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Il libro
L’autrice
Frontespizio
DONNE DI SPADE
Prologo
Il risveglio di Federico
La fuga di Flora
Ritorno a Toledo
La gelosia di Maddalena
Incontro nella scuderia
La ribellione di Margherita
Carlo è inconsolabile
La rivolta di Gand
Il complotto di Maddalena
Lo stupro
Pilar indaga
Agnes cambia vita
Claudia scopre la verità
Il matrimonio di Filippo
Dramma al battesimo
Nasce don Carlos
Agnes è di nuovo sola
Alejandro caccia Maddalena
Agnes rivede Alejandro
Filippo torna in Spagna
Agnes sulle orme del passato
Nuovi incontri per Maddalena
Ruy e la moglie bambina
Filippo sposa Maria “la Sanguinaria”
Il ricatto di Maddalena
Il rapimento di Dorotea
Dorotea è libera
L’omicidio di Gabriel
Agnes rivede Alejandro
L’amante di Claudia
Dorotea rivede Cristian
Carlo V abdica
Il principe degenere
Un altro omicidio
Una rapina finita male
Filippo contro la Francia
La morte di Carlo V
Don Giovanni il bastardo
Gli intrighi di Ana de Mendoza
Agnes fugge da Alejandro
Don Carlos cade dalle scale
La popolarità di don Giovanni
Un amore disperato
Claudia vuole dimenticare
Claudia incontra Guglielmo d’Orange
Claudia rivede Ruy Gomez
I protestanti si ribellano
Il Consiglio dei Torbidi
La tragedia di don Carlos
La battaglia di Granada
Raimunda vuole parlare
Troppo tardi
Copyright
Il libro
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Cinzia Tani
DONNE DI SPADE
ROMANZO
DONNE DI SPADE
Tu eri una colomba dall’anima gigante
il cui nido fu sangue di terra castigliana.
Diffondesti il tuo fuoco su un calice di neve
e al volerlo attizzare ti spezzasti le ali.
Isabella sospira: «Sì, ho saputo del suo suicidio per amore. E vostro
figlio Alejandro? L’imperatore lo stima moltissimo… Io lo vidi
combattere in un torneo insieme a vostro fratello Gabriel. Un ragazzo
davvero audace!».
«L’imperatore l’ha mandato in Italia dalla figlia Margherita.»
«Che storia! Mio figlio mi ha scritto che Margherita non è felice
neppure con il secondo marito…»
«È troppo giovane per lei. La capisco… Alejandro verrà qui presto.
Ma non voglio stancarvi troppo. Se permettete tornerò a trovarvi.»
«Mi farà un immenso piacere e portatemi la piccola Claudia, voglio
conoscerla.»
Prima che Alejandro torni a corte, Gabriel realizza la sua parte del
piano concordata con Maddalena. Al tavolo da gioco ha notato un
cavaliere che cerca di rifarsi per pagare i numerosi debiti. Lo conosce,
sa che è un giovane scapestrato, amante delle donne e sempre alla
ricerca di denaro.
Lo ferma e gli fa una proposta: «Pagherò tutti i vostri debiti se mi
farete un favore».
L’uomo è sorpreso ma vuole sapere di che si tratta.
«Spesso giocate con il marchese Ricardo Morela. Vorrei che tra le
chiacchiere intorno al tavolo gli faceste sapere che Agnes parla spesso
di lui. Non ha accettato la sua corte nel timore che si sparli di lei,
adesso che la regina è morta e non può proteggerla, ma pensa che il
marchese sia l’uomo ideale da sposare.»
«Devo fare solo questo?» si stupisce l’uomo.
«Sì, solo questo. Ma fate in modo di essere creduto dal marchese.»
L’uomo accetta immediatamente. È un piccolo favore in cambio dei
suoi debiti saldati e una sera che si trova al tavolo con Ricardo Morela
gli sussurra quanto ordinato da Gabriel.
A questo punto deve intervenire Maddalena. Ha visto Alejandro
tornare a corte e sceglie la stessa sera per agire. Sa che lui e Agnes
sono abituati a incontrarsi di notte nelle scuderie, e dopo la lunga
assenza di Alejandro non mancheranno il loro primo appuntamento.
Manda un biglietto al marchese Ricardo dicendo che ha bisogno di
parlargli e che lo aspetterà alle scuderie, poi firma con il nome di
Agnes. Inoltre, chiede a Gabriel di intercettare il nipote e fargli
perdere qualche minuto.
Ricardo è stupito dal biglietto, ma essendo un uomo molto sicuro di
sé e del proprio fascino pensa che Agnes finalmente abbia deciso di
cedergli. Aveva chiesto anche all’imperatrice di intercedere per lui, il
miglior cavaliere a corte, ricco e di nobili origini, e lei aveva promesso
di parlarne con Agnes. Infatti l’aveva fatto, ricevendo da lei un gentile
diniego.
«Maestà, io sono innamorata di un altro da tanto tempo» aveva
risposto Agnes.
«Credo di aver capito di chi si tratta. È un bellissimo giovane, è
nobile anche lui perché discende dagli Acevedo. Mio marito mi ha
raccontato delle prodezze durante la battaglia di Tunisi, in cui si è
fatto valere. Ma non è piccolo d’età per voi?»
«Ho due anni più di lui ma per noi non conta. Credo che mi
chiederà di sposarci.»
«Bene, vi darò la mia benedizione.»
Isabella aveva convocato Ricardo per riferirgli le intenzioni di
Agnes, ma lui aveva sottovalutato la loro relazione, ritenendosi
migliore di Alejandro.
L’uomo si presenta alla scuderia in anticipo e immagina l’incontro
che sta per avvenire. Intanto Alejandro freme per lasciare Gabriel, che
gli fa troppe domande sul suo viaggio e sulla visita alla madre.
Quando Agnes arriva nella scuderia si stupisce nel vedere il
marchese invece di Alejandro. Impaziente, Ricardo non menziona il
biglietto ma si avvicina per abbracciarla.
«Finalmente!» le dice.
Agnes è confusa, non capisce. Rimane qualche secondo immobile
prima di divincolarsi e chiarire l’equivoco, non vuole offendere un
cavaliere protetto dall’imperatore. Quei secondi sono troppi perché
Alejandro, entrando nella scuderia, non li veda abbracciati. Agnes si
stacca bruscamente da Ricardo e corre da Alejandro per spiegarsi, ma
lui si è allontanato velocemente. Nel giardino c’è altra gente e lei non
vuole metterlo in imbarazzo, perciò smette di inseguirlo.
Il giorno dopo lo cerca per parlargli, ma viene a sapere che
Alejandro ha sfidato a duello il marchese. Teme per la sua vita;
Alejandro non ha l’esperienza di Ricardo, considerato il più famoso
spadaccino dell’imperatore.
Il duello si svolge in una sala in cui i cavalieri si esercitano di solito
con la spada. I contendenti si mettono uno davanti all’altro, ciascuno
con un padrino. Alejandro ha chiesto a Federico di accompagnarlo, e
Federico ha accettato, ma con riluttanza. Non vede la ragione di quella
disputa. Un terzo decide di fare da arbitro perché l’imperatore, venuto
a sapere della contesa, pur non proibendola ha ordinato che non vi
siano uccisioni.
Alejandro, animato da una grande rabbia, manca di perizia nel
duellare, mentre Ricardo assesta colpi prevedibili ma velocissimi. Non
ci sono donne ad assistere, a parte Agnes. Diverse volte Federico ha la
tentazione di intervenire perché si accorge che Alejandro è in
difficoltà. Il nipote ha dimostrato coraggio e intraprendenza nei
combattimenti a cavallo, ma non si è mai esercitato molto nella sala
d’armi.
Sono entrambi belli, alti e atletici ed è un piacere per il pubblico
seguire il combattimento, nonostante l’odio che anima i rivali.
Proprio l’odio spinge Alejandro a un fendente che viene fermato
dall’avversario, finalmente libero di colpirlo alla spalla. Alejandro
cade a terra mentre il sangue esce copiosamente dalla ferita. Per
scherno Ricardo si avvicina e gli punta la spada alla fronte, ridendo.
Nella memoria di Alejandro sarà questa risata il momento più
doloroso e Federico se ne accorge notando gli occhi lucidi di pianto
del nipote. Chiama i medici con una barella perché lo portino
nell’infermeria e si occupino della spalla. Ha una brutta ferita che
viene prontamente ricucita, ma dovrà rimanere diversi giorni a letto.
Federico gli è vicino quando si riprende.
«Perché hai sfidato il marchese? Era chiaro che avresti avuto la
peggio!»
«Dovevo farlo per il mio onore. Ha corteggiato Agnes durante la
mia assenza, sapendo che era fidanzata con me. Mi hanno riferito che
la stessa imperatrice gli aveva parlato di noi cercando di dissuaderlo
dall’avvicinare ancora la sua damigella tedesca.»
