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Ballata

Caratterizzata dalla presenza di un ritornello detto ripresa, almeno una rima del
quale, di regola l’ultima, è ripetuta alla fine di ogni stanza (la rima-guida). Nel caso
in cui la ballata era eseguita musicalmente (grande fortuna ebbe con la musica,
specialmente con l’Ars nova), il ritornello era ripetuto alla fine di ogni strofa.
Fresca rosa novella (G. Cavalcanti): ballata di settenari e endecasillabi,
costituita da una ripresa di cinque versi e da tre stanze di tredici versi ciascuna.
Ogni stanza è costituita da mutazioni (di ugual numero e tipo di versi come i
piedi nella fronte della canzone: qui le mutazioni sono due) e da una volta, che in
questo caso corrisponde allo schema della ripresa.
Schema delle rime delle stanze: abba baab; cdde(e)X
con la e tra parentesi si indica la rimalmezzo tra il penultimo verso, settenario, e
il primo emistichio dell’ultimo verso, endecasillabo; con X si indica la rima che si
ripete, uguale all’ultima della ripresa, alla fine di ogni stanza (tra queste crïatura-
natura, è una rima ricca, sforza forza è rima inclusiva e derivativa). Il primo verso
della volta è, come il primo della ripresa, irrelato: cioè non rima con altri versi.
Per quanto riguarda le rime, si può notare altresì una rima ricca (cioè non
coincidente soltanto dalla tonica in poi, ma quando l’uguaglianza si estende anche
alle vocali o consonanti precedenti, come natura : criatura).
Rapporto endecasillabo-settenario: evidenziato dalle rimalmezzo, che dividono
l’endecasillabo (non a caso a maiore) in un settenario + quinario.
Sonetto
14 versi endecasillabi, suddivisi in due quartine e due terzine. Ci sono critici e
commentatori che, sulla base dell’ipotesi di Contini che riteneva il sonetto nato da
una strofa di canzone, chiamano fronte le quartine e sirma le terzine.
Il sonetto ha struttura fissa (a parte i casi particolari di sonetti doppi o rinterzati,
nei quali sono aggiunti versi settenari intercalati in alcune sedi agli endecasillabi o
di sonetti caudati con una coda finale, con l’aggiunta di alcuni versi).
Cambiano gli schemi di rime, dal più arcaico ABAB ABAB, CDC DCD o CDE
CDE, che comunque permane anche in seguito, alle rime incrociate nelle quartine
(da Cavalcanti in poi) ABBA ABBA, e nelle terzine con variazioni CDE EDC o
CDE DCE; eccezionale lo schema di L'anima mia vilment' è sbigotita di
Cavalcanti.
Caso d’eccezione e divenuto, per così dire, di scuola, per quanto concerne gli
esempi di sinalefe, è il sonetto 303 dei Rvf petrarcheschi. La sinalefe al v. 5, ripresa
di A. Daniel, ‘contrae’ le sedici sillabe grammaticali nelle regolari undici: fior’,
frondi, herbe, ombre, antri, onde, aure soavi. La regolarità della sequenza di
endecasillabi rende il lettore pienamente in grado di intendere le sinalefi, senza che
debba necessariamente conoscere la metrica italiana.

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