efficace del problema risulta utile introdurre la seguente
notvjone (si veda anche figura 9.1):
r,: raggiointerno

173
re: raggio esterno
r0 : raggio neutro
rg: raggio baricentrico
y=r-rn: distanza rispetto all'asse neutro
L: lunghezzadella fibra indefonnata PQ
AL: QQ' allungamentodella fibra PQ

La trattazioneper le travi curve si basa sulla fonnulazione di alcune ipotesi


semplificative:
/) Il materialedi cui è costituitala travepresenta lo stesso modulo di Youngsia a
trazione che a compressione(l'ipotesi è normalmenterispettata dai materia/i
metallicicomunementeutilizzatinelle applicazionistrutturali);
2) una sezione inizialmente piana, a seguito del'applicazione di una
sollecitazioneesterna,si deforma rimanendopiana;
3) ciascuna sezione travver.l/0/edella trave presenta un piano di simmetria
passanteper il centrodi curvatura.

9.2. Trave curva sollecitata a puro momento flettente


Si consideri il concio di trave sollecitato da un momento flettente Mr , come
rappresentato in figura 9.1. Le fibre al di sopra dell'asse neutro sono in trazione e
quindi tenderanno ad allungarsi. Le fibre al di sotto dell'asse neutro sono, al
contrario, compresse.
La posizione di ogni fibra può essere individuata da un certo valore della distall1Jl
radiale r, rispetto al centro di curvatura C, oppure dalla distanza dall'asse neutro,y.
In particolare, la generica fibra PQ, che distar dal centro di curvatura C e y dall'asse
neutro, ha una lunghezz.ainiziale L=r·q>.Sia z la coordinata curvilinea lungo l'asse
della trave.
Quando il concio viene sollecitato dal momento flettente Mr tale fibra si allunga di
una quantità AL e la sezione piana QS ruota di un angolo Aq>rispetto all'asse neutro,
rimanendo piana per l'ipotesi 2. L'allungamento della fibra è pari a AL= yAcp.

La defonnazione Ezpuò dunque essere espressa come segue:

174
tiL yti<p
E ==-==--
z L np (9.1)

E quindi, utili7.zando la legge di 1-looke,la tensione cr,.può essere scritta nel modo
seguente:

cr ==yti<pE
i r<p (9.2)

L'espressione (9.2) contiene al momento alcune grandezze non note, gli angoli <pe
t\q>e la distanza y.

Certamente, essendo la trave soggetta a momento flettente puro, valgono le seguenti


equazioni di equilibrio alla traslazione e alla rotazione:

fO"zdA= O fcrzydA = Mr (9.3a,b)


A A
Si concentri l'attenzione sulla prima delle due equazioni. Ricordando l'espressione
(9.2), è possibile riscrivere la (9.3) nel modo seguente:

fyt\<pEdA =O (9.4)
A r<p

Dato che la sezione deformata resta piana per ipotesi, il rapporto t\cp/<pè una
costante; Io stesso vale anche il modulo elastico E (che non cambia a trazione e a
compressione). Quindi la (9.4) può essere riscritta come:

(9.5)

e sostituendo la definizione di y:

sr-rn dA =0 (9.6)
A r

Da cui è possibile ricavare l'equazione che fornisce il raggio neutro:

A (9.7)
r. =--
n dA
A
J-r
·
Per una sezione re tta n golare d1"base be altezza h la (9.7) restituisce:

175
bh h (9.8)
= =--
l'.
n J.~
bdr
rn
In !e
ri

Per una sezione circolare il raggio neutro ha invece la seguente espressione:

(9.9)

Sostituendo la (9.2) all'interno della condizione di equilibrio alla rotazione, Eq.


(9.3b) si ottiene:

(9.10)

Il secondo dei due integrali è nullo, in virtù dell'eq. (9.6). La (9.1O)diventa quindi:

E~<p
[JrdA
- JrndA]
=Mr (9.11)
(I) A A

l
Moltiplicando e dividendo per A il primo membro si ottiene:

EM<p JrdA
_A__ JrndA]
A [JrdA
=EM<p_A__ rnA
[
<p A A <p A A (9.12)

essendovalida,per definizionedi raggio baricentrico,la relazione:

_!_JrdA =rg (9.13)


AA
Quindi:

(9.14)

L'equazione (9.2) può essere riscritta come:

176
Eliq> r
-==-O'z
q> y (9.15)

Sostituendo la (9.15) nella (9.14), l'espressione finale dell t . . d' n . è


e ens1om I ess1one 1a
seguente:

cr == MrY =cr = MrY


z· I
rA\rg -r 0 ) z rAo (9.16)

con 8==r
8-rn,

È possibile a questo punto effettuare alcune semplici considerazioni:


I) il punto più sollecitato della trave è all'intradosso in quanto l'asse neutro tende
a spostarsi verso il centro di curvatura della trave;
2) minore è il raggio di curvatura della trave, maggiori sono le differenze nella
distribuzione delle tensioni rispetto al caso della trave ad asse rettilineo.
In alcuni manuali tecnici viene definito anche un parametro K che quantifica la
concentrazione delle tensioni legate alla curvatura delle trave rispetto al caso ad asse
rettilineo:

K= O"intra (9.17)
O"NAVIER

dove crintra è la tensione sull'intradosso e crNAVIER è la tensione di flessione per la

stessa sezione e lo stesso momento flettente determinata con l'equazione di Navier


per le travi ad asse rettilineo.

9.3 Trave curva sollecitata a puro sforzo normale


Nel caso in cui la trave sia sollecitata da un puro sforzo normale, la generica sezione
deformandosi non tende più a ruotare attorno all'asse neutro, ma piuttosto attorno al

centro di curvatura C.
Quindi )'allungamento della generica fibra sarà: AL= rAq>.Di conseguenza si avrà:

AL rAq> Acp (9.18)


ez =-=--=-=cost
. L rq> q>

e quindi:
(9.19)
Oz = Eez = cost

177
Quindi la tensione assume un valore costante sull'intera sezione. Conseguentemente:

N = fO"zdA=azA ~ O"z= NA
A
(9.20)
10
La teoria delle membrane

10.1 Trattazione generale

Le membrane rappresentano uno schema bidimensionale che permette di descrivere


il comporatmento di numerose strutture che si incontrano nella pratica ingegneristica
come ad esempio serbatoi industriali e recipienti in parete sottile soggetti a una
pressione interna costante o variabile (dovuta a un gas O a alla spinta di un liquido).
La trattazione matematica del problema è basata su tre ipotesi fondamentali:
a) Lo spessore t della membrana è trascurabile rispetto alle altre dimensioni m
gioco;
b) La geometra è assialsimmetrica, come rappresentato in figura 1O.I;
c) i carichi esterni sono distribuiti e assialsimmetrici.
Con riferimento alla figura IO.I, consideriamo un punto P appartenente alla
membrana e tracciamo il versore n ortogonale in P alla membrana.
È possibile individuare due piani:
- il primo piano, detto piano meridiano,contiene l'asse di assialsimmetria e il_punto
P;
- il secondo piano, detto piano trasversa/e, è ortogonale al piano meridiano e si
appoggia al versore n.
Lo stato di tensione agente nel generico punto P della membrana è completamente
determinato una volta che sono note le tensioni sul piano meridiano e sul piano
trasversale, che vengono dette, rispettivamente, tensione meridiana (crm)e tensione

trasversale (crt)-

179
I
, 1------~------
,, Piano
,,' n p I I
I
I
I
\

Piano meridiano Asse di assialsimmet ·a

Figura 10.1

Si consideri un'elemento infinitesimo di membrana di superficie ds2 e spessore t che


si trova nell'intorno del punto P (figura 10.2).

ds

Figura 10.2
In generale tale elemento è dotato di una certa curvatura sia sul piano meridiano che
su piano trasversale. Indichiamo con Rmil raggio di curvatura nel piano meridiano
(o, più semplicemente, raggio meridiano) e con Ri il raggio di curvatura nel piano
trasversale (o, più semplicemente, raggio trasversale).
Con riferimento al piano meridiano è possibile valutare la risultante infinitesima
delle forze agenti in direzione n. Si consideri a tal fine lo schema riportato in figura
10.3.

180
n

Figura 10.3.

Il raggio Rmè legato alla dimensione ds dell'elemento dalla relazione


ds=d0mRm (10.1)
La risultante infinitesima nel piano meridiano si ottiene moltiplicando la
componente delle tensioni in direzione n, che vale:

2crmsin( d~m) (10.2)

per l'area su cui agiscono, tds. Quindi:

(10.3)

dove, essendo d0m infinitesimo, il seno dell'angolo è stato approssimato con


l'angolo stesso. Sostituendo nella precedente l'espressione di d0m ricavabile dalla
{IO.I) si ottiene infine:

ds 2
Hm=<r t- (10.4)
m R
m

Nel piano trasversale è possibile ottenere una relazione analoga sostituendo Rm con
R,:

(10.5)

181
Infine è possibile mettere in gioco l'effetto della pressione interna p, che tende a far
espandere la membrana:

Hp= pds 2 (10.6)

Per equilibrio si dovrà avere H 1+Hm=Hp, ovvero:

(10.7)

L'equazione così ottenuta prende il nome di equazione fondamentale delle


membrane. l segni relativi alle due tensioni e alla pressione p sono corretti se:
La pressione p è interna e tale quindi da far espandere la membrana;
I centri dei due raggi di curvatura sono all'interno della membrana, verso
l'asse di assial-simmetria (membrana "convessa").
È opportuno inoltre notare che in tale equazione compaiono due componenti di
tensione incognite. È necessaria quindi integrare l'equazione fondamentale delle
membrane con una seconda equazione che metterà in gioco una condizione di
equilibrio globale e che varierà quindi da caso a caso.

10.2 Recipiente cilindrico con fondi di estremità semisferici


soggettio a una pressione interna

Uno dei casi più comuni in cui può essere utilizzata la teoria delle membrane è il
calcolo delle tensioni in un recipiente cilindrico a parete sottile con fondi di
estremità semisferici di raggio Rocontenente un gas ad una certa pressione p (figura
10.4).

Figura I 0.4.

182
· · ·
Al fine di eseguire un corretto calcolo tens·1onaIe è necessario d1stmguere tra parete
cilindrica e fondi semisferici.
Si considerino dapprima la parte cilindrica del reci·p·iente, per Ia qua Ie ·1 · R ·
I raggio m e

infinito. Ciò consente di ricavare immediatamente la tensione nel piano traversale di


raggio R1=Ro a partire dall'equazione (I o.7).

p
O"t =-Ro (equazione di Mariotte) (10.8)
t

Per ricavare la tensione meridiana si impone una condizione di equilibrio in


direzione longitudinale mettendo in gioco la spinta agente sui fondi del recipiente e
la risultante delle tensioni meridiane sulla corona circolare di raggio Ro:

2 pRo cr
p1tRo=2m:rmRot~crm =--=-t (10.9)
2t 2

Sul fondo semisferico, per ragioni di simmetria sferica R1=Rm=Roe le due


componenti di tensione sono uguali (crm=cr
1). Quindi utilizzando l'equazione
fondamentale delle membrane si ottiene subito:

pRo
O't =O'm =-- (10.10)
2t

È opportuno infine ricordare che l'equazione fondamentale delle membrane non può
essere applicata nei punti in cui vi è una brusca variazione dei raggi di curvatura,
così come avviene nella zona di transizione tra pareti cilindriche e fondo.

10.3 Serbatoio cilindrico contenente un fluido


Si consideri un serbatoio cilindrico contenente un certo fluido di peso specifico y.
Ci si disinteressi per il momento della forma del fondo e si concentri l'attenzione
esclusivamente sulle pareti cilindriche. Con riferimento alla figura l0.5, si
considerino due possibili condizioni di vincolo:
I. il serbatoio è appoggiato al suolo (caso A)
2. il serbatoio è sostenuto da vincoli applicati a una certa altezza della parete
(caso B)

183
CASOA CASOB A

V
V

!
z
~z! B

Figura 10.5.

In entrambi i casi, la pressione all'interno del recipiente varia lineannente in


funzione della quota z misurata rispetto al pelo libero, secondo la legge di Stevino.
La tensione trasversale è quindi massima dove z è massima e può essere valutata
mediante la l'equazione fondamentale delle membrane, annullando il contributo
legato alla tensione meridiana in quanto il raggio Rmtende all'infinito:
"(Z
O't =-Ro (10.11)
t
La tensione meridiana cambia invece in funzione delle condizioni di vincolo:
CasoA: il peso del liquido scarica direttamente al suolo e quindi la tensione
meridiana è nulla sulla parete cilindrica del recipiente.
Caso B: la tensione meridiana è nulla nel tratto AB della parete posta al di
sopra dei vincoli. Nel tratto BC invece la tensione meridiana, che agisce
sulla corona circolare di spessore t e raggio Ro,deve riequilibrare il peso W
di tutto il fluido contenuto nel serbatoio, e quindi si avrà:

w
O'm =-- (10.12)
21tRot

Passando a valutare lo stato tensionale del fondo, nel caso di fondo semisferico il
punto maggionnente sollecitato è il punto più lontano dal pelo libero, dove per
simmetria sferica si ha:

pR 0 yzR 0
O't =O'm =--=-- (10.13)
2t 2t

184
Si consideri ora, invece, iI generico punto B apparten ente a un fiondo conico · (fi1gura
(0.6). Il raggio meridiano tende all'infinito mentre 1·1raggio
· traversa 1e va 1e:

r
R --- (10.14)
1- cosa

A E

Figura 10.6

La pressione relativa al punto B vale p = yz8 , dove y è il peso specifico del liquido.

La tensione trasversale in B risulta quindi pari a:

y z8 r
O't =-- (10.15)
tcosa

visto che il raggio Rmtende ali 'infinito.


Il calcolo deUa tensione meridiana va fatto invece mettendo in gioco il peso del
fluido contenuto nel volume ABCDE:

O'm = WABCDE (10.16)


21trtcos(a)

È opportuno sottolineare come nel caso di un fondo piano (a=1t/2) la tensione


meridiana risulterebbe infinita in quanto la membrana non è in grado di sopportare
sollecitazioni di flessione. Questo spiega perché nella pratica ingegneristica i fondi
piani sono usati solo nei recipienti in parete spessa, in presenza di elevate pressioni,

185
per i quali è opportuno adottare una schematizzazione diversa da quella della
membrana.
11
Comportamento a fatica ad alto
numero di cicli

11.l Introduzione
La definizione fornita dalla ASTM (American Society for Testing and Materials)
fornisce la seguente definizione per il fenomeno della fatica:
"Fatigue is the process of progressive localized permanent structural change
occurring in a materiai subjected to conditions which produce f/uctuating stresses
and strains at some point or points and which may culminate in cracks or complete
fracture afier a sujjicient number of jluctuations."

Questa definizione mette m evidenza tutti gli aspetti fondamentali inerenti alla
fatica:
1. Il tennine "progressivo" (progressive) implica che il processo di fatica
avviene in un periodo di tempo. Anche se la rottura per fatica è spesso una
rottura di schianto, i meccanismi di danneggiamento microscopici che
portano al cedimento finale agiscono fin dall'inizio della vita del
componente;
2. II termine "localizzato" (localized) rende esplicito il fatto che i meccanismi
sopra menzionanti agiscono in modo localizzato solamente in alcuni punti

del componente;
3. II tennine "permanente" (permanent) indica che una volta che il processo di
danno a fatica è iniziato, il processo è irreversibile;
4. II termine ''.fluttuante" (fluctuating) indica che tensioni e deformazioni sono

cicliche e variano nel tempo;


S. II termine "cricche" (cracks) indica che la causa del cedimento a fatica è la
fonnazione e progazione di cricche nel materiale;

187
6. Il tennine ".frattura"(fracture) indica che il cedimento finale a fatica
avviene per separazione del componente in due o più parti.

11.2 Cenni storici


Per descrivere l'insieme delle sollecitazioni ripetute nel tempo si usa il termine di
"fatica", dal verbo latino fatigare, ossia stancare. li primo ricercatore ad affrontare
in modo sistematico il fenomeno della fatica fu un ingegnere tedesco, Wohler,che
lavorava presso le ferrovie di stato. Egli notò come gli assali dei treni manifestassero
nel tempo delle rotture dovute a sollecitazioni in esercizio molto inferiori a quelle
statiche a cui erano stati sottoposti in laboratorio. Wohler comprese come in
presenza di un numero molto elevato di cicli di sollecitazione il componente
manifestasse una resistenza completamente diversa, e assai minore, di quella statica.
Ancora oggi la curva che fornisce la resistenza a fatica del materiale in funzione del
numero di cicli viene universalmente chiamata curva di Wohler.

11.3 Parametri fondamentali


I principali parametri utilizzati per caratterizzare i fenomeni di fatica sono:
1. Il numero di cicli carico a cui è soggetto il componente, n, e il numero di
cicli a cui il componente cede per un definito livello di tensione N·
' '
2. Le modalità con cui varia il carico nel tempo, quantificabile attraverso le
seguenti grandezze:
Tensione massima e minima , crmax, crmm
.

Ampiezza di tensione, cr8 = crmax - crmin


2

Tensione media, crm = crmax + crmin


2
Range di tensione, Acr = 2cr = cr _ cr .
a max mm

Rapporto di ciclo, R =~min


crmax
Dalle precedenti definizioni è possibile anch . • • •
e ricavare 1e seguenti relazioni:
1-R l+R
cra =--crmax 1-R
2 O'm =2crmax cra =--<Jm (I I.I)
l+R

188
Il modello più semplice da utilizzare per descr,·vere Ia variazione
· · d e I carico
· ne I
tempo è sicuramente quello di un'onda sinusoidale (figura 11.1) ad ampiezza
costante descrivibile dall'equazione:
CJ = CJm + CJ8 sen(2nrut) (11.2)
dove t rappresenta il tempo e w la frequenza.
Esistono tuttavia anche dei modelli più sofisticati, quali ad esempio uno spettro di
carico con ampiezza costante a blocchi (figura 11.2), fino ad arrivare via verso cicli
di carico reali.

O'max

t
O'min

Figura 11. 1.

O'

Figura 11.2.

In letteratura viene definito "fondamentale" il ciclo alterno simmetrico che vede la


tensione massima uguale in modulo e di segno opposto alla tensione minima (R =
- I). Per il ciclo fondamentale la tensione media è quindi nulla e il valore
dell'ampiezza di tensione coincide con il valore della tensione massima. In figura
11.3sono mostrate graficamente I' ampiezza di tensione, la tensione media e il range
di tensioencon riferimento a una forma d'onda sinusoidale.

189
Figure 11.3.

11.4 La curva di Wohler


11diagramma di Wohler è una curva fondamentale nella progettazione e verifica a
fatica degli organi di macchina. Essa riporta in ascissa il numero di cicli a rottura e
in ordinata il valore di ampiezza di tensione applicata corrispondente alla resistenza
del componente per quel dato numero di cicli.
La curva di Wohler è una curva ad ampiezza di tensione costante, tracciata per un
ben determinato valore di rapporto di ciclo R. Essa è una curva di natura
sperimentale, determinata utilizzando di norma 10-15 provini sollecitati a diversi
valori di ampiezza di tensione. La procedura sperimentale da seguire può essere
così riassunta:
I. Fissata una certa ampiezza di tensione, O'a,si eseguono un certo numero di
test a fatica portando a rottura una serie di provette identiche; a seguito
della dispersione statistica che caratterizza il fenomeno, le provette, seppur
sollecitate con la stessa ampiezza di tensione, giungono a rottura ad un
numero di cicli anche notevolmente diverso;
2. Si varia l'ampiezza di tensione e si ripetono i test descritti al punto 1 (si noti
già che variando l'ampiezza di sollecitazione, mantenendo fisso il rapporto
di ciclo, risulterà variata anche la tensione media O'm);
3. Si riportano i risultati così ottenuti in un diagramma doppio logaritmico e si
interpolano con una relazione lineare.
Un esempio dei risultati che si possono ottenere con la procedura appena descritta è
riportato in figura 11.4.

190
1000

......
...<!ED)
CÙ-Gqp
100 ......
~aro
o -<&>.. .........
o .....

10 . .., ...
1000 100000 10000000

Numero di cicli
Figura 11.4.
Rielaborando i risultati sperimentali è possibile arrivare ad una schematizzazione
come quella rappresentata in figura 11.5 dove si possono individuare 3 zone ben
distinte:
1. Nella parte sinistra del diagramma si ritrovano le proprietà di resistenza a
rottura del materiale. Tuttavia, per valori elevati delle tensioni e per vite
inferiori a 103-104 cicli, si parla di fatica oligociclica e il fenomeno va
descritto utilizzando le deformazioni piuttosto che le tensioni. La
descrizione del fenomeno di fatica in questa zona esula dagli obiettivi del
presente capitolo;
2. Segue, spostandosi da sinistra verso destra, una zona in cui si assiste a una
riduzione della resistenza a fatica, nota come zona di vita a termine,
rappresentata da un tratto inclinato a pendenza costante (in un diagramma
doppio logaritmico). La riduzione della resistenza a fatica che avviene in
questa zona è quantificabile dalla seguente relazione, detta equazione di
Wohler:

(11.3)

L'esponente k viene definito pendenza inversa; più elevato è il valore di k,


minore è il coefficiente angolare della curva di Wohler.

191
Tipicamente per acciai e leghe leggere si hanno valori di pendcn;,..ainversa
circa uguali a 8-10 per i provini lisci e J-4 per i provini intagliati.

Logo
o

LogN
103-104
Fatica Zona di vita a Comportamento diverso a
oligociclica tennine seconda dei materiai i

Figura 1I .5.
Noti due punti sulla curva Wohler, A e B, la pendenza inversa può essere calcolata
con la relazione (si veda anche figura 11.6):
k = logNA -logNB ( 11.4)
loga 8 , 8 - logaa,A

CJa,B

No
Figura 11.6

3. infine, sul lato dt.-strodel diagramma, compare un ••plateau"definito /imile


di Jutka ti,:/ mt11er1ale(per il quale in genere si utilizza il simbolo <YA..:,)-

192
1canon po rteranno
e t'
Ampiezze di tensione costanti ed inferiori al li'mi'te d'1 1a
mai a rottura il materiale. li limite di fatica è una gran dezza cara tteris· t'tea
degli acciai sollecitati ad ampiezza costante (nel caso di provini
perfettamente lucidati e privi di intagli). Le leghe di alluminio non
presentano invece un limite di fatica, ma presentano, oltre un certo numero
di cicli, una pendenza inversa maggiore, ad indicare comunque una minore
sensibilità del materiale alla fatica.

L'equazione della curva (in particolare il valore della costante e dell'esponente k)


viene tipicamente ricavata con un "best fitting" dei dati sperimentali basato sul
metodo dei minimi quadrati. La curva rappresenta pertanto i valori medi di
resistenza a fatica (si parla di probabilità di sopravvivenza del 50%, PS 50%).
Questo significa che in termini statistici per la metà dei provini testati la rottura è
avvenuta ad un numero di cicli inferiore rispetto a quello descritto dalla curva,
mentre per l'altra metà la rottura è avvenuta ad un numero di cicli superiore. Di
norma ci si cautela ricavando, oltre al valore medio, una banda di dispersione, e
determinando anche le curve relative a PS più elevate (90% e in alcuni casi anche
del 97.7% o 99.9%) da usare come curve di progetto (si veda figura 11.7).

