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Materiale elaborato da Paola Carpiniello- slides 2020

La medicina Fisica è una specialità medica che concerne l’uso di agenti fisici, apparati meccanici e
manipolazioni con finalità riabilitative. Per riabilitazione si intende il ritorno della funzione dopo una
malattia o un trauma, mediante l’assistenza di personale medico specializzato.
Quindi le attività sanitarie di riabilitazione consteranno di:
• Interventi valutativi, diagnostici terapeutici e altre procedure finalizzate a portare il soggetto,
affetto da menomazioni, a contenere o minimizzare la sua disabilità, ed il soggetto disabile a
muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente nel
proprio ambiente familiare lavorativo, scolastico e sociale
• le azioni e gli interventi finalizzati a garantire al disabile la massima partecipazione possibile alla
vita sociale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative, indipendentemente dalla
gravità delle menomazioni e delle disabilità irreversibili al fine di contenere la condizione di
disabilità
ICF

Dalla seconda metà del secolo scorso, l’OMS ha elaborato diversi strumenti di classificazione inerenti
all’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali.
La prima classificazione elaborata dall’OMS, la “Classificazione internazionale delle malattie” (ICD, 1970)
risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una
descrizione delle principali caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche.
La seconda classificazione, la “Classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli
handicap” (ICIDH, 1980), focalizza l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro
conseguenze. L’ICIDH è caratterizzata da tre componenti fondamentali, attraverso le quali vengono
analizzate e valutate le conseguenze delle malattie:
• La menomazione, come danno organico e/o funzionale
• La disabilità, come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della
menomazione
• Svantaggio o handicap, come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa
della menomazione.
Una nuova classificazione, la “Classificazione internazionale del funzionamento”, è stata elaborata nel 2001.
Tale classificazione vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti essenziali
(sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socioculturale di riferimento
possono causare disabilità. La chiave di lettura, quindi, non è più la disabilità, ma la salute e le capacità
residue. L’ICF propone un approccio:
• Universale: la disabilità non viene considerata un problema di un gruppo minoritario, ma
un’esperienza che tutti nell’arco della vita possono sperimentare
• Integrato: si esprime tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo
senza distinzioni sulle possibili cause
• Multidimensionale: l’ICF si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli
aspetti sociali della disabilità.

• Fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle condizioni,
conseguenze e cause determinanti ad essa correlate
• Stabilire un linguaggio standard ed univoco
• Rendere possibile il confronto fra i dati relativi allo stato di salute delle popolazioni raccolti in Paesi
diversi in momenti differenti
• Fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari
L’ICF adopera un sistema alfanumerico nel quale le lettere b (body), s (structure), d (domain), e
(enviroment) denotano:
• B: funzioni corporee
• S: strutture corporee
• D: attività e partecipazione
• E: i fattori ambientali
Queste lettere sono seguite da un codice numerico che inizia con il numero del capitolo (1 cifra), seguito dal
secondo (due cifre) e dal terzo (1 cifra) livello. I codici dell’ICF sono completi esclusivamente in presenza di
un qualificatore, che indica l’entità del livello di salute o la gravità del problema.

CORE SET

I core set sono strumenti pratici per l’utilizzo degli ICF. Sono liste di categorie ICF, rilevanti per condizioni di
salute e contesti di cura specifici, selezionate dall’insieme di ICF, seguendo un approccio scientifico.

Nel 2007 viene messa a punto la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della
Salute per Bambini e Adolescenti (ICF-CY). In questa fascia di età le manifestazioni di disabilità e le
condizioni di salute sono diverse nella loro natura, intensità e impatto, da quelle degli adulti. Bisogna tener
conto di tali differenze in modo che il contenuto della classificazione rifletta i cambiamenti associati allo
sviluppo e colga le caratteristiche dei differenti ambienti e gruppi di età. L’ICF-CY copre la fascia d’età dalla
nascita al diciottesimo anno.
PROGETTO RIABILITATIVO

La riabilitazione è un processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una
persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale,
con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.
L'intervento riabilitativo ha inizio al momento stesso in cui il danno s’instaura. Il termine è definito da un
accurato bilancio tra la stabilizzazione degli esiti e la presenza di potenzialità di recupero.
Gli obiettivi fondamentali dell’intervento riabilitativo sono:
•Recupero di una competenza funzionale che, per ragioni patologiche, è andata perduta
•Evocazione di una competenza che non è comparsa nel corso dello sviluppo
•Necessità di porre una barriera alla regressione funzionale cercando di modificare la storia naturale delle
malattie cronico degenerative, riducendo nei fattori di rischio e dominandone la progressione
•Possibilità di reperire formule facilitanti alternative
Il primo stadio della riabilitazione in senso cronologico ha luogo al momento stesso in cui si verifica la
menomazione e, pertanto, o in fase acuta di malattia o all'accertamento di una patologia congenita o
cronica.
Il secondo stadio della riabilitazione prende avvio, in funzione delle disabilità che residuano, non appena
superata la fase acuta di malattia; concerne la fase post-acuta e riguarda sia le strutture ospedaliere che
quelle extraospedaliere di riabilitazione, indipendentemente dal loro stato giuridico (pubblico o privato).
Il terzo stadio della riabilitazione richiede interventi sanitari meno sistematici (in quanto afferenti ad una
condizione di disabilità stabilizzata e di restrizione della partecipazione) e, pertanto, praticabili anche in
termini di trattamento ambulatoriale, finalizzati al mantenimento delle autonomie funzionali conseguite dal
soggetto ed alla prevenzione delle possibili ulteriori involuzioni.
Le attività sanitarie di riabilitazione, ad eccezione di quelle rivolte al superamento di disabilità minimali,
segmentarie e/o transitorie, richiedono obbligatoriamente la presa in carico clinica globale della persona
mediante la predisposizione di un progetto riabilitativo individuale e la sua realizzazione mediante uno o più
programmi riabilitativi.
Sul piano operativo è utile distinguere fra interventi riabilitativi prevalentemente di tipo sanitario (Medicina
Riabilitativa) ed interventi riabilitativi prevalentemente di tipo sociale (Riabilitazione sociale).
Si definiscono quali "attività sanitarie di riabilitazione" gli interventi valutativi, diagnostici terapeutici e le
altre procedure finalizzate a portare il soggetto, affetto da menomazioni, a contenere o minimizzare la sua
disabilità, ed il soggetto disabile a muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e
relazionarsi efficacemente nel proprio ambiente familiare lavorativo, scolastico e sociale.
In relazione all'intensità e complessità delle attività sanitarie di riabilitazione e alla quantità e qualità di
risorse assorbite le stesse si distinguono in:
A. Attività di riabilitazione intensiva: sono dirette al recupero di disabilità importanti, modificabili, che
richiedono un elevato impegno diagnostico medico-specialistico ad indirizzo riabilitativo e
terapeutico in termini di complessità e/o di durata quotidiana dell'intervento (orientativamente
riferibile ad almeno tre ore giornaliere di terapia specifica).
B. Attività di riabilitazione estensiva o intermedia: sono caratterizzate da un moderato-medio
impegno terapeutico a fronte di un adeguato intervento di supporto assistenziale verso i soggetti in
trattamento. L'impegno clinico e terapeutico è comunque tale da richiedere una presa in carico
specificatamente riabilitativa e complessivamente le attività terapeutiche riabilitative sono
valutabili tra una e tre ore giornaliere.
Si definiscono "attività di riabilitazione sociale" le azioni e gli interventi finalizzati a garantire al disabile la
massima partecipazione possibile alla vita sociale con la minor restrizione possibile delle sue scelte
operative, indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle disabilità irreversibili al fine di
contenere la condizione di disabilità.
Le attività sanitarie di riabilitazione richiedono obbligatoriamente la presa in carico clinica globale della
persona mediante la predisposizione di un progetto riabilitativo individuale e la sua realizzazione mediante
uno o più programmi riabilitativi.
Il progetto riabilitativo, quindi, è quell’insieme di proposizioni elaborate dal team riabilitativo che, tenendo
conto dei limiti del paziente e delle risorse disponibili, definisce gli outcome desiderati nei tempi definiti.