«Corteggiare non vuol dire niente. Non sarà stato l’unico, Agnes è
molto bella!»
«Li ho visti insieme, abbracciati, nella scuderia.»
«Perché sei andato nella scuderia?»
«Ci vediamo lì la notte, quando non c’è gente in giro.»
Federico riflette qualche minuto.
«Io penso che le cose siano andate diversamente. Agnes non è tipo
da farsi trovare abbracciata a un altro quando ha appuntamento con
te. Rifletti, parlaci e non prendere decisioni affrettate.»
«Tu non l’avresti sfidato a duello?»
«No… avrei cercato prima di conoscere la verità. Ma voi Acevedo
siete diversi, impulsivi, rabbiosi…»
«Anche tu sei un Acevedo!»
«No. O almeno non del tutto. Sono figlio di tuo nonno ma anche di
Raimunda. Una donna del popolo, sicuramente più saggia di molti
nobili.»
Alejandro è profondamente irritato perché Federico sta toccando un
punto vulnerabile. Per tutta la vita ha cercato di essere diverso da
Gabriel, di non avere mai scatti d’ira, di non farsi prendere dalla
rabbia.
«Vuoi paragonarmi a Gabriel? Io non sono come lui. Neppure mio
padre era un Acevedo.»
«Tuo padre era un nobile guerriero danese. E sicuramente ti è
mancato avere accanto una figura maschile come la sua… invece
secondo me sei stato troppo tempo con Gabriel.»
«È stato lui a insegnarmi tutto!»
«E ti ha condizionato con il suo carattere privo di controllo.
Comunque, che cosa vuoi fare con Agnes?»
«Dille che non voglio più vederla.»
«Sei sicuro? Se tu sei orgoglioso, anche lei lo è, lo sai. Se le riferirò
questo messaggio, sarà come morta per te…»
Alejandro è combattuto tra il desiderio di vedere Agnes e quello di
farla soffrire come ha sofferto lui scoprendola tra le braccia di un altro.
«Sono sicurissimo» risponde, lasciando ricadere la testa sui cuscini.
Federico abbandona la stanza sconfortato. Eccolo il carattere degli
Acevedo, pensa, è inutile che Alejandro lo neghi. Ostinazione,
orgoglio, impeto.
Riferisce il messaggio ad Agnes, in attesa lì fuori, e aggiunge che è
molto dispiaciuto per come si sono messe le cose.
«Io non ho nessuna colpa» afferma lei. «Credimi almeno tu! Non
avevo dato appuntamento al marchese nella scuderia… deve essere
stato qualcun altro. E non gli ho mai dato speranze, perfino
l’imperatrice mi aveva parlato delle sue intenzioni e io le ho risposto
che amo Alejandro.»
«Ti credo e posso anche immaginare cosa sia successo. Qui hai due
nemici, Gabriel e Maddalena. Secondo me hanno organizzato
qualcosa che cercherò di scoprire. Ma per ora non c’è niente da fare.
Alejandro ha subito un’umiliazione nel duello davanti a molta gente.
Non credo che faresti bene a vederlo adesso. Aspetta che si
ristabilisca.»
«Aspetterò… ma non per sempre!»
Pilar aspetta diversi giorni che il figlio si faccia vivo poi, preoccupata,
parte per Valladolid. Cerca Rafael ovunque, in locande e taverne, e
infine va a corte a parlare con Maddalena.
«So che dovevate incontrare mio figlio…» afferma senza preamboli.
«Vostro figlio? No, non l’ho visto.»
«Non è possibile! È partito molti giorni fa e qui conosceva solo
voi…»
«Vi ripeto che non ci siamo incontrati. Avrà trovato una scusa per
allontanarsi da Toledo. Forse doveva vedere qualcun altro.»
«Non aveva conoscenze qui…»
«Voi non potete saperlo. Rafael è un uomo ormai e non vi dirà
sempre tutto!»
Pilar se ne va insoddisfatta, è convinta che Maddalena le stia
mentendo, anche se non ne capisce il motivo. Sa bene che l’ultima
volta che è stata a Toledo lei gli ha promesso qualcosa, altrimenti
perché Rafael avrebbe voluto raggiungerla?
Continua a cercarlo negli ospedali, temendo un incidente, infine si
rivolge alle guardie che, ascoltata la sua denuncia, la portano
all’obitorio, dove si trovano i corpi senza identità. Le mostrano due
cadaveri che dovrebbero corrispondere alle descrizioni che ha dato la
donna. Quando uno dei due viene scoperto, Pilar cade a terra svenuta.
Ripresa coscienza e bevuta dell’acqua, lascia l’obitorio e cammina
per la città senza meta. Torna poi dalle guardie, che le spiegano dove
hanno trovato il corpo e le restituiscono la borsa del ragazzo. Lei va a
parlare con il proprietario della locanda.
«Sì, ho scoperto io il corpo. Ho chiamato subito la sicurezza ma non
sapevo chi avvertire.»
«L’ha visto insieme a qualcuno la sera prima?»
«Io non c’ero. Ho già chiesto ai servitori ma il locale era pieno e non
mi hanno saputo dare una risposta. Mi dispiace.»
«Vi ha detto che sarebbe rimasto molti giorni?»
«Ha pagato per due notti e poi mi avrebbe fatto sapere se
prolungare la permanenza oppure no.»
Pilar organizza il trasporto della salma di Rafael a Madrid, vuole
seppellirlo nella città in cui è nato. Poi tornerà a Valladolid a indagare.
Dopo il funerale del figlio, Pilar è tornata a Valladolid per parlare con
Maddalena. Le riferisce che Rafael è stato ucciso nella locanda in cui
alloggiava.
Maddalena finge benissimo un dolore che non prova e poi chiede:
«Chi può averlo fatto? Forse qualcuno ha voluto derubarlo?».
«Non aveva molto denaro con sé. Solo quello che gli sarebbe
bastato per rimanere in città qualche giorno.»
«A volte si ruba per pochi spiccioli…» commenta Maddalena.
«L’assassino stia attento perché io lo troverò!» minaccia Pilar prima
di andarsene.
Non ha prove contro di lei eppure è convinta che Maddalena
sappia molto più di quanto affermi.
Torna nella locanda in cui è morto il figlio e chiede ancora al
proprietario se ha visto qualcuno entrare nella stanza di Rafael.
«No, signora. Nessuno da quando è arrivato a quando, purtroppo,
l’ho trovato morto. Qualcuno deve essere venuto di notte o ha finto di
salire in un’altra stanza mentre io ero assente. Non so che dirvi. Non
era mai successa una cosa simile nella mia locanda.»
Pilar lascia un avviso all’uomo, si tratta di una ricompensa per
chiunque abbia notizie relative alla morte di Rafael. Poi prende anche
lei una stanza e aspetta che qualcuno si faccia avanti.
Il mese successivo Maddalena dà la notizia a Flora: «Sono incinta di
Alejandro…».
«Per quella notte?»
«Sì, quella. Una sola notte. Speravo di legarlo a me nell’intimità ma
non è stato così. Adesso mi tratta con distacco.»
«Non dovevi prendere l’iniziativa. Ti avevo avvertita.»
«Era l’unico modo per capire i suoi sentimenti, visto che lui non
faceva il primo passo.»
Flora è sinceramente addolorata per la cugina, nonostante abbia
ucciso un uomo lei è rimasta pura e onesta, non potrebbe immaginare
che Maddalena porti avanti un progetto malsano per legare a sé
Alejandro. In parte però si sente in colpa, è stata lei a farlo bere al
banchetto, come le aveva chiesto la cugina.
Sofia riceve una lettera dal figlio. Alejandro le scrive brevemente che
Maddalena è incinta, che il bambino è suo perché una notte in cui,
contrariamente alle proprie abitudini, aveva bevuto troppo lei si è
infilata nel suo letto.
Sofia alza lo sguardo dalla lettera e lo sposta su Agnes, che sta
leggendo in giardino accanto a lei.
Poiché il figlio le chiede un consiglio gli risponde che, anche se non
la ama, dovrà sposare Maddalena. Ammira Alejandro anche per
questo, avrebbe potuto negare di essere il padre del bambino e tutti gli
avrebbero creduto, invece la sua onestà lo obbliga a domandare un
parere alla madre.
Questo mette fine ai suoi sogni di vederlo insieme a una donna
scelta per amore. Inoltre, non sa come dirlo ad Agnes. Comincia a
pensare che la ragazza abbia ragione a sospettare che Maddalena
abbia architettato tutto per conquistare Alejandro e forse… forse è
veramente lei la responsabile della morte di Rafael.
Scrive alla sorella per avere un consiglio e Manuela le risponde
come immaginava, non c’è altra soluzione che il matrimonio.
Anche Federico è della stessa opinione, quando Alejandro si rivolge
a lui.
«So come ti senti ma vivi alla corte dell’imperatore e il dovere ti
impone di sposare la donna che aspetta un figlio da te.»
