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Tomasi di Lampedusa — IL GATTOPARDO

Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo 1896 - Roma 1957), di famiglia


aristocratica (quella dei principi di Lampedusa, duchi di Palma e Montechiaro),
prese parte alle due guerre mondiali e compì lunghi viaggi in Europa.
Appassionato lettore di libri storici e di romanzi stranieri, soprattutto francesi,
si dedicò alla narrativa negli ultimi anni della sua vita.
Il suo più famoso successo, "Il Gattopardo", pubblicato dopo la sua morte nel
1958 , costituì un “caso letterario”, sia per la personalità allora misteriosa
dell'autore, sia per la sua ironica rappresentazione dei mutamenti storici-sociali
del periodo risorgimentale.

TITOLO DELL’OPERA
Il Gattopardo.
Il titolo si riferisce allo stemma del casato dei Salina, che raffigurava un gatto
dalla pelliccia leopardata su fondo blu.

ANNO DI PUBBLICAZIONE
L’opera venne composta tra il 1955 e il 1956, in pochi mesi; ma fu pubblicata
solo dopo la sua morte nel 1958.

GENERE
E’ un romanzo esistenzialista, storico,psicologico, biografico.

TEMI
Accanto al tema fondamentale della valutazione del Risorgimento da parte
dell’autore, sono presenti altri temi, tra i quali quello della morte.
Alla morte di don Fabrizio è dedicato un intero capitolo: essa rappresenta non
solo il trapasso del protagonista, ma la fine di un mondo e in più ricorda la
dimensione precaria della vita stessa, in qualsiasi epoca sia vissuta. La morte
per il protagonista è fonte di angoscia e di orrore, ma al tempo stesso
conquista di pace e di armonia per lo spirito inquieto.

STRUTTURA
La narrazione non si sviluppa in modo ordinato ma procede per blocchi
articolati in modo diverso uno dall’altro.
Proprio per la particolarità del suo intreccio il romanzo presenta differenti
tecniche narrative: l’autore fa uso di sommari, descrizioni,discorsi diretti e
indiretti, non manca la tecnica del monologo interiore.
NOME DESCRIZIONE e RUOLO
biondo, massiccio, alto e imponente, con la
Don Fabrizio Corbera passione dell’astronomia
Moglie di don Fabrizio; piccola e smilza al
Maria Stella in Corbera confronto del marito e sempre pronta a
perdonare le sue scappatelle
Gesuita del casato; bonario e amico del
Padre Pirrone principe
Secondo protagonista; giovane, espansivo
Tancredi Falconieri e dotato per la politica
Suocero di Tancredi; rozzo ma ricco,
Don Calogero Sedara simbolo di una classe sociale in ascesa
Fidanzata di Tancredi; giovane e bella
Angelica Sedara ragazza
Organista di Donnafugata; socievole e
Don Ciccio Tumeo sincero, compagno di caccia e migliore
amico del principe
Figlia di don Fabrizio; irascibile e infantile,
Concetta Corbera innamorata, non corrisposta, di Tancredi
PERSONAGGI PRINCIPALI

TRAMA GENERALE

Il romanzo tratta la storia di un casato nobiliare siciliano durante lo sbarco di


Garibaldi in Sicilia e del suo declino durante gli anni seguenti.La storia comincia
narrando i fatti di casa Salina durante i giorni in cui i Mille sbarcano nell’isola,
quando anche il nipote preferito di don Fabrizio Corbera (il Gattopardo),
Tancredi Falconieri, decide di unirsi ai garibaldini, perché, come egli afferma,
“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.Poco dopo,
finiti i momenti più critici della spedizione di Garibaldi, tutta la famiglia Salina si
trasferisce, come di consuetudine, nella residenza estiva di Donnafugata, dove
il giovane e avvenente Tancredi, conosce Angelica, bella e attraente, che con la
sua grazia e la sua ricca dote convince Tancredi a sposarla e il Gattopardo ad
acconsentire alle nozze. E’ la figlia di don Calogero Sedara, simbolo della nuova
classe emergente di ricchi borghesi, desiderosi di riconoscimento sociale.
Intanto da Torino (capitale del Regno) viene offerto un seggio di senatore al
Gattopardo, che declina l’offerta indicando come più adatto proprio don
Calogero Sedara. Gli anni passano e don Fabrizio corteggia sempre più la
morte, fino a che un giorno del luglio1883 essa cede al suo fascino e lo rapisce
in una misera camera d’albergo a Palermo, dopo un lungo e faticoso viaggio a
Napoli.Le sue tre figlie, zitelle, continuano a vivere ancora nella sontuosa villa
Salina, ormai ricoperta di polvere e di ricordi, uniche superstiti della triste fine
di uno splendido casato.

