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COMPLICANZE INFETTIVE: ASCESSI E FLEMMONI

Complicanze infettivo-infiammatorie che possono interessare la cavità orale e le strutture limitrofe sono
principalmente dovute a due tipi di cause:

· Odontogene (elementi dentari);


· Otorino (faringe, tonsille).

Le complicanze infettive che riguardano la regione testa–collo possono coinvolgere più ordini di tessuti:
• Tessuti molli: che possono essere a loro volta distinti in:
superficiali (o mantellari): cute, sottocute e mucose
profondi: logge/spazi/cavità
• Tessuti duri: scheletro e nello scheletro gli elementi dentari.

Se vogliamo essere ancora più specifici, trattando di complicanze infettive, quindi di infezioni, possiamo
anche spaccare questo grosso capitolo in due tronconi:

• Forme Specifiche: legate a micosi, actinomicosi, sifilide (lue), tubercolosi, etc. in particolare lue e
tubercolosi stanno subendo un forte incremento.
• Forme Aspecifiche: sono quelle più frequenti e relative a cocchi, bacilli, fusospirilli e ai germi di
comune riscontro. Ci sarebbero anche delle forme virali, però coinvolgerebbero più i tessuti molli.

Esperienza personale e calabrese riportata


dal Prof:

nelle complicanze infettive ascessuali e


flemmonose, nella maxillo – facciale, lo
spettro dei microrganismi è vastissimo:
- Sono generalmente più frequenti gli aerobi
(80%), tra cui principalmente:
- streptococco
- stafilococco
- micrococco

- Meno frequenti gli anaerobi (15%), che


proliferano dove manca l’ossigeno,
proliferano nelle profondità, nelle cavità,
negli spazi, nelle logge.

Cause:
- oltre il 90%: sono dovute a infezioni dentarie, parodontali e ossee
- 6-8%: sono forme secondarie a:
→ tumori
→ traumi
→ infezioni post-chirurgiche
→ corpi estranei (impianti dentali, strumenti odontoiatrici, terriccio, i vetri, frammenti metallici
degli incidenti stradali)
→ un’altra piccolissima quota di queste che sono le sinusiti, non odontogene soltanto, ma
anche rinogene.
il rapporto tra l’uno e l’altro è di 9:1.

Clinica:
Avremo tutti i segni dell’infiammazione, quindi:
- rubor
- tumor: rigonfiamento dovuto ad edema, cioè infiltrazione tissutale di liquido.
- calor
- dolor
- functio laesa
In corso di infiammazione sappiamo avremo una serie di modificazioni dei vasi sanguigni:
- vasodilatazione: che aumenta la stasi e la pressione transmuraria
- aumento della permeabilità
! tutto questo favorisce la fuoriuscita di essudato: è una miscela di liquidi plasmatici ricchi di proteine
plasmatiche e/o cellule (per lo più infiammatorie, come neutrofili e mononucleati, ma anche eritrociti,
che provocherà l’edema infiammatorio.

Differenza tra essudato ed essudato:


! L'essudato è un liquido infiammatorio extravascolare con elevata concentrazione proteica (peso
specifico >1,02) che si raccoglie nei tessuti del corpo sottoposti a un processo d'infiammazione.
! Il trasudato è una sostanza liquida derivata dal plasma per ultrafiltrazione; non è di natura infiammatoria
e non è ricco di proteine e cellule. Si formano a causa di alterazioni della pressione idrostatica o della
pressione oncotica, ma non da un processo infiammatorio.

Quando l'essudato si arricchisce di cellule, globuli bianchi e batteri morti, diventa un essudato purulento
bianco e cremoso, il pus.
→ Se tale essudato purulento si raccoglie in una cavità preformata abbiamo l'empiema,
→ Se tale essudato purulento si raccoglie in una in una cavità neoformata abbiamo l'ascesso.
→ Qualora il processo diffonda nei tessuti, diventi infilrante abbiamo flemmone, che è grave, non
trovate più la raccolta, ma trovate tutti i tessuti, quindi i connettivi, a cominciare da cute, sottocute,
muscoli, adipe, tutto infettato,-

! Ascesso è una raccolta di pus in una cavità neogormata


! Empiema è una raccolta purulenta che si crea all’interno di una cavità già presente (empiema pleurico,
sinusale)
! Flemmone è un’infezione purulenta dei connettivi che non ha alcuna tendenza alla limitazione, diffonde
senza un vero e proprio confine e delimitazione

Trattamento:
La prima cosa da fare dove c’è pus è drenarlo. I latini dicevano “ubi pus, ibi evacua” ed è ancora una
legge. Una volta drenato si può riconoscere:
- pus bonum et laudabile, giallo e cremoso: dovuto a Stafilococco.
- quando dal giallo diventa verdastro: è dovuto allo Strepto viridans.
- quando invece diventa ancora più carico, più fluido, più maleodorante, pieno di bollicine: cominciamo
a pensare allo Pseudomonas.

Fistole:
La fistola è un tragitto fibroso rivestito da
epitelio che mette in comunicazione il
processo infiammatorio con:
- la cute > fistola cutanea
- mucosa della cavità orale > fistola
mucosa
Il punto di sbocco è detto ostio o
pertugio.
Le fistole attraversano le zone di minor
resistenza, che nella faccia sono per
esempio le lacune esistenti tra i muscoli
mimici. il pus si forma nelle zone dove è
più facile formarsi, nelle zone di minore
resistenza.
Esempi:
immagini della prima fila: sono fistole dell’arcata superiore. Punti di minor resistenza dell’arcata superiore:
- nella guancia (fig.1)
- in fossa canina (fig.2),
- tra zigomatico e orbicolare (fig.3)
immagini della seconda fila: sono fistole dell’arcata inferiore. Punti di minor resistenza dell’arcata inferiore:
- tra muscolo triangolare e quadrato del mento e muscolo buccinatore (fig.4)
- zona sub-mentale (fig.5): può essere causato da un processo periodontale cronico a carico degli
incisivi inferiori.
Questa sono fistole e il medico le manda al dermatologo scambiandole per un brufolo, un foruncolo: quando
basterebbe mettere un dito in bocca per fare la diagnosi. Quindi sono importanti:
- esame ispettivo esterno
- esame ispettivo interno
- palpazione dell’ostio della fistola

Forme secondarie a traumi e corpi estranei:


Abbiamo detto che il 90% erano odontogene quell’altro 10% sono dovute a infezioni secondarie e per quanto
ci riguarda, questo 10% è sempre dovuto a infezioni traumatiche e oncologiche, i corpi estranei di meno (che
per noi sono essenzialmente terriccio, i vetri, frammenti metallici degli incidenti stradali. Poi esiste un’altra
piccolissima quota di queste che sono le sinusiti, non odontogene soltanto, ma anche rinogene.

E qui vi faccio vedere una serie di rarità raccolte in Calabria:


• Prima fila di immagini: caso di pz in trisma, un serramento delle mascelle, ovvero l’impossibilità ad aprire
la bocca, dovuto al coinvolgimento dei fasci muscolari, compressi dall’edema o dall’infezione, oppure del
coinvolgimento del nervo trigemino. Il pz. Aveva anche edema del pavimento orale, disfagia e febbre. Il
processo infiammatorio era dovuto a cause iatrogene odontoiatriche, in particolare era stato causato da
un ago per la devitalizzazione.!
• Seconda fila di immagini:
pallottola era
nell’articolazione
temporo-mandibolare.
• Terza fila di immagini:
questo è un ragazzo del
lametino la cui disgrazia è
stata quella di camminare
in mezzo alla strada e
beccarsi una pallottola
che non era indirizzata a
lui, con un foro d’entrata a
livello della fossa canina
perforando guancia, seno
mascellare fino alla fossa
pterigomascellare,
alla base cranica e
abbiamo tolto
questo proiettile per via
trans sinusomascellare.
• Quarta fila: pz coinvolta in
una sparatoria, pallottola
nel gonion sinistro,
impatta la mandibola la
frantuma e finisce nella
fossa masticatoria.

VIE DI PROPAGAZIONE DEL PROCESSO INFIAMMATORIO E COMPLICANZE:

• Via ematica (raramente)


- arteriosa (embolie: encefalo, altri organi; setticemie, setticopiemie, shock settico, exitus per MOF);
- venosa (flebiti e tromboflebiti – v. facciale, plesso pterigoioideo, seno cavernoso, v. giugulare).
• Via linfatica (frequente): linfangiti, adeniti, adenoflemmoni;
• Per contiguità e continuità ( molto frequente): attraverso i tessuti connettivi, spazi e cavità;
• Per colata (raramente): lungo le logge.

Le principali vie di diffusione di queste complicanze infettive per il distretto testa-collo sono:
- via linfatica
- per contiguità e continuità

• Per contiguità e continuità: è la modalità di diffusione più frequente, avviene attraverso tessuti
connettivi, spazi e cavità;
• Via ematica: significa arteriosa, ma anche venosa.
- Una diffusione per via arteriosa può portare rapidamente a setticemie, shock settico e quindi anche a
exitus del paziente.
- Una diffusione per via venosa la dobbiamo tenere in considerazione perché può dare processi flebitici e
tromboflebitici delle vene, in particolare della: v. facciale, anche se una tromboflebite in questa non ha
tanta importanza, ha veramente importanza invece il plesso pterigoideo profondo, il seno cavernoso e
vene giugulari, soprattutto la giugulare interna.

• Via linfatica: in questo caso può dare linfangiti e linfoadeniti e adenoflemmoni

• Per colata: lungo le logge, parliamo delle logge profonde soprattutto delle logge del collo, della loggia
giugulo-carotidea che è la via di diffusione verso il basso, verso il mediastino. Una diffusione del
processo ascessuale latero – cervicale facilmente può guadagnare la parte bassa del mediastino
anteriore o quello posteriore e vi posso assicurare che l’ammalato non si salva più. Attenzione agli
ascessi dentali, non sottovalutateli.

LOCALIZZAZIONI:

Secondo una casistica del 2011, gli spazi più interessati da ascessi in ordine di frequenza sono:
" spazio perimandibolare-sottomandibolare n 21
" spazio genieno e parotideo masseterino
" naso sinusali n 6
" cavità orbitaria n 2 (di cui una panoftalmite, in cui si è dovuto togliere l’occhio)
" loggia pterigo-mandibolare
" loggia masseterino-mandibolare (submassseterina)
" loggia sottomentale
" loggia sottolinguale
" loggia retromaxillare
" loggia tonsillare e peritonsillare
" spazio laterocervicale (giugulo-carotideo) n 1
" loggia temporale;
" loggia parafaringea, gravissima.
" encefalo (lobo frontale): unica complicanza presente nella casistica in cui si è dovuta fare una
craniotomia dove è intervenuto anche il neurochirurgo.

Gli ascessi seguono sempre la via di maggior debolezza, quindi logge, cavità e spazi delimitati da strutture
anatomiche ben definite, come i fasci muscolari. Bisogna quindi conoscere l’anatomia e per comprendere
quali tipi di percorsi può seguire un ascesso e per capire anche da dove hanno avuto origine.

Nella maggior parte dei casi i focolai di questi ascessi sono rappresentati da parodontiti purulente apicali,
che a loro volta possono rappresentare l’evoluzione di una carie non trattata.

Parodontiti purulente apicali: infezioni purulente inizialmente circoscritte al tessuto osseo periapicale,
intorno all’apice radicolare.
Tale infezione purulenta può diffondere prima nel periostio e da qui nei tessuti circostanti fino a potersi aprire
all’esterno nella cavità orale o nella guancia per esempio, formando una fistola, attraverso cui avviene il
drenaggio del materiale purulento.
Generalmente l’ascesso periapicale provoca molto dolore, la sua diffusione o fistolizzazione è in grado di
ridurre in parte questa sintomatologia dolorosa.

Processi infiammatori purulenti che interessano l’emi-arcata inferiore possono diffondere:

→ sottomucosa ! per aprirsi successivamente nel cavo orale o nel fornice

→ sottocute ! per aprirsi successivamente nel cute che ricopre la faccia esterna della
mandibola e cute della guancia

→ loggia Un ascesso in questa sede generalmente origina da molari e premolari inferiori.


sottolinguale
Loggia delimitata:
" antero-lateralmente: faccia interna della mandibola
" postero-medialmente: m. genioglosso e m. ioglosso
" superiormente: mucosa del pavimento orale
" inferiormente: m. miloioideo e genioioideo

in questa loggia sono contenuti:


" gh. Sottolinguale
" prolungamento anteriore della della gh. Sottomascellare
" n. linguale
" rami terminali nervo ipoglosso
" ganglio sottolinguale

! loggia sottomandibolare: perché vi sono stretti rapporti di contiguità


anatomica.

→ sottomandibolare Un ascesso in questa sede generalmente origina da molari e premolari inferiori,


oppure deriva dalla diffusione del pus dalla loggia sottolinguale.