Logcr
a

Figura 11.7.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è il fatto che molte normative


fomiscono progettista non più il limite di fatica ma una tensione di riferimento crA
da utilizzare nella progettazione a fatica ad alto numero di cicli. La grandezza O'A dà

193
la resistenza a fatica in termini di ampiezza per un prefissato numero di cicli N
A,
laddove, NA è in genere posto in corrispondenza a 2 milioni di cicli.

11.5 Approcci fondamentali alla progettazione a fatica


Negli anni i criteri di progettazione a fatica sono evoluti, a partire dal cosiddetto
criterio di vita infinita fino al criterio damage tolerant (letteralmente "tollerante del
danno"). Nel seguito i diversi criteri saranno brevemente introdotti e discussi.

11.5.1 Criterio Infinite Life


È il criterio di progettazione più datato. Richiede che tensioni e deformazioni siano
sempre lineari elastiche e ben al di sotto del limite di fatica. È un criterio ancora in
uso per componenti particolari come ad esempio alcune valvole che devono resistere
a decine di milioni di cicli.

11.5.2 Criterio Safe Life


Il criterio a vita infinita risulta inaccettabile per molte applicazione moderne, in
quanto darebbe luogo a componenti pesantemente sovradimensionati. In molti
settori, come quello automobilistico, ci si accontenta di una progettazione a vita
finita che viene detto criterio Safe Life. In tale criterio i componenti sono progettati
per garantire una certa vita (numero di cicli) definita in fase di progetto. Ciò viene
garantito tramite l'utilizzo di coefficienti di sicurezza spesso elevati. A fine vita il
componente viene rimosso anche se non presenta danno evidente.

I 1.5.3 Criterio Fai/ Safe


Un criterio ulteriormente più evoluto è il criterio Fai/ Safe. In tale criterio i
componenti sono progettati per possedere una resistenza residua anche dopo un
cedimento parziale o prevedendo la presenza di elementi sacrificali che arrivando a
cedimento per primi danno un'indicazione del raggiungimento di condizioni critiche,
senza comunque compromettere l'integrità complessiva della struttura. Il
componente viene rimosso una volta che esso ha raggiunto la sua vita ammissibile di
progetto. In questo caso i coefficienti di sicurezza sono più bassi rispetto al caso
precedente ma vi è la necessità di predisporre piani di ispezione periodica adeguati.

194
t J.5.4Criterio Damage Tolerant

Il criterio Damage Tolerant rappresenta un'evoluzione del criterio Fai/ Safe. In


particolare si assume che il componente possa essere performante rispetto alle
condizioni operative di progetto anche in presenza di uno stato di danno o di
difettosità (cricche di fatica). Anche in questo caso va prevista una accurata e
continua ispezione del componente per monitorare l'evoluzione del danno e la
sostituzione/riparazione dello stesso al raggiungimento delle dimensioni critiche del
danno.

11.6 Fatica ad ampiezza costante: fattori che influenzano la


resistenza a fatica

Dall'esame di numerosi risultati di test a fatica ad ampiezza costante sono stati


individuati diversi parametri che influenzano la resistenza a fatica di un organo di
macchina. Tipicamente questi parametri sono suddivisi in due classi:
l. Parametri interni: sono strettamente legati alle caratteristiche intrinseche del
componente in esame e sono:
- materiale con cui è realizzato il pezzo;
- dimensioni assolute del componente;
- finitura superficiale;
- trattamenti superficiali;
- geometria del componente ed effetti di concentrazione delle tensioni.
2. Parametriesterni: sono legati invece all'ambiente e alle condizioni di esercizio
cui è soggetto l'organo di macchina e sono:
- tipo di sollecitazione;
- ambiente e temperatura;
- modalità di variazione del carico;
- tensione media e rapporto nominale di ciclo;
- storia di carico precedente.

195
11.6.1 Parametri interni
1t.6.1.1 Materiale con cui è realizzato il pezzo
Nella letteratura specialistica si è dimostrato che la resistenza a fatica del materiale
base può essere legata alla tensione di rottura del materiale stesso, tipicamente con
riferimento a prove di flessione rotante (R=-1 ).
Il diagramma rappresentato in figura I 1.8 mostra per alcune classi di acciai
l'andamento del limite di fatica a flessione rotante (N~ I 07 cicli) in funzione della
tensione di rottura. Si osserva come in generale si possa affermare che esiste una
relazione approssimativamente lineare tra queste due grandezze del tipo:

( 11.5)

dove q>viene chiamato rapportodifatica e tipicamente per i materiali da costruzione


tradizionali assume valori compresi tra 0.35 e 0.6. Di norma si assume come valore
rappresentativo per gli acciai q>=0.5. La normativa UNI 7670 suggerisce al
progettista di utilizzare la precedente relazione per stimare non il vero e proprio
limite di fatica ma un valore di riferimento crA valido per due milioni di cicli
(NA=2x]06).

o 250 500 750 1000 1250 1500 1750 2000


Tensione di rottura statica [MPa]

Figura I J .8.

196
11.6.1.2 Dimensioni assolute del pezzo
Inevitabilmente, anche con le più moderne tecnologie di produzione, i materiali
contengono al loro interno dei difetti di produzione, quali ad esempio porosità o
microcricche, inclusioni rigide (ossidi ecc.) che ovviamente penalizzano la
resistenza meccanica del pezzo e, in particolare, la resistenza a fatica. È chiaro
inoltre, dal punto di vista statistico, che maggiori sono le dimensioni assolute del
pezzo considerato, tanto più probabile è la presenza di difetti, che costituiscono sedi
preferenziali per l'innesco della cricche di fatica. A parità di ogni altra condizione
quindi, maggiori sono le dimensioni assolute minore è la resistenza a fatica.
Dato che tipicamente il valore del limite di fatica dei materiali è ottenuto con prove
di laboratorio su provette di diametro limitato (tipicamente di 1O mm per provette
testate a flessione rotante) si introduce un fattore di penalizzazione Kd che dipende
dalle dimensioni del componente in esame. Come esempio si cita la Norma UNI
7670, secondo la quale Kd vale 1.0 nel caso di un albero con diametro di 1O mm e
arriva fino a un massimo di 1.45 per diametri superiori a 250 mm (figura 11.9).

1.4

1.2

1.0 111111!!::::,
__ _i____.__.__.___......_.........,__._ _ ___. _ _.____,
IO 20 50 100 200 300
Diametro rmm1
Figura 11.9.

11.6.1.3 Finitura superficiale


Come discusso in precedenza, la fatica è un fenomeno locale e la presenza di
rugosità superficiali (finitura superficiale scadente) può creare delle zone
preferenziali di più facile innesco delle cricche di fatica. Quindi, a parità di ogni
altra condizione, migliore è la finitura superficiale maggiore è la resistenza a fatica
del componente poichè viene incrementata la frazione di vita a fatica spesa per la
nucleazione di una cricca macroscopica.
Alla luce del fatto che i dati relativi al limite di fatica degli acciai sono tipicamente
ricavati da prove condotte in laboratorio su provette caratterizzate da un elevato

197
grado di finitura superficiale, è norma introdurre un coefficiente di penalizzazione
KL che sarà tanto più prossimo a I quanto migliore sarà la finitura superficiale del
componente. La finitura può essere verificata utilizzando un rugosimetro che è in
grado di valutare il profilo della superficie e fornisce l'indice di rugosità Ra con
riferimento a una certa base di misura L fissata dalle norme tecniche.
Tipcamente il fattore KL viene espresso in funzione dell'indice Rae della tensione di
rottura del materiale attraverso dei diagrammi come quello riportato
qualitativamente in figura 11.1O. È importante notare come la penalizzazione dovuta
a una cattiva finitura sia maggiore per gli acciai ad alta resistenza ( elevata crR)che
per gli acciai da costruzione tradizionali. Questo significa che se non si ha la
possibilità di avere un elevato controllo della finitura superficiale è maggiormente
penalizzante utilizzare acciai con una elevata tensione di rottura.

3
_____ R,<75 µm Fusione in sabbia o forgiato
KL
2.sir-------t----1---~ ------40<R,<75 µm Laminato o forgiato di precisione

2 _,.,/ 16<R,<40 µm Sgrossato


__

/4<R,<16 µm Sgrossato fine


_,,,, l .6<R,<4 µm Piallato
-- 0.6<R,<l.6 µm Rettificato
I _ -- 0.6<R,<l.6 µm Rettificato fine
300 600 900 1200 '-- R,<0.25 µm Lucidato

Figura 11.10.

11.6.1.4 Trattamenti superficiali


I trattamenti superficiali possono influenzare la resistenza a fatica di un componente
agendo in due direzioni:
I . Modificandone la finitura superficiale;
2 - creando uno strato superficiale di materiale soggetto a tensioni residue di
compressione che si possono opporre alla nucleazione delle cricche,
aumentand0 quindi la vita a fatica del componente.

198
Di nonna si hanno due classi di trattamenti superciali:
di natura meccanica come ad esempio pallinatura e rullatura:
di natura termo-chimica come ad esempio cementazione, nitrurazione,
tempra per induzione superficiale.
È importante sottolineare gli effetti dei trattamenti superficiali cambiano in funzione
delle geometrie e dei materiali e che quindi l'incremento di resistenza a fatica va
valutato sperimentalmente per il componente di interesse.

11.6.1.5 Geometria del componente ed effetti di concentrazione


delle tensioni
Variazioni geometriche e dimensionali, come fori e intagli, variazioni di diametro,
spallamenti, sedi per chiavette o linguette sono comunemente presenti nella maggior
parte· dei componenti meccanici per garantire il rispetto delle esigenze funzionali.
Tali discontinuità, causa di una perturbazione della distribuzione di tensione
nominale, comportano un aumento locale delle tensioni e delle deformazioni.
Per illustrare questo effetto si consideri una piastra interessata, in corrispondenza di
una certa sezione, detta sezione netta, dalla presenza di un intaglio. Come mostrato
qualitativamente in figura 11.11, la distribuzione reale delle tensioni lineari
elastiche è differente da quella nominale (uniformemente distribuita) che si avrebbe
su un componente completamente liscio, con una concentrazione di tensione nelle
adiacenze dell'irregolarità geometrica.
F F

O'picco elasli nominalcnetta

(J nominalelorda

F F

Figura 11.11

199
È possibile definire una tensione nominale sulla sezione lorda ("gross area", pedice
g) o sulla sezione netta ("net area", pedice n) della piastra
F F
crnominalenetta = Anctta
(11.6)
crnominalelorda =-A--
lorda
In prossimità dell'apice dell'intaglio si può notare la presenza di un picco di tensione
il cui valore massimo è definito tensione di picco elastico, CTpiccoelastico· La tensione di
picco è legata alla tensione nominale mediante il fattore teorico di concentrazione
delle tensioni K1,

(11.7)
O'piccoelastico =O'nom · Kt

K1 può quindi essere riferito alla tensione nominale netta o lorda e si parla
rispettivamente di K1,ne1 e K1,gross:

K _ O'picco elastico K _ O'picco elastico (11.8)


t,net - t,gross -
O'nom,netta O'nom,lorda

Il fattore teorico di concentrazione delle tensioni fotografa quindi la situazione in un


punto e fornisce la tensione massima che risulta amplificata rispetto a quella
nominale. Per definizione, il fattore teorico di concentrazione delle tensioni è sempre
valutato in campo lineare elastico, è indipendente dal materiale con cui è realizzato
il pezzo e dalle sue dimensioni assolute. Il K1 dipende invece dai rapporti
dimensionali tra le grandezze geometriche del compoenente; di conseguenza due
componenti intagliati e scalati in proporzione geometrica hanno lo stesso K1•
Il fattore teorico di concentrazione delle tensioni può essere detenninato in diversi
modi:

Per via analitica: in alcuni e limitati casi notevoli il K1 può essere


detenninato in modo esatto utilizzando strumenti matematici estremamente
sofisticati;

Per via numerica: il K, può essere ottenuto numericamente utilizzando


particolari codici di calcolo che discretizzano il componente in un numero
elevato di elementi finiti.

200
Per via sperimentale: esistono delle tecn · h .
. ., 1c e sperimentali quali ad esempio
la fotoelastlc1ta che permettono di dete · , • ·
rmmare 1 andamento delle tenstom
in un componente e quindi anche il K1
In letteratura esistono dei manuali come ad esemp·10 1-1 manua 1e de I peterson che
riportano in opportuni diagrammi i valori del fattore di concentrazione delle tensioni
Kiper un elevatissimo numero di geometrie e di· config uraz1om
· · d"1 carico
· d"1verse.
All'aumentare della gravosità dell'intaglio aumenta anche il gradiente di tensione
nelle adiacenze dell'apice ed aumenta quindi di conseguenza il valore del Ki, come
mostrato qualitativamente in figura 11.12. Quando il raggio di raccordo r ~O, in
campo lineare elastico, la tensione all'apice dell'intaglio tende ad infinito e si
manifesta quindi una singolarità nei campi di tensione.

F F

F F

Figura 11.12.
Le verifiche statiche dei componenti meccanici sono tipicamente condotte
utilizzando la tensione nominale nella sezione a minor resistenza (sezione netta),
trascurando completamente l'effetto di concentrazione delle tensioni indotto da
eventuali variazioni geometriche. Questo approccio è completamente giustificato
dalle proprietà di duttilità dei materiali da costruzione tradizionali. Si consideri
infatti una piastra forata soggetta ad una sollecitazione di pura trazione. Aumentando
la forza F cui è soggetta la piastra, vi sarà un istante in cui la tensione di picco
all'apice del foro raggiunge la tensione di snervamento del materiale; da questo
Punto in poi il materiale abbandona l'ipotesi lineare elastica. Si supponga, per
semplicità, che il materiale presenti un comportamento elastico-perfettamente

201
plastico come quello rappresentato nella figura 11.13.

O'

O'sn

Figura 11.13.

Aumentando ulteriormente la forza applicata, per mantenere l'equilibrio, la zona


plasticizzata aumenterà in dimensioni fino ad un istante in cui tutto il fronte avrà
raggiunto il valore di snervamento (figura 11.14). Fino ad ora il componente non si è
rotto ma si è solamente snervato e da questo momento in poi il fronte compatto
andrà a rottura.
F" F"

F F' F" F"


Figura 11.14.

Grazie quindi alle caratteristiche plastiche del materiale vi è stato un istante in cui le
tensioni nel componente intagliato si sono uniformate prima di giungere a rottura.
Questo permette di adottare un approccio basato sulla tensione nominale nella
sezione ristretta per le verifiche statiche. Questo tipo di semplificazione non è invece
lecita nel caso di materiale fragili in cui la cricca, una volta nata, propaga e la
struttura cede di schianto. Lo stesso si può dire per la fatica in cui le proprietà duttili

202
dei materiali "sembrano congelate". La curva di .
. . . ·. resistenza a fatica di un componente
intagliato è mfattt, a parità dt ogni altra condizion d" .
. e, tvcrsa da quella del materiale
liscio, come mostrato m figura 11.15.

Kr
<JAoo materiale
<JAoocomponente

Figura 11.15.

Con riferimento alle ampiezze di tensione sulla sezione netta, è possibile definire
un fattore Kr, detto fattore di riduzione della resistenza a fatica, che quantifica la
riduzione della resistenza a fatica del componente intagliato rispetto a quello del
materiale base (non intagliato) a parità di ogni altra condizione. Tale fattore è di
natura sperimentale ed è definito come:

crAa:>materialebase
Kr=--'c.=.--===.c.~~- (11.9)
crAa:>componenteintagliato

Kf assume quindi valori sempre maggiore o al più uguali all'unità. Molto spesso

nelle applicazioni industriali il fattore Kf viene definito usando i valori di

resistenza a fatica crA del materiale base e della provetta intagliata valutati a

N=2· J06 cicli:


mal.base
G A,2·106
K r~------ (11.10)
comp.int.
G A,2·106

È chiaro quindi che per determinare Kf è necessaria una onerosa attività


sperimentale volta a determinare il limite di fatica del materiale base e quello del

componente intagliato.

203
Esiste però la possibilità di stimare Kr, evitando una costosa sperimentazione,
sfruttando la conoscenza del fattore teorico di concentrazione delle tensioni K1•
Nella pratica, con riferimento al ciclo fondamentale R=-1, si presentano due distinti

casi:
Completa sensibilità ali 'intaglio. Nella pratica ingegneristica per acciai di
comune utilizzo in ambito strutturale è possibile assumere una completa
sensibilità all'intaglio quando il raggio di raccordo dell'intaglio è maggiore di 2
mm. In tal caso si avrà, in vantaggio di sicurezza, KFK1 . Questo significa che
è solamente un punto a decidere il fenomeno di cedimento a fatica e che
corrisponde al punto che vede le tensioni amplificate di un fattore K, (criterio
di punto). Mentre però K1 è un fattore teorico, Kr è un fattore sperimentale che
quantifica una riduzione del limite di fatica. L'uguaglianza tra i due parametri è
quindi solamente di natura numerica e non concettuale e dimostra che è un
punto a decidere il cedimento dell'intero componente.
Incompleta sensibilità a/l'intaglio. Al dimunire del raggio di raccordo, si passa
da una completa sensibilità all'intaglio ad una parziale sensibilità all'intaglio e
la riduzione della resistenza a fatica è minore di quella che si ottiene
semplicemente dividendo il limite di fatica del materiale base per K1• In tal
caso Kr < K,. È come se a comandare il fenomeno di cedimento del
componente sia una tensione media valutata ad una conveniente distanza
dall'apice, che dipende dal materiale.

Quando la sensibilità all'intaglio è parziale è possibile stimare Kr utilizzando K1 e un


coefficiente di natura empirica, q, detto indice di sensibilità a/l'intaglio secondo la
seguente relazione:
Kr= l+q(K 1-l)
11coefficiente di sensibilità all'intaglio è spesso espresso utilizzando delle relazioni
dovute a Peterson o a Neuber:
I
q = --a (Peterson)
I+-
q= {a'" (Neuber) (11.11)
r l+v~

204
dove r è il raggio all'apice dell'intaglio "a" " ,,,
. • • e a sono delle lunghezze
caratteristiche del materiale che dipendono dalla t · d"
ens1one I rottura. All'aumentale
della tensione di rottura diminuisce il parametro . .
a e aumenta d1 conseguenza 11
coefficiente di sensibilità all'intaglio q. In conclusi·one 1- · . . . .
g I acc1a1a 1to-res1stenz1a11
sono più sensibili all'intaglio degli acciai basso-resistenziali.

t t .6.2 Fattori esterni


t t.6.2.1 Influenza del tipo di sollecitazione
I valori di resistenza a fatica riportati per i materiali comuni sono tipicamente
ricavati con prove di flessione rotante. Tuttavia in letteratura è anche documentato
come la resistenza a fatica di provini soggetti a trazione o flessione piana sia diversa
da quella ottenuta da test a flessione rotante.
Passando infatti da flessione piana a flessione rotante fino ad arrivare a trazione pura
si ha un progressivo aumento del volume di materiale all'interno del provino che
risulta soggetto al massimo valore di tensione. Come mostrato schematicamente in
figura 11.16 infatti, nel caso di flessione piana il volume soggetto a massima
tensione riguarda solo i punti più distanti dall'asse neutro. Passando a flessione
rotante il volume di materiale soggetto a tensione massima aumenta e diventa una
corona circolare, mentre nel caso di trazione pura l'intera sezione è soggetta al
valore massimo di tensione.

oo•
Flessione piana Flessione rotante Trazione

Figura 11.16.

Questo aspetto influenza notevolmente la resistenza a fatica del componente. Se il


datodi resistenza a fatica di cui si è in possesso è stato ottenuto da prove di flessione
. la res·isten7.8 a fatica in presenza di altre
rotante, oA,R·-h per determinare

205
sollecitazioni si è soliti dividere cri\.M _, per un coefficiente Kv che vale 0.8 per la
flessione piana e 1.12 per In trazione.

11.6.2.2 Ambiente e temperatura


Per acciai comuni e leghe leggere per applicazioni strntturali la resisten;;,aa fatica è
generalmente decrescente in funzione della temperatura; tuttavia l'effetto è
realmente significativo esclusivamente per variazioni di temperatura che possono
modificare la struttura del materiale o comunque alterare i trattamenti termici subiti
dal componente (l'effetto è trascurabile fino a I 50-200°C). Tuttavia in letteratura
non esistono riferimenti precisi e gli effetti devono essere di volta in volta valutati
con prove sperimentali dedicate. La presenza nell'ambiente di esercizio di agenti
corrosivi provoca degli effetti estremamente negativi sulla superficie del materiale,
penalizzando notevolmente la resistenza a fatica del componente e può rendere
necessario realizzare continue sostituzioni degli elementi più sollecitati.
In molti casi si ha anche un effetto sinergico tra fenomeni corrosivi e stati tensionali
(tensocorrosione) che comporta delle penalizzazioni su.Ila resistenza a fatica di gran
lunga superiori alle somma dei singoli fenomeni considerati separatamente, con una
riduzione della resistenza a fatica che può arrivare anche all'S0-900/o.

11.6.2.3 Modalità di variazione del carico


Negli anni in letteratura è stato investigato anche l'effetto della modalità di
variazione del carico sulla resistenza a fatica. Gli aspetti più rilevanti a tal proposito
sono:
I. Frequenza d'esercizio. Elevate frequenze possono indurre fenomeni di
isteresi nei materiali metallici con conseguente riscaldamento del
componente, ricadendo quindi in quanto già discusso relativamente
all'effetto della temperatura. Negli acciai tuttavia si manifestano fenomeni
di isteresi significativi solamente a frequenze molto elevate e superiori ai
IOOHz. È opportuno menzionare che in tal caso i risultati di eventuali test
condotti a frequenze elevate vanno contestualizzati e riferiti non alla
temperatura ambiente ma alla temperatura raggiunta localmente dal provino
per effetto di isteresi.

206
2. Forma d'onda. L'effetlo della for d'
. . ma 0nda che descrive la variazione del
carico sulla resistenza a fatica vi
. . . enc comunemente trascurato, anche se
esiste una oggettiva differenza in ter .. d" .
. . mmi I gravosità tra una forma d'onda
smuso1dale e ad esempio un'ond· d
. . . a qua ra (nella seconda modalità la
sollec1taz1onemassima nel ciclo è ap r . .
P icala per una durata maggiore)
3. Fermate. Durante l'esercizio un organ .
_ . o meccanico è soggetto a cicli di
canco d1 durata diversa e soprattutt . . .
o non continui. E stato comunque
dimostrato in letteratura che a parità d"1 ampiezza
. d"I sollec1taz1one
. . cr. un
componente sollecitato con blocchi di cari·co d"1 durata d'1versa e non
continui giunge a rottura quando ta somma de1· numen· d1· c1ch
· · spesi· per
ciascun blocco eguaglia il numero d"I c1c
· 1·I a rottura per una stona
· d1· canco
·
continua. Quindi è possibile affermare che non è stata riscontrato un chiaro
e oggettivo effetto delle "fermate" sulla resistenza a fatica.

