3
Le lastre piane inflesse
Criteri di calcolo approssimati
bX
P
LY
fY
pY
bY
pX
fX
Ricordando che le frecce di una trave appoggiata e di una trave incastrata di luce L, sottoposte
all’azione di un carico uniformemente distribuito q, sono rispettivamente pari a
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Lezione n. 3 – pag. III.2
5 q L4 1 q L4
f app finc
384 EJ 384 EJ
nel caso in esame si ricava:
5 pY bY LY 5 p Y L4Y
4
fY
384 b Y s3 384 s3
E E
12 12
1 pX bX LX 1 p X L4X
4
fX
384 b X s3 384 s3
E E
12 12
(si noti che nelle espressioni finali non compaiono i termini bX e bY, che quindi possono essere
assunti unitari). Si ha dunque:
p X p Y p
5 p Y L4Y 1 p X L4X p X p Y p
5 p Y L Y p X L X
3 4 4
384 E s 384 s3
E
12 12
La soluzione del sistema conduce ai valori
5 L4Y
p X p L4 5 L4
X Y
4
p p LX
Y
L X 5 L4Y
4
A questo punto, i momenti flettenti lungo la lastra possono essere stimati attraverso i corrispondenti
valori assunti nelle due strisce (ognuna caricata con la porzione di carico di competenza); si avrà
quindi
pX L2X 5 L4Y L2X
incastro (lati corti): mX,inc p 4 4
12 LX 5 L Y 12
p X L2X 5 L4Y L2X
X,mezz
m p 4
L X 5 L Y 24
4
24
mezzeria:
m p Y L2Y L4X L2Y
Y,mezz p 4
LX 5 LY 8
4
8
Ad esempio, nel caso in cui LX = 2·LY, si avrebbe
5 L4Y 5
Xp p p
LX 5 LY
4 4
21
p p L4X 16
p
Y
LX 5 LY
4 4
21
e quindi
p L2 5 4 L2Y 5 1
incastro (lati corti): mX,inc X X p p L2Y p L2Y
12 21 12 63 12.6
pX LX 5
2 2
LX 5 4 LY
2
5 1
m X,mezz 24 21 p 24 21 p 24 126 p L Y 25.2 p L Y
2 2
mezzeria:
m p Y L2Y 16 L2Y 2 1
p p L2Y p L2Y
Y,mezz 8 21 8 21 10.5
La soluzione esatta porgerebbe (valori tabulati, caso ν=0.3):
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Lezione n. 3 – pag. III.3
incastro 1
mX,inc
p L2Y
(centro lati corti): 8.33
1
m X,mezz 20.83 p L Y
2
mezzeria:
m 1
Y,mezz p L2Y
11.38
quindi abbastanza vicina a quella ricavata per via approssimata.
Nel caso volessimo cercare di migliorare la soluzione, potremmo suddividere la lastra in un numero
maggiore di strisce, ad esempio con tre strisce in direzione Y e lasciando una sola striscia in
direzione X. In questo caso la congruenza degli spostamenti verticali e la condizione di equilibrio
sul carico devono essere imposte nei tre punti A, B e C di intersezione tra le strisce ortogonali.
LX
pY1 pY2 pY3
y1 y2 y3
A B C
LY
y1 y2 y3 p-pY2
p-pY1 p-pY3
Storicamente, la soluzione attraverso il metodo delle strisce proposta da Grashof è stata via via
migliorata, proponendo coefficienti correttivi in grado di tener conto del diverso grado di
sostentamento offerto dalle strisce in posizioni diverse (quelle centrali tendono ad assorbire una
porzione di carico maggiore di quanto non facciano le strisce più vicine al bordo), oppure per tenere
in conto dell’effetto benefico offerto dalla presenza del momento torcente. Non appare necessario
soffermarci oltre su tali classi di metodi in quanto, con l’avvento dell’elaboratore elettronico, la
possibilità di ottenere soluzioni approssimate ha perso di importanza; è invece opportuno rimarcare
come, attraverso la semplice applicazione del metodo, si possa giungere per via speditiva a
quantificare non tanto il valore ma l’ordine di grandezza delle sollecitazioni presenti nella lastra.