Loggia delimitata:
" supero-medialmente: m- miloioideo e ioglosso
" lateralmente: faccia interna mandibola
" inferiormente: aponeurosi cervicale superficiale ricoperta dal
sottocutaneo, dal platisma e della cute.

in questa loggia sono contenuti:


" gh. Sottomandibolare
" linfonodi sottomandibolari
" vena facciale
" n. miloioideo, ipoglosso e linguale
" ramo temporo-cervicale del VII
" ganglio sottomandibolare

! in basso: verso la regione cervicale, a seconda se è al di sotto della fascia


superficiale, media o profonda potrà raggiungere anche le porzioni più distali
del collo stesso fino ad arrivare al mediastino. ad esempio ascessi
sottomandibolari che non passano la fascia media, resteranno delimitati al
collo, dove causeranno fascite necrotizzante del collo ma non raggiungeranno
il mediastino.
! in alto: verso la faccia laterale della mandibola e verso la fossa
pterigomandibolare.
! anteriormente: regione sottomentale

NB: in presenza di ascessi o flemmoni in questa regione è molto frequente il


serramento della mandibola.

→ sottomentale Un ascesso in questa sede generalmente origina da incisivi e canini inferiori,


oppure deriva dalla diffusione del pus della loggia sottomandibolare.

NB: la diffusione del processo suppurativo


a tutto il pavimento orale, per
interessamento di più logge, determina un
quadro clinico definito: angina di Ledwig.
Sindrome caratterizzata da tumefazione
diffusa della regione sopraioidea e del
pavimento orale con conseguente
protrusione della lingua e intensa
sintomatologia dolorosa alla deglutizione e
alla masticazione.
→ Spazio Può essere interessato per diffusione di un flemmone particolarmente invasivo
laterofaringeo dalla loggia sottomandibolare.

Questo spazio è delimitato:


" antero-medialmente: aponeurosi bucco-faringea che ricopre il costrittore
superiore della faringe
" lateralmente: ramo ascendente della mandibola e ghiandola parotide
" posteriormente: processi trasversi vertebre cervicali e muscoli
prevertebrali.

È diviso in due spazie il pre e il retrofaringeo, dalla presenza del fascio di Riolano,
rappresentato da muscoli e legamenti che si inseriscono sul processo stiloideo del
temporalem in particolare i muscoli stiloioideo, stilofaringeo, stiloglosso.

Spazio prestiloideo:
" muscoli pterigoidei
" a. mascellare interna
" nervi alveolare inferiore e linguale
" alcuni linfonodi

Spazio retrostiloideo:
" carotide interna
" vena giugulare interna
" IX, X, XI e XII nervi cranici
" Catena del simpatico
" Numerosi linfonodi

Possono essere interessati entrambi gli spazi, ma quello retrostiloideo è quello che
può dare le complicanze più gravi per le importanti strutture anatomiche contenute
al suo interno.

Può diffondere:
! verso la superficie
! in profondità lungo il fascio vascolo-nervoso del collo con gravi conseguenze:
" tromboflebiti della giugulare interna
" usura della carotide interna con emorragia fulminante

→ fossa pterigo- Può essere interessata per diffusione del pus dalla loggia sottomandibolare.
mandibolare
Questa fossa è delimitata da:
" muscolo pterigoideo interno
" faccia interna del ramo ascendente della mandibola

! verso la regione temporale

→ loggia sub- Spazio situato tra faccia esterna del ramo ascendente della mandibola e muscolo
masseterina massetere (teso fra arcata zigomatica e angolo della mandibola)
Si può avere a causa di pericoronariti da disondontiasi del terzo molare,
infiammazioni della gengiva che circonda un dente parzialmente erotto,
generalmente il dente del giudizio.

→ Mandibola- Spazio situato tra faccia esterna del ramo orizzontale della mandibola e faccia
buccinatore interna del m. buccionatore delimitato in avanti dall’inserzione del m. quadrato del
mento a livello del primo o secondo premolare.

m. buccinatore: origina posteriormente:


- processi alveolari dei molari superiori (mascellare)
- rafe pterigomandibolare
- processi alveolari dei molari inferiori (mandibola
e si porta anteriormente fino alla commessura labiale
m. quadrato del mento: origina dalla faccia esterna del corpo della mandibola
(I e II premolare) e si porta in alto a livello del labbro inferiore.

in questo spazio si forma l’ascesso migrante di Chompret-L’Hirondel, che è


mobile ma non può spingersi oltre il livello dell’inserzione del muscolo quadrato del
mento.
Anche questo ascesso si può avere a causa di pericoronariti da disondontiasi del
terzo molare, infiammazioni della gengiva che circonda un dente parzialmente
erotto, generalmente il dente del giudizio.

per quanto riguarda le arcate superiori:

oltre alla diffusione nel:

→ sottomucose ! palato
→ sottocute ! guancia (ma può spingersi
anche fino alle palpebre)

può diffondere anche in:


→ seno mascellare
→ cavità nasali (incisivi e canini)
→ cavità orbitaria: può essere raggiunta dal
pus attraverso:
" fessura orbitaria inferiore, che mette in comunicazione la cavità orbitaria con la fossa
pterigomascellare (= pterigopalatina)
" canale naso-lacrimale: che mette in comunicazione la cavità orbitaria e le fosse nasali, in particolare
si apre nel meato inferiore, al di sotto del cornetto inferiore.

FASCITE NECROTIZZANTE

La fascite necrotizzante è un processo flogistico dei tessuti molli, distruttivo e aggressivo, molte volte fatale,
che porta a:
" necrosi dei tessuti sottocutanei e delle fasce
" grave interessamento delle strutture muscolari, vascolo-nervose ed adipose.

Nella regione maxillo-facciale la FN è piuttosto rara, e può rappresentare il risultato dell’evoluzione e della
diffusione di infezioni odontogene o di altre complicanze infettivo-infiammatorie, ed è in grado di diffondersi
rapidamente attraverso le fasce del collo, fino al mediastino, con la possibilità che vengano interessate
pleure e pericardio.
Infatti, se non viene riconosciuta e trattata precocemente, può portare a morte il paziente per problemi
respiratori, cardiaci e per complicanze sistemiche.
Il successo del trattamento consiste nello sbrigliamento chirurgico e nell’appropriata terapia antibiotica ad
alte dosi.
SINUSITI
La sinusite è un processo infiammatorio a carico della mucosa dei seni paranasali. In caso di sinusite, la
mucosa infiammata aumenta il proprio volume, determinando un restringimento degli osti di comunicazione
tra seni paranasali e cavità nasali. Dunque il muco e il materiale in essi contenuto non riesce ad uscirne, vi
ristagna e non riuscendo nemmeno più a passare aria, si crea terreno fertile per la proliferazione degli agenti
patogeni.

La sinusite può interessare uno, più


o tutti i senti (pansinusite)

In più può essere:


" unilaterale
" bilaterale

Seni paranasali:

4
i seni paranasali sono:
" Mascellare
" Sfenoidale
" Frontale
" etmoidale.

Sono cavità osse in comunicazione


con le cavità nasali, attraverso la
presenza di aperture, definite osti.
che fisiologicamente permettono il
passaggio di aria e il drenaggio dei
muchi.
In particolare tutti i seni paranasali
si aprono a livello del meato medio,
tra cornetto nasale medio e
inferiore.
Internamente i seni sono rivestiti da
mucosa di tipo respiratorio, cioè
da un epitelio cilindrico ciliato
psudostratificato.

Embriogenesi dei seni:


in ordine si sviluppano:

Inizio sviluppo Fine sviluppo


seno etmoidale presente alla nascita 4/6 anni
seno mascellare 4/6 mesi 4/6 anni che coincide con il periodo in cui c’è l’eruzione del
primo molare, non è una casualità dato che sta terminando il
processo di sviluppo del mascellare
seno frontale 2 anni 8/10 anni
seno sfenoidale 3/5 anni 12/14 anni

Epidemiologia:
L’incidenza è aumentata negli ultimi anni, soprattutto per smog ecc. Si stima che nel 2020 il 20% della
popolazione ne sarà affetto, ma già ora siamo su quelle cifre.

| A
Classificazione:
Dal punto di vista clinico possiamo distinguerla in forme:
" acuta – dura meno di 2 settimane. Difficile da riconoscere, in quanto scambiata per un semplice
raffreddore.
" subacuta - sintomi durano quasi un mese, vanno e vengono.
:
" cronica - sintomi persistenti 2/3 mesi.
| "

"
acuta ricorrente - 3 episodi in 6 mesi oppure 4 in un anno. la differenza con la recidivante è che in
questo periodo non si guarisce, il quadro patologico è invariato con la mucosa sempre “offesa”.
recidivante - si alternano fasi di malattia e fasi di guarigione.

Eziologia:
Mira .

Il più delle volte le sinusiti sono:


" Rinogene: più frequentemente; si instaurano a seguito di una rinite che può essere a base allergica
o a base infettiva. Generalmente bilaterali
" Odontogene: da problemi del cavo orale. Generalmente unilaterali.
" da malattie sistemiche: raramente

In generale le cause di sinusite sono diverse e possiamo distinguerle in:

! Infettive: Gli agenti infettivi sono diversi, possono essere virali, batteriche, fungine e protozoarie,

! agenti virali, sono i più frequenti:


" adenovirus
" myxovirus (a cui appartengono Orthomyxovirus e Paramyxovirus),
" coronavirus, che sono anche gli agenti eziologici di tutte le riniti.
! agenti batterici:
" Streptococco(soprattutto pneumoniae),
" Haemophilus influenzae.
! da miceti. Le micosi dei seni paranasali sono contraddistinte da diagnosi tardiva, in
quanto abbastanza misconosciute. All’inizio della sinusite, infatti, si tende a fare una
terapia antibiotica, i miceti non rispondono a questa terapia e quindi la patologia avanza.
Quando poi si esegue una coltura dell’escreato, si trovano proprio le ife dei miceti.

! Baro- causate da brusche variazioni di pressioni, a cui è esposto soprattutto chi fa immersioni, in
traumatiche: chi si lancia con paracaduti.
! Iatrogene ! Chemioterapia/radioterapia: dato che causano un insulto ai tessuti.
! Farmaci: per esempio la rinazina usata per più di una settimana nell’arco di un mese
predispone alla sinusite. È molto meglio fare dei lavaggi con soluzione fisiologica,
prendete una siringa da 20, togliete l’ago e vi fate uno sciacquo.
! estrazioni dentarie, tecniche di endodonzia (devitalizzazione), implantologia
! Genetiche- ! Fibrosi cistica: perché tutte le secrezioni sono più viscose e gli osti non sono sufficienti a
congenite drenare queste secrezioni alterate.
! Sindrome delle ciglia immobili
! Anomalie ! Deviazione settale
anatomiche ! Ipertrofia dei turbinati
! Tutte altre condizioni che diminuiscono la pervietà degli osti e dei meati
! Allergiche
! Neoplastiche

Eziopatogenesi:
una volta innescata l’infiammazione della mucosa, questa diventa ipereremica, edematosa, e si ha
ostruzione degli osti, che determina:
" Ipossia
" Insufficienza funzionale delle cellule ciliate della mucosa
" ristagno di materiale che non drena più e che favorirà l’infezione da parte di germi.

Più tempo passa e peggio è. Tale processo, infatti, non tende alla risoluzione spontanea, va impostata
una terapia medica il prima possibile.
Ricordatevi sempre che le terapie sbagliate (magari fatte per 2-3 giorni, quindi che non eradicano
sicuramente il batterio) non fanno altro che far nascere batteri resistenti. Non si somministrano antibiotici
senza una ragione valida.

Sintomatologia:
La sintomatologia vede:
" Dolore facciale che il paziente non riesce a spiegare (lo andiamo a ricercare nelle zone che sono
proiezioni facciali dei seni paranasali). Questi dolori si accentuano con i movimenti del capo.
" Ostruzione e congestione nasale sono i primi sintomi che troviamo
" Rinorrea purulenta, dato che tali secrezioni trovano il modo di scendere e superano in parte l’ostio
mascellare o l’ostio frontale.
" iposmia/anosmia /cacosmia (i recettori sono sulla mucosa del seno etmoidale, una flogosi acuta e -
ancora peggio- cronica farà sì che il paziente non percepisca o percepisca in modo alterato gli
odori). Anche la percezione del gusto sarà alterata data la presenza di recettori gustativi nella
mucosa nasale.
" edema e eritema facciale
Nei casi acuti abbiamo anche:
" Tosse
" Alitosi, in quanto vi è ristagno di materiale purulento in cavità orale
" Otalgia (quando sta evolvendo da una sinusite mascellare a una sfenoidale/etmoidale, significa che
la sinusite sta salendo fisicamente)
" Febbre in caso di sinusite acuta

Dolore:

" nella sinusite mascellare, che è la più comune e si irradia dalla regione infraorbitaria e dalla fossa canina
all’arcata dentaria. Si prova un dolore sordo e continuo, più violento al mattino, data la posizione distesa
notturna che favorisce il ristagno delle sostanze negli osti. Durante la notte infatti la respirazione ha un
ritmo più basso, la funzionalità dell’epitelio diminuisce e quindi il ristagno aumenta (nervo infraorbitario
della seconda branca del trigemino che esce dal mascellare (C) quando premerete lo premete, il paziente
con sinusite mascellare avrà dolore.

" Nella sinusite frontale il dolore sarà sopraorbitario e si irradierà verso le regioni frontale e temporo-
parietale. Il punto di Ewing (sotto il sopracciglio) (A) ci fa fare diagnosi di sinusite frontale. Premendolo, il
paziente sentirà molto dolore.

