Sei sulla pagina 1di 384

Indice

Il libro
L’autrice
Frontespizio
DONNE DI SPADE
Prologo
Il risveglio di Federico
La fuga di Flora
Ritorno a Toledo
La gelosia di Maddalena
Incontro nella scuderia
La ribellione di Margherita
Carlo è inconsolabile
La rivolta di Gand
Il complotto di Maddalena
Lo stupro
Pilar indaga
Agnes cambia vita
Claudia scopre la verità
Il matrimonio di Filippo
Dramma al battesimo
Nasce don Carlos
Agnes è di nuovo sola
Alejandro caccia Maddalena
Agnes rivede Alejandro
Filippo torna in Spagna
Agnes sulle orme del passato
Nuovi incontri per Maddalena
Ruy e la moglie bambina
Filippo sposa Maria “la Sanguinaria”
Il ricatto di Maddalena
Il rapimento di Dorotea
Dorotea è libera
L’omicidio di Gabriel
Agnes rivede Alejandro
L’amante di Claudia
Dorotea rivede Cristian
Carlo V abdica
Il principe degenere
Un altro omicidio
Una rapina finita male
Filippo contro la Francia
La morte di Carlo V
Don Giovanni il bastardo
Gli intrighi di Ana de Mendoza
Agnes fugge da Alejandro
Don Carlos cade dalle scale
La popolarità di don Giovanni
Un amore disperato
Claudia vuole dimenticare
Claudia incontra Guglielmo d’Orange
Claudia rivede Ruy Gomez
I protestanti si ribellano
Il Consiglio dei Torbidi
La tragedia di don Carlos
La battaglia di Granada
Raimunda vuole parlare
Troppo tardi
Copyright
Il libro

Bellissime, anticonformiste, spregiudicate, le donne di spade di


questo nuovo avvincente romanzo di Cinzia Tani – secondo
volume di una trilogia dedicata agli Asburgo – conquistano la
scena muovendosi tra le maglie di un secolo, il Cinquecento, che
sembra consacrato unicamente alla glorificazione di cavalieri,
principi e sovrani. Maddalena, Flora, Agnes, Dorotea: in modo
diverso, ciascuna si renderà protagonista della sua vita
rivendicando fino alle estreme conseguenze il diritto alla propria
libertà, in una vertiginosa oscillazione fra temerarietà e calcolo,
orgoglio e ipocrisia, bisogno di amare e sentirsi amate e cieco
desiderio di riscatto.
Un discorso a parte merita Ana de Mendoza, l’imperscrutabile
rampolla di un’influente famiglia spagnola, il cui mistero pare
racchiuso nella benda nera che porta sull’occhio. Tanto abile a
tirare di scherma quanto a tessere intrighi a corte, la sfuggente
Ana ha gettato attorno a sé un potente incantesimo capace di
soggiogare lo stesso re.
Cinzia Tani ci introduce nelle grandi corti d’Europa del XVI
secolo, e lo fa con la consueta passione, svelandoci i meccanismi
del potere politico, proprio mentre la Storia si appresta a celebrare
il tramonto di Carlo V, l’imperatore del Sacro Romano Impero, e si
fa teatro di una cruenta guerra di religione sotto la spinta di
Filippo II , determinato a difendere a oltranza il cattolicesimo
contro gli eretici e gli infedeli.
Intanto i fratelli Acevedo, Gabriel, Manuela e Sofia, le cui vite
hanno preso direzioni molto diverse, a distanza di anni
dall’omicidio dei genitori sono ancora in attesa di sapere la verità.
Raimunda, la governante che ha assistito al delitto, ormai anziana,
è finalmente pronta a rivelare tutto ciò che è accaduto quella notte.
L’autrice

Cinzia Tani, giornalista e scrittrice, è inoltre


autrice e conduttrice di programmi
radiotelevisivi, tra cui “Il caffè di RaiUno”,
“Visioni Private”, “FantasticaMente”,
“Assassine” e “Italia mia benché”. Nel 2004 è
stata nominata Cavaliere della Repubblica per
meriti culturali. Ha pubblicato fra l’altro per
Mondadori: Assassine (1998), Coppie assassine
(1999), Nero di Londra (2001), Amori crudeli
(2003), L’insonne (2005), Sole e ombra (2007, Selezione Premio
Campiello), Lo stupore del mondo (2009), Charleston (2010), Io sono
un’assassina (2011), Il bacio della dionea (2012), Mia per sempre (2013),
La storia di Tonia (2014), Il capolavoro (2017), Figli del segreto (2018),
primo volume della trilogia “Il volo delle aquile”.

www.cinziatani.it
Cinzia Tani

Il volo delle aquile

DONNE DI SPADE
ROMANZO
DONNE DI SPADE
Tu eri una colomba dall’anima gigante
il cui nido fu sangue di terra castigliana.
Diffondesti il tuo fuoco su un calice di neve
e al volerlo attizzare ti spezzasti le ali.

Sognavi che il tuo amore fosse come l’infante


che ti segue sommesso raccogliendo il tuo manto.
E anziché fiori, versi, e collane di perle
la Morte ti offrì rose appassite su un ramo.
FEDERICO GARCÍA LORCA, Elegia a Donna Giovanna la pazza
Prologo

Sente i passi pesanti rimbombarle nelle orecchie, un istante dopo lo


vede comparire sulla soglia, gli occhi arrossati, barcolla: è di nuovo
ubriaco.
Lo stava aspettando.
L’uomo le si avvicina, afferra la coperta e la lancia sul pavimento,
poi si lascia cadere su di lei frugando sotto la camicia da notte.
Lentamente allunga un braccio e sfiora la lama nascosta sotto il
cuscino, ma lui la stringe troppo e le impedisce i movimenti.
Vorrebbe urlare ma deve controllarsi, o non riuscirà a compiere
quello che ha deciso molto tempo fa, durante una delle mille notti
passate nello stesso modo.
Lui ha finito e allenta la presa sul suo corpo.
È il momento.
Questa volta riesce ad afferrare saldamente il coltello con la mano
destra e a conficcarglielo nella schiena.
L’uomo ha emesso solo un gemito, nessuno può averlo sentito.
Rapidamente recupera da una cassa il vestito da serva che vi ha
riposto giorni fa, indossa un mantello nero con il cappuccio che le
copre i capelli e parte del viso, poi lascia il palazzo.
Il risveglio di Federico

Dopo la vittoria sul pirata Barbarossa a Tunisi e l’arrivo trionfale a


Palermo, nel novembre 1535 l’imperatore Carlo V entra a Napoli sul
suo morello e viene accolto con tutti gli onori.
È la prima volta che visita la città partenopea e vi trascorre anche il
Natale. Passa il tempo fra balli e ricevimenti, con il viceré Pompeo
Colonna e diversi nobili e ambasciatori europei venuti a incontrarlo,
ma soprattutto con le belle dame che se lo contendono.
A gennaio riceve la notizia della morte della zia Caterina, la regina
che Enrico VIII ha ripudiato per sposare Anna Bolena. Prima di morire
fra le braccia dell’amica Maria de Salinas, Caterina ha dettato una
lettera d’amore e di perdono per il re. Subito dopo si sparge la voce
che il sovrano l’ha fatta avvelenare.
Carlo convoca il fedele ambasciatore Eustace Chapuys, da sempre
vicino alla regina, e gli chiede – adesso che non ci sono più conflitti
familiari – di convincere il re Enrico a riavvicinarsi a lui e
abbandonare l’alleanza con la Francia.
«Inoltre, deve trovare un marito giusto per la figlia di Caterina.
Ormai Maria ha vent’anni» aggiunge.
«L’ho vista spesso, è una ragazza molto infelice. Detesta Anna
Bolena e non vuole riconoscerla come sovrana. Il re l’ha dichiarata
illegittima e l’ha retrocessa al titolo di Lady Maria, mettendola al
seguito dell’Infanta Elisabetta.»
Carlo arrossisce per la rabbia: «Illegittima? Che coraggio! È l’unica
figlia che ha, nata da sua moglie Caterina. La bastarda è Elisabetta, la
figlia di Anna Bolena».
«Ora Elisabetta non è più bastarda, visto che il re ne ha sposato la
madre.»
«E in che modo? Con un finto divorzio al quale la Chiesa di Roma
si è opposta. Mia zia Caterina ha sofferto per anni le peggiori
umiliazioni, non deve accadere anche alla figlia. Le troveremo un
marito che la riscatti e le restituisca il ruolo che le compete.»

Prima di lasciare la Sicilia per Napoli, Carlo ha convinto Gabriel


Acevedo a superare la rivalità con il fratellastro e a recarsi all’ospedale
di Palermo, dove Federico, ferito in battaglia per salvare l’imperatore,
è stato ricoverato in coma.
In quella stanza d’ospedale Gabriel aveva ripercorso mentalmente
le tappe della loro inimicizia.
Tutto era cominciato quando i suoi genitori, i marchesi Diego e
Carmen Acevedo, erano stati uccisi la notte del 29 dicembre 1499. Lui
aveva tredici anni e dormiva ma la sorella Manuela, più piccola di un
anno, dalle scale aveva intravisto qualcosa, dimenticando poi ogni
dettaglio. Le gemelle Sofia e Octavia, di due anni, non si erano
svegliate.
La zia Angela, cugina della regina Isabella di Castiglia, aveva
accolto gli orfani nel suo palazzo e al momento opportuno aveva fatto
in modo che si accasassero nelle migliori corti reali d’Europa. Manuela
aveva seguito Giovanna di Castiglia, dichiarata “pazza” dal padre
Ferdinando d’Aragona e rinchiusa nella fortezza di Tordesillas, dopo
la morte del marito Filippo d’Asburgo. Sofia era andata al seguito
della regina Isabella in Danimarca, e lì si era innamorata di un uomo
poi condannato a morte dal re. Da lui aveva avuto un figlio,
Alejandro, che adesso si trova insieme all’imperatore. La bellissima
Octavia, scelta dalla granduchessa Margherita d’Asburgo come sua
damigella alla corte di Malines, nelle Fiandre, si era suicidata dopo
aver appreso che il marito Nicolò Guarienti aveva formato una
seconda famiglia con Greta, la nipote del comandante lanzichenecco
Georg von Frundsberg.
Era stato proprio Gabriel a scoprire la verità e a giurare di uccidere
Nicolò per vendicare la sorella. Le cose però erano andate
diversamente: quando i turchi avevano assediato Vienna, Nicolò gli
aveva salvato la vita perdendo la sua.
Federico è nato dalla relazione tra il marchese Diego Acevedo e la
giovane governante Raimunda, scomparsa dopo il duplice omicidio.
Gabriel e Manuela l’hanno incontrata casualmente a Madrid undici
anni dopo, costringendola a parlare. Sono venuti a sapere che
Federico è stato concepito con il loro padre, e che il suo fidanzato,
Gaspar, dopo averlo scoperto ha voluto vendicarsi uccidendo sia il
marchese che la moglie. In realtà era entrato nel palazzo di notte per
affrontare Diego e dirgli che avrebbe dovuto mantenere il figlio che
Raimunda stava per partorire, ma la situazione gli era sfuggita di
mano. Poi aveva costretto Raimunda a seguirlo nella sua fuga a
Madrid e a sposarlo.
Dopo Federico, che il marito odiava e maltrattava perché figlio di
un altro, Raimunda aveva avuto altri due bambini.
Mentre Manuela proseguiva per Toledo, Gabriel era tornato a casa
di Raimunda, ma la famiglia era partita improvvisamente
abbandonando Federico, che Gabriel aveva portato con sé a Toledo.
Giorno dopo giorno aveva insegnato al fratellastro a cavalcare, a
combattere e quando era stato il momento, lo aveva introdotto a corte.
In quel periodo era riuscito anche a rintracciare Gaspar a Talavera de
la Reina e l’aveva accoltellato davanti ai figli.
Il rapporto tra lui e Federico si era spezzato quando Gabriel aveva
saputo che, in un momento di debolezza, il fratello aveva rivelato a
Matilde Miolans la verità su Nicolò. Matilde era l’amante che Gabriel
aveva appena lasciato, una ragazza che avrebbe fatto di tutto perché
Octavia Acevedo, la sua rivale nel cuore della granduchessa che le
ospitava, soffrisse. Così aveva sussurrato la verità a un’amica, nel
momento in cui Octavia era nei paraggi e poteva ascoltare. La giovane
moglie aveva perso la testa e, pur avendo da poco partorito una
bambina, si era gettata dalla finestra.
Dopo essere stata aggredita da Gabriel, Matilde era sparita e
Federico era certo che il fratello l’avesse uccisa, anche se lui negava.
«Ti ho mentito, affermando di non sapere dove fosse…»
Nella stanza d’ospedale Gabriel parlava rivolto verso la finestra,
sicuro che nessuno potesse sentirlo, visto che il fratello era in coma.
Aveva confessato l’omicidio affermando di aver poi seppellito il corpo
della ragazza nel bosco perché nessuno potesse risalire a lui.
Finito il racconto si era voltato accorgendosi che Federico aveva gli
occhi aperti.
Nei giorni seguenti Gabriel aveva avuto tempo di spiegare nei
dettagli che cosa fosse successo.
«Non volevo ucciderla. Matilde mi ha aspettato nel bosco e mi ha
chiesto di scendere da cavallo perché voleva parlarmi. Mi ha ripetuto
che mi amava e non voleva perdermi. Le ho detto che tra noi era tutto
finito e lei mi ha colpito con un coltello. Temevo che lo facesse di
nuovo e l’ho spinta… Cadendo, ha battuto la testa ed è morta. Sai
bene che quando ha fatto in modo che Octavia sapesse della seconda
famiglia di suo marito non ho più voluto vederla. La odiavo, come
odiavo te per averla informata…»
Anche Federico, cercando di sollevarsi a sedere sul letto nonostante
il dolore alla testa e la grande debolezza, aveva provato a chiarirsi con
il fratello: «Ero ubriaco quella sera e lei è stata bravissima a
strapparmi la verità. Ma non voglio giustificarmi… mille volte ti ho
chiesto di perdonarmi…».
«Sì, è vero… ma vedere il corpo di mia sorella nella bara, la figlia
rimasta orfana in culla… ero pieno di rabbia e ti ho cacciato.»
«Hai lasciato che la granduchessa Margherita e tutta la corte
cercassero Matilde per giorni. Non hai detto nulla neppure a me.»
«Ora lo sai.»
Gabriel aveva lasciato la stanza con la promessa di tornare tutti i
giorni finché il fratello non si fosse ristabilito. Uscendo nella strada
assolata, profumata di gelsomini, ricordava il primo incontro con
Federico. È convinto che se non l’avesse portato via con sé avrebbe
fatto una brutta fine. Il patrigno l’aveva sempre maltrattato perché era
un bastardo e dedicava amore e attenzione solo ai due figli naturali.
Dopo aver commesso due omicidi Gabriel non si sente in colpa, sa
di non aver chiuso con le vendette, l’omicidio dei suoi genitori
nasconde ancora molti misteri. L’ha rivelato Raimunda a Federico
quando finalmente si sono incontrati di nuovo: «Fai sapere a Gabriel
che non conosce tutta la verità».
L’unica cosa che Gabriel si rimprovera è la rivalità con il
fratellastro. A un tratto si era reso conto che l’imperatore lo voleva
sempre con sé, che il nipote Alejandro si confidava solo con lui, che le
donne gli lanciavano sguardi languidi. Federico è bello, generoso,
audace in battaglia fino a rischiare la vita per salvare quella di Carlo V .
Lui lo avrebbe fatto?
È sempre stato egoista, ha ucciso uno degli assassini dei genitori
colpendolo alle spalle, e la sua amante nascondendone il corpo. Anni
dopo, mentre si trovava a Toledo con la sorella Sofia, si è lasciato
ingannare da un’avventuriera, sposandola e poi cacciandola di casa.
Non si è mai innamorato.

Il fratello viene dimesso due mesi dopo e finalmente a febbraio


raggiungono l’imperatore a Napoli, che si dimostra soddisfatto di
vederli insieme, ma soprattutto sollevato nel trovare il suo pupillo
ristabilito, anche se ancora sofferente.
«Saprò ricompensarvi per avermi salvato la vita» afferma
stringendogli forte la mano.
«Ho fatto solo il mio dovere…»
«No, avete fatto molto di più!»
Vedendo l’imbarazzo di Federico e temendo che si riaccenda
l’invidia di Gabriel, l’imperatore cambia subito argomento: «In questi
mesi sono accadute cose che mi preoccupano moltissimo. A marzo
Francesco I è entrato nel ducato di Savoia contrastato dall’ostilità della
popolazione. Poi i francesi sono arrivati a Torino, pronti a conquistare
Milano, dove a novembre è morto Francesco II Sforza».
«Che intenzioni avete?» chiede Gabriel.
«Purtroppo il papa e il collegio dei cardinali hanno deciso per la
neutralità e quindi non ci saranno di alcun aiuto. Ho cercato anche di
anticipare loro una mia dichiarazione di guerra se Francesco non
rispetterà l’ultimatum che gli ho inviato. Nel frattempo, ci
prepareremo alla battaglia.»
«Fate bene. Il re di Francia è un traditore. Non vi ha aiutato contro i
turchi nella battaglia di Tunisi, ma complotta con loro e in Italia non
ha rinunciato a Milano…»
Nei giorni seguenti Gabriel e Federico assistono ai festeggiamenti
per il matrimonio civile tra la figlia naturale dell’imperatore,
Margherita, e Alessandro de’ Medici.
Margherita è nata a Oudenaarde nel 1522, dove il ventiduenne
Carlo ha avuto una breve e intensa relazione con la bellissima Jeanne
Van der Geest. La bambina era stata affidata alla duchessa Margherita
di Savoia, zia dell’imperatore, e dopo la sua morte alla sorella di
Carlo, Maria d’Ungheria, attualmente governatrice delle Fiandre.
Margherita ha vissuto un’infanzia felice alla corte di Malines, dove
si parlava la sua lingua e tutti la trattavano come la figlia
dell’imperatore che l’aveva riconosciuta qualche anno prima.
Compiuti i dieci anni Carlo aveva ordinato che fosse accompagnata
a Napoli e accolta nel palazzo di Francesca di Montebello, vedova del
viceré di Napoli, affinché ricevesse un’educazione adatta al suo rango.
Si era poi accordato con papa Clemente VII per darla in moglie ad
Alessandro de’ Medici, che per molti era il bastardo dello stesso papa.
Carlo aveva comandato ai suoi generali in Italia di sottomettere
Firenze, abolendo la repubblica: intendeva dare il potere ad
Alessandro, come chiesto dal pontefice.
La città era stata conquistata con ingenti perdite da entrambe le
parti e l’imperatore ne aveva concesso la signoria ad Alessandro e ai
suoi discendenti.
Alla morte di Clemente VII i fuoriusciti fiorentini si erano rianimati
e avevano atteso il ritorno di Carlo V da Tunisi per esporgli il loro
risentimento verso Alessandro de’ Medici.
Margherita parla spesso del suo imminente matrimonio con
Francesca di Montebello: «Perché mio padre ha scelto lui?».
«Vuole assicurare ai Medici il governo dello stato fiorentino.»
«È vero che lo chiamano “Il Moro”?»
«Sì, per la pelle scura. Non penso che sarà il marito ideale per
voi…»
«Perché lo dite?»
«È noto che conduca una vita sregolata, molti fiorentini lo detestano
e lo definiscono crudele. È diventato padrone della città e impone il
suo volere su tutto. Ha vissuto molti anni alla corte di vostro padre e
ne ha riportato diversi usi a Firenze, tra i quali assicurarsi una guardia
di lanzichenecchi che il popolo non ama. Inoltre ha incaricato
Benvenuto Cellini di forgiare delle monete che rechino la sua
immagine, e ha voluto che i fiorentini consegnassero tutte le armi.»
A Napoli Carlo riceve i postulanti fiorentini che gli presentano un
atto di accusa contro Alessandro: uno scellerato che tiene la
cittadinanza in servitù. L’imperatore convoca il giovane perché si
difenda e Alessandro arriva con un ampio seguito a presentargli i suoi
omaggi, poi si accinge a smontare tutte le accuse contro di lui.
Carlo crede alla sua versione dei fatti ma concede che i fuoriusciti
godano di nuovo dei loro beni mobili e immobili a Firenze, a patto che
non cerchino di rientrare in città prima dell’arrivo di Margherita.
Alessandro si presenta alla futura sposa, le bacia le mani e le offre
l’anello. Poi entrambi firmano il contratto matrimoniale, la cerimonia
religiosa si terrà in seguito a Firenze.
La sera l’imperatore partecipa al ricevimento che celebra le nozze
civili dei giovani sposi. La tredicenne Margherita indossa uno sfarzoso
abito e una preziosa acconciatura ma si rende subito conto che tutti gli
occhi dei grandi di Spagna, dell’Impero e del Regno di Napoli, sono
puntati su Carlo.
Il 5 aprile l’imperatore si trasferisce a Roma su invito del nuovo
papa Paolo III Farnese. Fa il suo ingresso nella città eterna con un
seguito impressionante di soldati, cortigiani e aristocratici. Sotto i suoi
ritratti è stato messo il motto biblico: “Tu regnerai su tutto ciò cui la
tua fantasia ambisce”.
Durante le feste pasquali, invita gli ambasciatori di Francia e
Venezia ad accompagnarlo dal pontefice per discutere della pace.
«Purtroppo, il re di Francia ha respinto tutte le mie offerte e ha
assalito il duca di Savoia, il cui territorio fa parte dell’Impero come
stabilisce il trattato di Cambrai. Inoltre, pretende di conquistare
Milano. Offro ancora una volta la pace… altrimenti sia guerra!»
afferma ai suoi consiglieri.
Chiede esplicitamente al pontefice se voglia sostenere Francesco I
oppure l’Impero. Paolo III risponde che si adopererà con i suoi
cardinali per mantenere la pace; se uno dei contendenti si opporrà si
dichiarerà contro di lui.
Non avendo avuto quello che voleva, ma solo parole vaghe e ancor
più vaghe promesse, Carlo conclude il colloquio deciso a fare di testa
sua.

Mentre si trovano a Roma, Gabriel e Federico vanno a mangiare in


una taverna e commentano gli ultimi avvenimenti. Poiché i tavoli
sono tutti occupati, chiedono il permesso a un avventore
incappucciato di sedersi al suo. Ricevuto un cenno di assenso, si
accomodano.
«Perché gli hai dato ragione quando a Napoli ci ha parlato della
guerra? Proprio adesso… appena tornati dalla crociata. Forse non è il
caso» commenta Federico.
«È sempre il caso quando si tratta del re di Francia» ribatte Gabriel.
«Con la morte di Francesco Sforza il ducato di Milano è in pericolo.
L’imperatore teneva molto a lui, tanto che ha voluto che sposasse
Cristina di Danimarca, figlia di Cristiano e Isabella sua sorella.»
«Aveva tredici anni…»
«Lo sai come vanno queste cose! Purtroppo il marito si è ammalato,
è diventato quasi cieco e poi è morto. Con lui gli Sforza si sono estinti,
visto che non ci sono eredi. Una ragione di più perché Carlo se ne
occupi.»
I fratelli continuano a parlare tra loro ipotizzando l’esito di un
attacco ai francesi e poi si scambiano uno sguardo di intesa: il
commensale incappucciato è una donna. Le mani non sembrano
quelle di una domestica, come invece indicano i vestiti. Nel momento
in cui lei alza per un attimo lo sguardo, le vedono il viso: l’ovale
perfetto, gli occhi verdi e qualche ciocca di capelli rossi che sbuca dal
cappuccio.
«Siete ferita!» esclama Federico osservando meglio una delle mani
della ragazza.
Lei si alza di scatto e va a pagare il conto, poi esce in fretta dalla
taverna.
Pensando di averla turbata, Federico la segue all’esterno e la ferma:
«Sono un cavaliere dell’imperatore» si giustifica. «Voi siete ferita e
sicuramente fuggite da qualcosa o da qualcuno. Io vorrei solo
aiutarvi».
La fuga di Flora

Flora alza lo sguardo sull’uomo che le sta parlando con dolcezza.


Tutto in lui le ispira fiducia, in particolare l’espressione sinceramente
preoccupata con cui la osserva. Non pensa che abbia intenzione di
tradirla. Inoltre è stanca, il vestito sudicio che indossa le dà la nausea e
non sa cosa fare del suo futuro. Se il marito è morto, sicuramente la
staranno cercando.
Quando la città si è svegliata, dopo aver gettato il coltello nel
Tevere, ha camminato nelle strade del centro per confondersi tra la
gente. A Roma lei e il marito sono conosciuti nell’ambiente della
nobiltà. Presto servitori e guardie la cercheranno, deve trovare un
luogo dove nascondersi.
A questo, organizzando la fuga, non aveva pensato, presa soltanto
dalla smania di andarsene. Ha passato la giornata sedendosi nei
banchi di diverse chiese e poi, affamata, è entrata in quella taverna
dove c’era un solo tavolo libero.
Adesso decide di confidarsi con Federico e brevemente racconta la
sua storia, mentre Gabriel si unisce a loro.
«Sono fuggita da casa… credo di aver ucciso mio marito. Era un
uomo violento e io non ne potevo più.»
Gabriel capisce che la situazione per lei è drammatica e le fa una
proposta: «Dormo insieme a mio fratello in una locanda, venite con
noi, lì sarete al sicuro».
«Come l’avete ucciso?» si informa Federico.
«Con un coltello che avevo nascosto sotto il cuscino…»
«Dove l’avete colpito?» chiede Gabriel.
«Alla schiena.»
«Siete sicura che fosse morto?»
«No. Non mi sono fermata a controllare. Avevo paura.»
Gabriel riflette qualche secondo: «Facciamo così» propone «voi
andrete con Federico nella nostra locanda e io cercherò di informarmi.
Come si chiama vostro marito?»
«È il duca Jacopo Massimo. Un uomo molto potente.»
Mentre Gabriel va all’indirizzo che gli ha dato Flora, lei si rifugia
nella camera di Federico.
«Che farò se è morto? Se l’ho ucciso?»
«A questo penseremo dopo. Adesso ditemi perché l’avete fatto.»
«Mio padre mi ha costretta a sposarlo. Avevo solo diciotto anni… e
il mio futuro marito quarantanove. Non mi lasciava uscire da sola, mi
controllava la posta, era autoritario e violento. La sera tornava quasi
sempre ubriaco e…» Flora si ferma, ricordando momenti che vorrebbe
dimenticare.
«Non dovete raccontarmi tutto nei dettagli, penso di aver capito. La
notte per voi era un incubo. L’avete detto a qualcuno?»
«A mio padre, quando veniva a trovarmi. Mia madre è morta a
causa dell’epidemia di peste scoppiata dopo il Sacco di Roma. Ma lui
non mi credeva o non voleva credermi. Ripeteva che erano scuse per
separarmi dall’uomo che aveva scelto per me.»
«Ne ha mai parlato a vostro marito?»
«No, mai.»
«Avete delle amicizie in città?»
«No. Jacopo mi ha impedito di frequentare le ragazze della mia età.
Uscivo solo con lui e i suoi amici per andare ai ricevimenti, oppure a
teatro, o ai concerti.»
«Il palazzo in cui vivete è di vostro marito?»
«Sì. Credo che abbia dato molto denaro a mio padre, che è
proprietario terriero. Mi ha voluta a tutti i costi il giorno in cui mi ha
visto durante una partita di caccia. Hanno stretto un accordo.»
«Avete fratelli, sorelle…»
«No, sono figlia unica. E sola, visto che ormai i miei genitori sono
morti.»
Federico si procura qualcosa da bere e da mangiare per Flora
aspettando Gabriel, che torna più tardi con delle notizie: «Vostro
marito è morto» afferma. «Vi stanno cercando ovunque.»
Flora scoppia a piangere per la prima volta, ha sperato fino
all’ultimo di aver soltanto ferito Jacopo, ma adesso la sua situazione è
gravissima.
Federico la lascia riposare e scende con il fratello riferendogli quello
che ha saputo da lei: «La maltrattava, la picchiava. La sua è stata una
reazione giustificabile e noi non possiamo lasciarla qui da sola…».
«No, la arresterebbero. Ho già pensato a cosa fare.»
«Cosa?»
«La porteremo con noi. L’imperatore sta per muoversi con tutto
l’esercito e ci sono diverse donne, una in più non desterà sospetti. Per
adesso resterà qui, noi prenderemo un’altra stanza. Diremo all’oste
che vogliamo essere indipendenti, ma lei non deve mai uscire.»

Il 18 aprile 1536 l’imperatore si mette in marcia con il suo esercito,


deciso a irrompere in Provenza. Si preparano anche le navi comandate
da Andrea Doria.
Federico chiede il permesso a Carlo V di poter viaggiare per mare,
visto che è ancora debole.
«Andrete sulla nave ammiraglia. Ci troveremo davanti Marsiglia»
acconsente l’imperatore.
Federico s’imbarca insieme a Flora, che presenta come sua
infermiera. L’ammiraglio Doria è felice di rivederlo, è rimasto in coma
così a lungo che non pensava potesse farcela.
«Come vi sentite adesso?»
«Molto meglio. Anche se ho ancora dei forti mal di testa e muovo
male il braccio destro.»
«L’infermiera che vi accompagna è disposta a lasciare l’Italia?»
«Sì. È orfana. L’ho conosciuta in ospedale a Palermo e mi ha seguito
a Roma. Qui non ha futuro e ha bisogno di denaro…» mente Federico.
Andrea guarda la donna che si tiene in disparte e, nonostante
l’abito dimesso e la cuffietta che le copre i capelli, non può evitare di
notare quanto sia bella.
«Signorina, abbia molta cura del nostro eroe» le dice, non
nascondendo una punta di ironia.
«Certo, non ne dubitate.»
«Sapete che andiamo a combattere…»
«Non ho paura» afferma lei.
Flora sa bene cosa sta per succedere, ma qualsiasi pericolo è
preferibile a quello che correrebbe rimanendo a Roma.
Gabriel intanto si è unito all’esercito di Carlo, che si fermerà
qualche giorno a Firenze. I preparativi per la guerra proseguono:
l’imperatore recluta trentacinquemila lanzichenecchi in Germania.
A giugno si accampa con il suo esercito ad Asti, vicino alla linea di
fuoco. Il suo comandante, Antonio de Leyva, ha assediato Fossano,
dove si trovano alcune migliaia di francesi.
Carlo manda Ascanio Colonna, gran connestabile del Regno di
Napoli, a spiegare a tutti i membri della Lega italiana le sue
intenzioni. A lui si uniscono i soldati dei duchi di Savoia e di Alba, di
don Fernando Gonzaga e del marchese di Vasto, oltre agli uomini
inviati dal fratello Ferdinando d’Asburgo.
Il piano di Antonio de Leyva consiste nel cacciare i francesi dal
Piemonte e recuperare la Savoia, mentre l’ammiraglio Andrea Doria
vuole conquistare anche Marsiglia.
I problemi sorgono quando Fossano resiste più a lungo del
previsto. È allora che l’ambasciatore Chapuys fa sapere all’imperatore
che Anna Bolena è stata giustiziata in Inghilterra e adesso un’alleanza
con Enrico VIII è più vicina, ma non si farà in tempo ad avere gli aiuti
inglesi per questa battaglia.
La cavalleria leggera comandata da Ferrante Gonzaga oltrepassa le
Alpi, segue quella pesante capitanata dal duca d’Alba, e infine arriva
Carlo con la fanteria: entra a Nizza e prosegue per la Provenza,
mentre le navi di Andrea Doria lo affiancano dal mare. Vengono
conquistate Antibes e Cannes e il 2 agosto l’esercito entra a Fréjus.
Molti uomini inviati a caccia di viveri sono caduti nelle mani dei
francesi comandati da Anne de Montmorency, che si è stabilito sopra
Avignone. Il duca di Montmorency, maresciallo e Pari di Francia, è un
grande comandante e uno dei personaggi più importanti del suo
Paese. Ha fatto fortuna sotto Francesco I , di cui è amico intimo,
accompagnandolo in tutte le battaglie. Ma è contrario a questa guerra.
Fa molto caldo e durante l’assedio i cavalli dell’imperatore iniziano
a morire. Anche diversi messaggeri vengono catturati dai francesi e
così Carlo si trova isolato. Il piano di arrivare a Marsiglia fallisce e
l’imperatore è obbligato a ritirarsi prima ancora di affrontare il
nemico. Si ferma un mese a Genova, prima di imbarcarsi. Non vede
l’ora di riabbracciare la moglie e conoscere la figlia Giovanna, nata
quando lui era lontano.
Sbarca il 5 dicembre a Palamós e raggiunge Barcellona, da dove
invia un messaggio all’imperatrice Isabella invitandola a recarsi a
Tordesillas con i tre figli. Trascorreranno il Natale insieme a sua
madre.

Manuela Acevedo continua a vivere con la regina Giovanna, come fa


ormai da quindici anni. All’arrivo della famiglia imperiale lascia la
fortezza e va a fare una passeggiata.
Ogni volta che decide di uscire prova un leggero senso di colpa,
pensando che alla regina questo non è concesso. Nei primi anni della
sua reclusione, quando con lei c’era anche Caterina, la figlia più
piccola di Giovanna e Filippo d’Asburgo, si sentiva ancora ridere nella
fortezza. Caterina, che viveva in stanze fatiscenti, con vestitini
disordinati e senza ricevere un’adeguata educazione, cercava di
giocare anche se non le era concesso avere altri bambini accanto. Si
divertiva con poco, da sola o con la servitù. A volte lanciava qualcosa
dalla finestra perché i monelli che passavano da quelle parti alzassero
lo sguardo verso di lei.
Poi Carlo l’aveva portata via per farla vivere a corte e darla in
moglie a Giovanni III di Aviz, re del Portogallo. A Giovanna era
rimasta solo Manuela. Non aveva altre dame di compagnia, né
visitatori, solo servi e guardie, a capo delle quali c’era il marchese di
Dénia, che la sottoponeva a malversazioni e torture.
Manuela cammina per le strade immersa nei suoi pensieri. Quando
esce cerca di non distrarsi troppo, di non godere della gente, dei
mercati, delle taverne affollate. Quante volte le è stato chiesto di
spiegare il senso della sua reclusione volontaria insieme alla regina!
La risposta era sempre la stessa: inizialmente a trattenerla era stato
il senso del dovere, poi stare accanto a quella donna abbandonata da
tutti era diventata una scelta, una specie di missione.
Aveva seguito Giovanna nelle Fiandre, in Francia e nelle varie
residenze reali in cui aveva risieduto. Tutto questo prima che il padre
Ferdinando la facesse rinchiudere perché “pazza”, nonostante
nessuna delle persone che vivevano con lei nella fortezza dubitasse
della sua salute mentale. Tutti sapevano che le scenate di Giovanna
erano scatenate dalla gelosia per i numerosi tradimenti del marito. E
anche in seguito, quando il suo comportamento si era fatto più
aggressivo, la ragione – ben nota a tutti – risiedeva nella volontà di
non sottomettersi a pratiche religiose che non condivideva, o
difendersi quando veniva torturata.
Solo in un’occasione Manuela aveva pensato di lasciarla: quando i
comuneros sollevatisi in tante città spagnole contro l’imperatore si
erano spinti fino a Tordesillas con l’intento di liberare la regina.
Giovanna li aveva accolti, ascoltando le loro richieste e offerte, ma alla
fine non aveva voluto fare un torto al figlio, che pure la teneva reclusa,
unendosi ai ribelli dell’Impero.
Manuela non sopporta il comportamento ipocrita dell’imperatore,
che ogni volta che torna in Spagna viene a trovare la madre soltanto
per sottoporle documenti da firmare.
«Gli ho chiesto di poter assistere alla messa nel convento di Santa
Chiara invece che nella mia stanza, ma ha cambiato discorso» le
riferisce Giovanna quando la famiglia imperiale riparte.
«Non credo che sia molto diverso da vostro padre» commenta
Manuela, ricordando come il re Ferdinando d’Aragona illudesse la
figlia dicendo di amarla, ma lasciando che venisse torturata quando
ripartiva.
Non capisce perché anche l’imperatore neghi alla madre persino la
più piccola libertà. Inoltre, si è accorta che ogni volta che Carlo va a
trovarla Giovanna inizia a tremare. Ha paura di essere ingannata dal
proprio figlio, come lo è stata dal marito e dal padre.
Ritorno a Toledo

Gabriel, Federico e Alejandro sono a Toledo per passare il Natale con


Sofia e la nipote Claudia, che ha compiuto dieci anni. Con loro c’è
anche Flora, che viene presentata come un’amica italiana desiderosa
di visitare la Spagna.
Solo più tardi Federico prende la sorellastra in disparte per dirle la
verità: «Io e Gabriel l’abbiamo conosciuta a Roma, in una taverna.
Aveva vestiti dimessi e un mantello con il cappuccio. Si
nascondeva…».
«Da chi?» chiede Sofia.
«Il padre l’ha costretta a sposare un uomo molto più vecchio di lei,
dispotico e violento. Per due anni non l’ha mai fatta uscire da sola. Era
controllata giorno e notte. Inoltre, lui la picchiava…»
«E i genitori non intervenivano?»
«La madre è morta di peste dopo il Sacco di Roma. Qualche anno
dopo il padre ha venduto Flora. È morto anche lui. Flora non ha
fratelli, né parenti o amici. Una notte non ha più sopportato gli abusi
del marito e l’ha ucciso.»
Sofia si porta le mani al volto turbata, ma poi velocemente riflette:
che avrebbe potuto fare una ragazza sola con un marito spietato e
potente? Senza una famiglia a proteggerla?
«Come ha fatto a scappare?»
«Quando lui era nel palazzo Flora non veniva controllata dai servi.
Così dopo l’omicidio si è cambiata ed è uscita all’alba. Si è nascosta
dormendo vicino a una chiesa e poi, non avendo potuto mangiare, si è
rifugiata in quella taverna.»
«Che cosa ne pensa Gabriel?»
«È stato lui a decidere che doveva venire con noi. Poiché non ero
ancora guarito dalle ferite, ho chiesto all’ammiraglio Doria di farmi
viaggiare sulla sua nave con la mia infermiera.»
«Sono contenta che fra voi due sia tornata la pace. Alejandro mi ha
scritto tutto. Mi ha raccontato l’assedio, le battaglie, il tuo gesto
eroico… ero così preoccupata per te!»
«Gabriel mi è stato vicino. È venuto in ospedale ogni giorno.»
Sofia non riesce a credere alla generosità del fratello. Lo conosce
troppo bene, sa che quando vuole vendicarsi niente riesce a fermarlo.
E quando odia, è per sempre.
Federico si accorge che Sofia è distratta. «A che stai pensando?» le
chiede.
«Niente» mente lei, poi, cambiando discorso: «Ma dimmi di mio
figlio…» domanda.
«Alejandro è stato molto coraggioso durante le battaglie. Devi
essere orgogliosa di lui!»
«Lo sono. Mi dispiace solo di vederlo così poco. Quando
ripartirete?»
«Presto. L’imperatore sta passando le festività insieme alla moglie,
ai figli e alla madre a Tordesillas.»
«Sono contenta che siano andati a trovarla. La situazione in quella
fortezza è assurda. Una regina prigioniera… Mentre eravate via sono
stata con Claudia a trovare Manuela. La reazione di mia sorella è stata
impressionante. Credo che abbia rivisto in lei la madre com’era alla
sua età ed è scoppiata a piangere.»
«In effetti Claudia è identica a Octavia. Ma come sta Manuela?»
«Sta bene, nonostante tutto. Ha dedicato a Giovanna la sua vita ed è
contenta così. Legge, passeggia, scrive lettere… È stata una sua scelta,
noi non possiamo giudicarla…»
«Certo che no! Ma mi dispiace immensamente di saperla chiusa in
quel luogo lugubre.»
La sera torna per la cena anche Maddalena, che per mesi ha sognato
di rivedere Alejandro, sperando che la lontananza dalla corte gli abbia
fatto dimenticare Agnes. Lo abbraccia e saluta Gabriel e Federico, poi
vede Flora, che ha appena alzato lo sguardo dal soprammobile che
stava osservando e lo sguardo si illumina: «Tu sei…». L’altra si
avvicina incerta: «Flora! E tu sei Maddalena…».
Le due ragazze si abbracciano mentre gli altri le guardano
esterrefatti. Poi Flora si rivolge a Sofia: «Maddalena è mia cugina. Mio
padre era il fratello di sua madre e abitavamo in due palazzi vicini a
Roma. Abbiamo passato insieme tutta l’infanzia». E di nuovo rivolta a
Flora. «I tuoi genitori?» domanda.
«Mia madre è morta durante l’epidemia di peste… Mio padre è
morto un anno fa.»
«Mi dispiace. Come mai ti trovi qui?»
Intuendo che prima o poi verrà nominato Nicolò, Gabriel interviene
e chiede alle ragazze di farsi le loro confidenze in giardino, dove
staranno più tranquille.
Maddalena si siede su una panca insieme alla cugina e non le lascia
la mano.
«Sai, sono rimasta sola quando sono arrivati i lanzichenecchi e gli
imperiali… Ti ricordi che tragedia?»
«Sì, case e chiese bruciate, donne violentate, le opere d’arte distrutte
e ovunque bivacchi di soldati ubriachi. Io non sono mai uscita di
casa.»
«Anche mia madre è morta per la peste e mio padre si è gettato
dalla finestra per la disperazione.»
Flora abbraccia la cugina.
«Povera Maddalena. Quindi sei rimasta sola!»
«Ero seduta sul gradino del mio palazzo e non sapevo proprio cosa
fare, quando un soldato mi ha vista piangere e mi ha portata con sé.
Voleva lasciarmi in un orfanotrofio ma poi ha avuto pietà.»
«Chi era?»
«Si chiamava Nicolò Guarienti, un giovane meraviglioso. Siamo
andati a Mindelheim, in Baviera, dove viveva la donna che amava,
Greta, la nipote del comandante lanzichenecco Frundsberg. Una
guerriera!»
«Intendi dire che combatteva?»
«Sì, con il coraggio di un uomo. Aveva conosciuto Nicolò molti
anni prima. Erano stati insieme e poi si sono persi di vista. Lui aveva
sposato Octavia, la gemella di Sofia, che si trovava a Malines, nelle
Fiandre. Nicolò non sapeva che mentre era in Italia a combattere la
moglie aveva partorito una bambina, Claudia.»
«Claudia? La bambina che vive qui?»
Flora si volta e la vede in un angolo del giardino. Federico e
Alejandro le hanno portato dei regali dall’Italia e lei li sta aprendo
felice.
«Sì. Quando siamo arrivati nel castello di Frundsberg, Nicolò ha
scoperto che anche Greta aveva avuto una figlia, Agnes. Ha deciso di
rimanere con loro e ha tenuto anche me in famiglia.»
«E Octavia?»
«In seguito, Gabriel ha fatto delle ricerche e ha scoperto la verità.
Quando Octavia l’ha saputo si è uccisa per la disperazione…»
«No! Ma aveva una bambina…»
«Lo so ma forse il dolore del tradimento le ha fatto perdere la
testa.»
«E Gabriel?»
«Gabriel odia la figlia di Greta e non vuole sentir parlare di
Nicolò.»
Maddalena racconta che Greta è stata giustiziata dall’Inquisizione
come strega, accusata ingiustamente da un uomo respinto, e con
Agnes lei è stata portata alla corte di Malines da un cavaliere
lanzichenecco.
«Dove si trova Agnes adesso?»
«A corte, a Valladolid. È una dama della regina.»
«Come ha fatto a diventarlo? Non ha origini nobili…»
«Ha fatto una cosa incredibile. Ha preso in affitto un’armatura e,
fingendosi un ragazzo, ha partecipato a una giostra organizzata
dall’imperatore e l’ha vinta. La moglie l’ha voluta come sua
damigella.»
Flora pensa che Agnes sia una ragazza speciale, a differenza di
Maddalena, che non è mai stata coraggiosa né intraprendente.
Piuttosto molto bugiarda e ipocrita… ma tiene tutto questo per sé.
«Adesso parlami di te…» le dice Maddalena
Flora sospira e rimane muta qualche istante. Non sa se sia il caso di
riferirle la sua storia e l’omicidio. Federico le ha proibito di parlarne
con chiunque, eccettuata Sofia, ma alla fine fa quello che sente.
«Mio padre mi ha costretta a sposare un uomo molto ricco ma più
vecchio di me e anche violento. Ogni notte era un incubo. Per
liberarmi di lui e fuggire l’ho colpito con un coltello. Non volevo
ucciderlo…»
«Hai ucciso tuo marito! Era un uomo potente?»
«Molto potente. Ho conosciuto casualmente Federico e Gabriel
mentre ero in fuga e mi hanno portata in Spagna con loro. Non
tornerò più in Italia, perché verrei arrestata.»
Maddalena non sa cosa dire. Un omicidio è qualcosa di irreparabile
e se fosse presa… non vuole pensarci.
«Perché io non ho saputo che ti eri sposata?»
«Mio padre mi portò per un periodo nella nostra tenuta in
campagna. Non voleva che frequentassi i miei coetanei a Roma, nel
timore che il suo piano fallisse.»
Maddalena cerca di parlare d’altro perché gli occhi di Flora si sono
riempiti di lacrime e non vuole che la sua tristezza rovini l’atmosfera
che si è creata in casa.
«Sono contenta che tu sia qui, anche se ci vedremo poco, quando
sarai andata a corte…»
«Chiederò a Federico di farti venire con noi. In fondo sei mia
cugina, non dovrebbero esserci problemi.»
«Ce ne saranno con Gabriel, vedrai!»
«Perché? Hai detto che odia Agnes, non te.»
«Odia anche me perché Nicolò mi ha salvata a Roma e mi ha
portata con sé in Baviera.»
«Ma tu non gli hai fatto niente! Se Nicolò ti ha salvata, il suo è stato
un merito e non una colpa. Con Agnes è diverso, è la figlia che ha
preferito a Claudia…»
«Perché non sapeva che Claudia fosse nata.»
«Se lo avesse saputo, secondo te sarebbe tornato dalla moglie?»
«No, non credo. Era molto innamorato di Greta, non l’avrebbe mai
lasciata.»
Maddalena ripensa con nostalgia a Nicolò e Greta, che l’avevano
trattata come una figlia, permettendole di studiare e insegnandole a
cavalcare.
Con Agnes allora aveva un bel rapporto. Le sembrava una bambina
speciale, molto diversa dalle amiche che aveva a Roma. Ragazze ben
vestite, sofisticate, che a dieci anni già facevano progetti per il loro
futuro di mogli e madri. Il loro mondo era fatto di vestiti e
acconciature, di studio e giochi poco movimentati.
Alla stessa età Agnes sapeva cavalcare, usare la spada, difendersi
da un attacco. Era sempre spettinata, con il vestito sgualcito che la
madre non le cambiava per farla sentire libera. Niente le era proibito,
perché lei stessa aveva acquisito da Greta e dal comandante
Frundsberg il senso dell’onore e dell’onestà, dell’ordine e
dell’ubbidienza.
Tutto è cambiato quando, arrivando in Spagna, Maddalena si è
innamorata di Alejandro, il figlio di Sofia, e si è accorta che lui
preferiva la giovane tedesca che sapeva cavalcare come un uomo, era
bellissima e molto coraggiosa. Diversa da lei, che odia andare a
cavallo e non ha un centesimo della bellezza di Agnes.
«Comunque Gabriel non può opporsi se Federico vuole portarti con
noi!» conclude Flora.
La gelosia di Maddalena

Maddalena vuole approfittare dell’assenza di Agnes per cercare di


conquistare Alejandro. Si veste con cura, gli dimostra quanto sia
migliorata a cavallo invitandolo a fare una passeggiata in campagna
con lei. Ha chiesto informazioni sull’assedio di Tunisi e ne parla con
lui da esperta non rendendosi conto di diventare ridicola. Non le sono
mai interessate le campagne militari, mentre Alejandro e Agnes
passavano ore sulle carte geografiche a immaginarle, a organizzare
strategie di guerra.
Alejandro si innervosisce per tante attenzioni e si confida con la
madre: «Che cosa devo fare? Maddalena mi perseguita. Non ha
ancora capito che sono veramente innamorato di Agnes. Quando
eravamo piccoli e passavamo le giornate qui, tutti insieme, lei pensava
che preferissi la compagnia di Agnes alla sua solo perché non sapeva
cavalcare e non aveva l’agilità della tedesca. Ma neanche allora per me
era un gioco, tu lo sai mamma come la guardavo, quanto pensassi a
lei, e adesso ho intenzione di sposarla».
«La vuoi sposare?»
«Sì. Quando tornerò a corte glielo proporrò. Non ne abbiamo
ancora parlato ma è come se ce lo fossimo chiesto mille volte e mille
volte abbiamo risposto di sì. Aspetteremo ancora, perché credo che
l’imperatore abbia intenzione di ripartire e io dovrò andare con lui.»
«Se vuoi, parlerò io con Maddalena…»
«No, si rovinerebbe la bella atmosfera che si è creata. Perfino
Gabriel sembra allegro e legato a Federico come una volta. Le parlerò
io prima della partenza.»
Effettivamente Gabriel ha perso in parte la ruvidezza degli ultimi
anni, e gli attacchi di furia sembrano lontani, ma Sofia sa che si tratta
solo di una tregua con i suoi peggiori istinti. Entrambi hanno scoperto,
attraverso il colloquio che ha avuto Federico con la madre Raimunda,
che la verità sull’omicidio dei genitori è ancora lontana e Gabriel farà
di tutto per conoscerla e agire di conseguenza.
Per il momento le sembra tornato il fratello protettivo che la teneva
in braccio dopo la tragedia, lui aveva tredici anni e lei solo due. Il suo
cruccio è che Gabriel non abbia trovato una donna da amare, dopo la
delusione che gli ha dato Pilar intrappolandolo in un matrimonio
colmo di menzogne.

Flora confida a Maddalena di essersi innamorata di Federico fin dai


primi giorni, quando lui l’ha portata via da Roma e hanno fatto il
viaggio in nave per arrivare a Genova. Sono stati insieme otto mesi,
mentre l’imperatore preparava la battaglia contro la Francia e poi
decideva di rinunciare.
Gabriel ha capito subito che fra loro era nato qualcosa, ma sul
momento aveva deciso di non parlarne con il fratello. Lo fa adesso.
«Che intenzioni hai con Flora?»
«Ci sposiamo. Ormai è vedova e non credo che qualcuno possa
scoprire che si trova in Spagna. A Genova ho parlato con l’imperatore
e gli ho raccontato tutto. Ha detto che se diventerà mia moglie potrò
portarla a corte.»
Gabriel sembra contento della notizia. È stato lui a decidere che
Flora dovesse lasciare l’Italia vedendo come il fratello la guardava
affascinato. Neppure Federico si è mai innamorato, ma la differenza è
che Gabriel ha avuto moltissime donne, avventure che non hanno
lasciato traccia, mentre il fratellastro, a parte la disastrosa notte con
Matilde, non sembrava molto interessato al sesso femminile.
Come se gli leggesse nel pensiero, Federico spiega: «So che ti sei
chiesto come mai non ho avventure sentimentali come te, data la mia
età. Il fatto è che mi è difficile avere rapporti intimi con qualcuna che
non amo. E se pensi a Matilde, ricorda che ero ubriaco. Lei mi aveva
fatto bere per tutta la sera. Con Flora è diverso. Credo di essermi
innamorato dal primo momento in cui ci ha raccontato la sua storia.
Poi, durante il viaggio in mare fra noi è nato qualcosa che adesso si è
consolidato. È la donna della mia vita».
«Sono contento per te. Però, adesso che siamo a Toledo, e non so
quando ci torneremo, non hai voglia di andare a Talavera a rivedere
Raimunda?»
«Sì, moltissima. Vorrei anche dirle del matrimonio. Non penso che i
figli le permetteranno di intervenire, ma mi piacerebbe almeno
avvertirla…»
«E io voglio sapere qual è la verità che manca sull’uccisione dei
miei genitori. Allora vogliamo andare?»
Salgono a cavallo e partono per Talavera. Una volta arrivati si
dividono, Gabriel cercherà di individuare il momento in cui i fratelli
Montés non sono in casa, in modo che Federico possa vedere la
madre.
Aspettano vicino all’abitazione diverse ore e poi Gabriel segue
Natal e Félix che, appena usciti, si avviano verso una taverna.
L’ultima volta che li ha visti è stato venticinque anni prima, quando
avevano assistito all’omicidio del padre. Gabriel lo aveva colpito alle
spalle, senza dargli la possibilità di difendersi, poiché secondo lui non
ne aveva diritto. Natal e Félix avevano guardato la scena esterrefatti e
avevano cercato di inseguire Gabriel che fuggiva a cavallo.
Ora è dietro di loro e li osserva. Sono uomini, ormai. Si chiede come
siano diventati, ma con un padre come il loro ha pochi dubbi. È sicuro
che vogliano vendicarsi di lui. Da lontano li vede entrare nella
taverna.
Federico bussa alla porta e quando Raimunda lo vede si getta tra le
sue braccia. «Mio Dio, figliolo! Non speravo di vederti ancora!»
«Mamma, posso rimanere poco, ma volevo darti una bella notizia.»
Omettendo l’omicidio commesso da Flora, le racconta di averla
incontrata a Roma, di essersi innamorato di lei e di volerla sposare.
Raimunda è commossa. Aveva quasi perso le speranze che il figlio,
con il quale ogni tanto ha scambiato qualche lettera, un giorno potesse
avere una famiglia sua.
Rimangono a parlare qualche minuto, mentre lei mette sul tavolo
un dolce che ha preparato per i figli.
«Ti ricordi? Ti piaceva tanto.»
«Tu me lo davi di nascosto perché Natal e Félix me lo avrebbero
tolto.»
«Purtroppo hanno ripreso il carattere violento del padre. Non so
come ho fatto a sopportarli in tutti questi anni. Forse, solo il pensiero
che tu fossi salvo e che facessi una bellissima carriera con l’imperatore
mi ha dato la forza di resistere.»
«Mamma… quando sono venuto qui a prendere Eleonora, la sorella
dell’imperatore, tu mi hai detto che c’è ancora qualcosa che gli
Acevedo devono sapere sulla morte dei loro genitori…»
«Sì, te l’ho detto, ma non posso parlare adesso. Temo la reazione di
Gabriel… non so cosa potrebbe fare dopo aver ucciso mio marito.
Comunque tutto questo non riguarda te in alcun modo e quando
verrà il momento sarò io ad andare da Sofia a raccontarle la verità.»
«Gabriel è qui, mi ha accompagnato.»
Raimunda si allarma: «È qui? E dove si trova adesso?».
«È rimasto fuori, tu sai com’è. Ti dà la colpa per aver fatto entrare
nel palazzo dei genitori i loro assassini.»
«Mi dispiace. Avrei tanto voluto rivederlo! Mi è mancato molto,
come Manuela e le gemelle. E poi lui non sa che io ho una
responsabilità minima negli omicidi, Gaspar mi aveva costretta ad
aprire il portone. Ma ho anche il merito di aver evitato il peggio…»
«Quale peggio? Cos’altro sarebbe potuto succedere?»
«Coinvolge altre persone e non voglio che Gabriel lo sappia.
Sarebbe capace di andare in giro per la Spagna a uccidere ancora…»
«A me lo dirai, vero? In un’altra occasione in cui verrò da solo…»
«Sì» afferma Raimunda, anche se non ne ha l’intenzione.
Racconterà la verità solo quando sentirà di essere arrivata alla fine e la
confesserà a Sofia.
Madre e figlio rimangono ancora qualche minuto a parlare, a
raccontarsi gli ultimi avvenimenti e poi Federico lascia la casa e si
riunisce a Gabriel.
«Allora, te lo ha detto?»
«No. Pensa che non sia ancora il momento, ma presto andrà a
Toledo a parlare con Sofia. E tutti sapremo la verità.»
Pur deluso, Gabriel non vuole insistere. Troverà un altro modo per
scoprire gli ultimi dettagli di un quadro incompleto.

Il matrimonio di Federico e Flora si svolge un mese dopo, in forma


molto privata nella chiesa di San Romano, prima che tutti tornino a
corte. Lei non riesce a credere alla fortuna che le è capitata. Da moglie
maltrattata ad assassina fuggitiva e poi a sposa innamorata. Tutto in
un solo anno. Se quel giorno non si fosse rifugiata nella taverna dove
erano venuti a mangiare Gabriel e Federico, se il locale non fosse stato
tutto occupato, costringendoli a sedere al suo tavolo, sarebbe ancora a
Roma con il terrore di essere arrestata.
«E adesso partirete tutti…» sospira Sofia.
«Torneremo presto, mamma. Non ti lasciamo sola» afferma
Alejandro.
Lei sorride: «Io amo la solitudine, non devi preoccuparti. E poi non
sono sola, qui ci sono Agacia, Felisia e Gonzalo, che mi coccolano
come se fossi ancora bambina. C’è il giovane Pablo, il figlio di Agacia,
che intuisce i miei desideri prima ancora che io possa formularli. E ho
delle amiche con cui andiamo a vedere le opere d’arte meravigliose di
questa città. Faccio anche molte passeggiate, leggo, dipingo, vi scrivo e
ricevo le vostre lettere. La mia vita non è vuota».
Prima di lasciare Toledo Alejandro prende Maddalena in disparte,
non vuole che rimangano equivoci fra di loro.
«Tu sai che sono innamorato di Agnes…»
«Pensavo che la lunga assenza…»
«No. L’assenza mi è servita per convincermi ancora di più della mia
intenzione di sposarla. Mi dispiace essere duro con te, ma ti prego di
non pensare che per noi possa esserci un futuro.»
Maddalena non ha più niente da dire, nei giorni passati si era illusa
notando quanto lui fosse gentile e accogliente con lei, è chiaro che si
era sbagliata.
La delusione brucia ma non ha perso le speranze, andare a corte le
permetterà di continuare a vedere Alejandro e poi troverà il modo di
conquistarlo.
Gabriel si accorge che anche Maddalena ha il bagaglio pronto e va
da Federico infuriato.
«Che sta facendo Maddalena?»
«Viene a corte con noi. È la cugina di mia moglie e Flora la vuole
accanto a sé, visto che non ha amicizie femminili a Valladolid.»
«Io non la voglio!»
«Ragiona, Gabriel. Non può rimanere qui da tua sorella, che deve
occuparsi di Claudia. E poi che farebbe sola? Stiamo partendo tutti e
lei ha l’età giusta per fare la dama di corte, sarà di grande aiuto a
Flora. Ti prego, non ti opporre.»
Gabriel capisce di essere in minoranza, soprattutto a convincerlo è
l’idea che non può far sopportare alla sorella il peso di un’altra
ragazza, così tace e si dispone a partire.
Nel palazzo di Valladolid l’imperatrice Isabella vuole subito
abbracciare Federico, il cavaliere preferito di suo marito, che ha
rischiato la vita per lui, e si congratula per il matrimonio.
«Maestà, è venuta con noi la cugina di mia moglie, ha origini
italiane e Flora vorrebbe averla con sé a corte. Pensate che sarà
possibile?» chiede Federico.
L’imperatrice sorride: «Ma certo, sarà una delle mie dame insieme a
Flora».
Incontro nella scuderia

Quando Alejandro è partito con l’esercito dell’imperatore per la


conquista di Tunisi aveva diciassette anni e Agnes diciannove. Si
ritrovano alla corte di Valladolid dopo la lunga separazione e
scoprono che i loro sentimenti sono immutati.
Inizialmente imbarazzati, si salutano formalmente ma poi, di notte,
trovano il modo di appartarsi, come facevano un tempo, vicino alle
scuderie. Alejandro vorrebbe abbracciarla ma non ne ha il coraggio.
Ha sempre pensato a lei, quasi ogni giorno, ma non le ha scritto per
paura di annoiarla con il resoconto della battaglia, e per pudore non
avrebbe parlato dei suoi sentimenti in una lettera.
Agnes sperava che si sarebbe trattenuto meno in Italia e a un certo
punto ha cominciato a temere che non tornasse più. Proprio per
evitare il dolore di questo dubbio distraeva la mente dai ricordi,
dall’immagine bella di Alejandro, che quando era presente la
accompagnava nel sonno. Non è una ragazza sentimentale e sperava
che lui non le scrivesse perché non avrebbe saputo cosa rispondergli.
Agnes gli chiede come è stato l’incontro con la madre e lui vuole
sapere se si trova bene con l’imperatrice.
«Sì, lei è molto gentile con me. È una donna formidabile. A vederla
così minuta e apparentemente fragile, non diresti che abbia potuto
governare tanto bene il Paese in assenza del marito.»
«La apprezzano tutti, le vogliono bene. A Toledo siamo stati al
matrimonio di Federico…»
«Ho saputo che ha sposato un’italiana… sono veramente felice per
lui!»
«La moglie è la cugina di Maddalena che…»
Agnes ride, non è mai stata gelosa dell’italiana perché conosce
abbastanza Alejandro da sapere che una ragazza così può solo
infastidirlo.
«Sì, immagino cosa facesse. Voleva conquistarti. Io non ho ancora
capito se la sua sia un’ossessione per te o odio per me!»
«Credo entrambe le cose, ma le ho detto chiaramente che ti amo…»
Agnes, che stava baciando il muso del suo cavallo, si volta di scatto.
È la prima volta che qualcuno le rivolge una dichiarazione d’amore. È
imbarazzata da quelle parole, le sembrano enormi, riempiono la
scuderia con il loro eco.
«Mi ami?»
«Lo sai.»
Alejandro le sfiora i corti capelli biondi e le prende le mani tra le
sue. Non va oltre, vuole aspettare per capire che le cose non siano
cambiate fra loro.
«E tu?»
«Anche tu lo sai.»
Sono giovani, non avvezzi alle storie d’amore, avendo passato il
tempo a cavalcare, a combattere, ad affrontare situazioni difficili.
Tutta la forza che esibiscono in pubblico si sgretola quando si
guardano negli occhi. Improvvisamente perdono le parole.
Ancora non si sono amati fisicamente, ma considerano amore il
senso di vuoto che provano in mancanza l’uno dell’altra, la felicità nel
rivedersi, l’eccitazione che nasce dai loro incontri segreti. Come
esprimere tutto questo con le parole? Può bastare un semplice: “Ti
amo?”.
Alejandro la stringe a sé e le dice che devono fare attenzione ai loro
incontri: «Gabriel farà di tutto per dividerci se ci vedrà insieme.
Dobbiamo essere cauti, almeno prima di…».
«Cosa?»
«Prima di aver ufficializzato il nostro rapporto. A quel punto non
potrà fare niente. Tu sei protetta dall’imperatrice e io dall’imperatore.»
«Ufficializzato vuol dire…»
«Che ci sposeremo, se anche tu lo vuoi.»
«Lo sai che Gabriel non accetterà mai il nostro matrimonio. Non
vorrà essere imparentato con la figlia di Nicolò Guarienti, che ha
causato il suicidio di sua sorella Octavia» afferma Agnes.
«Vuol dire che faremo a meno della sua benedizione…»

Carlo V rimane a Valladolid fino a luglio e assiste a tornei, ricevimenti


e corride in suo onore. Lo fa sofferente, perché la gotta non gli dà
pace. Convoca spesso il consiglio per decidere le mosse contro la
Francia, di cui teme una controffensiva e una vendetta per
l’occupazione imperiale della Provenza.
«La nuova regina d’Inghilterra, Jane Seymour, è incinta» annuncia
alla moglie.
«Se partorirà un maschio, il re Enrico avrà finalmente l’erede che
desiderava…» commenta Isabella.
«Già. Gli inglesi non vogliono al governo una donna e per ora
Enrico ha solo due figlie, Maria ed Elisabetta.»
«Si parla anche di due figli di Anna Bolena e uno è un maschio
straordinariamente somigliante al re, ma lui non li ha voluti
riconoscere.»
Carlo cambia repentinamente discorso per annunciare alla moglie
una notizia che non le farà piacere: «Da Bruxelles mi ha scritto mia
sorella Maria chiedendomi aiuto. Teme un attacco francese e non ha le
risorse economiche per difendersi, inoltre il papa vuole incontrare me
e il re di Francia».
«Partirete di nuovo?»
«Purtroppo devo farlo.»
Isabella non dice nulla ma, quando rimane sola nella sua stanza,
piange. Ogni volta che il marito si allontana, sente aprirsi una ferita
che si rimargina solo con il suo ritorno.
Carlo chiede ad Alejandro di partire con lui perché vuole affidargli
una missione importante.
«Mi ha chiesto di seguirlo in Francia e poi di andare in Italia»
riferisce Alejandro a Federico.
«Perché in Italia?»
«Il marito di sua figlia Margherita, Alessandro de’ Medici, è stato
assassinato.»
«Assassinato?» si stupisce Federico.
«Si è trattato di una trappola. Alessandro voleva incontrare
segretamente una zia di Lorenzino de’ Medici, che ha organizzato
l’appuntamento nella sua stanza. Entrato nella camera si è spogliato e
si è messo a letto in attesa della donna. Lorenzino è andato a salutarlo
e, insieme a un compagno, Scoroncolo, lo ha pugnalato.»
«Gli assassini sono stati presi?»
«No. L’imperatore mi ha raccontato che Lorenzino ha chiuso a
chiave la sua camera ed è andato dall’arcivescovo a chiedere il
permesso di lasciare la città perché il fratello Giuliano era malato. Così
è fuggito con il suo compagno per rifugiarsi a Venezia.»
«E Margherita?»
«Nonostante Alessandro fosse uno scapestrato odiato da mezza
Firenze, credo che soffra molto. È stata trasferita nella fortezza di San
Giovanni per sicurezza.»
«E chi governa la città?»
«Cosimo, il figlio di Giovanni dalle Bande Nere. I fiorentini
pensano di avere a che fare con un giovane fragile e influenzabile, non
sanno che ha ereditato la determinazione e lo spirito battagliero del
padre. Secondo me farà grandi cose!»
«Che cosa ti ha chiesto l’imperatore?»
Alejandro gli spiega che Carlo teme tumulti a Firenze e vuole che la
figlia vada a Prato, dove avrà una guardia di trecento spagnoli.
«Ha detto che si fida di me e che devo starle vicino per proteggerla.
Cosimo vorrebbe sposarla ma l’imperatore pensa che sia odiato
quanto Alessandro de’ Medici. Inoltre, non possiede molti beni e
anche per questo Carlo cerca un altro pretendente per la figlia.»
«È tutto chiaro. L’imperatore non si aspetta più vantaggi da parte
dei Medici e vuole scegliere per lei un’altra casata. Margherita è solo
un oggetto nelle mani del padre!»
Alejandro va a salutare Agnes prima di partire.
«Quanto starai via questa volta?»
«Non lo so. L’imperatore vuole che la figlia abbia accanto un
giovane che la riporti alla ragione. Dopo l’assassinio del marito
dovrebbe sposare Ottavio Farnese, il figlio di Pier Luigi Farnese e
nipote di papa Paolo III . Sai quanti anni ha?»
«So che lei ne ha quindici…»
«E lui quattordici!»
«Ma è assurdo! Non vorrà mai sposarlo!»
«Deve farlo. Questo è l’ordine del padre e io dovrei convincerla a
rispettarlo.»
«Non sarà un compito facile.»
Durante l’assenza di Alejandro, Maddalena chiede un colloquio a
Gabriel, che accetta malvolentieri di parlarle. Vanno verso le scuderie,
dove nessuno può ascoltarli.
«Che cosa vuoi da me?»
«Ascoltami bene. Tu non vuoi che Alejandro sposi Agnes, è vero?»
«Mio nipote può aspirare a ben altro che alla figlia di una donna
condannata dall’Inquisizione e un uomo che ha tradito mia sorella…»
«So che non vorresti neppure che Alejandro si interessasse a me.»
«No, come lei ti porti dietro brutti ricordi.»
«Bene. Agnes mi ha sempre trattata male e io voglio vendicarmi.
Non lo faccio per avere Alejandro, posso giurartelo. Si tratta solo di
lei. Voglio sapere se quando avrò ideato la maniera di separarli tu
sarai con me!»
La ribellione di Margherita

Alejandro arriva a Prato e si fa annunciare alla duchessa Margherita


che, inizialmente, lo accoglie con diffidenza.
«Quanti anni avete?» gli chiede.
«Venti.»
«Adesso mio padre manda qualcuno della mia età per
controllarmi…»
«Non sono qui per controllarvi, ma per proteggervi.»
«È la stessa cosa!»
Alejandro viene a sapere da López de Hurtado de Mendoza, inviato
dall’imperatore perché sorvegli la figlia giorno e notte, che Margherita
sta facendo di tutto per mandare a monte il matrimonio deciso dal
padre e dal papa. È infuriata per non essere stata consultata. Inoltre,
dopo la morte del marito vede spesso Cosimo de’ Medici e pensa che
sarebbe sicuramente un marito migliore di Ottavio Farnese, che ha
solo quattordici anni!
«Non capisco il suo comportamento» riferisce López de Hurtado ad
Alejandro. «Dobbiamo considerare che ha solo quindici anni, ma un
giorno pensa una cosa e il giorno dopo cambia idea.»
Infatti Margherita, dopo aver accettato di nominare un procuratore
che dovrà sottoscrivere al posto suo le clausole del matrimonio con
Ottavio, dichiara a un notaio di aver accettato le nozze solo perché
costretta, salvo poi ritrattare davanti a López de Hurtado.
«Potete dirmi se avete intenzione di sposarvi o no?» chiede
Alejandro.
«Ho intenzione di ubbidire a mio padre, ma non voglio sposare
quel bambino!»
Alejandro la guarda senza commentare. È così giovane, e quando
non pensa al matrimonio imminente diventa allegra, perfino frivola.
Gli chiede di scrivere al padre che le occorre della seta perché ha
intenzione di cucirsi dei vestiti nell’attesa che il futuro marito
“cresca”.
Alejandro ride tra sé mentre riporta le parole che gli detta la
ragazza. La trova intelligente, ironica, furba e gli piace passare del
tempo con lei. Margherita ama la natura e soprattutto le cavalcate e le
partite di caccia, tanto che il padre le chiede di limitare questi
divertimenti che a volte la tengono fuori casa la notte e non si
addicono al suo rango.
«Sono una ragazza e non posso nemmeno fare quello che fanno le
altre ragazze! Mi ha anche costretta a lasciare Firenze, che amavo
moltissimo.»
Alejandro è d’accordo con lei ma non può dirlo ad alta voce. Anche
a lui Cosimo sembra molto più adatto come marito.
Il nuovo signore di Firenze viene spesso a Prato a passare qualche
ora con Margherita e a portarle regali. Ma non c’è niente da fare,
l’imperatore aspira a un’alleanza forte tra papato e Impero e non torna
indietro sulla sua decisione. Da parte sua Paolo III vuole ricavare
vantaggi per il figlio Pier Luigi e per tutta la casa Farnese.
Il 3 marzo il papa lascia Roma per incontrare l’imperatore e il re di
Francia. Carlo arriva a Villafranca e Francesco I si stabilisce a
Villeneuve. Il pontefice non riesce ad avere un colloquio con entrambi
i sovrani e deve parlare a ciascuno separatamente, ottenendo una
tregua di dieci anni, ma la questione di Milano rimane aperta.
A fare la spola tra la residenza del fratello e quella del marito è
Eleonora d’Asburgo, che alla fine riesce a concordare un incontro tra i
due sovrani.
«Carlo, mio marito vi invita a incontrarlo senza il papa.»
«Adesso accompagnerò Paolo III a Genova e al ritorno vedrò
Francesco.»
Durante il viaggio Carlo prosegue con il papa la conversazione sul
futuro concilio e la sorte della Lega Santa. Ripassando per la Francia
incontra Francesco I ad Aigues-Mortes, una cittadina sul delta del
Rodano.
L’imperatore è a bordo di una nave della sua flotta e, come gesto di
omaggio, il re di Francia si avvicina su un piccolo schieramento di
barche e sale sulla sua galera. Rassicurato, Carlo passa serenamente le
giornate seguenti insieme al re tra feste e banchetti. Francesco regala al
suo ospite un prezioso anello e l’imperatore si sfila il collare del Toson
d’oro e lo dona al rivale.
«Avete visto?» commenta Eleonora quando rimangono soli. «Anche
in questo caso si fa accompagnare dalla duchessa d’Étampes.»
«Ditemi di Caterina de’ Medici.»
Caterina, figlia di Lorenzo de’ Medici e Maddalena de la Tour
d’Auvergne, contessa di Boulogne, è rimasta orfana di entrambi i
genitori poco dopo la nascita. Allevata dalla nonna e poi dalle zie,
dopo l’elezione di papa Clemente VII si è trasferita a Roma a Palazzo
Medici Riccardi.
«È stato Clemente VII , suo cugino, a mettersi d’accordo con
Francesco perché a quattordici anni sposasse il suo secondogenito,
Enrico. Quando Clemente è morto, il successore Paolo III ha rifiutato
di pagare l’enorme dote promessa a Caterina. Da quel momento,
Caterina è stata emarginata. Lei si è dimostrata coraggiosa, offrendosi
di lasciare la corte per il convento, in modo che il marito avesse la
possibilità di contrarre un matrimonio più vantaggioso. Ma perfino il
re si è schierato dalla sua parte, affascinato dalla sua vitalità, dalla sua
cultura e passione per le arti.»
«Com’è il rapporto con Enrico?»
«Lei lo ama moltissimo ma lui è soggiogato da Diana di Poitiers, la
sua amante. Una donna molto furba! Pensate che nel timore che la
corte si impietosisca troppo per la situazione di Caterina, ha chiesto a
Enrico di essere più affettuoso con la moglie, di dormire più spesso
con lei. Non sa che Caterina sa fare bene i suoi conti, infatti ha cessato
ogni rapporto con Madame d’Étampes per compiacere Diana.»
«Voi come la considerate?»
«Intelligente, colta, molto curiosa. Conosce il latino e il greco e
legge moltissimi libri di argomenti diversi, storia, matematica,
teologia, musica, storia dell’arte…»
«Quindi dopo la morte del delfino adesso sono lei ed Enrico gli
eredi al trono…» commenta Carlo.
«Molti hanno sospettato che sia stata lei ad avvelenare il
primogenito Francesco di Valois…»
Francesco I non ama Enrico – destinato a succedergli – quanto
amava il primogenito. Lo ritiene troppo rigido, attaccato ai dettagli,
privo di ambizione. È taciturno e malinconico. Ogni volta che deve
esprimere un’opinione riflette troppo a lungo. Tutta questa lentezza
infastidisce il padre, che ha una mente veloce e brillante.
Il suo affetto passa al terzogenito, il più bello dei suoi figli, che pure
ha perso un occhio a causa del vaiolo. Charles è nato nel 1522 durante
la battaglia di Pavia, quando il padre è stato preso prigioniero dai
soldati imperiali e tenuto per un anno in Spagna.
Charles ha rivisto i fratelli – a lungo ostaggi dell’imperatore – solo
nel 1530, dopo la loro liberazione. È il figlio che Francesco e tutta la
corte prediligono, aperto, brillante, più stravagante del fratello Enrico,
che ha vissuto all’ombra del primogenito sapendo che il padre lo
preferiva a lui. Diventato delfino, non occupa il primo posto nel cuore
di Francesco e ne soffre.
Eleonora si accorge che il fratello è distratto. Non gli interessano i
pettegolezzi di corte. Non le ha mai chiesto se soffrisse per la presenza
ingombrante dell’amante di Francesco e non gli importano le storie di
letto del figlio.
Lei si ritiene fortunata perché non si è innamorata di nessuno dei
mariti che le sono stati imposti dal fratello. Né di Manuele del
Portogallo, né di Francesco I re di Francia. Ha amato solo un uomo,
quando era molto giovane, il conte palatino Federico di Wittelsbach,
un cavaliere affascinante che aveva ammirato nei tornei a corte. Si
scambiavano delle lettere ma Carlo era stato informato e ne aveva
intercettata una di Federico, obbligandolo a lasciare la corte per
sempre. Eleonora non l’aveva più visto. Dopo quell’unica grande
sofferenza giovanile che l’aveva fatta piangere per giorni e notti,
aveva evitato gli uomini che potevano interessarle per seguire solo il
desiderio e le scelte politiche del fratello.
Ma Caterina le ha confessato di amare Enrico e per lei la presenza
di una favorita è una tortura quotidiana. Eleonora non sopporta
Diana, la considera molto intelligente ma intrigante e ambiziosissima.
A corte ha un partito che la sostiene, rivale di quello che appoggia
l’amante di Francesco, la duchessa d’Étampes. Eppure, a differenza
del padre, ossessionato dal sesso, Enrico non ama le donne. Il
rapporto con Diana di Poitiers, che ha vent’anni più di lui, ricorda più
quello tra madre e figlio che tra due amanti.

A luglio Carlo riceve un’altra lettera dalla figlia Margherita: lo prega


di non farle sposare Ottavio Farnese. Lui le scrive irritato che ormai gli
accordi sono presi e deve ubbidire.
«Non ho più risorse, devo sposarmi» dice afflitta ad Alejandro. «Mi
dispiace non poter più vedere Cosimo. Sarebbe stato un marito
assolutamente migliore, ma mio padre avrebbe ottenuto scarsi
vantaggi, inoltre Cosimo non è ricco.»
«Il padre era un meraviglioso condottiero.»
«Voi eravate piccolo quando è morto… era così giovane!»
«Dodici anni fa. E in un certo senso la vita della mia famiglia è stata
cambiata dalla sua.»
«Che volete dire?»
«Mia zia Octavia, la gemella di mia madre, era sposata con un suo
caro amico, Nicolò Guarienti.»
«E allora?» Margherita si mostra subito interessata alla storia.
«Allora Nicolò combatteva con Giovanni e durante una di queste
battaglie ha conosciuto Greta, la nipote del comandante lanzichenecco
Frundsberg…»
«Un altro grande condottiero…»
«Già. Nicolò ha sposato Octavia ed è partito subito dopo perché
Giovanni era stato ferito gravemente. Poi Nicolò ha partecipato al
Sacco di Roma e ha incontrato di nuovo Greta, che aveva avuto una
figlia da lui. È andato a vivere con lei in Germania abbandonando mia
zia, che si è suicidata.»
«È una storia terribile! E voi dove eravate?»
«Ero anch’io alla corte di Malines ma avevo solo otto anni e
all’inizio non mi hanno detto che Octavia si era tolta la vita… bensì,
che era morta di malattia. Inoltre, anche lei aveva avuto una figlia.
Mia cugina Claudia adesso ha dieci anni.»
Margherita non ha toccato il cibo che le è appena stato servito per
ascoltare la storia di Alejandro. Ha voluto che mangiassero sempre
insieme perché la sua presenza è l’unica che sopporta in questo
momento. Non solo perché è un ragazzo poco più grande di lei, ma
anche perché non le chiede e non le proibisce niente, nonostante
riceva ordini continui dall’imperatore. La apprezza, dimostra di avere
un vero interesse per lei, di esserle amico.
A lui Margherita ricorda Agnes per la determinazione, la lucidità di
pensiero, il desiderio di essere riconosciuta come persona e non come
un oggetto da regalare al migliore offerente.
«Raccontatemi altro di voi» prosegue lei. «Dove si trova adesso
vostra madre?»
«A Toledo, con Claudia. Mio zio Gabriel è con l’imperatore, l’altro
mio fratello Federico è a corte con la donna che ha appena sposato e
io…»
«Voi per fortuna siete qui con me. Ma forse volevate dirmi qualche
altra cosa… a volte vi vedo triste.»
«Sono innamorato proprio della figlia della donna di cui vi ho
parlato, la nipote di Frundsberg. Cioè la figlia di Nicolò Guarienti!»
«Che intreccio! E lei vi ama?»
«Sì, anche lei si trova a corte, a Valladolid.»
«Allora mi dispiace tenervi lontano…»
«È stato un ordine di vostro padre e per me è sacro. E poi sono
convinto che la lontananza ci servirà a capire se i nostri sentimenti
sono seri.»
«Mio padre… anche per me il suo ordine è sacro eppure tutta me
stessa vorrebbe ribellarsi… E vostro padre? Dove si trova?»
«È morto tanto tempo fa. Mia madre era la dama della regina
Isabella di Danimarca e si è innamorata di un uomo che è stato
giustiziato nonostante fosse innocente. L’amante del re è stata uccisa e
la madre ha convinto Cristiano che era stata avvelenata da mio padre
perché lo aveva rifiutato. Tutte menzogne! Mia madre era incinta e ha
dovuto lasciare la corte.»
«Perciò non l’avete conosciuto…»
«No. La figura maschile che più sento vicina è quella di mio zio
Federico, e naturalmente quella che ammiro di più è vostro padre!»
Margherita sospira: «Deve essere bello stare con qualcuno di cui sei
innamorato. A me non è successo con il primo marito e sicuramente
non accadrà con il secondo».
«Sposereste Cosimo?»
«Sì.»
«Ma non lo amate…»
«Potrei amarlo. Non vedete com’è gentile, galante, i regali che mi
porta, l’interesse che ha per me? Ottavio è solo un poppante!»

Non potendo sposare Margherita, Cosimo chiede a Carlo V di


indicargli una moglie e l’imperatore sceglie Eleonora da Toledo, una
donna bellissima, dai lineamenti dolci e romantici occhi nocciola.
Alejandro accompagna Margherita a Roma per la firma del
contratto matrimoniale, nell’Aula Costantiniana del palazzo
apostolico vaticano. Lei si presenta vestita di nero per far capire a tutti
che si sente ancora vedova ed è contraria a un nuovo matrimonio.
Le nozze avvengono il 4 novembre nella Cappella Sistina, alla
presenza del pontefice. Margherita entra in città dalla porta del
Popolo accompagnata da cardinali, vescovi e baroni, seguita da una
grande folla incuriosita.
Durante la festa che segue si avvicina ad Alejandro.
«Se pensano che consumerò il matrimonio si sbagliano!» dice.
«Ma come farete? Credo che sia l’imperatore che il papa vogliano
che abbiate dei figli…»
«Ne faranno a meno. Non lascerò entrare nel mio letto quel
ragazzino sudicio!»
«Che cosa non va in lui?»
«Non ritengo che sia degno di me. Sono la figlia dell’imperatore e
sono stata duchessa di Firenze.»
«È una questione di potere…»
«Non solo, anche di pulizia. Ottavio non si lava…»
Alejandro si è abituato al carattere di Margherita che, nonostante
un’educazione severissima, vuole fare di testa sua. Odia essere
considerata una pedina nei rapporti tra Impero e papato.
«Il papa si sta dando da fare perché Ottavio abbia cariche e
ricchezze. Dovete solo aspettare ancora un po’…»
«No. Ottavio non entrerà mai nel mio letto!»
Per accontentare Margherita, Paolo III riesce a farle riavere le
proprietà di Alessandro de’ Medici presenti a Roma, fra cui una villa a
Monte Mario, che in suo onore viene chiamata Villa Madama. Inoltre
organizza diverse feste in cui lei è l’ospite d’onore.
López de Hurtado chiede all’imperatore il permesso di non
occuparsi più di Margherita, che non sopporta, ma Carlo glielo nega.
Così si rivolge ad Alejandro: «Sono esausto, non sopporto le bizze
della ragazza e tutti gli intrighi dei Farnese. Voglio assolutamente
andarmene da Roma. Voi resterete?».
«Per poco. Vorrei capire quali sono le intenzioni di Margherita.
Adesso sembra disposta a vivere sotto lo stesso tetto con il marito ma
non lo vuole nel suo letto. I cardinali francesi sono preoccupati, perché
continua ad affermare di non voler essere la moglie di Ottavio
neppure in futuro.»
«Sì. Ha scritto al padre che piuttosto che giacere con Ottavio
preferisce buttarsi nel Tevere.»
Finalmente, non riuscendo più ad arginare le proteste del papa e
del padre, Margherita lascia entrare Ottavio nella sua stanza ma si
limita a chiacchierare con lui e le sue ancelle.
Considerando ormai il suo compito terminato, Alejandro chiede il
permesso all’imperatore di tornare a corte. Qualcun altro cercherà di
convincere Margherita a fare la moglie, non è compito suo.
Carlo è inconsolabile

Carlo V è sbarcato a Barcellona soddisfatto dei colloqui avuti con il re


di Francia. Per la quinta volta, partendo, ha lasciato la moglie come
governatrice della Castiglia, compito che lei ha sempre assolto con
saggezza ed equilibrio. Adesso però la ritrova molto provata dalle
gravidanze e dagli aborti. Decide di passare con lei e i figli tutta
l’estate, poi convoca le cortes a Toledo per l’autunno.
Dopo aver fatto visita alla madre nella fortezza di Tordesillas,
com’è sua abitudine ogni volta che sta per lasciare la Spagna o subito
dopo essere rientrato, raggiunge Toledo. Ha intenzione di proporre
alle cortes una grandiosa campagna militare contro i turchi che
comanderà lui stesso. È sicuro dell’appoggio del re di Francia, a
dispetto della sua volubilità, ma i consiglieri non gli garantiscono il
denaro necessario per l’impresa.
Trascorre l’inverno del 1538 vicino alla moglie, nell’Alcázar. Dopo
aver perso l’ultimo bambino, Isabella è di nuovo incinta. Le numerose
gravidanze l’hanno stremata, inoltre ha sofferto moltissimo per le
lunghe assenze del marito in cui era lei a dover fare le sue veci.
Con l’imperatrice ci sono alcune dame di compagnia, fra cui Agnes.
Non è mai tornata da Sofia a spiegare la sua fuga, ma trovandosi in
città decide di farle una visita. È convinta che non l’abbia perdonata
per aver lasciato la casa senza una parola, dopo essere stata accolta
come una figlia.
Invece Sofia si illumina vedendola entrare e la abbraccia. «Agnes,
che bello! L’ultima persona che pensavo di rivedere qui!».
«Mi dispiace di essere fuggita senza dirvi niente, ma volevo entrare
a corte e se non avessi vinto quel torneo non ne avrei avuto la
possibilità.»
«Bastava che me lo chiedessi. Ti avrei dato del denaro…»
«No, Gabriel me lo avrebbe impedito.»
Sofia pensa che Agnes abbia ragione. Il fratello non le avrebbe mai
consentito di andare a corte.
«Sono orgogliosa di quello che hai fatto. Indossare un’armatura e
vincere la giostra! Anche io al posto dell’imperatrice ti avrei voluta
con me. Sei davvero coraggiosa e determinata. Mi sei sempre
piaciuta.»
«Sono qui proprio insieme a Isabella, che aspetta un bambino ma
non sta bene. È molto debole. A Toledo è più tranquilla e con lei c’è
l’imperatore.»
«Finalmente possono stare un po’ insieme. Ma dimmi di te, ti trovi
bene a corte?»
«Molto. L’imperatrice è gentile e affettuosa, e poi amo i suoi
bambini, passo con loro gran parte della giornata.»
«Pensi che Isabella sia in pericolo di vita?»
«Purtroppo sì!»
«Allora voglio venire a trovarla. Puoi prendere un appuntamento
per me?»
«Certo. Vi riferirò domani.»

Ottenuto l’appuntamento, Sofia va a trovare Isabella, temendo che


non viva ancora a lungo.
«Vi ringrazio di questa visita» la accoglie l’imperatrice. «La vostra
famiglia ha dato tanto a mio marito, ma ci siamo incontrate poco.»
«È vero e mi dispiace. Voi conoscete la nostra storia…»
«Sì. So che i vostri genitori sono stati uccisi proprio qui a Toledo.
Voi non avete intenzione di tornare a corte?»
«No. Sto bene qui a Toledo e poi mi devo occupare della figlia di
mia sorella Octavia.»

Isabella sospira: «Sì, ho saputo del suo suicidio per amore. E vostro
figlio Alejandro? L’imperatore lo stima moltissimo… Io lo vidi
combattere in un torneo insieme a vostro fratello Gabriel. Un ragazzo
davvero audace!».
«L’imperatore l’ha mandato in Italia dalla figlia Margherita.»
«Che storia! Mio figlio mi ha scritto che Margherita non è felice
neppure con il secondo marito…»
«È troppo giovane per lei. La capisco… Alejandro verrà qui presto.
Ma non voglio stancarvi troppo. Se permettete tornerò a trovarvi.»
«Mi farà un immenso piacere e portatemi la piccola Claudia, voglio
conoscerla.»

Isabella si ammala ad aprile e poi partorisce un bambino prematuro.


Non si riprende dopo il parto, la febbre sale e le emorragie la
indeboliscono moltissimo. Il 1º maggio vuole il marito e i figli vicini.
Muore poche ore dopo, a trentasei anni. Il bambino le sopravvive solo
qualche giorno.
L’imperatore è disperato, i tredici anni con la moglie sono stati
felici, l’ha amata fin dall’inizio. Essendo un uomo molto sensuale e
insaziabile, nel sesso come nel cibo, ha avuto diverse amanti ma ha
sempre trattato la moglie con estrema dolcezza e rispetto. I suoi
consigli erano preziosi, la sua intelligenza e saggezza lo hanno aiutato
nei momenti difficili.
Il funerale viene celebrato nel monastero di San Juan de los Reyes, e
per assistervi arrivano anche Gabriel e Federico. Sofia porta in chiesa
Claudia e le racconta che donna splendida fosse Isabella.
«Era malata?» chiede la bambina.
«Era molto debole e ci sono state complicazioni nell’ultimo parto.
Ha avuto la febbre per dieci giorni e poi è morta.»
«Se era molto debole perché ha voluto fare un bambino? Ne ha già
tre!»
E tre li ha persi, pensa Sofia. Sua nipote ha ragione, ma come
spiegarle che alla moglie di un re si chiede solo di fare figli?
Accanto a Carlo ci sono Filippo di dodici anni, Maria di undici e la
piccola Giovanna di tre. Con indosso un saio francescano – come da
volontà di Isabella –, il corpo viene portato a spalle attraverso la città
fino al Puente de Alcántara. Da qui parte il corteo che la
accompagnerà a Granada, per la sepoltura nella cattedrale.
Davanti a tutti cammina il principe Filippo, che alle porte di Toledo
non riesce più a trattenersi e scosso dai singhiozzi che erompono dal
petto rinuncia a proseguire. La perdita della madre, così inaspettata,
l’ha trafitto al cuore.
Federico, a cui Carlo ha chiesto di accompagnare il figlio, lo prende
da parte: «Non dovete andare, siete ancora troppo giovane per
sopportare tutto questo. Vi farò riposare qualche giorno nel palazzo di
Fuensalida e poi torneremo insieme a corte».

Carlo si ritira per un mese e mezzo nel monastero dei Gerolamini


vicino Toledo, chiuso nel suo dolore e in preghiera.
Filippo si rende conto nei giorni seguenti che la mancanza della
madre è quasi insopportabile. Con lei condivideva l’amore per la
natura, le letture, il silenzio della campagna. Passa molte notti a
piangere e al mattino si sciacqua la faccia con acqua gelata per
mascherare i segni del pianto.
Anche Gabriel e Federico tornano a corte, dove tutti sono in lutto
per la morte di Isabella. L’imperatrice era molto amata, considerata
una delle donne più belle del suo tempo, aveva un carattere mite, era
religiosa e paziente, innamoratissima di Carlo, nonostante fosse a
conoscenza dei suoi numerosi tradimenti. Assolveva al suo compito di
reggente in assenza dell’imperatore con intelligenza, pur continuando
a partorire e a occuparsi personalmente dell’educazione dei figli.
Filippo ha passato l’infanzia insieme alla madre, assorbendone il
fervore religioso e l’amore per la cultura. Il primo vero maestro è stato
Juan Martínez del Guijo, detto il Silíceo, un sacerdote di quarantun
anni che aveva studiato a Parigi e pubblicato libri di filosofia e
matematica. Don Juan de Zúñiga si occupava invece della sua
educazione religiosa.
Filippo trascorreva la mattina a pregare e studiare, nel tempo libero
amava andare a caccia con la balestra. Aveva imparato anche a
danzare facendo coppia con la sorella Maria nei ricevimenti che
precedevano le corride e i tornei.
È consuetudine, arrivati a una certa età, dare al principe ereditario
una casa sua e propri istitutori sia per gli studi che per le arti belliche,
così Filippo viene separato dalle sorelle e cresce insieme al figlio di
Juan de Zúñiga, Luisito, il suo paggio, mentre Maria e Giovanna
vanno ad abitare ad Alcalá de Henares, che ha un clima più adatto alla
primogenita, debole di salute. Le bambine hanno come tutrice Leonor
de Mascarenhas e come tutore il conte di Cifuentes, fratello di Juan de
Zúñiga.