Ad esempio, nel caso di una lastra quadrata di lato L appoggiata lungo il perimetro e soggetta ad un
carico uniforme p, si arriverebbe a stimare il valore del momento flettente al centro della lastra in
p·L2/16 (le due strisce ortogonali assorbono ognuna metà del carico), che per ν=0.3 risulta superiore
di circa il 25% rispetto al momento effettivo, pari a p·L2·(1+ν)/27.1) (la differenza sale al 40% per
ν=0). Quella introdotta rappresenta tuttavia una approssimazione nettamente migliore rispetto, per
esempio, a quella che si otterrebbe tentando di confrontare il momento della lastra con quello di una
trave appoggiata di ugual lunghezza.
L
L/2 L/2
m
L/2
δmax L
L/2
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Lezione n. 3 – pag. III.5
Il metodo, conosciuto anche come metodo di Johansen (1962), si basa sull'ipotesi che durante la
deformazione plastica le barre si mantengano rettilinee attraverso la linea di articolazione,
conservando quindi la direzione originale.
La ricerca del carico critico si svolge in tre fasi:
- si stabiliscono le possibili "famiglie" di meccanismi, compatibili con la forma della lastra,
l'armatura, i carichi e le condizioni di vincolo, ciascuna caratterizzata da un certo numero k di
parametri geometrici (nel caso della lastra quadrata con i bordi appoggiati riportata in figura, si
ha un solo parametro geometrico che descrive la configurazione deformata della piastra:
l’abbassamento max del punto di mezzeria, che può anche essere assunto unitario);
- si determina per ogni famiglia il meccanismo, definito da particolari valori dei parametri, cui
corrisponde il minor valore del carico esterno;
- si assume come carico di rottura il minore dei carichi così determinati per ogni famiglia.
La ricerca di un meccanismo di rottura cinematicamente ammissibile si basa sui seguenti due
teoremi:
1 La linea di articolazione fra due elementi rigidi passa per il punto di intersezione dei loro assi di
rotazione assoluta.
2 Note le rotazioni j degli elementi, la configurazione di rottura è determinata, in quanto le linee
di articolazione devono risultare parallele all'asse vettore della rotazione relativa.
Alla luce dei due teoremi, se la lastra fosse appoggiata lungo i bordi, questi risultano assi di
rotazione per gli elementi rigidi loro vincolati. Note pertanto le rotazioni j degli elementi, è
determinata la configurazione di rottura, in quanto le linee di articolazione devono risultare parallele
all'asse vettore della rotazione relativa (definito dalla differenza vettoriale degli assi vettori delle
corrispondenti rotazioni assolute). Viceversa, nota la configurazione di rottura, si possono calcolare
gli angoli j, a meno di un comune fattore moltiplicativo.
Il valore del moltiplicatore cinematicamente ammissibile si ricava dall’uguaglianza del lavoro
esterno prodotto dai carichi e di quello interno sviluppato dai momenti ultimi (momenti resistenti)
lungo le linee di articolazione. In termini generali, si ha quindi
p x, y w x, y dx dy muj s j s ds
j
dove il primo integrale rappresenta il lavoro (esterno) sviluppato dai carichi p(x,y) lungo gli
spostamenti verticali w(x,y), ed è esteso a tutto lo sviluppo della lastra, mentre il secondo integrale
rappresenta il lavoro (interno) compiuto dai momenti ultimi lungo le linee di articolazione, ed è
esteso a tutte le articolazioni presenti nel meccanismo individuato.
Nel caso della lastra quadrata riportata in figura, supposta di resistenza uniforme e isotropa (ossia i
momenti ultimi assumono il valore mu indipendente dalla posizione nella lastra e dall’orientazione
del momento) gli integrali precedenti assumono una forma particolarmente semplice.
Per quanto riguarda il lavoro esterno, è facile osservare che ogni diedro si deforma in maniera
uguale agli altri e che in ognuno di essi il lavoro delle forze esterne può essere espresso attraverso lo
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Lezione n. 3 – pag. III.6
spostamento del punto di applicazione della risultante, situato alla distanza di (L/2)/3 dal bordo e
che quindi subisce uno spostamento pari a max /3; si ha cioè
L2 p L2 max
Le 4 p max
4 3 3
(in maniera analoga, si potrebbe notare che, dato che il carico p è costante, l’integrale degli
spostamenti coincide con il volume della piramide a base quadrata di lato L ed altezza max, pari a
L2·max /3, da cui si ottiene il risultato riportato in precedenza).
