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carcinoma spinocellulare
Lesioni tumorali nevi
melanoma
Teresa Trani
Carcinoma Definizione
basocellulare è un tumore cutaneo localmente aggressivo delle cellule basali
dell'epidermide intrafollicolare o follicolare,
è la neoplasia più frequente in assoluto
Tumore a lenta crescita che può recidivare a livello locale;
quasi mai metastatizza
Sedi
Le sedi preferenziali sono le zone fotoesposte ricche di ghiandole
sebacee (palpebre, solchi naso genieni), ma anche dorso, tronco e
regioni sovraclavicolari
Fattori di rischio
esposizione ai raggi UV;
pelle chiara;
età avanzata
Mutazioni
Mutazioni che portano alla
rimozione dei vincoli sulla via
del segnale di Hedgehog
Sedi
cute fotoesposta:
cute del volto (fronte, orecchie, etc.) - precursore cheratosi attinica - malignità
modesta: infiltra i tessuti circostanti, raramente dà metastasi (l laterocervicali)
labbro: precursore leucoplachia - metastatizza più frequentemente (l
sottomandibolari)
Fattori di rischio
esposizione ai raggi UV;
immunodepressione (da chemio o trapianto);
carcinogeni industriali;
vecchie cicatrici da ustione;
radiazioni ionizzanti;
ulcere croniche (ulcera di Marjolin)
Mutazioni
razza caucasica: mutazioni di TP53
normalmente il DNA mutato dalle radiazioni solari viene identificato da chinasi checkpoint quali ATM e ATR, che inviano segnali
che aumentano l'espressione di P53;
P53 interrompe il ciclo cellulare nella fase G1 e promuove la riparazione del DNA, in caso di mancata riparazione, induce
l'apoptosi
quando le funzioni di P53 vengono perse, il danno viene riparato da meccanismi passibili di errore e le mutazioni vengono
trasmesse alle cellule figlie (comuni quelle che aumentano l'attività di RAS e riducono quella di NOTCH)
Manifestazioni cliniche
Malattia di Bowen:
è la forma in situ, si definisce tale se non infiltra
la membrana basale alla giunzione dermo-
epidermica;
si manifesta sottoforma di una placca a margini
netti, di colore rosso, e superficie squamosa.
Predilige aree non fotoesposte, come gambe e
dorso.
I melanomi possono essere inquadrati in isotipi (sia a livello clinico che istologico):
lentigo maligna: è un melanoma in situ, insorge in soggetti molto anziani, tipicamente nelle regioni malare e
zigomatica, come una chiazza melanotica che impiega molti anni a crescere;
melanoma a diffusione superficiale: è la forma più comune degli sporadici; predilige aree fotoesposte, per
lungo tempo cresce mantenendo contatto con l'epidermide e non si approfonda;
melanoma nodulare: fin dall'inizio cresce in profondità;
melanoma acrale lentigginoso: non è correlato all'esposizione agli UV e insorge nelle regioni acrali, cioè
palmo delle mani e pianta dei piedi, giunzione mucocutanea di cavità orale e nasale, ano e regione
subungueale
melanoma desmoplastico
melanoma nevoide
melanoma spitzoide
Elementi necessari all'anatomopatologo
per la diagnosi:
1. Età e sesso del paziente
2. Sede della lesione e motivo del prelievo;
3. Durata
4. Evoluzione;
5. Precedenti anamnestici;
6. Quadro dermoscopico (possibilmente con foto a colori);
7. Ipotesi clinica del medico che invia il prelievo;
8. Tipo di prelievo: la biopsia ideale è quella escissionale, comprendente abbondante tessuto adiposo
sottostante e con un netto margine di cute sana perincisionale; i margini di escissione sono i seguenti:
-melanoma in situ: 5 mm;
-melanoma con spessore fino a 2 mm: 1 cm;
-melanoma con spessore>2mm: 2cm.
Il prelievo arriva in ap già fissato in formalina, pertanto le caratteristiche macroscopiche non sono molto precise.
Successivamente alla fase di crescita radiale segue la fase di crescita verticale, verso gli strati dermici, che è
molto più preoccupante. Il melanoma nodulare ha per definizione fin dall’inizio una crescita verticale, ma
anche un melanoma a diffusione superficiale, dopo una lunga fase di crescita radiale, tenderà a fare una
crescita verticale.
La crescita verticale è talmente importante che alcuni autori, soprattutto americani, la chiamano fase
tumorigenica, significa che la crescita di tipo verticale segna un netto aumento della probabilità di metastasi,
sia ai linfonodi, sia a distanza.
3. PROFONDITA' DELL'INVASIONE DERMICA:
livello di Clark: è il metodo più antico (1968), che si è rilevato piuttosto impreciso, infatti nelle ultime due edizioni del TNM
è stato abolito e messo in riserva di utilizzo solo in alcune situazioni particolari. I livelli consistevano nel rapportare la
profondità dell'invasione alle strutture anatomiche normali.
livello 1: i melanociti sono intraepidermici, quindi il livello 1 corrisponde al melanoma in situ;
livello 2: i melanociti infiltrano appena la parte superficiale del derma papillare;
livello 3: i melanociti infiltrano tutto il derma papillare;
livello 4: i melanociti infiltrano anche il derma reticolare (questa distinzione del derma al microscopio si vede bene);
livello 5: i melanociti infiltrano anche l’ipoderma.