" La sinusite etmoidale invece è posteriore. I seni etmoidali sono posteriori


rispetto ai seni frontali e mascellari. Non esiste una s. etmoidale pura, ma
è una sinusite che deriva da una mascellare o frontale. Anche qui
abbiamo cefalea e sintomatologia algica, dolore che si accentuerà nel
momento in cui facciamo pressione sulla regione che corrisponde all’osso
lacrimale (Punto di Grunwald) (B)

" La sinusite sfenoidale è la più posteriore di tutti. Il dolore sarà percepito


come retro-orbitario.
Il punto di Ewing (A) è sito sotto il sopracciglio. Il punto di Grunwald (B) invece corrisponde
all’osso lacrimale. La (C) segna l’emergenza del nervo infraorbitario. Quando premerete qui, il
paziente con sinusite mascellare avrà dolore.

Diagnosi:
Ci sono dei criteri per fare diagnosi e li suddividiamo in maggiori e minori.

Criteri maggiori:
" il primo è sicuramente il dolore,
" edema (se fate mettere al paziente la testa all’indietro, noterete che un lato sarà più edematoso),
" eritema facciale
" rinorrea,
" iposmia/anosmia /cacosmia (i recettori sono sulla mucosa del seno etmoidale, una flogosi acuta e -
ancora peggio- cronica farà sì che il paziente non percepisca o percepisca in modo alterato gli
odori). Anche la percezione del gusto sarà alterata data la presenza di recettori gustativi nella
mucosa nasale.
" febbre va considerata solo in caso di sintomatologia acuta.
Criteri minori:
" cefalea,
" odontalgia soprattutto in caso di sinusite mascellare,
" affaticabilità, dovuta al fatto che il paziente non respira più bene,
" tosse,
" ovattamento auricolare.
I sintomi sono diversi in base all’età per il discorso sull’embriologia citato prima. I seni paranasali si
sviluppano dai 6 anni in poi.

" Prima infanzia: sintomi simili a quelli del raffreddore , quindi rinorrea e febbricola. La cefalea non può
essere indicativa in quanto i seni paranasali frontali si sviluppano a partire dai 6/7anni.
" Adolescenza: tosse secca durante il giorno, febbre, congestione ingravescente, odontalgia, otalgia,
dolore al volto. A volte mal di stomaco, nausea, dolore retrorbitario e cefalea.
" Adulti: dolore e senso di pressione al volto in zone diverse, cefalea, febbre, rinorrea purulenta, tosse
grassa, odontalgia.

Esame clinico:

• Anamnesi:
si indagano:

- i sintomi e la loro evoluzione


- interventi stomatologici in passato
- terapie praticate in precedenza, esempio con Rinazina

• Esame clinico testa e collo:


si avvale di:

" Rinoscopia anteriore: ci permette di esaminare le


cavità nasale dall’avanti, il paziente è posizionato
con la testa indietro e si utilizza uno speculum per
mantenere aperto l’orifizio, possiamo trovare:
→ Mucosa arrossata, edematosa, con secrezioni
mucopurulente in caso di rino-sinusiti.
→ Ipertrofia dei turbinati: turbinato superiore e uno
inferiore, si apprezzano bene con la rinoscopia
anteriore. L’inferiore è quello più a contatto con il
seno mascellare e quindi è il primo a diventare
edematoso in caso di infiammazione e a dare
ipertrofia dei turbinati.

" Rinoscopia posteriore: si pratica dall’indietro introducendo uno speculum piano nel cavo orale. Ciò
fornisce informazioni sullo stato delle coane, coda dei turbinati e cavo oro-rinofaringeo mette in
evidenza eventuale secreto purulento nel cornetto inferiore sulla parete posteriore della faringe.

" Ispezione e palpazione del cavo orale


L’ispezione è importantissima
per capire se il problema nasce
dalla bocca o no e bisogna
valutare:
" i denti dell’arcata superiore
per vedere se ci sono segni
di estrazione, radici
spezzate
" Toccare i denti, l’orletto
gengivale
" vedere se c’è edema
gengivite importante, anche
quella può determinare una
sinusite mascellare.
" fistola

" Otoscopia ed esame audiometrico: per approfondimenti diagnostici.

• Esami strumentali:
" TAC: è il gold standard. Si può fare TAC dei seni paranasali, o una TAC del massiccio facciale,
allargandola al campo della mandibola, che dà un quadro sicuramente più completo. La TAC ci
permette di vedere tutti e quattro i seni, nelle due proiezioni, coronale (ci fa vedere il seno
mascellare) e assiale (ci permette di vedere tutti gli altri).

Reperti caratteristici alla tac:


" mancata ventilazione di uno o più seni: si visualizza come una opacizzazione totale o parziale
dell’immagine, un’ombra, si visualizza nera
" situazione anatomica del complesso ostio-meatale
" eventuali alterazioni anatomiche che possono favorire la sinusite (per es. bulla etmoidale ampia,
poliposi nasale, deviazione del setto nasale)
" presenza del cosiddetto “fungus ball ” legato alla sopra-infezione micetica, si presenta come un
opacamento ancora più grigio, quasi bianco, a forma di palla, ha l’aspetto di un corpo estraneo, in
realtà sono tutte le ife micetiche raggruppate, formanti la fungus
" indicazioni sull’anatomia naso-sinusale in vista dell’intervento chirurgico

" RX diretto dei seni paranasali: non viene più eseguito, sta scomparendo, la utilizzano ancora gli
ortopedici in prima istanza in Pronto Soccorso per fare DD con eventuali fratture.

" RMN massiccio facciale senza e con mezzo di contrasto:


si effettua solo quando è presente uno stato patologico avanzato o abbiamo il sospetto che ci siano
altri distretti interessati: es. distretto orbitario. Arriva un pz con un eritema, un edema palpebrale
pronunciato, anche monolaterale, e non capite cosa lo provoca. In questo caso spesso è presenta
una cellulite orbitaria. Con la RMN si visualizzano meglio i tessuti molli rispetto ai tessuti duri. Anche
nel caso in cui c’è sospetto di compromissione meningoencefalica si effettua la RMN, con o senza
mezzo di contrasto
Svantaggi: non consente visualizzazione delle strutture ossee e costi elevati

" Endoscopia: ormai rappresenta il futuro in questo ambito di applicazione. Possiamo apprezzare
anche eventuale poliposi nasale, altro di quei campanelli di allarme, la bulla etmoidale ampia e una
deviazione del setto.

Terapia medica:

La terapia medica, se bene eseguita, risolve buona parte dei problemi, in quanto questa patologia è per
buon parte di interesse medico.

" La terapia locale: Rinazina, cortisonici, mucolitici per facilitare il drenaggio delle secrezioni, non si
deve utilizzare per più di cinque giorni, in quanto può dare luogo a una rinite.
" La terapia sistemica è senza dubbio la strategia medica vincente e si basa su due tipologie di
farmaci: antibiotici e corticosteroidi.
→ Corticosteroidi:
- Deltacortene: 25 mg, iniziamo con una compressa al giorno e poi la facciamo scalare,
quindi i primi due giorni con una compressa, altri due giorni mezza compressa, altri due
giorni 1⁄4 di compressa. Ricordatevi sempre che le terapie cortisoniche vanno sospese a
scalare, mai da un giorno all’altro.

→ Antibiotici: è considerata la terapia di base, di solito:


- Amoxiciliina e acido clavulanico: il dosaggio è di 50 mg/kg/die, generalmente in tre
somministrazioni. Amoxicillina (Augmentin) da sola raramente la si dà, perché è quella che
sviluppa più resistenze.
Si utilizzano anche antibiotici con somministrazione unica, per 3/5 gg. Anche su questa vale
l’indicazione per la Amoxicillina.

Terapia chirurgica:
nel caso in cui la terapia medica non risulta efficace, si ricorrerà alla chirurgia, quindi nei casi in cui si ha a
che fare con:
- forme recidivanti
- forme croniche resistenti alla terapia medica
- forme acute purulente
- forme empiematose
- forme complicate da diffusione intracranica
Il fine principale della chirurgia deve essere quello di:
- ripulire i seni
- ripristinare ventilazione e drenaggi
- impedire che tale ristagno di materiale purulento si
verifichi nuovamente

cioè si punge a livello del turbinato inferiore (via


transmeatale inferiore) e attraverso la fossa canina (via
transmeatale media). Queste tecniche d’approccio sono
abbastanza desuete. In questa immagine vediamo come
il seno mascellare, avendo una posizione centrale, si
trova all’interno di tre sistemi differenti, da cui può
originarsi l’infiammazione: accesso orbitario, accesso
auricolo-temporale e accesso odontostomatologico.

Tecniche chirurgiche: abbiamo due opzioni per risolvere la sinusite:


" chirurgia tradizionale, open surgery, tramite intervento di Caldwell-Luc
" chirurgia endoscopica funzionale (F.E.S.S. = functional endoscopical sinusal strategy).

Intervento di Caldwell-Luc

L’approccio tramite intervento di Caldwell-Luc è una tecnica in uso in molti centri di chirurgia maxillo-facciale
(compreso il nostro), dove non è ancora stata soppiantata totalmente dall’endoscopia. È una tecnica
risolutiva, soprattutto per quanto riguarda i seni mascellari.
Consente di asportare tutta la mucosa sinusale in preda a flogosi (denudamento quasi totale delle pareti
ossee dell’antro).
Si esegue per via transorale, si fa un incisione del
fornice vestibolare, si crea un foro nell’osso a
livello della fossa canina stando attenti a non
ledere il nervo infraorbitale e le estremità apicali
dei denti presenti sull’arcata alveolare. E a quel
punto si ripulisce la cavità, si elimina la mucosa
nasale in flogosi , si inizia a fare dei lavaggi con
soluzione fisiologica o soluzione fisiologica +
antibiotico, poi per ingrandire l’ostio mascellare si
va ad eseguire un apertura rino-sinusale del meato
inferiore. Sostanzialmente si fa entrare una garza
dal meato che comunicherà con l’esterno, la
facciamo risalire e la riprendiamo per farla riuscire
dalla narice, sfruttando l’ostio mascellare naturale
e andandolo ad ingrandire. La garza viene tirata da
una parte e dall’altra per concludere la toilette.

Chirurgia endoscopica funzionale (F.E.S.S.)

Altro approccio è rappresentato dalla F.E.S.S. che è sicuramente il futuro delle procedure per la risoluzione
di sinusiti, si tratta di una procedura mininvasiva che viene eseguita introducendo un endoscopio capace di
fornire un’immagine ingrandita delle strutture interne, che ci permette quindi di avere una visione più
completa dell’anatomia dei seni paranasali.
Consente inoltre l’apertura o allargamento degli osti naturali dei seni paranasali al fine di consentire la
ventilazione e consente anche di procedere con una turbinoplastica e una turbinotomia. La differenza tra
le due è che nella turbinotomia tagliamo il turbinato, nella turbinoplastica lasciamo la coana del turbinato su
cui troviamo i barocettori per l’aria che ci permettono di percepire l’aria inspirata.
I tempi di recupero più rapidi rispetto alla chirurgia tradizionale.
L’unica cosa che residua è la presenza di tamponi nel naso, che verranno estratti successivamente. Una
volta tolti i tamponi, il pz torna a respirare perfettamente e la sintomatologia scompare del tutto
Le recidive con questo tipo di procedura sono molto rare; messa in mano a chi la sa fare è risolutiva al 99%.
Ci possono essere però delle complicanze legate al fatto che si possono danneggiare le strutture adiacenti.
Nell’intervento a carico della sinusite dei seni frontali, si rischia di forare l’osso frontale e la dura madre, con
conseguente perdita liquorale. Il liquido cefalorachidiano ha aspetto “ad acqua di roccia”. Il pz quindi non
capisce perché non ha la sensazione che si ha durante il raffreddore, ma ha questo sgocciolamento. Questa
è la complicanza più frequente che si può riparare a quattro mani con un neurochirurgo.

Complicanze di sinusite a carico dei seni sfenoidali, frontali ed


etmoidali:
" empiema (raccolta di pus in una cavità preformata),
" tromboflebite settica dei seni della dura madre
" ascessi cerebrali,
" meningite purulenta.

Complicanze di sinusite a carico del seno mascellare:


" ascessi subperiostiali,
" cellulite orbitaria,
" osteomielite.