Livelli di outcome:
•Livello I: condizioni medico internistiche stabilizzate; adeguata assistenza medica, nursing, nutrizionale, di
supporto, con paziente collocato in modo da permettere una gestione per tempi lunghi evitando le
complicanze;
•Livello II: limitata indipendenza funzionale nel self-care, mobilità, sicurezza e comunicazione; necessità di
massima assistenza e supervisione;
•Livello III: moderata indipendenza nel self-care, mobilità, sicurezza e comunicazione; necessità di moderata
assistenza e supervisione;
•Livello IV: massima indipendenza nel self-care, mobilità, sicurezza e comunicazione; necessità di minima
assistenza e supervisione;
•Livello V: reintegro totale nella vita di relazione quo ante; può essere necessaria una qualche forma di
assistenza o supervisione
Fasi della Riabilitazione
FASE ACUTA:
•Fase della prevenzione del danno secondario e delle conseguenti disabilità
•Interventi riabilitativi nei reparti di rianimazione, neurochirurgia, ortopedia, neonatologia, cardio
pneumologia, etc.
•Richiede un’integrazione di diverse attività e professioni sanitarie
•La struttura riabilitativa ospedaliera attiva tutti i provvedimenti immediatamente necessari alla 1a fase
riabilitativa e, quando è presumibile l’instaurarsi di una disabilità non minimale e/o non transitoria,
coinvolge l’Unità di Valutazione del Bisogno Riabilitativo (U.V.B.R.) dell’A.O. o dell’A.S.L.
FASE SUB-ACUTA :
•Fase della riabilitazione
•In degenza riabilitativa o in reparto di lungo- degenza (per un periodo di ricovero maggiore di 90 – 120 gg)
< di 3 ore al giorno
FASE POST-ACUTA:
•Fase della riabilitazione intensiva
•Almeno 3 ore al giorno
•Attuate in U.O. di Recupero e Riabilitazione funzionale della durata massima di 120 giorni in base al
progetto e ai programmi riabilitativi
•Quando l'intervento riabilitativo può positivamente influenzare i processi biologici che sottendono il
recupero, contenendo e riducendo l'entità della menomazione e quando la disabilità è maggiormente
modificabile
•Può essere necessaria anche in situazioni di riacutizzazione e recidive dell'evento patologico
FASE DI COMPLETAMENTO
•Completamento del processo di recupero e del progetto di riabilitazione (riabilitazione estensiva o
intermedia)
•Si caratterizza con modalità diverse in rapporto alla natura e tipologia della menomazione e della disabilità
ed è comunque tale da non richiedere interventi intensivi
FASE CRONICA
•Fase di mantenimento e/o di prevenzione della progressione della disabilità
•Si caratterizza con diverse tipologie di interventi riabilitativi sanitari abitualmente integrati con l'attività di
riabilitazione sociale.
•Day Hospital, ambulatorio, domicilio

Il progetto riabilitativo individuale:


• Indica il medico specialista responsabile del progetto stesso

• Tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente (e/o dei suoi familiari,
quando è necessario), delle sue menomazioni, disabilità e, soprattutto, delle abilità residue e
recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali e personali;
• Definisce gli esiti desiderati, le aspettative e le priorità del paziente, dei suoi familiari, quando è
necessario, e dell'équipe curante;
• Deve dimostrare la consapevolezza e comprensione, da parte dell'intera équipe riabilitativa,
dell'insieme delle problematiche del paziente, compresi gli aspetti che non sono oggetto di
interventi specifici, e di regola può non prevedere una quantificazione degli aspetti di cui sopra, ma
ne dà una descrizione, in termini qualitativi e generali;
• Definisce il ruolo dell'équipe riabilitativa, composta da personale adeguatamente formato, rispetto
alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti desiderati;
• Definisce, nelle linee generali, gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi previsti, le azioni
e le condizioni necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati;
• È comunicato in modo comprensibile ed appropriato al paziente e ai suoi familiari;
• È comunicato a tutti gli operatori coinvolti nel progetto stesso;
• Costituisce il riferimento per ogni intervento svolto dall'équipe riabilitativa.
Il medico coordinatore dell'équipe riabilitativa, d'intesa con la stessa équipe, provvede a garantire un flusso
costante di informazioni da e con il medico di famiglia, con il nucleo familiare, e con tutte le strutture
coinvolte nel percorso riabilitativo in primis con l’ASL di appartenenza del cittadino interessato.
Il progetto riabilitativo individuale deve essere modificato, adattato e nuovo
ed agli operatori, qualora si verifichi un cambiamento sostanziale degli elementi in base a cui è stato
elaborato (bisogni, preferenze, menomazioni, abilità-disabilità residue, limiti ambientali e di risorse,
aspettative, priorità) anche in relazione ai tempi, alle azioni o alle condizioni precedentemente definite
All'interno del progetto riabilitativo, il programma riabilitativo definisce le aree di intervento specifiche, gli
obiettivi a breve termine, i tempi e le modalità di erogazione degli interventi, gli operatori coinvolti, la
verifica degli interventi.
In particolare:
• Definisce le modalità della presa in carico da parte di una specifica struttura dell'area riabilitativa;
• Definisce gli interventi specifici durante il periodo di presa in carico;
• Individua ed include gli obiettivi immediati (da raggiungere nello spazio di pochi giorni) e/o gli
obiettivi a breve termine (da raggiungere nell'ambito di poche settimane) e li aggiorna nel tempo;
• Definisce modalità e tempi di erogazione delle singole prestazioni previste negli stessi interventi;
• Definisce le misure di esito appropriate per la valutazione degli interventi, l'esito atteso in base a
tali misure ed il tempo di verifica del raggiungimento di un dato esito;
• Individua i singoli operatori coinvolti negli interventi e ne definisce l’impegno, nel rispetto delle
relative responsabilità professionali;
• Viene puntualmente verificato ed aggiornato periodicamente durante il periodo di presa in carico;
• Costituisce un elemento di verifica del progetto riabilitativo.
Lo schema generale di programma conterrà, quindi, al suo interno un sottoprogramma per ciascuna area
specifica, per la quale sia stata dall’equipe individuata una necessità d’intervento. Il professionista
individuato dall’equipe come competente per quell’area d’intervento (medico, logopedista, fisioterapista,
infermiere, terapista occupazionale, psicologo, assistente sociale) prepara il programma d’area, lo
sottopone all’equipe che lo discute e lo approva, ne assume la responsabilità, lo realizza, ne verifica i
risultati, secondo le misure d’esito concordate, e riporta il tutto all’equipe per le necessarie verifiche.
TEAM RIABILITATIVO

Il team riabilitativo è costituito dalla persona servita (al centro dell’attività del team di cui fa parte) e dai
professionisti che predispongono e realizzano il progetto ed i programmi utili al processo riabilitativo.

VALUTAZIONE FUNZIONALE DEL PAZIENTE

La riabilitazione mira ad ottenere la riduzione del danno anatomo-fisio-patologico conseguente alla


malattia o comunque il miglioramento dell’autonomia funzionale del paziente. L’impairment può essere
considerato come l’esito anatomo-patologico e funzionale della malattia, in seguito al quale il paziente non
è più, o lo è solo parzialmente, capace di espletare un’attività di vita quotidiana. Gli impairment possono
riguardare diverse funzioni:
‘ • Forza muscolare
• Tono muscolare
• Escursione articolare
• Sensibilità
• Dolore
• Attività cognitiva
• Attività di coscienza
Gli elementi del management del paziente per arrivare ad un ottimo outcome sono:
• Esame del paziente: processo di acquisizione di informazioni relative alla storia clinica, esecuzione
di un completo esame clinico, test funzionali, misurazioni.
• Diagnosi riabilitativa: definisce l’insieme delle menomazioni e disabilità conseguenti al processo
patologico
• Valutazione: processo dinamico che conduce ad un giudizio clinico sulla base dei dati acquisiti
• Formulazione del progetto riabilitativo
• Formulazione dei programmi riabilitativi
• Interventi riabilitativi
• Risorse a disposizione
• Tempi riabilitativi
• Rivalutazione periodica del piano riabilitativo
• Dimissione

• Attività motoria:
o ROM, Range of Motion. Può essere definito come mobilità, nel caso ci si riferisca ad un
movimento passivo (Passive ROM), o motilità nel caso si valuti il movimento attivo (Active
ROM). Per valutare il ROM, lo strumento utilizzato è il goniometro.
o Forza muscolare. La forza muscolare è misurata mediante una scala ordinale (MMT, manual
muscle testing) che va da 0 (forza assente) a 5 (forza normale)
o Tono muscolare. È la resistenza che si incontra nel movimento passivo di un’articolazione,
lo Stato di tensione muscolare condizionato dal riflesso da stiramento. Varia tra gli individui
e vi è una fisiologica fluttuazione tra ipotonia ed ipertonia. Viene valutata mediante Scala
di Ashworth che va da 0 (nessun incremento del tono muscolare) a +1 (incremento del tono
muscolare). Afferrare l’arto prox. e dist. all’articolazione e muovere lentamente per
determinare l’arco di movimento disponibile; le mani devono evitare di dare rilevanti stimoli
tattili; notare se l’arto viene avvertito pesante o leggero (gravità), muovere rapidamente
secondo tutto il rom mentre il pz è rilassato. Una diminuzione del normale tono muscolare è
caratterizzata dalla sensazione al movimento: di arto pesante se mosso passivamente o
arto che crolla se da una particolare posizione viene lasciato. Le Cause più frequenti sono
una lesione nervosa periferica; malattia cerebellare; danno lobo frontale; temporanea nello
stroke e nel trauma vertebro-midollare. L’ incremento del tono muscolare si configura come
Spasticità (incremento della resistenza allo stretch passivo velocità dipendente) o rigidità
(incremento della resistenza ad un movimento relativamente lento). Altri segni di spasticità
sono la debolezza muscolare, diminuito controllo del ROM, resistenza al movimento
passivo, fenomeno del coltello a serramanico, Iper-reflessia predominante nei muscoli
antigravitari, Clono (rapide intermittenti contrazioni dei muscoli sottoposti a stretch veloce),
pattern sinergici massivi.
o Funzione
o Abilità
grossolana o Abilità
fine.
• Attività sensoriale integrativa: schema corporeo, postura, integrazione corporea, relazioni visuo-
spaziali, integrazione senso-motoria, riflessi, sensibilità.
• Attività cognitiva: comprensione del linguaggio, concentrazione, problem solving, tempo di
esecuzione, concettualizzazione, apprendimento.
• Attività psicologica: stato emozionale, comportamento, concetto di sé, difesa.
• Attività sociale: interazione dualistica, interazione in gruppo.
PROGRAMMA RIABILITATIVO DEL PAZIENTE CON OSTEOPOROSI ED INQUADRAMENTO DEL PAZIENTE A
RISCHIO CADUTA

L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata dalla compromissione della resistenza dell’osso,
che predispone ad un aumento del rischio di fratture. È annoverata tra le patologie più caratteristiche
dell’anziano: un terzo delle donne dopo i 50 anni va incontro ad una frattura dovuta all’osteoporosi
(soprattutto vertebre, polso, femore prossimale, coste, omero prossimale).
L’osteoporosi è una malattia di notevole rilevanza sociale e che può provocare disabilità complesse. Per
questo motivo, sono avviati programmi di prevenzione. La prevenzione è distinta in:

• Primaria: mira a prevenire l’osteoporosi e la prima frattura patologica da osteoporosi.


