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Complicanze infettivo-infiammatorie che possono interessare la cavità orale e le strutture limitrofe sono
principalmente dovute a due tipi di cause:
Le complicanze infettive che riguardano la regione testa–collo possono coinvolgere più ordini di tessuti:
• Tessuti molli: che possono essere a loro volta distinti in:
superficiali (o mantellari): cute, sottocute e mucose
profondi: logge/spazi/cavità
• Tessuti duri: scheletro e nello scheletro gli elementi dentari.
Se vogliamo essere ancora più specifici, trattando di complicanze infettive, quindi di infezioni, possiamo
anche spaccare questo grosso capitolo in due tronconi:
• Forme Specifiche: legate a micosi, actinomicosi, sifilide (lue), tubercolosi, etc. in particolare lue e
tubercolosi stanno subendo un forte incremento.
• Forme Aspecifiche: sono quelle più frequenti e relative a cocchi, bacilli, fusospirilli e ai germi di
comune riscontro. Ci sarebbero anche delle forme virali, però coinvolgerebbero più i tessuti molli.
Cause:
- oltre il 90%: sono dovute a infezioni dentarie, parodontali e ossee
- 6-8%: sono forme secondarie a:
→ tumori
→ traumi
→ infezioni post-chirurgiche
→ corpi estranei (impianti dentali, strumenti odontoiatrici, terriccio, i vetri, frammenti metallici
degli incidenti stradali)
→ un’altra piccolissima quota di queste che sono le sinusiti, non odontogene soltanto, ma
anche rinogene.
il rapporto tra l’uno e l’altro è di 9:1.
Clinica:
Avremo tutti i segni dell’infiammazione, quindi:
- rubor
- tumor: rigonfiamento dovuto ad edema, cioè infiltrazione tissutale di liquido.
- calor
- dolor
- functio laesa
In corso di infiammazione sappiamo avremo una serie di modificazioni dei vasi sanguigni:
- vasodilatazione: che aumenta la stasi e la pressione transmuraria
- aumento della permeabilità
! tutto questo favorisce la fuoriuscita di essudato: è una miscela di liquidi plasmatici ricchi di proteine
plasmatiche e/o cellule (per lo più infiammatorie, come neutrofili e mononucleati, ma anche eritrociti,
che provocherà l’edema infiammatorio.
Quando l'essudato si arricchisce di cellule, globuli bianchi e batteri morti, diventa un essudato purulento
bianco e cremoso, il pus.
→ Se tale essudato purulento si raccoglie in una cavità preformata abbiamo l'empiema,
→ Se tale essudato purulento si raccoglie in una in una cavità neoformata abbiamo l'ascesso.
→ Qualora il processo diffonda nei tessuti, diventi infilrante abbiamo flemmone, che è grave, non
trovate più la raccolta, ma trovate tutti i tessuti, quindi i connettivi, a cominciare da cute, sottocute,
muscoli, adipe, tutto infettato,-
Trattamento:
La prima cosa da fare dove c’è pus è drenarlo. I latini dicevano “ubi pus, ibi evacua” ed è ancora una
legge. Una volta drenato si può riconoscere:
- pus bonum et laudabile, giallo e cremoso: dovuto a Stafilococco.
- quando dal giallo diventa verdastro: è dovuto allo Strepto viridans.
- quando invece diventa ancora più carico, più fluido, più maleodorante, pieno di bollicine: cominciamo
a pensare allo Pseudomonas.
Fistole:
La fistola è un tragitto fibroso rivestito da
epitelio che mette in comunicazione il
processo infiammatorio con:
- la cute > fistola cutanea
- mucosa della cavità orale > fistola
mucosa
Il punto di sbocco è detto ostio o
pertugio.
Le fistole attraversano le zone di minor
resistenza, che nella faccia sono per
esempio le lacune esistenti tra i muscoli
mimici. il pus si forma nelle zone dove è
più facile formarsi, nelle zone di minore
resistenza.
Esempi:
immagini della prima fila: sono fistole dell’arcata superiore. Punti di minor resistenza dell’arcata superiore:
- nella guancia (fig.1)
- in fossa canina (fig.2),
- tra zigomatico e orbicolare (fig.3)
immagini della seconda fila: sono fistole dell’arcata inferiore. Punti di minor resistenza dell’arcata inferiore:
- tra muscolo triangolare e quadrato del mento e muscolo buccinatore (fig.4)
- zona sub-mentale (fig.5): può essere causato da un processo periodontale cronico a carico degli
incisivi inferiori.
Questa sono fistole e il medico le manda al dermatologo scambiandole per un brufolo, un foruncolo: quando
basterebbe mettere un dito in bocca per fare la diagnosi. Quindi sono importanti:
- esame ispettivo esterno
- esame ispettivo interno
- palpazione dell’ostio della fistola
Le principali vie di diffusione di queste complicanze infettive per il distretto testa-collo sono:
- via linfatica
- per contiguità e continuità
• Per contiguità e continuità: è la modalità di diffusione più frequente, avviene attraverso tessuti
connettivi, spazi e cavità;
• Via ematica: significa arteriosa, ma anche venosa.
- Una diffusione per via arteriosa può portare rapidamente a setticemie, shock settico e quindi anche a
exitus del paziente.
- Una diffusione per via venosa la dobbiamo tenere in considerazione perché può dare processi flebitici e
tromboflebitici delle vene, in particolare della: v. facciale, anche se una tromboflebite in questa non ha
tanta importanza, ha veramente importanza invece il plesso pterigoideo profondo, il seno cavernoso e
vene giugulari, soprattutto la giugulare interna.
• Per colata: lungo le logge, parliamo delle logge profonde soprattutto delle logge del collo, della loggia
giugulo-carotidea che è la via di diffusione verso il basso, verso il mediastino. Una diffusione del
processo ascessuale latero – cervicale facilmente può guadagnare la parte bassa del mediastino
anteriore o quello posteriore e vi posso assicurare che l’ammalato non si salva più. Attenzione agli
ascessi dentali, non sottovalutateli.
LOCALIZZAZIONI:
Secondo una casistica del 2011, gli spazi più interessati da ascessi in ordine di frequenza sono:
" spazio perimandibolare-sottomandibolare n 21
" spazio genieno e parotideo masseterino
" naso sinusali n 6
" cavità orbitaria n 2 (di cui una panoftalmite, in cui si è dovuto togliere l’occhio)
" loggia pterigo-mandibolare
" loggia masseterino-mandibolare (submassseterina)
" loggia sottomentale
" loggia sottolinguale
" loggia retromaxillare
" loggia tonsillare e peritonsillare
" spazio laterocervicale (giugulo-carotideo) n 1
" loggia temporale;
" loggia parafaringea, gravissima.
" encefalo (lobo frontale): unica complicanza presente nella casistica in cui si è dovuta fare una
craniotomia dove è intervenuto anche il neurochirurgo.
Gli ascessi seguono sempre la via di maggior debolezza, quindi logge, cavità e spazi delimitati da strutture
anatomiche ben definite, come i fasci muscolari. Bisogna quindi conoscere l’anatomia e per comprendere
quali tipi di percorsi può seguire un ascesso e per capire anche da dove hanno avuto origine.
Nella maggior parte dei casi i focolai di questi ascessi sono rappresentati da parodontiti purulente apicali,
che a loro volta possono rappresentare l’evoluzione di una carie non trattata.
Parodontiti purulente apicali: infezioni purulente inizialmente circoscritte al tessuto osseo periapicale,
intorno all’apice radicolare.
Tale infezione purulenta può diffondere prima nel periostio e da qui nei tessuti circostanti fino a potersi aprire
all’esterno nella cavità orale o nella guancia per esempio, formando una fistola, attraverso cui avviene il
drenaggio del materiale purulento.
Generalmente l’ascesso periapicale provoca molto dolore, la sua diffusione o fistolizzazione è in grado di
ridurre in parte questa sintomatologia dolorosa.
→ sottocute ! per aprirsi successivamente nel cute che ricopre la faccia esterna della
mandibola e cute della guancia
Loggia delimitata:
" supero-medialmente: m- miloioideo e ioglosso
" lateralmente: faccia interna mandibola
" inferiormente: aponeurosi cervicale superficiale ricoperta dal
sottocutaneo, dal platisma e della cute.