11.6.2.4 Tensione media e rapporto di ciclo


Si è dimostrato sperimentalmente che quando la tensione media è diversa da O
(ovvero per cicli di carico diversi da quello fondamentale con R=-1) la resistenza a
fatica dipende non solo dall'ampiezza di tensione ma anche dalla tensione media.
Le curve di Wohler per O'm diversa da zero possono essere stimate utilizzando il
diagramma di Goodman-Smith. Il diagramma di G-S è uno strumento grafico
semplificato che fornisce l'ampiezza di tensione crAe la tensione massima uMAXche
il materiale può sopportare ad un certo numero di cicli NA,in funzione della tensione
media. I) diagramma vale quindi per un numero definito di cicli NA anche se in
genere esso viene disegnato con riferimento a 2 milioni di cicli.
Il diagramma ha inoltre il pregio di essere sempre in favore di sicurezza in quanto i
dati sperimentali si posizionano solitamente all'esterno del diagramma.
Nel seguito verranno spiegati i passi fondamentali per costuire il diagramma di G-S

semplificato:
Si consideri un piano cartesiano che presenti la tensione media sull'asse delle
ascisse e Ja tensione massima (o minima) sull'asse delle ordinate.
Si tracci la bisettrice del primo e terzo quadrante e si individui un punto A
appartenente alla bisettrice e di coordinate (crR;crR)-Tale punto rappresenta una

207
. . d" ar,·co ,·n cui la tensione media O'm e la tensione massima crMAx
cond 1zione I c
.
eguag I1ano 1a tens1·one d"i roltura statica del materiale. In tal caso quindi
l'ampiezza di tensione O'Arisulta pari a zero.
Quando la tensione media O'rnè nulla, otteniamo il ciclo fondamentale (R=-J)
(punto B) e -crA.R~-i
sono pari rispettivamente a O'A,R=-1
in cui O'MAXe O'MIN

(punto C).
Si congiungano ora i punti AB e AC. In particolare la linea AB rappresenta la
tensione massima che il materiale può sopportare che risulta variabile tra crA,R=-
1 e O'R-Invece i segmenti misurati secondo la verticale e compresi tra la linea
della tensione massima e la bisettrice rappresentano i valori massimi
e zero. Il
dell'ampiezza di tensione O'A,che possono quindi variare tra CJ'A,R=-1
segmento AC rappresenta infine la tensione minima.
Finora è stato tracciato il diagramma nel primo e quarto quadrante, ovvero per
valori di tensione media, crm positivi. Si consideri invece ora la parte del
diagramma relativo alla compressione (am<O). È ragionevole supporre che in
compressione le cricche di fatica eventualmente sviluppatesi incontrino una
difficoltà molto maggiore a propagare rispetto al caso ( O'm>O).È possibile
quindi fonnulare l'ipotesi che in presenza di cicli compressivi la resistenza a
fatica in termini di ampiezza resti invariata rispetto a quella del ciclo
fondamentale (R=-1). Questo si traduce nel tracciare due semirette parallele
alla bisettrice del primo e terzo quadrante a partire dai punti B e C. Tali
semirette vanno troncate quando O'maxe O'minraggiungono il valore di rottura
aR, individuando cosi nel diagramma i punti F e D.
Nel diagramma finora tracciato esistono tuttavia delle incongruenze. Infatti la
tensione media Um è propriamente tale solo fino al punto M, individuato dalla
verticale in D. Per valori di tensione media inferiori non si ha simmetria nel
ciclo, il che è evidentemente errato.
Il problema è di risoluzione immediata sostituendo nel diagramma alla
poligonale EFG il segmento EG, dove il punto G è individuato
dall'intersezione tra il segmento BG e la verticale in D. In questo modo il
diagramma è completo (figura 11.17).

208
<J'max, <J'min

Figura 11.17.

crmax, <J'min

<J'RI-------~~
A

E D
Figura 11.18.

209
Come ultima osservazione si vuole sottolineare come durante la progettazione
statica non sia consentito superare il limite di snervamento del materiale, al fine di
evitare dcfonnazioni plustiche permanenti. È possibile quindi modificare il
diagramma di Goodm1111-Srnithper tenere in considerazione questo aspetto. È
sutlicicnte, delimitare il diagramma in modo che la tensione massima e la tensione
minima non superino la tensione di snervamento del materiale, O"sn, preservando la
simmetria delle tensioni nel diagramma come visto in precedenza (si veda figura
11.18).
Nel seguito verranno ricavate delle espressioni utili a quantificare l'effetto sulla
resistenza a fatica di una tensione media diversa da zero.
Si consideri il primo quadrante del diagramma di Goodman-Sm ith (crm>O).
L'ampiezza di tensione risulta pari, per ogni valore di crm, alla differenza tra la
tensione massima, descritta dal segmento di retta passante er i punti A e B, di
equazione:

crMAX - crMAX,A
(11.12)
crMAX,B -crMAX,A crm,B-crm,A

Sostituendo nella (11.12) le coordinate dei punti A e B in termini di tensione


massima e media si ottiene:

O'MAX-crR _ O'm -crR


(11.13)
crA,R=-1 -(J'R 0-crR

Apportando le opportune semplificazioni, la (11.13) diventa:

(11.14)

Quindi la resistenza a fatica in temmini di ampiezza si può ottenere sottraendo alla


(11.14) la tensione media crm:

(11.15)

2IO
tta come:
Infine,con semplici passaggi la ( 11.15) può essere riscri

• -
O'A(<rm)-O'A,l{=-1 ( "'J
. I- 0'111
CJR
(11.16)

nel caso di rapporti di tensione


che consente di calcolare la tensione di riferimento
. "'
media non nulla e pari a 0- 111 •
e una relazione che fornisce la
A partire dalla ( 11.16) è anche possibile detenninar
di ciclo R generico. Infatti,
resistenza a fatica in funzione di un rapporto nominale
ciclo R pennette di legare, tra
come visto all'inizio di questo capitolo, il rapporto di
tensione. La generica relazione
le altre cose, anche la tensione media e l'ampiezza di
è la seguente:
l+R
O' =--0' (11.17)
m 1-R a

• tale
certa tensione media crm
Con riferimento alla resistenza a fatica relativa ad una
relazione diventa:
• l+R
O'm = 1-R crA ( I 1.18)

Sostituendo la (11.18) nella (11.16) si ottiene:

(11.19)

Infine, raccogliendo infine crA:

O' (R)= crA,R=-J'O'R (11.20)


A (]
--
+RcrA)'R=-1 +crR
1-R

che rappresenta la relazione cercata.

11.6.2.5 Storia precedente del componente


ole influenza sulla sua resistenza
La storia precedente del pezzo può avere una notev
il pezzo potrebbe aver subito
a fatica. Infatti per effetto delle lavorazioni che
no manifestare all'interno del
(saldature O altre lavorazioni meccaniche) si posso
ne ' possono penalizzarne la
componente delle tensioni resi.d ue che , se di trazio
resistenza a fatica.

211
Anche la storia di carico precedente che il componente ha subito influisce sulla sua
resistel17.8a fatica. Infatti un componente sollecitato con un'ampiezza di tensione
costante, CJa, ma con blocchi di carico, ciascuno di durata ni, giunge a rottura quando
la somma del numero di cicli dei vari blocchi di carico raggiunge il valore a rottura
per una storia di carico continua, ovvero quando:

{11.21)

dove:
- n; è la durata in numero di cicli di un singolo blocco di carico
- N è il numero di cicli che porta a rottura il pezzo per quel valore dell'ampiez7.a a 8•
Dividendo la relazione precedente per N si ottiene:

{11.22)

Il-
Al singolo valore Di= - 1 è possibile attribuire il significato di danneggiamento a
N
fatica che il pezzo ha subito per l'applicazione di Ili cicli rispetto ad una vita prevista
pari a N cicli. In altre parole, esso quantifica la frazione di vita che il componente ha
speso all'ampiezza di tensione (1a con il blocco di carico di lunghezza n;.

11.7 Curva di Wohler semplificata


La detenninazione sperimentale della curva di Wohler per un dato materiale è molto
laboriosa e risulta quindi estremamente comodo in fase di progettazione essere in
grado di costuire una curva di fatica semplificata.
Con riferimento al ciclo fondamentale (R=-1) la UNI 7670 lega in modo biunivoco
la resistenza a fatica a NA=2-J{f cicli alla tensione di rottura del materiale, secondo
la relazione CJA, R=-1=0.5CJR.
Inoltre in corrispondenza di un numero di cicli NR=I0 3 cicli (ma alcune norme
danno suggeriscono un valore NR=104) si pone l'ampiezza pari alla tensione di
rottura del materiale.
Per N>NAsi seguono criteri diversi a seconda delle Nonnative a cui il progettista fa
riferimento, ma di nonna si può ipotizzare la presenza di un plateau. Sono presenti

212
tuttavia anche suggerimenti di natura div . .
. . . ersa, ad esempio la Britsh Standard
(nonnat1va inglese) suggerisce di continuare ad u . .
sare 1a stessa pendenza k oppure s1
può usare la stessa pendenza fino a 5 milioni d' · 1. • '
1 cic I e poi una pendenza ridotta e
pari a 2k-l.
Sulla base di queste considerazioni è possibil t . . .
e cos ru1re una versione semphcata
della curva di Wohler, come quella mostrata in figura 11_19 _

R=-1

Figura 11.19.

La pendenza inversa k può quindi essere stimata come:

2-10 6
Jog--
k= 103 (11.23)
log O'R
O'A,R=-1

Si noti che se crA=0.5 O'R l'esponente k risulta a pari a 11. Valori di k compresi tra
IO.Oe 12.00 sono tipici per i materiali base.
Si noti inoltre che nel caso sia necessario costruire la curva di Wohler semplificata
per un rapporto di ciclo R* diverso da - 1, rispetto a quanto detto prima sarà
sufficiente:
In corrispondenza di NA= 2· 106 cicli, sostituire a crA,R=-1
la grandezza:

O' (R*)= O'A,R=-l·O'R (11.24)


A (I1-RR**) '
_+__ crA R=-1 +crR

213
In corrispondenza di NR= I03 cicli, sostituire a O"tt la grandezza:
1-R *
O'aR =--O'R (11.25)
2

11.8 Verifica a fatica di un componente meccanico


Quanto descritto nel paragrafo precedente permette di effettuare una stima della
curva di Wohler per il materiale base con cui è realizzato un componente, con
particolare riferimento al ciclo fondamentale R=-1.
Al fine di effettuare una verifica a fatica di un componente meccanico è necessario
però stimare la curva di Wohler relativa al componente stesso, partendo dalla
resistenza a fatica del materiale base e mettendo in gioco i parametri interni ed
esterni che ne influenzano la resistenza a fatica.
Si procede secondo i seguenti passi
Si determina il valore di resistenza a fatica a NA=2-106 cicli per il materiale
base utilizzando la relazione
(11.26)
Si considerano i fattori interni nonchè il fattore che quantifica l'effetto del tipo
di solJecitazione (Kv) e si calcola la resistenza a fatica a a NA=2-106 per R=-1
per il componente usando la seguente relazione:

<rA R=-1
cr*AR=-1 =--_..:..,.• __ _ (11.27)
' Kr-Kd ·KL ·Kv

Si costruisce la curva di fatica semplificata per il componente relativa al


rapporto di ciclo R=-1;

Si determina la pendenza inversa della curva attraverso la relazione seguente:

2-10 6
log--
l03
k=-------- (11.28)
log <rR
cr* A,R=-1

Nel caso di componenti intagliati i valori di k sono molto minori rispetto a


quelli dei componenti lisci e cadono spesso in un intervallo compreso tra a
3.0 e4.0.

214
R=-1

CJ*A,R=-1

Figura 11.20.

Dall'equazione della curva di Whoher, si determina l'ampiezza di tensione per


il numero di cicli di progetto.

crA NP = crA,NA (
N
__A_
)l/k (11.29)
, Np

Si considera l'effetto di uin'eventuale tensione media diversa da zero.


Utilizzando la relazione riportata nel seguito si determina quindi la resistenza a
fatica per il numero di cicli di progetto, Np , del componente relativa
all'effettiva tensione media del ciclo con cui varia il carico applicato al
componente.



CJm)
cr*A NP (crm)
,
= cr*A' NP,R=-1 (1-- O'R (11.30)

Volendo considerare il rapporto di ciclo invece della tensione media, la


relazione da utilizzare per determinare la resistenza a fatica per il numero di
cicli di progetto Npè:

(t R *)
cr*ANPR=-f'O'R
O'* ' ' (11.31)
A,NP,R* =
+ cr*A NP R=-1 +crR
1-R * ' '

215
In alternativa. può essere utilizzata la seguente procedura:
.;' Si ripetono i passi I e 2 della procedura precedente;
.;' Si mette in gioco l'effetto di R (o della tensione media) direttamente sulla
resistenza a fatica del componente a NA=2·I0 6 :

• cr* A,2·l06.R=-I ·O'R


O' 6 - (11.32)
A,2·IO R• - ( I + R *)
-- cr* 6 +crR
I- R * A,2·IO ,R=-1

.;' Si costruisce la curva di fatica semplificata per il componente relativa


all'effettivo rapporto di ciclo R* (figura 1I .21);

R*
1-R *
O'aR = - 2-cr R t----...

Figura 1 1.21.
./ Si determina la pendenza inversa della curva attraverso la relazione seguente:

2·10 6
log--
103
k = ------------
1- R *
(11.33)
--crR
log 2
cr*A,R•

./ Dall'equazione della curva di Whoher, si detennina l'ampiezza di tensione per


il numero di cicli di progetto.

<JA NP = crA NA ( _A
N Jt/k (11.34)
, ' Np

È adesso possibile detenninare il coefficiente di sicurezza a fatica. Di nonna si


desidera che, a fronte di una certa ampiezza di porgetto crA,NP = crAobiettivo, si vuole

216
garantire la durata del pezzo per un certo numero d' . I' d'
I CIC I I progetto N P= Nobiettivo•

Con riferimento alla figura 11·22 è quindi possibile fornire due definizioni del
coefficiente di sicurezza:
Un coefficiente di sicurezza in vita definito come:

VN =
(11.35)
Nobictlivo

dove N1, rappresenta il numero di cicli a fatica che porta a rottura il pezzo se
sollecitato con un'ampiezza di tensione pari a crA ob'1elbvo.
.

Un coefficiente di sicurezza in tensione definito come:

O'L
Va=---=--- {11.36)
0' A obiettivo

dove crL rappresenta la resistenz.a a fatica del pezzo per un numero di cicli a
fatica pari a Nobiettivo•

É facilmente dimostrabile che vN = v O k . Risulta quindi necessario riporre

un'estrema attenzione nella definizione dei coefficienti di sicurezza in vita e in


tensione.

R*
1-R*
O'aR = -- 2-0" R 1---""'"'l'.._,

_
i______
_____
I I

O'obicttivo
:
,:~---
-----~------·-----k-- I I
: I
i I
!
Ii

Figura 11.22.

217
11.9 Fatica ad ampiezza variabile
Si consideri ora una storia di carico ad ampien..a variabile.
In particolare si consideri, per semplicità, la seguente storia di carico a blocchi:
un'ampiezza di tensione 0 01 applicata per n, cicli;
un'ampiezza di tensione 0 82 applicata per n2 cicli;
un'ampiezza di tensione o-83 applicata per n3 cicli.

CJal I
(J I

-~-~----,---
(J&3 -:

'I
I

II
I I

'II
.
I

'
N

Figura 11.23
A ciascuna ampiezza corrisponde sulla curva di Wohler un numero di cicli N che
porterbbe a rottura se la storia di carico fosse stata ad ampiezza costante (figura
11.23)
La regola di Miner asserisce che il cedimento a fatica del pezzo avviene quando:

L~=t
i Ni
(11.37)

Tale regola, detta anche regola del danneggiamentounitario, afferma quindi che il
pezzo perviene a rottura quando la somma dei danneggiamenti parziali è pari a 1.
I valori sperimentali generalmente confermano tale ipotesi per N<2 · 106 • Dopo il
ginocchio l'ipotesi di Miner cade in difetto. Essa, infatti, non tiene conto
dell'acciaccamento,fenomeno per cui un provino precedentemente soggetto ad una
storia di carico con 0' 8>>0'_ (cioè danneggiato con valori di tensione prossimi a
quella di snervamento) non presenta più limite di fatica, ma può pervenire a rottura
anche per livelli di tensione 0'1 <a 100 • Tale eccezione viene affrontata nelle normative
per la progettazione a fatica con accorgimenti specifici.

218
sollecitato a livelli di tensione minori
Effetto contrario l'allenamento: un provino già
enza a fatica, grazie a una parziale
di O-a"' presenta generalmente una migliore resist
ridistribuzione delle dislocazioni.
variabili a blocchi è anche possibile
Nel caso di una storia di carico ad ampiezze
relativa ad un carico affaticante ad
detenninare una tensione equivalente, a""'
ro di cicli ncq ="tot= Lni,
ampiezza costante applicato per un nume
i

ntera storia di carico. Sotto questa


caratterizzato dallo stesso grado di gravosita dell'i
ipotesi, si avrà:

( 11.38)

La (11.3 8) può essere riscritta come:

L Neq ~ = l (11.39)
. Ni "tot
I

di Whoher:
Ora dato che per tutti i blocchi vale l'equazione

k Neq of (11.40)
ofNi = cr-eqNeq~N-= ~
I eq

Sostituendo nella (11.39):


k (11.41)
Icr:q~=1
i O'j "tot
amente l'espressione della O'eq:
da CUI. SI. puo, n·cavare immediat
(11.42)
k ni
creq ==k L .
O'j --
Il tot
I
12
Introduzione al metodo di calcolo
agli elementi finiti

12.l Introduzione
Nel campo dell'analisi tensionale, così come in altre aree dell'ingegneria, solamente
in casi particolari i metodi analitici permettono di ottenere soluzioni in forma chiusa
esatte. Oggigiorno lo studio della resistenza di strutture meccaniche complicate
vienequindi sempre più spesso condotto avvalendosi di metodologie numeriche che,
anchese in alcuni casi approssimate, permettono un approccio di calcolo unificato.
Tra queste vi è anche il metodo agli elementi finiti, che tra gli altri vantaggi,
pennette:
di analizzare casi anche molto complicati e di confrontare un elevato
numero di soluzioni alternative;
di automatizzare il calcolo delle strutture affrontando quindi in maniera
automatica e sostanzialmente universale anche strutture molto differenti tra
di loro. Ovvero di affrontare un problema con molti gradi di libertà con la
stessa semplicità e con le stesse notazioni con cui verrebbe affrontato un
problema ad un unico grado di libertà.
Per conseguire questi obiettivi viene comunemente utilizzato il metodo delle
rigidezze.Dato un generico sistema meccanico, si definisce la sua matrice di
rigidezza [K]. La matrice [K] lega il vettore degli spostamenti generalizzati {f}

(spostamentie rotazioni) al vettore delle forze generalizzate {F} (forze e momenti)

del sistema attraverso la relazione generalizzata:

( 12.l)
{F} ==[K]{f}

221
• . 1 t dologie per ricavare la matrice di rigidezza
Nel seguito verranno illustrate e me o . . .
. . rt d prima da sistemi molto semphc1, fino poi ad
[K] di un generico sistema, pa en °
arrivare a sistemi via via più complessi.

• Ie " mo Ila"
12.2. Elemento monodimensmna .
. . Il ( . ) monodimensionale assiale rappresentata m figura
Si consideriamo la mo a sprmg . . .
. d d' b' un unico spostamento nella sola direzione assiale.
12.1.Essa è m gra o I su ire

K ___ ....,...-•F

Figura 12.1

A fronte dell'applicazione di una forza F all'estremità, la molla subisce uno


spostamento inversamente proporzionale alla sua costante elastica K, secondo la

relazione:
(12.2)
F=fK
La matrice di rigidezza per il sistema a una molla in figura 12.1 è quindi una matrice

lxl:
[K]=K (12.3)

12.3 Elemento monodimensionale "asta"


Un'mta (truss) è un elemento strutturale monodimensionale che è in grado di
sopportare esclusivamente delle sollecitazioni di natura assiale. Si supponga quindi
che l'asta sia caratterizzata da una lunghezza L e una sezione di area A . Lo schema
forze-spostamenti è quello rappresentato in figura 12.2. La matrice di rigidezza è
quindi una matrice 2x2. Le estremità dell'asta rappresentano i nodi dell'elemento
asta, sui quali si considerano agenti le forze e spostamenti in gioco.

222
Sistema di fon.e generalizzate
F,
---+-----------.. F2

Sistema di spostamentigeneraliz7..ati
fr____.
..________ ~
---.12
Figura 12.2.

Perdefinizionel'allungamento assiale subito dall'asta è esprimibilecome:


L L L
AL=f2-f1 = J&dL= Jcr dL=_!_J.!_dL= F2L_ F10 (12.4)
o 0E E0A AE AE

Quindi:

(12.5)

Inoltreper equilibrio:
fì+F1 =O~fi =-F2 (12.6)

Kij rappresenta il generico coefficiente della matrice di rigidezza [K] che lega la

generica forza generalizzata Fj al generico spostamento fj . Esso per definizione

corrisponde al valore della forza Fi quando lo spostamento generalizzato fj è

unitario ( fj = I J e tutti gli altri spostamenti sono nulli ( fk = O 'v'k '*j).

Si consideriquindi la ( I 2.5), ponendo f1 = Oe f 2 = I .O. Allora:

AE (12.7)
F2=-=K22
L
Inoltremettendo in gioco l'equilibrio, Eq. (12.6):

fj =-F2 =-AE =K12 (12.8)


L
Se si pone invece r1 = I .Oe f2 =O, dalla ( 12.5) risulta:

F2=-AE =K21 (12.9)


L
Inoltremettendo in gioco l'equilibrio:

223
AE
F1 =-F2 =-= K11 (12.10)
L
La matrice di rigidezza di un'asta soggetta a trazione è dunque:

[K] =[K11
K21
K 12
K 22
]= AE[ I
L -I
-IJ
I
(12.11)

Si noti che la matrice di rigidezza è una matrice simmetrica. Questa conclusione è


di carattere generale e vale per tutte le matrici di rigidezza nel metodo agli elementi
finiti.
La relazione forze spostamenti per un'asta è quindi, in forma esplicita:

{fi}=
F2
AE[
L
1-l]{f'}
-1 1 f2
{12.12)

Le unità di misura dei coefficienti della matrice di rigidezza sono le stesse della
costante elastica di una molla. Infatti:

EA MPamm 2 N mm 2 N
(12.13)
L mm = mm 2 mm = mm

12.4. Elemento monodimensionale "trave"


12.4.1 Introduzione
La trave (beam) è un elemento monodimensionale in grado di resistere, oltre a
sollecitazioni di natura assiale, anche a sollecitazioni di flessione composta (azioni
flettenti e taglianti). Nel caso di sole sollecitazioni assiali la matrice di rigidezz.a
deHa trave è uguale a queHa ricavata nel paragrafo precente per un'asta.