A
ϑY
ϑX D
δmax
B
C
Lungo le linee di rottura, il lavoro è compiuto dai momenti m u, che hanno asse momento
coincidente con le stesse linee di rottura e quindi, rispetto ai due assi X ed Y che definiscono le
direzioni dei bordi della lastra, hanno componenti mu,X = mu,Y = mu/√2; la rotazione lungo tali linee
può essere vista come la somma vettoriale di una rotazione ϑX = max /(L/2) e di una rotazione ϑY di
ugual valore. Il lavoro interno può quindi essere espresso tramite l’integrale lungo le linee di
articolazione diagonali del prodotto scalare tra le due quantità
m m
mu u i u j
2 2
i j
avendo indicato con ϑ il valore della rotazione, uguale nelle due direzioni; per unità di lunghezza si
ottiene
m
L'i mu 2 u 2 2 mu max
2 L
e di conseguenza si può scrivere:
L 2
Li 4 2 2 mu max 8 m u max
2 L
Lo stesso risultato si può ottenere anche integrando, anziché sulle diagonali, sulle proiezioni delle
stesse lungo gli assi X e Y: lungo tali linee i momenti valgono m u mentre le rotazioni valgono
ancora ϑ =max /(L/2) e quindi si ottiene
L 2 max L 2 max
Li 4 m u mu 8 mu max
2 L 2 L
Uguagliando Le con Li si ottiene
p L2 max p L2
8 mu max mu
3 24
che rappresenta una stima del valore richiesto al momento ultimo della lastra lungo la diagonale (si
ricordi che il momento positivo lungo la diagonale ricavato dalla soluzione elastica vale
p·L2·(1+ν)/27.1 in mezzeria e p·L2·(1-ν)/21.6 all’appoggio).
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Lezione n. 3 – pag. III.7
Il risultato ottenuto va interpretato come il valore del carico che, in una piastra dotata di uniforme
resistenza, conduce alla rottura secondo le modalità individuate con il meccanismo di collasso
considerato.
Per uniforme resistenza si intende che il momento resistente (momento ultimo o momento di
plasticizzazione, a seconda del materiale di cui la piastra è composta) è lo stesso in tutti i punti della
piastra ed uguale in tutte le direzioni. Quello che si ricava è quindi un valore, stimato per eccesso,
trattandosi di un’applicazione del teorema cinematico, del carico che potrebbe condurre alla crisi
dell’elemento inflesso. In altre parole, il risultato può essere letto come
24 mu
pc pR
L2
dove i pedici c ed R indicano rispettivamente il carico che si è ricavato (cinematicamente
ammissibile) ed il carico effettivo di rottura. È quindi da tenere presente che, nel caso in cui tale
valore venisse impiegato per la verifica della lastra (attraverso il confronto con l’effettivo carico
agente in condizioni ultime, ad esempio quello previsto per le verifiche allo S. L. Ultimo), occorre
prevedere un opportuno coefficiente di sicurezza, altrimenti si rischierebbe di effettuare una verifica
non conservativa2.
Vedendo il risultato da un altro punto di vista, il valore del momento flettente ricavato attraverso
l’approccio con le linee di rottura potrebbe risultare inferiore rispetto al valore effettivo della
distribuzione di momenti nella piastra; tuttavia, il procedimento utilizzato può essere utile per
stimare l’ordine di grandezza delle sollecitazioni all’interno della lastra inflessa, soprattutto per
condizioni di vincolo e carico abbastanza irregolari per le quali non si dispone di soluzioni tabellate.
In alcuni casi, per cercare di limitare tale inconveniente (ossia per cercare di ricavare un valore di pc
il più possibile prossimo a pR), si può operare definendo la configurazione di rottura a meno di uno
o più parametri geometrici incogniti xi, i=1,…,n, e ricavare un valore maggiormente prossimo a
quello di rottura, imponendo una condizione di minimo sul risultato trovato. In altre parole,
indicando con pc(x1,…,xn) il valore del moltiplicatore cinematicamente ammissibile in funzione
degli n parametri introdotti, si ricava il valore minimo di pc imponendo che
pc
0, i 1, , n
x i
e risolvendo il sistema nelle n incognite introdotte.
Ancora in termini generali, è possibile analizzare anche il caso in cui i momenti resistenti della
lastra non siano uniformi nelle varie zone, ammettendo che essi possano essere diversi nelle due
direzioni considerate. È sufficiente infatti “spezzare” l’integrale che definisce il lavoro interno nelle
varie zone contraddistinte da valori diversi del momento resistente e definire il lavoro interno in
funzione dei valori dei momenti resistenti m u,k, k=1,…,m; in questo caso, conviene solitamente
porre i vari momenti resistenti in funzione del più alto di essi, introducendo dei coefficienti
adimensionali μk definiti da
m
k u,k , k 1, , m
mu,max
Esempio:
Determinazione del momento di progetto in una lastra appoggiata su tre lati e libera sul terzo,
soggetta a carico uniforme p, di diversa resistenza nelle due direzioni.