• Secondaria: mira a prevenire un ulteriore aggravamento della patologia, ridurre il dolore e limitare
le deformità.
La prevenzione primaria prevede miglioramento del bone peak e la riduzione del bone loss mediante:
• Attività fisica. L’attività fisica, anche moderata, può incrementare la massa ossea e l’equilibrio
anche in tarda età.
• Alimentazione.
• Prevenzione della caduta. La caduta è un evento subitaneo, inatteso, che causa in maniera non
intenzionale, la perdita della stazione eretta in assenza di eventi traumatici esterni. Le cadute
possono essere classificate per:
o Frequenza: caduta singola o cadute multiple o
Cause predisponenti:

Fattori intrinseci, correlati al paziente (alterazioni età correlate, turbe cognitive,
malattie intercorrenti, uso di farmaci)

Fattori estrinseci, ambientali (illuminazione inadeguata, superfici scivolose, scale,
scarpe improprie, etc.)
o Malattie predisponenti (Es:
Parkinson) o Circostanze (Es: in casa/fuori
casa)
o Perdita di coscienza (sì, prima o dopo la caduta/no) o
Conseguenze.

o Valutazione generale (BMI, condizione cardio-vascolare, ROM, ipotensione ortostatica)


o Esame neurologico (cognizione, visione con/senza correzione, propriocezione, test
vestibolari)
o Valutazione equilibrio/deambulazione mediante:

Unipedal stance time. Il paziente viene invitato ad assumere una posizione
monopodalica: si calcola il tempo di resistenza in questa posizione (normale>30’).

Get up and go test. Si calcola il tempo richiesto perché il paziente si alzi dalla sedia,
cammini per 3 m, si giri e torni indietro per risedersi.

Walk and talk test. Si valuta la capacità del paziente di camminare e conversare
contemporaneamente.

Berg balance test. Si danno al paziente 14 compiti differenti ognuno valutato con
un punteggio da 0 a 4 (normale).
La prevenzione secondaria si esplica attraverso il trattamento delle fratture da fragilità mediante:
• Riposo a letto
• Applicazione di corsetti
PROGRAMMA RIABILITATIVO DEL PAZIENTE AFFETTO DA PATOLOGIA NEUROLOGICA: RIABILITAZIONE
NEUROMOTORIA

L’ictus è l’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale (come) delle
funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 h o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente
se non a vascolopatia cerebrale.
Il TIA (attacco ischemico transitorio) è caratterizzato da improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a
deficit focale cerebrale o visivo, attribuibile ad insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 h.
Le diagnosi di ictus e TIA sono diagnosi cliniche, tuttavia una TC o una RMN sono indicate per una diagnosi
differenziale con altre patologie.
L’ictus esita nella maggior parte dei pazienti con un’emiparesi (contro lateralmente rispetto alla sede della
lesione). Nel recupero della disabilità motoria vengono considerati una serie di approcci distinti in classici e
nuovi approcci. Gli approcci classici sono:
• Approccio NDT di Bobalth. È un approccio sul modello del Problem Solving rivolto alla valutazione e
al trattamento di persone con disturbi della funzione, del movimento e del controllo posturale
causati da una lesione del sistema nervoso centrale. L'apprendimento è il prodotto di un processo
attivo di soluzione di problemi. Il processo riabilitativo viene quindi visto come ricerca di nuove
soluzioni. L'obiettivo del trattamento è ottimizzare la Funzione migliorando il controllo posturale ed
il movimento selettivo attraverso la Facilitazione, che è la modalità con cui si permette un processo
attivo di apprendimento orientato al raggiungimento e all'ottimizzazione della funzione. La
facilitazione riguarda tutto il corpo nel suo insieme perché l'organizzazione della patologia
interesserà sempre il controllo motorio globalmente: capo e tronco mantengono la loro funzione di
organizzatori della motricità e delle reazioni di balance.
• Approccio di Kabat. Metodica di rinforzo muscolare che si basa sulla stimolazione dei
propriocettori. Questo tipo di trattamento nasce dall’osservazione che le attività funzionali (i
movimenti della vita quotidiana) si effettuano su tre piani di movimento:
o Piano sagittale: flessione ed estensione
o Piano frontale: adduzione o abduzione, inclinazione laterale
o Piano trasversale: rotazioni
Secondo Kabat ci sono due coppie di schemi in diagonale per gli arti superiori e inferiori. Ciascuna
diagonale può essere eseguita in flessione e in estensione. Questi schemi in diagonale o spirale
sono utilizzati anche per migliorare il gesto atletico. La posizione di partenza prevede:
o L’arto in posizione in cui i muscoli agonisti sono allungati (stimola e facilita l’inizio del
movimento)
o L’articolazione non deve fare male
o Il tronco non deve ruotare o rotolare.
L’arto si deve muovere verso la fine del movimento (con i muscoli accorciati). Il movimento non
deve causare dolore e la schiena non deve ruotare o rotolare. La posizione del fisioterapista deve
sempre essere in linea con la diagonale di movimento.
• Approccio di Salvini Perfetti. Metodica riabilitativa che si basa sulla presa di coscienza del
movimento che si deve eseguire. Il paziente viene invitato, prima di svolgere il movimento, a
descrivere le sensazioni che si aspetta nel compiere quel determinato movimento. Eseguito il
movimento si verifica se ci sia corrispondenza tra le aspettative e la sensazione realmente
percepita.
Gli approcci nuovi sono:
• CIMT (Constrain Induced Movement Therapy). Metodica riabilitativa per il recupero dell’arto
superiore emiparetico, basata sull’uso forzato di questa estremità, per l’immobilizzazione dell’arto
non paretico, mediante splint. La CIMT viene eseguita su pazienti emiparetici da almeno un anno:
l’arto superiore non paretico viene bloccato per il 90% delle ore giornaliere per un tempo di due
settimane, con sei ore di terapia quotidiana.
• Mental practice. Metodica di training, basata sulla mental imagery, attraverso la quale la
riproduzione interna di un dato atto motorio è ripetuta per esteso con l’intenzione di migliorare
una performance.
• Mirror Therapy. Metodica riabilitativa che consiste nel far muovere entrambe le mani e/o le braccia
in modo simmetrico, osservando il movimento dell’arto non paretico allo specchio in modo da dare
al paziente l’impressione che l’arto paretico si stia muovendo correttamente. La mirror therapy
nasce con la scoperta dei neuroni specchio nell’area corticale F5 della scimmia che vengono attivati
sia nell’osservare che nell’eseguire un movimento. Analogamente anche nell’uomo si pensa che vi
sia una corrispondenza funzionale tra l’immaginare e l’eseguire l’atto motorio durante
l’osservazione di una persona che sta eseguendo l’azione. I neuroni mirror sono coinvolti nel:
o Riconoscere le azioni eseguite dagli altri
o Imitare atti presenti nel repertorio motorio
o Apprendere nuove azioni mediante imitazione o
Comprendere aspetti del linguaggio
o Comprendere le intenzioni degli altri
La mirror therapy è stata utilizzata efficacemente nel trattamento del dolore da arto fantasma,
della sindrome da dolore regionale complesso, del danno al nervo periferico, dell’avulsione del
plesso brachiale, della mano paretica.
• Bilateral arm training. Metodica di training che consiste nell’esecuzione ripetitiva di compiti con
entrambi gli arti superiori, basata sul concetto che il movimento bilaterale permette la facilitazione
interemisferica degli arti
LE LESIONI MIDOLLARI

Le lesioni midollari possono riconoscere un’eziologia traumatica, neoplastica o infiammatoria e possono


essere molto invalidanti (paraplegia e tetraplegia). Una delle cause più frequenti di lesioni midollari sono le
fratture vertebrali, classificate in base al segmento di colonna interessato dal danno:
• Fratture cervicali
• Fratture toraco-lombari Gravità