Per vari motivi, perché la struttura del derma è diversa se stiamo nel volto o nel piede, si è stabilito che fosse più
appropriato misurare lo spessore di Breslow: esprimendo in mm la profondità dell'invasione con appositi micrometri che
montiamo nei nostri microscopi o applichiamo direttamente al monitor e che possiamo vedere nei vetrini digitali come
avete visto, misurando così la profondità che intercorre tra lo strato granulare (quindi si elimina lo strato corneo) e la
cellula neoplastica più profonda che si riesce a vedere tra le varie sezioni, ovviamente si sceglierà tra le varie sezioni
quella a spessore maggiore
4. ULCERAZIONE:
i melanomi durante la loro crescita, dopo essere usciti dalla fase in situ ed aver cominciato ad invadere, invadono in
profondità il derma, ma l’epidermide che sta sopra cresce male, si assottiglia progressivamente, mentre sotto sta
crescendo un grosso melanoma molto aggressivo con atipie cellulari, che probabilmente si trova in fase di crescita
verticale. Scompare l’epidermide e si forma l’ulcera perché c’è il melanoma che la insidia, la aggredisce da sotto,
dunque il melanoma per sua natura determina la consunzione epidermica
5. INDICE MITOTICO
6. REGRESSIONE:
corrisponde alla distruzione (molto spesso parziale, raramente totale) della popolazione neoplastica a opera di un
infiltrato linfocitario specificamente “armato” contro alcuni determinanti antigenici del tumore.
Negli stadi iniziali, essa è segnalata istologicamente da un denso infiltrato linfoide nell’area perilesionale, associato in
maniera variabile ad accumulo di macrofagi che hanno fagocitato pigmento melanico derivante dai melanociti distrutti
(melanofagi), e fibrosi reattiva del derma sublesionale.
Negli stadi tardivi, a fenomeno completato, è riscontrabile solo un’area fibrotica vascolarizzata simil-cicatriziale, con
melanofagi dispersi e completa scomparsa della popolazione neoplastica melanocitica.
Nel melanoma maligno la regressione mostra caratteri di evidente irregolarità. Il suo insorgere può essere segnalato da
un improvviso alone di arrossamento perilesionale. Nella fase conclamata, diverse aree di ipopigmentazione o franca
scomparsa del pigmento possono essere osservate in più punti della lesione, senza alcuna tendenza alla progressione
ordinata. Istologicamente, le varie aree di regressione saranno di volta in volta costituite dalla prevalenza dell’infiltrato
linfoide o della fibrosi, con melanofagi dispersi, a seconda della fase di regressione.
7. INFILTRATO LINFOCITICO INTRATUMORALE:
La regressione nasce con l’infiltrato linfocitico intratumorale, che è molto importante nel
melanoma. Questo tipo di infiltrato va quantificato e indicato nel referto. Esso viene distinto in
due categorie: brisk e non brisk, ovvero molto intenso, molto abbondante o
non intenso, non abbondante, assente, perché non tutti i melanomi presentano l’infiltrato
linfocitico intratumorale
8.INVASIONE VASCOLARE
9. MARGINI DI RESEZIONE:
La presenza dell’inchiostro di china nei margini di resezione è importante perché serve a evidenziare il
vero punto tagliato dal chirurgo, se i melanociti neoplastici arrivano all’inchiostro, significa che è un
margine positivo e quindi deve essere fatto un ampliamento dell’escissione.
10. STADIAZIONE TNM:
-Spessore: pT1 sono i melanomi che hanno uno spessore minore di 1mm, e vengono distinti in pT1A e pT1B a seconda
dall’assenza o della presenza, rispettivamente, di ulcerazione. All’aumentare dello spessore cresce il parametro T.
Nella vecchia classificazione, oltre all’ulcerazione, veniva considerato anche il numero di mitosi, per cui la presenza di più di una
mitosi su mm2 insieme all’ulcerazione attribuivano al melanoma la categoria pT1B.
-Stato linfonodale: posto che il melanoma è la neoplasia con più potere metastatico sistemico, e metastatizza sia per via
linfonodale, sia per via ematica, inizialmente essa metastatizza per via linfatica ai linfonodi regionali.
Il melanoma è stata la patologia per la quale si è creato il concetto di linfonodo sentinella. Il linfonodo sentinella è il primo
linfonodo che drena la zona in cui c’è la neoplasia e in cui, auspicabilmente, la prima cellula neoplastica si ferma.
L’anatomo-patologo deve fare molte sezioni del linfonodo perché, per quanto riguarda il melanoma, trovare anche solo una
cellula neoplastica nel linfonodo sentinella significa N1.
Il linfonodo sentinella nel melanoma non si può esaminare con l'OSNA (One Step Nucleic Acid Amplification), come facciamo con
la mammella, perché applicando tecniche di biologia molecolare come la RT-PCR a questo tipo di patologia si hanno un sacco di
falsi positivi. Basta qualche tratto di detrito cellulare che è capitato nel linfonodo per avere un risultato positivo. Inoltre, i
linfonodi, soprattutto quelli dell'ascella, hanno spesso dei nevi dentro le capsule per cui avremmo un falso positivo perché le
sonde, i primer, che si applicano sono diretti contro l'RNA messaggero degli enzimi coinvolti nel metabolismo dei melanociti.