2
Nei casi pratici, viene usualmente stimato un errore dell’ordine del 5%÷10%, per cui si può assumere,
prudenzialmente, di valutare un effettivo carico ultimo per la piastra inferiore del 10% rispetto a quello trovato
dall’applicazione del metodo cinematico (si veda ad esempio, il testo “Practical Yield Line Design”, di G. Kennedy &
C. Goodchild, Reinforced Concrete Council, UK, 2003, reperibile in rete all’indirizzo http://www.brmca.org.uk/
downloads/PYLD240603a.pdf).
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Lezione n. 3 – pag. III.8
Ipotizzando la linee di articolazione come in figura (la geometria deformata dipende quindi da un
parametro x incognito), si può ipotizzare che lo spostamento massimo sia in corrispondenza del
segmento BC ed assuma il valore max. Il momento ultimo della lastra vale m nella direzione X e
m nella direzione Y .
E F
μm b
m
A B C D
a xa (1-2x)a xa
Operando come già visto in precedenza, per ognuno dei tre elementi piani individuati, si possono
ottenere le seguenti grandezze (in termini di lavoro esterno e lavoro interno):
elemento Le tratto Li
xa b max max
EAB p dir X: m b
2 3 xa
EB
xa b max
EFCB 2 p p 1 2x a b max dir Y: m xa max
2 3 2 b
xa b max
FDC p dir X: m b max
2 3 xa
FC
dir Y: m xa max
b
2 1 2x a b xa
Le p max b xa Li 2 m max
3 2 xa b
Quindi si ottiene
2 1 2x a b xa
p max b xa 2 m max
3 2 xa b
ossia
2 1 2x a
p b xa
m 3 2 p b 4 xa 3 6x a p a b 3 2x
b xa 12 b xa 12 b xa
2
xa b xa b xa b
p a b 3 2x
m (+)
12 b xa
xa b
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Lezione n. 3 – pag. III.9
Solai a fungo
Il ricorso a schemi di lastra inflessa è spesso utile nel calcolo di solai continui, con orditura
bidirezionale e di spessore costante. In pratica, specialmente nel caso in cui si vogliano coprire luci
abbastanza estese facendo ricorso a impalcati di piccolo spessore, allo schema tradizionale di solaio
a orditura semplice si sostituisce uno schema di solaio che offre resistenza in entrambe le direzioni
(quindi con un comportamento a piastra), spesso eliminando le travi tra i pilastri nelle due direzioni.
Si ottiene quindi una lastra estesa, sorretta puntualmente in corrispondenza dei pilastri; tale schema
trova oggi un rinnovato vigore per diversi motivi, quali la maggiore rapidità di esecuzione (potendo
utilizzare casserature estremamente più semplici, evitando di ricalare le travi in corrispondenza dei
3
Anziché sostituire direttamente il valore ricavato per x, si può ottenere l’espressione attraverso il seguente
procedimento. Utilizzando l’espressione (*) si ricava
b xa
3 2x b a
x a b
2
xa b 2
e quindi, sostituendo in (+), si ha
p a b 3 2x pa b 1
m
12 b xa 6 b a
xa b x 2a b
Da (o) si può scrivere
b a 4 b
x 2a b 3 xa
e sostituendo nell’espressione precedente si ottiene
pa b 1 pa b 1 p a2 x
m
6 b a 6 4 b 8
2
xa b 3 xa
e infine, per sostituzione dell’espressione di x, si ricava il valore finale.