Adesso Agnes si trova senza protezione. Le altre dame avevano


considerato un capriccio quello dell’imperatrice di volere la nipote del
comandante lanzichenecco Frundsberg come damigella. Dopo averla
vista combattere, Isabella era stata colpita non solo dal suo coraggio
ma anche dall’intraprendenza, dalla grazia e dalla bellezza.
Agnes non è artificiosa e formale come le altre ragazze, se prova
affetto lo dimostra. Altrimenti esibisce direttamente tutta la propria
antipatia. Anche il piccolo Filippo, l’erede al trono, per diverso tempo
ha preferito lei alle nutrici. Agnes inventava per lui e per la sorella – di
un anno più piccola – giochi fantasiosi, partecipando al divertimento
lei stessa, incurante di rovinarsi l’acconciatura o il vestito.
Tutto cambierà, lo sa bene. Dovrà stare con le altre dame e non avrà
più la possibilità di avvicinare i bambini. Ma non è solo questo,
rimanere quasi sempre negli appartamenti dei principi le consentiva
di non dover incontrare Maddalena. Federico le ha presentato Flora,
sperando che diventassero amiche, ma non ha considerato la presenza
della cugina.
«Non ti avvicinare ad Agnes» aveva minacciato Maddalena uno dei
primi giorni.
«Perché?» aveva chiesto Flora stupita. «A Federico lei piace. Me ne
ha parlato bene, mi ha raccontato tutta la sua storia…»
«Tu devi considerare che non è ben vista dalle altre donne qui. È
pur sempre la nipote di un mercenario…»
«Che vuol dire? Era un grande comandante e ha molto aiutato
l’imperatore nelle sue battaglie.»
«Vedi, qui contano i ruoli. Le provenienze…» Maddalena si era
fermata perché aveva ben chiaro di essere solo un’orfana vissuta
alcuni anni nel castello dello stesso mercenario.
E Flora? Il marito era nobile, ma lei non può dirlo. Federico ha una
parte di nobiltà, essendo nato dal marchese Acevedo, tuttavia la
madre era una semplice governante.
Maddalena aveva deciso di non insistere su quel discorso ma aveva
aggiunto: «Mi ha fatto delle cattiverie quando eravamo a Toledo».
«Quali cattiverie?»
«Si è accorta che mi interessava Alejandro e ti giuro che anche a lui
io piacevo moltissimo. Agnes ha approfittato del fatto che andava a
cavallo meglio di me e lo portava sempre via.»
Flora sapeva che le cose non erano andate così. Federico le aveva
spiegato che il nipote ha amato Agnes fin dal primo momento e
Maddalena ha fatto di tutto per dividerli e non ha ancora smesso.
«Eravate così piccoli! Non puoi parlare d’amore…»
«Certo che sì! Eravamo adolescenti e comunque le cose non sono
cambiate. Te ne accorgerai quando tornerà Alejandro.»
Flora non vuole giudicare la cugina, sa che ha sofferto moltissimo
per la morte dei genitori e per essere stata sballottata da un paese
all’altro, da una famiglia all’altra. Spera solo che adesso abbia un
periodo di serenità.
Vedendosi evitata non solo da Maddalena ma anche da Flora,
Agnes immagina cosa dicano di lei. Non le importa. Ha deciso di
lasciare la corte di Valladolid, aspetta solo il ritorno di Alejandro.
Sono rimasti d’accordo di non scriversi mentre lui si trovava in Italia e
quindi non sa cosa abbia fatto, se ha incontrato un’altra ragazza o ha
semplicemente cambiato idea sul loro futuro insieme.
La rivolta di Gand

Finito il ritiro in convento, Carlo vorrebbe occuparsi personalmente


dell’educazione del figlio Filippo, ma deve lasciare di nuovo la
Spagna. La sorella Maria gli chiede aiuto perché la città di Gand si sta
rivoltando contro il suo governo. I cittadini protestano per le tasse
troppo alte, usate soprattutto per finanziare la guerra in Italia.
Carlo nomina Filippo reggente e passa il potere esecutivo al
cardinale Juan Pardo de Tavera, inquisitore generale, assistito da
Francisco de Los Cobos, incaricato di occuparsi dell’amministrazione.
Prima di intraprendere il lungo viaggio, Carlo va a salutare la
madre nella fortezza di Tordesillas. Lo fa per dovere, non per affetto o
compassione. Giovanna lo sa eppure lo riceve con gioia, almeno si
ricorda di lei.
Manuela assiste alle loro conversazioni, brevi, fredde, diplomatiche.
Lui mette la madre al corrente degli ultimi accadimenti, lei ascolta
attenta ed evita di guardarlo in faccia. Se solo leggesse nei suoi occhi
una punta di rimpianto, di dispiacere per la sua prigionia, si
spezzerebbe, il suo coraggio verrebbe meno e forse gli chiederebbe di
abbracciarla.
Molti anni fa, quando il figlio entrava nelle sue stanze, desiderava
che questo accadesse. Ancora piena di energie ribelli, lo fissava
sperando in un ripensamento sulla sua condizione di prigioniera, in
un accenno di compassione e tenerezza verso una regina maltrattata e
sofferente. In quei casi Carlo distoglieva lo sguardo e riempiva con le
parole il silenzio imbarazzante che si era creato.
Giovanna sa che se accadesse adesso lui non verrebbe più e quelle
visite che per lei sono un soffio di vita e di libertà cesserebbero.
Carlo lascia Tordesillas con sollievo, vedere la madre gli procura un
malessere che non lo abbandona per diversi giorni.
Durante il viaggio espone i suoi dubbi sul re di Francia a Gabriel,
partito con lui insieme a Federico: «Come posso fidarmi di un uomo
che ho tenuto prigioniero tanto tempo a Madrid? Mi ha dato il
permesso di attraversare la Francia, ma potrebbe farmi catturare nel
percorso tra i Pirenei e le Fiandre…».
«Gli ambasciatori dicono che soffre molto per la misteriosa morte
del delfino…»
«Non è misteriosa» afferma l’imperatore. «Francesco è morto come
mio padre, bevendo acqua ghiacciata dopo una partita alla pallacorda
giocata con il suo segretario, il conte di Montecuccoli. Si è trattato di
morte naturale… una polmonite fulminante.»
A Loches, nell’Indre, gli viene incontro Francesco I in portantina,
perché non riesce più a montare a cavallo. Il re insiste ancora sul
matrimonio dell’imperatore con sua figlia Margherita ma Carlo
rifiuta, infrangendo uno dei sogni di Francesco, quello di averlo come
genero. Carlo è costretto, però, a ricredersi ancora una volta sul re
francese, che inaspettatamente lo accoglie con tutti gli onori e lo invita
a passare le feste di Natale con lui a Fontainebleau.
All’inizio del 1540 Carlo entra a Parigi, anche qui ricevuto con
grande calore dalla nobiltà francese. Francesco vuole che i figli
incontrino l’imperatore e Carlo si rende conto che Enrico ancora lo
odia per essere stato tenuto in ostaggio insieme al fratello.
Enrico disprezza il fratello Charles per aver riservato all’imperatore
una calorosa accoglienza. È suo dovere comportarsi con gentilezza,
ma lo fa senza convinzione, nonostante i consigli che gli danno Diana
di Poitiers e il connestabile Anne de Montmorency, che vogliono a
tutti i costi un’intesa con gli Asburgo.
A corte ci sono due partiti, quello di Diana e di Montmorency, ai
quali Enrico è molto legato, e il partito della duchessa d’Étampes, che
preferisce Charles.
«Non so quali siano le vere intenzioni dell’imperatore» dice Enrico
a Montmorency. «Ammira tutto, sembra felice dell’accoglienza di mio
padre, ma non promette niente.»
«Vuole solo la pace, come noi.»
«Non capisco la vostra condiscendenza…»
«Diffidate delle apparenze! Sono stato io a convincere il re
dell’opportunità di questo incontro. Sono convinto che Carlo V si
ritirerà dal milanese.»
Infatti il re di Francia solleva di nuovo la questione di Milano, di cui
vuole l’investitura; e invece l’imperatore affida la città al figlio Filippo.
Deluso, Francesco riprende i suoi intrighi contro di lui.
Carlo parte per Bruxelles, dove incontra la sorella Maria. Lei gli
espone tutti i problemi che deve affrontare: «Come vi ho scritto
diverse volte, da due anni Gand è in conflitto con la mia reggenza. Il
fatto che abbiamo spostato il centro economico delle Fiandre ad
Anversa ha creato molti problemi alla città, che non vuole più aiutarci
dandoci denaro. Ci promettono soldati ma a noi non basta. Devono
provvedere alle spese comuni».
«Siete però riuscita a combattere la ribellione…»
«Sì, in parte, ma i contrasti si sono diffusi anche nelle città vicine.
Ho inviato a Gand degli ambasciatori che hanno perfino rischiato la
vita. Alcuni hanno stracciato la costituzione appuntandone i brandelli
sugli abiti. Volevano chiudermi in un convento perché detestano
essere governati da una donna.»
«Sono venuto proprio per questo.»
Carlo entra a Gand, la città in cui è nato, con un poderoso esercito.
Con lui ci sono Maria, il legato pontificio, gli ambasciatori e i nobili,
oltre cinquemila lanzichenecchi. I cittadini, che non si aspettavano la
sua presenza, si arrendono immediatamente. Inizia la repressione, con
processi sommari, torture e uccisioni. Carlo fa convocare i capi della
ribellione perché siano giudicati e giustiziati.
Arriva anche il fratello Ferdinando, che assiste turbato agli orrori
decisi dal fratello. Carlo ordina che venga raso al suolo un intero
quartiere, per far spazio alla costruzione di una fortezza. Decreta
inoltre la fine di ogni privilegio, fino a che un corteo di cittadini,
formato da nobili, borghesi e artigiani vestiti di nero e a piedi nudi, si
reca da lui per chiedere il suo perdono, indicando cinquanta ribelli da
giustiziare.
Carlo pronuncia la sua sentenza: Gand perde tutti i diritti e le
libertà. Il patrimonio pubblico viene confiscato, così come le armi e le
munizioni.
Prima di tornare a Bruxelles Maria gli chiede notizie dei figli. Carlo
le risponde di essere preoccupato solo per Filippo, che non ha più la
guida materna.
«Il suo precettore, Juan de Zúñiga, mi ha scritto che il ragazzo ama
profondamente la caccia e da poco ha cominciato anche a usare i
falconi. Ha anche appreso a lottare a cavallo e a piedi. Per quanto
riguarda gli studi, invece, non è soddisfatto. Mi chiede di mandare via
il Silíceo. A suo dire non è un buon maestro.»
«Lo farete?»
«Certo. Mi fido di Juan!»
Carlo nomina ufficialmente Juan Cristóbal Calvete de Estrella
maestro di grammatica del principe. Calvete si mette subito al lavoro e
ordina centoquaranta libri: Cesare, Cicerone, Plauto, Seneca, Terenzio,
Virgilio e alcuni tra gli autori moderni. Filippo si appassiona alla
lettura, sia in latino che in greco. Impara anche l’ebraico e l’aramaico,
al punto da riuscire a studiare la Bibbia nella sua lingua originale.
Legge anche il Corano, con l’intenzione di comprendere meglio i
costumi dei musulmani.
Calvete gli fa visitare le città d’arte in Spagna e lo mette in contatto
con diversi eruditi spagnoli. All’università di Salamanca Filippo si
ferma tutto il giorno ad ascoltare diverse lezioni. A parte la lettura,
occupa il suo tempo con il gioco della palla, il tiro a segno, gli
spettacoli dei buffoni e lo studio della natura. Sa danzare, giocare a
carte e torneare.
A tredici anni ha cominciato a comprarsi i libri da solo, ma la sua
passione è la musica. Viaggia accompagnato dai suoi strumenti
musicali, dai musici e dai cantori. Quando si sposta da una residenza
reale all’altra, per trasportare tutti i suoi effetti personali ha bisogno di
ventisette mule e sei carri. Sono duecentoquaranta le persone al suo
seguito
Come il padre alla sua età, che portava sullo scudo la scritta
NONDUM (“non ancora”), lui ha scelto la propria: NEC SPE NEC METU
(“né per speranza né per paura”).
Filippo soffre per la separazione dalle sorelle, ma in compenso ha
un paggio di otto anni maggiore di lui dal quale non si separa mai.
Ruy Gómez de Silva è portoghese, cavalca e caccia meglio del
principe, e anche negli studi si impegna di più. Filippo lo ammira
moltissimo e non vuole mai separarsi da lui.
«Zúñiga scrive a mio padre continuamente raccontandogli i
progressi che faccio. Molti nella caccia e pochi nello studio…»
«Non vi preoccupate» sorride Ruiz. «Vi aiuterò io nel tempo
libero.»
«Calvete non fa che comprarmi libri ma sono solamente classici.
Niente che riguardi l’arte militare…»
«Ve li darò io. Nella mia stanza ne ho molti.»
«Grazie. Inoltre, pensa che io non debba imparare il francese o altre
lingue, perché il latino è la lingua universale. In questo modo non
riesco a comunicare con molti dei miei sudditi.»
«Anche per questo contate su di me!»

Tornato dall’Italia, Alejandro va a Toledo a trovare la madre. Questo


prolungherà il tempo trascorso lontano da Agnes, ma per lui è
importante fare chiarezza sui suoi sentimenti prima di rivederla.
L’ha lasciata senza poterle dire quando sarebbe tornato e lei non gli
ha fatto domande. Sa benissimo che quando è al seguito
dell’imperatore non ci sono date, può accadere qualsiasi cosa che
ritardi la partenza. Poiché era sicuro che avrebbe pensato a lei ogni
giorno, sulla nave che lo portava in Italia ha deciso di non farlo, di
cancellarla dalla sua mente fino al ritorno, concentrandosi unicamente
sul compito affidatogli da Carlo.
«Quanto è importante per te?» gli chiede Sofia quando lui le chiede
un consiglio riguardo ad Agnes.
«Ho amato solo lei da quando avevo quindici anni. Ma temo che la
mia lunga assenza abbia cambiato le cose. Inoltre, Gabriel fa di tutto
per separarci.»
«Devi capirlo. È la figlia di Greta, la causa indiretta del suicidio di
Octavia.»
«Ma tu non la odi, eppure Octavia era la tua gemella.»
«Perché Greta non sapeva che Nicolò era sposato con Octavia e
quindi non posso incolparla di nulla. Il colpevole è solo lui, anche se
non era al corrente che gli era nata una figlia. Questo naturalmente
non giustifica il suo abbandono e la scomparsa, non dimentichiamo
però che è stato ucciso dai turchi per salvare Gabriel.»
«È Gabriel che l’ha dimenticato! La rabbia che non ha potuto
sfogare su Nicolò la riserva tutta su Agnes. Non è giusto.»
«Fai quello che ti senti, Alejandro. Gabriel non può impedirti di
sposarla, se è quello che vuoi veramente.»
Alejandro rimane una settimana a Toledo per stare vicino alla
madre e a Claudia, che non vede da tempo. Ha compiuto tredici anni
ed è il ritratto perfetto di Octavia.
Sofia ne parla con orgoglio: «Ho cercato di crescerla dandole la
forza che è mancata a sua madre. Lei non sa ancora cosa sia successo,
pensa che Octavia sia morta di malattia e il padre ucciso nella
battaglia contro i turchi. Le ho solo chiesto di non nominare mai il
padre davanti a Gabriel, spiegandole che avevano dei conflitti
personali di cui un giorno le avrei parlato».
«Come si comporta Gabriel con lei? In fondo è figlia di Nicolò…»
«Credo che l’abbia sempre considerata figlia solo di nostra sorella,
visto che Nicolò non l’ha mai conosciuta.»
«Sono contento. Almeno c’è qualcuno legato a Nicolò che Gabriel
non odia!»
Il complotto di Maddalena

Maddalena ha scritto a Rafael – il corteggiatore su cui sa di poter


contare –, chiedendogli di fare qualcosa per lei. Lo avverte che
Alejandro si trova a Toledo, e che deve insinuargli qualche dubbio su
Agnes.
Rafael studia i movimenti del ragazzo e si accorge che ogni mattina
va a fare una passeggiata a cavallo. Un giorno anche lui ne prende in
affitto uno e si fa trovare sulla sua strada. Alejandro si ferma a
salutarlo. Non gli è mai stato simpatico, ma come la madre non sa
essere scortese con nessuno.
«Salve Rafael. Anche tu mattiniero?»
«Sì, come va? So che sei stato in Italia… com’è?»
«Non ho visto molto, solo Prato e Roma. Comunque la capitale è
bellissima.»
Continuano a passeggiare affiancati, dandosi reciprocamente
notizie degli anni passati. Rafael gli chiede dell’imperatore, del trionfo
di Tunisi, di Federico, ma evita di parlargli di Gabriel o di Maddalena.
«Sei fidanzato? Magari un’italiana…»
«No… per me c’è sempre Agnes.»
«Agnes? Ma…»
«Ma cosa?»
«Non so… Dei cavalieri venuti da Valladolid nella taverna dove
lavoro l’hanno nominata.»
«Che cosa dicevano?»
«Ha trovato un corteggiatore che non le dispiace a corte. Credo
fosse un loro amico, perché ne parlavano molto bene.»
«Un corteggiatore non significa proprio niente» commenta
Alejandro irritato.
«Veramente poi… hanno parlato di lei… dicevano che era stanca di
aspettarvi e aveva intenzione di… sì, di accettare la corte di quel
cavaliere.»
Nonostante non si sia mai fidato di Rafael, Alejandro non ha
ragione di dubitare delle sue parole. Parla ancora qualche minuto con
lui e poi afferma di dover tornare a casa e lo saluta.
La notte è inquieto e non riesce a dormire. Non si stupisce che degli
uomini abbiano desiderato Agnes in sua assenza, anche perché a
corte, a parte i suoi fratelli, pochi sanno di loro due. Ma quella frase,
che lei si sarebbe stancata di aspettarlo, gli sembra una cattiveria
aggiunta da Rafael. È sempre stato geloso perché Maddalena lo
trascurava per lui, nonostante sapesse di non avere speranze.
La mattina Alejandro avverte la madre che ha intenzione di partire
subito per Valladolid.

Prima che Alejandro torni a corte, Gabriel realizza la sua parte del
piano concordata con Maddalena. Al tavolo da gioco ha notato un
cavaliere che cerca di rifarsi per pagare i numerosi debiti. Lo conosce,
sa che è un giovane scapestrato, amante delle donne e sempre alla
ricerca di denaro.
Lo ferma e gli fa una proposta: «Pagherò tutti i vostri debiti se mi
farete un favore».
L’uomo è sorpreso ma vuole sapere di che si tratta.
«Spesso giocate con il marchese Ricardo Morela. Vorrei che tra le
chiacchiere intorno al tavolo gli faceste sapere che Agnes parla spesso
di lui. Non ha accettato la sua corte nel timore che si sparli di lei,
adesso che la regina è morta e non può proteggerla, ma pensa che il
marchese sia l’uomo ideale da sposare.»
«Devo fare solo questo?» si stupisce l’uomo.
«Sì, solo questo. Ma fate in modo di essere creduto dal marchese.»
L’uomo accetta immediatamente. È un piccolo favore in cambio dei
suoi debiti saldati e una sera che si trova al tavolo con Ricardo Morela
gli sussurra quanto ordinato da Gabriel.
A questo punto deve intervenire Maddalena. Ha visto Alejandro
tornare a corte e sceglie la stessa sera per agire. Sa che lui e Agnes
sono abituati a incontrarsi di notte nelle scuderie, e dopo la lunga
assenza di Alejandro non mancheranno il loro primo appuntamento.
Manda un biglietto al marchese Ricardo dicendo che ha bisogno di
parlargli e che lo aspetterà alle scuderie, poi firma con il nome di
Agnes. Inoltre, chiede a Gabriel di intercettare il nipote e fargli
perdere qualche minuto.
Ricardo è stupito dal biglietto, ma essendo un uomo molto sicuro di
sé e del proprio fascino pensa che Agnes finalmente abbia deciso di
cedergli. Aveva chiesto anche all’imperatrice di intercedere per lui, il
miglior cavaliere a corte, ricco e di nobili origini, e lei aveva promesso
di parlarne con Agnes. Infatti l’aveva fatto, ricevendo da lei un gentile
diniego.
«Maestà, io sono innamorata di un altro da tanto tempo» aveva
risposto Agnes.
«Credo di aver capito di chi si tratta. È un bellissimo giovane, è
nobile anche lui perché discende dagli Acevedo. Mio marito mi ha
raccontato delle prodezze durante la battaglia di Tunisi, in cui si è
fatto valere. Ma non è piccolo d’età per voi?»
«Ho due anni più di lui ma per noi non conta. Credo che mi
chiederà di sposarci.»
«Bene, vi darò la mia benedizione.»
Isabella aveva convocato Ricardo per riferirgli le intenzioni di
Agnes, ma lui aveva sottovalutato la loro relazione, ritenendosi
migliore di Alejandro.
L’uomo si presenta alla scuderia in anticipo e immagina l’incontro
che sta per avvenire. Intanto Alejandro freme per lasciare Gabriel, che
gli fa troppe domande sul suo viaggio e sulla visita alla madre.
Quando Agnes arriva nella scuderia si stupisce nel vedere il
marchese invece di Alejandro. Impaziente, Ricardo non menziona il
biglietto ma si avvicina per abbracciarla.
«Finalmente!» le dice.
Agnes è confusa, non capisce. Rimane qualche secondo immobile
prima di divincolarsi e chiarire l’equivoco, non vuole offendere un
cavaliere protetto dall’imperatore. Quei secondi sono troppi perché
Alejandro, entrando nella scuderia, non li veda abbracciati. Agnes si
stacca bruscamente da Ricardo e corre da Alejandro per spiegarsi, ma
lui si è allontanato velocemente. Nel giardino c’è altra gente e lei non
vuole metterlo in imbarazzo, perciò smette di inseguirlo.
Il giorno dopo lo cerca per parlargli, ma viene a sapere che
Alejandro ha sfidato a duello il marchese. Teme per la sua vita;
Alejandro non ha l’esperienza di Ricardo, considerato il più famoso
spadaccino dell’imperatore.
Il duello si svolge in una sala in cui i cavalieri si esercitano di solito
con la spada. I contendenti si mettono uno davanti all’altro, ciascuno
con un padrino. Alejandro ha chiesto a Federico di accompagnarlo, e
Federico ha accettato, ma con riluttanza. Non vede la ragione di quella
disputa. Un terzo decide di fare da arbitro perché l’imperatore, venuto
a sapere della contesa, pur non proibendola ha ordinato che non vi
siano uccisioni.
Alejandro, animato da una grande rabbia, manca di perizia nel
duellare, mentre Ricardo assesta colpi prevedibili ma velocissimi. Non
ci sono donne ad assistere, a parte Agnes. Diverse volte Federico ha la
tentazione di intervenire perché si accorge che Alejandro è in
difficoltà. Il nipote ha dimostrato coraggio e intraprendenza nei
combattimenti a cavallo, ma non si è mai esercitato molto nella sala
d’armi.
Sono entrambi belli, alti e atletici ed è un piacere per il pubblico
seguire il combattimento, nonostante l’odio che anima i rivali.
Proprio l’odio spinge Alejandro a un fendente che viene fermato
dall’avversario, finalmente libero di colpirlo alla spalla. Alejandro
cade a terra mentre il sangue esce copiosamente dalla ferita. Per
scherno Ricardo si avvicina e gli punta la spada alla fronte, ridendo.
Nella memoria di Alejandro sarà questa risata il momento più
doloroso e Federico se ne accorge notando gli occhi lucidi di pianto
del nipote. Chiama i medici con una barella perché lo portino
nell’infermeria e si occupino della spalla. Ha una brutta ferita che
viene prontamente ricucita, ma dovrà rimanere diversi giorni a letto.
Federico gli è vicino quando si riprende.
«Perché hai sfidato il marchese? Era chiaro che avresti avuto la
peggio!»
«Dovevo farlo per il mio onore. Ha corteggiato Agnes durante la
mia assenza, sapendo che era fidanzata con me. Mi hanno riferito che
la stessa imperatrice gli aveva parlato di noi cercando di dissuaderlo
dall’avvicinare ancora la sua damigella tedesca.»
«Corteggiare non vuol dire niente. Non sarà stato l’unico, Agnes è
molto bella!»
«Li ho visti insieme, abbracciati, nella scuderia.»
«Perché sei andato nella scuderia?»
«Ci vediamo lì la notte, quando non c’è gente in giro.»
Federico riflette qualche minuto.
«Io penso che le cose siano andate diversamente. Agnes non è tipo
da farsi trovare abbracciata a un altro quando ha appuntamento con
te. Rifletti, parlaci e non prendere decisioni affrettate.»
«Tu non l’avresti sfidato a duello?»
«No… avrei cercato prima di conoscere la verità. Ma voi Acevedo
siete diversi, impulsivi, rabbiosi…»
«Anche tu sei un Acevedo!»
«No. O almeno non del tutto. Sono figlio di tuo nonno ma anche di
Raimunda. Una donna del popolo, sicuramente più saggia di molti
nobili.»
Alejandro è profondamente irritato perché Federico sta toccando un
punto vulnerabile. Per tutta la vita ha cercato di essere diverso da
Gabriel, di non avere mai scatti d’ira, di non farsi prendere dalla
rabbia.
«Vuoi paragonarmi a Gabriel? Io non sono come lui. Neppure mio
padre era un Acevedo.»
«Tuo padre era un nobile guerriero danese. E sicuramente ti è
mancato avere accanto una figura maschile come la sua… invece
secondo me sei stato troppo tempo con Gabriel.»
«È stato lui a insegnarmi tutto!»
«E ti ha condizionato con il suo carattere privo di controllo.
Comunque, che cosa vuoi fare con Agnes?»
«Dille che non voglio più vederla.»
«Sei sicuro? Se tu sei orgoglioso, anche lei lo è, lo sai. Se le riferirò
questo messaggio, sarà come morta per te…»
Alejandro è combattuto tra il desiderio di vedere Agnes e quello di
farla soffrire come ha sofferto lui scoprendola tra le braccia di un altro.
«Sono sicurissimo» risponde, lasciando ricadere la testa sui cuscini.
Federico abbandona la stanza sconfortato. Eccolo il carattere degli
Acevedo, pensa, è inutile che Alejandro lo neghi. Ostinazione,
orgoglio, impeto.
Riferisce il messaggio ad Agnes, in attesa lì fuori, e aggiunge che è
molto dispiaciuto per come si sono messe le cose.
«Io non ho nessuna colpa» afferma lei. «Credimi almeno tu! Non
avevo dato appuntamento al marchese nella scuderia… deve essere
stato qualcun altro. E non gli ho mai dato speranze, perfino
l’imperatrice mi aveva parlato delle sue intenzioni e io le ho risposto
che amo Alejandro.»
«Ti credo e posso anche immaginare cosa sia successo. Qui hai due
nemici, Gabriel e Maddalena. Secondo me hanno organizzato
qualcosa che cercherò di scoprire. Ma per ora non c’è niente da fare.
Alejandro ha subito un’umiliazione nel duello davanti a molta gente.
Non credo che faresti bene a vederlo adesso. Aspetta che si
ristabilisca.»
«Aspetterò… ma non per sempre!»

Rimanendo nei pressi della stanza di Alejandro senza farsi vedere,


Agnes si accorge che spesso a entrare e uscire diverse volte al giorno
sono Maddalena e Flora, che è incinta di otto mesi.
Alejandro non può mandare via Maddalena perché lei arriva
sempre in compagnia della cugina. Le due ragazze si prendono cura
di lui, gli aggiustano i cuscini, gli raccontano gli ultimi eventi che
riguardano l’imperatore. Ogni scusa è buona per entrare nella sua
camera e lui si abitua alla loro presenza. Sono una ventata di aria
fresca nella stanza che sa di medicinali, hanno vestiti eleganti, colorati,
sono profumate e belle. Non pretendono che lui parli, sono loro a
riempire le ore con chiacchiere o letture.
Ricardo Morela cerca Agnes per parlarle. Appena la vede, seduta
su una panchina in giardino con un libro in mano, la raggiunge e
rimane in piedi davanti a lei.
«Voi dovete darmi una spiegazione!»
Agnes si alza per guardarlo negli occhi e vede che Ricardo è
infuriato.
«Sì, anche voi.»
«Perché mi avete mandato quel biglietto?»
«Quale biglietto?»
«Quello in cui mi davate appuntamento nella scuderia.»
«Io non vi ho mandato nessun biglietto! L’avete ancora con voi?»
«No. L’ho bruciato perché temevo che qualcuno potesse leggerlo.
Ma se non siete stata voi chi l’ha scritto?»
«Qualcuno, evidentemente, che voleva farci trovare insieme da
Alejandro…»
L’uomo si calma, sospira e fa un gesto perché Agnes torni a sedersi,
poi le siede accanto. Adesso si pente di averla affrontata in quel modo.
Si rende conto che sta soffrendo.
«Chi?» chiede.
«Non lo so.»
Agnes non vuole accusare nessuno.
A un tratto a Ricardo torna in mente l’amico con cui aveva parlato.
«Sapete, un mio conoscente, mentre giocavamo a carte, mi ha
riferito di aver sentito una vostra affermazione sul mio conto.»
«Quale affermazione? Non ricordo di aver mai parlato di voi con
qualcuno…»
«Vi ha sentito dire che non vi ero indifferente…»
«Mi dispiace, ma non l’ho mai detto. Tutti conoscevano il mio
legame con Alejandro, anche l’imperatrice. Le avevo detto la verità.
Che ero onorata del vostro interesse ma il mio cuore era già
occupato.»
«Insomma, si è trattato di uno stupido equivoco… Spero che
riusciate a spiegare ad Alejandro come sono andate le cose. Non
voglio avere un nemico a corte.»
«Sarà difficile, non vuole vedermi. Fatelo voi, andate a trovarlo.»
«Siete impazzita? Parlare all’uomo che mi ha sfidato a duello per
un capriccio? Sto partendo, me ne andrò per un periodo dai miei
genitori e spero che la gente smetta di fare pettegolezzi su questo
incidente.»
Ricardo si alza e, comprendendo che anche Agnes è una vittima di
quel raggiro, le bacia la mano per salutarla.
Da lontano Federico ha assistito alla scena senza osare avvicinarsi,
ma adesso raggiunge Agnes.
«Che voleva?»
«Una spiegazione, anche io d’altra parte…»
«Che cosa ti ha detto?»
«Che un amico gli ha riferito parole che non ho mai pronunciato…»
«Quali?»
«Che non mi era indifferente e avrei voluto incontrarlo. Poi ha
ricevuto un biglietto con la mia firma in cui gli davo appuntamento
quella notte nella scuderia.»
Federico le legge la disperazione nello sguardo e non sa cosa dire.
«Non ho più niente da fare qui. L’imperatrice è morta, Gabriel mi
odia, Alejandro non vuole credermi e le altre dame mi trattano male.
Maddalena deve aver detto in giro che ho tradito la persona che mi
amava e adesso la mia reputazione è pessima. Non posso restare.»
«Ma dove potresti andare?»
«L’unico luogo in cui mi sento a casa è a Toledo, da Sofia.»
«Sì, forse fai bene. Devi distrarti da tutto questo. Quando Alejandro
sarà guarito Maddalena non potrà più avere il potere che ha ora su di
lui. Inoltre mia moglie sta per partorire e dovrà riposare.»
«Come fa Flora a sopportarla? Non può non essersi accorta della
sua strategia per mandarmi via e conquistare finalmente Alejandro.»
«Flora è buona e Maddalena è sua cugina. Credo però che le faccia
pena, visto che ha perso tutto.»
«Anche Flora ha perso tutto in Italia.»
«Ma ha trovato me e fra poco avrà un figlio.»
«Già. È diverso.»
Lo stupro

Agnes prepara i bagagli e parte senza salutare nessuno. Il caso vuole


che negli stessi giorni il marchese Ricardo vada a trovare la madre
malata a Granada.
Alejandro nota la coincidenza.
«Avete più visto Agnes?» chiede a Maddalena e a Flora mentre
passeggiano insieme nel giardino.
«Credo che sia partita» risponde Flora. «La sua stanza è occupata
da un’altra dama.»
«E mi sembra che neppure Ricardo Morela sia a corte…» insiste
Alejandro.
Interviene Maddalena, che ha deciso di difendere Agnes perché lui
non scopra le sue vere intenzioni: «So a cosa pensi, ma si tratta di una
coincidenza. Vedrai che uno dei due tornerà senza l’altro».
Alejandro tace ma nessuno gli toglie la certezza che Agnes e
Ricardo siano partiti insieme.
Improvvisamente Flora si piega su se stessa.
«Ci siamo» annuncia.
Il tempo è scaduto e cominciano le doglie. Mentre Alejandro va a
chiamare Federico, Maddalena accompagna la cugina in camera.
Dopo solo due ore nasce una bambina, Dorotea.
«La prima figlia a quarant’anni… non sono certo precoce!» confessa
Federico ad Alejandro, venuto con un regalo per la neonata.
«Ne avrai degli altri, vedrai!» risponde Alejandro.
«Sono contento che sia una femmina… ho avuto solo cose buone
dalle donne!»
«Già, a cominciare da tua madre! Le hai scritto?»
«Certo, l’ho fatto subito e quando Dorotea potrà mettersi in viaggio
la porterò a Talavera perché Raimunda la veda.»
«Hai saputo qualcosa dei tuoi fratellastri?»
«Solo quello che mi scrive mia madre. Natal vive di espedienti e
Félix ha avuto un figlio da una donna che purtroppo è morta di parto.
Il bambino, Cristian, ha tre anni. L’ha lasciato da Raimunda.»
Nei giorni seguenti Federico spia gli occhi della figlia, che sono
azzurri come i suoi, e non verdi come quelli della madre, e anche la
peluria che ha in testa sembrerebbe bionda. Eccolo, un altro prodotto
di Raimunda.
Adesso è completamente felice. Ripensa a quando Gabriel l’ha
trovato a Madrid, solo, in una casa abbandonata, senza la speranza di
un futuro.
Manuela ha perduto l’unico amore della sua vita e ha passato anni
prigioniera con la regina Giovanna. Octavia ha partorito Claudia
prima di gettarsi dalla finestra. Sofia ha avuto Alejandro da un uomo
giustiziato in Danimarca. Gabriel è stato imbrogliato dalla moglie e
non ha figli. Degli Acevedo l’unico fortunato ad avere una famiglia è
lui, il fratellastro derelitto, abbandonato dai genitori a Madrid, il
ragazzo che dal nulla è riuscito a farsi valere sui campi di battaglia.
Maddalena è stata vicino a Flora fino al parto e ora si congratula
con lei: «È una bambina bellissima. Come stai?».
«Felice e stanca.»
«Sai, ti invidio. Un marito che ti ama e adesso una figlia…»
«Vedrai, succederà anche a te, se soltanto dimentichi Alejandro…»
«Non posso Flora, proprio non posso.»
Flora ha compassione per chi si innamora in modo eccessivo e
inguaribile senza essere riamato. Lo strazio dell’amore infelice è
terribile, ma a lei Maddalena non sembra una donna che soffre. La sua
è un’ostinazione malata, orgoglio ferito, o forse l’unico obiettivo.

Agnes arriva a Toledo e va a casa di Sofia. La prima ad accoglierla è


Claudia, che sta leggendo in giardino e le corre incontro per
abbracciarla.
«Che bello che sei tornata! Rimarrai con noi, vero?»
Dalla foga con cui la accoglie, Agnes capisce che la ragazza si sente
sola. L’unico coetaneo che può incontrare è Pablo, il figlio
quattordicenne di Agacia, che adesso aiuta il padre nella
falegnameria.
Eccola che arriva anche lei e sembra entusiasta di vedere Agnes. Poi
scende Sofia, che conosce la ragione per cui la giovane tedesca è
venuta a rifugiarsi da lei.
«È stato Federico a scrivermi, mio figlio non l’avrebbe mai fatto. Io
penso che si senta in colpa.»
«Allora voi mi credete!»
«So quanto lo ami e sono convinta che gli sei stata fedele. Alejandro
è venuto da me quando è tornato dall’Italia e mi ha detto che voleva
sposarti. Qualcuno ha architettato tutto questo per dividervi.»
«Ormai non ha più importanza. Lui non vuole vedermi… mentre
vede continuamente Maddalena.»
«Non mi stupisce. Quella ragazza è ossessionata da mio figlio da
anni… da quando ve ne andavate a cavallo e non la volevate con voi.
Ma non pensarci adesso. Devi riposarti dopo il viaggio. Troveremo
una soluzione.»
Agnes rimane a Toledo, l’unico luogo dove, dopo la morte
dell’imperatrice, si sente a casa. A parte Sofia e Claudia, sa che anche i
domestici, Agacia, il vecchio Gonzalo e la cuoca Felisia, le vogliono
bene.
Con Pablo soprattutto, che Maddalena non ha mai considerato,
visto che era figlio di una cameriera, ha sempre giocato quando era
piccola e ora è contenta di rivederlo.
«Dunque lavori anche tu adesso…»
«Sì, la signora Sofia ha aiutato mio padre ad aprire una bottega di
falegnameria. Sto imparando il mestiere, e mi piace molto.»
Agacia abbraccia il figlio con orgoglio.
«È proprio un bravo ragazzo.»
«Ma ditemi: che fine hanno fanno Pilar e suo figlio Rafael?»
«Pilar lavora come sarta e devo dire che è brava. La signora Sofia è
molto buona e a volte si fa fare i vestiti da lei…» risponde Agacia, che
andando al mercato evita accuratamente di passare davanti alla
bottega.
«Nonostante abbia truffato Gabriel facendosi sposare dopo aver
inventato di essere la vedova di suo zio?»
«Sì. Sofia è una donna speciale, lei non riesce a portare rancore.
Dimentica tutto.»
«E Rafael?»
«Lavora in una taverna come servitore. Io temo che frequenti
cattive compagnie, perché spende molto più di quanto guadagna.»
«Si è fidanzato?»
«No. Credo che sia ancora innamorato di Maddalena. Quando lei
era qui cercava di incontrarla continuamente…»
«E lei?»
«Tra loro deve esserci qualche strano legame, anche se sono sicura
che da parte di Maddalena non sia sentimentale.»
«Certo che no, visto che è innamorata di Alejandro…»
«Ho saputo… mi dispiace molto per la vostra rottura. Eravate così
belli insieme. Vi guardavo sempre partire a cavallo, ridere, divertirvi.
Che peccato!»
Poiché Agnes non ha nulla contro Rafael, le sembra giusto andare a
salutarlo nella taverna in cui lavora. Lui ottiene un permesso per poter
uscire qualche minuto.
«Come si sta a corte?» le chiede con un pizzico di ironia.
«Bene, finché era viva l’imperatrice. Adesso è diverso…»
«So che quando sei fuggita da casa hai affittato un’armatura e
combattuto in una giostra come un ragazzo!»
«Quando l’imperatrice ha scoperto che ero una ragazza è rimasta
talmente colpita da volermi con sé come damigella. Ma adesso mi
sento fuori posto, io non sono nessuno e le altre dame non vogliono
avere niente a che fare con me.»
«Mi dispiace. Che intenzioni hai?»
«Per ora rimango qui. Poi penso di chiedere all’imperatore di
mandarmi alla corte di Alcalá de Henares, con l’incarico di occuparmi
delle sue figlie.»
«Anche Maddalena è a Valladolid. Vi siete viste?»
«Purtroppo…»
Agnes racconta a Rafael quello che è successo e lo vede rabbuiarsi.
«Non capisco… So che non le piacevi ma non mi ha detto che in
realtà volesse portarti via Alejandro.»
«Credo che quella sia stata la sua unica intenzione fin dall’inizio, io
ero solo un ostacolo in più e mi ha eliminata.»
Adesso Rafael capisce perché Maddalena gli ha chiesto di parlare
ad Alejandro del corteggiatore di Agnes, era solo la prima parte di un
piano ben congegnato.
«Ma tu che fai?» chiede Agnes.
Rafael alza le spalle. «Servo ai tavoli, come hai visto… non ho
trovato di meglio. Ma mia madre adesso ha un negozio di stoffe tutto
suo e le cose le vanno bene. Ha una lavorante e fanno bellissimi
vestiti.»
Tornando a casa, Agnes riflette sulla situazione di Rafael.Prova
compassione per quel ragazzo ombroso, ancora così profondamente
innamorato di Maddalena. Forse lei lo ha illuso quando viveva a
Toledo per avere qualcosa in cambio, o qualcosa da riscuotere nel
momento in cui ne avesse avuto bisogno.
Rimasto solo, Rafael fa fatica a calmarsi. Vorrebbe andare subito a
Valladolid per parlare con Maddalena, ma non può lasciare il lavoro,
deve aspettare la fine del mese per chiedere un permesso.
Quando è il momento giusto ruba un bel vestito verde nell’atelier
della madre e lo infila nella borsa da viaggio.
Pilar cerca di dissuaderlo dal partire: «Che vuoi fare a Valladolid?
Ormai l’hai capito anche tu che Maddalena è innamorata di Alejandro.
Non ti guarderà neppure».
«Non vado per Maddalena…»
«Sono tua madre e mi accorgo quando menti, Rafael. Stai facendo
una sciocchezza. La tua fissazione per quella ragazza ti ha reso
ridicolo. Era così chiaro che lei non provava alcun interesse per te. Se
ti ha dedicato qualche attenzione, lo ha fatto per i suoi scopi. Stai
attento a non farti usare.»
«Maddalena non è innamorata di Alejandro. Me l’ha giurato. Odia
Agnes perché si è comportata male con lei quando vivevano a Toledo.
Agnes l’ha sempre trattata con superiorità, non voleva che andasse
con lei e gli altri a cavallo perché la giudicava inadatta. Maddalena ha
sofferto molto.»
«Lascia che risolva i suoi problemi da sola.»
«Devo andare. Tornerò presto.»

Con l’assenza di Federico e Gabriel, per Rafael è più facile contattare


Maddalena a corte. Quando viene avvertita che lui la sta aspettando al
cancello, ha un moto di fastidio.
Rafael le spiega che è a Valladolid di passaggio e le ha portato un
regalo. La invita a mangiare nella locanda dove ha preso alloggio per
parlare con calma. Maddalena accetta, teme che possa rivelare
qualcosa che la metta in pericolo e vuole essere gentile con lui.
Quante volte gli ha detto di odiare Agnes e di volersi vendicare di
lei, inventando cattiverie che la ragazza non le aveva mai fatto. Ha
sempre voluto che Rafael condividesse la sua antipatia per la tedesca,
in modo da poterla usare se le fosse stato necessario il suo aiuto.
A tavola Rafael beve molto vino per darsi coraggio. Vorrebbe
chiedere a Maddalena dei suoi rapporti con Alejandro, se è vero che il
suo scopo non è quello di vendicarsi di Agnes ma di conquistare lui. È
un discorso difficile da fare per un ragazzo impacciato e insicuro, così
decide di rimandarlo ai prossimi giorni.
Appena finita la cena, Maddalena si alza.
«Adesso devo andare. È tardissimo. Flora si chiederà dove sono
finita. Abbiamo le stanze vicine.»
«Prima ti devo dare il regalo che ti ho portato… Saliamo un attimo
nella mia camera.»
Arrivati nella stanza, lui estrae l’abito verde dalla borsa e lo tende a
Maddalena.
«È bellissimo, davvero. Dove l’hai preso? Te l’ha dato tua madre?»
«No. Non lo avrei mai chiesto a lei. L’ho comprato perché mi
ricordavo che ti piaceva questo colore e ho pensato che non avessi
molti vestiti eleganti per i balli di corte.»
«È un pensiero gentile…»
«Ti prego, indossalo. Voglio vedere se ho indovinato la misura. Io
uscirò mentre ti cambi.»
Malvolentieri Maddalena indossa l’abito per non irritare l’amico e
poi lo richiama.
«Ti sta benissimo!» Rafael si avvicina e le aggiusta i bottoni, in
realtà è preso dalla frenesia di possedere la donna che lo ha ingannato.
Mentre lei cerca di allontanarlo e protesta, lui le copre la bocca con la
mano e la costringe a sdraiarsi sul letto.
«Che vuoi fare? Sei impazzito?»
«Sì, impazzito per te. Mi hai ingannato. Il tuo piano non serviva ad
allontanare Agnes ma a conquistare Alejandro. E io che speravo…»
«Che cosa speravi? Che cedessi alla corte di un nullafacente, del
figlio di una truffatrice? Tu stai scherzando!»
Rafael immobilizza Maddalena sul letto e le chiude di nuovo la
bocca. Poi si mette sopra di lei aprendosi un varco fra le sottogonne e
la biancheria per stuprarla. Anche quando le lascia la bocca libera lei
non riesce a gridare, in un attimo ha davanti a sé lo scandalo che
potrebbe provocare con le sue urla.
La gente che accorre, Rafael arrestato, lei nella sua camera con il
vestito che le è stato regalato. Sarebbero altri problemi. Quindi tace e
lascia che lui finisca.
Rafael si alza e si ricompone. Va alla finestra ravviandosi i capelli
mentre lei afferra la lampada a petrolio e lo colpisce alla testa. Il
ragazzo cade in terra con un gemito soffocato e lei colpisce ancora e
ancora finché non lo vede immobile. Poi prende il vestito che portava
quando è arrivata e lo nasconde sotto la mantella, si tira il cappuccio
sulla testa e scende lentamente le scale. Torna indietro per sottrarre
tutto il denaro e i documenti a Rafael, si dovrà pensare a una rapina.
È ancora notte. Esce all’aria aperta e percorre le vie deserte che
portano a corte. Nessuno deve vederla, così perde tempo camminando
finché non spunta l’alba, e quando ormai sono le otto entra nel
palazzo come se fosse andata a fare una passeggiata di prima mattina.
Per due giorni il proprietario della taverna non entra nella stanza di
Rafael ma poi decide di forzare la porta perché nessuno apre ai suoi
richiami. Trovato il cadavere, avverte le guardie.
Il corpo viene portato all’obitorio e si cerca di rintracciare qualche
parente, ma nessuno viene a denunciare la scomparsa di Rafael. Nella
sua stanza è stata trovata solo una borsa con gli abiti di ricambio. Si
pensa a un furto e non si fanno ulteriori indagini.
Pilar indaga

Pilar aspetta diversi giorni che il figlio si faccia vivo poi, preoccupata,
parte per Valladolid. Cerca Rafael ovunque, in locande e taverne, e
infine va a corte a parlare con Maddalena.
«So che dovevate incontrare mio figlio…» afferma senza preamboli.
«Vostro figlio? No, non l’ho visto.»
«Non è possibile! È partito molti giorni fa e qui conosceva solo
voi…»
«Vi ripeto che non ci siamo incontrati. Avrà trovato una scusa per
allontanarsi da Toledo. Forse doveva vedere qualcun altro.»
«Non aveva conoscenze qui…»
«Voi non potete saperlo. Rafael è un uomo ormai e non vi dirà
sempre tutto!»
Pilar se ne va insoddisfatta, è convinta che Maddalena le stia
mentendo, anche se non ne capisce il motivo. Sa bene che l’ultima
volta che è stata a Toledo lei gli ha promesso qualcosa, altrimenti
perché Rafael avrebbe voluto raggiungerla?
Continua a cercarlo negli ospedali, temendo un incidente, infine si
rivolge alle guardie che, ascoltata la sua denuncia, la portano
all’obitorio, dove si trovano i corpi senza identità. Le mostrano due
cadaveri che dovrebbero corrispondere alle descrizioni che ha dato la
donna. Quando uno dei due viene scoperto, Pilar cade a terra svenuta.
Ripresa coscienza e bevuta dell’acqua, lascia l’obitorio e cammina
per la città senza meta. Torna poi dalle guardie, che le spiegano dove
hanno trovato il corpo e le restituiscono la borsa del ragazzo. Lei va a
parlare con il proprietario della locanda.
«Sì, ho scoperto io il corpo. Ho chiamato subito la sicurezza ma non
sapevo chi avvertire.»
«L’ha visto insieme a qualcuno la sera prima?»
«Io non c’ero. Ho già chiesto ai servitori ma il locale era pieno e non
mi hanno saputo dare una risposta. Mi dispiace.»
«Vi ha detto che sarebbe rimasto molti giorni?»
«Ha pagato per due notti e poi mi avrebbe fatto sapere se
prolungare la permanenza oppure no.»
Pilar organizza il trasporto della salma di Rafael a Madrid, vuole
seppellirlo nella città in cui è nato. Poi tornerà a Valladolid a indagare.

Maddalena si rende conto di essere rimasta incinta due mesi dopo


essere stata violentata da Rafael. Non sa che fare perché rischia di
perdere Alejandro, proprio adesso che lo sente più vicino. C’è solo
una soluzione, avere un rapporto sessuale con lui e in seguito fargli
credere che il figlio sia suo.
«Mi devi aiutare» dice alla cugina.
«Certo, come?»
«Stasera al banchetto siediti vicino ad Alejandro e fai in modo che
beva molto vino…»
«Vuoi che si ubriachi?»
«Sì. Siamo molto vicini ultimamente e serve solo una piccola spinta
perché lui dimentichi la rabbia contro Agnes che lo rende rigido e
chiuso. Poi io farò il resto.»
Flora evita di chiedere cosa sia il resto, perché la renderebbe
complice di qualcosa che non le piace. Dovrebbe essere Alejandro a
fare il primo passo, se è interessato a lei, altrimenti non si tratterà che
di una forzatura, ma la cugina non la lascerà in pace finché non l’avrà
accontentata, e se può aiutarla solo versando del vino in un bicchiere
lo farà.
Durante la cena Flora chiacchiera a lungo con Alejandro,
chiedendogli della sua permanenza presso la figlia dell’imperatore,
della passione per i cavalli e le armi, e versa spesso il vino nella sua
coppa. Lui, infervorato a parlare delle cose che ama, non si accorge di
bere troppo. Non è abituato a farlo e presto l’alcol gli dà alla testa.
Durante il ballo che segue al banchetto Federico si avvicina alla
moglie.
«Come ti è sembrato Alejandro?» le chiede. «Ho visto che parlava
molto… e beveva anche di più!»
«Deve distrarsi o il pensiero di Agnes lo farà ammalare. Mi ha
raccontato tante cose sulla spedizione in Tunisia.»
Federico sospetta qualcosa. È ancora vivo il ricordo di quando, alla
corte delle Fiandre, Matilde lo fece bere per poi entrare nel suo letto e
convincerlo a parlare. Le aveva rivelato il tradimento di Nicolò e
inconsapevolmente aveva firmato il suicidio della sorella Octavia.
Raggiunge Alejandro, che quasi non si regge in piedi, per
controllare che stia bene.
«Sto benissimo, perché?» dice Alejandro.
«Ho visto che bevevi molto…»
«Già, di solito non mi succede…»
Federico sorride e si allontana. Alejandro decide di lasciare la sala e
ritirarsi in camera. Si è appena messo a letto quando entra Maddalena.
«Oh, scusami! Non pensavo che ti fossi coricato… mi sono chiesta
perché avessi abbandonato il ballo…»
«Ho bevuto troppo a tavola e non è da me. Ho mal di testa…»
«Ho un rimedio sicuro per questo.»
Maddalena si siede sul letto accanto a lui e gli prende il capo in
grembo facendogli leggeri massaggi. Alejandro si lascia andare al
calore della ragazza, alle sue mani delicate, alle parole che gli
sussurra. Lei si spoglia lentamente mentre lui tiene gli occhi chiusi e
forse si sta addormentando. Si sveglia sentendo la carne morbida
accanto alla sua e vive l’amplesso che segue come in sogno.
Maddalena si riveste velocemente e lascia la stanza in punta di
piedi. Alejandro sta dormendo profondamente.
La mattina dopo lui si sveglia con un forte malessere a causa del
vino bevuto ma qualche altra cosa, che sul momento non ricorda, lo
turba. Solo dopo essersi sciacquato il viso con l’acqua gelata gli torna
in mente l’immagine di Maddalena nuda nel suo letto.
In preda alla rabbia getta la bacinella a terra. Come ha fatto a cedere
a una donna che non gli piace, che non gli è mai piaciuta? Anche da
adolescente, quando vivevano tutti a Toledo, lei lo metteva a disagio,
con quegli occhi scuri sempre puntati su di lui.
Va a sellare il suo cavallo e passa la giornata a galoppare in
campagna per schiarirsi le idee.
Nei giorni seguenti fa di tutto per evitare Maddalena, la tratta con
cortesia ma freddamente. Lei immaginava una simile reazione e non
se ne preoccupa, ha ottenuto quello che voleva.

Pilar organizza il funerale del figlio a Toledo. È contenta di vedere


Sofia arrivare alla cerimonia. Più tardi si sfoga con lei perché non ha
nessuno con cui confidarsi e spera che Sofia possa aiutarla con
qualche consiglio.
Sofia riferisce tutto ad Agnes, che si trova ancora da lei, e le chiede
se c’è qualcosa che Rafael le abbia confidato prima di partire.
«Agacia» le spiega Sofia «mi ha detto che lui la sera frequentava
gente strana e che guadagnava molto più dello stipendio di servitore
in una taverna. Forse a Valladolid, oltre a voler vedere Maddalena,
aveva qualche appuntamento…»
«Io ho i miei sospetti…» commenta Agnes.
«Parlane con me, sai che puoi dirmi tutto.»
«È semplice logica. Rafael era innamorato di Maddalena. Lei ha
trovato un modo per separarmi da Alejandro. Ha ingannato entrambi.
E dopo il ferimento di vostro figlio gli è stata sempre vicino sperando
che lui cambiasse sentimenti nei suoi confronti.»
«Questo che cosa ha a che vedere con la morte di Rafael?»
«Immagino che Rafael sia andato a Valladolid a trovare
Maddalena… non vi ricordate? L’ha sempre amata, fin da quando si
sono conosciuti. Gabriel lo ha cacciato insieme alla madre, ma io ho
visto Maddalena incontrarlo spesso e parlare a lungo con lui. Credo
che l’abbia illuso per qualche scopo… e poi è stato ucciso. Non so cosa
sia successo, ma sono sicura che si siano incontrati a Valladolid.»
Sofia pensa che sia la rabbia a far parlare così Agnes, ma non glielo
dice. È sempre stata una ragazza onesta, diretta, non ha mai mentito.
«So che stai soffrendo, e puoi rimanere quanto vuoi. Questa è anche
casa tua, e poi Claudia è felice di averti qui.»
«Claudia non sa ancora chi sono?»
«Che sei la sua sorellastra? Non gliene ho ancora parlato…»
«Avete paura che poi non mi voglia più vedere?»
«Non so come reagirà. Le abbiamo detto che la madre è morta di
malattia e che il padre è stato ucciso dai turchi. Sarà difficile spiegarle
tutto. Ma tu, Agnes, non hai alcuna responsabilità in ciò che è
successo. È stata la leggerezza di Nicolò a causare la tragedia.»
Agnes approfitta dei giorni in cui Claudia è ancora inconsapevole
della verità per passare molto tempo con lei. Spera che quando la zia
le dirà tutto l’amore che lei le dimostra e le ha sempre dimostrato
compenserà l’odio che potrebbe provare per essere stata la causa
indiretta del suicidio della madre.
La porta a cavallo in campagna, le legge dei libri, le racconta la vita
a corte.
«La zia dice che anche io potrò andare a Valladolid quando avrò
compiuto quindici anni.»
«Certo! Mancano solo due anni.»

Dopo il funerale del figlio, Pilar è tornata a Valladolid per parlare con
Maddalena. Le riferisce che Rafael è stato ucciso nella locanda in cui
alloggiava.
Maddalena finge benissimo un dolore che non prova e poi chiede:
«Chi può averlo fatto? Forse qualcuno ha voluto derubarlo?».
«Non aveva molto denaro con sé. Solo quello che gli sarebbe
bastato per rimanere in città qualche giorno.»
«A volte si ruba per pochi spiccioli…» commenta Maddalena.
«L’assassino stia attento perché io lo troverò!» minaccia Pilar prima
di andarsene.
Non ha prove contro di lei eppure è convinta che Maddalena
sappia molto più di quanto affermi.
Torna nella locanda in cui è morto il figlio e chiede ancora al
proprietario se ha visto qualcuno entrare nella stanza di Rafael.
«No, signora. Nessuno da quando è arrivato a quando, purtroppo,
l’ho trovato morto. Qualcuno deve essere venuto di notte o ha finto di
salire in un’altra stanza mentre io ero assente. Non so che dirvi. Non
era mai successa una cosa simile nella mia locanda.»
Pilar lascia un avviso all’uomo, si tratta di una ricompensa per
chiunque abbia notizie relative alla morte di Rafael. Poi prende anche
lei una stanza e aspetta che qualcuno si faccia avanti.
Il mese successivo Maddalena dà la notizia a Flora: «Sono incinta di
Alejandro…».
«Per quella notte?»
«Sì, quella. Una sola notte. Speravo di legarlo a me nell’intimità ma
non è stato così. Adesso mi tratta con distacco.»
«Non dovevi prendere l’iniziativa. Ti avevo avvertita.»
«Era l’unico modo per capire i suoi sentimenti, visto che lui non
faceva il primo passo.»
Flora è sinceramente addolorata per la cugina, nonostante abbia
ucciso un uomo lei è rimasta pura e onesta, non potrebbe immaginare
che Maddalena porti avanti un progetto malsano per legare a sé
Alejandro. In parte però si sente in colpa, è stata lei a farlo bere al
banchetto, come le aveva chiesto la cugina.

Sofia riceve una lettera dal figlio. Alejandro le scrive brevemente che
Maddalena è incinta, che il bambino è suo perché una notte in cui,
contrariamente alle proprie abitudini, aveva bevuto troppo lei si è
infilata nel suo letto.
Sofia alza lo sguardo dalla lettera e lo sposta su Agnes, che sta
leggendo in giardino accanto a lei.
Poiché il figlio le chiede un consiglio gli risponde che, anche se non
la ama, dovrà sposare Maddalena. Ammira Alejandro anche per
questo, avrebbe potuto negare di essere il padre del bambino e tutti gli
avrebbero creduto, invece la sua onestà lo obbliga a domandare un
parere alla madre.
Questo mette fine ai suoi sogni di vederlo insieme a una donna
scelta per amore. Inoltre, non sa come dirlo ad Agnes. Comincia a
pensare che la ragazza abbia ragione a sospettare che Maddalena
abbia architettato tutto per conquistare Alejandro e forse… forse è
veramente lei la responsabile della morte di Rafael.
Scrive alla sorella per avere un consiglio e Manuela le risponde
come immaginava, non c’è altra soluzione che il matrimonio.
Anche Federico è della stessa opinione, quando Alejandro si rivolge
a lui.
«So come ti senti ma vivi alla corte dell’imperatore e il dovere ti
impone di sposare la donna che aspetta un figlio da te.»
Federico ne parla con Gabriel, che sul momento si infuria e inveisce
contro quella strega di Maddalena ma poi, rimasto solo, si rende conto
che anche lui ha complottato contro l’amore di Alejandro e Agnes, ed
è stato uno sciocco a non comprendere quali sarebbero state le
conseguenze.
Il pensiero di averla come una di famiglia non lo fa dormire, ma poi
pensa che l’alternativa sarebbe stata Agnes, e in questo caso il
fantasma di Nicolò avrebbe continuato a perseguitarlo.
Anche lui consiglia al nipote di sposarsi al più presto e di farlo in
modo discreto. Non ha alcuna intenzione di assistere al matrimonio e
spera che non avvenga a Valladolid.
Alejandro si rende conto che tutti gli danno lo stesso parere. Sorride
amaramente tra sé. Per anni ha amato Agnes, sognando il momento di
chiederle di sposarlo, e invece il loro amore gli si è sgretolato fra le
mani. Adesso è ridotto come tutte quelle figlie di reali che sposano
uomini scelti da altri per ragioni politiche.
Quando con delicatezza Sofia dà la notizia del matrimonio ad
Agnes, la vede impallidire e teme che si senta male. Ma lei si riprende
subito. Il viso si indurisce mentre afferma che immaginava qualcosa
del genere e chiede di non parlarne più. Vuole solo sapere dove si
svolgerà la cerimonia nuziale.
«Alejandro verrà qui con Maddalena, pretende una cosa semplice,
senza invitati…»
«Mi avvertirete quando sarà il momento, così lascerò la città.
L’ultima cosa che desidero è vederli insieme in abiti nuziali!»
Agnes ha anche la forza di sorridere e Sofia la ammira una volta di
più. Le risponde che appena il figlio le comunicherà la data la riferirà
anche a lei. Agnes si sofferma qualche minuto a immaginare
Alejandro sposo, che accoglie all’altare una donna che ha sempre
detestato. Un destino infelice quanto il suo. Forse anche di più, visto
che lui dovrà frequentare Maddalena, mentre lei sarà libera di
scegliere dove e con chi vivere.
Si rende conto che manca qualcosa. Ha appena usato nella sua
mente la parola “detestato” pensando ai sentimenti di Alejandro per
Maddalena. Ma allora perché la sposa? Si volta di scatto verso Sofia,
che intuisce il suo ragionamento: «Sì, Maddalena aspetta un bambino.
È solo per questo che mio figlio ha deciso di sposarla. Mi ha scritto di
averle ceduto una sola volta, dopo aver bevuto molto a un
ricevimento. Tu sai che Alejandro non ama bere… Non so cosa sia
successo. Quando lei gli ha detto di essere incinta, mi ha scritto per
chiedermi un consiglio e io gli ho risposto che se il bambino è suo
deve assolutamente sposarne la madre».
«Se il bambino è suo…»
«Pensi che non lo sia? Pensi che lei lo stia ingannando?»
«Non mi stupirebbe, ma sarà difficile trovare le prove. Alejandro è
profondamente onesto e ingannarlo è quasi un crimine. Non sarebbe
accaduto niente se mi avesse creduta…»
Sofia è d’accordo con lei e si domanda come abbia fatto il figlio a
essere così debole e ingenuo.
«Comunque mi ha anche scritto che dopo la nascita del bambino
raggiungerà l’imperatore. Sarà quel giorno che dirò la verità a
Claudia.»
Agnes cambia vita

Alejandro ha sposato Maddalena in una chiesetta di Toledo. Con loro


c’erano solo Sofia, Claudia e i fedeli servitori.
Alejandro ha voluto parlare con la futura moglie prima di partire
per Toledo.
«Ti sposo perché aspetti un figlio da me. Ma sai benissimo che non
ti amo e fra noi non ci saranno rapporti intimi. Questo deve essere ben
chiaro. Inoltre, dopo la nascita del bambino, raggiungerò l’imperatore
e tu tornerai a corte, se vorrai. Dimmi subito se queste condizioni ti
vanno bene o…»
«Certo, ti capisco. È ancora troppo presto… è stato tutto
improvviso. Neanche io avrei mai immaginato che una sola notte…
Non avrai problemi da me. Adesso pensiamo solo al bambino.»
Adesso che ha raggiunto lo scopo di legare a sé Alejandro,
Maddalena è sicura che la lontananza da Agnes giocherà a suo favore.
Agnes è tornata a Valladolid e si è subito resa conto che non è più il
posto per lei. Non ha origini nobili e a corte aveva solo l’imperatrice
Isabella ad amarla. Si sente emarginata dalle altre dame, non ha
denaro per acquistare abiti adatti ai balli e ai ricevimenti, inoltre
Alejandro molto presto tornerà con la moglie e lei non vuole
incontrarli.
Parla a Federico spiegandogli la situazione: «Potresti chiedere
all’imperatore se posso andare ad Alcalá de Henares come damigella
della figlia maggiore Maria?».
Federico le risponde qualche giorno dopo che Carlo è ben felice che
la pupilla della moglie vada a vivere con le sue figlie e dà disposizioni
perché questo accada al più presto. Gli hanno riferito del matrimonio
di Alejandro e sapeva che tra lui e Agnes c’era del tenero. Nessuno gli
ha spiegato cosa sia successo, ma immagina che lei stia soffrendo.
A corte Agnes fa la conoscenza di Maria e Giovanna,
rispettivamente di tredici e quattro anni. La prima, dal fisico leggero e
i lineamenti delicati, si lega moltissimo a lei fin dall’inizio. Con
entusiasmo le rivela che la madre le ha raccontato tutto della sua
damigella preferita.
«So che siete la nipote del comandante dei lanzichenecchi, Georg
von Frundsberg, che ha sempre combattuto accanto a mio padre.
Vostra madre è stata ingiustamente condannata e giustiziata per
stregoneria. Voi avete vissuto a Toledo dopo essere stata alla corte
delle Fiandre dalla granduchessa Margherita…»
«Sapete anche come sono arrivata al cospetto dei vostri genitori?»
«Sì, certo. Vi siete tagliata i capelli e avete affittato un’armatura per
sembrare un ragazzo. Avete vinto la giostra e mia madre vi ha voluto
come sua dama.»
«Amavo molto vostra madre…»
«Anche lei amava voi.»
«Quando eravate a Valladolid non abbiamo avuto molto tempo per
parlare…»
«Ero costretta a studiare, studiare, studiare. Ma qui mi trovo molto
meglio, anche se mi manca mio fratello.»
«Lui ha solo un anno più di voi, vero?»
«Sì, per questo fino alla separazione abbiamo fatto le stesse cose.
Siamo molto uniti… eravamo molto uniti.»
«Lo sarete ancora, nonostante lui sia lontano.»
«Abbiamo avuto la stessa governante, Leonor de Mascarenhas.»
Leonor è stata una seconda madre per Filippo e, dopo la morte
dell’imperatrice Isabella, è passata a occuparsi di Maria e Giovanna. È
una donna che ama profondamente l’arte e la religione. Insieme al
conte de Cifuentes, fratello di Juan de Zúñiga, si occupa
dell’educazione culturale delle principesse.
Agnes passa molto tempo con Maria ma non trascura la piccola
Giovanna, debole di costituzione e con gravi problemi alla pelle. Per
questo l’imperatore le ha volute ad Alcalá, dove il clima è più mite.
Agnes è arrivata da alcuni mesi quando riceve una lettera da Sofia che
le annuncia la nascita di Leticia, figlia di Alejandro e Maddalena.
Sofia non ha visto alcuna emozione negli occhi della giovane madre
quando è nata la bambina ma solo sollievo, perché Leticia è bella e
sana.
Alejandro, tornando dalla cavalcata mattutina, aveva ricevuto la
notizia dalla madre: «È una bambina… la tua bambina!».
Se provava qualche sentimento era stato bravissimo a controllarlo,
si era limitato ad annuire per poi rifugiarsi nella sua stanza. Solo più
tardi aveva chiesto alla madre di portargli la neonata, e dopo averla
guardata a lungo senza toccarla era andato a congratularsi
freddamente con la moglie.
Sofia sa che quel momento avrebbe voluto viverlo con Agnes, a cui
non ha mai smesso di pensare. Se ne è accorta riordinando la sua
camera e trovando in un cassetto l’anello che Alejandro aveva deciso
di regalarle prima delle nozze.
Lui è perplesso, pensava che la nascita di un figlio lo avrebbe
cambiato, che avrebbe sentito il cuore battere diversamente, invece
quando guarda la neonata dormire nella culla non prova nulla.
Sofia capisce il suo cruccio e tenta di consolarlo: «È quasi sempre
così quando sono appena nati. Soprattutto per i padri, non ti devi
angustiare. Vedrai che poi ti affezionerai a lei».
«Mi sembra che anche Maddalena non ami la bambina…»
«Soffre ancora per il parto. È normale.»
Sofia lo dice ma non lo pensa. Ricorda che quando è nato Alejandro
sia lei che la sorella Manuela sono scoppiate a piangere dalla
commozione.
«Mamma, prima che io parta devi spiegarmi una cosa: perché hai
accolto Agnes per tanto tempo? Ti avevo chiesto di non nominarla più
dopo quello che era successo e non mi hai scritto che era qui.»
«Che volevi che facessi? Io voglio bene a quella ragazza, è vissuta
con noi per molto tempo. Era ovvio che la accogliessi, visto che non
sapeva dove andare.»
«Dopo quello che mi ha fatto?»
Sofia tace. Non vuole litigare con il figlio prima della sua partenza
ma lui insiste: «Allora?».
«Alejandro… non farmi parlare di questo, ti prego. Io non so
veramente come siano andate le cose, ma forse non come credi tu.»
«Lei mi ha tradito. Già me ne aveva parlato Gabriel quando sono
tornato dall’Italia.»
«Non mi stupisce che Gabriel ti abbia fatto avere dei sospetti. Sai
benissimo che non vi voleva vedere insieme.»
«Sì, ma poi li ho visti io!»
«Che cosa hai visto?»
«Era abbracciata al marchese Morela nella scuderia…»
«Tu credi che fossero abbracciati… Non ti è venuto in mente che
forse lui la stesse aggredendo? Che cercasse di averla con la forza, dal
momento che lei l’aveva rifiutato per tanto tempo?»
«Sono le stesse cose che mi ha detto Federico… Comunque adesso è
tardi. Gabriel mi ha scritto che l’imperatore ha deciso di conquistare
Algeri e partirà da Genova. Voglio raggiungerlo.»
Sofia scrive ad Agnes per avvertirla della nascita di Leticia e lei
nasconde come può il dolore fortissimo che prova sapendo che
Alejandro è diventato padre. Per quanto non voglia pensarci,
l’immaginazione è potente e le presenta scene che sono altrettanti
colpi di coltello: Alejandro con la bambina in braccio, Alejandro che la
guarda dormire e le insegna le prime parole.
Perché deve farsi male da sola? Lei non è come quelle donne che
indulgono nel dolore. Sua madre non era così, se l’ha partorita senza
mai dirlo a Nicolò, finché non le è piombato in casa, dopo dodici anni.
Greta non avrebbe pianto, né si sarebbe fatta compatire. Avrebbe
reagito, cambiando strada, occupandosi d’altro per far tacere la mente
che può diventare crudele.
Sofia le scrive ancora, forse lo fa per alleviare la sofferenza di
Agnes, spiegandole che Alejandro non è felice con Maddalena e la
neonata: “La trovo molto bella. Mi dispiace solo constatare la
freddezza con cui i giovani genitori la trattano. Conosco bene mio
figlio e sono convinta che se la bambina fosse stata tua, si sarebbe
comportato diversamente. Maddalena non ha latte e così Agacia ci ha
trovato una donna per allattarla. Non ho mai visto una coppia così
disunita, dormono in camere separate e si parlano appena. Spero per
il bene della figlia che le cose cambino, ma ne dubito. Lui non fa che
rivolgersi a Federico per sapere quando potrà raggiungere
l’imperatore. Temo che mi lascerà qui con la moglie che passa il tempo
a letto e non aiuta nessuno in casa. Mi manchi molto, e spero che tu ti
trovi bene con le figlie dell’imperatore”.
Agnes legge queste parole con una leggera soddisfazione ma anche
questo è sbagliato, perché indice di debolezza. Non deve soffrire ma
neppure gioire se Alejandro rifiuta madre e figlia. Ormai deve
prendere la decisione di cancellarlo dalla sua mente, per loro non ci
sono più possibilità.

Soddisfatto per come ha risolto i problemi nelle Fiandre, Carlo V si


reca a Ratisbona: ha convocato una Dieta in cui si terranno i colloqui
tra cattolici e protestanti. Per la discussione ha scelto sei importanti
teologi appartenenti alle due parti.
Si comincia con la questione confessionale: la discussione dura un
mese senza che si arrivi a un’intesa. Filippo Melantone, il più
importante riformatore dopo Lutero, si dimostra condiscendente ma
solo in superficie, in realtà rimane fermo nelle sue convinzioni per
quanto riguarda il sacramento dell’eucaristia.
Sia i protestanti che i cattolici dichiarano all’imperatore che un
accordo è impossibile. Ciononostante, Carlo fa redigere i ventitré
articoli del Codice di Ratisbona, che vuole venga consegnato ai vari
Stati. Cattolici e luterani rispondono in modo negativo. Anche la
Curia romana respinge le conclusioni.
La mediazione di Carlo è fallita. Ma subito viene distratto da eventi
drammatici: il sultano Solimano si è mosso per impadronirsi
dell’Ungheria e vuole conquistare Buda. Ferdinando invia l’esercito
per difendere la città, ma il vecchio comandante von Roggendorf,
venuto a sapere che i turchi sono a soli cinque giorni di cammino,
rinuncia a combattere e le truppe si danno alla fuga.
La capitale dell’Ungheria cade nelle mani dei turchi senza
spargimento di sangue e durante l’estate Solimano occupa tutto il
Paese, eccettuate le zone nordoccidentali in cui si trova Ferdinando.
Prima di partire, Carlo incontra la sorella Maria, governatrice dei
Paesi Bassi, e le riferisce ciò che è successo: «Gli ottomani hanno
conquistato gran parte dell’Ungheria. Come immaginavo, Francesco I
ha cambiato idea. Due suoi inviati sono stati a Costantinopoli e
mentre attraversavano Milano li hanno assassinati. Adesso dà la colpa
a me. E poi continua ad avere rapporti stretti sia con i turchi che con i
luterani tedeschi».
«Che volete fare?»
«Innanzitutto, attaccherò Algeri: è la base logistica del pirata
Barbarossa e il punto di partenza di tutte le scorrerie delle navi corsare
contro i porti della Spagna.»
«Non è la stagione più adatta. Quando arriverete il mare sarà
grosso.»
«Devo farlo, altrimenti Solimano si impadronirà di tutta
l’Ungheria.»
Il pontefice cerca inutilmente di dissuadere l’imperatore dal
compiere questa impresa e alla fine ordina al nipote Ottavio, il marito
di Margherita di Parma, di seguirlo.

Negli anni passati l’ammiraglio Andrea Doria ha continuato a


combattere contro il pirata Barbarossa e adesso comanda la flotta
spagnola imperiale che si dirige verso Algeri. La città è governata da
un sardo musulmano, Hassan Agha, un feroce corsaro scelto da
Barbarossa che, a sua volta, è stato nominato “alto ammiraglio”
dell’impero ottomano a Costantinopoli.
Sulle navi ci sono i soldati che rispondono al duca d’Alba, mentre
Ferrante Gonzaga, viceré di Sicilia, comanda l’esercito di terra. Con
loro anche Hernán Cortés, il conquistatore del Messico, con una nave
propria.
Carlo si imbarca a Genova dove riceve la notizia della caduta della
fortezza di Ofen, occupata dai turchi. Federico, Gabriel e Alejandro,
che hanno raggiunto l’imperatore, si guardano preoccupati.
«È un’impresa disperata. Doveva aspettare la bella stagione…» dice
Federico.
«Pensa che mettendo al sacco Algeri distrarrà i turchi dall’attacco in
Ungheria» replica Gabriel.
In un momento di calma Federico chiede ad Alejandro come sia la
sua bambina.
«È bella, ma non vorrei parlare di questo adesso.»
Federico rimane male. Lui non vede l’ora di avere un altro figlio da
Flora e pensava che, pur non amando Maddalena, Alejandro si
sarebbe affezionato alla figlia, ma non può comprendere fino in fondo
il nipote perché non ha mai sofferto per amore.
Ha avuto alcune avventure ma la sua timidezza gli impediva di
prendere l’iniziativa. La nascita come figlio bastardo di Diego
Acevedo e della sua governante Raimunda, e poi i maltrattamenti del
patrigno, l’hanno segnato per molto tempo. Solo l’abnegazione verso
l’imperatore l’ha fatto cambiare. Il gesto eroico compiuto nella
battaglia per la conquista di Tunisi, quando è stato ferito per aver
salvato Carlo, non l’ha fatto solo apprezzare da tutti i soldati ma ha
accresciuto la stima di se stesso. Così quando ha conosciuto Flora e ha
deciso di aiutarla a evitare un sicuro arresto portandola in Spagna con
sé, si è manifestata per la prima volta la sua virilità, la capacità di
provare una grande passione d’amore.
A comprendere Alejandro è invece Gabriel, pur responsabile in
parte di ciò che gli è accaduto. Aiutando Maddalena ha segnato la
sorte del nipote, che adesso si trova con una moglie e una figlia che
non ama e dalle quali vuole tenersi lontano.
Gabriel, come sempre, non prova sensi di colpa, in fondo è riuscito
nel suo intento: separare Alejandro da Agnes, ma teme che il ragazzo,
così disperato, possa esagerare in combattimento e rischiare la morte.
Contro tutte le sue abitudini gli chiede come stia. Alejandro lo
guarda stupito e risponde di stare benissimo. La foga con cui lo dice,
l’eccitazione che gli legge negli occhi, fanno capire a Gabriel che aveva
ragione. In questo è simile a lui. Quante volte, infuriato per qualcosa,
si è gettato nel combattimento con veemenza, senza pensare che
avrebbe potuto perdere la vita. O forse proprio per ottenere quel
risultato. Il silenzio della mente.

L’ammiraglio Andrea Doria ha provato a dissuadere l’imperatore dal


compiere l’impresa in questo periodo dell’anno. Ma la sua conosciuta
prudenza si scontra con la volontà di Carlo. Con cinquecento navi,
dodicimila marinai e ventiduemila soldati al suo comando – e sotto
quello di Hernán Cortés –, l’esercito arriva ad Algeri il 19 ottobre, ma
il mare è grosso e i due giorni successivi non si può sbarcare.
L’imperatore decide uno sbarco veloce che obbliga i soldati a
lasciare cavalli e cibo per accamparsi su un promontorio difeso dalle
truppe lanzichenecche. Con lui ci sono combattenti spagnoli, tedeschi
e italiani, oltre a centocinquanta preparatissimi Cavalieri di Malta.
Gli imperiali sono trentaseimila, contro quasi seimila musulmani: la
vittoria dovrebbe essere certa. Non è così. Carlo non solo ha scelto la
stagione sbagliata, ma anche il punto in cui scendere a terra, un luogo
poco riparato ed esposto al vento proveniente dal mare.
L’esercito si mette in marcia ma alle porte di Algeri si scatena un
diluvio violentissimo. La tempesta strappa le ancore dalle navi, che
vanno a scontrarsi una contro l’altra, i velieri e le galere affondano.
A terra le tende dell’accampamento volano via, i soldati sono zuppi
e le armi infangate. Gabriel è sempre accanto al nipote Alejandro, non
vuole che gli accada nulla. Si muovono nella fanghiglia senza lasciare
la loro posizione dietro l’imperatore. Gabriel sorride vedendo che,
nonostante quello che gli è successo durante la battaglia di Tunisi,
Federico segue Carlo da vicino, pronto a intervenire in caso di
pericolo.
I musulmani attaccano gli imperiali, che riescono a respingerli con
estrema difficoltà. Carlo, con la spada in pugno, incita i suoi uomini:
«Avanti! Non vi fermate!».
Riesce a radunarli per rispondere al nemico. Arriva dentro la città e
potrebbe conquistarla, se dal mare riuscisse a bombardarla. Ma le sue
navi si sono disperse nella bufera. Non gli rimane che ritirarsi.
Andrea Doria trova un riparo per la flotta a otto chilometri da
Algeri e costringe Carlo a salire a bordo.
Arrivati a Genova l’imperatore offre all’ammiraglio una rendita di
tremila scudi, che servono a ripagarlo della perdita di undici galere.
Solo il 23 novembre l’esercito riesce a ripartire, per arrivare a
Cartagena dieci giorni dopo.
Claudia scopre la verità

Quando Alejandro è partito per raggiungere l’imperatore, Maddalena


è tornata alla corte di Valladolid lasciando la figlia Leticia a Toledo.
Ha affermato di volersi distrarre per qualche giorno e Sofia,
notando con quanta freddezza tratta la bambina, è contenta che se ne
vada.
Claudia è esterrefatta: «Come può abbandonarla così?».
«Tu conosci poco Maddalena, non credo che abbia alcun istinto
materno.»
Sofia trova questo momento per parlare finalmente alla nipote di
quello che è successo a sua madre.
«Ti avevo promesso che ti avrei detto tutto di tuo padre e di
Octavia quando avessi lasciato questa casa. Presto andrai a corte e
voglio che tu sappia la verità per poterti regolare. Tua madre era
molto innamorata di Nicolò… era venuto a stare un periodo alla corte
di Malines, e credo che la granduchessa Margherita abbia forzato la
decisione di tuo padre costringendolo al matrimonio.»
«Come ha fatto a costringerlo?»
«Tutti gli uomini erano un po’ innamorati di Octavia, era talmente
bella! E anche Nicolò, ma forse non voleva sposarsi. Così Margherita
gli ha detto che in quel caso avrebbe dovuto lasciare la corte di
Malines. Aveva molto a cuore Octavia e non voleva che soffrisse.
Purtroppo, così ha peggiorato le cose… Dopo il matrimonio Nicolò è
andato in Italia perché il suo amico Giovanni dalle Bande Nere era
stato ferito a morte e poi è rimasto con l’esercito dell’imperatore
durante il Sacco di Roma.»
«Dove ha salvato Maddalena…»
«Sì, l’ha trovata sui gradini del suo palazzo. I genitori erano morti e
lui l’ha portata con sé. Ma quello che non sai è che dieci anni prima,
durante un’altra battaglia, Nicolò aveva conosciuto la nipote del
comandante lanzichenecco Georg von Frundsberg…»
«Lo zio di Agnes?»
«Sì. Erano stati insieme solo una notte e Greta era rimasta incinta,
ma lui non lo sapeva. Quando si sono rivisti Nicolò ha capito di
esserne innamorato e l’ha raggiunta nel castello di Mindelheim
insieme a Maddalena. Lì ha saputo di avere una figlia e ha deciso di
rimanere.»
Claudia è confusa. «E io?»
«Tu eri nata mentre Nicolò si trovava a Roma. Quando ha scelto
Greta non sapeva di avere un’altra figlia.»
«Mia madre ha scoperto tutto…»
«Sì. Una ragazza che la odiava ha fatto in modo che lo sapesse e
lei… non è riuscita a sopportare il dolore…»
«Vuoi dirmi che si è uccisa? Che non è morta di malattia?»
Sofia abbraccia Claudia sconvolta dal racconto ma lei si stacca e
comincia a camminare per la sala.
«Come si è uccisa?»
«Claudia, questo non è importante…»
«Lo è per me!» grida la ragazza. «Dimmi come si è uccisa!»
«Si è gettata dalla finestra della sua stanza.»
«Io dov’ero?»
«Nella camera accanto.»
Sofia non sa che fare, teme che la nipote crolli ma forse sottovaluta
la sua forza. Nonostante somigli così tanto alla madre, il carattere è
proprio quello di Nicolò.
«Bene, dimmi di mio padre adesso.»
«Dopo la morte della sorella, Gabriel ha cercato Nicolò per
vendicarsi. Si sono trovati entrambi nell’esercito di Ferdinando
quando Solimano ha attaccato Vienna. Nicolò ha liberato Gabriel, che
era stato preso prigioniero, ed è stato ucciso.»
«Mio padre ha salvato Gabriel pur sapendo che voleva ucciderlo?»
«Sì. A mio parere è stato eroico e si è riscattato, ma Gabriel non la
pensa così. Per questo odia Maddalena, che è stata salvata da Nicolò, e
Agnes, che è la figlia di Greta.»
«Che fine ha fatto Greta?»
«L’hanno giustiziata per stregoneria. Un pretendente rifiutato ha
inventato false accuse. Agnes e Maddalena sono state portate a
Malines da un soldato amico di Greta. Io me ne sono presa cura da
allora.»
«Questo vuol dire che… Agnes è mia sorella?»
Ecco il momento che Sofia temeva. «Sì, la tua sorellastra.»
«Perché non me l’hai detto prima?»
«Gabriel non voleva! Ha chiesto a tutti di non dirti niente finché
non avessi compiuto quindici anni.»
«Gabriel, Gabriel! Io avevo il diritto di sapere che Agnes è mia
sorella. Avevo il diritto di trattarla come tale…»
«Non la odi adesso?»
«Odiarla? E per quale motivo? Lei è solo una vittima di tutto
questo. Le ho sempre voluto bene e adesso ancora di più!»
Claudia va nella sua stanza e comincia a scrivere ad Agnes:

Sorella! È meraviglioso poter usare questa parola. Sofia mi ha


raccontato tutto e il mio unico dispiacere è non averlo saputo
prima… non averti potuto chiamare “sorella”. Non sai quanto io sia
felice di questo. Ti ho sempre voluto bene e ti ammiravo! Quando mi
hai raccontato di aver partecipato e vinto una giostra fingendoti un
ragazzo sono rimasta senza parole e la notte ho pensato che avrei
voluto essere come te. Io non ho conosciuto mia madre, si è uccisa
quando ero troppo piccola per ricordarla, ma ti assicuro che non mi
toglierei mai la vita per un uomo lasciando una figlia sola. Non
voglio giudicarla. So che era una donna molto fragile e per questo
sono contenta di aver preso il carattere di mio padre, come te. Ma tu
hai anche avuto una madre guerriera e questo raddoppia la tua bella
eredità. Spero di vederti prestissimo. Quando finalmente anche io
sarò a corte staremo molto insieme.
Tua sorella Claudia

Agnes riceve la lettera e si commuove, dentro di sé era sicura che


Claudia avrebbe capito e non si sarebbe allontanata da lei.
Ad Alcalá de Henares, con le sorelle di Filippo, si trova bene. Se per
Maria prova un affetto sincero, ammira soprattutto la sorella minore
come un essere eccezionale. Giovanna parla portoghese e castigliano
correttamente, capisce il latino, dipinge e ricama meglio delle sue
coetanee e suona il clavicordio e altri strumenti. Agnes sta bene
soprattutto perché non teme di incontrare Alejandro e Maddalena, o
Gabriel e Flora. L’unico della famiglia che vorrebbe rivedere e di cui
sente la mancanza è Federico.
Pensa spesso a lui, cercando di capire cosa abbia preso dalla madre
e cosa dagli Acevedo. La bellezza è quella di Raimunda, ma anche un
certo spirito di sottomissione che la madre aveva nei confronti del
marchese e poi del fidanzato che l’aveva convinta ad aprirgli la porta
la notte del crimine. Anche lui è remissivo e forse per questo ha avuto
poco successo con le donne, ma la debolezza scompare quando si
trova in battaglia o partecipa a un torneo. In quelle occasioni si
trasforma. Esce fuori la sua vera natura avventurosa, il gusto per la
sfida che Gabriel gli ha insegnato fin dall’inizio.

Agnes sta sellando il suo cavallo quando un giovane si avvicina.


«Mi chiamo Tomás de Vallado e faccio parte della scorta delle
principesse. Stavo per fare una cavalcata, potremmo andare insieme.»
Agnes ringrazia l’uomo dell’offerta e si prepara a montare sul
cavallo.
«Ne avete uno vostro?» si stupisce l’uomo
«Sì, da molto tempo. Non mi separo mai da lui.»
Attraversano la città al passo e si lanciano al galoppo lungo il fiume
Duero. Si fermano dopo un’ora e scendono da cavallo per riposarsi.
«Siete bravissima! Chi vi ha insegnato a cavalcare?»
«Ma voi sapete chi sono?»
«Una delle dame delle principesse. So solo questo.»
«Lo zio di mia madre Greta era il comandante Georg Von
Frundsberg…»
«Il grande capo dei lanzichenecchi? Un uomo davvero
eccezionale!»
«Sì, e anche mia madre ha combattuto con lui. È morto quando
avevo undici anni e in seguito mia madre è stata condannata
dall’Inquisizione. Un uomo che aveva rifiutato ha pagato dei
testimoni per farla accusare di stregoneria.»
«Mi dispiace molto! Detesto l’Inquisizione, anche se qui non lo
posso dire ad alta voce. E vostro padre?»
«Era un cavaliere italiano morto nella battaglia di Vienna contro i
turchi. Io sono stata portata alla corte di Malines dalla granduchessa
Margherita e ho conosciuto i fratelli Acevedo. Con loro sono venuta in
Spagna.»
«Ho sentito parlare degli Acevedo… di Gabriel, Federico,
Alejandro… tutti bravissimi cavalieri dell’imperatore.»
«Come lo siete voi!»
«Sì. Sono vissuto in una grande fattoria nella meseta. Mio padre
allevava cavalli e io ho cominciato a montare da piccolissimo. Ho
partecipato a molti tornei e in uno di questi l’imperatore mi ha notato
e mi ha voluto con lui.»
«Sapete, anche io ho vinto una giostra e sono stata notata
dall’imperatrice Isabella, che mi ha voluta come sua dama…»
Tomás la guarda stupito. «Voi, una donna?»
«Ero dentro un’armatura maschile. Nessuno ha pensato che fossi
una ragazza finché non mi sono tolta l’elmo.»
Tomás ride sbalordito. Agnes lo incuriosisce moltissimo ed è la
prima volta che gli accade da quando è a corte. La trova bellissima,
così diversa dalle donne spagnole.
«Ora capisco i vostri colori, il vostro corpo… voi siete tedesca, non
spagnola.»
«Volevate dire il mio corpo forte… ebbene sì, sono forte! Ma anche
la mente e il cuore lo sono. Mia madre era così!»
La corte di Alcalá de Henares è piccola confrontata con quella di
Valladolid e Agnes pranza spesso con Tomás e gli altri nobili. Di lui
ha saputo che ha trentadue anni, sei più di lei, e che ha seguito
Ferdinando, rimanendogli accanto per lungo tempo. È tornato a
Madrid da poco, perché la madre stava morendo. Il padre, un
marchese proprietario terriero, è già morto da diversi anni.
Tomás ha combattuto nella guerra di Vienna contro i turchi e lì ha
conosciuto Gabriel.
«So che quando i turchi si sono ritirati hanno fatto diversi
prigionieri e volevano ucciderli, ma Gabriel è stato liberato da un
valente soldato che per questo ha perso la vita.»
«Era mio padre!»
«Vostro padre? Ma come è possibile?»
Agnes gli racconta tutta la sua storia e questo la rende ancora più
affascinante agli occhi di Tomás.
«Incredibile, la nipote di Frundsberg, un uomo che ho sempre
ammirato, e la figlia di un eroe!»
Con il passare dei giorni Agnes scopre che Tomás è stato tradito
dalla donna che amava mentre si trovava in Ungheria, per questo ha
chiesto all’imperatore di poter tornare in Spagna. Carlo gli ha ordinato
di proteggere le figlie, ponendolo a capo della loro scorta armata.
Nonostante l’altezza e la potenza fisica, Tomás ha un carattere
dolce, parla in tono basso e ama nello stesso modo combattere e
leggere. Quando scopre che anche Agnes ama la lettura le regala
alcuni dei suoi libri e poi ne discutono insieme.
Con lui Agnes riprende a cavalcare, a usare la spada, a partecipare
ai tornei. Tutti sanno che combatte come un uomo e non se la sentono
di fermarla, anche perché ha l’appoggio incondizionato di Tomás.
«Siete pronta per la prossima guerra» le dice lui ridendo, dopo
averla vista all’opera in una giostra.
«Pensate che sarei dovuta nascere maschio?»
«Per quanto riguarda me, vi preferisco femmina. Ma pensando alla
vostra vita… sì, forse avreste dovuto essere un maschio. Non è così
che vi hanno cresciuta a Mindelheim vostra madre e il comandante
Frundsberg?»
«Sì, ho la sfida e il combattimento nel sangue. Invece mi vedete qui,
dama di compagnia delle principesse, con vestiti che mi tengono
prigioniera.»
«Sono vestiti bellissimi. Vi autorizzo a metterne di più semplici solo
per le nostre cavalcate, e potete indossare l’armatura durante i tornei.
Anche quella vi dona.»
Agnes ride. «Ma se non si vede niente con l’armatura!»
«Io intuisco come siete dai vostri movimenti, non mi sottovalutate.»
Scherzano, chiacchierano, si allenano. Agnes ritrova la
spensieratezza e Tomás non ha il coraggio di dirle che è innamorato di
lei. Ha preso informazioni e ha saputo del suo grande amore per
Alejandro. Gli hanno detto anche che la storia è finita perché lui ha
sposato un’altra e ha avuto una figlia, ma per esperienza personale sa
che è difficile farsi amare quando nella coppia vive un fantasma.
Il matrimonio di Filippo

Alla fine del gennaio 1542 insieme a Carlo V , deciso a rimanere un


anno in Spagna per occuparsi dei suoi affari e del figlio Filippo,
tornano a corte anche Alejandro, Gabriel e Federico, che finalmente
può riabbracciare la moglie e la figlia. Maddalena è a Toledo, vuole
dimostrare ad Alejandro di essere una brava madre e lui scrive a Sofia
di trattenerla più che può.
Non sa quali siano le intenzioni di Maddalena, dal momento che i
suoi piani sono andati a monte. Forse sperava che il matrimonio e un
figlio gli avrebbero fatto dimenticare Agnes. In certi momenti pensa
che sia stupida a non comprendere come stiano veramente le cose.
Adesso si trova con una figlia che non vorrà portare a corte perché si
troverebbe in imbarazzo con un marito indifferente, nello stesso
tempo dubita che rinuncerà a raggiungerlo.
A corte Alejandro incontra anche Ricardo Morela, che si è fidanzato
con una ragazza di Madrid e presto si sposeranno, mentre Agnes si
trova ad Alcalá con le figlie dell’imperatore. Dunque i suoi sospetti
che fossero partiti insieme non erano giustificati, come gli fa notare
Federico, che poi commenta con la moglie: «Sai qualcosa della figlia di
Alejandro?».
«Sì. Leticia è una bella bambina, ma è come se fosse orfana…»
«Che vuoi dire?»
«Che Alejandro non la vuole vedere e Maddalena pensa solo a se
stessa, a rimettersi fisicamente per tornare a corte.»
«In quel caso lascerà Leticia a Toledo?»
«Credo di sì, almeno per il momento. L’ha già fatto per un periodo.
Io non la capisco. In questi mesi ho ascoltato tanti discorsi delle dame
a corte e tutte la giudicano malissimo. Sapevano che Alejandro e
Agnes erano legati e si aspettavano il loro matrimonio. Poi il duello, la
ferita di Alejandro, le nozze con Maddalena e la nascita di una
bambina… è difficile comprendere. Non ci riesce nessuno e neppure
io.»
«E neanche io. A meno che…»
«A meno che?»
«… la bambina non sia di un altro. Questo spiegherebbe molte cose.
La fretta di Maddalena di sposarsi e il mancato attaccamento di
entrambi alla piccola.»
«Ma di chi potrebbe essere figlia se non di Alejandro?»
«Non lo so. Ma sono stati insieme una sola notte… E credo che lei
abbia agito di astuzia, è talmente evidente che lui non è innamorato.»