RIASSUNTO DEI CAPITOLI

PARTE 1 — Maggio 1860

Presentazione del principe Fabrizio di Salina, alle dipendenze del re Ferdinando


delle due Sicilie, monarchia ormai in declino. Era una figura possente e decisa,
capo della sua famiglia e della sua terra, con tutti i servitori. Va a Palermo e poi
torna. La situazione politica è grave: i fermenti di rivolta sono diffusi, e presto
scoppieranno. Anche il suo pupillo scapestrato, Tancredi, vi partecipa: è meglio
che tutto cambi affinché tutto resti com’è: per il bene dei Signori attuali è
meglio alimentare queste rivolte. Lui pensa, e forse è vero così.: alla fine tutto
si risolverà con un cambiamento delle classi al potere. Passa la giornata
successiva con la sua più grande passione: l’astronomia. Poi viene a sapere che
Garibaldi era sbarcato: altri nobili stavano scappando, ma lui era tranquillo.

PARTE 2 — Agosto 1860

Dopo tre giorni di penoso viaggio con il permesso dei garibaldini andò per
passare le vacanze a Donnafugata. Fortunatamente tutto sembrava come
prima, ma la sua innaturale cordialità fu indice del decadimento del suo
prestigio. Fece un giro con l’amministratore e seppe che un uomo stava
diventando ricco quanto lui. Seppe intanto che la figlia Concetta pensava che
Tancredi si fosse innamorato di lei, ma ancora non aveva detto niente. Poi ci fu
la cena offerta dal Principe, ma l’attenzione di tutti fu concentrata sulla figlia di
don Calogero (l’uomo che si stava arricchendo), Angelica, dalla bellezza
indescrivibile. Si ferma a guardare le stelle, uniche perché senza problemi, ma
che presagivano qualcosa di male. Il giorno dopo andò in un convento di
clausura fondato da un’antenata in cui solo lui, maschio, poteva entrare. Poi
vide Tancredi che entrava in casa di Don Calogero.
PARTE 3 — Ottobre 1860

Il principe trascorre le sue serate a caccia, un rituale che non lo soddisfa per i
risultati della caccia stessa, ma per quelle piccole azioni che deve compiere. Il
suo soggiorno li a Donnafugata era pieno di problemi. Intanto Tancredi era a
Caserta, da dove il re era stato cacciato, mandava molte lettere allo zio. In una
si diceva innamorato di Angelica, e chiedeva allo zio di chiederla in sposa in
nome suo. Ne parlò alla moglie che contrariata si infuriò, ma avrebbe
comunque deciso lui. Andò poi a caccia con Don Ciccio, organista. Era nervoso
perché avrebbe parlato con Don Calogero, suo avversario, tra poco:
identificava gli animali uccisi con lui, e poi chiese a Ciccio informazioni: egli
raccontò del giorno del Plebiscito sulla rivoluzione, in cui nonostante lui avesse
votato no, poi Don Calogero, sindaco, aveva detto che tutti avevano votato si.
Poi raccontò della moglie, bella ma ignorante, del suocero, detto Peppe Merda,
e di Angelica, la cui bellezza era indescrivibile. Ne parlò, e quello accettò: il
Principe presentò Tancredi e la sua situazione familiare, Don Calogero parlò
della dote che avrebbe dato ad Angelica. Il Principe fece un sospiro di sollievo:
tutto si era concluso per il meglio.

PARTE 4 — Novembre 1860

Dell’incontro tra i Sedora e i Falconari entrambi cambiano: i primi diventano più


nobili, raffinati; il principe acquista quelle caratteristiche di economicità, che
poi però lo danneggeranno tra il popolo. Uno degli ultimi giorni, mentre il
principe, rasserenato ormai, leggeva alla famiglia dei libri (non belli a causa
delle tante censure), torna Tancredi; i Garibaldini si erano sciolti e lui era
nell’esercito del re di Savoia. Subito arrivò Angelica e le regalò un bell’anello. I
giorni in cui Tancredi e Angelica, insieme girano tutte le stanze del palazzo,
anche quelle più sconosciute (anche dal principe), e con loro era sempre l’Eros.
Arrivò poi un uomo mormorando del prefetto. Era un piemontese, e aveva
paura per ogni cosa che vedeva in Sicilia. Poi l’accoglienza ricevuta a
Donnafugata lo rasserenò. Era venuto per chiedere al principe di partecipare al
nuovo Senato del Regno di Italia. Lui non accettò. Le tante invasioni subite,
avevano spento nei siciliani quella voglia di cambiare ora necessaria: prima era
stato tutto loro imposto. E non volevano neanche cambiare perché credevano
di essere i migliori, perfetti. Inoltre aveva tanti legami con la vecchia
monarchia che per decenza non poteva far parte ora della nuova. Propose
Sedara, che aveva ancora quella voglia di cambiamento necessaria ad un
senatore. Il giorno dopo lo accompagnò alla partenza.