Anche il mucocele risulta essere una complicanza molto comune nelle sinusiti frontali:
si tratta di una raccolta di secrezione mucosa che lentamente e progressivamente aumenta di quantità fino a
dare sovrapposizione di un processo infettivo ed evoluzione purulenta
" può esteriorizzarsi sotto la cute in corrispondenza dell’orbita con spostamento del bulbo oculare
quindi dare oftalmopatia e proptosi.
" Può anche dare nevralgia per compressione della prima branca del trigemino,
Il mucocele può avere origine in seguito all’intervento di risoluzione per la sinusite. Quando entriamo nel
seno sfenoidale e frontale possiamo lasciare dei residui di muco, non ripulendo bene la zona, ed è da qui
che ha origine.
NEVRALGIA DEL TRIGEMINO

Anatomia del nervo Trigeminale:

Il nervo trigemino (V paio dei nervi cranici ) è un nervo misto, motore somatico e sensitivo: origina dal
nevrasse solo con fibre sensitive e motrici, ma poi distribuisce con i suoi rami periferici anche fibre viscerali:

→ Fibre postgangliari parasimpatiche provenienti da altri nervi, in particolare dal:

" VII (FACCIALE) > per la lacrimazione (pregangliari originate dal N. lacrimatorio ! postgangliari originate
dal ganglio sfenopalatino) (distribuite poi con N. lacrimale dell’oftalmico)
> per l’innervazione eccitosecretrice di Gh sottomandibolare e sottolinguale (originate
dal nucleo salivatorio superiore) (distribuite poi con N. Linguale del mandibolare)

" IX (GLOSSOFARINGEO) > per l’innervazione eccitosecretrice di Gh. Parotide (distribuite da auricolo-
temporale del mandibolare) e gh. Geniene e labiali (distribuite poi dal N.
buccinatore del mandibolare) (originate dal nucleo salivatorio inferiore).

→ Fibre postgangliari simpatiche > per il muscolo dilatatore della pupilla e quindi il riflesso della
midriasi (originate dal centro ganglio spinale del Budge del
midollo spinale ! ganglio cervicale superiore del tronco del
simpatico)

Mentre le sue fibre intrinseche originano.

→ Fibre somatomotorie " Nucleo masticatorio Vanno ad innervare attraverso la branca


mandibolare del V tutti i muscoli della
masticazione + tensore del timpano e tensore del
velo palatino

→ Fibre sensitive " Ganglio semilunare del → N. sensitivo Vanno a ricevere la


Gasser principale sensibilità di gran parte dei
(nel cavo di Meckel al di Pontino: territori della testa:
sopra della piramide del veicola la " Cute di cuoio capelluto e
temporale) sensibilità tattile volto
→ N. della radice " occhio (congiuntiva e
cornea)
discendente
" meningi (fossa cranica
Bulbo-spinale:
anteriore e media)
veicola la
" mucosa della cavità
sensibilità
orale,
tattile, termica e
" denti
dolorifica.
" 2/3 anteriori della lingua,
" mucosa dei seni
mascellari e frontale

" Nucleo della radice


mesencefalica
(solo le fibre per la sensibilità
propriocettiva dei muscoli
masticatori) (rappresenta anche
l’unico caso in cui un primo
neurone sensitivo si trova in un
nucleo del SNC e non in un
ganglio)
Il nervo trigemino fa emergenza
nella parte laterale della faccia
anteriore del ponte con queste
due radici distinte, sensitiva e
motoria, che si portano verso il
cavo del Meckel. Dove:

" radice sensitiva continua


nel Ganglio semilunare
del Gasser
" radice motoria vi passa al
di sotto, per unirsi poi
direttamente alla branca
mandibolare (unica
branca motoria delle tre)

Dal contorno anteriore del


Ganglio semilunare si dipartono le
3 branche del trigemino che in
senso medio-laterale sono:

" I branca: Oftalmica (sensitivo)


! diventa esocranico attraverso
la fessura orbitaria superiore

" II branca: Mascellare (sensitivo)


! tramite il foro rotondo

" III branca: Mandibolare (motore


e sensitivo)
! attraverso il foro ovale.

Nervo oftalmico (I branca)

Nervo esclusivamente sensitivo-sensoriale, in particolare veicola la sensibilità del 3° superiore del viso
In più con alcuni suoi rami veicola fibre viscerali per l’innervazione dei muscoli intrinseci del bulbo oculare.
Gangli annessi: ganglio ciliare (situato nella massa adiposa della porzione posteriore della cavità orbitaria)

All’interno del cavo di Meckel, non appena formato, dà il suo, prima ramo collaterale, nervo ricorrente
meningeo di Arnold (che si distibuisce alla dura madre) > poi attraversa il seno cavernoso, nella parete
laterale al di sotto del n. trocleare > si dirige verso la fessura orbitaria superiore in prossimità della quale si
divide in 3 rami che raggiungono la cavità orbitaria:

" Naso-ciliare: entra nella cavità orbitaria attraverso l’anello tendineo di Zinn (che avvolge anche n.
ottico (II), n. oculomotore (III), n. abducente (VI)
" Frontale: fuori da anello tendineo
" Lacrimale: fuori da anello tendineo

N. Naso-ciliare:

dà 3 rami collaterali:
→ Radice lunga del ganglio ciliare → Transita nel Ganglio ciliare da cui ! Per sensibilità di:
escono insieme ai N. ciliari brevi. - bulbo oculare

→ Nervi ciliari lunghi → Per la midriasi


trasporta anche fibre postgangliari simpatiche → Per sensibilità di:
per l’innervazione del muscolo dilatatore della - bulbo oculare
pupilla e quindi per la midriasi. Tali fibre sono iride e cornea
originate dal:
" Centro ganglio spinale del Budge del midollo
spinale (le pregangliari)
" Ganglio cervicale superiore del tronco del
simpatico (le post-gangliari)
→ Nervo etmoidale posteriore ! Per sensibilità di:
" cellule etmoidali
posteriori
" seno sfenoidale,
dà 2 rami terminali: → Per la sensibilità di:
" palpebra superiore
→ N. infratrocleare " cute radice e ala del naso
→ N. etmoidale anteriore " mucosa cavità nasali

!
N. Frontale:

dà 2 rami terminali:
→ N. sovraorbitale ! Per sensibilità di:
→ N. sovratrocleare " cute radice
" palpebra superiore

N. Lacrimale:

Trasporta anche fibre postgangliari ! Per sensibilità di:


parasimpatiche per l’innervazione eccitosecretrice " Gh. lacrimale
della Gh. Lacrimale. Tali fibre sono originate da: " Parte laterale della palpebra superiore
" Nucleo lacrimatorio del nervo facciale (le " Parte del bulbo oculare
pregangliari) " Piccola parte di cute della regione temporale
" dal ganglio sfenopalatino del Meckel (le post ! per innervazione eccitosecretriche della ghiandola lacrimale
gangliari).
E il nervo lacrimale le riceve mediante anastomosi
con il N. zigomatico del mascellare, che a sua
volte le ha ricevute dal N. grande petroso
superficiale del facciale.

Nervo mascellare (II branca)

Nervo esclusivamente sensitivo-sensoriale, in particolare veicola la sensibilità del 3° superiore del viso
Con alcuni suoi rami veicola fibre viscerali per l’innervazione delle gh. Lacrimali che poi si anastomizzaranno
con N. lacrimale.
Gangli annessi sono: ganglio sfenopalatino

Il nervo origina dal ganglio semilunare del Gasser, tra la prima e la seconda branca > attraversa il seno
cavernoso inferiormente e lateralmente al N. oftalmico > emette il primo ramo collaterale > diventa
esocranico attraverso il foro rotondo dello sfenoide > entra nella parte alta della fossa pterigopalatina dove
emette altri rami collaterali, n. sfenopalatini, zigomatico, alveolari postero-superiori, meningeo medio > si
porta avanti fino alla fessura orbitaria inferiore > entra nella cavità orbitaria > percorre il solco infraorbitario
scavato nella sua parete inferiore > entra nel canale infraorbitario > per fuoriuscire dal foro infraorbitario sulla
faccia anteriore dell’o. mascellare > dove si continua nel suo ramo terminale il n. infraorbitale.

N. Infraorbitale
Durante il suo decorso lungo il canale infraorbitario ! Per sensibilità del 3° medio del volto:
emette dei collaterali: " palpebra inferiore
" labbro superiore
" N. Alveolari antero-superiori: " cute e tonaca mucosa del vestibolo delle fosse nasali
che anastomizzandosi poi coi N. alveolari " parte del plesso dentale superiore (attraverso N.
postero-superiori (altri rami collaterali del n. alveolari anterosuperiori)
mascellare) andranno a formare il plesso
dentale superiore.

Rami collaterali sono:


" N. sfenopalatini (originati in fossa pterigopalatina)
" N. zigomatico (originati in fossa pterigopalatina)
" N. alveolari postero-superiori (originati in fossa pterigopalatina)
" N. meningeo medio (originato prima di entrare nel foro rotondo)
N. Sfenopalatini
Originano nella fossa ! transita nel ganglio sfeno-palatino: dove si Si distribuiscono a:
pterigopalatina arricchisce di fibre postgangliari parasimpatiche, " mucosa delle cavità nasali
alcune di queste: " palato molle e duro
" si allontanano per raggiungere il n. zigomatico " ghiandole annesse
" altre proseguono insieme alla fibre sensitive nei
rami efferenti del ganglio:
→ nervi nasali posterosuperiori
→ nervi palatini

N. Zigomatico
Origina nella fossa pterigopalatina dove si arricchisce di fibre postgangliari Si distribuiscono a:
parasimpatiche provenienti dal ganglio sfenopalatino > Si porta alla fessura orbitaria " Cute dell’area zigomatica
inferiore > cavità orbitaria dove si divide in due rami:
→ Nervo zigomatico-temporale:
trasporta fibre post-gangliari originate nel ganglio sfeno-palatino per
l’innervazione eccitosecretrice della gh. Lacrimale. Tali fibre sono derivate da
fibre pregangliari del n. grande petroso superficiale (VII) e originate dal N.
lacrimatorio.
Anastomizza con il N. lacrimale cui cede tutte queste fibre viscerali.

→ Nervo zigomatico-facciale

Nervo mandibolare (III branca)

Nervo misto, formato da:


" fibre sensitive per la sensibilità del 3° inferiore della faccia,
" fibre motorie: per i muscoli masticatori + muscolo tensore del velo del palato + m. tensore del
timpano
in più con alcuni suoi rami veicola fibre viscerali per l’innervazione di gh. Salivari maggiori (parotide,
sottomandibolare e sottolinguale) e minori.
Gangli annessi: ganglio otico, sottomandibolare e sottolinguale

Origina dal ganglio semilunare del Gasser e si completa con l’unione della radice motrice del trigemino
originata dal nucleo masticatorio, nel ponte.
> Si fa esocranico attraversando il foro ovale dello sfenoide > raggiunge la fossa infratemporale dove:
→ emette un primo ramo collaterale: N. spinoso che attraversando il foro spinoso dello sfenoide ritorna
in cavità cranica e si distribuisce poi alla dura madre
→ poi si divide in due rami anteriore e posteriore.

Ramo anteriore
Principalmente motorio, si divide a sua volta in:
rami puramente motori:
→ Nervo masseterino
→ Nervo temporale profondo
→ Nervo pterigoideo esterno
→ Nervo buccinatore

rami sensitivi:
→ Nervo buccinatore:
costituito da fibre sensitive ma anche fibre postgangliari parasimpatiche, per l’innervazione eccitosecretrice di
gh. Geniene e labiali e originate dal ganglio otico di Arnold. Derivate da fibre pregangliari del n. piccolo
petroso superficiale (IX) originate dal nucleo salivatorio inferiore
Ramo posteriore
Principalmente sensitivo, si divide in:
→ Nervo auricolo-temporale:
costituito da fibre sensitive ma anche fibre postgangliari parasimpatiche, per l’innervazione eccitosecretrice di
gh. Parotide e originate dal ganglio otico di Arnold. Derivate da fibre pregangliari del n. piccolo petroso
superficiale (IX) originate dal nucleo salivatorio inferiore

→ Nervo Linguale:
dalla fossa infratemporale decorre verso la loggia sublinguale passando prima attraverso il muscolo pterigoideo
esterno e interno, poi tra il m. pterigoideo interno e la faccia mediale della mandibola.
È costituito da:
" fibre sensitive: per il dolore ai 2/3 anteriore della lingua
" fibre sensitive specifiche per il gusto originate dal ganglio genicolato e ricavate attraverso l’anastomosi con la
corda del timpano (VII)
" fibre pregangliari parasimpatiche originate dal n. salivatorio superiore e ricavate attraverso l’anastomosi con
la corda del timpano (VII) per l’innervazione eccitosecretrice delle gh. Sottomandibolare e sottolinguale.

NB: La parte motoria della lingua è di dominio di altri due nervi: IX e XII

→ Nervo alveolare inferiore


Si dirige in basso e prima di entrare nel foro mandibolare emette come collaterale il n. miloioideo che si
distribuisce a m. miloioideo e a ventre anteriore del digastrico > quindi si immette nel canale mandibolare
emettendo via via rami che andranno a costituire il plesso dentale inferiore > poi in prossimità del foro mentale
si divide in due rami:
" N. mentale: entra nel foro mentale e si distribuisce a cute e mucosa del labbro inferiore e del mento.
" N. incisivo: prosegue nel canale mandibolare fino alla sinfisi mentale emettendo rami per denti premolari,
canini e incisivi, alveoli e gengive.

→ Nervo pterigoideo interno


→ Nervo del muscolo tensore del velo del palato
→ Nervo del muscolo tensore del timpano

NEVRALGIA DEL TRIGEMINO

Nevralgia è una patologia di tipo neuropatico, il termine deriva dal greco:


" neyron sta per nervo
" algos per dolore

E’ un disturbo neuropatico caratterizzato da dolori parossistici che si manifestano a livello dei territori
innervati dal nervo trigemino. Può coinvolgere le fibre periferiche del nervo o anche essere un problema di
origine centrale.
E’ una delle forme di nevralgia più debilitante. Il dolore trigeminale è considerato come uno dei dolori più
intensi che si possano provare. Per questo è una patologia invalidante.