Alejandro pensa spesso ad Agnes e ogni tanto si aggira intorno alle


scuderie dove si incontravano segretamente. Qui lo trova Federico.
«Sei infelice, vero?»
«Sì. Finché ero in battaglia o in viaggio non ci pensavo, ma qui tutto
mi ricorda lei. Inoltre vedo te e Flora così uniti… non si tratta di
invidia, è chiaro…»
«Certo, lo capisco. Vorresti che anche per te fosse così. Purtroppo,
adesso è difficile cambiare le cose. Hai una moglie e una figlia.
Quando tornerà Maddalena?»
«Presto, visto che sono qui. Nei prossimi giorni. Ma l’imperatore mi
ha chiesto di far parte della scorta di Filippo e quindi sarò molto
occupato! Ha deciso che al compimento del sedicesimo anno Filippo
dovrà sposare l’Infanta di Portogallo, Maria Emanuela di Aviz, figlia
di sua sorella Caterina d’Asburgo.»

Appena apprende la notizia del suo matrimonio, Filippo ne parla con


Ruy Gomez: «Mio padre ha deciso di farmi sposare la principessa del
Portogallo, la figlia di mia zia».
«Vostra cugina…»
«Già, ha una dote importante. So che per noi i matrimoni politici
sono necessari, ma ti invidio Ruy, tu potrai sposare la donna che
sceglierai.»
«Il Portogallo è una delle nazioni più ricche d’Europa, inoltre gli
spagnoli vedono di buon occhio una moglie portoghese. Che cosa vi
ha detto l’ambasciatore di Spagna a Lisbona?»
«Che Maria Emanuela è più alta della madre e di corporatura non
magra…»
«È grassa?»
«Ha solo detto che non è magra, ma ha un buon carattere ed è piena
di grazia. È elegante e danza benissimo. Avremo in comune l’amore
per la musica…»
Filippo si è dimostrato un ottimo reggente in assenza del padre, che
però lo ha messo in guardia su Ferdinando di Toledo, duca d’Alba,
uno dei suoi consiglieri. Gli spagnoli lo ammirano, è un vero
gentiluomo, elegante, pieno di fascino ma anche arrogante e
orgoglioso. I suoi soldati non hanno perso una battaglia e non lo
hanno mai tradito. Ferdinando ha molta influenza sulle persone che lo
circondano.
Carlo teme che possa tentare Filippo anche ricorrendo alle donne,
perciò ha esortato il figlio a non lasciarsi condizionare troppo, pur
consigliandolo di servirsi di lui negli affari esteri e nella guerra e di
rispettarlo, perché Ferdinando è l’uomo migliore nel regno.
«Sapete che si dice di lui?» chiede Ruy a Filippo, appena
l’argomento cade su Ferdinando. «Che per amore cavalcò
dall’Ungheria alla Spagna e tornò indietro durante la guerra turca.
Impiegò solo diciassette giorni per stare ventiquattr’ore con la giovane
moglie. Nessun uomo prima aveva percorso quel tragitto in così poco
tempo.»
Per la sua intelligenza, saggezza e gentilezza, Ruy è passato da
paggio a coppiere del principe, e non a caso quest’ultimo è portato a
credere più ai suoi consigli che a quelli di chiunque altro.

L’ambasciatore Luis Sarmiento de Mendoza va a Lisbona a firmare il


contratto matrimoniale tra Filippo e la principessa Maria Emanuela,
fissando le nozze al 14 novembre dell’anno successivo.
Qualche giorno prima delle nozze Maria Emanuela arriva in
Spagna con un lungo corteo che la condurrà a Salamanca. Ad
accoglierla a Badajoz c’è il duca d’Alba: il seguito della principessa è
composto da diversi cavalieri e dame portoghesi, oltre a decine di
servitori.
È nata a Coimbra nel 1527, quindi ha pochi mesi meno di Filippo.
Lui dovrebbe vederla solo il giorno del matrimonio ma non resiste alla
curiosità. Ad Aldeanueva del Camino si nasconde dietro un cespuglio
e può osservare la fidanzata seduta sul prato mentre fa merenda con
le sue damigelle. Ha un vestito rosso e una mantella dello stesso
colore, sul capo un cappellino bianco con una piuma.
Sta ridendo, e anche se effettivamente è una ragazza sovrappeso a
Filippo mette allegria e lo lascia con il desiderio di conoscerla al più
presto.
Il corteo entra a Salamanca e poi prosegue per le vie cittadine piene
di gente e illuminate da migliaia di torce. Sia Maria Emanuela che il
suo seguito sfoggiano vestiti molto eleganti e gioielli preziosi, come a
dimostrare l’immensa ricchezza di cui gode il Portogallo.
Il giorno dopo i due giovani si incontrano in chiesa per il
matrimonio e poi vengono organizzati tornei, corride, balli e lunghi
pranzi.
Filippo va a Tordesillas a presentare la moglie alla regina Giovanna
e si ferma a parlare con Manuela.
«Ditemi sinceramente come sta sua maestà.»
«Sta male per i crampi alle gambe e le ulcere. Il problema è che non
si muove, non può fare passeggiate, sempre chiusa qui dentro. Ogni
tanto al braccio di Denia arriva fino al monastero delle Clarisse per
assistere a una funzione religiosa, senza confessarsi o comunicarsi.»
«Soffro molto pensandola in queste condizioni. Ho intenzione di
metterle accanto un esperto medico, il gesuita Francesco Borgia. Spero
che possa aiutarla, nel corpo e nello spirito. Ma ditemi di voi.»
«Io sto bene. Posso uscire quando voglio ma lo faccio raramente,
perché mi dispiace lasciare la regina. Mi manca molto la mia
famiglia…»
«Ho saputo che vostra nipote Claudia ha compiuto sedici anni,
vorrei che venisse a corte come damigella di mia moglie.»
«Ne sarebbe davvero felice e vi ringrazio di questo pensiero. Le
scriverò questa sera stessa.»
«Non solo, mio padre mi ha raccomandato l’altro vostro nipote,
Alejandro, per la mia scorta personale.»
È un sollievo per Manuela sapere che Alejandro avrà modo di
allontanarsi da Maddalena. Sofia le ha raccontato tutto nelle sue
lettere e soffre sapendo che un ragazzo come lui debba essere infelice
perché è stato ingannato. Su questo anche lei non ha il minimo
dubbio. Ha conosciuto Maddalena e ha intuito immediatamente che
era una ragazza disposta a tutto pur di vedere esauditi i suoi desideri.
Per Giovanna è una gioia incontrare il nipote con la moglie. Fa
organizzare una festa nella fortezza e, nonostante non stia bene e
cammini con difficoltà, vuole danzare con loro.

Quando viene a sapere della sconfitta di Algeri, il re di Francia spera


di poter riprendere la lotta per Milano e per Napoli. L’assassinio di
due ambasciatori francesi in Italia gli fornisce il pretesto per una
nuova guerra.
Forma tre grandi armate comandate da Guillaume de Clèves,
Charles d’Orléans, il figlio preferito, e il delfino Enrico, che deve
riconquistare Perpignan.
L’imperatore è costretto a ripartire lasciando reggente in Spagna il
figlio Filippo. Il giorno di Natale del 1542 si separa dalle figlie ad
Alcalá de Henares e abbandona di nuovo con grande tristezza il suo
Paese.
Arrivato nelle Fiandre si occupa dei preparativi alla battaglia, i
lanzichenecchi sono arrivati nei Paesi Bassi, ha reclutato soldati tra i
Cavalieri di Malta, in Italia e Germania. Ha accresciuto i suoi fondi
attingendo al Portogallo, approfittando del matrimonio di Maria
Emanuela con il figlio. Alla fine il suo esercito, comandato da Ferrante
Gonzaga, conta tremila spagnoli, quattromila italiani, cinquecento
cavalieri, sedicimila lanzichenecchi e una potente artiglieria agli ordini
di Gian Giacomo de’ Medici. Punta alla Francia.
Prima Carlo decide di incontrare a Busseto papa Paolo III per avere
la sua alleanza.
«Anche noi vogliamo la pace» afferma il pontefice.
«Questo l’avete già detto tempo fa ed è solo una perdita di tempo.
Sapete che la flotta turca si è unita a quella francese.»
«Non ne abbiamo le prove.»
Carlo sa che il pontefice non si pronuncerà mai contro la Francia,
ma almeno ottiene l’appoggio di quattromila soldati italiani. Il papa
vuole assicurare Milano ai Farnese, adesso che la figlia naturale di
Carlo, Margherita, ha sposato suo nipote Ottavio.
Carlo si prende del tempo per decidere e chiede ancora una volta la
convocazione di un concilio a Trento.
Mentre risale verso il Nord, incontra uno dei suoi consiglieri, don
Diego Mendoza, ambasciatore a Venezia, che lo mette in guardia
verso la decisione di rinunciare a Milano: «Il mondo intero sa che solo
il papa vi ha messo in tutte le difficoltà del passato e del presente.
Quale sovrano vi ha recato maggior danno di lui? Anche i ciechi sono
in condizione di accorgersi che a lui si deve tutto il male che vi hanno
fatto i francesi e, di conseguenza, anche i turchi. Mio signore,
riprendetevi e rafforzate la vostra potenza e la vostra reputazione.
Dare quel principato a una figlia naturale, mentre sarebbe di tanta
importanza per il vostro unico figlio ed erede, è cosa che fa a pugni
con l’intelligenza».
Non è il solo a mettere in guardia Carlo nei confronti di Paolo III .
Sua sorella Eleonora, moglie del re di Francia, gli scrive che il
pontefice sta pensando solo alla famiglia e ha chiesto che il delfino di
Francia sposi Vittoria Farnese.
Eleonora aggiunge che questa soluzione non piace ai francesi, che
ne hanno abbastanza degli italiani con la presenza di Caterina de’
Medici. Inoltre Antoine de Granvelle, vescovo di Arras, fa sapere
all’imperatore che il papa, avvicinandosi ai francesi, sta commettendo
un grave torto nei suoi confronti: «Vi ricordo la violazione dei trattati
di Francesco I , la sua invasione della Savoia, l’amicizia dimostrata ai
luterani, l’alleanza con i turchi, l’arresto dell’arcivescovo di Valenza,
che ha fatto liberare solo in cambio di cospicui doni per la sua
favorita, la duchessa di Étampes, i suoi intrighi in Italia. E tutto questo
lo ha compiuto con l’appoggio del papa!».
Carlo organizza una Dieta a Spira, città scelta per avvicinarsi ai
domini di Ferdinando, suo fratello, da cui vuole farsi appoggiare nella
guerra contro i francesi. Il papa invia un cardinale con il compito di
fare da mediatore fra l’Impero e la Francia, ma in realtà per convincere
Carlo a cedere Milano o almeno la Savoia. Molti principi tedeschi
vorrebbero invece che il papa togliesse al re francese il titolo di
“cristianissimo”.
Infuriato, Carlo riceve il cardinale e suggerisce, solo per ottenere la
pace, che un figlio di Francesco I sposi un’arciduchessa milanese,
questo è il massimo che può concedere, e non significa assolutamente
che la Francia possa impossessarsi di Milano. Inoltre si dice stupefatto
del comportamento papale, ossequioso nei confronti di un Paese, la
Francia, amico dei turchi.
Dopo aver affermato che alla Dieta si occuperà lui stesso della
riforma della Chiesa e della lotta agli abusi, Carlo congeda il
cardinale.
Non vuole legati papali alla Dieta e fa rifiutare i passaporti ai
francesi. Francesco I manda un messaggio in cui afferma che romperà
l’alleanza con i turchi se Carlo gli restituirà Milano.
La Dieta inizia con molte difficoltà ma si conclude con l’accordo di
un grande contributo all’Impero contro i turchi: ventiquattromila fanti
e quattromila cavalli per sei mesi. In cambio l’imperatore fa delle
concessioni ai protestanti, valide solo fino al prossimo concilio.
L’assemblea non si è ancora conclusa che Ferrante Gonzaga porta i
suoi uomini a riconquistare il Lussemburgo. L’imperatore ordina che
le forze imperiali si riuniscano vicino Metz, da cui vuole avanzare
verso il ducato di Lorena, e poi verso la Marna.
Marcia alla testa dei soldati ma incontra subito le prime forti
resistenze. L’esercito francese è trincerato a metà strada tra il fiume e
Parigi e impedisce a Carlo di avanzare.
La capitale francese si sente minacciata dalla vicinanza degli
spagnoli, e molti cittadini fuggono. Alcuni temono che si ripeta il
massacro del Sacco di Roma. L’imperatore sta aspettando gli aiuti da
parte di Enrico VIII , che non arriveranno. Il re inglese ha preferito
conquistare Boulogne piuttosto che infilarsi in una guerra difficile e
rischiosa.
I francesi hanno distrutto i ponti che portano in città ed eliminato
ogni rifornimento di vino e cibo che potrebbe servire agli invasori, ma
il delfino Enrico arriva a Parigi troppo tardi e deve ritirarsi. L’altro
figlio del re, Charles, si dirige a Perpignan senza essere autorizzato e
abbandona l’obiettivo che gli aveva assegnato il padre, il Roussillon.
Anche la terza armata viene sconfitta. Il re si infuria con i figli e con i
suoi generali. Rimprovera il figlio cadetto per la sua ambizione,
mentre dovrebbe soltanto ubbidire agli ordini e non pensare alla
propria reputazione.
Con il suo esercito Carlo V riconquista tutte le città della Gheldria
prese da Francesco I . Per l’imperatore è un trionfo, mentre il re di
Francia ha perso la sua credibilità in Germania.
Carlo vorrebbe continuare la guerra ma la mancanza di denaro lo fa
desistere. È adesso che i francesi – con un esercito di quarantamila
uomini – riconquistano il Lussemburgo, e l’imperatore si prepara a
combattere di nuovo. Proprio quando si arriva al momento decisivo,
Francesco I si ammala e cede il comando al delfino.
I consiglieri di Carlo sono stupefatti dall’energia e vitalità del loro
imperatore, che combatte nonostante i terribili dolori dovuti alla gotta.
Lui vorrebbe marciare su Parigi ma gli manca il denaro per pagare i
soldati, fra i quali si diffonde il malcontento. Inoltre sta arrivando
l’inverno, le piogge rendono inaccessibili le strade.
I soldati cominciano a disertare, si disperdono nella campagna,
assaltano i villaggi. L’imperatore è costretto a ritirarsi. Il delfino di
Francia non lo insegue perché il padre gli ha ordinato di limitare le
perdite, di non rischiare e di evitare le trappole dell’avversario.
Per Carlo rimane il problema del Lussemburgo, ancora nelle mani
del nemico.
Dramma al battesimo

Il 18 settembre 1544, Carlo V e Francesco I firmano il trattato di Crépy


in cui si stabilisce un armistizio per le guerre che vengono combattute
da più di vent’anni in Italia. Entrambi i sovrani non hanno più le
risorse economiche per pagare i soldati.
La Francia ottiene il Piemonte dei Savoia e Carlo la Lombardia.
Inoltre il terzogenito del re di Francia, Charles d’Orléans, sposerà
Anna d’Austria, figlia di Ferdinando. L’imperatore, che in questo
periodo sta malissimo per la gotta, pensa con pessimismo a cosa
accadrebbe se il ragazzo morisse prima del matrimonio. Tutto il
trattato salterebbe.
Il delfino di Francia, Enrico, ritiene pericolosa questa intesa, tutta a
vantaggio di suo fratello, che sposerà la figlia di Ferdinando, re dei
Romani, e otterrà diversi ducati, oltre a quello d’Orléans. Lo scopo
dell’imperatore, ne è certo, è di legare Charles agli Asburgo contro di
lui.
Francesco lo rassicura: «Non dovete preoccuparvi, la mia
intenzione è di rispettare solo la clausola del matrimonio, nient’altro.
Voglio riprendere agli inglesi Boulogne e Calais».
Illudendosi sulla pace tra i due imperi, Eleonora torna nelle Fiandre
per riabbracciare il fratello. Con lei c’è il delfino Enrico, con un grande
seguito, e perfino l’amante del re, la duchessa d’Étampes.
Carlo la raggiunge a Mons a ottobre e arriva anche l’altra sorella,
Maria d’Ungheria, oltre agli arciduchi Massimiliano e Federico, il
genero Ottavio Farnese, il viceré di Sicilia, generali e cavalieri,
cardinali e sacerdoti. Si riuniscono tutti a Bruxelles e festeggiano per
tre giorni con feste e balli.
Tornata a Parigi, Eleonora si rende conto che il marito si occupa
sempre meno di politica. È stanco e malato. Ha perso il gusto per
guerre e conflitti, mentre è aumentato il desiderio di vino e cibo. I
medici diagnosticano un ascesso nelle parti basse che impedisce al re
di Francia di avere rapporti intimi con le sue amanti.
Caterina de’ Medici sta acquistando potere nel cuore del re, che la
preferisce alla moglie e alla favorita, Madame d’Étampes. Eleonora
soffre per l’indifferenza del marito, innamorato di Diana di Poitiers, e
per la sua sterilità, diagnosticata dai medici, che le fa disperare di dare
un figlio maschio alla Francia.
Contro le loro previsioni nel 1544 dà alla luce un bambino,
Francesco.

A distanza di quattro anni dalla nascita di Dorotea, Federico e la


moglie Flora hanno avuto un secondo figlio, Francisco. Il battesimo si
svolge in una chiesa di Valladolid. Sofia è arrivata da Toledo insieme a
Claudia, che poi rimarrà a corte. Ci sono Gabriel, Alejandro e
Maddalena, molti nobili e dame di corte.
Uscendo dalla chiesa Pilar, rimasta fuori durante la funzione,
chiama Maddalena da parte.
«Il vestito che indossi è mio. L’ho cucito io.»
«Ma cosa dite? Questo abito l’ho fatto fare proprio qui in città.»
«No e te lo dimostro.» Pilar si china per alzare un lembo dell’orlo in
cui appaiono le sue iniziali. «Vedi? Firmo sempre le mie creazioni. E ti
dico che cosa è successo. Rafael mi ha sottratto il vestito per
regalartelo. Il fatto che tu lo indossi dimostra che vi siete visti, quindi
mi hai mentito. Hai intenzione adesso di dirmi che cosa è successo?»
Alejandro vede la scena da lontano e si avvicina alla moglie.
«Ah, signora Pilar. Lasci stare mia moglie, non vede che c’è una
cerimonia? Si allontani per favore.»
Gabriel arriva inferocito e prende Pilar per un braccio: «Che cosa
vuoi ancora dalla mia famiglia? Vattene o chiamo le guardie!».
Pilar sorride e si svincola dalla presa: «Le guardie le chiamerò io,
vedrai!».
Alla fine del ricevimento, Maddalena chiede a Flora di poterle
parlare.
«Hai visto che cosa è successo?»
«Sì, te lo avrei chiesto. Perché ti ha alzato il vestito?»
«Ti dirò la verità ma poi stringeremo un patto. Io non parlerò mai
del tuo passato e tu non rivelerai a nessuno ciò che saprai.»
«Va bene.»
«Negli anni passati penso di aver illuso Rafael, il figlio di Pilar. Lo
facevo solo per ingelosire Alejandro, ma non è servito a niente. Lui
continuava ad amare Agnes. Ho fatto credere a Rafael che volevo
vendicarmi di certe cattiverie che mi faceva la tedesca e gli ho chiesto
di aiutarmi. È venuto a Valladolid di sua iniziativa e mi ha invitata a
cena. Era un amico e ho accettato. Siamo saliti nella sua camera perché
mi aveva portato un regalo, questo vestito. Me l’ha fatto indossare e
poi mi ha sbattuta sul letto e mi ha violentata.»
«Dio mio!»
«Io ho preso la lampada a olio e l’ho colpito al capo. L’ho ucciso.»
«Maddalena!»
L’orrore apparso nell’espressione di Flora innervosisce la cugina,
che afferma con forza: «Ho fatto quello che hai fatto tu…».
«Sì, ti capisco ma… ti ha visto qualcuno nella locanda?»
«Avevo la mantella che mi copriva anche i capelli. Poi hanno
scoperto il corpo e quando Pilar è venuta qui a cercare il figlio mi ha
chiesto se l’avessi visto e le ho detto di no. Subito dopo l’ha
riconosciuto all’obitorio e ora sospetta che l’abbia ucciso io.»
«Quella donna è capace di farti arrestare.»
«Ho un’idea, ma mi serve il tuo aiuto. Potresti andare da lei a dirle
che un giorno, a Toledo, eri entrata nell’atelier per comprare un abito
mentre lei non c’era. C’era però Rafael, al quale avevi indicato il
vestito e lasciato anche un acconto. Lui ha portato l’abito a Valladolid
per riscuotere il resto dei soldi all’insaputa della madre, facendotelo
pagare molto più del giusto. Poi, non potendolo indossare al
battesimo, perché sei ancora grossa per la gravidanza, l’hai prestato a
me.»
Flora sospira, non le piace mentire ma teme la reazione di
Maddalena. Adesso ha capito che è capace di fare qualsiasi cosa per
salvarsi, anche accusarla di aver ucciso suo marito a Roma.
Due giorni dopo va nella locanda in cui risiede Pilar e le racconta
tutta la storia concordata con sua cugina. La donna ascolta
attentamente e poi si mostra scettica.
«Quindi Maddalena non avrebbe incontrato mio figlio?»
«No. L’ho incontrato io solo per farmi dare il vestito.»
«Perché non me lo avete detto prima?»
«Temevo che sospettaste di me…»
«Se non sbaglio, in quei giorni eravate prossima al parto… come
potrei sospettare di voi? Quello che credo è che questa non sia la
verità. Maddalena vi ha chiesto di darmi una versione diversa di ciò
che è successo. Il vestito era per lei! Conosco mio figlio, non mi
avrebbe sottratto un abito per venderlo e ricavare di più, ma per
regalarlo a Maddalena!»
«Vi sbagliate.»
Flora sta per lasciare la locanda quando Pilar la ferma: «Un
momento… nella stanza di mio figlio non hanno trovato il denaro che
gli avete dato per il pagamento del vestito e neppure i documenti».
«Ecco, vedete? Questa è la spiegazione. Evidentemente qualcuno
l’ha visto prendere i soldi da me e l’ha seguito. Poi l’ha ucciso per
derubarlo.»
Flora se ne va lasciando Pilar piena di dubbi e di sospetti. La sera
Maddalena le chiede notizie della sua spedizione:
«Ho fatto come mi hai detto. Le ho riferito tutto, ma non mi
sembrava convinta. Comunque, credo che adesso se ne tornerà a
Toledo e ti lascerà in pace. Però dimmi un’ultima cosa… Tua figlia è
nata di sette mesi…»
Maddalena si aspettava questa domanda prima o poi.
«Sì, è figlia di Rafael. Questo è il motivo per cui, almeno per ora,
non riesco ad attaccarmi a lei.»
«Posso capirlo ma ricordati che è anche figlia tua e non puoi
trattarla con freddezza, non ha nessuno, ha bisogno di te.» Flora
riflette sulla situazione della cugina e poi chiede: «Ti rendi conto che
hai ingannato quel povero ragazzo?».
«Cosa dovevo fare? Dire a tutti che ero stata stuprata e avevo ucciso
il mio aggressore? O passare per quella che va con il primo che
incontra e che poi l’abbandona incinta?»
No, Flora sa che Maddalena non l’avrebbe mai fatto, a differenza di
lei che avrebbe probabilmente scelto questa soluzione, senza essere la
causa dell’infelicità di qualcun altro. La stupisce che la cugina sia
convinta che prima o poi le cose si metteranno a posto, che Alejandro
comincerà ad amarla. Come si può essere tanto ingenui o tanto
confidenti nelle proprie possibilità?
Le vengono in mente degli episodi di quando erano bambine a
Roma e il pomeriggio, dopo lo studio, passavano molto tempo
insieme a giocare.
Erano entrambe figlie uniche e Flora andava a casa di Maddalena
perché aveva dei genitori affettuosi e accoglienti. Pensava che la
cugina fosse più fortunata di lei a vivere in un clima rilassato e sereno.
La madre le accompagnava a fare una passeggiata fino al Tevere o
andavano insieme al mercato. Anche il padre era simpatico e le
chiedeva spesso di rimanere a cena. Il suo, invece, era aggressivo e la
madre succube della sua prepotenza.
Maddalena era divertente, inventava giochi e divertimenti ma Flora
si era accorta che a volte imbrogliava. Diceva anche molte bugie, che
lei scopriva per caso e che le facevano venire dei dubbi sulla sua
intelligenza. Perché dirle che la madre le aveva comprato un vestito
nuovo se non era vero? Perché inventare l’assunzione di una nuova
cameriera?
Flora pensava che lo facesse per vantarsi della situazione
economica dei genitori, che invece non era floridissima. Ma perché
una bambina di otto anni avrebbe dovuto mentire alla cugina di dieci
che al denaro o alla condizione sociale non dava alcuna importanza?
Una volta una domestica aveva detto a Flora che la cugina non era
in casa e invece più tardi lei l’aveva vista scendere in strada ad
accompagnare un’amichetta.
Ricorda moltissimi episodi a cui non pensava da tempo. Dopo il
Sacco di Roma e la morte di sua madre a causa della peste, il padre
l’aveva portata nella loro casa in campagna e quando era tornata la
famiglia di Maddalena, compresa lei, non c’era più. Tutti pensavano
che la bambina fosse morta, come i genitori.
Nei giardini dell’Alcázar de Toro, dove si sono trasferite le principesse
Maria e Giovanna, Tomás chiede ad Agnes di sposarlo e lei si
sorprende a rispondere subito di sì.
Pensava di non riuscire più ad amare dopo aver perso Alejandro,
pensava che con nessuno avrebbe avuto la stessa intesa, la
condivisione di interessi e passioni, pensava che non avrebbe più
desiderato un corpo maschile, come era accaduto con lui. Ma Tomás è
un uomo, a differenza di Alejandro, ha già avuto diverse storie
sentimentali e il suo modo di fare è esperto, sicuro, senza essere
sfrontato.
Tomás è un cavaliere meraviglioso e diverse volte, vedendolo nei
tornei, Agnes è rimasta incantata dalla sua eleganza, dalla temerarietà,
dalla risolutezza. È alto, ha occhi neri ridenti e la battuta pronta. Non
l’ha mai visto corrucciato o infastidito. Riesce a trasmetterle serenità e
fiducia nel futuro.
Rispondergli di sì è la logica conseguenza del tempo passato
insieme, delle chiacchiere fitte fitte, degli sguardi da lontano.
La prima volta che fanno l’amore è per Agnes la prima in assoluto:
chiude gli occhi e quando li riapre vede lo sguardo di Tomás
emozionato che la fissa, sorprendendosi di non vedere quello di
Alejandro. Per tanto tempo aveva sognato quel momento insieme a
lui, e adesso trovare un altro volto accanto al suo inizialmente la
disorienta, ma poi le braccia forti dell’uomo la stringono a sé e lei non
pensa più a niente.
La mattina dopo Agnes si sveglia accanto a Tomás e sorride.
«Sai, è la prima volta che ti vedo sorridere davvero, con
convinzione, senza pensieri che ti offuschino lo sguardo. Hai sempre
avuto un’ombra di infelicità negli occhi.»
«Sono stata infelice da quando mi hanno portata via da mia madre,
tredici anni fa.»
«Da allora non sei più tornata in Baviera?»
«No. Vorrei andare a visitare la sua tomba, ma non ho ancora avuto
il coraggio di rivedere i luoghi dove sono stata perfettamente felice.»
«E da allora non ci sono stati momenti di felicità?»
«Sì, qualcuno. Quando a Toledo cavalcavo con Alejandro. Le nostre
conversazioni a corte. Quando ho vinto la giostra e tutti pensavano
che fossi un ragazzo, o quando l’imperatrice Isabella mi ha voluto
come sua dama. I molti momenti passati con lei. Poi tutto è finito.»
«Pensi ancora ad Alejandro?»
«Mentirei se dicessi di no… ma adesso è sposato e ha anche una
figlia. Piano piano riuscirò a conservare solo i bei ricordi di quando
eravamo ragazzini e niente più.»
«Questo mi rassicura… Sai, pensavo che mi avresti detto di no…
credevo che fossi ancora innamorata di lui.»
«No. Amo te.»
Il matrimonio si svolge durante l’estate del 1544 con tutta la piccola
corte di Giovanna e di Maria che va ad assistere, e poi le principesse
organizzano un banchetto per gli sposi.
«Sono davvero felice per voi, Agnes» le dice Maria quando
rimangono sole. «Dopo la brutta avventura che mi avete raccontato,
questo amore doveva arrivare per rendervi felice e voi sapete quanto
io stimi e voglia bene a Tomás, il mio miglior cavaliere.»
Il fatto che sia il miglior cavaliere della corte non fa piacere ad
Agnes, che ogni giorno teme che una guerra costringa l’imperatore a
chiamarlo con sé.
Nasce don Carlos

L’8 luglio 1545 nasce il primo figlio di Filippo, Carlos. Dopo aver
partorito il suo unico maschio, Maria Emanuela sta male, ha la febbre
altissima e le convulsioni. Il bambino ha una leggera deformità
craniale dovuta, probabilmente, alle manipolazioni dei medici al
momento della nascita. Questo problema viene messo da parte per le
condizioni gravi in cui versa Maria Emanuela.
Claudia, la sua damigella, ne parla con Alejandro, incaricato della
scorta di Filippo.
«È così giovane! Non voglio che muoia!»
«I medici ci hanno dato poche speranze… Ha la febbre altissima e
una forte emorragia.»
Tre giorni dopo Maria Emanuela muore. Filippo è devastato dalla
sua scomparsa, si chiude nel monastero di Abrojo e non vuole ricevere
nessuno. Ripensa alle lettere che gli scriveva il padre in cui lo pregava
di essere più affettuoso in pubblico con la moglie. Si sente in colpa per
non averlo fatto. Quando l’ha sposata lei aveva solo diciassette anni,
troppo giovane e inesperta per lui, abituato all’amore di Isabel Osorio.
Sono in molti a dubitare che amasse veramente la moglie, visto che
da tempo si parlava di una sua relazione con la bellissima dama di
corte. Isabel ha origini nobili ma è rimasta orfana giovanissima ed è
stata allevata dallo zio. È stata dama di compagnia dell’imperatrice, e
alla sua morte è passata al seguito della figlia Maria. Proprio nella
reggia di Toro, dove si trovava anche il giovanissimo Filippo, è
iniziata la loro relazione.
Carlo riceve lettere dai consiglieri del figlio ed è molto preoccupato
per le voci che riguardano Filippo e Isabel, ma anche lui in questi
giorni, mentre si trova a Ratisbona, cede alla bellezza della
diciannovenne Barbara Blomberg.
Barbara, che ha capelli biondi e occhi scuri, è la primogenita di un
maestro sellaio e incontra l’imperatore nel maggio del 1546, mentre lui
sta tentando ancora una volta di risolvere il conflitto tra cattolici e
protestanti. In realtà, disperando di trovare una soluzione, Carlo ha
organizzato una Dieta per confondere i protestanti, mentre prepara
una guerra contro di loro.
Barbara riesce a distrarlo e Carlo vive con lei una breve e passionale
relazione. Senza sapere che la ragazza è rimasta incinta, l’imperatore
lascia Ratisbona e va a Roma dove, nella Basilica di Sant’Eustachio, si
svolge il battesimo di Alessandro, uno dei gemelli partoriti da sua
figlia Margherita l’anno prima. L’altro è morto pochi giorni dopo la
nascita.

Come Carlo aveva previsto nel più buio degli incubi, il duca
d’Orléans, terzogenito del re Francesco I , muore e la Francia pretende
Milano.
Il delfino Enrico da qualche tempo si era riconciliato con il fratello
ed era andato con lui a Boulogne-sur-Mer assediata dagli inglesi.
Erano arrivati il 4 settembre al campo del re, tra Abbeville e
Montreuil, proprio nel momento in cui la regione era infestata dalla
peste. Poiché il suo appartamento non gli piaceva, Charles aveva
scelto una casa dove alcune persone erano appena morte per la
terribile epidemia.
Enrico lo aveva messo in guardia del pericolo e lui aveva risposto
ridendo: «Non è mai accaduto che un figlio della Francia sia morto di
peste».
Si era poi sdraiato su un letto infetto e aveva iniziato una battaglia a
cuscinate con i suoi compagni. La forte febbre era subentrata quasi
subito e i soldati avevano impedito al delfino di assisterlo per timore
del contagio. Era stato permesso solo al padre di salutarlo e quando il
figlio preferito aveva chiuso gli occhi per sempre era caduto a terra
svenuto.
Diverse persone sostengono che il delfino abbia fatto avvelenare il
fratello, ma non osano dire nulla assistendo al dolore incontenibile del
re.
L’astio di Francesco nei confronti di Enrico aumenta. Critica la
fedeltà assoluta alla sua amante Diana di Poitiers e le umiliazioni che
riserva a Caterina de’ Medici. Lui ammira l’italiana e non vorrebbe
vederla soffrire, mentre considera Diana un’intrigante e teme che il
figlio si lasci condizionare da lei.
Una sera, durante una cena con gli amici, Enrico fa l’elenco delle
persone che vuole accanto quando sarà re. Fra queste c’è Anne de
Montmorency, che Francesco I ha allontanato nel 1541 perché non
condivideva le sue idee su una rappacificazione con l’imperatore.
Alcune parole del delfino, alle quali si aggiungono insulti verso il
padre, vengono riferite al re da una spia. Francesco corre a casa del
figlio ma non lo trova. Vede i resti della cena e rovescia tutto in terra,
gettando piatti e bicchieri contro i servi, tanto che alcuni di essi
fuggono dalla finestra.
Enrico non si fa vedere per un mese.
Carlo V torna in Germania perché i principi protestanti del Sacro
Romano Impero – che hanno affermato la propria autonomia sia sul
piano religioso, sia su quello politico, costituendo la Lega di
Smalcalda – gli hanno chiesto il riconoscimento ufficiale della loro
posizione. L’imperatore ottiene l’appoggio di Maurizio di Sassonia,
della casa di Wettin, cugino dell’Elettore di Sassonia Giovanni
Federico, per radunare un esercito. Inaspettatamente trova un alleato
imprevedibile: Martin Lutero.
Il riformatore continua a vivere a Wittenberg, mangiando e
bevendo troppo, circondato dai suoi discepoli. Ha perso molta della
sua credibilità quando ha permesso a Filippo d’Assia di essere
bigamo, non vedendovi alcuna offesa verso Dio.
La lega che si sta formando contro l’imperatore è ostile a tutti i suoi
principi, così decide di riunire i fedeli a favore del sovrano contro gli
altri aderenti alla Riforma. I tedeschi luterani sono disorientati, non
sanno da che parte schierarsi.
Intanto il concilio tanto voluto negli anni passati da Carlo V
dovrebbe riunirsi a Trento, città scelta dal papa perché a metà strada
tra l’Italia e la Germania. Ma l’imperatore pensa che sarà difficile far
accettare agli eretici le decisioni del concilio, prima bisogna batterli.
Scrive al figlio che gli occorre altro denaro. Filippo non sa che fare,
non può chiedere consiglio al duca d’Alba perché si trova con suo
padre e così si consulta con il fedele Ruy Gomez.
«Mio padre mi chiede denaro ma la nostra situazione è disastrosa.
Non posso pagare neppure i vestiti alle mie sorelle! Quando gli ho
risposto che non è possibile mi ha suggerito una serie di prestiti
forzosi imposti a mercanti e nobili.»
«Vostro padre ha ragione. Vi farete dare tutto l’oro e l’argento!»
Alla fine ciò che riesce a raccogliere non è molto, perché le monete
preziose sono state ben nascoste dagli spagnoli che non vogliono
privarsene.

L’imperatore apprende la notizia della morte di Martin Lutero,


avvenuta il 10 novembre 1546. Gli riferiscono che negli ultimi tempi,
malato di ulcera, il riformatore era diventato irascibile e petulante,
perfino triviale, ma non aveva mai rinnegato le sue idee in campo
religioso.
Poiché in questo momento Carlo non deve affrontare la minaccia
dei turchi, decide di concentrarsi sulla lotta ai luterani tedeschi.
I conflitti tra i due principali esponenti della casa di Sassonia, il
principe elettore Giovanni Federico e suo cugino Maurizio, gli
forniscono l’occasione per agire.
Maurizio si è avvicinato all’Impero e, appoggiato da re Ferdinando,
invade i territori del cugino. Giovanni Federico riesce a respingerlo,
ma Carlo V entra in Germania alla testa delle sue truppe e conquista
Ulma e il ducato di Württemberg. La guerra imminente lo costringe a
chiamare presso di sé i migliori uomini. Federico, Gabriel e Alejandro,
insieme ad altri cavalieri, lasciano la Spagna per raggiungerlo.
Il duca d’Alba gli comunica che è morto Enrico VIII d’Inghilterra:
«Era obeso, pesava centottanta chili! Soffriva di gotta e diabete».
Negli stessi giorni Carlo viene anche a sapere che dalla relazione
con Barbara Blomberg è nato un figlio, Giovanni. Ordina che il
bambino venga cresciuto da una famiglia in Spagna con il nome di
Geronimo. Quando sarà più grande, deciderà cosa fare di lui.
Due mesi dopo è sempre il duca d’Alba a dare la notizia
all’imperatore dell’imminente morte di Francesco I . Il re di Francia,
che aveva cinquantadue anni, tornando da una battuta di caccia si è
sentito male e ha dovuto fermarsi a Rambouillet, non riuscendo a
raggiungere Parigi.
«So che la sua malattia era di origine sessuale…» aggiunge il duca
d’Alba.
«Così pare. Ma ha continuato a prendere decisioni, a legiferare, a
presiedere il Consiglio di Stato anche con la febbre alta. È stato un
grande re, anche se ho trovato in lui il mio peggior nemico.»
«Adesso avremo Enrico.»
«Adesso avremo Diana di Poitiers, vorrete dire!»
Eleonora viene a sapere della morte del marito due giorni dopo,
senza che qualcuno l’abbia avvertita dell’aggravarsi della sua
malattia. Avverte Caterina de’ Medici, che si lascia andare a terra
singhiozzando. Negli ultimi tempi è stata sempre al fianco di
Francesco I , ma sa che appena il marito Enrico salirà al trono sarà la
sua amante Diana di Poitiers a comandare. A lei rimane il ruolo di
consorte reale e madre dei figli del re.
Madame d’Étampes va a parlare con Eleonora dopo il funerale.
«Enrico mi caccerà via perché mi ritiene la maggiore responsabile del
trattato di Crépy, che secondo lui è vergognoso e umiliante!»
Eleonora cerca di consolarla ma sa che non è solo Enrico a non
volerla a corte, nel tempo l’arroganza e l’ambizione le hanno
procurato solo nemici. La prima a perseguitarla è proprio Diana di
Poitiers, che qualche giorno dopo fa intentare contro di lei un processo
per aver favorito l’imperatore Carlo V . Anne è costretta a restituire
tutti i doni che le ha fatto il re – compreso il titolo di duchessa
d’Étampes, che passa a Diana – e viene bandita dalla corte.
Eleonora si ritira sei settimane in convento e riflette sui suoi
sentimenti verso il marito. È stata trascurata, tradita fin dal primo
momento, eppure era affezionata al re. A sostenerla negli ultimi anni
era stato un gruppetto di amici, alcuni parenti di Francesco e la
speranza di rivedere prima o poi la figlia, che ha dovuto abbandonare
piccola in Portogallo.
«Visto che stanno morendo tutti i nostri nemici» confida Carlo al
duca d’Alba, «ritengo che la cosa migliore, a questo punto, sia pensare
a noi. Voglio che il primo figlio di mio fratello Ferdinando sposi mia
figlia Maria per rinforzare il legame fra gli Asburgo di Spagna e quelli
d’Austria. Scriverò a Ferdinando per capire che cosa ne pensa.»
Ferdinando è sposato dal 1521 con Anna Jagellone, che gli ha dato
quindici figli. Il 24 gennaio 1547 la donna partorisce l’ultima bambina
nel castello di Praga e tre giorni dopo viene colta da una febbre
fortissima che la porta alla morte.
Il funerale è una lunga processione. Anna non ha mai amato la
mondanità, e ha vissuto in modo riservato, pensando solo ai suoi figli
e occupandosi dei poveri e dei bisognosi. E adesso in molti parlano di
lei lodando le sue qualità, la socievolezza unita alla sobrietà, la
gentilezza e la generosità. Ferdinando non l’ha mai tradita e alla sua
morte decide di non prendere più moglie.
Il primogenito, Massimiliano, è nato a Vienna e ha trascorso la sua
infanzia con i genitori a Innsbruck. Coltissimo, conosce il tedesco, il
francese, il latino, lo spagnolo, l’italiano e l’ungherese. È stato
influenzato dalle idee religiose di uno dei suoi insegnanti, un luterano
allontanato qualche anno dopo, quando ormai la fede protestante
aveva però convinto il ragazzo.
L’imperatore Carlo, per distoglierlo dall’eresia, lo porta a
diciassette anni a combattere nella guerra contro la Lega di Smalcalda.
Agnes è di nuovo sola

A corte Claudia ha fatto amicizia con Ruy Gomez, il consigliere di


Filippo, con cui si intrattiene spesso a chiacchierare.
«Voi pensate come gli altri che il re ami Isabel de Osorio?»
«Claudia… questa storia dura da parecchio tempo. Isabel è stata la
damigella dell’imperatrice, poi è passata con le principesse ed è stato
allora che Filippo l’ha conosciuta. Naturalmente, adesso che è rimasto
solo la relazione è più importante.»
«Quindi tradiva la moglie…»
«Non credo che Filippo abbia mai amato Maria Emanuela…»
«Siete crudele!»
«No, realista. Filippo è un bell’uomo e la moglie stava diventando
obesa. E poi credo che non avessero molti rapporti sessuali…»
«Va bene, cambiamo discorso.»
Ruy ride. Claudia gli piace anche perché appare ingenua e pura nel
modo di comportarsi, ma questa innocenza nasconde qualcosa che lui
intuisce nello sguardo. Inoltre ha una bellezza conturbante, superiore
a quella di tutte le donne che si trovano a corte o che Ruy abbia
incontrato nei suoi viaggi.
Claudia ha ripreso i lineamenti delicati di Octavia, i suoi occhi blu e
i capelli biondi. Il carattere è quello del padre: impulsivo, passionale,
audace fino all’incoscienza. È fermamente decisa a non seguire il
destino della madre, che ha voluto a tutti i costi un uomo che non
l’avrebbe mai amata. Anche senza sapere che nel suo cuore c’era
Greta, la guerriera conosciuta durante una battaglia, non poteva non
accorgersi che se Nicolò la sposava era solo per ubbidire alla
granduchessa Margherita.
Lei ammira l’intelligenza di Ruy, il suo spirito brillante, l’ironia in
privato e l’estrema serietà nel trattare gli affari di Stato. Per il re la sua
presenza è indispensabile, solo con lui si confida e lo vuole sempre
accanto. Se iniziasse una relazione con il segretario generale di
Filippo, lo vedrebbe pochissimo. Ma a questo sul momento non vuole
pensare.
Si incontrano spesso stando attenti a non farsi notare. La corte è
pericolosa quando si tratta di relazioni sentimentali o solo di amicizie
speciali. Una dama deve essere gentile con tutti i corteggiatori ma non
legarsi, se non al fine di sposarsi. Non è però lei a scegliere il marito e
Claudia riflette a lungo su quella che considera una tragedia: dover
passare la vita giorno dopo giorno accanto a un uomo che non si ama
e che a volte si detesta.
Parlano a lungo la sera in giardino o escono dal palazzo per una
cavalcata. Claudia ha sempre ammirato i bravi cavalieri, coloro che
fanno dell’equitazione un’arte e non solo un divertimento. Ruy sta
molto attento al suo cavallo, spesso lo striglia e lo cura personalmente.
Insegna a Claudia a fare altrettanto.
«Cavalcando si è in due, non bisogna dimenticarlo» le dice. «Il
cavaliere spesso deve adattarsi al cavallo, non può accadere il
contrario. Ermes è andaluso, viene utilizzato nelle corride per il suo
coraggio, ma ha anche un portamento nobile ed elegante.»
«La coda e la criniera sono molto lunghe…»
«Sì, è la loro caratteristica e bisogna averne molta cura. Spesso li
faccio intrecciare in modo che non si arruffino.»
Claudia ride: «Come faccio io con i miei capelli…».
«Mi piacerebbe vederli sciolti…»
Lei gli prende una mano e se la porta sulla testa: «Scioglieteli voi».
Ruy, senza lasciare con lo sguardo i suoi occhi, comincia a sfilare
nastri e forcine, finché i capelli biondi e folti non cadono sulle spalle. È
un momento d’incanto e Claudia vorrebbe che non finisse mai. Ruy le
chiede di cavalcare così, con i capelli al vento.
«Quando torneremo farete in tempo a rifarvi la treccia.»

Prima che Federico lasci la Spagna per unirsi all’imperatore, temendo


che possa accadergli qualcosa, Flora decide di rivelargli il suo segreto.
Gli racconta tutto quello che riguarda il rapporto fra Maddalena e
Alejandro, l’omicidio della cugina e il suo incontro con Pilar.
«Sei andato da quella donna a mentirle?» Federico è esterrefatto.
«Mi meraviglio di te!»
«Lo so, ho fatto male… ma non potevo negare un aiuto a mia
cugina… in fondo ho mentito solo sul vestito!»
«Sì, ma lei ti ha detto di aver ucciso Rafael. È un’assassina!»
«Se per questo anche io…»
«Scusami. Capisco le reazioni di entrambe. Quando un uomo
diventa violento…» Federico ammutolisce perché pensa alle
conseguenze del racconto della moglie: probabilmente Leticia è figlia
di Rafael. «Quella ragazza è un mostro!» dichiara. «Non voglio che la
frequenti!»
«Mi sono resa conto anche io che è cattiva, ma proprio per questo
devo stare attenta. Sarebbe capace di denunciarmi se la accusassi.»
«È vero, ma non possiamo tacere. Alejandro deve sapere la verità
per potersi liberare da un legame che lo rende infelice. Tu stai
tranquilla, non farò il tuo nome. Inventerò qualcosa.»
Federico, Gabriel e Alejandro si uniscono all’esercito
dell’imperatore che, alla testa delle sue truppe, si dirige verso
Mühlberg per scontrarsi direttamente con l’Elettore di Sassonia
Giovanni Federico, che dispone di un maggior numero di soldati.
L’Elettore sbaglia quando decide di separare le proprie forze
lasciandone un buon numero in Boemia e altre a presidio di città
sguarnite, immaginando che gli imperiali arrivino da sud. Giovanni
Federico marcia verso nord accampandosi presso la cittadina di
Mühlberg e lasciando solo poche truppe sulla sponda dell’Elba, un
corso d’acqua così ampio che a suo parere l’esercito nemico non potrà
attraversarlo.
Carlo V raggiunge il fiume e, nonostante i suoi generali sconsiglino
di attaccare, cerca una maniera per attraversarlo. Aiutati dalla
sorpresa e dalla fitta nebbia, piccoli gruppi di veterani spagnoli e
italiani riescono a passare, eliminando i presidi sassoni a guardia della
sponda.
Intanto il duca d’Alba, che comanda l’esercito, manda un gruppo di
esperti combattenti lombardi e napoletani a individuare un guado per
il resto dei soldati. Nel momento in cui il passaggio viene trovato,
Carlo V incita le sue truppe allo scontro con le armate protestanti, poi
assiste alla battaglia dalle retrovie, su una barella, perché la gotta non
gli permette di camminare.
Il combattimento comincia verso sera: l’esercito sassone, composto
in prevalenza di contadini, riesce a respingere i primi assalti.
L’imperatore ha disposto la sua cavalleria sulle due ali: quella destra,
più pesante, posta sotto il comando del duca d’Alba, la sinistra invece
guidata da Maurizio di Sassonia.
Fra i cavalieri comandati dal duca d’Alba, oltre a Gabriel, Alejandro
e Federico, c’è anche Tomás, il marito di Agnes. Prima della battaglia
Alejandro l’ha individuato e Federico gli ha chiesto di non pensare a
lui e concentrarsi nell’attacco. Ma durante l’attacco Tomás viene
disarcionato e ferito. Alejandro, rischiando di essere catturato, riesce a
portare il corpo dell’uomo lontano dalle linee nemiche e ad assisterlo.
Tomás perde molto sangue dal collo e riesce appena a parlare.
«Perché avete cercato di salvarmi la vita?» chiede con un filo di
voce.
«L’avrei fatto per chiunque, ma non parlate adesso.»
«Vi prego… una sola cosa… Agnes aspetta un bambino…»
Alejandro sente una fitta allo stomaco.
«Sono contento per voi.»
«No, io non tornerò… ma lei… vi prego non lasciatela sola…»
Alejandro tiene la mano sul collo di Tomás cercando inutilmente di
impedire al sangue di uscire. L’uomo muore dissanguato.
Federico raggiunge Alejandro. «Vieni via, qui è pericoloso!»
«Era il marito di Agnes…»
«Lo so. Ne parleremo dopo, adesso vieni via!»
Una volta sbaragliate le ali dell’esercito sassone, i Tercios di fanteria,
posti al centro, attaccano il nemico, che inizia la fuga attraverso la
foresta. L’Elettore di Sassonia, ferito al volto, viene catturato, mentre i
suoi soldati sono inseguiti e uccisi.
A Giovanni Federico viene risparmiata la vita in cambio della
piazzaforte di Wittenberg, ma è condannato alla prigionia a vita come
eretico. Carlo concede al suo alleato Maurizio il controllo sul
principato di Sassonia.
Dopo la battaglia Federico si avvicina ad Alejandro.
«Sei stato eroico… mi congratulo con te.»
«Adesso Agnes è rimasta vedova…»
«Già. A questo proposito devo assolutamente parlarti.»
«Cosa c’è?»
«So che Pilar aveva lasciato un messaggio in cui avrebbe
ricompensato chiunque le avesse dato notizie del figlio. Bene, io ho
decuplicato quella somma ed è venuto un servitore che lavora a corte
a parlarmi. Mi ha detto di non essersi fatto avanti perché è sposato ed
era lì quella sera con una prostituta. Mi ha anche detto di aver
riconosciuto Maddalena entrare nella stanza di Rafael.»
«Quindi è stata lei a ucciderlo… ma perché?»
«Lui ha sentito anche un urlo e poi dei gemiti soffocati ma non è
andato ad aiutarla. Di questo si è pentito quando ha saputo che il
ragazzo era stato ucciso.»
«Probabilmente Rafael l’ha aggredita, forse violentata. A Toledo
non la lasciava mai con lo sguardo, la perseguitava, era innamorato di
lei.»
«Sai cosa vuol dire questo? Che forse la bambina non è tua ma di
Rafael… Mia moglie mi ha confessato una cosa prima che partissi. Si
vergogna di dirtelo personalmente ma sa che Maddalena voleva
assolutamente venire a letto con te due mesi dopo la scomparsa di
Rafael. Io sospetto che volesse farti credere di essere il padre di suo
figlio. Leticia non è nata prematura?»
«Sì! Dentro di me sentivo che quella bambina non era mia…»
«Che intenzioni hai?»
«Parlerò con Maddalena quando torneremo in Spagna.»

Il 10 giugno 1547 Enrico II viene incoronato re di Francia e sua moglie,


Caterina de’ Medici, regina. Come prima cosa il sovrano fa richiamare
Anne de Montmorency dal suo esilio a Chantilly perché organizzi
insieme a lui il governo del regno, restituendogli tutti i favori.
«Vi ringrazio, maestà. So che avete perorato più volte la mia causa
con vostro padre.»
«Inutilmente, purtroppo. Non ho ottenuto altro che la sua
irritazione nei miei confronti.»
«Francesco non condivideva la mia idea di una pace con Carlo V …»
«Neanche io la condivido. Odio gli spagnoli! Ma ammiro la vostra
volontà di mettere innanzi a tutto il bene dello Stato.»
Montmorency ha cinquantaquattro anni, è un uomo franco e
ostinato, profondamente fedele al regno di Francia, potrà compensare
l’orgoglio e l’ambizione di Enrico.
Insieme decidono la composizione del nuovo governo, eliminando i
personaggi scomodi che Francesco aveva raccomandato al figlio sul
letto di morte. Inoltre, Enrico si avvicina al papa perché lo aiuti a
riprendere Milano.
Ferrante Gonzaga, che governa la città, comunica a Carlo che Paolo
III ha donato i ducati di Parma e Piacenza al figlio Pier Luigi,
nonostante lui li avesse chiesti per Ottavio e Margherita.
«Non mi piace quello che sta facendo questo papa. So che si sta
avvicinando alla Francia» commenta l’imperatore.
«Se lo abbiamo così vicino alle nostre frontiere milanesi saremo in
pericolo.»
Carlo afferma che anche Pier Luigi si è alleato con la Francia e
approva quello che il governatore suggerisce.
Con alcune famiglie piacentine Carlo organizza una congiura
contro Pier Luigi Farnese. Non vuole che ci siano vittime, tuttavia il 19
settembre 1547 Pier Luigi viene assassinato a pugnalate nel suo studio
a Piacenza da tre congiurati che poi appendono il suo cadavere a un
balcone e infine lo gettano tra la folla.
Nonostante questo, Parma rimane fedele ai Farnese. Paolo III riceve
la notizia della morte del figlio mentre si trova a Perugia e fa in modo
che Piacenza sia restituita a Ottavio, che viene incoronato duca nella
cattedrale.
Margherita si schiera dalla parte del marito pensando al bene del
figlio Alessandro, mentre Ferrante Gonzaga occupa Piacenza.
Il papa gli attribuisce l’omicidio del figlio e fa tacere le voci che
parlano dell’imperatore come mandante.
Alejandro caccia Maddalena

Quando Claudia viene a sapere della morte di Tomás, parte per Toro.
Vuole stare vicino ad Agnes finché non avrà il bambino. La conosce
abbastanza da sapere che non la troverà in lacrime, la sorellastra è la
donna più forte che abbia mai conosciuto.
Come immaginava, Agnes è nella scuderia a strigliare il suo
cavallo, non a letto a piangere. Dopo essersi abbracciate, Agnes
afferma con rammarico che la gravidanza le impedisce di cavalcare.
«Sai, per me il cavallo è benefico, quando galoppo in campagna i
pensieri tristi svaniscono. Ma adesso devo tenermeli.»
«Hai anche un pensiero positivo, fortunatamente. Il bambino che
sta per nascere.»
«E che non avrà un padre.»
«Mi dispiace così tanto. Ero felice quando vi siete sposati! Credevo
che finalmente avresti dimenticato Alejandro e saresti stata serena.»
«Be’ la serenità non è un sentimento che mi appartiene. Posso
essere felice o triste, amareggiata o rabbiosa, mai serena. E poi non ho
dimenticato Alejandro, e credo che non lo dimenticherò mai. È il mio
primo amore. Certo, ho amato Tomás, ma era diverso. Sono stata
fortunata ad avere accanto un uomo come lui, anche se per poco.»
Claudia osserva Agnes con il ventre ingrossato e le sembra una
stranezza. L’ha sempre vista come una via di mezzo tra una ragazza e
un ragazzo, alta, i fianchi stretti, i capelli corti. La sua vitalità, i modi a
volte bruschi, la bravura a cavallo e nei tornei sono l’opposto della
calma morbidezza di una gravidanza.
Nonostante per gli estranei Agnes sia sempre uguale a se stessa,
imperturbabile e distaccata, Claudia ha imparato con il tempo a
leggerle le emozioni nello sguardo.
Sono entrambe molto belle ma di una bellezza diversa. Claudia è
identica alla madre Octavia, non molto alta, le curve dolci, un viso
delicato dalla pelle bianchissima. Agnes ha preso dalla madre l’altezza
e il corpo asciutto e forte, gli occhi azzurro chiaro. Nessuna delle due
ha qualcosa del padre, Nicolò, se non l’intraprendenza, l’impulsività,
il coraggio.

Claudia assiste al parto della sorellastra e si stupisce nel vederla con


gli occhi chiusi, concentratissima e le labbra serrate che non lasciano
sfuggire un lamento. La sera è già in piedi con il bambino in braccio.
«Come lo chiamerai?»
«Damián… era uno dei nomi preferiti da Tomás, se avessimo avuto
un maschio.»
Le principesse Maria e Giovanna organizzano un grande
ricevimento per festeggiare la nascita del bambino, ma Claudia nota
che Agnes se ne andrebbe volentieri a letto. Non le piacciono le feste e
le occasioni in cui deve rispondere a tante persone insieme. È una
solitaria, un po’ selvatica, lontana dalla gente quando non le interessa,
persa in un mondo suo dove protagonisti sono i cavalli e la natura.
Non possiede nulla perché non si attacca alle cose, porta abiti
femminili solo perché è obbligata a farlo. È difficile sfiorare il suo
cuore già ferito troppe volte: la madre, il padre, Alejandro e Tomás.
Claudia non teme che si spezzi perché Agnes ha un dominio di sé
fenomenale, ma ha paura che agisca d’impulso, come ha già fatto, e
sparisca. Per fortuna adesso c’è Damián, una radice troppo forte
perché possa essere strappata.
I giorni seguenti sono tranquilli e le sorelle parlano a lungo, oppure
stanno una accanto all’altra con un libro in mano.
«Devo confessarti una cosa…» annuncia Claudia. «Conosci Ruy
Gomez?»
«Il coppiere del re che è diventato il suo più caro amico?»
«Penso di essermi innamorata di lui…»
«Quanti anni ha?»
«Ventisette. Sette più del principe, quindi sette più di me, che sono
coetanea di Filippo.»
«Dimmi qualcosa di lui.»
«Fin da quando Filippo era piccolo, sono stati insieme. Era il suo
paggio preferito. Studiavano, andavano a caccia, leggevano. Ruy era
bravo in tutto e Filippo voleva imitarlo. Credo che sia stata un’ottima
guida per lui e un vero confidente.»
«E poi?»
«È un nobile portoghese, il secondo figlio di don Francisco de Silva,
Signore di Ulme e Chamusca. È venuto in Spagna per entrare nella
scorta dell’Infanta Maria Emanuela di Portogallo. È rimasto alla sua
corte, e da quando è nato Filippo è sempre insieme a lui. Era il suo
paggio, ma studiavano insieme, imparavano a cavalcare e a usare le
armi. È un uomo molto affascinante e gentile…»
«Ti corteggia?»
«Sì… cerca sempre di incontrarmi, passeggiamo, andiamo a
cavallo…»
«Sei talmente bella, Claudia, che qualsiasi uomo a corte vorrebbe
passeggiare con te!» afferma Agnes con entusiasmo.
«Mi conosci da tanto e sai quanto io sia difficile. Non mi è mai
piaciuto nessuno, non ho mai accettato un invito. Questa è la prima
volta.»
Ad Agnes vengono in mente i racconti sulla madre di Claudia.
Anche lei era così bella che a corte ogni uomo le sospirava dietro, ma
la stessa granduchessa Margherita si era stupita che la sua pupilla non
desse retta a nessuno. Finché non era arrivato Nicolò. Da quel
momento Octavia l’aveva amato. L’uomo che le aveva dato una figlia
senza saperlo e l’aveva abbandonata senza rimpianti per Greta.
Ancora una volta Agnes si chiede come mai Claudia non abbia alcun
risentimento nei suoi confronti, sapendo che è la figlia della rivale di
sua madre.
«Stai pensando a mia madre?» le chiede Claudia, intuendo il
parallelo che sta facendo.
«Sì…»
«Le cose andranno diversamente. Penso di essere anch’io una
donna per un unico uomo, ma nel caso che avessi una relazione con
Ruy non mi toglierei la vita per lui.»
«Lo so.»

Come ha deciso, appena arrivato a Valladolid Alejandro cerca la


moglie per un chiarimento.
«Ascoltami bene. Un testimone di cui non ti dirò il nome ti ha
notata nella taverna entrare e uscire dalla stanza di Rafael la notte che
è stato ucciso.»
«Io non…»
«Lo so con certezza, quindi non mentirmi!»
Maddalena non l’ha mai visto così. Alejandro si trattiene, ma lei
sente che sarebbe pronto a colpirla. L’odio che prova nei suoi
confronti gli riempie lo sguardo, le mani serrate una nell’altra.
«Mi ha chiesto di cenare con lui. Ho accettato perché eravamo
amici. Ha voluto che salissi in camera perché intendeva regalarmi un
vestito. Me lo ha fatto provare e poi mi ha aggredita. Mi ha gettata sul
letto tappandomi la bocca e mi ha violentata. Per questo l’ho colpito e
sono fuggita.»
«Il famoso vestito…»
«Sì, ho chiesto a Flora di mentire per me. Avevo paura che Pilar mi
accusasse.»
«Ora ti dico che cosa ho deciso. Ti accuserò di omicidio, a meno che
tu non mi dica la verità. Leticia è di Rafael?»
«Non lo faresti mai!»
«Tu credi?»
L’espressione dura di Alejandro convince Maddalena a dirgli come
sono andate le cose.
«L’ho fatto perché ti amavo… e ti amo.»
«Questo si chiama amore? Mi hai separato da Agnes, l’unica donna
di cui sono stato innamorato… Hai fatto in modo che credessi al suo
tradimento con Ricardo Morela…»
«Non è tutta colpa mia… Gabriel mi ha aiutata!»
«Gabriel?»
«Sì.»
Maddalena riferisce come Gabriel abbia pagato i debiti di un
giocatore perché facesse credere a Ricardo di non essere indifferente
alla donna che amava.
«Chi ha scritto il biglietto con la firma di Agnes?»
«Io…»
«Non mi stupisce il comportamento di Gabriel. È capace di tutto
quando vuole raggiungere un risultato. Adesso lascerai la corte e
tornerai a Toledo a occuparti della tua bambina. Prendi carta e penna,
voglio che scrivi la verità sia a Sofia che a Pilar. Noi divorzieremo. Io
non voglio vederti mai più!»
«Ma cosa spiegherò a Flora… agli altri…»
«Che pensino quello che vogliono. Presto si dimenticheranno di te.»
Appena Alejandro lascia la stanza, Flora si precipita dalla cugina,
che intanto ha iniziato a preparare i bagagli.
«Che cosa è successo? Stai partendo?»
Maddalena ha il viso rigato di lacrime e si lascia abbracciare da
Flora.
«Vado via per sempre. Alejandro ha scoperto tutto e vuole il
divorzio!»
«Ma come ha fatto?»
«Sembra che ci sia un testimone che mi ha vista entrare e uscire
dalla stanza di Rafael nella locanda. Qualcuno l’ha pagato per farlo
parlare. Credo che sia stata Pilar.»
«E la bambina?»
«Adesso si trova da Sofia, a Toledo. Spero che accolga anche me.»
«Lo farà, vedrai. Sofia è molto generosa.»
«Non so se lo sarà anche in questo caso.»
«Verrò a trovarti…» mente Flora.
Maddalena se ne accorge e abbracciandola le chiede: «Non ci
vedremo più, è vero?».
Flora sa che Federico non le permetterà di incontrarla quando
andranno a Toledo per far conoscere a Sofia i loro bambini.
Inoltre, per lei non prova più affetto, solo compassione. Ha
manipolato tutti rendendo Alejandro e Agnes due innamorati infelici.

Prima di andare a Toledo Maddalena si ferma a Madrid dove cerca un


lavoro. Dorme in una locanda e ogni giorno entra nelle taverne a
chiedere se serva una cameriera, ma riceve solo risposte negative.
Dopo un mese arriva a Toledo e Sofia le comunica che Pilar è venuta a
prendere Leticia.
«Ma è mia figlia!» protesta Maddalena.
«Ho dovuto dirle che è anche figlia di Rafael e quindi è suo diritto
tenerla, visto che tu non te ne occupi.»
Maddalena si siede sulla panchina mentre Sofia rimane in piedi.
«Rafael mi ha violentata… ma a Alejandro non interessa. Mi ha
cacciata dalla corte.»
«Comunque qui non puoi stare, perché mio figlio mi ha proibito di
ospitarti. Mi dispiace» le dice seccamente Sofia.
«Neanche qualche giorno? Non so dove andare…»
«Peggio per te. Che cosa speravi? Che accogliessi a braccia aperte la
donna che ha reso Alejandro infelice? Che gli ha impedito di sposare
la donna che amava?»
Maddalena lascia il palazzo e, con il poco denaro che ha portato con
sé, prende una stanza in una locanda. Ripensa a quello che è successo
e cerca di capire che cosa sta provando.
Non si è mai legata alla sua bambina e per quanto le dispiaccia non
vederla più il pensiero non la fa soffrire troppo. Soffre invece per la
separazione da Alejandro e per il futuro nero che vede davanti a sé.
Forse sarebbe stato meglio che Nicolò non l’avesse portata via da
Roma, lì prima o poi avrebbe trovato qualcuno che si sarebbe
occupato di lei.
Anche l’orfanotrofio in cui voleva lasciarla prima che lei si gettasse
a terra fingendo una crisi epilettica sarebbe stata una soluzione.
Avrebbe imparato un mestiere, si sarebbe sposata e avrebbe avuto una
famiglia normale. Adesso invece è sola, odiata da tutti, non sa fare
niente e si chiede come trovare il denaro per mantenersi.
Non pensa spesso ai genitori. I giorni in cui sono morti entrambi
fanno parte di una storia dell’orrore che ha voluto dimenticare, ma
adesso li ricorda perché cerca nella loro morte, e nel dolore che ne
dovrebbe conseguire, una giustificazione per se stessa. Come può una
bambina di dieci anni crescere normalmente dopo aver visto la madre
morire di peste e il padre gettarsi dalla finestra?
Sentendosi acquietata riprende le forze e va nella sartoria di Pilar.
«Che cosa vuoi qui?»
«Voglio vedere la mia bambina.»
«In questo momento si trova a casa mia con una donna che mi
aiuta. Sta dormendo, e a parte questo non te la farò vedere mai!»
«Perché? È mia figlia.»
«È anche figlia di Rafael. Quindi mia nipote. Adesso che mio figlio
è morto, non mi rimane che lei.»
«Vi ho scritto quello che è successo…»
«Che lui ti avrebbe aggredita? Non ci crederò mai! Conosco bene
mio figlio e so che non ne sarebbe stato capace. Tu lo insidiavi, gli
avrai chiesto il vestito e di raggiungerti a Valladolid per fare qualcosa
di sconsiderato…»
«Che cosa?»
«Questo non lo so ma sicuramente lui avrà rifiutato e tu per rabbia
lo hai colpito.»
«No! E certo non gli avrei ordinato un vestito… questo è ridicolo!
Ne ho abbastanza di miei…»
Pilar guarda la piccola borsa da viaggio che Maddalena ha con sé:
«E dove sono? Lì dentro?».
«Quando ho abbandonato il palazzo sono rimasta un mese a
Madrid. Cercavo un lavoro… Ho lasciato le mie cose in una locanda…
tornerò a prenderle.»
«Quindi non ti sei precipitata qui a vedere tua figlia!»
«L’avrei fatto quando mi fossi sistemata.»
«Ma non hai trovato niente…»
«Non ancora. Ma lo troverò, siatene sicura.»
«Il vestito non conta. Potrebbe anche avertelo regalato, in questo
riconosco mio figlio, ma la violenza no, proprio no!»
«Vi giuro che è andata così!»
«Perché saresti salita nella sua stanza? Certo lui non ti ha trascinata
per i capelli in una locanda! Basta con queste chiacchiere, è tutto
inutile, non ti credo. Non ti voglio a casa mia!»
«E la bambina?»
«La bambina la terrò io. È mia nipote. Non posso lasciarla nelle
mani di un’assassina. Tu non la vedrai più e se proverai a venire da
queste parti ti farò arrestare e racconterò tutto alle guardie. E adesso
lascia la mia bottega e non farti più vedere.»
Maddalena è esausta e non ha voglia di combattere per vedere una
figlia che non ama. Cede e si trova a scongiurare: «Vi prego… solo
qualche giorno. Non so dove andare né cosa fare…».
«Ti consiglio di provare in un’altra città. Qui nessuno ti vuole.»
Agnes rivede Alejandro

Mentre si trova in Germania, inquieto per l’instabilità dei territori e la


propria malandata salute, Carlo vuole che il figlio lo raggiunga. Invia
il duca d’Alba a prenderlo ma prima di partire Filippo convoca le
cortes a Valladolid per discutere argomenti importanti di carattere
finanziario e annunciare la sua partenza. I castigliani protestano ma
non possono fare nulla contro la decisione dell’imperatore.
L’arciduca Massimiliano arriva da Vienna per sposare Maria, la
sorella di Filippo, e assumere la reggenza del regno durante l’assenza
dell’imperatore e del figlio.
Stupito, Filippo parla del matrimonio con Ruy Gomez: «Mi chiedo
perché mio padre abbia preso questa decisione. È evidente che mio
cugino è un eretico. Non provo alcuna simpatia per lui, siamo troppo
diversi. Ho sempre ammirato suo padre, Ferdinando, per la fede
incrollabile nel cattolicesimo e la scelta di condurre una vita parca e
senza fronzoli».
Anche Massimiliano non prova simpatia per il re e per la Spagna, la
propensione verso il protestantesimo non gli fa condividere l’acceso
cattolicesimo di quel popolo. Segue ancora gli insegnamenti del suo
precettore Wolfgang Schiefer, un luterano, e del suo cappellano,
Johann Sebastian Pfauser, che gli ha sempre chiesto di non credere
pedissequamente ai dogmi cattolici ma di riflettere sui Vangeli. Per
questo l’arciduca non partecipa all’eucaristia e rifiuta di venerare i
santi, attirandosi le ire paterne e dell’imperatore.
Dopo la cerimonia nuziale, alla corte di Valladolid iniziano i
festeggiamenti con banchetti, balli e tornei. Durante uno dei
ricevimenti arriva Fernando Álvarez de Toledo, il duca d’Alba, a
ordinare – per conto di Carlo V – la sostituzione dei costumi del
protocollo castigliano con quello borgognone: un cerimoniale fastoso e
caro.
Secondo il padre, Filippo deve abituarsi ai nuovi usi prima di
giungere nelle Fiandre. Lui non ne è affatto contento, poiché ama
l’austerità e la riservatezza. Ma gli ordini dell’imperatore non si
discutono.

È alla cerimonia di nozze che si rivedono Alejandro e Agnes. Lei


arriva con il piccolo Damián. Ci sono anche Federico con Flora e
naturalmente Gabriel e Claudia.
«Per un periodo gli sposi vivranno qui… perché non rimani anche
tu con Damián?» chiede Claudia ad Agnes.
«No… non credo di potere.»
«Perché?»
Mentendo, Agnes afferma che la corte di Toro è più adatta a lei e
suo figlio. Poi cambia discorso: «Come sta Sofia? Non si sentirà sola
adesso che siamo tutti qui?».
«Alejandro va spesso a trovarla e lei a Toledo ha molti amici. Ha
ripreso a dipingere…»
«Davvero? Lo faceva anche da piccola, me lo ha raccontato.»
«Sì, e poi ha lasciato perdere… ma adesso è diventata una vera
passione. Agacia, Gonzalo e Felicia la accudiscono con affetto. Ormai
sono diventati una famiglia per lei.»
Alejandro si avvicina alle ragazze e Claudia fa qualche passo per
allontanarsi.
«Volevo salutarti» dice ad Agnes senza guardarla in faccia.
Lei invece lo abbraccia. «Aspettavo l’occasione per ringraziarti. Mi
hanno raccontato che nella battaglia di Mühlberg hai cercato di
salvare mio marito. Ti sei messo in pericolo…»
«Era mio dovere. L’avrei fatto per qualunque altro cavaliere
dell’imperatore.»
«Sì, lo so… ma lo hai fatto per lui e te ne sono grata.»
Agnes rimane qualche istante senza parole e neppure lui sa che
cosa dire.
Poi arriva Federico: «Agnes, mio figlio sta giocando con il tuo.
Dobbiamo trovare il modo di farli incontrare più spesso!».
«Certo!»
«Sai che l’imperatore porterà Filippo in Germania?»
«Quando?»
«Subito dopo il matrimonio. Carlo vuole che conosca alcuni dei
suoi futuri sudditi. Passerà per l’Italia e raggiungerà la Germania
attraverso le Alpi, poi andrà anche nei Paesi Bassi.»
«Chi governerà in Spagna?» chiede Alejandro.
«Carlo lascerà Massimiliano e la figlia come reggenti.»
Mentre Federico parla con entrambi dei progetti dell’imperatore,
Agnes e Alejandro si studiano di nascosto. Lui sente il frastuono farsi
lontano e cerca negli occhi di lei la luce del passato, senza trovarla.
Agnes è gelida, ma solo perché ha imparato a controllare le proprie
emozioni. Basterebbe forse una parola in più da parte di Alejandro, un
sospiro sfuggito al suo amor proprio, la ricerca esplicita del perdono,
per farla cedere. E allora un suo sorriso accorcerebbe le distanze.
Federico si rende conto di ciò che sta accadendo e continua a
parlare, non volendo che i due si dividano. Ha tanto sperato in questa
occasione, nel loro incontro dopo la morte del marito di Agnes e
dell’atto eroico e generoso di Alejandro, ma l’orgoglio di lei è un’arma
potente contro l’amore e dopo qualche minuto Agnes trova una scusa
e si allontana.
«Non tornerà mai da me!» afferma deluso Alejandro.
«Non puoi dirlo. Adesso è troppo presto. Ha un bambino piccolo
che le ricorda il marito ogni minuto. Non essere impaziente, ma non
disperare.»
«Che devo fare?»
«Ricordati che la colpa è stata tua…»
Alejandro non pensa di avere qualche responsabilità nella
separazione da Agnes. È stato ingannato, non poteva immaginare che
l’incontro con Ricardo Morela fosse stato architettato da Maddalena e
Gabriel. Guarda Federico e si accorge della sua espressione, lo
disapprova.
«Tu che avresti fatto al posto mio?»
«Le avrei parlato, l’avrei costretta a dirmi la verità. Tu invece hai
creduto alle voci, a Rafael, a Gabriel, a Maddalena… tre bugiardi.»
Alejandro riflette qualche istante. Federico è l’uomo più onesto e
rigoroso che abbia conosciuto, perché non si è rivolto a lui quando
aveva dei dubbi? Perché non gli ha chiesto consiglio, invece di sfidare
in duello colui che riteneva un rivale?
«Hai ragione. È stata la rabbia a farmi agire… Sono troppo
impulsivo, vorrei avere il tuo controllo.»
«Il mio controllo… Anche io l’ho perso quando avrei dovuto stare
molto attento.»
«A cosa ti riferisci?»
«Non dovevo tradire la fiducia che Gabriel aveva in me.»
«A Malines…»
«Sì, alla corte di Malines. Tu eri piccolo… Gabriel aveva una
relazione con Matilde Miolans, una ragazza perfida e invidiosa di
Octavia. Quando Gabriel ha scoperto che il marito di Octavia aveva
un’altra famiglia in Germania l’ha detto solo a me. Gli ho giurato di
mantenere il silenzio, invece…»
«L’hai detto a Matilde!»
«Sì. Lei era bravissima a stuzzicarti e farti cedere. Gabriel l’aveva
lasciata… Lei mi ha fatto bere ed è venuta a letto con me. In
quell’occasione io ho parlato.»
«L’alcol ti aveva fatto perdere il controllo. Non è tutta colpa tua.»
«Lei è riuscita a farlo sapere a Octavia, che si è uccisa. Continui a
non darmi la colpa?»
«Non ha fatto lo stesso Maddalena con me?»
«Questo che cosa vuol dire? Che noi maschi perdiamo il controllo
quando una donna lo decide? Siamo marionette nelle mani di alcune
di loro? Io mi vergogno di quello che ho fatto.»
«Quindi dovrei vergognarmi anche io…»
«Vorrei solo che ci riflettessi.»

Filippo confida a Ruy Gomez che lasciare la Spagna lo impensierisce:


«Non sono abituato a viaggiare, sono diverso da mio padre. Lui è
stato ovunque».
«È il momento di farlo. Vedrete, sarete ospitato in dimore
bellissime!»
«Sì, ma dimentichi la fatica del viaggio, il brutto tempo, il mare
mosso… e poi non potrò portarmi dietro tutte le mie cose…»
«Io so la vera ragione per cui non volete partire.»
Ruy non teme che il re lo redarguisca per il commento, è il suo
confidente e sa tutto della relazione con Isabel Osorio. Diverse volte
ha aiutato Filippo a vedere l’amante senza suscitare uno scandalo,
eppure sembra che tutti a corte ne siano al corrente.
«Già, sarà dura separarmi da Isabel!»
«Dovete stare attento, a corte si parla molto della vostra relazione.»
«Non mi importa. La amo profondamente e non posso
nasconderlo.»
«Io penso che vostro padre vi voglia allontanare anche per
questo…»
«Lo credo anch’io, ma non servirà. Ci scriveremo e torneremo
insieme quando rientrerò in Spagna.»
«E se l’imperatore vorrà che vi sposiate? Non con lei,
naturalmente!»
«Mi porrò il problema quando si presenterà.»
Filippo lascia la corte il 2 ottobre con Ruy Gomez e il duca d’Alba,
oltre a moltissimi nobili, sacerdoti e musicisti. Si ferma a Barcellona
per salutare colei che considera la sua seconda madre, donna Estefania
de Requeséns, la governante che si è presa cura di lui dopo la morte
dell’imperatrice Isabella.
«Lei è l’unica che mi ha trattato sempre come una persona e non
come il re» commenta.

Lo sbarco delle navi condotte da Andrea Doria avviene a Savona il 23


novembre e Filippo è accolto da fastosi ricevimenti organizzati dalla
famiglia Spinola e dai banchieri genovesi.
A Genova è ospite per due settimane di Andrea Doria e quando
infine lascia la città nevica e fa molto freddo. Passano per Alessandria
e Pavia e arrivano a Milano, dove si ripetono le feste e i balli.
Qui il governatore Ferrante Gonzaga organizza un grande torneo
per il nuovo anno e Filippo ha modo di conoscere personalmente
Tiziano, uno dei pittori che ammira di più. Arriva poi a Trento, la città
scelta per il concilio, dove ogni notte viene organizzato un banchetto.
Filippo si sente osservato dalla mattina alla sera, tutti vogliono
conoscere il figlio dell’imperatore e rimangono delusi. Parla poco e a
voce così bassa che è difficile udirlo. Mentre attraversa la città le
donne si sbracciano dalle finestre per salutarlo, ma lui non fa neanche
un cenno con il capo.
Con il suo seguito entra a Monaco, rimanendo impressionato
dall’eleganza della popolazione, la pulizia delle strade, i magnifici
boschi che circondano la città, dove può andare a caccia. Infine, fa il
suo ingresso trionfale a Bruxelles: cinquantamila persone si sono
riunite per acclamarlo.
Nel palazzo reale lo aspettano le sorelle di Carlo, Eleonora e Maria,
e finalmente dopo sei anni rivede il padre.
Filippo rimane a Bruxelles tre mesi ma si trova a disagio nella corte
delle Fiandre. Si mostra altero e affettato, sorride raramente. Inoltre,
non potendo parlare le lingue, comunica in un latino altezzoso e in un
incerto francese. Non ama i divertimenti a cui sono abituati i nordici e
il gran consumo di birra che fanno. È disgustato dai banchetti in cui si
mangia esageratamente e si canta fino a tarda notte.
I nobili fanno i paragoni con il padre, che è sempre stato socievole e
contento di partecipare a balli e pranzi, che scherza, mangia e beve più
di loro. I consiglieri suggeriscono a Filippo di sforzarsi di essere
amabile, di assistere, quantomeno, ai tornei, e provare a bere birra.
I suoi compagni preferiti sono il principe Guglielmo d’Orange e il
conte Lamoral di Egmont, che lentamente riescono a fargli
abbandonare l’aria austera che gli procura solo antipatie. Grazie a loro
Filippo fa la conoscenza di tutti i giovani destinati a importanti ruoli
politici. Comincia anche a interessarsi alle donne, soprattutto alla
duchessa di Lorena. Nonostante sia malato, Carlo lo convoca ogni
giorno nel suo ufficio per discutere dei problemi del regno.
Il 12 luglio Carlo parte con il figlio per visitare le province. Filippo
viene ricevuto con tutti gli onori e riceve il giuramento di fedeltà.
Infine tornano a Bruxelles, dove Maria di Ungheria ha organizzato
diversi intrattenimenti nel palazzo di Binche.
La governatrice ha trasformato il vecchio castello in uno dei più
sontuosi palazzi rinascimentali del Nord Europa. Filippo è
impressionato dal lusso e l’eleganza dei suoi appartamenti e comincia
a prendere gusto nel partecipare ai tornei e alle feste mascherate.
Dopo aver visitato anche le città del Nord, torna con l’imperatore a
Bruxelles per il carnevale del 1550.
Filippo torna in Spagna

Il 31 maggio 1550, prima della partenza per Asburgo, dove si terrà la


Dieta imperiale, Filippo saluta gli amici in un banchetto che dura tutta
la notte.
A luglio inizia la riunione con i delegati della Dieta, a cui Carlo
intende chiedere aiuto contro la minaccia di un’invasione turca.
Filippo trascorre quasi un anno in Germania e finalmente Tiziano
accetta il suo invito ad Asburgo per realizzare una serie di pitture
mitologiche.
L’artista veneziano termina anche il ritratto del principe – con
indosso la sua armatura e la mano sull’elmo –, che diventa il suo
preferito.
Carlo vuole fare del figlio il suo erede, sia dell’Impero che della
Spagna, per questo chiede al fratello Ferdinando di acconsentire.
Ferdinando non ha mai dimenticato il dolore provato da giovane,
quando fu costretto proprio da Carlo ad abbandonare la Spagna,
perciò risponde di no.
«Vostro figlio Filippo non avrà l’Impero finché vivo io e dopo di me
c’è mio figlio Massimiliano.»
Il litigio feroce crea un vuoto tra i due fratelli, che non si rivolgono
più la parola. Poiché Carlo soffre terribilmente a causa della gotta,
lascia la contesa nelle mani della sorella Maria. È lei, con la sua
saggezza, a cercare una soluzione.
Alla morte di Carlo il fratello diventerà imperatore come richiede
ogni regola dinastica, ma a sua volta Ferdinando sosterrà il nipote
Filippo nell’elezione a re dei Romani. Dopo la morte di Ferdinando
sarà Filippo a condurre l’Impero, ma farà eleggere Massimiliano re dei
Romani.
Ferdinando non ci sta e chiede l’aiuto di un potente principe
tedesco, Maurizio di Sassonia, che aizza le città della Germania contro
Carlo V . Ai tedeschi l’idea di un imperatore tutto spagnolo di
educazione e mentalità non può andare bene. Maurizio porta dalla
sua parte i principi luterani: quando lo viene a sapere, il re di Francia,
Enrico II , conclude proprio con loro il trattato di Friedewald. In
cambio i luterani voteranno per lui alle nuove elezioni imperiali.
Enrico vuole anche occupare alcune città della Lorena, Cambrai,
Verdun, Metz e Toul, e si allea con Maurizio.
Nell’estate 1551 Filippo comincia il viaggio di ritorno passando per
Trento, dove sono ripresi i lavori del concilio dopo la morte del papa
Paolo III e l’elezione di Giulio II .
Il concilio inizia con la condanna della tesi luterana della
giustificazione per sola fede. Secondo i riformatori, l’uomo ottiene la
salvezza anche per le buone opere compiute. Cattolici e protestanti
capiscono subito che non riusciranno a trovare un accordo. Secondo
Lutero la rivelazione divina si trova solo nelle Sacre Scritture, mentre i
cattolici considerano fondamentale l’interpretazione che ne danno il
clero e il papa.
I protestanti riconoscono solo due sacramenti, battesimo ed
eucaristia, mentre i cattolici ribadiscono che i sacramenti sono sette. A
favore delle critiche luterane si decide che i sacerdoti possano
riscuotere redditi solo se risiedono nelle loro diocesi e parrocchie, e
devono ricevere una preparazione adeguata nei seminari per condurre
una vita morale e poter così educare il popolo.
Questo non basta ai tredici rappresentanti dei protestanti tedeschi
invitati dall’imperatore: vogliono discutere sui sacramenti e contestare
la confessione e l’unzione degli infermi. Il concilio viene di nuovo
sospeso a causa delle guerre che vedono coinvolte le truppe imperiali
e i principi protestanti.

Filippo arriva a Barcellona insieme al cugino Massimiliano, che lo


aveva raggiunto in Germania negli ultimi mesi. La principessa Maria
ha governato da sola la Spagna in assenza del fratello e del marito e ha
appena avuto la sua prima figlia, Anna.
Pronta a partire per Vienna, Maria convoca Agnes: «Perché non
venite con noi?».
«Preferisco rimanere in Spagna, mio figlio è ancora piccolo…»
«Allora andate a Toro da mia sorella Giovanna.»
«Sì, se la principessa accetta farò così.»
«Accetterà di sicuro, vi ama moltissimo, come vi amo io. Mi
mancherete…»
Salutando il cugino con freddezza, dati i rapporti tesi, Filippo si
apparta qualche minuto con la sorella per ripeterle di convincere
Massimiliano a tornare alla fede cattolica. Lei sa già che quello sarà
uno dei compiti principali che dovrà affrontare e rassicura il re.
Arrivata alla corte di Toro, Agnes viene accolta dalla principessa
Giovanna di sedici anni e dal piccolo Carlos di sei.
Qualche giorno dopo arriva anche Filippo, ansioso di rivedere il
figlio dopo due anni di assenza. Giovanna osserva attentamente la
reazione del padre mentre nota la testa deforme del bambino e i suoi
problemi di carattere.
Carlos è affidato alle cure di donna Leonor Mascarenhas e
all’umanista valenziano Honorato Juan Tristull, che ha una vasta
cultura e grande dirittura morale. Ma il principe non ama studiare,
preferisce sentir parlare di guerre e di armi e inutilmente Honorato gli
dà libri da leggere. Carlos ha un carattere volitivo e capriccioso e
anche davanti al padre rifiuta di togliersi il berretto e di rispondere
alle domande con educazione. Ha imparato a parlare molto tardi e lo
fa balbettando e mangiandosi le parole. Il suo più grande
divertimento è quello di vedere agonizzare le lepri colpite a morte dai
cacciatori o gli animali arrostiti vivi.
Filippo non riesce a essere paziente con lui. Inoltre ha altri problemi
da risolvere, ha infatti scelto il marito per la principessa Giovanna.
«Si tratta di Juan Manuel erede del trono in Portogallo» annuncia.
«Mio cugino…»
«Già, dovremo chiedere la dispensa papale.»
Giovanna riflette sulla scelta del padre e ne è contenta. Le piace
conoscere un nuovo Paese e quando si è informata le hanno detto che
il principe è alto e affascinante.
Filippo ha ritrovato la Spagna in una situazione economica
disastrosa. Nulla è stato fatto in sua assenza perché migliorasse.
Poiché il padre e Ferdinando sono arrivati a un accordo sulla
successione, Filippo accetta i consigli del duca d’Alba: «Non avrete la
corona imperiale, ma dovete controllare l’Italia sottraendola a vostro
zio e a vostro cugino Massimiliano».
«Per una volta sono d’accordo con voi. L’Italia è importantissima
per la politica imperiale e se riuscirete nel progetto, attraverso le
vostre amicizie e parentele nel Paese, vi preferirò al vostro rivale,
Ferrante Gonzaga.»
Ferrante, governatore di Milano e capitano generale d’Italia, è
oggetto di una violenta campagna denigratoria, tanto che Filippo
pensa di raccogliere prove contro di lui per incriminarlo. Interviene
però l’imperatore a invalidare le prove; non solo, riceve
pubblicamente Ferrante, ringraziandolo per il suo prezioso lavoro.

Filippo va a trovare la nonna a Tordesillas. Manuela lo riceve nella


stanza attigua e gli spiega che la regina non sta bene, è molto provata
dalla prigionia e dalla solitudine.
«Filippo… mi fa piacere vedervi!» lo accoglie con entusiasmo
Giovanna. «Come è andato il vostro viaggio in Italia e nei Paesi
Bassi?»
«Benissimo. Non credo di essermi mai divertito tanto e nello stesso
tempo ho imparato molto.»
«Avevate accanto i vostri amici…»
«Sì, Ruy Gomez ed Emanuele Filiberto di Savoia non mi hanno mai
lasciato. Non volevo partire e poi non avevo voglia di tornare.»
«Accadde anche a me. Ero molto giovane e la corte delle Fiandre
all’inizio mi spaventò. Tutto quel lusso, quei colori, il chiasso… ma
poi mi sono abituata, e quando sono tornata in Spagna ne ho avuto
nostalgia.»
«Avete ragione. Non cambierei con niente i miei regni di Castiglia e
Aragona, ma rimpiango molto l’arte italiana, la pittura, l’architettura, i
palazzi… e anche la raffinatezza delle dame e dei cavalieri.»
«In Castiglia non abbiamo tale splendida architettura o pittura…»
«E neppure le bellissime piante che, come sapete, mi appassionano
da quando ero piccolo. Ma la più grande gioia è stata quella di
rivedere mio padre dopo tanti anni…»
Filippo non dice che suo padre, pur essendo per lui un modello e
un maestro, non ha riempito il vuoto lasciato dalla morte della madre,
una donna sempre affettuosa e piena di premure. Carlo vuole fare di
lui un bravo governatore ma non sa essere amorevole con l’unico
figlio maschio come lo è con le figlie.