PARTE 5 — Febbraio 1861

Padre Pirrone va a san Cono, paese nativo per i 15 anni dalla morte del padre.
Parla con gli amici e ne dice male della rivoluzione poi con l’erbuario cerca di
spiegare la posizione dei Salina ma si dilunga in astrazioni sulla classe
dominante. Il giorno dopo deve risolvere un’altra disputa in famiglia : una sua
nipote si era fidanzata ed era incinta con un cugino, ma tra I due rami della
famiglia per ragioni antiche (di eredità) non vi era alcun rapporto. Lui riesce a
risolvere la situazione e a portare la pace nella famiglia.

PARTE 6 — Novembre 1862

Uno dei momenti più attesi dall’aristocrazia palermitana erano i balli: l’Italia era
unita, e festeggiavano di trovarsi ancora lì. Questa volta il principe aveva
insistito che ci fossero i Sedara, per presentare Tancredi ed Angelica.
Arrivarono presto, e furono accolti degnamente. Quando arrivò Angelica catturò
l’attenzione di tutti. La festa cominciò ma il principe si annoiava: tutto era
come sempre, e gli altri non avevano i suoi interessi (astronomia, matematica).
Cominciò a vagare per i saloni: era di umore nero. Si rifugia in una piccola
biblioteca, dove, attirato da un quadro, compie una riflessione sulla morte per
lui sempre più vicina. Poi arrivano Tancredi e Angelica, che gli chiede di ballare
con lei. Il principe accettò: ringiovanisce come quando aveva 20 anni. Poi si va
al bauffet, e si siede accanto al generale che aveva ferito Garibaldi nella
battaglia di Aspromonte, e che ora raccontava quella battaglia, e la situazione
politica contemporanea. Poi il ballo si affievolisce. Alle sei tutti vanno via: il
principe preferisce andare a piedi per guardare le stelle, e come ogni mattina
vede il carro di Venere, e chiede ad esso di portarli via con sé lontano dalla
bruttezza della vita terrena.

PARTE 7 — Luglio 1883

Già da tempo aveva capito che la vita stava passando e la morte si avvicinava
ma mai come ora. Era stato a Napoli per un consulto. Al ritorno lo portarono in
un albergo. Era solo attorniato da Tancredi, Paolo, Angelica, il nipote
Fabrizietto, ma in fin dei conti era contento: la sua vita era come dell’acqua,
che pian piano evaporava formando nuvole nel cielo. Chiamarono un prete.
Pensò che della sua vita aveva all’attivo solo due o tre anni. Lo caricarono.
A un certo punto entrò una bella donna giovane (la morte), dopo un tale
corteggiamento da parte sua, ora lei aveva accettato. Lo scorrere dell’acqua
della vita, ormai con la forza di un oceano, si interruppe per sempre. Aveva
capito che con lui era finita la stirpe nobile dei Salina.

PARTE 8 — Maggio 1910

Parecchi anni dopo la villa era diventata ormai proprietà delle tre sorelle
Concetta, Caterina, Carolina (che erano le figlie di Don Fabrizio). Il prestigio di
casa Salina era sempre meno evidente; rimanevano solo ottimi rapporti con
l’arcivescovado. Avevano anche costruito nella villa una cappella e avevano
raccolto delle reliquie e un quadro considerato sacro. Ma ora l’arcivescovo
voleva riportare tutto a una sacralità più pura, e vi avrebbe fatto visita.
Concetta aveva un potere maggiore delle altre, ma aveva voluto rinnegare
tutto il suo passato: Bendicò (il cane) era imbalsamato e tutti i suoi ricordi
chiusi in delle casse. Intanto aveva ottimi rapporti con Angelica (Tancredi era
morto), che ora faceva parte del comitati per i 50 anni da Garibaldi, e l’aveva
invitata in tribuna d’onore. L’arcivescovo venne, cordiale ma freddo, fece
togliere il quadro e fece conservare solo cinque reliquie le altre potevano anche
essere buttate. Concetta (che una volta avrebbe reagito con fermezza dei
nobili) era fredda, non reagiva, si ritirò in camera, fece buttare via Bendicò:
non rimanè più niente del suo passato.

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