E’ stata denominata in tanti modi:


" nevralgia del facciale
" nevralgia di fothergill’s
" Una definizione che piace al professore è epilessia trigeminale, i vecchi della neurologia l’avevano
inquadrata nel grande capitolo delle epilessie e per una parte avevano anche ragione.

Epidemiologia:

! 4:100000 caso annuali ,


! rapporto M:F 2:3 (le femmine sono dunque più colpite dei maschi)
! età di esordio intorno ai 50-60 anni forma idiopatica, invece per le forme secondarie 30-35 anni di età.

Le branche più interessante sono in ordine:


mascellare > mandibolare > oftalmica

ed è stato visto che emivolto di dx > emivolto di sx.


Eziologia:
Distinguiamo:
- Forme idiopatiche
- Forme secondarie che possono essere secondarie a:
1. malattie demielinizzanti ( Es. Sclerosi Multipla),
2. iatrogene,
3. tumori intracranici,
4. traumi
5. neurinoma dell’acustico,
6. anomalie vascolari,
7. infettiva (generalmente di origine virale, herpes in particolare)

Sono state proposte due ipotesi per quanto riguarda


l’eziologia:

" Ipotesi centrale (Bergouignan) prevede l’esistenza di

:
potenziali modificati a livello dei nuclei del trigemino che
causano la sua iperattività.

" Ipotesi periferica: più accreditata (Dandy) che prevede


la presenza di un conflitto neurovascolare, dato dalla
presenza un vaso che esercita una compressione su
una radice o addirittura sul ganglio del Gasser
determinando, dunque, la demielinizzazione .

Caratteristiche cliniche:

Nevralgia Idiopatica.
Generalmente la forma idiopatica ha caratteristiche ben precise: è caratterizzata da un dolore:
" violentissimo, trafittivo e lancinante da pochi minuti fino ad interi mesi
" intermittente, si alternano attacchi di dolore della durata 15-30 secondi circa e variabili periodi
asintomatici., che possono andare
" Generalmente è unilaterale, e riguarda una sola branca del trigemino,
" Può essere spontaneo o scatenato. Scatenato dai trigger points o da semplici stimoli fisiologici e
attività quotidiane (mangiare, lavarsi la faccia, radersi la barba,).
Le zone grilletto (trigger zone o points) sono :
" radice naso,
" angolo della bocca o delle palpebre,
" in corrispondenza del forame infraorbitario e del forame mentoniero (questi sono i principali).

Altri segni clinici patognomonici sono:


" assenza di interessamento dei nervi motori cranici (assenza di paralisi)
" assenza di alterazione permanente della sensibilità cutanea
comunque a causa del dolore si associa spesso a:
" spasmi muscolari, che possono far si che insorgano dei tic)
" turbe-vasomotorie e secretive come:
" arrossamento del viso (flush del viso),
" senso di calore,
" aumento secrezione lacrimale, nasale e salivare (date dal parasimpatico)

L’imprevedibilità delle manifestazioni e il fatto che tali crisi con il passare del tempo diventano sempre più
frequenti creano nel paziente uno stato di ansia che può condurre a delle vere e proprie psicosi e all’idea del
suicidio, tanto che viene anche definita come la “malattia del suicidio”

Nevralgia secondaria.
E’ una Nevralgia minor. Presenta caratteristiche peculiari che la distinguono dalla nevralgia idiopatica.
Caratterizzato da un dolore:
" di durata maggiore: da 15 minuti fino ad un’ora
" continuo
" non è di tipo folgorante.
" Non vi è correlazione con le trigger zone
" Non vi è un vero e proprio intervallo tra le crisi

Dal punto di visto eziologico, le forme secondarie possono essere evocate da processi lesivi di organi o
tessuti che si trovano nel territorio di innervazione del trigemino, le cause possono essere:
! Infettive: nevralgia post-erpetica che è abbastanza frequente, o anche una semplice otite od un
processo sinusitico.
! da trauma
! da tumori
! Vascolari: aneurismi arteriosi
! Forme nervose sistemiche (sclerosi a placche, siringomielia ).
→ La più frequente di tutte qual è ? La odontogena.

Diagnosi: n
La diagnosi è principalmente clinica, già attraverso la valutazione dei sintomi e dalla storia clinica del pz
possiamo fare diagnosi differenziale fra una forma idiopatica e una secondaria.
Poi ci sono diverse indagini strumentali che possono essere utilizzate per definire la diagnosi, soprattutto in
caso di forme secondarie o conflitti neuro-vascolari.
" Ortopantomiografia
" TAC
" RNM
" angiografia

Terapia:

Lo step successivo dopo anamnesi e diagnosi strumentale è la scelta della terapia che può essere:
" Terapia Medica: costituita da farmaci che sono, generalmente, antiepilettici o antidepressivi
" Terapia Chirurgica: in caso di fallimento della terapia medica, anche se non da sempre dei risultati
soddisfacenti in quanto il dolore neuropatico può ripresentarsi (termorizotomia retrogasseriana, micro
compressione)

Terapia Medica:
La terapia medica si avvale di:
! antiepilettici:
" carbamazepina, un antiepilettico che generalmente è quello che ha più effetti in quanto agisce
rallentando la velocità di conduzione delle fibre afferenti trigeminali.
" lamotrigina in seconda istanza
! Antidepressivi:
" gabapentin (generalmente uno dei farmaci più efficace sul dolore nevralgico)

Qualora dovessero fallire questi farmaci si può provare con altri, fino ad arrivare a morfina e derivati. Nel
caso fallisca tutta la terapia si va all’approccio chirurgico.

Terapia Chirurgica:
Terapia chirurgica si avvale di tecniche non invasive o mini-invasive come:
" rizolisi percutanea, a radiofrequenza o glicerolica
" tecniche più invasive microcompressione del ganglio del Gasser, decompressione neuro
vascolare

Rizolisi percutanea:
Intervento percutaneo con ago che "mira" alla distruzione selettiva delle fibre termodolorifiche ed è senz'altro
quello con minori rischi. L’ago viene inserito al di sotto dell’osso zigomatico, gradualmente verso l’alto e in
profondità, nella fossa infratemporale fino a raggiungere il forame ovale, che si trova a circa 1 cm dal ganglio
del Gasser. Un volta arrivati al Ganglio del Gasser si possono effettuare diverse tipi di tecniche:
" si distruggo le fibre attraverso la radiofrequenza,
" iniettando sostanze lesive come il glicerolo
Rizolisi a glicerolo:
Viene effettua una iniezione periferica di glicerolo in corrispondenza delle
branche che va a determinare una demielinizzazione, quindi rallentamento
della conduzione nervosa .

Microcompressione tramite palloncino (immagine a sx)


Sempre tramite ago si raggiunge il ganglio di Gasser e in questq sede si
gonfia un palloncino con conseguente schiacciamento delle fibre termo
dolorifiche.

Decompressione micro vascolare:


tecnica diretta basata sull’ipotesi patogenetica che la nevralgia del trigemino sia dovuta alla compressione
della radice del trigemino da parte di un’arteria con decorso anomalo, quindi consente la risoluzione del
conflitto vascolo nervoso: è un approccio trans-cranico che consiste nell’apertura del cranio e
nell’interposizione tra la radice del trigemino e l’arteria anomala di una spugnetta (teflon) che impedisce la
compressione .

effetto analgesico:
" Con termorizotomia trigeminale la durata degli effetti dell’intervento siano solo di 5 anni.
" Con la decompressione micro vascolare l’analgesia è di circa 10 anni,
" Con le altre tecniche l’analgesia è di circa 1,5 anni.

OSTEONECROSI DEI MASCELLARI FARMACO INDOTTA

È un processo necrotico che interessa principalmente le ossa mascellari, mandibola e mascella, e più
raramente lo zigomo, causato da trattamento con:

! Bifosfonati
! Anticorpi monoclonali come - Bevacizumab e Sunitinib: contro VEGF, utilizzati in pz con carcinoma
renale, o con carcinoma polmonare metastatici
a l quarto stadio.
" Denosumab: inibisce il RANK ligand (prodotto dagli osteoblasti stimola
attività osteoclasti)
! Radioterapia pregressa

L’osteonecrosi dei mascellari farmaco indotte cominciarono ad essere osservate nei primi tempi soprattutto
in pazienti tumorali, cui venivano somministrati i farmaci Bifosfonati come anti-metastatici, come terapia per
l’osteoporosi, soprattutto nelle donne in menopausa.

inizialmente infatti la definizione di osteonescrosi indotta da


farmaci era quella di BRONJ:

I) definizione BRONJ: sta per Bisphosphonate-related


osteonecrosis of the jaw)

“Reazione avversa farmaco-correlata, caratterizzata dalla


progressiva distruzione e necrosi dell’osso mandibola e/o
mascellare di soggetti esposti a trattamento con bifosfonati, in
assenza di un precedente trattamento radiante”

Ora, con la scoperta della presenza di altri farmaci che


possono indurre osteonecrosi si parla di DRONJ:

II) definizione DRONJ: sta per Drugs-related osteonecrosis


of the jaw).
Bifosfonati:

I bifosfonati (acronimo BF) sono analoghi dei pirofosfati che localizzandosi a livello della matrice ossea
hanno l’effetto:
" primario: di inibire l’attività e stimolare l’apoptosi degli osteoclasti, causando alterazione del
microambiente osseo: infatti venendo a mancare l’attività osteoclastica, viene a prevalere l’attività
osteoblastica e quindi la deposizione di nuova matrice ossea.
" Secondariamente: hanno effetto anti-neo-angiogenetico: inibiscono direttamente l’attività proliferativa
delle cellule endoteliali e inibiscono importanti fattori di crescita come EGF (fattore di crescita
endoteliale) e delle metallo proteasi, come MMP2, MMP14. Quindi causano ischemia.
→ Questi due effetti combinati causano una graduale necrosi dell’osso.

Sono farmaci con una struttura caratterizzata dalla presenza di un carbonio (C) legato a:
" 2 molecole di fosforo (P)
" 2 catene laterali - R1 generalmente più corta
" R2 generalmente più lunga, definisce la potenza del farmaco, in particolare i
bifosfonati con anello eterociclico a questo livello sono i più potenti.
sono le catene laterali che ci permettono di distinguere i vari tipi di bifosfonati.

In particolare distinguiamo bifosfonati:

" Etidronato,
" Risedronato, non contengono nitrogeno e sono rapidamente metabolizzati!
" Tiludronato
" Alendronato;
contengono nitrogeno, più potenti, hanno un lento meccanismo di
" Zoledronato
metabolizzazione per cui il farmaco rimane per tanto tempo nel nostro
" Pamidronato
organismo, anche mesi, quindi maggior rischio di osteonecrosi
!
La potenza dei bifosfonati è correlata alla loro capacità di legarsi strettamente alla struttura ossea, ed è
dipendente da:
" dose
" durata di tempo dall’inizio della somministrazione
" via di somministrazione

Dose La dose cumulativa media prima dell’insorgenza è di:


" 62 mg per Zolendronato
" 3285 mg per Pamidronato
" 9060 mg Alendronato

Tempo Il tempo d’insorgenza della necrosi dalla somministrazione, è:


" 4-9 mesi per lo zoledronato
" 22-39 mesi per il pamidronato.

Via di Il rischio di sviluppare osteonecrosi è maggiore nei pazienti che assumono bifosfonati
somministrazione per via endovenosa piuttosto che per via orale.

Indicazione per l’utilizzo clinico dei bifosfonati:

" Osteoporosi, soprattutto Post meno-pausale, ma ovviamente con le giuste precauzioni.


" Pazienti con trattamenti cronici con farmaci steroidei;
" Iperparatiroidismo primario e secondario;
" Paget e tutte le patologie che interessano le ossa, o tutte le patologie che interessano il meccanismo
regolatorio di calcio e fosforo;
" Iperparatiroidismo primario e secondario
" Ipercalcemia neoplastica nei tumori maligni dell’osso.
" Nelle metastasi ossee, dove è il farmaco di prima scelta.
Eziopatogenesi:

Il meccanismo con cui si instaura il processo morboso per la somministrazione di questi farmaci (stesso vale
anche per le Ig monoclonali prima citate) vede:
" inibizione dell’attività osteoclastica,
" inibizione diretta dell’attività proliferativa delle cellule endoteliali e di alcune metallo proteasi.
" riduzione della vascolarizzazione,
Abbiamo quindi una mancata rimozione di una grande quantità di matrice minerale ossea, e un rapido
turnover che sfocia in necrosi vascolare.

Esistono una serie di fattori scatenanti:


" Estrazione dentarie: 70-90% dei casi inducono necrosi nei pz con storia di assunzione di BF
" Traumi da protesi incongrue
" Paradenziopatie
" Infezioni

Manifestazioni Cliniche:

Abbiamo una persistente esposizione ossea nel cavo orale,


per almeno 8 settimane, con circostanti zone edematose.