12.4.2 Trave di lunghezza L soggetta a flessione


Nel caso di flessione su ogni nodo agiscono due tipologie di forze generalizzate
(figura 12.3):
forze flettenti (taglianti);
forze generalizzate (coppie).
Tali forze inducono su ogni nodo due tipologie di spostamenti generalizzati:
una traslazione verticale;
una rotazione.

224
Sistema di forze gencmli7.7.alc Sistema di spostamenti gencrali:1.zati
F1 F3
fi (i

,~....,_½--~tc:F. ,t...._
~li
__ --Jtc
r.
Figura 12.3

La matrice di rigidezza che ne risulta sarà quindi una matrice 4x4, esprimibile
come:

K11 K12 K13 K14


K21 K22 K23 K24
[K]= (12.14)
K31 K32 K33 K34
K41 K42 K43 K44

e il sistema di forze e spostamenti generalizzati è quello rappresentato in figura 12.3.


Si consideri ora l'equazione della linea elastica di una trave, ricavata nel capitolo 6:

d211
EJ dx2 = -M(x) (12.15)

Si ricorda in questa sede che i segni dell'equazione sono corretti se:


I) M > O se tende le fibre inferiori;
2) 11> Ose rivolto verso il basso.
Considerando lo schema in figura 12.3 adottato nella presente analisi è possibile
notare che:
sono considerate positive le forze generalizzate (momenti) anti-orari~
sono considerati positivi gli spostamenti rivolti verso l'alto.
Quindi, con riferimento allo schema in figura 12.3, se l'espressione del momento
flettenteM(x) da usare nell'equazione (12.15) è determinata a partire dal nodo di

sinistra il segno dell'equazione è corretto (la "regola" sul segno è stata vuiolata due
Volta).
Se al . . fl tt 1 M(x) viene determinata a partire
' contrario, l'espressione del momento e en e
dal li' . · ne (12 15) e riscriverla
nodo di destra è necessario cambiare segno a equazto ·
COrne:

225
2 (12.16)
EJ d TJ=+M(x)
dx2 . . d Il .
I• • 1 ti di determinare i coeftic1ent1 e a matrice di rigide77 ,.
Nella presente ana 1s1,a me .........,
. d I ento flettente M( x) da usare nel l'equazione (12.15) verrà
l'espressione e mom
determinata a partire dal nodo di sinistra:
(12.17)
M(x) = F2 - fjx
Quindi, sostituendo la (12.17) nella 0 2 .IS):
d 211 (12.18)
EJ-=-F2 +F1x
dx2

Integrando una prima volta:

F1x2 (12.19)
EJ cp(x)=-F 2 x +--+ C1
2
Integrando una seconda volta:

F x2 fix3
EJ11(x) = -- 2- +--+C1x +C2 (12.20)
2 6
Inoltre è possibile imporre l'equilibrio alle traslazioni e alle rotazioni:

(12.21)

Al fine di determinare i coefficienti della prima colonna Kit, si ipotizzi ora che

f2 = f3 =f 4 =O e f 1 =I .O . La deformata verosimile associata a questa ipotesi è

rapresentata in figura 12.4.

/j=l.O

[ ___ ~-== o

Figura 12.4
Le condizioni al contorno che derivano sono quindi:
f2=o~ q,(x=o)=o~ c 1 = o (12.22)

=o)=0 ~ C2 = EJ
r,=I.O~ TJ(X (12.23)

Sostituendo C1e~ nelle (I 2.19) e (I 2.20) si ottiene:

226
(12.24)

2 3
EJ11(x}=-
F2; + F1; + EJ (12.25)

Siconsiderinoinotre le seguenti condizioni fisiche associate al problema:

F L2 F,L3
r3 =11(x
=L)=O--+
-T+T+EJ=O (12.26)

(12.27)

chepennettonodi ottenere il seguente sistema di due equazioni in due incognite:

(12.28)

le cuisoluzionisono:

! F2L2
--+fil.;
2
F1=2!L= 12EJ
L
2

L3
+EJ=O--.+F 2 =-
6EJ
L2 (12.29)

In questomodo sono state determinate F1 e F2 quando f1 = 1.0 e tutti gli altri


spostamenti
sono nulli, quindi:

K _ 6EJ (12.30)
21 - L2

Infine,sostituendole (12.29) nelle condizioni di equilibrio alle rotazioni e alle


traslazioni,
Eq. (12.21) è possibile ottenere:
_ 12EJ
F3 = -F 1---
\ L2 (12.31)
F4 =F1L-F 2 =~- 6EJ = 6EJ
L2 L2 L2
e quindi:

K3,=-~ 6EJ (12.32)


L3 K41 =-2
I L
n rnanierad 1 . fti . t' della seconda colonna
e tutto analoga è possibile ricavare I coe icien 1

227
-
ponen do f 1 = f 3 = f4 -
oe f2 -- I ·o· Una defonnata verosimile associata a questa

condizione è rappresentata in figura 12.5.

fi=l .O

<:- Figura 12.5.


= •

Con riferimento alle equazioni (12.19) e (12.20), è possibile applicare le seguenti


condizioni al contorno:
f2=l.O-+ q,{x = O}=I-+ C1=EJ (12.33)

f 1 = o-+ = o)=o -+ C2=o


11(x (12.34)

Sostituendo C 1 e~ nelle (12.19) e (12.20) si ha:

Fx 2
EJ <p(x)=-F 2 x +- 1-+ EJ (12.35)
2

F x2 fìx3
EJri(x)=-- 2- +--+EJx (12.36)
2 6
Come fatto in precedenza, si valutino le (12.35) e le (12.36) per x = L:

l F I: fìL 3
f3 =-- 2-+--+EJL=0-+--
2
f4 =-F2L+- 1
6
FiL2
-+EJ
2
=0
F2L
2 6
2
Fi_L
-+--+EJ=O
(12.37)

Sottraendo le due equazioni:

! F2L
--=--
2
fìL2
--3-+-6-+
3
3
Fi_L

fìL2
EJ =O
(12.38)

(12.39)

Imponendo infine le equazioni di equilibrio alle traslazioni e alle rotazioni, Eq.


(12.21}:

228
{f.
'3 =-
I'
'1 =--2
6EJ
L
(12.40)
F, = 1-:L - I• - -4EJ 6EJ 2EJ
' I• 2---+-=-
IJ IJ r,
Quindi:
6EJ 2EJ
K32 =- L2 K42=- (12.41)
L
per detenninare i coefficienti della terza colonna della matrice di rigideu..a è
sufficiente porre f3 = 1.O, f1 = f2 = f4 =O. Le nuove condizioni al contorno sono

quindi:
r3 =1~ <p(x=o)=o~ c,=o (12.42)

r4 =o~ 11(x= o)=o~ c 2 =o (12.43)

Sostituendo C 1 e C2 nelle (12.19) e (12.20) si ha:

F1x 2
EJ <p(x)= -F2x +-- (12.44)
2

F2x2 F1x3 (12.45)


EJ11(x)=-- +-
2 6
Si valutino ora le (12.44) e le (12.45) per x = L:
2
F1L -F2L =0
<p(x= L)=O 2 (12.46)
~
3 2
yt(x= L)= I.O F1L _ F2L = EJ
6 2
ovvero:

!F2=- 6EJ = K23


L2
12EJ
F1 =---=K13
L3
(12.47)

Mettendo infine in gioco le equazioni di equilibrio:


(12.48)

(12.49)

229
Infine è possibile determinare coefficienti della quarta colonna, ponendo
f4 = I.O, f 1 = f 2 = f3 = O
Le condizioni al contorno sono quindi:
f3 =I_. q,(x= 0)'"' O-. C1=0 ( 12.50)

f4 =O-. 11(x= O)=O-. C2=0 ( 12.51)

Sostituendo C 1 e C 2 nelle ( 12.19) e ( 12.20) si ha:

F,x2
EJ q,(x) = -F 2x +- 1- (12.52)
2

F2x 2 Rx 3
EJ11(x)=-- - +-1 - (12.53)
2 6
Si valutino ora le (12.52) e le (12.53) per x = L:

q,(x=L)=J.o !F'f-F2L
=EJ
(12.54)
11(x=L)=O ~ F1L3 _F 2 L2 =O
6 2
e quindi:

{ L2
F1= 6EJ = K14

2EJ
(12.55)
F2 =-=K24
L
Mettendo infine in gioco le equazioni di equilibrio:
6EJ
fJ =-F1 =- L2 =K34 (12.56)

6EJ 2EJ 4EJ


F4 =F 1L-F2 =---=-=K44 (12.57)
L L L
Introducendoora i seguenti coefficientiausiliari:

S= 2EJ (12.58)
L
La matrice di rigidezza può essere scritta come:

Kll K12 K13 K14 M T -M T


K21 K22 K23 K24 T 2S -T s
[K]= = (12.59)
K31 K32 K33 K34 -M -T M -T
K41 K42 K43 K44 T s -T 2S

230
12·4.3 Trave di lunghezza L soggetta a nessmne
. e trazmne
.
Nell'analisi di un sistema complesso composto d . . 1 . •
a p1u e ementi dobbiamo, per
automatizzare la procedura, numerare i gradi di liberta' d" b .
con un or me en preciso, se
Vogliamo utilizzare i risultati finora trovati L'ordi"ne t d
· usa o a 1ca 1co 1atore è que11
o
rappresentato in figura 12.6.

------+-•
i• (:
2 3

Figura 12.6.

Di nonna inoltre si parte dal nodo di sinistra e "ci si sposta" verso destra.
Con questi versi considerando quindi ora una trave soggetta contemporaneamente a
flessione e sforzo normale, il sistema di forze e spostamenti generalizzati è quello
rappresentato in figura 12.7.

Sistema di forze generalizzate Sistema di spostamenti generalizzati

Figura 12.7.

La matrice che complessivamente ne deriva si ottiene assemblando le matrici di


rigidezza assiale e flessionale, tenendo in considerazione che lo sforzo normale

riguarda solo i gradi di libertà 1 e 4:

EA EA o o
o o L
L
o M T o -M T
[K) == o T 2S o -T s (12.60)
EA EA o o
o o -
L L
o -M -T o M -T
o T s o -T 2S

231
12.4.4 Trave soggetta a momento torcente . .
. . . d d coppie torcenti applicate m comspondenza
Si consideri una trave sollecitata a ue
. . "tà he saranno quindi soggetti a due spostamenti
dei due nodi d1 estremi , c
generalizzati uguali agli angoli di torsione. . . .
. - • à h I trave presenti una sezione circolare. Nel capitolo
S1supponga, per semp 11c1t, c e a
4 è stata definita la rigidezza torsionale come:

K _ JpG (12.61)
T- L

La matrice di rigidezza associata a questo problema sarà dunque:

J~tl~1]
~:]=
[K]=[~:: (12.62)

. . . "d JpG
ovvero la trave si composta come uan molla torsionale dt r1g1 ezza L ·

12.5. Assemblaggio delle matrici di rigidezza


Si consideri la struttura rappresentata in figura 12.8.
F

~A ! B ~
L L

Figura 12.8.

In precedenza si è datto che forze e spostamenti generalizzati sono definiti


solamente in corrispondenza dei nodi. In una qualsivoglia struttura quindi si avrà un
nodo in corrispondenza di:
ogni condizione di vincolo (perché ci sono le reazioni vincolari);
ogni estremità libera (perché è libera di deformarsi);
ogni punto di applicazione di una forza esterna generalizzata.
Nel caso considerato quindi possono essere individuati due elementi trave (figura
12.8), ognuno caratterizzato da una propria matrice di rigidezza. È quindi

232
fondamentale capire come assemh!are I .. dei <l' ,·
e matrrc,
· ,. ivers, elementi.. m modo da
ottenere la matrice dcli mtcra struttura.
Non essendo presenti sollecitazioni
nonn· I' , semplif.
a,, per icare il problema, è
possibile utilizzare solamente la matrice d' · 'd
I rlgl CZ:t.a nessionale.

Elemento I
Elemento 2
J2)
r:.
-z(-2)-------'(4(2) r
Figura 12.9.

Utilizzando l'ordine definito in precedenza per la numerazione · di forze e


spostamenti generalizzati, si ottengono gli schemi in fi1gura 12 9
..
Le relazioni forze-spostamenti sono dunque:

Ff) Kg> KmK~~ K~~ rp>


F2(I) K(I) K (I) K (I) K(l) f(I)
= 21 22 23 24 2
F3(1) K(l) K(I) K(I) K(I) f(l)
31 32
(12.63)
33 34 3
F4(1) K(I) K(I) K(I) K(I) f(I)
41 42 43 44 4
per l'elemento l, e:
K(2)
13
r<2>
I
K(2) r(2)
23 2 (12.64)
K(2) r<2)
33 3
K(2) f(2)
43 4
per l'elemento 2. L'elemento 1 e l'elemento 2 non sono però disacco
ppiati. lnfatti
per congruenza devono essere valide le seguenti relazioni:

r<I)
- r<2)
3 - I f (I) - f(2)
4 - 2
(12.65)

Questo significa che il metodo matriciale dà per scontata la congruenza,


e prevede
invece di imporre l'equilibrio. Con riferimento allo schema cumula
tivo in figura
12.10, l'equilibrio è imposto per mezzo delle seguenti equazioni:

F]'ot = F3 =Ff) + Fl2) Ffol = F4 = F~I) + Ff> (12.66)


Ma dalle (I 2.63) e le ( 12.64) è possibile scrivere:

233
FJI)= K~
1/r1<1>+ K~~rl>
+ K~Yrl>
+ K~~rl> (12.67)

Ff>= Kfi>r?>
+ KWr
2<2>+ Kg>r
3<2>+ Ki~>r
4<2> (12.68)

Sostituendo le (12.67) e (12.68) nella (12.66) e considerando le (12.65):

Fjot= K~ + [K~~
1/r1(t) + K~~fi") + Kfi)]f/1)+
(12.69)
[K~~+ Kg>]r4(I)+ Kg>rf>+ Ki!>
r!2>

_,.3-------1t
~
I ______
t 6

Figura 12.1O.

La (12.69) può essere riscritta mettendo in gioco gli spostamenti totali rappresentati
in figura 12.10.

Fj 0 t = K~1/f1 + K~~f2 + [K~~


+Kit>] f3 + [K~~ f4
+ Kg>
(12.70)
+ Kg>f
5 + K~!>r
6

Questo significa che i tennini che concorrono allo stesso spostamento per
congruenza vanno sommati.
Nell'impostazione del problema per automatizzare la procedura le condizioni di
vincolo non vengono considerate e si considera la struttura libera (esente da vincoli).
Solamente in seguito, nel risolvere il problema, si passa alla matrice di rigidezza
ridotta [K]R, che tiene conto delle condizioni di vincolo, eliminando dalla matrice

[K] Je righe e ]e colonne relative ai gradi di libertà impediti. In particolare:

Si eliminano le colonne perché comunque andrebbero a moltiplicare


spostamenti nulli;
si eliminano le righe perché le forze relative a tali gradi di libertà non sono
forze esterne applicate, ma reazioni vincolari, e possono essere calcolate a
posteriori una volta determinati gli spostamenti generalizzati (esse non
provocano infatti né spostamenti né rotazioni della struttura)
Riconsiderando la struttura in figura 12.1 e lo schema numerico associato,
rappresentato in figura 12.20, le matrici dei singoli elementi sono:

234
·;l
(I} (2) (3) (4) (3) (4) (5) (6)
T -M (I)
T -M T

r-:
T
2S
-T
s
-T
M
-T
-T
2S
(2)
(3)
(4)
[7
-M
28
-T
-·-T
M -T
s
(3)
(4)
(5)
(12.71)

T s -T 2S (6)
Elemento I
Elemento 2

La matrice della struttura è la seguente:


(I) (2) (3) (4) (5) (6)
M T -M T o o (I)
T 2S -T s o o (2)
-M -T M+M -T+T -M T (3) (12.72)
T s -T+T 28+2S -T s (4)
o o -M -T M -T (5)
o o T s -T 2S (6)

Eliminando le righe e colonne corrispondenti ai gradi di libertà impediti dai vincoli,


(1, 2, 5) è possibile ottenere la matrice ridotta del sistema, che risulta quindi:
(3) (4) (6)
o T](3)
[2M
[K]R = ~ 4S S (4)
(12.73)

s 2S (6)

Dato che:

{~}=rn (12.74)

Il sistemalineareda risolvereè il seguente:

(12.75}

235
Per risolvere il sistema è necessario invertire la matrice [K]R · Uno dei metodi
possibile è il metodo di Cramer basato sull'uso dei minori algebrici, che predeve di
determinare l'inversa di una matrice A come:

A-I __ l_AJ (12.76)


- detA •J

dove A.r
I}
è matrice trasposta dei minori algebrici di A.

Come primo passo si espliciti [K]R sostituendo i coefficienti M, T, S, secondo le

equazioni (12.58):

24EJ 6EJ
o L2
[2Mo L3

[K]R = ~ 4S
s
:]=
2S
o
6EJ
8EJ
L
2EJ
2EJ
L
4EJ (12.77)
L2 L L
o
=~[2: 4i}6L] 8L2 2L2
L 6L 2L2

Il minore algebrici a!i è il determinante della sottomatrice ottenuta eliminando dalla

matrice di origine ([K]R nel nostro caso) la riga i-esima e la colonnaj-esima.

Si osservi che nel semplice caso di una matrice 2x2

[A]= [ 8 11 a12] 4 [Ari = 1 [ a22 (12.78)


a21 8 22 8 11a22 - 8 128 21 - 8 21

Quindi con riferimento all'esempio in esame:

a11 =8L 2 4L2 -2L 22L 2 =28L 4 (12.79)

a12 = 0-(-6L 2L2) = 12L3 = a 21 (12.80)

a13 = -8L 2 6L = -48L 3 (12.81)

a22 = 24-4L 2 -6L 6L = 60L2 (12.82)

a23 = -24 · 2L 2 = -48L 2 = a32 (12.83)

a33 =24· 8L2 = 192L2 (12.84)

236
2 2 4
det[K]R =24(8L 4L -4L )+6L(-8L2 6 L)
4 3 4 (12.85)
=24·28L -6L48L =384L

Quindi:

{f}
r
3
4
f6
L3
==----
EJ 384L
I
4
l 28L3
12L
4

- 48L3 - 48L2
12L
60L 2
3
-48L
-48L
3
2

l 92L2
l{- O
O
Fl (12.86)

28L4 · F 7 FL3
----
348EJ·L 96 EJ
12L3 · F 1 FL2

m= 348EJ·L
48L3 · F
348EJ-L
= ----
32 EJ
1 FL2
--
8 EJ
(12.87)

Una volta determinati gli spostamenti incogniti, è possibile determinare le reazioni


vincolari, rimettendo in gioco l'intera matrice di rigidezza [K]:

(1) (2) (3) (4) (5) (6)

R1 M -M
T T o o (1) o
R2 T 2S -T s o o (2) o
o -M -T 2M o
-M T (3) f3 (12.88)
= s
o T s o 4S -T (4) f4
o o -M -T M -T (5) o
Rs
o o o T s -T 2S (6) f6

da cui si ottiene:
3 2 (12.89)
_ t2EJ (- 7FL J+ 6EJ (- FL J = .!__!_F
R1 = -Mf3 + Tf4 - - L3 96 EJ i} 32EJ 16

R2=-Tf3+Sf4=- i,2 96 EJ L
2
6EJ (- ?FU J + 2EJ (- FL J = FL
32EJ 8
~ (12.90)

Rs =-Mf 3 -Tf4 -Tf6 (12.91)


l2EJ( 7FL3J 6EJ(- pi} J- 6EJ(FL2J=2.F
= --- -- -2 32EJ L2 8EJ 16
L3 96EJ L

237
Figura 12.11

Per tracciare i diagrammi di sollecitazione sono necessari i valori di T e M su ogni


nodo, compresi quelli intermedi che possono essere determinati isolando il singolo
elemento e utilizzando la sua matrice di rigidezza in combinazione con gli
spostamenti determinati. Si consideri, ad esempio, l'elemento 2 (figura 12.11) per il
quale vale il seguente sistema:

(3) (4) (5) (6)


T3 M T -M T (3) f3
M4 T 2S -T s (4) f4 (12.92)
= -T o
Ts -M M -T (5)
M6 T s -T 2S (6) f6

che restituisce:

(12.93)

(12.94)

(12.95)

Considerandoinvece l'elemento 1 (figura 12.12):

238
TI M T -M T o
M2 T 2S -T s o
= -M -T M -T
T3 f3 (12.96)
M4
T s -T 2S f4

(12.97)

5
M4 =-f3T+f4 ·2S =-FL
16 (12.98)

11
T3= f3M - Tf 4 = --F
16 (12.99)

r/> + r3<2>=-F = ~ (12.100)

Figuira 12.12.

12.6. Passaggio dal sistema di riferimento locale al sistema di


riferimento di struttura

12.6.1Introduzione

Finora ad ora l'analisi è stata impostata e condotta utilizz.ando i gradi di libertà degli
elementi espressi in un sistema di riferimento di elemento. Tuttavia nell'analisi di un
sistema complesso potrebbe capitare di dover trattare elementi con differenti
orientazioni, come nell'esempio mostrato in figura 12.13, dove i sistemi di
riti · .
enmento d1elemento cambiano da tratto a tratto, ovvero da elemento a elemento.
Per non perdere in generalità e automatizzare la procedura è quindi necessario
dobbiamo definire un sistema di riferimento globale (valido per tutti gli elementi)
detto sistema di riferimento di struttura. Prima di assemblare quindi le varie matrici

239
di rigidezza dei !'lingoliclementi, e!'l!'ledevono es!'lereriscritte adollando un .'iistema di
riferime11todi .ttn11111ra.

I)

Figura 12.13.

12.6.2 Elemento "Asta"


Si consideri un'asta inclinata(figura 12.14).
4

Sistema~i riferimento Sistema di riferimento


l.x
di elemento di struttura

Figura 12.14.

Si indichi con f J il generico spostamento nel sistema di riferimento di struttura e

con Ix e m. i coseni direttori rispettivamente tra l'asse locale X1o1:


e gli assi globali
(di ~truttura>X e Y.