È diviso in due spazie il pre e il retrofaringeo, dalla presenza del fascio di Riolano,
rappresentato da muscoli e legamenti che si inseriscono sul processo stiloideo del
temporalem in particolare i muscoli stiloioideo, stilofaringeo, stiloglosso.
Spazio prestiloideo:
" muscoli pterigoidei
" a. mascellare interna
" nervi alveolare inferiore e linguale
" alcuni linfonodi
Spazio retrostiloideo:
" carotide interna
" vena giugulare interna
" IX, X, XI e XII nervi cranici
" Catena del simpatico
" Numerosi linfonodi
Possono essere interessati entrambi gli spazi, ma quello retrostiloideo è quello che
può dare le complicanze più gravi per le importanti strutture anatomiche contenute
al suo interno.
Può diffondere:
! verso la superficie
! in profondità lungo il fascio vascolo-nervoso del collo con gravi conseguenze:
" tromboflebiti della giugulare interna
" usura della carotide interna con emorragia fulminante
→ fossa pterigo- Può essere interessata per diffusione del pus dalla loggia sottomandibolare.
mandibolare
Questa fossa è delimitata da:
" muscolo pterigoideo interno
" faccia interna del ramo ascendente della mandibola
→ loggia sub- Spazio situato tra faccia esterna del ramo ascendente della mandibola e muscolo
masseterina massetere (teso fra arcata zigomatica e angolo della mandibola)
Si può avere a causa di pericoronariti da disondontiasi del terzo molare,
infiammazioni della gengiva che circonda un dente parzialmente erotto,
generalmente il dente del giudizio.
→ Mandibola- Spazio situato tra faccia esterna del ramo orizzontale della mandibola e faccia
buccinatore interna del m. buccionatore delimitato in avanti dall’inserzione del m. quadrato del
mento a livello del primo o secondo premolare.
→ sottomucose ! palato
→ sottocute ! guancia (ma può spingersi
anche fino alle palpebre)
FASCITE NECROTIZZANTE
La fascite necrotizzante è un processo flogistico dei tessuti molli, distruttivo e aggressivo, molte volte fatale,
che porta a:
" necrosi dei tessuti sottocutanei e delle fasce
" grave interessamento delle strutture muscolari, vascolo-nervose ed adipose.
Nella regione maxillo-facciale la FN è piuttosto rara, e può rappresentare il risultato dell’evoluzione e della
diffusione di infezioni odontogene o di altre complicanze infettivo-infiammatorie, ed è in grado di diffondersi
rapidamente attraverso le fasce del collo, fino al mediastino, con la possibilità che vengano interessate
pleure e pericardio.
Infatti, se non viene riconosciuta e trattata precocemente, può portare a morte il paziente per problemi
respiratori, cardiaci e per complicanze sistemiche.
Il successo del trattamento consiste nello sbrigliamento chirurgico e nell’appropriata terapia antibiotica ad
alte dosi.
SINUSITI
La sinusite è un processo infiammatorio a carico della mucosa dei seni paranasali. In caso di sinusite, la
mucosa infiammata aumenta il proprio volume, determinando un restringimento degli osti di comunicazione
tra seni paranasali e cavità nasali. Dunque il muco e il materiale in essi contenuto non riesce ad uscirne, vi
ristagna e non riuscendo nemmeno più a passare aria, si crea terreno fertile per la proliferazione degli agenti
patogeni.
Seni paranasali:
4
i seni paranasali sono:
" Mascellare
" Sfenoidale
" Frontale
" etmoidale.
Epidemiologia:
L’incidenza è aumentata negli ultimi anni, soprattutto per smog ecc. Si stima che nel 2020 il 20% della
popolazione ne sarà affetto, ma già ora siamo su quelle cifre.
| A
Classificazione:
Dal punto di vista clinico possiamo distinguerla in forme:
" acuta – dura meno di 2 settimane. Difficile da riconoscere, in quanto scambiata per un semplice
raffreddore.
" subacuta - sintomi durano quasi un mese, vanno e vengono.
:
" cronica - sintomi persistenti 2/3 mesi.
| "
"
acuta ricorrente - 3 episodi in 6 mesi oppure 4 in un anno. la differenza con la recidivante è che in
questo periodo non si guarisce, il quadro patologico è invariato con la mucosa sempre “offesa”.
recidivante - si alternano fasi di malattia e fasi di guarigione.
Eziologia:
Mira .
! Infettive: Gli agenti infettivi sono diversi, possono essere virali, batteriche, fungine e protozoarie,
! Baro- causate da brusche variazioni di pressioni, a cui è esposto soprattutto chi fa immersioni, in
traumatiche: chi si lancia con paracaduti.
! Iatrogene ! Chemioterapia/radioterapia: dato che causano un insulto ai tessuti.
! Farmaci: per esempio la rinazina usata per più di una settimana nell’arco di un mese
predispone alla sinusite. È molto meglio fare dei lavaggi con soluzione fisiologica,
prendete una siringa da 20, togliete l’ago e vi fate uno sciacquo.
! estrazioni dentarie, tecniche di endodonzia (devitalizzazione), implantologia
! Genetiche- ! Fibrosi cistica: perché tutte le secrezioni sono più viscose e gli osti non sono sufficienti a
congenite drenare queste secrezioni alterate.
! Sindrome delle ciglia immobili
! Anomalie ! Deviazione settale
anatomiche ! Ipertrofia dei turbinati
! Tutte altre condizioni che diminuiscono la pervietà degli osti e dei meati
! Allergiche
! Neoplastiche
Eziopatogenesi:
una volta innescata l’infiammazione della mucosa, questa diventa ipereremica, edematosa, e si ha
ostruzione degli osti, che determina:
" Ipossia
" Insufficienza funzionale delle cellule ciliate della mucosa
" ristagno di materiale che non drena più e che favorirà l’infezione da parte di germi.
Più tempo passa e peggio è. Tale processo, infatti, non tende alla risoluzione spontanea, va impostata
una terapia medica il prima possibile.
Ricordatevi sempre che le terapie sbagliate (magari fatte per 2-3 giorni, quindi che non eradicano
sicuramente il batterio) non fanno altro che far nascere batteri resistenti. Non si somministrano antibiotici
senza una ragione valida.
Sintomatologia:
La sintomatologia vede:
" Dolore facciale che il paziente non riesce a spiegare (lo andiamo a ricercare nelle zone che sono
proiezioni facciali dei seni paranasali). Questi dolori si accentuano con i movimenti del capo.
" Ostruzione e congestione nasale sono i primi sintomi che troviamo
" Rinorrea purulenta, dato che tali secrezioni trovano il modo di scendere e superano in parte l’ostio
mascellare o l’ostio frontale.
" iposmia/anosmia /cacosmia (i recettori sono sulla mucosa del seno etmoidale, una flogosi acuta e -
ancora peggio- cronica farà sì che il paziente non percepisca o percepisca in modo alterato gli
odori). Anche la percezione del gusto sarà alterata data la presenza di recettori gustativi nella
mucosa nasale.
" edema e eritema facciale
Nei casi acuti abbiamo anche:
" Tosse
" Alitosi, in quanto vi è ristagno di materiale purulento in cavità orale
" Otalgia (quando sta evolvendo da una sinusite mascellare a una sfenoidale/etmoidale, significa che
la sinusite sta salendo fisicamente)
" Febbre in caso di sinusite acuta
Dolore:
" nella sinusite mascellare, che è la più comune e si irradia dalla regione infraorbitaria e dalla fossa canina
all’arcata dentaria. Si prova un dolore sordo e continuo, più violento al mattino, data la posizione distesa
notturna che favorisce il ristagno delle sostanze negli osti. Durante la notte infatti la respirazione ha un
ritmo più basso, la funzionalità dell’epitelio diminuisce e quindi il ristagno aumenta (nervo infraorbitario
della seconda branca del trigemino che esce dal mascellare (C) quando premerete lo premete, il paziente
con sinusite mascellare avrà dolore.
" Nella sinusite frontale il dolore sarà sopraorbitario e si irradierà verso le regioni frontale e temporo-
parietale. Il punto di Ewing (sotto il sopracciglio) (A) ci fa fare diagnosi di sinusite frontale. Premendolo, il
paziente sentirà molto dolore.