• Fratture sacrali
• Fratture coccigee

• Classificazione di Denis. Denis ha suddiviso la vertebra in tre colonne: anteriore (corpo vertebrale),
media (peduncoli) e posteriore (lamine, processi articolari e spinosi) con i relativi legamenti.
Secondo la classificazione di Denis vi sono fratture minori, che interessano i processi trasversi e
spinosi, le lamine e l’istmo articolare, e maggiori.
Le fratture maggiori traumatiche toraciche e lombari vengono distinte in:
o Fratture da compressione. Si manifestano sulla base di forze compressive che tendono a
provocare piccole incrinature all’interno dei corpi vertebrali.
o Fratture a scoppio. Consistono nella frattura a più frammenti di tutto il corpo vertebrale con un
meccanismo di carico assiale che porta alla divergenza dei peduncoli e alla retropulsione di un
frammento di osso nel canale spinale.
o Fratture da flesso-distrazione o tipo cintura di sicurezza. Nella flessione in avanti bloccata
bruscamente (come in caso di urto bloccato dalla cintura di sicurezza in auto) la parte
posteriore del rachide può “aprirsi” con stiramento e distrazione del midollo.
o Fratture con distrazione. La vertebra interessata slitta in avanti, mentre la sottostante resta in
posizione, provocando trazione massima dei legamenti longitudinali e lacerazione del midollo.
• Classificazione chirurgica. Distingue le fratture in tre gruppi:
o A, da compressione
o B, da distrazione o
C, da dislocazione
• Classificazione funzionale riabilitativa. Da un punto di vista fisiatrico-riabilitativo la classificazione
più importante è quella che distingue le fratture in mieliniche (con trauma midollare) e amieliniche
(senza trauma midollare), fratture instabili (rottura della colonna) e stabili (assenza di rottura della
colonna).
Il danno midollare può realizzarsi attraverso diversi meccanismi:
• Commozione. Scuotimento di un tessuto molle (midollo spinale o encefalo) all’interno di una
struttura rigida inestensibile (colonna vertebrale o scatola cranica).
• Concussione. Alterazione funzionale (blocco della funzione motoria e sensitiva) in assenza di un
danno anatomico rilevante. Consegue generalmente a un trauma della colonna: in questa forma
mancano lesioni anatomiche evidenti delle strutture nervose e si pensa che i disturbi neurologici
gravi, ma transitori, che la caratterizzano, siano dovuti a un disordine circolatorio (stasi vasale,
edema, minutissime emorragie) che in breve tempo regredisce completamente (shock midollare).

• Contusione. Il trauma determina disturbi circolatori di ordine emorragico oppure trombotico che
portano alla distruzione e alla morte di zone più o meno vaste del midollo.
• Ferite da taglio.
• Necrosi ischemica.
Qualunque sia il meccanismo con cui si produce, la lesione midollare porta a un’interruzione della
conduzione degli impulsi nervosi lungo i fasci di fibre del midollo stesso.
Nel midollo vi sono da un lato fibre provenienti dal cervello e destinate a trasmettere gli impulsi per i
movimenti volontari ai centri midollari, dall’altro fibre che risalgono al cervello conducendo gli impulsi
provenienti dai recettori periferici destinati a produrre le sensazioni. Perciò l’interruzione di questi sistemi
di fibre, organizzati in fasci discendenti (a significato motorio) e ascendenti (a significato sensitivo), avrà
come diretta conseguenza la perdita rispettivamente della motilità volontaria (paralisi) e della sensibilità
(anestesia).
In particolare lo schiacciamento del midollo da parte dell’osso, il suo intrappolamento e/o addirittura il
taglio, oltre a danneggiare direttamente le cellule nervose innescano una lesione vascolare chiamata
necrosi traumatica del midollo spinale: già pochi minuti dopo il trauma appaiono piccole zone emorragiche
che iniziano nella parte centrale del midollo e si espandono nella sostanza bianca. Questo quadro si associa
a zone di ridotta perfusione con conseguenti aree ischemiche e necrosi dei neuroni a questo va aggiunto
l’effetto dell’edema che peggiora ulteriormente la microcircolazione locale. In breve tempo il processo si
espande a macchia d’olio a tutto il livello midollare interessato e, in genere, si estende anche a due
segmenti al dì sopra e al di sotto di esso. A distanza di 36-48 ore dal trauma la fase di necrosi viene seguita
da quella di riparazione e riorganizzazione, compaiono i fagociti, in grado di distruggere il tessuto necrotico,
e il tessuto nervoso viene sostituito da astrociti e tessuto connettivo, un tessuto cicatriziale incapace di
condurre gli stimoli nervosi. Solo nei casi di compressione applicata ad una piccola parte del midollo e di
durata breve il danno è di tipo “funzionale” e clinicamente si manifesta con un quadro di lesione spinale
incompleta, o comunque reversibile in tempi più o meno lunghi. Nei casi invece in cui si innesca il processo
di necrosi il danno sarà permanente e rappresenterà la maggior causa di disabilità del paziente.

Il trattamento prevede:
• Fratture stabili amieliniche toraco-lombari: terapia conservativa con busto per almeno 3 mesi.
• Fratture amieliniche instabili toraco-lombari: trattamento chirurgico mediante chiodi trans-
peduncolari
• Fratture cervicali: trattamento chirurgico HALO con chiodi a diadema.

• Prevenire la comparsa di spasticità


• Prevenire la comparsa di piaghe da decubito
• Recuperare il controllo del tronco in posizione seduta
• Recuperare la massa muscolare
• Recuperare la motilità attiva e passiva degli arti
• Normalizzare le funzioni respiratorie.
ESERCIZIO TERAPEUTICO

Prescrizione di contrazioni muscolari e di movimenti corporei al fine di migliorare la funzionalità generale e


specifica di un individuo per aiutarlo a meglio rispondere alle esigenze della vita quotidiana.
Le finalità dell’esercizio terapeutico sono:
1. Migliorare la mobilità
2. Migliorare la forza muscolare
3. Migliorare l’endurance
4. Migliorare il fitness cardio-vascolare
5. Migliorare la capacità di rilasciamento
6. Migliorare la coordinazione
7. Migliorare l’esecuzione di specifici compiti

1-Migliorare la mobilità
Gli esercizi per la mobilità (esercizi di range of motion, stretching, mobilizzazione articolare e
manipolazioni):
• Mantengono o ripristinano la mobilità dei tessuti molli (muscolo, connettivi, cute)
• Possono essere attivi, attivi-assistiti, passivi;
• Possono essere eseguiti attivamente con minima o assente contrazione muscolare (per es. esercizi
pendolari di Codman per la capsulite adesiva);
• Sia gli attivi che gli attivi-assistiti non mantengono né tanto meno incrementano la forza muscolare;
• Non migliorano la coordinazione né la capacità di eseguire compiti specifici;
• Gli attivi e gli a.a. sono controindicati (o almeno devono essere usati con precauzione) in caso di
fratture in consolidazione, o con paziente instabile dal punto di vista cardiovascolare
Gli esercizi di ROM possono essere:
• Passivi: movimento, entro il rom possibile, prodotto da una forza esterna, senza contrazione
muscolare volontaria; la forza esterna può essere: gravità, una macchina, il terapista, un’altra parte
del corpo del paziente
• Attivi: movimento entro il rom possibile, prodotto dalla contrazione attiva dei muscoli che
attraversano l’articolazione
• Attivi-assistiti: un tipo di ROM attivo nel quale viene data assistenza da parte di una forza esterna,
sia meccanica che manuale, in quanto i motori muscolari deputati richiedono assistenza per
completare il ROM.
Gli esercizi passivi sono indicati per:
• Paziente incapace di movimenti attivi (comatosi, paralizzati, allettamento prolungato) o in caso di
dolore nell’esercizio attivo (flogosi);
• Mantenere l’integrità articolare e dei tessuti molli
• Minimizzare gli effetti della formazione di contratture
• Mantenere l’elasticità meccanica del muscolo
• Migliorare la circolazione e la dinamica vascolare
• Incrementare il movimento del liquido sinoviale per la nutrizione della cartilagine
• Ridurre o inibire il dolore
• Collaborare al processo di guarigione dopo un trauma accidentale o chirurgico
Gli esercizi attivi e attivi-assistiti sono indicati per
• Pz capace di contrarre attivamente i muscoli e muovere il segmento da trattare
• Mantenere la fisiologica elasticità e contrattilità dei muscoli
• Migliorare feedback sensoriale proveniente dai muscoli in contrazione
• Incrementare la circolazione e prevenire la formazione di trombi
• Sviluppare coordinazione e migliorare le prestazioni di attività
funzionali

• Gli esercizi di ROM devono:


• Essere eseguiti con lentezza e graduale progressione evitando dolore e lesioni ai tessuti
• Ripetuti per 1-2 volte al dì per almeno 3 volte a settimana