240
Figura 12.15.
Con riferimento al lo schema riportato in figura 12.15 è possibile scrivere:

(12.101)

In termini matriciali queste equazioni possono essere riscritte come:


-
f1
-
mx
o lx
o
:J f2
-
f3
-
f4
(12.102)

Indicata con [T] la matrice dei coseni direttori:

-[lx mx O O ] (12.103)
[T]- O O .e m
X X

la ( 12.102) può essere riscritta come:

{f}=[T] F} (12.104)

Con riferimento alle forre in gioco:


- -
o
Ft =F1lx F1 lx
-
F2 = F1mx
-
F3 = F2lx
-
~
F2
-
F3
-
=
mx
o
o
o
lx
mx
{~} (12.105)

F4 = F2mx F4

Ovvero:
(12.106)
~}= [T]1 {F}
Il vettore delle forze generalizzate può essere scritto come:
(12.107)
{F}=[K]{f}
Quindi sostituendo la ( J2.107) nella ( 12.I 06):

~ }=[T)1 [K]{f} (12.108)

241
e mettendo in gioco la (12.104)
(12.109)
{f}=[K) {r}
dove:

[K] =[Tf [K](T]


è la matrice di rigidezza dell'elemento espressa nel sistema di riferimento di

struttura.

12.6.3. Elemento trave


Con riferimento allo schema in figura 12.16, il passaggio alla trave è immediato e

lamatrice dei coseni direttori risulta:

ix mx o o o o
iy my o o o o
o o 1 o o o (12.110)
[T]=
o o o ix mx o
o o o iy my o
o o o o o

Sistema di riferimento
3
Sistema di riferimento
l.x
di elemento di struttura

Figura 12.16.

Nella (12.110) ix e mx sono i coseni direttori rispettivamente tra l'asse locale X1oc e

gli assi globali (di struttura) X e Y, mentre ey e my sono i coseni direttori

rispettivamente tra l'asse locale Y10 c e gli assi globali (di struttura) X e V.

242
12.6.4 Determinazione della matrice de' . . .
1 cosem d1rettor1
Una volta numerati i nodi, è possibile fissare un· . . .
ivocamente gh assi locali.
Per convenzione, si fissa l'asse /oca/e X . .
loc con ortentazwne parallela alla
direzione assiale dell'elemento e direzione dal ~ . --' ., . . ,, .
oener1conouo 1-es1mo al generico
"}-esimo", con i che precede) (figura 12.17).

l.x
Figura 12.17.

L'asse locale Y1ocviene fissato di conseguenza per ottenere una tema destrogira

(considerando un asse Z uscente). A questo punto, note le coordinate dei nodi nel
sistema di riferimento di struttura, è possibile determinare i coseni direttori.

(12.111)

Y.-Y.
J I (12.112)

(12.113)

243
12.6.5 Espressione esplicita della matrice di rigidezza nel sistema
di riferimento di struttura

Nel caso di un'asta si ottiene:


fx o
[K] = [T]T[K][T] =
mx
o
o mx
o
lx
EA[I
L -1
~l][l;
mx
o
o
lx :J
lx -lx

=-
EAmx
L -lx
-mx
lx
[l~o mx
lx
o
:J (12.114)

-mx mx
p_2 _p_2 -lx mx
X lxmx X

=-
EAlxmx m2
X -lxmx -m2X
L -f.2X -mxix i2X i xmx
-f.xmx -m2X -i xmx m2X

Quindi definita la sottomatrice quadrata:

(12.115)

possiamo riscrivere la matrice di rigidezza come:

- EA[A -AJ
[K]=- (12.116)
L -A A

Nel caso di una trave l'espressione esplicita è molto più complicata e risulta:

Nt 2X +Mt 2y Nlxmx +Mlymy Tly -Nt 2X -Mt 2y - Nixmx -Miymy Tiy


Nlxmx +Miymy Nm X2 +Mm 2y Tmy - Nl xfflx - Mtymy -Nm 2X -Mm 2y Tmy

[KJ=
Tly Tmy 2S -Tly -Tmy s
-Nl 2 -Mt y 2 -Nlxmx -Mlymy -Tty Nt 2X +Mt 2y
X Ntxmx + Mlymy -Tly
- Nt xfflx - Ml yffly -Nm 2X -Mm y2 -Tmy Nt xfflx + Mlymy Nm 2X +Mrn 2y -Tmy
Tly Tmy s -Tly -Tmy 2S

(12.117)

244
12.7 Matrice di rigidezza per un elemento finito generico

In alcune applicazioni industriali avanzate, l'analisi di solidi con utiliZ7..ando le


schematizzazioni numeriche asta e trave viste finora non risulta accettabile. Questo è
particolam1ente vero per sempio per l'analisi dello stato tensionali nelle adiacenze di
una variazione geometrica, come ad esempio un foro in una piastra o un intaglio. In
tal caso il solido continuo da analizzare viene discretizzato una una griglia di
elementi finiti ( un esempio è rappresentato in figura 12.18).

Figura 12.18.

Esistono differenti fonne di elemento finito (triangolare, quadrangolare nel piano)


Inoltre ogni elemento finito presenta un certo numero di nodi. Per esempio molto
diffusi sono gli elementi quadrangolari a 4 nodi (uno su ciasun vertice) come quello
mostrato schematicamente in figura 12.19.

fs

Figura 12.19.

245
Nel caso di elementi piani (come quello in figura 2.19) ad ogni nodo sono associati 2
gradi di libertà. li codice ugli clementi finiti risolve sempre un'equazione del tipo:
{F}=[K]{f} (12.118)
dove {F} e {f} rappresentano rispettivamente il vettore delle fora: e degli

spostamenti nodali.
Il campo di spostamenti in tutte le zone dell'elemento non appartenenti ai nodi è
approssimato mettendo in gioco delle funzioni di forma secondo un'equazione del
tipo:
{u} = [N]{f} (12.119)

dove la matrice [N] è la matrice delle funzioni di forma e contiene dei polinomi
Lagrangiani (o di Fourier, a seconda del tipo di elemento).
Per definizione, il campo di deformazione si ottiene differenziando il campo di
spostamenti rispetto alle coordionate spaziali:

{t} = B{u} = B[N] {f} = [B]{f} (12.120)


ÒX·I ÒX·I

Questo significa che il grado di "precisione" con cui viene determinato il campo di
deformazione è inferiore rispetto a quello associato agli spostamenti (in quanto la
matrice di approssimazione [N] viene differenziata) .
Nell'ipotesi di comportamento lineare elastico del materiale, tensioni e deformazioni
sono legate dalle leggi di Hooke generalizzate:
Gx ={A-+2G)ex +À.(ty +&z) 'txz =G·rxz
ay ={ì..+2G)&y +À.(&x+tz) 'tyz =G·'Yyz (12.121)
G7.={ì..+2G)tz +À.(tx +&y) 'txy =G·rxy

dove:

À=--V_·E __
(12.122)
(I +vXl-2v)

La (12.121) può essere riscritta in forma matriciale compatta come (mettendo in


gioco anche la (12.120)):
{a}= [El(&}= [E)[Bl{f} (12.123)

dove IEJè la matrice delle proprietà elastiche definita come:

246
(À+2G) À À o o o
À (À+ 2Cì) À o o o
À À (À + 2U) o o o
[E]=
o o o u o o (12.124)
o o o o G o
o o o o o G

· d' e-.
Considerato un generico punto di un elemento , la dens1·tà d'1energia •
I de,ormaz1one
può essere scritta come:

1 t 1( )• I
W= 2 {E} {cr}= 2 [B]{f} [E][B]{f} = 2 {f}t[B]t[E][B]{f} (12.125)

dove si è sfiuttata la seguente proprietà delle matrici:


( [A][B] ) 1 = [B]t[A]t (12.126)
L'energia di defonnazione totale sull'elemento è quindi:

Etot = wdv f = I (__!_{f}t[B]


2
t[E][B]{f})dv
V V
(12.127)
= ~ {f}'{l ts1'[EJ[BJ)dv}{f}

dove V è il volume dell'elemento.


Ma per il teorema di Clapeyron, in un sistema meccanico l'energia interna è pari a
metà del lavoro esterno L, che è pari a, per definizione:

L = {f}
1 {F}= {r}t[K]{f} ( 12.128)

Quindi, applicando il teorema di Clapeyron è possibile scrivere la seguente


uguaglianza:

½{f}1{ l 'BJ'[EJ[BJ)dv}{f}~ {r)'[KJ{f) =

da cui si ricava immediatamente l'espressione della matrice di rigideu.a per il


generico elemento:

(K] = J~Bj [E]IBJ)dV


1
( 12.129)
V

247
Osservando l'equazione (12.129) è immediato notare che, a differenza degli elementi
trave ed asta studiati nei paragrafi precedenti, per un elemento finito generico la
matrice di rigidezza non ha una forma esatta, in quanto dipende esplicitamente dalle
funzioni di forma [N] dell'elemento. La precisione del risultato ottenuto dall'analisi
agli elementi finiti è quindi sensibilmente dipendente dal grado di raffinatezza con
cui il solido viene discretizzato.
13
Esercizi

13.1 Esercizi sulle strutture isostatiche

13.1.1 Isostatica n°1

Si risolva la struttura rappresentata in figura e si disegnino i diagrammi del momento


flettente, del taglio e dello sforzo normale.

Jq IJIIJIJJIJI
o------~JH

F J
L/2
----~--o
,_______ __,...______ -o E K

7.7777"'
L I, I,
I
Figura 13.1.

Soluzione
Si sostituiscano ai vincoli a telaio le reazioni vincolari che essi sono in grado di
esercitare, ottenendo Io schema in figura (13.2). Le reazioni vincolari possono essere
ottenute con le seguenti equazioni:

249
L2 I} 5 13
~ 3_q__ 2L-v 0 2L+2qL-L+qL
2 ~ Yo =-qL
2 2 2 4

A~A

lJ2 qLz
2qL
F
B 2qL
LJ2

L L L

Figura 13.2.
Lo schema del corpo libero è rappresentato in figura 13.3.

3q
3/4qL G H
A

F 2qL qL J

D
E
l:2L'
r ...
/4qL
13/4 qL 1/4 qL
Figura 13.3

250
1diagrammi di sollecitazione sono rappresentati nelle figure 13.4-13.6.
N/(ql.)

0000

-0.1~00 -o.mio

Figura 13.4

T/(qL)

Figura 13.5

figura 13.6

251
13.1.2 Isostatica n°2
Si risolva la struttura rappresentata in figura 13.7 e si disegnino i diagrammi del
momento flettente, del taglio e dello sforzo normale.

L/2

L/2

L u2 I

Figura 13.7.
Soluzione
Si sostituiscano ai vincoli a telaio le reazioni vincolari che essi sono in grado di
esercitare, ottenendo lo schema in figura 13.8. Le reazioni vincolari possono essere
ottenute con le seguenti equazioni:

L 2
Mc =0 --+ Yo2+qL =0 --+ Yo =-2qL

LYi=0 --+YA+Y 0 -qL=0 --+YA=3qL

Lo schema del corpo libero è rappresentato in figura 13.9.

252
Xo B
-r-_;;_--1-.:-__.qL

L/2 qL

e
L/2 qL
qL2 L/2

L/2
L/2
A D
•xA
lv A L L/2
lv
0

I
Figura 13.8.

+---.B;...._., qL
13/6 qL
q

qL

D
A
---iai-~13/6 qL
i2qL
13qL

Figura 13.9.

1diagrammidi sollecitazione sono rappresentati nelle figure 13.10-13.12.

253
N/qL

0.0000 __ _..h.0000

-----l"r,oooo

Figura 13.10.

T/qL

Figura 13.11.

M/qL2

.0000

~
\-,
\--
'I'
I
0.0000 0.0000
Figura 13.12.

254
JJ.1.3 Isostatica n°3

Si risolva la struttura rappresentata in figura 13· 13 e si d,·segn·mo t. d"1agramm1


.
del
momento flettente, del taglio e dello sforzo normale.

q
l qL

r-------9--------~
B
L/2
qL
e

L/2

L L L

Figura 13.13.

Soluzione
Si sostituiscano ai vincoli a telaio le reazioni vincolari che essi sono in grado di
esercitare, ottenendo lo schema in figura ( 13.14).

qL
...
B
l./2 qL

qL
e
-----+
l./2

L L

Figura 13.14.

255
Le reazioni vincolari possono essere ottenute sulla base delle seguenti equazioni:

LYi=O -+YA+YK-qL=O -+YK=5:L


i

I(MffK =0 -+ qL2 +XK~-YKL+MK =0 -+MK =_!_qL2 (orario)


i 2 6
Lo schema del corpo libero è rappresentato in figura 13.15.

ts/6 qL
qL 2/JqL~ __)l/6qt.'
q qL

qL

,._Jl/6ql..
l/3qL

Figura 13.15.

I diagrammi di sollecitazione sono rappresentati nelle figure 13.16-13.18.

256
N/(qL)

(),4333-
.

·0.1667

Figura 13.16.

TI ( qL)
~=;·r·1rT"ll-..rr~~
1 .. · ::O:ii:1:
.,.·1' ...•.
,; ______,.._-; :-: ______
}: il.6667.--0.6687-l
/iI L
:·................
l; :---1
r· ........ ...........
..,--·-···1

o:3333 -1.86&7

Figura 13.17.

r
L

.......... [- ... , .....


~ 1.0000

/
,,,.,,.
_,,
JJ_
1.8333

Figura 13.18.

257
13.1.4 Isostatica n°4

Si risolva la struttura rappresentata in figura 13.19 e si disegnino i diagrammi del


momento flettente, del taglio e dello sforzo normale.

B !F D
--+-----r----~5--------+-----,..
2F l F
777T

A
e ~
L L L

Figura 13.19.

Soluzione
Si sostituiscano ai vincoli a telaio le reazioni vincolari che essi sono in grado di
esercitare, ottenendo lo schema in figura 13.20.

H
---.-----..------0-----~-----
B !
F D

w l F
t~
L

L L

Figura 13.20

Le reazioni vincolari possono essere ottenute sulla base delle seguenti equazioni:
LMA =O Y0 -3L-F·2L+F·L-F·2L =O --), y 0 = F

258
Lo schema del corpo libero è rappresentalo in figura 13.21.

H !F
-;----,-----<l;>------4----= B D

tF
F
L

e +-F
L
L

Figura 13.21.

I diagrammi di sollecitazione sono rappresentati nelle figure 13.22-13.4.


N/(qL)

CIO .00

•2.00

Figura 13.22.
T/(qL)

O.CIO ~- lii UD

nnt_=~=-·
-_,-
..-----
µL1··;;,
<M

Figura 13.23.

259
0.00 11.00 O.Cli

0.00 o.oo

Figura 13.24.
13.1.5 Isostatica n°5

Si risolva la struttura rappresentata in figura 13.25 e si disegnino i diagrammi del


momento flettente, del taglio e dello sforzo nonnale.

F
L

e ~
L L L

Figura 13.25.

Soluzione
Si sostituiscano ai vincoli a telaio le reazioni vincolari che essi sono in grado di
esercitare, ottenendo lo schema in figura 13.26.

H B D F
--+-----....--------0------,,---------:-+
F tYo
F
L

e Xc

L L

Figura 13.26.
Le reazioni vincolari possono essere ottenute sulla base delle seguenti equazioni:
MA =O Yo·3L-F·L-F·L-F·L=0 ~ Yo =F

LYi =O YA -F+ Yo =0 ~ YA =0

261
Lo schemadel corpo libero è rappresentatoin figura 13.27.

D F
p----------0-----~-----t-;-+ 8

F
L

A e 2F

L L L

Figura 13.27.
I diagrammidi sollecitazionesono rappresentati nelle figure 13.28-13.30.
N/(qL)
p.oo

I.OD 11.00

-1.00 t.llO -t.tiii

Figura 13.28.

T/(qL)

D.00 .00

-1.00

Figura 13.29.

262
0.00 .00
o.oo Li~k;1/1•?o.oo
~---
__
;/
f·/ _,,
..,,..
/
/

0.00 0.00

Figura 13.30.
13.1.6 Isostatica n°6
Si risolva la struttura rappresentata in figura e si disegnino i diagrammi del momento
flettente, del taglio e dello sforzo normale.

I ++++++++++++
+I D
e qL
L

L L L

Figura 13.31.
Soluzione
Si sostituiscano ai vincoli a telaio le reazioni vincolari che essi sono in grado di
esercitare, ottenendo lo schema in figura 13.32.
qL2

(B e 3qL
D

qL
Ye
qL
XA A
1)11

f YA

Figura 13.32.

Le reazioni vincolari possono essere ottenute sulla base delle seguenti equazioni:

YE ·4L+qL-3L-qL-2L-2qL·2L-qL,!:+qL 2 =0
2
5
~ YE = 8 qL

r(Mr
i
rE =0 5
XE =--qL
8

264
5
LXi=O XA =-qL
8

r(Mf}A
=0 XA·L-YA·L+qL·~=O 9
-+- YA =-qL
8

YA+ Ye -qL-qL-2qL+qL+ IO
Ye = O -+- Ys =-qL
8

Lo schema del corpo libero è rappresentatoin figura 13.33.

qL2
q
(B D

5/4 qL qL
q

5/8 ql. • E

t/8 qL

Figura 13.33.

I diagrammi di sollecitazione sono rappresentatinelle figure 13.34-13.36.

N/(qL)

O.E25
0.000
-0.12
- I
-0.625 -0.625
- 0.625
-

Figura I 3.34.

265
T/( q L)

Figura 13.35.

,4.o.1125
I

I
I
I I -IU12S

Figura 13.36.
13.1.7 Isostatica n°7

Si risolva la struttura rappresentala in figura 13.37 e si disegnino i diagrammi del


momento flettente, del taglio e dello sforzo normale.

112
2qL
_. 4qL
....-
A B

L
U2
I L/2 L

Figura 13.37.

Soluzione
XA=5/2qL (verso Sx) YA=2qL(verso l'alto) MA=3qL2 (antiorario)

X8 =9/2 qL (verso destra) Ys=O

N/(qL)
.5 00
.0000

>-----;-2.0000

-2.0000

267
T/(qL)
.0000
·.5000

2.5000 0.5000

·3.0000

1..5000

268
t3.t.8 Isostatica n°8

Si risolva la struttura rappre


sentata in figura 13.38 e si
disegnino i diagrammi del
momento flettente, del taglio
e dello sforzo normale.
q

llllllllhn11irn
2qL2
2qL ..----2qL
L
i
2qL
A

,. D a E

~
L
... L ...,L~ 11+• L
Figura 13.38.
·~ L
..~ L
~

Soluzione
XA=qL(verso Sx) YA=7/4qL (verso l'alto) XE=qL (verso destra)

Xo=O Y0=3/4 qL (verso il basso)

N/(qL)

1.00 O............__
......
.._ .--

1.7500 .7500

-1.7500

269
T/(qL)

1.0000

15312

-2.0000

2.0000

0.0000 0.0000 0.0000

270
l3.1.9 Isostatica n°9
Si risolva la struttura rappresentata in figura 13.39 e si disegnino i diagrammi del
momento flettente, del taglio e dello sforzo normale.

2q
0 A

L
4qL
B
p
L q
e Eiiiiiiiiiii F
G

L L L L
I· -1- - I I-
L
- -,- L
-

Figura 13.39.

Soluzione

XA=2qL (verso Sx) Y E=SqL (verso l'alto)

Y Q= qL (verso l'alto) MQ= 4qL 2 (orario)

1.0000
N /( q L )

1.0000
0000

-2.0000 -2.0000 -2.0000

271
T/(qL)

-2 0000

2 0000 O0000 -2 0000

-2 0000

M/(qL 2 )

0000

2.0000 -4 0000

2.0000
13.1.10 Isostatica n°10
Si risolva la struttura rappresentata in figura 13.40 e si disegnino i diagrammi del
momento flettente, del taglio e dello sforzo normale.

qL
B
L/2

qL

L/2
qL2

L L L

Figura 13.40.

Soluzione

xA=3qL (verso Sx) YA=O

y 8 = qL (verso l'alto)
Xs=3qL (verso Dx)

Me= qL 2 (orario)

N/(qL) .00 O

U__!I-J ___1---1-___...--:1in.oooo
0.0000

273
T/(qL)

I 0000

3 0000
-1 0000

M / ( q L2 )
~--r--1"11 0000

0.0000 -2.0000
JJ.t.11 Isostatica n°11

Si risolva la struttura rappresentata in figura I) ·41 e si


·
c1,·se · 1. d"1agramm1
· gnino . del
momentoflettente, del taglio e dello sfom> normale.

112

-
ql. l
2ql.

UZ
B

L L L

Figura 13.41.
XA=qL/2 (verso Dx) YA= qL/2 (verso l'alto)

MA:::c3/2 qL 2 (orario) X 8 = qL/2 (verso Sx)

Y 8 = 3/2qL (verso l'alto)

N/(qL)
O 000

2.5000

t 00
-O 5000

-2 5000

275
TI( q L )

5000 i----- 5000

-2 5000 5000

-0.5000 -2 5000

-1 5000

M/(qL2)

2500

2.5000 1.5000 00000

2.5000
13.2 Esercizi sulle strutture iperstatiche
13.2.1 Iperstatica n°1
Utilizzando il metodo delle forze, si risolva Ja struttura 1pers
· tat1ca
· ·m fi1gura 13.42. I
tratti di trave AB e BC sono di lunghezza L.

Figura 13.42.
Soluzione
Eliminiamo la condizione di vincolo in A. Lo schema isostatico equivalente è
dunque:

Consideriamo quindi separatamente I e Il sistema.


Il I sistema è costituito solo dai carichi applicati esternamente, ovvero dalla coppia
m che induce una rotazione del nodo B che si traduce in uno spostamento verso
l'alto del nodo A pari a:

~~istema - 'l'Bx L -(- :~} L - - :~

Il II sistema è invece costituito solamente dall'azione X che induce:


a. Una deformazione del tratto AB, la cui entità può essere determinata
considerando B incapace di ruotare, e quindi con il seguente schema

equivalente:
A _____ ...,1/
i
X
B

che risulta quindi pari a:

277
b. La forza X induce però anche una rotazione in B che si traduce in
spostamento verso l'alto del punto A, pari a:

Quindi:

Il sistema ' " 2 3


T'JA =TJA +TJA =--XL
3EJ
Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:

mL2 2 3 m
-----XL =0~X=--
6EJ 3EJ 4L
13.2.2 Iperstatica n°2
Utilizzando il metodo delle forze si risolva la str tt . .
u ura tperstattca rappresentata in
figura 13.43. I tratti di trave sono tutti di lungh L . . .. .
ezza · St consideri mfimta la
rigidezza assiale delle travi.

.-1-A
_____ ~iF
B

e D

Figura 13.43.
Soluzione
Eliminiamo la condizione di vincolo in corrispondenza del nodo D e consideriamo I
e Il sistema:
Per il I sistema si considerino i seguenti schemi:

q>e
--- - _.\
B

I
I
I -,
I

CL- _____ o_ /\
...,..::.- 4Pc:=<Pe
r -- ----
1 3 + ( -FL
1 )·L=-FL5 3
!sistema
l'Io ='10 +<pcx L ='18 +cpex L ---FL
3EJ 2EJ 6EJ

Per il I sistema si considerino il seguente schema:

279
A

C.________ D--.