Diagnosi:
Ci sono dei criteri per fare diagnosi e li suddividiamo in maggiori e minori.
Criteri maggiori:
" il primo è sicuramente il dolore,
" edema (se fate mettere al paziente la testa all’indietro, noterete che un lato sarà più edematoso),
" eritema facciale
" rinorrea,
" iposmia/anosmia /cacosmia (i recettori sono sulla mucosa del seno etmoidale, una flogosi acuta e -
ancora peggio- cronica farà sì che il paziente non percepisca o percepisca in modo alterato gli
odori). Anche la percezione del gusto sarà alterata data la presenza di recettori gustativi nella
mucosa nasale.
" febbre va considerata solo in caso di sintomatologia acuta.
Criteri minori:
" cefalea,
" odontalgia soprattutto in caso di sinusite mascellare,
" affaticabilità, dovuta al fatto che il paziente non respira più bene,
" tosse,
" ovattamento auricolare.
I sintomi sono diversi in base all’età per il discorso sull’embriologia citato prima. I seni paranasali si
sviluppano dai 6 anni in poi.
" Prima infanzia: sintomi simili a quelli del raffreddore , quindi rinorrea e febbricola. La cefalea non può
essere indicativa in quanto i seni paranasali frontali si sviluppano a partire dai 6/7anni.
" Adolescenza: tosse secca durante il giorno, febbre, congestione ingravescente, odontalgia, otalgia,
dolore al volto. A volte mal di stomaco, nausea, dolore retrorbitario e cefalea.
" Adulti: dolore e senso di pressione al volto in zone diverse, cefalea, febbre, rinorrea purulenta, tosse
grassa, odontalgia.
Esame clinico:
• Anamnesi:
si indagano:
" Rinoscopia posteriore: si pratica dall’indietro introducendo uno speculum piano nel cavo orale. Ciò
fornisce informazioni sullo stato delle coane, coda dei turbinati e cavo oro-rinofaringeo mette in
evidenza eventuale secreto purulento nel cornetto inferiore sulla parete posteriore della faringe.
• Esami strumentali:
" TAC: è il gold standard. Si può fare TAC dei seni paranasali, o una TAC del massiccio facciale,
allargandola al campo della mandibola, che dà un quadro sicuramente più completo. La TAC ci
permette di vedere tutti e quattro i seni, nelle due proiezioni, coronale (ci fa vedere il seno
mascellare) e assiale (ci permette di vedere tutti gli altri).
" RX diretto dei seni paranasali: non viene più eseguito, sta scomparendo, la utilizzano ancora gli
ortopedici in prima istanza in Pronto Soccorso per fare DD con eventuali fratture.
" Endoscopia: ormai rappresenta il futuro in questo ambito di applicazione. Possiamo apprezzare
anche eventuale poliposi nasale, altro di quei campanelli di allarme, la bulla etmoidale ampia e una
deviazione del setto.
Terapia medica:
La terapia medica, se bene eseguita, risolve buona parte dei problemi, in quanto questa patologia è per
buon parte di interesse medico.
" La terapia locale: Rinazina, cortisonici, mucolitici per facilitare il drenaggio delle secrezioni, non si
deve utilizzare per più di cinque giorni, in quanto può dare luogo a una rinite.
" La terapia sistemica è senza dubbio la strategia medica vincente e si basa su due tipologie di
farmaci: antibiotici e corticosteroidi.
→ Corticosteroidi:
- Deltacortene: 25 mg, iniziamo con una compressa al giorno e poi la facciamo scalare,
quindi i primi due giorni con una compressa, altri due giorni mezza compressa, altri due
giorni 1⁄4 di compressa. Ricordatevi sempre che le terapie cortisoniche vanno sospese a
scalare, mai da un giorno all’altro.
Terapia chirurgica:
nel caso in cui la terapia medica non risulta efficace, si ricorrerà alla chirurgia, quindi nei casi in cui si ha a
che fare con:
- forme recidivanti
- forme croniche resistenti alla terapia medica
- forme acute purulente
- forme empiematose
- forme complicate da diffusione intracranica
Il fine principale della chirurgia deve essere quello di:
- ripulire i seni
- ripristinare ventilazione e drenaggi
- impedire che tale ristagno di materiale purulento si
verifichi nuovamente
Intervento di Caldwell-Luc
L’approccio tramite intervento di Caldwell-Luc è una tecnica in uso in molti centri di chirurgia maxillo-facciale
(compreso il nostro), dove non è ancora stata soppiantata totalmente dall’endoscopia. È una tecnica
risolutiva, soprattutto per quanto riguarda i seni mascellari.
Consente di asportare tutta la mucosa sinusale in preda a flogosi (denudamento quasi totale delle pareti
ossee dell’antro).
Si esegue per via transorale, si fa un incisione del
fornice vestibolare, si crea un foro nell’osso a
livello della fossa canina stando attenti a non
ledere il nervo infraorbitale e le estremità apicali
dei denti presenti sull’arcata alveolare. E a quel
punto si ripulisce la cavità, si elimina la mucosa
nasale in flogosi , si inizia a fare dei lavaggi con
soluzione fisiologica o soluzione fisiologica +
antibiotico, poi per ingrandire l’ostio mascellare si
va ad eseguire un apertura rino-sinusale del meato
inferiore. Sostanzialmente si fa entrare una garza
dal meato che comunicherà con l’esterno, la
facciamo risalire e la riprendiamo per farla riuscire
dalla narice, sfruttando l’ostio mascellare naturale
e andandolo ad ingrandire. La garza viene tirata da
una parte e dall’altra per concludere la toilette.
Altro approccio è rappresentato dalla F.E.S.S. che è sicuramente il futuro delle procedure per la risoluzione
di sinusiti, si tratta di una procedura mininvasiva che viene eseguita introducendo un endoscopio capace di
fornire un’immagine ingrandita delle strutture interne, che ci permette quindi di avere una visione più
completa dell’anatomia dei seni paranasali.
Consente inoltre l’apertura o allargamento degli osti naturali dei seni paranasali al fine di consentire la
ventilazione e consente anche di procedere con una turbinoplastica e una turbinotomia. La differenza tra
le due è che nella turbinotomia tagliamo il turbinato, nella turbinoplastica lasciamo la coana del turbinato su
cui troviamo i barocettori per l’aria che ci permettono di percepire l’aria inspirata.
I tempi di recupero più rapidi rispetto alla chirurgia tradizionale.
L’unica cosa che residua è la presenza di tamponi nel naso, che verranno estratti successivamente. Una
volta tolti i tamponi, il pz torna a respirare perfettamente e la sintomatologia scompare del tutto
Le recidive con questo tipo di procedura sono molto rare; messa in mano a chi la sa fare è risolutiva al 99%.
Ci possono essere però delle complicanze legate al fatto che si possono danneggiare le strutture adiacenti.
Nell’intervento a carico della sinusite dei seni frontali, si rischia di forare l’osso frontale e la dura madre, con
conseguente perdita liquorale. Il liquido cefalorachidiano ha aspetto “ad acqua di roccia”. Il pz quindi non
capisce perché non ha la sensazione che si ha durante il raffreddore, ma ha questo sgocciolamento. Questa
è la complicanza più frequente che si può riparare a quattro mani con un neurochirurgo.
Anche il mucocele risulta essere una complicanza molto comune nelle sinusiti frontali:
si tratta di una raccolta di secrezione mucosa che lentamente e progressivamente aumenta di quantità fino a
dare sovrapposizione di un processo infettivo ed evoluzione purulenta
" può esteriorizzarsi sotto la cute in corrispondenza dell’orbita con spostamento del bulbo oculare
quindi dare oftalmopatia e proptosi.
" Può anche dare nevralgia per compressione della prima branca del trigemino,
Il mucocele può avere origine in seguito all’intervento di risoluzione per la sinusite. Quando entriamo nel
seno sfenoidale e frontale possiamo lasciare dei residui di muco, non ripulendo bene la zona, ed è da qui
che ha origine.