Federico ne parla con Gabriel, che sul momento si infuria e inveisce
contro quella strega di Maddalena ma poi, rimasto solo, si rende conto
che anche lui ha complottato contro l’amore di Alejandro e Agnes, ed
è stato uno sciocco a non comprendere quali sarebbero state le
conseguenze.
Il pensiero di averla come una di famiglia non lo fa dormire, ma poi
pensa che l’alternativa sarebbe stata Agnes, e in questo caso il
fantasma di Nicolò avrebbe continuato a perseguitarlo.
Anche lui consiglia al nipote di sposarsi al più presto e di farlo in
modo discreto. Non ha alcuna intenzione di assistere al matrimonio e
spera che non avvenga a Valladolid.
Alejandro si rende conto che tutti gli danno lo stesso parere. Sorride
amaramente tra sé. Per anni ha amato Agnes, sognando il momento di
chiederle di sposarlo, e invece il loro amore gli si è sgretolato fra le
mani. Adesso è ridotto come tutte quelle figlie di reali che sposano
uomini scelti da altri per ragioni politiche.
Quando con delicatezza Sofia dà la notizia del matrimonio ad
Agnes, la vede impallidire e teme che si senta male. Ma lei si riprende
subito. Il viso si indurisce mentre afferma che immaginava qualcosa
del genere e chiede di non parlarne più. Vuole solo sapere dove si
svolgerà la cerimonia nuziale.
«Alejandro verrà qui con Maddalena, pretende una cosa semplice,
senza invitati…»
«Mi avvertirete quando sarà il momento, così lascerò la città.
L’ultima cosa che desidero è vederli insieme in abiti nuziali!»
Agnes ha anche la forza di sorridere e Sofia la ammira una volta di
più. Le risponde che appena il figlio le comunicherà la data la riferirà
anche a lei. Agnes si sofferma qualche minuto a immaginare
Alejandro sposo, che accoglie all’altare una donna che ha sempre
detestato. Un destino infelice quanto il suo. Forse anche di più, visto
che lui dovrà frequentare Maddalena, mentre lei sarà libera di
scegliere dove e con chi vivere.
Si rende conto che manca qualcosa. Ha appena usato nella sua
mente la parola “detestato” pensando ai sentimenti di Alejandro per
Maddalena. Ma allora perché la sposa? Si volta di scatto verso Sofia,
che intuisce il suo ragionamento: «Sì, Maddalena aspetta un bambino.
È solo per questo che mio figlio ha deciso di sposarla. Mi ha scritto di
averle ceduto una sola volta, dopo aver bevuto molto a un
ricevimento. Tu sai che Alejandro non ama bere… Non so cosa sia
successo. Quando lei gli ha detto di essere incinta, mi ha scritto per
chiedermi un consiglio e io gli ho risposto che se il bambino è suo
deve assolutamente sposarne la madre».
«Se il bambino è suo…»
«Pensi che non lo sia? Pensi che lei lo stia ingannando?»
«Non mi stupirebbe, ma sarà difficile trovare le prove. Alejandro è
profondamente onesto e ingannarlo è quasi un crimine. Non sarebbe
accaduto niente se mi avesse creduta…»
Sofia è d’accordo con lei e si domanda come abbia fatto il figlio a
essere così debole e ingenuo.
«Comunque mi ha anche scritto che dopo la nascita del bambino
raggiungerà l’imperatore. Sarà quel giorno che dirò la verità a
Claudia.»
Agnes cambia vita
L’8 luglio 1545 nasce il primo figlio di Filippo, Carlos. Dopo aver
partorito il suo unico maschio, Maria Emanuela sta male, ha la febbre
altissima e le convulsioni. Il bambino ha una leggera deformità
craniale dovuta, probabilmente, alle manipolazioni dei medici al
momento della nascita. Questo problema viene messo da parte per le
condizioni gravi in cui versa Maria Emanuela.
Claudia, la sua damigella, ne parla con Alejandro, incaricato della
scorta di Filippo.
«È così giovane! Non voglio che muoia!»
«I medici ci hanno dato poche speranze… Ha la febbre altissima e
una forte emorragia.»
Tre giorni dopo Maria Emanuela muore. Filippo è devastato dalla
sua scomparsa, si chiude nel monastero di Abrojo e non vuole ricevere
nessuno. Ripensa alle lettere che gli scriveva il padre in cui lo pregava
di essere più affettuoso in pubblico con la moglie. Si sente in colpa per
non averlo fatto. Quando l’ha sposata lei aveva solo diciassette anni,
troppo giovane e inesperta per lui, abituato all’amore di Isabel Osorio.
Sono in molti a dubitare che amasse veramente la moglie, visto che
da tempo si parlava di una sua relazione con la bellissima dama di
corte. Isabel ha origini nobili ma è rimasta orfana giovanissima ed è
stata allevata dallo zio. È stata dama di compagnia dell’imperatrice, e
alla sua morte è passata al seguito della figlia Maria. Proprio nella
reggia di Toro, dove si trovava anche il giovanissimo Filippo, è
iniziata la loro relazione.
Carlo riceve lettere dai consiglieri del figlio ed è molto preoccupato
per le voci che riguardano Filippo e Isabel, ma anche lui in questi
giorni, mentre si trova a Ratisbona, cede alla bellezza della
diciannovenne Barbara Blomberg.
Barbara, che ha capelli biondi e occhi scuri, è la primogenita di un
maestro sellaio e incontra l’imperatore nel maggio del 1546, mentre lui
sta tentando ancora una volta di risolvere il conflitto tra cattolici e
protestanti. In realtà, disperando di trovare una soluzione, Carlo ha
organizzato una Dieta per confondere i protestanti, mentre prepara
una guerra contro di loro.
Barbara riesce a distrarlo e Carlo vive con lei una breve e passionale
relazione. Senza sapere che la ragazza è rimasta incinta, l’imperatore
lascia Ratisbona e va a Roma dove, nella Basilica di Sant’Eustachio, si
svolge il battesimo di Alessandro, uno dei gemelli partoriti da sua
figlia Margherita l’anno prima. L’altro è morto pochi giorni dopo la
nascita.
Come Carlo aveva previsto nel più buio degli incubi, il duca
d’Orléans, terzogenito del re Francesco I , muore e la Francia pretende
Milano.
Il delfino Enrico da qualche tempo si era riconciliato con il fratello
ed era andato con lui a Boulogne-sur-Mer assediata dagli inglesi.
Erano arrivati il 4 settembre al campo del re, tra Abbeville e
Montreuil, proprio nel momento in cui la regione era infestata dalla
peste. Poiché il suo appartamento non gli piaceva, Charles aveva
scelto una casa dove alcune persone erano appena morte per la
terribile epidemia.
Enrico lo aveva messo in guardia del pericolo e lui aveva risposto
ridendo: «Non è mai accaduto che un figlio della Francia sia morto di
peste».
Si era poi sdraiato su un letto infetto e aveva iniziato una battaglia a
cuscinate con i suoi compagni. La forte febbre era subentrata quasi
subito e i soldati avevano impedito al delfino di assisterlo per timore
del contagio. Era stato permesso solo al padre di salutarlo e quando il
figlio preferito aveva chiuso gli occhi per sempre era caduto a terra
svenuto.
Diverse persone sostengono che il delfino abbia fatto avvelenare il
fratello, ma non osano dire nulla assistendo al dolore incontenibile del
re.
L’astio di Francesco nei confronti di Enrico aumenta. Critica la
fedeltà assoluta alla sua amante Diana di Poitiers e le umiliazioni che
riserva a Caterina de’ Medici. Lui ammira l’italiana e non vorrebbe
vederla soffrire, mentre considera Diana un’intrigante e teme che il
figlio si lasci condizionare da lei.
Una sera, durante una cena con gli amici, Enrico fa l’elenco delle
persone che vuole accanto quando sarà re. Fra queste c’è Anne de
Montmorency, che Francesco I ha allontanato nel 1541 perché non
condivideva le sue idee su una rappacificazione con l’imperatore.
Alcune parole del delfino, alle quali si aggiungono insulti verso il
padre, vengono riferite al re da una spia. Francesco corre a casa del
figlio ma non lo trova. Vede i resti della cena e rovescia tutto in terra,
gettando piatti e bicchieri contro i servi, tanto che alcuni di essi
fuggono dalla finestra.
Enrico non si fa vedere per un mese.
Carlo V torna in Germania perché i principi protestanti del Sacro
Romano Impero – che hanno affermato la propria autonomia sia sul
piano religioso, sia su quello politico, costituendo la Lega di
Smalcalda – gli hanno chiesto il riconoscimento ufficiale della loro
posizione. L’imperatore ottiene l’appoggio di Maurizio di Sassonia,
della casa di Wettin, cugino dell’Elettore di Sassonia Giovanni
Federico, per radunare un esercito. Inaspettatamente trova un alleato
imprevedibile: Martin Lutero.