Finalmente Filippo può rivedere Isabel Osorio, alla quale ha pensato


ogni giorno mentre era lontano. La trova ancora più seducente di
quando l’ha lasciata, il viso dai lineamenti piccoli e delicati, le labbra
piene e lo sguardo profondo.
Mille volte si è chiesto perché non abbia sposato lei invece di
ubbidire al volere paterno. È l’unica donna che abbia amato, l’unico
corpo in cui ha trovato la passione femminile e l’accoglienza di una
madre. Quando era in viaggio, ricordava quei momenti in cui dopo la
caccia correva nella sua stanza segretamente perché le sorelle non li
scoprissero.
Prima di partire le ha lasciato un’ingente quantità di denaro e
alcune terre, in viaggio le ha scritto molto spesso per condividere con
lei le scoperte e le emozioni suscitate dai Paesi sconosciuti. Le ha
mandato diversi regali, collane di cristallo di Murano, arazzi da parete
con i tulipani dei Paesi Bassi.
Tutti sanno della relazione fra Filippo e Isabel Osorio, e Agnes, che
li ha visti spesso insieme prima che il re partisse, li rivede uniti adesso
che ha perso il marito. La sensazione che prova è di immensa
amarezza. Filippo e Isabel si sono amati per anni nonostante gli
impegni matrimoniali e politici del re, si sono scelti e mai lasciati.
Quando stava con Tomás immaginava una passione simile per loro
due, ma adesso che vede il re e la sua amante passeggiare in cortile
prova un grande dolore, perché legge nei loro sguardi lo stesso
sentimento che animava il suo e quello del marito.
La principessa Giovanna le annuncia il suo prossimo matrimonio
con gioia e Agnes tiene i dubbi per sé. Ancora un’unione combinata:
teme per la felicità di Giovanna, che ha solo diciassette anni ed è una
ragazza sensibile. Sa anche che Juan Manuel non gode di buona salute
e ha due anni meno della principessa.
Le nozze avvengono per procura l’11 gennaio 1553 e a ottobre
Giovanna si prepara a partire.
«Non volete venire con me?» chiede ad Agnes.
«Vi ringrazio, ma non mi troverei bene in Portogallo. E poi avrete
molte dame portoghesi ad attendervi.»
«Non saranno come voi. Mi mancherete moltissimo…»
«Sapete che ho un impegno da rispettare…»
«Me lo avevate detto. Volete vedere la tomba di vostra madre in
Germania.»
«Sì, e voglio anche che mio figlio conosca il castello di Mindelheim
dove sono cresciuta. Ma tornerò…»
Non può dire di più. Non si permetterebbe mai di contestare o
giudicare la decisione presa dal padre.
Agnes riflette sulla vita delle principesse reali, obbligate a lasciare il
loro Paese per vivere in luoghi che non conoscono, con mariti che
incontrano per la prima volta in occasione delle nozze.
Nonostante le tragedie vissute, l’uccisione della madre e del padre,
la morte in battaglia del marito, la sua vita è stata totalmente libera.
Nessuno le ha imposto delle scelte. Questo è l’unico vantaggio di
essere rimasta senza genitori, anche se sa che né Greta e neppure
Nicolò le avrebbero ordinato di fare qualcosa che non desiderava.
Ha amato Alejandro da quando era una bambina e solo la volontà
crudele e ossessiva di Maddalena le ha impedito di sposarlo.
Incontrare Tomás è stata la seconda possibilità che la vita le ha dato
per essere felice. Nonostante le sue resistenze, lui le è entrato nel cuore
e nella mente, le ha lasciato un figlio e il desiderio di avere un futuro
per entrambi.
Agnes sulle orme del passato

Agnes parte con Damián e arriva in Baviera, nel castello di


Mindelheim. Ad accoglierla trova Siguna, la figlia della seconda
moglie del comandante Frundsberg.
«Sono Agnes, la figlia di Greta…»
Siguna è emozionata nel rivederla e la abbraccia con calore: «Se
sapessi quanto ti abbiamo cercata!».
«È passato tanto tempo! Avevo quattordici anni quando sono
dovuta fuggire insieme a Maddalena e tu ne avevi otto, se non sbaglio.
Quanti ne ha mio figlio adesso.»
«Sì, abbiamo giocato insieme spesso e quando sei andata via ho
pianto per molti giorni. Solo più tardi mia madre mi ha spiegato
cos’era successo a Greta. È tornato anche Derik, che vi aveva portate
via per mettervi in salvo. E questo bel bambino come si chiama?»
«Damián… il padre è morto nella battaglia di Mühlberg.»
«Mi dispiace moltissimo. Ma venite, andiamo in giardino, vi farò
portare qualcosa di fresco da bere.»
Parlano a lungo di Greta, la madre guerriera di Agnes, rimpianta
da entrambe.
«Era l’orgoglio di mio padre e di tutta Mindelheim!»
Siguna racconta che dopo l’esecuzione gli uomini pagati dal suo
accusatore perché testimoniassero contro di lei avevano ritrattato la
falsa confessione. L’uomo era stato arrestato e sotto tortura aveva
rivelato di aver inventato tutto su Greta perché lei l’aveva rifiutato.
«È stato giustiziato due anni dopo la morte di tua madre. Allora
diversi cavalieri hanno cominciato a cercarti. Volevano che tornassi
qui perché non eri più in pericolo.»
«Puoi farmi vedere la tomba di mia madre?»
«Certo. Ci andremo domani, quando avrete riposato. Sono così
contenta di vederti Agnes! Anche io ho un bambino che è quasi
coetaneo del tuo, si chiama Georg e ha sette anni.»
All’ora di cena Damián conosce Georg e riesce a comunicare con lui
perché la madre gli ha insegnato il tedesco pensando che gli sarebbe
stato utile se lei fosse stata mandata in una corte austriaca.
Il giorno dopo i bambini rimangono al castello e Siguna
accompagna Agnes a vedere la tomba della madre.
«È stata lei a insegnarmi a cavalcare e combattere e solo per questo
sono stata accolta nella corte dell’imperatore.»
«Voglio che mi racconti tutto ma adesso ti lascio un po’ sola.»
Agnes si siede vicino alla tomba cercando di ricordare tutti i
momenti passati insieme alla madre. Quando il vecchio comandante
Frundsberg era morto lei aveva dodici anni e aveva appena
conosciuto il padre e Maddalena, arrivati al castello. Rammenta gli
insegnamenti e i consigli di Frundsberg che l’hanno resa forte e
intraprendente senza essere sconsiderata. Poi la figura maschile nella
sua vita è stata sostituita da Nicolò, che l’ha amata dal primo
momento. Sia lui che Greta passavano molto tempo a cavallo nelle
campagne e nei boschi e la portavano sempre con loro, mentre
Maddalena rimaneva al castello. Erano momenti magici in cui si
sentiva perfettamente felice. Purtroppo sono durati poco. Dopo due
anni Nicolò è morto in battaglia, Greta è stata accusata di stregoneria e
lei è dovuta fuggire.
Più tardi Siguna chiede ad Agnes se ha intenzione di rimanere.
«Non so che devo fare della mia vita. Ero la dama di Maria, la
sorella del re Filippo, ma adesso lei vive a Vienna. Lo sono stata anche
di sua sorella Giovanna, che si trova in Portogallo perché ha sposato il
principe ereditario.»
«Quindi nessuno ti reclama per il momento. Puoi restare con noi!»
«Sì, rimarrò con voi per qualche tempo. Credo che a Damián faccia
bene vivere qui e stare insieme a tuo figlio.»
Agnes ritrova qualcuno dei cavalieri che l’hanno conosciuta da
bambina e hanno pianto la morte atroce di sua madre.
Derik adesso si avvicina ad Agnes: «Mi riconoscete? Nonostante
ormai io sia un vecchio e voi eravate una bambina quando…»
«Certo, vi devo la vita.»
«Sapevamo tutti che vostra madre era innocente ma quel mostro
aveva pagato dei testimoni…»
«Lo so, me lo hanno detto. Ricordo che ogni volta che lasciavamo il
castello per una passeggiata lui ci aspettava da qualche parte. Alla
fine, mia madre non ci faceva più uscire.»
«Non è servito. La rabbia l’ha reso folle.»
«Che cosa avete fatto dopo averci portate alla corte di Malines?»
«Sono tornato in Germania ma non qui. Temevo di essere arrestato
perché vi avevo aiutate a fuggire. Parte della mia famiglia vive in un
villaggio più a nord.»
«Quando siete tornato?»
«Appena ho saputo che quell’uomo era stato giustiziato e vostra
madre riabilitata. Questa è la città in cui da ragazzo ho combattuto
con il comandante Frundsberg e dove ho vissuto gran parte della mia
vita. Volevo proprio tornare.»
Nel castello di Mindelheim Agnes vive giorni che le sembrano fuori
dal tempo. Certi luoghi, come la sua vecchia camera, il cortile, la
stanza dove è morto Frundsberg, la scuderia dove teneva il suo
cavallo, la riportano indietro nel tempo e si rivede bambina.
Prima di morire Frundsberg le aveva raccontato le prodezze della
nipote: «Greta aveva solo sedici anni quando fuggì di casa per unirsi
all’esercito imperiale e ai lanzichenecchi. Io le avevo proibito di
andare ma lei non vedeva l’ora di mettersi alla prova. Mi ha fatto
preoccupare ma poi sono stato molto fiero di lei».
Quello che Greta non rivelò mai a Frundsberg fu che cosa era
successo la notte in cui aveva conosciuto Nicolò Guarienti. Dopo la
fuga dal castello, nella città di Marignano si era unita ai lanzichenecchi
che combattevano per il re di Francia Francesco I , che voleva
riprendersi Milano. Lì aveva incontrato Nicolò insieme all’amico
Lorenzo, che lo aveva accompagnato sebbene non volesse partecipare
alla battaglia.
Una sera Lorenzo aveva conosciuto Greta in una taverna e ne era
rimasto incantato. L’aveva presentata a Nicolò la sera stessa, poi
avevano cenato tutti insieme, ma dopo essersi separati per andare a
dormire Nicolò aveva raggiunto Greta. Quella notte era stata
concepita Agnes. La mattina erano tornati a cercare Lorenzo.
Vedendoli arrivare insieme, Lorenzo aveva capito di essere stato
ingannato.
Si era infuriato, e mentre Nicolò cercava di calmarlo Greta si era
allontanata per non assistere al litigio. Si era fermata quando aveva
sentito gridare. Entrambi avevano estratto i coltelli e Nicolò aveva
colpito Lorenzo. Greta era corsa via, col cuore in gola.
Nicolò si era accorto dell’interesse che l’amico aveva per lei eppure
non aveva tentennato davanti al desiderio di corteggiarla e averla. Era
fatto così, non rinunciava mai a qualcosa che voleva. Greta era rimasta
affascinata proprio dalla sua sicurezza mentre vagavano nella
cittadina rischiando di essere catturati, dalle sue parole, dagli occhi
scuri e profondi. Con lui aveva fatto l’amore per la prima volta nella
sua vita.
Quando se ne era andata dal luogo dell’omicidio aveva pianto per
Nicolò, non per Lorenzo, pensando che il suo giovane amante avrebbe
sofferto terribilmente per aver strappato la vita all’amico.
Non l’aveva più visto finché un giorno – erano passati dodici anni –
Nicolò l’aveva cercata negli accampamenti dei lanzichenecchi che
avanzavano verso Roma. Le aveva detto che l’amava ancora ma non
aveva parlato del matrimonio con Octavia e lei aveva taciuto sulla
figlia che era nata.
Greta era tornata in Baviera quando il comandante Frundsberg
aveva avuto un infarto e, dopo qualche settimana, era arrivato Nicolò
con Maddalena. Agnes ricorda il momento in cui Greta le aveva
presentato Nicolò spiegandole che era suo padre e chiedendole di
trattare Maddalena come una sorella.
Adesso non riesce a far combaciare le due figure di Maddalena, la
bambina spaurita che aveva perso la famiglia e dipendeva da lei per i
giochi e la donna che l’ha ingannata per portarle via Alejandro.

A Innsbruck Carlo apprende notizie drammatiche, i turchi hanno


conquistato Tripoli e stanno avanzando nel Mediterraneo. Scopre che
Maurizio di Sassonia, di cui si è sempre fidato, è passato con i principi
protestanti e con il re di Francia Enrico II , che organizza una
spedizione militare per impadronirsi dei principati ecclesiastici di
Metz, Verdun e Toul.
A capo dell’esercito francese ci sono François de Montmorency,
primogenito del maresciallo, e il connestabile Anne de Montmorency,
che occupa Toul e Metz, dove Enrico II entra trionfalmente il 18 aprile
1552. Lascia poi una parte delle sue truppe a Metz e conquista Verdun
prima di tornare in Francia.
Carlo si sente tradito anche dal fratello Ferdinando, che sta
spronando Maurizio di Sassonia contro di lui.
«La rivalità fra noi non avrà fine» commenta con il duca d’Alba.
«Tutto è cominciato quando l’ho costretto a lasciare la Spagna, anni fa.
Credo che mi abbia odiato allora, anche se ha eseguito senza fiatare il
mio ordine. Gli spagnoli lo amavano e per lui è stato molto difficile
lasciare il suo Paese.»
«Non poteva rimanere in Spagna?»
«No. Avremmo sempre combattuto per la supremazia. Gli spagnoli
preferivano lui a me, che avevo il diritto della primogenitura.
Ferdinando è bello, pieno di fascino, gentile e socievole. E poi è nato in
Spagna, mentre io sono sempre stato visto come lo straniero…»
«Poi però hanno cominciato ad amarvi…»
«Sì, ma a lui è rimasta un’amarezza che non riesce a superare. Mi
creerà sempre problemi.»

Il duca d’Alba è troppo intelligente per non capire che l’amarezza è


soprattutto del suo imperatore, che vorrebbe amare il suo unico
fratello ed esserne riamato.
«Sapete? Dite che lui è bello e pieno di fascino. Per me voi siete
mille volte più affascinante. Avete dalla vostra parte l’audacia, le
intuizioni politiche, una grande sensualità.»
Carlo ride: «Questo lo dite perché piaccio alle donne?».
«Non solo. Si tratta anche della grazia che avete e che diventa
maestosità quando siete sul vostro meraviglioso cavallo. Ferdinando
vi ubbidisce pubblicamente ma temo che trami di nascosto e questo
non si addice a un uomo vero, come siete voi. Avete sempre parlato
direttamente a vostro fratello, senza nascondergli niente.»
Carlo fa un cenno della mano perché taccia. Non gli piacciono le
lusinghe e, nonostante ritenga il duca d’Alba uno dei suoi migliori
generali, conosce le sue ambizioni e sa che per soddisfarle è capace
delle peggiori infamie.
Il duca gli riferisce che Ottavio Farnese ha scelto di allearsi con i
francesi, mettendo in grande difficoltà la moglie Margherita, che
dovrebbe scegliere tra il padre e il marito.
Contro Ottavio si schiera il nuovo pontefice Giulio III , che lo
dichiara ribelle e decaduto da ogni diritto su Parma. Poiché i cittadini,
aiutati dai francesi, si preparano a combattere a favore del Farnese, il
papa rinuncia all’assedio.
Carlo, pur senza rompere i rapporti con la figlia, fa sequestrare
tutte le rendite di cui gode nel regno di Napoli.
«Se Ottavio vuole la guerra non lo farà con il mio denaro!»
Fa chiamare i suoi migliori cavalieri dalla Spagna, tra cui Gabriel,
Federico e Alessandro, poi marcia su Metz.
Ferdinando arriva in aiuto del fratello con cinquantacinquemila
uomini, fra italiani, spagnoli, tedeschi e cechi, poi pone i suoi
accampamenti intorno alla città.
Enrico affida il compito di difendere Metz al generale Francesco I di
Guisa, che fa radere al suolo cinque sobborghi, oltre a una quarantina
di edifici religiosi, per facilitare la difesa. Dopo aver ordinato di
evacuare tutti i civili, immagazzina viveri per sostenere un lungo
assedio con settemila soldati.
Francesco di Guisa viene chiamato lo sfregiato perché durante una
battaglia è stato colpito al viso da una lancia. La punta è rimasta
conficcata nella ferita e lui ha dimostrato grande controllo quando il
chirurgo ha estratto il ferro. Enrico lo ammira moltissimo e lo ha
nominato Pari di Francia e governatore della Normandia. È un uomo
di grande coraggio, un fine stratega dal carattere amabile e cortese.
Ambiziosissimo, intrigante e ingegnoso, mentre Anne de
Montmorency, suo odiato rivale, lo supera nella volontà di servire il re
di Francia.
Enrico sfrutta la loro rivalità a suo vantaggio.
«Mi sento al sicuro con la loro ambizione. Ognuno farà del suo
meglio per il mio regno» confida alla sua amante Diana.
Il duca d’Alba dà l’ordine di mitragliare le fortificazioni di Metz
quando a novembre arriva anche Carlo. Nonostante la malattia,
l’imperatore si batte con audacia e divide tende e cibo con i soldati.
L’avanguardia della sua armata circonda la città e apre una breccia
nelle mura medievali, che i cittadini tuttavia riescono a ricostruire
velocemente.
L’assedio dura due mesi e poi si diffonde un’epidemia di tifo tra gli
spagnoli. Inoltre Enrico ha formato un potente esercito che sta
marciando verso Metz e si è alleato di nuovo con il sultano Solimano
per cacciare gli spagnoli da Napoli.
L’imperatore, deluso e malato di gotta, abbandona l’assedio il 1°
gennaio 1553 e si ritira a Thionville. Vuole occuparsi d’altro e convoca
i consiglieri per comunicare la sua intenzione di far sposare Filippo
con Maria Tudor d’Inghilterra.
«È la figlia di vostra zia Caterina…» si stupisce il duca d’Alba.
«Chiederemo una dispensa al papa ma Maria è l’erede al trono di
Inghilterra e con lei Filippo potrà governare in Inghilterra e in Olanda
senza essere imperatore. La regina avrà un marito in grado di
condurre una guerra e di occuparsi di tutto ciò che è poco adatto a
una donna. Per esempio, invadere la Scozia.»
«Avete ragione, come sempre. Con la creazione di uno Stato anglo-
olandese gli Asburgo potranno dominare il canale e il Mare del Nord
e tenere a bada i francesi.»
Dopo la morte di Enrico VIII , mentre regnava il suo unico figlio
maschio, Edoardo VI, avuto con Jane Seymour, Maria è stata attaccata
dal governo protestante del fratellastro, guidato da John Dudley, duca
di Northumberland e reggente del regno.
Dudley ha dichiarato illegittime sia Maria, figlia di Caterina
d’Aragona, che Elisabetta, figlia di Anna Bolena. Alla morte di
Edoardo, Dudley ha posto sul trono la diciassettenne nuora Jane Grey,
nonostante Enrico VIII avesse disposto nel testamento che se Edoardo
fosse morto senza eredi maschi gli sarebbe succeduta la sorellastra
Maria.
«L’atto compiuto da John Dudley manca di totale rispetto verso le
ultime volontà di Enrico VIII . E mi meraviglio ancor di più perché
erano amici intimi. Mettere sul trono d’Inghilterra la nuora…
assurdo!»
«Infatti, maestà, Jane Grey ha potuto regnare solo dieci giorni
perché la cattolica Maria, supportata dal popolo e dalla Chiesa, l’ha
fatta rinchiudere nella Torre di Londra e condannare a morte,
prendendo la corona per sé. Comunque, Dudley ha fatto anche molte
cose buone. Per esempio, ha risanato l’economia inglese e ha posto
fine alle guerre tra Scozia e Francia.»
«Un eretico! Ha rafforzato la Riforma e ha messo ai vertici della
Chiesa riformisti radicali.»
«Anche lui ha fatto una brutta fine. Dopo aver proclamato Maria
regina d’Inghilterra, è stato arrestato e portato nella Torre di Londra.
L’hanno giustiziato il 22 agosto! Ma ditemi: vostro figlio accetterà di
sposare una donna tanto più vecchia di lui e, sembra, non proprio una
bellezza?»
«Mio figlio ha a cuore, come me, il bene dell’Impero. Non mi
deluderà.»
Carlo convoca Filippo per parlargli del matrimonio con Maria
Tudor.
«Non voglio costringervi, solo farvi riflettere sulla mia proposta.»
Nuovi incontri per Maddalena

Maddalena serve ai tavoli in una taverna di Talavera de la Reina, non


se la sentiva di rimanere a Toledo dove avrebbe potuto incontrare
Pilar e Sofia. Come immaginava, la bambina non le manca, fin dalla
nascita l’ha rifiutata perché figlia di un uomo che l’ha violentata e non
di colui che amava. D’altronde, anche quando pensava che Leticia
fosse figlia sua, Alejandro la trattava con freddezza e non aveva
intenzione di prendersene cura.
Talavera è una cittadina nata sulla riva destra del Tago, con palazzi
antichi, molte chiese e monasteri. Un posto tranquillo, privo di
mondanità, ideale per ricominciare. Ciò che ora desidera è
guadagnare abbastanza denaro per tornare a Valladolid e vendicarsi
di Alejandro. Per questo oltre al lavoro nella taverna, quando capita
un signore che viene per affari e cena da solo, si dimostra molto
gentile e alla fine accetta di avere un rapporto intimo a pagamento. A
trent’anni è una bella donna, alta e formosa, con capelli ricci e scuri e
occhi languidi, che ogni tanto lampeggiano di ferocia.
La sera torna nella sua squallida stanza alla periferia della cittadina
e riflette a lungo. Ha ucciso Rafael perché ha tentato di violentarla,
non le passa per la testa che è stata lei a illuderlo e mentirgli. Si
assolve e si compiange. Ha separato Alejandro e Agnes per amore. E
secondo lei l’amore giustifica tutto, anche il gioco sporco. Ha mentito
ad Alejandro sulla gravidanza perché ammettere che il padre era
Rafael l’avrebbe resa sospetta per l’omicidio, ma anche perché era
l’unico modo di legarlo a lei. Terminata la resa dei conti si
addormenta tranquilla.
Una sera entra nella locanda un uomo accompagnato da un ragazzo
e chiede del vino, poco dopo ne arriva un altro e il primo si alza per
abbracciarlo.
«Hai fatto buon viaggio?»
«Sì, tutto bene. Ho girato un po’ intorno alla corte… insomma una
specie di sopralluogo.»
«Hai visto Gabriel?»
Maddalena si avvicina per prendere le ordinazioni proprio mentre
viene fatto quel nome, che la incuriosisce. Così, dopo aver passato gli
ordini al cuoco, inizia a pulire i tavoli vicini a quello dove siedono i
due uomini e il giovane.
«No, non l’ho visto perché sono tutti con l’imperatore. C’è stata una
battaglia in Ungheria, ma stanno tornando. Anche nostro fratello…»
«Non voglio che lo chiami in questo modo. Federico è il nostro
fratellastro…»
Quando hanno finito di mangiare ed escono, Maddalena li segue e
li ferma: «Scusatemi! Posso parlarvi un minuto?». I due si voltano
stupiti mentre Maddalena prosegue: «Vi ho sentiti, prima. Avete
nominato Gabriel e poi Federico. Vi riferivate agli Acevedo?».
«Sì, perché li conoscete?»
«Molto bene… ho un conto aperto con loro.»
Félix propone di entrare in un’altra taverna a bere e Maddalena
racconta tutta la sua storia.
«Adesso voglio solo vendicarmi. Di Gabriel, che prima mi ha
aiutata e poi mi ha voltato le spalle, e di Federico, che ha scoperto cosa
era successo e parlandone con Alejandro ha decretato la mia sorte.»
Félix sorride: «Bene. Penseremo a qualcosa tutti insieme. Viviamo
nella stessa città e ci rivedremo spesso».
Uscendo dalla locanda Félix e Natal parlano fra loro lasciando che il
giovane Cristian ascolti i loro discorsi.
«Mi sembra che li odi quanto noi.»
«Non credo quanto noi, ma sicuramente potrà esserci utile.»

Félix e Natal, dopo l’uccisione del padre da parte di Gabriel, sono


cresciuti con l’idea di vendicarsi di lui e del fratellastro Federico, che
ormai fa parte della famiglia Acevedo.
Nel 1534 Natal si è sposato ma la moglie è morta di parto
lasciandolo con un figlio, Cristian, che ora ha quindici anni. Ha
vissuto l’infanzia con la nonna Raimunda, ma da un anno il padre l’ha
ripreso con sé insegnandogli a rubare e truffare.
«Fra l’altro a me quella ragazza piace…» ammette Félix.
«Ho visto come la guardavi…»
«Bene, domani sera torneremo alla sua taverna.»
I due fratelli vivono insieme in una piccola casa vicino al fiume.
Raimunda è contenta che se ne siano andati, non riusciva più a
sopportare il loro carattere violento, gli scatti d’ira, le pretese di
denaro. Ha sofferto solo per il distacco da Cristian, che stava
educando alle buone maniere e all’onestà, come aveva fatto con
Federico, prima che suo marito lo abbandonasse a Madrid.
Quando Natal le ha portato Cristian è stata felice di avere un
bambino tutto per lei, da crescere senza la presenza malevola del
marito. Cristian è identico a lei fisicamente, dal padre e dalla madre
non ha preso niente. Questo glielo rendeva ancora più caro, perché le
sembrava di avere di nuovo Federico fra le braccia. L’ha fatto studiare
e ha risparmiato perché imparasse anche a cavalcare e a tirare di
spada, ma ha sottovalutato l’influenza di Natal che, quando andava a
prendere il figlio per tenerlo qualche giorno con sé, gli insegnava solo
a essere aggressivo.
Per tutto il tempo che è rimasto con lei, Cristian è stato un bambino
e poi un ragazzo ubbidiente, equilibrato e saggio.
«Nonna tienimi sempre con te!» le diceva quando tornava dalle
giornate passate con il padre.
«Perché non vuoi stare con tuo padre? Che fate insieme?»
«Mi porta nella taverna, dove beve tutto il tempo. Parla con gli
amici, fanno discorsi strani…»
«Quali discorsi?»
«Non lo so, non li capisco.»
Li capiva benissimo invece. Parlavano di case da svaligiare, di
persone ricche da truffare. Se chiedeva qualcosa, il padre si irritava e
lo mandava in fondo alla sala con un giocattolino che gli aveva
comprato per farlo stare tranquillo.
Anche adesso Natal e Félix vivono di furti e piccoli lavori di
artigianato, mentre Raimunda si ammazza tutto il giorno come
domestica a casa di una famiglia di Talavera.

Maddalena, nella sua stanza, ripensa all’incontro fortunato. I due


fratelli le hanno raccontato che Gabriel ha ucciso il loro padre a
sangue freddo e quando lei ha chiesto: “Per quale motivo?” le hanno
detto brevemente che l’ha fatto per il coinvolgimento di Gaspar
nell’omicidio dei marchesi Acevedo. Non hanno spiegato altro ma a
lei non importa sapere di più. Conosce la storia perché a volte,
origliando alle porte, quando abitava nel palazzo Acevedo, ha sentito
Gabriel parlarne con Federico. Sempre in quel periodo aveva capito
che Raimunda, la madre dei due uomini, era famosa a Toledo,
nonostante fosse solo una giovane governante, per la purezza del viso,
i capelli folti e biondi, gli occhi di un blu profondo. Per questo il
marchese Acevedo l’aveva voluta come amante. Il loro figlio,
Federico, fisicamente è molto simile a Cristian, mentre Natal e Félix
sono bruni con gli occhi castani e il corpo più basso e tozzo.
Félix l’ha colpita particolarmente. Ha un sorriso beffardo e lo
sguardo sfrontato, come se fosse pronto a sfidare il mondo intero.
Nei mesi seguenti i due fratelli vanno spesso nella taverna in cui
serve Maddalena. È soprattutto Félix a convincere Natal a seguirlo:
«Se vado da solo si accorgerà che mi interessa…».
«E non è quello che vuoi?»
«Voglio prima capire che cosa prova per me.»
Maddalena si è resa conto che Félix e Natal, ma anche il giovane
Cristian, possono esserle utili, inoltre non è indifferente al modo di
fare di Félix che, solitamente burbero e cupo, con lei diventa dolce e
gentile.
Poiché Natal si è stancato di assistere agli sguardi che i due si
lanciano quando sono insieme, una sera finge di accompagnare il
fratello nella taverna ma poi fa arrivare un amico al quale ha chiesto
di chiamarlo per un affare importante. Cristian ha un appuntamento e
a Félix non rimane che entrare senza compagnia.
«Tutto solo questa sera?» chiede Maddalena.
«Già… mio fratello aveva da fare.»
«Che cosa vi porto?»
Quando ha finito di mangiare Félix chiede ancora da bere e rimane
seduto al tavolo finché arriva l’ora di chiusura e Maddalena si prepara
a lasciare il locale.
«Vi posso accompagnare a casa?» le chiede.
«Se vi va di fare una lunga passeggiata…»
«Ogni notte tornate da sola attraversando la città?»
«Sì, purtroppo ho trovato lavoro solo qui ed è lontano da dove
abito.»
Félix si stupisce di sentirle affermare il suo disagio senza il minimo
tono lamentoso o dispiaciuto. Si è già accorto da diversi discorsi che
Maddalena è una ragazza forte e dura, proprio come piace a lui.
Giunti davanti a delle vecchie case diroccate, poco fuori dalla città,
Maddalena si ferma.
«Sono arrivata.»
«Non avete trovato di meglio? Lo dico perché mi fa stare in
pensiero sapervi in questa zona. La conosco bene, è piena di ladri e
truffatori.»
Maddalena estrae un coltello dalla tasca e lo mostra a Félix: «Posso
difendermi».
È talmente carina con la sua aria soddisfatta mentre gli mostra
l’arma che lui non può fare a meno di abbracciarla. Maddalena non si
oppone e, dopo aver riposto il coltello nella tasca, si lascia stringere.
Félix la bacia e poi decide che non è il caso di andare avanti o lei
penserà che l’ha accompagnata solo per avere qualcosa in cambio.
Poiché il giorno dopo la taverna è chiusa, la invita a fare una
passeggiata e Maddalena accetta.
«Vivete insieme a vostra madre?» gli chiede lei.
«No, insieme a Cristian e Natal.»
«Lavorate?»
«Qui e là…»
Maddalena ha intuito da quando li ha conosciuti che genere di vita
conducono i due fratelli e sorridendo della propria sfrontatezza
domanda: «Rubate?».
«Anche.»
«Vostra madre lo sa?»
«Credo che lo immagini, ma non mi importa. Se siamo ridotti così
la colpa è anche sua.»
«Perché?»
«Non vi siete chiesta come mai io e mio fratello vogliamo
vendicarci di Gabriel e Federico?»
«Mi avete detto che Gabriel ha ucciso vostro padre…»
«Ma non ci avete chiesto il motivo.»
«Non mi interessa. Volersi vendicare di Gabriel non mi sembra così
strano. È un uomo violento e crudele. Per quanto riguarda Federico…
non riesco a immaginarlo. È buono, generoso, non l’ho mai visto
litigare.»
«Nostra madre era la governante dei genitori di Gabriel. Anzi, era
l’amante del marchese Acevedo, e Federico è nato dalla loro
relazione.»
Maddalena non fa commenti perché tanti dettagli che negli anni ha
raccolto adesso stanno tornando al loro posto.
«Dopo aver saputo di loro, perché mia madre era incinta, mio
padre ha affrontato il marchese. È entrato in casa sua di notte insieme
a un amico. Ma poi anche la moglie si è svegliata, e nella colluttazione
che è seguita i marchesi sono rimasti uccisi. Mia madre era presente.
Sono fuggiti a Madrid, si sono sposati e siamo nati io e Natal. Anni
dopo Gabriel ha scoperto che vivevamo qui, ha sorpreso nostro padre
all’uscita di una taverna e l’ha accoltellato… senza fargli dire una
parola in propria difesa. Io e Natal eravamo presenti e abbiamo
giurato di vendicarci di lui.»
«E Federico?»
«Era rimasto nella nostra casa di Madrid quando siamo venuti a
Talavera.»
«L’avevate abbandonato?»
Félix alza le spalle in segno di indifferenza.
«Non so quali intenzioni avesse mio padre. Lo odiava perché non
era figlio suo. Quando abbiamo caricato tutto sul carro, Raimunda
piangeva e non voleva lasciare Federico, ma lui l’ha costretta a farlo.»
«Lo credo, era la madre. Quanti anni aveva Federico?»
«Undici…»
«Come si fa a lasciare un bambino di undici anni in una casa vuota,
da solo…»
«Aveva molto cibo.»
Maddalena guarda Félix sperando che scherzi. Ma lui è serissimo.
«Quindi se Gabriel non l’avesse trovato e portato con sé a Toledo,
sarebbe morto…»
«No. Nostro padre ci ha insegnato ad arrangiarci. Invece ha fatto la
bella vita, il nostro fratellino, ha combattuto con l’imperatore, si è
sposato!»
«Con mia cugina…»
«Flora è vostra cugina?»
«Sì. Vi racconterò poi di lei ma ditemi perché solo ora avete deciso
di vendicarvi.»
«Prima eravamo troppo giovani… mio fratello non voleva rischiare
di venire ucciso in un duello e lasciare il figlio orfano prima che avesse
raggiunto l’età per cavarsela da solo.»
«Non mi avete ancora detto perché volete vendicarvi anche del
vostro fratellastro. Lui che vi ha fatto?»
«Siamo convinti che sia stato lui a rivelare a Gabriel dove trovarci e
a istigarlo a uccidere nostro padre.»
Mente per non ammettere che contro Federico non hanno niente,
solo l’invidia per la sua vita a corte, perché è il cavaliere preferito
dall’imperatore e ora ha formato una famiglia. Loro invece non hanno
denaro, non hanno un futuro e si alimentano di odio.
Quando Félix la accompagna a casa, Maddalena gli chiede di salire.
Fare l’amore con lui è come farlo per la prima volta. Ha tanto
desiderato Alejandro ma quel rapporto l’ha rubato, non c’è stata
alcuna condivisione di sentimenti e di piacere e la perdita della
verginità per Maddalena è stata indifferente.
Gli altri uomini con cui è stata l’hanno pagata e sono spariti subito
dopo. Mentre erano sopra di lei, pensava a quanto avrebbero
ammontato i suoi risparmi dopo quell’ennesimo rapporto.
Con Félix scopre la sensualità, l’erotismo, il piacere reciproco. Lui
ha avuto molte donne ma erano popolane senza alcuna eleganza ed
educazione. Maddalena è italiana, ha vissuto in diverse corti reali, è
una creatura preziosa, da trattare con delicatezza. Il sesso tra loro è
così soddisfacente che alla fine entrambi ridono.
«Stai ridendo…» nota Félix.
«Anche tu…»
«Devi sapere che io non sono il tipo che fa smancerie dopo l’amore,
o addirittura promesse.»
«Neanche io, non ti preoccupare. Sono stata sposata per poco,
giusto il tempo di avere una figlia… e poi ho divorziato.»
Un po’ spiazzato, contraddicendo quello che ha appena detto, Félix
la abbraccia.
Fisicamente Maddalena è diventata una donna con una bellezza
particolare, che non piace a tutti. Ha modi bruschi che non la rendono
aggraziata e una risolutezza che può essere scambiata per
aggressività. È disincantata, fredda, ma a letto Félix ha scoperto una
personalità diversa, più cedevole, addirittura remissiva. Ama questi
contrasti perché non sa mai che donna si troverà davanti e già la notte
successiva vuole rivederla.
Gradualmente lei gli racconta la sua storia, la morte dei genitori a
Roma, il periodo passato in Germania, poi nelle Fiandre, a Toledo, e
infine a corte, insieme a Flora.
«Perché sei finita qui a servire in una taverna?»
«Perché ho fatto molti pasticci ma adesso non voglio parlarne.
Sappi solo che mia figlia vive con la nonna paterna e che non l’ho
avuta con mio marito.»
«Non la vedi mai?»
«No. Quella donna non me la lascia incontrare…»
«Ti manca?»
«Mi giudicherai un mostro ma… no, non mi manca. Sono stata
presa con la forza e sono rimasta incinta. Ho fatto credere all’uomo
che amavo che la figlia fosse sua, ma non ha funzionato. Lui ha
scoperto che avevo mentito e mi ha lasciata.»
«Chi è tuo marito?»
«Alejandro, il figlio di Sofia Acevedo.»
«Dove vive?»
«Alla corte di Valladolid. Con tuo fratello Federico e Gabriel, è uno
dei migliori cavalieri dell’imperatore.»
«Federico è solo il mio fratellastro. Era il cocco di nostra madre…»
«Non ho conosciuto Raimunda. Ma mi hanno detto che Federico le
somiglia moltissimo. E Cristian, a quanto ho visto, somiglia a lui.»
«Infatti, è uguale alla nonna. Mi mette allegria vedere i suoi occhi
azzurri e i capelli così chiari. È davvero bello.»
Maddalena pensa a Gabriel e Manuela che sono cresciuti con due
gemelle di dieci anni più piccole, bionde con gli occhi blu, mentre loro
erano scuri. Sa che le gemelle sono figlie della marchesa Carmen
Acevedo e del suo amante, di cui non conosce il nome. Quando viveva
nel palazzo di Toledo nessuno ne parlava mai.
Che strana famiglia. Il padre ha una relazione con la governante
che partorisce un figlio e la madre ha due bambine con il suo amante.
Questo le fa capire il carattere privo di controllo di Gabriel,
l’ossessione di Manuela per il dovere, la fragilità di Octavia, che si è
uccisa per amore. E Sofia? Sembra essere l’unica normale.
Nel periodo che ha trascorso nel suo palazzo, prima e dopo il parto,
si è resa conto che è una donna generosa e accogliente, con un forte
senso pratico, felice quando può avere molta gente accanto di cui
prendersi cura, ma ugualmente felice quando è sola e occupa le
giornate in visite artistiche, passeggiate e letture.
Agacia non è più semplicemente una cameriera o una governante,
Sofia ne ha fatto la sua migliore amica e divide con lei amarezze e
gioie. Le legge le lettere che riceve dal figlio Alejandro, e anche quelle
di Manuela e Federico. Gabriel non le ha mai scritto e lei,
conoscendolo, non se ne rammarica.
Le scrivono invece Flora e Agnes. Ma è quest’ultima che Sofia
rimpiange. Fin da quando lei e suo figlio erano adolescenti e si
cercavano continuamente con lo sguardo, aveva pensato che fosse la
ragazza giusta per Alejandro. Lui cambiava quando stava con lei. Di
solito calmo e riflessivo, improvvisamente diventava impulsivo,
energico, pieno di progetti da realizzare. Erano una coppia perfetta e
Sofia pensava ai nipotini che le avrebbero dato, belli come loro.
Maddalena sa bene di aver fatto un disastro ma non si incolpa di
niente. Tutto è cominciato con la violenza subita, si dice, il resto è stato
solo una conseguenza.
Dopo aver avuto un figlio dall’unico uomo di cui è stata
innamorata Sofia non ha cercato altre storie sentimentali e questa è
forse la cosa che unisce i cinque fratelli, compreso Federico. Hanno
tutti amato una volta sola. L’eccezione è Gabriel, che secondo lei è
incapace di amare. Ha avuto molte donne, si è anche sposato ma
dubita che abbia concesso a una donna un solo battito in più del suo
cuore.
Anche lei, pensandoci, è una donna da un solo amore. C’è stato
Alejandro e ora c’è l’odio contro Alejandro. Con Félix sta bene, hanno
una buona intesa, forse sono simili. Due sbandati, senza una vera
famiglia, pieni di rabbia.
Ruy e la moglie bambina

Filippo parla con Ruy Gomez della proposta che gli ha fatto il padre e
gli chiede la sua opinione: «Pensate che sia una buona idea? Gli inglesi
sono tutti contrari al matrimonio di Maria Tudor con uno spagnolo».
«Il legame con l’Inghilterra è molto importante per la nostra
economia. Da parte sua, Maria sarà contenta di rafforzarsi contro la
cugina Maria Stuarda, la regina di Scozia che ha sposato il delfino di
Francia.»
«Ma ha trentasette anni e io ventisei!»
«Vedrete che lei stessa sarà sorpresa della vostra offerta di
matrimonio. So che è vergine e ormai da tempo ha rinunciato
all’amore.»
Effettivamente stupita ma anche lusingata, Maria chiede a Filippo
un ritratto e lui le manda una copia del quadro che ha dipinto Tiziano,
quello che ama di più.
La regina si rende conto benissimo che Filippo sarà deluso
vedendola. Ha undici anni più di lui, è bassa e grassottella, con un
viso privo di attrattiva. Eppure, dopo aver visto il ritratto del re è
decisa a sposarlo, nonostante il malumore dei cittadini e malgrado
tutti i suoi consiglieri si oppongano al matrimonio con uno straniero.
Neanche Filippo è entusiasta della scelta dopo aver ricevuto a sua
volta un ritratto della regina, ma come sempre si sottomette al volere
paterno.
A fomentare l’opposizione a Filippo è soprattutto l’ambasciatore
francese François de Noailles, vescovo cattolico. Il re di Francia Enrico
II l’ha mandato in Inghilterra con lo scopo di capire se Maria Tudor è
disposta a fare da mediatrice fra la Francia e la casa d’Austria.
Il Consiglio reale e la Camera dei Comuni chiedono a Maria di non
sposare il re di Spagna ma lei riesce a ottenere un mite consenso
quando fa redigere un contratto secondo il quale Filippo non prenderà
decisioni per l’Inghilterra né la coinvolgerà in una sua guerra. Se
Maria morirà prima di lui, il consorte perderà tutti i diritti.
Mentre attende l’arrivo di Filippo, la regina scopre una
cospirazione contro di lei e ordina di giustiziare tutti i responsabili,
atto che fa inorridire l’imperatore, il quale raccomanda al figlio di
mitigare la ferocia della moglie.
«La chiamano già Maria la Sanguinaria!»
Filippo teme di rovinarsi la vita con una donna vecchia e crudele.
«L’imperatore vuole allearsi con l’Inghilterra» afferma Ruy,
cercando di risollevare il re che è di umore tetro. «Maria Tudor si è
fatta proclamare regina nel Norfolk e ha marciato su Londra. I
protestanti sono scomparsi al suo passaggio. L’ha fatto per dimostrare
che vuole ricondurre il suo popolo alla Chiesa e quindi di meritare il
matrimonio con voi.»
«Voi che ne pensate?»
«Sarà complicato. Maria è la figlia di Caterina, la sorella di vostra
nonna Giovanna, ripudiata da Enrico VIII . Siete consanguinei.»
«Non è stata sempre questa l’usanza degli Asburgo? Sposarsi tra di
loro?» commenta amaramente Filippo.
«Comunque tranquillizzatevi, non dovrete vederla molto.»
«Lo so, sarò spesso in viaggio.»
«Cosa farete con donna Isabel?»
«Sarò costretto a dar via la casa in cui ho vissuto con lei per quasi
dieci anni e non vederla più. Isabel ha già detto che entrerà in
convento.»
Nonostante Filippo sia un uomo freddo e riservato, con Ruy si è
sempre confidato. Quando era piccolo osservava il suo paggio e
pensava che fosse migliore di lui in tutto, eppure sarebbe rimasto
sullo sfondo della storia.
Anche adesso invida Ruy, perché è brillante, sa affascinare uomini
e donne con parole che vengono da un’intelligenza non comune. È
simpatico a tutti, è invitato ovunque e quando parte lascia un vuoto
nella corte.
E lui? È troppo rigido, lento nel prendere le decisioni, severo verso
gli altri e verso se stesso. Sa bene di non essere amato dal popolo e
neppure dai suoi consiglieri.

Ruy riflette sulla situazione di Filippo, che deve lasciare l’unica donna
che abbia amato per sposare una regina che non ha nulla per piacere a
un uomo, se non il potere. Pensa a Claudia, che per lui non può essere
che un’amante. La situazione non è molto diversa da quella di Filippo,
sa che presto il re gli chiederà di sposare una donna di sua scelta e lui
non potrà opporsi.
Nel tempo che gli rimane prima di seguirlo in Inghilterra cerca di
vederla il più possibile. È straziante per entrambi non sapere quando
si incontreranno di nuovo.
«Io non voglio tenerti legata a me. Sei giovane e bella, quando
partirò dovrai dimenticarmi.»
«Tu mi dimenticherai?»
«No.»
«Allora perché dovrei farlo io?»
«Perché penso che vorrai avere una famiglia, dei figli…»
«Non al momento, tu riempi tutti i miei spazi e non ho voglia di
altro.»
Ruy non è convinto, sente che dovrebbe prendere lui l’iniziativa e
lasciarle vivere la sua vita.
Come immaginava, ben presto arriva un ordine del re.
«Filippo vuole che io mi sposi» comunica a Claudia pieno di
amarezza.
Lei rimane in silenzio nel suo letto, ma mentre lui si veste volta la
testa dalla parte opposta per non fargli vedere le lacrime. Ruy si siede
di nuovo accanto a lei e la prende fra le braccia.
«Ha tredici anni, è solo una bambina. Tu sei la mia sposa.»
«Perché non posso esserlo veramente?»
«Perché io devo fare quello che mi ordina il re, e lui vuole un
legame con l’ereditiera di una delle più importanti famiglie della
nobiltà castigliana.»
«Dunque è una questione di denaro…»
«Anche politica. È la figlia di Diego Hurtado de Mendoza, primo
duca di Francavilla.»
«È una questione di denaro e di potere.»
«Mi hanno detto che ha perso un occhio. Porta una benda…»
La dichiarazione interrompe il pianto di Claudia.
«Come, le manca un occhio?»
«Sì. L’ha perso quando era piccola esercitandosi alla scherma. Non
devi preoccuparti. Noi staremo sempre insieme e io amerò solo te.»
«Lo dici adesso…»
«Perché lo penso adesso, ma sono sicuro che lo penserò anche in
futuro. Comunque, ci sposeremo fra un anno.»
«Dunque non la incontrerai prima di allora…»
«Devo incontrarla fra una settimana. Filippo vuole che conosca la
famiglia. Ricordati che passerà molto tempo prima che il matrimonio
venga consumato.»

Ana de Mendoza è nata a Cifuentes da una famiglia spagnola


importante in campo politico, militare e letterario. Il bisnonno Pedro
Gonzalez de Mendoza, al tempo di Isabella e Ferdinando, era
considerato “il terzo re” per la sua ricchezza e influenza. Figlia unica
del conte di Mélito, viceré di Valencia, è stata educata dal padre come
un maschio dall’età di otto anni, quando la portava con sé a cavallo e
si faceva accompagnare nelle battute di caccia con il falcone.
Lei sapeva usare la balestra, anche se delle dimensioni adatte a una
bambina, e tirare di scherma. Faceva di tutto per somigliare ai ragazzi,
nel fisico e nel modo di pensare, non voleva che il padre si
rammaricasse di non aver avuto un maschio. Lui capiva le intenzioni
di Ana e non la approvava. Voleva che conoscesse alcune delle cose
che fa un ragazzo, ma temeva che esagerasse per compiacerlo.
Quando Ana uccise la prima lepre e la mostrò orgogliosa al padre,
lui la derise affermando che anche se agiva come un maschio non lo
sarebbe mai stata.
A lei non piaceva passare il tempo sui libri e detestava l’insegnante
che le si rivolgeva in latino. Preferiva diventare una brava
schermitrice ma un giorno, esercitandosi al fioretto con un paggio,
venne colpita per sbaglio a un occhio. Aveva perso molto sangue e i
medici temevano per la sua vita. Grazie alla sua forte costituzione e
all’immensa voglia di vivere, alla fine riuscì a guarire, e anche se
l’incidente aveva distrutto la sua bellezza immacolata Ana ebbe la
forza di trasformare il difetto in un pregio: da allora infatti porta
sull’occhio una benda dello stesso colore dell’abito indossato che
aggiunge un pizzico di mistero alla sua bellezza.
Quando le hanno comunicato che avrebbe sposato Ruy Gomez, il
consigliere e amico di Filippo, non stava in sé dalla gioia.
Il giorno in cui deve incontrare il fidanzato rimane a lungo alla
finestra ad aspettarlo. Lo vede arrivare a cavallo con una cappa
bordata d’oro sulla tunica marrone e le calze rosse. Quando però si
avvicina si rende conto che è vecchio, le sembra molto simile al padre.
Decide di non soffermarsi sui difetti del futuro marito, e si affretta a
raggiungere i parenti nella cappella in cui stanno ascoltando la messa.
Ruy entra in chiesa e bacia la mano al padre di Ana e a tutte le
donne presenti. A lei rivolge un lungo sguardo. Ana sente un brivido,
per la prima volta nella sua vita ha paura. Si distrae pensando che
manca un anno al matrimonio e lui avrà il tempo di cambiare idea.
I dodici mesi passano in fretta e, prima di seguire il re in
Inghilterra, Ruy Gomez si sposa. La famiglia di Ana ha fatto grandi
preparativi per le nozze; la madre le ha regalato un diadema
tempestato di diamanti e rubini.
Ana si guarda allo specchio e si vede cinque anni più grande. Una
volta vestita e pettinata, lascia il suo appartamento e scende nel
salone, dove trova ad attenderla centinaia di persone, tutti i parenti
dei Mendoza arrivati per il matrimonio. Il silenzio viene rotto dalla
musica di trombe e tamburi che giunge dal giardino: il re,
accompagnato da cinquanta cavalieri, sta entrando nel palazzo
insieme a Ruy Gomez.
Ana nota che il fidanzato ha scelto lo stesso colore del suo vestito,
giacca e calze rosse e una mantella di velluto della medesima tonalità.
Lo trova molto più bello della prima volta che lo ha visto.
Dopo la cerimonia in chiesa iniziano i festeggiamenti. Una corrida e
poi un ballo mascherato. È lì che Filippo rivolge per la prima volta la
parola ad Ana, chiedendole di aprire le danze. Lei accetta volentieri e
ha modo di vedere il re da vicino. Lo trova affascinante, con la barba
bionda e gli occhi azzurri; ha un’aria solenne che lo rende distante.
Tutti gli sguardi degli invitati sono fissi su di loro e Ruy Gomez passa
in secondo piano.
Filippo sposa Maria “la Sanguinaria”

Agnes scrive spesso alla principessa Giovanna, che si trova in


Portogallo. Un giorno le arriva la triste notizia che il marito è morto
dopo soli due anni di matrimonio. Giovanna sta rientrando alla corte
di Toro e chiede ad Agnes se vuole raggiungerla.
Lei riflette a lungo. Potrebbe scrivere alla principessa che è tornata
a Mindelheim e vuole rimanere a vivere nel suo Paese, ma pur
essendo tedesca ha nostalgia della Spagna. Lì ha amato per la prima
volta, lì si è sposata ed è rimasta vedova, lì è nato suo figlio.
Adesso il piccolo Damián riesce a comunicare bene in tedesco con il
figlio di Siguna, i due bambini vanno molto d’accordo, Agnes però
vuole che viva in una corte, che abbia i migliori insegnanti e che
impari l’arte militare. Quindi a malincuore spiega a Siguna i motivi
per cui deve lasciarla.
Siguna non prova a trattenerla pur se molto addolorata all’idea di
perdere lei, ormai una sorella, e il compagno di giochi del figlio.
Sapeva che prima o poi sarebbe successo.
«Ci rivedremo?» chiede.
«Certamente. Questa è la mia prima casa ma devo molto alla
principessa Giovanna, e se mi ha chiesto di tornare vuol dire che ha
bisogno di me.»
Preparate le sue cose e salutati gli amici, si mette in viaggio con
Damián. Arrivata alla corte di Toro abbraccia Giovanna e le fa le sue
condoglianze.
«Ci amavamo moltissimo, sapete? Tanto che i medici volevano
separarci perché sapevano che Juan Manuel aveva una salute precaria
e non doveva affaticarsi, ma noi non ci siamo mai divisi.»
«E il vostro bambino?»
«Mi hanno costretta a lasciarlo in Portogallo, dai nonni. È l’erede al
regno e non lo avrebbero mai fatto partire per la Spagna.»
Giovanna ricorda il giorno del parto. Sapeva che il marito era a letto
malato ma nessuno le aveva detto che stava morendo. Lei soffriva per
le doglie e per Juan Manuel, che nella sua agonia la chiamava e
chiedeva del figlio che stava per nascere.
Solo quando è nato il piccolo Sebastián le hanno riferito che il
marito era appena morto. Sarebbe rimasta volentieri in Portogallo, ma
quattro mesi dopo Filippo l’ha richiamata urgentemente in Spagna
perché – ormai prossimo alle nozze – voleva lasciarle la reggenza del
Paese.
«Ho quindi bisogno di voi più che mai, Agnes!»
«Non vi abbandonerò più. Che ne pensate del matrimonio di vostro
fratello?»
«L’ha ordinato l’imperatore per allearsi con l’Inghilterra contro la
Francia. Spero solo che sia più felice di quello della zia Caterina con
Enrico VIII .»
«Che moglie sarà Maria Tudor?» chiede Agnes.
«Ha avuto un’infanzia e un’adolescenza infelici. Caterina è stata
ripudiata e lei considerata dal re una bastarda. È cresciuta sola, senza
affetto. Io non voglio giustificare la sua crudeltà, ma pensate che da
bambina ha assistito all’esecuzione del padre, alla morte, per ordine
del re, di amici e parenti e delle mogli.»
«So che Enrico VIII ha cercato di eliminare tutti coloro che
minacciavano il diritto al trono del principe Edoardo, il figlio di Jane
Seymour, che è morta pochi giorni dopo.»
«L’unico figlio maschio! Il padre l’ha salvaguardato in ogni modo,
lo amava moltissimo. L’ha fatto vivere a Windsor, lontano dai pericoli.
Voleva che la sua stanza fosse pulita tre volte al giorno.»
«È vero che era destinato, fin dalla nascita, a sposare Maria Stuarda,
regina di Scozia?»
«Sì, ma la madre della ragazza, Maria di Guisa, l’aveva promessa al
delfino di Francia. Edoardo è diventato re a dieci anni ed è morto di
tubercolosi, come sapete, sei anni dopo. Maria Tudor è arrivata in
Inghilterra e come prima cosa ha fatto giustiziare Jane Gray, che
riteneva responsabile di averle usurpato il trono, e subito dopo i
componenti del Consiglio reale, accusati di tradimento. Da allora gli
atti di crudeltà non hanno avuto fine. Spero che mio fratello cambi le
cose.»
Agnes parla spesso di politica con la principessa: sa che è molto
riservata e che non desidera vengano toccati argomenti più personali.
È più bella della sorella Maria, e più austera, rigida, difficilmente
concede a qualcuno la sua confidenza. Ma è anche estremamente
religiosa e per questo motivo ricorda ad Agnes la regina Isabella di
Castiglia, della quale si diceva che portasse il cilicio e si autoflagellasse
per punirsi dei suoi peccati.

Carlo V vuole che si prepari la flotta e un grande seguito perché il


figlio faccia una buona impressione arrivando in Inghilterra.
L’imperatore è stanco e intende compiere questo ultimo atto prima di
ritirarsi.
Scrive al figlio: «Vi chiedo di manifestare molto amore e molta gioia
alla regina. Converserete e vi mostrerete amico degli inglesi,
sforzandovi di essere cordiale».
Il conte Lamoral di Egmont, nobile fiammingo, porta la domanda
ufficiale di matrimonio in Inghilterra. Mentre cavalca per le strade di
Londra, accompagnato da signori riccamente vestiti e ricoperti di
gioielli, viene insultato dai cittadini. I protestanti non sopportano
l’idea che la regina sposi il cattolicissimo figlio di Carlo V , e vengono
supportati nella loro ribellione dai francesi, preoccupati che la
rinnovata alleanza anglo-spagnola possa danneggiarli. Sono proprio i
francesi a diffondere la voce che Filippo intende sbarcare in
Inghilterra con un imponente esercito.
I consiglieri della regina che preparano il contratto non si lasciano
abbagliare dalla ricchezza promessa dall’imperatore e pretendono che
Filippo sia escluso da ogni partecipazione al governo dell’Inghilterra;
inoltre, non potrà condurre fuori dal regno la regina e gli eventuali
figli.
Filippo torna a Valladolid da Aranjuez per assistere ai balli e ai
tornei organizzati per festeggiare il suo fidanzamento. Mille cavalieri
lo seguono mentre si dirige verso la costa. Si ferma lungo il percorso
per cedere le redini del regno alla sorella Giovanna, che ha solo
diciannove anni, e per incontrare il figlio Carlos, rendendosi conto
ancora una volta di quanto il bambino sia disgraziato. A otto anni è
pallidissimo, la testa è troppo grossa e il corpo minuscolo, ha una
gamba più corta dell’altra e soffre di epilessia e forti febbri.
Vestito elegantemente, Carlos assiste insieme al padre a una corsa
di tori. Dopo tre giorni, Filippo lo lascia con il precettore Honorato
Juan e arriva a Santiago di Compostela. Qui incontra i delegati inglesi
per firmare il contratto di matrimonio e assiste a nuovi festeggiamenti.
A Coruña, seguito dai soldati, sale su una delle cento navi che
aspettano nel porto: quella su cui sventola una bandiera rossa lunga
trenta metri, ricamata con fiamme gialle e le armi imperiali. Su
imbarcazioni più piccole viaggiano i signori e le dame del seguito.
Quando arriva in Gran Bretagna aspetta tre giorni che la regina gli
faccia sapere di essere pronta a riceverlo a Winchester. Filippo parte
con trecento spagnoli sotto una pioggia scrosciante.
Maria vuole vederlo prima del matrimonio e gli fa comunicare che
l’incontro avverrà in segreto nel suo giardino: Filippo potrà essere
accompagnato al massimo da una dozzina di uomini.
Lui fa il suo ingresso a Londra in sella a un cavallo bianco, indossa
una giubba con i bordi dorati e ha una piuma bianca sul cappello.
Poco dopo si trova davanti una donna piccola e goffa, con capelli radi
e un naso largo. Saluta Maria in spagnolo. Lei risponde in francese,
affascinata dal re che le bacia rispettosamente la mano.
Dopo averle rivolto diversi complimenti, Filippo le chiede di
conoscere le sue cinquanta dame, una meno graziosa dell’altra.

Il matrimonio viene celebrato il 25 luglio 1554 dal vescovo di


Winchester nell’abbazia di Westminster. La prima notte di nozze
Filippo lascia Maria esausta, tanto che la regina non si fa vedere in
pubblico per quattro giorni. Mentre lei si riprende, Filippo va a caccia
e visita Londra insieme ai suoi consiglieri, il duca d’Alba, il duca di
Feria, Ruy Gomez e altri nobili.
Ruy scrive regolarmente all’imperatore e afferma che Filippo sta
seguendo i suoi consigli, è gentile e accondiscendente, ha diminuito la
sua scorta e ha incluso alcuni nobili inglesi.
«Agli spagnoli piace l’Inghilterra, nonostante il clima. Ma… hai
visto quanti incidenti per le strade? Furti e aggressioni» commenta
Filippo con Ruy.
«Sì, devono stare attenti a uscire di sera. Inoltre, affermano che le
donne inglesi sono davvero brutte!»
«Non hanno tutti i torti.»
Ruy scrive ancora all’imperatore: “Il re tratta la regina nel miglior
modo e sa molto bene sorvolare su quanto in lei non è piacevole ai
sensi. L’accontenta così bene che l’altro giorno, quando si trovavano
insieme, ella gli fece davvero mille moine ed egli rispose nello stesso
modo”.
Anche il segretario Gonzalo Pérez scrive a Carlo a proposito dei
londinesi: “Le cortesie e i regali che hanno ricevuto e ricevono ogni
giorno dal re ammansirebbero cuori di pietra”.
Filippo sa bene che il problema principale è riportare l’Inghilterra al
cattolicesimo, ma deve agire con delicatezza perché gran parte delle
ricchezze confiscate alla Chiesa si trovano in possesso di uomini
potenti che non le restituirebbero senza combattere. Per il resto, si
interessa poco agli affari del Paese e lascia che sia la moglie a
occuparsene. Lui si limita a dedicarsi ai problemi spagnoli e a
organizzare feste e tornei. A uno di questi partecipa e vince con i suoi
cavalieri vestiti di azzurro contro gli inglesi vestiti di rosso.
«Sono innamorata pazzamente» confessa Maria alla sua ancella.
«Non pensavo che potesse succedermi. Lui viene da me quasi ogni
notte e va bene così. So cosa stai per dirmi… è andato anche con la
mia dama Magdalen Dacre, perché è giovane e bella e anche con
quella Catalina Lainez, che è di origini spagnole. Ma queste
scappatelle le perdono. Durano pochissimo. Inoltre, io ho la chiave del
suo cuore…»
«Quale, vostra maestà?»
«Aspetto un bambino.»
I medici in realtà le hanno detto che molto probabilmente è incinta,
ma già questo al momento basta a calmare i crescenti conflitti tra
spagnoli e inglesi.
Il bambino di Maria Tudor dovrebbe nascere ad aprile. Nel
frattempo, si è arrivati alla quasi completa riunificazione con Roma:
spetta al Parlamento approvare una legge sulla restaurazione ufficiale
della vecchia religione.
Nel dicembre del 1554 vengono abrogati tutti gli atti che
disconoscono la supremazia spirituale del papa sull’Inghilterra, e il
Paese viene assolto da ogni errore scismatico.
Quando la nursery e tutto il necessario per il neonato sono pronti, si
diffonde la notizia che Maria Tudor ha partorito un maschio. Mentre
sono in atto i festeggiamenti, il duca d’Alba scrive all’imperatore che
secondo lui la notizia è falsa. Gradualmente si sparge la voce che a
parte l’ingrossamento del ventre e il seno gonfio, la regina non ha altri
sintomi che indichino una gravidanza.
Ruy Gomez comunica a Carlo V che la Francia deride la regina per
la falsa gravidanza e che in Inghilterra si verificano sommosse e
ribellioni contro di lei. Per troppo tempo Maria ha fatto processare i
protestanti e molti di loro sono fuggiti all’estero, dove hanno fondato
proprie congregazioni, e ora conducono una campagna contro il
governo cattolico della regina. Altri si riuniscono nelle cantine, nelle
chiese distrutte, nei cimiteri. A giugno Maria ordina otto roghi e
numerose condanne.
A luglio non si fanno più previsioni sul parto.
I medici parlano di cisti ovarica che ha confuso le idee ma nessuno
fornisce notizie ufficiali. Maria riprende il governo del Paese mentre
Filippo è ansioso di lasciarlo; Ruy non ne può più dell’Inghilterra.
«Che bella figura che ho fatto di fronte alle corti europee!»
«Non potevate immaginare che vostra moglie non fosse gravida, il
ventre era ingrossato.»
«Tu mi avevi avvertito! Tu lo sospettavi!»
Ruy non risponde perché non vuole infierire.
Ormai convinto che non avrà un figlio da Maria, Filippo decide di
partire: la guerra contro la Francia lo reclama. La regina lo prega di
rimanere ma poi smette di insistere e lo accompagna al porto
trattenendo le lacrime. È sinceramente addolorata, inoltre ha paura di
una rivolta del popolo in favore di Elisabetta, la figlia di Anna Bolena,
e della continua opposizione dei protestanti.
Il nuovo pontefice Paolo IV si dimostra subito favorevole alla causa
francese e stipula con il re un trattato di alleanza. Ottavio Farnese, che
si era avvicinato alla Francia, chiede a Filippo di poter essere di nuovo
al suo fianco, domandando in cambio la città di Piacenza. Memore del
suo tradimento, in un primo momento Filippo rifiuta. Ma poi ci
ripensa, e insieme alla città restituisce a Ottavio il territorio
parmigiano e Novara. Infine, fa rendere alla sorellastra Margherita i
beni farnesiani del regno di Napoli che l’imperatore le aveva tolto
durante la guerra di Parma.
Il ricatto di Maddalena

Maddalena complotta in una taverna di Madrid con Natal e Félix.


«Sono partiti quasi tutti. Federico e Gabriel hanno seguito Filippo in
Inghilterra e Alejandro è occupato con il giovane Carlos nella corte di
Alcalá. Forse è il momento di incontrare Flora.»
«Come farai?» chiede Natal.
«Andrò a Valladolid e le farò recapitare un messaggio in cui le
chiedo un appuntamento. La conosco bene, sono sicura che verrà.»
Maddalena parte sola e prende una camera in una taverna lontana
dalla corte, non vuole essere vista da persone che la conoscono. Scrive
il biglietto per la cugina e lo affida a un ragazzo, l’incontro dovrebbe
avvenire la mattina seguente.
Flora entra nella sala e si guarda intorno, la cugina è in un angolo e
le fa un segno. Se ha accettato di incontrarla è solo per timore, l’affetto
per lei è sparito del tutto, ha capito che Maddalena è una donna senza
scrupoli.
Dopo i primi saluti freddissimi da parte di entrambe Maddalena le
rivela il motivo dell’incontro: «Sono sola e devo mantenere una
bambina. So che mi giudichi male e dopo questa mattina il tuo
giudizio peggiorerà. Ho bisogno di denaro».
«Non ne possiedo molto, è mio marito che controlla i nostri conti.»
«Hai molti gioielli. Li ho visti. Mi darai quelli e dirai che te li hanno
rubati.»
Flora guarda la cugina disgustata. Non riesce a credere che sia
cambiata tanto.
«No! Non lo farò.»
«Se rifiuti di farlo sai che cosa può accadere, inutile che te lo
spieghi. Io non ho niente da perdere e posso riferire a chi di dovere
che sei un’assassina. Esattamente come me.»
«Io mi sono solo difesa e anche tu…»
«Certo, ma per la legge rimaniamo due assassine. Contro di me non
ci sono prove, mentre contro di te c’è la fuga, il coltello che hai lasciato
sul letto matrimoniale, e i servitori che non ti hanno trovata la mattina
in cui hanno scoperto il corpo di tuo marito.»
«Ma tu sei un mostro!»
«Puoi insultarmi quanto vuoi ma non cambierò idea. Ti do una
settimana per raccogliere tutto e portarmelo. Ti farò avere un
messaggio con il prossimo appuntamento.»
Flora si alza di scatto e lascia la taverna. Non ha alcuna intenzione
di cedere al ricatto della cugina e poi si sente protetta dall’imperatore,
messo al corrente da Federico su ciò che aveva dovuto subire. Carlo
non permetterà mai che qualcuno si presenti alla sua corte per
arrestarla. Di questo è più che sicura. Vorrebbe scrivere a Federico di
tornare, ma preferisce aspettare le prossime mosse di Maddalena.
La cugina le fa recapitare un messaggio dopo una settimana per
incontrarla nella stessa taverna, ma Flora non si muove dal palazzo.
Qualche giorno dopo le arriva una specie di ultimatum, deve portare i
gioielli o sarà denunciata. Ancora una volta Flora non si fa vedere.
«Non ce li darà, è chiaro. Dobbiamo passare alla seconda parte del
piano. Cristian si farà assumere in cucina» comunica Maddalena ai
due fratelli.
Malvolentieri Cristian si presenta al cuoco di corte, Gervasio, al
quale dà un nome falso e racconta di essere orfano, vissuto in un
istituto di Madrid.
«Ognuno dei bambini aveva un compito. Io stavo in cucina e
guardavo attentamente come si preparavano le pietanze. Il mio sogno
è di diventare cuoco, ma sono disposto a cominciare da zero se mi
darete una possibilità.»
«Voglio mettervi alla prova. Preparatemi un pranzo completo. Solo
per me. Se lo giudicherò accettabile, vi farò lavorare in cucina e vi
insegnerò il necessario per diventare aiuto cuoco. Altrimenti vi
limiterete a lavare i piatti.»
Gervasio lo lascia solo in cucina e Cristian si impegna a cucinare le
pietanze che gli ha insegnato la nonna Raimunda. Negli anni che ha
passato con lei, prima che il padre lo riprendesse a vivere con lui, la
osservava mentre cucinava e si era fatto spiegare tutte le sue ricette.
Adesso realizza quelle che conosce meglio e alla fine chiama
Gervasio. L’uomo si siede a tavola e si lascia servire senza dire una
parola. Dopo aver mangiato si alza, stringe la mano a Cristian e dice:
«Bene, d’ora in avanti starete accanto a me».
Nei giorni seguenti Gervasio nota con soddisfazione che Cristian,
nonostante sia un giovane di una bellezza notevole e tutte le cameriere
gli girino intorno, mantiene un atteggiamento serio e si dedica con
impegno al lavoro. Durante le pause il ragazzo si aggira per il
giardino del palazzo cercando di capire quali siano le abitudini di
Dorotea, come gli ha indicato Maddalena.
A quindici anni Dorotea è una ragazza strana. Flora pensa che la
figlia sia così malinconica e solitaria perché attraversa il periodo
dell’adolescenza, ma qualcosa le dice che potrebbe esserci dell’altro.
Dorotea ha preso i capelli biondi e la bellezza di Federico, ma
diversamente da lui è irritabile e schiva. Purtroppo, quando è
contrariata Flora le vede negli occhi la stessa furia che leggeva nei
propri quando davanti allo specchio giurava che avrebbe ucciso il
marito violento. Ma a parte quell’episodio, lei non è mai stata
aggressiva, sa sopportare con pazienza i torti, lasciare in tempo una
discussione con Federico se rischia di diventare un litigio.
Dorotea è una ragazza determinata, conscia della propria bellezza,
sdegnosa e addirittura sprezzante nei confronti delle coetanee, che
sente completamente diverse da lei. Flora non la capisce, ha tutto ciò
che si possa desiderare, eppure sembra sempre insoddisfatta. Passa il
tempo a studiare e leggere, ha voluto un cavallo tutto suo con cui
passeggia nella campagna intorno a Valladolid senza accompagnatori.
Flora le rimprovera queste uscite solitarie e spesso le ordina di
rimanere in camera, come punizione. Dorotea ha trovato il modo di
uscire dalla finestra della sua stanza e, arrivata sulla strada, si limita a
fare qualche passo e rientrare dalla porta principale, solo per la
soddisfazione di aver trasgredito a un ordine. Contesta le proibizioni,
i divieti, l’autorità. Flora si chiede da chi abbia preso visto che lei,
prima di ucciderlo, ha sopportato anni di maltrattamenti da parte del
marito e anche prima di sposarsi faceva tutto quello che il padre le
chiedeva, accettando perfino di sposare un uomo più vecchio di lei di
venticinque anni.
Il suo secondo bambino, Francisco, è molto diverso dalla sorella. Il
carattere è simile a quello di Federico, che non si irrita mai e affronta
ogni inconveniente con spirito positivo. È dolce, traboccante di affetto
e calore per lei, riservato e sfuggente con gli altri. Fisicamente è la sua
copia: capelli rossi e occhi verdi, la pelle molto chiara. In lui Flora
trova tutta la soddisfazione che la figlia le nega. Non si chiede, come
invece fa il marito, se tenendolo sempre accanto a sé stia crescendo un
bambino disarmato davanti alla vita, incapace di fare un passo da solo
senza la sua tutela.
Dorotea la sfida continuamente, non ammette consigli né
rimproveri. Quando la madre le parla del suo futuro, invitandola a
guardarsi intorno, lei alza le spalle in segno di indifferenza: «Non
sposerò mai un nobile né un cavaliere».
Flora non riesce a controllarsi in quei casi e protesta: «Non dire
sciocchezze! Se non saprai scegliere da sola sceglieremo io e tuo padre
per te!».
«Mio padre non mi obbligherebbe mai a sposare un uomo che non
amo» risponde Dorotea con calma. Le piace rimanere impassibile
quando vede la madre alterarsi.
«Per questo ti dico di guardarti intorno. Noi non intendiamo
obbligarti a fare qualcosa che non vuoi, ma tu preferisci stare sola, non
partecipi ai ricevimenti, non fai amicizia con le altre ragazze. Perché,
mi chiedo? Ti senti speciale?»
«Effettivamente sì. Non so di che parlare con le altre ragazze. Non
sanno niente, non hanno curiosità, non vanno a cavallo.»
Flora rinuncia a insistere, preferisce andare ad abbracciare il figlio e
occuparsi di lui.

Nelle sue peregrinazioni solitarie fuori dal palazzo reale, un giorno di


piena estate, Dorotea incontra Cristian che la saluta gentilmente. Lei si
ferma un istante a guardarlo interdetta e gli chiede: «Ci conosciamo?».
«Io conosco voi, naturalmente. Vi vedo ogni giorno. Voi non
conoscete me perché lavoro in cucina e ne esco raramente.»
«Ah, siete un cuoco?»
«Gervasio mi ha preso a benvolere, mi ha insegnato la sua arte e
adesso lo aiuto a cucinare.»
«State facendo carriera…»
«Mi prendete in giro?»
«No, parlo seriamente. Ammiro chi viene dal basso e lotta per
conquistare il suo futuro.»
Cristian sorride. Continuano a camminare affiancati per i vicoli di
Valladolid e lei si informa sulla vita del giovane.
«Quanti anni avete?»
«Diciotto e voi?»
«Sedici.»
«Dove siete nato?»
Cristian si prende qualche secondo prima di rispondere, non può
dirle la verità.
«Ho vissuto la mia infanzia in un orfanotrofio di Madrid…»
«Ah, mi dispiace. Quindi non avete conosciuto i vostri genitori.»
«No. Ma sinceramente non ne sento la mancanza. La sentirei se li
avessi conosciuti e poi perduti.»
«Avete ragione. E poi sicuramente il cuoco Gervasio vi farà un po’
da padre.»
«Sì, è proprio così!»
Si fermano in una taverna a bere qualcosa di fresco e poi
riprendono il cammino. Parlano delle loro passioni: i cavalli e la
natura.
«Quando avrò abbastanza denaro ne comprerò uno tutto mio!»
«Io ne ho uno. Cavalco ogni giorno, anche se mia madre la
considera un’ossessione.»
«E vostro padre?»
«No, mio padre è un cavaliere dell’imperatore. È stato lui a
insegnarmi a cavalcare.»
A un tratto Cristian si scusa: deve tornare a corte, afferma. Non si
danno un appuntamento ma sanno entrambi che si rivedranno presto.
Lui in realtà ha tutto il giorno libero e così si incammina verso
l’uscita della città, fino a raggiungere una casupola isolata nella
campagna. Lì lo aspettano Natal, Félix e Maddalena.
«Allora, sei riuscito a conoscerla?» gli chiede il padre.
«Sì. Ci siamo incontrati oggi fuori dal palazzo e io mi sono
presentato. È stata molto gentile e abbiamo parlato a lungo.»
«Quando la rivedrai?» si informa Maddalena.
«Presto, credo. So a che ora esce e posso farmi trovare lungo la
strada per caso.»
«Devi fare in modo che si fidi di te…»
«… per portarla nel posto che ti diremo» aggiunge Félix.
«Certo. Lo so.»
Il rapimento di Dorotea

Ormai Cristian ha imparato le abitudini di Dorotea e spesso si fa


trovare sulla sua strada, non troppo per non insospettirla. Lei è
contenta di vederlo e fare una parte del tragitto insieme. Parlano della
vita a corte che non piace a nessuno dei due, criticano dame e
cavalieri, tutti pronti a calpestarsi per ottenere visibilità e maggiore
potere.
Lei ha scoperto che Cristian sa moltissime cose di argomenti diversi
e si stupisce che abbia letto tanto in un orfanotrofio. In realtà era la
nonna Raimunda a leggergli i libri quando era piccolo, e poi a
risparmiare per regalarglieli.
«Ho utilizzato la biblioteca dell’istituto. Libri che portavano le
dame ricche, insieme ai giocattoli, per noi bambini» spiega Cristian.

Passano altri due mesi finché arriva il giorno in cui Natal chiede a
Cristian di condurre la ragazza in un angolo isolato della città, con la
scusa di doverle mostrare qualcosa: ad attenderli ci saranno lui e Félix.
Dorotea è incuriosita da ciò che Cristian vuole mostrarle.
«Dammi almeno un indizio!»
«No, è una sorpresa. Vedrai che ti piacerà…»
Cristian odia il padre e lo zio che lo costringono a fare qualcosa che
gli ripugna. Odia soprattutto Maddalena, che ha avuto questa idea.
Inizialmente era d’accordo sulla vendetta nei confronti di Gabriel e
Federico, ma pensava che riguardasse il padre e Félix, poi ha capito
che Maddalena li aveva convinti a chiedere un riscatto alla cugina e
che la vendetta era rimandata.
Quando il padre gli ordina di fare qualcosa, anche se si tratta di
un’azione illegale, esegue il compito senza farsi domande. Per questo
ha accettato di aiutarlo a rapire Dorotea, ma ancora non la conosceva.
Adesso è diverso, sente di essersi innamorato di lei e non vuole farla
soffrire.
Ci pensa mentre la sta conducendo verso l’abisso ed è tentato di
cambiare strada e rinunciare. Sa però che se non la porterà nel punto
stabilito saranno botte, e quindi ubbidisce.
Nei pressi di una chiesetta di campagna che nessuno frequenta più,
Cristian invita Dorotea a chiudere gli occhi per un minuto e subito
dopo si allontana per non dover assistere al rapimento. Natal e Félix
gettano una coperta sulla ragazza e la stordiscono con una botta in
testa. Poi la infilano in un baule e la portano via su un carretto. Per
tenerla prigioniera hanno scelto una baracca abbandonata in mezzo
alla campagna.
Félix e Maddalena vanno a Madrid per non destare sospetti,
qualcuno potrebbe riconoscere lei per le strade di Valladolid. Il piano
è tenere Dorotea rinchiusa finché Flora non si deciderà a pagare il
riscatto. Quanto a Federico, che soffra pure per la sua scomparsa! Poi
la lasceranno libera.
Cristian non teme per sé, visto che ha dato al cuoco una falsa
identità e ha inventato una storia della sua vita che non corrisponde
alla verità. È lui che porta cibo e acqua a Dorotea appena si riprende
dal colpo che ha ricevuto alla testa.
«Che cosa è successo? Dove mi trovo?»
«Mi dispiace… non posso dire niente.»
«Ma chi è stato a colpirmi? Tu eri vicino a me… ma non sei stato
tu!» Dorotea si ferma a riflettere e poi afferma: «Mi hai condotta in
quel posto perché qualcuno mi rapisse, ma perché?».
«Non ne posso parlare. Questo è il cibo e la brocca dell’acqua.
Tornerò stasera.»
«Fermati!»
Dorotea prova ad alzarsi ma si rende conto di avere le gambe
legate.
Cristian lascia la stanza e torna a palazzo, dove il cuoco lo sta
aspettando. Aiuta in cucina per preparare un banchetto e non ha la
possibilità di rivedere Dorotea il giorno dopo. È Natal che le porta da
mangiare nascondendosi in un mantello che gli copre anche il volto.
«Chi siete? Perché mi trovo qui?» domanda Dorotea.
Natal non risponde e lascia la stanza.
Lei non riesce a capire. È chiaro che si tratta di un rapimento, ma
per quale ragione? Qualcuno vuole chiedere un riscatto a suo padre?
Anche se è il cavaliere preferito dall’imperatore, è pur sempre un
cavaliere, non è ricco. Dorotea comincia a pensare che si tratti di uno
sbaglio di persona.

Flora si è accorta della scomparsa della figlia e la cerca ovunque, senza


avvertire nessuno. Teme che se ne sia andata di sua spontanea
volontà, magari come reazione al loro ultimo litigio. Aspetta alcuni
giorni e comincia a preoccuparsi, immagina che Dorotea sia stata
rapita e pensa anche di sapere da chi.
Non sa che fare. Denunciare il sequestro porterebbe le guardie a
indagare, magari a catturare Maddalena, che la accuserebbe di
omicidio. La sua vita sarebbe finita. Conosce l’Inquisizione e sa che
verrebbe giudicata e condannata per aver ucciso il marito. No, non
può parlarne con nessuno, ma scrive a Federico perché torni al più
presto, non può dirgli di più per lettera.
I giorni seguenti sono un tormento per Flora, anche se è sicura che
Maddalena intenda farla cedere lentamente per ottenere ciò che vuole.
Presto si farà viva.
Inoltre, c’è un pensiero cattivo che non riesce a cacciare: la sua vita
senza la figlia è migliorata. Deve ammettere che Dorotea un po’ la
spaventa; forse non è proprio paura ciò che prova in sua presenza, ma
disagio. Si sente osservata, giudicata e a volte perfino disprezzata.
Non ne capisce il motivo. Sicuramente la figlia è gelosa dell’attenzione
che dedica a Francisco, ma c’è qualcos’altro.
Dorotea non passa molto tempo con il fratello, non si fida di un
bambino che agisce sempre come un adulto. Lui è studioso, socievole,
affettuoso; a lei non piacciono le persone compiacenti, che fanno
qualcosa solo per essere lodate o ricevere sorrisi e premi. Forse per
questo si comporta in modo completamente opposto. Flora si chiede
se quella della figlia sia una sfida, un modo di saggiare il limite di
sopportazione dei genitori.
Federico non la rimprovera mai, ma Dorotea non sa se lo faccia per
amore o per non avere problemi. Ha capito presto che il padre, pur
coraggioso in battaglia, è un pavido nelle relazioni. Dalla moglie
subisce tutto, la accontenta, prevede perfino i suoi desideri. Lei non lo
ama, come non ama la madre e neppure il fratello. In realtà non trova
neppure se stessa molto simpatica.

Finalmente Federico torna in Spagna e Flora gli racconta tutto,


compreso il ricatto subito da Maddalena tempo fa.
«Perché non me lo hai detto subito?»
«È mia cugina e non pensavo che sarebbe arrivata a tanto. Ero
convinta che dopo il mio rifiuto avrebbe rinunciato.»
«Adesso che cosa vuole?»
«Chiede ancora i gioielli. Devo portarli in una locanda che mi ha
indicato in un messaggio che ho trovato sotto la porta. Aspettavo che
tornassi tu per prendere una decisione. Temo che se anche facessi
quello che vuole non ci restituirebbe Dorotea. Sicuramente l’ha vista e
riconosciuta.»
«Se qualcuno ti ha lasciato un messaggio vuol dire che ha un
complice a corte…»
«Potrebbe anche aver pagato un ragazzo… Ma che devo fare?»
«Non fare niente. Cercherò io nostra figlia e alla corte diremo che è
andata a Toledo da Sofia.»
Federico ha cercato di tranquillizzare la moglie ma in realtà non sa
da dove cominciare la sua ricerca. Va nei luoghi in cui Dorotea era
abituata a passeggiare sola e contemporaneamente cerca Maddalena
in tutte le locande della città.
Dorotea langue nella sua prigionia. Ogni volta che la porta si apre
spera che sia Cristian a portarle il cibo, ma il ragazzo si fa vedere
raramente: Gervasio ha bisogno di lui e non lo lascia libero.
Federico ha deciso di farsi aiutare nella ricerca della figlia da altri
cavalieri, e ha anche avvertito le guardie.
Un giorno che Natal si è dovuto assentare, Cristian entra nella
stanza della ragazza e si siede accanto a lei.
«Non mi chiedere niente perché non posso risponderti, ma voglio
tenerti compagnia.»
«Chi ti comanda oggi non c’è?» Cristian non risponde e Dorotea
continua: «Allora potresti lasciarmi andare…».
«Non posso, anche se lo vorrei.»
Dorotea decide di adottare un’altra tattica, parla di argomenti
banali solo per trattenere il ragazzo accanto sé. Gli chiede dei
banchetti a corte, evitando di nominare i genitori, sicura che stiano
soffrendo per la sua scomparsa.
Da una parte è quasi contenta che Flora sia in pensiero, così per
qualche tempo la sua mente sarà occupata da lei e non dal fratello.
Non pensa di essere gelosa di Francisco, ma ritiene che sia ingiusto
che una madre abbia delle preferenze riguardo ai figli.
Federico invece le dedica molto tempo. Insieme vanno a cavallo,
parlano di battaglie e strategie militari, argomenti sui quali Dorotea ha
letto molto e che a Francisco non interessano.
Cristian non sopporta di vedere Dorotea in prigionia. Il bel vestito
con cui l’aveva incontrata prima che fosse rapita è sgualcito e
stazzonato, i capelli biondi sono spettinati e sporchi, lo sguardo è
spento.
Un giorno ruba del cibo in cucina e glielo porta di nascosto dal
padre, poi rimane qualche minuto a parlare con lei.
«Io non capisco. Prima mi fai rapire e poi rubi il cibo per me…»
«Non volevo che accadesse…»
«Ma l’hai fatto!»
Il padre lo chiama arrabbiato e Cristian lascia la stanzetta.
«Che cosa fai da lei?»
«Niente. Temo che abbia fame.»
«Le do tutto il cibo che le serve. Non ha bisogno di altro.»
«Certo. Hai ragione.»
Più tardi Félix e Maddalena arrivano alla baracca per parlare con
Natal. Sono sorpresi, erano sicuri che Flora avrebbe ceduto e lasciato i
gioielli nel posto indicato, ma Cristian, che passa ogni giorno a
controllare, non ha trovato niente.
«Che cosa facciamo?» chiede Natal. «Non possiamo tenerla qui
ancora a lungo. Federico è tornato a corte e sta cercando la figlia.»
«Ecco perché Flora non ha lasciato i gioielli. Aspettava il marito.
Vedrai che adesso si decideranno» afferma Maddalena.
«Credi?»
«Non ti ricordi com’era nostro fratello?» si inserisce Félix. «Incapace
anche di difendersi quando veniva picchiato. È un pusillanime, non
farà niente.»
«Non è così» interviene Maddalena. «Voi lo ricordate da bambino,
io l’ho visto da adulto. È molto coraggioso, ha rischiato la vita per
difendere l’imperatore nell’assedio di Tunisi. È rimasto a lungo in
ospedale, in coma. Il problema è un altro. La locanda in cui Flora
dovrebbe lasciare i gioielli adesso è piantonata… Dobbiamo trovare
un altro sistema.»
«Cristian farà avere un messaggio a Flora e Federico in cui
indicheremo un luogo diverso dove lasciare i gioielli. Aggiungeremo
che se Flora non si presenta sola la figlia verrà uccisa» propone Felix.
Sono tutti d’accordo e Cristian è costretto a lasciare il messaggio
sotto la porta di Flora. Continua a lavorare nella cucina di Gervasio e
pensa ogni minuto a Dorotea, cercando di capire come salvarla.
Dorotea è libera

La notte, nella sua stanza a corte, Cristian rimane sveglio a


rimuginare. Non è violento, non è cattivo e neppure ambizioso. Non
desidera molto denaro né potere, ma una vita tranquilla, un cavallo
tutto per sé e la donna che ama. Gli fa impressione evocare la parola
“amore”, anche se solo nella sua mente. Prima di conoscere Dorotea
era stato solo con delle prostitute, poiché il padre lo portava con sé,
oppure erano le cameriere delle taverne a fargli capire che lo
desideravano. Gli era andata bene così, finora.
Quello che ha fatto gli sembra improvvisamente assurdo, ha agito
meccanicamente, seguendo le indicazioni del padre e dello zio.
Ricorda il bel periodo dell’infanzia passato con la nonna, che lo ha
educato, lo ha fatto studiare e voleva che imparasse un mestiere.
Il ladro. Ecco che cosa gli ha insegnato a fare suo padre. Si ribella
rivoltandosi nel letto e prende una decisione.
Approfitta del giorno in cui è solo con Dorotea: velocemente
scioglie le corde che le bloccano le gambe e la aiuta a mettersi in piedi.
«Perché lo fai?»
«Non posso vederti così. Ho partecipato al tuo rapimento perché
me lo ha ordinato mio padre, ma mi sono pentito subito dopo.»
Dorotea lo guarda sorpresa.
«Quindi non sei cresciuto in un orfanotrofio…»
«Sì, ho un padre… ma mia madre è morta durante il parto.»
Dorotea scuote le gambe intorpidite e fa qualche passo nella stanza.
È stata troppo tempo seduta sul letto.
«Avermi liberata ti metterà in pericolo?»
«Non importa.»
«Chi è tuo padre? Perché ha voluto rapirmi?»
Lui la spinge fuori dalla stanza.
«Non è il momento di parlarne, voglio che tu raggiunga i tuoi
genitori. Ti racconterò tutto, te lo prometto.»
Escono dalla baracca e si incamminano nella campagna in silenzio.
Solo quando entrano in città Dorotea si rende conto che Cristian le
mancherà.
«Quando ci rivedremo?»
«Non lo so. Non posso tornare a corte e credo di non poter neppure
rimanere a Valladolid, mio padre mi cercherà…»
«Dobbiamo trovare una soluzione insieme. Ti ricordi dove ci siamo
visti la prima volta?»
«Certo.»
«Bene. Ci vedremo lì tra un mese esatto alle cinque del pomeriggio.
Allora decideremo cosa fare.»
«Va bene.»

Mentre i ragazzi attraversano la città, Federico, alla ricerca della figlia,


vede un uomo da lontano e si ferma a guardarlo. Avvicinandosi lo
riconosce subito: è il suo fratellastro, Natal. Come mai si trova a
Valladolid?
Insospettito lo segue facendo attenzione a non essere scoperto.
Natal ha comprato del cibo in un mercato e si sta dirigendo fuori città.
Federico gli è dietro. Lo vede scendere da una collina e dirigersi verso
una baracca in mezzo alla campagna. Mentre Natal entra in casa,
Federico gli arriva alle spalle e lo ferma.
«Hai preso tu mia figlia?»
Natal si divincola e spinge via Federico, poi entra in casa e chiude
la porta.
Si accorge subito che la ragazza è sparita. Federico sfonda la porta a
spallate e afferra Natal, puntandogli un coltello alle spalle.
«Qui non c’è, puoi controllare» afferma Natal, che ancora non riesce
a capire.
«Allora dov’è? Dimmelo o ti porto dalle guardie…»
Natal ha bevuto e perde il controllo. L’idea di far svanire quell’aria
supponente dalla faccia del fratellastro è più forte di ogni altra cosa.
«L’ha rapita e uccisa Félix dopo aver studiato i suoi orari» confessa.
«Io l’ho aiutato a nascondere il corpo, ma non saprei dirti dove. In
mezzo alla campagna. Ho dimenticato il punto esatto!»
Federico ha un attimo di cedimento, abbastanza perché anche Natal
estragga il coltello e lo colpisca all’addome. A sua volta Federico
sferra un fendente e taglia la gola al fratellastro.
Oltrepassa il corpo perché non riesce a pensare che la figlia sia
morta. Entra nella stanza in cui Dorotea veniva tenuta prigioniera. C’è
una brandina, a terra vede delle corde. Si accascia sul materasso nudo
e lo sfiora con le mani. Si rende conto che è tiepido, quindi la figlia è
stata lì fino a poco prima. Non è morta. Forse Félix l’ha portata
altrove.
Guarda il corpo dell’uomo che si dissangua in terra e, quando è
certo che non si alzerà più, si avvia verso il palazzo per parlare con la
moglie e avvertire le guardie di quello che è successo.
Intanto Dorotea e Cristian sono arrivati in prossimità del palazzo
reale e lui dovrebbe allontanarsi velocemente, ma qualcosa gli
impedisce di lasciare la ragazza. Le prende la mano.
«Vorrei che mi perdonassi. Non avrei mai voluto farti soffrire. Ho
commesso un terribile sbaglio.»
Lei non ritrae la mano e guarda Cristian negli occhi. Bellissimi occhi
uguali a quelli di suo padre. Le dispiace che sia tanto addolorato.
«Non è colpa tua. Hai ubbidito a tuo padre, come io ubbidisco al
mio.»
Federico sta avanzando verso il palazzo reale e a un tratto gli
sembra di riconoscere la figlia insieme a un ragazzo. Nello stesso
momento Dorotea vede il padre.
«Vai via! Spiegherò tutto io, ma non farò il tuo nome. Allontanati
senza correre.»
Cristian fa come lei gli ha suggerito, mentre Federico abbraccia la
figlia. È la prima volta che lei lo vede piangere.
«Pensavo che ti avessero uccisa! Mi ha detto di averti sepolta in
campagna… Dio mio, non posso credere che tu sia tra le mie braccia!»
«Chi ti ha detto questo?»
«Un uomo che conosco da tempo. Come hai fatto a liberarti?»
«L’uomo che mi ha presa non voleva che morissi. Forse per questo
non mi ha legata molto stretta e sono riuscita a liberarmi» mente lei.
«E quel ragazzo?»
«Mi ha accompagnata fino a qui. Mi ha vista vagare nella campagna
perché non ritrovavo la strada.»
«Eppure ha un’aria familiare… che strano. Sei sicura di non averlo
conosciuto prima?»
«Sicurissima.»
Per un attimo Federico ha visto se stesso nel ragazzo che parlava
con la figlia. O meglio, ha visto la madre Raimunda. Stessi capelli
biondi, stessi occhi blu scuro. Non riesce a capire quella strana
somiglianza ma la presenza della figlia ritrovata gli fa rimandare a un
altro momento i suoi dubbi.