NEVRALGIA DEL TRIGEMINO
Il nervo trigemino (V paio dei nervi cranici ) è un nervo misto, motore somatico e sensitivo: origina dal
nevrasse solo con fibre sensitive e motrici, ma poi distribuisce con i suoi rami periferici anche fibre viscerali:
" VII (FACCIALE) > per la lacrimazione (pregangliari originate dal N. lacrimatorio ! postgangliari originate
dal ganglio sfenopalatino) (distribuite poi con N. lacrimale dell’oftalmico)
> per l’innervazione eccitosecretrice di Gh sottomandibolare e sottolinguale (originate
dal nucleo salivatorio superiore) (distribuite poi con N. Linguale del mandibolare)
" IX (GLOSSOFARINGEO) > per l’innervazione eccitosecretrice di Gh. Parotide (distribuite da auricolo-
temporale del mandibolare) e gh. Geniene e labiali (distribuite poi dal N.
buccinatore del mandibolare) (originate dal nucleo salivatorio inferiore).
→ Fibre postgangliari simpatiche > per il muscolo dilatatore della pupilla e quindi il riflesso della
midriasi (originate dal centro ganglio spinale del Budge del
midollo spinale ! ganglio cervicale superiore del tronco del
simpatico)
Nervo esclusivamente sensitivo-sensoriale, in particolare veicola la sensibilità del 3° superiore del viso
In più con alcuni suoi rami veicola fibre viscerali per l’innervazione dei muscoli intrinseci del bulbo oculare.
Gangli annessi: ganglio ciliare (situato nella massa adiposa della porzione posteriore della cavità orbitaria)
All’interno del cavo di Meckel, non appena formato, dà il suo, prima ramo collaterale, nervo ricorrente
meningeo di Arnold (che si distibuisce alla dura madre) > poi attraversa il seno cavernoso, nella parete
laterale al di sotto del n. trocleare > si dirige verso la fessura orbitaria superiore in prossimità della quale si
divide in 3 rami che raggiungono la cavità orbitaria:
" Naso-ciliare: entra nella cavità orbitaria attraverso l’anello tendineo di Zinn (che avvolge anche n.
ottico (II), n. oculomotore (III), n. abducente (VI)
" Frontale: fuori da anello tendineo
" Lacrimale: fuori da anello tendineo
N. Naso-ciliare:
dà 3 rami collaterali:
→ Radice lunga del ganglio ciliare → Transita nel Ganglio ciliare da cui ! Per sensibilità di:
escono insieme ai N. ciliari brevi. - bulbo oculare
!
N. Frontale:
dà 2 rami terminali:
→ N. sovraorbitale ! Per sensibilità di:
→ N. sovratrocleare " cute radice
" palpebra superiore
N. Lacrimale:
Nervo esclusivamente sensitivo-sensoriale, in particolare veicola la sensibilità del 3° superiore del viso
Con alcuni suoi rami veicola fibre viscerali per l’innervazione delle gh. Lacrimali che poi si anastomizzaranno
con N. lacrimale.
Gangli annessi sono: ganglio sfenopalatino
Il nervo origina dal ganglio semilunare del Gasser, tra la prima e la seconda branca > attraversa il seno
cavernoso inferiormente e lateralmente al N. oftalmico > emette il primo ramo collaterale > diventa
esocranico attraverso il foro rotondo dello sfenoide > entra nella parte alta della fossa pterigopalatina dove
emette altri rami collaterali, n. sfenopalatini, zigomatico, alveolari postero-superiori, meningeo medio > si
porta avanti fino alla fessura orbitaria inferiore > entra nella cavità orbitaria > percorre il solco infraorbitario
scavato nella sua parete inferiore > entra nel canale infraorbitario > per fuoriuscire dal foro infraorbitario sulla
faccia anteriore dell’o. mascellare > dove si continua nel suo ramo terminale il n. infraorbitale.
N. Infraorbitale
Durante il suo decorso lungo il canale infraorbitario ! Per sensibilità del 3° medio del volto:
emette dei collaterali: " palpebra inferiore
" labbro superiore
" N. Alveolari antero-superiori: " cute e tonaca mucosa del vestibolo delle fosse nasali
che anastomizzandosi poi coi N. alveolari " parte del plesso dentale superiore (attraverso N.
postero-superiori (altri rami collaterali del n. alveolari anterosuperiori)
mascellare) andranno a formare il plesso
dentale superiore.
N. Zigomatico
Origina nella fossa pterigopalatina dove si arricchisce di fibre postgangliari Si distribuiscono a:
parasimpatiche provenienti dal ganglio sfenopalatino > Si porta alla fessura orbitaria " Cute dell’area zigomatica
inferiore > cavità orbitaria dove si divide in due rami:
→ Nervo zigomatico-temporale:
trasporta fibre post-gangliari originate nel ganglio sfeno-palatino per
l’innervazione eccitosecretrice della gh. Lacrimale. Tali fibre sono derivate da
fibre pregangliari del n. grande petroso superficiale (VII) e originate dal N.
lacrimatorio.
Anastomizza con il N. lacrimale cui cede tutte queste fibre viscerali.
→ Nervo zigomatico-facciale
Origina dal ganglio semilunare del Gasser e si completa con l’unione della radice motrice del trigemino
originata dal nucleo masticatorio, nel ponte.
> Si fa esocranico attraversando il foro ovale dello sfenoide > raggiunge la fossa infratemporale dove:
→ emette un primo ramo collaterale: N. spinoso che attraversando il foro spinoso dello sfenoide ritorna
in cavità cranica e si distribuisce poi alla dura madre
→ poi si divide in due rami anteriore e posteriore.
Ramo anteriore
Principalmente motorio, si divide a sua volta in:
rami puramente motori:
→ Nervo masseterino
→ Nervo temporale profondo
→ Nervo pterigoideo esterno
→ Nervo buccinatore
rami sensitivi:
→ Nervo buccinatore:
costituito da fibre sensitive ma anche fibre postgangliari parasimpatiche, per l’innervazione eccitosecretrice di
gh. Geniene e labiali e originate dal ganglio otico di Arnold. Derivate da fibre pregangliari del n. piccolo
petroso superficiale (IX) originate dal nucleo salivatorio inferiore
Ramo posteriore
Principalmente sensitivo, si divide in:
→ Nervo auricolo-temporale:
costituito da fibre sensitive ma anche fibre postgangliari parasimpatiche, per l’innervazione eccitosecretrice di
gh. Parotide e originate dal ganglio otico di Arnold. Derivate da fibre pregangliari del n. piccolo petroso
superficiale (IX) originate dal nucleo salivatorio inferiore
→ Nervo Linguale:
dalla fossa infratemporale decorre verso la loggia sublinguale passando prima attraverso il muscolo pterigoideo
esterno e interno, poi tra il m. pterigoideo interno e la faccia mediale della mandibola.
È costituito da:
" fibre sensitive: per il dolore ai 2/3 anteriore della lingua
" fibre sensitive specifiche per il gusto originate dal ganglio genicolato e ricavate attraverso l’anastomosi con la
corda del timpano (VII)
" fibre pregangliari parasimpatiche originate dal n. salivatorio superiore e ricavate attraverso l’anastomosi con
la corda del timpano (VII) per l’innervazione eccitosecretrice delle gh. Sottomandibolare e sottolinguale.
NB: La parte motoria della lingua è di dominio di altri due nervi: IX e XII
E’ un disturbo neuropatico caratterizzato da dolori parossistici che si manifestano a livello dei territori
innervati dal nervo trigemino. Può coinvolgere le fibre periferiche del nervo o anche essere un problema di
origine centrale.
E’ una delle forme di nevralgia più debilitante. Il dolore trigeminale è considerato come uno dei dolori più
intensi che si possano provare. Per questo è una patologia invalidante.
Epidemiologia:
:
potenziali modificati a livello dei nuclei del trigemino che
causano la sua iperattività.
Caratteristiche cliniche:
Nevralgia Idiopatica.
Generalmente la forma idiopatica ha caratteristiche ben precise: è caratterizzata da un dolore:
" violentissimo, trafittivo e lancinante da pochi minuti fino ad interi mesi
" intermittente, si alternano attacchi di dolore della durata 15-30 secondi circa e variabili periodi
asintomatici., che possono andare
" Generalmente è unilaterale, e riguarda una sola branca del trigemino,
" Può essere spontaneo o scatenato. Scatenato dai trigger points o da semplici stimoli fisiologici e
attività quotidiane (mangiare, lavarsi la faccia, radersi la barba,).