Il riformatore continua a vivere a Wittenberg, mangiando e
bevendo troppo, circondato dai suoi discepoli. Ha perso molta della
sua credibilità quando ha permesso a Filippo d’Assia di essere
bigamo, non vedendovi alcuna offesa verso Dio.
La lega che si sta formando contro l’imperatore è ostile a tutti i suoi
principi, così decide di riunire i fedeli a favore del sovrano contro gli
altri aderenti alla Riforma. I tedeschi luterani sono disorientati, non
sanno da che parte schierarsi.
Intanto il concilio tanto voluto negli anni passati da Carlo V
dovrebbe riunirsi a Trento, città scelta dal papa perché a metà strada
tra l’Italia e la Germania. Ma l’imperatore pensa che sarà difficile far
accettare agli eretici le decisioni del concilio, prima bisogna batterli.
Scrive al figlio che gli occorre altro denaro. Filippo non sa che fare,
non può chiedere consiglio al duca d’Alba perché si trova con suo
padre e così si consulta con il fedele Ruy Gomez.
«Mio padre mi chiede denaro ma la nostra situazione è disastrosa.
Non posso pagare neppure i vestiti alle mie sorelle! Quando gli ho
risposto che non è possibile mi ha suggerito una serie di prestiti
forzosi imposti a mercanti e nobili.»
«Vostro padre ha ragione. Vi farete dare tutto l’oro e l’argento!»
Alla fine ciò che riesce a raccogliere non è molto, perché le monete
preziose sono state ben nascoste dagli spagnoli che non vogliono
privarsene.
Quando Claudia viene a sapere della morte di Tomás, parte per Toro.
Vuole stare vicino ad Agnes finché non avrà il bambino. La conosce
abbastanza da sapere che non la troverà in lacrime, la sorellastra è la
donna più forte che abbia mai conosciuto.
Come immaginava, Agnes è nella scuderia a strigliare il suo
cavallo, non a letto a piangere. Dopo essersi abbracciate, Agnes
afferma con rammarico che la gravidanza le impedisce di cavalcare.
«Sai, per me il cavallo è benefico, quando galoppo in campagna i
pensieri tristi svaniscono. Ma adesso devo tenermeli.»
«Hai anche un pensiero positivo, fortunatamente. Il bambino che
sta per nascere.»
«E che non avrà un padre.»
«Mi dispiace così tanto. Ero felice quando vi siete sposati! Credevo
che finalmente avresti dimenticato Alejandro e saresti stata serena.»
«Be’ la serenità non è un sentimento che mi appartiene. Posso
essere felice o triste, amareggiata o rabbiosa, mai serena. E poi non ho
dimenticato Alejandro, e credo che non lo dimenticherò mai. È il mio
primo amore. Certo, ho amato Tomás, ma era diverso. Sono stata
fortunata ad avere accanto un uomo come lui, anche se per poco.»
Claudia osserva Agnes con il ventre ingrossato e le sembra una
stranezza. L’ha sempre vista come una via di mezzo tra una ragazza e
un ragazzo, alta, i fianchi stretti, i capelli corti. La sua vitalità, i modi a
volte bruschi, la bravura a cavallo e nei tornei sono l’opposto della
calma morbidezza di una gravidanza.
Nonostante per gli estranei Agnes sia sempre uguale a se stessa,
imperturbabile e distaccata, Claudia ha imparato con il tempo a
leggerle le emozioni nello sguardo.
Sono entrambe molto belle ma di una bellezza diversa. Claudia è
identica alla madre Octavia, non molto alta, le curve dolci, un viso
delicato dalla pelle bianchissima. Agnes ha preso dalla madre l’altezza
e il corpo asciutto e forte, gli occhi azzurro chiaro. Nessuna delle due
ha qualcosa del padre, Nicolò, se non l’intraprendenza, l’impulsività,
il coraggio.
Filippo parla con Ruy Gomez della proposta che gli ha fatto il padre e
gli chiede la sua opinione: «Pensate che sia una buona idea? Gli inglesi
sono tutti contrari al matrimonio di Maria Tudor con uno spagnolo».
«Il legame con l’Inghilterra è molto importante per la nostra
economia. Da parte sua, Maria sarà contenta di rafforzarsi contro la
cugina Maria Stuarda, la regina di Scozia che ha sposato il delfino di
Francia.»
«Ma ha trentasette anni e io ventisei!»
«Vedrete che lei stessa sarà sorpresa della vostra offerta di
matrimonio. So che è vergine e ormai da tempo ha rinunciato
all’amore.»
Effettivamente stupita ma anche lusingata, Maria chiede a Filippo
un ritratto e lui le manda una copia del quadro che ha dipinto Tiziano,
quello che ama di più.
La regina si rende conto benissimo che Filippo sarà deluso
vedendola. Ha undici anni più di lui, è bassa e grassottella, con un
viso privo di attrattiva. Eppure, dopo aver visto il ritratto del re è
decisa a sposarlo, nonostante il malumore dei cittadini e malgrado
tutti i suoi consiglieri si oppongano al matrimonio con uno straniero.
Neanche Filippo è entusiasta della scelta dopo aver ricevuto a sua
volta un ritratto della regina, ma come sempre si sottomette al volere
paterno.
A fomentare l’opposizione a Filippo è soprattutto l’ambasciatore
francese François de Noailles, vescovo cattolico. Il re di Francia Enrico
II l’ha mandato in Inghilterra con lo scopo di capire se Maria Tudor è
disposta a fare da mediatrice fra la Francia e la casa d’Austria.
Il Consiglio reale e la Camera dei Comuni chiedono a Maria di non
sposare il re di Spagna ma lei riesce a ottenere un mite consenso
quando fa redigere un contratto secondo il quale Filippo non prenderà
decisioni per l’Inghilterra né la coinvolgerà in una sua guerra. Se
Maria morirà prima di lui, il consorte perderà tutti i diritti.
Mentre attende l’arrivo di Filippo, la regina scopre una
cospirazione contro di lei e ordina di giustiziare tutti i responsabili,
atto che fa inorridire l’imperatore, il quale raccomanda al figlio di
mitigare la ferocia della moglie.
«La chiamano già Maria la Sanguinaria!»
Filippo teme di rovinarsi la vita con una donna vecchia e crudele.
«L’imperatore vuole allearsi con l’Inghilterra» afferma Ruy,
cercando di risollevare il re che è di umore tetro. «Maria Tudor si è
fatta proclamare regina nel Norfolk e ha marciato su Londra. I
protestanti sono scomparsi al suo passaggio. L’ha fatto per dimostrare
che vuole ricondurre il suo popolo alla Chiesa e quindi di meritare il
matrimonio con voi.»
«Voi che ne pensate?»
«Sarà complicato. Maria è la figlia di Caterina, la sorella di vostra
nonna Giovanna, ripudiata da Enrico VIII . Siete consanguinei.»
«Non è stata sempre questa l’usanza degli Asburgo? Sposarsi tra di
loro?» commenta amaramente Filippo.
«Comunque tranquillizzatevi, non dovrete vederla molto.»
«Lo so, sarò spesso in viaggio.»
«Cosa farete con donna Isabel?»
«Sarò costretto a dar via la casa in cui ho vissuto con lei per quasi
dieci anni e non vederla più. Isabel ha già detto che entrerà in
convento.»
Nonostante Filippo sia un uomo freddo e riservato, con Ruy si è
sempre confidato. Quando era piccolo osservava il suo paggio e
pensava che fosse migliore di lui in tutto, eppure sarebbe rimasto
sullo sfondo della storia.
Anche adesso invida Ruy, perché è brillante, sa affascinare uomini
e donne con parole che vengono da un’intelligenza non comune. È
simpatico a tutti, è invitato ovunque e quando parte lascia un vuoto
nella corte.
E lui? È troppo rigido, lento nel prendere le decisioni, severo verso
gli altri e verso se stesso. Sa bene di non essere amato dal popolo e
neppure dai suoi consiglieri.
Ruy riflette sulla situazione di Filippo, che deve lasciare l’unica donna
che abbia amato per sposare una regina che non ha nulla per piacere a
un uomo, se non il potere. Pensa a Claudia, che per lui non può essere
che un’amante. La situazione non è molto diversa da quella di Filippo,
sa che presto il re gli chiederà di sposare una donna di sua scelta e lui
non potrà opporsi.
Nel tempo che gli rimane prima di seguirlo in Inghilterra cerca di
vederla il più possibile. È straziante per entrambi non sapere quando
si incontreranno di nuovo.
«Io non voglio tenerti legata a me. Sei giovane e bella, quando
partirò dovrai dimenticarmi.»
«Tu mi dimenticherai?»
«No.»
«Allora perché dovrei farlo io?»
«Perché penso che vorrai avere una famiglia, dei figli…»
«Non al momento, tu riempi tutti i miei spazi e non ho voglia di
altro.»
Ruy non è convinto, sente che dovrebbe prendere lui l’iniziativa e
lasciarle vivere la sua vita.