Ausili utilizzati negli esercizi di ROM


• Bastone di legno
• Ruota per la spalla
• Puleggie
• Sospensioni
• Tavole
• Macchine per la CPM
Gli esercizi di stretching permettono di Ottenere uno stiramento delle componenti viscose connettivali e
muscolari che modifichi in maniera permanente la lunghezza delle stesse. Sono, quindi, esercizi di
allungamento rivolti ad una strutture molle patologicamente raccorciata con la finalità ultima di
incrementare il ROM articolare. La temperatura alla quale si ha il massimo rilasciamento è 40°. L’elasticità
muscolare dipende dalla saturazione di sangue. L’aumento di temperatura incrementa la saturazione di
sangue del muscolo. Mantenere la forza di tensione durante il raffreddamento del tessuto incrementa la
deformazione plastica. Con l’allungamento del tessuto connettivo, si realizza un certo grado di
indebolimento meccanico. Una quota di indebolimento dipende da come e quanto il tessuto viene
stretchato. Forze rilevanti di stretch producono più indebolimenti strutturali Basse intensità di forza
stretchante minimizzano il deterioramento nella resistenza agli stress tensili .Nello
stretching passivo viene applicata una forza esterna manualmente o meccanicamente; nell’inibizione attiva
il pz collabora nella manovra di stretching.
Lo stretching passivo può essere:
• Statico manuale: lento, della durata di 15-30 secondi, fino a qualche minuto e ripetuto diverse volte
durante la seduta di esercizio terapeutico. applicazione manuale di forza esterna che porta i tessuti
ad allungarsi oltre la lunghezza a riposo.
• Statico progressivo: quando si è ottenuto lo stretching ed il pz è rilassato nella nuova posizione
raggiunta, si applica un ulteriore stretching.
• Balistico: alta intensità e durata molto breve, da utilizzare solo in soggetti giovani in un programma
di preparazione per attività sportiva.
• Meccanico (o posizionale passivo): si applica forza esterna di 2-5 kg per 20-30 minuti o anche più a
lungo .
• Meccanico ciclico: simile in intensità e durata a quello manuale passivo solo che viene utilizzata
un’apparecchiatura che fornisce una forza ciclica
L’inibizione attiva è una tecnica in cui il paziente rilascia in maniera riflessa il muscolo da allungare prima dello
stretching si avvale di tre tecniche:
• Contract relax
• Agonist contraction
• Contract-relax contract

Nella tecnica contract


relax:
• Il paziente esegue una contrazione isometrica del muscolo accorciato per 5-10 secondi contro una
resistenza (la contrazione può essere massimale o sub-massimale)
• Il paziente poi rilascia il muscolo e il terapista passivamente lo allunga fino a raggiungere il rom
desiderato;
• La contrazione pre-stretch del muscolo accorciato fa sì che lo stesso muscolo si rilassi come per
inibizione autogena.

Nella contrazione agonista:


• Si allunga passivamente il muscolo accorciato fino ad una posizione confortevole
• Il paziente quindi esegue una contrazione concentrica (con accorciamento) del muscolo antagonista
a quello accorciato con applicazione di una modica resistenza al muscolo in contrazione
• Il muscolo retratto si rilasserà come risultato dell’inibizione reciproca e quindi sarà più facilmente
allungabile
Questa tecnica è particolarmente utile in muscoli accorciati con spasmo o nelle prime fasi di una
cicatrizzazione.
La tecnica hold-relax-contract combina l’inibizione autogena e l’inibizione reciproca. Il paziente esegue una
contrazione seguita da fisiologico rilasciamento del muscolo accorciato; quindi esegue una contrazione
concentrica del muscolo antagonista a quello accorciato e muove attivamente l’arto lungo la direzione del
ROM acquisito.

2-Rinforzo muscolare
Gli esercizi di rinforzo muscolare vanno eseguiti con cautela in caso di:
• Flogosi articolare
• Recente infarto del miocardio
• Ipertensione non controllata
• Stroke recente (1 settimana)
• Chirurgia addominale o ernia
• Facile stancabilità (es. sclerosi multipla, vasculopatia periferica, cardiopatia con rischio di
insufficienza)
• Osteoporosi
• Artropatie croniche infiammatorie (AR, polimiosite).

La prescrizione dell’esercizio di rinforzo: Iniziare con una resistenza submassimale (pari al 50% della MCSV) •
Progressione graduale verso la MCSV • Usare frequenza bassa di ripetizioni (non oltre 12-15) per set per 1-3
set di esercizi • Sedute bi- o trisettimanali • Esercitare prima i muscoli grandi poi i piccoli • Evitare
l’affaticamento • Evitare la sostituzione nel movimento
Tra gli esercizi ricordiamo:
Training di resistenza
Caratterizzato da esercizi di alta intensità con alta frequenza di ripetizioni. Con questo training si ha un
incremento dell’endurance:
• Endurance locale: capacità di uno specifico muscolo di mantenere un predeterminato livello di
output motorio per un periodo di tempo prolungato;
• Endurance generalizzata (o cardiopolmonare): capacità dell’intero organismo di produrre uno
sforzo prolungato
Esercizi contro resistenza manuale
• La resistenza viene applicata dal terapista per opporsi sia alla contrazione statica (isometrica) che
dinamica (isotonica);
• La direzione della resistenza è direttamente in opposizione al movimento desiderato;
• Applicata nella parte distale del segmento mosso dal muscolo da rinforzare;
• In caso di fragilità ossea la resistenza deve essere applicata più vicina all’articolazione
Esercizi contro resistenza meccanica
• La resistenza è applicata mediante apparati meccanici o elettrici;
• Permettono una misurazione precisa della resistenza
• È possibile modulare la progressione dello sforzo in maniera precisa;
• Permettono di somministrare resistenze maggiori di quelle che un terapista può esercitare
Esercizio isometrico (o statico)
• La tensione è generata nel muscolo senza visibile movimento articolare o
apprezzabile modificazione della lunghezza del muscolo stesso;
• È più efficace quando il muscolo è alla lunghezza di riposo;
• È facile da eseguire (richiede poco tempo e nessuna apparecchiatura);
• Gli effetti del rinforzo muscolare non necessariamente si trasferiscono nelle attività dinamiche
(cioè sono angolo articolare -specifiche);
• Non hanno effetto sul training di coordinazione muscolare;
• Non causano ipertrofia muscolare

Equipaggiamento per gli esercizi isotonici


• Pesi
• Ausili di resistenza elastica (tubi, theraband)
• Sistemi di puleggie
• Apparecchi meccanici (idraulici) o elettronici
• Cicloergometro
Esercizio isotonico
Esercizio dinamico contro resistenza costante ma con velocità controllata.
Utilizza apparecchi elettronici comandati da software • Per incrementare la forza sono più utili basse velocità • Il
paziente viene invitato ad eseguire il movimento alla massima forza e velocità concessa • Di solito si usano da 5 a 7
ripetizioni in 3 set.
Esercizio pliometrico
• Stretch-Shortening Cycle (SSC): combinazione di un’azione eccentrica seguita da una
Concentrica. Uno stretch rapido seguito da contrazione concentrica causa:
• Storaggio di energia nelle strutture elastiche
• Rilascio di energia durante la fase concentrica per produrre più forza che la sola contrazione
• concentrica
Esempi:
• Salto verticale
• Esercizio pliometrico

• Le tecniche di training che utilizzano la SSC vengono dette “pliometriche”


• movimenti rapidi e potenti utilizzati per incrementare la reattività del SN
• Si immagazzina l’energia elastica del muscolo durante lo stretch per poi rilasciarla durante il
lavoro concentrico
• Dipende dalla rapidità della sequenza
• Sviluppano potenza e velocità, ma possono essere causa di lesioni dei tessuti molli (tendini)
TERMOTERAPIA

Il calore è una forma di energia esistente in natura e può originare dalla trasformazione di energia
meccanica, chimica, elettrica o luminosa. I metodi di trasferimento del calore sono:
• Evaporazione
• Radiazione
• Convenzione
• Conduzione

Effetti fisiologici del calore:

• Emodinamici (aumento del flusso sanguigno, riduzione flogosi cronica, incremento flogosi acuta,
incremento edema, aumento sanguinamento). Il flusso ematico aumenta a causa della dilatazione
arteriolare e capillare. È aumentato il grado di filtrazione e di diffusione attraverso le membrane
biologiche per maggiore permeabilità della membrana capillare.
• Effetti neuromuscolari. Aumento frequenza di scarica delle fibre Ia (fuso neuromuscolare) •
Diminuzione di frequenza di scarica delle fibre II (fuso neuromuscolare) • Aumento di frequenza di
scarica delle fibre Ib (organo tendineo del Golgi) • Aumento della velocità di conduzione del nervo •
L’organo tendineo del Golgi, quando riscaldato, aumenta la sua frequenza di scarica • Lo spasmo
muscolare è ridotto per effetto dei maggiori impulsi inibitori a partenza dall’organo tendineo del
Golgi
• Innalzamento soglia del dolore
• Incremento metabolismo
• Incremento allungamento plastici delle fibre collagene.

• Effetti sul tessuto connettivale e articolare (Aumento estensibilità tendinea • Aumento attività
collagenasica • Diminuzione rigidità articolare)
Il livello della temperatura tissutale da raggiungere per ottenere effetti terapeutici è compreso in un range
di 40-45 ° C. La durata dell’aumento della temperatura tissutale varia per le diverse tipologie di calore
terapeutico da circa 5 a 30 minuti.
Il calore terapeutico è indicato per:
• Patologie muscolo-scheletriche (tendiniti, tenosinoviti, borsiti, capsuliti, etc)
• Dolore (cervicale, lombare, miofasciale, neuroma, nevralgia post-erpetica, etc)
• Artropatie
• Contratture
• Rilassamento muscolare
• Infiammazione cronica
È controindicato per:
• Flogosi acuta
• Diatesi emorragica e turbe coagulative
• Insensibilità cutanea (TVM)
• Incapacità a comunicare il dolore (demenza)
• Cattiva termoregolazione (uso neurolettici)
• Neoplasie maligne
• Aree ischemiche (arteriopatia)
• Cute atrofica (uso prolungato di cortisonici)
• Tessuto cicatriziale immaturo
• Gravidanza
• Ferite aperte e lesioni cutanee infette

Il calore terapeutico può essere distinto in superficiale e profondo. Il calore superficiale può essere
applicato per:

• Irradiazione
o Lampade da calore (infrarossi)
• Convenzione
o Fluido terapia
o Idroterapia
• Conduzione

Impacchi caldi:
Hydrocollator (biossido di silicio in impacchi di tela immersi in vasche a 75°C e poi applicati su più strati di
asciugamani isolanti; durata 30 minuti).
Precauzioni: non giacere sull’impacco (rischio di ustioni sulle prominenze ossee).