Le zone grilletto (trigger zone o points) sono :
" radice naso,
" angolo della bocca o delle palpebre,
" in corrispondenza del forame infraorbitario e del forame mentoniero (questi sono i principali).
L’imprevedibilità delle manifestazioni e il fatto che tali crisi con il passare del tempo diventano sempre più
frequenti creano nel paziente uno stato di ansia che può condurre a delle vere e proprie psicosi e all’idea del
suicidio, tanto che viene anche definita come la “malattia del suicidio”
Nevralgia secondaria.
E’ una Nevralgia minor. Presenta caratteristiche peculiari che la distinguono dalla nevralgia idiopatica.
Caratterizzato da un dolore:
" di durata maggiore: da 15 minuti fino ad un’ora
" continuo
" non è di tipo folgorante.
" Non vi è correlazione con le trigger zone
" Non vi è un vero e proprio intervallo tra le crisi
Dal punto di visto eziologico, le forme secondarie possono essere evocate da processi lesivi di organi o
tessuti che si trovano nel territorio di innervazione del trigemino, le cause possono essere:
! Infettive: nevralgia post-erpetica che è abbastanza frequente, o anche una semplice otite od un
processo sinusitico.
! da trauma
! da tumori
! Vascolari: aneurismi arteriosi
! Forme nervose sistemiche (sclerosi a placche, siringomielia ).
→ La più frequente di tutte qual è ? La odontogena.
Diagnosi: n
La diagnosi è principalmente clinica, già attraverso la valutazione dei sintomi e dalla storia clinica del pz
possiamo fare diagnosi differenziale fra una forma idiopatica e una secondaria.
Poi ci sono diverse indagini strumentali che possono essere utilizzate per definire la diagnosi, soprattutto in
caso di forme secondarie o conflitti neuro-vascolari.
" Ortopantomiografia
" TAC
" RNM
" angiografia
Terapia:
Lo step successivo dopo anamnesi e diagnosi strumentale è la scelta della terapia che può essere:
" Terapia Medica: costituita da farmaci che sono, generalmente, antiepilettici o antidepressivi
" Terapia Chirurgica: in caso di fallimento della terapia medica, anche se non da sempre dei risultati
soddisfacenti in quanto il dolore neuropatico può ripresentarsi (termorizotomia retrogasseriana, micro
compressione)
Terapia Medica:
La terapia medica si avvale di:
! antiepilettici:
" carbamazepina, un antiepilettico che generalmente è quello che ha più effetti in quanto agisce
rallentando la velocità di conduzione delle fibre afferenti trigeminali.
" lamotrigina in seconda istanza
! Antidepressivi:
" gabapentin (generalmente uno dei farmaci più efficace sul dolore nevralgico)
Qualora dovessero fallire questi farmaci si può provare con altri, fino ad arrivare a morfina e derivati. Nel
caso fallisca tutta la terapia si va all’approccio chirurgico.
Terapia Chirurgica:
Terapia chirurgica si avvale di tecniche non invasive o mini-invasive come:
" rizolisi percutanea, a radiofrequenza o glicerolica
" tecniche più invasive microcompressione del ganglio del Gasser, decompressione neuro
vascolare
Rizolisi percutanea:
Intervento percutaneo con ago che "mira" alla distruzione selettiva delle fibre termodolorifiche ed è senz'altro
quello con minori rischi. L’ago viene inserito al di sotto dell’osso zigomatico, gradualmente verso l’alto e in
profondità, nella fossa infratemporale fino a raggiungere il forame ovale, che si trova a circa 1 cm dal ganglio
del Gasser. Un volta arrivati al Ganglio del Gasser si possono effettuare diverse tipi di tecniche:
" si distruggo le fibre attraverso la radiofrequenza,
" iniettando sostanze lesive come il glicerolo
Rizolisi a glicerolo:
Viene effettua una iniezione periferica di glicerolo in corrispondenza delle
branche che va a determinare una demielinizzazione, quindi rallentamento
della conduzione nervosa .
effetto analgesico:
" Con termorizotomia trigeminale la durata degli effetti dell’intervento siano solo di 5 anni.
" Con la decompressione micro vascolare l’analgesia è di circa 10 anni,
" Con le altre tecniche l’analgesia è di circa 1,5 anni.
È un processo necrotico che interessa principalmente le ossa mascellari, mandibola e mascella, e più
raramente lo zigomo, causato da trattamento con:
! Bifosfonati
! Anticorpi monoclonali come - Bevacizumab e Sunitinib: contro VEGF, utilizzati in pz con carcinoma
renale, o con carcinoma polmonare metastatici
a l quarto stadio.
" Denosumab: inibisce il RANK ligand (prodotto dagli osteoblasti stimola
attività osteoclasti)
! Radioterapia pregressa
L’osteonecrosi dei mascellari farmaco indotte cominciarono ad essere osservate nei primi tempi soprattutto
in pazienti tumorali, cui venivano somministrati i farmaci Bifosfonati come anti-metastatici, come terapia per
l’osteoporosi, soprattutto nelle donne in menopausa.
I bifosfonati (acronimo BF) sono analoghi dei pirofosfati che localizzandosi a livello della matrice ossea
hanno l’effetto:
" primario: di inibire l’attività e stimolare l’apoptosi degli osteoclasti, causando alterazione del
microambiente osseo: infatti venendo a mancare l’attività osteoclastica, viene a prevalere l’attività
osteoblastica e quindi la deposizione di nuova matrice ossea.
" Secondariamente: hanno effetto anti-neo-angiogenetico: inibiscono direttamente l’attività proliferativa
delle cellule endoteliali e inibiscono importanti fattori di crescita come EGF (fattore di crescita
endoteliale) e delle metallo proteasi, come MMP2, MMP14. Quindi causano ischemia.
→ Questi due effetti combinati causano una graduale necrosi dell’osso.
Sono farmaci con una struttura caratterizzata dalla presenza di un carbonio (C) legato a:
" 2 molecole di fosforo (P)
" 2 catene laterali - R1 generalmente più corta
" R2 generalmente più lunga, definisce la potenza del farmaco, in particolare i
bifosfonati con anello eterociclico a questo livello sono i più potenti.
sono le catene laterali che ci permettono di distinguere i vari tipi di bifosfonati.
" Etidronato,
" Risedronato, non contengono nitrogeno e sono rapidamente metabolizzati!
" Tiludronato
" Alendronato;
contengono nitrogeno, più potenti, hanno un lento meccanismo di
" Zoledronato
metabolizzazione per cui il farmaco rimane per tanto tempo nel nostro
" Pamidronato
organismo, anche mesi, quindi maggior rischio di osteonecrosi
!
La potenza dei bifosfonati è correlata alla loro capacità di legarsi strettamente alla struttura ossea, ed è
dipendente da:
" dose
" durata di tempo dall’inizio della somministrazione
" via di somministrazione
Via di Il rischio di sviluppare osteonecrosi è maggiore nei pazienti che assumono bifosfonati
somministrazione per via endovenosa piuttosto che per via orale.
Il meccanismo con cui si instaura il processo morboso per la somministrazione di questi farmaci (stesso vale
anche per le Ig monoclonali prima citate) vede:
" inibizione dell’attività osteoclastica,
" inibizione diretta dell’attività proliferativa delle cellule endoteliali e di alcune metallo proteasi.
" riduzione della vascolarizzazione,
Abbiamo quindi una mancata rimozione di una grande quantità di matrice minerale ossea, e un rapido
turnover che sfocia in necrosi vascolare.
Manifestazioni Cliniche:
→ La necrosi mascellare inferiore può sfociare in una infezione vera e propria dei fasci del collo con
problematiche importanti, da un semplice ascesso ad una mediastinite. Se la necrosi interessa le regioni
posteriori ci potrà essere un coinvolgimento del fascio vascolo-nervoso.
Perché l’osteonecrosi interessa principalmente le ossa mascellari e non altri distretti del corpo?
Diagnosi:
→ Se il paziente presenta una osteonecrosi conclamata alla mandibola invece, non ha senso
sospendere il bifosfonato (perché rimane in circolo per mesi e perché non ha nessuna indicazione.)