Come immaginava, ben presto arriva un ordine del re.
«Filippo vuole che io mi sposi» comunica a Claudia pieno di
amarezza.
Lei rimane in silenzio nel suo letto, ma mentre lui si veste volta la
testa dalla parte opposta per non fargli vedere le lacrime. Ruy si siede
di nuovo accanto a lei e la prende fra le braccia.
«Ha tredici anni, è solo una bambina. Tu sei la mia sposa.»
«Perché non posso esserlo veramente?»
«Perché io devo fare quello che mi ordina il re, e lui vuole un
legame con l’ereditiera di una delle più importanti famiglie della
nobiltà castigliana.»
«Dunque è una questione di denaro…»
«Anche politica. È la figlia di Diego Hurtado de Mendoza, primo
duca di Francavilla.»
«È una questione di denaro e di potere.»
«Mi hanno detto che ha perso un occhio. Porta una benda…»
La dichiarazione interrompe il pianto di Claudia.
«Come, le manca un occhio?»
«Sì. L’ha perso quando era piccola esercitandosi alla scherma. Non
devi preoccuparti. Noi staremo sempre insieme e io amerò solo te.»
«Lo dici adesso…»
«Perché lo penso adesso, ma sono sicuro che lo penserò anche in
futuro. Comunque, ci sposeremo fra un anno.»
«Dunque non la incontrerai prima di allora…»
«Devo incontrarla fra una settimana. Filippo vuole che conosca la
famiglia. Ricordati che passerà molto tempo prima che il matrimonio
venga consumato.»
Passano altri due mesi finché arriva il giorno in cui Natal chiede a
Cristian di condurre la ragazza in un angolo isolato della città, con la
scusa di doverle mostrare qualcosa: ad attenderli ci saranno lui e Félix.
Dorotea è incuriosita da ciò che Cristian vuole mostrarle.
«Dammi almeno un indizio!»
«No, è una sorpresa. Vedrai che ti piacerà…»
Cristian odia il padre e lo zio che lo costringono a fare qualcosa che
gli ripugna. Odia soprattutto Maddalena, che ha avuto questa idea.
Inizialmente era d’accordo sulla vendetta nei confronti di Gabriel e
Federico, ma pensava che riguardasse il padre e Félix, poi ha capito
che Maddalena li aveva convinti a chiedere un riscatto alla cugina e
che la vendetta era rimandata.
Quando il padre gli ordina di fare qualcosa, anche se si tratta di
un’azione illegale, esegue il compito senza farsi domande. Per questo
ha accettato di aiutarlo a rapire Dorotea, ma ancora non la conosceva.
Adesso è diverso, sente di essersi innamorato di lei e non vuole farla
soffrire.
Ci pensa mentre la sta conducendo verso l’abisso ed è tentato di
cambiare strada e rinunciare. Sa però che se non la porterà nel punto
stabilito saranno botte, e quindi ubbidisce.
Nei pressi di una chiesetta di campagna che nessuno frequenta più,
Cristian invita Dorotea a chiudere gli occhi per un minuto e subito
dopo si allontana per non dover assistere al rapimento. Natal e Félix
gettano una coperta sulla ragazza e la stordiscono con una botta in
testa. Poi la infilano in un baule e la portano via su un carretto. Per
tenerla prigioniera hanno scelto una baracca abbandonata in mezzo
alla campagna.
Félix e Maddalena vanno a Madrid per non destare sospetti,
qualcuno potrebbe riconoscere lei per le strade di Valladolid. Il piano
è tenere Dorotea rinchiusa finché Flora non si deciderà a pagare il
riscatto. Quanto a Federico, che soffra pure per la sua scomparsa! Poi
la lasceranno libera.
Cristian non teme per sé, visto che ha dato al cuoco una falsa
identità e ha inventato una storia della sua vita che non corrisponde
alla verità. È lui che porta cibo e acqua a Dorotea appena si riprende
dal colpo che ha ricevuto alla testa.
«Che cosa è successo? Dove mi trovo?»
«Mi dispiace… non posso dire niente.»
«Ma chi è stato a colpirmi? Tu eri vicino a me… ma non sei stato
tu!» Dorotea si ferma a riflettere e poi afferma: «Mi hai condotta in
quel posto perché qualcuno mi rapisse, ma perché?».
«Non ne posso parlare. Questo è il cibo e la brocca dell’acqua.
Tornerò stasera.»
«Fermati!»
Dorotea prova ad alzarsi ma si rende conto di avere le gambe
legate.
Cristian lascia la stanza e torna a palazzo, dove il cuoco lo sta
aspettando. Aiuta in cucina per preparare un banchetto e non ha la
possibilità di rivedere Dorotea il giorno dopo. È Natal che le porta da
mangiare nascondendosi in un mantello che gli copre anche il volto.
«Chi siete? Perché mi trovo qui?» domanda Dorotea.
Natal non risponde e lascia la stanza.
Lei non riesce a capire. È chiaro che si tratta di un rapimento, ma
per quale ragione? Qualcuno vuole chiedere un riscatto a suo padre?
Anche se è il cavaliere preferito dall’imperatore, è pur sempre un
cavaliere, non è ricco. Dorotea comincia a pensare che si tratti di uno
sbaglio di persona.
Prima che Sofia lasci la corte per tornare a Toledo, Dorotea trova
un’occasione per parlarle.
«Zia, devo chiedervi una grande favore…»
«Tutto quello che vuoi.»
«Voi sapete del mio rapimento…»
«Sì, tuo padre mi ha raccontato tutto.»
«Non tutto. Lui sa che mi sono liberata da sola… invece è stato un
ragazzo ad aiutarmi. Si chiama Cristian. Ha rischiato la vita e adesso
deve nascondersi. Ti prego di accoglierlo in casa tua per qualche
tempo.»
Sofia è ormai abituata alle rivelazioni sorprendenti, alle confessioni
di fatti drammatici e non si turba.
«Chi è questo ragazzo?»
«Te lo dirà lui stesso. I rapitori erano suoi parenti, e poiché mi ha
fatta uscire dalla baracca in cui ero rinchiusa adesso lo stanno
cercando. Rischia la vita per me!»
Ecco, accade di nuovo. Sofia deve accettare di fare qualcosa senza
chiedere, senza giudicare. Ormai tutti se lo aspettano da lei.
Ha criticato tanto la sorella Manuela perché ha rinunciato a vivere
la sua vita. Ma lei non sta facendo la stessa cosa? Quando hanno
giustiziato Torben Oxe, l’uomo che amava, ha vissuto per suo figlio,
per la nipote Claudia, per i fratelli, per coloro che chiedevano
accoglienza, senza mai pensare a se stessa, senza chiedersi se quella
fosse la strada giusta per lei, senza desiderare niente per sé.
«Va bene, lo ospiterò. Quanti anni ha?»
«Diciotto. Mi raccomando, non ditelo ai miei genitori.»
«Tu lo sai che non rivelo mai i segreti della famiglia. Non ti devi
preoccupare, ma se vuoi che vi aiuti mi devi raccontare tutto nei
dettagli.»
Si siedono in giardino e Dorotea comincia a raccontare partendo
dall’incontro con Cristian, evitando però di dire chi sia il ragazzo. Ha
paura a rivelare che si tratta del figlio di Natal Montés, a sua volta
figlio dell’uomo che ha ucciso i marchesi Acevedo. Si limita a riferire
che dei parenti di Cristian volevano derubare sua madre chiedendole
un riscatto e lo hanno usato per fare da esca.
«Si è fatto assumere a corte come aiuto in cucina e ha trovato il
modo di fermarmi durante una delle mie passeggiate.»
«E tu ti fermi a parlare per la strada con uno sconosciuto?»
«A parte il fatto che l’avevo già incrociato nel palazzo, ma poi, zia,
ve ne accorgerete voi stessa… non è un bandito. Ha solo dovuto
ubbidire agli ordini. È il ragazzo più bello che abbia mai visto in vita
mia!»
«Va bene, è bello e poi?»
«È divertente, ironico, ha studiato tanto, è curioso, attento quando
parlo, affettuoso…»
Sofia scoppia a ridere.
«Va bene, basta, mi hai convinta!»
L’entusiasmo di Dorotea l’ha conquistata, ma qualcosa non le torna.
Si chiede perché il rapitore abbia scelto proprio lei, figlia di genitori
che non sono ricchi. Per il momento tiene i suoi dubbi per sé e
promette a Dorotea di ospitare Cristian finché il ragazzo non avrà
trovato un posto migliore.
Tornando al palazzo Dorotea si sente in colpa per non aver rivelato
a Sofia tutta la verità. Dandole fiducia e ospitando Cristian, Sofia
aveva il diritto di sapere.
Dai racconti del padre ha capito che Sofia è una donna molto forte,
capace di sopportare ogni peso, ogni confidenza, ogni segreto.