Il paziente può faticare ad aprire la bocca, a masticare,


presenta dolore, fastidio, pus, alitosi, mostra insensibilità del
viso, può talvolta presentare anche solo dolore.

La necrosi può andare incontro a infezione, oppure può


essere asettica classica, può produrre anche un’osteomielite,
non solo di quella porzione ossea ma anche della porzione
vicina che è vitale.

Se l’area necrotica si espande potremo avere altre problematiche:


→ La necrosi mascellare superiore: può andare verso l’alto nelle cavità nasali, paranasali e orbita,
posteriormente sfenoidali, anteriormente seni mascellari, medialmente l’etmoide, salendo ancora
abbiamo seno frontale, encefalo, ossa craniche anteriori.
Perciò ad esempio un paziente con necrosi mascellare superiore nel tempo potrà sviluppare una
encefalite.

→ La necrosi mascellare inferiore può sfociare in una infezione vera e propria dei fasci del collo con
problematiche importanti, da un semplice ascesso ad una mediastinite. Se la necrosi interessa le regioni
posteriori ci potrà essere un coinvolgimento del fascio vascolo-nervoso.

Perché l’osteonecrosi interessa principalmente le ossa mascellari e non altri distretti del corpo?

Ci sono tre diverse ipotesi:


" turnover più marcato a livello fisiologico nelle ossa mascellari rispetto ad altri distretti (anche se
in realtà alla scintigrafia risultano captanti grosso modo come le altre aree maggiormente captanti:
ossa del bacino, colonna vertebrale, articolazione scapolo-omorale, articolazione coxo-femorale)
" vascolarizzazione terminale della mandibola
" esile rivestimento muco-periosteo della mandibola che protegge il sottostante tessuto osseo
" peculiare microflora della cavità orale: che sicuramente incide in modo positivo sulla patogenesi
dell’osteonecrosi

Diagnosi:

1) Anamnesi (familiare, fisiologica, patologica prossima e remota), indaghiamo:


" se fa uso o ha fatto uso di bifosfonati, e quindi il tipo, dosaggio, tempo e via di somministrazione
" uso di altri farmaci
" patologie concomitanti
" ricerchiamo presenza di possibili fattori scatenanti (protesi incongrue, estrazione dentaria)

2) EO del volto e del cavo orale


→ Se anamnesi ed esame obbiettivo denotano un rischio maggiore di sviluppare osteonecrosi si
procede con uno stretto follow-up ed eventualmente con una terapia antibiotica ex adiuvantibus, per
evitare sovra infezioni batteriche.

→ Se il paziente presenta una osteonecrosi conclamata alla mandibola invece, non ha senso
sospendere il bifosfonato (perché rimane in circolo per mesi e perché non ha nessuna indicazione.)
Il bifosfonato può essere sospeso dal collega che l’ha prescritto.

3) Indagini di laboratorio:
" esami ematochimici di routine (calcemia e
fosforemia)
" biomarcatori del collagene (CTX, tale valore risulta
alterato anche in donne affette da osteoporosi.

4) Indagini strumentali:

" Scintigrafia: le zone con intenso metabolismo


appariranno scuse, quelle con scarso metabolismo
appariranno molto chiare.
" Rx ortopanoramica (può essere sufficiente, ma in
caso di necrosi non lo è);
" OTP;
" RX;

Classificazione clinica osteonecrosi mascellare:


" Stadio 0: nessuna evidenza clinica di osso necrotico, non c’è esposizione;
" Stadio 1: c’è una piccola esposizione di un centimetro e assenza di dolore (asintomatica);
" Stadio 2: il paziente presenta esposizione di analoghi centimetri associato a sintomatologia come dolore,
infezione, e pus;
" Stadio 3: esposizioni ampie, oltre i tre centimetri, e altre complicanze tra cui la fratturazione della
mandibola.

Classificazione clinico-radiologica di Bronje:


" bronj focale: presenza di almeno un segno clinico minore e con un addensamento osseo alla TC limitato
al solo processo dento-alveolare dei mascellari, con o senza altri segni radiologici;
" bronj diffuso: presenza di almeno un segno clinico minore e con un addensamento osseo alla TC
esteso anche al processo basale dei mascellari, con o senza altri segni radiologici;
" bronj complicato: come nel diffuso, ma con la presenza di una o più complicanze clinico- radiologiche
(fistole, fratture patologiche)

Prevenzione:

Il 70-90% delle osteonecrosi è indotta da interventi odontoiatrici come estrazione dentarie


" comunicazione e collaborazione team oncologico e team odontoiatrico: prima di prescrivere una cura con
bifosfonati a un paziente oncologico si consulta l’odontoiatra per valutare lo stato del cavo orale, così
come un odontoiatra o chirurgo maxillo facciale prima di fare un intervento sulle ossa mascellari deve
consultare l’odontoiatra.
" pazienti con ottimo stato di salute orale, buon controllo della placca > si può iniziare terapia con BF
" pazienti con scadente stato di salute orale, presenza di parodontite > rinviare terapia con BF:
" i pazienti in terapia con BF devono effettuare richiami mensili per valutare lo stato dento paradontale e la
presenza di esposizioni ossee, per identificare precocemente segni e sintomi del cavo orale.

Terapia:

Esiste una terapia medica e una chirurgica, che verranno prese in considerazione a seconda dei casi e dello
stadio dell’osteonecrosi:
Stadio 0 - I - Terapia antibiotica: si esegue per 10 giorni con:

" Amoxicillina- Acido Clavulanico


" Distatina
" Clorexidina per i primi 5 gg poi si associa a Metronidazolo

Inizialmente la somministrazione è per os, se l’infezione si complica, si passa all’endovena,


a dosaggi più alti ed eventualmente il paziente viene pre-ospedalizzato

- Tutto questa terapia deve ovviamente essere associata ad una corretta igiene orale

Stadio II - III - Terapia chirurgica: che può essere:

" Curettage dento-alveolare: l’asportazione chirurgica del tessuto osseo necrotico


superficiale sino all’identificazione di una superficie ossea sanguinante, vitale. L’osso
è asportato per strati mediante uso di frese rotanti e, ove disponibili, strumenti a
minore invasività ad ultrasuoni. Questo intervento prevede che l’osso necrotico non
sia ancora separato dall’osso vitale circostante, altrimenti si tratterebbe di una
sequestrectomia.

" Sequestrectomia: rimozione chirurgica di un sequestro osseo generalmente ancora


solidale ai tessuti circostanti. Il sequestro osseo consiste in una porzione di osso
necrotico, che si distacca progressivamente dall’osso circostante e in maniera
spontanea per la reazione infiammatoria locale e l’interposizione di tessuto di
granulazione. Talvolta questo processo può portare all’espulsione spontanea del
sequestro senza la necessità di intervento chirurgico.

" Ostectomia: l’asportazione in blocco dell’osso patologico sino ad arrivare a tessuto


verosimilmente normale.

Una soluzione sostitutiva non è sempre possibile, si possono usare piccoli box ossei o
placche. La mandibola necrotica può essere sostitutiva mediante varie tecniche chirurgiche
con autotrapianto, prendendo perone, scapola, clavicola. Si prende l’osso, arteria e vene e si
anastomizzano al collo e su quest’osso si possono anche mettere degli impianti

Caso clinico: Stadio uno, un centimetro di dimensione, si somministra solo terapia antibiotica per evitare
infezioni batteriche e molte volte si richiede un’ottima igiene orale intorno a quell’area necrotica, in tal modo
la mucosa si chiude.
Un altro paziente è in trattamento con Zoledronato in endovena per almeno tre mesi, viene sottoposto ad
una estrazione dentale. Ciò ha condotto a necrosi massiva, in questo caso non c’è niente di superficiale o
trattamento conservativo, si è un po’ più aggressivi, e si deve fare un box osseo, ma prima si toglie tutto
l’osso necrotico. Così in genere si ottiene un’ottima guarigione ma non sempre è così. In alternativa si può
passare al trattamento chirurgico molto invasivo dove la mandibola è completamente necrotica.
ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE ( ATM)

L’ATM ha un ruolo cruciale, basti pensare al numero ingente di atti masticatori quotidianamente compiuti in
attività quali respirazione e deglutizione. Due persone se ne occupano in Italia, una delle quali deceduta,
mentre la seconda è il prof. Cascone a Roma.
Per i maxillo-facciali e per gli odontoiatri l’ATM rientra in un capitolo difficile, essendo la sintomatologia
legata alla patologia di questa articolazione molto varia e aspecifica. E’ difficile capire quando intervenire.

Embriologia:

L’articolazione temporo-mandibolare (ATM) è una diartrosi doppia completa provvista di una membrana
sinoviale. Deriva dalla cartilagine del Meckel (primo arco branchiale) e in particolare origina da due diversi
abbozzi intorno alla 7° settimana intrauterina:
" quello condilare
" quello temporale
e si completa solo dopo il 12° anno di vita (dentizione).

Anatomia:

L’ATM è costituita da:


• Superficie articolare del temporale
(fossa glenoidea + tubercolo articolare)
• Condilo mandibolare
• Disco articolare
• Zona bilaminare
• Capsula articolare
• Legamenti
• Muscoli
• Vasi
• Nervi

L’ATM è una diartrosi doppia bicondiloidea


completa:
si compone di due superfici articolari:
" Quella temporale, scavata nella porzione
orizzontale della squama del temporale,
formata posteriormente dalla fossa
glenoidea e anteriormente dal tubercolo
articolare
" condilo mandibolare.
Tra le due superfici si interpone il disco
articolare che rende concordanti le superfici
articolare e che divide l’articolazione in due
parti, due cavità articolari:
" una superiore: che ha come tetto la fossa glenoidea e come pavimento il disco articolare
" una inferiore: che ha come tetto il disco articolare e come pavimento il condilo mandibolare.

E’ contenuta all’interno di una capsula articolare che si inserisce in


alto nel contorno di tubercolo e fossa mandibolare si porta al disco
articolare e dal disco si porta in basso per inserirsi al collo del condilo.
Contribuisce a formare le due camere articolari. Ed è rinforzata
medialmente e lateralmente dai legamenti mediali e laterali

Fossa glenoidea:
superficie articolare scavata nella porzione orizzontale della squama
temporale, posteriormente rispetto al tubercolo articolare. Delimitata
anteriormente dall’eminenza articolare e posteriormente dalla cresta
post-articolare (composta dalla radice posteriore del processo
zigomatico e dalla scissura retrotimpanica del Glasser). L’irradiazione
del dolore nell’ATM spesso è la stessa riscontrabile in corso di otalgia.
Tubercolo articolare:
Si trova anteriormente alla fossa glenoidea, rivestito da uno strato fibrocartilagineo, ed è formato da due
lamine di osso compatto fra le quali è interposto uno strato di osso spugnoso.
Il tubercolo articolare non è un osso molto resistente, motivo per cui spesso capita si fratturi insieme al
condilo.

Condilo mandibolare:
Anatomia macroscopica:
" Processo osseo divisibile in testa e collo;
" La testa, presenta la superficie articolare, di forma ellittica, misura circa 15-22 mm in senso antero-
posteriore, di forma convessa in AP;
" La superficie articolare presenta due versanti: anteroposteriore (considerata articolare in senso stretto) e
posterosuperiore.
" Posteriormente il condilo si continua con il margine posteriore del ramo ascendente della mandibola e
anteriormente con la fossetta pterigoidea (in cui si inserisce il legamento del m. pterigoideo esterno
inferiore).

Anatomia microscopica:
Il condilo è formato quasi esclusivamente da tessuto spugnoso, tranne che perifericamente dove si
evidenzia un esile tratto corticale di tessuto osseo compatto.
La superficie articolare si compone di 4 strati:
" Zona articolare di tessuto connettivo fibroso
" Zona proliferativa con cellule connettivali non differenziate (sottile lamina si cellule che gioca un
ruolo fondamentale nel rimodellamento articolare)
" Zona fibrocartilaginea (spessa nel soggetto giovane, sottile negli anziani)
" Zona di ossificazione encondrale

Il c. mandibolare è coinvolto in tutti i movimenti, quali apertura/chiusura. E’ necessario l’osso non sia troppo
duro per non creare un eccessivo attrito, ma ciò va a discapito della resistenza. Durante un urto nella
regione dell’angolo mandibolare o in regione sinfisiaria, la forza tenderà ad esercitarsi sul punto più debole
che è la testa condilare. Frequenti sono le fratture in sede mandibolare e sinfisiaria associate ad una frattura
definita bicondilare intracapsulare, non trattabile chirurgicamente.

Disco articolare:
Interposto tra le due superfici articolari.
Struttura costituita da tessuto connettivo fibrocartilagineo, non è innervato né vascolarizzato.
Ha forma ellittica, più larga lateromedialmente, biconcava, e la possiamo suddividere in tra bande:
" Fascia anteriore
" Zona intermedia
" Fascia posteriore

Ha funzione di rendere congruenti le superfici articolari, di distribuire uniformemente le pressioni esercitate a


livello articolare con l’ausilio del liquido sinoviale e aumentare l’efficienza meccanica dell’ATM.
Muta la sua posizione e la sua forma per poter colmare lo spazio interarticolare temporo-mandibolare,
seguendo e stabilizzando il condilo durante ogni suo movimento.
Posteriormente si continua nella zona bilaminare ed anteriormente si continua con il tendine del muscolo
pterigoideo esterno superiore e con la capsula articolare

Zona bilaminare:
Si trova posteriormente al disco articolare. Riccamente vascolarizzata, definita tale perché formata da due
lamine:
" lamina superiore di Griffin
" lamina inferiore di Sharne
" fra loro è interposto il cuscinetto retrodiscale.
I fasci costituenti la zona bilaminare mantengono fissa l’articolazione, contengono il disco, evitano le
sublussazioni della mandibola in avanti. Quando questa zona per motivi vari diventa più fragile è possibile si
verifichi una lussazione del condilo e del disco.