I X

Nel II sistema ci sono diversi contributi da tenere in considerazione:


I. Consideriamo inizialmenteC bloccato e valutiamo il contributo legato alla
defonnazione del tratto CD:

I 1 3
TID =--XL
3EJ

2. Valutiamo ora solo l'effetto della coppia di trasporto, eliminando


virtualmente il tratto CD, come rappresentatonella figura sottostante:

~XL

t
X

a. Se consideriamo B bloccato possiamo valutare la rotazione in C:

XL XL2
<pc = --x L = ---
EJ EJ
che induce uno spostamento in D pari a:

" XL3
rio= cpcxL =---
EJ
b. Consideriamo il contributo legato allo spostamento e alla rotazione in B,
con l'ausilio del seguente schema semplificato:

280
~A ~XL

tX

Quindi:

Il sistema ' " "' 11 J


fio = 11D+110 +110 = --XL;
3EJ
Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:

- 5-FL 3 -_!..!__XL
3 =0~X=2._F
6EJ 3EJ 22

A questo punto è facile detenninare le reazioni vincolari all'incastro usando le


semplici equazioni di equilibrio alle rotazioni e alle traslazioni:

Y A=l 7/22 qL (verso l'alto) MA=6/11qL2 (antiorario)


13.2.3 Iperstatica n°3

Utilizzando il metodo delle forze si risolva la struttura iperstatica rappresentata in


figura 13.44. Si consideri infinita la rigidezza assiale delle travi.
q
Il I 111I 11U
B

, U2 ,
/ L , /
L , / /

Figura 13.44.

Soluzione
Si elimini il vincolo in A. Si consideri il I sistema e analizziamo separatamente
l'azione del carico distribuito e della forza:
a. Carico distribuito: il carico distribuito induce una rotazione del nodo B che
provoca uno spostamento verso l'alto del punto A, quantificabile quindi
come:

b. Forza: per valutare l'azione della forza possiamo considerare il seguente


schema equivalente:

fqL
..---8-----A---.,; qL2

282
Questa configurazione di carico induce una d fì .
. e ormaz,one del tratto AB, che si
traduce m uno spostamento verso il basso del punto A, pan· a:

ll~ = _J_(2qL)L3 +-1-(qL2 ~2 = _:I_qL4


3EJ 2EJ 6EJ

Inoltre la configurazione di carico induce una rotazione del t h · .


pun o 8 c e s, traduce m
un abbassamento verso il basso del punto A, pari a:

2
"' =cp8 xL= (3qL
TIA --xL ) xL=-- 3qL4
EJ EJ

Quindi:

I sistema ' 11 111 11 4


TIA =llA +llA +llA =-qL
3EJ
Consideriamo ora il II sistema che risulta schematizzabile come segue:

A
B

'
X

Questa configurazione di carico induce una deformazione del tratto AB, che si
traduce in uno spostamento verso l'alto del punto A, pari a:

A I 3
TJA=--XL
3EJ
Inoltre la configurazione di carico induce una rotazione del punto B che si traduce in
un abbassamento verso il basso del punto A, pari a:

~ I 3
TJA=--XL
EJ
Quindi:

,.,IIsistema_ A ~ _ _i_XI.;3
'IA -llA +11A - -
3EJ
Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:

283

A questo punto è facile determinare le reazioni vincolari all'incastro usando le
semplici equazioni di equilibrio alle rotazioni e alle traslazioni:
XA=O YA=l/4 qL (verso l'alto) MA=l/4 qL2 (orario)
13.2.4 Iperstatica n°4

Utilizzando il metodo delle forze si risolva la struttura iperstatica rappresentata in


figura 13.45.

Figura 13.45.
Soluzione
Possiamo eliminare la condizione di vincolo in B:
m/2
~B

r
X

Lo schema da considerare per il I sistema è il seguente:


m/2
~ A .)B
2
I sistema =-1-x mx L2 = mL
118 2EJ 2 4EJ

Per il II sistema, invece lo schema è il seguente:

3
1111sistema __ XL
8 - 3EJ

Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:

mL2 XL3 3m
---=O~X=--
4EJ 3EJ 4 L

285
13.2.5 Iperstatica n°5
Utilizzando il metodo delle forze si risolva la struttura iperstatica rappresentata in
figura 13.46. Si consideri infinita la rigidezza assiale delle travi.

Figura 13.46.
Soluzione
Possiamo eliminare la condizione di vincolo in B:
m/2
A---- B

f
X

Lo schema da considerare per il I sistema è il seguente:


m/2
B

La coppia m/2 induce:


a. Una deformazione del tratto AB, quantificabile considerando inizialmente
A come bloccato, e usando quindi il seguente schema semplificato:

286
m/2
~A ~B

il cui contributo allo spostamentoin B è:

b. Una rotazione del punto A che si traduce in uno spostamentoverso il basso


del punto B, quantificabile usando il seguente schema:
~m/2
A

Quindi:
2
I sistema ' " 5mL
Tls = TIB+11s = 16EJ

Per quanto concerne il II sistema invece, si consideri il seguente schema:

A----- B

t
X

La forza X induce:

287
a. Una deformazione del tratto AB, quantificabile considerando inizialmente
A come bloccato, e usando quindi il seguente schema semplificato:

X
f
il cui contributo allo spostamento in B è:

11B=--1-xxx(~J3 =- XL3
3EJ 2 24EJ

b. Una rotazione del punto A che si traduce in uno spostamento verso il basso
del punto B, quantificabile usando il seguente schema:

JXL/2
A

il cui contributo allo spostamento in B è:

:: L ( 1 XL J L XL 3
TJe= cpAx2 = - EJ x2x L x2 = - 4EJ

Quindi:

IJ sistema
TJ A 7XL3
::

e =TJe+TJe=---
24EJ

Mettendo in gioco l'equazione di congruen'7a


~qum . d'1:
5mL2 _ 7XL3 _ 15 m
16EJ 24EJ - 0 ~x =14L

288
JJ.2.6 Iperstatica n°6
Utilizzandoil metodo delle forze si risolva la sl u . .
. . ru ura iperstatica rappresentata in
figura 13.47. I tratti d1 trave AB, BC e CD sono t tr d" 1
. . . . u 1 1 unghezza L . Si consideri
infinitala rigidezza assiale delle travi.

i. 1.12..i
qL

D
e
Figura 13.47.
Soluzione
Possiamoeliminare la condizione di vincolo in D.

,~ L/2 ...1
qL

e
i
X

li contributo del secondo sistema, quello relativo alla sola reazione X è:

TJg
sistema = __!_!_
XL3
3EJ
Studiamo quindi il I sistema:
a. Contributo allo spostamento in D dato dal carico distribuito applicato sul
tratto BC:
- consideriamo B bloccato; il carico induce una rotazione del nodo C che si
traduce in uno spostamento verso l'alto del nodo D:

289
- Sblocchiamo ora il nodo Be consideriamo il seguente schema
semplificato.

I carichi risultanti inducono uno spostamento verso l'alto del nodo B, che
si traduce in uno spostamento verso l'alto del nodo D, e una rotazione in B
che per moto rigido induce un ulteriore spostamento verso l'alto del nodo
D:

" =T)8 +cp8 xL=--


TJo 1 ( .9___ ql:
L2 ) xL 2 -- 1 ( -xL ) xL=--qL 3 4
2EJ 2 EJ 2 4EJ

b. Consideriamo ora il contributo della forza qL:

A i qL (j)K

K B --- / -- '
__ :t_
~)-
/
I
e D
/\ -,___
I

,----

---
La forza qL induce un abbassamento del punto 8, che si traduce in un abbassamento
del punto D, e una rotazione del punto C, che è pari alla rotazione in K, e che induce
un ulteriore abbassamento del punto D per moto rigido. Quindi:

=-qL I (L)
3EJ
-
2
+-qL1 (L)
2EJ
-
2
3
L
x-+-qL
2 2EJ
I (L)
-
2
xL=--qL11
2
48EJ
2
4

Quindi:

Il sistema ' 11 111 33 4


Tln =TJo+ 'lo + TJo=---qL
48EJ
Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:

290
33 4 11 3 3
---qL --XL =O~X=--qL
48EJ 3EJ 16

291
13.2. 7 Iperstatica n°7
Utilizzando il metodo delle forze si risolva la struttura iperstatica rappresentata in
figura 13.48. I tratti di trave AB, BC e BD sono tutti di lunghezza L. Si consideri
infinita la rigidezza assiale delle travi.

Figura 13.48.
Soluzione
Possiamo eliminare la condizione di vincolo in De studiare I e Il sistema.
qL 2/2

I Sistema:
a. Contributo dato dal carico distribuito sul tratto AB. Il carico distribuito sul
tratto AB induce una rotazione del punto B che si traduce in uno
spostamento verso il basso del punto D. È possibile valutare agevolmente la
rotazione in B considerando il seguente schema semplificato equivalente:
.!, qL /2 2

292
b. Contributo dato dalla forza qL. Tale for1..ainduce una rotazione in B che è
uguale a quella del punto K. Quindi:

,,
flD =<puxL=q>K xL= [-qLI (L)
-
2
] xL=L L4
2EJ 2 8EJ

c. Contributo della coppia concentrata qL2/2. Tale coppia induce una

defonnazione del tratto BO che induce un abbassamento del punto D (T)~),


detenninabile ipotizzando B bloccato, e una rotazione del punto B che si

traduce in un abbassamento del punto D (T)~):

~~ =2~[(
q~2J]xL2
=:~

~;=~9XL=[ ~~
~(q~>}+L=
Quindi:

I sistema ' " "' "" 11 4


TJo =TJo +TJo +TJo +TJo =-qL
8EJ

II Sistema:
Nel secondo sistema abbiamo solamente l'azione della reazione X che induce una
deformazione del tratto BD, causando uno spostamento verso l'alto del punto D, e
una rotazione in B che per moto rigido induce un ulteriore spostamento verso l'alto
delnodoD:

TJllsistema= __ I_XL3 __ I_XL3 = -~XL3


D 3EJ EJ 3EJ
Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:

4 -~XL
_!_!_qL 3 =O~ X= 33 qL
8EJ 3EJ 32

293
13.2.8 Iperstatica n°8
Utilizzando il metodo delle forze si risolva la struttura iperstatica rappresentata in
figura 13.49. I tratti di trave AB, BC e CD sono tutti di lunghezza L. Si consideri
infinita la rigidezza assiale delle travi.

1--U2 •I
qL

Figura 13.49.
Soluzione
Possiamo eliminare la condizione di vincolo in D.

e D

I Sistema
a. Contributo allo spostamento in D dato dal carico distribuito applicato sul
tratto CD. Si consideri il seguente schema equivalente:
A

294
È chiaro quindi che questa condizione di carico induce una defonnazione del
tratto BC e una rotazione del punto 8, entrambe che provocano uno
spostamento verso sinistra del punto D.
Il primo contributo può essere determinato ipotizzando che B non possa ruotare:

ç~ = 2~[( )]xL'
q~2 = :~

Il secondo contributo è facilmente determinabile considerando il seguente


schema ulteriormente semplificato:

B~
+
qL

ç" [l(qL
0 =~sxL= -
qL 2 ] xL=-qLEJ
- ) xL+-xL
2 4
2 EJ 2EJ

b. Contributo allo spostamento in D dato dalla forza qL: la forza qL induce


una rotazione in K che si traduce in uno spostamento verso sinistra del
punto D pari a:

ç~ =<pK ! x(~)']xL=
xL=[ :~
. , IJ 4
J:I sistema_J: +J:o +ço =-qL
m
11

':ID -':iD ':> 8EJ

II sistema: Consideriamo il seguente schema equivalente:


A B

295
È chiaro quindi che l'azione della forza X provoca una deformazione del tratto Be e
una rotazione del punto B, entrambi responsabili di uno spostamento verso sinistra
del punto D:

J:Ilsistema
':>O J:
=-,,c+<p9X XL 3
L----+ [XL
-X L] X L----4XL 3
3EJ EJ 3EJ

Mettendo in gioco l'equazione di congruenza quindi:


11 4 4 3 33
-qL +-XL =O~X=--qL
8EJ 3EJ 32
13.2.9 Iperstatica n°9
UtiliWlndoil metodo delle forze, si risolva la struttura iperstatica rappresentata in
figura I 3.50.
F

~i--A ____ l_ar--_---=;c


? #> A
I --~
~
I ~
L/2 L/2
~
L

Figura 13.50.

Soluzione
Possiamoeliminare le condizioni di vincolo in Be in C. Dovremoquindi scrivere 2
equazionidi congruenz.a.Il sistema isostaticoequivalenteè quindi:
F

,aA ! B e
K
f x vf
1~
U2 ...~ U2 ~~
L ... ,
I sistema
F

~1-A_ _____i:!
__ B____ C

ISistcma L F (
2L )
3 [ -x F (L)
-
2
] L 5FL
3
x-=--
T\1i = 'lK +q>K x 2 = 3EJ x + 2EJ 2 2 48EJ

297
Il sistema

~1--A
_____ -:-B
_____ ""It

I X VI
L
...,

Il Sistema XL 3 YL3 YL3 XL3 5YL3


Tls =------=-----
3EJ 3EJ 2EJ 3EJ 6EJ

T'IIISistema =- XL3 -(XL 2 JxL- Y (2 Lf =- 5XL3 _ 8YL3


e 3EJ 2EJ 3EJ 6EJ 3EJ

Mettendo in gioco le equazioni di congruenza quindi:

5FL3 XL3 5YL3


-------=0
48EJ 3EJ 6EJ
I IFL3 5XL3 8YL3
--------=O
48EJ 6EJ 3EJ
Le soluzioni del sistema algebrico sono:

IX= 25 F
56
Y=--F
3
56
Esercizi Proposti

13.2.10 Iperstatica 0°10


Utilizzando il metodo delle forze, si risolva la seguente struttura iperstatica.

F F

~-A ____.__l--..1.--l ~/4


L
,.._ U2 ·~ U2 ~ 111111

•I
13.2.11 Iperstatica 0°11
Utilizzando il metodo delle forze, si risolva la seguente struttura iperstatica.

I... .....
L/2I .. L/2~
L L

13.2.12 Iperstatica n°12


Utilizzando il metodo delle forze, si risolva la seguente struttura iperstatica.
q

~~ .,li.--111111
_L_-.i•I

299
13.3 Esercizi di calcolo tcnsionalc

13.3. l Esercizio di calcolo tcnsionale n°1


La sezione a T rappresentata in figura 13.51 è soggetta a un momento flettente M,.
(con fibre tese al di sopra dell'asse baricentrico x-x) e taglio T v (rivolto verso il
basso). Le dimensioni della sezione sono in mm. Si calcolino le tensioni cr e 't nei
punti B e G e si disegnino i cerchi di Mohr.
Mxx= l.lx10 4 Nm Ty = 210 kN

125

x--------- o
•---------X
20
o
y
210

Figura 13.51.

Soluzione
La sezione è simmetrica rispetto all'asse y-y quindi certamente :xo=105 mm;
Valutiamo al coordinata y 0 utilizzando il teorema di Varignon:

_LS~_210x20xl0+125x22x(20+125/2)
Yo - LAi - 210x20+125x22 =38 ·68 mm
Quindi il momento geometrico del secondo ordine risulta:

Jxx =[1~210x20
3 +210x20x(38.68-IOf ]+

[ I~ 22x 1253 + 125x 22 x (1~


+5 20-38.68 r]-12.45 x 106mm4

300
Calcoliamo le componenti di tensione:
I. Punto B:
Per definizione in B le tensioni di taglio sono nulle. Le componenti di tensione
nonnali dovute a flessione sono invece:

Mxx I.lx 107 ( )


crr= -·-· xy = 6 x 125+20-38.68 = 93.89MPa
Jxx 12.45x IO
ti Cerchio di Mohr associato è il seguente:

93.89 cr

2. Punto G:
Il punto G è sull'asse neutro di flessione e quindi le tensioni dovute al momento
flettente Mxxsono nulle.
Calcoliamo il momento statico del primo ordine in G:

Sxx = (125 + 20-38.68) x 22 x ( 125 + 2 ~ - 38 ·68 ) =124343mm3

t= TyxSxx =210xl0 3 x124343 =9SMPa


J xx x B 12.45 x 106 x 22
Il Cerchio di Mohr associato è il seguente:

t
95

cr

301
13.3.2 Esercizio di calcolo tensionale n°2

Si consideri la sezione chiusa A soggetta a un momento torcente M1 3xt0 5 Nm


mostrata in figura 13.52. La trave è realizzata in acciaio strutturale con una tensione
di snervamento pari a 470 MPa. Determinare il coefficiente di sicurezza statico
(usando l'ipotesi di von Mises), l'angolo di torsione unitario e l'angolo di torsione
totale, sapendo che la lunghezza della trave è L=5 m. Si consideri poi la sezione
aperta e si determini il valore del momento torcente da applicare in modo da
ottenere lo stesso coefficiente di sicurezza del caso A. Utilizzando tale valore si
determini quindi l'angolo di torsione unitario e l'angolo di torsione totale.

18] 26

@ 1240
@ 40
-•
26 i4. 24
i-- lo- quote in mm
201 28

... 220 T
20
Figlll'a 13.52.

Soluzione

Sezione A

A*= {240-19)+{220-25)=43095 mm2

Mt
'tt,max = * =193.4 MPa
2A tmin

t 5n = J = 271.35 MPa
o

E
G =-=79230 MPa
2.6

302
L· (195 195 221 221)
""'-·
~ lj
= -+-+-+-
20 18 26 24
=38.291
I

M I· s
9 = '.2r~=l.951xlo-
i li
rad/mm=l.ll8xl0- 30 /mm=l.118°/m
11 4GA

9 ==Su x L = 5.59 °

SezioneB

Jt =
3 . 3
~ 13x 24 3 + 208 x (263 + 283 )]=
L Litf =.!.
.!. 3-722-112mm4
I

'tsn 'tsn
Vst =--= M
'tt,max - t t max
Jt

~Mt = 'tsnJt =25.7x10 3 Nm


tmaxVst

Su= Mt =8.716xt0- 5 rad/mm=4.99xI0- 3 0 /mm=4.99°/m


GJt
13.3.3 Esercizio di calcolo tensionale n°3
La sezione rappresentata in figura 13.53 è soggetta ai momenti Mxx,Myye Mzz(per i
momenti Mxx e Myy si considerino tese le fibre sotto l'asse baricentrico xx e a
sinistra dell'asse baricentrico yy) e ad una forza vertica1e che induce tag1io T v.
Tutte le dimensioni in figura sono in mm.
Determinare:
I) La tensione dovuta a1 momento torcente nei punti A e B;
2) La tensione di flessione nel punto O;
3) La tensione di taglio nel punto B.

Mxx= l520Nm M yy= 1356 Nm M u.= 266660 Nmm


Ty=8400N

IO

,A
I

B
X-·-·-·-·--·-· ·-ur-·-·
IO :o
I
o
\0
I
I
I
:y
o I

,... 60

Figura 13.53.

Soluzione
La sezione è sicuramente simmetrica rispetto all'asse y quindi x 0 =30 mm. Yo risulta
invece:

LS~x2x tox 60x30+ l0x40x55


Yo = LAi = 2xl0x60+10x40 =36.25mm

Jxx =2xL~ 10x603 +10x60x(36.25-30)2 ]+

L~ 40 x 103 + 40 x IO x (55 - 36.25 )2]=550883mm 4

304
J ==__!_60x 60 3 - - 1 50 x 40 3 = 8 I3333mm4
YY 12 12

103
J ==~ ~ Litl = -(2 x 55 + 50) = 53333mm4
I 3L... 3
Le tensioni dovute a torsione sono unifonni su tutta la sezione, essendo lo spessore
costante, e quindi sono uguali sia nel punto A che nel punto Be pari a:
Mv. 266660
t t =---x
==--'-X IO= 50MPa
tors J 1 53333

La tensione di flessione nel punto O è invece:

=Mxxx +Myyxx=1520x103 x36.25+1356x103 x30=150MPa


CTf JXX y Jyy 550833 813333

J1momento statico del primo ordine in B vale:


36.25 3
S =2x36.25xl0x--=13140mm
xx 2

e quindi:
_ Ty xSxx _ 8400xl3140 =lOMPa
t1agtio - Jxx xB - 550833x2xl0
13.3.4 Esercizio di calcolo tensionale n°4
La sezione rappresentata in figura 13.54 è soggetta alle seguenti sollecitazioni:

Ty = 10000 N

Mxx = 5000 Nm
Myy = 1000 Nm

Mzz = 500 Nm (antiorario)


Gli spessori di anima e ali sono di 10 mm. Tutte le dimensioni in figura sono in mm.
Per i momenti Mxxe Myysi considerino tese le fibre sopra l'asse baricentrico xx e a
destra dell'asse baricentrico yy Determinare le tensioni CJe 't nei punti A, Be C.

___
___,;;~-----
I
A IY
I
1----J
B

I
I
I
X
lI
f -------- o
o
I
I
I
I ..._ __ _
I

,... I
60 I
I
I
..,
I
I

Figura 13.54.
Soluzione
La sezione è dotata di due assi di simmetria e quindi il baricentro giace
sull'intersezione degli assi.

Jxx = J~ X 60 X 1003 - l~ X 50 X 803 = 2866 •103 mm 4

1 3 I 3
lyy =2x-xl0x60 +-x80x10 =366-103 mm4
12 12

1 3 103
Jt =-:~)i Li =-(2x60+90)=70-to 3 mm4
3 3

306
puntoA:
Mxx 5000· 103
o-ncssionc
==O"z==-J-x
xx
Y=
2866-10
3 x50 =87,25 MPa

M
..
•1ors10
. ne==t 7..x==_E.X
J1
t =71 MPa

Ty xSxx 10000x30x)0x45
tiaglio-
-t ==
J xx x B
= 2866 · 103 x IO
-47 MP (Trascurabile)
7..x - ' a

PuntoB:
_ _ Mxx Myy
-crz ---xy+--xx
O-flessione
Jxx lyy

= 5000 · 103 X 50 + 1000 · 1o3


3 3
X 30 =87,25 + 82 =170 MPa
2866 · 10 366 · 10
Le t sono nulle per ragioni di equilibrio.

PuntoC:
Myy 1000 · 103
O-flessione=CTz =--xx=
lyy 366·10
3 x5 =13,7 MPa

Sxx= 60x10x45+40xl0x20 = 35000 mm3

t . =t = Ty xSxx = 10000x35000:::: 12 2 MPa


tagho 'ZY J xxB 2866 · 103 X 10 - '

M
t torsione tey = = __g_
Jt
X t =71 MPa

307
13.3.5 Esercizio di calcolo tensionale n°5
La sezione rappresentata in figura 13.55 è soggetta alle seguenti sollecitazioni:

Ty =3500 N Mxx = 2300 Nm

Gli spessori di anima e ali sono di I O mm. Tutte le dimensioni in figura sono in
mm. Determinare le tensioni a e 't nei punti A, B e C. Determinare inoltre in tali
punti la tensione equivalente di von Mises.

Tv
25
A
:··················I····
Centro di :

~t-
tagli~
______ x_

: I-
O'I
o

i
I
__ ___ ____.....................
o .,...__ _,_,.___ .
...J

,..
I
50
I
I
I
~1
I
y'

Figura 13.55.