Il bifosfonato può essere sospeso dal collega che l’ha prescritto.
3) Indagini di laboratorio:
" esami ematochimici di routine (calcemia e
fosforemia)
" biomarcatori del collagene (CTX, tale valore risulta
alterato anche in donne affette da osteoporosi.
4) Indagini strumentali:
Prevenzione:
Terapia:
Esiste una terapia medica e una chirurgica, che verranno prese in considerazione a seconda dei casi e dello
stadio dell’osteonecrosi:
Stadio 0 - I - Terapia antibiotica: si esegue per 10 giorni con:
- Tutto questa terapia deve ovviamente essere associata ad una corretta igiene orale
Una soluzione sostitutiva non è sempre possibile, si possono usare piccoli box ossei o
placche. La mandibola necrotica può essere sostitutiva mediante varie tecniche chirurgiche
con autotrapianto, prendendo perone, scapola, clavicola. Si prende l’osso, arteria e vene e si
anastomizzano al collo e su quest’osso si possono anche mettere degli impianti
Caso clinico: Stadio uno, un centimetro di dimensione, si somministra solo terapia antibiotica per evitare
infezioni batteriche e molte volte si richiede un’ottima igiene orale intorno a quell’area necrotica, in tal modo
la mucosa si chiude.
Un altro paziente è in trattamento con Zoledronato in endovena per almeno tre mesi, viene sottoposto ad
una estrazione dentale. Ciò ha condotto a necrosi massiva, in questo caso non c’è niente di superficiale o
trattamento conservativo, si è un po’ più aggressivi, e si deve fare un box osseo, ma prima si toglie tutto
l’osso necrotico. Così in genere si ottiene un’ottima guarigione ma non sempre è così. In alternativa si può
passare al trattamento chirurgico molto invasivo dove la mandibola è completamente necrotica.
ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE ( ATM)
L’ATM ha un ruolo cruciale, basti pensare al numero ingente di atti masticatori quotidianamente compiuti in
attività quali respirazione e deglutizione. Due persone se ne occupano in Italia, una delle quali deceduta,
mentre la seconda è il prof. Cascone a Roma.
Per i maxillo-facciali e per gli odontoiatri l’ATM rientra in un capitolo difficile, essendo la sintomatologia
legata alla patologia di questa articolazione molto varia e aspecifica. E’ difficile capire quando intervenire.
Embriologia:
L’articolazione temporo-mandibolare (ATM) è una diartrosi doppia completa provvista di una membrana
sinoviale. Deriva dalla cartilagine del Meckel (primo arco branchiale) e in particolare origina da due diversi
abbozzi intorno alla 7° settimana intrauterina:
" quello condilare
" quello temporale
e si completa solo dopo il 12° anno di vita (dentizione).
Anatomia:
Fossa glenoidea:
superficie articolare scavata nella porzione orizzontale della squama
temporale, posteriormente rispetto al tubercolo articolare. Delimitata
anteriormente dall’eminenza articolare e posteriormente dalla cresta
post-articolare (composta dalla radice posteriore del processo
zigomatico e dalla scissura retrotimpanica del Glasser). L’irradiazione
del dolore nell’ATM spesso è la stessa riscontrabile in corso di otalgia.
Tubercolo articolare:
Si trova anteriormente alla fossa glenoidea, rivestito da uno strato fibrocartilagineo, ed è formato da due
lamine di osso compatto fra le quali è interposto uno strato di osso spugnoso.
Il tubercolo articolare non è un osso molto resistente, motivo per cui spesso capita si fratturi insieme al
condilo.
Condilo mandibolare:
Anatomia macroscopica:
" Processo osseo divisibile in testa e collo;
" La testa, presenta la superficie articolare, di forma ellittica, misura circa 15-22 mm in senso antero-
posteriore, di forma convessa in AP;
" La superficie articolare presenta due versanti: anteroposteriore (considerata articolare in senso stretto) e
posterosuperiore.
" Posteriormente il condilo si continua con il margine posteriore del ramo ascendente della mandibola e
anteriormente con la fossetta pterigoidea (in cui si inserisce il legamento del m. pterigoideo esterno
inferiore).
Anatomia microscopica:
Il condilo è formato quasi esclusivamente da tessuto spugnoso, tranne che perifericamente dove si
evidenzia un esile tratto corticale di tessuto osseo compatto.
La superficie articolare si compone di 4 strati:
" Zona articolare di tessuto connettivo fibroso
" Zona proliferativa con cellule connettivali non differenziate (sottile lamina si cellule che gioca un
ruolo fondamentale nel rimodellamento articolare)
" Zona fibrocartilaginea (spessa nel soggetto giovane, sottile negli anziani)
" Zona di ossificazione encondrale
Il c. mandibolare è coinvolto in tutti i movimenti, quali apertura/chiusura. E’ necessario l’osso non sia troppo
duro per non creare un eccessivo attrito, ma ciò va a discapito della resistenza. Durante un urto nella
regione dell’angolo mandibolare o in regione sinfisiaria, la forza tenderà ad esercitarsi sul punto più debole
che è la testa condilare. Frequenti sono le fratture in sede mandibolare e sinfisiaria associate ad una frattura
definita bicondilare intracapsulare, non trattabile chirurgicamente.
Disco articolare:
Interposto tra le due superfici articolari.
Struttura costituita da tessuto connettivo fibrocartilagineo, non è innervato né vascolarizzato.
Ha forma ellittica, più larga lateromedialmente, biconcava, e la possiamo suddividere in tra bande:
" Fascia anteriore
" Zona intermedia
" Fascia posteriore
Zona bilaminare:
Si trova posteriormente al disco articolare. Riccamente vascolarizzata, definita tale perché formata da due
lamine:
" lamina superiore di Griffin
" lamina inferiore di Sharne
" fra loro è interposto il cuscinetto retrodiscale.
I fasci costituenti la zona bilaminare mantengono fissa l’articolazione, contengono il disco, evitano le
sublussazioni della mandibola in avanti. Quando questa zona per motivi vari diventa più fragile è possibile si
verifichi una lussazione del condilo e del disco.
Capsula articolare
In alto, si inserisce sul contorno del tubercolo articolare, sulla spina dello sfenoide e sul fondo della cavità
glenoidea; in basso, si fissa sul contorno del collo del condilo.
Le fibre della capsula sono disposte verticalmente:
- anteriormente: si portano dalla base del cranio al disco e da questo al condilo.
- posteriormente: si portano dalla base del cranio alla zona bilaminare e da questa al condilo.
L’unione della capsula fibrosa con il disco articolare è molto tenace, tanto da formare due compartimenti,
distinti in:
" superiore (temporomeniscale più lasso)
" inferiore (condilomeniscale)
La definizione dei due compartimenti è importante non solo per la dinamica dei movimenti, ma anche per la
patologia, in quanto i due compartimenti saranno interessati da patologie diverse. Esempio:
Legamenti:
La capsula, rinforzata medialmente e lateralmente da legamenti, in particolare:
" Temporomandibolare (il principale)
costituito da fibre orizzontali e oblique
originano da arco zigomatico e
tubercolo articolare. Si inserisce sulla
porzione laterale e posteriore de collo
del condilo.
" Sfenomandibolare (o rafe
pterigomandibolare): nasce dalla
spina angolare dello sfenoide e termina
sul solco miloioideo e sulla lingula della
mandibola (sopra al foro mandibolare)
" Stilomandibolare: nasce dal processo
stiloideo del temporale e si inserisce sul
margine posteriore del ramo
mandibolare
" Pterigomandibolare: dal processo
uncinato della lamina esterna del
processo pterigoideo all’estremità
posteriore del margine alveolare della
mandibola.
" Legamento collaterale è costituito da 2 fasci di fibre simmetrici che originano a livello della banda
intermedia del disco articolare e si inseriscono a livello dei poli mediale e laterale del condilo mandibolare.
Serve ad ancorare il disco al condilo.
Vascolarizzazione:
I rami dell’arteria temporale superficiale e della mascellare interna vascolarizzano la porzione posteriore
della capsula, mentre i rami dell’arteria masseterina vi penetrano anteriormente.