Capsula articolare
In alto, si inserisce sul contorno del tubercolo articolare, sulla spina dello sfenoide e sul fondo della cavità
glenoidea; in basso, si fissa sul contorno del collo del condilo.
Le fibre della capsula sono disposte verticalmente:
- anteriormente: si portano dalla base del cranio al disco e da questo al condilo.
- posteriormente: si portano dalla base del cranio alla zona bilaminare e da questa al condilo.
L’unione della capsula fibrosa con il disco articolare è molto tenace, tanto da formare due compartimenti,
distinti in:
" superiore (temporomeniscale più lasso)
" inferiore (condilomeniscale)

La definizione dei due compartimenti è importante non solo per la dinamica dei movimenti, ma anche per la
patologia, in quanto i due compartimenti saranno interessati da patologie diverse. Esempio:

" Compartimento inferiore: condromatosi


" Compartimento superiore: fratture

Legamenti:
La capsula, rinforzata medialmente e lateralmente da legamenti, in particolare:
" Temporomandibolare (il principale)
costituito da fibre orizzontali e oblique
originano da arco zigomatico e
tubercolo articolare. Si inserisce sulla
porzione laterale e posteriore de collo
del condilo.
" Sfenomandibolare (o rafe
pterigomandibolare): nasce dalla
spina angolare dello sfenoide e termina
sul solco miloioideo e sulla lingula della
mandibola (sopra al foro mandibolare)
" Stilomandibolare: nasce dal processo
stiloideo del temporale e si inserisce sul
margine posteriore del ramo
mandibolare
" Pterigomandibolare: dal processo
uncinato della lamina esterna del
processo pterigoideo all’estremità
posteriore del margine alveolare della
mandibola.
" Legamento collaterale è costituito da 2 fasci di fibre simmetrici che originano a livello della banda
intermedia del disco articolare e si inseriscono a livello dei poli mediale e laterale del condilo mandibolare.
Serve ad ancorare il disco al condilo.

Vascolarizzazione:
I rami dell’arteria temporale superficiale e della mascellare interna vascolarizzano la porzione posteriore
della capsula, mentre i rami dell’arteria masseterina vi penetrano anteriormente.
Posteriormente: proviene dall’a. temporale superficiale e dall’a. mascellare interna con il suo ramo e
auricolare profonda
Anteriormente: rami dell’arteria masseterina sempre ramo della mascellare intena.

Innervazione della capsula articolare:


La porzione anteriore e posteriore è innervata dai rami provenienti dai
" n. auricolo-temporale
" n. masseterino
" n. temporale
mentre la porzione centrale manca d’innervazione e ciò dà ragione del fatto che, durante la normale
funzione articolare, la dissipazione di forze nell’ATM venga percepita e solo quando si superano i bordi
meniscali si manifestano le sindromi dolorose.
Muscoli del sistema stomatognatico:

" M. Temporale
" M. Massetere
" M. Pterigoideo esterno (capo sup. e inf.)
" M. Pterigoideo interno
" MM. Sopraioidei, genioioideo e miloioideo in
particolare.

Movimenti ATM:

" Apertura/abbassamento:
possiamo individuare due fasi:
1) prima fase: di rotazione
2) seconda fase: di scivolamento in avanti del
condilo (traslazione)
→ m. digastrico, genioioideo, miloioideo e m.
pterigoide esterno capo inferiore
" Chiusura/innalzamento
→ m. temporale, massetere, pterigoideo interno
e pterigoideo esterno con capo superiore
" Lateralizzazione
→ M. pterigoidei esterno principalmente e
interno
" Protrusione
→ m. pterigoidei esterno e interno, massetere
con capo superficiale
" Retrusione
→ M. temporale, massetere con capo
profondo, genioioideo, miloioideo e digastrico

Patologie e disturbi ATM:

Le patologie che riguardano l’ATM possono essere suddivise in:

infiammatoria: " Artriti


traumatica: " Lussazioni
" Fratture
degenerativa: " Artrosi
" Anchilosi
displastica: " Ipertrofia condilo-articolare
" Ipotrofia condilo-articolare
disfunzionale: " Alterazioni neuromuscolari
" Occlusale
" Articolare
tumorale: " Tumori

DISORDINI CRANIO-MANDIBOLARI

Con il termine di disfunzioni cranio-mandibolari ci riferiamo a tutte le quelle disfunzioni che interessano:
" l’articolazione temporo-mandibolare
" i muscoli masticatori
" o entrambi
Generalmente la prevalenza di questi disordini è maggiore nella donna (F:M = 3:1)
ed è stato stimato che la presenza di un solo sintomo o segno di disfunzione temporo-mandibolare si
riscontri nell’80% della popolazione.

Cause:
L’eziologia dei disordini cranio-mandibolari è multifattoriale, esistono:
" fattori predisponenti
" fattori scatenanti
" fattori perpetuanti
che in generale possono essere:

" Occlusione
" Parafunzioni: ossia tutte quelle attività del sistema oro-buccale prive di finalità funzionale, come il
bruxismo (il digrignamento rumoroso), il serramento (lo stringere forte i denti in posizione centrale,
non è rumoroso), il morsicarsi le labbra o il morsicare oggetti.

BRUXISMO:
è un disturbo frequente, che consiste in una parafunzione muscolare, una iperattività che porta a
un digrignamento dei denti, cioè lo sfregare i denti gli uni sugli altri.
Si può classificare anche come:
" Diurno (meno frequente);
" Notturno (più frequente).
Può determinare:
" Abrasioni delle cuspidi dentarie
" dolore: che generalmente si evidenzia al mattino, il pz si sveglia con la bocca stanca.
" ipertrofia muscolare
" Inoltre può causare od essere correlato a disturbi del sonno

" Psiche e stress


" Traumi
Segni e sintomi dei disordini temporo-mandibolari:

" Dolore: in particolare i disturbi temporo-mandibolari sono la causa più frequente di dolore oro-
facciale dopo quello odontogeno, e questo dolore può essere articolare o muscolare
" Rumori articolari aprendo o chiudendo la bocca, click e scroscii
" Alterazioni e limitazione di movimenti,

Dolore:
il dolore può essere di origine articolare o muscolare.
" Dolore articolare (artralgia): è legato ai legamenti articolari, alla capsula, alla zona bilaminare e
all’osso subcondrale, è generalmente meglio localizzato, acuto e trafittivo. Viene riferito in regione
preauricolare o all’orecchio, e può irradiarsi in diverse zone cranio cervicali.
È solitamente associato ai movimenti mandibolari, può essere evocato dalla digito-pressione nelle
zone grilletto, ma può essere presente anche a riposo.
" Dolore di origine muscolare: è invece un dolore meno localizzabile, più sordo e diffuso.

Rumori articolari:
" click dovuti a rimodellamento adattativo per cui si può creare una incongruenza anatomica tra capi
articolari. Questi clik hanno la caratteristica di presentarsi sempre allo stesso livello di apertura e
chiusura della mandibola
" click dovuti a dislocazione del disco, che corrispondono al momento della ricattura del disco, cioè
al suo riposizionamento sul condilo. Si possono presentare durante l’apertura, la chiusura o in
entrambe, e in relazione al grado di dislocazione possono essere:
" precoci: disco poco dislocato
" intermedi
" tardivi: disco molto dislocato con prognosi meno favorevole
" scroscii dovuti ad artrosi, a causa della degenerazione del tessuto connettivo e osseo dei capi
articolari.
Patogenesi:

fondamentalmente si distinguono due gruppi di manifestazioni patologiche:


1) patologia extracapsulare o sindrome miofasciale: a patogenesi muscolare
2) patologia intracapsulare: a patogenesi articolare, che a sua volta comprende
" compressioni del disco
" lussazioni del disco
" artrosi
" ipermobilità articolare e lussazioni condilari

SINDROME MIOFASCIALE (PATOLOGIA EXTRACAPSULARE)

Comprende i disordini cranio-mandibolari extracapsulari con patogenesi muscolare. E si presenta con una
frequenza maggiore rispetto alle alterazioni di origine articolare.
È caratterizzata dalla presenza di dolore:
" sordo
" diffuso e poco localizzato
" esacerbato dai movimenti mandibolari ma anche dalla digito-pressione nelle zone grilletto
" si accompagna a limitazione dei movimenti mandibolari, tuttavia questa limitazione può essere vinta
dall’apertura passiva eseguita dall’operatore.

I dolori miofasciali rappresentano la causa più comune di dolore


masticatorio e di limitata funzionalità. È un dolore che si distribuisce nelle:
" aree trigeminali della faccia
" aree cervicali.
Il dolore miofasciale è fondamentalmente dovuto al coinvolgimento di
terminazioni nervose che corrono lungo il nervo trigemino e lungo i nervi
cervicali. Nel dolore miofasciale non sempre è coinvolta l’articolazione, ma
può essere dovuto a patologie proprie del muscolo, del nervo o dell’unità
motoria. È un dolore diffuso e poco localizzato, comune nelle regioni
preauricolari, coinvolge i muscoli temporale e pterigoidei può essere
evocato dalla compressione.

PATOLOGIA INTRACAPSULARE

Compressione del disco

Si ha per spostamento del condilo verso l’alto, che può avvenire per diversi motivi come:
" contatti dentari anomali
" protesi
la compressione può essere acuta o cronica e provocare nel tempo lesioni del disco stesso e dei tessuti
retrodiscali fino alla perforazione, mentre i capi articolari subiscono un rimodellamento (DIF o deviazioni in
forma)

Dislocazioni o lussazioni del disco

Disordini piuttosto frequenti. Dovuti a una mancata coordinazione dei


movimenti tra la testa condilare e il disco, che possono arrivare fino alla totale
perdita di contatto e quindi alla dislocazione (o lussazione) del disco.
Questi disturbi si associano poi a dei rumori, definiti clicks, che possono
manifestarsi:
" in apertura: quando il disco lussato anteriormente dallo spostamento
in avanti del condilo, torna nella sua posizione corretta sulla testa del
condilo (più frequente).
" in chiusura: quando il disco lussatosi in posteriormente torna nella sua
posizione corretta.

In particolare riconosciamo due stadi:

" Primo stadio con riduzione: in cui la dislocazione si risolve spontaneamente, con click e deflessione:
spostamento della mandibola dalla linea mediana con successivo riallineamento.
" Secondo stadio senza riduzione: per cui il disco resta dislocato anteriormente determinando il blocco
dell’articolazione (locking). Il disco bloccato fuori sede infatti diviene un ostacolo per il condilo che non
riesce più a superarlo, e la mandibola resta bloccata (non si apre). Non avremo nemmeno più click e
avremo deviazione: spostamenti permanenti della mandibola dalla linea mediana.
Può essere acuto o cronico. Quando cronicizza si ha la perdita di dolore e di contrattura muscolare a
discapito però di profonde alterazione delle strutture disco-ligamentose, fino all’artrosi dell’ATM.

Trattamento:
se possibile si può ricorrere a manovre di sblocco manuali, altrimenti si ricorre a trattabile con terapia
ortognatica e chirurgia.

Da medici bisogna saper leggere una RM tutto ciò che bianco presenta acqua,
tutto ciò che è nero non ha acqua, è aria o altro. Gli elementi dentari in RM sono
privi di acqua e sono nerissimi.
Nell’immagine la zona bianca, più o meno spugnosa, è la testa condilare. Nero
è il disco accartocciato, lussato anteriormente. Il pz arriva a un momento di
rotazione, massimo un cm. L’ostacolo può essere monolaterale o bilaterale. Se
monolaterale abbiamo un blocco omolaterale e un compenso controlaterale con
laterodeviazione verso il lato patologico.

Artrosi:

Artrosi temporo-mandibolare è una malattia cronica degenerativa e progressiva distinguibile in:


" primaria: sconosciuta su base genetica, associata a forme di reumatismi sistemici quali l’artrite
reumatoide autoimmune o la spondilite anchilosante
" secondaria: a fenomeni traumatici, infiammatori, prevalentemente associata ad altri disordini
temporo-mandibolari, in particolare la dislocazione del disco.

L’artrosi è una malattia degenerativa che causa un progressiva:


" degenerazione delle cartilagini articolare e riduzione dell’interlinea articolare (spazio tra i capi
articolari), i capi articolari ossei quasi si toccano
" degenerazione ossea, infatti la continua stimolazione dovuta all’alterata meccanica articolare
determina rimodellamento osseo, con aree di osteolisi e di produzione ossea che portano alla
formazione aree vuote dette geodi e di osteofiti, escrescenze di tessuto osseo localizzate sulla
superficie articolare)

Sintomatologia:
" limitazioni funzionali
" dolore articolare
" caratteristico rumore tipo scroscio, di sabbia, durante i movimenti condilari

Trattamento:
Il processo patologico è da considerare irreversibile e resistente ad ogni terapia conservativa. Tuttavia grazie
alla naturale capacità di adattamento dei tessuti questi fenomeni possono essere ridotti con un
riposizionamento mandibolare idoneo a garantire una decompressione articolare. Altrimenti chirurgia.