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Lezione n. 3 – pag. III.10
pilastri) e la necessità di contenere gli spessori di solaio (spesso ricorrendo a strutture post-
compresse a cavi scorrevoli, al fine di mantenere lo spessore nell’ordine di 1/30÷1/35 della luce).
d
b c
a a a a
Soprattutto nel caso in cui si eviti l’uso delle travi, la presenza di elevati sforzi di taglio in
corrispondenza dei pilastri fa sì che si renda necessaria l’adozione di un capitello in sommità di
questi ultimi, al fine di rendere soddisfatte le verifiche locali di punzonamento. Pensando ad
esempio ad un carico uniformemente distribuito p agente sul solaio, il contorno del pilastro è
soggetto ad uno sforzo di taglio pari a
V p a b c d
La forma ottimale del capitello sarebbe evidentemente quella di un tronco di piramide (o di cono,
nel caso di pilastri circolari) posto a “sorreggere” il solaio; la particolare forma del capitello ha dato
l’origine alla denominazione di questo tipo di solai, che vengono quindi spesso definiti “a fungo”.
s
1 1
larghezza capitello: luce del solaio
4 5
s1
1
s1 s
2
Le sollecitazioni che nascono nel solaio possono essere agevolmente calcolate nell’eventualità in
cui agisca un carico verticale uniforme, di intensità p, e la lastra sia composta da un numero
sufficientemente esteso di campi in entrambe le direzioni. In questo caso, infatti, tutte le linee che
collegano i centri dei pilastri rappresentano assi di simmetria del problema e quindi, lungo tali
direzioni, la rotazione a queste ortogonale deve risultare costantemente nulla. Si potrebbe dunque
integrare l’equazione differenziale che governa il problema della lastra inflessa su uno soltanto di
tali campi, utilizzando le seguenti condizioni al contorno, valide se le dimensioni del capitello sono
trascurabili:
Y in A, B, C e D: w=0
C D
w
b sui tratti AC e BD: X 0 , VX = 0
x
A B w
sui tratti AB e CD: Y 0 , VY = 0
a X y
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Lezione n. 3 – pag. III.11
La soluzione, che dipende, oltre che dalle dimensioni a e b dei campi di solaio, anche dalle
dimensioni del capitello, è stata ottenuta agli inizi del ‘900 (Lewe, 1920, Nadai, 1922) mediante
serie trigonometriche semplici e doppie. Per capitelli di dimensioni pari ad 1/4 della luce e campi
quadrati, la soluzione è quella riportata in figura, dove si sono evidenziati i momenti in
corrispondenza dell’allineamento dei pilastri e della mezzeria dei campi di solaio:
Si può notare che la distribuzione dei momenti flettenti lungo le strisce non è molto diversa da
quella di una trave incastrata alle estremità. In particolare, i valori di tali momenti risultano simili a
quelli della trave incastrata di larghezza unitaria in corrispondenza dell’allineamento dei pilastri e
pari circa alla metà di questi in corrispondenza della striscia che passa per le mezzerie dei campi di
solaio.
I momenti ricavati, che sono relativi ad una distribuzione di carico p uniforme sull’intero solaio,
sono sufficientemente rappresentativi anche degli effettivi valori dei momenti negativi che si
possono ottenere disponendo diversamente i carichi nei vari campi di solaio (analogamente al caso
di una trave continua, in cui i valori massimi dei momenti negativi sono bene approssimati dalla
distribuzione del carico totale, permanente ed accidentale, applicato su tutta la travata). Viceversa, i
valori riportati per i momenti positivi potrebbero non rappresentare correttamente quelli ottenibili a
seguito di una possibile distribuzione non uniforme del carico (analogamente al caso delle travi
continue di un telaio, in cui si massimizzano i valori dei momenti in campata attraverso una
disposizione “a scacchiera” dei carichi).
Supponendo quindi che sul solaio agiscano contemporaneamente carichi permanenti g e carichi
accidentali q (eventualmente fattorizzati attraverso i coefficienti di combinazione), la
massimizzazione dei momenti in campata porterebbe ad ipotizzare una distribuzione dei carichi
accidentali alternata per strisce lungo i vari campi di solaio (ossia, a strisce sulle quali si applica il
carico si alternano strisce scariche). Pensando di massimizzare i momenti positivi nella strisce in
direzione X (ma un ragionamento analogo potrebbe essere fatto per le strisce in direzione Y), tale
configurazione di carico è equivalente alla somma di due condizioni: la prima, simmetrica,
corrisponde a caricare con q/2 l’intero solaio; la seconda, che presenta carattere di antimetria
rispetto alle linee dei pilastri, corrisponde alla disposizione alternata di carichi +q/2 e –q/2 sulle
varie strisce lungo Y.
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Lezione n. 3 – pag. III.12
a X
Y
a a a
Nel primo caso, i valori dei momenti flettenti sono gli stessi ricavati in precedenza, qualora si
sostituisca a p il valore del carico q/2.