Bagni di paraffina:
Miscela costituita da cera di paraffina e olio minerale in rapporto 6:1.
Metodi di applicazione: immersione temporanea o immersione completa; applicazione con pennello.
Controindicazioni: ferite aperte e aree infette.

Agenti Termici Radianti-Infrarossi:


Generano calore superficiale.
• Distanza lampada-cute : 45-60cm • Durata : 20-30 minuti • Lunghezza d’onda: 770-12500 nm •
Profondità: 2 cm.
Indicazioni: postumi di traumi, artrosi cervico-dorso-lombare, piaghe da decubito, presenza di contratture
muscolari. Controindicazioni: stati flogistici acuti, neoplasie, emartri, idrartri, ipersensibilità, fotosensibilità,
fotoinvecchiamento, fotocarcinogenesi, xerosi cutanea.

Il calore profondo può essere applicato per:


• Onde corte:
Incremento di T fino a 15° nel grasso sottocutaneo e da 4° a 6° nel muscolo Onde radio ( 27.12
MHz)
Durata applicazione: 15-30 min.
Numero sedute: 6-12
Indicazioni: spasmo muscolare, rigidità articolare, tendinopatie, borsiti
Controindicazioni: generali del calore, pace-maker ed altri tipi di stimolatori elettrici, impianti
chirurgici, lenti a contatto, utero gravido o mestruante.
• Microonde
Applicazione: 15-30 min.
Numero sedute: 6-12
Frequenza 915-2450 MHz
Incremento T fino a 10-12° nel sottocute e 3°-4° nel muscolo
Indicazioni e controindicazioni: come le onde corte, con preferenza per muscoli ed articolazioni più
superficiali
• Ultrasuoni
Gli ultrasuoni consistono in vibrazioni sonore a frequenza così elevata (17000 Cicli/sec) da non
essere percepibili all’orecchio umano. Sfruttano l’effetto piezoelettrico reciproco del quarzo o di altri
materiali, cioè la proprietà di dilatarsi e di comprimersi (e quindi emettere vibrazioni) sottoposti
all’azione di cariche elettriche. Gli apparecchi sono costituiti da un generatore di corrente ad alta
frequenza, un cavo schermato e una testina emittente che di solito viene posta sulla zona da
trattare in maniera fissa o mobile (in questo ultimo caso tra la cute e la testina stessa deve essere
interposta una sostanza grassa o un gel).Gli ultrasuoni possono essere usati anche in acqua: la
testina viene immersa nel mezzo idrico a circa 2 cm di distanza e parallelamente alla porzione da
trattare. Producono T > 46° nei tessuti profondi (interfaccia muscolo-osso). Onde ultrasonore (0,8-
1MHz) che si propagano e vengono assorbite dai tessuti • Dosaggio: 0,5-2 w/cmq per 5-10 min.
tutti i giorni o a giorni alterni per 6-12 sedute. Tecnica: US 1-2 MHz, intensità 1-3 W/cmq per 5-7
min. una volta al dì per 3-4 giorni di seguito per un totale di 10 sedute.
Indicazioni
• Cheloidi
• Tendinopatie
• Borsiti
• miositi ossificanti
• Spasmi muscolari
• Dolore muscolo-scheletrico
• Nevralgia post-erpetica
• Rigidità articolare
Controindicazioni
• Generali per il calore
• Cavità con liquido (occhio, testicoli, utero gravido)
• Cuore
• Portatore pace-maker
• Sede cervicale
• Cranio
• Rachide dopo laminectomia
• Tromboflebiti
• Cartilagine di accrescimento
• Osteomielite
• Neoplasie
• Presenza di impianti metallici e non
IDROTERAPIA
Applicazione esterna di acqua calda o fredda, in qualsiasi forma, per il trattamento di una patologia.
Forme di idroterapia:
• Bagni di idromassaggio
Solo una parte del corpo è immersa.
Indicazioni: lesioni agli arti o comunque localizzate
• Vasca di Hubbard
In genere è immerso tutto il corpo. Temperatura neutra (34-36° C)
Per i bagni di idromassaggio e la vasca di Hubbard le principali indicazioni sono artrosi, traumi muscolo-
scheletrici, ulcere, infezioni cutanee. La terapia si basa sul fatto che il corpo (o parte di esso) immerso
subisce una forza verticale antigravitaria uguale a quella del volume d’acqua spostato, con l’effetto di
diminuire gli stress su ossa e articolazioni.
• Carrello da doccia
Permette un’azione di spruzzo morbido o unidroterapia a doccia durante il debridment meccanico di ustioni
a superficie estesa ed altre ferite in condizioni relativamente sterili. È stato creato per ovviare al rischio di
contaminazione che si avrebbe coi tradizionali bagni ad idromassaggio e vasca di Hubbard. Come vantaggi
richiede quantità notevolmente inferiori di acqua occupa meno spazio, richiede meno manutenzione
rispetto ad una tradizionale vasca di Hubbard.
• Bagni di contrasto
Immersione alternata dei segmenti distali degli arti in acqua calda (42-45° C) e poi fredda (8,5-12,5° C). In
genere si effettuano sessioni di 30 minuti, iniziando con 10 min in acqua calda seguiti da immersioni
alternate di 1 min in acqua fredda e 4 in acqua calda, terminando con acqua fredda per limitare l’edema. gli
effetti sono associati alla ciclica vasocostrizione e vasodilatazione prodotte da valori estremi di
temperatura. Trova Indicazioni per malattie reumatologiche, dolore neuropatico, sindromi dolorose
croniche (es. distrofia simpatica riflessa).

CRIOTERAPIA
Effetti fisiologici del freddo:
• Emodinamici:
• Vasocostrizione cutanea immediata
• Vasodilatazione reattiva ritardata
• Riduzione infiammazione acuta
• Neuromuscolari
• Rallentamento velocità di conduzione
• Blocco della conduzione e degenerazione assonale per esposizione prolungata
• Riduzione frequenza di scarica delle fibre Ia (fusi neuromuscolari)
• Riduzione frequenza di scarica delle fibre II (fusi neuromuscolari)
• Riduzione frequenza di scarica delle fibre Ib (organo tendineo di Golgi)
• Riduzione di ampiezza del riflesso da stiramento
• Aumento forza isometrica massima
• Riduzione fatica muscolare
• Riduzione temporanea della spasticità
• Tessuto connettivo ed articolare
• Aumento rigidità articolare
• Riduzione estensibilità tendinea
• Riduzione attività collagenasica
• Altri effetti
• Diminuzione dolore
• Rilassamento generale