Questo è un pz con una cattiva occlusione da “missing” cioè dovuta alla


perdita degli elementi dentari per una parodontopatia profonda grave con
alterazione dell’occlusione e conseguente artrosi dell’ATM. Le cause sono
solitamente traumi, fenomeni ipossici e neuropatie su base infiammatoria.

Qui vedete una mandibola completamente disorganizzata per evento


traumatico in tutta la sua morfologia, sia nel corpo che bilateralmente nei
condili. Come potete immaginare è chiaro che in una mandibola del genere
si svilupperanno delle patologie articolari. Qui vediamo solo la struttura
ossea ma pensiamo anche al resto cioè legamenti, muscoli.
Quindi l’artrosi è una patologia legata all’età ma anche a patologie
dismetaboliche sistemiche come per esempio il diabete.
Lussazione del condilo:

Per lussazione si intende la perdita dei normali rapporti tra capi articolari. Si può parlare di sub-lussazione
quando questa è incompleta e un contatto tra i capi articolare anche se labile esiste, per cui si riduce
facilmente da sé.

Può essere acquisita, traumatica e non, ma può esistere inoltre una predisposizione congenita alla
lussazione data dalla:
" lassità capsulo-legamentosa
" particolari malformazioni dei capi ossei che compongono l’articolazione

le lussazioni vengono classificate come:


! condilo-temporali:

" dinamiche: le lussazioni classiche, possono essere a loro volta distinte in bloccate e non bloccate a
seconda che all’atto della lussazione la mandibola torni da sé nella sua sede articolare:
" Bloccate: generalmente dovute a eventi traumatici che determinano apertura forzata
della mandibola
" Non bloccate: sono le lussazioni definite “abituali” o “fisiologicamente riducibili” si hanno
durante i movimenti ampi di apertura della bocca
" statiche: lussazioni permanenti, indipendenti dal movimento, ma principalmente legata ad anomalie di
forma e disposizione del condilo e del suo collo

! condilo-discali:

" cinetiche: sono le sublussazioni, si hanno per apertura normale o addirittura minima della bocca, la
loro riduzione però risulta estremamente facile.

Il più delle volte sono lussazioni:


" anteriori: il condilo mandibolare, generalmente seguito dal disco articolare, si porta al davanti del
tubercolo articolare del temporale e non riesce a tornare indietro, perché bloccato dal disco. Se il
disco riesce a sprigionarsi e tornare indietro, si avverte un “click”, e la mandibola può richiudersi.

Più raramente le lussazioni possono essere:


" posteriori: sono comuni per esempio nei subacquei, che tengono la bocca aperta per accogliere il
flauto ma al tempo stesso lo stringono con i denti, facendo sgusciare il disco articolare
posteriormente
" laterali
" mediali (rare)

Sintomatologia:
" l pz rimane a bocca aperta,
" con apertura che può andare oltre i 5 cm (beanza: massima apertura)
" il più delle volte sono lussazioni bilaterali, nelle lussazioni monolaterai la sinfisi mentoniera è deviata
verso il lato non lussato.
" non può ovviamente masticare, può deglutire ma a fatica con il rischio che il cibo vada in trachea e
conseguente polmonite ab ingestis.
" Difficoltà alla fonazione
" dolore di intensità varia, trigeminale e cervicale
" Quando si lussa completamente la mandibola, questa si porta dietro tutte le altre strutture che
vengono lacerate (capsula, legamenti, disco articolare, muscoli soprattutto lo pterigoideo esterno
che ha inserzione sul condilo mandibolare).

Trattamento:
Le lussazioni bloccate della mandibola vengono generalmente ridotte manualmente in pronto soccorso.
La manovra per la riduzione viene effettuata ponendosi davanti al pz, abbassando e spingendo
posteriormente la mandibola per superare il tubercolo articolare e riposizionarla nella fossa glenoide.
Se sono passate meno di 24h dalla lussazione la manovra può essere eseguita senza anestesia, altrimenti,
siccome avremo contrattura muscolare, dovremo praticare un’anestesia con miorilassanti.
DIAGNOSI DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI:

1) Anamnesi
Per arrivare alla diagnosi bisogna conoscere la storia del paziente, quindi fare una corretta anamnesi
familiare, patologica prossima e remota per poter fare una diagnosi presuntiva, la certezza ci viene con altre
indagini strumentali.

2) E.O.
Nell’E.O non bisogna guardare solo la bocca, ma anche le strutture della faccia e del collo. Si valutano:
" se ci sono sfregamenti articolari, scrosci, click
" blocchi all’apertura e chiusura della bocca
" Movimenti della mandibola:
→ Il limite massimo di apertura è di 45mm, un apertura maggiore indica sublussazione e lussazione.
→ Il limite massimo di protrusione è 10mm. Il Bennet laterale, movimento di lateralità, portare la
mandibola a destra e sinistra, massimo 10mm.
" Valutare l’occlusione, se si chiude bene o male,
" se si ha un’ asimmetria spaziale trasversale, verticale, monolaterale, bilaterale.
" se è mantenuto rapporto molare-molare, canino-canino
" valutare anche i muscoli
" Valutare la perdita degli elementi dentari soprattutto a livello molare, importantissimo nel generare questi
disordini, se ha protesi irremovibili, rimovibili, parziali o totali.

3) Esami strumentali:
Esami strumentali ci aiutano a evidenziare alterazioni a carico delle arcate dentarie, a carico dei mascellari,
dell’ATM, o delle strutture muscolari.
" Tomografia,
" panoramica,
" TAC,
" RMN,
" PET-scan,
" scintigrafia,
" ecografia,
" stetofonendoscopio (sull’ATM) per auscultare i rumori, gli scrosci.

TRATTAMENTO:

Deve coinvolgere figure professionali come l’odontoiatra, il chirurgo maxillo-facciale e l’ortodontista per una
terapia di supporto (apparecchio).

- Apparecchi:
Esistono due tipi di apparecchio:
" apparecchio propulsivo per portare la mandibola in avanti, aumentare lo spazio tra i capi articolari
ossei e consentire quindi al disco articolare di muoversi meglio. L’apparecchio consente il recupero
della posizione del disco articolare, consente di arrivare al click;
" successivamente si utilizza un apparecchio posizionatore che serve per abituare il pz a quel tipo di
occlusione per evitare un nuovo slittamento del disco articolare.

- Farmaci:
Dal punto di vista farmacologico dobbiamo vincere il dolore e la contrattura muscolare quindi usiamo:
" antinfiammatori,
" analgesici puri
" miolitici (dalla camomilla o valeriana fino agli ansiolitici).

- Chirurgia:
Vi sono poi manovre chirurgiche mini-invasive tra cui:
" l’artrocentesi: tecnica minimamente invasiva che consiste nel lavaggio con soluzione fisiologica della
camera articolare, introducendo un ago in anestesia locale. Elimina la pressione intra-articolare
negativa, le aderenza e i mediatori dell’infiammazione e del dolore.
" Artroscopia: che permetta la visualizzazione degli spazi intra-articolari, il lavaggio, la liberazione di
aderenze.
Vi sono poi tecniche chirurgiche più aggressive, da utilizzare qualora abbiano fallito gli altri approcci come:
" Discoplatica: riposizionamento del disco (se esso appare normale)
" Discectomia: asportazione del disco (se non è più recuperabile)
" Condilotomia: per riposizionare correttamente il condilo

ANCHILOSI
Compromissione definitiva, completa o incompleta dei movimenti articolari,
dovuta ad alterazioni anatomiche dei componenti articolari stessi.
Può essere congenita o acquisita, principalmente traumatica o infettiva,
Quello che accade è che si instaura un processo infiammatorio che porta alla
deposizione di tessuto fibroso tra i capi articolari, che poi a lungo andare può
trasformarsi in tessuto osseo, e quindi fissare definitivamente l’articolazione.
Per quello distinguiamo una:
" anchilosi fibrosa
" anchilosi ossea

Sintomatologia:
" viene compromessa l’apertura della bocca, nelle forme più gravi e bilaterali l’apertura può essere
addirittura assente, e questo ovviamente comporterà anche una serie di problemi legati
all’alimentazione. Questi soggetti infatti risultano generalmente magri e deperiti.
" Retrusione mandibolare che conferisce al paziente caratteristico profilo di “uccello”
" Ipotrofia o atrofia dei muscoli della masticazione, che rende ancora più deformi i pz affetti.

Trattamento:
il trattamento dell’anchilosi è esclusivamente chirurgico e mira alla resezione del blocco osseo neoformato in
sede articolare.

In questo pz si può notare l’apertura della bocca ridotta


in seguito a rottura bilaterale dei condili mandibolari
mai trattata. Agli esami strumentali non si vede la
morfologia dell’articolazione si vede solo un blocco
osseo. Nell’articolazione sono stati aggiunti dei
cuscinetti per ricreare l’ATM. Il muscolo temporale è
stato utilizzato per costruire una pseudo-capsula
articolare. Dopo l’intervento l’apertura è di 43-44 mm.
Questo è un bambino che è arrivato dal Perù che a
causa di un incidente aveva un’apertura buccale
estremamente ridotta. All’RX il ramo ascendente della
mandibola è quasi assente perché fuso con la base
cranica. Durante l’intervento è stata tolta la gemma del
settimo dente dalla regione pre-auricolare. Il pz è stato
tracheotomizzato. All’RX si nota l’ipertrofia della
coronide che somiglia ad una sciabola con parziale
ossificazione del muscolo temporale per contrazione
continua.
Nella parte sinistra della mandibola c’era stato un
intervento che però non è stato portato a termine. Trovando la gemma di un dente significa che il bambino ha meno di
12 anni, il sesto dente non era spuntato quindi il bambino aveva 6-7 anni. È stata resecata la coronide. Per la pseudo-
capsula è stato sempre utilizzato il muscolo temporale che è stato inserito tra la parte ossea resecata e la base cranica.
Dopo 7 giorni l’apertura era pressoché normale.
TUMORI COINVOLGENTI ATM :
I tumori che coinvolgono l’ATM possono essere
" benigni/maligni
" primari: se originano da tessuto proprio dell’ATM
" secondari: se originano in altre sedi e raggiungono l’ATM per contiguità o per diffusione metastatica,
attraverso la via ematica o linfatica.

Nell’ambito dei tumori primari, il più delle volte questi insorgono da:
" tessuto cartilagineo (condroma, condrosarcoma)
" tessuto osseo (osteoma, osteosarcoma)
" da entrambi (osteocondroma)
ma possono insorgere anche dalla membrana sinoviale.
In più il più delle volte si tratta di tumori benigni, quelli maligni generalmente sono secondari.
La sintomatologia è piuttosto aspecifica, facilmente confondibile con quella dei disturbi temporo-mandibolari:
" limitazione dell’apertura
" latero-deviazioni omolaterale
" malocclusione
" open-bite anteriore omolaterale
" cross-bite controlaterale
" talvolta dolore

la limitazione dell’apertura in questo caso può essere dovuta al fatto che il tumore:
" sia intra-articolare, e quindi vada ad alterare la normale anatomia articolare
" sia extra-articolare, ma determini ingombro sterico sull’articolazione
" coinvolga i muscoli masticatori.

Osteoma
Tumore benigno dell’osso, generalmente gli osteomi mandibolari sono piccoli e asintomatici. Ne esistono
due forme:
" osteoma compatto: con scarsa componente midollare
" osteoma spugnoso: con caratteristica architettura a trabecole e lamelle, e abbondante componente
midollare
Trattamento: escissione chirurgica

Osteoblastoma
Tumore benigno, piuttosto raro a livello condilare, caratterizzato dalla proliferazione di osteoblasti uniti da
trabecole osteoidi immerse in uno stroma fibroso.
Trattamento: escissione chirurgica

Condroblastoma
Raro tumore benigno che origina dalle cellule germinali cartilaginee.

Osteocondroma
Tumore raro a livello condilare, ma piuttosto frequente a livello delle ossa lunghe. Interessa sia il tessuto
osseo che quello cartilagineo: è caratterizzato dalla presenza di trabecole ossee frammiste a strie
cartilaginee, che poi generalmente vanno incontro a ossificazione, fino a che negli stadi avanzati l’orletto è
totalmente ossificato. Se invece non c’è ossificazione dell’orletto vi è un maggior rischio di trasformazione
maligna in condrosarcoma.
Trattamento: escissione chirurgica

Questo è un pz che si presenta con latero- deviazione della mandibola


per la presenza di un tumore metastatico da carcinoma prostatico a
livello dell’ATM. Possiamo notare le fosse infratemporale e
pterigomascellare, quest’ultima molto pericolosa perchè ci passa l’arteria
mascellare interna quindi si rischia un’emorragia. Dopo l’intervento
l’occlusione è tornata normale.

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