Nel secondo caso, si può notare come ora le linee lungo Y che congiungono i pilastri siano assi di
antimetria per la struttura; di conseguenza, lungo tali linee, il momento flettente mX è nullo, così
come l’abbassamento verticale. Quindi ogni striscia lungo Y può essere pensata come staccata dalle
strisce adiacenti e in una condizione di vincolo di bordo uniforme, assimilabile ad un appoggio: di
conseguenza, si ha una deformata cilindrica ed un momento flettente costante lungo la direzione Y,
che assume il valore (q/2)·a2/8 in mezzeria (momento massimo della trave appoggiata).
Sommando i risultati ottenuti e considerando anche l’azione di un carico permanente uniforme di
entità pari a g, si può affermare che il momento positivo (in campata) assume il valore:
g a2 q a2 q a2 g a2 q a2
lungo l’allineamento dei pilastri: mX,max
19.8 2 19.8 2 8 19.8 11.4
g a2 q a2 q a2 g a2 q a2
in mezzeria: mX,max
38 2 38 2 8 38 13.2
È da notare che la disposizione del carico a “strisce” fornisce valori dei massimi momenti positivi
maggiori rispettivamente del 74%, lungo l’allineamento dei pilastri, e del 188%, in corrispondenza
del centro dei campi di solaio, rispetto alla condizione di carico uniforme.
4
Si vedano ad esempio le istruzioni ACI 318M-08 “Building Code Requirements for Structural Concrete”, 2008 (ACI:
American Concrete Institute)
5
UNI-ENV 1992-1-1:2005 “Eurocode 2: Design of concrete structures – Part 1-1: General – Common rules for
building and civil engineering structures”
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Lezione n. 3 – pag. III.13
Attraverso questo approccio, il sistema viene suddiviso in una serie di telai (lungo gli allineamenti
dei pilastri), considerando una trave di dimensione pari all’interasse dei pilastri in direzione
trasversale. Ad esempio, in direzione X, si identificano travi che hanno lo spessore s della lastra e
larghezza pari all’interasse dei campi in direzione Y (ossia b).
b
b/4
b/2 b
b b/4
X
a a a a Y
Una volta risolto il telaio, con le varie disposizioni di carico che massimizzano i momenti positivi
M+ e negativi M–, occorre procedere alla ripartizione di tali momenti di telaio nell’elemento piastra.
Rispetto alla possibile ripartizione uniforme (che consiste nell’assumere momenti flettenti per unità
di lunghezza pari a mX– = M–/b, in corrispondenza dei pilastri, e mX+ = M+/b, in campata), occorre
tener presente che le strisce in prossimità degli allineamenti dei pilastri (striscia “di colonna” o “di
pilastro”, di larghezza pari a b/2) presentano una rigidezza maggiore rispetto alle strisce vicine alla
zona centrale del solaio (strisce “di campo” o “mediane”, di larghezza pari a b/4). Di conseguenza,
la distribuzione dei momenti flettenti mX in direzione Y non sarà uniforme, ma tenderà ad assumere
valori più grandi nelle strisce di colonna rispetto a quelle di campo.
m1 b/4
m2 b/2 b
m1 b/4
X
mX–(y) Y
a a
A titolo di esempio, adottando per i momenti negativi una percentuale di ripartizione del 75% per la
striscia di colonna e del 25% per le strisce di campo, nel caso precedente i momenti m 1 e m2
assumerebbero i valori:
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Lezione n. 3 – pag. III.14
M M
m1 0.25 0.5
b/ 4b/ 4 b
M M
m2 0.75 1.5
b/2 b
Quindi, nelle strisce di colonna si ha un valore del momento flettente triplo rispetto a quello nelle
strisce di campo.
Sempre in EC2, qualora le lunghezze dei campi (a e b) fossero diverse tra loro, nella valutazione
della striscia di colonna (indicata con A nella figura seguente) si suggerisce di assumere come
larghezza la minore tra le due quantità a/2 e b/2 (in figura indicate con lx e ly), utilizzando lo stesso
valore in entrambe le direzioni; di conseguenza, la zona di campo (indicata con B in figura)
risulterà di larghezza diversa nelle due direzioni.
b/4
b/4
b B = b/2
A = b/2
a (>b)
Nelle istruzioni americane sono inoltre riportate una serie di indicazioni e di tabelle per correggere
le rigidezze delle travi e dei pilastri da inserire nel telaio equivalente, per tener conto della possibile
presenza di capitelli e di travi ricalate in corrispondenza degli allineamenti dei pilastri.
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