Flora abbraccia la figlia piangendo e non si accorge di quanto lei sia


infastidita dalle sue lacrime. Era sicura che Federico l’avrebbe trovata,
come era sicura che Maddalena non le avrebbe fatto del male.
«Come hanno fatto a portarti via?» chiede.
Dorotea ha già preparato la sua versione dei fatti: «Passeggiavo,
quando qualcuno mi ha colpita alla testa. Mi sono svegliata in una
stanza, legata al letto. Quell’uomo si presentava incappucciato e con il
viso coperto. Poi un giorno l’ho sentito andare via, e poiché già ero
riuscita a liberarmi dalle corde non troppo strette sono fuggita.»
«Ti ha parlato?»
«No.»
Flora è d’accordo con Federico di non riferire alla figlia il
coinvolgimento di Maddalena, altrimenti dovrebbe raccontarle anche
del ricatto e del fatto di essersi macchiata di un delitto violento. Le
dicono che probabilmente chi l’ha rapita voleva chiedere un riscatto a
Federico quando fosse tornato in Spagna.
Dorotea sa benissimo che la verità non è questa e che quando
rivedrà Cristian finalmente capirà cosa è successo.
Rimasto solo con la moglie, Federico le confessa di aver ucciso il
fratellastro Natal.
«L’ho fatto per difendermi, lui ha estratto il coltello per primo e mi
ha colpito.»
«Dove? Fammi vedere!»
«È una ferita di striscio. L’ho già fatta medicare, non devi
preoccuparti.»
«Da quanto tempo non lo vedevi?»
«Da quando avevo undici anni, è identico al marito di mia madre,
l’uomo ucciso da Gabriel.»
«Il marito di tua madre… Gaspar, l’assassino dei marchesi
Acevedo?»
«Sì. Gabriel mi ha detto che quando lo ha colpito a morte a Talavera
i figli hanno assistito all’aggressione e secondo lui hanno giurato di
vendicarsi.»
«Ma perché di noi, di te?»
«Quando ho incontrato mia madre, ormai sono diversi anni, lei mi
ha detto che mi odiavano perché ero diventato un cavaliere
dell’imperatore, mentre loro si limitano a rubare.»
«Ma allora i miei gioielli…»
«Credo che qui entri in campo Maddalena. Si devono essere
conosciuti a Toledo o da qualche altra parte e hanno deciso di
ricattarti. Sono sicuro che se lei voleva solo il denaro, loro cercavano
anche di farmi del male. Hanno aspettato che Dorotea fosse
abbastanza grande per uscire da sola e l’hanno rapita.»
«Hai avvertito le guardie che nostra figlia si è liberata?»
«No. Non posso farlo o uscirà fuori tutto. Terremo la cosa segreta.
Troveranno il corpo di Natal, ma non arriveranno mai a me.
Penseranno a una resa di conti fra banditi.»
«Ma che diremo della scomparsa di Dorotea? In tanti ti hanno
aiutato a cercarla. Abbiamo avvertito anche le guardie…»
«Diremo che si era allontanata con un ragazzo che non volevamo
farle frequentare e che è tornata a casa.»
«Non dimenticare Maddalena, e non dimenticare Félix.»
«Maddalena non mi preoccupa. Io credo che dopo aver fallito con
la richiesta di gioielli, non sia più un pericolo per noi. Lo è invece Félix
per Gabriel. Devo avvertirlo.»
Félix non ha più notizie dal fratello, parte da Madrid e arriva a
Valladolid per vedere come vanno le cose con Dorotea e pianificare
l’uccisione di Gabriel.
Giunto alla baracca scopre che è vuota ma vede le macchie di
sangue davanti alla porta e pensa al peggio. Si informa e viene a
sapere che Natal è stato ucciso. Pensa subito a Federico: ha scoperto il
luogo in cui tenevano Dorotea e l’ha liberata.
Tutto avrebbe immaginato, tranne un finale così doloroso per lui.
Con Natal non c’è stato mai un conflitto o un litigio, erano sempre
d’accordo su tutto. Senza di lui la sua vita sarà molto triste.
Cerca di capire cosa sia successo e l’unica soluzione che gli viene in
mente è che Cristian si sia pentito del rapimento e abbia avvertito
Federico. Non condanna Cristian, è solo un ragazzo e aveva
consigliato il fratello di non coinvolgerlo, ma Natal lo aveva
rassicurato: “Mio figlio fa tutto quello che gli chiedo, non mi
tradirebbe mai”.
Malvolentieri Félix aveva acconsentito a servirsi di Cristian per
attirare Dorotea nella loro trappola, ed è sicuro che adesso il ragazzo
si nasconda da qualche parte temendo la sua ira.
Torna a Madrid per parlare con Maddalena.
«Non posso neanche chiedere il suo corpo… mi farebbero troppe
domande.»
«Mi dispiace moltissimo e mi sento in colpa per la morte di Natal.»
«No, tu non c’entri. Federico ha avuto il coraggio di colpire a morte
suo fratello e questo è imperdonabile…»
«Gli aveva rapito la figlia. Può essere compreso. Non penserai di
ucciderlo, vero? O questa storia non finirà mai!»
«Devo trovare Gabriel. Solo allora questa storia finirà davvero.»
L’omicidio di Gabriel

Nella fortezza di Tordesillas Giovanna sta malissimo. La sua vita è


stata un lungo viaggio nel dolore e nella solitudine.
«È finita per me, Manuela. Finalmente!»
Manuela non replica, sa che la morte sarà una liberazione per la sua
regina. Da tempo Giovanna rinuncia ad alzarsi dal letto. Se ne sta
tutto il giorno a guardare il soffitto, ma continua con determinazione a
rifiutare la confessione. Non prende le medicine, non vuole essere
curata.
Ad assisterla spiritualmente c’è Francesco Borgia, entrato nella
Compagnia di Gesù dopo la morte della moglie. Era arrivato a
Tordesillas come paggio, quando con Giovanna viveva ancora la figlia
Caterina. Aveva lasciato la fortezza per seguire a Valladolid la regina
Isabella, che lo aveva nominato marchese di Lombay e gli aveva
chiesto di sposare Eleonora de Castro, da cui ha avuto otto figli. Dalla
morte della regina si è dedicato allo studio della teologia, ottenendo il
dottorato. Quando ha perso la moglie ha preso i voti ed è stato
ordinato sacerdote a Roma.
È lui che cerca di convincere inutilmente Giovanna a pregare nei
suoi ultimi giorni. Poco prima di morire lei ripete brevemente qualche
preghiera meccanicamente e Borgia le dà l’assoluzione. Giovanna
piange piano e Manuela piange con lei.
Il 12 aprile 1555, dopo aver baciato il crocifisso, la regina muore, a
settantacinque anni, di cui quarantasei trascorsi in prigionia.
La principessa Giovanna ordina che il corpo della nonna sia
imbalsamato ed esposto per tre giorni al pianterreno della fortezza.
Tutti gli abitanti di Tordesillas e dei paesi vicini vanno a renderle
omaggio, prima che il corteo funebre raggiunga il convento di Santa
Chiara. Poi Giovanna viene sepolta nella cappella reale della
cattedrale di Granada, insieme al marito e ai re cattolici.
Filippo si trova a Londra e Ferdinando in Austria, a rappresentare il
figlio Carlo c’è don Pedro de Velasco; intervengono diversi vescovi,
oltre al marchese di Denia e ai governatori della città. Per dieci giorni
viene dichiarato il lutto cittadino, con il divieto di ballare, fare musica,
partecipare a tornei e sposarsi.
Carlo fa rivestire di panno nero il palazzo reale di Bruxelles. Si
aspetta l’arrivo di Filippo dall’Inghilterra. Finalmente l’8 settembre il
funerale viene celebrato nella cattedrale di Santa Gudula. Anche le
facciate delle case che danno sulla strada percorsa dal corteo sono
ricoperte di nero e illuminate dalle torce. Filippo, circondato da
moltissimi nobili, indossa un saio lungo fino a terra e ha i piedi nudi.

Manuela rimane sola. Coetanea di Giovanna, adesso che è morta non


ha più scopi. Ha dedicato la sua vita alla regina, l’ha vista mentre
veniva rinchiusa, maltrattata, umiliata, torturata e infine abbandonata.
Lei ha sempre condiviso le idee religiose di Giovanna, il suo
anticonformismo, l’odio per le autopunizioni, per l’Inquisizione, per le
ingiustizie. Neanche per un momento ha dubitato della sua lucidità:
Giovanna ha sempre mantenuto una mente brillante, che sarebbe stata
molto utile al Paese, se i genitori e il figlio non l’avessero tradita e
messa da parte.
Manuela si sente persa. Non ha mai voluto pensarci ma adesso si
rende conto di aver scelto una vita assurda. Sarebbe potuta rimanere a
Toledo con la sorella e occuparsi dei nipoti, oppure avrebbe potuto
formare una famiglia sua. In questo modo avrebbe lasciato dei frutti
dietro di sé, invece si è intestardita a seguire la sorte di Giovanna e ora
non le rimane niente.
Decide di tornare a Toledo da Sofia. Prima però passerà nella
piccola casa che possiede a Tordesillas, per prendere le sue cose e
venderla. Fa sapere al fratello Gabriel le sue intenzioni e lui si mette in
viaggio da Valladolid per raggiungerla.
Manuela ha usato poco questa casa poiché è quasi sempre vissuta
accanto a Giovanna nella fortezza. Ricorda però quando venne Sofia a
rifugiarvisi, poco prima di partorire. Aveva dovuto lasciare la corte
danese perché il suo amante e padre di suo figlio era stato condannato
a morte ingiustamente. Con Manuela avevano deciso di non
raccontare a nessuno chi fosse il padre del bambino e solo Alejandro,
una volta cresciuto, aveva saputo la verità dalla madre.
La nascita di Alejandro è il ricordo più bello legato a quelle stanze,
il resto è dolore e rimpianto. Lì Manuela si era chiusa qualche giorno
per piangere la morte del suo unico amore, Lucas de Villena,
giustiziato come uno dei capi dei ribelli comuneros. Lì – per non farlo
davanti alla regina, che già soffriva troppo per i suoi problemi – aveva
pianto il suicidio della sorella Octavia.
La prima notte che passa nella casa fa un sogno che la spaventa e la
sveglia. Da tempo gli incubi premonitori non venivano a visitarla! Ha
visto Gabriel cadere da cavallo e questo è impossibile, il fratello è il
miglior cavaliere che conosca: non potrebbe mai distrarsi al punto di
scivolare dalla sella. Si trovava in mezzo a fitti alberi e non ce ne sono
nel percorso che deve effettuare per raggiungere la sua casa.
Manuela si alza all’alba inquieta e prepara le valigie per distrarsi
dall’impressione vivissima di aver visto il fratello giacere tra le foglie
cadute dagli alberi.

È da quando è partito da Valladolid che Gabriel ha l’impressione di


essere seguito. Diverse volte si è fermato per guardarsi alle spalle ma
non ha visto nessuno. Arrivato vicino all’edificio in cui abita la sorella
lascia il cavallo e si avvia a piedi. Mentre arriva davanti al portone
viene colpito alla schiena da un coltello.
Crolla a terra e un secondo colpo lo raggiunge alla spalla. Vede un
uomo incappucciato risalire a cavallo e dileguarsi. Pur sanguinante,
anche lui monta sul suo cavallo e lo insegue.
Uscito dalla città l’aggressore si infila in un bosco e Gabriel gli è
dietro, anche se ormai la vista è annebbiata e la vita gli sta sfuggendo.
Poiché Natal è morto, immagina che l’omicida sia Félix, che l’ha
colpito a tradimento come lui ha fatto con suo padre. Non vale la pena
cercarlo ancora, dentro di sé sapeva che non sarebbe morto
combattendo ma vittima di un assassinio, come è accaduto a suo
padre.
Cade in mezzo a una piccola radura e guarda il cielo nuvoloso.
Sa che sta per morire e vorrebbe fare un bilancio della sua vita ma i
pensieri si accavallano, si confondono uno nell’altro. Quante morti!
Due per mani sue, il suicidio di Octavia, Nicolò che perde la vita per
salvarlo, l’omicidio dei genitori.
La sua vita è stata avvelenata dall’odio. Sempre. Vorrebbe dire a
Federico che l’ha amato nonostante l’invidia sia stata più forte
dell’amore. Vorrebbe dire ad Alejandro che ha sbagliato a dividerlo da
Agnes. Poi i volti si mescolano e sono tornei, battaglie, spade che si
scontrano, navi che salpano… l’ultimo pensiero è per Manuela, la
sorella complice fin da quando erano bambini, a cui non ha mai detto
“ti voglio bene”, e che lo sta aspettando invano.

Manuela ha preparato i bagagli ma il ricordo del sogno rallenta i suoi


movimenti. Tutte quelle scene strane, viste tra il sonno e la veglia, si
sono realizzate: il suicidio della sorella, la morte di Filippo d’Asburgo,
quella di Lucas… È molto triste prevedere solo la morte. Pensa che se
qualcuno ha ucciso suo fratello, e non le è difficile immaginare chi
possa averlo fatto, per lei è finita. Quel viaggio a Toledo lo avrebbe
compiuto solo per ritrovarlo, dopo tanti anni di lontananza.
Sono gli unici figli di entrambi i marchesi Acevedo e tra loro è
sempre esistito un vincolo di sangue più forte di quello che li lega alle
gemelle, o a Federico. Gabriel si è dimostrato incapace di provare
amore, ma se il suo cuore ha mai prodotto un barlume di affetto è
stato solo per Manuela.
Lei aveva continuato a seguire tutte le sue imprese attraverso i
racconti che le facevano Sofia o Federico. Di lui sapeva quasi tutto e
quello che ignora non ha importanza.
Dopo una settimana, comincia a credere che la scena sognata si sia
verificata… Potrebbe mettersi in viaggio da sola, ma è colta da
un’enorme stanchezza; ogni movimento, anche spostarsi dalla camera
da letto alla sala, la affatica. Così smette di farlo e rimane a letto,
vestita.
Per la prima volta perde la speranza nel futuro. Non ha più voglia
di nutrirsi; è molto debole e tutte le sofferenze che ha diviso con
Giovanna si fanno sentire all’improvviso. Si è trascurata per accudire
la regina, non si è mai fatta visitare, se chiamava i medici era solo
perché la sua regina non stava bene. Eppure sentiva che qualcosa in
lei non andava, che il suo corpo non aveva più l’energia di una volta, e
non si trattava solo della vecchiaia.
Proprio adesso che le sue difese sono esaurite e sta perdendo il
controllo sulla sua vita improvvisamente le torna alla memoria la
scena che ha visto nella notte del 30 dicembre 1499, quando aveva
dodici anni. Soprattutto recupera dall’oblio un ultimo particolare, che
le era sempre sfuggito… Un uomo… sì, un uomo era entrato in casa e
dopo aver visto i corpi dei suoi genitori sul pavimento si era chinato
sul cadavere della madre e le aveva chiuso gli occhi piangendo. Poi
aveva afferrato Gaspar per un braccio e l’aveva trascinato fuori,
mentre con la voce soffocata dai singhiozzi ordinava a Raimunda:
«Prendila!».
Quell’uomo era Martín Mendes, l’amante della madre, il padre
delle gemelle.
Manuela trova la forza di scrivere un biglietto a Sofia. Le dice che
non potrà raggiungerla a Toledo e le chiede di indagare su Martín
Mendes, perché secondo lei è implicato negli omicidi. Poi anche la
penna diventa troppo pesante e la lascia cadere a terra.

Sofia è preoccupata. Non ha avuto più notizie da Manuela. Ha già


preparato la sua stanza, ha fatto progetti per lei, per le cose da fare
insieme. Che cosa è successo?
Scrive al figlio Alejandro perché vada a Tordesillas a controllare.
Gli chiede di entrare anche nella piccola casa che Manuela possiede in
città e dove lui è nato.
«Non credo che l’abbia usata molto in questi anni, ma forse è
andata a prendere delle cose e si è sentita male.»
Sofia si pente di aver trascurato la sorella. Ha accolto tante persone
nella sua casa di Toledo ma a Manuela ha solo scritto delle lettere,
raramente è andata a trovarla. Forse il motivo è che non ha mai
approvato la sua scelta di farsi rinchiudere in una fortezza insieme
alla regina. Non c’è amicizia, amore o rapporto familiare che possa
giustificare una decisione così drastica.
Rimpiange tutto il tempo che avrebbe potuto passare con lei, nella
loro casa di Toledo, oppure a corte. È la sua unica sorella, dopo la
morte di Octavia, e ricorda che quando era piccola Manuela la portava
sempre con sé. Le faceva fare giochi spericolati, la lasciava andare con
lei al mercato o accarezzare il suo cavallo. Le leggeva i libri in giardino
e le raccontava storie che inventava per entrambe le gemelle.
L’ultimo anno che Manuela aveva passato a Toledo Sofia si era
accorta che il giovane Lucas de Villena si era innamorato di lei.
Sparivano per ore: lui la portava a visitare le chiese e i monumenti. E
quando tornavano Manuela era visibilmente eccitata, gli occhi
brillanti, il sorriso pronto.
La sorella non le ha mai parlato esplicitamente del suo amore per
Lucas, se non nel periodo che Sofia ha vissuto a Tordesillas prima di
partorire Alejandro. Allora ha scoperto che la sorella aveva finalmente
deciso di sposarlo ma era troppo tardi, lui sarebbe stato giustiziato
qualche giorno dopo.
Adesso è preoccupata per lei e spera che il figlio le scriva che
Manuela sta bene.
Alejandro va a Tordesillas, chiede di Manuela, ma alla fortezza
nessuno l’ha più vista dopo la morte di Giovanna. Alcune donne gli
riferiscono che aveva annunciato di voler tornare a Toledo. Allora
Alejandro la cerca nella casa che gli ha indicato Sofia.
La porta non è chiusa a chiave. Entra nella sala principale e poi
nella stanza da letto, dove Manuela giace senza vita, una borsa da
viaggio pronta in un angolo. Non ha ferite di alcun genere, sembra che
stia dormendo. Ma non respira più.
Alejandro scrive alla madre e si chiede che fine abbia fatto Gabriel
mentre andava a prendere la sorella.
Lo raggiunge Federico, che va a parlare con le guardie per chiedere
notizie del suo fratellastro.
«Doveva già essere arrivato… Invece non ne sappiamo niente.»
È un cacciatore a trovare il corpo, insospettito dalla presenza di un
cavallo sellato che vaga nel bosco, lo splendido morello andaluso dal
quale Gabriel non si separava mai.
Il cacciatore osserva il corpo di Gabriel e si accorge che è stato
pugnalato, dunque non è caduto, si tratta di un omicidio.
Corre ad avvertire le autorità che, scoperta l’identità del morto – un
cavaliere del re –, avvisano i soldati di Filippo. I cadaveri di Gabriel e
Manuela vengono portati a corte e Filippo, avvertito di quello che è
successo mentre si trovava lontano, dà l’ordine di celebrare nello
stesso giorno, e con tutti gli onori, il funerale della dama d’onore della
madre e del suo cavaliere.
Agnes rivede Alejandro

La comunicazione della morte dei suoi fratelli arriva a Toledo e Sofia


parte subito per Valladolid.
Federico è sconvolto dall’accaduto.
«Sai, di Manuela forse dovevamo aspettarcelo. Da quando è morta
la regina Giovanna credo che le si sia spezzato qualcosa dentro, forse
ha perso la voglia di vivere.»
«Ma aveva preparato i bagagli!» commenta Alejandro. «Doveva
andare a Toledo! E poi stava bene… almeno a noi non ha mai detto di
avere qualche malattia.»
«Aspettava Gabriel. Io penso che nell’attesa abbia perso tutte le
speranze e si sia lasciata andare.»
«E lui? Lui è stato ucciso!»
«Non riesco a immaginare cosa sia successo. A meno che non
volessero derubarlo…»
Alejandro è incredulo: «Se Gabriel aveva un obiettivo, un
appuntamento, un luogo da raggiungere, non si faceva distrarre da
nulla. Possibile che dovendo andare a prendere la sorella abbia
deviato per fare una cavalcata in mezzo al bosco? Cosa ci faceva lì?
Era arrivato a Tordesillas, aveva lasciato il cavallo, l’hanno visto. Poi è
rimontato in sella ed è finito in quella radura… È tutto assurdo!».
Federico passa la notte ripensando al fratellastro. Gabriel l’ha
portato via da Madrid quando il padre l’aveva abbandonato, l’ha
ospitato a Toledo, gli ha insegnato a cavalcare e torneare, e tutto ciò
che poteva permettergli di andare al seguito dell’imperatore, però l’ha
anche ostacolato, invidiato, odiato, cacciato. È stato un rapporto
altalenante, il loro; eppure adesso prova una grande amarezza.
Manuela l’ha conosciuta poco, l’ha ammirata per il suo coraggio e
lo spirito di sacrificio e pensa che la sua morte sia coerente con la sua
vita.

Dorotea si era preparata per andare all’appuntamento con Cristian


quando è arrivata la notizia della morte dei due fratelli Acevedo. Il
padre sta soffrendo e la vuole accanto, non può uscire. Lei spera che
Cristian comprenda quello che è successo e che continui ad andare al
punto stabilito anche dopo il funerale di Gabriel e Manuela.
Sofia arriva a Valladolid insieme ad Agacia e al vecchio Gonzalo,
che non è voluto mancare nonostante ormai si muova a fatica. Felisia,
la cuoca, è morta da un anno e si è risparmiata questo dolore.
Attorno alle bare si riuniscono tutti i membri della famiglia
Acevedo: la lontananza non ha diminuito l’affetto che provano uno
per l’altro.
Alejandro tiene la mano della madre e percepisce tutta la sua
tristezza; quello che è successo è troppo anche per una donna forte
come Sofia. Dei quattro fratelli è rimasta solo lei. Perché è
sopravvissuta a tutti? Cosa ha di speciale?
Il figlio, che intuisce i suoi pensieri, ha la risposta. Gabriel era
profondamente egoista, rabbioso e incapace di vincere i propri
impulsi di vendetta; Octavia era troppo fragile per sopportare la
prima sofferenza d’amore, ma egoista anche lei, perché sapeva che,
uccidendosi, avrebbe lasciato una bambina orfana. La stessa Manuela,
a suo modo, è stata egoista; la scelta di rimanere accanto a una regina
prigioniera in una fortezza, cos’è, si chiede Alejandro, se non amore
verso la propria dedizione? Dentro di sé si sentiva un’eroina. Ma non
aveva forse, in tutti quegli anni, privato la famiglia della sua
presenza?
Sua madre invece è diversa, non conosce l’egoismo. Nella sua vita
si è sempre dedicata agli altri, bambini e adulti, figli e bastardi, nipoti
e fuggiaschi. Questo le ha impedito di ammalarsi e Alejandro è sicuro
che ha un lungo futuro davanti a sé.
Sono molti i cavalieri e le dame venuti ad assistere al funerale. Tutti
ammiravano Gabriel, che ha sempre combattuto con onore accanto
all’imperatore, e Manuela, diventata una leggenda per il suo senso del
dovere.
Durante il pranzo che segue la cerimonia, Alejandro si avvicina ad
Agnes.
«Vieni a fare una passeggiata?»
«Dove?»
«Fuori da qui.»
«Va bene.»
Arrivano fino alla cattedrale e si siedono sui gradini che portano
all’ingresso. Agnes sorride. Facevano sempre così da ragazzi, si
sedevano dove capitava, sull’erba, su una pietra, sotto un albero,
incuranti dei vestiti, quando avevano bisogno di sentirsi più vicini, di
sfiorarsi.
«Sono contento che tu sia venuta…»
«Devo tutto alla famiglia Acevedo, come potevo mancare?»
«Penso sempre a te.»
«Davvero?»
«Lo so che non ci credi, ma è così. Non ho smesso un solo giorno di
pensarti. Anche quando ti sei sposata e credevo che non ti avrei vista
più.»
«Sai, amavo mio marito… ma neppure io ho smesso un solo giorno
di pensare a te» ammette Agnes.
Entrambi sentono che messe così le cose sembrano semplici. Sono
soli e si sono ritrovati. Allora perché percepiscono questa amarezza
pesante come piombo, che fa piegare le spalle e abbassare lo sguardo?
Si alzano e camminano per le strade della cittadina, fino alla
campagna, dove andavano spesso insieme. Si siedono sul prato, con le
schiene appoggiate allo stesso albero. Alejandro le prende la mano che
lei tiene abbandonata sul grembo e la bacia. Lei lo lascia fare. Dopo
qualche istante si avvicinano e si stringono in un abbraccio. Il sole è al
tramonto, il cielo è senza nuvole. Fanno l’amore per la prima volta in
mezzo alla campagna.
Lei ha trentanove anni e lui due di meno: ma si sentono ragazzini,
come quando vivevano a Toledo e il desiderio di unire i corpi era
talmente forte da impedirgli di dormire. È tutto molto dolce e naturale
e alla fine si guardano compiaciuti: hanno fatto di tutto per separarli e
questo in fondo è uno schiaffo che danno al destino.
Tornano lentamente verso il castello. Lui non osa parlare perché
teme le parole di Agnes. Qualcosa gli dice che il loro amore non avrà
un seguito, è sicuro che lei partirà e lo lascerà di nuovo solo. Ma
Agnes non parte, vuole prima capire i suoi sentimenti.
Non si rimprovera niente nei confronti di Alejandro, l’ha amato e
aveva accettato di sposarlo. Quello che è successo dopo la vede
totalmente innocente, non l’avrebbe mai tradito.
Quando è diventata una vittima, ha acquistato una nuova libertà;
poteva vendicarsi oppure cambiare strada: lei ha scelto una vita
nuova, un uomo nuovo, e ha avuto un figlio. Sa che Alejandro ha
sofferto moltissimo e si porterà dentro il dolore di non averle creduto,
forse per sempre.

Il giorno seguente Dorotea va nel luogo in cui ormai dispera di vedere


Cristian, ma lui è lì.
«Sapevo che non potevi uscire con quello che è successo…»
«Vieni, andiamo da qualche altra parte, dove nessuno possa
vederci.»
Parlando camminano per i vicoli della città stando attenti a non
farsi notare. Non è facile, vista la bellezza di entrambi, i capelli biondi
fino al collo di Cristian e quelli intrecciati di Dorotea. Arrivano vicino
al posto in cui lei è stata tenuta prigioniera e si siedono sull’erba.
«Tuo padre ha ucciso il mio e mio zio ha ucciso il tuo» afferma
Cristian amareggiato.
«Lo so, mio padre alla fine me lo ha raccontato quando ha capito
che erano stati Natal e Félix a rapirmi. L’unica cosa di cui non è a
conoscenza è il tuo coinvolgimento.»
«Natal e Félix erano presenti quando tuo zio Gabriel ha ammazzato
il padre senza permettergli di difendersi. L’ha pugnalato alle spalle
mentre usciva ubriaco da una taverna. Loro hanno giurato di trovarlo
e vendicarsi.»
«E l’hanno fatto.»
«L’ha fatto Félix, ne sono sicuro, anche se non ho parlato con lui.
Avrà saputo che tuo padre ha ucciso il mio e questo ha accelerato la
sua vendetta.»
«Dove sei stato in questi due mesi?»
«Ho fatto qualche lavoretto in campagna per guadagnare quel tanto
che mi serviva per mangiare e dormire al coperto. Poi sono venuto
all’appuntamento ma immaginavo che tu non potessi uscire in quei
giorni. Così ci sono tornato ogni pomeriggio fino a oggi.»
«Ero convinta di non trovarti…»
«Allora perché sei venuta?»
Dorotea arrossisce.
«Perché ci speravo e perché un po’ penso di conoscerti ormai.»
Non vuole dirgli che ha pensato sempre a lui sognando il momento
in cui l’avrebbe avuto di nuovo davanti. Quando lo ha conosciuto ha
capito che rifiutava i cavalieri a corte, tipi artefatti e ipocriti, perché
desiderava proprio un ragazzo semplice, umile, scanzonato e
indipendente. Se lui glielo chiedesse, Dorotea partirebbe ora per
seguirlo ovunque.
«Tuo padre è il loro fratellastro…» dice improvvisamente Cristian.
«Non capisco.»
«La nonna Raimunda aveva una relazione con il marchese Diego
Acevedo. Da quella relazione è nato tuo padre. Gaspar l’ha sempre
odiato, lo considerava un bastardo. Quando ha trasferito la famiglia a
Talavera l’ha abbandonato a Madrid.»
«Perché non mi hanno detto niente?»
«Secondo me volevano farlo, prima o poi…»
«Ma perché tuo padre mi ha rapita?»
Cristian le parla di Maddalena e del suo piano per ricattare Flora e
farsi dare i gioielli. Fallito quello, hanno pensato di rapire lei.
«Come hai scoperto che tuo padre era stato ucciso?»
«Sono tornato vicino alla casa. Dovevo riprendere delle cose e ho
visto le guardie. Ho chiesto cosa fosse successo e mi hanno detto di
aver trovato un uomo ucciso. Poiché tuo padre era vivo, ho dedotto
che si trattava del mio.»
«È stata legittima difesa, sai? Natal ha estratto per primo il coltello.»
«Non ne dubito.»
«Soffri per lui?»
«No.»
Dorotea è così felice di essere con Cristian che non vuole parlare di
omicidi. Prova una pena immensa per quel ragazzo che ha perso la
madre senza averla conosciuta, e poi il padre, un bandito. Riflettendo
però arriva a una conclusione che la sconvolge: «Mi hai detto che
Raimunda ha avuto mio padre dal marchese Acevedo… lei quindi è
tua nonna… ma è anche la mia!».
«Sì, siamo cugini.»
Dorotea ride. Niente la separerà da Cristian, non i suoi genitori né
altre scoperte sul suo conto. Non rinuncerebbe a lui neppure se fosse
suo fratello. Ha sempre pensato che non avrebbe trovato nessuno per
cui lottare, o da amare, per cui soffrire, da difendere. Cristian è un
regalo prezioso che la vita le ha fatto e non se lo farà strappare.
Quello di cui non si rende conto è che il suo non è solo amore: lui
soddisfa il suo gusto per la sfida, per la trasgressione, il desiderio di
sentirsi diversa dalla madre, prigioniera di regole e convenzioni
assurde.
«Un ulteriore ostacolo fra di noi» sorride. «Ma non ci importa,
vero?»
«A me no.»
«Neppure a me.»
Lo abbraccia di slancio. Rimangono a lungo in silenzio,
assaporando la sensazione meravigliosa di essere vicini e protagonisti
di qualcosa di inammissibile. Lui appartiene alla famiglia che ha
ucciso gli Acevedo, l’ha rapita, è il nipote dell’assassino di suo zio…
come può desiderarlo?
Ma non è forse questo a rendere il momento prezioso? Pensare che
nessuno li approverebbe?
Dorotea si avvicina a Cristian e lo bacia. Lui è inizialmente sorpreso
ma poi non gli sembra vero di avere fra le braccia la ragazza di cui si è
innamorato fin dall’inizio, quando dalla cucina la vedeva passeggiare
in giardino e sapeva che avrebbe dovuto ingannarla. La guarda negli
occhi e quello che legge lo convince che lei non sta giocando, né vuole
intrappolarlo.
Più tardi Dorotea si stacca a malincuore.
«Non posso stare fuori a lungo, mia madre mi controlla. Parlerò con
Sofia. Lei è molto comprensiva. Le chiederò di accoglierti nella sua
casa di Toledo poiché non sai dove andare e Félix ti starà cercando. Se
domani vedrai un fazzoletto bianco alla mia finestra, parti subito e
raggiungila a Toledo. Spiegherai tutto a lei.»
L’amante di Claudia

Prima che Sofia lasci la corte per tornare a Toledo, Dorotea trova
un’occasione per parlarle.
«Zia, devo chiedervi una grande favore…»
«Tutto quello che vuoi.»
«Voi sapete del mio rapimento…»
«Sì, tuo padre mi ha raccontato tutto.»
«Non tutto. Lui sa che mi sono liberata da sola… invece è stato un
ragazzo ad aiutarmi. Si chiama Cristian. Ha rischiato la vita e adesso
deve nascondersi. Ti prego di accoglierlo in casa tua per qualche
tempo.»
Sofia è ormai abituata alle rivelazioni sorprendenti, alle confessioni
di fatti drammatici e non si turba.
«Chi è questo ragazzo?»
«Te lo dirà lui stesso. I rapitori erano suoi parenti, e poiché mi ha
fatta uscire dalla baracca in cui ero rinchiusa adesso lo stanno
cercando. Rischia la vita per me!»
Ecco, accade di nuovo. Sofia deve accettare di fare qualcosa senza
chiedere, senza giudicare. Ormai tutti se lo aspettano da lei.
Ha criticato tanto la sorella Manuela perché ha rinunciato a vivere
la sua vita. Ma lei non sta facendo la stessa cosa? Quando hanno
giustiziato Torben Oxe, l’uomo che amava, ha vissuto per suo figlio,
per la nipote Claudia, per i fratelli, per coloro che chiedevano
accoglienza, senza mai pensare a se stessa, senza chiedersi se quella
fosse la strada giusta per lei, senza desiderare niente per sé.
«Va bene, lo ospiterò. Quanti anni ha?»
«Diciotto. Mi raccomando, non ditelo ai miei genitori.»
«Tu lo sai che non rivelo mai i segreti della famiglia. Non ti devi
preoccupare, ma se vuoi che vi aiuti mi devi raccontare tutto nei
dettagli.»
Si siedono in giardino e Dorotea comincia a raccontare partendo
dall’incontro con Cristian, evitando però di dire chi sia il ragazzo. Ha
paura a rivelare che si tratta del figlio di Natal Montés, a sua volta
figlio dell’uomo che ha ucciso i marchesi Acevedo. Si limita a riferire
che dei parenti di Cristian volevano derubare sua madre chiedendole
un riscatto e lo hanno usato per fare da esca.
«Si è fatto assumere a corte come aiuto in cucina e ha trovato il
modo di fermarmi durante una delle mie passeggiate.»
«E tu ti fermi a parlare per la strada con uno sconosciuto?»
«A parte il fatto che l’avevo già incrociato nel palazzo, ma poi, zia,
ve ne accorgerete voi stessa… non è un bandito. Ha solo dovuto
ubbidire agli ordini. È il ragazzo più bello che abbia mai visto in vita
mia!»
«Va bene, è bello e poi?»
«È divertente, ironico, ha studiato tanto, è curioso, attento quando
parlo, affettuoso…»
Sofia scoppia a ridere.
«Va bene, basta, mi hai convinta!»
L’entusiasmo di Dorotea l’ha conquistata, ma qualcosa non le torna.
Si chiede perché il rapitore abbia scelto proprio lei, figlia di genitori
che non sono ricchi. Per il momento tiene i suoi dubbi per sé e
promette a Dorotea di ospitare Cristian finché il ragazzo non avrà
trovato un posto migliore.
Tornando al palazzo Dorotea si sente in colpa per non aver rivelato
a Sofia tutta la verità. Dandole fiducia e ospitando Cristian, Sofia
aveva il diritto di sapere.
Dai racconti del padre ha capito che Sofia è una donna molto forte,
capace di sopportare ogni peso, ogni confidenza, ogni segreto.
Sicuramente non la giudicherebbe, ma teme che possa rifiutare di
ospitare Cristian, per lei un perfetto estraneo, e non vuole rischiare.

Sofia saluta tutti e, senza alcun rimpianto, si mette in viaggio con


Agacia e Gonzalo.
«Non mi piacerebbe più vivere a corte» afferma. «È un luogo di
intrighi e cattiverie e la mia casa a Toledo in confronto mi sembra il
paradiso.»
Gonzalo, che ormai ha raggiunto gli ottantacinque anni, ed è partito
solo per dare un ultimo saluto ai giovani che tanto ha amato quando
vivevano nel palazzo, giunto a Madrid si sente male e muore. Sofia
organizza il trasporto della salma a Toledo, la sua città natale, e
prosegue il viaggio sola con Agacia.
«Siamo vecchie anche noi, cara Agacia…»
«Io sono vecchia, signora. Ho già settantotto anni… voi avete
ancora tempo…»
Sofia ha cinquantasette anni e sa che Agacia prima o poi la lascerà.
È contenta che il figlio Pablo lavori nella bottega di falegnameria del
padre, anche se conosce il suo punto debole: è segretamente
innamorato di Leticia, la figlia di Maddalena, che come lui passa
molto tempo a casa sua per non dover stare con Pilar, che non
sopporta.
Quando Gabriel aveva saputo che Leticia a volte dormiva nel
palazzo Acevedo si era arrabbiato con la sorella, pur sapendo che
Sofia prestava sempre il suo aiuto a chi ne aveva bisogno, e che per lei
non avevano importanza la nascita o la parentela. Leticia non aveva
nessuna colpa di ciò che aveva fatto la madre e aveva il diritto di stare
bene.
«Ho visto vostro figlio insieme ad Agnes…» prosegue Agacia.
«Sì, li ho visti anche io e sembravano affiatati come una volta. Non
ho voluto chiedere niente ad Alejandro perché mi sembra ancora
presto. E poi conosco il carattere di Agnes, è molto orgogliosa e non so
se riuscirà a dimenticare ciò che ha subito.»
«Ma non è stata colpa di Alejandro! Maddalena…»
Sofia la interrompe: «Lui doveva credere ad Agnes, indagare di più
e non sfidare impulsivamente a duello l’uomo con cui pensava che lei
lo tradisse. Doveva parlarle, farsi spiegare tutto per bene e invece non
lo ha fatto».
«Mi avete parlato del padre… di Torben Oxe, anche lui era un
uomo impulsivo?»
«Sì, assolutamente.»
Sofia ha capito i dubbi di Agnes. Sa che se adesso Alejandro volesse
sposarla, prendersi cura di suo figlio e formare una famiglia sarebbe
troppo tardi. Pur essendone cosciente, Agnes non si nega altri incontri
con lui; fanno l’amore, vanno a cavallo come una volta, parlano di
tutto, tranne che dei loro sentimenti.
Anche Claudia si accorge che il loro legame è tornato quello di
tanto tempo fa e ne parla contenta con Agnes.
«Rimarrai qui a corte?»
«No.»
«Come no? Ma adesso mi sembra che vi siate riconciliati…»
«Ci amiamo, certo, ma l’amore non potrà cancellare tutti questi
anni, che forse per lui sono stati sprecati, ma per me no.»
«Vuoi vivere anche tu con il ricordo di un amore, accontentandoti,
come ha fatto la zia Manuela?»
«Non vivo ricordando ogni giorno mio marito. Quella è una storia
chiusa, perché lui è morto. Mi ha lasciato un bambino meraviglioso e
rivedrò sempre Tomás in lui…»
«In realtà io mi riferivo ad Alejandro. Perché non vuoi dargli
un’altra possibilità?»
«Non lo so neppure io. Ho sofferto troppo per lui e quel dolore si
insinuerebbe sempre fra di noi. Eravamo così uniti, Claudia! Come ha
potuto credere a Gabriel e Maddalena, e non a me? Eppure mi
conosceva bene, sapeva che non riesco a mentire. Non l’ho mai fatto.»
«Era stato lontano a lungo, aveva paura di perderti, questo è il
motivo per cui ha sospettato di te. E poi ti ha visto con Ricardo nella
scuderia…»
«Ha visto quello che voleva vedere, non ha creduto alle mie
spiegazioni. Ma non parliamo più del passato, ti prego. Dimmi di te e
Ruy…»
«La moglie, Ana de Mendoza, è ancora troppo piccola per avere
rapporti sessuali con lui, ma presto succederà. Come me, lo sta
aspettando. Ruy mi scrive spesso raccontandomi cosa accade in
Inghilterra. Sembra che la moglie di Filippo abbia finto una
gravidanza…»
Agnes sorride: «L’ho saputo. È ridicolo. Mi dispiace soltanto che
Filippo abbia dovuto sposare una donna del genere. Tu conosci Isabel
de Osorio? È stata l’amante del re per molto tempo».
«L’ho vista e capisco Filippo. È una donna fantastica. Molto bella e
intelligente. Sono davvero innamorati e invece lui si trova a vivere con
una regina straniera, sanguinaria, brutta e vecchia. Un’arpia.»

Cristian si è avvicinato al palazzo reale con molta circospezione e ha


individuato la finestra della camera di Dorotea. È appena l’alba e non
crede che qualcuno possa riconoscerlo. Vede il fazzoletto bianco, il
segnale che Sofia ha accettato di ospitarlo, e si mette in viaggio.
Arriva a Toledo e rimane davanti al portone del palazzo incerto.
Cosa le dirà? Può spiegarle di essere il nipote dell’uomo che le ha
ucciso i genitori?
Agacia gli apre il cancello e lo lascia in giardino per andare a
chiamare Sofia.
«Signora, che impressione! Somiglia così tanto a Raimunda… e
anche a Federico!»
«Davvero?»
«Sì, i capelli biondi, gli stessi occhi blu dolci… Non sarà un suo
parente?»
Sofia lo fa entrare ma lo guarda diffidente: «Dorotea mi ha detto
che le hai salvato la vita, voglio che mi racconti tutto altrimenti non
potrò tenerti qui».
«Sono il figlio di Natal Montés…»
«Un momento! Il padre di Natal, Gaspar, ha ucciso i miei genitori!»
«Sì, e vostro fratello Gabriel ha ucciso lui. Mio padre era un
ragazzino quando ha assistito all’omicidio e ha giurato di vendicarsi
insieme a suo fratello Félix.»
«E tu…?»
«Sono nato diciotto anni fa dalla donna che mio padre amava e che
è morta di parto.»
«E poi?»
«Mio padre e mio zio volevano vendicarsi anche di Federico…»
«Il loro fratellastro… e per quale motivo?»
«Io non l’ho capito bene. A me non dicevano tutto.»
Cristian prosegue raccontando come il padre gli abbia chiesto di
farsi prendere a lavorare nella cucina del palazzo di Valladolid per
scoprire gli orari in cui Dorotea usciva dal palazzo.
«Tuo padre l’ha rapita?»
«Sì. L’idea è stata di Maddalena che…»
Sofia lo interrompe: «No! Ancora Maddalena!».
«Sì, si sono conosciuti nella taverna di Talavera, dove lei lavorava.
Hanno fatto un piano per avere i gioielli di Flora, che però ha rifiutato.
Allora hanno rapito Dorotea, sperando così di ottenere quello che
volevano. Io ho ubbidito a mio padre e l’ho aiutato a prendere
Dorotea, ma poi mi sono pentito e quando ho potuto l’ho liberata.»
«La madre sarà stata in pena per lei…»
«Dorotea non va d’accordo con la madre. Flora preferisce il figlio
Francisco.»
Pensando a Flora, Sofia si dice che la sua casa è diventata il rifugio
di assassini, ma poiché prima di giudicare vuole conoscere a fondo la
situazione perdona Cristian come ha perdonato Flora.
«Ancora una cosa… che fine ha fatto tuo padre?»
«Non lo sapete? Dorotea non ve lo ha detto?»
«No.»
«Federico lo ha ucciso… per legittima difesa.»
Sofia è nauseata. Non ne può più di sentir parlare di omicidi che si
compiono nella sua famiglia. D’altronde Cristian non ha fatto niente e
prova compassione per lui. Lo fa entrare in casa perché mangi
qualcosa.
«Sapete…» riprende lui. «Non soffro per la morte di mio padre. Per
molto tempo ho desiderato di essere libero, di non dover condividere
con lui una vita balorda, vivere senza la rabbia sua e di mio zio, che
mi avvelenava le giornate.»
«Non vorresti andare da tua nonna? Raimunda vive ancora a
Talavera…»
«No. Non me la sento di raccontarle tutto. Ci andrò presto, però. Mi
manca molto, è la persona migliore della mia famiglia.»
«Dimmi ancora una cosa, Cristian. Spero che fra te e Dorotea non ci
sia niente. Voi siete cugini!»
«Siamo solo amici» mente lui. «Lo siamo diventati prima del
rapimento. Parlavamo molto, facevamo delle belle passeggiate. No, io
ho una fidanzata…»
Dorotea rivede Cristian

Félix è tornato da Maddalena dopo aver ucciso Gabriel. Se lui è


soddisfatto per aver pareggiato i conti con la famiglia Acevedo, lei
soffre per la situazione precaria in cui è costretta a vivere.
«Sai dov’è Cristian?»
«No. Deve essere fuggito quando Federico ha ucciso Natal. Non è
più a corte, naturalmente. Forse è andato a Talavera da mia madre, ma
per ora non mi va di indagare. È meglio che ce ne stiamo tranquilli per
un po’…»
«Tranquilli… vuol dire morire di fame!»
«Non ti ho chiesto io di vivere con me.»
Maddalena non è contenta. I furti di Félix bastano a malapena a
mettere qualcosa in tavola due volte al giorno, ma lei rimpiange la vita
a corte, i vestiti, il lusso, i divertimenti. Adesso vivono a Madrid in
una casa di periferia che devono dividere con altre persone. Uomini
soli che si arrangiano con furti di ogni genere e donne che si
prostituiscono.
«Devi farlo anche tu!»
«Cosa?»
«Andare con qualche uomo… giusto il tempo che io pensi a un
piano.»
«Riuscivi nei furti perché eravate in due, ma adesso siamo noi in
due e non c’è bisogno che io mi prostituisca. Posso adescare uomini
benestanti nelle locande, portarli in camera e permetterti di
derubarli.»
«Non è una cattiva idea.»
Mentre Félix e Maddalena studiano il primo colpo da compiere,
Dorotea litiga con la madre che la tiene segregata nel palazzo.
«Ormai non mi succederà niente. Non posso rimanere prigioniera
qui dentro. Voglio vedere i miei amici.»
«Amici? E quali? Puoi farti degli amici a corte, come ti ho detto
mille volte senza bisogno che tu esca!»
«No, e lo sai benissimo. Tutte le damigelle sono delle smorfiose,
non le sopporto. I ragazzi sono tronfi, pensano solo a vincere i tornei e
a portarsi a letto la prima che capita.»
«Dorotea!»
«Lo sai benissimo che è così.»
«Tuo padre non vuole che esci per un po’. Vuole essere sicuro che
Félix non pensi più a noi. Non rinuncerà a vendicare la morte di
Natal.»
«E allora è mio padre che non deve uscire, non io!»
«Non ammetto che tu mi risponda! Ora te ne vai nella tua camera,
puoi studiare o almeno leggere. Francisco…»
Ecco, ora ricomincia con mio fratello, pensa Dorotea. A dodici anni
lui è ubbidiente, bravo negli studi, ha degli amici a corte e adora i
nostri genitori. Io devo trovare il modo di andarmene.
Attraverso una lettera di Sofia che le parla in modo criptico di un
vestito che le ha fatto cucire per il suo compleanno, Dorotea capisce
che Cristian è stato bene accolto a Toledo.
Vuole rivederlo, e riflette a lungo su come fare. Se rimarrà a corte,
dovrà subire il controllo della madre. Inoltre, adesso che Agnes si
trova con la principessa Giovanna alla corte di Toro, non ha
veramente più nessuno con cui parlare.
Le tornano in mente le passeggiate con Cristian, le loro lunghe
conversazioni, la volta in cui gli ha prestato un cavallo preso nella
scuderia del palazzo e ha visto la destrezza con cui lo montava. Che
spreco di talento e di bellezza! Sarebbe un fantastico cavaliere del re.
Perfino il rapimento nel ricordo è diventato esaltante, adesso che è
libera. L’attesa del cibo, la paura di non uscirne più, la ricerca di una
via di fuga. Tutto è meglio che rimanere a corte.
La principessa Giovanna arriva a Valladolid per parlare con i
consiglieri di Stato e Agnes è con lei. Dorotea corre subito a parlarle.
Le chiede se si trova bene a Toro e quale sia la sua vita, ma Agnes si
accorge che la ragazza vorrebbe dirle altro.
«Sei molto pallida, Dorotea. Che cosa ti succede?»
«Devo confidarti una cosa. Sei l’unica persona che può capirmi.»
Agnes prende Dorotea sottobraccio e la conduce in fondo al
giardino. Si siedono su una panchina di marmo e si guardano qualche
istante negli occhi.
«Sei innamorata, vero?» le chiede.
«Sì, ma di una persona assolutamente sbagliata.»
«Non ci sono persone sbagliate.»
«Quando ti avrò detto chi è capirai.»
Le racconta tutto. Gli incontri con Cristian, il rapimento, la
liberazione, l’uccisione di Natal e l’assurdo comportamento della
madre, che non vuole farla uscire.
«Questa è una storia pazzesca!»
«Ha architettato tutto Maddalena per avere i gioielli di mia madre!»
«Maddalena? Ancora lei? Ma cosa ha a che fare con quegli
uomini?»
«Quando Alejandro l’ha mandata via, lei è andata a lavorare in una
taverna a Talavera e ha conosciuto Natal e Félix. Poi ha ricattato mia
madre per avere denaro e gioielli e quando non li ha ricevuti ha
organizzato il mio rapimento.»
«Quella donna è mostruosa. Quando la finirà? È stato tuo padre a
liberarti?»
«No, è stato Cristian, il figlio di Natal. Noi ci amiamo.»
«Ecco che la storia si complica ancora di più… e capisco cosa vuoi
da me. Ma io che posso fare per aiutarti a ritrovarlo?»
«Lo so che ti chiedo molto, ma se dicessi a mia madre che mi porti
alla corte di Toro con te, solo per qualche giorno, per farmi
distrarre…»
«Dovrei mentire, sai che non lo faccio mai!»
«Ti prego, Agnes! Altrimenti sarò costretta a scappare…»
«Questo no. E cosa faresti a Toro?»
«Starei con te e incontrerei Cristian da qualche parte, solo per
rivederlo…»
«E poi?»
«Poi tornerei dai miei genitori.»
«Me lo prometti?»
«Te lo prometto.»
Agnes va a parlare con Flora e anche lei si sfoga raccontando quello
che è successo.
«Lo so, Dorotea me l’ha riferito. È ancora spaventata e si trova male
qui a corte, in questi giorni. I brutti ricordi non la fanno dormire.
Vorrebbe venire con me a Toro, giusto un paio di settimane… per
distrarsi.»
«Ma io… non so…»
«Flora, dalle il permesso. So che ultimamente litigate spesso, tua
figlia del resto è impulsiva. Io ti consiglio di lasciarla andare, le
dimostrerai la tua fiducia e vedrai che tornerà animata da sentimenti
più ragionevoli.»
Anche Federico si mostra d’accordo con l’idea di Agnes, ma vuole
accompagnarle fino a Toro. Prima di partire Dorotea scrive a Cristian
dandogli un appuntamento sul ponte di Toro.
Agnes intanto va a salutare Alejandro, che non si aspettava la sua
partenza.
«Speravo che rimanessi…»
«Devo ripartire con la principessa.»
«Posso venire a trovarti?»
«Certo, quando sarai libero dai tuoi impegni.»
Me lo merito, pensa lui. Merito la sua freddezza e il distacco. Come
ho potuto pensare che, essendo liberi, avremmo ricominciato da dove
tutto si è interrotto?
Appena arrivate a Toro, Agnes presenta Dorotea alla principessa
Giovanna, che sembra contenta di avere una giovane donna alla sua
corte. Fra l’altro è la figlia di Federico, il pupillo di suo nonno,
l’imperatore. Dorotea è stata educata a vivere in una corte, veste
elegantemente, è colta e discreta, inoltre è molto bella.
«Hai fatto colpo sulla principessa e non solo…» le dice Agnes.
«Che vuoi dire?»
«Molti cavalieri mi hanno chiesto di te.»
«Mi piace stare qui. È una corte piccola e la città è molto graziosa.»
«Quando lo vedrai?»
«Domani. Starò fuori poco, non ti preoccupare.»
Il giorno dopo Dorotea incontra Cristian sul ponte della cittadina.
Si abbracciano senza dire niente e poi proseguono lungo il fiume
tenendosi per mano.
«Non pensavo che l’avresti fatto davvero!»
«Cosa?»
«Trasferirti alla corte di Toro solo per incontrarmi.»
«Non dubitare di me, ti prego. Ti accorgerai che quando decido una
cosa faccio di tutto per realizzarla.»
«Ti sto conoscendo… ma i tuoi genitori che diranno?»
«Niente. Mio padre è molto occupato e mia madre è felice di non
avermi intorno.»
«Perché dici questo?»
«Non sono stupida. Per qualche ragione che non conosco, non mi
ha mai amata. Vedo benissimo la differenza con cui tratta mio
fratello.»
Dorotea non ha torto. Flora non sente la sua mancanza ma le fa
rabbia la condiscendenza del marito.
«Perché le hai permesso di stare da Agnes? Lo sai che dopo tutto
quello che è successo io non voglio avere niente a che fare con lei.»
«Non potevo oppormi. Lo desiderava tanto!»
«Lo desiderava perché qui si sente controllata, perché io non la
lascio uscire, mentre a Toro farà i comodi suoi.»
«Quali sarebbero questi comodi?»
«Non lo so, ma nessuno mi toglie dalla mente che ci sia di mezzo
un ragazzo. Purtroppo, Federico, tu sei un debole. Sarai anche un
campione nei tornei, un eroe in guerra… ma in famiglia non vali
niente!»
Federico la guarda stupito. Da un po’ di tempo Flora è cambiata,
non la riconosce più. Scatta per delle sciocchezze, lo rimprovera
continuamente, è nervosa e scoppia a piangere all’improvviso. Lui
non sa come prenderla, ma poiché non è abituato ad affrontare i
conflitti di coppia preferisce cedere.
«Che vuoi che faccia?»
«Che la riporti qui.»
«Va bene, lo farò.»
«Vedi? Sei assolutamente remissivo. Adesso non conta più il
desiderio di tua figlia? Purtroppo penso che tu sia stato molto
condizionato durante l’infanzia. Hai ubbidito a quel mostro di tuo
padre senza ribellarti, hai subito ogni angheria dai tuoi fratelli e
neanche in quel caso ti sei ribellato. Se non fosse venuto Gabriel a
salvarti, ti saresti lasciato morire nella casa vuota di Madrid!»
Federico lascia la stanza per non prenderla a schiaffi. Non ha mai
alzato le mani su una donna e non comincerà ora. Qualcosa è successo
dopo la nascita di Francisco. Da quel momento Flora si è dedicata solo
al figlio, dimenticando la primogenita e dedicando a lui pochissimo
tempo. La notte andava a dormire prima del suo arrivo e all’alba era
già in piedi con il bambino in braccio. È molto che non fanno più
l’amore.
Dopo qualche giorno, Federico va a trovare la figlia alla corte di
Toro.
«Devi tornare a Valladolid con me.»
«No, preferisco rimanere qui.»
«Il tuo posto è con noi.»
«Io odio la corte di Valladolid e chi ci vive. A parte voi,
naturalmente. Qui c’è la principessa Giovanna, che mi vuole bene. E
poi c’è Agnes, mi sta insegnando a cavalcare…»
«Posso farlo anche io.»
«Tu hai troppi impegni. Agnes ha molto tempo libero e mi piace
stare con suo figlio Damián. Ti prego, ancora un mese!»
«Va bene, un mese, non di più.»
È difficile per Federico comprendere il carattere della figlia, non c’è
mai riuscito. Con Flora è stato facile. L’omicidio che ha commesso era
lineare, un atto di autodifesa. Poi si è sempre comportata con
coerenza, mai una scenata, un conflitto, una protesta per le sue
partenze. Sapeva che sposandolo non lo avrebbe avuto sempre con sé,
e non si è mai lamentata. Francisco è come lei, ragionevole. Ma adesso
sente che la sua famiglia si è spezzata. Flora non lo ama più e si dedica
solo al figlio, come se fosse lui il suo vero compagno.
Dorotea ha qualcosa di strano e non sa da chi abbia preso. Fin da
piccola non voleva giocare con gli altri bambini, le piaceva moltissimo
farlo da sola. Si divertiva con poco, purché non ci fosse nessuno
accanto a lei. Ha sempre studiato con passione, legge molto e osserva.
Spesso l’ha sorpresa a fissare la madre quando Flora è occupata in
qualcosa, come se la stesse studiando. Ha fatto così anche con lui?
Giudica i suoi genitori? Non ha un buon rapporto con il fratello, in
realtà con lui non ha nessun rapporto, come se fosse un estraneo.
Come padre non è stato capace di guadagnarsi la sua fiducia, sa che
la figlia lo ammira moltissimo, ma ammira il modo in cui cavalca,
combatte, vince. Quando ha provato a parlarle, a chiederle di
raccontarle i suoi pensieri, i desideri, lei lo ha interrotto per conoscere
i particolari dell’ultima battaglia, della situazione nelle Fiandre o della
guerra contro i musulmani. E lui ha ceduto, ha cominciato a
raccontare, senza insistere.
Sente che il coraggio che dimostra nei combattimenti viene meno
quando si tratta di sentimenti. Non vuole limitare la libertà di
Dorotea, come chiede Flora. Ma non vuole che tra lui e Flora vi siano
ulteriori litigi, perciò torna da lei e mente, affermando che la figlia ha
solo bisogno di cambiare sfondo alla sua vita per un po’; ha indagato e
non c’è nessun ragazzo.
Flora alza le spalle e se ne va senza dire una parola. Lo disprezza:
ancora una volta Federico non ha avuto il coraggio di ordinare
qualcosa alla figlia.
Carlo V abdica

Federico deve partire per il Belgio dove Carlo V ha deciso di abdicare,


così per un po’ non pensa a Dorotea, che comunque ritiene al sicuro
alla corte di Toro. Prima che il marito lasci la Spagna, Flora torna alla
carica chiedendogli di riportare la figlia a casa.
Federico va a Toro senza presentarsi subito a corte, vuole capire
qual è la ragione per cui Dorotea si rifiuta di tornare a Valladolid. Non
sa neanche lui che cosa aspettarsi o cercare e così si aggira intorno al
palazzo, poi si ferma a bere in una taverna vicina.
Dopo un paio d’ore, è quasi mezzogiorno, vede la figlia uscire sola
e dirigersi a passo spedito verso il ponte di Toro. La segue da lontano,
e a un tratto scorge un ragazzo che le va incontro, ma lui è troppo
distante perché possa identificarlo.
Si ferma nei paraggi, nascosto dietro alcuni alberi. La figlia torna
indietro e va verso il palazzo, cinque minuti dopo arriva anche il
ragazzo e questa volta Federico può vederlo bene: è lo stesso che
aveva sorpreso a parlare con Dorotea subito dopo la liberazione dalla
sua prigionia; colui che, stando al racconto della figlia, le aveva
indicato la strada per tornare a corte. Allora qualcosa l’aveva colpito,
adesso capisce che cosa: il ragazzo gli somiglia, ed entrambi
somigliano a Raimunda!
Non riesce a capire, la madre ha avuto solo due figli con Gaspar e
sono entrambi uguali al padre, scuri di capelli e di occhi. Quel ragazzo
è biondo e ha gli occhi blu di Raimunda, inoltre è molto giovane.
Ricorda una vecchia lettera della madre in cui gli riferiva che Natal
aveva avuto un figlio da una donna morta di parto: “Somiglia a me,
dovresti vederlo. Si chiama Cristian e mio figlio me lo lascia spesso,
perché ha da fare, è una vera gioia”. E qualche tempo dopo gli aveva
scritto: “Cristian cresce bene, è molto diverso dal padre e dallo zio.
Legge, studia, va a cavallo e mi dimostra molto affetto. Vorrei che
prima o poi tu lo conoscessi”. Infine in un’altra lettera gli aveva
riferito che da molto tempo non vedeva Cristian e non sapeva dove il
padre lo avesse portato.
Federico chiede un colloquio ad Agnes e le rivela quello che ha
scoperto.
«Devi controllare Dorotea, cerca di non farla uscire da sola. L’ho
seguita e mi sono accorto che incontra il figlio di Natal, l’uomo che
l’ha rapita e che io ho ucciso. Ma non basta, Cristian è mio nipote.
Devono lasciarsi.»
«Dirò a Dorotea che hai scoperto che vede Cristian ma non le dirò
che l’hai seguita. Ti odierebbe.»
«Fai come ritieni meglio, però convincila a tornare a Valladolid.»
Agnes chiama Dorotea e le rivela che il padre l’ha vista insieme a
Cristian.
«Mi ha seguita?»
«Non lo so, ma non prendertela con lui. È naturale che sia
preoccupato per te. E poi penso che tua madre lo stia ossessionando
per farti tornare da loro.»
«Aspetto un bambino.»
Agnes ha un sussulto ma riprende subito il controllo, anche se non
sa cosa dire.
«Non mi dici niente?»
«È una bellissima cosa, ma comporterà molti problemi…»
«Quali?»
«Tuo padre mi ha scritto di controllarti. Ha indagato e scoperto che
Natal aveva un figlio, Cristian. Inoltre, si è ricordato del ragazzo con
cui ti ha vista quando ti sei liberata. C’era qualcosa di familiare in lui e
poi ha capito: è il ritratto di Raimunda, sua madre. Lo sai che non ti
darà mai il permesso di sposarlo, vero?»
«Sì, tutto questo lo sapevo, me lo ha detto Cristian. Ma io lo amo, il
figlio è suo… se non lo vorranno, fuggirò con lui.»
«Non farlo Dorotea. Cristian non ha denaro e tu neppure. Tua
madre ti ripudierebbe, rimarresti sola e non sapresti come mantenere
tuo figlio. È questo che vuoi?»
«No…»
«Allora parla con tuo padre. Troverà lui la soluzione migliore.»
Dopo aver molto riflettuto e rimandato la partenza, Federico torna
ancora una volta a Toro per parlare con Dorotea, che gli rivela subito
di essere incinta e gli racconta tutto di Cristian.
Federico mantiene la calma e le parla con dolcezza: «Dovrai
decidere. O il bambino o Cristian. Tu non puoi sposarlo, perché è mio
nipote. Se vuoi tenere il bambino dovrà avere un padre. Troverò un
bravo cavaliere che voglia sposarti, nonostante tu sia incinta di un
altro».
«In ogni caso avrei un figlio da tuo nipote. Non è ipocrisia questa?»
«Vivi in una corte, che sia a Valladolid o a Toro siamo sempre in
una corte e certe regole vanno rispettate. Non voglio che si sparli di te
e desidero che tu abbia una famiglia regolare.»
«Regolare con un figlio che non è di mio marito?»
Federico non sopporta quel sorrisetto ironico che gli rivolge la figlia
quando lo contesta. Con lui non litiga mai, ma si limita a fare battute
che lo colpiscono più di uno schiaffo.
Quando il padre la lascia, Dorotea chiede ad Agnes di venire nella
sua stanza e le espone la scelta che deve compiere.
«Io non posso consigliarti su questo. Se devi rinunciare al bambino,
i tuoi genitori ti faranno partorire da qualche parte e lo lasceranno in
un istituto o in adozione. Se tieni il bambino, devi dimenticare
Cristian.»
«Non rinuncerò a mio figlio!»
«Bene, hai scelto. Adesso devi parlare con Cristian.»
«Non posso. Se lo rivedessi cederei ancora una volta. Lo amo
moltissimo. Per favore, puoi andare tu al nostro appuntamento e
dirgli che i miei genitori mi hanno riportata a Valladolid con la forza?
Ma non parlargli del bambino, non voglio che lo sappia. Nessuno
deve saperlo.»
«Va bene, lo farò. Tu parti subito.»
«Mi faranno sposare un uomo che non amo…»
«Sai chi è?»
«Sì, il marchese Oliver de Rafal. È un giovane che mi ha sempre
corteggiata quando ero a Valladolid. Avrebbe fatto follie per me e
evidentemente mi vuole anche incinta di un altro.»
«Ti piace almeno un po’?»
«È un bell’uomo, un bravissimo cavaliere, stimato dal re e da tutta
la corte. Non si è sposato perché ama me e per molto tempo ha chiesto
notizie ai miei genitori. Loro gli hanno risposto che non stavo bene ed
ero venuta a riposarmi in una corte più tranquilla rispetto a
Valladolid.»
«Avrai il tuo bambino e un uomo che amerà te e lui. Dovrebbe
bastarti. A volte bisogna rinunciare a qualcosa…»
«Stai parlando di te?»
«Di entrambe.»

Carlo ha vinto la sua ultima battaglia contro i francesi nei boschi di


Marcq-en-Baroeul ed è riuscito a espellerli dalle Fiandre. Nello stesso
momento il generale Marignan ha distrutto un’armata francese vicino
Siena e il duca di Savoia è uscito vittorioso in Piccardia.
L’imperatore stipula, tramite il fratello Ferdinando, un trattato con i
principi protestanti della Lega di Smalcalda, la Pace di Augusta, con
cui si sancisce che i sudditi di una regione devono professare la
religione scelta dal loro reggente. Questi avvenimenti inducono papa
Paolo IV , amico dei Farnese, a stringere una solida alleanza con il re di
Francia contro l’Impero e vuole che Enrico II cacci gli spagnoli
dall’Italia.
Carlo ne parla con il duca d’Alba, non nascondendo la sua rabbia
per il comportamento del pontefice.
«È un uomo intransigente e di un’arroganza che non ha uguali.
Vuole ottenere ciò che desidera con ogni mezzo. Quando ho saputo
che era stato eletto lui, mi è venuto un attacco di itterizia, ero furioso.»
«La famiglia Carafa è sempre stata vostra nemica. Il papa non vuole
riconoscere quello che avete fatto per la causa cattolica, le guerre
contro i mori e i riformatori. La Spagna è sempre stato il Paese più
fedele al papato!»
Dopo la morte della madre Giovanna, Carlo è sempre più convinto
di abdicare, anche perché nutre piena fiducia nel figlio. Gli piace quel
giovane taciturno, studioso, a volte tetro e ombroso, ma anche
passionale e profondo. È un re che riconosce la genialità del padre e,
sapendo di esserne sprovvisto, colma la mancanza con la serietà e
l’impegno.
Negli ultimi tempi Carlo è stato impegnato a definire con il fratello
il futuro dell’Impero. Ferdinando gli succederà come imperatore nel
1558, mentre Filippo sarà eletto re dei Romani. Alla sua morte,
Ferdinando lascerà l’Impero al primogenito Massimiliano. Si riesce a
raggiungere l’accordo solo dopo innumerevoli trattative.

Arrivato a Bruxelles, Filippo trova il padre ad aspettarlo sulla


scalinata del palazzo reale. Carlo è partito dalla sua piccola casa nel
parco su una mula, visto che non riesce più a cavalcare. Filippo si
inginocchia per baciargli le mani, sorpreso nel vedere i suoi occhi
pieni di lacrime. Ultimamente Carlo è diventato più emotivo e piange
con facilità.
Per giorni padre e figlio rimangono chiusi in una sala a parlare di
lavoro, visto che l’imperatore vuole delegare a Filippo tutti i suoi
poteri nelle Fiandre.
La mattina del 25 ottobre 1555 l’imperatore entra nella sala reale
appoggiandosi a un bastone e alla spalla del giovane Guglielmo,
principe d’Orange. Sono presenti, oltre al figlio, Maria, la reggente
delle Fiandre, Eleonora di Francia e i principali notabili fiamminghi.
Carlo conferisce al figlio la carica di Gran Maestro del Toson d’oro,
firma una rinuncia a tutti i suoi possessi nelle Fiandre e, commosso,
descrive il suo immenso dispiacere nel lasciare quei Paesi in cui è stato
felice. Racconta le spedizioni effettuate, i lunghi viaggi per mare, le
campagne, le battaglie.
«Ho sempre agito per la cura e il benessere del mio Paese natale e
per la difesa della cristianità.»
Con voce roca chiede perdono se ha commesso qualche errore o ha
fatto un torto a qualcuno.
«Devo lasciarvi, figli miei, perché non sono più capace di lavorare
per voi, ma cedo questo privilegio a mio figlio Filippo, al quale affido
la massima autorità anche sui territori italiani del Sacro Romano
Impero.»
Nella sala regna il più assoluto silenzio, ma sono molti ad avere le
lacrime agli occhi. Nessuno pensava, nonostante fosse malato, che
l’imperatore potesse abdicare.
Infine, Carlo si rivolge al figlio: «Se tu fossi venuto in possesso di
queste province dopo la mia morte, una così bella eredità mi avrebbe
dato buone ragioni per attendermi la tua riconoscenza. Ora che io te le
consegno spontaneamente e, per così dire, muoio in anticipo, a tuo
vantaggio, mi attendo che l’amore e la cura che consacrerai al mio
popolo siano per me una ricompensa adeguata alla grandezza del
dono che ti faccio».
Più tardi Maria chiede al fratello di poter lasciare le Fiandre per
seguirlo e Carlo nomina provvisoriamente al suo posto il duca di
Savoia, Emanuele Filiberto. Emanuele è figlio di Beatrice del
Portogallo, sorella della moglie di Carlo. Da bambino era destinato
alla carriera ecclesiastica, ma quando il fratello Ludovico è morto, nel
1535, ha ereditato il trono ducale di Savoia ed è entrato al servizio di
Carlo V . Ottenuto dall’imperatore l’ordine del Toson d’oro, è
diventato comandante della guardia imperiale e della cavalleria
fiamminga. Dal 1551 ha cominciato a seguire Filippo e due anni dopo
è stato nominato comandante supremo dell’esercito imperiale.
Ormai l’imperatore non può più difendere Ferrante Gonzaga, come
ha fatto tre anni prima, e poiché ha conferito a Filippo il titolo di duca
di Milano e re di Napoli, decide di nominare il duca d’Alba Capitano
Generale d’Italia. Pensa così di arginare l’ostilità del papa nei
confronti degli Asburgo con qualcuno di sua fiducia e che abbia molta
più esperienza di Ferrante Gonzaga negli affari italiani.
Ferrante assiste all’abdicazione del suo imperatore, che ha servito
fedelmente per molti anni. Anche lui è malato e, mentre si congeda da
Carlo, teme di non rivederlo più. Gli bacia la mano e l’imperatore gli
passa un braccio intorno alle spalle non riuscendo a trattenere le
lacrime.
«Caro Ferrante, adesso comincia il periodo più brutto della mia
vita. Mi avete ben servito con coraggio, intelligenza e saggezza. Se mio
figlio vi ha preferito il duca d’Alba è solo perché è mal consigliato dai
suoi ministri, che vi hanno calunniato. Ma troverò i responsabili.»
I giorni seguenti i fiamminghi si rendono conto che Filippo non è
più l’uomo austero e poco socievole che hanno conosciuto, partecipa
volentieri a banchetti e battute di caccia, a feste mascherate e balli.
Lui stesso si scopre diverso, gli piace bere, danzare e vivere
spensierato, almeno la sera. Ride e scherza e ha numerose avventure.
Ad accompagnarlo nelle lunghe nottate fino allo sfinimento sono Ruy
Gomez e il duca di Savoia. In seguito si recano a Louvain a trovare
Massimiliano e Maria, e sono nuove feste e ricevimenti. Alla fine di
agosto Massimiliano riparte con la moglie per la Germania, dove suo
padre Ferdinando ha bisogno di lui.
Maria Tudor scrive ogni giorno a Filippo ripetendogli quanto lo
ami e inviandogli doni preziosi, ma raramente riceve una risposta. Le
poche lettere che lui le manda sono brevi e parlano quasi solo di
questioni politiche. La regina piange e si lamenta, è profondamente
innamorata di Filippo ma sente che lui si sta allontanando sempre di
più.
Il cardinale Reginald Pole cerca come può di consolarla e scrive
anche lui al re: «La regina passa la mattinata a pregare, alla maniera
della Vergine Maria, e nel pomeriggio impersona mirabilmente Marta,
dedicandosi al disbrigo degli affari».
Il principe degenere

Carlo V , accompagnato dalle sorelle Eleonora e Maria, salpa dal porto


fiammingo di Flessinga il 15 settembre con una flotta di sessanta navi
e un seguito di duemilacinquecento persone.
Sbarca nel porto di Laredo e inizia il viaggio attraverso la Castiglia.
Arriva a Burgos e poi a Valladolid, dove incontra per la prima volta il
nipote Carlos. Immediatamente si rende conto del suo comportamento
arrogante, della maleducazione e superbia e ne parla con la figlia
Giovanna.
«Siete troppo permissiva. Dovete correggerlo, altrimenti per lui non
ci sarà futuro.»
Un giorno in cui sta raccontando al nipote le sue campagne militari,
gli riferisce di come sia stato tradito dall’Elettore Maurizio e per
questo obbligato a ritirarsi.
«Io al vostro posto non sarei mai fuggito!» commenta Carlos.
«Non avevo denaro, né soldati, inoltre ero malato. Non potevo fare
altrimenti» replica l’imperatore.
«Io avrei agito diversamente» insiste Carlos testardamente.
In un’altra occasione il principe entra nella stanza del nonno e vede
una stufa che l’imperatore ha portato con sé dalle Fiandre.
«Che cosa fate con questa?» chiede Carlos osservandola
attentamente.
«Serve per riscaldarsi» spiega il nonno. «Ho sempre molto freddo.
Qui non si trova.»
«La voglio!»
«Vi ho detto che mi è necessaria!»
«La voglio lo stesso!»
«L’avrete quando sarò morto!» taglia corto l’imperatore
estremamente irritato.
Scrive al figlio raccomandandogli l’educazione del nipote, che
rivela segni di squilibrio mentale. Gli hanno riferito che durante il
gioco Carlos aggredisce e tortura i compagni e un giorno ha tentato di
gettare dalla finestra il suo confessore.

In assenza del marito, Maria d’Inghilterra si trova ad affrontare


diversi problemi, tra cui le esecuzioni e le torture di eretici, e il
malumore dei sudditi, che non vogliono un re spagnolo.
L’ambasciatore inglese in Francia avverte Londra che la regina è
riuscita a sventare una congiura contro di lei: a farne parte sono
numerosi funzionari pubblici, proprietari terrieri e alcuni consiglieri
di Stato.
Maria scrive spesso al marito pregandolo di tornare in Inghilterra
ma lui, che non ne ha alcuna voglia, risponde che deve prima risolvere
diverse questioni nei Paesi Bassi. A ventotto anni sente di avere il
diritto di divertirsi. Organizza sontuose feste e partecipa a diversi
tornei, ha numerose avventure sentimentali con donne conosciute
anche per strada. I suoi consiglieri Ruy Gomez e il duca di Savoia non
lo riconoscono più.
«Perché fa così? Non è da lui!» commenta Emanuele Filiberto.
«Deve assolutamente tornare in Inghilterra!» afferma Ruy.
«Sembra che voglia rifarsi del tempo perduto. È sempre stato un
ragazzo molto serio…»
«Ma fa cose che neppure il padre ha mai fatto!»
«Inoltre la gente vuole festeggiare la sua ascesa al trono e lui non
può sottrarsi!»
«C’è anche chi lo critica. I vecchi nobili fiamminghi e i diplomatici
detestano le frivolezze e la superficialità. Pensano che l’imperatore si
pentirà di avere abdicato» commenta Ruy. «E poi tutte quelle
avventure… ho proibito ai messaggeri che vanno in Inghilterra di
parlarne o la regina esploderà dalla gelosia!»
«Io non ce la faccio più a seguirlo, sono sfinito! Lo sapete che una
mattina, era l’alba, mi ha svegliato per raccontarmi che cosa era
successo la notte con una donna? Incredibile!» afferma Emanuele
Filiberto.
I divertimenti eccessivi fanno ammalare Filippo, che deve rimanere
diversi giorni chiuso in camera. Ricomincia a occuparsi dei suoi affari
e scrive alla moglie che tornerà presto a Londra. Elegge Emanuele
Filiberto – che ha un anno meno di lui – governatore dei Paesi Bassi.
Emanuele è bravo e pieno di volontà, inoltre è favorevole a una guerra
contro la Francia. Il re non ha intenzione di riprendere le armi,
sebbene le miniere del Perú e del Messico gli consentirebbero di avere
abbastanza risorse per pagare i soldati.
Conclusa la tregua con il re di Francia e rassicurati così i
fiamminghi, decide di partire.
«Filippo si fida del re di Francia. Bisogna dirgli che il sovrano sta
già preparando un contratto segreto con il papa. La tregua durerà
poco» afferma Ruy Gomez, che spesso scambia le sue opinioni con
Emanuele Filiberto.
«Paolo IV vuole cacciare dall’Italia gli invasori, per questo è
disposto a cedere alla Francia Milano, Napoli e la Sicilia, pur di
toglierli a noi.»
Infatti, un mese dopo Filippo viene a sapere che Enrico II non ha
alcuna intenzione di rispettare la tregua; di conseguenza, decide di
mandare Ruy Gomez in Spagna a chiedere consiglio all’imperatore.

Ruy Gomez va a Yuste e trova Carlo sereno, nella sua villa piena di
opere d’arte preziose, con un giardino allietato da molti uccelli e
piante lussureggianti. Il consigliere sorride vedendolo così,
un’immagine inedita del grande uomo che ha fondato l’Impero più
vasto del mondo. Per non stancarlo gli riferisce subito il messaggio del
figlio.
«Per il denaro rivolgetevi alla Chiesa» afferma l’imperatore.
«Effettivamente abbiamo molti ecclesiastici ricchissimi…»
«Dunque devono prestarci una parte delle loro ricchezze.»
«Maestà, un’altra cosa. Vostro figlio vorrebbe che portassi don
Carlos a conoscere le Fiandre…»
«Non se ne parla. Mio nipote è ignorante, collerico e malato. Non lo
possiamo far vedere ai fiamminghi.»
Ruy lascia Carlo e va a Valladolid a parlare con la principessa
Giovanna perché esegua gli ordini del padre.
«Avete già visto vostra moglie?» gli chiede Giovanna.
«Non ancora.»
«Sarete sorpreso, in tre anni si è trasformata in una donna
meravigliosa.»
Ruy non ha molta voglia di vedere Ana, ma desidera incontrare
Claudia dopo tanto tempo. Non sa che lei ha avuto un figlio dopo la
sua partenza e che si trova a Toledo.
Insieme ad Agacia, Sofia ha aiutato Claudia a partorire in casa, ed è
stata felice di poter ospitare di nuovo un bambino, sebbene sia
amareggiata nel sentire che la nipote non potrà stare molto accanto al
figlio e che lui non avrà un padre.
Durante l’assenza del suo amante Claudia ha parlato a lungo con la
zia: «Non so che fare. Quando lui tornerà ci sarà la moglie ad
aspettarlo e io dovrei stare attenta a ogni incontro, dovrei
accontentarmi del poco tempo che avrebbe per me».
«Rimani qui.»
«No, voglio rivederlo. Devo scoprire che cosa proverà rivedendo
Ana. Solo allora prenderò una decisione.»
Claudia sa che non ci sono decisioni da prendere. Ha frequentato
Ana de Mendoza in questi anni in cui Ruy era lontano e l’ha vista
diventare splendida, sicura di sé, adorata dagli uomini e ricercata
dalle donne. La sua conversazione è brillante, perché studia con
passione diverse materie; l’arte della seduzione è innata in lei e da
certi discorsi ha anche dimostrato di essere molto ambiziosa. Se
sapesse che Ruy frequenta un’altra donna non fingerebbe come molte
altre mogli per tenersi il marito, probabilmente lo lascerebbe, è
talmente ricca e potente che a rimetterci sarebbe sicuramente lui.
Claudia parte da Toledo quando Agnes la avverte che Ruy è
tornato – anche se per poco – a corte. Appena la nipote si allontana,
Sofia si rivolge ad Agacia, che tiene in braccio il piccolo Mateo: «Che
cosa abbiamo noi Acevedo contro una felice unione matrimoniale?».
«Non lo so signora, ma avete ragione.»
«Ecco ancora una donna che non può esibire il suo bambino e non
ne può sposare il padre. Claudia sta lasciando a me Mateo come sua
madre, morendo, mi lasciò lei.»
«Per fortuna che ci siete voi… i bambini vi piacciono…»
«Sì, molto. Forse questo era il mio destino, di essere la mamma di
tutti i figli abbandonati dai miei parenti.»
«E poi la signora Claudia viene spesso a trovarlo.»
«Per mia nipote non c’è speranza di formare una famiglia regolare,
a meno che non si stacchi da lui.»
«Se posso permettermi, non credo che avverrà…»
«Già, questa è un’altra caratteristica delle donne Acevedo, di
rimanere fedeli a un solo uomo, vivo o morto che sia. Mia sorella si è
uccisa per Nicolò, Manuela ha rifiutato Lucas e quando ha deciso di
sposarlo lui è stato giustiziato, io non ho voluto più nessuno dopo
Torben…»
Sofia ha un cuore grande e, oltre ad accogliere i bambini che i suoi
parenti non possono accudire, ha deciso di far posto anche a Leticia, la
figlia di Maddalena e Rafael. Dopo aver aiutato Pilar con la sartoria è
andata spesso a prendere la bambina per portarla a fare una
passeggiata e dar modo alla nonna di lavorare con maggiore
concentrazione. Adesso Leticia ha compiuto quattordici anni e viene
da sola nel palazzo di Sofia a giocare con il piccolo Mateo. Il bambino
è felice di vederla e batte le mani ogni volta che la vede arrivare.
Anche Pablo non perde occasione di incontrare Leticia: si aggira
spesso nei dintorni della sartoria dove lei aiuta la nonna a cucire. Sofia
è certa che fra i due stia nascendo qualcosa.
Glielo conferma Agacia. «Sì, Pablo ne è innamorato. Io non ho
niente in contrario. Leticia non è colpevole di nulla. È una ragazza
educata e sensibile, proprio come mio figlio.»
Leticia non nomina mai la madre, le sono bastate le espressioni
costernate della nonna e di Sofia quando ha provato a chiedere di lei.
Sa che è viva e abita da qualche parte lontano da Toledo. Del padre,
Pilar le ha detto che è stato ucciso durante una rapina.
Maddalena non ha più visto la figlia, vive con Félix in una casupola
nella periferia di Madrid e si mantengono con piccoli furti o
derubando gli uomini che lei seduce nelle locande. Si presta a fare
questo per disperazione, abituata fin da piccola ad avere cibo a
sufficienza, abiti e comodità. Con Félix sono litigi continui perché lui
vorrebbe che si prostituisse e Maddalena rifiuta, accettando solo di
portare gli uomini in una camera e lasciarli soli il tempo necessario
perché lui entri e li rapini.

Appena Ruy vede Claudia a corte trova una scusa e le chiede di


seguirlo. Si chiudono nella stanza di lei e si abbracciano a lungo. Poi
fanno l’amore senza ancora essersi detti una parola. Lui la guarda
innamorato e lei dimentica ogni decisione presa.
«Non mi hai dimenticata?» chiede Claudia.
«No!»
«Hai già visto tua moglie?»
«Ancora no.»
«Dovresti farlo…»
«Lo farò, ma adesso voglio stare con te. Non sai quanto mi sei
mancata!»
Claudia si siede sul letto pensierosa: «Sai, io l’ho vista spesso…».
«Che puoi dirmi di lei?»
«Che è bellissima e molto corteggiata.»
«Lo immaginavo. Prometteva bene quando me ne sono andato.»
Sorride nel notare che Claudia è gelosa.
«Potrebbe tradirti.»
«Non mi importa e poi io non sto facendo la stessa cosa?»
Claudia tace e lui comincia a preoccuparsi: «Che hai? Non c’è alcun
pericolo, basta che stiamo attenti».
«Ecco, è questo che mi dà fastidio… stare attenta.»
Forse ha detto la frase sbagliata, Ruy è pieno di problemi
importanti che riguardano il regno e con lei vuole solo essere felice. Si
alza e comincia a rivestirsi nervosamente.
«È il caso che vada a salutarla» dice con l’intenzione di lasciare
subito la stanza.
Solo adesso Claudia trova il coraggio di parlare del figlio.
«Si chiama Mateo e si trova a Toledo, da mia zia Sofia.»
Ruy, già sulla porta, torna indietro: «Un figlio? Perché non me lo
hai scritto?».
«Temevo che saperlo ti distogliesse dai tuoi doveri verso il re. E poi
qualcuno avrebbe potuto leggere…»
«Quando è nato?»
«Tre anni fa. Eri partito da quattro mesi…»
«È assurdo! Dovevi dirmelo!»
«No, è stato meglio così. L’ho portato subito a Toledo da mia zia
Sofia e sono stata a lungo con lui. Sono tornata per te…»
«Voglio vederlo.»
«No. A che servirebbe? In che modo potrei presentarti a lui? Sofia è
l’unica a conoscere la verità. Quando sarà cresciuto lo porterò a
corte… spiegherò che è un mio parente.»
«Ma non pensi a me?»
«Purtroppo questo è il prezzo che dobbiamo pagare. Adesso tu sei
sposato e avrai dei figli. Non voglio che il mio cresca sapendo che il
padre ha un’altra famiglia.»
«Preferisci fargli sapere che è figlio di un’avventura?»
«Sì, assolutamente. Io sono figlia di un uomo che aveva un’altra
famiglia e l’ha preferita a mia madre. Ti assicuro che quando l’ho
saputo ho sofferto moltissimo. Ma dimmi di tua moglie… Quanti anni
ha adesso?»
«Sedici.»
«Farai l’amore con lei…»
«Siamo sposati e Ana non è più una bambina. Ma non devi
preoccuparti. Io amo te e lo sai. E adesso che abbiamo un figlio…»
«Ho ventinove anni…»
«E io quaranta. Cosa vuoi dire con questo? Credo di non aver mai
visto in vita mia una donna più bella di te, in nessun Paese…»
«Lo dicevano anche di mia madre e il marito l’ha lasciata per
un’altra.»
«Io non sono come lui. Io ho scelto te e l’imperatore mi ha ordinato
di sposare un’altra donna per calcoli politici. È diverso.»
Claudia non vuole insistere ma l’idea che l’uomo che ama quella
sera stessa faccia l’amore con una ragazza giovanissima e vergine la fa
stare male.
Ha seguito l’evoluzione di Ana da bambina a donna e per quanto
Ruy dica di amare lei non gli ci vorrà molto per accorgersi che la
moglie è la donna più affascinante della corte.
Non sa che fare, da quando Sofia le ha raccontato la verità su sua
madre ha giurato a se stessa che non avrebbe sofferto per amore.
Competere con Ana de Mendoza è ripetere la storia di Octavia, alla
quale suo padre ha preferito Greta perché era diversa dalle altre
donne. Una guerriera, una donna bellissima e coraggiosa, nipote del
comandante Frundsberg. Qualsiasi uomo l’avrebbe preferita a
Octavia, che era solo un’incantevole bambola, fragile e priva di
qualsiasi talento. Come lei.
Alla corte di Valladolid tutti ammirano Ana per la sua cultura e
intelligenza, per il corpo esile e svelto, per la conversazione brillante e
quella benda sull’occhio che la rende misteriosa. Ana è ricca,
importante, incantevole, tutte le dame di corte vogliono la sua
amicizia, mentre lei ha solo quella della principessa Giovanna e di
Agnes.
Più tardi Ana accoglie il marito che la guarda incantato.
«Sono abbastanza grande per te ora?» chiede.
Lui ha avuto qualche avventura insieme al re mentre si trovava
nelle Fiandre e anche in Inghilterra ma, come ha bene intuito Claudia,
adesso che si trova davanti alla moglie capisce che sarà facile amarla.
La abbraccia e chiude a chiave la camera da letto.
Quando, tre mesi dopo, lascia la Spagna per raggiungere Filippo la
moglie è incinta.
Un altro omicidio

«Perché mi volete sposare? Sapete che non vi amo e che sono incinta
di un altro» chiede Dorotea a Oliver.
Lui le ha appena proposto il matrimonio; si trovano nel giardino
del palazzo reale di Valladolid.
«Voi non mi avete notato ma io vi guardavo sempre quando
eravate qui. Non ho gusti facili con le donne, amo di più i cavalli e
l’arte. Voi eravate diversa da tutte le altre dame. Volevate rendervi
invisibile nei ricevimenti, rimanendo in un angolo, ma così ai miei
occhi eravate più visibile che mai.»
«Dunque mi amate perché mi piace la solitudine?»
«Anche per questo, ma non solo. Amo il vostro viso, gli occhi, le
mani, il vostro gusto originale nel vestire, che non segue la moda. La
malinconia dello sguardo e i lampi che mandano la rabbia che
nascondete dentro. Amo il vostro muovervi lieve fra la gente mentre
guardate lontano. Potrei continuare così per delle ore.»
Dorotea sorride: «Nessuno mi ha mai fatto una dichiarazione tanto
appassionata!».
«Ma qualcuno vi ha mai fatto una dichiarazione? Non dico che non
abbiate ricevuto proposte, magari attraverso i vostri genitori, ma a voi,
direttamente, qualcuno ha parlato? A parte il giovane da cui aspettate
un figlio e di cui non voglio sapere niente.»
«Effettivamente no.»
«Perché mettete soggezione sia agli uomini che alle donne»
conclude Oliver.
«Lo so, è per questo che non si avvicinano e io ne sono felice.» Lo
dice come una bambina riferirebbe una bravata e lui sorride.
«Mi avete chiesto perché vi sposerei anche se siete incinta di un
altro. La risposta è semplice: amo voi e tutto ciò che vi riguarda o vi
interessa. Potevate essere stata già sposata e avere dei figli. È la stessa
cosa.»
Pur pensando sempre a Cristian, Dorotea accetta la compagnia di
Oliver perché è l’unico uomo a corte che la incuriosisce. Ha un corpo
proporzionato e armonico, uno sguardo acuto e grave che si
addolcisce solo con lei, una barba rossiccia e il naso aquilino.
A trent’anni il marchese di Rafal è un cavaliere valoroso che ha
seguito Carlo V nelle sue battaglie in Francia contro Francesco I e non
l’ha più lasciato finché l’imperatore ha abdicato. Adesso è uno dei
migliori cavalieri di Filippo II .
Qualche giorno dopo Dorotea dà a Oliver la sua risposta: «Ho
deciso di accettare di sposarvi a una condizione…».
«Quale?»
«Avete notato voi stesso che non sono come le altre ragazze. Io vi
prego di non limitare la mia libertà. Non voglio dire che vedrei altri
uomini, solo che voglio sentire di non essere costretta a fare qualcosa
che non desidero. Se a un ricevimento preferisco passeggiare in
giardino invece di conversare con le altre dame…»
Oliver la interrompe ridendo: «Lo so, lo so. È inutile che adesso mi
facciate tutto l’elenco delle cose che non sopportate, me ne sono reso
conto benissimo da solo. Sappiate che neanche io sono un uomo
socievole, amo le passeggiate solitarie, le visite alle chiese e ai
monumenti, le chiacchiere di qualche amico fidato…».
«Un’ultima cosa. Se mi avete osservato così bene avrete anche
capito che non vado d’accordo con mia madre. Vi spiegherò in seguito
quali sono i motivi, nel frattempo vi prego di non parlare mai di me
con lei. Proverà a farvi delle domande ma voi siate evasivo.»
Il matrimonio si svolge semplicemente, come vuole Dorotea. Solo i
genitori, i testimoni e alcuni amici, in una piccola chiesa di Madrid.
Nessun ricevimento, perché gli sposi partono in viaggio di nozze
subito dopo la cerimonia.
Ci sono tanti posti in Spagna che Dorotea vuole vedere da tempo:
Oliver ha chiesto un permesso al re spiegandogli che invece dei
festeggiamenti desidera viaggiare con la moglie per due mesi. Poiché
è stato messo al corrente della situazione di Dorotea, Filippo
acconsente alla richiesta.
Gli sposi girano la Spagna da nord a sud, da est a ovest, senza mai
stancarsi. Curiosi entrambi, interessati all’arte e all’artigianato,
assistono a combattimenti di tori e ai tornei, agli spettacoli teatrali e ai
concerti.
Oliver ha capito che Dorotea detesta le occasioni mondane e,
nonostante i numerosi inviti che ricevono, non vi partecipa neppure
lui. La ama moltissimo da tanto tempo e sarebbe disposto a fare
qualsiasi cosa per lei. Gli hanno raccontato la sua storia, il rapimento,
l’amore per una specie di cuoco e pensa che ormai sia tutto superato.
Un innamoramento adolescenziale, una sfida alle convenzioni e alla
madre troppo rigida.
Naturalmente sbaglia. Dorotea pensa a Cristian ogni minuto e
perfino quando fa l’amore con il marito, chiudendo gli occhi,
immagina il corpo di Cristian sul suo.