Soluzione
Calcoliamo le coordinate del baricentro rispetto al punto O:
YG=30 mm
2x40x)0x30+60xl0x5
xo = 2x40xl0+60xl0 = 19,28 mm

I 3 l 4 =686666 mm4
lxx =-x50x60 --x40
12 12
La distan:za tra il centro di taglio e la linea media dell'anima vale:

e= txh 2 xb 2 10xS02 x45 2


4J xx 4 x 686666 = 18,4 mm

308
quindi la distanza tra il centro di taglio e la retta d'azione della forza vale:
d :::e+ 20 = 38,4 mm
quindi il momento torcente indotto è:
Mi= Fxd = 3500x38,4 = 134400 Nmm

I 103
J1 = 3LtfLi =- 3-(2x45+50)=46666,6 mm4

PuntoA

Mt 2300 · 103
= CTz = Jxx x Y = 686666 X 30 100 MPa
O"flessionc =
Le t di torsione hanno un valore costante su tutto il profilo e possono essere
detenninate utilizzando la relazione per i profili aperti. In particolare:
M
•torsione='tzx = __B_x t
Jt
=28,8 MPa

La 't di taglio può essere determinata come:


. _ _ Tyxhxb _ 3500x50x45 ::.57 MPa
•tagho- 'tzx - 2J - 2x686666 - '
xx

t~t = ttaglio-'ttorsione 23 MPa =

PuntoB
Le tensioni di flessione sono nulle giacendo il punto B sull'asse neutro.

Sxx = l0x50x25+20xl0xl0 = 14500 mm3

Le tensioni di taglio sono dunque:


,: . __ Ty xSxx _ 3500x 14500 7,4 MPa =
'tzy - J x B - 686666 x IO
taglio -
xx
. 'tura delle tensioni di torsione e stessa
Queste tensioni presentano la stessa giaci
. L 't complessivaè dunque:
direzione,nel punto B, ma segno oppoSt0· a zy

,:~t==-r1ag1· +-r . =74-28,8:-21,4 MPa


-, 10 • tonnone •

309
creq = ~3(-r~t) = 37 MPa

Punto C

. _ _ Mxx 2300-10 3 _
cr tless,one - crz - -- x y = ----x 15 = 50 MPa
lxx 686666

Sxx =10x50x25+5x10xl7,5=13375 mm3


Ty x Sxx
'ttaglio = 't= = --'---
-J J B
=6' 8 MPa
xx
tot
'tzy = 'ttaglio + 'ttorsione =28,8 + 6,8 =35,6 MPa
sionale n°6
13.3 .6 Esercizio di calcolo ten
etta ai momenti flettenti Mzze
La traVe a cassone rappresentata in figura 13.56 è sogg
Le dimensioni sono in mm.
A4>a,y,momento torcente M.ue a taglio T.
· e Myysi assuma che il loro verso sia tale
per qUanto riguarda i momenti Hettenti M7.7.
a l'asse z e a sinistra dell'asse
per Cui le fibre tese siano rispettivamente quelle sopr
y.
A, B, C e D e tracciare i cerchi di Mohr.
Detenninare lo stato di tensione nei punti
4 Myy = 3· 104 N-m Mxx =2· I0 4 N-m
M7:Z ==2-I0 N ·m

I
I
r------,-A~---... D

I 10
10 :
f. __ _ ____ J.I ___ _ B
I
I
I
I

'-------:-,----e
uo
I
~1
I
y

Figura 13.56.

Soluzione
1 x130x1003 =I0.76x106mm4
J =-1 x]50x1203 __12
zz 12
4
= 15·44 x 10 mm
6
I 20xl50 I 0xl30
3 --xl0 J
JYY=-x1
12 12
2
A* ==140x 1 I O = 15400 mm

PuntoA
Quindi:
Le O di flessione dovute a Myy sono nulle.

311
- _M22x =2xl04xl03 x60:::IJJ.5 MPa
crx -crr - J7.z Ymnx I0.76xl06
·
In aggmnta a Ile tenstont
· · normali di flessione vi sono delJe tensioni tangenziali di
torsione:

-r = M1 = 2x 107 =65 MPa


xz 2xA *xS 2xl5400xl0

I cerchi di Mohr sono quindi i seguenti:

't
65

111.5
O'

PuntoB
Le <J di flessione dovute a M:zz
sono nulle. Quindi:
M 4 3
YY -- 3 x lO x 10 x 75 =--145.7 MPa
<l"x =O"r=--J-yy-XZmax l5.44x106

In aggiunta alle tensioni nonnali di flessione vi sono delle tensioni tangenziali di


torsione:

't ::;
M1
----= 2x107 =-65 MPa
xy 2xA *xS 2x l5400x10
Infine il taglio T origina le componenti tensionali -rxy,·

Szz= 150x IOx 55 +2x50x IOx 25 = 107500 mm 3

B :::S = IO mm

-r
xy
= TxS zz = 5
J:u.X B
MPa

in totale
'txy = -60 MPa
I cerchi di Mohr sono quindi i seguenti:

312
a
PuntoC
Myy Mzz
O"x =<rr =--J-XZmax --J-XYmax
yy zz

3xl0 4 x103 75 2x10 4 x10 3


_ ----x -----x60::-275.2 MPa
15.44x106 10.76x10 6

Le r sono nulle per equilibrio. I cerchi di Mohr sono quindi i seguenti:

-257.2 a

PuntoD

Myy M
O"x =crr =--XZmax -~XYmax
JYY Jzz

= 3 xl0 4 xl0 3 x75- 2 x 104 xl0 3 x60 =34.2 MPa


15.44xl0 6 10.76x10 6
Le r sono nulle per equilibrio. I cerchi di Mohr sono quindi i seguenti:

34.2 a

313
13.3. 7 Esercizio di calcolo tensionale n°7
Si consideri la trave a sezione anulare rappresentata in figura 13.57. La sezione è
soggetta alle seguenti sollecitazioni:
Mx-x =20000 Nxm My-y =10000 Nxm

Mz-z =20000 Nxm Ty =10000 N

I momenti Mx-x e My-y sono applicati in modo tale che le fibre tese siano
rispettivamente quelle sopra l'asse x-x e a destra dell'asse y-y.
Il diametro esterno della sezione è di 200 mm e lo spessore di 7.5 mm.
Si detennini:
I) Il valore massimo della tensione nonnale sulla sezione e la sua locazione;
2) Il valore massimo della tensione di taglio -re la sua locazione. In tale punto
si valuti anche la tensione di flessione.
I

X---

Figura 13.57.
Soluzione

Jx-x =Jy-y = 6: (o!-ot)= 4 4


6: (200 -185 )::21.03xI0 6 mm 4

L'equazione delJ'asse neutro di flessione è:

Mx-x + My-y
--y_--x= O My-y 1
y=±--x=±-x
Jx-x Jy-y Mx-x 2
Le tensioni di flessione hanno segno opposto nei quadranti 2 e 4. Quindi )'asse
neutro è quello rappresentato nella figura sottostante.

314
x---
Asse neutro:
', / y=-0.Sx
'
I
I
'y
Lungo tale retta le tensioni dovute a flessione sono nulle. 11 punto in cui si
manifesta la massima tensione dovuta a flessione giace sulla retta ortogonale all'asse
neutro ovvero y = 2x, e in particolare in corrispondenza dell'intersezione di tale retta
con la circonferenza esterna.
Le coordinate di tale punto si determinano quindi facilmente come soluzione del
seguente sistema:

y=2x x=44.7 mm
{
x2 + y2= 1002 y=89.44 mm

La massima tensione dovuta a flessione è quindi:

Mx-x y + My-y x =106 MPa


Jx-x Jy-y

Proceduraalternativa
L'equazione della tensione di flessione massima (sul raggio esterno) può essere
scritta come:

crz = Mx-x y + My-y x = Mx-x Re xsen(a)+ ~y-y Re xcos(a)


Jx-x J y-y J x-x y-y

= tex-x
{Mx-x xsen(a)+ My-y xcos(a))

Con la condizione 00 z = o è possibile determinare il valore dell'angolo a che


Ba.
massimizza la uz:

315
Mx-xx cos(a.)-My-y x sen(a.)= O---+tg(a.)=MMx-x = 2---+a= 63.43°
y-y

y = Re xsen(a.)= 89.44 mm
x = Re x cos(a.)= 44.72 mm

Da cui risulta:
O"z = 106 MPa

Il momento Mz-z induce una distribuzione di tensione tangenziale uniforme,


determinabile per mezzo dell'espressione di Bredt. Determiniamo l'area sottesa alla
linea media:
2
D +D-1 )
A* = 1tx ( e
4 = 29089 mm

M
t
-- 2 xtxA
torsione z-z
*
=45.8 MPa
Dato che le tensioni di torsione sono uniformemente distribuite, il massimo delle
tensioni si avrà in corrispondenza del massimo delle tensioni indotte dal taglio Ty,
ovvero in corrispondenza dell'asse x-x. Su tale asse le T di torsione e di taglio hanno
la stessa giacitura e la stessa direzione e quindi possono essere sommate
algebricamente.

4 Ty R~ +Re xRi +Rf


'ttaglio= 3 XAX R~ + Rf

4 10000
=3X 1t{t002 -92.5 2 r 1002 + 100X 92.5 + 92.52
1002 +92.5 2 = 4 -4 MPa

Quindi, complessivamente:
=
't max 50 MPa

Su tale punto le tensioni di flessione risultano:

O"z = Mx-x X Re= 95 MPa


Jx-x

316
13.4 Esercizi sulle travi curve
13.4.1Esercizio sulle travi curve n°t
Un gancio realizzato in acciaio strutturale (aa ..=275 MPa) è sollecitato da una forza
f=SOOON, secondo lo schema rappresentato in figura 13.58. Determinare il
coefficiente di sicurezza statico nell'ipotesi che il gancio presenti una sezione
circolare con diametro d=26 mm e un raggio dell'intradosso ri=30mm.

Figura 13.58.

Soluzione

r =
n
([r;+4[r;f= 42mm
d d2 2
A= x- = 530.9 mm
rg = ri + - =43 mm 4
2
6==rg-rn=l mm Ye=re-rn=l4mm Yi=ri-rn=l2mm

11Puntomaggiormente critico è l'intradosso in corrisponden:za della sezione S


(come evidenziato in figura), dove il momento flettente è massimo. In tale punto è
presente una tensione di trazione dovuta allo sforzo normale:

317
5000
crN= -- = 9.4MPa
530.9
e una tensione di trazione dpvuta al momento flettente esercitato dalla forza F che
presenta un braccio pari alla distanza dal baricentro della sezione S:

Mr = Frg = 215000 Nmm


Quindi

cr- = + MrYi = 162 MPa


' 6Ar-
'
Complessivamente:
O"max =162+9.4=17l.4MPa

Da cui risulta:

O"sn 275
vst =--=--:l.6
O"max 171.4
La tensione è inferiore alla tensione ammissibile e quindi il gancio risulta verificato.
Se per la verifica si fosse usata l'equazione di Navier, si sarebbe ottenuto:

cr
M = Mf =124MPa
=-f
max Wr ~d3
32
Quindi:

K=-cr--'i-= 162 =1. 3


CJNAVIER 124
tJ.4.2 Esercizio sulle travi curve n°2
Un anello a sezione rettangolare di base b cd altezza h è sollecitato secondo lo
schema in figura 13.59. Determinare le tensioni nella sezione B-8.

F=5000N
b=20mm
ri=h=30mm

Figura 13.59.

Soluzione

r -
h

~:r
' - m( m(1+
r;
-
30
h) =
30
ln{2) = 1,4427h=43,28mm

r8 =È..+ri =l.5h=45mm o=r 8 -rn :0,0573h:l,719mm


2
M = F·r g = Fl.5h = l.5Fh = 225000Nmm

(J·
I.5Fh(I.4427 -1) h -
=-------11.5 ss!. -=::96·57MPa
mt bh0.0573h · h A

0 = -l.5Fh(2-I.4427)h =-?. 29 !_=-60.78MPa


CSl A0.0573h · 2h A
F
<JN =-
A
Quindi:

319
F F
sull'intradosso a.mt = =
= (11•583 + 1)-A 12.53-A I 05.5MPa

sull'estradosso a csl
F
=(- 7 ·29 + 1)-A =-6.29- AF =-52.7MPa
Utilizzando invece l'espressione per le travi ad asse rettilineo:

crr - Mr = F · Rg = l.5Fh = 9 F = 75MPa


Wr Wr ! 6h2 A
6
Quindi:

F
cr1 = 10--+ avrei sottostimato la tensione del 20%
A

+ _!::_
cre = -9 _!::_ -+ avrei sovrastimato la tensione di circa iI 20%
= -8 _!::_
A A A
Nella sezione A-A c'è invece solamente taglio di valore massimo pari a:
F
'tmax = 1.5-
A
13.sEsercizi sulla teoria della membrane

tJ.5. t Esercizio sulla teoria della membrane nol

Il serbatoiocilindrico con fondo semisferico di raggio R= 5000 mm rappresentato in


figura 13.60 è riempito d'acqua. Lo spessore delle pareti e del fondo vale t = 3 mm
Si detenninino le tensioni crm e crt e la tensione equivalente di von Mises nei
punti A, B, C e D. Si determini infine il coefficiente di sicurezza nel punto più
sollecitatotra quelli considerati, sapendo che il serbatoio è realizzato con un acciaio
austeniticoO'p0,2 = 300 MPa.

--!~ I

A h
h/2
--y;---
- h/2
-
B ....... h

D
h

Figura 13.60.

Soluzione
Si ricorda in questa sede che il peso specifico dell'acqua vale Y= p·g =104 N/m3

PuntoA
11peso del liquido scarica direttamente sugli appoggi. Quindi:
crm=O
Inoltre, dato che Rm è infinito, dall'equazione fondamentale delle membrane si
ottiene:

cr1 = pR =~·y·z =~·Y·_!_·h=41.6 MPa


t t A t 2
Dato che abbiamo solamente una componente di tensione:

321
Punto B
Rmè infinito e dall'equazione fondamentale delle membrane si ottiene:

pR R R 3·h
cr1=-=-·y·z 8 =--·y-=125 MPa
t t t 2
La crm deve riequilibrare il peso del liquido, che è pari a:

crm=---
w 111.11 MPa
21t·t ·R

Punto C
La simmetria sferica del problema garantisce che Rm=R,.Quindi:
R·p R·y·3h
crm=cr1= 2 t 21 125 MPa

e quindi:
creq = 125 MPa

Punto D
Consideriamoil punto come appartenentealle pareti (in vantaggio di sicurezza):

cr = pR = R ·r·zo _R ·y·2h=l66 MPa


t t t t

cr =---:w li I. li MPa
m 21t·t·R

Il coefficientedi sicurezzanel punto più critico (D) vale quindi:


Vst= 300/147 = 2.04.

322
13.5.2 Esercizio sulla teoria della membrane n°2
Si consideri il serbatoio pieno d'acqua e realizzato in AISI 304 (a pO,2 =225 MPa)

rappresentato in figura 13.61. Tutte le dimensioni in figura sono in mm. Utilizzando


il criterio di Von Mises si calcolino gli spessori del nei punti A, B e C tali da
garantire un coefficiente di sicurezza Vst=2 rispetto allo snervamento. Si consideri
per semplicità il punto B come appartenente alla superficie cilindrica.

i
i
iI

-
--A.-
---

- -- - -
2R=8~00
!

j
- rooo
B
~- -!-- -- ---------- - ----1
L.·-·--
-
i
1
I
~oè'-
!
!
i
j
i f=4500
I
!
!
Figura 13.61.

Soluzione
PuntoA
Il peso del liquido scarica direttamente sugli appoggi. Quindi:

crm=O
Inoltre, dato che Rm è infinito, dall'equazione fondamentale delle membrane si

ottiene:
pR R R I 100
CJl =-=-•y•zA ==-·y--·h=-
t t t 2 t
Dato che abbiamo solamente una componente di tensione:

100
(Jeq = (Jt =---
t

323
100
O"eq = O"amm ~ = 112.5 ~ t =0.9 mm

Punto B
Rmè infinito e dall'equazione fondamentale delle membrane si ottiene:
pR R 200
cr,=-t- =t·Y ·Zo =-t-

L'altezza del cono è pari a:


R
-=6928.2mm
tga

La crm deve riequilibrare il peso del liquido, che è pari a:

1 2-
W=y· ( 1tR2 ·h+-1tR R)= 6
3.674-10 N
3 tga

W 146.2
O"= ---
m 21t·t·R t

creq =cramm~t::l.6mm

Punto C
Rmè infinito .
r =f. tga= 2598 mm

r
R 1 =--=3000rnm
cosa

R
z =h+--f=7428.2mm
e tga

r ·p r · 'Y•Zc 222.8
O'= ---
1 tcosa tcosa t

Per determinare la tensione meridiana dobbiamo invece mettere in gioco il peso del

liquido contenuto nel volume ABCDE mostrato nella figura riportata di seguito.

324
A E

Quindi:

2
WABCDE=r{ 1tr 2Zc + ~ .f }1.s93.J0 6N

a = WABCDE __ 13_3_.9_
m 21t·r·t·cosa t
13.5.3 Esercizio sulla teoria della membrane n°3
Si consideri un bombolone a pareti cilindriche e fondi semisferici contente gas con

una pressione interna p pari a 9 atmosfere (figura 13.62). Il raggio R della parete è

pari a 500 mm. Si determini lo spessore minimo del fasciame tale da garantire un

coefficiente di sicurezza statico pari a 2. Il bombolone è realizzato in un acciaio

AISI con <l'p0,2 =200 MPa.

· ·-·-·-· 2Ro

Figura 13.62.

Soluzione
È noto che la zone più critica si trova in corrispondenza delle pareti cilindriche dove:

R·p 450 (J't 225


CJt=--=-- (J =-=--
t t m 2 t

Quindi:

389.7
=a amm =---1!....:.._--+---t =100-H =3.9 mm
(J 02
creq
vst

326
13.6 Esercizi di dimensionamento e verifica

tJ.6.1 Esercizio di dimensionamento e verifica 0 01


Si effettui il dimensionamento statico della sezione più sollecitata della struttura
rappresentata in figura 13.63, in modo che il coefficiente di sicurezza statico rispetto
allo snervamento risulti pari a 2 (vst = 2). Si ipotizzi la struttura realizzata in acciaio

con OR= 700 MPa, crsn= 500 MPa e con un profilo a sezione rettangolare (b/h=l/5).

In corrispondenza della sezione K la struttura presenta una concentrazione di


tensione caratterizzata dai seguenti parametri: fattore di concentrazione teorico Kt =

3 (raggio di fondo gola r = 1 mm, q=0.92), fattore dimensionale Kd = 1.12, fattore di

finitura superf. KJ = 1.15. Determinare il coefficiente di sicurezza a fatica Vf nella

sezioneK per N=I.5xl06 cicli nel caso in cui le forze applicate varino con rapporto
di ciclo R =O.Si supponga L=l 100 mm e q=5.5 N/mm.

3q
G
[IlIIJIJJ:=[l
----- -- ------i_ H

F ~2qL qL Ila J
B
2q
L/2
eÌ t-.-.-+JJl~f
I0 E

7777T
L --{-- __ L
...,.____ ----ji--- L
I
Figura 13.63.

Soluzione
La struttura e, 1sos · a , qwn'di possiamo determinare le reazioni vincolari
· t a11c
utilizzando le equazioni di equilibrio alle traslazioni e alle rotazioni di Newton.
Sfruttiamo le cerniere interne nei punti H e E.
. .
Scnv1amo .
una equazione d'1 equilibrio alle rotazioni dal rispetto al punto H della
Parte di sinistra, ovvero del tratto ABCDEGH. L'unica incognita in questa

equazione è la reazione .
vmco 1are y o che quindi possiamo determinare
immediatamente:

327
q~ q~ 5 2
MH =0 -+ 3--2--Y 0 2L+2qL-L+qL
2 2 2
A questo punto possiamo scrivere un'equazione di equilibrio alle rotazioni rispetto
al punto E mettendo in gioco solamente i contributi a sinistra, ovvero quelli agenti
sul tratto ABCDE. Infatti così facendo l'unica incognita dell'equazione è XA
(essendo Y 0 nota) che quindi possiamo determinare immediatamente:

Scrivendo ora l'equilibrio alle traslazioni in direzione x e y determiniamo le reazioni


vincolari XK e YK.

-+ Yo+ YK-q 2 L -q+=


3 L -, YK -- 7qL
O ____,,.
4

Per concludere la coppia all'incastro MH può essere determinata con una semplice
equazione di equilibrio alle rotazioni scritta rispetto al polo H sul tratto HJK:

L 3 2
MH =0 -+ qL-+XKL+MK =0 -+ MK =--qL
2 4
Determinate le reazioni vincolari possiamo tracciare il diagramma del corpo libero,
che risulta essere il seguente:

e
E
.....i---
f
7/4 qL
13/4 qL 1/4 qL J/4 qL'

Infine è possibile tracciare i diagrammi di sollecitazione.

328
N/(ql)

.0000

-1.2,00

-417!00

T/(ql)

•Z.0000

Dirne .·
mionumen10 statico
11Puntopiù sollecitato è o dove il momento flettente vale:

329
Mr ,max= M0 = 1.25qL2 = 8320000 Nmm

La tensione dovuta a flessione è dunque:

crr = Mr ,max= Mr ,max=--'--


Mr,max
,max Wr _!_bh2 _1 h3
6 30
Quindi:
~
_vs_n- cr - M f,max~ h = 3 30M f,maxv st = 100mm
- f,max- 1
vst -h3 crsn
30
1
b=-h=2Omm
5

1 3 3
Wr = -h = 33300 mm
30

Verifica afarica nel punto K


Nel punto K il momento flettente vale:
MK =O.75qL2 =4995000 Nmm
Quindi:
M cr
cr =~=150 MPa cra =cr m =.......!!!l!!..=75
MPa
max Wr 2

Il limite a fatica del materiale può essere stimato come:

' '
=
crAR=-l 2xl06 0.5 X crR =350 MPa

e il fattore di riduzione della resistenz.aa fatica, Kr, come:


Kr = 1+q(Kt -1)= 2.84

La resistenza a fatica a 2 milioni di cicli del componente intagliato e dunque:

cr.A R=-12xl06 = crA,R=-l,2x)06 = 95.68 MPa


' ' KrxKdxK 1

Costruiamo la curva di fatica semplificata per R=O:


cr 6 xcrR
cr•A,R=0,2xl0
6 A,R=-l,2xl0 = 84.17 MPa
crA R=-12xl0 + crR
6
' '

330
log(2x 103 )
k == = 5.33
log( •O'R )
2 X O' A,R=O 2xlO''

2 )1/k
o-·A,R=0,l.5xl0 6 =O'•A,R=0,2xlO'' ( Ll = 88.84 MPa

Il coefficiente di sicureu.a a fatica è dunque:



O' A,R=O,I .SxlO''
Vr = = l.184

Procedimentoalternativo
Costruiamo la curva di fatica semplificata per R=-1:

}og(2 X 103 )
k'= =3.819
)og( * O'R )
O' A,R=-1,2x10 6

e/A R=-115x10 6 = O'•A ' R=-12x10 6 (-


2 )1/k
= 103.16 MPa
' '. ' 1.5

O' 6 X O'R
*
O' A,R=O,I.SxlO
6 -
-
A,R=-l,1.SxlO -89 •91 M·Pa
-
O' A,R=-1,l.5x10 6 + O' R
• 6
O' A,R=O,I.SxlO
Vr = = 1.198
O'a

331
13.6.2 Esercizio di dimensionamento e verifica n°2
Si effettui il dimensionamento statico della sezione più sollecitata della struttura
rappresentata in figura 13.64, in modo che il coefficiente di sicurezza statico rispetto
allo snervamento risulti pari a 2 (vst = 2). Si ipotizzi la struttura realizzata in acciaio

con crR = 700 MPa, crsn= 500 MPa e con un profilo a sezione rettangolare (b/h= 1/6).