Posteriormente: proviene dall’a. temporale superficiale e dall’a. mascellare interna con il suo ramo e
auricolare profonda
Anteriormente: rami dell’arteria masseterina sempre ramo della mascellare intena.
" M. Temporale
" M. Massetere
" M. Pterigoideo esterno (capo sup. e inf.)
" M. Pterigoideo interno
" MM. Sopraioidei, genioioideo e miloioideo in
particolare.
Movimenti ATM:
" Apertura/abbassamento:
possiamo individuare due fasi:
1) prima fase: di rotazione
2) seconda fase: di scivolamento in avanti del
condilo (traslazione)
→ m. digastrico, genioioideo, miloioideo e m.
pterigoide esterno capo inferiore
" Chiusura/innalzamento
→ m. temporale, massetere, pterigoideo interno
e pterigoideo esterno con capo superiore
" Lateralizzazione
→ M. pterigoidei esterno principalmente e
interno
" Protrusione
→ m. pterigoidei esterno e interno, massetere
con capo superficiale
" Retrusione
→ M. temporale, massetere con capo
profondo, genioioideo, miloioideo e digastrico
DISORDINI CRANIO-MANDIBOLARI
Con il termine di disfunzioni cranio-mandibolari ci riferiamo a tutte le quelle disfunzioni che interessano:
" l’articolazione temporo-mandibolare
" i muscoli masticatori
" o entrambi
Generalmente la prevalenza di questi disordini è maggiore nella donna (F:M = 3:1)
ed è stato stimato che la presenza di un solo sintomo o segno di disfunzione temporo-mandibolare si
riscontri nell’80% della popolazione.
Cause:
L’eziologia dei disordini cranio-mandibolari è multifattoriale, esistono:
" fattori predisponenti
" fattori scatenanti
" fattori perpetuanti
che in generale possono essere:
" Occlusione
" Parafunzioni: ossia tutte quelle attività del sistema oro-buccale prive di finalità funzionale, come il
bruxismo (il digrignamento rumoroso), il serramento (lo stringere forte i denti in posizione centrale,
non è rumoroso), il morsicarsi le labbra o il morsicare oggetti.
BRUXISMO:
è un disturbo frequente, che consiste in una parafunzione muscolare, una iperattività che porta a
un digrignamento dei denti, cioè lo sfregare i denti gli uni sugli altri.
Si può classificare anche come:
" Diurno (meno frequente);
" Notturno (più frequente).
Può determinare:
" Abrasioni delle cuspidi dentarie
" dolore: che generalmente si evidenzia al mattino, il pz si sveglia con la bocca stanca.
" ipertrofia muscolare
" Inoltre può causare od essere correlato a disturbi del sonno
" Dolore: in particolare i disturbi temporo-mandibolari sono la causa più frequente di dolore oro-
facciale dopo quello odontogeno, e questo dolore può essere articolare o muscolare
" Rumori articolari aprendo o chiudendo la bocca, click e scroscii
" Alterazioni e limitazione di movimenti,
Dolore:
il dolore può essere di origine articolare o muscolare.
" Dolore articolare (artralgia): è legato ai legamenti articolari, alla capsula, alla zona bilaminare e
all’osso subcondrale, è generalmente meglio localizzato, acuto e trafittivo. Viene riferito in regione
preauricolare o all’orecchio, e può irradiarsi in diverse zone cranio cervicali.
È solitamente associato ai movimenti mandibolari, può essere evocato dalla digito-pressione nelle
zone grilletto, ma può essere presente anche a riposo.
" Dolore di origine muscolare: è invece un dolore meno localizzabile, più sordo e diffuso.
Rumori articolari:
" click dovuti a rimodellamento adattativo per cui si può creare una incongruenza anatomica tra capi
articolari. Questi clik hanno la caratteristica di presentarsi sempre allo stesso livello di apertura e
chiusura della mandibola
" click dovuti a dislocazione del disco, che corrispondono al momento della ricattura del disco, cioè
al suo riposizionamento sul condilo. Si possono presentare durante l’apertura, la chiusura o in
entrambe, e in relazione al grado di dislocazione possono essere:
" precoci: disco poco dislocato
" intermedi
" tardivi: disco molto dislocato con prognosi meno favorevole
" scroscii dovuti ad artrosi, a causa della degenerazione del tessuto connettivo e osseo dei capi
articolari.
Patogenesi:
Comprende i disordini cranio-mandibolari extracapsulari con patogenesi muscolare. E si presenta con una
frequenza maggiore rispetto alle alterazioni di origine articolare.
È caratterizzata dalla presenza di dolore:
" sordo
" diffuso e poco localizzato
" esacerbato dai movimenti mandibolari ma anche dalla digito-pressione nelle zone grilletto
" si accompagna a limitazione dei movimenti mandibolari, tuttavia questa limitazione può essere vinta
dall’apertura passiva eseguita dall’operatore.
PATOLOGIA INTRACAPSULARE
Si ha per spostamento del condilo verso l’alto, che può avvenire per diversi motivi come:
" contatti dentari anomali
" protesi
la compressione può essere acuta o cronica e provocare nel tempo lesioni del disco stesso e dei tessuti
retrodiscali fino alla perforazione, mentre i capi articolari subiscono un rimodellamento (DIF o deviazioni in
forma)
" Primo stadio con riduzione: in cui la dislocazione si risolve spontaneamente, con click e deflessione:
spostamento della mandibola dalla linea mediana con successivo riallineamento.
" Secondo stadio senza riduzione: per cui il disco resta dislocato anteriormente determinando il blocco
dell’articolazione (locking). Il disco bloccato fuori sede infatti diviene un ostacolo per il condilo che non
riesce più a superarlo, e la mandibola resta bloccata (non si apre). Non avremo nemmeno più click e
avremo deviazione: spostamenti permanenti della mandibola dalla linea mediana.
Può essere acuto o cronico. Quando cronicizza si ha la perdita di dolore e di contrattura muscolare a
discapito però di profonde alterazione delle strutture disco-ligamentose, fino all’artrosi dell’ATM.
Trattamento:
se possibile si può ricorrere a manovre di sblocco manuali, altrimenti si ricorre a trattabile con terapia
ortognatica e chirurgia.
Da medici bisogna saper leggere una RM tutto ciò che bianco presenta acqua,
tutto ciò che è nero non ha acqua, è aria o altro. Gli elementi dentari in RM sono
privi di acqua e sono nerissimi.
Nell’immagine la zona bianca, più o meno spugnosa, è la testa condilare. Nero
è il disco accartocciato, lussato anteriormente. Il pz arriva a un momento di
rotazione, massimo un cm. L’ostacolo può essere monolaterale o bilaterale. Se
monolaterale abbiamo un blocco omolaterale e un compenso controlaterale con
laterodeviazione verso il lato patologico.
Artrosi:
Sintomatologia:
" limitazioni funzionali
" dolore articolare
" caratteristico rumore tipo scroscio, di sabbia, durante i movimenti condilari
Trattamento:
Il processo patologico è da considerare irreversibile e resistente ad ogni terapia conservativa. Tuttavia grazie
alla naturale capacità di adattamento dei tessuti questi fenomeni possono essere ridotti con un
riposizionamento mandibolare idoneo a garantire una decompressione articolare. Altrimenti chirurgia.
Per lussazione si intende la perdita dei normali rapporti tra capi articolari. Si può parlare di sub-lussazione
quando questa è incompleta e un contatto tra i capi articolare anche se labile esiste, per cui si riduce
facilmente da sé.
Può essere acquisita, traumatica e non, ma può esistere inoltre una predisposizione congenita alla
lussazione data dalla:
" lassità capsulo-legamentosa
" particolari malformazioni dei capi ossei che compongono l’articolazione
" dinamiche: le lussazioni classiche, possono essere a loro volta distinte in bloccate e non bloccate a
seconda che all’atto della lussazione la mandibola torni da sé nella sua sede articolare:
" Bloccate: generalmente dovute a eventi traumatici che determinano apertura forzata
della mandibola
" Non bloccate: sono le lussazioni definite “abituali” o “fisiologicamente riducibili” si hanno
durante i movimenti ampi di apertura della bocca
" statiche: lussazioni permanenti, indipendenti dal movimento, ma principalmente legata ad anomalie di
forma e disposizione del condilo e del suo collo
! condilo-discali:
" cinetiche: sono le sublussazioni, si hanno per apertura normale o addirittura minima della bocca, la
loro riduzione però risulta estremamente facile.