Da quando Dorotea si è sposata Cristian non l’ha più vista, temeva


che se avesse voluto incontrarla la madre l’avrebbe rinchiusa da
qualche parte. L’ha osservata spesso da lontano uscire e rientrare nel
palazzo, mentre il suo ventre si ingrossava.
Lui ha fatto il cameriere e anche l’aiuto cuoco in diverse taverne nei
villaggi vicini a Valladolid. Lavorando in città avrebbe corso il rischio
di essere riconosciuto. A volte però non resiste e si nasconde vicino al
palazzo per vedere Dorotea appena qualche istante.
Non sa cosa sia successo a Félix e Maddalena e non ha mai scritto a
Raimunda. Quando ha visto Agnes arrivare all’appuntamento sul
ponte di Toro al posto di Dorotea ha capito che il padre l’aveva
portata via ma non immaginava che fosse incinta.
«Federico l’ha messa davanti a una scelta, o sposare il marchese di
Rafal, che accetta di prenderla anche incinta di un altro, o rinunciare al
bambino…» aveva detto Agnes.
«Al bambino e a me!»
Cristian era livido in volto, le mani gli tremavano e Agnes aveva
temuto che si sentisse male. L’aveva portato in una taverna perché
bevesse qualcosa di forte e per un’ora aveva ascoltato il suo sfogo
accorato.
Adesso è animato da una forza rabbiosa di cui non sa che fare. Per
questo si fa prestare dei cavalli per lanciarli al galoppo nelle
campagne, ma non basta. Sa che è solo la sua nascita a impedirgli di
vivere con la donna che ama.
Una sera che ha bevuto – come fa sempre più spesso – si avvicina
troppo al palazzo e va quasi a sbattere contro Federico.
«Tu che ci fai qui? Ti avevo ordinato di stare lontano da mia figlia!»
«Il bambino che deve nascere è mio!»
«Non c’è niente di tuo nella mia famiglia.»
«È mio!»
Poiché Federico lo spinge indietro, visto che si è accostato troppo a
lui, Cristian estrae qualcosa dalla tasca. Alejandro, che era uscito
insieme a Federico ma si era attardato a parlare con un conoscente,
vede la scena da qualche metro di distanza e si lancia sul giovane,
certo che stia per colpire lo zio. Estrae il coltello e lo affonda
nell’addome del ragazzo. Solo dopo si rende conto che nelle mani
Cristian ha una catenina che apparteneva a Dorotea.
«Alejandro! Perché lo hai ucciso? Non voleva uccidermi, guarda…
voleva solo restituire a mia figlia la sua catenina.»
Alejandro è disperato: «Dio mio, che ho fatto! Lui è Cristian, vero?».
«Sì.»
«Tuo nipote…»
«Sì.»
«Volevo solo difenderti…»
«Lo so. Non ti do la colpa, io avrei agito nello stesso modo.
Dobbiamo chiamare le guardie perché portino via il corpo. Poi farò in
modo che sia rimandato a Raimunda.»
Dorotea, che ha visto tutta la scena dalla finestra, è corsa giù e si è
lanciata contro Alejandro colpendolo con i pugni al petto. Poi si piega
sul corpo senza vita di Cristian e lo abbraccia singhiozzando.
«Perché? Perché l’hai ucciso?» ripete ossessivamente. «Perché? Che
ti aveva fatto?»
Il padre si avvicina ma lei lo caccia via: «Vattene! Hai ottenuto
quello che volevi! Non voglio più vederti!».
Alejandro si tiene a distanza. Ha lasciato cadere il pugnale sporco
di sangue e non sa cosa fare. Federico si avvicina: «Cristian aveva un
coltello in tasca. L’ho appena trovato. Non parleremo della catenina
ma diremo che ti sei difeso dopo che lui mi aveva aggredito…».
«Non posso fare una cosa del genere!»
«Preferisci essere arrestato?»
«No… ma…»
«Nessun ma. Tu non c’entri niente. Questa situazione riguarda la
mia famiglia. Hai visto che era ubriaco e mi gridava contro, hai
pensato che volesse farmi del male e hai reagito. E adesso vai via, o
Dorotea non si calmerà.»
Accasciata a terra, mentre carezza la testa di Cristian, Dorotea sente
delle fitte al ventre. Il padre se ne accorge e la prende in braccio,
mentre lei continua a strillare che vuole rimanere accanto a Cristian.
Viene portata nella sua stanza e intervengono subito i medici e le
dame della sposa. Il marito è a caccia e Federico lo manda a chiamare.
Flora entra nella stanza della figlia e cerca di calmarla ma Dorotea
la manda via gridando: «Vattene anche tu! Senza il padre non mi
interessa avere un figlio».
«Stai bestemmiando» sbotta Flora incollerita, prima di lasciare la
stanza.
Il medico le dà una pozione per calmarla e poi cominciano le
doglie. Solo quando esce la prima bambina si rende conto che ce n’è
un’altra.
Le gemelle vengono affidate alla nutrice e il dottore si avvicina a
Dorotea.
«Avete avuto due bellissime figlie.»
Lei non dice nulla. Soffre troppo per la morte di Cristian, e delle
bambine non le importa.
Diverse ore più tardi si sveglia in un bagno di sudore. Due gemelle,
pensa, come Octavia e Sofia: è sicuramente una maledizione.
Una rapina finita male

Dorotea non è la sola a pensare alle gemelle come la ripetizione di una


storia già accaduta. Lo fanno anche Federico, Alejandro e Sofia,
quando viene avvertita della loro nascita.
Federico studia bene le bambine per cogliere le somiglianze. Eccoli i
suoi occhi azzurri, quelli di Cristian, gli stessi di Raimunda. “Eccolo di
nuovo il sangue di mia madre…” pensa. Oliver ha capelli castani e
occhi scuri. Flora ha capelli ramati e occhi verdi. Solo lui e Cristian
sono biondi come Dorotea e come Raimunda. Si chiede se in tutto
questo ci sia un significato.
Dopo essere stata allontanata dalla stanza del parto perché la figlia
non la voleva accanto a sé, Flora si è sdraiata sul letto con un
fortissimo mal di testa.
Claudia va ad avvertirla: «Due gemelle, capisci che bello? Due».
«Femmine.»
«Sì, femmine. Vuoi dire che avresti preferito due maschi?»
«Sicuramente.»
Claudia non capisce cosa le sia successo. Da quando la figlia è stata
rapita, il loro rapporto già freddo è peggiorato ulteriormente. L’ha
vista più volte trattarla con astio o indifferenza, mai con dolcezza. È
una mamma molto premurosa con il figlio maschio, ma con Dorotea
c’è un attrito che si percepisce immediatamente.
Alla fine Dorotea riceve anche la visita della madre ma non si lascia
abbracciare. La nutrice porge a Flora le due neonate e lei le guarda
appena.
Federico invece non sta in sé dalla gioia e va a riferire della doppia
nascita a tutti gli amici.
«Gemelle, è davvero una fortuna» dichiara Alejandro, che vorrebbe
tanto dei figli suoi.
Federico diventa cupo e parla a bassa voce: «A te voglio dirlo. Devi
sapere che quando sono andato a Toro per convincere Dorotea a
tornare a corte, ho incontrato un mendicante cieco. Era giovane e mi
ha fatto compassione. Gli ho dato molto denaro e mentre stavo
andando via mi ha detto solo una frase: “Purché non siano due!”.
Secondo te riguardava le gemelle?».
«Tu credi agli indovini?»
«No, ma…»
«Ha detto la prima frase sibillina che gli veniva in mente per farti
preoccupare, per farti riflettere. Loro fanno così, non ti dicono mai
qualcosa direttamente, qualcosa che sia immediatamente
comprensibile. “Due” può indicare qualsiasi cosa… due mogli, due
battaglie, due amanti… non ti preoccupare per quella frase,
dimenticala.»
Federico sorride e decide di non pensarci più. Un mese dopo
organizza il battesimo e un grande ricevimento. In chiesa entrano
Federico e Oliver con le neonate in braccio, Dorotea non ha voluto che
ne tenesse una il fratello o Alejandro, che non vuole più vedere.
Federico osserva le bambine con i vestitini immacolati e le parole
del mendicante gli tornano in mente. Le gemelle sono identiche, come
lo erano Sofia e Octavia, finché quest’ultima crescendo è diventata
molto più bella della sorella. Accadrà anche a loro? Quale sarà la loro
vita? “Purché non siano due…”: che senso ha quella frase? Forse che
una delle gemelle morirà disperata? Ma è assurdo.
Sposta lo sguardo sulla moglie, ormai è quasi un’estranea. Gli parla
raramente e dormono in camere separate. Lui ha cominciato ad avere
qualche avventura sessuale, solo per soddisfare il desiderio fisico, ma
nessuna può essere definita la sua amante. Donne incontrate durante i
suoi viaggi, lontano da Valladolid.
Flora rimane accanto al figlio per tutta la funzione. Ogni tanto gli
prende la mano e lui non protesta, nonostante non sia più un
bambino. Ha tredici anni e sembra felice del matrimonio della sorella,
anche se sperava che partorisse un maschio. Gli sarebbe piaciuto un
fratellino con cui giocare, non ha molti amici, perché la madre lo tiene
sempre con sé. Gli unici momenti in cui lo lascia solo sono le lezioni
scolastiche e le esercitazioni militari.
Flora ha sempre evitato di riflettere sul suo rapporto con la figlia.
Ormai ha accettato le loro difficoltà a volersi bene. Ma che cosa è
successo? Si sente strana da molto tempo, a volte rabbiosa, altre
distante da tutto. Comincia a credere che l’omicidio commesso, al
quale non aveva più pensato per molti anni, abbia continuato ad agire
dentro di lei. Da un po’ di tempo rivive la scena dell’uccisione in
sogno e si sveglia gridando. Si rivede a Roma, in fuga per la città,
attenta a ogni sguardo, ogni volto conosciuto. Ma questi momenti di
riflessione sono brevi perché non portano a nessuna conclusione e
Flora si distrae facendo qualcosa di pratico: cuce, ricama, si acconcia i
capelli, va dalla sarta per un nuovo vestito.
Chi non riesce a distrarsi da quello che ha fatto è Alejandro. Ha
rimandato il più possibile la lettera che vuole scrivere alla madre
rivelandole di aver ucciso Cristian. Alla fine lo fa, raccontandole tutto
quello che è successo ma omettendo il suo terribile dubbio: Cristian
stava estraendo dalla tasca la catenina di Dorotea o il coltello che poi
gli hanno ritrovato? Il suo è stato un omicidio inutile, dettato solo dal
desiderio impulsivo di aiutare Federico? Perché invece di colpirlo con
una lama non ha lottato con Cristian, più giovane di lui, meno forte e
senza alcuna esperienza militare? Spiega alla madre che si è trattato di
legittima difesa, non vuole che dubiti di lui.

L’ultimo colpo è andato male. Maddalena ha adescato un uomo in una


locanda mentre stava mangiando e l’ha accompagnato in camera. Ha
cominciato a spogliarsi e in quel momento è arrivato Félix col volto
coperto e un coltello in mano. Ha ordinato alla coppia di non
muoversi e ha preso il denaro dell’uomo. Ma qualcosa ha insospettito
la vittima, che ha afferrato Maddalena per il collo e, rivolgendosi a
Félix, ha gridato: «Lascia subito quello che hai preso o stringo!».
Félix ha abbandonato la refurtiva e Maddalena si è rivestita in fretta
per fuggire.
«Dove abbiamo sbagliato? Come ha fatto a capire che eravamo
complici?» chiede lui.
«Non lo so, ma non possiamo continuare così. Io ho un’idea.»
La sua idea è di derubare Sofia. Lei conosce perfettamente il
palazzo e sa come fuggire.
Partono per Toledo e per qualche giorno, vestiti da mendicanti,
cercano di capire chi abiti insieme a Sofia. Finito il sopralluogo,
Maddalena tira le conclusioni: «Ci sono solo Agacia, che però mi
conosce benissimo, e il bambino di Claudia, che ogni giorno Sofia
porta a fare una passeggiata. Dobbiamo aspettare il momento giusto».
Una mattina vedono uscire Sofia con Agacia e il piccolo Mateo.
«Non torneranno prima di un’ora. Staranno andando al parco
oppure al mercato. È il momento!»
Entrano da una finestra che Maddalena conosce e che dà sulla
strada. Mentre lei si dirige verso la stanza da letto di Sofia, Félix
scende in giardino per un ulteriore controllo e trova inaspettatamente
Pablo che sta innaffiando i fiori. Lo prende alle spalle tappandogli la
bocca. Pablo si dibatte ma Félix è più forte di lui.
Maddalena entra in camera. Sa bene dove Sofia tiene denaro e
gioielli e li sta infilando in un sacco quando sente la punta di un
coltello alla schiena.
«Ferma! Rimetti tutto al suo posto!»
Maddalena si immobilizza. Non si volta ma si concentra su ciò che
deve fare. Se cede alla donna che la sta minacciando verrà arrestata, e
questo non deve succedere.
Si gira di scatto e getta il sacco contro la donna, poi estrae il
pugnale che tiene in tasca e la colpisce. Leticia cade in terra emettendo
solo un gemito e Maddalena si ferma un attimo a guardarla, temendo
di averla uccisa. È allora che la riconosce, nonostante siano passati
anni da quando l’ha vista l’ultima volta. La figlia le somiglia
moltissimo e non può sbagliare.
Lascia la refurtiva e corre in giardino. Riferisce brevemente a Félix
cosa è successo e lui, che ha legato Pablo a un albero, fugge gridandole
di seguirlo. Invece Maddalena libera Pablo e gli chiede di prendere un
carro perché Leticia è stata ferita. Insieme vanno all’ospedale e
lasciano la ragazza ai medici.
«Che cosa avete fatto?» domanda Pablo disperato. «È vostra figlia!»
«Lo so, me ne sono accorta. Pensavo fosse una cameriera che non
conoscevo. Non volevo farle del male. Per questo sono qui. Non mi
importa cosa mi accadrà.»
Sofia e Agacia tornano a casa e trovano il cancello aperto. Nella
stanza da letto padronale i gioielli sono scivolati via da un sacco e ci
sono tracce di sangue sul pavimento. In quel momento arriva Pablo ad
avvertirle che Leticia è stata ferita in un tentativo di furto. Non parla
di Maddalena, perché spera che abbia già lasciato l’ospedale. Se l’ha
liberato e non è fuggita vuol dire che ci tiene alla figlia e lui non ha
intenzione di farla arrestare. Prima di lasciare l’ospedale le ha detto di
andarsene, ma Maddalena ha risposto che non avrebbe abbandonato
la figlia.
«Dovete farlo o vi arresteranno. Io devo avvertire la signora Sofia e
la signora Pilar, lei vi denuncerà.»
«E se Leticia morisse?»
«Avete sentito il medico? Non morirà. Si tratta di una ferita
superficiale.»
«Andrò nella locanda del Falco ma tu devi venire stasera a dirmi
come sta o tornerò io.» Poi gli aveva messo una mano sulla spalla
guardandolo negli occhi: «Dimmi, perché lo stai facendo Pablo?
Perché mi stai salvando?».
«Perché so che siete disperata, che volevate solo rubare e questo
non è un crimine grave. Tutto il resto non mi interessa. Eravate gentile
con me quando vivevamo tutti insieme nel palazzo e io non lo
dimentico.»
«Veramente non ero molto gentile…»
«Ma neppure cattiva. Dirò che un ladro si è introdotto in casa,
mentre io ero in giardino, e ha colpito Leticia. Poi è fuggito.»
«Va bene, ti ringrazio. Ma non dimenticare di darmi notizie» aveva
risposto lei andando via malvolentieri.
Mentre Sofia e Agacia corrono all’ospedale, Pablo va ad avvertire
Pilar.
Leticia, dopo essere stata medicata, viene lasciata in una sala con
altri malati. Il medico riferisce alle parenti che non si tratta di una
ferita profonda.
«L’ho già detto anche alla madre…»
«La madre?» chiede Sofia.
«Ma quale madre?» aggiunge Pilar, che è appena arrivata trafelata.
Il medico è stupito: «C’era una donna che le teneva la mano mentre
le cucivamo la ferita e ha detto di essere la madre».
Sofia e Pilar si guardano e Pablo è costretto a raccontare tutto.

Maddalena sta camminando lentamente verso la locanda. Piove e la


strada è deserta. Sente dei passi dietro di lei ma non si volta. “Ecco il
mio destino che mi insegue” pensa.
È Félix, che l’ha vista entrare e uscire dall’ospedale. Solo dopo ha
visto arrivare Sofia, quindi Maddalena non ha ancora parlato con lei e
Pablo non conosce il suo nome. La reazione che ha avuto Maddalena
dopo aver colpito la figlia lo ha sorpreso. Pensava che sarebbe fuggita
invece è rimasta per chiedere aiuto e sarà quell’attimo di debolezza a
portarla in prigione, ma lui non vuole essere accusato.
La segue per un tratto ed è già colto dalla nostalgia. Le guarda i
capelli bagnati, la povera veste che le ha visto indossare ogni giorno
negli ultimi tempi. Pensa alla bella vita che avrebbe fatto se non
avesse inseguito l’ossessione del suo cuore verso Alejandro.
Pur cacciata dalla corte, forse avrebbe trovato la sua strada se non
avesse incontrato lui e Natal nella taverna di Talavera. Gli ha voluto
bene, di questo è sicuro, come è sicuro di avere amato solo lei nella
sua vita. L’ha trascinata in basso, nel buio della prostituzione e dei
furti, ma il loro rapporto è rimasto immacolato, dolce, pulito. Se
continuerà a guardarla ancora perderà tutto il coraggio e l’unica cosa
di cui è certo è che non vuole finire la vita in prigione.
La colpisce alle spalle con il coltello come ha fatto con Gabriel. Lei
gli cade addosso e lui le taglia la gola tenendola abbracciata a sé e
sentendo una ferita lacerante anche dentro il proprio collo. Poi la fa
scivolare a terra e la guarda qualche istante. La pioggia che adesso
cade con violenza si mescola al sangue che scende lentamente lungo la
strada, lasciando chiazze rosso chiaro. Félix le fissa e si sente
debolissimo. La vita di Maddalena se ne va portandosi via parte della
sua. È disperato. Si dice che lei avrebbe sicuramente parlato, si sarebbe
liberata la coscienza e lui sarebbe stato arrestato.
Maddalena forse se la sarebbe cavata perché ha ucciso Rafael per
legittima difesa e sul suo conto c’era solo un tentativo di rapina. Ma
lui ha ucciso Gabriel per vendetta e ha rapito Dorotea… Condannato a
morte!
Ormai totalmente inzuppato, piange e si allontana. Entra in una
taverna per riscaldarsi e si riempie lo stomaco di vino, poi monta a
cavallo e parte per Talavera. Vuole andare da qualcuno che non lo
caccerà né lo denuncerà, qualsiasi cosa abbia fatto: sua madre.

Leticia non ha ancora capito quello che è successo, pensa a una


semplice rapina e nessuna delle tre donne che le stanno accanto ha il
coraggio di dirle che a colpirla è stata sua madre.
La lasciano riposare e chiedono ancora a Pablo i dettagli della
rapina finita male.
«Quell’uomo mi ha sorpreso mentre mi occupavo dei fiori e mi ha
legato a un albero. Poi ho sentito un grido, l’uomo è fuggito e lei mi ha
liberato. Mi ha detto che la figlia era ferita. Sono accorso nella stanza
della signora Sofia e insieme abbiamo portato Leticia in ospedale.
Rassicurato dal medico, sono venuto a cercarvi.»
«Chi sarà l’uomo con cui era Maddalena?» chiede Pilar.
«Da quello che so viveva con il figlio di Raimunda, la nostra
governante di quando eravamo piccoli» risponde Sofia.
«Raimunda l’assassina…» sussurra Pilar.
«Non è stata lei a uccidere i miei genitori!»
«Ma Gabriel mi disse che aveva fatto entrare gli assassini…»
Sofia non vuole spiegare troppe cose a Pilar, non si fida di lei.
«Comunque sono fuggiti…»
«No» riprende Pablo. «Solo lui è fuggito. Maddalena l’ho mandata
via io. Lei non voleva allontanarsi dalla figlia.»
«Perché l’hai fatto? Perché non l’hai fermata?» gli chiede Agacia.
«Mamma, non chiedermelo, mi conosci!»
Agacia tace perché intuisce che il figlio volesse salvare Maddalena
che aveva dimostrato qualcosa chiedendo aiuto per Leticia.
Pilar invece sembra inferocita: «Adesso tu la vai a cercare! Poi la
denunceremo».
Agacia torna a casa per mettere a letto Mateo, mentre Pablo si
incammina verso la locanda deciso a consigliare a Maddalena di
lasciare la città.
È lui che scopre il cadavere in mezzo alla strada. Torna subito
indietro ad avvertire Sofia, mentre non dice niente a Pilar, che si trova
al capezzale di Leticia.
«Che fine triste!» esclama Sofia guardando il viso immobile di
Maddalena e il sangue che le esce dalla gola e dalla schiena. «Quel
vigliacco l’ha colpita alle spalle. L’ha uccisa quando è uscita
dall’ospedale. Evidentemente temeva che parlasse.»
Sofia è sconvolta da quello che è successo, non può dimenticare di
aver trattato Maddalena come una figlia per molti anni. La sua morte
che nessuno piangerà la fa soffrire.
«Voglio pensare che sia stato lui a costringerla a rapinarci» dice a
Pablo, che sta fissando il cadavere sconvolto. «Lei non l’avrebbe fatto,
ha vissuto anni con me. Perché venire proprio nel mio palazzo?»
Pilar, che li ha appena raggiunti, non riesce a provare alcuna
compassione per il povero corpo di Maddalena e sulla rapina ha
un’altra idea. Pensa che sia stata proprio lei a idearla, poiché
conosceva bene il palazzo Acevedo. Evidentemente si era voluta
tenere per sé alcuni dei gioielli rubati e lui l’ha uccisa per
impadronirsene.
Sofia si è accorta del sorrisetto che Pilar non riesce a nascondere e
prova una rabbia infinita per quella donna che non ha pietà.
«Poveretta» dice ad alta voce. «Sarà stato un colpo per lei essere
sorpresa a rubare proprio dalla figlia. Comunque io non l’avrei
denunciata…»
Pilar guarda Sofia con ammirazione e un pizzico di ironia:
«Conosco la vostra infinita bontà ma esiste anche la giustizia».
«Scriverò a mio figlio Alejandro perché decida lui cosa fare»
risponde secca Sofia, poi chiede a Pablo di chiamare le guardie perché
si occupino di Maddalena, rimanendole accanto fino al loro arrivo.
Filippo contro la Francia

«Dio mio! Che cosa ti è successo?» grida Raimunda trovandosi di


fronte Félix insanguinato.
Lui abbraccia la madre, che non vede da anni.
«No, non è mio. Io sto bene, ma devo nascondermi» le spiega.
«Posso rimanere qualche giorno qui da te?»
«Certo che puoi, sei mio figlio. Adesso vai in camera a riposarti, poi
mi racconterai.»
Raimunda passa a Félix dei vestiti puliti e torna in cucina a
preparare la cena. Ha trovato il figlio magrissimo, pallido, forse
malato. Qualsiasi cosa abbia fatto, non può abbandonarlo.
Félix si lava le mani sporche di sangue, si cambia e poi si chiude
nella sua stanza. Morde il cuscino per non far sentire i singhiozzi alla
madre, non vuole che lo veda piangere.
Nonostante volesse bene al padre, gli rimprovera di aver dato
inizio a una catena di omicidi che è finita con quello che ha commesso
stasera. Ha sbagliato tutto fin da quando ha deciso di vendicare la sua
uccisione. Solo dopo la sua morte Raimunda aveva raccontato a lui e a
Natal che anche il padre aveva ucciso due persone innocenti lasciando
quattro orfani.
Avrebbe dovuto capire che i conti erano pareggiati e imparare un
mestiere, come Raimunda gli aveva sempre chiesto. Invece ha
preferito vivere alla giornata, furti e lavoretti saltuari, poi un
rapimento e adesso un omicidio.
Non sa cosa gli sia successo, come ha fatto a togliere la vita all’unica
donna che abbia amato nella sua vita? Si è trattato di gelosia? Il fatto
che gli abbia preferito una figlia che non aveva mai considerato?
Questo comportamento gli ha messo in testa l’idea che volesse
cambiare vita, che si fosse pentita e che l’avrebbe denunciato, ma
adesso, a mente lucida, è sicuro che lei non aveva intenzione di fare il
suo nome. Ne avrebbe inventato un altro, per indirizzare le indagini
nel senso sbagliato. Maddalena poteva avere molti difetti ma è certo
che non avrebbe tradito l’uomo con cui viveva e per il quale era scesa
tanto in basso.
E ora che succederà? Dovrebbe cercare un altro posto in cui stare
ma è stanco, troppo stanco per muoversi.

Alejandro ha ricevuto la lettera di Sofia e ne parla con Federico.


«Può essere che Félix abbia ucciso Maddalena? Ma non vivevano
insieme?»
«Sì» risponde Alejandro. «Secondo mia madre, quando si è accorta
di aver colpito Alicia, Maddalena non è fuggita insieme a lui.
Sicuramente Félix avrà temuto che potesse denunciarlo e l’ha uccisa.
A questo punto è davvero troppo.»
«Vai a Talavera a cercarlo, io non me la sento di affrontare mio
fratello. Però non ucciderlo. Ci sono stati già troppi morti. Assicuralo
alla giustizia, è un assassino e avrà la condanna che merita.»
«Raimunda sa tutto quello che è successo tra tua figlia e Cristian?»
«Non sa niente, neppure del rapimento… A meno che Félix non si
sia rifugiato da lei e le abbia raccontato tutto.»
«Ma lui non sa della morte di Cristian! Scrivile, Federico. È tua
madre! E di’ che è tutta colpa mia, che non volevo ucciderlo ma la
rabbia ha preso il sopravvento.»
«Non me la sento di scriverle che ha perso anche il nipote che
amava tanto. Andrò a trovarla e le racconterò della rapina e della
morte di Natal e Gabriel. Quanto a Cristian, le dirò che lui aveva un
coltello e tu hai estratto il tuo per difendermi. Parti subito, e se Félix è
da mia madre aspetta che lei sia uscita, non voglio che assista al suo
arresto.»

Raimunda si chiede come possa avere ancora energia per essere di


aiuto a qualcuno. Félix le ha raccontato della rapina finita male e di
aver ucciso la donna che amava. Il senso pratico della donna prevale
sull’orrore di ciò che ha ascoltato.
«Devi andartene. Forse ti stanno cercando. Non puoi rimanere qui.»
«Lo so… ma sono troppo stanco. Ancora qualche giorno,
Maddalena non può avere avuto il tempo di fare il mio nome, e il
ragazzo che ho trovato nel palazzo non mi conosce.»
Raimunda teme di fargli la domanda che le sta a cuore ed è già
preparata al peggio. È così strano che Felix sia solo… dove sono Natal
e Cristian?
Félix le racconta dell’uccisione di Natal, omette però di aver colpito
a morte Gabriel.
«Mio figlio ha ucciso il fratello?» Raimunda è costretta ad
allontanarsi perché le lacrime le offuscano la vista.
Félix la raggiunge e le spiega che Federico si è solo difeso. Ormai
non ha più la forza di negare, di mentire, di lottare. La morte di
Maddalena lo ha annientato.
Arriva anche la lettera di Federico che racconta alla madre nei
particolari il rapimento di Dorotea, l’uccisione di Natal e quella di
Gabriel.
Raimunda evita di nominare Gabriel al figlio, sapeva che sarebbe
successo. Mille volte ha sentito Natal e Félix programmare la loro
vendetta dopo l’uccisione del padre. Gli chiede però che fine abbia
fatto Cristian. Sa che Félix non voleva più vedere il nipote che lo
aveva tradito liberando Dorotea dalla prigionia, ma è sicura che non
gli serbi rancore.
«Non lo so, dopo aver liberato Dorotea è scomparso. Ha paura di
me ma tu sai che non gli farei del male. È solo un ragazzo e credo che
avesse un debole per quella ragazza. Diglielo, se verrà da te.»
«Spero che lo faccia, ma tu vai via! Ho paura…»

Alejandro arriva a Toledo e non passa dalla madre per non farla
preoccupare. Cerca Félix ma non lo trova, così va a Talavera e rimane
vicino alla casa di Raimunda per scoprire se è sola o con il figlio.
Il secondo giorno del suo appostamento vede Félix uscire di casa
con circospezione e avviarsi verso la più vicina taverna. Il desiderio di
stordirsi con l’alcol è più forte del timore di venire arrestato. È allora
che Alejandro gli punta il coltello alle spalle e si meraviglia
accorgendosi che l’uomo non si difende.
«Sapevo che prima o poi qualcuno degli Acevedo mi avrebbe preso.
Vi aspettavo.»
Alejandro accompagna Félix dalle guardie, poi va ad avvertire
Raimunda.
La donna lo ascolta senza commentare. Era sicura che Félix sarebbe
finito così. Almeno non è stato ucciso come il fratello.
Alejandro torna a Toledo e va a trovare Leticia, che trova a casa di
Sofia sdraiata sul letto. Guarda la ragazza che per un periodo ha
creduto sua figlia e scambia con lei qualche parola, poi torna a
Madrid. Durante il viaggio pensa spesso a lei, Sofia le ha detto che è
una ragazza molto dolce che ha sempre sofferto per la mancanza dei
genitori.
Leticia ha compiuto quindici anni, non è bella ma molto aggraziata
e veste con gusto, perché Pilar confeziona abiti adatti a lei. Sofia la
considera una brava ragazza, servizievole, ogni volta che va a trovarla
insieme a Pablo. A volte si chiede che futuro potrà avere se il suo
unico parente è la nonna che cuce vestiti. Avrebbe voluto chiedere ad
Alejandro di portarla con sé a corte, ma non ne ha avuto il coraggio.
Alejandro ci pensa da solo durante il viaggio di ritorno. Si è posto le
stesse domande di Sofia e ora che Maddalena è morta l’unico ostacolo
per farla venire a Valladolid è lui, ma non ha niente contro Leticia, che
è stata solo vittima del tranello in cui Maddalena lo ha fatto cadere.
Se Sofia è tanto generosa da tenerla spesso in casa, lui non può
essere da meno. Arrivato a Valladolid ne parla con Federico.
«Tu avresti qualcosa in contrario se portassi Leticia a corte? La
nonna le fornirebbe un bel corredo e per le spese me ne occuperei io.
Può essere una delle dame di Flora.»
«Se mia moglie è d’accordo lo sono anche io.»
Alla richiesta di accogliere Leticia, Flora risponde di sì
distrattamente, non le dispiace che Maddalena sia morta e non prova
compassione per la figlia, ma non vuole litigare con il marito.

Filippo II si imbarca per l’Inghilterra, dove arriva il 18 marzo 1557. Il


giorno dopo raggiunge a Greenwich la moglie Maria, che lo abbraccia
piangendo. I sovrani attraversano Londra a cavallo seguiti dai notabili
della città. Filippo si comporta da marito perfetto, rimanendo due
giorni solo con la moglie. Questa volta lei è certa di aver concepito
veramente un bambino. Nel timore che si tratti di nuovo di una falsa
gravidanza, Filippo evita il discorso ma le dice di essere preoccupato
perché in Italia sono riprese le ostilità.
«Il papa mi considera una canaglia e un flagello per la Chiesa.
Enrico II lo appoggia.»
«Lo so, mi hanno avvertita che il re di Francia ha perfino aiutato i
protestanti inglesi che hanno cercato di ribellarsi a me. Dovete parlare
al Consiglio.»
Filippo riesce a convincere il Consiglio e viene dichiarata la guerra.
Ruy Gomez, tornato a Bruxelles, prepara la flotta spagnola e dieci
giorni dopo Filippo è pronto a partire dall’Inghilterra. Lascia la moglie
malata che ha voluto accompagnarlo fino a Dover in una lettiga,
perché non è più in grado di andare a cavallo.
Nonostante la dignità che mantiene esternamente, la regina è molto
provata, il viso ha nuove rughe e la salute è malferma. Poiché piange
spesso, i medici le praticano numerosi salassi lasciandola pallida e
anemica. I sudditi hanno capito che è sterile e ormai guardano alla
figlia di Anna Bolena come prossima regina. Elisabetta ha ventitré
anni, è alta e magra e ha occhi bellissimi.
Sbarcato a Calais, Filippo va a Bruxelles per informarsi della
situazione.
«I francesi hanno conquistato Lens e i nobili fiamminghi sono molto
eccitati all’idea di combattere» gli riferisce Ruy.
«Perché sono giovani. Io sono stato educato a essere un soldato da
mio padre, che è stato un vero eroe. Ma sulle battaglie ho idee diverse
dalle sue. Sono come il bisnonno Ferdinando d’Aragona, che seguiva i
combattimenti da lontano, non mettendo in pericolo la propria vita.
Invece guarda Emanuele Filiberto…»
«Non per niente lo chiamano “Testa di Ferro”. Non sta nella pelle
all’idea di entrare in azione.»
«Anche i francesi. So che nell’esercito c’è il meglio dell’aristocrazia.
Agli ordini del connestabile Montmorency ci sono duchi e principi.»
«Non siamo da meno! Il duca di Savoia ha preparato un potente
esercito. A cavallo ha reclutato i più esperti lanzichenecchi e la
fanteria spagnola è la migliore del mondo. Allora, che farete? Vi
metterete al comando come vorrebbe vostro padre?»
«Emanuele Filiberto è più portato di me nell’arte militare.
Attenderò a Cambrai l’esito delle battaglie sui due fronti.»
Ruy è riuscito a farsi dare dalla Chiesa spagnola il denaro per la
guerra, come aveva consigliato l’imperatore. Molti ricchi ecclesiastici
si sono dimostrati generosi, eccettuato l’inquisitore generale Fernando
de Valdés y Salas, arcivescovo di Siviglia, che dichiara di essere
troppo povero per tirare fuori i soldi.
Carlo gli scrive ordinandogli di pagare o di lasciare la sua carica. La
reggente Giovanna lo definisce avaro e gli fa sapere di conoscere
perfettamente l’ammontare dei suoi risparmi. Alla fine, l’inquisitore
accetta di pagare, ma molto meno di quanto ci si aspettava da lui.

L’esercito di Filippo è formato da cinquantamila uomini e alla fine di


luglio prende ad avanzare verso la Francia. Arrivato a San Quintino,
governata da Gaspard di Coligny, che è a capo di un’imponente
guarnigione, la assedia. San Quintino è un punto vitale, sia per
bloccare l’avanzata francese che per iniziare una spedizione verso
Parigi.
Il 10 agosto arrivano anche le forze francesi comandate da
Montmorency, che ordina l’apertura della porta cittadina per i suoi
soldati. Gli uomini di Emanuele Filiberto e del conte di Egmont,
nascosti dietro una collina, attaccano i francesi, che cominciano a
ritirarsi. È una vittoria rapidissima. Gran parte dei nemici vengono
uccisi e molti catturati, fra cui lo stesso Montmorency con tre dei suoi
figli. Filippo invia la buona notizia al padre, che adesso si aspetta una
marcia contro Parigi; il re, tuttavia, preferisce prima parlarne con
Lamoral di Egmont.
«Mio padre vuole che arriviamo fino alla capitale francese, ma io
ricordo quante sconfitte ha subito allontanandosi dalla sua base.»
«Sono d’accordo con l’imperatore, io avanzerei.»
«Ci sono molti problemi… l’approvvigionamento, per esempio.
Inoltre, non possiamo lasciare San Quintino ai francesi…»
«Come volete voi» risponde deluso il duca.
Filippo, soddisfatto, torna a Bruxelles, dove viene accolto
trionfalmente.
Forte del successo ottenuto, qualche tempo dopo Lamoral di
Egmont torna a incalzare il re sulla stessa questione.
«È il momento di avanzare su Parigi! Non possiamo perdere una
simile occasione.»
Ma oltre a Filippo, anche i membri del Consiglio di Stato si
oppongono a quella che considerano una follia. Manca il denaro per
finanziare una nuova campagna e la cosa migliore è che il re si ritiri
vincitore.
Due settimane dopo, la città di San Quintino viene nuovamente
assediata e conquistata. Questa volta Filippo decide di condurre
l’assalto personalmente.
È la sua prima esperienza sul campo di battaglia. Alla fine, va a
controllare la città sconfitta. Si aggira per le trincee pensando che non
è un uomo d’armi e non combatterà mai in una guerra. Assiste anche
al saccheggio, che lo fa inorridire: le abitazioni distrutte, i cittadini
torturati e uccisi, donne mutilate, tutti a caccia del bottino.
Cerca di mettere fine a tutto questo senza riuscirci, ma ottiene
almeno di salvare le donne, che fa rinchiudere nella cattedrale. Infine
lascia la città in fiamme e attende notizie dal Sud dell’Italia.
I francesi temono che, dopo aver conquistato San Quintino, Filippo
marci su Parigi, così cercano di tagliare le linee di rifornimento degli
spagnoli e rapinano i carri con le munizioni e il denaro. Sono bande di
pochi uomini che agiscono in fretta e poi si allontanano.
Nel frattempo il duca Francesco di Guisa tenta invano di riprendere
la città di Napoli agli spagnoli, comandati dal duca d’Alba. Questi
riesce a fermarli e poi decide di marciare su Roma, ma è obbligato da
Filippo a restituire tutte le città conquistate al papa e a permettere ai
francesi di tornare in patria.
Se il duca d’Alba è furioso per questa decisione, Carlo V in Spagna
ne è disgustato, avrebbe voluto dare una sonora lezione al papa.
Filippo si trasferisce nella città di Hem con i suoi consiglieri.
«Vogliono bloccarci il cammino aspettando l’inverno quando non
saremo più in grado di pagare i soldati» commenta con Ruy.
Infatti le truppe inglesi si ritirano a ottobre e Filippo riunisce gli
Stati Generali a Bruxelles per risolvere il problema della paga ai
soldati. Nella città belga giunge anche il duca d’Alba e Ruy Gomez si
mette a letto fingendosi malato per non incontrarlo.
Fra i due ormai è guerra aperta. Si sono formati due partiti alla
corte di Filippo. Quello di Fernando Álvarez de Toledo, duca d’Alba,
che ha iniziato la sua carriera con Carlo V nella battaglia di Pavia e ha
combattuto al fianco dell’imperatore a Tunisi e Mühlberg, e quello di
Ruy Gomez.
Il duca d’Alba viene da una famiglia nota per l’eroismo in battaglia.
Il padre è stato ucciso in uno scontro con i mori e lui è stato allevato
dal nonno, che voleva farne un grande soldato.
Da due anni governatore del Ducato di Milano e viceré del Regno
di Napoli, è intelligente e astuto ma anche fanatico e sanguinario. È
considerato un uomo spietato che utilizza qualsiasi mezzo per
sconfiggere i nemici, anche l’inganno e il tradimento.
Disprezza Ruy Gomez considerandolo un semplice servitore. Da
parte sua Ruy lo ritiene estremamente pericoloso per le sue ambizioni
politiche. Ed è lui, l’amico di sempre, l’ultima persona con cui Filippo
parla prima di andare a dormire.
La morte di Carlo V

Il re di Francia recluta un potente esercito in Piccardia comandato dal


duca di Nevers, Luigi Gonzaga, chiede aiuto al sultano Solimano
perché fornisca le sue navi e incoraggia gli scozzesi a invadere
l’Inghilterra. Ordina anche a Francesco, duca di Guisa, di conquistare
Calais, che per più di duecento anni è stata occupata dagli inglesi. Con
trentamila uomini attacca i villaggi vicini e il 7 gennaio 1558, all’alba,
Lord Thomas Wentworth consegna la città ai francesi. Il re di Francia,
in compagnia del delfino, entra trionfalmente a Calais e distribuisce
denaro e proprietà a tutti i suoi generali.
Esaltato dalla conquista, Francesco di Guisa riprende agli spagnoli
Thionville, conquista Dunkerque e si prepara ad attaccare il
Lussemburgo.
Filippo invia i suoi uomini alla frontiera di Gravelines e scrive alla
moglie di mandare soldati per proteggere i possedimenti inglesi
vicino Calais.
Il cardinale Reginald Pole lo avverte che la moglie è incinta. Il re
risponde che ne è felicissimo e tornerà presto in Inghilterra. Ne parla
con Ruy Gomez, scettico riguardo alla notizia.
«Sarà come l’ultima volta. Vostra moglie ha quarantadue anni e io
non credo che possa avere figli.»
«Sono della vostra opinione. Infatti lei nelle sue lettere non mi parla
della gravidanza e questo è un brutto segno. Temo che sia malata e
devo raggiungerla.»
Il programma per la partenza salta quando il re si ammala e chiede
di avvertire la regina che non può mettersi in viaggio. Appena
guarisce dalle forti febbri, scrive a Maria che si sente molto debole e ha
forti dolori al petto: gli sarà impossibile partire in queste condizioni.
A maggio il cardinale Pole informa Filippo che anche la regina ha
accettato il fatto di non essere incinta; Maria non sta bene, non dorme
ed è molto triste per la sua lontananza. Ma Filippo è distratto dalla
guerra con la Francia. Insieme al duca di Savoia raccoglie un esercito
di quindicimila fanti e tremila cavalieri al comando di Lamoral di
Egmont.
Inizia a Gravelines una battaglia feroce che finisce con la completa
disfatta dei francesi, costretti a ritirarsi lasciandosi dietro migliaia di
morti e soldati prigionieri. Il vero eroe, acclamato dalla folla, è il duca
Lamoral di Egmont, che a soli trentasette anni viene nominato dal re
governatore delle Fiandre e dell’Artois.
Filippo continua a combattere i francesi per tutto l’anno. Non
partecipa personalmente alle battaglie, compito che lascia al duca di
Savoia, ma decide con lui tutte le strategie militari.
I consiglieri suggeriscono di arrivare alla pace con la Francia ma il
compito è reso difficile dalle solite pretese francesi su Napoli e Milano,
inoltre gli inglesi rivogliono Calais e Filippo chiede la Borgogna e la
Piccardia.

Durante l’estate Carlo V riceve il figlio bastardo Giovanni. Il bambino,


nato a Ratisbona nel 1545 dalla relazione adulterina con Barbara
Bemberg, ha vissuto – con il nome di Geronimo – i primi sette anni
della sua vita presso un fabbricante di violini nel paesino di Leganés,
in Spagna.
Sono stati anni malinconici e avventurosi. Il bambino, sudicio e
scalmanato, era un animaletto selvatico nel feudo dei Massi, nella
Castiglia. Gli piaceva la natura, ma anche stringere fra le mani un
pugnale; l’uomo che si prendeva cura di lui gli aveva insegnato come
usarlo. Geronimo incideva sul tronco degli ippocastani scene di
battaglia sognando di parteciparvi in futuro.
Un giorno vide colui che considerava suo padre, Francesco de
Massi, infuriato e la moglie in lacrime. Il nobile Luis Méndez Quijada,
maggiordomo di Carlo V , era venuto all’improvviso per prelevarlo e
condurlo nel suo castello a Villagarcía de Campos, vicino Valladolid;
lì Geronimo sarebbe stato affidato alle cure della moglie Magdalena
de Ulloa, nella prospettiva di essere educato come il figlio di un
grande signore.
Magdalena, che non aveva figli, si dedicò completamente al
bambino, lo fece studiare e si occupò personalmente della sua
educazione spirituale. Geronimo imparò a cavalcare e a usare le armi.
Ascoltava avidamente i racconti di Luis su battaglie e campagne
militari e la notte, a letto, immaginava di essere un grande
combattente.
Con i suoi occhi azzurri e i capelli biondi, alto e snello, certo non
somigliava ai de Quijada, anche se molti pensavano che fosse il figlio
naturale di Luis. Aveva un carattere riservato e scontroso, e più che le
lezioni di religione amava quelle di storia naturale, zoologia e
botanica.

Una mattina Magdalena gli chiede di preparare i bagagli perché


andranno per un certo tempo nel villaggio di Cuacos, vicino al
monastero di Yuste, dove si è rifugiato Carlo V . Luis ha molte pratiche
da sbrigare con lui e vuole la famiglia vicino.
«La strada che stiamo percorrendo è la stessa che l’imperatore fece
per arrivare al monastero. Volle solo i servitori personali ad
accompagnarlo e quaranta alabardieri…» spiega Luis.
«Voi c’eravate?»
«Lui veniva portato su una sedia a causa della gotta e io gli
camminavo al fianco.»
Dopo qualche giorno, Luis annuncia al ragazzo che lo porterà a
conoscere l’imperatore.
«Sarai il mio paggio.»
«Ho paura ad avvicinarmi a lui. Dovrò parlargli?»
«Se ti farà una domanda, tu gli risponderai.»
Il bambino entra nella stanza di Carlo insieme a Luis e Magdalena –
che gli porge dei fazzoletti preziosamente ricamati da offrire
all’imperatore – e si inginocchia ai suoi piedi. Carlo è su una sedia a
rotelle, vicino a lui una gabbia con un grande pappagallo azzurro e
due gattini sulle ginocchia.
Il piccolo è deluso dal vecchio con la barba bianca, non riesce a
credere che sia il grande imperatore che ha conquistato il mondo.
Quando però Carlo alza lo sguardo sul bambino, questi vede una luce
gelida che lo atterrisce. Due occhi celesti, freddi e penetranti. Tristi. Sì,
pensa, è lui il grande eroe.
Mentre osserva Geronimo, Carlo ricorda la passione intensa
provata per la madre Barbara e trova che il piccolo le somigli molto.
Gli accarezza la testa come a dargli la sua benedizione prima di
congedarlo.
Luis si ferma ancora a parlare con l’imperatore mentre il bambino
esce dall’appartamento insieme a Magdalena. Carlo è contento di aver
conosciuto il figlio, gli è sembrato dolce e educato, inoltre ha la
bellezza della madre.

Il 14 febbraio, a Talavera, muore Eleonora, la sorella di Carlo, e lui si


chiude ancora più in se stesso, accentuando il suo carattere ascetico,
passando gran parte del tempo nella penitenza e nella mortificazione.
Ciò nonostante non disdegna i piaceri della buona tavola, a dispetto
della gotta e del diabete.
Nei giorni seguenti Carlo prende un raffreddore che diventa una
forte febbre. La gotta è peggiorata. Essendo costretto a letto, per
assistere alla messa l’imperatore fa realizzare una finestra in una
parete della sua camera da letto che dà direttamente sulla chiesa.
Il 19 settembre chiede l’estrema unzione, dopo di che si sente
rianimato e la sua salute manifesta qualche segno di ripresa. Il giorno
successivo, stranamente, quasi avesse avuto un presentimento, chiede
l’estrema unzione per la seconda volta.
Carlo V muore il 21 settembre 1558 tenendo sulle labbra un
crocifisso di legno che apparteneva alla moglie. Ha lasciato una lettera
al figlio, in cui fra l’altro gli dice: “Datevi cura che gli eretici siano
perseguitati e puniti con tutta la pubblicità e la severità che merita il
loro delitto, senza permettere di eccettuare alcun colpevole e senza
riguardo per le preghiere, il grado e i meriti delle persone”.
A ottobre muore anche l’altra sorella di Carlo, Maria, e il mese
successivo Filippo riceve la notizia della scomparsa di sua moglie, la
regina d’Inghilterra. Ad agosto aveva sofferto di febbri violente e,
nonostante le cure, peggiorava di giorno in giorno. Filippo aveva
continuato a ricevere lettere in cui lei si lamentava della sua salute,
della perdita di Calais e soffriva all’idea che alla sua morte il regno
sarebbe andato all’eretica Elisabetta.
Prima di morire Maria ha consegnato al messaggero del marito un
anello come pegno di amore eterno e ha chiesto che si celebrasse la
messa nella sua stanza, al termine della quale ha chiuso gli occhi per
sempre.
La regina è appena morta che Londra festeggia la nuova sovrana,
Elisabetta, con campane che suonano a festa e banchetti per le strade.
Il funerale di Maria Tudor si svolge con una lunga processione che
deve raggiungere Westminster: avanzano i servitori vestiti di nero,
seguono i gentiluomini, poi le dame di corte, i sacerdoti e i vescovi.
Davanti alla bara, posta su un carro e coperta da un drappo dipinto
con un’immagine della regina, cavalcano gli araldi con lo stemma
dell’Inghilterra.
Dopo aver passato sei settimane in convento, Filippo torna a
Bruxelles prima di Natale per organizzare i funerali della moglie e una
settimana dopo quelli del padre.
Una processione di tremila monaci e vescovi con le torce accese tra
le mani attraversa la città. Ovunque una folla immensa acclama il
grande imperatore e piange. Filippo, che indossa un semplice saio
nero, avanza tra stendardi e bandiere, ventiquattro cavalli con le armi
dei regni che Carlo ha governato, i cavalieri del Toson d’oro, i
funzionari di Stato e i grandi nobili.
Il giorno dopo la processione nella cattedrale, davanti all’altare,
viene esposto il feretro decorato con le armi di Carlo. Guglielmo
d’Orange, portatore della spada imperiale, grida ad alta voce mentre
con l’arma batte il feretro: «È morto!». E colpendo di nuovo la bara
aggiunge: «E resterà morto!». Ancora una volta riprende la parola per
dire: «Egli è morto e un altro si è levato al suo posto più grande di
quanto egli fosse!». Poi abbassa il cappuccio dell’uomo che gli è
accanto mostrando a tutti il viso del re Filippo.

Con la morte di Maria Tudor, tutti i poteri che Filippo aveva in


Inghilterra cessano come da contratto.
La disfatta a Gravelines e a San Quintino convince il re di Francia a
firmare con Filippo il trattato di Cateau-Cambrésis, che mette fine ai
conflitti tra i loro Paesi. L’intesa prevede l’abbandono di tutte le
conquiste francesi in Italia degli ultimi ottant’anni e il matrimonio
della principessa Elisabetta di Valois, la figlia maggiore di Enrico II e
Caterina de’ Medici, con il re di Spagna. Lui ha trentadue anni, lei solo
quattordici.
La coppia si unisce per procura. A fare le veci di Filippo è il duca
d’Alba. La ragazza era inizialmente destinata a Carlos ma, visti i
problemi del figlio, Filippo ha deciso di sposarla lui stesso per
concretizzare la pace con la Francia.
Elisabetta è cresciuta con Maria Stuarda, regina di Scozia, promessa
sposa del delfino Francesco, fuggita dalle guerre anglo-scozzesi
quando aveva sei anni. Ha tre anni più di Elisabetta e Caterina de’
Medici le ha fatte educare insieme. Sono diventate amiche
inseparabili. Elisabetta è molto dolce, ama la poesia e la musica e a
quattordici anni si prepara felicemente al matrimonio con Filippo.
«Che ne dici Maria del mio matrimonio?»
«L’unica cosa negativa è la differenza di età… Per il resto devi
essere contenta. Diventerai regina di Spagna!» risponde entusiasta
Maria.
«Tu già eri regina a sei giorni!»
«Mentre io nascevo mio padre Giacomo moriva… Aveva solo
trentun anni!»
«Mi ha detto mia madre che è sempre rimasto fedele alla Chiesa,
nonostante le pressioni di Enrico VIII » aggiunge Elisabetta.
«È vero. Ha avuto moltissimi problemi e quando ha sposato Maria
di Guisa tutti i figli sono morti in culla. Aveva ormai perso le speranze
ma sono nata io! Sai cosa disse sul letto di morte? “La corona ci è
venuta da una donna e con una donna finirà.” Tu dici che sono
regina… ma sai che essere una Stuarda è una maledizione?»
«Perché?»
«Due dei re, Giacomo I e Giacomo II , sono stati assassinati. Giacomo
III e Giacomo IV sono caduti sul campo di battaglia… Spero che la mia
sorte sia meno infausta.»
«Tu sarai molto felice.»
«Enrico VIII voleva che sposassi suo figlio Edoardo. Fortunatamente
gli scozzesi mi hanno mandata in Francia per sposare Francesco. È
stato il re Enrico a inviare una flotta per prelevarmi. Ho visto per la
prima volta Francesco quando avevo sei anni… sono stata felice in
Francia. Ho imparato a cavalcare, a cacciare, a giocare con la palla.»
Elisabetta guarda l’amica e la trova bellissima. Ha la pelle bianca,
liscia e luminosa, i capelli biondo cenere, gli occhi scuri e dolci e un
corpo slanciato. Ha assistito al suo matrimonio il 24 aprile 1558 in una
Parigi in festa.
Enrico aveva partecipato all’ultimo torneo che si era tenuto per i
festeggiamenti degli sposi, ma proprio in quell’occasione era accaduta
la disgrazia: la lancia del capitano della guardia scozzese, Gabriel di
Montgomery, si era spezzata e una scheggia di legno, passando la
celata dell’elmo, era finita nell’occhio di Enrico e aveva raggiunto il
cervello.
Il re non aveva più ripreso conoscenza e dopo nove giorni di agonia
era morto. Pur non avendo colpe, Gabriel de Montgomery era stato
bandito dal regno per volere di Caterina de’ Medici.
In seguito alla morte del re Caterina decide di vestirsi di nero per il
resto della vita, preparandosi a governare come reggente in attesa
della maturità del suo primogenito, che viene consacrato re a Reims
con il nome di Francesco II . Maria Stuarda, già regina di Scozia,
diventa regina di Francia.
Il giovane re ha una costituzione fragile e poca esperienza, dunque
spetta ai suoi zii Francesco I di Guisa e Carlo di Lorena prendere le
decisioni. Il primo si occupa della parte militare, mentre il fratello
Carlo assume il ruolo di guida reale in campo politico, diplomatico e
finanziario.
Con i Guisa al potere, il connestabile Anne de Montmorency
capisce di aver perso la sfida e lascia Parigi per ritirarsi nelle sue
proprietà di campagna.
Francesco II ordina anche a Diana di Poitiers, la favorita di suo
padre, di lasciare la corte e non tornarvi mai più. Lui vorrebbe
comandare, prendere decisioni importanti, stare al passo della
giovane moglie, che ama la caccia e tutti gli sport, ma è malato,
debole, ha spesso la febbre alta e gli sforzi lo stanno uccidendo.
Ha ereditato dal nonno Francesco I , malato di sifilide, il sangue
infetto. Cinicamente i francesi già guardano verso il fratello Carlo, che
otterrà il regno alla sua morte.
Maria e Francesco non hanno ancora avuto rapporti intimi, sono
molto amici da quando giocavano insieme da piccoli. Maria lo cura
amorevolmente, sapendo che non riuscirà a regnare a lungo e lei sarà
costretta a ricominciare tutto da capo.

Poiché Emanuele Filiberto con il trattato di Cateau-Cambrésis è


tornato in possesso dei suoi Stati, Filippo deve trovare un altro
governatore per le Fiandre. Sceglie la sorellastra Margherita, nativa di
quelle terre, e convoca gli Stati Generali per la proclamazione.
Dopo il matrimonio con Ottavio Farnese e la nascita di Alessandro,
Margherita si è trasferita a Parma, dove governa il ducato quando il
marito è assente.
Parla con Ottavio della decisione del re, di cui non è affatto
contenta. Vorrebbe rimanere in Italia con il figlio e invece Filippo
vuole che Alessandro vada alla corte di Madrid.
«Così ci separeremo per chissà quanto tempo!»
Molto più ambizioso di lei, Ottavio la spinge ad accettare: «Per
Alessandro sarà un’occasione importante vivere accanto al re e noi
continueremo a vederci. Verrò spesso a trovarti».
Ha dimenticato il desiderio più forte della moglie, quello di
rimanere in Italia; ma per un uomo come lui, interessato soprattutto al
potere e alla conquista, questo è un particolare trascurabile.
Don Giovanni il bastardo

Il re riparte per la Spagna insieme ad Alessandro, il figlio di


Margherita. Un mese dopo convoca le cortes a Toledo. Afferma di
essere felice di trovarsi di nuovo a casa, informa i consiglieri delle
eresie che si stanno diffondendo in diversi Paesi e auspica di ricevere
il denaro necessario per la sua politica.
«La priorità è combattere i protestanti. Per tanti anni siamo rimasti
immuni da questa piaga, ma adesso sono arrivati anche qui.»
Inizia una crudele repressione degli eretici, l’Inquisizione compie
diversi arresti, viene decisa una rigorosa legge di censura in Castiglia
e un nuovo indice dei libri proibiti.
A Valladolid ha luogo la prima di molti autodafé in cui i
condannati vengono giustiziati nella pubblica piazza. L’Inquisitore
Valdés acquista nuovo potere e fa arrestare perfino il domenicano
Gervasio Carranza, arcivescovo di Toledo, sospettato di eresia. Molti
pensano che Valdés l’abbia fatto per invidia, visto che Filippo l’aveva
portato nelle Fiandre con sé come cappellano e predicatore.
Lo stesso re presidia un autodafé nella piazza principale di
Valladolid, alla quale accorre tutta la cittadinanza, non abituata a
questo genere di cerimonie dell’orrore. Lo spettacolo principale è
rappresentato dalla sfilata dei condannati ai quali gli inquisitori
leggono le sentenze. Una messa conclude la cerimonia.
Nei giorni seguenti il re si divide fra i suoi palazzi di Valsain,
Aranjuez e l’Alcázar di Toledo.
Tornato con il re dal lungo viaggio, Ruy Gomez rivede la moglie e
festeggia la nascita del primo figlio, Diego, dopo la morte del
primogenito durante il parto. Trova Ana ancora più bella e molto
ammirata a corte. È Claudia a raccontargli tutto quando si incontrano
dopo il battesimo di Diego.
«Adesso le cose cambieranno tra di noi?» chiede Ruy all’amante.
«Perché dovrebbero cambiare?»
«Perché ho avuto un figlio e ne verranno degli altri. Ana mi ha
avvertito.»
«Sembra una minaccia.»
«No, mi piacciono i bambini. Ma vorrei stare vicino al nostro…»
«Sai che è impossibile.»
«Dimmi di lui…»
«Abbiamo festeggiato il suo quarto compleanno a Toledo. Sofia è
eccezionale con i bambini. Sono contenta che ne abbia un altro, credo
che altrimenti si sarebbe sentita molto sola.»
Quando Ruy è stato lontano, Claudia ha trascorso molto tempo a
Toledo insieme al figlio. Sofia non l’ha mai vista così triste.
«Gli hai detto che ha un figlio?»
«Sì, vorrebbe conoscerlo ma io non penso che sia il caso. Ne ha
appena avuto uno dalla moglie e ne avrà molti altri.»
«Mi hanno detto che è una donna potente, appartiene alla famiglia
Mendoza.»
«È anche principessa di Eboli, contessa di Melito e duchessa di
Pastrana, dove abita. È un’aristocratica dalla testa ai piedi. Altera,
determinata, molto innamorata del marito.»
«Ha una benda sull’occhio, vero?»
«Sì, ma nessuno lo considera un difetto, semmai un vezzo. È
ritenuta una delle donne più belle del Paese.»
«Ruy la ama?»
«Lui dice di amare me, ma credo che durerà poco. Lei lo controlla,
lo domina. Ha solo diciannove anni ma si comporta come una donna
di grande esperienza. Si dice che perfino il re Filippo abbia un debole
per lei.»
«Fai attenzione a donne così, Claudia. Possono essere pericolose.»
«Me ne sono accorta. È molto vicina alla regina e all’insopportabile
don Carlos, solo perché è l’erede.»
«Ricordati che se tua madre si è uccisa la responsabilità in larga
parte era della sua rivale Matilde. Era stata lei a farle sapere del
tradimento del marito dopo aver fatto di tutto per carpire il segreto a
Federico che, devo ammettere, allora era molto ingenuo.»
«Lo so… e poi Matilde è scomparsa. Secondo te che fine ha fatto?»
«Può essere successo di tutto. Forse se ne è andata per la vergogna
dopo la morte di tua madre, forse è fuggita con un uomo, chissà.»
«Tu sai che una cosa del genere a me non può accadere, no?»
«Sì, tu sei molto più forte di mia sorella. Ma io non parlo di
suicidio… dico solo che Ana de Mendoza può mettere in giro false
verità, può farti del male se vuole.»
«Starò attenta.»

Don Luis Quijada porta Geronimo a caccia. Il bambino prende la mira


e colpisce un cervo, è molto preciso e sa concentrarsi. Proseguono per
trovare un altro punto adatto ma il capo cacciatore cambia percorso
inaspettatamente e si inoltra in una foresta, sbucando in una raduna.
«Perché siamo venuti qui?» chiede Geronimo e poi ammutolisce
vedendo un gruppo di cavalieri.
«Seguimi» dice Luis.
Arrivati davanti a un uomo elegante in sella a uno splendido
purosangue, Luis chiede al bambino di scendere da cavallo e
avvicinarsi al signore.
«Come ti chiami?» gli chiede Filippo.
«Geronimo.»
«Dovremo cambiarti di nome. D’ora in avanti sarai Giovanni
d’Austria. Sai chi è tuo padre?»
Il bambino rimane in silenzio. Sa che la coppia che lo ha allevato
non ha alcuna parentela con lui ma neppure Luis ha voluto dirgli di
chi sia figlio. È venuto il momento di scoprirlo.
«Tuo padre è l’imperatore Carlo e tu sei mio fratello» afferma
Filippo prima di scendere da cavallo e baciare il bambino sulle
guance. Poi si rivolge a Luis: «Come tutore di mio fratello sarete
nominato Cancelliere di Stato e membro del Consiglio di Guerra, oltre
che comandante dell’Ordine di Calatrava».
Gli dà anche indicazioni su come sarà composta la corte del fratello
e conclude dicendo: «Metà della Guardia sarà spagnola e metà
tedesca».
Giovanni monta di nuovo a cavallo e segue Luis in silenzio. È
frastornato. Sapeva di essere un orfano adottato da una coppia di
buon cuore. Il giorno in cui Luis Quijada era andato a prenderlo aveva
immaginato di essere suo figlio naturale, tenuto nascosto perché la
gente non scoprisse la sua identità. Ma venire a sapere che suo padre è
stato l’uomo più potente del mondo lo fa rabbrividire.
Vorrebbe rivolgere tante domande a Luis ma continua a tacere, è
abbastanza sensibile da capire che la sua vita sta per cambiare del
tutto e che ogni curiosità per il momento è fuori luogo.
Chiede soltanto: «La zia Magdalena lo sa?».
«Sa tutto.»
La settimana successiva Geronimo viene riconosciuto con la sua
vera identità di don Giovanni d’Austria nel palazzo reale di
Valladolid. Filippo lo presenta a servitori e nobili, la principessa
Giovanna lo abbraccia e perfino don Carlos si avvicina a salutarlo con
calore nonostante sia molto diffidente con chi non conosce.
Giovanni è stato accolto con entusiasmo e, vista la sua grande
volontà negli studi e la sua gentilezza, Filippo spera che abbia una
buona influenza sul figlio.
Giovanna, che ha sempre amato Carlos, è molto preoccupata. Il
ragazzo è estremamente irritabile e capriccioso, a volte diventa
furioso, altre volte invece rimane per delle ore seduto in un angolo
della sua stanza. Con i sottoposti è superbo e animoso, con i nobili
irrispettoso e ribelle.
A tredici anni ama soprattutto la caccia, ma quando prende una
lepre ordina che sia cucinata viva. Gli piacciono le donne e in segreto
ruba i gioielli alla principessa per farne dono alle sue preferite. Ha un
debole per il lusso ed è sempre vestito elegantemente. Ostinato e
collerico, non vuole studiare ma solo sentir parlare di guerra e di arte
militare.
Alla corte di Valladolid si trova anche il quattordicenne Alessandro
Farnese, che ha fatto subito amicizia con Giovanni e don Carlos, suoi
coetanei. Vestono di nero, colore alla moda fra i giovani, con collari
bianchi. Giovanni e Alessandro commentano le prossime nozze
dell’imperatore Filippo con Elisabetta di Valois, figlia del re di
Francia: «Almeno sarà più bella di Maria Tudor!».
«Be’ lei era veramente orribile e molto più vecchia di Filippo.»
«Questa volta invece è Filippo ad avere diciotto anni più della
moglie…»
«Tu la sai la storia di Enrico VIII , il padre di Maria Tudor?» chiede
Alessandro.
«So dello scisma religioso…»
«E delle sue mogli?»
«Quante ne ha uccise?»
«Ha sposato Caterina d’Aragona, la sorella di Giovanna di
Castiglia, e poi l’ha ripudiata. Sua figlia Maria, che ha sposato il nostro
re, non ha mai voluto vederla. Anna Bolena è stata accusata di
adulterio e decapitata. La terza, Jane Seymour, è morta dando alla luce
Edoardo VI . Dalla quarta, Anna di Clèves, ha divorziato, mentre la
quinta, Catherine Howard, è stata accusata di comportamento
immorale e giustiziata come Anna Bolena nella Torre di Londra, sullo
stesso ceppo! L’ultima moglie, Catherine Parr, è sopravvissuta perché
Enrico è morto nel 1547 lasciandola vedova.»
«Pensa se non fosse morto! Quante ne avrebbe avute ancora? In
fondo aveva cinquantasei anni… E adesso chi regna in Inghilterra?»
«Dopo la morte di Maria Tudor, che non ha avuto figli, il trono è
passato a Elisabetta, la figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena.»
«Com’è?»
«Molto colta e sta facendo rientrare tutti i protestanti cacciati da
Maria Tudor! Il problema è Maria Stuarda, regina di Scozia e anche
regina di Francia, visto che ha sposato Francesco II . L’alleanza franco-
scozzese minaccia il trono di Elisabetta…»
«E Filippo che ne pensa?»
«Farà in modo che Maria Stuarda non torni in Scozia, vedrai!»
«Filippo è occupato con le sue nozze. Elisabetta arriverà presto in
Spagna.»

Francesco si trova insieme alla moglie nel castello di Blois, nella valle
della Loira, per accompagnare Elisabetta, in partenza per la Spagna
dove la aspetta Filippo.
Maria Stuarda ed Elisabetta si allontanano dagli altri per salutarsi.
Piangono entrambe. L’idea della separazione è insopportabile, dopo
aver passato insieme tanti anni.
«Mi scriverai?»
«Sempre.»
«Saremo molto lontane…»
«Spero che Filippo sia per te un buon marito, come Francesco lo è
per me.»
«Lo sarà sicuramente, ma è tanto più vecchio! Mi tratterà come una
bambina. Almeno tu e Francesco siete coetanei, lui ha solo un anno
più di te. Condividerete tutto. Filippo invece avrà altre donne…»
«Non ci pensare. Se ha altre donne, le lascerà quando sarà tuo
marito. Devi pensare che sarai regina di Spagna, avrai dei figli…»
«E tu?»
«Sono una regina senza regno. Non posso tornare in Scozia, lo sai.»
Le ragazze si separano perché Caterina de’ Medici vuole
abbracciare la figlia e darle le ultime raccomandazioni.
Elisabetta arriva a Guadalajara, dove è accolta dalla principessa
Giovanna. Ruy Gomez, presente all’incontro, va più tardi a parlare
con il re.
«Sarete contento, è proprio bella!»
«È così giovane! Una bambina…»
«Quattordici anni… Anche la vostra prima moglie era molto
giovane. Aveva sedici anni.»
«La differenza è che avevo anche io sedici anni. Mentre adesso ne
ho trentadue. Potrei essere suo padre.»
«È importante che la Spagna abbia un erede…»
«Ha un erede.»
«Sapete anche voi che don Carlos non potrà regnare.»
«Spero che si comporti bene almeno durante il mio matrimonio.»
«È infuriato perché Elisabetta era stata promessa a lui.»
«Dovrà farsene una ragione.»
Gli intrighi di Ana de Mendoza

Giovanni e Alessandro sono presenti alla cerimonia nuziale che si


svolge a Guadalajara.
«Carlos è alterato perché gli avevano promesso che avrebbe sposato
lui Elisabetta di Valois!» commenta Alessandro.
«Lo posso capire. Elisabetta ha la sua età… D’altronde mi rendo
conto che Carlos non è adatto né a fare il marito, né a succedere al
padre.»
«Non si sa controllare.»
«È malato, poveretto…»
«Non possiamo giustificarlo per questo. Ieri ha picchiato un servo.»
Si sentono suonare le trombe che annunciano l’arrivo degli sposi e
nella sala entra Carlos, vestito di nero. È pallidissimo, febbricitante, la
testa troppo grossa e lo sguardo da vecchio. La bellezza del suo abito
non riesce a nascondere la deformità della schiena e la gamba più
corta.
«Mio padre mi ha rubato la sposa» afferma avvicinandosi ai due
cugini che fingono di non averlo sentito. «Non le piacerà. È vecchio»
insiste lui.
La regina è molto graziosa e viene ammirata da tutti. Giovanni le
bacia il lembo del mantello mentre ha accanto Filippo e il duca d’Alba.
Dopo il matrimonio segue un ballo e Giovanni non perde d’occhio
Carlos, che si aggira nella sala e lancia sguardi di odio verso il padre.
Il giorno dopo la regina si ammala e Alessandro entra nella stanza
di Giovanni: «Sembra che abbia il vaiolo» annuncia.
«Vorrei che guarisse subito! Una ragazza così bella non può restare
a letto malata.»
Invece la regina rimane a letto diversi giorni, ma poi si riprende e
tutti si trasferiscono nella nuova corte di Madrid, voluta fortemente da
Filippo, che la trova più adatta di Valladolid. Il re ha fatto fare diversi
lavori di ampliamento. Una parte dell’edificio dà sulla Casa de
Campo, dove si pratica la caccia. Poiché Filippo ama moltissimo la
natura vuole che siano piantati molti alberi e fiori nei giardini che
circondano il palazzo.
Finora la corte si è spostata spesso da una città all’altra: Valladolid,
Toledo, Toro. Da questo momento Madrid, che ha circa quindicimila
abitanti, comincia a crescere velocemente, fino a diventare la corte più
potente del mondo.

Ana de Mendoza, di nuovo incinta, rimane colpita dalla giovinezza


della sposa e dalla sua bellezza; si rende conto che Elisabetta ha un
grande desiderio di conoscere giovani donne, visto che non ve ne sono
tra le sue dame, e va subito a renderle i suoi omaggi.
Sa che, se vuole, riuscirà a conquistare velocemente il cuore della
regina, ormai ha capito come funziona una corte e come rendersi
indispensabile a una donna. Evita l’adulazione, arma ingenua che non
si può dissimulare, nessuna compiacenza o manifestazione di
inferiorità; al contrario, si presenta come una grande dama bella e
potente, qual è, e si offre di organizzare i divertimenti della regina.
Elisabetta batte le mani… è ancora una bambina.
«Che bello, che faremo?»
«Vedrete. Molti giochi innanzitutto, ma anche picnic, visite d’arte,
cavalcate e molta musica!»
«Non sono brava a cavalcare…»
«Ma ci sono io a insegnarvi a montare come un uomo… Sarà il
nostro segreto!»
Nessuna a corte può competere con il fascino e l’intelligenza di Ana
e perfino la regina si sente lusingata del suo interessamento. Durante i
festeggiamenti che seguono la sua malattia – cinque giorni con pranzi
e balli, una corrida e un combattimento di leoni – Elisabetta vuole
sempre Ana accanto a sé. È l’inizio di un’amicizia che durerà a lungo e
che insospettisce Claudia sulla sua genuinità, almeno da parte di Ana.
Elisabetta tiene molto alla sua immagine e non mette mai due volte
lo stesso vestito. Le dame a corte cominciano a imitare i suoi abiti e i
cappelli. Seguendo i consigli di Ana de Mendoza organizza gite,
partite di caccia, spettacoli teatrali, balli in maschera. Invita non solo le
dame di corte, ma anche nuove amiche che sono solo di passaggio.
La principessa Giovanna è felice della scelta del fratello, Elisabetta è
un incanto con la sua voglia di piacere a tutti, di divertirsi, il suo
amore per la musica e l’arte. Giovanna va spesso al Pardo dove si
tengono importanti concerti organizzati dalla regina, che sceglie
personalmente musicisti e cantanti.
Filippo si innamora subito della moglie ma deve aspettare un anno
prima di consumare il matrimonio, Elisabetta è ancora troppo
giovane. Continua allora a intrattenersi con la sua ultima amante,
Eufrasia de Guzmán, che presto però lascia per rispetto nei confronti
della moglie. Ma non fa in tempo a godere di un po’ di tempo in
compagnia di Elisabetta che Ruy gli porta una notizia allarmante:
dopo aver conquistato le isole Baleari, l’ammiraglio ottomano Piyale
Pasha insieme al corsaro Dragut, successore di Barbarossa, minacciano
le coste mediterranee della Spagna.
«Che cosa avete intenzione di fare?» gli chiede Ruy Gomez.
«Conquisterò Tunisi. Mi appellerò a papa Paolo IV e ai suoi alleati
per organizzare una spedizione. Il nipote di Andrea Doria,
Gianandrea, comanderà la flotta.»
Il 12 marzo 1560 la spedizione della Lega Santa arriva vicino
Tripoli, ma la mancanza di acqua e una tempesta la costringono a
dirigersi sull’isola di Gerba, luogo strategico per controllare le rotte tra
Algeri e Tripoli. Solimano invia una flotta di centoventi navi,
comandate da Pasha, che attacca quella della Lega guidata dal duca di
Medinaceli, ottenendo, dopo una battaglia di tre giorni, un clamoroso
successo.
Pasha è un giovane ungherese figlio di un ciabattino, sottratto alla
famiglia in tenera età durante la prima campagna ungherese; era stato
trovato dai cani del sultano in un fosso, nudo e abbandonato;
Solimano lo aveva fatto educare militarmente sotto il suo diretto
controllo.
Medinaceli vede gli equipaggi presi dal panico fuggire con le
scialuppe. Le navi cercano di salpare ma Pasha ne affonda una
quarantina. Diciottomila soldati annegano e vengono uccisi dai turchi.
Flaminio Orsini si sacrifica per far fuggire i suoi; caduto prigioniero di
Pasha, viene decapitato.
Pasha torna a Istanbul in trionfo, accolto da un’immensa folla;
Solimano assiste soddisfatto agli onori tributati al suo pupillo dal
chiosco sovrastante l’ingresso del porto.
Andrea Doria apprende della sconfitta e soffre amaramente.
Pensava di poter condurre la Spagna al predominio sul Mediterraneo,
ma ormai sul mare spadroneggiano i turchi.

A Madrid il re regala a Giovanni un palazzetto perché vi risieda con


Luis Quijada e donna Magdalena de Ulloa.
Giovanni va ogni giorno al castello reale per studiare, giocare con
Carlos e salutare Filippo e la moglie. Elisabetta prova molta simpatia
per quel quindicenne vivace e intelligente. Le piace guardarlo, è il
ragazzo più bello di tutta la corte e immagina che l’amante
dell’imperatore doveva essere come lui, bionda con gli occhi blu.
Lo tiene a lungo con sé per chiacchierare perché Giovanni, che è
suo coetaneo, ha avuto un’eccellente educazione. Luis Quijada e la
moglie, considerandolo come il figlio di un uomo importante, avevano
fatto in modo che fosse pronto, un giorno, a diventare un perfetto
cavaliere. Certo non credevano che il padre fosse l’imperatore in
persona!
Una sera scoppia un incendio nella villa di Luis Quijada. Giovanni
non si accorge di niente perché sta dormendo ma il fuoco, sicuramente
appiccato da qualcuno, ha invaso il piano terra. Luis corre nella stanza
di Giovanni e riesce a salvarlo rischiando la vita. Deve poi andare in
ospedale a farsi medicare le bruciature.
«Avete fatto questo per me…» dice il ragazzo abbracciandolo.
Luis si stacca perché non può farsi abbracciare da una eccellenza
reale.
«Ve ne stupite? Siete figlio dell’imperatore, avrei perso la vita per
voi.»
Giovanni si rammarica di sentir dire a Luis che l’ha salvato perché
figlio dell’imperatore: per lui il vero padre è proprio chi lo ha allevato
e fatto diventare quello che è.
Distrutta la casa, per qualche mese Luis, Magdalena e Giovanni
vanno a vivere da Ruy Gomez.
È la prima volta che Giovanni può conversare con Ana de Mendoza
e rimane impressionato dalla sua bellezza e dall’occhio coperto da una
benda nera. Ne parla poi con Alessandro.
«Che cosa sai della moglie di Gomez?»
«Che è molto bella…»
«Che cosa le è successo all’occhio?»
«Credo che lo abbia perso durante una lezione di scherma, diversi
anni fa.»
«Incredibile come sia bella nonostante quella benda; anzi, la benda
sull’occhio la rende ancora più affascinante.»

Nei primi mesi di regno Francesco II deve combattere contro la


ribellione protestante. I riformatori sperano nella clemenza del nuovo
re, che invece delega la decisione ai Guisa, intolleranti verso ogni
eresia. Un gruppo di nobili tenta un colpo di Stato: a ispirare il
complotto contro il re è Luigi I di Borbone-Condé, conosciuto come “il
capitano muto”.
I Guisa vengono a sapere del piano segreto per catturare il re e la
sua famiglia e trasferiscono Francesco e la corte dal castello di Blois a
quello di Amboise, che è protetto meglio. I protestanti sono male
equipaggiati e il loro progetto sfocia in un bagno di sangue. I soldati
dei Guisa intercettano i congiurati intorno al castello, mentre sono
pronti a entrare con la complicità di alcune guardie reali. Vengono
tutti arrestati.
Due giorni dopo, duecento uomini assaltano le porte della città ma
sono catturati. Iniziano allora le esecuzioni. Alcuni ribelli vengono
impiccati alle balaustre del castello, altri gettati nella Loira o
consegnati alla folla perché vengano linciati.
L’influenza di Caterina e dei più moderati dei consiglieri favorisce
una politica distensiva da parte del governo. Nel timore che la
situazione gli sfugga di mano, il pontefice accoglie la richiesta di un
concilio generale, idea che prelude alla riapertura del Concilio di
Trento.
Maria Stuarda, che è vicino al giovane re, la cui salute peggiora,
riceve la notizia che la madre Maria di Guisa, che governa la Scozia al
posto suo, è morta lasciando il Paese in preda alle lotte religiose. Il re
Francesco muore a sedici anni per un’infezione alle vie respiratorie e
Maria è costretta dai Guisa a tornare in Scozia.
A Francesco succede il fratello Carlo IX di Valois di soli dieci anni.
La madre, Caterina de’ Medici, diventa reggente e si adopera affinché
don Carlos, il figlio di Filippo, sposi la sua seconda figlia, Margherita,
in modo che alla morte del re la Spagna abbia una regina francese.
Ma per il figlio di Filippo ci sono anche altre pretendenti, come
l’Infanta Juana del Portogallo, la giovane vedova Maria Stuarda e
l’arciduchessa Anna d’Austria, figlia di Massimiliano.
Carlos passa il tempo a confrontare i ritratti delle ragazze, indeciso
sulla scelta. Fa i calcoli di ciò che potrebbe ottenere sposando una
delle candidate. Dal Portogallo riceverebbe le grandi ricchezze delle
Indie portoghesi, ma la donna è troppo vecchia per lui; Maria Stuarda
porterebbe la pace tra Spagna e Scozia; la figlia di Massimiliano invece
potrebbe significare l’Impero, se un giorno Ferdinando abdicasse
come ha fatto Carlo V .
Mentre è indeciso davanti ai ritratti delle ipotetiche spose, la salute
peggiora e il carattere diventa più collerico e rabbioso. Una sera
scende nelle stalle e ferisce ventidue cavalli.
I medici consigliano Filippo di fargli cambiare aria e lui trasferisce
il figlio, Giovanni e Alessandro ad Alcalá de Henares.
La principessa Giovanna parla spesso con Carlos, lo ama
teneramente perché giustifica il suo brutto carattere con la mancanza
di una madre e l’assenza del padre.
«Io vi capisco. Vi sentite solo ma presto vi sposerete. Avete scelto la
vostra fidanzata?»
«Sì. C’è Margherita di Francia che ha solo sette anni e poi Maria
Stuarda… ma a me piace Anna, la figlia dell’imperatore
Massimiliano.»
Sono in molti a desiderare che Carlos sposi proprio la zia Giovanna,
che è considerata una delle donne più belle della Spagna. È alta e
slanciata, ha la carnagione chiarissima e capelli corvini con occhi neri
e profondi. Ma Carlos rifiuta di unirsi a colei che gli ha fatto da madre
e dichiara di voler ubbidire al volere del padre in tutto, tranne che per
la scelta della moglie.
«Anna è vostra cugina…» obietta Giovanna.
«Me l’hanno descritta molto bella, saggia e devota. Voglio lei!»
Agnes fugge da Alejandro

Ruy Gomez avverte il re del conflitto scoppiato in Francia fra


protestanti e cattolici: «Dopo la congiura di Amboise si è arrivati alla
pace. Caterina de’ Medici ha iniziato un viaggio insieme a Carlo IX per
unire i cittadini. Adesso però si sono intensificate le tensioni tra
cattolici e ugonotti».
«Chi comanda i cattolici?»
«Il connestabile Anne de Montmorency, affiancato dal gran maestro
di Francia Francesco di Guisa e dal maresciallo Jacques d’Albon de
Saint-André.»
«E i protestanti?»
«Sono guidati dal principe Luigi I di Borbone-Condé e
dall’ammiraglio Gaspard de Coligny.»
«Come sta reagendo Caterina?»
«Ha promulgato un editto per garantire maggiore libertà ai
protestanti, a patto che restituiscano i luoghi di culto di cui si sono
impadroniti. I cattolici considerano l’editto troppo tollerante. Il duca
di Guisa è arrivato al punto di uccidere venti ugonotti!»
«E dopo, cosa è successo?»
«È stato accolto a Parigi come un eroe e il principe Luigi di
Borbone-Condé ha chiamato alle armi gli ugonotti e si è impadronito
di Orléans.»
Ruy continua la relazione spiegando che Francesco di Guisa si è
presentato in armi alla residenza regia di Fontainebleau e ha
sequestrato Caterina e Carlo IX per portarli a Parigi. Gli ugonotti
hanno risposto conquistando Lione e Rouen, ma sono stati fermati e
arrestati.
«So che Borbone-Condé ha ottenuto fondi dall’Inghilterra per
pagare mercenari tedeschi, eppure non riesce a entrare a Parigi.
Inviamo truppe e cannoni per combatterlo» ordina Filippo.
Lo scontro avviene a Dreux, lungo la via per Rouen. I due eserciti
rimangono per un’ora schierati l’uno di fronte all’altro, senza
attaccare. Da oltre un secolo, nessun esercito francese ne ha
combattuto un altro. Lo scontro si limita a una serie di cariche di
cavalleria dei cattolici contro i protestanti. Montmorency cade
prigioniero degli ugonotti alla prima carica. Anche Luigi di Borbone-
Condé viene preso dal Guisa. Sconfitto, Gaspard de Coligny si
allontana dal campo di battaglia.
La principessa Giovanna, che è tornata alla corte di Toro, parla ad
Agnes e alle altre dame di quello che sta succedendo in Francia.
«Che cosa chiedono i protestanti?» si informa Agnes.
«Vogliono professare liberamente la loro confessione. Non avendo
gli stessi diritti dei cattolici, si sentono considerati sudditi di seconda
categoria, e cercano di convertire il Paese e il re alla loro religione.»
Giovanna ha un temperamento mistico e un’accesa religiosità.
Quando è morto il marito ha deciso di non sposarsi più e ha preso i
voti come terziaria francescana. Ha anche fondato il monastero di
clausura de Las Descalzas Reales, dell’ordine delle Clarisse. Si trova a
Madrid, vicino alla Puerta del Sol, in uno dei palazzi più antichi della
città, ma il sogno di Giovanna è di entrare nella Compagnia di Gesù,
anche se è riservata solo agli uomini. È tale la sua insistenza che
Francesco Borgia e Ignacio de Loyola, suo amico personale, studiano
seriamente la sua richiesta, decidendo alla fine di accettarla, purché
cambi nome. Così Giovanna formula i voti con il nome di Mateo
Sanchez. Dovrà osservare i precetti di castità, povertà e ubbidienza,
secondo l’uso della Compagnia, ma con alcune eccezioni dovute alla
sua posizione nel regno. Continua a vivere alla corte di Toro e
confessa solo ad Agnes quello che ha fatto.
Agnes non capisce. Si può essere credenti e seguire i precetti della
Chiesa senza gesti eclatanti come questo. A che serve essere una
gesuita quando in realtà Giovanna è una donna di potere che si
occupa ancora del regno del fratello? È delusa da lei, delusa anche da
chi professa la fede cattolica e fa torturare e uccidere i cosiddetti
“eretici”. Sa che i protestanti nelle Fiandre avevano abolito la
prostituzione, la moda dei vestiti colorati e sfarzosi e l’elemosina ai
mendicanti. Ma con la vittoria dei cattolici tutto è tornato come prima.
Agnes vuole assolutamente allontanarsi dalla Spagna. I matrimoni
combinati fra parenti, una religiosità che sconfina nel fanatismo, gli
eccessi dell’Inquisizione, il fasto delle corti… non ne può più.
Considera tutte le possibilità, come quella di tornare a Mindelheim.
Ma che farebbe lì?
Alla fine decide di andare alla corte di Vienna da Maria, che non
vede da quando è partita, dopo il matrimonio con Massimiliano. Ne
parla con la principessa Giovanna, che non vorrebbe lasciarla andare.
«Sarà solo per un periodo… Ho nostalgia di vostra sorella e vorrei
vedere Vienna. Inoltre, qui viene spesso Alejandro per parlarvi e io
non voglio incontrarlo… è una sofferenza per me.»
«Siete sempre decisa a non farvi amare da lui? Vostro marito è
morto dodici anni fa.»
«Il nostro tempo è passato. Siamo stati molto felici da ragazzi, ma
adesso non saremmo che la vecchia copia di noi stessi.»
«Vi capisco, allora volete andare a Vienna?»
«Ho conosciuto la città solo quando fuggivo da Mindelheim, perché
mia madre era stata arrestata, ma non ricordo niente.»
«Maria sarà felicissima di accogliervi e di farsi aiutare con i suoi
numerosi figli. Le scriverò oggi stesso.»
Ad Agnes piace Massimiliano, soprattutto per la sua tolleranza
religiosa, che invece lo rendeva sospetto sia a Carlo V che al figlio
Filippo. Massimiliano conosce la politica, avendo seguito da ragazzo il
padre Ferdinando – di cui ha ripreso la moderazione – in diverse
missioni. Nel suo regno ha tagliato tutte le spese superflue e ha
promosso una corte semplice, a differenza di quella spagnola. I figli,
maschi e femmine, si svegliano presto per studiare e dedicarsi alle
attività fisiche, perché Massimiliano critica la pigrizia dei giovani
spagnoli.

Agnes va a Madrid a parlare con Alejandro. Appena la vede, lui


cambia espressione. Non ha mai perso la speranza di tornare insieme
a lei, magari anche di sposarla. Spesso è andato a trovarla nella corte
di Toro per insegnare al suo bambino tutto quello che sa di
combattimenti e arte militare, e non a caso Damián parla sempre di
lui.
Anche questa volta non riescono a resistere all’attrazione reciproca
e finiscono nella stanza di Alejandro per alcune ore. Lei gli accarezza i
capelli e gli parla piano all’orecchio: «Me lo faresti un grande
favore?».
«Tutto quello che vuoi.»
«Mio figlio ha bisogno di avere accanto un uomo, non una mamma,
è arrivato il momento per lui di diventare un bravo cavaliere e solo tu
puoi aiutarlo. Vorrei che venisse qui, alla corte di Madrid…»
«Mi fa un grande piacere dedicarmi a lui. Ne parlerò subito al re.
Ma verrai anche tu, vero?»
«Sì, prima però devo sistemare delle cose e congedarmi dalla
principessa Giovanna. Non sarà contenta della mia decisione.»
«Lo credo anch’io, ma tu devi fare il meglio per tuo figlio.»
Non le dice che venendo a Madrid fa anche ciò che lui desidera.
Potranno vedersi ogni giorno e la relazione che in questi ultimi anni è
stata sporadica e segreta diventerà forse ufficiale.
Filippo concede ad Alejandro il permesso di occuparsi di Damián,
ma lo prega anche di non abbandonare il controllo su suo figlio
Carlos.
Appena Agnes si rende conto che Damián è ormai sistemato,
prepara le valigie e lascia Madrid. Sapeva già che sarebbe partita
quando è stata l’ultima volta con Alejandro e ha fatto l’amore
trattenendo le lacrime perché non se ne accorgesse.
Detesta gli addii e forse questo non è definitivo. Ne ha detti tanti,
ripensandoci in seguito. Andrà a Vienna da Maria e Massimiliano,
non vuole prolungare una storia che è solo l’ombra di quella che
avrebbe potuto essere. Non ha intenzione di sposarsi di nuovo, le
sembrerebbe ridicolo farlo con Alejandro e non vuole neppure
continuare a incontrarlo da amante. Odia dover mentire, ma se avesse
detto ad Alejandro la verità lui avrebbe fatto di tutto per trattenerla.
Prima di partire, entra nella stanza del figlio: Damián cerca di
mostrarsi forte davanti a una madre celebre per la sua forza, ma
dentro di sé è molto triste. Ha passato tutta l’infanzia con lei,
ammirandola e amandola. Agnes gli ha insegnato fin da piccolo quello
che gli altri bambini non fanno. Acrobazie a cavallo, il gioco
dell’anello, finti tornei, finti combattimenti. È stato un divertimento
continuo e in cambio lui si è sempre dimostrato solerte negli studi. Sa
che ha l’età giusta per essere allenato seriamente da un bravo
cavaliere e Alejandro è l’ideale per lui. Agnes gli ha detto di averlo
molto amato prima di sposare Tomás, che lui non ha conosciuto; e
infatti considera Alejandro un padre. È stato lui a regalargli il suo
cavallo, che cura personalmente ogni giorno.
Agnes si siede accanto al figlio e gli prende una mano.
«Damián, c’è un momento nella vita di un ragazzo che vuole
diventare un bravo cavaliere e un sostegno per il suo sovrano in cui
deve vivere accanto a un uomo. Alejandro è esperto, audace,
intelligente e con te anche molto affettuoso. Io ho bisogno di
allontanarmi per un po’ e andrò a Vienna da Maria e Massimiliano.
Sono stata alla corte di Maria finché non si è sposata e la conosco
bene.»
Il bambino ascolta attentamente, cercando di frenare le emozioni.
Sa che Agnes non approverebbe le sue lacrime.
«Dunque sto per partire… stanotte. Saluto solo te e non dirò niente
ad Alejandro, che cercherebbe di trattenermi… e davanti a lui la mia
forza cede.»
Dà un bacio sui capelli del figlio e lascia la stanza. Il cavallo e i
bagagli sono pronti e un’ora dopo abbandona il castello.
Il giorno dopo Alejandro va a cercarla e quando apprende che è
partita durante la notte rimane malissimo e sul momento la odia per la
sua decisione. Se ne è andata senza dirgli niente, lasciandogli il figlio
di cui si sente padre senza esserlo veramente.
Federico lo vede triste a cena e gli chiede cos’abbia.
«Agnes mi ha affidato il figlio ed è partita.»
«So che voleva andare alla corte di Vienna, da Maria e
Massimiliano.»
Alejandro lascia il pranzo e si alza. Federico lo segue.
«Come mai tu lo sai?»
«Perché me lo ha detto il re.»
«Ah, lo sa anche lui?»
«Agnes doveva chiedergli il permesso prima di andare…»
«Poteva dirmelo… poteva salutarmi…»
«Non te la prendere, Alejandro. Sai com’è fatta. Non ha voluto dirti
addio.»
«Addio? Non ci sarà mai un addio tra noi. Desidero raggiungerla.»
«Non essere precipitoso. Troveremo il modo perché tu la riveda.
Adesso però hai suo figlio con te. Occupati di lui. Sarà molto più facile
che fare il cane da guardia a don Carlos. E Agnes non lo lascerà a
lungo.»
Alejandro va a cercare Damián. Lo trova nella sala d’armi che si
esercita davanti allo specchio con la spada. Ha dodici anni ma sembra
più grande della sua età. Appena lo vede il ragazzo gli corre incontro.
«Zio Alejandro, mi hai visto?»
«Sì, sei bravo. Ma non puoi passare qui dentro tutte le sere. Vai con
gli altri ragazzi.»
«No…»
«Perché?»
«Qui mi sento perso. A Toro eravamo pochi e avevo degli amici ma
qui…»
«C’è Francisco, il figlio di Federico e Flora.»
«È più grande e con me non ci vuole stare.»
«Non è vero.»
Damián arrossisce. Infatti non è vero, è lui che non vuole stare con
Francisco. Lo considera debole, sempre attaccato alla madre e poco
abile con la spada.
«Va bene, ho capito. Francisco non ha proprio niente da insegnarti.
Ti presenterò io un ragazzo che sia più simile a te.»
Alejandro lo guarda e vede in parte Agnes: anche se Damián è
bruno come il padre, ha lo stesso luccichio negli occhi, il desiderio di
fare qualcosa di speciale, di farsi valere.
«Lo sai che tua madre è partita?»
«Sì, mi ha detto che sarebbe andata alla corte di Massimiliano per
un po’. Ma mi scriverà spesso.»
“Bene, sembra che l’unico a soffrire per lei sia io” pensa Alejandro,
accompagnando Damián nella sua stanza.
Qualche giorno dopo si rende conto che Damián ha trovato
qualcuno con cui parlare ed è la peggiore scelta che potesse fare: don
Carlos.
Il principe l’ha visto spesso solo e ha cominciato a cercarlo, poi gli
ha chiesto di fare una cavalcata, di andare nella sua stanza a vedere la
collezione di armi, gli ha insegnato a giocare a carte e con la palla.
Alejandro li ha scoperti insieme e gli sembra impossibile che don
Carlos possa essere tanto dolce con un ragazzo di due anni più
piccolo. Non vuole separarli, ma decide di tenerli d’occhio.
Don Carlos cade dalle scale

Agnes giunge a Vienna e le torna subito in mente quando vi arrivò


insieme a Maddalena, scortate da Derik Fuchs, il lanzichenecco che
aveva favorito la loro fuga dal castello di Mindelheim attraverso una
porta secondaria e poi le aveva condotte alla corte di Ferdinando.
Maria la accoglie nel castello di Hofburg intorno al quale ci sono
diverse residenze per i nobili e una cappella imperiale, la biblioteca e
la scuola di cavalleria, oltre alla riserva di caccia dell’imperatore.
«Non siete cambiata» afferma Agnes, che l’ha vista crescere prima
che sposasse Massimiliano e partisse con lui per Vienna.
«Nonostante tutti questi figli? Scherzate! Ecco, vi presento Anna, la
mia primogenita, e poi ne ho avuti altri tredici. Purtroppo ne sono
sopravvissuti solo sette.»
«Ho conosciuto i vostri primi maschi, i granduchi Rodolfo ed
Ernesto, che si trovano alla corte di Filippo.»
Agnes chiede di potersi occupare di Anna che ha dieci anni, due
meno del figlio Damián. Elisabetta, Mattia e Massimiliano sono troppo
piccoli, mentre Alberto è appena nato.
Anna è la figlia preferita da Massimiliano, gioca spesso con lei e in
passato ha rimandato una riunione di Stato in Ungheria perché la
bambina era malata. Nonostante Massimiliano sia luterano, Anna
viene educata come cattolica dalla madre.
A Vienna Agnes incontra di nuovo l’imperatore Ferdinando e sua
moglie.
«Voi non vi ricorderete di me…»
«Ricordo perfettamente una bambina bellissima che cercava rifugio
insieme a un’amica italiana e alla loro guida tedesca… dopo essere
fuggiti da Mindelheim» afferma l’imperatrice.
«Non pensavo che dopo tanti anni…»
È Ferdinando a rispondere: «Mia moglie ha pensato molto a voi.
Quando vi siete rifugiata alla corte di Malines ha scritto alla
granduchessa Maria per avere notizie. Poi abbiamo saputo che siete
andata in Spagna e siete diventata la dama d’onore dell’imperatrice
Isabella».
«Non solo. Abbiamo saputo delle vostre prodezze nei tornei. Siamo
davvero felici che possiate passare un periodo da noi e che siate la
dama della nostra Maria.»