Eseguita mediante:
• Impacchi freddi
• Massaggio con ghiaccio
• Immersione in acqua fredda
• Spray raffreddante
• Unità di freddo-compressione
È indicata per:
• Patologie muscolo-scheletriche (lesioni traumatiche capsulo-legamentose, tendiniti, tenosinoviti,
borsiti, capsuliti, etc.)
• Dolore miofasciale
• Dopo alcune procedure di chirurgia ortopedica
• Componente di un protocollo per il trattamento della spasticità
• Trattamento emergente delle ustioni minori
È controindicata per:
• Intolleranza al freddo
• Neuroaprassia/assonotmesi indotta da crioterapia
• Insufficienza arteriosa • Disturbo della sensibilit
• Deficit cognitivi o comunicativi che precludono la comunicazione del dolore
• Criopatie
• Crioglobulinemia
• Emoglobinuria parossistica a frigore
• Ipersensibilità al freddo
• Malattia/fenomeno di Raynaud
RADIAZIONE ULTRAVIOLETTA
Consiste in vibrazioni elettromagnetiche analoghe a quelle della luce visibile, dalle quali differiscono per la
minor lunghezza d’onda (2000-4000 A°). Gli effetti sono potere battericida (2537 A°), incremento
vascolarizzazione dei margini di ferita, iperplasia ed esfoliazione cutanea (peeling), incremento sintesi vit D
Indicazioni:
• ferite (settiche e non),
• dermopatie (psoriasi, acne, follicoliti, rachitismo, osteomalacia)
Controindicazioni:
• gravi insufficienze epatiche e renali
• lupus
• orticaria
• soggetti fotosensibili
Durata: da 2 a 20-30min controllando il grado di eritema
IONTOFORESI
Si basa sulla migrazione di particelle dotate di carica attraverso membrane biologiche per effetto di un
campo elettrico imposto (10-30 mA). Permette la somministrazione transcutanea di farmaci (anestetici
locali, FAS, FANS, antibiotici) per il trattamento dei disturbi muscolo-scheletrici ed è ben tollerata.
SONOFORESI
Consiste nell’utilizzo di ultrasuoni per facilitare la migrazione trans dermica di farmaci per uso topico (FAS,
anestetici locali) in gel 1%. I parametri utilizzati sono gli stessi utilizzati nell’applicazione
dell’ultrasuonoterapia pulsata (1MHZ, 1-1,5W/cm² per 5 min. circa).
Le indicazioni proposte sono:
• artrosi
• borsite
• capsulite
• tendinite
• distorsioni
• fascite
• epicondilite
• contratture
• neurinomi
• aderenze
• tessuto cicatriziale.
LASER (LIGHT AMPLIFICATION BY STIMULATED EMISSION OF RADIATION)
Consiste nell’emissione di fotoni che possono interagire con molecole biologiche inducendo effetti termici e
chimici. In riabilitazione si usano low-power cold laser (He-Ne, Ga-As). He-Ne: effetto diretto 2-5mm, effetti
indiretti 10-15mm Ga-As: effetto diretto 1-2cm, effetti indiretti fino a 5cm.
Gli effetti consistono nella facilitazione guarigione ferite ed ulcere, incremento fagocitosi leucocitaria,
incremento attività linfoblastica, decremento edema, riduzione dolore, favorisce callo osseo e
rimodellamento cartilagineo.
Indicazioni:
• ulcere
• ferite
• contusioni
• distorsioni
• controllo del dolore (nei punti di agopuntura o combinato con elettroterapia)
Controindicazioni:
• neoplasie maligne
• occhio
• primo trimestre di gravidanza
Dosaggio: 0,05-0,5 j/cmq in acuto, 0,5-3j/cmq nel cronico per 3-6 trattamenti
CORRENTI INTERFERENZIALI (IFC)
Questo tipo di terapia utilizza due segnali di corrente alternata di frequenza lievemente differente tra loro.
Le due onde possono essere: in fase (interferenza costruttiva: l’onda generata è di ampiezza uguale alla
somma dell’ampiezza delle due onde) oppure non in fase (interferenza distruttiva: l’onda risultante è di
ampiezza minore poiché, a causa dell’opposta polarità, si annullano a vicenda).
ELETTROTERAPIA
L’elettricità terapeutica è caratterizzata dalla sua forma d’onda, ampiezza, durata e frequenza. Esistono tre
tipi basilari di forma d’onda: Corrente continua: flusso unidirezionale della carica senza alcun cambiamento
della forma d’onda nel temp. Corrente alternata: flusso bidirezionale di particelle cariche simmetriche o
asimmetriche. Corrente pulsata: onde bifasiche o monofasiche e variate o modulate sia in ampiezza, durata
e frequenza. Utilizzo della corrente elettrica a scopo terapeutico:
• elettrostimolazione muscolare: una elettrostimolazione prolungata, continua, a bassa frequenza (10
Hz) determina una trasformazione delle fibre muscolari a veloce contrazione (tipo II b) in fibre a
lenta contrazione (tipo I) con un incremento della forza muscolare.: cambiamento dell’attività
metabolica da anaerobica con ciclo glicolitico a ciclo aerobico associato al ciclo di Krebs con un
incremento della resistenza alla fatica. Prevenzione dell’atrofia muscolare è assicurata dal maggiore
rifornimento capillare al muscolo
• elettroanalgesia. agisce attraverso la modulazione del dolore favorendo il rilascio di polipeptidi e di
neurotrasmettitori: beta-endorfine, dopamina, encefaline, VIP(polipeptide intestinale vasoattivo),
serotonina ed inibisce le fibre dolorifiche mediante stimolazione delle fibre A di grosso calibro.
Come altri effetti l’elettroterapia favorisce la guarigione di ferite e l’osteogenesi, determina benefici
effetti psicologici in pazienti tetra-paraplegici e migliora la funzione respiratoria per stimolazione del
nervo frenico.
Indicazioni:
• Controllo del dolore
• Versamenti articolari
• Edemi interstiziali
• Contrattura muscolare antalgica
• Atrofia muscolare da disuso
• Ferite ed ulcere cutanee
• Disordini circolatori (insufficienza venosa e
disordini neurovascolari)
• Correzione dell’incontinenza urinaria
• Disfunzione dell’eiaculazione

Controindicazioni:
• Flebiti e tromboflebiti
• In prossimità del seno carotideo
• In sede cardiaca
• Gravidanza
• Fratture recenti
• Emorragie attive
• Neoplasie maligne
• Aree con ridotta sensibilità
Applicazione: 1-5 min. per trigger point nel dolore cronico di origine muscolo-scheletrica; q10-30 min.
nel dolore acuto e nei disordini vascolari. 30-60 min. nelle ferite e nelle ulcere. 2-4 ore per il trattamento
dell’edema tessutale. 2-3 sedute settimanali per un minimo di tre settimane.
Corrente diretta
Continua (galvanica):
• guarigione ferite ed ulcere cutanee;
• ionoforesi: somministrazione di anestetici locali (lidocaina all1%) in
neuriti o borsiti; cortisonici (idrocortisone o desametazone),
salicilato, ialuronidasi nelle condizioni infiammatorie acute e croniche
di origine muscolo-scheletrica; solfato di magnesio per il rilassamento
muscolare e la vasodilatazione; cloruro di sodio nelle aderenze
cicatriziali; acido acetico nelle tendinopatie calcifiche.
• Durata seduta: 30 min. per una media di 5-10 sedute
Corrente diretta alternata:
• Tempo-modulata: rieducazione muscolare (elettrostimolazione)
• Ampiezza-modulata: ottenuta mescolando correnti di due sorgenti
differenti (correnti interferenziali o IFC) per il dolore acuto
superficiale o cronico profondo, patologie vascolari (Raynaud,
insuff. venosa) disfunzioni urogenitali (incontinenza urinaria)
Corrente pulsata monofasica:
• basso voltaggio (diadinamiche): risposta
eccitatoria diretta (obsolete);
• alto voltaggio: guarigione ferite,
modulazione dolore (es. traumi mano),
riduzione spasmi muscolari ed edemi,
rieducazione muscolare e mantenimento
integrità muscolare, prevenzione tvp postoperatoria
Bifasica:
• asimmetrica (faradica): mal tollerata;
• simmetrica: con intervallo di interfase
(intrapulse) utilizzata per stimolazione
nervi periferici e per rigenerazione
connettivale e osteogenesi

MAGNETOTERAPIA

La magnetoterapia utilizza l’applicazione di campi magnetici per modificare le cariche elettriche e la loro
disposizione spaziale (modifica l’orientamento di ioni e molecole)
• Durata trattamento: patologie ortopediche 6-8 ore al giorno
• Indicazioni: pseudoartrosi e ritardi di consolidazione, osteocondrosi, osteoporosi generalizzata e
distrettuale, arteriopatie e flebopatie (?)
• Controindicazioni: pace-maker, gravidanza, patologie psicotiche o nevrotiche

TECARTERAPIA
Consiste in un trasferimento Energetico Capacitivo e Resistivo basato sull’utilizzo di energia endogena
attraverso il richiamo nell’area di trattamento di cariche elettriche presenti nei tessuti sotto forma di ioni
(cariche di spostamento).
Il sistema tecar utilizza un generatore di energia che emette un segnale di radiofrequenza di 0,5 MHz ad una
potenza variabile con un massimo di 300 Watt. L’energia generata viene veicolata all’interno dei tessuti
tramite un elettrodo capacitivo o resistivo che consente l’interessamento sia degli strati superficiali che di
quelli più profondi del tessuto biologico. Il sistema è costituito da: q un manipolo metallico composto da un
elettrodo mobile usato dall’operatore per trattare la parte interessata, collegato ad un generatore elettrico
q una piastra fissa - anche essa collegata al generatore - che viene posizionata a contatto con la cute del
paziente, in prossimità della zona da trattare. Il trasferimento energetico può avvenire attraverso due
modalità: Capacitiva: mediante elettrodi protetti e quindi isolati con materiale ceramizzato. Resistivo:
mediante elettrodi non protetti e quindi non isolati. Nella modalità capacitiva l’attrazione e la
concentrazione delle cariche si ha esclusivamente in prossimità dell’elettrodo mobile capacitivo (isolato) per
cui si sviluppa solo nella sede di applicazione; ciò consente una specificità d’azione sulle aree da trattare, e
una facilità di controllo dell’area di trattamento. Come effetti a basso livello energetico vi è aumento delle
trasformazioni energetiche endocellulari con incremento del consumo di ossigeno, a medio livello energetico
si ha microiperemia capillare, aumento della temperatura interna, infine ad alto livello energetico aumento
della velocità di flusso e della perfusione ematica con accelerazione del drenaggio linfatico. La modalità
resistiva consente di risolvere il danno biologico in tutte le forme di patologia cronica caratterizzata da
degenerazione e fibrosi. La rivascolarizzazione di queste aree, attraverso l’aumento della temperatura
interna, ripristina un metabolismo corretto, che restituisce vitalità ai tessuti. Non produce effetti collaterali
di superficie, l’elettrodo resistivo può essere mantenuto in sede a lungo ,per raggiungere livelli ottimali di
endotermia. Si adoperano elettrodi non isolati, la concentrazione delle cariche elettriche si verifica nei
tessuti a più alta resistenza: tendini, articolazioni e tessuto osseo. gli effetti a basso livello energetico
consistono in incremento termico, a medio livello energetico maggiore incremento della temperatura,
coinvolgimento dell’osso e ad alto livello energetico aumento dell’effetto endotermico, aumento del flusso
emolinfatico, precoce riossigenazione dei tessuti lesi e rimozione dei cataboliti tossici. Quindi, gli effetti
fisiologici della tecar terapia sono aumento dell’estensibilità del tessuto collagene per riduzione della
viscosità, riduzione del dolore per liberazione di endorfine e riduzione degli spasmi e contratture muscolari,
aumento della velocità del riassorbimento delle raccolte emorragiche.
Indicazioni:
•Tendiniti
•Traumi dellapparato muscolo-scheletrico
•Algie croniche a carico del rachide
•Coxartrosi
•Condropatie di rotula
•Pubalgie croniche
•Capsuliti adesive
•Sperone calcaneare(fasciti plantari)