Sintomatologia:
" l pz rimane a bocca aperta,
" con apertura che può andare oltre i 5 cm (beanza: massima apertura)
" il più delle volte sono lussazioni bilaterali, nelle lussazioni monolaterai la sinfisi mentoniera è deviata
verso il lato non lussato.
" non può ovviamente masticare, può deglutire ma a fatica con il rischio che il cibo vada in trachea e
conseguente polmonite ab ingestis.
" Difficoltà alla fonazione
" dolore di intensità varia, trigeminale e cervicale
" Quando si lussa completamente la mandibola, questa si porta dietro tutte le altre strutture che
vengono lacerate (capsula, legamenti, disco articolare, muscoli soprattutto lo pterigoideo esterno
che ha inserzione sul condilo mandibolare).
Trattamento:
Le lussazioni bloccate della mandibola vengono generalmente ridotte manualmente in pronto soccorso.
La manovra per la riduzione viene effettuata ponendosi davanti al pz, abbassando e spingendo
posteriormente la mandibola per superare il tubercolo articolare e riposizionarla nella fossa glenoide.
Se sono passate meno di 24h dalla lussazione la manovra può essere eseguita senza anestesia, altrimenti,
siccome avremo contrattura muscolare, dovremo praticare un’anestesia con miorilassanti.
DIAGNOSI DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI:
1) Anamnesi
Per arrivare alla diagnosi bisogna conoscere la storia del paziente, quindi fare una corretta anamnesi
familiare, patologica prossima e remota per poter fare una diagnosi presuntiva, la certezza ci viene con altre
indagini strumentali.
2) E.O.
Nell’E.O non bisogna guardare solo la bocca, ma anche le strutture della faccia e del collo. Si valutano:
" se ci sono sfregamenti articolari, scrosci, click
" blocchi all’apertura e chiusura della bocca
" Movimenti della mandibola:
→ Il limite massimo di apertura è di 45mm, un apertura maggiore indica sublussazione e lussazione.
→ Il limite massimo di protrusione è 10mm. Il Bennet laterale, movimento di lateralità, portare la
mandibola a destra e sinistra, massimo 10mm.
" Valutare l’occlusione, se si chiude bene o male,
" se si ha un’ asimmetria spaziale trasversale, verticale, monolaterale, bilaterale.
" se è mantenuto rapporto molare-molare, canino-canino
" valutare anche i muscoli
" Valutare la perdita degli elementi dentari soprattutto a livello molare, importantissimo nel generare questi
disordini, se ha protesi irremovibili, rimovibili, parziali o totali.
3) Esami strumentali:
Esami strumentali ci aiutano a evidenziare alterazioni a carico delle arcate dentarie, a carico dei mascellari,
dell’ATM, o delle strutture muscolari.
" Tomografia,
" panoramica,
" TAC,
" RMN,
" PET-scan,
" scintigrafia,
" ecografia,
" stetofonendoscopio (sull’ATM) per auscultare i rumori, gli scrosci.
TRATTAMENTO:
Deve coinvolgere figure professionali come l’odontoiatra, il chirurgo maxillo-facciale e l’ortodontista per una
terapia di supporto (apparecchio).
- Apparecchi:
Esistono due tipi di apparecchio:
" apparecchio propulsivo per portare la mandibola in avanti, aumentare lo spazio tra i capi articolari
ossei e consentire quindi al disco articolare di muoversi meglio. L’apparecchio consente il recupero
della posizione del disco articolare, consente di arrivare al click;
" successivamente si utilizza un apparecchio posizionatore che serve per abituare il pz a quel tipo di
occlusione per evitare un nuovo slittamento del disco articolare.
- Farmaci:
Dal punto di vista farmacologico dobbiamo vincere il dolore e la contrattura muscolare quindi usiamo:
" antinfiammatori,
" analgesici puri
" miolitici (dalla camomilla o valeriana fino agli ansiolitici).
- Chirurgia:
Vi sono poi manovre chirurgiche mini-invasive tra cui:
" l’artrocentesi: tecnica minimamente invasiva che consiste nel lavaggio con soluzione fisiologica della
camera articolare, introducendo un ago in anestesia locale. Elimina la pressione intra-articolare
negativa, le aderenza e i mediatori dell’infiammazione e del dolore.
" Artroscopia: che permetta la visualizzazione degli spazi intra-articolari, il lavaggio, la liberazione di
aderenze.
Vi sono poi tecniche chirurgiche più aggressive, da utilizzare qualora abbiano fallito gli altri approcci come:
" Discoplatica: riposizionamento del disco (se esso appare normale)
" Discectomia: asportazione del disco (se non è più recuperabile)
" Condilotomia: per riposizionare correttamente il condilo
ANCHILOSI
Compromissione definitiva, completa o incompleta dei movimenti articolari,
dovuta ad alterazioni anatomiche dei componenti articolari stessi.
Può essere congenita o acquisita, principalmente traumatica o infettiva,
Quello che accade è che si instaura un processo infiammatorio che porta alla
deposizione di tessuto fibroso tra i capi articolari, che poi a lungo andare può
trasformarsi in tessuto osseo, e quindi fissare definitivamente l’articolazione.
Per quello distinguiamo una:
" anchilosi fibrosa
" anchilosi ossea
Sintomatologia:
" viene compromessa l’apertura della bocca, nelle forme più gravi e bilaterali l’apertura può essere
addirittura assente, e questo ovviamente comporterà anche una serie di problemi legati
all’alimentazione. Questi soggetti infatti risultano generalmente magri e deperiti.
" Retrusione mandibolare che conferisce al paziente caratteristico profilo di “uccello”
" Ipotrofia o atrofia dei muscoli della masticazione, che rende ancora più deformi i pz affetti.
Trattamento:
il trattamento dell’anchilosi è esclusivamente chirurgico e mira alla resezione del blocco osseo neoformato in
sede articolare.
Nell’ambito dei tumori primari, il più delle volte questi insorgono da:
" tessuto cartilagineo (condroma, condrosarcoma)
" tessuto osseo (osteoma, osteosarcoma)
" da entrambi (osteocondroma)
ma possono insorgere anche dalla membrana sinoviale.
In più il più delle volte si tratta di tumori benigni, quelli maligni generalmente sono secondari.
La sintomatologia è piuttosto aspecifica, facilmente confondibile con quella dei disturbi temporo-mandibolari:
" limitazione dell’apertura
" latero-deviazioni omolaterale
" malocclusione
" open-bite anteriore omolaterale
" cross-bite controlaterale
" talvolta dolore
la limitazione dell’apertura in questo caso può essere dovuta al fatto che il tumore:
" sia intra-articolare, e quindi vada ad alterare la normale anatomia articolare
" sia extra-articolare, ma determini ingombro sterico sull’articolazione
" coinvolga i muscoli masticatori.
Osteoma
Tumore benigno dell’osso, generalmente gli osteomi mandibolari sono piccoli e asintomatici. Ne esistono
due forme:
" osteoma compatto: con scarsa componente midollare
" osteoma spugnoso: con caratteristica architettura a trabecole e lamelle, e abbondante componente
midollare
Trattamento: escissione chirurgica
Osteoblastoma
Tumore benigno, piuttosto raro a livello condilare, caratterizzato dalla proliferazione di osteoblasti uniti da
trabecole osteoidi immerse in uno stroma fibroso.
Trattamento: escissione chirurgica
Condroblastoma
Raro tumore benigno che origina dalle cellule germinali cartilaginee.
Osteocondroma
Tumore raro a livello condilare, ma piuttosto frequente a livello delle ossa lunghe. Interessa sia il tessuto
osseo che quello cartilagineo: è caratterizzato dalla presenza di trabecole ossee frammiste a strie
cartilaginee, che poi generalmente vanno incontro a ossificazione, fino a che negli stadi avanzati l’orletto è
totalmente ossificato. Se invece non c’è ossificazione dell’orletto vi è un maggior rischio di trasformazione
maligna in condrosarcoma.
Trattamento: escissione chirurgica