Sicuramente non la giudicherebbe, ma teme che possa rifiutare di
ospitare Cristian, per lei un perfetto estraneo, e non vuole rischiare.
Ruy Gomez va a Yuste e trova Carlo sereno, nella sua villa piena di
opere d’arte preziose, con un giardino allietato da molti uccelli e
piante lussureggianti. Il consigliere sorride vedendolo così,
un’immagine inedita del grande uomo che ha fondato l’Impero più
vasto del mondo. Per non stancarlo gli riferisce subito il messaggio del
figlio.
«Per il denaro rivolgetevi alla Chiesa» afferma l’imperatore.
«Effettivamente abbiamo molti ecclesiastici ricchissimi…»
«Dunque devono prestarci una parte delle loro ricchezze.»
«Maestà, un’altra cosa. Vostro figlio vorrebbe che portassi don
Carlos a conoscere le Fiandre…»
«Non se ne parla. Mio nipote è ignorante, collerico e malato. Non lo
possiamo far vedere ai fiamminghi.»
Ruy lascia Carlo e va a Valladolid a parlare con la principessa
Giovanna perché esegua gli ordini del padre.
«Avete già visto vostra moglie?» gli chiede Giovanna.
«Non ancora.»
«Sarete sorpreso, in tre anni si è trasformata in una donna
meravigliosa.»
Ruy non ha molta voglia di vedere Ana, ma desidera incontrare
Claudia dopo tanto tempo. Non sa che lei ha avuto un figlio dopo la
sua partenza e che si trova a Toledo.
Insieme ad Agacia, Sofia ha aiutato Claudia a partorire in casa, ed è
stata felice di poter ospitare di nuovo un bambino, sebbene sia
amareggiata nel sentire che la nipote non potrà stare molto accanto al
figlio e che lui non avrà un padre.
Durante l’assenza del suo amante Claudia ha parlato a lungo con la
zia: «Non so che fare. Quando lui tornerà ci sarà la moglie ad
aspettarlo e io dovrei stare attenta a ogni incontro, dovrei
accontentarmi del poco tempo che avrebbe per me».
«Rimani qui.»
«No, voglio rivederlo. Devo scoprire che cosa proverà rivedendo
Ana. Solo allora prenderò una decisione.»
Claudia sa che non ci sono decisioni da prendere. Ha frequentato
Ana de Mendoza in questi anni in cui Ruy era lontano e l’ha vista
diventare splendida, sicura di sé, adorata dagli uomini e ricercata
dalle donne. La sua conversazione è brillante, perché studia con
passione diverse materie; l’arte della seduzione è innata in lei e da
certi discorsi ha anche dimostrato di essere molto ambiziosa. Se
sapesse che Ruy frequenta un’altra donna non fingerebbe come molte
altre mogli per tenersi il marito, probabilmente lo lascerebbe, è
talmente ricca e potente che a rimetterci sarebbe sicuramente lui.
Claudia parte da Toledo quando Agnes la avverte che Ruy è
tornato – anche se per poco – a corte. Appena la nipote si allontana,
Sofia si rivolge ad Agacia, che tiene in braccio il piccolo Mateo: «Che
cosa abbiamo noi Acevedo contro una felice unione matrimoniale?».
«Non lo so signora, ma avete ragione.»
«Ecco ancora una donna che non può esibire il suo bambino e non
ne può sposare il padre. Claudia sta lasciando a me Mateo come sua
madre, morendo, mi lasciò lei.»
«Per fortuna che ci siete voi… i bambini vi piacciono…»
«Sì, molto. Forse questo era il mio destino, di essere la mamma di
tutti i figli abbandonati dai miei parenti.»
«E poi la signora Claudia viene spesso a trovarlo.»
«Per mia nipote non c’è speranza di formare una famiglia regolare,
a meno che non si stacchi da lui.»
«Se posso permettermi, non credo che avverrà…»
«Già, questa è un’altra caratteristica delle donne Acevedo, di
rimanere fedeli a un solo uomo, vivo o morto che sia. Mia sorella si è
uccisa per Nicolò, Manuela ha rifiutato Lucas e quando ha deciso di
sposarlo lui è stato giustiziato, io non ho voluto più nessuno dopo
Torben…»
Sofia ha un cuore grande e, oltre ad accogliere i bambini che i suoi
parenti non possono accudire, ha deciso di far posto anche a Leticia, la
figlia di Maddalena e Rafael. Dopo aver aiutato Pilar con la sartoria è
andata spesso a prendere la bambina per portarla a fare una
passeggiata e dar modo alla nonna di lavorare con maggiore
concentrazione. Adesso Leticia ha compiuto quattordici anni e viene
da sola nel palazzo di Sofia a giocare con il piccolo Mateo. Il bambino
è felice di vederla e batte le mani ogni volta che la vede arrivare.
Anche Pablo non perde occasione di incontrare Leticia: si aggira
spesso nei dintorni della sartoria dove lei aiuta la nonna a cucire. Sofia
è certa che fra i due stia nascendo qualcosa.
Glielo conferma Agacia. «Sì, Pablo ne è innamorato. Io non ho
niente in contrario. Leticia non è colpevole di nulla. È una ragazza
educata e sensibile, proprio come mio figlio.»
Leticia non nomina mai la madre, le sono bastate le espressioni
costernate della nonna e di Sofia quando ha provato a chiedere di lei.
Sa che è viva e abita da qualche parte lontano da Toledo. Del padre,
Pilar le ha detto che è stato ucciso durante una rapina.
Maddalena non ha più visto la figlia, vive con Félix in una casupola
nella periferia di Madrid e si mantengono con piccoli furti o
derubando gli uomini che lei seduce nelle locande. Si presta a fare
questo per disperazione, abituata fin da piccola ad avere cibo a
sufficienza, abiti e comodità. Con Félix sono litigi continui perché lui
vorrebbe che si prostituisse e Maddalena rifiuta, accettando solo di
portare gli uomini in una camera e lasciarli soli il tempo necessario
perché lui entri e li rapini.
«Perché mi volete sposare? Sapete che non vi amo e che sono incinta
di un altro» chiede Dorotea a Oliver.
Lui le ha appena proposto il matrimonio; si trovano nel giardino
del palazzo reale di Valladolid.
«Voi non mi avete notato ma io vi guardavo sempre quando
eravate qui. Non ho gusti facili con le donne, amo di più i cavalli e
l’arte. Voi eravate diversa da tutte le altre dame. Volevate rendervi
invisibile nei ricevimenti, rimanendo in un angolo, ma così ai miei
occhi eravate più visibile che mai.»
«Dunque mi amate perché mi piace la solitudine?»
«Anche per questo, ma non solo. Amo il vostro viso, gli occhi, le
mani, il vostro gusto originale nel vestire, che non segue la moda. La
malinconia dello sguardo e i lampi che mandano la rabbia che
nascondete dentro. Amo il vostro muovervi lieve fra la gente mentre
guardate lontano. Potrei continuare così per delle ore.»
Dorotea sorride: «Nessuno mi ha mai fatto una dichiarazione tanto
appassionata!».
«Ma qualcuno vi ha mai fatto una dichiarazione? Non dico che non
abbiate ricevuto proposte, magari attraverso i vostri genitori, ma a voi,
direttamente, qualcuno ha parlato? A parte il giovane da cui aspettate
un figlio e di cui non voglio sapere niente.»
«Effettivamente no.»
«Perché mettete soggezione sia agli uomini che alle donne»
conclude Oliver.
«Lo so, è per questo che non si avvicinano e io ne sono felice.» Lo
dice come una bambina riferirebbe una bravata e lui sorride.
«Mi avete chiesto perché vi sposerei anche se siete incinta di un
altro. La risposta è semplice: amo voi e tutto ciò che vi riguarda o vi
interessa. Potevate essere stata già sposata e avere dei figli. È la stessa
cosa.»
Pur pensando sempre a Cristian, Dorotea accetta la compagnia di
Oliver perché è l’unico uomo a corte che la incuriosisce. Ha un corpo
proporzionato e armonico, uno sguardo acuto e grave che si
addolcisce solo con lei, una barba rossiccia e il naso aquilino.
A trent’anni il marchese di Rafal è un cavaliere valoroso che ha
seguito Carlo V nelle sue battaglie in Francia contro Francesco I e non
l’ha più lasciato finché l’imperatore ha abdicato. Adesso è uno dei
migliori cavalieri di Filippo II .
Qualche giorno dopo Dorotea dà a Oliver la sua risposta: «Ho
deciso di accettare di sposarvi a una condizione…».
«Quale?»
«Avete notato voi stesso che non sono come le altre ragazze. Io vi
prego di non limitare la mia libertà. Non voglio dire che vedrei altri
uomini, solo che voglio sentire di non essere costretta a fare qualcosa
che non desidero. Se a un ricevimento preferisco passeggiare in
giardino invece di conversare con le altre dame…»
Oliver la interrompe ridendo: «Lo so, lo so. È inutile che adesso mi
facciate tutto l’elenco delle cose che non sopportate, me ne sono reso
conto benissimo da solo. Sappiate che neanche io sono un uomo
socievole, amo le passeggiate solitarie, le visite alle chiese e ai
monumenti, le chiacchiere di qualche amico fidato…».
