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La rappresentazione teatrale a Roma

All’inizio, le rappresentazioni teatrali coincidevano con le festività pubbliche celebrate in onore degli dei, come i Ludi
Romani, i Ludi Plebei ecc.; poi si estero a feste occasionali, legate ad eventi cittadini di particolare importanza.
Fino al 55 a.C. con il teatro “Pompeo”, a Roma non venne costruito un vero e proprio teatro in muratura. La
struttura romana riprendeva quella del teatro greco: una càvea semicircolare per il pubblico, un’orchestra
semicircolare per i cittadini più importanti, una scaena occupata da un ampio palcoscenico, successivamente isolato
dal pubblico tramite un sipario. La scena riproduceva un luogo aperto e sul fondo vi erano tre porte, che servivano
agli attori per entrare ed uscire.
Il finanziamento delle rappresentazioni sceniche era affidato ai pubblici magistrati e invece la regia e la
sceneggiatura di esse al dominus gregis, il direttore della compagnia teatrale, che acquistava dai poeti il copione, lo
sottoponeva al magistrato e, se approvato, procedeva all’allestimento.
Le compagnie di attori erano rigorosamente maschili e inoltre, a differenza della Grecia, la professiore di attore a
Roma era sottoposta a pregiudizi di carattere sociale: infatti si riteneva che fosse indegno della gravitas del
cittadino fare l’attore e quindi era un lavoro affidato ai liberti o agli stranieri.
Ogni personaggio era caratterizzato da una sua tipologia linguistica e gestuale, in modo da rendere più facile
l’identificazione da parte del pubblico, ma un altro strumento utilizzato erano le maschere, che però non si sa bene
a che periodo risalgano (testi plautini e terenzini parlano di espressioni del viso).

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