Carlos racconta a Giovanni e ad Alessandro di aver trovato una


ragazza che gli piace molto.
«È la figlia del nuovo custode, se venite con me a fare una
passeggiata ve la indico.»
I due amici, sospettando qualche scherzo, o solo per non voler
assecondare una relazione che il re disapproverebbe, trovano una
scusa per non accompagnarlo.
Carlos si irrita: «Pensate che non possa piacermi una donna di
basse condizioni? Ebbene vi sbagliate! È più bella e più divertente di
qualsiasi altra dama di corte».
«Lei vi ricambia?»
«Certo!»
«Come l’avete conosciuta?»
«È stato il mio valletto, Pedro Sánchez, a presentarmela.»
Carlos racconta che lui e la ragazza s’incontrano di nascosto la sera,
passando da una porticina che si trova nella sala del consiglio e
scendendo una ripida scaletta.
Giovanni si allontana con Alessandro e commenta l’avventura del
principe: «Ho visto la ragazza. Era già ad Alcalá quando sono arrivato
e don Ruiz l’aveva licenziata perché la riteneva troppo provocante.
Non so come sia tornata di nuovo a corte».
Il duca d’Alba si accorge delle fughe notturne di Carlos e ogni sera
chiude a chiave la porta della sala consiliare, ma il principe riesce a
procurarsi un duplicato e continua a uscire segretamente.
In una di queste occasioni, dopo essere entrato nella sala, comincia
a scendere una scala stretta e buia di ferro che porta al parco dove si
trova la casa del custode e la ragazza che lo aspetta. Mette un piede in
fallo e scivola malamente. Il grido viene udito da Alessandro e
Giovanni, che da un po’ di tempo, dopo cena, hanno cominciato a
seguirlo per evitare che combini qualche guaio.
Il principe ha una profonda ferita alla testa e le mani con cui se la
tiene sono insanguinate.
«Corri a chiamare don Quijada!» grida Giovanni al cugino, poi
prende il capo di Carlos e se lo pone in grembo, cercando di calmare il
ragazzo.
Luis Quijada accorre con il dottor Olivares, che riesce a fermare il
sangue e ordina che il principe sia portato nella sua stanza e venga
avvisato Filippo, che si trova a Madrid.
Quando il re arriva al capezzale del figlio trova anche il dottor Vega
e Deza Chacón de Acuña, il chirurgo reale. Carlos è semicosciente e
per sicurezza il re fa chiamare altri medici di sua fiducia. Questi lo
rassicurano, la ferita non è grave e il principe guarirà sicuramente.
Undici giorni dopo Filippo viene chiamato di nuovo perché Carlos
è peggiorato e i dottori hanno poche speranze di salvarlo. Il re parte
per Alcalá insieme a Ruy Gomez e al dottor Vesale, seguito più tardi
dai Grandi di Spagna che lavorano a corte. Carlos non riesce ad aprire
gli occhi e una gamba è rigida.
Il re chiede che gli siano dati gli ultimi sacramenti e già nel Paese si
diffonde la voce che il principe è moribondo e i nobili comprano stoffa
nera per il prossimo lutto. Gli viene impartita l’estrema unzione
perché si pensa che abbia poche ore di vita, poi il dottor Vesale decide
per una soluzione drastica: trapanargli la testa.
Cominciando la perforazione lo specialista si accorge che il sangue
è puro, significa che il giovane sta recuperando. Così richiude la ferita,
ma dopo qualche giorno Carlos ha forti febbri con dolori alla testa, al
collo e alla gamba destra. Filippo torna ad Alcalá con il duca d’Alba e
Ruy Gomez.
Insieme decidono per una soluzione non usuale: fanno riesumare il
cadavere di fra’ Diego, morto un secolo prima in odore di santità. Lo
fanno trasportare su una lettiga fino alla camera del principe e lo
mettono vicino a lui. Carlos tocca il corpo imbalsamato e il frate gli
appare vivo con una croce tra le mani.
Il giorno dopo la febbre diminuisce. Un mese dopo può lasciare il
letto e viene preso da una vera e propria crisi di misticismo. Vuole
allora che Diego sia fatto santo e infatti il papa inizia il processo di
beatificazione.
Trascorre la convalescenza a Madrid accompagnato dagli amici
Giovanni e Alessandro.
«Abbiamo avuto molta paura, Carlos!» afferma Giovanni.
«Come vedete sono qui vivo e vegeto!»
«Vi fa male la testa?»
«Sì… sapete, me l’hanno trapanata!»
«E hanno fatto bene, perché siete guarito. D’ora in avanti
chiamateci quando uscite per le vostre avventure notturne!»
«Non credo proprio!»
Carlos, Alessandro e Giovanni frequentano insieme l’università di
Alcalá de Henares. Dopo la caduta Carlos ha spesso la febbre e il
temperamento è diventato, se possibile, più impulsivo e violento.
Ormai dice tutto ciò che gli passa per la testa e cambia umore
all’improvviso.
«Non siamo meglio noi di quel valletto da cui vi fate
accompagnare?» gli chiede Giovanni.
«Pedro Sánchez mi è molto utile. Sa quali sono le ragazze che
possono piacermi.»

Filippo non parla con nessuno dei suoi sentimenti e delle emozioni
che prova. Orfano troppo presto della madre e con il padre sempre
lontano, ha vissuto insieme agli istitutori e alla sua corte. Anche il
rapporto con le sorelle si è spezzato quando l’imperatore ha deciso di
separarlo da loro per farlo educare nel modo più adeguato a un erede.
Ma con Ruy è abituato a confidarsi da quando era piccolo e lui era il
suo paggio.
«Sono molto amareggiato da questa situazione. Posso dirlo solo a
voi, ma non riesco ad amare mio figlio. Ho provato di tutto.
Ricorderete che quando era un bambino lo portavo con me a cavallo e
a caccia, poi l’ho fatto partecipare alle cortes e alle riunioni del
Consiglio di Stato, ma ora ho perso le speranze. Peggiora di giorno in
giorno.»
«Vostro figlio è malato, purtroppo. E questa caduta non ci voleva.
Che intendete fare?»
«Non lo so. Lui mi odia.»
Ruy ha pensato spesso alle condizioni di Carlos. D’altronde è figlio
di una coppia male assortita: genitori affini di sangue, gracili per
natura e per la giovane età. Non può dirlo a Filippo, ma è chiaro che il
principe non diventerà mai re.
Tutti gli ambasciatori che vengono a Madrid lo descrivono ai loro
signori come un ragazzo piccolo, brutto, pallido, quasi ripugnante.
Parlano della sua voce ora flebile e ora oscura, della balbuzie, di
quanto sia impacciato in società. Le parole non gli vengono, pronuncia
male la erre e la elle e nessuno capisce cosa stia dicendo.
Come accade spesso quando si lascia andare a descrivere ciò che
prova, Filippo si accorge di vivere un momento di debolezza e cambia
discorso. Questa volta devia sui problemi di fede. È sempre stato
molto attento all’ortodossia religiosa dei suoi sudditi e considera la
difesa della Chiesa romana la missione imprescindibile del suo regno.
«Mia sorella Margherita mi ha avvertito di una Confederazione dei
Nobili che si è formata nelle Fiandre contro l’Inquisizione e per una
maggiore tolleranza in campo religioso.»
«Lo so. Ne fanno parte Guglielmo d’Orange, Lamoral di Egmont e
Filippo di Montmorency, duca di Horn. Vogliono che ritiriate il
cardinale de Granvelle.»
Antoine Perrenot de Granvelle, nominato cardinale da Pio IV nel
1561, è diventato arcivescovo di Malines. Consigliere di Carlo V e
diplomatico a Roma, viene eletto presidente degli Stati Generali dei
Paesi Bassi e dotato del potere di Grande Inquisitore.
«Il cardinale ha una pessima reputazione presso i protestanti
olandesi» aggiunge Ruy.
«Non posso ritirarlo, sarebbe come cedere a un ricatto degli eretici!
Sono stato io a inviarlo nei Paesi Bassi con la missione di inquisitore,
come giustificherei la mia decisione?»
«Dovrete farlo per riportare la pace nelle Fiandre. Offritegli un’altra
missione.»
«Ci penserò.»

In Austria l’imperatore Ferdinando rinnova la pace con i musulmani:


vuole lasciare al figlio Massimiliano un regno tranquillo. È stato un
uomo molto diverso dal fratello Carlo, fedele alla moglie fino alla sua
morte, discreto e parco.
I numerosi figli seguono una disciplina ferrea: sveglia alle cinque
del mattino, la santa messa, una scuola pubblica a Innsbruck, esercizi
di equitazione, corsa, ballo, canto e musica.
Nella sua corte non si riscontra il lusso che caratterizza l’ambiente
borgognone o quello spagnolo. In campo religioso è stato più
tollerante del fratello, favorevole al colloquio tra cattolici e protestanti.
I suoi consiglieri erano seguaci di Erasmo da Rotterdam e anche lui
ascoltava i suoi insegnamenti.
Nell’estate del 1563 va a riposarsi a Innsbruck con le due figlie
Anna ed Eleonora, quest’ultima accompagnata dal marito Guglielmo
Gonzaga, e i figli di Massimiliano. Si sente stanco e debole, tanto che
decide di tornare a Vienna in nave. Le figlie lo salutano commosse
perché sentono che non vivrà ancora a lungo. Sette giorni dopo arriva
a Vienna.
Nei primi mesi del 1564 viene colpito dalla malaria e affida il
governo a Massimiliano. Al confessore afferma di voler resistere fino
al giorno di san Giacomo santo, a cui è sempre stato molto devoto. E
infatti muore proprio il 25 luglio.
L’Europa piange l’imperatore con funzioni religiose solenni.
Perfino Solimano commenta: «Era un giusto sovrano».
Agnes partecipa ai funerali insieme ai figli di Massimiliano e Maria.
Tutti i bambini amavano il nonno, uomo mite e saggio.
Con il nome di Massimiliano II d’Asburgo il primogenito gli
succede sul trono del Sacro Romano Impero, dopo essere stato
nominato re di Germania e d’Ungheria due anni prima.
Massimiliano amava moltissimo il padre e soprattutto condivideva
l’atteggiamento pacifico verso i protestanti, decide dunque di
mantenere i consiglieri paterni e proseguire la sua politica.
Agnes scrive al figlio del terribile lutto che ha colpito l’Impero e si
informa dei suoi progressi. Damián è felice a corte, studia e passa il
tempo a cavalcare con Alejandro, che gli insegna tutto sull’arte
militare. Racconta spesso dei problemi di don Carlos, che con lui si
dimostra paziente e amichevole, e della grande ammirazione che
nutre per don Giovanni.
La popolarità di don Giovanni

Giovanni è molto popolare a corte, è lui che organizza i tornei, le


partite di caccia e le encamisadas, giochi che provengono dall’arte
militare. I soldati del Tercio chiamano così le sortite notturne con un
equipaggiamento minimo, per uccidere rapidamente e in silenzio i
nemici che stanno dormendo.
I giovani cavalieri che partecipano al divertimento non vanno
naturalmente a uccidere nessuno ma attraversano la città di notte a
cavallo indossando le tradizionali camicie bianche e vengono
acclamati dalla gente che si sveglia e si affaccia alle finestre.
I migliori amici di Giovanni sono il cugino Alessandro e Antonio
Pérez, il figlio illegittimo dell’ecclesiastico Gonzalo Pérez, segretario
generale prima dell’imperatore Carlo e poi del re Filippo.
Antonio è un ragazzo astuto e ambizioso, e alla morte del padre
diventa segretario del re Filippo. L’amicizia con Ana de Mendoza lo
aiuta a entrare in contatto con i più importanti aristocratici del tempo.
Filippo si fida di lui, ne riconosce l’intelligenza e la capacità di
occuparsi degli affari di Stato, così Antonio accresce il suo potere e la
sua ricchezza.
Ana si informa presso il marito su Giovanni: «Cosa pensi di lui?».
«È un ragazzo bello e molto dotato.»
«Questo l’ho visto anche io. Secondo te è ambizioso?»
«Non lo so, è troppo giovane per affermarlo.»
«Io lo ero anche a tredici anni…»
Ruy sorride. Non si è mai illuso sui sentimenti della moglie, che ha
sposato un uomo tanto più vecchio di lei. Fin dal primo incontro,
quando era solo una bambina, ha visto nel suo sguardo la
determinazione di una donna; non dimostrava timidezza o ritrosia,
neppure timore verso un potente dello Stato che presto l’avrebbe
portata via da casa.
«Vorrei conoscerlo meglio. Potrebbe esserci utile. Invitiamolo da
noi.»
Giovanni comincia a frequentare Ruy Gomez e la moglie, che
possiedono castelli in molte città della Spagna, e poi racconta al
cugino tutto quello che ha fatto.
Con Alessandro discute spesso anche dei consiglieri del re. Sanno
che durante l’Impero di Carlo a corte c’erano due fazioni, quella
liberale capeggiata da Ruy Gomez e quella conservatrice di Fernando
Álvarez de Toledo, il duca d’Alba, affiancato dall’inquisitore generale
Fernando de Valdés.
«Secondo me Ruy è l’uomo più potente di Spagna dopo il re!»
afferma Giovanni.
«E il duca d’Alba?» chiede Alessandro.
«Un grandissimo soldato… e basta.»
«Di’ la verità… tutte queste visite dai Mendoza… non vuoi vedere
Ruy Gomez, ma la moglie Ana…»
«Ana è bellissima e gentile, ma non è il mio tipo. L’altro giorno mi
ha presentato la nipote, Maria de Mendoza… lei sì che è il mio tipo.»
«La rivedrai?»
«Stasera.»
Se la prima volta Giovanni aveva solo intravisto Maria, adesso Ana
gli presenta ufficialmente la nipote e poi gli sussurra all’orecchio: «Ha
un debole per voi… trattatela bene».
Giovanni, che non ha mai guardato con interesse le ragazze, rimane
ammaliato dalla giovane Maria. È splendida, armoniosa, fresca.
Ruy, arrivato in quel momento, comunica a Giovanni che sta
lavorando per convincere Filippo a nominarlo comandante della flotta
nel Mediterraneo.
«Sto preparando la nave per voi, si chiama Capitana e fra poco sarà
pronta nel porto di Barcellona.»
«Ruy, vi ringrazio moltissimo! Sapete, da piccolo mi piaceva
intagliare le navi sui tronchi degli alberi. La navigazione sarà il mio
futuro.»
Quando il re è tornato a Madrid, dopo aver tenuto le cortes a
Monzón, Giovanni è andato a incontrarlo nel castello di Valsain,
vicino Segovia, per chiedergli che intenzioni avesse sul suo futuro.
Adesso comunica a Ruy la sua delusione: «Non ha voluto
rispondermi… è stato molto evasivo.»
Ruy sorride. Gli piace Giovanni più di chiunque altro a corte. Ha
proprio la tempra dell’imperatore suo padre, ma è molto più bello. Si
è accorto più volte dell’effetto che fa sulle ragazze durante i balli e i
ricevimenti, gli sguardi che gli lanciano. Si è anche accorto che sua
nipote Maria è incantata e lui sembra ricambiarla. La moglie gli ha
detto chiaramente di desiderare il loro matrimonio e lo ha pregato di
fare tutto il possibile perché il suo sogno si realizzi.
Ana non ha interesse verso i sentimenti dei due ragazzi, ma sa bene
che se Giovanni sposerà sua nipote i Mendoza diventeranno ancora
più potenti in Spagna. Anche lei si rende conto di quanto Giovanni sia
diverso dal fratellastro Filippo, che è troppo riflessivo, controllato,
introverso. Avere Giovanni al castello è una gioia. Arriva come una
folata di vento d’estate, con i capelli biondi lunghi fino alle spalle e
quegli occhi blu che hanno fatto la fortuna sentimentale del padre.
Marito e moglie parlano spesso anche di Carlos e Ana afferma che il
ragazzo non si trova bene in nessuna corte, non ha voglia di studiare
né di leggere o cavalcare, si annoia.
«Che sfortuna che l’unico figlio maschio del re sia un folle!»
«Carlos non è pazzo, è solo un ragazzo fragile e infelice.»
«La nonna era pazza…»
«La regina Giovanna non era pazza. Tu non puoi saperlo perché
non l’hai conosciuta. Ha reagito alla prigionia e alle torture come
avrebbe fatto qualsiasi donna…»

Ana va spesso all’Alcázar a trovare la regina. Hanno scoperto di avere


in comune la passione per la pittura ed Elisabetta da qualche tempo
prende lezioni da Sofonisba Anguissola, una pittrice italiana arrivata
in Spagna da poco per diventare dama di corte della regina. È stata
chiamata per ritrarre la famiglia reale e lei le ha chiesto delle lezioni
private.
Ana non ha il carattere adatto per rimanere ore davanti a una tela,
preferisce andare a prendere la regina per una passeggiata. A
Elisabetta Ana piace perché è sicura di sé, determinata come lei non
riesce a essere. Dipende troppo dalla madre Caterina, che riesce a
controllarla anche da lontano.
«Sapete, mia madre ha mandato a Madrid una donna… è stata mia
tutrice quando vivevo a Parigi. Temo che voglia ascoltare i nostri
discorsi e riferirli.»
Infatti la donna non lascia un minuto le due amiche, seguendole da
una certa distanza, ma Ana ha scoperto delle scorciatoie e riesce a
portare la regina lontano dallo sguardo della sua tutrice.
Per accontentare la moglie Ruy acquista la tenuta di Pastrana dopo
aver venduto i terreni di Eboli in Italia. Durante l’estate raggiunge il re
ad Aranjuez mentre la moglie, incinta del quinto figlio, rimane a
Madrid. Anche la regina è incinta ma ad Ana sembra che, pur
volendole bene, provi invidia per lei.
«Già quattro figli e un quinto in arrivo… Siete così giovane!»
«Come sapete, purtroppo due sono morti…»
«Ne avrete altri, ne sono sicura.» Elisabetta è pensierosa e dopo
qualche istante chiede direttamente all’amica: «Sapete se il mio
signore vede un’altra donna?».
«Scherzate? Ma se vive per voi!»
Ana sa cosa vuole dire la regina. Girano voci che Filippo si sia
invaghito di lei e che il primo figlio, quello morto dopo la nascita, sia
suo. Filippo tuttavia è considerato un uomo freddo con i familiari, gli
amici e soprattutto le donne. È molto diverso dal padre, che ha amato
le mogli e le amanti, queste in modo molto passionale.
Tutti a corte si sono accorti che va raramente nella stanza della
moglie. Di solito si corica quando Elisabetta sta già dormendo e si alza
quando lei ancora non si è svegliata. Solo l’intervento di Caterina de’
Medici, che gli scrive esprimendo il suo desiderio di avere al più
presto un nipote, lo fa decidere a frequentare intimamente la moglie
più spesso.
Ripensando ai dubbi della regina, Ana ritiene che non abbia tutti i
torti. Ha notato gli sguardi di Filippo quando sono insieme, anche se il
re non ha fatto nulla per concretizzare quello che forse desidera. Chi
invece è più audace è il suo segretario, Antonio Pérez.
Una sera, durante un ballo, siedono accanto su una panchina in
giardino. Lui le indica la luna piena e i fuochi d’artificio che stanno
scoppiando in quel momento.
«Che meraviglia stare con voi con questo scenario! Siete sparita….
Non vi vedo più come una volta ai ricevimenti e sento la vostra
mancanza.»
«Ho tre figli, Antonio, non lo dimenticate!»
«Potreste averne venti e direi la stessa cosa. Non siete una donna
che rimane a casa ad accudire i figli. Voi siete la stella della corte,
nessuna eguaglia la vostra bellezza.»
«So che siete un galantuomo e un seduttore. Rivolgete le vostre
attenzioni altrove. Noi siamo amici.»
Antonio cambia discorso e si intrattiene con Ana a parlare
dell’assedio di Malta. La principessa conosce la politica, è una donna
molto colta con cui è piacevole conversare.
«Che cosa pensate della regina?»
«Siamo amiche. Mi piace la sua spensieratezza, la sua curiosità.
Ogni giorno vuole che facciamo qualcosa di diverso. Le piacciono i
picnic, il gioco delle carte e dei dadi, le lunghe passeggiate. È una
gioia stare con lei.»
«Voi non siete così?»
«No. Mio padre voleva un maschio e io ho fatto di tutto per
diventarlo.»
«Il vostro aspetto vi contraddice.»
«Lo so. Non posso negare che quando mi guardo allo specchio sia
compiaciuta del mio aspetto, ma a volte detesto la bellezza perché mi
mette in situazioni sgradevoli di cui adesso non parlerò. Inoltre il mio
carattere è molto maschile. Sono irrequieta, non riesco a stare ferma
con un pennello o un ricamo in mano, come la maggior parte delle
donne. Se mi dessero il permesso andrei a combattere e sono sicura
che non avrei paura.»
Antonio sorride: è proprio questo che gli piace di lei, il contrasto tra
l’estrema femminilità e la durezza della personalità.
Riprendono a parlare di Elisabetta perché purtroppo la gravidanza
non procede bene, le esce molto sangue dal naso ed è costretta a
mettersi a letto. I medici si avvicendano per curarla con purghe e
salassi, rendendola sempre più debole e provocando l’aborto delle
due gemelle che portava in grembo. Viene salvata da un medico
italiano chiamato dal re perché quelli spagnoli gli avevano riferito che
la moglie era in fin di vita. Filippo rimane con lei per tutta la durata
della malattia e infine Elisabetta guarisce.

Giovanni riferisce ad Alessandro quello che ha sentito dire da Ruy: «I


turchi hanno assaltato Malta e il re vuole combatterli. È guerra!».
«Incredibile, Solimano, anche se vecchio, vuole ancora conquistare
il Mediterraneo.»
«Devo parlare con il re perché voglio partire. Verrai anche tu?»
«Mia madre non mi lascerà andare in guerra.»
«Ma io sì, io sì! Ho cercato di vedere Filippo ma è troppo occupato,
gli ho anche scritto ma non ha risposto…»
«Frena il tuo entusiasmo! Ho sentito dire che il re vuole chiedere al
papa di nominarti cardinale.»
Effettivamente Filippo ha intenzione di ottenere da Paolo IV un
cappello da cardinale per Giovanni, anche se questa non era
l’intenzione di Carlo V e non ve ne è parola nel suo testamento.
Giovanni si indigna: «Come gli viene in mente di darmi alla
Chiesa?».
«Non potrà costringerti a una carriera ecclesiastica se tu non vuoi.»
«Questo lo dici tu! Se è la sua vera intenzione, farà di tutto perché
io ubbidisca e allora…»
«Allora?»
«Non mi resterà che fuggire.»
«Sei pazzo! Perché non vuoi diventare cardinale?»
«Sono troppo giovane.»
«Non puoi sfidare il papa e il re. Sei cattolico, non sei legato a una
ragazza, non c’è nessun impedimento!»
«No, io sono un uomo d’armi e non di Chiesa, e poi questa Chiesa
mi disgusta.»
«Attento Giovanni, un’affermazione del genere in pubblico ti
costerebbe la testa!»
«Il re può chiedermi qualunque cosa, ma non questa. Io sarò un
soldato, non un prete.»
Ne parla con donna Magdalena e lei lo rimprovera aspramente: «Il
re vi proibirà di andare a combattere».
«Ma se non ho fatto altro in questi anni che allenarmi per questo!»
Giovanni evita ogni ulteriore commento e va a dormire. Si infila a
letto vestito, poi, appena si rende conto che non c’è nessuno in giro nel
palazzo, scende e va nella scuderia a prendere il suo cavallo. Parte di
notte senza avvertire nessuno, diretto a Barcellona, dove le navi sono
pronte a salpare per Malta.

Due giorni dopo la voce della scomparsa del giovane fratello del re si
sparge per tutto il Paese e la gente ne parla come di un eroe fuggito
per andare a combattere i turchi.
Filippo manda l’uomo più veloce della Spagna, don Pedro Manuel,
a riprenderlo. Cominciano le scommesse tra la gente se riuscirà a
raggiungerlo o no. Tutte le città spagnole vengono avvertite di
fermare il ragazzo. Finalmente Pedro lo trova e cerca di portarlo
indietro.
«Devo arrivare a Barcellona, non potete fermarmi!»
«La flotta è già salpata… non ci sono più navi per voi!»
«Ho mandato José de Acuña con una diligenza postale a fermarne
una!» grida Giovanni montando di nuovo a cavallo e riprendendo la
cavalcata.
Don Pedro gli ha mentito solo per convincerlo a fermarsi, perché le
navi non si sono ancora mosse. Poi chiede aiuto al conte di La Coruña
che ha un castello nei pressi, ma il fratello del conte, invece di aiutarlo,
si unisce a Giovanni, come molti altri giovani che vogliono seguire il
suo esempio.
José de Acuña, arrivato a Barcellona, viene arrestato, e non ha la
possibilità di vedere se effettivamente le navi siano già partite.
Giovanni viene colto dalla febbre e si ferma a El Frasno, nel palazzo
del duca di Villahermosa, che ha combattuto nella battaglia di San
Quintino e ora si riposa con i figli nella città di Pedrola.
Il duca viene avvertito che in uno dei suoi palazzi ha trovato rifugio
il fratello del re febbricitante. Sa che dovrebbe avvertire Filippo, ma
commosso da un ragazzo così coraggioso va personalmente a El
Frasno con i suoi medici perché lo curino. Poi gli fa preparare diciotto
mule con tutto il necessario per il viaggio.
«Rimarrete mio ospite finché non starete meglio.»
«Vi ringrazio della vostra gentilezza ma è meglio che io riparta. Mi
stanno cercando e non voglio che mi fermino.»
Infatti l’arcivescovo di Saragozza ha saputo dove si trova il principe
e riesce a incontrarlo prima che riparta.
«Dovete tornare! Ve lo ordina il re!»
Giovanni gli bacia l’anello e prosegue. L’arcivescovo allora,
affascinato da tanta determinazione, gli fornisce un drappello di
cinquanta uomini come scorta.
Giungono al re da Barcellona lettere di comandanti che parlano
dell’arrivo imprevisto di centinaia di giovani, nobili e cavalieri, pronti
a salpare per Malta.
Il vescovo accoglie Giovanni al porto e lo convince a visitare il
monastero di Montserrat prima di partire per la guerra. Riceve subito
messaggi da parte del re perché trattenga Giovanni il più a lungo
possibile. L’uomo trova ogni scusa per distrarre il giovane, che
quando arriva al porto scopre che la flotta è partita.
«Bene, andrò in Francia in cerca di una nave» afferma indispettito.
Il re invia a Barcellona Luis Quijada che, stanco della lunga
cavalcata, si limita a consegnare a Giovanni una lettera di Filippo: gli
ordina di tornare “sotto pena della sua disgrazia”. Significa che sarà
arrestato se non ubbidirà.
Giovanni crede alla minaccia del re ma soprattutto gli dispiace che
Luis abbia fatto quel viaggio per fermarlo.
«Non mi approvate, vero?» chiede all’uomo con cui è cresciuto.
«So bene come siete fatto e non cambierete. Anzi, peggiorerete. La
prossima volta nessuno riuscirà a fermarvi ma ora, vi prego, tornate
con me.»
Giovanni sente di non avere scelta, Luis lo riporterà a corte o come
compagno di viaggio o come suo prigioniero. Riprende la strada del
ritorno estremamente avvilito.
«Tutti rideranno di me!»
«Non credo proprio. Tutta la Spagna vi acclama e i giovani vi
avrebbero seguito volentieri. Avete avuto coraggio, anche sfidando il
volere del re!»
Luis ha ragione, il viaggio di ritorno è un trionfo. Viene accolto in
ogni villaggio e città come un eroe e lungo la strada la gente grida il
suo nome e getta fiori.
Un amore disperato

Il re è partito da Madrid per qualche giorno con la moglie e Giovanni


tira un sospiro di sollievo, la punizione è rimandata. Viene però
accolto da don Carlos, che si dimostra raggiante per la sua impresa,
tanto che gli regala un preziosissimo anello di diamanti.
Arriva di corsa anche Alessandro ad abbracciare il cugino: «Non si
parlava che di te! La corte era in subbuglio!».
Perfino donna Magdalena gli confessa di essere fiera di lui.
Tre giorni dopo Giovanni, insieme a don Carlos, va incontro al re
ed Elisabetta che tornano a Madrid.
«Chissà che vi farà» ride il principe Carlos pregustando la scenata.
«Penso che per me ci sarà l’esilio… o mi faranno entrare in un
monastero.»
Arrivato davanti alla regina, si inginocchia per baciarle la mano e
vede che lei sta ridendo.
«Quanti turchi avete ucciso?» gli chiede.
In quel momento il re scende da cavallo e lo abbraccia.
«Datemi tempo, fratello mio. Adesso so che cosa volete. La carriera
ecclesiastica non è per voi. Sto per inviare una flotta contro i pirati che
imperversano nel Mediterraneo e il comando sarà vostro. Per ora non
ditelo a nessuno!»
Poiché il fratello non l’ha nemmeno rimproverato, Giovanni è
adesso pronto a ricevere i complimenti di tutta la corte. Nobili e
gentiluomini lo guardano con simpatia e vorrebbero lui, al posto di
don Carlos, come erede del regno.
A differenza del principe, Giovanni è un bel ragazzo, alto e magro,
dalle maniere gentili. Ha capelli biondi e occhi azzurri brillanti, è
sempre sorridente ma sa diventare molto serio quando è impegnato in
qualcosa. Tiene alla sua eleganza e veste alla moda. Il motivo per cui il
suo tutore Luis de Quijada ha temuto che non diventasse un uomo
forte, un combattente al servizio della Spagna, era il tempo che
dedicava a curare la sua persona, a scegliere gli abiti, a guardarsi allo
specchio, ma adesso tutto questo è superato.
Alessandro si avvicina al cugino per una comunicazione
importante: «Il re ha mandato a Malta seimila uomini e molto denaro.
A Messina la flotta è dovuta tornare indietro per una tempesta.
Comunque, l’arrivo dei rinforzi ha rinfrancato il morale dei Cavalieri,
che sono riusciti a respingere il nemico. Il tuo momento di gloria è
solo rimandato».
«Una cosa però l’ho ottenuta, Filippo non pensa di fare di me un
uomo di Chiesa.»
«Adesso però c’è un altro problema e si tratta sempre dei turchi.»
Ruy Gomez riferisce al re che, fallito l’assedio di Malta, il sultano
Solimano ha lanciato un attacco contro Massimiliano II e con le sue
truppe ha assediato per lunghe settimane la fortificazione scarsamente
difesa di Szigetvár, a sud del lago Balaton.
Il 5 settembre 1566, durante un ultimo attacco, il sultano muore
nella sua tenda. I consiglieri decidono di non diffondere la notizia ai
soldati per non demoralizzarli e il giorno dopo legano la salma di
Solimano alla sua giumenta bianca e la portano in giro per farla
vedere.
I soldati pensano che il sultano stia solo passeggiando in rivista
delle sue truppe, e lo stesso accade il giorno dopo, ma il 7 settembre al
grido di “Gesù” i difensori escono dalla fortificazione e si lanciano
contro il nemico dieci volte superiore di numero.
Szigetvár cade nelle mani dei turchi e il suo comandante, il conte
Miklós Zrínyi, viene ucciso. Entrambe le parti hanno subito
importanti perdite, oltre al proprio comandante: ventimila ottomani e
quasi tutti i difensori, circa duemilatrecento uomini.
Nonostante la vittoria ottenuta, l’assedio estenuante e i tanti soldati
morti in battaglia convincono i turchi a non marciare su Vienna e la
capitale austriaca non viene più minacciata.
Agnes ha seguito la guerra con trepidazione, temendo che il suo
imperatore potesse perdere la fortificazione. Maria le comunica che i
turchi hanno deciso di non avanzare.
«Adesso che Solimano è morto, speriamo che non ci siano più
attacchi.»
«Devo dire che, nonostante tutto, lo ammiravo come comandante. E
non solo. Mi hanno riferito che Istanbul è splendida con i suoi palazzi
e le moschee ed è il centro di scambio tra Oriente e Occidente. Il
sultano ha saputo delegare i poteri a uomini di talento che agivano in
sua assenza. Chissà chi sarà il suo successore…»
«Penso che sarà Selim II il figlio di Solimano e della moglie
Roxelana, la sua preferita. Massimiliano ha saputo una storia dai suoi
ambasciatori: il figlio primogenito Mustafa aveva diritto al trono, ma
Roxelana ha convinto il marito che Mustafa stesse complottando
contro di lui, così il sultano l’ha convocato nella sua tenda e l’ha fatto
strangolare davanti ai suoi occhi.»

Giovanni continua a frequentare la casa di Ruy Gomez e della moglie


Ana, dove può incontrare Maria. La giovane è entusiasta dell’impresa
compiuta e gli confessa che è stata in pena per lui.
Ana ha deciso che è troppo presto per presentare la nipote a corte e
non la lascia mai sola. Se lei non è presente, con Maria c’è sempre la
tutrice.
«Sono innamorato di lei» confessa Giovanni ad Alessandro. «Ma
non so come fare, riusciamo solo a scambiare qualche parola e molti
sguardi.»
«Se non puoi dirle di amarla, chiedile se vuole essere la tua dama.»
Giovanni pensa che sia una buona idea e al primo incontro lo
propone a Maria. Lei accetta lusingata e gli regala un fazzoletto
ricamato. Così ogni atto di coraggio compiuto da Giovanni verrà
dedicato a Maria e lui si impegna a difendere il nome e l’onore della
sua dama.
Giovanni riferisce ad Alessandro il suo primo successo e afferma di
voler sposare Maria quando sarà tempo.
«Filippo non te lo permetterà mai» obietta il cugino.
«Perché?»
«Maria è la nipote di Ruy Gomez, il secondo uomo più potente di
Spagna. E i Mendoza sono una delle più importanti famiglie del
nostro Paese. Filippo non ti consentirà mai di arrivare tanto in alto.»
«Ma è mio fratello!»
«No, è il tuo fratellastro. E poi è spesso accaduto che i fratelli
potenti si odiassero. Pensa alla rivalità tra l’imperatore tuo padre e suo
fratello Ferdinando. Carlo lo mandò via dalla Spagna proprio perché
gli spagnoli lo preferivano a lui, essendo nato qui e avendo un
carattere e un fisico migliori dei suoi.»
«Stai rovinando tutto! Non voglio più parlare di Maria con te!»
«Se non ne parli con me con chi potrai farlo?»
Alessandro ha ragione, non può parlarne che con lui. E poi è un
amico vero, non c’è invidia fra di loro, e i piccoli conflitti si risolvono
con una risata, senza rancore.
Sono diversi ma entrambi hanno preso qualcosa da un genitore.
Alessandro ha il carattere della madre Margherita: ostinato e
ambizioso, certo di essere destinato a compiere grandi imprese. Anche
Giovanni è molto sicuro di sé e le sue capacità nell’arte militare e le
intuizioni politiche sono quelle di Carlo V .
La differenza maggiore è che Alessandro si diverte a corteggiare le
dame e ad avere brevi avventure che non lasciano il segno, mentre
Giovanni, dopo aver conosciuto Maria, pensa solo a lei.
Con l’aiuto di Ana de Mendoza riesce a vederla senza altre
presenze nel palazzo di Pastrana. Dopo alcuni incontri in cui si
confessano di amarsi, fanno l’amore nel punto più lontano del
giardino, dove nessuno può vederli. Lui non ha dovuto convincerla.
Stavano passeggiando tenendosi per mano e alla fine, stanchi, si erano
seduti sull’erba. Guardandolo negli occhi lei si è sdraiata, gli ha preso
la mano e l’ha messa sul suo seno. Alessandro tremava dall’emozione
mentre le tirava su il vestito e si slacciava i pantaloni. Tutto è stato
molto delicato, una musica lieve che si confondeva con il vento
leggero e il profumo dell’estate.
Sono tornati al palazzo un po’ storditi e i giorni seguenti hanno
continuato a incontrarsi. Quando Ruy è presente non possono restare
soli, ma appena parte ottengono il permesso di Ana di andare a
passeggiare in giardino.
Passano così alcuni mesi e improvvisamente Giovanni trova il
palazzo chiuso. Cerca Ana a corte ma non la trova. Anche Ruy in
questo periodo è assente. Ne parla con Alessandro, che lo vede
affranto.
«Che cosa ti succede?»
«Non riesco più a incontrare Maria. A Pastrana non c’è nessuno…»
«E a corte è un po’ che non si vedono i Gomez. Che sarà successo?»
«Temo che Filippo abbia scoperto tutto e ordinato a Ruy di portare
lontano da me la nipote.»
«Sarà sicuramente come dici, ma almeno potevano avvertirti.
Vedrai che verrà al battesimo dell’Infanta.»
La regina ha dato alla luce Isabella Clara Eugenia, battezzata a St
Giles, la cappella del castello. È proprio Giovanni che entra in chiesa
con la bambina tra le braccia. Sarebbe compito di Carlos, che però si è
ammalato di nuovo. La principessa Giovanna è la madrina e
l’arciduca Rodolfo il padrino. Dopo la cerimonia la processione
attraversa la città con un lungo seguito di nobili, dame e cavalieri.
Giovanni sperava di rivedere Maria al battesimo ma non la trova.
La sera la principessa Giovanna organizza un grande banchetto e alla
fine domanda a Giovanni di mettersi a capo di una encamisada. Lui
riunisce i giovani cavalieri e dopo mezzanotte comincia la cavalcata
dalla piccola piazza di Santiago.
I ragazzi indossano la tradizionale camicia bianca sul loro vestito e
hanno in testa turbanti pittoreschi, elmetti con le piume o con fiocchi
variopinti. Ognuno ha una torcia accesa nella mano sinistra e tiene la
destra fuori dal vestito, per mostrare i colori della dama di cui è
innamorato.
Attraversano la città fino alla casa che hanno scelto per “l’attacco”.
Al loro passaggio le finestre si illuminano e i cittadini acclamano i
cavalieri. Giovanni li conduce fino al palazzo dei Gomez, dove spera
che Maria si affacci alla finestra, ma la casa è buia e nessuno appare al
balcone. Giovanni nasconde la sua delusione ma poi viene raggiunto
da un uomo che gli passa un messaggio. A quel punto cerca di
concludere il gioco e più tardi esce da solo diretto alla casa di Ana de
Mendoza.

Donna Magdalena si accorge che Giovanni, tornato a casa all’alba, non


va a dormire e durante il giorno rifiuta il cibo. È nervoso e agitato.
Immaginando che sia successo qualcosa e non ottenendo da lui alcuna
informazione, va a casa di Ana de Mendoza. Un’ora dopo esce dal suo
palazzo con una bambina in braccio. Maria l’ha partorita due giorni
prima e battezzata con il nome di Anna. Magdalena ha avuto l’ordine
di portarla a Vilagarcía de Arousa in gran segreto ma prima va ad
avvertire Giovanni perché la accompagni per un tratto di strada.
Prima di separarsi Magdalena gli chiede di promettere di nuovo:
«Non rivedrete più Maria e per un periodo vi ritirerete nel monastero
di Abrojo a meditare».
Maria de Mendoza parte per Pastrana in lacrime. Ha perso il suo
amore e la loro bambina e ha deciso di ritirarsi in convento.
Disperato, Giovanni cerca Alessandro.
«Era incinta. Per questo non l’abbiamo più vista. Ana ha giustificato
la sua assenza con una malattia, ma l’altra notte ho potuto vedere mia
figlia.»
«Hai una figlia? Tu sei pazzo, amico mio!»
«Non ci abbiamo pensato…»
«Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Le hai spezzato la vita.
Adesso non potrete più vedervi. Che fine farà la bambina?»
«Magdalena l’ha portata a Vilagarcía, dove sono cresciuto anch’io,
perché sia educata in segreto. È incredibile, mia figlia sta subendo
esattamente quello che ho subìto io. Orfana, sebbene i suoi genitori
siano vivi… le cambieranno sicuramente l’identità.»
«Per te non è il momento di avere una figlia.»
«Non è per questo che soffro. Non posso pensare di non poter
rivedere Maria. Devo fare qualcosa.»
«Lascia prima che io mi informi.»
Alessandro torna il giorno dopo con notizie fresche.
«Mi dispiace. La tua Maria è entrata in convento.»
Giovanni serra i pugni per la rabbia.
«Lo immaginavo. Questi sono sicuramente gli ordini di mio
fratello, lo odio!»
«Ti prego, non cominciare anche tu. Filippo è già odiato da suo
figlio.»
«È vero, ripete a tutti che vuole ucciderlo.»
«Ricordati che Carlos è infido e se ti accoglie affettuosamente è solo
perché vuole qualcosa da te. Stai molto attento!»
Claudia vuole dimenticare

Da qualche giorno Ana de Mendoza va meno a corte perché si sta


occupando della ristrutturazione di Pastrana. È incinta, e poiché non
si sente bene decide di tornare a Madrid.
Cerca nel palazzo il marito per avvertirlo, ma non lo trova. Infine
arriva davanti alla sua stanza e bussa alla porta. Non le risponde
nessuno, ma prima di andarsene percepisce all’interno un lieve
rumore. Entra senza più bussare, temendo di trovare il marito insieme
a una donna. Rimane interdetta quando si accorge che l’amante è
Claudia. Il suo volto non cambia espressione mentre chiede a Ruy di
rivestirsi. Lui lo fa senza dire una parola e Claudia si infila l’abito
caduto in terra e lascia la stanza.
«Immagino che sia un’avventura passeggera» dice Ana sedendosi
sul bordo del letto.
«Sì, solo un’avventura…»
«Bene, consiglierai alla signora di lasciare il palazzo o avvertirò il
re. Sai che queste cose non gli piacciono.»
Ruy non vuole discutere, la moglie è all’ultimo mese di gravidanza
e ha già sofferto per la morte di due figli.
«Vorrei che ti mettessi a letto a riposare.»
«È quello che stavo per fare. Vado nella mia stanza.»
Claudia esce in giardino. Sta tremando. Si siede su una panchina e
guarda i getti d’acqua della fontana. Ne segue il rumore ritmico e
dolce finché non si calma. Pensa che prima o poi doveva succedere. Sa
bene che la storia con Ruy adesso è finita, Ana è diventata una donna
molto influente a corte ed è certa che il re abbia un debole per lei.
Farebbe qualsiasi cosa per accontentarla.
Mentre sente arrivare una fitta di dolore forte al ventre immagina
quello che deve aver provato la madre quando ha saputo di aver
perso il marito per sempre. In questo caso però lei è solo l’amante, la
concubina di un uomo potente che ha una moglie ancora più potente e
tre figli. Nessuno a corte la giustificherebbe.
Deve andare via e passa diverse ore della notte a decidere cosa fare.
Non vuole tornare a Toledo per non essere di peso a Sofia. Chiederà
ad Alejandro di occuparsi di suo figlio Mateo, come sta già facendo
con quello di Agnes.
Lo incontra il giorno dopo.
«Non mi chiedere niente ma devo assolutamente lasciare la corte.
Sto per domandarti un favore immenso, ma tu potrai sempre
rifiutare.»
Lui sorride perché ormai ha capito che quando una donna gli si
rivolge in modo tanto accorato vuole che si prenda cura del figlio.
«Vuoi lasciarmi Mateo?»
«Sì…»
«Mi piace, è un ragazzo forte e sensibile. Credo che andrà d’accordo
con Damián e io ho scoperto di essere un bravissimo tutore. Damián
cavalca quasi meglio di me. Mateo farà lo stesso.»
Claudia abbraccia il cugino e lo ringrazia.
«Domani andremo a prenderlo a Toledo… ma tu che farai?»
«Vorrei vedere la tomba di mia madre a Malines… Pensi che la
duchessa Margherita mi prenderebbe a corte per un periodo?»
«Sicuramente. Le scriverò io. Adesso vai a prepararti.»
Partono il giorno dopo all’alba e per tutto il viaggio non dicono
nulla. Alejandro non vuole forzarla a parlare ma a pochi chilometri da
Toledo lei chiede che si fermino in una taverna per mangiare e gli
racconta tutto quello che è successo.
«Non dovevi metterti contro Ana de Mendoza. Quella donna è una
vipera, capace di tutto.»
«Lo so, ma questa volta il torto è mio. Lei è stata molto controllata,
non ha fatto neanche una scenata, non ha detto una parola fuori posto.
Poteva insultarmi…»
«Non pensare che sia una donna innocente. Io credo che abbia una
relazione con il segretario di Filippo e forse con lo stesso re.»
Sofia si stupisce nel vedere arrivare il figlio e la nipote e pensa che sia
successo qualcosa. Dopo aver abbracciato Mateo e averlo lasciato con
Alejandro, Claudia entra in casa e spiega tutto alla zia.
«Mi dispiace molto. Te l’avevo detto che era una donna pericolosa.
Cacciarti dalla corte… Non ne ha alcun diritto!» esclama Sofia
indignata.
«Il re fa tutto quello che vuole lei e se Ana de Mendoza ha deciso
così io devo andarmene. Ti assicuro zia che è meglio. È durata anche
troppo, e a questo punto non potrei più rimanere a corte, neanche se
lei me lo permettesse. Non posso vedere Ruy e pensare che non
potremo più stare insieme.»
«Sei sicura?»
«Sì, e poi lo conosco. La nostra intesa fisica gli piace moltissimo,
credo più di quella con la moglie. Non riuscirebbe a evitarmi e per me
sarebbe una lotta continua.»
«Dove andrai?»
«Alejandro ha scritto a Margherita, la governatrice delle Fiandre, e
se riceverà una risposta positiva andrò da lei.»
«Mi fa impressione pensare che tu torni nella stessa corte dove
eravamo io e tua madre.»
«Non è la stessa. Voi eravate a Malines, adesso la corte si trova a
Bruxelles.»
«Passerai a vedere la tomba di Octavia?»
Claudia annuisce e Sofia la prega di portarle dei fiori da parte sua.
Arriva la risposta in cui Margherita si dichiara felice di accoglierla,
nonostante nei Paesi Bassi in questo periodo imperversi la guerra di
religione. Infatti Filippo ha convocato a corte uno dei dissidenti,
Lamoral di Egmont, per ascoltare le ragioni dei ribelli nelle Fiandre. Il
conte gli presenta una petizione firmata da molti nobili, in cui si
chiede al re di non introdurre l’Inquisizione nelle loro città e ritirare il
cardinale Antoine Perrenot de Granvelle.
Per evitare ripercussioni immediate, Filippo finge di accettare le
richieste e richiama il cardinale de Granvelle, che lascia Bruxelles.
Prima che Lamoral di Egmont riparta, e a sua insaputa, insieme al
segretario Gonzalo Pérez Filippo prepara un documento – con le
misure da adottare nei Paesi Bassi – da inviare alla sorella Margherita.
Le scrive che preferirebbe perdere centomila vite piuttosto che
consentire cambiamenti in materia di fede, tutto deve rimanere com’è,
l’eresia va combattuta con ogni mezzo e la santa Inquisizione
continuerà a svolgere il suo lavoro.
Nella stessa lettera le comunica che ha scelto la moglie per suo
figlio Alessandro. Si tratta della principessa portoghese Maria di
Braganza.

Claudia e Alejandro portano Mateo a corte e il ragazzo trattiene le


lacrime vedendo la madre andare via.
«Ci rivedremo, vero?»
«Ma certo, non puoi dubitare di questo. Nel frattempo, Alejandro ti
farà diventare un bravo cavaliere. Con te ci sarà anche Damián, il
figlio di Agnes. Ti troverai bene con lui.»
Alessandro incontra Giovanni, che soffre moltissimo per la perdita
di Maria e della figlia.
«Quello che ti dirò ora ti farà soffrire un po’ di più, se è possibile.»
«Cosa devi dirmi?»
«Sto partendo…»
«Per dove?»
«Mia madre sta organizzando il mio matrimonio con Maria del
Portogallo, la nipote del re. Devo raggiungerla subito.»
Giovanni ammutolisce. Poi prende una brocca d’acqua e la scaglia a
terra.
«Perché non me lo hai detto prima?»
«L’ho saputo da poco, è una decisione del re.»
«Come farò senza di te?»
«Non è la fine. Siamo cugini e amici. Io vivrò a Parma con mia
moglie e tu diventerai un grande ammiraglio. Le nostre strade si
sarebbero divise prima o poi, ma ci incontreremo di nuovo, ne sono
sicuro. Appena avrai una missione da compiere nel Mediterraneo, io
sarò con te.»
«Me lo prometti?»
«Ma certo. Sono un soldato… non vorrai che mi chiuda a Parma
con una moglie e dei figli per sempre. Se lo pensi non mi conosci.»
Claudia apprende che anche Alessandro deve partire per il Belgio e
si accorda per fare il viaggio insieme; a loro si unisce anche Lamoral di
Egmont, che torna a Bruxelles soddisfatto del colloquio avuto con il re
e dell’accoglienza ricevuta.
Nelle lettere racconta a tutti gli amici delle feste organizzate in suo
onore, del re che lo ha invitato alla sua tavola e che gli ha fatto visitare
l’Escorial in costruzione. La residenza si trova a nord della capitale e
Filippo sta dedicando molto del suo tempo libero a definirne la
struttura, gli arredi, il cimitero, la biblioteca e il palazzo reale, dove
vuole ritirarsi quando non è a Madrid.
Alessandro, Claudia e Lamoral di Egmont vengono scortati da
Giovanni e alcuni cavalieri fino al porto di Barcellona. Appena
Alessandro lo saluta dalla tolda, Giovanni pensa che hanno
sicuramente lo stesso destino, combatteranno insieme. Presto.
«Vi sembrerà incredibile, ma non ho mai fatto un viaggio per mare.
In realtà non sono mai uscita dalla Spagna!» afferma Claudia.
«Ma siete nata in Belgio!»
«Sì, alla corte di Malines, ma quando mi hanno portata a Toledo
avevo solo tre anni, non ricordo nulla.»
«Devo ammettere che neppure io conosco molti Paesi. Solo l’Italia e
la Spagna.»
«Vi dispiace partire?»
«Mi dispiace soprattutto separarmi da Giovanni. Eravamo diventati
buoni amici, amici speciali.»
«Non avete amici in Italia?»
«Ne avevo quando ero piccolo, ma sono cresciuto qui. Mi sento
spagnolo quanto italiano. E voi perché ve ne andate?»
Claudia guarda a lungo il mare prima di rispondere, non può
parlargli di Ruy Gomez.
«Non lo so precisamente. Forse solo per cambiare, per conoscere
altri posti, ad esempio la corte dove si trova vostra madre. Prima però
andrò a Malines a vedere la tomba della mia.»
Alessandro conosce la storia di Octavia ed evita di insistere
sull’argomento, anche perché Claudia gli chiede di raccontargli di
Giovanni, che conosce poco.
«Aver scoperto di essere figlio dell’imperatore che effetto ha avuto
su di lui?»
«So che prima viveva semplicemente a Leganés, quasi come un
contadino, e poi è andato a Vilagarcía da Luis Quijada, forse allora ha
intuito qualcosa… ha pensato di essere figlio di un grande signore e
che la cosa non si dovesse sapere. Ha perfino sospettato di essere un
bastardo di Quijada, ma era stupito di essere trattato affettuosamente
da sua moglie. Infine ha incontrato il re durante una partita di caccia e
ha saputo la verità.»
«Filippo l’ha fatto accogliere a corte con tutti gli onori, ma non
pensate che possa essere geloso? Giovanni è giovane, bello, amato
dalle donne…»
«Non lo so. Ci ho pensato anche io e potrebbe essere. Fra l’altro il
popolo vorrebbe Giovanni al posto di don Carlos come erede del re.»
L’imperatore è stato generoso verso i suoi figli illegittimi. Giovanni
è diventato un protagonista alla corte di Madrid e Margherita è
reggente delle Fiandre. Anche Alessandro è un nipote bastardo
dell’imperatore, come lo è suo figlio. Claudia non può parlare di
Mateo anche se spera che, vedendolo a corte, Ruy capisca che è il suo
primo figlio e faccia qualcosa per il suo futuro.
Arrivati in Belgio si separano. Alessandro va nel palazzo della
madre a Bruxelles insieme al conte di Egmont e Claudia prosegue per
Malines.

Margherita di Parma svolge il suo impegno di reggente delle Fiandre


con capacità ma controvoglia. La situazione è complicata: il suo potere
nei Paesi Bassi è limitato, deve rendere conto di tutto al fratello, che
poi prende le decisioni più importanti.
Margherita è una donna senza bellezza né fascino, non ha la
vivacità intellettuale della precedente reggente, sua zia Maria di
Ungheria. Nata in Olanda, conosce bene le diciassette province dei
Paesi Bassi ed è spesso dalla parte dei suoi compatrioti. Inoltre stima
moltissimo Guglielmo d’Orange, che a sua volta la rispetta. Per questo
motivo spesso applica con moderazione le misure decise dal fratello,
pur rimanendogli fedele.
Alessandro abbraccia la madre e lei rimanda a più tardi i racconti,
dal momento che Lamoral di Egmont vuole parlarle. Le riferisce delle
risposte positive ottenute dal re, la cortesia con cui lo ha ricevuto a
corte e la tolleranza dimostrata verso le richieste dei protestanti.
Margherita fa uno sforzo per mostrarsi contenta e non gli riferisce
di aver ricevuto una lettera in cui Filippo contraddice tutto ciò che ha
promesso al conte di Egmont. Quando lo sapranno, per lui e per gli
altri nobili sarà una doccia fredda.
Nel documento il re respinge le proposte suggerite dai nobili e le
riforme proposte da Margherita. Inoltre, vuole che vengano giustiziati
immediatamente tutti gli eretici. Ha intenzione di nominare al
Consiglio di Stato il duca di Aarschot, nemico di Guglielmo d’Orange
e dei suoi compagni, e convocare gli Stati Generali.
Più tardi, per non affliggere il figlio con i problemi fra cattolici e
protestanti, proprio durante i preparativi del matrimonio, gli chiede di
raccontarle tutto quello che ha fatto alla corte spagnola.
Alessandro le parla di Giovanni: «Vedi mamma, io credo che sarà
destinato a diventare un grande comandante. Quando c’è stato
l’assedio a Malta voleva partire per raggiungere i soldati spagnoli ma
il re glielo ha impedito. E allora sai che ha fatto Giovanni? È montato a
cavallo e ha attraversato la Spagna per andare a imbarcarsi. La gente
acclamava il suo coraggio, la sua determinazione. Poi Filippo gli ha
ordinato di fermarsi e Giovanni è tornato indietro. Tutti vorrebbero
che fosse lui l’erede al trono di Spagna e non il povero Carlos».
«Come sta Carlos?»
«Male. È imprevedibile. In certi momenti è calmo, in altri è capace
di atti violentissimi. Devo dire che con me e Giovanni è sempre stato
tranquillo. Abbiamo fatto tante cose insieme, partite di caccia, sfide
alla spada, abbiamo studiato, cavalcato…»
«Qui ne parlano tutti malissimo!»
«Lo capisco. È un ragazzo crudele, cambia umore in pochi secondi,
può diventare violento.»
«Dicono che sia deforme…»
«È vero che ha la testa grossa, una spalla più alta dell’altra e una
gamba più corta. Inoltre è molto pallido. Ma se lo vedi vestito, in
momenti in cui è quasi allegro, allora i difetti fisici quasi scompaiono.»
Margherita gli chiede anche di Claudia.
«Sono contenta che verrà a stare con me. Com’è?»
«Bellissima. Ti stupirà. Mi hanno detto che è identica alla madre,
che ha fatto quella fine tragica.»
«Evidentemente non ha preso niente dal padre, che era un cavaliere
dell’imperatore; un italiano, no?»
«Nicolò Guarienti. Combatteva con Giovanni dalle Bande Nere…»
«Il padre di un mio corteggiatore, che ho dovuto rifiutare con
grande dispiacere.»
«Cosimo de’ Medici, lo so mamma. So che anche Nicolò era un
uomo affascinante… Non è tornato dalla moglie perché si era
innamorato di una giovane guerriera tedesca.»
«Sì, conosco la storia. Qui la conoscono tutti. Però mi hai incuriosita
su Claudia, non vedo l’ora di vederla.»
Margherita riferisce brevemente al figlio quali sono i gravi
problemi delle Fiandre: «Innanzitutto quello finanziario. I fiamminghi
non sono poveri ma hanno sempre contribuito pochissimo alle spese
dell’Impero. L’altro problema, come sai, è quello religioso. I Paesi
Bassi sono molto tolleranti in materia di fede, qui sono nati diversi
movimenti religiosi: i luterani, gli anabattisti, i calvinisti. I magistrati
non intervengono contro gli eretici, nonostante Filippo chieda loro di
essere rigorosi».
«Il re vi ha ascoltato quando gli avete chiesto di allontanare il
cardinale de Granvelle.»
«Sì, e i nobili hanno ricominciato a partecipare al Consiglio che
ultimamente disertavano. Ma non è finita qui. Vedrai che Filippo farà
pagare agli eretici questa decisione che è stato costretto a prendere per
evitare gravi conflitti.»
Claudia incontra Guglielmo d’Orange

Claudia è arrivata a Malines e guarda dall’esterno il palazzo dove


hanno vissuto per qualche tempo tutti i fratelli Acevedo. Ricordando i
racconti di Sofia, rimane a lungo a immaginare le scene.
Vede le gemelle quando avevano sedici anni e l’accoglienza
calorosa della granduchessa Margherita. Sofia le ha detto che quando
si è trattato di scegliere chi sarebbe rimasta a corte e chi avrebbe
seguito Isabella, la sorella di Carlo V , alla corte di Danimarca si era
offerta lei perché sapeva che Octavia, timorosa di tutto, non sarebbe
partita. Inoltre, la granduchessa non si sarebbe mai separata da lei,
una simile bellezza era una gioia per la sua corte.
In Danimarca Sofia si è innamorata di Torben Oxe, il migliore
amico del re Cristiano che, dopo la morte misteriosa della sua amante,
si è convinto che Torben fosse colpevole e l’ha fatto giustiziare. Sofia è
rimasta con un figlio, Alejandro.
Octavia è stata affascinata da Nicolò Guarienti appena l’ha visto.
Fino a quel momento nessun giovane le aveva strappato un sospiro. Si
sono sposati, e quando lei ha saputo che dopo il Sacco di Roma era
andato in Baviera a vivere con Greta e la figlia avuta da lei si è gettata
dalla finestra.
Claudia guarda tutte le finestre e individua quella della stanza della
madre, come gliela aveva descritta Sofia. Osserva la strada dove
Octavia è caduta e piange a lungo. Lascia lì i fiori che ha portato, non
le va più di andare al cimitero.
Poi arriva a Bruxelles e incontra per la prima volta Margherita, che
la accoglie felice: «Sono contenta che siate qui, così potrete aiutarmi a
preparare il matrimonio di mio figlio».
«Molto volentieri!»
«Venite, vi mostro il palazzo. Sapete, non mi aspettavo proprio che
mio fratello scegliesse me per governare i Paesi Bassi e non ero
preparata. Ho fatto del mio meglio, ma adesso la situazione è molto
difficile.»
«I conflitti religiosi…»
«Sì, e devo dirvi da cattolica che in questo caso il mio favore va ai
protestanti. Chiedono maggiore tolleranza e soprattutto che non sia
introdotto il tribunale dell’Inquisizione nelle loro città.»
Claudia annuisce per dimostrare la sua solidarietà con i nobili e
Margherita prosegue: «Guglielmo d’Orange ha formato con suo
fratello Luigi la Confederazione dei nobili: mi hanno presentato una
petizione chiedendo la fine della persecuzione dei protestanti. Poi c’è
stata la ribellione dei luterani, dei calvinisti e degli anabattisti,
infuriati per l’oppressione cattolica. Sapete che si oppongono all’uso
delle immagini dei santi… be’ hanno cominciato a distruggerle in
centinaia di chiese e monasteri. Mi sono rivolta a mio fratello Filippo,
che sta mandando qui il duca d’Alba».
«Detesto quell’uomo e soprattutto detesto il tribunale
dell’Inquisizione!»
Claudia ricorda una scena che è rimasta scolpita nella sua mente.
Aveva circa dieci anni quando ha lasciato il palazzo di Toledo insieme
ad Agacia. Hanno visto una grande folla radunata nella piazza
Zocodover e si sono avvicinate. Due donne erano legate a un palo
sopra fascine di legna e il boia stava per accendere il fuoco. Le grida
delle poverette cominciarono a diffondersi nella piazza mentre le
fiamme avvolgevano loro le gambe e poi tutto il corpo.
Claudia era rimasta immobile con le lacrime che le scendevano
lungo le guance. Agacia si era pentita di averla portata lì, sapeva
benissimo cosa accadeva quando si riuniva molta gente, ma la sua
curiosità era stata più forte dell’eventuale spavento della bambina.
«Che cosa hanno fatto?» aveva chiesto Claudia.
«Probabilmente niente. Le persone sospette di stregoneria o di altre
malefatte vengono chiuse nel carcere della Hermandad e poi
processate. Di solito si tratta di processi ridicoli, perché gli inquisitori
hanno già deciso di metterle a morte.»
«Vengono torturate?»
«Sì, in modo terribile per farle confessare.»
«Confessare che cosa, se non hanno fatto niente?»
Agacia aveva continuato a spiegare mentre allontanava Claudia
dalla piazza: «L’Inquisizione condanna i mori, gli ebrei, chi compie
adulterio, i fornicatori, i blasfemi, gli eretici, chi legge libri proibiti…
ma a volte si tratta solo di persone normali che vengono accusate da
qualche nemico».
E i protestanti, pensa adesso Claudia riflettendo su ciò che sta
accadendo nelle Fiandre. È disgustata e inorridita. Sofia le aveva
spiegato quanto crudele e assurda fosse l’Inquisizione, raccontandole
della zia Angela che, contro il volere dei genitori, era fuggita con un
giovane panettiere ebreo. Li avevano scoperti a Madrid dopo un anno;
lui era stato giustiziato dall’Inquisizione, i genitori avevano chiuso lei
nella torre del loro palazzo per diversi anni.
Alessandro si avvicina e Margherita cambia discorso: «C’è appena
stato un matrimonio in Italia. La sposa è Giovanna, la figlia minore di
Ferdinando d’Asburgo, e lo sposo è il granduca di Toscana Francesco I
de’ Medici, figlio di Cosimo. Mi sono rallegrata pensando a Cosimo,
alla sua corte discreta, al suo fascino. Avevo veramente sperato di
sposare lui».
«Che fine ha fatto?» chiede Alessandro.
«Aveva preso in moglie Eleonora di Toledo, la figlia del viceré
spagnolo di Napoli, che è morta due anni fa dopo aver avuto undici
figli. Uno di questi, Francesco, ha sposato, come vi dicevo, la figlia
dell’imperatore Ferdinando. Ho sentito dire che Giovanna è molto
infelice e si è resa conto che il marito non la amerà mai. Lui è
appassionato di scienze occulte e di arte, della bellezza in tutte le
forme, e disprezza la moglie che è affetta da una malformazione alla
colonna vertebrale. Si parla anche pubblicamente della relazione tra
Francesco e Bianca Cappello, una nobildonna veneziana sposata.»
«Ecco un’altra donna infelice» commenta Claudia.
«Già… Bianca Cappello è molto bella e raffinata, Giovanna non
potrà mai competere con lei.»
«E allora?» chiede ancora Alessandro.
«Bianca è sposata e ha una figlia. Il marito è povero, mentre
Francesco, dopo l’abdicazione del padre Cosimo, è diventato un uomo
estremamente potente. Ha voluto Bianca come damigella della moglie
e ha offerto al marito di lei un lavoro come impiegato granducale. Che
ipocrisia!»
Alessandro non è stupito dalla reazione della madre. Sa che non
può essere come la maggior parte delle donne, se a quindici anni si è
ribellata all’imperatore e al papa perché non voleva sposare Ottavio
Farnese, rifiutandosi poi di avere rapporti intimi con lui per molto
tempo.
Quando Margherita gli ha raccontato la sua storia, Alessandro è
stato orgoglioso di lei. Ha visto tante ragazze obbligate a sposare
uomini troppo giovani o troppo anziani e nessuna ha mai osato
ribellarsi. Ogni tanto le chiede della nonna: l’ha più vista? Che fine ha
fatto?
«So solo che tre anni dopo la mia nascita ha sposato un avvocato
facoltoso, Jean van den Dyck. Hanno avuto nove figli in sedici anni e
poi lei purtroppo è morta.»
«Vi mancava quando eravate piccola?» chiede Claudia.
«No, perché l’ho conosciuta appena. Sono cresciuta alla corte della
granduchessa Margherita, una donna meravigliosa che mi ha fatto da
madre, e poi con la granduchessa Maria. In seguito sono andata a
Napoli, dove sono stata trattata come la figlia dell’imperatore, che nel
frattempo mi aveva riconosciuta. D’altronde, considerate che anche
mia madre è cresciuta senza genitori: sono morti entrambi per la peste
quando lei aveva solo cinque anni.»
«Ma adesso siete felice?»
«Adesso sì, nonostante tutti i problemi che mi dà questa reggenza.
Filippo ha dimostrato di avere fiducia in me, i rapporti con mio marito
Ottavio sono buoni e ho un figlio meraviglioso» conclude
accarezzando il viso di Alessandro.

Per l’arrivo di Alessandro a corte vengono organizzati banchetti,


tornei, feste sontuose e una caccia al cervo alla quale partecipano, oltre
alla duchessa e al figlio, anche Guglielmo d’Orange, Lamoral di
Egmont e Filippo Montmorency.
Claudia vede il gruppo partire ma non lo segue, perché la caccia
non le piace.
Dopo alcune ore i cacciatori di ritorno raccontano di aver ucciso
dieci cervi, compresa una cerbiatta con il suo piccolo.
Al banchetto che segue Claudia viene presentata ai tre nobili che
hanno costituito la lega con le rivendicazioni per il re. Lamoral di
Egmont ha un fisico forte, pochi capelli e una barba rossiccia. Filippo
di Montmorency, conte di Horn, non è alto di statura e ha anche lui
pochi capelli. Guglielmo è un uomo alto, dai capelli scuri, baffi e barba
a punta. Gli occhi colpiscono Claudia dal primo momento, neri e
profondi; lo sguardo è sfuggente, e diventa ironico o risoluto quando
qualcosa lo colpisce, il sorriso è altero ed esprime sicurezza di sé.
«Sapete cavalcare?» le chiede Guglielmo.
Claudia sorride: «Ma certo, perché lo chiedete?».
«Perché non vi siete unita a noi nella caccia al cervo.»
«Non mi piace uccidere gli animali. Non credo che voi lo facciate
per ragioni alimentari, no?»
«No, è un divertimento.»
«Lo fate per ottenere dei trofei. Ma saprete che il cervo maschio
adulto è il simbolo del Cristo. C’è stato un martire, Eustachio, che si
convertì dopo aver visto proprio la figura del Redentore fra le corna di
un cervo.»
Guglielmo non riesce a trattenersi e ride.
«Mi date del miscredente?»
«So che siete eretico…»
«No, non lo sono. Voglio solo maggiore tolleranza religiosa, come
gran parte dei miei connazionali. Non sarete rigida come il vostro re!»
«È anche il vostro re…»
«Lo era. Ho combattuto volentieri per l’imperatore e sono fedele al
re. Fino a un certo punto… ma vorrei parlare di voi. Appartenete alla
famiglia Acevedo… Io ho conosciuto tre vostri parenti, Gabriel,
Federico e Alejandro.»
«Alejandro è mio cugino e gli altri due sono miei zii. Li avete
conosciuti insieme all’imperatore?»
«Sì, in diverse battaglie.»
«Purtroppo Gabriel è stato ucciso a Tordesillas dieci anni fa.»
«Ucciso? Da chi?»
Poiché raccontare tutta la storia sarebbe lungo e noioso, Claudia
risponde che si trattava di un rapinatore.
«Mi dispiace. Vostra madre…»
«Mia madre era Octavia Acevedo, la sorella di Gabriel e Manuela e
la gemella di Sofia, che è tornata a vivere a Toledo.»
Claudia spera che non le chieda del padre e infatti Guglielmo
cambia discorso. Mentre discute con gli altri, tornando alle questioni
religiose, lei lo osserva: sia lui che Lamoral di Egmont e Montmorency
hanno un modo di muoversi e parlare sbrigativo, lo sguardo
imperturbabile e autoritario dei grandi comandanti.
Li lascia soli ed esce in giardino con Margherita.
«Avete fatto colpo su tutti e tre, non ho mai visto una cosa simile»
afferma sorridendo la granduchessa.
«Ma che dite!»
«Sì, li conosco bene. Mentre parlavano di cose molto serie non vi
abbandonavano con lo sguardo. D’altronde li capisco, credo che non
abbiano mai visto una donna bella come voi…»
«Mi confondete…»
«La bellezza di vostra madre era famosa e voi siete uguale a lei!»
Margherita la accompagna nella sala dei ritratti e le mostra un
dipinto di Octavia.
«Questo sicuramente non lo conoscete!»
«Non sapevo che mia madre si fosse fatta ritrarre!»
«Guardatela bene, io vi lascio sola.»
Claudia osserva il dipinto, che per la bellezza del soggetto sembra
illuminare tutta la sala. Octavia è ritratta di profilo, con i capelli biondi
intrecciati a fili di perle, la pelle bianca del volto perfetto sul collo
lungo e delicato. Fissa un punto lontano mentre sullo sfondo alberi e
nuvole fanno da cornice al viso. Claudia sente gli occhi riempirsi di
lacrime al pensiero che la madre si sia uccisa mentre lei era a pochi
metri nella sua culla.
Claudia rivede Ruy Gomez

«È vostra madre?» chiede Guglielmo arrivandole alle spalle e


osservando il dipinto.
Claudia ha un sussulto, non lo ha sentito entrare nella sala.
«Sì, l’ha fatta ritrarre la granduchessa Margherita d’Asburgo
quando viveva alla corte di Malines.»
«Sono stato a Malines quando c’era Maria di Ungheria e mi hanno
raccontato la tragedia di vostra madre e la sua morte.»
«Non vi sembra sciocco uccidersi per amore?»
«Dipende.»
«Da cosa?»
«È complicato.»
«Adesso capisco il vostro soprannome, “il taciturno”: siete reticente
a esprimere il vostro pensiero.»
«Cosa volete che vi dica?»
«Raccontatemi di voi. Dove siete nato?»
«A Dillenburg, da una famiglia luterana. A undici anni sono andato
alla corte di Bruxelles da Carlo V . Ho ereditato il principato di Orange
da un cugino morto, a patto che abbracciassi la fede cattolica.»
«È stato un bel periodo quello passato a Bruxelles con la
granduchessa Maria?»
«Sì, un periodo felice. Ho imparato diverse lingue, a cavalcare,
combattere… Ho sposato Anna di Egmont de Buren e poi l’imperatore
mi ha voluto come luogotenente-colonnello.»
«So che eravate uno dei suoi favoriti… È su di voi che si è
appoggiato quando ha pronunciato il discorso di abdicazione.»
«Ha sorpreso tutti abbandonando il regno, anche me. È stato un
atto coraggioso; quale sovrano di un tale Impero, ancora giovane,
decide di abdicare? L’ho ammirato moltissimo.»
«Quindi eravate cattolico…»
«Sì, fino alla morte di mia moglie, nel 1558. Tutto è cambiato con
Filippo. La sua intransigenza verso i luterani ha aumentato la protesta.
Io ero stato nominato governatore delle province di Olanda, Zelanda,
Utrecht e Borgogna. Continuavo a professarmi cattolico, ma avevo
molti dubbi, soprattutto dopo una partita di caccia nel Bois de
Vincennes, quando il re Enrico II mi ha rivelato il progetto concordato
con Filippo di uccidere tutti i protestanti della Francia e dei Paesi Bassi
per estirpare il veleno dell’eresia.»
«Veramente? Sembra così incredibile che Filippo fosse
d’accordo…»
«Quando ho capito che avrebbero invaso i miei territori con questo
scopo, tornato a Bruxelles ho sollevato i cittadini contro la presenza di
truppe spagnole e ho preso il comando dei nobili delle Fiandre contro
la politica fiscale e amministrativa di Filippo, che voleva limitare la
loro libertà.»
«E vostra moglie?»
«Abbiamo divorziato e nel 1561 ho sposato Anna di Sassonia, figlia
dell’Elettore di Sassonia, anche lui protestante. Con Filippo de
Montmorency e con Lamoral di Egmont ho scritto una lettera a
Filippo reclamando il ritiro dell’inquisitore. In seguito non ho voluto
partecipare alla riunione del Consiglio di Stato in segno di protesta
contro la politica religiosa del re e sono tornato solo quando Granvelle
è stato allontanato. La protesta è proseguita e Lamoral di Egmont è
andato in Spagna a parlare con Filippo. Il resto lo sapete, perché siete
venuta in Belgio insieme a lui.»
Margherita entra nella sala e li vede insieme, assorti in
conversazione davanti al quadro. Non vorrebbe disturbarli ma loro
l’hanno sentita e, come colti a fare qualcosa di disdicevole, si scusano
e la seguono in giardino.
«Di che cosa parlavate così concentrati?»
«Della questione religiosa» ammette Claudia. «Il principe d’Orange
mi ha fatto venire molti dubbi. Insomma, tutti questi cosiddetti
“eretici” che cosa vogliono? Solo più tolleranza, mi sembra giusto.»
«Vogliono altre cose. Gli anabattisti rifiutano il battesimo dei
neonati e vogliono che ci si battezzi consapevolmente, inoltre
chiedono la separazione tra Stato e Chiesa…»
“Giusto” pensa Claudia senza dirlo ad alta voce.
«Affermano che non si può servire Dio e Mammona…» interviene
Guglielmo.
«Mammona?»
«Sì, è un termine usato nel Nuovo Testamento e indica il profitto, la
ricchezza materiale, il denaro accumulato in modo disonesto.»
«Conosco i luterani e il loro pensiero, ma i calvinisti cosa
chiedono?» domanda Claudia.
«Seguono gli insegnamenti di Giovanni Calvino, un umanista e
teologo francese. Credono che durante l’eucaristia Cristo sia presente
solo spiritualmente, inoltre proibiscono la venerazione delle immagini
religiose.»
Guglielmo si congeda dalle due donne e raggiunge Lamoral di
Egmont e Montmorency, con i quali lascia Bruxelles.
Se ne è appena andato che Margherita domanda a Claudia: «Il
principe d’Orange vi stava corteggiando, vero?».
«È sposato.»
«La prima moglie sembra che fosse una brava donna, ma Anna di
Sassonia è ambiziosa, egoista e crudele. E poi è luterana, e questo ha
irritato molto Filippo. Io l’ho conosciuta e mi sono chiesta come avesse
fatto un uomo intelligente come Guglielmo a sposarla. Poi ho capito
che la ragione stava nel voler guadagnare maggiore influenza in
Sassonia e nel Palatinato.»
«Il re ammira il principe d’Orange…»
«Sì, moltissimo!»
«Ha avuto dei figli?»
«Due dalla prima moglie, un maschio e una femmina. Con Anna di
Sassonia ha avuto diversi figli ma una sola è sopravvissuta. Lei è
cattiva verso quelli avuti dalla prima moglie, tanto che Guglielmo mi
ha affidato la maggiore, Maria, perché diventi la mia damigella
d’onore. Un altro ragazzo l’ha mandato all’università di Louvain. Io
credo che detesti la moglie, e infatti passa poco tempo con lei.»
Claudia è sollevata dopo questa rivelazione e capisce perché ha
avuto la sensazione che il principe d’Orange si sentisse solo.
«Sapete che sono cattolica» continua Margherita. «Eppure un
discorso di Guglielmo, fatto ai nobili tre anni fa, mi ha molto colpita.
Disse davanti al Consiglio di Stato che avrebbe continuato a
professare la fede cattolica pur non essendo d’accordo sul fatto che
Filippo governasse sull’anima dei suoi sudditi e limitasse la loro
libertà religiosa.»
«Io la penso come lui. È un uomo valoroso e coerente. Nonostante
sia fedele a Filippo e gli sia grato per averlo nominato governatore di
tante province, protesta contro le persecuzioni religiose. Ammiro
anche i suoi due amici. Lamoral di Egmont, poi, è l’eroe della battaglia
contro la Francia…»
Claudia dà la buonanotte a Margherita e sta per lasciare la stanza
quando la duchessa la richiama: «Se non sbaglio, e su queste cose
raramente mi sbaglio, a voi non dispiace il principe d’Orange».
Claudia risponde con un sorriso e si allontana.

Margherita non è mai stata tanto felice da quando il figlio è nelle


Fiandre; la presenza di Alessandro, ma anche di Claudia, le dà nuove
energie.
Un mese dopo la caccia al cervo organizza un altro banchetto al
quale partecipa la grande nobiltà del Paese e Claudia rivede
Guglielmo.
Ha pensato molto a lui e alla riforma protestante. Finora in Spagna
ha avuto solo certezze sulla propria fede, ma adesso inizia ad avere
dubbi. Non è mai stata molto religiosa, come tutta la famiglia
Acevedo. Sa che lo erano i marchesi uccisi, soprattutto lei, Carmen,
che con il suo bigottismo ha influenzato negativamente i quattro figli.
Manuela ha cominciato a odiare la religione quando ha visto che
proprio i re cattolici avevano fatto rinchiudere la loro figlia Giovanna
permettendo ai sacerdoti di torturarla perché non seguiva le pratiche
prescritte. Di Gabriel è sicura che non fosse neppure credente; quanto
a sua madre Octavia, era religiosa in modo tiepido, come la gemella
Sofia.
Tutti gli Acevedo odiavano l’Inquisizione e le sue crudeli pratiche.
E lei? Quando si trovava a corte seguiva la messa e faceva la
comunione, più che altro per uniformarsi a tutti gli altri. Crede in Dio,
ma adesso alcuni principi dei protestanti la stanno conquistando.
Guglielmo la trova in giardino e siede accanto a lei su una
panchina.
«Come avete passato questo mese?» le chiede.
Claudia vorrebbe rispondergli: “Pensando a voi”, ma invece
racconta che ha aiutato Margherita a preparare il matrimonio, ha
cavalcato e fatto delle passeggiate in campagna.
«Vi siete pentita di aver lasciato la Spagna?»
«No. Sento solo molta nostalgia di mio figlio, che però mi scrive
regolarmente delle letterine particolareggiate.»
«Con chi si trova adesso?»
«Con mio cugino Alejandro, un eccellente cavaliere e un ragazzo
stupendo. È il figlio di mia zia Sofia.»
Guglielmo riflette sul fatto che Claudia non ha parlato di un marito,
vivo o morto, e intuisce che sia sola. Questo lo rende più ardito con la
donna che ha occupato i suoi pensieri nell’ultimo mese.

I primi giorni di ottobre cominciano i preparativi per ricevere la sposa


di Alessandro. Margherita è in compagnia del marito Ottavio, che l’ha
raggiunta per l’occasione, felice di rivedere il figlio dopo tanto tempo.
Maria del Portogallo è ricevuta dal futuro marito insieme al
principe d’Orange e altri nobili, oltre a millecinquecento cavalieri. Per
tutto il tragitto illuminato dalle torce, dalle porte della città fino al
palazzo, la sposa avanza tra la popolazione in festa. Alessandro è
felice di vederla tanto allegra e vitale e ne è subito affascinato.
Al pranzo di benvenuto Guglielmo è accompagnato dalla moglie,
che Claudia vede per la prima volta e che il principe le presenta
brevemente.
Dopo il banchetto gli sposi aprono le danze, subito seguiti dal conte
di Egmont, che invita la principessa d’Orange, mentre Guglielmo fa lo
stesso con la moglie dell’amico. Perfino Ottavio Farnese, di solito
restio a questo genere di divertimenti, balla con la moglie. Per Claudia
c’è un gran numero di pretendenti che aspetta il proprio turno, ma lei
non riesce a staccare lo sguardo da Guglielmo.
Le nozze si svolgono l’11 novembre 1565 e alla cerimonia in chiesa
segue un fastoso ricevimento. Claudia entra nella sala in cui si tiene il
pranzo e scopre che il posto accanto a lei è stato assegnato a Ruy
Gomez. Rimane interdetta qualche istante, indecisa se sedersi o
andarsene, ma non può essere scortese nei confronti di Margherita che
l’ha messa accanto al consigliere del re, sapendo che si conoscono ma
ignorando il resto.
«Non pensavo di rivedervi così presto!» dice a Ruy sedendosi.
«Sono passati diversi mesi da quando siete fuggita.»
«Fuggita? Io non fuggo mai. Ero semplicemente stanca della vita di
corte a Madrid e volevo viaggiare.»
Ruy ride: «Ah, viaggiare. Eppure vi siete fermata solo qui. Questa
non è una fuga?».
«No. La vera ragione è che volevo vedere la tomba di mia madre e
poi sono venuta a Bruxelles per assistere al matrimonio di
Alessandro.»
«Questo cambia le cose. Non avete pensato che avrei sofferto
vedendo arrivare mio figlio a corte e trovandomelo davanti quasi ogni
giorno senza potergli dire chi sono veramente?»
«Può darsi che vi sia dispiaciuto… ma non sono molto sicura che
siate in grado di provare sentimenti forti come il dolore.»
Ruy rimane male. Ha veramente sofferto vedendo Mateo e ancor di
più quando ha scoperto che Claudia era andata via. Non pensava che
gli sarebbe mancata tanto e non sapeva quando sarebbe tornata. Non
poteva chiedere di lei a nessuno, se non superficialmente; e di certo
non ad Alejandro, che avrebbe sospettato qualcosa.
«Siete crudele…»
«Come lo siete stato voi con me. Adesso, se non vi dispiace, vorrei
dedicare qualche attenzione al mio vicino di sinistra.»
Guglielmo ha intuito qualcosa vedendo l’espressione di Claudia
mutare dopo aver scoperto che avrebbe mangiato accanto al
consigliere di Filippo II . Vorrebbe farle delle domande, ma sa che non
è il momento adatto. Si rivolge a Ruy solo per un saluto e per sapere
come mai si trovi a Bruxelles.
«Il re non poteva partecipare alle nozze e mi ha chiesto di
rappresentarlo.»
Durante la cena Claudia si rivolge sempre a Guglielmo, quasi
dando le spalle a Ruy, ma anche se non lo guarda in faccia e
addirittura cerca di evitarlo sente forte la sua presenza accanto a sé.
Ruy parla ad alta voce e sono in molti a volere notizie del re e del
figlio Carlos, così che Claudia è costretta ad ascoltarlo. Lui ha una
bella voce, profonda e calma, ma rivederlo non l’ha emozionata
troppo. Ruy ha cinquantaquattro anni e ha fatto una vita talmente
avventurosa che gli anni si vedono tutti nelle rughe del volto, invece
Guglielmo ne ha trentasette ed è mille volte più attraente.
Il comportamento distaccato di Claudia nei confronti del
consigliere di Stato spagnolo è talmente evidente che Guglielmo
gliene chiede la ragione a bassa voce e lei risponde solo che quello che
dice Ruy non le interessa perché parla unicamente di politica e di
guerra.
Finita la cena Ruy le chiede un colloquio e, per non essere
maleducata davanti a tutti, Claudia accetta. Vanno in giardino e lui le
afferra il braccio.
«Perché mi tratti così?»
«Non pensavo che ti avrei rivisto…»
«Claudia, noi abbiamo un figlio! Ma che madre sei?»
«E tu? Che padre sei stato?»
«Sapevi benissimo che ero sposato quando sei rimasta incinta e fra
l’altro mi hai messo davanti al fatto compiuto.»
«Cosa avresti voluto? Che me ne liberassi?»
«No! Ma che mi avvertissi, bastava scrivermi una lettera.»
«Che differenza avrebbe fatto? Sei sposato, hai altri figli e hai visto
anche tu la reazione di Ana quando ci ha scoperti.»
Ruy sembra calmarsi.
«Per questo sei andata via? Per colpa sua?»
«Sì! Non volevo che soffrisse e neppure che mi rendesse la vita
difficile a corte.»
«Un grande amore, il tuo!»
«E il tuo?»
Ruy le lascia il braccio e le afferra le spalle per guardarla negli
occhi.
«Pensi ancora a me? Io sento la tua mancanza…»
«No, non penso più a te.»
«È per il principe d’Orange che mi hai dimenticato?»
«Ma come ti viene in mente? Guglielmo è solo un amico.»
«Lo chiami per nome…»
«Sì, parliamo molto. Come noi non abbiamo mai fatto! E
condividiamo le stesse idee.»
«Sei diventata protestante?»
«Forse lo sono sempre stata e non lo sapevo.»
«Ti ha plagiata!»
«Non mi ha plagiata. Ho letto, studiato, ascoltato la gente di qui.
Ma adesso lasciami andare. Si saranno accorti della nostra assenza.»
Lui le riprende il braccio e lo stringe con forza.
«Nessuno penserà male, ci conosciamo da anni, viviamo nella
stessa corte. Torna in Spagna con me.»
«No!»
«Per quanto tempo vuoi lasciare solo tuo figlio?»
«Ah, adesso è solo mio!»
«Smettila con questo gioco e guardami!»
La costringe ad alzare il viso con una mano ma lei si divincola e gli
grida di lasciarla in pace. In quel momento Guglielmo, che stava
seguendo la scena da lontano, si avvicina.
«Claudia, vi vogliono in sala. Venite?»
È pallidissimo e fa uno sforzo per controllarsi.
«Sta parlando con me» interviene Ruy in modo brusco.
«Avete parlato anche troppo.»
Ruy lascia il braccio di Claudia per mettersi davanti al rivale.
«Che volete da lei?»
«Niente. Solo lei.»
«Ah, le cose stanno così…»
Claudia fa un passo per allontanarsi da Ruy e prende Guglielmo
sottobraccio sussurrandogli: «Vi prego, portatemi via da qui!».
Lasciano Ruy per rientrare nel palazzo. Guglielmo si scopre geloso
come non lo è mai stato con le sue due mogli.
«Non voglio sapere niente, non mi dovete nessuna spiegazione,
non sapevate che sarebbe venuto. Non ne parliamo più.»
Ruy è livido in volto e, nonostante il ricevimento sia un’occasione
importante per i nobili di incontrarsi e discutere di politica, scambiarsi
idee e progetti, decide di ripartire subito per la Spagna e saltare la
festa offerta il giorno dopo dalla municipalità di Bruxelles, a cui segue
un grande torneo nella Grand Place.
Mentre assiste al torneo, al quale partecipano tutti gli aristocratici
borgognoni, Claudia è distratta. Le parole di Ruy riguardo il figlio
l’hanno fatta riflettere e dubitare della decisione di partire affidandolo
ad Alejandro perché ne faccia un bravo cavaliere. Ma poi pensa che
tutti i giovani a una certa età compiono un periodo di apprendistato
nell’uso delle armi, senza che la madre stia loro intorno.
Per convincersi ulteriormente pensa all’esempio contrario, quello di
Francisco, il figlio di Federico e Flora. Ha ventun anni e non sa fare
niente. Cavalca male, se partecipa a un torneo perde di sicuro, è goffo,
inoltre ha pochi amici perché la sua conversazione è banale. Per
Federico è un cruccio, ma Flora continua a tenerlo attaccato alle sue
gonne e lui non fa un passo senza chiederle il permesso o un consiglio.
Dalle lettere di Mateo invece apprende che il figlio di Agnes è per
lui fonte di ammirazione. Damián è un ragazzo forte e determinato,
impulsivo e caparbio come la madre, ma disciplinato e zelante quando
si tratta di allenarsi con le armi o di studiare. Agnes non ha avuto
remore nel lasciarlo a Madrid mentre si trasferiva alla corte di Vienna,
eppure anche per lei è l’unico figlio e gli è affezionatissima.
E poi Claudia vuole vivere la sua storia d’amore: si è resa conto che
vedere Ruy non le ha fatto l’effetto che immaginava. Guglielmo l’ha
completamente cancellato dalla sua mente.

Nei giorni seguenti Lamoral di Egmont arriva a pranzo furioso perché


ha appreso che Filippo si è rimangiato tutte le promesse che gli aveva
concesso. Non sopporta l’idea di essere stato imbrogliato e si sente a
disagio per la figuraccia che ha fatto di fronte ai nobili, dopo aver
tanto esaltato il proprio operato in Spagna.
La stessa Margherita è disorientata, non sa se seguire le istruzioni
del fratello o condividere l’indignazione dei nobili. Chiede a
Guglielmo d’Orange di parlare con Egmont e calmarlo.
«Questo è il ringraziamento per tanti anni passati al servizio del re
e di suo padre l’imperatore!»
«In Spagna vi siete curato più dei vostri interessi e dei divertimenti,
che del vostro Paese» commenta con calma Guglielmo. «Dovevate
stare più attento.»
«Avete ragione, ho agito con superficialità e me ne pento.»
«Quando verrà convocato il Consiglio di Stato voi, io e Filippo de
Montmorency non parteciperemo in segno di protesta.»
«Bene, questo avrà l’effetto di bloccare le decisioni del re, almeno
per qualche tempo.»
I protestanti si ribellano

Nelle Fiandre gli eretici hanno perso ogni timore e celebrano


pubblicamente i loro riti, i seguaci di Calvino aumentano di giorno in
giorno, saccheggiano i monasteri e distruggono le immagini sacre
nelle chiese. Solo ad Anversa tremila persone assistono alle riunioni
calviniste e molte sono armate.
Margherita scrive due lettere a Filippo nelle quali si dichiara in
disaccordo con lui, non condivide la scelta di agire con decisione
contro gli eretici. Afferma che le misure drastiche che sta per prendere
non faranno che infiammare gli animi e si rischierà una guerra civile.
Gli riferisce che il conte di Egmont è profondamente deluso perché
il re, comportandosi in questo modo, gli ha tolto ogni autorità e
credito. Secondo Margherita è un grosso sbaglio deludere un suddito
valoroso come lui, e lo stesso vale per altri nobili. Infine, chiede al re
di venire personalmente nelle Fiandre.
Mentre aspetta una risposta dal fratellastro, i ribelli più radicali tra i
calvinisti, anabattisti e mennoniti ottengono che siano ritirate dalle
chiese cattoliche le immagini sacre, per potervi celebrare anche il loro
culto.
Inoltre, dopo aver tenuto diverse riunioni all’inizio del 1566,
decidono di presentare alla reggente una petizione firmata da
moltissimi nobili per ottenere da lei quello che Filippo ha rifiutato: più
tolleranza in materia religiosa e l’abolizione del Santo Uffizio.
Margherita è costretta a concedere la libertà di culto ai protestanti
nelle città in cui questa religione viene praticata da tempo, scrive
quindi ai magistrati perché non tengano conto delle disposizioni del
re.
I confederati gridano vittoria e come primo atto il principe Filippo
di Montmorency autorizza il culto protestante ad Anversa e concede a
luterani e calvinisti la facoltà di costruire le loro chiese. Il conte di
Egmont fa lo stesso a Gand.
Filippo convoca il duca d’Alba e Ruy Gomez per decidere le
prossime mosse. Vuole mandare un esercito nelle Fiandre per fermare
i ribelli. Stabilisce anche pene più severe per gli eretici, perfino per
coloro che si sono pentiti, e vuole che gli siano segnalati i giudici poco
rigorosi.
«Voi sapete che preferisco sacrificare centomila vite piuttosto che
risparmiare un’anima dannata!»
Il re è inflessibile di fronte ai reati di pensiero e di fede e spesso
afferma che senza la religione tutte le sue terre non valgono niente.
«Non mi sembra il momento di scatenare una guerra» consiglia
Ruy. «Secondo me dovreste andare personalmente nei Paesi Bassi,
disarmato o con un piccolissimo gruppo di soldati. Io penso che
questo basterebbe a riportare l’ordine.»
«Piccolissimo gruppo? No, dovete inviare l’esercito!» si altera il
duca d’Alba. «Serve un intervento deciso! I signori fiamminghi si sono
riuniti a Breda presso Guglielmo d’Orange e hanno costituito una lega
per ottenere libertà di coscienza e l’abolizione del tribunale della
Chiesa. Dobbiamo intervenire subito!»
Filippo acconsente a quest’ultimo suggerimento e chiede il
permesso al duca di Savoia perché le truppe attraversino i suoi
territori del milanese.
Rimasto solo con il re, Ruy insiste: «Andate personalmente, maestà.
Il duca d’Alba non piace ai fiamminghi. Lo temono sia i buoni che i
cattivi. I ribelli cominciano a fortificare i loro territori e cercano
militari all’estero tra i riformatori».
«Non potranno niente contro il duca d’Alba e il nostro esercito»
conclude secco Filippo.
Il re convoca Alejandro e gli spiega perché ha deciso di non
mandarlo in missione con il duca: «Siete uno dei miei migliori
cavalieri, adesso che vostro zio Gabriel è morto, e voglio qui anche
Federico. Forse vorreste partire ma ho bisogno di voi, mi sono accorto
che avete un grande potere sui giovani. Oltre a Damián e Mateo, che
state istruendo bene, vi occupate di mio figlio che si fida di voi».
Alejandro ringrazia per la fiducia e tira un sospiro di sollievo
quando lascia l’appartamento reale. Ama combattere ma non in una
guerra assurda come quella che si prepara nelle Fiandre. In questo è
d’accordo con Ruy Gomez. Alejandro è sicuro, conoscendo il duca
d’Alba, che sarà una carneficina e non vuole parteciparvi.
Inoltre è vero che è portato ad allenare i giovani futuri cavalieri, ha
appreso la maniera di insegnare di Gabriel e Federico. Damián è molto
promettente, e grazie al suo esempio anche Mateo diventerà bravo.
«Come vanno i ragazzi?» gli chiede a volte Ruy, mentre osserva con
attenzione Mateo, rammaricandosi di non poterlo abbracciare, di non
poter dire a nessuno chi è veramente.
Sa anche che Claudia ha scelto di lasciare la corte perché il figlio
l’avrebbe trattata da madre e lei non può rischiare che si sappia chi sia
il padre.