«Un’ultima cosa. Se mi avete osservato così bene avrete anche
capito che non vado d’accordo con mia madre. Vi spiegherò in seguito
quali sono i motivi, nel frattempo vi prego di non parlare mai di me
con lei. Proverà a farvi delle domande ma voi siate evasivo.»
Il matrimonio si svolge semplicemente, come vuole Dorotea. Solo i
genitori, i testimoni e alcuni amici, in una piccola chiesa di Madrid.
Nessun ricevimento, perché gli sposi partono in viaggio di nozze
subito dopo la cerimonia.
Ci sono tanti posti in Spagna che Dorotea vuole vedere da tempo:
Oliver ha chiesto un permesso al re spiegandogli che invece dei
festeggiamenti desidera viaggiare con la moglie per due mesi. Poiché
è stato messo al corrente della situazione di Dorotea, Filippo
acconsente alla richiesta.
Gli sposi girano la Spagna da nord a sud, da est a ovest, senza mai
stancarsi. Curiosi entrambi, interessati all’arte e all’artigianato,
assistono a combattimenti di tori e ai tornei, agli spettacoli teatrali e ai
concerti.
Oliver ha capito che Dorotea detesta le occasioni mondane e,
nonostante i numerosi inviti che ricevono, non vi partecipa neppure
lui. La ama moltissimo da tanto tempo e sarebbe disposto a fare
qualsiasi cosa per lei. Gli hanno raccontato la sua storia, il rapimento,
l’amore per una specie di cuoco e pensa che ormai sia tutto superato.
Un innamoramento adolescenziale, una sfida alle convenzioni e alla
madre troppo rigida.
Naturalmente sbaglia. Dorotea pensa a Cristian ogni minuto e
perfino quando fa l’amore con il marito, chiudendo gli occhi,
immagina il corpo di Cristian sul suo.
Alejandro arriva a Toledo e non passa dalla madre per non farla
preoccupare. Cerca Félix ma non lo trova, così va a Talavera e rimane
vicino alla casa di Raimunda per scoprire se è sola o con il figlio.
Il secondo giorno del suo appostamento vede Félix uscire di casa
con circospezione e avviarsi verso la più vicina taverna. Il desiderio di
stordirsi con l’alcol è più forte del timore di venire arrestato. È allora
che Alejandro gli punta il coltello alle spalle e si meraviglia
accorgendosi che l’uomo non si difende.
«Sapevo che prima o poi qualcuno degli Acevedo mi avrebbe preso.
Vi aspettavo.»
Alejandro accompagna Félix dalle guardie, poi va ad avvertire
Raimunda.
La donna lo ascolta senza commentare. Era sicura che Félix sarebbe
finito così. Almeno non è stato ucciso come il fratello.
Alejandro torna a Toledo e va a trovare Leticia, che trova a casa di
Sofia sdraiata sul letto. Guarda la ragazza che per un periodo ha
creduto sua figlia e scambia con lei qualche parola, poi torna a
Madrid. Durante il viaggio pensa spesso a lei, Sofia le ha detto che è
una ragazza molto dolce che ha sempre sofferto per la mancanza dei
genitori.
Leticia ha compiuto quindici anni, non è bella ma molto aggraziata
e veste con gusto, perché Pilar confeziona abiti adatti a lei. Sofia la
considera una brava ragazza, servizievole, ogni volta che va a trovarla
insieme a Pablo. A volte si chiede che futuro potrà avere se il suo
unico parente è la nonna che cuce vestiti. Avrebbe voluto chiedere ad
Alejandro di portarla con sé a corte, ma non ne ha avuto il coraggio.
Alejandro ci pensa da solo durante il viaggio di ritorno. Si è posto le
stesse domande di Sofia e ora che Maddalena è morta l’unico ostacolo
per farla venire a Valladolid è lui, ma non ha niente contro Leticia, che
è stata solo vittima del tranello in cui Maddalena lo ha fatto cadere.
Se Sofia è tanto generosa da tenerla spesso in casa, lui non può
essere da meno. Arrivato a Valladolid ne parla con Federico.
«Tu avresti qualcosa in contrario se portassi Leticia a corte? La
nonna le fornirebbe un bel corredo e per le spese me ne occuperei io.
Può essere una delle dame di Flora.»
«Se mia moglie è d’accordo lo sono anche io.»
Alla richiesta di accogliere Leticia, Flora risponde di sì
distrattamente, non le dispiace che Maddalena sia morta e non prova
compassione per la figlia, ma non vuole litigare con il marito.
Francesco si trova insieme alla moglie nel castello di Blois, nella valle
della Loira, per accompagnare Elisabetta, in partenza per la Spagna
dove la aspetta Filippo.
Maria Stuarda ed Elisabetta si allontanano dagli altri per salutarsi.
Piangono entrambe. L’idea della separazione è insopportabile, dopo
aver passato insieme tanti anni.
«Mi scriverai?»
«Sempre.»
«Saremo molto lontane…»
«Spero che Filippo sia per te un buon marito, come Francesco lo è
per me.»
«Lo sarà sicuramente, ma è tanto più vecchio! Mi tratterà come una
bambina. Almeno tu e Francesco siete coetanei, lui ha solo un anno
più di te. Condividerete tutto. Filippo invece avrà altre donne…»
«Non ci pensare. Se ha altre donne, le lascerà quando sarà tuo
marito. Devi pensare che sarai regina di Spagna, avrai dei figli…»
«E tu?»
«Sono una regina senza regno. Non posso tornare in Scozia, lo sai.»
Le ragazze si separano perché Caterina de’ Medici vuole
abbracciare la figlia e darle le ultime raccomandazioni.
Elisabetta arriva a Guadalajara, dove è accolta dalla principessa
Giovanna. Ruy Gomez, presente all’incontro, va più tardi a parlare
con il re.
«Sarete contento, è proprio bella!»
«È così giovane! Una bambina…»
«Quattordici anni… Anche la vostra prima moglie era molto
giovane. Aveva sedici anni.»
«La differenza è che avevo anche io sedici anni. Mentre adesso ne
ho trentadue. Potrei essere suo padre.»
«È importante che la Spagna abbia un erede…»
«Ha un erede.»
«Sapete anche voi che don Carlos non potrà regnare.»
«Spero che si comporti bene almeno durante il mio matrimonio.»
«È infuriato perché Elisabetta era stata promessa a lui.»
«Dovrà farsene una ragione.»
Gli intrighi di Ana de Mendoza
Filippo non parla con nessuno dei suoi sentimenti e delle emozioni
che prova. Orfano troppo presto della madre e con il padre sempre
lontano, ha vissuto insieme agli istitutori e alla sua corte. Anche il
rapporto con le sorelle si è spezzato quando l’imperatore ha deciso di
separarlo da loro per farlo educare nel modo più adeguato a un erede.
Ma con Ruy è abituato a confidarsi da quando era piccolo e lui era il
suo paggio.
«Sono molto amareggiato da questa situazione. Posso dirlo solo a
voi, ma non riesco ad amare mio figlio. Ho provato di tutto.
Ricorderete che quando era un bambino lo portavo con me a cavallo e
a caccia, poi l’ho fatto partecipare alle cortes e alle riunioni del
Consiglio di Stato, ma ora ho perso le speranze. Peggiora di giorno in
giorno.»
«Vostro figlio è malato, purtroppo. E questa caduta non ci voleva.
Che intendete fare?»
«Non lo so. Lui mi odia.»
Ruy ha pensato spesso alle condizioni di Carlos. D’altronde è figlio
di una coppia male assortita: genitori affini di sangue, gracili per
natura e per la giovane età. Non può dirlo a Filippo, ma è chiaro che il
principe non diventerà mai re.
Tutti gli ambasciatori che vengono a Madrid lo descrivono ai loro
signori come un ragazzo piccolo, brutto, pallido, quasi ripugnante.
Parlano della sua voce ora flebile e ora oscura, della balbuzie, di
quanto sia impacciato in società. Le parole non gli vengono, pronuncia
male la erre e la elle e nessuno capisce cosa stia dicendo.
Come accade spesso quando si lascia andare a descrivere ciò che
prova, Filippo si accorge di vivere un momento di debolezza e cambia
discorso. Questa volta devia sui problemi di fede. È sempre stato
molto attento all’ortodossia religiosa dei suoi sudditi e considera la
difesa della Chiesa romana la missione imprescindibile del suo regno.
«Mia sorella Margherita mi ha avvertito di una Confederazione dei
Nobili che si è formata nelle Fiandre contro l’Inquisizione e per una
maggiore tolleranza in campo religioso.»