Controindicazioni:
•Portatori di pace-meker
•Gravidanza
Applicazione: Trattamento giornaliero. 10-20 sedute alternando la modalità di tipo resistivo con quella
capacitiva combinata con massaggio.
ONDE D’URTO (EXTRACORPOREAL SHOCK WAVE THERAPY)
Onda acustica che si diffonde nei tessuti secondo le leggi fisiche delle onde, capace di indurre nella sede
anatomica colpita un effetto antalgico, anti-infiammatorio, decontratturante e riattivante i processi
riparativi. Si esegue un ciclo di terapia di 3-4 sedute con un tempo compreso tra i 5 e 15 minuti.
Il meccanismo di azione delle onde durto è complesso e, ad oggi, non
ancora completamente chiarito.
Nei suoi principi fondamentali esso può essere considerato come la
risultante di due tipi di effetti:
• Effetti diretti: sono dovuti all’azione meccanica causata dalla temporanea pressione positiva che si
sviluppa durante la propagazione dell’onda pressoria; Sono strettamente correlati all’impedenza acustica,
evidenziandosi infatti solo all’interfaccia di tessuti con impedenza acustica differente.
• Effetti cavitazionali Si definisce cavitazione l’espansione e l’oscillazione di bolle di gas, generate da una
onda pressoria, con successiva loro rottura. Gli effetti cavitazionali si distinguono a loro volta in:
MECCANICI: direttamente correlati alla formazione dei jet streams cavitazionali; CHIMICI : correlati al
rilascio di radicali liberi conseguente alle alte temperature che si sviluppano durante la rottura delle bolle di
cavitazione.
Indicazioni:
• Dolore cronico
• Borsiti
• Tenosinoviti microtraumatiche (tunnel carpale)
• Tendinosi calcifica
• Tendinite rotulea del ginocchio
• Fascite plantare
• Achillodinia
• Tallonite
• Sperone calcaneare
• Sindrome da Impingment della spalla
• Periartrite Scapolo-Omerale (calcifica e non)
• Epicondilite
• Pseudoartrosi
• Ritardo di consolidazione di fratture di segmenti ossei (dopo l’iinsuccesso del trattamento chirurgico o
dell’uso di apparecchi gessati)
• Induratio Penis Plastica
• Contratture e stiramenti muscolari
• Pubalgia
BIOFEEDBACK
E un’applicazione terapeutica che utilizza l’ausilio di alcuni strumenti (in primo luogo il computer) per
monitorare le modificazioni fisiologiche che avvengono nel corpo, prima e durante il ciclo riabilitativo,
assicurandone l’informazione (feedback) al paziente, al terapista, al fisiatra . Lo scopo di questa metodica
consiste nel rendere il paziente consapevole di se stesso e di avere il controllo di alcuni parametri muscolari
e neurologici importanti.

PARALISI CEREBRALE INFANTILE

È una turba persistente, ma non immutabile, della postura e del movimento dovuta ad una alterazione
organica e non progressiva della funzione cerebrale, per cause pre-peri-post-natali prima che se ne completi
la crescita e lo sviluppo. L’incidenza della PCI, che nei paesi occidentali risulta ormai stabile da alcuni anni, è
di 2-3 casi ogni 1000 nati vivi. È significativamente più elevata nei bambini nati prematuri (in particolare
sotto le 32 settimane di età gestazionale) e nei neonati di peso inferioreai1500 gr •La prevalenza è
complessivamente stimata intorno a 1:500 bambini in età scolare. Eziologia:
•Fattori prenatali
• fattori genetici
• infezioni materne in gravidanza
• agenti tossici in gravidanza
• gestosi
•Fattori perinatali
• Prematurità (soprattutto sotto le 32 settimane di età gestazionale)
• ipossia/ischemia nel bambino nato termine
• Post maturità
• parto difficoltoso
• Fattori postnatali
•Meningoencefaliti
• trauma cranico
• arresto cardiocircolatorio prolungato
• stato di male epilettico (convulsioni che si prolungano oltre i 30 min.)
Patogenesi
Nel neonato prematuro:
•Emorragia intraventricolare
•Leucomalacia periventricolare
Nel neonato a termine:
•Asfissia generalizzata

In base alle caratteristiche del movimento si classificano in:


•Formespastiche (90%) aumento costante del tono in alcuni gruppi muscolari e presenza di riflessi patologici
•Forme discinetiche (distoniche o coreo-atetosiche) (6%) fluttuazione continua del tono muscolare e
presenza di movimenti parassiti
•Forme atassiche (4%) disturbo della coordinazione e dell’equilibrio, i movimenti sono prodotti con forza,
ritmo e precisione anomale (atassia del tronco e della marcia, tremore, dismetria)
•Forme miste sintomatologia combinata di due o più forme

In base alle funzioni motorie principalmente alterate si distinguono:


•Organizzazione antigravitaria/controllo posturale
•Locomozione
•Manipolazione

Classificazione internazionale
1.Anomalie motorie:
o Natura e tipologia del disordine motorio: (SCPE)
o Abilità funzionali motorie (GMFCS -funzioni posturo-cinetiche; MACS -funzioni manipolatorio-
prassiche)
2.Disturbi associati:
o sensitivi
o sensoriali/percettivi
o cognitivi
o comunicativi
o comportamentali
o epilessia
o problemi muscoloscheletrici secondari
3.Quadri anatomici e neuroradiologici
•SCPE differenzia le lesioni cerebrali in unilaterali o bilaterali
4.Aspetti eziopatogenetici e timing
Forme tetraplegiche:
o Forma aposturale vera: rappresenta la forma di arresto o di maggiore regressione dello sviluppo
motorio.
o Forma monoposturale con difesa in flessione(acinetico): rappresenta la condotta antigravitaria
propria del neonato che non è ancora in grado di una reazione di sostegno
o Tetra con antigravità a tronco orizzontale: l’organizzazione antigravitaria dell’arto superiore passa
dalla flessione all’estensione.
o Tetra con antigravità a tronco verticale: l’organizzazione posturale completa la verticalizzazione
dell’asse corporeo con impiego degli arti inferiori e degli arti superiori sia per compiti di sostegno
che manipolazione.
o Tetra abili Riescono ad esprimere nella manipolazione movimenti isolati distali.
Emiplegie:
o Mano integrata: afferra i bottoni di piccole/medie dimensioni, i tappi, gli utensili
sagomati(forbicine).
o Mano semifunzionale: afferra i bottoni di medie dimensioni, i tappi, gli utensili sagomati purchè di
grandezza adeguata (forbici).
o Mano sinergica: sinergia semplice di afferramento evocata tramite movimenti controllabili di
gomito e spalla ed eseguita sotto attento controllo visivo(chiusura della mano a “scatto”)
o Mano prigioniera: frequentemente chiusa a pugno attorno al pollice, ma anche flessa fortemente al
polso ed estesa a matacarpofalangee ed interfalangee
o Mano esclusa Generalmente assenza di bimanualità e mano ignorata.
Presa in carico Riabilitativa:
•Valutazione funzionale(diagnosi di funzione)
•Prognosi di funzione ovvero previsione di modificabilità, anche in rapporto all’intervento sui fattori
contestuali
•Definizione del progetto rieducativo
•Definizione del programma terapeutico
•Accordo terapeutico(contratto terapeutico)
•Approccio multidisciplinare e lavoro di equipe

Diagnosi Eziopatogenetica:
•Fattori prenatali, perinatali o postnatali?
Di sede del danno:
•RMN encefalo
•Esame obiettivo Valutazione della spasticità:
•Scala di Asworth
•Scala di Tardieu
Valutazione del possibile danno osteoarticolare e muscolotendineo:
•ROM
•Manual muscle testing
Valutazione delle funzioni grossomotorie:
•GMFM
Obiettivi:
•Promuovere la acquisizione delle funzioni motorie
•Evitarela comparsa di deformità osteoarticolari e muscolotendinee secondarie
•Favorire la comunicazione e la acquisizione del linguaggio

Strumenti della rieducazione:


•Fisioterapia : interventi rivolti allo strumento terapeutico (es. trattamento post-iniezione di tossina
botulinica) e rivolti alla funzione (es. rieducazione del cammino). Si Utilizza un setting terapeutico di
gioco, volto a stimolare la curiosità e la partecipazione attiva del bambino. Si basa su Cicli di
riabilitazione intensiva o a domicilio.
•Farmaci: vengono utilizzati nel trattamento della spasticità. Focale: tossina botulinica, fenolo.
Distrettuale: pompa al baclofen . Sistemico: Baclofen•Tizanidina•Diazepam
•Ortesi ed ausili
•Chirurgia ortopedica funzionale

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