A Madrid Giovanni trova don Carlos nel suo appartamento infuriato


contro il padre e si rende conto che sta vivendo uno dei suoi momenti
di rabbia e violenza.
«Se ne sta all’Escorial nonostante non ci sia ancora niente! Sarà un
lavoro lunghissimo e totalmente inutile!» commenta rabbioso Carlos.
«Sarà un bellissimo edificio e il re ama passare il tempo nelle
montagne di Guadarrama. Perché lo criticate tanto?»
«Sapete bene che lo detesto. E prima o poi mi vendicherò!»
Giovanni pensa che non sia servito a nulla farlo entrare nel
Consiglio di Stato e aver nominato Ruy Gomez responsabile capo del
suo palazzo al posto di Garcia de Toledo, morto dopo aver subito la
violenza del principe per molto tempo.
Carlos tratta male tutto il personale che lo serve, schiaffeggia chi
non accorre al suo richiamo o non esaudisce immediatamente un suo
desiderio.
Un giorno ha lanciato il suo valletto fuori dalla finestra su un
cumulo di fango e un’altra volta ha costretto il suo calzolaio a
mangiare uno stivale che gli stava stretto, dopo averlo fatto cucinare
in piccoli pezzi.
In camera custodisce un libriccino dal titolo sottilmente ironico: I
grandi viaggi di re Filippo II . Le pagine hanno tutte un titolo: Il viaggio da
Madrid al Pardo, Dal Pardo all’Escorial, Dall’Escorial ad Aranjuez, Da
Aranjuez a Toledo, Da Toledo a Valladolid, Da Valladolid a Burgos, Da
Burgos a Madrid, e così via.
In un altro foglio scrive: “La lista dei miei nemici”, dove appare per
primo: “Il re, mio padre”, seguito da Ruy Gomez, sua moglie Ana, il
duca d’Alba e altri nobili.
Nella “lista dei miei amici” c’è il nome della regina, quello di don
Giovanni d’Austria, quello di Luis Quijada e pochi altri.
Da un po’ di tempo ha cominciato a spendere somme sostanziose,
esce ogni notte con una barba finta e un archibugio tra le mani per
recarsi nei bordelli. A volte torna senza la camicia.
Viene a sapere che Filippo sta progettando un viaggio nelle Fiandre
e che vuole portarlo con sé. Ma poi il re cambia idea perché ha notizie
di subbugli nei Paesi Bassi e decide di mandare al suo posto il duca
d’Alba e di tenere il figlio in Spagna.
Quando Carlos lo scopre, origliando dietro la porta mentre è riunito
il Consiglio di Stato, si infuria e convoca il duca. Questi va da lui a
spiegargli che il re non vuole mettere in pericolo la sua vita.
«Vado io a risolvere i problemi, voi siete troppo prezioso per
correre dei pericoli.»
Carlos estrae un pugnale e lo minaccia: «Voi non partirete o vi
ucciderò!».
Il duca riesce a impadronirsi dell’arma e lotta con Carlos. Alla fine
arrivano le guardie a separare i contendenti.
Carlos scrive lettere ai signori del regno, i Grandi della Spagna e ai
potentati stranieri per ottenere prestiti necessari per una missione di
grande importanza.
Alcuni, non sospettando le reali intenzioni del principe,
esaudiscono il suo desiderio. Carlos prepara i bagagli per la partenza.
Il vero motivo per cui vuole raggiungere le Fiandre è passare in
Austria e incontrare la donna che ama, Anna d’Asburgo.
Scrive al padre una lettera di insulti dandogli la responsabilità del
suo comportamento. “Voi siete un tiranno” conclude.
La vigilia di Natale confida a Giovanni il suo piano per fuggire
dalla Spagna e arrivare nei Paesi Bassi attraverso l’Italia.
«Ho bisogno di una nave e del salvacondotto per il viaggio. In
cambio vi darò il regno di Napoli o quello di Milano. Che ne dite?»
Giovanni non vuole irritare il principe e cerca di dissuaderlo dal
progetto. Carlos afferma di avere già organizzato tutto e aggiunge che
molti nobili gli hanno promesso aiuti e solidarietà.
«Voi siete a Cartagena a preparare la flotta. Mi basta che mi
mettiate a disposizione una delle navi…»
Giovanni prende tempo, afferma di aver bisogno di un giorno per
riflettere. Invece va subito all’Escorial a riferire tutto al re. Filippo
trattiene il fratello con sé per diversi giorni senza comunicargli quali
siano le sue intenzioni. Manda però diverse lettere a Madrid con i suoi
ordini.
Il 27 dicembre il principe si presenta al convento di San Geronimo
vicino al buen retiro, fuori Madrid, per chiedere l’assoluzione, pur
confessando che odia profondamente un uomo e ha intenzione di
ucciderlo. Il monaco rifiuta di accordargliela senza l’autorizzazione
dei teologi.
Carlos fa allora chiamare quattordici frati del monastero di Atocha
e altri teologi di diversi ordini per esporre il suo caso. Tutti rifiutano
di dargli l’assoluzione.
«Ebbene, datemi un’ostia non consacrata in modo che il popolo sia
convinto che io mi sia comunicato» propone lui.
I monaci non acconsentono e la discussione continua fino all’alba.
Alla fine Carlos dichiara che l’uomo che vuole uccidere è suo padre e
lascia la chiesa.
Prevedendo che il re possa fare qualcosa contro di lui, trasforma le
sue stanze in veri e propri arsenali: archibugi, coltelli, spade e polveri.
Dall’orologiaio della corte, Luis di Foix, si fa costruire un libro con
pagine di pietra da scagliare contro chi voglia aggredirlo. Inoltre gli
chiede un meccanismo attraverso il quale possa aprire la porta del suo
appartamento solo dall’interno, impedendo a chiunque di entrare.

Mentre il principe si barrica nelle sue stanze pronto a difendersi, il


duca d’Alba parte per le Fiandre con diecimila uomini sulle navi di
Andrea Doria.
È accompagnato dal figlio bastardo Fernando de Toledo. Il figlio
naturale Fadrique, il suo erede, che porta sempre con sé, ama troppo
le donne, e dopo due matrimoni ha fatto la proposta a una terza, salvo
poi ripensarci. La ragazza, dama di corte della regina, l’ha denunciato
ai reali. Elisabetta ha fatto entrare la donna in convento mentre
Fadrique è stato arrestato e chiuso nella fortezza della Mota a Medina.
Rilasciato, è costretto a prestare tre anni di servizio militare nel forte
di Orano, in Nord Africa.
Tutti i Paesi che il duca attraversa, sorpresi di vedere un esercito nel
loro territorio, temono un’invasione. I governanti della Svizzera,
capoluogo del calvinismo, temono che possa esserci un attacco contro
Ginevra.
Durante la lunga marcia i soldati si chiedono perché si trovino lì,
nessuno ha spiegato loro il vero scopo della campagna militare.
«Io non capisco, la situazione è sotto controllo. Perché il re ha
mandato un esercito?» domanda Claudia.
«È assurdo… inviare un’armata in tempo di pace!» commenta
Margherita che, vedendo il suo Paese nel caos, chiede inutilmente al
fratello di fermare l’esercito.

Un agente segreto infiltrato alla corte di Madrid ha avvertito


Guglielmo del pericolo. Lui si dimette da tutte le cariche e prepara la
fuga in Germania. Il duca d’Alba ha ricevuto l’ordine di arrestarlo
appena arrivato nei Paesi Bassi.
Prima di partire Guglielmo va nel palazzo di Margherita a
Bruxelles.
«Che cosa avete intenzione di fare?» gli chiede la granduchessa
preoccupata per la sua vita.
«Quello che il re ci aveva promesso, salvo poi rimangiarsi la
parola.»
«Sapete che siete in pericolo nel palazzo…»
«Lo so, ma voglio salutare Claudia.»
Margherita sorride: «Certo, dovevo immaginarlo. È in giardino,
andate!».
Appena lo vede, Claudia si allarma.
«Perché siete venuto? Rischiate di essere arrestato. Il duca d’Alba
arriverà qui.»
«Volevo rivedervi.»
«La vostra vita vale molto più di un incontro con me.»
«Dite così perché non conoscete i miei sentimenti. Ho bisogno di
essere sostenuto da voi.»
«Lo siete, lo sapete bene.»
«E che altro?»
«Che altro?»
«Che altro provate per me? E non ditemi che lo so.»
Claudia scoppia a ridere: «Se qualcuno ci sentisse! I nostri discorsi
sono sibillini. Volete sentirmi dire che mi siete mancato, che morivo
dalla voglia di vedervi, che vi amo?».
«Sì, proprio questo.»
Passano diverse ore insieme e, prima di salutarsi, Guglielmo
prende Claudia fra le braccia. Lei non protesta perché aspettava
questo momento da quando lo ha conosciuto.
Lo conduce nella sua stanza e fanno l’amore con l’intimità di una
coppia che si conosce da molto tempo. Si sono confrontati a lungo
prima di questo momento. Le idee condivise, le discussioni, le piccole
ripicche e perfino il disaccordo, la passione con cui ciascuno sostiene
le proprie tesi hanno creano un’intesa incandescente. Ora il legame
mentale rafforza l’attrazione fisica, rendendo il sesso ideale. I corpi si
cercano con le mani e le menti con gli occhi.
Quando poi, esausti, restano muti uno accanto all’altra, persi nei
propri pensieri, lei si chiede come possa cedere a un uomo dopo
essere quasi morta di dolore per un altro. Come spesso accade, le
viene in mente la madre. Se avesse superato il momento della
disperazione, avrebbe dimenticato Nicolò? Avrebbe amato di nuovo?
Non lo saprà mai ma vuole credere che sarebbe stato così. Spesso il
desiderio di morire ha bisogno di condizioni favorevoli per
realizzarsi, se non si manifestano la vita riprende il sopravvento.
Arrivato alla frontiera dei Paesi Bassi, il duca d’Alba riceve la visita di
un messaggero del conte di Egmont che gli chiede quali siano le sue
intenzioni. Lui lo fa arrestare.
Il 22 agosto 1567 entra a Bruxelles e nessun magistrato si presenta
ad accoglierlo. Si reca subito nel palazzo reale a porgere i suoi omaggi
a Margherita, che gli chiede perché sia venuto.
«Lo sapete bene, avete ricevuto le lettere del re…»
«Dovete mandare via le vostre truppe.»
Il duca d’Alba risponde ironicamente che è in Belgio solo per
servirla e proteggerla, per questo le truppe rimarranno con lui.
Il 5 settembre il duca istituisce il Consiglio dei Torbidi, che deve
giudicare gli eretici. Fa arrestare tutti i capi della ribellione perché
vengano interrogati dai giudici, ma il suo obiettivo principale è
mettere le mani sui tre capi della rivolta.
Molti spagnoli che appartengono all’esercito del duca d’Alba
amano il conte di Egmont e Montmorency, eroi delle guerre imperiali,
e provano a salvarli.
Un ufficiale spagnolo entra in casa di Lamoral di Egmont mentre si
trova a cena con altri nobili e lo esorta a fuggire prima di essere
arrestato. Il figlio stesso del duca d’Alba, che non condivide la crudele
determinazione del padre, durante un banchetto avverte
Montmorency: «Abbandonate subito questo posto, conte, prendete il
cavallo più veloce della stalla e fuggite senza aspettare un attimo».
Montmorency lascia subito la tavola, come ha fatto Lamoral di
Egmont, ma entrambi vengono fermati dai capitani della guardia del
duca d’Alba e condotti nel castello di Gand.
A Bruxelles ormai regna la paura, si moltiplicano gli arresti di
nobili e gente comune; le carceri non riescono più a contenere tanti
prigionieri. Senza entrare in conflitto con Filippo, Margherita decide
di lasciare il governo delle Fiandre. Non condivide le decisioni del
duca d’Alba e trova indegna la libertà di cui godono i suoi soldati,
responsabili di ogni sorta di delitto.
Il Consiglio dei Torbidi

Il duca d’Alba è deciso a estirpare l’errore dal profondo e,


coscienzioso e metodico com’è, agisce con estrema lentezza. Ordina il
fermo di tutti coloro che sono sospettati di eresia, persino chi
manifesta una fede tiepida corre il rischio di essere arrestato. Ma è
soprattutto ai nomi importanti – signori, nobili, borgomastri,
consiglieri, magistrati, mercanti, proprietari terrieri e industriali – che
dà la caccia.
Per quanto riguarda il popolo minuto, agisce a caso: lo scopo è
seminare il terrore. Una volta imprigionati i sospettati, le prove della
loro colpevolezza vengono ottenute con ogni mezzo.
Margherita chiede inutilmente un’amnistia e la convocazione degli
Stati Generali. Il duca le risponde con cortesia, la ringrazia dei suoi
suggerimenti e non promette niente.
All’inizio del 1568 ottanta persone influenti vengono giustiziate,
pochi giorni dopo diciotto nobili sono decapitati nella piazza del
mercato di Bruxelles. Ogni giorno vi sono almeno trenta esecuzioni.
Margherita ottiene finalmente da Filippo il permesso di lasciare la
reggenza delle Fiandre. Mentre prepara i bagagli, cerca di convincere
Claudia a partire insieme a lei.
«Venite con me in Italia, oppure tornate in Spagna. Non potete
rimanere qui. Il duca d’Alba prenderà il mio posto e sarà un
massacro.»
«Vi ringrazio, ma rimarrò qui ancora qualche giorno e poi tornerò
in Spagna. Voglio rivedere mio figlio.»
«Fate bene. Sappiate che la mia casa è sempre aperta per voi.»
Margherita sa che Claudia vuole rivedere Guglielmo d’Orange
prima di partire. Non le sono sfuggiti i loro sguardi, tutte le volte che
si appartavano, le discussioni infuocate in cui a volte li ha visti
immersi, o i sorrisi che si scambiavano subito dopo.
Guglielmo scrive a Claudia sperando di trovarla ancora in città, ma
teme che sia già partita. Ricevuta la lettera, lei vorrebbe raggiungerlo,
sebbene nel palazzo sia arrivato il duca d’Alba e allontanandosi
rischierebbe di insospettirlo.
Risponde a Guglielmo che ha intenzione di rimanere qualche
giorno a corte per capire le intenzioni dell’emissario di Filippo.
«Pensavo che avreste seguito la duchessa di Parma…» le dice il
duca d’Alba stupito di vederla ancora nel palazzo.
«No, sto per tornare in Spagna. E poi vi ho aspettato…»
«Avete fatto bene. Ho proprio bisogno della presenza di una bella
dama in questa corte desolata. Sapete tutto quello che è successo?»
«Certamente, io sono d’accordo con voi, ma non vi sembra di avere
esagerato nella repressione?»
«Sono gli ordini del re!»
«E allora bisogna eseguirli. Vi tratterrete a lungo?»
«Per ora Filippo vuole che governi i Paesi Bassi al posto di
Margherita, poi si vedrà.» Sorride a Claudia: «Spero di godere della
vostra compagnia almeno per qualche giorno».
«Sì, per qualche giorno.»
Si dimostra gentile e seducente con lui ma poi capisce che la preda
più facile è il figlio, che le sta sempre intorno. Da lui riesce a conoscere
diversi progetti del duca e trova la maniera di incontrare Guglielmo
nella campagna fuori città per informarlo. Dopo avergli dato le prime
notizie finisce fra le sue braccia. Sono baci e carezze che vorrebbero far
durare a lungo ma hanno i minuti contati. Rimangono d’accordo che
Claudia fornirà ciò che apprende in messaggi affidati al venditore di
frutta che si trova al mercato.
Per diversi giorni durante le cene il duca e i suoi generali, felici di
averla alla loro tavola dopo tanto orrore e sangue, la mettono al
corrente di molte decisioni che lei comunica al principe.

Il 15 gennaio Filippo lascia l’Escorial con Giovanni e va a dormire al


Pardo. Carlos lo viene a sapere e manda un messaggero ad avvertire
Giovanni che vuole incontrarlo. Questi avverte il re e, avuto il suo
consenso, si presenta davanti al nipote.
«Tutto è pronto. Ho avuto il denaro di cui ho bisogno e fra tre
giorni partirò. Mi serve solo il vostro salvacondotto per imbarcarmi a
Cartagena.»
«Domani andrò a Madrid con il re e cercherò di fare del mio
meglio.»
Il giorno dopo Filippo rientra a corte con Giovanni e va a salutare la
moglie e le figlie. La principessa Giovanna gli propone la sua idea:
«Vorrei organizzare un ballo per festeggiare il quattordicesimo
compleanno di mio figlio Sebastián».
Alto, magro e biondo, Sebastián è cresciuto con la guida dei gesuiti,
ma non ha più visto la madre da quando lei è stata costretta a tornare
in Spagna. È diventato re del Portogallo a tre anni e la reggenza è stata
assunta prima dalla nonna materna Caterina d’Austria, poi da un
prozio cardinale.
Il re annuisce ma non fa commenti. Carlos entra nella stanza per
baciare la mano al padre e ne esce insieme a Giovanni, che conduce
nella sua camera. Chiusa a chiave la porta, gli punta contro la spada
perché non ha ancora ricevuto il salvacondotto. I valletti, sentendo il
gran rumore, entrano e vedono Giovanni che tiene a bada il nipote che
lo minaccia con il pugnale.
Giovanni va subito a riferire l’accaduto al re che, preoccupato per la
vita del fratello, gli chiede di non lasciare il castello. Per lui ha
preparato una stanza in cui può riposare.
Carlos, temendo l’ira del padre, si mette a letto fingendo di essere
malato. Filippo lo manda a chiamare ma lui risponde che non se la
sente di alzarsi. Per non essere disturbato chiude la porta con lo
speciale meccanismo che si è fatto costruire. Accanto a sé tiene un
archibugio, la spada e il pugnale.
La mattina dopo il re convoca urgentemente Ruy Gomez, il duca di
Feria e Luis Quijada, con i quali si riunisce nei suoi appartamenti. Con
la voce rotta dall’emozione e dal dolore, comunica ai suoi consiglieri
la necessità di far arrestare il figlio.
«Ultimamente ha minacciato diverse persone di morte. Ha
aggredito con un pugnale il cardinale Espinosa per aver impedito che
il comico Cisneros rappresentasse una commedia per lui, e lo stesso ha
fatto con alcuni nobili. Sta progettando una fuga nelle Fiandre e ha
chiesto prestiti ovunque.»
Insieme decidono il piano e a mezzanotte il duca di Feria, Ruy
Gomez, il re e diverse guardie armate entrano nella stanza di Carlos.
L’ingegnere che ha costruito il marchingegno con il quale il principe
può impedire l’accesso alla sua stanza ha avvertito Filippo qualche
giorno prima e il re gli ha chiesto di trovare una maniera per aprire la
porta dall’esterno.
Ruy Gomez e il duca di Feria si avvicinano al letto e svegliano don
Carlos, che è profondamente addormentato.
«Chi è?» chiede spaventato.
«Il Consiglio di Stato» risponde Ruy.
Carlos salta dal letto imbracciando le sue armi ma viene
immobilizzato e si trova davanti il padre.
«Che volete fare? Uccidermi?»
Filippo chiede ai servi di inchiodare le finestre e requisire tutte le
armi. Ruy si assicura che siano portati via gli oggetti con i quali Carlos
potrebbe ferirsi.
Rendendosi conto di essere sotto arresto, Carlos grida: «Uccidetemi
ma non arrestatemi. O mi ucciderò da solo!».
«Commettereste una follia!» lo redarguisce il re.
Incurante delle parole del padre, Carlos tenta di gettarsi nel
caminetto acceso, ma viene fermato e costretto a letto.
Filippo raccoglie tutte le lettere e i documenti presenti nella camera
ed esce. Tra le carte del figlio trova il piano di fuga, le lettere di
richiesta di denaro inviate ai Grandi di Spagna, una lista dei suoi
nemici, fra i quali il principe di Eboli e la moglie, il duca d’Alba e il
cardinale Espinosa.
Carlos viene tenuto sotto controllo notte e giorno, otto gentiluomini
a coppie si danno il cambio ogni sei ore. Qualche giorno dopo Filippo
decide che il figlio dovrà essere spostato nella torre, dove c’è solo una
finestra chiusa da sbarre di ferro. Davanti al caminetto è stata messa
una protezione perché il principe non sia tentato di nuovo di darsi
fuoco. Sulla parete della camera è stato praticato un foro attraverso il
quale Carlos potrà assistere alla messa che si svolge nella vicina
cappella.

Alla corte di Madrid si sparge la voce dell’arresto di don Carlos e i


commenti sono contrastanti. Molti spagnoli conoscono i difetti del
principe e condannano la sua condotta, ma non avrebbero mai
immaginato che il re facesse rinchiudere il suo unico figlio maschio e
pretendente della corona. La maggior parte, però, pensa che se Filippo
ha agito così deve esserci una buona ragione.
La principessa Giovanna è costernata e scongiura invano il fratello
di liberare Carlos. Filippo ha scritto a tutti i superiori degli ordini
religiosi e alle autorità del suo Paese, ai suoi alleati e al papa,
spiegando i motivi della sua decisione. A corte regna un assoluto
silenzio, tutti temono di offendere il re commentando la situazione.
La regina scoppia a piangere quando apprende che il figliastro è
prigioniero. Filippo le chiede di controllarsi: «State aspettando un
bambino, tutte queste lacrime gli faranno male».
Per due mesi lei non pensa ad altro che a Carlos segregato nella sua
stanza, al punto che i medici cominciano a temere per la sua
gravidanza. Il re si reca nel palazzo di Valsain per essere accanto alla
moglie al momento del parto.
La regina Elisabetta dà alla luce Caterina Michela e sospetta che il
marito non sia contento di aver avuto una seconda bambina, ma lui
afferma di essere molto felice per la nascita di una femmina. Bruciano
troppo in lui gli anni di sofferenza per don Carlos e ritiene che con
una figlia non avrà problemi. E pensare che Elisabetta era destinata a
sposare proprio il principe! In quel caso avrebbe avuto un triste
destino. Nonostante tutto Filippo sa che sua moglie ha un debole per
il ragazzo, che solo in sua presenza si comporta con galanteria,
equilibrio e dolcezza.
Dopo qualche mese dalla nascita della secondogenita, Elisabetta
rimane di nuovo incinta. Ana de Mendoza le è sempre vicino e fra le
giovani donne l’amicizia si rafforza, per la soddisfazione che hanno
entrambe di aver dato dei figli ai mariti.
Insieme alle altre dame Ana va ogni giorno a trovare Elisabetta per
giocare a carte, all’anello e ai dadi. A volte chiamano i buffoni per
divertirsi con loro, oppure fanno colazione insieme alla Casa de
Campo o nei boschi vicino a Madrid. Ana è la più assidua e anche la
più amata dama della regina, tanto che le altre amiche di Elisabetta si
chiedono quali siano le vere intenzioni della duchessa d’Eboli che
conoscono come una donna molto ambiziosa.

Il papa è preoccupato per le conseguenze della reclusione di Carlos e


scrive spesso al re, tramite i suoi ambasciatori, perché lo tenga al
corrente degli sviluppi della situazione. In Germania si pensa che
l’arresto del principe sia stato causato dalla sua inclinazione verso il
protestantesimo.
Giovanni è amareggiato al pensiero di essere stato la causa indiretta
della prigionia di Carlos, avendo rivelato a Filippo le intenzioni del
figlio.
Nei giorni seguenti non sente mai il re nominare il principe, ma
riceve la notizia che per lui è arrivato il momento di guidare la flotta
di Cartagena nelle coste del Mediterraneo contro i corsari. Il loro
comandante, Selim II , ha fatto costruire una potente flotta con
l’intenzione di portarla nel Mar Ionio.
Sono molti i cavalieri volontari che decidono di seguire Giovanni.
Vanno con lui a salutare il re ad Aranjuez e partono per Cartagena.
Carlos si abbandona alla disperazione e decide di morire. Poiché gli
hanno sequestrato tutte le armi, smette di mangiare. Diventa molto
debole e i medici temono per la sua vita, ma poi la fame ha il
sopravvento e riprende a nutrirsi.
Allora ingoia un grosso diamante che portava incastonato in un
anello ma non accade niente. A volte rimane nudo davanti alla
finestra aperta, beve acqua ghiacciata e mangia in modo spropositato.
Quando comincia ad ascoltare la messa attraverso il foro praticato
nella parete si addolcisce e riprende a parlare con calma.
Ruy e gli altri consiglieri sperano che questo miglioramento induca
il re a revocare la decisione di tenerlo prigioniero. Ma Filippo è
irremovibile. Ormai considera morto il suo erede, tanto che fa
chiudere la sua casa, licenzia i servi e regala i cavalli.
Carlos passa il tempo leggendo e commentando i libri di storia che
il padre gli ha concesso di tenere. Il re ha deciso che la porta della
stanza sia aperta ma che al principe sia proibito uscire. A guardia
della camera, sotto il comando di Ruy, ci sono sei gentiluomini che
possono entrare senza un permesso espresso del re, insieme al medico
e al barbiere.
«Non voglio che in presenza di mio figlio si parli di altro che delle
sue necessità. Non deve comunicare con l’esterno del castello.»
Filippo sta vivendo il periodo peggiore della sua vita. Non è mai
stato così ossessionato dai dubbi come ora. Ha un carattere molto
riflessivo e a volte perde talmente tanto tempo a prendere una
decisione che nel frattempo la situazione è cambiata e richiede un
nuovo programma.
Fortunatamente accanto a sé ha Ruy Gomez, che riesce a suggerirgli
le decisioni più appropriate senza lasciarsi andare come il duca
d’Alba. Filippo adesso si rende conto che ha fatto male a non
ascoltarlo, le notizie che arrivano dalle Fiandre sono terribili.
Durante la Pasqua ottocento persone sono state giustiziate per
ordine del duca. Dall’inizio del terrore circa diecimila eretici, o
sospettati tali, hanno perso la vita.

Nonostante l’intercessione di tutte le corti europee, Lamoral di


Egmont e François de Montmorency, dopo essere rimasti a lungo
reclusi nella prigione di Gand, vengono decapitati il 5 giugno 1568,
per lesa maestà e ribellione, nella Grand Place di Bruxelles.
Claudia ha deciso di assistere al rito macabro solo per rivolgere un
ultimo sguardo di affetto ai due amici, e come lei assistono al
supplizio moltissimi belgi e un gran numero di nobili europei.
Claudia vede salire i due uomini sul patibolo e deve fare uno sforzo
per non allontanarsi, mentre le lacrime le riempiono gli occhi. È molta
la gente che piange per l’esecuzione di due eroi e quando tutto è finito
i cittadini immergono i loro fazzoletti nel sangue rimasto sul patibolo.
In migliaia vanno a rendere omaggio al cadavere del conte di Egmont
nel convento in cui è stato portato.
La morte dei due amici viene accolta con soddisfazione da papa Pio
V , ma ottiene la reazione contraria a quella che il duca d’Alba si
aspettava. Lamoral di Egmont e Montmorency erano molto amati nei
Paesi Bassi, e i mercanti tedeschi e scandinavi cominciano a disertare i
porti olandesi.
Guglielmo apprende la notizia della morte dei suoi amici mentre si
trova al matrimonio della sorella Maddalena e addoloratissimo si
ritira a Dillenburg. Molti nobili protestanti stanno lasciando il Paese,
alcuni hanno deciso di rifugiarsi nelle foreste delle Fiandre. Poiché è
stato bandito dai Paesi Bassi e tutti i beni gli sono stati sequestrati,
Guglielmo non ha la possibilità di muoversi e chiede a Claudia di
raggiungerlo.
Claudia arriva a Dillenburg, dove lui le ha preso una casa in cui
stare insieme. La città è diventata il rifugio di molti nobili luterani,
calvinisti e cattolici moderati, e un importante centro di propaganda
politica. Si stampano libretti sovversivi per tenere desta la fiamma
della resistenza in attesa di tempi più favorevoli.
«In Francia la pace di Longjumeau ha messo fine alla Seconda
guerra di religione» le spiega Guglielmo. «E adesso le truppe ugonotte
sono disponibili per venire nei Paesi Bassi contro gli spagnoli. Sto
pensando anche io di formare un esercito per una sollevazione
generale contro il duca d’Alba, ma non ho il denaro necessario.»
«Chi sono gli ugonotti?»
«I calvinisti francesi. Protestanti anche loro ma diversi dai luterani.
Non si sa da dove derivi il nome, che è stato usato per la prima volta
per indicare i cospiratori, nobili protestanti, implicati nella Congiura
di Amboise, nel marzo del 1560.»
«Che cosa chiedevano i cospiratori?»
«Volevano rapire il re Francesco II per sottrarlo alla tutela dei
Guisa…»
Claudia lo guarda senza capire.
«I Guisa sono potentissimi e sono a capo della Lega Cattolica contro
il calvinismo. Fra l’altro sono gli zii di Maria Stuarda regina di Scozia.
Quando Francesco si è ammalato, loro hanno governato il Paese, ma
alla sua morte il potere è andato a Caterina de’ Medici, molto più
tollerante verso gli ugonotti.»
«È incredibile come la religione si intrecci sempre con la politica.»
«È proprio così, ma adesso che sei qui smettiamola con questi
discorsi. Andiamo fuori, prendiamo i cavalli.»
«Se lo raccontassero a tua moglie?»
«Tu sai che l’ho sposata solo per ragioni politiche e non mi interessa
cosa pensa di me. Non ci vediamo quasi più e ho intenzione di
divorziare. Si comporta molto male con Filippo e Maria, i figli che ho
avuto dalla mia prima moglie. Da lei ho avuto due figli e ora è di
nuovo incinta, ma sarà l’ultima volta, non voglio più neppure
sfiorarla.» Mentre lo dice accarezza il viso e i capelli di Claudia. «Non
ti devi preoccupare per questo, anche perché penso che mia moglie
abbia degli amanti. È nel suo interesse, e in quello dei nostri figli, che
non faccia scandali. Io voglio stare con te.»
Nonostante si sia tranquillizzata, Claudia non può fare a meno di
pensare che dopo aver lasciato Ruy, non potendo sopportare di essere
solo la sua amante, adesso è di nuovo l’amante di un uomo sposato.
La situazione è leggermente cambiata, ma solo perché la moglie di
Guglielmo vive in un’altra città, mentre Ana de Mendoza era a corte
insieme a lei. E poi da Guglielmo si sente veramente amata, mentre
Ruy la voleva possedere, desiderava il suo corpo, ma non la rendeva
mai partecipe della sua missione politica.
E comunque si sta abituando alla vita avventurosa che fa con
Guglielmo e sarebbe disposta a tutto pur di salvarlo.
La tragedia di don Carlos

Dopo aver lasciato Bruxelles, Margherita è arrivata a Piacenza dove si


riunisce con il marito e con Alessandro e Anna, che hanno appena
avuto una bambina. Apprende che l’erede al trono di Spagna è stato
arrestato e scrive al fratello di essere sconvolta dalla notizia, di sperare
che abbia preso questa decisione per gravi motivi e che sicuramente
troverà una soluzione più pietosa verso il figlio.
Mentre il marito è a Parma, lei continua a seguire da lontano le
vicende delle Fiandre, dove tutti la rimpiangono.
Viene distratta dai problemi di Alessandro. La moglie ha abortito e
qualche giorno dopo lui è stato costretto a gettarsi in un canale a
Venezia per evitare di cadere da cavallo a causa del terreno bagnato
dalla pioggia. Il giorno dopo ha una brutta febbre che sembra non
dover passare. Margherita fa portare il figlio a Parma e gli rimane
vicino finché non è guarito.
Riceve una lettera di Guglielmo d’Orange che le comunica di aver
deciso di vendere tutto ciò che gli rimane, mobili, tappeti, argenteria,
gioielli e di voler formare un esercito insieme al fratello Ludovico di
Nassau-Hadamar, al quale ha chiesto di reclutare uomini per
difendere la libertà.
Dillenburg, la città tedesca dell’Assia, è diventata ormai un campo
militare e il centro principale della propaganda politica dei protestanti
contro Filippo II . Qui Guglielmo d’Orange ha costituito una grande
armata contro l’esercito del duca d’Alba e arriva a Duisburg, in
Germania, alla testa di un esercito armato di trentamila uomini,
composto da volontari olandesi e mercenari tedeschi. Deve muoversi
in fretta prima che il suo avversario si organizzi.
Con il permesso del re di Francia attraversa la Lorena e approda a
Strasburgo, città imperiale. Qui si ferma con i suoi uomini per
discutere i piani futuri. La sua avanzata è lenta e ostacolata dalle
truppe del duca d’Alba. Gli stessi luterani che incontra nelle città sono
scettici nei confronti di una lotta armata che considerano inutile e
dispendiosa. Guglielmo cerca l’aiuto dei principi tedeschi, che però
rifiutano di farsi avanti. Alla fine passa il fiume Reno e poi la Meuse
con i soldati immersi nell’acqua fino alla vita che portano gli archibugi
sopra la testa. La città di Tongres si arrende al principe.
Guglielmo non sa che il duca d’Alba non ha alcuna intenzione di
combattere. Quando gli manda un messaggero per invitarlo al
conflitto armato, il duca fa impiccare l’uomo. Decide poi di seguire
l’Orange da lontano, spiarlo, tagliargli i viveri, attaccarlo in brevi
scaramucce.
Molte città timorose dell’assalto degli spagnoli rifiutano di far
passare il principe. Guglielmo arriva a Cambrai senza aver ancora
combattuto una sola battaglia. Mentre avanza, nelle sue truppe si
registrano molte diserzioni e rivolte, inoltre mancano i fondi e sta
arrivando l’inverno: con la pioggia e la neve, le strade saranno
impraticabili.
Tornato a Bruxelles, il duca d’Alba celebra la vittoria a modo suo,
con centinaia di esecuzioni. Fa radere al suolo l’hotel di Culemborg,
dove anni prima si riunivano i nobili ribelli, e fa costruire al suo posto
una colonna espiatoria. Fa anche giustiziare i segretari di Lamoral di
Egmont e di Montmorency, che arrivano al supplizio in uno stato
pietoso per le torture subite.

Filippo cerca Ruy per parlargli, sicuro che lo troverà incollerito per la
repressione nelle Fiandre e soprattutto per l’uccisione di nobili che
tanto hanno fatto per l’Impero.
«Il duca d’Alba ha esagerato…» inizia Filippo.
«Scusatemi Maestà, ma voi gli avete lasciato carta bianca.»
«Sapete che la mia missione è di restaurare la religione cattolica in
tutti i miei territori.»
«Non in questo modo. È spaventoso che il duca d’Alba abbia fatto
giustiziare Lamoral di Egmont, l’uomo che ha vinto i francesi nella
battaglia di San Quintino e a Gravelines. Come è assurdo che
Guglielmo d’Orange, l’uomo che ha sostenuto vostro padre quando è
entrato nel palazzo reale di Bruxelles per abdicare, sia stato costretto a
fuggire. Lo stesso vale per Filippo de Montmorency, che ha
comandato la flotta che vi ha riportato in Spagna. Ciambellano di
vostro padre. Giustiziato anche lui!»
Filippo non sa che rispondere. Ruy non ha torto e a farlo parlare
così non è solo l’odio nei confronti del duca d’Alba, ma la ragione.
«In quanto cavalieri del Toson d’oro Lamoral di Egmont e
Montmorency dovevano essere giudicati dai loro pari» aggiunge Ruy.
«Il conte di Egmont è il maggior responsabile dei disordini nelle
Fiandre… Comunque, ho lasciato la decisione nelle mani del duca.»
Pur non avendo ammesso davanti al suo consigliere di aver
sbagliato strategia nelle Fiandre, Filippo scrive al duca: “Mi
rammarico profondamente del fatto che i reati dei due conti fossero
tali da richiedere le pene che sono state loro inflitte”.
Sente che questa operazione, partita con un obiettivo giusto, si è
conclusa in una carneficina e anche con il desiderio di Margherita di
lasciare le Fiandre.

Con l’assenza del duca d’Alba, Filippo affida il controllo e la


protezione del figlio a Ruy Gomez e, per ringraziarlo dei suoi servizi e
della sua fedeltà, lo nomina duca di Pastrana e di Estremera. In questo
modo, come titoli, Ruy e il duca d’Alba sono alla pari.
«Siete stata voi a suggerirgli di darmi il ducato di Pastrana, vero?»
chiede Ruy alla moglie.
«Assolutamente no! Lo ha fatto per ringraziarvi di tutto quello che
avete fatto e continuate a fare per il principe.»
«Io so che Filippo ha un debole per voi… Ho visto come vi guarda.
D’altronde è giusto, siete talmente bella!»
Ana ride e si tocca la benda di velluto nero che le copre l’occhio.
«Anche con questa?»
«Sapete bene che quella benda vi dà un tocco di mistero, avete
qualcosa in più delle altre donne.»
«Siete galante. Io penso che il re mi sia solo grato perché riesco a
organizzare ricevimenti adeguati ai suoi ospiti.»
Ana ha deciso di non pensare al giorno in cui ha scoperto il marito
con Claudia. Mille volte è stata tentata di parlarne, giorni come questi
in cui Ruy le ripete che è la donna più bella che abbia mai visto. “E
l’altra?” vorrebbe chiedergli.
Sa benissimo che nessuno può competere con Claudia in fatto di
bellezza, ma vuole credere che si sia trattato solo di una notte in cui lei
era a Pastrana e il marito aveva bevuto troppo. L’alcol di solito è la
migliore scusa per giustificare una caduta. Del resto Ruy le è
estremamente utile e non rinuncerebbe mai a lui, neppure per cento
storie sentimentali diverse. E poi anche a lei piace essere corteggiata, e
da un po’ di tempo il segretario di Stato Antonio Pérez si fa sempre
più insistente.
«Sì, siete bravissima» sta commentando Ruy. «So che la regina
Elisabetta ama molto la vostra compagnia.»
La regina è triste pensando alla prigionia di Carlos e la paragona a
quella di Giovanna di Castiglia, considerata pazza dai genitori e dal
marito. Non lo dice a Filippo ma ritiene che sia terribile quando a non
crederti, a volerti allontanare, sono proprio le persone che dovrebbero
volerti bene.
Le riferiscono che Carlos non ha rinunciato all’idea di togliersi la
vita, e poiché non è riuscito con il digiuno ha deciso di mangiare
esageratamente ogni cibo che può essergli nocivo.
Un giorno ingurgita un intero pasticcio di pernici molto speziato e
subito dopo beve un’intera brocca di acqua ghiacciata. Quando Ruy lo
vede rotolarsi nel letto per le coliche chiama i medici, che vorrebbero
somministrargli dei medicinali ma il principe li rifiuta. Carlos chiede
invece il prete per l’assoluzione e vorrebbe vedere per l’ultima volta il
padre.
«Non lo incontrerò» afferma Filippo quando Ruy gli riferisce il
desiderio del figlio. «E desidero che neppure mia moglie o la
principessa Giovanna vadano a trovarlo. Se veramente sta molto male,
queste visite sarebbero controproducenti. Ma può anche essere che
finga la malattia, come ha fatto tante volte, per vedere se così riesce a
ottenere di nuovo la libertà.»
Carlos detta il testamento in cui lascia il denaro ancora in suo
possesso ai servitori più fedeli e prega il padre di pagare tutti coloro
che hanno lavorato per lui. Chiede di essere sepolto nella chiesa di
Santo Domingo a Madrid. Destina i suoi gioielli al convento di Atocha
e alcune coppe in oro alle arrepentidas di Valladolid e ad altre chiese.
Fa regali anche a Ruy Gomez, a Luis Quijada e a diversi gentiluomini
reali.
Carlos è sempre stato devoto a Santiago di Compostela e spera di
morire nel giorno della festa del santo, il 25 luglio. Ormai senza più
forze chiede l’ora nella notte del 23 luglio ed è molto agitato, temendo
di non poter arrivare in vita al giorno del santo. Prega a lungo,
dichiara di perdonare tutti e, passata la mezzanotte del 24 luglio, si
rivolge al Signore e recita la preghiera che Carlo V ha recitato prima di
morire, poi chiude gli occhi per sempre a soli ventitré anni.
Filippo riceve subito la notizia e ordina che il corpo del figlio sia
portato nel monastero di Santo Domingo in processione, dove sarà
tenuto finché non verrà trasferito all’Escorial. Il corteo funebre parte
alle sette del mattino con la bara portata in spalla da Ruy Gomez e
diversi altri nobili. Seguono i cortigiani, i sacerdoti, la servitù. Il re
vede passare il corteo funebre da una delle finestre del palazzo reale.
Il giorno dopo viene celebrata la messa da requiem e Filippo si
ritira nel monastero dell’Escorial fino all’11 luglio, tornando a Madrid
per il funerale, che viene celebrato con tutti gli onori nel monastero di
Santo Domingo.
Unico assente è Giovanni d’Austria, che si trovava in mare quando
ha ricevuto la notizia della morte di Carlos. Cerimonie analoghe si
svolgono in tutte le città appartenenti alla monarchia spagnola.
Sia in Spagna che all’estero la morte di don Carlos dà adito a molti
commenti e sospetti, che gli ambasciatori riferiscono al re. Qualcuno
pensa che Filippo abbia fatto portare al figlio un brodo avvelenato,
altri che l’abbia fatto impiccare dai suoi servi, altri ancora ritengono
che sia stato affogato. Tutti immaginano che avendo governato in
modo crudele e rigido il re sia stato capace anche di uccidere un figlio
indegno.
Le persone più vicine a Filippo credono che, pur avendo avuto seri
motivi per privare il figlio della libertà, non avrebbe dovuto trattarlo
come un criminale, allontanando i suoi amici e i servitori, rifiutandogli
aria e spazio e sottomettendolo a un controllo continuo.
Ruy Gomez commenta la triste vita di don Carlos con la moglie
Ana, che continua a sostenere la sua idea: «La pazzia è ereditaria. Era
pazza la nonna Giovanna, come molti dei suoi parenti… anche la
nonna di Giovanna, Isabella di Portogallo, è stata rinchiusa nel
castello di Arévalo. Mi hanno riferito che perfino Sebastián, il figlio
che la principessa Giovanna ha dovuto abbandonare in Spagna, è
squilibrato».
«Sebastián è il frutto di generazioni di matrimoni tra consanguinei,
inoltre è cresciuto senza genitori, per la morte del padre e la partenza
per la Spagna della madre, in una corte lacerata dal conflitto fra la
nonna reggente e lo zio cardinale. Ed è quello che temo anche per gli
Asburgo. Se continuano con queste abitudini di sposarsi tra loro,
faranno marcire il loro sangue.»
Quando riceve la notizia della morte del principe, Elisabetta si
chiude nel suo appartamento perché il re non la veda piangere. Non
riesce a capire come Filippo non abbia avuto pietà del figlio: avrebbe
potuto assicurarsi che non nuocesse a nessuno senza doverlo
imprigionare.
La sofferenza che prova per la morte del figliastro peggiora lo stato
della sua gravidanza, che già si presenta difficile. Vomita
continuamente ed è debolissima. Ha diversi svenimenti e l’ultimo
dura talmente a lungo che la duchessa d’Alba si allarma e chiama i
dottori, poi scrive preoccupata a Caterina de’ Medici.
La regina di Francia risponde che non bisogna preoccuparsi, la
figlia ha sempre sofferto di vomito e svenimenti. Ma Elisabetta
peggiora. I medici capiscono che la situazione è seria e avvertono
Filippo.
Subentra la febbre e la regina si rende conto che non vivrà a lungo,
chiede i sacramenti e dà disposizioni per essere seppellita nel
monastero delle Descalzas Reales fondato dalla cognata Giovanna.
Filippo non la lascia un solo istante e l’ultima notte rimane sul letto
accanto a lei per confortarla con parole affettuose. Fuori dalla stanza
sono in attesa Ruy e la moglie Ana con altri nobili, tutti pregano per la
salvezza della regina.
Dopo aver abortito una bambina di cinque mesi, lei muore il 3
ottobre tra le braccia del marito.
«È la prima volta che lo vedo piangere» commenta Ruy commosso.
«Amava moltissimo la moglie. E anch’io la amavo, come tutti a
corte» risponde Ana.
Filippo si isola nel monastero madrileno di San Girolamo per due
settimane, rimandando indietro le carte da firmare che gli fanno avere
i suoi consiglieri.
Uscito dal monastero passa un altro periodo in solitudine
all’Escorial, che sta facendo ultimare; e quando finalmente inizia di
nuovo a ricevere, incontra il messaggero francese inviato da Caterina
de’ Medici. La regina gli propone il matrimonio con Margherita di
Valois, la settima figlia avuta con Enrico II di Francia.
«È una ragazza molto religiosa, conosce diverse lingue, compreso lo
spagnolo. È stata istruita nelle arti della danza, della musica e
dell’equitazione. I fratelli la chiamano Margot da quando hanno
assistito alla recita di una pastorale di Ronsard in cui c’è una
principessa con questo nome. Due anni fa il re Carlo IX l’ha voluta
insieme ai suoi fratelli nel suo lungo viaggio per la Francia, in modo
che facessero esperienza nell’arte della politica.»
Filippo ascolta con aria assente l’elenco delle qualità della
principessa pensando che Ruy Gomez gli ha raccontato un’altra storia.
Caterina vuole allontanare la figlia, che non ama, dalla corte. Ha
infatti saputo che Margot si è legata sentimentalmente con
l’affascinante Enrico di Guisa, nemico della famiglia reale. Nonostante
la principessa abbia negato qualsiasi coinvolgimento con i Guisa, la
madre non le ha creduto.
Il duca di Guisa ha vent’anni ed è molto ambizioso. Ha partecipato
alle guerre di religione e rappresenta con la sua famiglia l’opposizione
cattolica al partito protestante. Spera di sposare la principessa Margot,
ma Caterina si oppone e forse per questo insiste affinché la figlia si
unisca al re di Spagna.
«Riferite alla regina che non voglio sentir parlare di altre nozze»
risponde Filippo.
Sa però che non sarà possibile evitarle, perché deve assolutamente
avere un figlio maschio.
Quando l’ambasciatore riparte per la Francia scrive a Caterina:
“Preferirei di gran lunga evitare qualsiasi discorso di un mio nuovo
matrimonio, perché, avendo perduto la compagna che amavo, ed
essendo il mio animo ancora preso da tristezza e amaro dolore, non
desidero altro che rimanere così come sono. Tuttavia, il problema
della successione è quel che è, e dato l’obbligo che noi sovrani
abbiamo al riguardo verso i nostri regni non posso fare a meno di
piegarmi ai suggerimenti che in merito si è cominciato a porgermi”.
I consiglieri suggeriscono il matrimonio con la figlia di suo zio
Ferdinando, Anna d’Asburgo, che ha diciannove anni.
«Troppo giovane» afferma Filippo.
«Anche le altre mogli che avete avuto lo erano. La vostra è una
scusa per non risposarvi.»
«Sono stanco dei matrimoni…»
«Dovete farlo per dare un erede al vostro Paese, non potete
rifiutare.»
«Ci penserò.»
La battaglia di Granada

Guglielmo d’Orange è avvilito. I suoi migliori amici sono morti, lui è


stato bandito dalle Fiandre e non riesce a costituire un vero esercito
per affrontare quello del duca d’Alba.
I rapporti con la moglie Anna di Sassonia ormai sono velenosi e la
coppia non si frequenta più, ma per sicurezza anche lei si è trasferita a
Dillenburg. Qui ha consultato un giurista per salvare i propri beni e
quelli del marito. La frequentazione dell’uomo, anche lui rifugiato in
città con moglie e figli, diventa intima e Anna rimane incinta. Si ritira
a Siegen per nascondere la gravidanza, ma il fratello di Guglielmo fa
arrestare i due adulteri e la dissoluzione del matrimonio fra Anna e il
principe viene pronunciata da un tribunale a porte chiuse.
Il duca d’Alba, scongiurato il pericolo rappresentato da Guglielmo
d’Orange, continua con le torture degli eretici, fa controllare le
corrispondenze private, le pubblicazioni, le chiese, i sermoni, i
conventi, le librerie, le università, le biblioteche e tutte le scuole. Le
prigioni straripano di prigionieri.
Filippo riceve il cardinale de Granvelle, che gli chiede un atto di
amnistia: «I protestanti stanno fuggendo, le città si spopolano. In vista
del vostro matrimonio con la figlia di Massimiliano, tollerante in
materia religiosa, vi conviene fermare il duca d’Alba».
Filippo scrive al duca e gli chiede un’amnistia, che però viene
applicata dall’uomo a sua discrezione, ottenendo un’ulteriore
fuoriuscita dei ribelli. Governa Bruxelles con il pugno di ferro e ha
perfino sostituito la lingua francese con il castigliano.
Claudia è totalmente infelice. Si chiede perché sia finita in quella
città. Non parla tedesco e non conosce nessuno. Guglielmo non
rinuncerà a combattere e lei non può rappresentare solo il riposo del
soldato. Ha seguito un uomo che ama e ammira, ma che non potrà
mai dedicarle del tempo, finché la situazione non si sarà ristabilita. Ha
commesso uno sbaglio lasciando Bruxelles e non accettando l’invito di
Margherita a passare un periodo in Italia. Il figlio le manca
moltissimo, anche se sa che alla corte di Madrid non può tornare. Si
sente incastrata in una trappola che si è costruita da sola e deve
uscirne.
Prepara in fretta i bagagli e lascia una lettera a Guglielmo in cui gli
spiega che i suoi sentimenti sono immutati ma sente di dover tornare
in Spagna a rivedere Mateo. Non parla del futuro, lei stessa non sa che
cosa accadrà, anche se sente che prima o poi rivedrà il principe.
Si mette in viaggio quasi nello stesso momento in cui Agnes si
congeda dall’imperatore Massimiliano e la moglie, saluta i figli e
riparte per la Spagna.

A Madrid, don Giovanni viene convocato dal re.


«Abbiamo problemi a Granada, i mori si sono ribellati. Mi ha scritto
l’arcivescovo tempo fa per dirmi che, nonostante i divieti, continuano
a celebrare i loro culti, mantengono le loro tradizioni e fingono di
essersi convertiti al cristianesimo. Mi suggerisce di passare da una
politica di persuasione a una di repressione.»
«Cosa dice il viceré di Granada, il marchese di Mondéjar?»
«Ha chiesto rinforzi e nel frattempo ha ordinato spedizioni
punitive. I ribelli sono quasi ventimila.»
«Che cosa mi ordinate?»
«Di andare subito a Granada e sedare la rivolta. Sarete il
comandante in capo delle forze spagnole.»
Diventato re, Filippo II aveva rinnovato le misure prese nel 1526 in
cui si proibiva ai moriscos, musulmani convertiti, l’uso della lingua
araba e berbera, i loro abiti tradizionali, l’utilizzo dei bagni pubblici, la
celebrazione di cerimonie religiose. I moriscos dovevano lasciare ai
preti cattolici l’educazione dei propri figli e usare nomi cristiani.
All’inizio del 1567 i mori avevano cominciato a preparare la loro
ribellione raccogliendo armi, munizioni e cibo, e nascondendoli in
grotte inaccessibili nelle montagne di Alpujarra. Durante un consiglio
di guerra avevano eletto il loro capo, Mohammed Aben Humeya, un
uomo ricchissimo e discendente dal califfo di Cordova.
La rivolta ha avuto inizio due anni dopo nel villaggio di Béznar, per
poi diffondersi a Granada e nei dintorni. Il gran visir Ferag ben Ferag
è entrato nel quartiere morisco della città, l’Albayzín, con un gruppo
di banditi raccolti nelle montagne per incitare gli abitanti musulmani
alla rivolta. I ribelli hanno cominciato subito a uccidere sacerdoti e
sacrestani e a distruggere e profanare le chiese.
Il gran visir ha poi chiesto aiuto ai sultani nordafricani e ha formato
il suo quartier generale nelle montagne dell’Alpujarra.
Non essendo riusciti a frenare la rivolta, il marchese di Mondéjar e
il marchese Vélez si rivolgono a Filippo, che affida la missione al
fratellastro.
Prima di partire Giovanni chiede il permesso di portare con sé
anche Alejandro e Damián, che ormai ha ventun anni ed è un
bravissimo cavaliere.
Quando Damián ha scritto alla madre dell’imminente partenza, lei
non è rimasta un minuto di più in Austria. Si è congedata
dall’imperatore Massimiliano e da sua moglie, ha salutato i figli ed è
partita.
Don Giovanni, affiancato da Luis Quijada, marcia verso Granada
preceduto da duecento soldati, ha indosso un’armatura d’argento e
stivali bianchi di cuoio. Non porta l’elmo ma un berretto di velluto.
Dietro di lui i migliori cavalieri del Paese.
Federico è rimasto con il re e Alejandro gli ha affidato Mateo perché
continui ad allenarlo. Mateo ha solo quattordici anni e non può far
parte dell’esercito. Nasconde le lacrime quando vede partire Damián e
Alejandro, e lo solleva solo la lettera della madre che sta tornando in
Spagna.
Don Giovanni entra a Granada mentre le campane delle chiese
suonano e i tamburi rullano. A un tratto il suo cammino viene
bloccato da un gruppo di donne urlanti, vestite di nero, che lamentano
le uccisioni e gli atti di violenza compiuti dai mori.
Il marchese di Mondéjar gli spiega che sono stati perpetrati i
peggiori orrori: «Case saccheggiate, fedeli bruciati vivi nelle chiese,
bambini uccisi. Sono state distrutte trecento chiese e trucidati
quattromila cristiani».
«Ma qual è l’obiettivo di questa rivolta?»
«Non hanno uno scopo preciso, a muoverli è il desiderio di
vendetta verso i cristiani…»
Giovanni aggiunge dentro di sé: “Contro la persecuzione dei
cristiani”.
«Vogliono ristabilire la loro cultura musulmana, i loro riti religiosi, i
costumi, dopo settant’anni.»
Giovanni riprende ad avanzare mentre la gente getta fiori dalle
finestre e lo acclama.
«I mori sono sostenuti economicamente e militarmente dall’Algeria
e dal Marocco, inoltre hanno l’aiuto dei mercenari berberi e turchi»
spiega Luis Quijada.
«Voglio che i miei luogotenenti Requesens e l’ammiraglio Álvaro
de Bazán pattuglino le coste con le loro galere per impedire l’arrivo
degli aiuti ai ribelli» ordina Giovanni.

Agnes è arrivata a Madrid e cerca inutilmente il figlio, che è già


partito. Si sta preparando a raggiungerlo quando viene chiamata da
un paggio perché c’è qualcuno che la aspetta al cancello del palazzo.
Claudia abbraccia la sorella, che le chiede di entrare.
«Non posso Agnes, lo sai. Ana de Mendoza mi ha proibito di
mettere piede a corte. Inoltre, c’è mio figlio e non so come impedirgli
di corrermi incontro e abbracciarmi.»
Agnes sa che cosa è successo, perché la sorella le ha scritto di essere
stata scoperta insieme a Ruy dalla moglie.
«Mi dispiace moltissimo. Che cosa posso fare?»
«Ho pensato di prendere una casa qui in città e poi deciderò del
mio futuro. Vorrei che portassi fuori mio figlio perché io possa
salutarlo. Ma dimmi, e il tuo?»
«Mio figlio è già partito con don Giovanni per liberare Granada dai
mori.»
«Che peccato! Così non potrai vederlo…»
«Sto partendo, andrò a Granada per incontrarlo. Anche Alejandro è
con Giovanni e ha affidato tuo figlio a Federico.»
«Bene, di lui posso fidarmi.»
«Sì, tutti a corte sanno che Mateo fa parte della famiglia Acevedo e
non si pongono domande.»
«Sei sicura di voler andare nei luoghi dei combattimenti?»
Domanda inutile, alla quale Agnes risponde con un sorriso.
Claudia la conosce abbastanza per sapere che la sorella non teme
niente, tantomeno una battaglia.
Si abbracciano prima di separarsi e poi Agnes prende il suo cavallo
e si mette in viaggio.

Una delegazione di moriscos chiede di parlare con Giovanni.


Affermano di essere cittadini fedeli alla Spagna e accusano gli altri
mori di essere solo dei briganti e degli assassini. Quando il gruppo si
congeda da Giovanni, che ha chiesto loro una relazione su quanto
hanno subito, Juan Quiroga – che conosce l’arabo – li segue. Tornato
da Giovanni, afferma che quegli uomini hanno mentito per salvarsi la
pelle.
Giovanni prepara le sue truppe composte da spagnoli e italiani e
attacca i ribelli. Pone l’assedio a Galera, la fortezza dei moriscos, e la
conquista. Intanto le battaglie si svolgono in tutta la regione brulla di
Alpujarra, tra le rocce e le grotte, dove sono nascosti i nemici.
Filippo II ha dato il permesso ai soldati di saccheggiare villaggi e
campagne, ma i conquistatori non si limitano a questo, bruciano le
case e prendono prigionieri da vendere come schiavi al mercato di
Granada. Da parte loro i mori fanno lo stesso. Uccidono e torturano i
sacerdoti, ricordando le punizioni che ricevevano se non seguivano la
messa, o se le donne non scoprivano il volto. Le chiese vengono
distrutte e i prigionieri venduti ai mercanti nordafricani in cambio di
armi.
Nell’attacco ad Albuñuelas, gli spagnoli uccidono tutti gli uomini
che non riescono a fuggire e prendono prigioniere millecinquecento
donne da dividere tra i soldati come schiave.
Il re ha parlato chiaro: deve essere una guerra di fuoco e sangue,
non solo la punizione per una rivolta.
Giovanni convoca Alejandro perché è preoccupato per le navi
leggere che provengono dall’Algeria e cercano di attraccare sulla
costa.
«Ho scritto all’ammiraglio Doria perché ci mandi da Napoli alcune
delle sue galere. Intanto date l’ordine di mettere in mare dei battelli
che segnalino con il fumo l’arrivo di imbarcazioni nemiche.»
Nonostante questa misura, diverse navi algerine riescono a portare
a terra volontari, armi e viveri per i ribelli.
Alejandro tiene sempre Damián accanto a sé. Insieme commentano
il valore di don Giovanni.
«È meglio di quanto sperassi. Severo, rigoroso ma allo stesso tempo
popolarissimo tra i soldati. Mangia con loro, li ascolta, partecipa alle
esercitazioni.»
«Inoltre è sempre di buon umore, gentile e tratta i semplici soldati
come cavalieri» aggiunge Damián.
«Stanno arrivando giovani da ogni parte del Paese per combattere
al suo fianco!»
Giovanni riceve un dispaccio del re che gli proibisce di mescolarsi
ai soldati e combattere. Deve mandare i suoi ordini dal palazzo di
Granada e non rischiare la vita. Lui si lamenta con Luis Quijada di
questa decisione: «Cosa penseranno i miei uomini che dovranno
battersi sapendo che me ne sto comodamente seduto in poltrona, al
sicuro?».
«Il re ha ragione. Siete il suo unico fratello e avete molte altre
battaglie davanti a voi. Fate quello che vi chiede.»

Agnes arriva a Granada e poi prosegue a cavallo cercando il luogo in


cui si trova l’accampamento degli spagnoli, nella valle del Almanzora,
ma non riesce a raggiungerlo. I fronti sono troppi. Ovunque si
svolgono duelli corpo a corpo e il terreno è coperto di cadaveri.
Intorno alla città c’è una situazione caotica, mori vestiti da borghesi si
mescolano alle truppe, arrivano aiuti anche dal Nord Africa e i ribelli
compiono brevi e violente incursioni nelle formazioni nemiche.
Fa molto freddo e la neve che scende da giorni copre il terreno
roccioso, si posa su soldati e cavalli, si impregna del sangue dei
cadaveri, smorzando il frastuono di una battaglia crudele in cui i
nemici non si affrontano per conquistare o difendere un luogo, ma per
massacrarsi.
Agnes, che si vede circondata da uomini che si colpiscono
all’ultimo sangue con spade, asce, pugnali, armi da fuoco, dispera di
trovare il figlio.
Ma a un tratto lo vede di spalle mentre duella con un moro e non
può accorgersi che dietro di lui un altro ribelle sta per colpirlo con
un’ascia. Agnes si getta sull’uomo e riesce a fargli perdere l’equilibrio,
ma una volta a terra il moro alza l’arma e la colpisce al ventre.
Damián si volta.
Corre accanto alla madre dopo aver ucciso entrambi i mori che
volevano aggredirlo. Agnes perde molto sangue e ha gli occhi chiusi.
Damián la prende in braccio e, passando in mezzo ai soldati che si
combattono, scavalcando cadaveri e feriti, riesce ad arrivare alla tenda
del suo comandante. Giovanni non ha ubbidito all’ordine del re ed è
rimasto in mezzo ai suoi uomini. Viene avvertito da un soldato
mentre si trova accanto ad Alejandro.
«Una donna è stata ferita a morte! È la madre di Damián.»
Giovanni e Alejandro raggiungono velocemente la tenda e trovano
Agnes coperta di sangue adagiata su una brandina. Alcuni cavalieri
che la conoscono le stanno accanto pensando alla tragedia che
rappresenta la sua morte per Damián e Alejandro. A corte tutti
avevano apprezzato i progressi del giovane figlio di Agnes e molti
erano al corrente dell’amore infelice fra la tedesca e Alejandro.
Vengono chiamati i medici dell’esercito, che appena vedono Agnes
scuotono la testa, ha perso troppo sangue. Mentre all’esterno il
rumore della battaglia è assordante, il clangore degli scudi, i gemiti
dei feriti, lo scalpiccio e il nitrito dei cavalli, il battito ritmico dei
tamburi, dentro la tenda c’è un silenzio assoluto. Nessuno osa dire
una parola.
Damián accarezza i capelli della madre, che si tiene una mano sullo
stomaco squarciato. Agnes apre gli occhi solo un istante, abbastanza
per vedere davanti al suo viso lo sguardo del figlio e quello di
Alejandro, poi li richiude per sempre.
Giovanni ordina a un gruppo di soldati di portare il corpo di Agnes
a Madrid. Damián singhiozza tra le mani che gli coprono il viso e
Giovanni cerca di calmarlo, ma non trova le parole giuste. È il primo
combattimento del ragazzo e temeva che potesse accadergli qualcosa
proprio sotto il suo comando. Ma quello che è successo era
imprevedibile.
Nessuno avrebbe immaginato che Agnes, non trovando il figlio a
corte, avrebbe cercato di raggiungerlo. Molti soldati spagnoli, che
l’hanno vista attraversare i campi di battaglia, sono rimasti qualche
istante attoniti a guardarla. Qualche cavaliere l’ha riconosciuta e ha
sorriso perché solo Agnes avrebbe avuto l’audacia di mescolarsi ai
combattenti, schivando i colpi, parlando al suo cavallo per spronarlo o
rallentarlo. Un’immagine di forza e incanto che ha dato a quei
cavalieri nuova energia per lottare.
«Andate con vostra madre… riportatela a Madrid» dice Giovanni
alla fine vedendo Damián sconvolto.
Il ragazzo annuisce e poi si volta verso Alejandro, che ha il viso
terreo. Le mani gli tremano e gli occhi mandano lampi di odio.
Damián non l’ha mai visto così.
Quando Giovanni gli tocca una spalla, Alejandro lo respinge
bruscamente. Lascia la tenda senza dire niente e si getta come una
furia nella battaglia, con il cuore straziato. L’odio che lo anima e lo
rende feroce è contro se stesso, per aver agito impulsivamente
allontanando l’unico amore della sua vita. Questo è il suo castigo, e la
morte in battaglia sarebbe più dolce di ogni giorno del suo futuro.
Si lancia tra i nemici con questo pensiero, ogni colpo va a segno e il
dolore raddoppia la sua forza.
Raimunda vuole parlare

Mentre a Granada ancora si combatte e la notizia della morte di Agnes


non ha raggiunto la capitale, Federico vuole andare a trovare
Raimunda, che ha compiuto novant’anni, e porta con sé anche il figlio
Francisco. Lascia il piccolo Mateo dalla madre nell’appartamento che
Claudia ha trovato a Madrid, lontano dal palazzo reale. Tornerà a
prenderlo al suo ritorno.
Prima, però, passa a trovare Sofia a Toledo. La sorellastra ha
sessantasette anni, tre più di lui. La trova benissimo, come sempre.
Sofia abbraccia Francisco, che le appare timido e troppo riservato. È
ormai un uomo a ventisei anni, anche se a lei ricorda Federico quando
bambino arrivò nel suo palazzo, salvato da Gabriel. Francisco ha lo
stesso sguardo sperduto, dà l’impressione di trovarsi a disagio
ovunque, parla poco e comunque avrebbe poco da dire.
Sofia chiede a Leticia, che ormai si è completamente ripresa dopo la
brutta avventura della rapina, di mostrare a Francisco il palazzo.
«Come sta Dorotea?» chiede a Federico quando Leticia si allontana.
«Non lo so. È difficile capire i suoi sentimenti. Ama le gemelle e
credo che si sia affezionata anche al marito, ma non penso che abbia
dimenticato Cristian. Ha scelto per le bambine un nome con la C :
Carolina e Camila.»
Sofia trova il fratello molto dimagrito e anche invecchiato. Si
preoccupa per lui.
«E tu… come stai?»
«Bene.»
«C’è qualcosa che ti affligge, ti conosco.»
«Diverse cose. Mia moglie non è più la stessa dopo il ricatto di
Maddalena e il rapimento di Dorotea. Con la figlia non va d’accordo,
mentre non vuole che nessuno si occupi di Francisco. Ho dovuto
faticare per portarlo con me. Ha paura che si faccia male e così lui non
è bravo a cavalcare e neppure a usare le armi. Studia, legge e passa il
tempo con Flora. Questo non mi piace affatto. E le gemelle…»
«Stanno bene, no?»
«Sono bellissime, ma prima che nascessero un mendicante cieco mi
disse una frase strana mentre gli davo delle monete: “Purché non
siano due”. Secondo te cosa voleva dire? Si riferiva alle bambine?»
«Poteva riferirsi a qualsiasi cosa, se credi agli indovini. Io non ci
credo e quindi penso che abbia detto la prima cosa che gli è venuta in
mente.»
«Ma sono due…»
«Temi che una delle due faccia la fine di Octavia? Non puoi credere
a una sciocchezza simile.»
«No… no!»
Federico si distrae a osservare Leticia che cerca di interessare
Francisco alle piante del giardino, lui però guarda altrove ed è
profondamente annoiato.
«Senza la madre sembra perso… E Leticia ha qualcuno?»
«Non l’ho mai vista innamorata. Se lo è, non me lo dice. Invece il
figlio di Agacia, Pablo, smania per lei. È spesso qui a dare una mano
alla madre, anche se dopo la morte del padre è lui a occuparsi della
bottega di falegnameria.»
«Mi sembra la storia di Maddalena e Rafael…»
«Ma smettila di fare paralleli. Ogni vita è diversa e…»
«Adesso non mi dirai che credi nel destino!»
«No, non penso che abbiamo la vita già segnata, credo nel caso.
Spero comunque che trovi qualcuno. È una ragazza dolcissima anche
se ha sofferto molto. Rifiutata dalla madre, cresciuta con quella strana
donna che è Pilar…»
«Già, Pilar… Come sta?»
«Bene, continua a lavorare come sarta, nonostante l’età. Leticia vive
da lei e ha imparato il mestiere, è molto brava, ma sta sempre qui. Mi
aiuta in casa, mi cuce i vestiti, andiamo d’accordo.»
Sofia si interroga spesso sull’ereditarietà. Leticia è figlia di due
creature abiette che non hanno fatto nulla con il cuore, animate solo
da rabbia, sete di vendetta e bramosia di denaro. Lei è una nota
dissonante in quella musica aspra, è poetica, creativa, conciliante.
Apparentemente è una ragazza serena, ma Sofia sa leggere il suo
sguardo a volte trasognato, altre malinconico, altre ancora intorbidito
dalla desolazione di sapersi sola al mondo.
Se solo trovasse l’amore la sua vita cambierebbe. Sofia le ha
presentato inutilmente molti giovani di Toledo ma Leticia, pur
comportandosi in modo gentile ed educato, non ha mai rivolto un
pensiero a nessuno di loro.
«Dimmi, Agacia deve essere molto vecchia, lavora ancora per te?»
«Agacia ha la stessa età di tua madre ma non lavora più. È,
diciamo, la mia dama di compagnia. Non posso pensare di fare a
meno di lei.»
«È quello che penso di mia madre. Infatti domani voglio andare a
trovarla a Talavera e farle conoscere Francisco.»

Raimunda è molto vecchia. Non è malata ma è stanca di vivere.


Soprattutto da quando Félix si trova in prigione.
È andata una volta a trovarlo nel carcere di Toledo, ma le guardie
non l’hanno fatta entrare. Non capisce il motivo, forse l’hanno presa
per una mendicante. Ci proverà un’altra volta, magari chiedendo a
Sofia di aiutarla.
Va tutti i giorni in chiesa per pregare e riposarsi all’ombra. Non ha
molti ricordi su cui soffermarsi, a parte quelli di quando era bambina
e poi gli anni a servizio degli Acevedo.
Amava molto Manuela, con il suo carattere forte, e anche Gabriel,
che già da piccolo era chiuso, accigliato, ombroso. Lo vedeva contento
solo quando partiva per la campagna in sella al suo cavallo o in
compagnia degli amici.
Ripensa poi alle gemelle, Sofia e Octavia, che avevano solo due anni
quando erano rimaste orfane. Federico le ha scritto frequentemente
negli anni per metterla al corrente delle loro vicende. Le ha raccontato
tutto, gli amori, le battaglie, i tradimenti, le malattie, le nascite.
Non le ha mai portato Dorotea, temendo la reazione della ragazza,
sempre imprevedibile, al contrario di Francisco.
Federico vuole andare a trovare la madre prima che sia troppo
tardi. Inoltre, la rivelazione che gli ha fatto anni fa, sul fatto che lui
non conosce tutta la verità sull’omicidio dei marchesi Acevedo, ha
ricominciato a torturarlo.
«Perché non siamo mai venuti prima a trovare la nonna?» chiede
Francisco arrivando a Talavera.
«Perché da Valladolid il viaggio sarebbe stato lungo, mentre ora
che la corte si trova a Madrid…»
«Per favore, non trattarmi da sciocco. Non si tratta del viaggio!»
«Hai ragione. Avevo deciso di dirti tutto prima di arrivare. Se non
hai conosciuto la nonna è perché prima dovevo raccontarti alcune
cose. Cose brutte. Ascolta.»
Federico inizia dall’omicidio dei marchesi Acevedo e prosegue con
il matrimonio di Raimunda, la sua nascita, l’odio del padre nei suoi
confronti. L’ultimo episodio che gli riferisce è l’uccisione di Natal e di
Cristian.
Il ragazzo è talmente colpito da tutta quella serie di eventi che fatica
a dire qualcosa. Rimane muto per un bel po’, cercando di assimilare
quello che ha saputo tutto in una volta.
«Ho capito che la nonna è innocente. Lei è stata costretta a…»
«Sì, innocente, completamente innocente. Era una donna bellissima,
e mi ha amato tanto. Se non ci fosse stata lei forse sarei scappato di
casa. Stavo malissimo con mio padre e i miei fratelli.»
Francisco tocca il braccio del padre in segno di solidarietà e
Federico gli stringe la mano. C’è sempre stato un bel rapporto fra loro,
Francisco ammira il padre, è orgoglioso che sia stato il pupillo
dell’imperatore Carlo e che abbia partecipato a tante battaglie.
Orgoglioso anche perché ha salvato la mamma da una situazione
drammatica e l’ha portata in Spagna per sposarla. È sicuro che non
l’abbia mai tradita e che sia ancora innamorato di lei.
Ha avuto istitutori per gli studi e maestri d’arme ma il migliore
insegnante è stato il padre, che fin da piccolo lo portava con sé a
cavallo, lo faceva assistere a tutti i tornei, per poi spingerlo a
partecipare. Francisco non ha mai mostrato interesse per guerre e
battaglie, ha smesso di prendere parte ai tornei e passa il tempo a
giocare a carte e dadi con gli amici, oppure a leggere.
«Quanti anni ha la nonna?»
«Novanta…»
«Sei sicuro che sia…»
«Ancora viva? Sì, ci siamo sempre scritti. E se andiamo è anche
perché lei mi ha fatto capire di essere arrivata alla fine della sua vita.»
Vanno verso la casa di Raimunda. Lei è fuori dalla porta perché il
suo cuore le ha detto che il figlio sta arrivando. Lo abbraccia e si
avvicina a Francisco.
«Sono veramente contenta di conoscerti. Fatti guardare.»
Somiglia poco a Federico, soprattutto per i capelli rossi, simili a
quelli di Flora, e gli occhi scuri.
«Entrate, ho preparato qualcosa da mangiare. Sarete stanchi!»
Federico guarda la madre con tristezza, si vede ancora che è stata
molto bella, i lineamenti non sono mutati, non è ingrassata né
dimagrita, ma lo sguardo è annebbiato, il corpo è curvo e i capelli
sono bianchi. Pensa che ha fatto bene a venire adesso, forse avrebbe
dovuto farlo prima, perché Francisco vedesse una donna vitale e
luminosa e non una vecchia. Eppure il figlio, ancora frastornato dai
racconti sulla famiglia, guarda Raimunda con interesse, come una
creatura piena di misteri e segreti.
«Mamma, non puoi più rimanere qui sola. Ti posso portare a
Madrid con me?»
«No, tesoro. Lo vorrei tanto ma è troppo tardi. Questa è la mia casa
e voglio vivere qui gli ultimi giorni.»
Federico manda il figlio a comprare dei dolci e rimane con la
madre.
«Ti devo dire qualcosa che non sai e che non ti ho scritto in una
lettera. È a proposito di Cristian…»
Le racconta che il ragazzo è stato l’esca per il rapimento di Dorotea.
Si è fatto assumere in cucina e ha spiato i movimenti di sua figlia,
finché non l’ha incontrata.
«Mio nipote ha aiutato il padre a rapire Dorotea?»
Raimunda è sorpresa.
Cristian è sempre stato un bravo ragazzo, anche se subiva
moltissimo l’autorità paterna.
«Sì… ma poi è stato lui a liberarla e si sono innamorati.»
«Oh, no! Sono cugini…»
«Dorotea non lo sapeva. È rimasta incinta e io l’ho messa di fronte a
una scelta: o Cristian o il bambino.»
«Ha scelto il bambino…»
«Sì, e sono nate le gemelle. Il marito di Dorotea la ama moltissimo e
ha accettato le bambine come se fossero sue. La cosa incredibile è che
anche le gemelle ti somigliano, mamma.»
«Non so se devo essere contenta o sentirmi addosso un peso
enorme, con tutte queste somiglianze.»
Raimunda è in attesa, sa che adesso arriverà il peggio. Già ha
dovuto sopportare l’idea che i suoi figli abbiano rapito Dorotea e
pugnalato Gabriel.
«Allora?» chiede.
«Mamma… Dorotea era incinta e continuava a incontrare
segretamente Cristian. Sarebbe stato uno scandalo. Io e Alejandro lo
abbiamo visto davanti al palazzo. Tuo nipote aveva bevuto, da
quando aveva perso Dorotea era come impazzito, rubava, passava da
una taverna all’altra, era diventato aggressivo. Abbiamo discusso e lui
ha infilato la mano in tasca. Volevo fermarlo, ma Alejandro mi ha
preceduto e si è accorto che Cristian stava estraendo un coltello…»
«L’ha ucciso!»
«Sì, mamma. Mi dispiace moltissimo. So che lo amavi…»
«Amavo il nipote che conoscevo, non quello che è diventato. Tu e
Alejandro non avete colpe.»
Raimunda rimane in silenzio qualche minuto per concentrarsi su
quello che è successo, poi l’istinto materno prevale sul dolore e si alza
dalla sedia dirigendosi in cucina.
«Voglio prepararti qualcosa di buono, a te e tuo figlio, vai a
recuperarlo mentre cucino.»
Federico pensa che la madre sia la donna migliore che abbia
conosciuto nella sua vita. Osserva la casa misera, i mobili vecchi,
l’abito dimesso e gli si stringe il cuore.
Che triste vita ha condotto, una vita anonima, vittima di un marito
violento e di due figli banditi. Un solo nipote amato e ora morto anche
lui.
Si rammarica di averla lasciata tanto tempo sola ma non può dirle
che gli dispiace, perché sa che lei risponderebbe che ha fatto bene, che
è il suo orgoglio, che solo pensare a lui a corte l’ha sempre resa felice e
le sue lettere le hanno tenuto compagnia.
Solo il giorno dopo Federico decide di affrontare il discorso che
rappresenta una delle ragioni della sua visita.
«Mamma, mi avevi detto che mi avresti rivelato la verità
sull’omicidio degli Acevedo…»
«Te lo dirò subito, ma promettimi di non parlarne con nessuno,
neppure con la tua famiglia. Ho intenzione di andare da Sofia e farle
sapere tutto. Ne ha diritto…»
«Più di me, certo.»
«Vedi, tutti pensano che Gaspar avesse scoperto che ero rimasta
incinta del marchese e per gelosia fosse venuto nel palazzo degli
Acevedo per vendicarsi. Io gli avevo aperto non conoscendo le sue
vere intenzioni. Ma lui era venuto con un amico per portarmi via. Ne
avevamo parlato a lungo la sera prima, litigando ferocemente.»
«Poi il marchese si è svegliato e li ha scoperti, per questo l’hanno
ucciso» interviene Federico. «Sentendo rumore è scesa anche la moglie
e ha fatto la stessa fine, perché aveva visto gli assassini e poteva
denunciarli.»
«Ecco, questa è solo mezza verità. Adesso conoscerai il resto.»
Federico si siede accanto alla madre e ascolta per un’ora il suo
racconto.
Troppo tardi

Negli anni infelici vissuti con Gaspar dopo l’omicidio dei coniugi
Acevedo, Raimunda ha ripensato spesso al periodo in cui lavorava in
casa del marchese. Le piaceva essere la governante di bambini così
diversi e naturalmente anche lei si era chiesta come mai le gemelle
fossero nate dieci anni dopo i primogeniti e avessero capelli biondi e
occhi azzurri.
Gabriel e Manuela non si erano posti questa domanda finché non
erano stati abbastanza grandi, mentre le bambine erano troppo piccole
per rendersi conto di essere le figlie di Carmen Acevedo e del suo
amante Martín Mendes.
Per lei invece era tutto chiaro. Appena il marchese partiva per
lavoro si presentava a casa Martín, un uomo affascinante e molto
gentile. Dopo il pranzo entrava in cucina con delle buste piene di
denaro per lei, Agacia e Felicia. Voleva ringraziarle, affermava, ma ora
si chiede se invece non volesse pagare il loro silenzio. Se anche fosse
stato così, lei non lo giudicava, erano tutti più felici quando Martín
veniva in visita. La marchesa finalmente sorrideva, sembrava più
giovane, allegra e più affettuosa anche con i figli.
Con i figli? Piuttosto con le figlie, visto che le gemelle erano state
concepite con l’uomo che amava.
Del marchese Diego Acevedo non sa cosa pensare. Non le
sembrava il tipo da sedurre una donna della servitù, eppure con lei
l’aveva fatto. Le ripeteva continuamente che la sua bellezza l’aveva
stregato, che non riusciva a resisterle, la notte pensava a lei e il giorno
non vedeva l’ora di tornare a casa.
Anche lui approfittava dei viaggi della moglie per entrare nella sua
stanza.
«Spogliati, voglio solo guardarti mentre lo fai» le diceva.

Raimunda provava sentimenti contrastanti. Da una parte era


spaventata dall’autorità e dal potere dell’uomo che poteva licenziarla
all’istante, dall’altra subiva il fascino di un uomo ricco e importante,
un giurista affermato, un autore di saggi sulla giustizia adottati
dall’università di Salamanca, ammirato e stimato da tutti.
Quando si è accorta di aspettare un bambino da lui era disperata.
Non sapeva che fare, a chi rivolgersi. Era fidanzata con Gaspar e i suoi
genitori volevano quel matrimonio per unire i loro commerci di frutta.
Avrebbe voluto eliminare il problema, ma il problema cresceva nel
suo ventre e lei rimandava.
Non riuscendo più a nascondere la gravidanza sotto i vestiti, si era
vista costretta a confessare la verità al marchese.
«Un bambino? Ti sei impazzita?»
Come se la colpa fosse sua! Lui le aveva detto che doveva
licenziarsi, comunicando a tutti il suo prossimo matrimonio. Le
avrebbe dato del denaro ma non voleva vederla più.
Davanti a lei si apriva un baratro, rimanere senza lavoro e dover
giustificare l’allontanamento a Gaspar… ma soprattutto confessargli
di aspettare un bambino dal marchese.
È stato allora che il fidanzato, dopo aver sbollito la rabbia, le aveva
spiegato cosa avrebbe dovuto fare.
Poi tutto precipitò velocemente.
Gli omicidi, il sangue, la fuga.
Per tanto tempo, mentre si trovava a Madrid, ha rimpianto i
bambini che aveva dovuto lasciare. Gabriel, adolescente ribelle e
corrucciato, che la spiava di nascosto dal buco della serratura quando
si spogliava, e compariva in cucina nelle ore più impensate. Manuela,
la bambina esile dalle ciglia lunghe, sempre concentrata a osservare
gli altri, a pensare, a leggere.
E le gemelle. Uguali e diverse. Stessi colori, corporatura, diverso il
carattere. Sofia non piangeva mai, neppure se si faceva male. Era un
folletto, non camminava ma correva, e radunava tutti gli animali
randagi del vicinato. Octavia, di una bellezza che faceva quasi male a
guardarla, era fragile, piagnucolosa, bisognosa di affetto e carezze.
Ha amato le gemelle per due anni più di quanto abbia amato Félix e
Natal in una vita, e quando gli omicidi l’hanno separata da loro
qualcosa si è spento in lei. Ha sopportato di essere umiliata, picchiata,
tradita dal marito e dai due figli, ha sopportato la perdita di Federico,
senza mai piangere.
Eppure ha pianto quando ha saputo del suicidio di Octavia: la sua
bellezza l’aveva resa vulnerabile e nessuno se ne era accorto in tempo.
E poi suo figlio Federico. Un bambino identico a lei. Le era sempre
parso incredibile che non avesse preso nulla dal padre. Il marchese
Acevedo era alto e bruno, con gli occhi castani e un carattere burbero
mitigato a volte dall’ironia. Un’ironia sarcastica. Federico, come lei, è
biondo e ha occhi blu, come lei è dolce e protettivo.
Se non avesse avuto un patrigno che ogni giorno gli faceva
rimpiangere di essere nato, dandogli la colpa della rovina della sua
famiglia, picchiandolo e maltrattandolo in tutti i modi, sarebbe stato
un bambino felice.
Da piccolo le stava sempre attaccato alle gonne e ne veniva
strappato bruscamente da Gaspar, che lo mandava a vendere la frutta.
«Non sei una bambina, ricordatelo! Guarda i tuoi fratelli!»
Fratelli? Due piccoli sosia del padre, violenti e cattivi come lui.
Quando, riconosciuta da Gabriel e Manuela a Madrid, era dovuta
fuggire di nuovo con Gaspar e i due figli grandi, il marito aveva
stabilito che Federico doveva cavarsela da solo.
«Perché vuoi lasciarlo qui? Che farà da solo? Ha undici anni…»
aveva chiesto lei.
«Non morirà, vedrai. C’è molto cibo in casa. Sul carro non c’è posto
e poi tornerò a prenderlo.»
Non ci aveva creduto e infatti Gaspar non ne aveva parlato più,
controllandola perché non le venisse in mente di tornare a Madrid a
cercarlo. Raimunda ringrazia ancora nei suoi pensieri Gabriel per aver
preso con sé il piccolo Federico.
A volte le sembra impossibile che tre dei bambini di cui era la
governante siano morti prima di lei. Inoltre, quando ha detto a
Federico che si sente carica di un peso enorme non mentiva. Quanti
Acevedo le somigliano? Federico, che avrebbe tutto il diritto di
portare quel cognome, visto che è quello di suo padre, e Cristian, che
era la sua copia da giovane. Invece il loro cognome è quello di un
uomo malvagio che Federico odiava e Cristian non ha conosciuto.
Raimunda chiede a un fruttivendolo che conosce da molti anni di
accompagnarla a Toledo e una volta arrivata si dirige verso il palazzo
che apparteneva ad Angela Acevedo.
Agacia le apre il cancello. Inizialmente non la riconosce ma poi le
basta guardare gli occhi blu della sua vecchia amica per scoppiare in
lacrime e abbracciarla.
«Raimunda! Non pensavo di rivederti, anche se lo speravo tanto…»
«Anche io Agacia, non ti ho dimenticata…»
«So quasi tutto di te. Federico ci ha raccontato di averti visto a
Talavera e poi so che Gabriel…»
«Ha ucciso mio marito. Federico ha ucciso mio figlio Natal e Félix
ha ucciso Gabriel. Come vogliamo chiamare tutto questo?»
«Destino… volere di Dio.»
«No. Cattiveria. Da parte di tutti, anche dei miei figli. Quando
Gabriel ha ucciso Gaspar, doveva finire tutto. La vendetta aveva
pareggiato i conti, ma i miei figli sono cresciuti con lo stesso carattere
del padre e per quello che hanno fatto dopo, il rapimento della figlia
di Federico, l’uccisione a tradimento di Gabriel… non li riconosco
come figli miei.»
«Ti capisco Raimunda. Quanto avrai sofferto!»
«Il periodo più bello della mia vita l’ho passato nel palazzo degli
Acevedo, e in seguito sono stata felice con Federico.»
«Sì, Federico è proprio figlio tuo. Non solo ti somiglia moltissimo,
ma ha un carattere mite, discreto e un’audacia incredibile. Tu sai che
per salvare l’imperatore nella battaglia di Tunisi è stato ferito
gravemente…»
«Sì, lo so. Ci siamo scritti spesso. Federico è sempre nel mio cuore e
adesso mi ha dato due nipoti: Francisco, che è venuto con il padre a
trovarmi, e Dorotea, che a sua volta ha avuto due gemelle con il mio
povero Cristian, anche se ha sposato un altro uomo. Che pasticcio le
famiglie, Agacia! Ma dimmi, come sta tuo figlio?»
Agacia sorride orgogliosa: «Pablo è un bravissimo ragazzo. Da
quando è morto mio marito, ha preso lui la bottega di falegnameria».
«Io sono venuta per parlare con la signora Sofia. Devo dirle una
cosa molto importante che non ho rivelato a nessuno. Solo così capirà
quello che è successo veramente quella terribile notte.»
«La signora non c’è adesso. Sai, si era abituata ad avere sempre un
piccolino da accudire in casa. C’è stata la figlia di Maddalena, fino a
un certo punto. Poi il figlio di Agnes, Damián, quello di Claudia, sai la
figlia di Octavia… be’ lui è praticamente cresciuto qui, perché la
madre non poteva portarlo a corte…»
«Come mai?»
«L’ha avuto segretamente con un uomo importante. Neppure io ne
conosco il nome. Ci siamo molto affezionate a Mateo…»
Agacia tace persa nei suoi pensieri e Raimunda si rende conto che è
molto vecchia e certe volte perde il filo del discorso e si ferma a fissare
il giardino. Se rimane in vita è per aiutare la sua signora e godere del
figlio.
«E ora?»
«Ah già, ora. Ti dicevo che non avendo più bambini la signora si
occupa di quelli dell’orfanotrofio. Ci va ogni giorno per farli giocare,
porta loro vestiti, dolciumi, cibo, libri. A molti ha insegnato già a
leggere, oppure è lei che racconta le favole.»
Agacia e Raimunda siedono in giardino e si aggiornano su tante
cose della loro vita. Agacia le parla di Maddalena, di Flora, di Claudia,
di quello che è successo ad Alejandro e Agnes.
Raimunda ascolta attentamente, senza perdere una parola,
cercando di cogliere ogni sfumatura delle vite a cui non ha
partecipato. Se non ci fosse stato quel duplice omicidio forse adesso
lavorerebbe ancora per gli Acevedo, come Agacia.
«Ho deciso di rivelare tutto alla signora Sofia prima di morire e
credo che mi resti poco» sospira Raimunda.
Agacia non dice nulla. Guarda la vecchia governante esile come un
fuscello, pallidissima, con i capelli radi e lo sguardo spento. Teme che
possa sentirsi male e non fare in tempo a parlare con Sofia, così le dice
che andrà a chiamarla.
Rimasta sola, Raimunda si guarda intorno e vede sparsi nel
giardino diversi giocattoli, palle, bambole, dadi, cerchi. Invidia Sofia
che è riuscita a superare i lutti, prima dei genitori, poi della sorella, e
infine del marito, costruendosi una nuova vita.
E lei? Si chiede come in una sola famiglia possano esserci stati ben
sette omicidi. Il suo sangue è avvelenato, ha prodotto solo morte. Poi
pensa a Francisco, il figlio di Federico che ha appena conosciuto, e alle
gemelle nate a Dorotea. Spera che almeno loro abbiano una vita felice.
Ormai le vendette sono terminate.
Agacia trova Sofia seduta in terra nella sala comune
dell’orfanotrofio, circondata da bambini vocianti. Lei la vede arrivare
trafelata e apprende che Raimunda è a casa sua.
«Cosa vuole?»
«È venuta per rivelarvi tutta la verità sull’omicidio dei vostri
genitori. Ha detto che ormai le manca poco da vivere e non può
andarsene con questo peso.»
«Non capisco. Cosa c’è da sapere ancora?» esclama. Poi si ferma per
un attimo a riflettere e riprende: «Eppure adesso ricordo che Federico
mi riferì qualcosa. Quando era stato a Talavera a prendere la regina
Eleonora, la madre gli disse che nessuno di noi conosceva tutta la
verità. Anche Manuela mi ha scritto qualcosa di strano prima di
morire. Nominò Martín Mendes, l’amante della marchesa… mio
padre. Disse che avrei dovuto indagare su di lui, ma ho pensato che
fossero i deliri di una donna in fin di vita. Forse mi sbagliavo.
Andiamo, Agacia, andiamo!»
Sofia spiega ai bambini delusi di doverli lasciare prima del solito
per incontrare qualcuno che ha conosciuto tanti anni fa.
Mentre abbraccia i piccoli che le si affollano intorno, Sofia continua:
«Sai Agacia, non sono sicura di essere preparata a sapere più di quello
che so…».
«Dovete ascoltarla. Io avevo dei dubbi ma non ne ho parlato con
nessuno. Conoscevo bene Raimunda e mi sembrava strano che avesse
fatto entrare di notte il fidanzato e il suo amico solo perché Gaspar
glielo aveva chiesto. Inoltre, essendo al corrente delle sue intenzioni,
avrebbe avvertito i marchesi.»
«Questo l’ho pensato anche io…»
Durante il percorso fanno mille ipotesi ma nessuna sembra quella
giusta.
«Ricordo poco Raimunda, perché ero molto piccola. Sono contenta
di incontrarla di nuovo. Anche lei era nata per crescere i bambini, era
dolce e paziente, allegra e fantasiosa. Purtroppo è stata molto
sfortunata» commenta Sofia rallentando il passo, perché Agacia è
senza fiato.
Entrano in giardino e la trovano ancora seduta sulla panchina, con
un raggio di sole che le illumina il volto e un lieve sorriso sulle labbra.
Raimunda è morta dove tutto è cominciato.
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto,
trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro
modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle
condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge
applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come
l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione
dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto
previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito,
rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto
dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in
cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte
anche al fruitore successivo.
Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autore e
hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e
persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.

www.librimondadori.it

Donne di spade
di Cinzia Tani
© 2019 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Published by arrangement with The Italian Literary Agency
Ebook ISBN 9788852092848

COPERTINA || PROGETTO GRAFICO: NADIA MORELLI | RITRATTO DI ANA DE


MENDOZA DE LA CERDA, PRINCIPESSA DI EBOLI, DUCHESSA DI PASTRANA. |
ELABORAZIONE GRAFICA DI NADIA MORELLI | SFONDO: FOTO © GREGOR
BUIR/SHUTTERSTOCK
«L’AUTRICE» || FOTO © MARINETTA SAGLIO

Potrebbero piacerti anche