«Lo so. Ne fanno parte Guglielmo d’Orange, Lamoral di Egmont e
Filippo di Montmorency, duca di Horn. Vogliono che ritiriate il
cardinale de Granvelle.»
Antoine Perrenot de Granvelle, nominato cardinale da Pio IV nel
1561, è diventato arcivescovo di Malines. Consigliere di Carlo V e
diplomatico a Roma, viene eletto presidente degli Stati Generali dei
Paesi Bassi e dotato del potere di Grande Inquisitore.
«Il cardinale ha una pessima reputazione presso i protestanti
olandesi» aggiunge Ruy.
«Non posso ritirarlo, sarebbe come cedere a un ricatto degli eretici!
Sono stato io a inviarlo nei Paesi Bassi con la missione di inquisitore,
come giustificherei la mia decisione?»
«Dovrete farlo per riportare la pace nelle Fiandre. Offritegli un’altra
missione.»
«Ci penserò.»
Due giorni dopo la voce della scomparsa del giovane fratello del re si
sparge per tutto il Paese e la gente ne parla come di un eroe fuggito
per andare a combattere i turchi.
Filippo manda l’uomo più veloce della Spagna, don Pedro Manuel,
a riprenderlo. Cominciano le scommesse tra la gente se riuscirà a
raggiungerlo o no. Tutte le città spagnole vengono avvertite di
fermare il ragazzo. Finalmente Pedro lo trova e cerca di portarlo
indietro.
«Devo arrivare a Barcellona, non potete fermarmi!»
«La flotta è già salpata… non ci sono più navi per voi!»
«Ho mandato José de Acuña con una diligenza postale a fermarne
una!» grida Giovanni montando di nuovo a cavallo e riprendendo la
cavalcata.
Don Pedro gli ha mentito solo per convincerlo a fermarsi, perché le
navi non si sono ancora mosse. Poi chiede aiuto al conte di La Coruña
che ha un castello nei pressi, ma il fratello del conte, invece di aiutarlo,
si unisce a Giovanni, come molti altri giovani che vogliono seguire il
suo esempio.
José de Acuña, arrivato a Barcellona, viene arrestato, e non ha la
possibilità di vedere se effettivamente le navi siano già partite.
Giovanni viene colto dalla febbre e si ferma a El Frasno, nel palazzo
del duca di Villahermosa, che ha combattuto nella battaglia di San
Quintino e ora si riposa con i figli nella città di Pedrola.
Il duca viene avvertito che in uno dei suoi palazzi ha trovato rifugio
il fratello del re febbricitante. Sa che dovrebbe avvertire Filippo, ma
commosso da un ragazzo così coraggioso va personalmente a El
Frasno con i suoi medici perché lo curino. Poi gli fa preparare diciotto
mule con tutto il necessario per il viaggio.
«Rimarrete mio ospite finché non starete meglio.»
«Vi ringrazio della vostra gentilezza ma è meglio che io riparta. Mi
stanno cercando e non voglio che mi fermino.»
Infatti l’arcivescovo di Saragozza ha saputo dove si trova il principe
e riesce a incontrarlo prima che riparta.
«Dovete tornare! Ve lo ordina il re!»
Giovanni gli bacia l’anello e prosegue. L’arcivescovo allora,
affascinato da tanta determinazione, gli fornisce un drappello di
cinquanta uomini come scorta.
Giungono al re da Barcellona lettere di comandanti che parlano
dell’arrivo imprevisto di centinaia di giovani, nobili e cavalieri, pronti
a salpare per Malta.
Il vescovo accoglie Giovanni al porto e lo convince a visitare il
monastero di Montserrat prima di partire per la guerra. Riceve subito
messaggi da parte del re perché trattenga Giovanni il più a lungo
possibile. L’uomo trova ogni scusa per distrarre il giovane, che
quando arriva al porto scopre che la flotta è partita.
«Bene, andrò in Francia in cerca di una nave» afferma indispettito.
Il re invia a Barcellona Luis Quijada che, stanco della lunga
cavalcata, si limita a consegnare a Giovanni una lettera di Filippo: gli
ordina di tornare “sotto pena della sua disgrazia”. Significa che sarà
arrestato se non ubbidirà.
Giovanni crede alla minaccia del re ma soprattutto gli dispiace che
Luis abbia fatto quel viaggio per fermarlo.
«Non mi approvate, vero?» chiede all’uomo con cui è cresciuto.
«So bene come siete fatto e non cambierete. Anzi, peggiorerete. La
prossima volta nessuno riuscirà a fermarvi ma ora, vi prego, tornate
con me.»
Giovanni sente di non avere scelta, Luis lo riporterà a corte o come
compagno di viaggio o come suo prigioniero. Riprende la strada del
ritorno estremamente avvilito.
«Tutti rideranno di me!»
«Non credo proprio. Tutta la Spagna vi acclama e i giovani vi
avrebbero seguito volentieri. Avete avuto coraggio, anche sfidando il
volere del re!»
Luis ha ragione, il viaggio di ritorno è un trionfo. Viene accolto in
ogni villaggio e città come un eroe e lungo la strada la gente grida il
suo nome e getta fiori.
Un amore disperato
Filippo cerca Ruy per parlargli, sicuro che lo troverà incollerito per la
repressione nelle Fiandre e soprattutto per l’uccisione di nobili che
tanto hanno fatto per l’Impero.
«Il duca d’Alba ha esagerato…» inizia Filippo.
«Scusatemi Maestà, ma voi gli avete lasciato carta bianca.»
«Sapete che la mia missione è di restaurare la religione cattolica in
tutti i miei territori.»
«Non in questo modo. È spaventoso che il duca d’Alba abbia fatto
giustiziare Lamoral di Egmont, l’uomo che ha vinto i francesi nella
battaglia di San Quintino e a Gravelines. Come è assurdo che
Guglielmo d’Orange, l’uomo che ha sostenuto vostro padre quando è
entrato nel palazzo reale di Bruxelles per abdicare, sia stato costretto a
fuggire. Lo stesso vale per Filippo de Montmorency, che ha
comandato la flotta che vi ha riportato in Spagna. Ciambellano di
vostro padre. Giustiziato anche lui!»
Filippo non sa che rispondere. Ruy non ha torto e a farlo parlare
così non è solo l’odio nei confronti del duca d’Alba, ma la ragione.
«In quanto cavalieri del Toson d’oro Lamoral di Egmont e
Montmorency dovevano essere giudicati dai loro pari» aggiunge Ruy.
«Il conte di Egmont è il maggior responsabile dei disordini nelle
Fiandre… Comunque, ho lasciato la decisione nelle mani del duca.»
Pur non avendo ammesso davanti al suo consigliere di aver
sbagliato strategia nelle Fiandre, Filippo scrive al duca: “Mi
rammarico profondamente del fatto che i reati dei due conti fossero
tali da richiedere le pene che sono state loro inflitte”.
Sente che questa operazione, partita con un obiettivo giusto, si è
conclusa in una carneficina e anche con il desiderio di Margherita di
lasciare le Fiandre.
Negli anni infelici vissuti con Gaspar dopo l’omicidio dei coniugi
Acevedo, Raimunda ha ripensato spesso al periodo in cui lavorava in
casa del marchese. Le piaceva essere la governante di bambini così
diversi e naturalmente anche lei si era chiesta come mai le gemelle
fossero nate dieci anni dopo i primogeniti e avessero capelli biondi e
occhi azzurri.
Gabriel e Manuela non si erano posti questa domanda finché non
erano stati abbastanza grandi, mentre le bambine erano troppo piccole
per rendersi conto di essere le figlie di Carmen Acevedo e del suo
amante Martín Mendes.
Per lei invece era tutto chiaro. Appena il marchese partiva per
lavoro si presentava a casa Martín, un uomo affascinante e molto
gentile. Dopo il pranzo entrava in cucina con delle buste piene di
denaro per lei, Agacia e Felicia. Voleva ringraziarle, affermava, ma ora
si chiede se invece non volesse pagare il loro silenzio. Se anche fosse
stato così, lei non lo giudicava, erano tutti più felici quando Martín
veniva in visita. La marchesa finalmente sorrideva, sembrava più
giovane, allegra e più affettuosa anche con i figli.
Con i figli? Piuttosto con le figlie, visto che le gemelle erano state
concepite con l’uomo che amava.
Del marchese Diego Acevedo non sa cosa pensare. Non le
sembrava il tipo da sedurre una donna della servitù, eppure con lei
l’aveva fatto. Le ripeteva continuamente che la sua bellezza l’aveva
stregato, che non riusciva a resisterle, la notte pensava a lei e il giorno
non vedeva l’ora di tornare a casa.
Anche lui approfittava dei viaggi della moglie per entrare nella sua
stanza.
«Spogliati, voglio solo guardarti mentre lo fai» le diceva.
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Donne di spade
di Cinzia Tani
© 2019 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Published by arrangement with The Italian Literary Agency
Ebook ISBN 9788852092848