In corrispondenza della sezione C la struttura presenta una concentrazione di


tensione caratterizzata dai seguenti parametri: fattore di concentrazione teorico Kt =

2 (raggio di fondo gola r = 1 mm, q=0.95), fattore dimensionale Kd = 1.12, fattore di

finitura superf. K1 = 1.15. Stimare il numero di ore di esercizio che garantiscono un

coefficiente di sicurezza a fatica Vfnella sezione C pari a 1.5 nel caso in cui le forze

applicate varino con rapporto di ciclo R = -0.25 e con una frequenza di 3 Hz. Si
supponga L=IO00 mm e q=0.5 N/mm.

2q

L 4qL
B
L q 2qL

L
--- I

Figura 13.64.

Soluzione
Determiniamo le reazioni vincolari utilizzando le equazioni di equilibrio alle
rotazioni e alle traslazioni:

M 1(IA} =2qr!-2qL 2 +6qL 2 +4qL 2 -4YcL =0~ Yc =~qL


2

XA +Xp +4qL=0~Xp =- qL Y.e+ Yp-lOqL=0~ 15


2 Yp =-qL
2

332
Mi(IP) = 4qL2 -2qL 2 -15qL 2 + qL2 + Mp =O~ Mp = 12qL2

,~ ,r N

,:
H

e
D E F
15/2 t15/2
...,__ qL
qL
1/2 qL .)12 qL'

Tracciamoi diagrammi di sollecitazione

N/(ql)

.0000
i---1-1 -
.0000-
r.sooo .

I-----L
!

T/(ql)

333
11.0000

'=======::t,
1.0000

DimensionamentoStatico
Il punto più sollecitato è il punto O, dove il momento flettente vale:

Mr,max=Mo= 12.5qL2 = 6250000 Nmm

Quindi:

=96.5mm

1
b =-h = 16.1mm
6

I 3 3
Wr =-h =25000mm
36

Stima della vita a fatica

O'max= Mc = 3qL2 = 60 MPa


Wr Wr

1-R
O'a=- 2 -amax =37.5 MPa

a A,R=- 1,2 ,. 106 =0.5 x crR = 350 MPa


Kr =l+q(K 1 -1)=1.95

334
• 6 O'A,R=-1,2xl0 6
(J A,R=-1,2xl0 =K K = 139.35 MPa
f X d X K,

Si costruisca la curva di fatica semplificata per R==-o.


25 :

(J • A,R=-0.25,2xl0<' = (I+: AJ,R=-l,2xl06 X O' R

I- R O' A,R=-l,2xl0 6 + O' R


139.35x700
= 71---=-o.
725=--_.:....::--= 124.5 MPa
1+0_25 xl39.35+700

• 1-R
cr A,R=-o.2s,10 3 = - 2 -crR = 437.5 MPa

log(2x 103 )
k= • = 6.04
log( ~ A,R=-0.25,10 3 )

O' A,R=-0.25,2x10 6

O"a,progetto = O' a X Vf = 3 7 .5 X 1.5 = 56.25 MPa

Si noti come la tensione di progetto sia inferiore rispetto al limite di fatica del
materiale. La curva di fatica semplificata restituirebbe quindi una vita infinita.
Tuttavia si può pensare di stimare la vita a fatica, in vantaggio di sicurezza, facendo
proseguire la curva con la stessa pendenza anche oltre i due milioni di cicli.

N = ( cr • A,R =-0.25,2xl 06 Jkx 2 . 106 = 242 x 106cicli


O'a,progetto

Se la frequenza di lavoro è di 3 Hz significa che vengono compiuti 3 cicli al


secondo, ovvero 10800 cicli l'ora. Quindi la durata in ore del pezzo è di circa 22400
ore.
13.6.3 Esercizio di dimensionamento e verifica n°3
La struttura rappresentata in figura 13.65 è realizzata in acciaio con crR = 700 MPa
,
crsn= 500 MPa e presenta una sezione circolare di diametro d. Dimensionare la

struttura in modo tale che bel punto B la freccia non superi 1.8 mm. Si consideri
infinita la rigidezza assiale delle travi. Considerando la sezione maggiormente critica
si determini quindi il coefficiente di sicurezza statico riferito allo snervamento.
Si supponga L=900 mm e F=15 kN.

A ___ .....,B
___ _.
F

Figura 13.65.

Soluzione
La struttura si può facilmente risolvere con i metodi visti nel capitolo 7. I diagrammi
di sollecitazione che ne derivano sono i seguenti.

N/F 0.5000

P 12•8 I .LLY 12~8 I I I


O5000

336
T/F op4e -
t-- '

I
--
- -
- -
- JJsono
--
r- .....

O I 48

-0.5000

0415

M/(FL)

O 1667

In ognipunto il valore delle sollecitazioni MTN rappresenta l'azione del resto della
Slruttura. Per detenninare l'espressione della freccia in B possiamo quindi
considerareil seguenteschema equivalente:

337
F/2

Valutiamo il contributo delle tre azioni presenti

a. Forza F/2

ll~ =-1-x F x(L)J +(-1 x F LxL)x L = 7FLJ


3EJ 2 2 EJ 4 2 48EJ

b. ForzaF/8

ll~ =(- 2~ 1 x: xL2)x ~ =- 3: 1

c. momento FL/6

11"'=--•-x FL x(L)2 -(-1 x FL xL)x L


B 2EJ 6 2 EJ 6 2
FL3 FL3 5FL3
=------=---
48EJ 12EJ 48EJ

Complessivamente quindi:

, .. "' FL3
11e=11e+ 11e+ 11a= 96EJ

La sezione è circolare ( J =~d 4 ),quindi:


64

2FL3
Tle = J1tEd4

li diametrominimo è dunque:

338
2FL3 2 x 15000 x 900 3
d- 4 -- =4:,------ =50mm
- 3nErt8 3n x 206000 x 1.8

da cui si ottiene:

J = ~d 4 = 30.72 x I0 4 mm4 7t 2 2
A =-d = 1965 mm
64 4

7t 3 3
Wr=-d = 12284 mm
32
La sezione maggionnente sollecitata si ha proprio in corrispondenza del punto 8,
dove il momento flettente vale:
F
Mr =6 x L = 2250Nm

M
crr =-r =183MPa
Wr
Le altre componenti di tensione risultano trascurabili. Quindi:
(J
Vs = ____!!!_= 2.73
crr
13.6.4 Esercizio di dimensionamento e verifica n°4
Con riferimento alla struttura in figura 13.66, si determini il valore della costante
elastica K della molla tale da garantire una freccia sul punto A pari a 2.1 mm.Si
consideri la trave realizzata in lega di alluminio e con la sezione a cassone
rappresentata in figura. Lo spessore della sezione è costante e pari a 1O mm. Si
assuma inoltre F=5000 Ne L=toOOmm.

ll, __
-------1-----
1
I
I
I

150pun
I
..,
y

Figura 13.66.

Soluzione
Trattasi di una struttura I volta iperstatica. Eliminiamo la molla e sostituiamola con
l'azione che essa è in grado di esercitare. Lo schema isostatico equivalente è il
seguente:
F

L
--1
Quindi:

I Sistema FL3 Tl~Sistema = _ XL3


TIA = 3EJ 3EJ

340
Quindi:

_ Tll Sistema + TlIl Sistema = FL3 _ XL 3


TlA- A A 3EJ 3EJ
La reazione X tuttavia dipende dallo spostamento effettivo del punto A tramite la
costante elastica della molla, ovvero:

X= KTJA
Quindi:

FL3
FL3 L3 3EJ-TJA F 3EJ
TlA= 3EJ -K11A 3EJ ~ K = L3 = TlA-I}
TlA3EJ

J =- 1 150xl20 3 -- 1 130x100 3 =10.76x10 6 mm4


12 12
6
K=_!_- 3EJ = 5000 _ 3x70000x10.76x10 =l 20N/mm
TlA L3 2.1 10003
13.6.5 Esercizio di dimensionamento e verifica n°5
La struttura rappresentata in figura 13.67 è realizzata in acciaio con crR= 450 MPa,

O"sn=300 MPa. e presenta una sezione circolare di diametro d. Determinare i)


diametro d affinché la freccia massima nel punto C sia pari a I O mm. Si valuti
quindi il coefficiente di sicurezza statico Yst· Si esegua infine la verifica a fatica,

determinando il coefficiente di sicurezza Vf a 8· 105 cicli, nella sezione più

sollecitata, dove la trave presenta una concentrazione di tensione caratterizzata dai


seguenti parametri: fattore di concentrazione Kt = 2 (raggio di fondo gola r = I mm,

q=0.9) fattore dimensionale Kd = 1.1, fattore di finitura superficiale Kt = 1.05.


Per la verifica a fatica, si consideri la sola sollecitazione di flessione, nell'ipotesi che
la forza Fz applicata vari tra Oe 5000 N.

Fz=5000
e
z/
r
--~ ....
X

B
______
_
....... lx =500mm

Figura 13.67.

Soluzione
Dimensionamentostatico
La freccia del punto C è data dalla somma di tre contributi:

l. Una deformazione flessionale del tratto BC, pari a: _l _ x F x .eJ


3EJ z Y

2. Una deformazione flessionale del tratto AB pari a: _l_x F


' 3EJ zX
eJ
X

3. Una deformazione torsionale del tratto AB. In B infatti si induce un angolo


a torsione, 0a, che provoca una freccia in C pari a 0 8 x .eY

342
Ora:
M F. x e
8 = _M...x e = z
GJ
y X e
.
B GJ X X
p p

Quindi sommando i tre contributi:

= _I_ X F X e3 + Fz X e;X eX I
flc 3EJ z x G +-xFxl3
3EJ
X Jp z y

e dato che per una sezione circolare:


7t 4
J =2J =-d
P 32

si ottiene (con v=0.3):

32 Fz (2 3 2 )
11c= 1td4 E 3 2
xtx +2.6xey xtx + xt; 3
Quindi:

d=4 32xF z x (2-xl; +2.6xt; 2


xix +-xl; ) =
EXTJ1 X7t 3 3

=4 32 x 5000 x(~x500 3 +2.6x300 2 x500+~x300 3) =57.32 mm


206000x5x1t 3 3

A questo punto è facile ricavare le tensioni di flessione e torsione:

crrmax-- Mr -- Fz xix -135


- ·21 MP a
, Wr ~xd3
32

M1 Fy xly
't1ors = - = -.a..-a..... = 40.56 MPa
Wt ~xd3
16
e quindi la tensione equivalente di von Mises:

creq= ~cr~.max+ 3t~ors = 152.37 MPa

V statico=-=
crsn 1.97
creq

343
Verificaafatica

cr
A,R=-1,2·10''
- crR -
- 2 - 225 MPa

Kr =l+qx(K, -1)=1+0.9x(2-1)=1.9

cr A,R=-1,2-106 102 53 MP
cr A• R=-1 2-106
· ·
=
Kr xK 1 xKd
= · a

Pendenzadella curva per R = -1:

K= 1g(2X 103) = 5.139


I( crR ]
g CJ'A•,R=-l,2·10 6

1
2x 106JS.139
cr A•,R=-18-IOs = cr A* R- 12106 x ( s = 122.54 MPa
· · -- · · 8xl0

cr .
a,c1clo -
- O'f,max -
2 - 67 .6 MPa

96.31
Vr =--=1.424
67.6

Proceduraalternativa

_ CJ'A*,R=-1,2-10 6 X CJ'R
cr A*,R=0,2-10 6 - cr = 83.5 MPa
A*,R=-1,2-I0 6 + CJ'R

I
CJ
A*,R~o.a-10'
-83 .5x (2---X106]7.66
- = 94 11 MPa
8x 105 •

Vr = 1.39

344
13.7 Esercizi sul metodo delle rigidezze
13.7.1 Esercizio sul metodo delle rigidezze n°t
Utilizzando il metodo delle rigidezze si risolva la struttura rappresentata in figura
13.68.

F
~A tB e~
L L

Figura 13.68.
Soluzione
Lo schema numerico da utilizzare per la soluzione è il seguente:

l2 t
Le matrici di rigidezza dei due elementi sono quindi:
t
(I) (2) (3) (4)
M T -M T (I)
[Kf) = T 2S -T s (2)
-M -T M -T (3)
T s -T 2S (4)

per l'elemento 1 e
(3) (4) (5) (6)
M T -M T (3)
[K]<2)= T 2S -T s (4)
-M -T M -T (5)
T s -T 2S (6)

per l'elemento 2, dove:


6EJ 2EJ
M = 12EJ S=-
T ==-i- L
L3 L
La metrice del sistema è dunque:

345
(2) (3) (4) (5) (6)
(1)
M T -M T o o
(1)

T 2S -T s o o (2)
-M -T 2M o -M T (3)
[K]=
T s o 4S -T s (4)
o o -M -T M -T (5)

o o T s -T 2S (6)

mentre la matrice ridotta è:

O]
[K]R =[2M
O 4S

Quindi:

[KJR-t = [+ :]
4

Calcoliamoad esempio Fitornando indietroalla matrice completa:

346
13.7.2 Esercizio sul metodo delle rigidezze 0 02
Utilizzando il metodo delle rigidezze si risolva la struttura rappresentata in figura

13.69.

m
~A (_ e~
B
L L

Figura 13.69.

Soluzione
Lo schema numerico da utilizzare per la soluzione è identico a quello dell'esercizio

precedente, così come la matrice di rigidezza del sistema [K] e [K]R.

Quindi:

[K]R-I -l+;J
e

oj { O
{r.}- I
f3 _ 2M
[
0
O
1s{-m}-
= mL }
SFJ

347
13.7.3 Esercizio sul metodo delle rigidezze 803

Utilizzando il metodo delle rigidezze si risolva la struttura rappresentata in figura


13.70.

Figura 13.70.
Soluzione
Lo schema nwnerico da adottare per risolvere il problema è rappresentato nella
figura seguente:
8
6

Si tratta di un sistema costituitoda tre aste di lunghezza L. Ricaviamo separatamente


le matrici di rigidezzaper i diversi elementi.

ElemenJoI

Quindi:

348
fi -li
f
X
=-
2
mx =-
2 [A]=[i~
ix mx
lx~x]=[½
mx ½ ½]=_!_[1
½ 2 1 1]
1

(1) (2) (3) (4)


1 1 -1 -1 (1)
- (Elomentol) EA [ A -AJ=EA 1 1 -1 -1 (2)
[K] =-
L -A A 2L-1 -1 1 1 (3)
-1 -1 1 (4)

Elemento2
La matrice di rigidezza è formalmente identica alla precedente, ma coinvolge gradi
di libertà differenti:
(3) (4) (5) (6)
1 1 -1 -1 (3)
[K]<E1emento2)= EA 1 1 -1 -1 (4)
2L -1 -1 1 1 (5)
-1 -1 1 1 (6)

Elemento3
Dobbiamo considerare un asse Xioc che va dai gradi di libertà inferiori a quelli

superiori (in accordo con la convenzione)


L L
Xj-Xi =- .fi. Y·-Y.=-
J I .fi. (X·J -X·\2
., +{Y·J - y.\2
1/ --L 2

Quindi:

.fi.
mx=- [A] =rf~ f xmx] 1 -lJ
=_!_[
2 Lemx m!
X
2 -1 1

(3) (4) (7) (8)


-1 -1 +1 1 (3)
1 +I -1 (4)
[Kfelemento 3) = EA -1
2L
-1 +l 1 -1 (7)
+I -1 -1 1 (8)

Assembliamo quindi le tre matrici di rigidezza per ottenere la matrice di rigidezza


del sistema:

349
(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8)
I -1 -I o o o o (1)
I -I -1 o o o o (2)
-I -I 3 I -I -1 -1 1 (3)

[K] = EA -I -I
I 3 -I -1 1 -I (4)
2L o o -I -1 1 o o (5)
o o -I -1 o o (6)
o o -1 1 o o -1 (7)
o o 1 -1 o o -1 I (8)

Passiamo quindi alla matrice ridotta [K]R, eliminarlo i gradi di libertà I, 2, 5, 6, 7,

8,:

(3) (4)

[K] = EA [3 I] (3)
R 2L 1 3 (4)

[K]R -1 = 2L _ 1 [ 3 -1] L [3 -31]


EA 3 · 3 -1 -1 3 = 4EA -1

350
tJ.7.4 Esercizio sul metodo delle rigidezze 0 o4

Utilizzando il metodo delle rigidezze si risolva la struttura rappresentata in figura


13.71.
,_ ___ ____
---.;:L -JiF

Figura 13.71.

Soluzione

Elemento 2 (molla)

t~--E-le_m_e_n-to_l_(_tra_v_e)---,(
4

fs
Le matrici di rigidezza per i diversi elementi coinvolti sono:
(I) (2) (3) (4)
M T -M T (1)

[K]=
T 2S -T s (2)
-M -T M -T (3)
T s -T 2S (4)
per l'elemento I e:
(3) (5)

[K]=K[ I ~I]
-I
(3)
(5)
per l'elemento2. Assemblando le matrici:
(I) (2) (3) (4) (5)
M T -M T o (I)
T 2S -T s o (2)
[K]= -M -T M+K -T K (3)
T s -T 2S o (4)
o o -K o K (5)

I gradi di libertà 1, 2 e 5 sono impediti dai vincoli, quindi la matrice di rigidezi.a


ridotta è:
(3) (4)
M+K -TJ (3)
[K ]R =[ -T 2S (4)

E conseguentemente:

[K]R -I = I [2S T ]
(M+K)2S-T 2 T M+K
Quindi:

{;:}= (M+K;2S-T 2 [~ M:KJtn


F(2S) F
f3 = =
(M +K)2S-T 2 T2
M+K--
2S
F F
= =
12EJ +K 36E 2J 2 L 3EJ +K
- L3
L3 L4 4EJ

-TF
f4=-----=-
(M +K)2S+T 2

La stessa soluzione può essere ottenuta con il metodo delle forze eliminando la
'
molla e la sostituendola con l'azione che essa può esercitare:

Quindi:

352
FL3 Kf TotLJ
f A"= -- = ---=Ac...:.__
3EJ 3EJ
e.applicandoinoltre la sovrapposizionedegli effetti:

f Tot= f '+f "= FLJ - KfATotLJ ~ f Tot( KLJ 1]-- 3EJ


FLJ
A A A 3EJ 3EJ A 3EJ +

FL3
f Tot_ 3EJ = F
A - KL3 3EJ +K
I+- ,3
3EJ 1..,
13.7.5 Esercizio sul metodo delle rigidezze n°5
Utilizzando il metodo delle rigidezze si risolva la struttura rappresentata in figura

13.72. Si supponga E=210000MPa,L=500mm,A=10 3 mm 2 ,J=I0 6 mm4


,

F=5000N.

~A tB e~
2L L L

Figura 13.72.

Soluzione
Lo schema numerico da adottare per risolvere il problema è il seguente:

1 3 5 7
t
2
t4 ~ t.8

Matrice di rigidezza dell'elemento I


(1) (2) (3) (4)
M T M T
8 4 8 4
T 2s T s
[Ki]= 4 2 4 2
M T M T
-- -
8 4 8 4
T s
--T 2s
4 2 4 2
Matrice di rigidezza dell'elemento 2
(3) (4) (5) (6)
M T -M T
T 2S -T s
[K2]=
-M -T M -T
T s -T 2S

354
Matrice di rigidezza dell'elemento 3
(5) (6) (7) (8)
M T -M T
T 2S -T s
[K3] =
-M -T M -T
T s -T 2S

tta:
Assemblando e passando alla matrice rido
(3) (4) (6)

9M IT T
8 4
[KR]= IT 3S S
4
T S 4S

EJ
M = 12 3 =20 160 N/mm
L
EJ
T =62 = 5 040 000 N
L

S = 2 EJ = 840 000 000 Nmm


L

(3)
22680
[ 3,78-10 6
5,04· 106

f 3 = --0.4I 79mm

f4 = 0,0004938 rad

f 6 =0,00051835 rad

355
13.7.6 Esercizio sul metodo delle rigidezze n°6
Utilizzando il metodo delle rigidezze si risolva la struttura rappresentata in figura
13.73, considerando che L2=Li/2 e E2=E 1/2.

Figura 13.73.

Soluzione
Lo schema numerico da adottare per risolvere il problema è il seguente:

7 6

ElementoI

356
[A]=2
1[-11 -IJ
1

(I): (2): (3):(4)


I I I
I -I -1 l I : - I : -1 : 1 (I)
- - -f - - - -,- - - -,- - - - -
_ E2 A -1 I -1 E1A - I : l : I :-1 (2)
--- ---i----1---1-- --
[KJ1= 2L2 -I I 1 -1 2L1 -1 : l : J :-1 (3)
-1 -1 ---,----,---,--
1 : - J :-1 : I (4)
I I

Elemento2
Xj-Xj ..fi_ ..fi.
=-
lx= J{xj-xi1+&j-Yi1=2 2

[A]=_!_[l
2 1 1
1]
(3) : (4): (5): (6)
I I I

1 : 1 : -1 : -1 (3)
- - -f - - - -,- - - -,- - - -
- E1A 1 : 1 : -1 :-1 (4)
[Kh =-- -- -i- - - -1- - - 1- - - -
2L 1 -I: - I : 1 : 1 (5)
--,----,---,-----
-}, - I , I , I (6)
I I I
I I I

Elemento3
X·-X·
f. - J I 0
x- J(xj-xi1+{yj-Yi~

[A)=[~~]
(3): (4):(7) ~8)
I I I
0 II O II o II O (3)
- _ E1A O : 2 : O : - 2 (4)
[Kh --- --r--r--,--- (7)
2L1 __
---
O ,, __O J,__O ,,___O ---
0 :- 2 : O : 2 (8)
I I
I I

Assemblandole matrici e passando alla matrice ridotta:

357
(3) (4) (3) (4)

[K]
R
=E1A [2o]=E1A
2L O 4
1
[I o](3)
L1 O 2 (4)
K_
[ ]
1
R
L [I O](3)
1
= E1A O 1/2 (4)
Bibliografia

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1971. McGraw-Hill.

359
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